Il devoto nelle Lettere ecclesiastiche di Pompeo Sarnelli*
di
Elisabetta Ciancio
Insieme a Lume a' principianti e ai Comentari intorno al Rito della Santa Messa
le Lettere ecclesiastiche costituiscono l’eredità spirituale e dottrinale di Pompeo
Sarnelli1. Si tratta di opere in forma epistolare dallo stile piano e familiare che
raccolgono indicazioni della morale cattolica, norme comportamentali del devoto laico ed ecclesiastico, spiegazioni della dottrina cristiana; esse mettono in
luce i forti intenti pedagogici di Sarnelli come erudito e uomo di fede ed
esprimono quel diffuso bisogno di «riforma» avvertito tra i cattolici impegnati
del Mezzogiorno. Un forte fervore intellettuale e una religiosità tutta permeata
dal Tridentino sembrano infatti costituire il filo conduttore delle Lettere in cui
l’epistola diventa l’emblema di un impegno attivo per il rinnovamento
dell’istituzione, dove disciplina pastorale e tendenze al misticismo vanno di pari
passo verso la stabilizzazione del ruolo della Chiesa nell’ordine politico e morale2.
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* Viene qui utilizzata l’edizione di Venezia, Antonio Bortoli, 1716-18.
1 - P. SARNELLI, Lume a' principianti nello studio delle Materie Ecclesiastiche e Scritturali esibito secondo i Sagri Interpetri in diversi Quesiti…, Venezia, A. Bortoli, 1725; ID., Comentari Intorno al Rito della Santa Messa…, Venezia, A. Bortoli, 1725 (I^ ed. Venezia, Poletti
1684).
2 - Sulla storia della Chiesa in età moderna cfr. La SOCIETA religiosa nell'età moderna, a cura di G. De Rosa, Napoli, 1973; G. DE ROSA, Chiesa e religione popolare nel Mezzogiorno, Laterza, Roma-Bari 1978; ID., Vescovi, popolo e magia nel sud, Guida, Napoli 19832;
SOCIETA’, Chiesa e vita religiosa nell'Ancien Règime, a cura di C. Russo, Napoli, 1976; M.
ROSA, Religione e società nel Mezzogiorno tra '500 e '600, De Donato, Bari 1976; ID., La
Chiesa meridionale nell'età della Controriforma, in STORIA d'Italia, Annali, 9: CHIESA e potere
politico dal medioevo all'età contemporanea, Torino, 1986, pp. 293-345; PER la storia sociale e
religiosa del Mezzogiorno, a cura di G. Galasso e C. Russo, Napoli, 1980-82, voll. 2; STORIA
299
L’impegno educativo di Sarnelli nella raccolta epistolare data alle stampe si
individua nella tradizione del libro religioso, in particolare in quella del filone morale-edificatorio che ha le sue origini nella cultura occidentale cristiano-monastica
del manoscritto medievale che, riadattato ai nuovi parametri socio-culturali, trova
fertile terreno di applicazione nella produzione religiosa a stampa dell’età tridentina
e postridentina, volta a delineare il modello dell’ideale devoto. Questo tipo di produzione tra Cinque e Settecento resta immutata nella sua varietà. In particolare si
tratta di volgarizzamenti della Bibbia, testi scritturali, libri legati a pratiche cultuali,
come confessionali e quaresimali, edizioni delle opere dei Santi Padri, biografie e
leggende di santi antichi e moderni, libri di poesia religiosa, nonché una cospicua
parte di testi devozionali. Dagli opuscoli in 8° e 12° di poche carte stampati male e
su carta scadente, a ciò che Quondam ha definito un «campo in forma di
“specchio” per la devozione quotidiana del cristiano lettore di libri a stampa» «”meditazioni”, “precetti”, “consigli”, “regole” / “summole”, “esortazioni” /
“consolatorie”, “rivelazioni”, “corone”, allegrezze”, “aura verba” / “parole devote”, “tesauri spirituali”, “giardini d’orazione”, “libri dei comandamenti”, “scale della
vita spirituale”, “regole della vita spirituale”»3 - e che rappresenta la risposta ufficiale
della Chiesa alla pluralità di forme ed espressioni della religione, oltre che riflettere
l’adeguamento del mondo editoriale al programma di cristianizzazione promosso
dalla Chiesa della Controriforma.
Alla fine del Cinquecento la Chiesa postridentina rilancia la religione popolare nelle sue forme collettive, plateali e scenografiche dei culti di Cristo, della Vergine
e dei santi: una «Controriforma devozionale», secondo l’espressione di M. Rosa,
che nell’Italia meridionale
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dell'Italia religiosa, a cura di G. De Rosa - T. Gregory - A. Vauchez, 2: L'età moderna, Roma-Bari,
1994.
3 - A. QUONDAM, La letteratura in tipografia, in LETTERATURA italiana, vol. II, Torino, 1983, pp. 555-686: 595. Sulla stampa popolare religiosa cfr. L. BALDACCHINI, Bibliografia delle stampe religiose popolari del XVI-XVII secolo. Biblioteche Vaticana, Alessandrina, Estense,
Firenze, 1980; ID., Per una bibliografia delle stampe popolari religiose, in “ACCADEMIE E BIBLIOTECHE D’ITALIA”, Roma, XLIV (1977), n. 2, pp. 255-258; U. Rozzo, Editoria e storia
religiosa (1465-1600), in STORIA dell'Italia religiosa cit., pp. 137-166.
300
contribuì all’affermazione politica e spirituale delle istituzioni ecclesiastiche attraverso la capillare azione condotta dagli ordini regolari4 . In questo programma di rinnovamento che coinvolge le strutture pedagogiche della Chiesa e, con particolare
efficacia, l’essenza stessa del suo misticismo, convogliato ora verso una devozionalità certamente non nuova nelle sue tematiche, ma saldamente tenuta insieme nei
suoi sistemi di rappresentazione e significato dalla vigilatrice presenza delle istituzioni, la stampa, già diffusamente affermata nei paesi protestanti, diventa efficace
strumento di educazione e controllo delle masse. Essa viene gestita dagli stessi ordini religiosi e dalla censura ecclesiastica e utilizzata come strumento di divulgazione
della dottrina cristiana e della spiritualità devota in più ambiti della società «da intellettuali organici al potere, ai fini di mediazione del consenso, ma anche da intellettuali organici alle masse ed esprimenti, in modo più o meno esplicito, l’insieme dei
loro bisogni»5.
Il libro religioso non fu quindi soltanto un fortunato prodotto commerciale,
ma uno strumento determinante nella storia delle idee e delle mentalità, in quella
delle coscienze, degli stili di vita e dei comportamenti, e il cui ruolo, secondo
un’idea totale di cultura, deve essere inquadrato nel contesto sociale in evoluzione,
nelle reti di commercio e di committenza, nei suoi usi da parte del pubblico, nella
sua circolazione nei differenti livelli e ambiti culturali, nell’incontro di tradizione
scritta, orale e iconografica6.
Simbolicamente, nel suo excursus la produzione religiosa manoscritta e a
stampa si lega alla metafora dello specchio, rappresentativa della spiritualità cristiana
che trova nella pagina scritta il modello a cui
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4 - Cfr. M. ROSA, La Chiesa meridionale cit.
5 - C. GALLINI, Forme di trasmissione orale e scritta nella religione popolare, in
“RICERCHE DI STORIA SOCIALE E RELIGIOSA”, Roma, XI (1977), pp. 96-108:106;
cfr. anche A. BIONDI, Aspetti della cultura cattolica post-tridentina, in STORIA d'Italia, Annali, 4:
INTELLETTUALI e potere, Torino, 1981, pp. 253-302.
6 - Sulla storia del libro cfr. A. PETRUCCI, Per una nuova storia del libro, introduzione a
L. FEBVRE - H-J. MARTIN, La nascita del libro, Roma-Bari, 19852; ID., Libri, lettori e pubblico
nell'Europa moderna, Roma-Bari, 1989. Sul processo della trasmissione culturale nell’ambito
“semiletterario” e “semiorale” cfr. R. SCHENDA, Folklore e letteratura popolare: Italia - Germania
- Francia, Roma, 1986; sulla circolarità della cultura cfr. P. BURKE, Cultura popolare nell'Europa
moderna, Milano, 1980.
301
ispirarsi e in cui riconoscersi. La meditazione della lettura religiosa procura infatti
quella divina sapienza che è il mezzo per mettere a nudo l’anima: il devoto può
riconoscersi in mirabili casi di vita e scoprire la propria persona secondo la massima «conosci te stesso» che da Senofonte attraversa l’antichità e passa all’età moderna con Agostino, e che vale come sorta di viatico per un pellegrinaggio spirituale in
cui l’individuo vive interiormente la lettura creandosi uno spazio intimo, rispecchiandosi, e al contempo estraniandosi, con la mente e con il cuore, nel testo della
pagina7 .
La simbiosi fra l’anima tormentata e la pagina scritta, «specchio», ancora, in
cui l’autore guarda dentro sé e il lettore si riconosce, fa del libro lo «specchio» in cui
il devoto deve rimirarsi, confrontandosi con casi di santità, con le spiegazioni della
Sacra Scrittura e le norme suggerite8 . Non a caso la raccolta di biografie esemplari
di Sarnelli si intitola Specchio del clero secolare, in cui è raffigurato il secolare estaticamente abbagliato dalla divina sapienza riflessa dal libro, riproponendo in
quest’immagine quella di tanta iconografia sacra, colta e popolare, in cui Cristo crocifisso o risorto, o la Vergine o i santi di celestiale lucentezza abbagliano il fedele in
preghiera9.
Le Lettere ecclesiastiche sono raccolte in dieci tomi, rispettivamente dedicati a
Gesù Cristo, ai santi martiri Mauro, Pantaleone e Sergio, protettori di Bisceglie - di
cui Sarnelli fu nominato vescovo nel 1692 - a san Pietro, a sant’Agostino, a san
Giuseppe, a Maria
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7 - Cfr. A. QUONDAM, op. cit. Sulla tradizione medievale del libro religioso cfr. I. ILLICH, Nella vigna del testo. Per una etologia della lettura, Milano, 1994; sulla metafora dello specchio cfr. ivi, capp. 1 e 6; sul libro come vigna, giardino di un avventuroso pellegrinaggio ivi, pp.
32 sgg.
8 - Sarnelli stesso, nel tomo quarto delle Lettere, dedicato ad Agostino, dice del santo
che “la vostra Vita non è altro che una lettera Ecclesiastica mandata da Dio a noi peccatori [ ... ]
Dovendo Voi essere iniziato Maestro della più sublime dottrina vi è comandato dal Cielo che
prendiate il libro, nello specchio della cui pagina avendo rimirate le vostre immondizie per
lavarle, trasferiste negli occhi vostri le lagrime di Vostra Madre”: P. SARNELLI, Lettere ecclesiastiche... Tomo quarto.... Venezia, 1716, cc.n.n..
9 - P. SARNELLI, Specchio del clero secolare overo Vite de ' SS. Cherici secolari ... Parte prima.... Napoli, Antonio Bulifon, 1678; ID., Specchio del clero secolare overo Vite de ' SS. Cherici
secolari ... Parte seconda .... ivi, 1678; ID., Specchio del clero secolare overo Vite de ' SS. Cherici secolari
... Parte terza.... ivi, 1679.
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Vergine della Pace, a san Tommaso d’Aquino, a sant’Ambrogio, a san Basilio e
a san Giovanni Crisostomo.
Nel secondo tomo Sarnelli dichiara di averle messe insieme «così alla rinfusa»: esse sono «disuguali in quanto a grandezza o picciolezza [ ... ] altre hanno
più specie di trattato che di lettere». E in proposito riporta l’opinione del
«Giornale de’ letterati» di Parma, a cui decide di rispondere al momento della
pubblicazione del secondo tomo (Roselli, Napoli 1699) in merito alle quaranta
lettere del primo, pubblicate nel 1686 a Napoli presso Antonio Bulifon. Sul
«Giornale» scrissero che le lettere «benché non habbiano alcuna distinzione,
ponno però distinguersi in due classi: l’una è di quelle che immediatamente pare
che habbiano per oggetto l’istruire; l’altra di quelle che sembra appartengano
all’erudire»10.
Tuttavia Sarnelli, esperto pubblicista e collaboratore dell’editore Antonio
Bulifon, ha intenzionalmente pubblicato le lettere così come le era andato raccogliendo «perché più allettino ad esser lette colla diversità e col passaggio
dall’istruzione all’erudizione, tolgano il tedio che potrebbe recare la continuazione». Una dichiarazione, questa, che non smentisce affatto il «Giornale de’
letterati», ma che giustifica quel disordine a cui il lettore dell’opera può andare
incontro con le palesi finalità di Sarnelli di istruire senza pedanteria, suffragate
ancora dalle modestia con cui lo stesso vescovo dichiara il suo impegno: dopo
le prime quaranta decide infatti di tacere il nome dei destinatari delle lettere
«perciocché essi stessi per lo più persone che sanno più di me, non paja che io
habbia voluto far loro da Maestro non essendo il gran fatto che tal’uno o per
non aver tempo da volger libri, o per non aver libri da rivolgere, ricorra ad altri
per soddisfarle»11 e afferma inoltre che «studiare per le risposte m’è giovato
imparare io stesso»12.
Le più di seicento lettere raccolte da Sarnelli si occupano di vari argomenti: oltre l’interpretazione dei passi evangelici, biblici e dei versi dei salmi,
numerose riguardano il comportamento religioso. In particolare, qui seguiremo
con Sarnelli le modalità della preghiera
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10 - P. SARNELLI, Agli studiosi lettori l'Autore, in Lettere ecclesiastiche... Tomo secondo, Venezia, 1716, c.n.n..
11 - IB.
12 - P. SARNELLI, Lettere ecclesiastiche ... Tomo terzo._ Venezia, 1716, c.n.n..
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dell’ideale devoto nell’ambito ell’ordinamento interiore ed esteriore dello spazio
sacro13.
Lo spazio interiore
Sostenere che «l’orazione mentale è di precetto divino per maniera che senza quella,
niuno si può salvare è una eresia condannata da S. Chiesa»: infatti l’orazione deve
essere «consigliata» dal confessore come mezzo a disposizione del fedele per
raggiungere la perfezione della vita spirituale e per una «maggiore intelligenza» dello
stesso mistero della fede14. Essa «non è posta né nella suspensione d’ogni atto, né
nel solo ricevimento, overo in un certo stato passivo, né meno nella sola
specolazione, né nel solo amore, ma negli Atti dell’intelletto e della volontà riportati
al culto e all’amor di Dio nella meditazione, overo considerazione delle cose divine
e del nostro niente e delle nostre indigenze, e nell’amor di Dio e nel desiderio delle
cose eterne ed in altri pietosi affetti»15.
Sarnelli distingue quindi due tipi di orazione mentale: quella vocale in cui il
devoto è costantemente attento e vigile a ciò che recita pregando, e l’altra di pura
meditazione, contemplazione intellettuale delle cose divine o rivelate, non sempre
accompagnata dalla preghiera recitata, anzi preferibilmente tenuta nel segreto del
proprio intimo silenzio 16.
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13 - Sullo “spazio” della preghiera cfr. R. GUARDINI, Introduzione alla preghiera,
Brescia, 1948, in particol. pp. 24-43.
14 - P. SARNELLI, Alla Signora Brigida Sarnelli, mia sorella carissima, Della .Orazione
mentale, Lettera XXI, in ID.,Lettere ecclesiastiche ... Tomo primo…Venezia, 1716, pp. 90-93;
lettera datata Napoli, dal Convento dei Padri Predicatori S. Brigida di Posillipo, 15 agosto 1685
. Sull’orazione mentale cfr. R. GUARDINI, Introduzione alla preghiera cit., pp. 123 e sgg..
15 - P. SARNELLI, orazione mentale, che cosa sia; contra gli errori de’ Quietisti, Lettera
XXXVI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo ottavo.... Venezia, 1716, pp. 72-74, in particol, 73.
16 - P. SARNELLI, Perché la S. Chiesa ha proibito la celebrazione della Messa in volgare. E
perché ha voluto che alcune Orazioni si pronunciassero segretamente. Lettera XCVI, in ID., Lettere
ecclesiastiche... Tomo decimo…, Venezia, 1718, 204-206.
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Distinguendo «la cosa necessaria assolutamente e semplícemente»,
indispensabile per il raggiungimento dello scopo che ci si prefigge, da quella
necessaria «secondo qualche cosa» che rappresenta il modo per ottenere «più
agevolmente l’effetto», l’orazione mentale meditativa e contemplativa non è
«semplicemente e assolutamente necessaria» per conseguire la salute eterna, dato
che nessuna cosa o pratica può ritenersi indispensabile per la vita del devoto se
non è stata stabilita da Dio come tale. E’ comunque utile considerare alcune
prescrizioni fondamentali riguardanti l’orazione:
Dicasi a’ fedeli che ciascuno due volte il dì almeno, se più
spesso non può, faccia orazione, cioè la mattina e la sera,
dicendo il Simbolo o l’orazione Domenicale, overo: qui
plasmasti me, miserere mei, o pure: Deus propitius esto mi . hi peccatori;
e ancora: Deo gratias: pe ‘l cotidiano sostentamento ch ‘l
Signore somministra e perciocché egli degnato si sia di crearlo
a immagine sua. Ciò fatto e adorato Dio creatore invochi i
Santi e preghili che vogliano per lui intercedere presso alla
M.D. E quegli che sieno vicini ad alcuna Basilica facciano
queste cose in essa. Ma chi si trova in cammino o per qualsiasi
cagione nelle selve o nella campagna quivi le faccia sapendo
che Iddio è presente in ogni luogo, dicendo il Salmista: In ogni
luogo del dominio di lui etc.17.
Sarnelli ne deduce che l’orazione mentale vocale - il Simbolo o il Padre
nostro, nonché altre pie preghiere - è strettamente necessaria al cristiano devoto.
L’orazione domenicale, ossia il Pater noster, è da considerarsi tra i «Sacramentali»
istituiti dalla Chiesa. Difatti non esiste una particolare festa dedicata al Padre,
per poter lasciare l’individuo libero di venerarlo in qualsiasi momento della sua
giornata18. Il Pater dispone quindi al «Sacramento» che vale come conferimento
della
_______________
17 - P. SARNELLI, Alla Signora Brigida Sarnelli cit., p. 91.
18 - P. SARNELLI, Come la Santa Chiesa celebri la festa del Padre Eterno. Lettera LIII,
in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo nono…, Venezia, 1716, pp. 116-119.
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grazia divina 19 ed è la preghiera «eccellente» fra tutte perché composta da Cristo
stesso che «la fece brevissima, acciocché ogn’uno la impari e la tenga a mente ed è
piena di sostanza poiché comprende tutto ciò che si de’ domandar a Dio»20.
Impararla richiede un minimo sforzo di memoria:
Leggesi che un ricco mercante essendo ito a confessarsi ad un
S. Religioso, dimandato se sapea il Pater nostro, rispose di no,
per non aver capacità d’apprenderlo. Come dunque, gli disse il
Religioso, tu puoi applicare a’ negozj? rispose: se bene non so
leggere, né scrivere, pure tengo a memoria i nomi di coloro
con cui negozio e la quantità della roba. Allora il Padre
fingendo di aver un negozio con lui mandò diversi a’ quali
disse che dimandati de’ lor nomi dicessero qualche particella di
Pater nostro e così egli tenendo a mente i nomi non veri
imparò da vero l’Orazione domenicale21.
Tuttavia l’orazione contemplativa e meditativa, ossia la preghiera interiore e
incessante, può essere considerata «implicitamente» richiesta, più precisamente
«consigliata» come veicolo di salvezza poiché essa è quella che congiunge
l’intelligenza del significato e del valore del divino al rispettoso amore del fedele nei
confronti di Cristo 22. Ciò è vero perché ogni opera di pietà e ogni azione onesta è
meritevole e spetta al devoto trovare i mezzi per acquisire la perfezione.
_______________
19 - P. SARNELLI, Se la Chiesa ha istituito i Sacramentali, come fra questi si annovera il Pater
noster istituito da Christo, Lettera XXXVI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp.
72-73.
20 - P. SARNELLI, Perché il San Matteo fa il Pater noster di sette petizioni e San Luca di
cinque. Lettera XXXIV, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo sesto cit., pp. 68-69.
21 - Ivi, p. 69.
22 – “Come mai dalla bocca può meditarsi la sapienza se la meditazione appartiene
solo alla mente? (che s’intende per lo cuore). Eccolo: la bocca dee regolarsi colla mente e non
proferir parole che non sieno ponderate dalla ragione”: P. SARNELLI, Come s’intende che la
bocca mediti e gli occhi pensano, in Id., Lume a’ Principianti nello studio delle Materie Ecclesiastiche e
Scritturali cit., Parte prima, Quesito IV, pp. 129-131:129.
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L’orazione dispone alla perfezione e all’unione con Dio: il fedele deve infatti
diventare semplice, puro ed essenziale e mettersi così in grado di cercare Dio,
avvicinarsi a lui per vivere la comunione divina. La preghiera meditativa è superiore
in «perfezione» a qualsiasi altro tipo di orazione poiché consente di imitare Cristo
che continuamente pregava con la mente, anche quando recitava ad alta voce. La
contemplazione del mistero divino consente alle anime innocenti e pure di
raggiungere l’estasi soprannaturale e mistica, l’alienazione della mente umana dai
sensi corporei. La preghiera meditativa tende quindi a svelare una verità che non è
quella fornita dall’immediata esperienza del mondo e della vita quotidiana, ma è
quella divina della rivelazione23.
Essa, spiega Samelli, perviene direttamente da Dio che si compiace di
donare le virtù e i benefici del suo divino amore in sette modi:
1. O in sogno a’ dormienti 2. o colla sola voce sensibile a’
vigilanti 3. o colla voce e apparizione insieme 4. o con
apparizione senza voce sensibile 5. o con interne locuzioni,
ritrovandosi l’huomo in eccesso di mente 6. o pure venendo
l’Anima rapita in estasi dall’Orazione e contemplazione delle
divine perfezioni 7. o con rapire anche il corpo in aria e tenerlo
sollevato da terra. […]
In quanto al ratto del corpo, permette il Signore che alle volte
questo si sollevi miracolosamente da terra, mentre i suoi servì
stanno colla mente alzata a lui nell’Orazione, parla a’ medesimi
e fa sentire ad essi la sua voce e le sue celesti locuzioni. Di
questi ratti son piene le leggende de’ Santi24.
Tuttavia non commette alcun peccato chi non prega di continuo e chi non
riesce nell’orazione meditativa, pur essendo vero che gli atti interiori della fede, della
speranza, della carità, della penitenza e del pentimento dei peccati, nonché del
proponimento di non peccare in avvenire, sono indispensabili per il conseguimento
della salvezza dell’anima. Inoltre l’orazione vocale, a cui invece il devoto è obbligato
_______________
23 - Cfr, R. GUARDINI, Introduzione alla preghiera cit., pp. 126-128.
24 - P. SARNELLI, Delle Divine Apparizioni e Locuzioni. Lettera XLIV, in ID., Lettere
ecclesiastiche ... Tomo nono cit., pp. 99 e 101.
307
dal precetto, non può essere valutata sufficiente se non si accompagna a un
certo impegno intellettuale dell’orante che può renderla in questo modo quasi
un aspetto dell’orazione meditativa.
Durante la preghiera non ci si deve distrarre e «quanto all’ufficio della
bocca si pronunci senza syncope e distintamente in quanto all’ufficio del cuore è
l’attenzione della mente»25, come altrettanta attenzione deve essere prestata alla
modalità gestuale della preghiera: «l’orazione si dice in piedi o colle ginocchia
piegate, secondo il tempo [ ... ] la salutazione Angelica così detta è adorazione
del Mistero della Incarnazione ineffabile del Verbo Divino e si de’
genuflettere»26; «le Litanie che chiamiamo de’ Santi si dicono in ginocchio» e
«dicendosi AVE MARIS STELLA si de’ genuflettere e lo stesso si de’ fare in
tutte le antifone della Beata Vergine»27. Dio comunica con il devoto «scriptum
gratiae et precum» e l’esercizio attento e costante della preghiera è la strada che
conduce alla integrità morale e alla sapienza28. Ne consegue che per il devoto è
auspicabile l’applicazione all’orazione mentale meditativa poiché essa congiunge
con Dio. Durante la contemplazione
il senso sente e dal sentire nasce poi l’imaginazione, da questa
procede la cogitazione, da questa la meditazione. Meditando si
aguzza l’ingegno e comincia a discorrere; discorrendo trova la
ragione delle cose; la ragione illumina l’intelletto; l’intelletto
partorisce come una prole l’intelli_______________
25 - P. SARNELLI, Breviario donde sia detto e da quanto tempo e come si de’ leggere.
Lettera XL, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo sesto cit., pp. 82-85 in particol. 84.
26 - P. SARNELLI, Del segno della salutazione Angelica, il quale suol darsi tre volte il
giorno. Lettera XXX, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo settimo.... Venezia, 1716, pp. 6163 in particol. 61.
27 - P. SARNELLI, Se nella venerazione dovuta a’ Santi sia lecita la genuflessione. Lettera
LXII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo settimo cit., pp. 123-125 in particol. 124. Sulle
litanie cfr. ID., Della istituzione delle Rogazioni o Litanie minori e di altre Processioni. Lettera
XXXV, in Id., Lettere ecclesiastiche ... Tomo nono cit., pp. 75-77.
28 - P. SARNELLI, Esser lodevole vestire i fanciulli d’habito religioso ed esser profittevole
che le Monache recitino l’ufficio Divino ancorché non l’intendano. Lettera IV, in ID., Lettere
ecclesiastiche ... Tomo terzo cit, pp. 10-12 in particol. 10.
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genza della verità; la mente in questa intelligenza si affissa, per amore e carità insieme si diletta e si compiace29.
L’anima che contempla si solleva sulle vanità terrene, considerando
liberamente Dio e le cose divine. A questo grado di meditazione, a questo
disvelamento del messaggio divino, non raggiungibile semplicemente attraverso una
«volgare» osservanza dei divini precetti30, ma con uno strenuo studio e con una
continua mortificazione della propria cupidigia, vi pervengono solo le anime libere
dagli affetti materiali e dalla corruzione terrena 31 provate dal continuo esercizio
dell’adempimento delle virtù cristiane e dalla contemplazione del sacrificio di
Cristo 32. All’orazione contemplativa non si giunge con la «scienza», ma con la «fede,
colla carità e col conoscimento della propria debolezza» e coloro che vi riescono
sono tenuti ad esercitarsi continuamente, con maggior studio e fervore senza mai
tralasciare «gli atti frequentissimi di religione, di adorazione e di umiltà atti della
fede, della speranza e della carità»33.
Chi non riesce a raggiungere questo profondo livello di meditazione è tenuto
al precetto della preghiera vocale. Ciò non rappresenta una sconfitta per il fedele:
Sarnelli invita sua sorella Brigida a non rammaricarsi se non tiene a mente le regole
della preghiera e a non preoccuparsi se non riesce a leggere «con tutta applicazione»
i libri religiosi che il suo confessore le ha fornito, e in proposito, per avvalorare il
suo ragionamento, ricorda l’insegnamento di San Francesco di Sales, ossia che
prerogativa essenziale per pregare facendo cosa gradita al Signore, è principalmente
la fede:
_______________
29 - P. SARNELLI, Orazione mentale cit., p. 73.
30 - Cfr. IB.: La “Dottrina della Sapienza” non si acquisisce solo con il rispetto dei sette
precetti, ossia “dilezione del prossimo, onora tuo padre e la tua madre, non fomicare, non
uccidere, non rubare, non farai falsa testimonianza, non desiderare la moglie del tuo prossimo,
ne meno desiderare la roba del tuo prossimo”.
31 - Cfr. in proposito P. SARNELLI, Disinganno dell’inganno di chi con arti illecite va dietro
a trovar tesori, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quinto..., Venezia, 1716, pp. 122-129.
32 - “Questa è la vera via della Salute: frequentare la meditazione della Santissima
passione del Redentore”: P. SARNELLI, Di quali spine fosse intessuta la Corona del Salvatore.
Lettera XL, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo quinto cit. pp. 78-80 in particol. 79.
33 - P. SARNELLI, Orazione mentale cit., p. 74.
309
S’ingannarono grandemente quelli che credendo bisognarvi
tanto metodo per far l’orazione. Lo spirito di Dio non è sì
delicato che dipenda dal metodo. Dobbiamo sapere esser solo
una cosa necessaria al ben orare: cioè haver Nostro Signore
nelle braccia, come il S. Simeone: voglio dire tra’ nostri affetti;
così la nostra orazione sarà sempre ben fatta in qualunque
maniera noi la facciamo34.
La pratica costante costituisce un apprendimento salutare per l’anima, una
vera e propria «lezione», anche se questa può svolgersi inconsapevolmente:
conviene che voi leggiate ed oriate assiduamente, perlocché la vita
dell’homo giusto s’ordina bene colla lezione ed egli pur con essa si rafforza
contro il peccato [...] essendo queste le arme, cioè la lezione e la orazione,
colle quali si combatte e si vince il diavolo [...] E se talora dall’orazione si
cessa bisogna colle mani operare, imperciocché l’ozio è nemico dell’anima e
l’iniquo spirito di leggieri sospigne ne’ peccati colui ch’egli trova senza
lezione, overo senza orazione35.
Brigida è quindi dispensata dalla difficile prova dell’orazione mentale: inoltre,
le replica ancora il nostro autore, «che vale sepellirsi in un cantone della casa ed
intanto lasciar fare a’ figliuoli ed alla famiglia ciocché vogliono? [...] la buona
educazione de’ suoi figliuoli è per lei una diritta strada al Cielo [...] I libri che non
ben si capiscono, si lasciano dalle donne e sian suo’ libri i figliuoli e questi si studi di
educar bene»36.
Le preghiere costituiscono un mezzo per offrire l’anima a Dio, per
preservare il fedele dalla tentazione, per garantire la salute eterna, per
_______________
34 - P. SARNELLI, Alla Signora Brigida Sarnelli cit., p. 93.
35 - IB.
36 - ID. Alla Signora... cit., p. 84: “Si deve recitare quello che si può, siccome chi non
può digiunare tutta la quaresima è tenuto digiunare alcuni giorni se può”.
310
chiedere la grazia. Vale saperle recitare, poiché di esse non è richiesto di
comprenderne il significato e il solo replicarle ha valore di per sé.
Il beato Giordano alla domanda se sono gradite a Dio le preghiere delle
monache che recitano senza conoscere il significato di ciò che pronunciano,
risponde: «siccome la gemma in mano del rustico che non sa il prezzo, val tanto
quanto quando è in mano dell’orefice che ne sa il valore, così le preghiere tanto
vagliono in bocca del dotto, quanto dell’ignorante». Il precetto divino a cui il fedele
è tenuto, ossia, come si è visto, l’orazione vocale, implica che il devoto, laico o religioso esso sia, pronunci nella preghiera «distintamente, perfettamente e
riverentemente le parole»: anche se è preferibile coglierne il senso e «applicare
l’affetto» a ciò che significano, questa attenzione non è necessaria, tant’è che se lo
fosse, la Chiesa non avrebbe proposto le preci latine ai «dotti», agli «ignoranti», al
«popolo comune». Essendo la preghiera dettata dallo Spirito Santo, questo
supplisce laddove non arriva la l’intelligenza del fedele37. Esso diventa il principio
attivo della comunicazione con Dio, veicolo di mistica unione: in virtù del suo
tramite, l’anima viene «cristificata», ossia Cristo parla nel cuore del fedele attraverso
lo Spirito Santo garantendo il contatto col divino 38.
Chi non intende le parole latine che pronuncia durante la preghiera è
certamente più umile, pio e devoto, più meritevole e vicino a Dio, poiché gli si
accosta con la riverenza del mistero: santa Lutgarda «haveva ella tal grazia da Dio
che colla saliva della sua bocca subito curava i morbi»; essendo quindi spesso
impegnata nella cura dei malati e talvolta trascurando l’esercizio della preghiera,
chiese a Dio di farle comprendere il significato del Salterio per accrescere il valore
della sua devozione: «le concedette Iddio, secondo la dimanda, d’intendere il
Salterio, ma si accorse che con questa grazia non facea tanto profitto quanto
sperava, imperciocché la riverenza del nascosto mistero è la madre della divozione
e la cosa nascosta più avidamente si cerca e con
_______________
37 - P. SARNELLI, Esser lodevole vestire i fanciulli cit., p. 12.
38 - Difatti nessuna orazione è diretta allo Spirito Santo perché “essendo lo Spirito
Santo dono, dal dono non si chiede dono, ma dalli donanti, dalli quali egli procede”: P.
SARNELLI, Perché niuna Orazione o sia Colletta della S. Messa sia diretta allo Spirito Santo. Lettera
XXIII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 45-46, in particol. 46.
311
maggior venerazione si brama». Lutgarda disse quindi al Signore: «che importa a
me monaca semplice e.idiota intendere i segreti della Sacra Scrittura: dammi più
presto, o Signor mio, il tuo santo amore»39.
La preghiera rende immuni da tentazioni e lontano da ogni «sinistro
pensiero»: mentre si recita - almeno tre volte al giorno i laici, mattina, mezzogiorno
e sera, e sette volte gli ecclesiastici - si deve quindi pensare a Dio e meditare la
Passione di Cristo, così come ordina la Chiesa, implorando aiuto per il sacrificio
del Salvatore e iniziando quindi ogni orazione con il segno della Croce40.
Un’assidua pratica del recitare quotidianamente le preghiere soccorre i
bisogni spirituali e temporali dell’individuo, gli concede indulgenze, gli salva l’anima
dalla cattura del demonio, sia esso devoto che peccatore, lo contrassegna come
marchio distintivo: quanto valga recitare l’ufficio della Vergine o il Rosario secondo
le indicazioni sin qui riportate, è dimostrato dalla costanza con cui Maria interviene
a favore dell’orante. Un monaco cistercense spagnolo era «sì servente e divoto
nell’ossequio della B. Vergine e sì attento nel recitare il di lei piccolo ufficio che non
solamente in ogni verso, ma in ogni sillaba havea memoria della S. Genitrice di
Dio», tanto che Maria lo soccorse in punto di morte, non dispensandosi comunque
di salvare «un cherico colmo di vizii che altro ben non havea che recitare
attentamente e divotamente l’ufficio piccolo della B. Vergine»41.
Or passando un giorno il fiume per irne a soddisfare certe sue
sozze voglie gli venne in mente che non havea detto bene il
Mattutino della Vergine e cominciò a dirlo Ave Maria gratia
plena ed ecco in quell’istante crescer la piena e sommergerlo e
mentre diceva Dominus tecum lo soffocò. Corrono i demonj alla
preda, ma la Vergine vuole che sia condotto innanzi a Christo,
dove dopo molte altercazioni, disse la S. Madre al figliuolo
benché costui sia malamente vissuto, ha però finito la vita nelle
mie lau_______________
39 - P. SARNELLI, Esser lodevole vestire i fanciulli cit., p. 12.
40 - IB.
41 - P. SARNELLI, Della origine e del progresso dell’Ufficio piccolo della Beatissima Vergine
Maria Madre di Dio. Lettera XVII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quinto cit., pp. 32-36, in
particol. 35-36.
312
di, quali sempre fu attento ed assiduo [...] e se i demonj non
credono così gli guardino in bocca, e vedendovi i demonj vi
trovarono scritto a lettere d’oro: Ave Maria gratia plena e tosto
confusi partirono 42.
Fra l’orazione vocale e quella meditativa vi sono forme di preghiere ripetute
come le litanie e la «Corona», o «Rosario», che hanno la funzione di aiutare il
devoto a memorizzare l’orazione oltre che valorizzarne l’impegno nella ripetizione
mnemonica, la quale, a sua volta, introduce a una più intima esperienza di Dio. Il
Rosario, in cui si contempla la vita del Salvatore e i misteri della Madre, viene
istituito da san Domenico a vantaggio dei cristiani come preghiera meritevole di
innumerevoli grazie43. L’uso di un oggetto da parte del fedele viene approvato
dalla Chiesa con l’affermazione dell’autenticità della visione della Madonna avuta da
san Domenico all’inizio del tredicesimo secolo, durante la lotta agli albigesi.
Consegnato dalla stessa Madre di Dio con l’obbligo per i cristiani di invocare
ripetutamente il suo nome facendo scorrere fra le dita i grani, la corona del Rosario
diventa santa e taumaturgica perché di origini celesti e comunicata all’umanità
durante una mistica visione. La ripetizione induce nel fedele uno stato quasi
ipnotico in cui la luce spirituale inonda l’anima: le formule ripetute, ricche di
significato, creano uno spazio nel quale l’animo può indugiare lentamente,
progredendo nella meditazione44. Spiega Sarnelli che
Né questa ripetizione della stessa orazione è superflua [...] Né
solo la ripetizione di queste Divine Preghiere è santa, ma santo
ancora è il ripeterle per qualche numero misterioso [...] Io so
un mio amico divoto della B. Vergine che recita ogni giorno le
cinquanta Ave Maria del Rosario, aggiugnerve tante altre quanti
sono gli anni che vive più da cinquanta, ringraziando la B.
Vergine del suo patrocinio 45.
_______________
42 - ID., Dell’origine... cit., p. 37.
43 - P. SARNELLI, Perché Sant’Onofrio si dipinge con una Corona di più globetti per recitar
preci. Lettera V, in ID., Lettere ecclesiastiche... Torno sesto cit., pp. 12-14.
44 - Cfr. R. GUARDINI, Il Rosario della Madonna, Brescia, 1944.
45 - P. SARNELLI, Perché Sant’Onofrio cit, p. 13.
313
Recitarlo quotidianamente - almeno una parte - e con attenzione,
consente quindi di guadagnare un tesoro d’indulgenze, nonché di meditare e
commemorare la vita della Vergine e le sue feste, in cui sono riflessi vita e
destino del Salvatore. Nella Salutazione angelica Ave corrisponde all’Immacolata
Concezione, Maria alla Natività, Gratia plena alla Presentazione al Tempio,
Dominus tecum all’Annunciazione, Benedicta tu in mulieribus alla Visitazione, Benedictus
fructus ventris tui commemora il virgineo parto, Sancta Maria Mater Dei
rappresenta la Purificazione, Ora pro nobis peccatoribus rievoca l’Assunzione al
Cielo, e le parole nunc et in ora mortis nostrae rappresentano i sette dolori, ossia la
sua sofferente assistenza al Figlio crocifisso, che fanno di Maria la madre e la
benefattrice di tutte le creature46. Accanto alle preghiere ufficiali promosse dalla
Chiesa esistono altre forme di preghiera, più spontanee, vive e sincere, nate
dallo stesso orante, spinto dal proprio sentimento a richiedere l’aiuto divino, il
miracolo, a cui segue, generalmente, l’assolvimento del voto pronunciato
durante la stessa preghiera. Non sempre però l’individuo sa trovare in se stesso
le parole esatte con cui pronunciare la preghiera. Quella ufficiale supplisce a
questa povertà, un’aridità che possiede anch’essa valore e significato nella vita
del devoto, in quanto egli deve saper mettere alla prova se stesso e il proprio
orgoglio di individuo nella fedeltà e nell’ubbidienza a Dio, senza ricorrere al
sentimento. Le preghiere della Chiesa sono quelle che custodiscono le
esperienze e le vittorie morali dei santi che hanno fatto la storia dell’umanità e
che hano consegnato alla collettività un patrimonio di simboli entrato a far
parte del linguaggio della preghiera e da cui quindi il devoto non può
prescindere47. Durante l’età moderna il richiamo alle norme istituzionalizzate
consente alla Chiesa controriformistica di frenare quelle forme di devozione
sorte spontanee e rivelatesi nel tempo poco controllabili dagli organi preposti.
Esse potevano costituire una minaccia al dominio politico e morale della
collettività da parte della Chiesa, e venivano pertanto canalizzate verso modelli
comportamentali - la
_______________
46 - P. SARNELLI, Della Salutazione Angelica contiene tutte le feste della Be-atissima
Vergine, Quesito XXXXI, in ID., Lume a’ Principianti cit., Parte seconda, pp. 225-226; cfr.
anche ID., Perché nel Santissimo Rosario non si fa menzione dell’Epifania, Quesito XVI, ivi, pp.
160-162.
47 - R. GUARDINI, Introduzione alla preghiera, cit., pp. 110-116.
314
Vergine e i santi - che, al contempo, potevano garantire al fedele quel processo di
appropriazione individuale su cui necessariamente si basa anche la fede48.
Sarnelli ricorda che nelle litanie si invocano i santi affinché essi intercedano
presso Dio (Pio V scelse per esse i santi «più nobili» e ne proibì l’aggiunta senza il
permesso della Santa Sede al fine di ridurne le possibili devianze)49; che il Rituale
Romano e il Messale raccolgono inoltre molte devote orazioni da pronunciare per
la salute dei malati; che il Pater e il Simbolo possiedono immediato valore
terapeutico: san Tiburzio guarì un uomo «recitantandogli continuamente l’Orazione
domenicale e ‘l Simbolo sopra le ferite’, per maniera [che] si consolidarono l’ossa, il
capo e tutte le viscere»50.
Con le preghiere non ci si deve attendere un effetto assoluto e infallibile, ma
condizionato al volere divino attraverso l’intercessione della Vergine o dei santi: le
orazioni possono infatti includere forme superstiziose per le circostanze in cui
vengono recitate, per le modalità del loro esplicarsi, per le immagini cui fanno
riferimento, per i nomi che invocano, nonché per la causa stessa per cui si chiede la
grazia. I concili Cameracense del 1565 e Mecliniense del 1570 proibiscono che si
presti fede a quelle preghiere che promettono la certezza di un risultato rapido e
felice. Così quell’«ensalmo» contro la peste che recita «Crux Christi salva me...», come
le preghiere di
un libretto intitolato manuale precationum che contenea molte
preci e Figure [...] e tra le altre vi si vedea una Figura che come
dice il libro era la misura della sagra piaga del costato di Cristo
Nostro Signore della quale così vi è scritto: Tanta est virtus, ut ne
ignis, nec Aqua, nec Ventus, nec tempestas, nec lancea, nee ensis, nec
diabolus
_______________
48 - Cfr. G. GALASSO, Santi e santità, in ID., L’altra Europa, Milano, 1982, pp. 64-115.
49 - P. SARNELLI, Chi è l’Autore delle Litanie. Quesito XXVIII, in ID., Lume a’
Principianti cit., Parte seconda, pp. 190-192.
50 - P. SARNELLI, Se sia lecito dire delle Orazioni sopra gl’infermi per la salute corporale.
Quesito XVII, in ID., Lume a’ Principianti cit., Parte seconda, pp. 162-169 in particol. 162.
315
possint nocere ei qui eam secum fert. E però meritamente fu proibito 51.
La Chiesa quindi promuove e diffonde la formulazione esatta delle
orazioni di richiesta di grazia: Padre Ribadeneira nella vita di san Biagio, ricorda
ancora Sarnelli, riporta che Aezio Antiocheno, fra i rimedi prescritti contro il
soffocamento indica che «preso l’infermo per la gola gli si dicano queste parole:
Blasius Martyr et servus Christi dicit: a’ut ascende, aut descende» corrette dalla Chiesa in
«Per intercessionem P. Blasii Martyris liberet te Dominus a malo gutturis»52 a sottolineare
che la preghiera ha effetto solo se viene affidato a Dio il potere di elargire la
salute e non se viene attribuito un potenziale taumaturgico alle parole
pronunciate, ossia solo con una matura fiducia del devoto nel valore del
mistero divino.
Credere in un potere magico della parola può avere anche effetti deleteri
e contrari alla bramata grazia: Martin del Rio racconta di un guardiano di maiali
che aveva infilato nel suo bastone una «cartuccia» - probabilmente
un’immaginetta - con su scritto il nome di san Biagio, e che al solo bastone
aveva affidato la custodia dei suoi animali.
Avvenne che essendo egli assente un huomo che passava vide
che il demonio guardava i porci, il dimandò quell’huomo
com’egli ch’era persecutore degli huomini ora era fatto
custode de’ porci, rispose che l’huomo pastore di quelli havea
un bastone su cui era scritto il nome di S. Biagio e che a quella
cartuccia scritta attribuiva della divinità contra la sua legge e per
mantenerlo in quella credenza mi son messo a guardar i
porci53.
Non è in dubbio il ricorso all’orazione come rimedio per la salute
dell’infermo, né tantomeno quello ad oggetti di supporto alla preghiera come,
si è visto, la catena del Rosario. L’importante è affidarsi alle sanzioni della
Chiesa, ricorrendo all’aiuto del sacerdote, dimostrando
_______________
51 - ID., Se sia lecito... cit., p. 164.
52 - IB.
53 - IB.
316
durante l’orazione di avere rette intenzioni, e vale l’ausilio di oggetti se questi
vengono istituzionalizzati dalla Santa Sede perché comunicati all’umanità tramite
una prodigiosa rivelazione. Oltre alla devozione del Rosario, il richiamo di
Sarnelli è a quella dell’«abitino» della Madonna del Carmine che promette la
liberazione delle anime dal fuoco del Purgatorio o altra sorta di aiuto nel
giorno di sabato. Tale devozione nasce dall’apparizione mariana al Padre
Simone Anglico approvata dal decreto dell’Inquisizione durante il pontificato di
Pio V, nel 1613, e sancisce il valore della pia credenza se l’effetto della grazia
viene richiesto dal devoto nel doveroso «debito di decenza» che si deve avere
nei confronti della pietà della Vergine, maternamente impegnata a favorire i
suoi adepti54.
Lo spazio esteriore
L’esercizio della preghiera che abbiamo seguito fin qui riguarda
l’ordinamento interiore, ossia lo spazio del raccoglimento intimo del devoto in
cui si determinano quelle condizioni meditativo-riflessive che consentono di
eseguire l’orazione correttamente, nel suo pieno valore e significato di
comunione con Dio.
L’ordinamento esteriore che accompagna quello interiore viene scandito
innanzi tutto dallo scorrere del tempo, rappresentato nella vita del fedele oltre
che dai quotidiani impegni della vita lavorativa, dalle ricorrenze liturgiche in cui
ricorre la preghiera: l’Avvento, il Natale, l’Epifania, la Quaresima e la Pasqua,
quindi la Pentecoste a cui seguono le successive settimane dell’anno in attesa del
nuovo avvento di Cristo.
Un altro elemento ordinatore è lo spazio esterno, che nella vita della
comunità è rappresentato dal centro religioso, la chiesa, elemento ordinatore
dello spazio sociale e punto di riferimento della vita spirituale della collettività55.
_______________
54 - IB.
55 - M. ELIADE, Il sacro e il profano, Torino, 1967, pp. 19 sgg. e P
EVDOKIMOV, L’ortodossia, Bologna, 1985, pp. 326 e sgg. Sui santuari cfr. C. CRACCO,
Tra santi e santuari, in J. DELUMEAU, Storia vissuta del popolo cristiano, a cura di F.
Bolgiani, Torino, 1985, pp. 249-272. Sulla parrocchia in età moderna nel Mezzogiorno cfr.
317
Rispetto ai mitici tempi del primo cristianesimo in cui anche «persone di
bassa condizione» conoscevano a memoria i versi dei salmi e i passi della Sacra
Scrittura e frequentavano notte e giorno gli uffici divini, Sarnelli lamenta una certa
rilassatezza da parte della popolazione nei confronti degli obblighi di frequenza alla
messa56 nella chiesa cittadina, spesso trascurata, anche nei giorni festivi, a favore di
quella che si svolgeva negli oratori privati, sorti numerosi in quegli anni57.
Responsabile il parroco e in generale la Chiesa stessa, perché «a dirla come sta, se si
dasse al popolo il pascolo spirituale che desidera, la Chiesa sarebbe sempre piena.
[...] tanto il popolo non fa quanto il Prete non vuole»58. Tant’è che sono ammesse
in chiesa quelle devozioni di massa le cui particolari cerimonie, attestate nella
tradizione, esulano da quelle prescritte dalla Chiesa: esse infatti sono permesse
«perché sono di gloria a Dio e d’utile al nostro prossimo, purché non vi sia
mescolata qualche superstizione, che si de’ togliere». A tale fine, è giusto insistere,
sono necessarie quattro condizioni:
1. Che la grazia si de’ aspettare da Dio per intercessione della SS.
Vergine.
_______________
G. DE ROSA, Organizzazione del territorio e vita religiosa nel Sud tra XVI e XIX secolo, in La
SOCIETA religiosa cit., pp. 11-29; A. CESTARO, Strutture ecclesiastiche e società nel Mezzogiorno,
Napoli, 1978; L. DONVITO, Società meridionale e istituzioni ecclesiastiche nel ‘500 e ‘600, Mìlano,
1987.
56 - Sul significato della messa cfr. P. SARNELLI, Se il sagrificio della S. Messa sia uno o
più. Lettera XLII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 81-83 e ID., Non essere
stato mai permesso il S. Sagrificio della Messa sotto una sola specie. Lettera XLIII, ivi, pp. 83-85.
57 - Un limite alla diffusione degli oratori privati, per la promozione della messa della
cattedrale o della parrocchia, la Chiesa lo tenta con il decreto De celebratione missarum emanato
dalla Santa Sede il 15 dicembre 1703 il quale vieta l’abuso di alcuni vescovi e regolari di celebrare
messa nelle case dei laici e negli oratori privati, trasportandovi altari portatili: cfr. P.
SARNELLI, Della celebrazione degli Oratori privati. Lettera XLV, in ID., Lettere ecclesiastiche ...
Tomo quarto cit., pp. 88-89.
58 - P. SARNELLI, Dell’antica frequenza del popolo agli uffici Divini. Lettera XXIII, in ID.,
Lettere ecclesiastiche... Tomo secondo cit., pp. 52-54: 54. Sulla figura del parroco cfr. L.
ALLEGRA, Il parroco: un mediatore fra alta e bassa cultura, in STORIA d’Italia, Annali, 4:
INTELLETTUALI e potere, Torino, 1981, pp. 895-947.
318
2. Che non si adoperino parole non legittimamente istituite.
3. Che chi dimanda la grazia procuri di star in grazia.
4. Che siano preparati nell’animo, che se a Dio piace di farla,
bene, se no, rassegnarsi nella sua SS. Volontà59.
Il parroco è obbligato per precetto a offrire il sacrificio della messa nelle
domeniche e nei giorni festivi ai propri parrocchiani, il cui «frutto» è
«generalissimo», perché ne usufruiscono primariamente pontefice e vescovo,
«specialissimo», perché ne gode il sacerdote celebrante, «medio», proprio perché è
lo stesso sacerdote che lo applica a tutti quelli per cui celebra60. Pertanto il Concilio
di Trento (sess. 22) avverte che parroci e predicatori devono costantemente
ammonire il popolo a frequentare la parrocchia almeno nelle domeniche e nelle
feste principali, ricordando che i benefici che si ottengono dalla partecipazione alla
celebrazione della messa ufficiale sono certamente maggiori rispetto a quelli che si
possono ottenere assistendo a una messa privata. In generale la messa gode del
favore divino «in quanto al frutto ex opere operantis, sì anche ex opere operato,
meritorio, impetratorio e soddisfattorio»:
E in quanto al frutto ex opere operantis che sia maggiore è
chiaro perché dove è maggiore divozione negli offerenti, dove
si esercitano maggiori atti di religione, ivi è maggiore il frutto
del sagrificio rispetto agli offerenti e cooperanti in esso [...] Or
nella Messa solenne si eccita maggior divozione, precisamente
dove il canto è religioso. Esercitano più atti di religione nella
moltitudine de’ ministri, nell’incensazione dell’Altare e della
materia offerta. Lo stesso si de’ affermare ex opere operato. Le
ragio_______________
59 - P. SARNELLI, Se sia lecitano far passare, come dicono, i figliuoli che patiscono d’Ernia in
alcune Chiese della SS. Annunciata. E del Sacco di S. Francesco. Lettera XCI, in ID., Lettere
ecclesiastiche ... Tomo decimo cit., pp. 193-195, in particol. 194.
60 - Cfr. in particolare P. SARNELLI, Esser tenuto il Parroco applicare nelle Domeniche ed
altri dì solenni il Sacrificio per li suoi Parrocchiani. Lettera XXI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo
quinto cit., pp. 42-44.
319
ni sono molte e precisamente perché Christo, il quale ha
istituito questo sagrificio, ha voluto che si offerisse alla Chiesa
non solo con semplice rito, come nella Messa privata; ma
anche con rito solenne, come nella Messa Ponteficale, nella
cantata con più ministri [...] adunque fu congruo che Christo
Signor Nostro habbia voluto che provvenga maggior frutto ex
opere operato dall’oblazione del Sagrificio fatta con rito solenne
con l’intervento di tutti i ministri [...]61.
La messa parrocchiale ha pertanto le sue positive prerogative. In chiesa si
celebra il sacrificio di Cristo per il suo popolo che pertanto usufruisce
primariamente dei frutti che da quello provengono; nella comunione di tutte le
orazioni ed opere pie consacrate nella fraternità della Chiesa nel nome di Cristo e
dello Spirito Santo, si impetrano più efficacemente la grazia di Dio e la remissione
di tutti i peccati; la chiesa parrocchiale è inoltre la «Madre» dei suoi battezzati e
somministra loro tutti gli altri sacramenti; nella messa parrocchiale il popolo riceve
la benedizione con l’acqua santa e gode dei benefici che da essa derivano, può
partecipare alle processioni per allontanare le punizioni e i flagelli divini, per
chiedere la fertilità della terra e altri benefici spirituali e temporali, per ottenere la
salute degli infermi e degli agonizzanti, può pregare per i defunti e fare l’elemosina
ai poveri della stessa comunità.
In particolare, l’acqua benedetta, un «sacramentale»62 che rappresenta
l’incarnazione di Cristo, è contro ogni sorta di maleficio, per cui si tiene esposta in
chiesa a vantaggio di tutti i fedeli. Essendo «mate_______________
61 - P. SARNELLI, Si commanda l’assistenza alla Messa solenne. Lettera XLIV, in ID.,
Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 85-88 in particol. 86-87.
62 - I “sacramenti” si differenziano dai “sacramentali” perché questi ultimi non
raggiungono l’effetto del sacramento che è quello di conferire la grazia, ma fungono come
disposizioni ai sacramenti. Oltre l’acqua benedetta, i “sacramentali” sono: la consagrazione
della Chiesa e degli Altari e de’ vasi parimente a tal uso destinati. La benedizione delle vesti per
riverenza della SS. Eucaristia. [...] la benedizione dell’Abbate. La consagrazione delle Vergini.
La benedizione degli Sposi.Le Imagini benedette. Le Reliquie de’ Santi. Gli Esorcismi. I
Funerali ed altre sacre Cerimonie”: P. SARNELLI, Se la Chiesa ha istituito cit., p. 72.
320
ria», necessita della «forma» che consiste in invocazioni e orazioni da recitare:
Si debbono però leggere le orazioni attentamente e fare i
segni della Croce come vanno fatti perché dice S. Vincenzo
Ferrerio che vi era un ossesso dal demonio sopra il quale
gittavano dell’acqua benedetta ed egli non voleva uscire,
dicendo che quella non era acqua benedetta, perché il
Sacerdote ci havea fatto i circoli. Presero altra acqua benedetta
e si partì il demonio e trovarono che quel Sacerdote non
faceva bene i segni della Croce e non proferiva le parole
distintamente63.
Nessuna cosa si benedice senza essa, pertanto si tiene esposta per le virtù che
possiede grazie all’intercessione della Chiesa. San Vincenzo Ferreri distingue tali
prerogative in quattro per l’anima, quattro per il corpo e quattro contro i pericoli
della vita spirituale:
I. Raccoglie la mente delle persone distratte dalle occupazioni
temporali, se si prende divotamente colla croce in fronte,
dicendo Jesus. E però comunemente si tiene presso la porta
della Chiesa. II. Purifica la mente dalli mali pensieri che il
demonio suggerisce e però se ne deve tenere anche in casa. III.
Rimette i peccati veniali a chi però non è in istato di peccato
mortale attuale. E questo è un gran guadagno perché si trova
che una persona stette nel Purgatorio un anno per un peccato
veniale. IV. Discaccia i dimonj. [...] I. In quanto al corpo. Dà la
fecondità corporale, la Donna che ne beverà e divotamente si
farà la Croce sopra il ventre, bavrà prole se Dio non
permettesse altrimenti [...] II. Dà ancora la fertilità a’ Campi,
cospargendoli coll’acqua benedetta nel nome dì Giesù, com’è
detto di Eliseo, e libera dalle locuste e da’ topi. III. Sana le
infermità, se la curazione non è contra la salute dell’anima
_______________
63 - P. SARNELLI, Essendo gli Olei Santi Sacramentali, come l’Acqua benedetta, perché quelli
si tengono custoditi e quella esposta? Lettera XVIII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit.,
pp. 35-37 in particol. 36.
321
[…] IV. Esclude la mortalità e la pestilenza con benedire le
case e le campagne. I. Circa a’ pericoli della humana vita.
Giova a chi va in viaggio [ ... ] II. Giova contra le fiere [ ... ]
III. Giova contra le tempeste del mare e seda i flutti
orgogliosi. IV. Giova contra il fuoco [ ... ]64.
Durante la messa parrocchiale, spiega il Tridentino (sess. 24), si predica la
parola di Dio che il popolo è tenuto a sentire con attenzione e riverenza,
cogliendo il significato e il valore delle cose sacre, pregando e onorando Dio,
congiungendo la propria orazione a quella del sacerdote, evitando di distrarsi e
di chiacchierare con gli astanti e recitando con devozione l’ufficio divino.
Se poi replichi che la moltitudine non ti fa stare così vicino che
tu possa udire il Sacerdote ti rispondo - aggiunge ancora Sarnelli che per soddisfare al precetto di ascoltar la Messa basta la
presenza morale ed humana, cioè basta che il fedele o senta o
veda il sacerdote celebrante o almeno in caso di straordinario
concorso sia vicino agli altri che vi assistono, sentono o vedono,
ancorché non potendo entrare nella Chiesa per la moltitudine del
popolo o per legittimo impedimento; tutta la forza sta assistervi
con divozione [ ... ] Ma chi in tempo della Messa notabilmente o
ciarla o dorme o ride con altri o legge storie, scrive, dipinge, in
maniera che totalmente s’impedisce l’attenzione, non soddisfa al
precetto […]65.
_______________
64 - Ivi, pp. 36-37.
65 - P. SARNELLI, Si commanda l'assistenza cit., pp. 87-88. Il Catechismo Romano
spiega in quali opere il devoto deve esercitarsi durante i giorni festivi: “Andare alla Chiesa e
quivi con divozione assistere al Santo Sagrificio della Messa; frequentare i Santissimi
Sacramenti della Confessione e Comunione; sentire attentamente la predica; esercitarsi
studiosamente nelle preghiere e nelle divini laudi e apprendere quelle cose che
appartengono alla instituzione della vita Christiana: praticare gli uffici di pietà con far
limosine a’ poveri, con visitare gl’infermi e consolare gli afflitti”: ID., Della frequenza del
popolo ne’ dì festivi al vespro nelle Cattedrali. Lettera XLVIII, in ID., Lettere ecclesiastiche ...
Tomo sesto cit., pp. 98-99 in particol. 98.
Al fine di sottolineare l’importanza della frequenza alla messa Sarnelli spiega
322
Non è quindi per la mancanza di fedeli che il curato deve cessare di
adempiere ai suoi obblighi: «chi predica per motivo di carità può scusarsi quando
non ha copiosa udienza. Ma chi predica per debito di giustizia non de’ negarlo
anche a que’ pochi che concorrono. [ ... ] a ciò viene costretto dalla legge divina,
naturale ed humana»: la legge divina impone al pastore una missione, non un
semplice titolo; la legge naturale vuole che nessuno trascuri l’assolvimento del
primario obbligo per cui gode benefici; circa la legge positiva, si richiama il canone
tridentino (sess. 6 e sess. 23) che prescrive il tempo e il modo di proporre la
predica al popolo, durante la messa e «con facilità di parlare»66 .
_______________
anche le modalità della musica in chiesa, il cui uso è ammesso purché questa sia “grave,
modesta e divota”. Coloro che, in età controriformistica, biasimarono la musica, intesero
infatti quella di tipo teatrale irreligiosamente introdotta in chiesa da musici o suonatori che
lavorano negli spettacoli. La musica deve essere “armonica”, il canto e il suono tanto moderati
che “non tutto l’animo attragga al diletto di sé, ma lasci la miglior parte al senso di quelle cose
che si cantano e all’affetto della pietà”: ID., Al Signor Abate Giuseppe Crispini Hoggi dignissimo
Vescovo di Bisceglie: Qual debba essere la Musica nelle Chiese. Lett. IX, in ID., Lettere ecclesiastiche….,
Tomo primo cit., pp, 30-35 in particol. 35. Il musico ha licenza di cantare dal vescovo che la
rinnova di anno in anno in base al parere del parroco circa i suoi buoni costumi e la sua
integrità morale. Anche se laico, nel coro - le cui grate devono essere di altezza tale da non far
scorgere i cantori - usa l’abito chiericale con sottana, cotta, collari e manichetti e quando non
canta deve rigorosamente osservare il silenzio. L’intento è di non distrarre il fedele in chiesa
dalla musica o dalla presenza di laici e di fornirgli un ausilio alla sua concentrazione durante la
preghiera. Difatti, per quanto concerne la composizione del canto, si insiste sul non far
adoperare “quel tumulto di voci che non lascia intender le parole [ ... ] Né meno siano le voci
anzi oppresse”: ivi, p. 34. Le disposizioni della Santa Sede vogliono che le musiche delle
messe, dei salmi, antifone, motetti, inni, cantici abbiano uno stile “ecclesiastico, grave e
divoto”, che nelle messe non si cantino se non le parole prescritte dal Breviario e dal Messale
Romano, senza aggiungerne altre, che durante i vespri non si cantino se non le antifone
correnti, che non si canti “a voce sola tanto grave quanto acuta”, che in tempo di Passione si
canti senza organo: pena la privazione dell’ufficio, una cifra di cento scudi ed altre pene
corporali (ivi, p. 35). Sulle antifone, le cui “o” iniziali rievocano “i sospiri de’ SS. Padri che
ardentemente desideravano la venuta del Redentore” cfr. ID., Delle antifone maggiori nell'Avvento.
Lettera X, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 20-22.
66 - P. SARNELLI, Non doversi dal Curato intermettere la Predicazione, benché vi . sia della
gente che si stanchi d'udirlo. Lettera XLVIII, in ID., Lettere
323
Gli esempi di santi che con la sola predica riuscirono a raccogliere una
folta schiera di seguaci e a convertire gli eretici sono numerosi. San Francesco di
Sales predicò costantemente e anche quando gli eretici riuscirono a ridurgli
notevolmente il pubblico «seguitò a predicare a sì poco numero con tanta
industria, sollecitudine ed apparato quanto se havesse predicato ad una copiosa
moltitudine [ ... ] per tre anni intieri cotidianamente [ ... ] facendo quattro o
cinque miglia a piedi per celebrare, predicare e fare le funzioni benché alle volte
vi avesse trovato due sole persone e spesso ancora una sola vecchiarella e se ne
trovava così contento come se havesse predicato a qualche numerosa
moltitudine»67.
_______________
ecclesiastiche ... Tomo terzo cit., pp. 144-146 in particol. 145. Sulla predicazione cfr. R.
RUSCONI, Predicatori e predicazione, in STORIA d'Italia, Annali 4, cit., pp. 951-1035, in
particolare sull’età moderna pp. 986 sgg.
67 - P. SARNELLI, Non doversi dal Curato intermettere la Predicazione cit., p. 146. Sulle
missioni cfr. ID., De' notabili effetti delle Sante Missioni. Lettera XLII, in ID., Lettere
ecclesiastiche ... Tomo sesto cit., pp. 88-90. (Sul ruolo svolto dagli ordini regolari attraverso
le missioni cfr. C. GINZBURG, Folklore, magia, religione, in STORIA d'Italia, I: I caratteri
originali, Torino, 1972, pp. 603-676; G. GALASSO, L'altra Europa cit., pp. 94 sgg.; M.
ROSA, Pietà mariana e devozione del Rosario nell'Italia del Cinque e Seicento, in ID., Religione e
società cit., pp. 217-243; M.G. RIENZO, Il processo di cristianizzazione e le missioni popolari nel
Mezzogiorno. Aspetti istituzionali e socio-religiosi, in PER la storia... cit., vol. I, pp. 441-481; E.
NOVI CHIAVARRIA, L'attività missionaria dei Gesuiti nel Mezzogiorno d'Italia tra XVI e
XVII secolo, ivi, vol. 11, pp. 159-185.) Gli ammonimenti a un maggiore senso di
responsabilità e a un più profondo impegno del curato verso il popolo si accompagnano
agli inviti a una più puntuale morigeratezza di costumi e abitudini che possa consentire al
popolo di distinguere i chierici anche solo esteriormente, e al clero di adempiere
rispettosamente e con la debita decenza agli obblighi imposti dal ruolo: cfr. in proposito le
numerose lettere di Sarnelli sul clero. Sulla tonsura, Lettera XII (primo tomo);
sull’abbigliamento in generale, Lettere XVI (primo tomo), XXVIII, XXIX,
XXX(secondo tomo) ; sull’uso e abuso del berrettino, Lettere XIV, XV (primo tomo),
Lettere XXV, XXVI (quarto tomo); sull’uso degli occhiali durante la messa, Lettera LXIX
(quarto tomo); sulle abitudini alimentari, la frequenza alla taverna, il gioco delle carte e
l’uso del tabacco, Lettere XIX, XXV (primo tomo), Lettera XXX (sesto tomo); sulla
proibizione per i chierici di indossare le parrucche Lettera XXVI (secondo tomo), e il
Discorso historico e morale contra l'abuso delle Perucche negli Ecclesiastici. Non esser maraviglia che
insorgano gli abusi nel Clero, come il presente dell'abito alla moda de' laici e della Perrucca; ma doversi
adoperare i Vescovi per isvellergli (terzo tomo, pp. 151-163); sulla bassa statura, se essa sia o
meno disdicevole per l’ecclesiastico, Lettera XXXVIII (primo tomo); sullo stato sociale,
Lettera XXXVI (quinto tomo).
324
Neppure il vescovo può sottrarsi all’obbligo di predicare - il Tridentino non
ammette sostituto alla predica per il vescovo inadempiente (sess. 24) - soprattutto
quando i predicatori che affollano le piazze e le strade e il cui uditorio è per la
maggior parte costituito dalla plebe incolta e ignorante, recitano prediche ben
composte e imparate a memoria, in maniera però che il pubblico non ne
comprenda nulla. Alla predica del vescovo, invece, condotta con stile «Dogmatico,
Critico, Parenetico» - a seconda che voglia insegnare la dottrina cristiana, o voglia
censurare i cattivi costumi o voglia parlare con stile familiare - e che è quella più
precipuamente istruttiva perché vi si predicano i misteri della fede e i sacramenti, i
fedeli concorrono più volentieri perché «intendono»68. Alla predica di chi invece
«recita», spesso invece il pubblico si annoia e diserta e se invece vi partecipa,
lamenta la difficoltà di non poter stare seduto - giustificazione peraltro poco
accettabile poiché qualsiasi predica deve essere seguita sempre con «attenzione e
riverenza» - e talvolta si addormenta, risvegliandosi poi al racconto di favolose
storie69.
Nella chiesa il devoto prende i sacramenti (battesimo, unzione cresimale,
eucarestia, penitenza, estrema unzione, ordinazione sacerdotale e matrimonio 70)
distinti per «necessità di mezzo», «di precetto», «di mezzo e di precetto» o per non
avere né l’una né l’altra «neces_______________
68 - P. SARNELLI, Non potersi il Vescovo esimersi al tutto dal predicare. Lettera LIII, in
ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 104-106.
69 - P. SARNELLI, Come si de' stare a sentir la Predica. Lettera LXXXII, in ID., Lettere
ecclesiastiche. ..Tomo decimo cit., pp. 175-177. Da una lettera di san Francesco di Sales a un
novello vescovo Sarnelli trae alcuni consigli sul predicare: “bisogni che vi preghi humilmente
che non lasciate trasportarvi da alcuna considerazione che vi possa impedire o ritardare dal
predicare. Quando prima cominciarete, maggior riuscita farete: il predicare spesso è il vero
modo per diventar Maestro. Voi potete e DOVETE farlo: la vostra voce è a proposito, la
vostra dottrina è sufficiente, il vostro capitale è riuscibile, la vostra azione è conveniente, la
vostra condizione e il vostro ordine è illustrissimo nella Chiesa. Dio lo vuole, gli huomini lo
desiderano, questo sarà per la gloria di Dio e per la salute dell'anima vostra. [ ... ] Cominciarete
una volta agli Ordini, un’altra in occasione di qualche Comunione, dite quattro parole, poi
otto, poi dodici, arrivate fino a mezz’hora e poi salite sul pulpito. L’amore rende ogni cosa
facile [ ... ] Ridetevi di chi lodarà la dottrina di Monsignore vostro predecessore, perché egli
cominciò come voi”: ID., Non potersi il Vescovo cit., p. 106
70 - Sui sacramenti cfr. P. EVDOKIMOV, op. cit., pp. 381 sgg.
325
sità». La necessità di mezzo è quella senza la quale non si può ottenere il fine, come
il battesimo per i bambini, non essendoci per loro altra possibilità per conseguire la
salute eterna, mentre per gli adulti il battesimo è necessità di mezzo e di precetto vel
in re, vel in voto, come pure il sacramento della penitenza se dopo il battesimo hanno
commesso qualche peccato mortale. Il sacramento dell’eucarestia in re non è di
necessità di mezzo sia per i fanciulli che per gli adulti, quello in voto è invece di
necessità di mezzo a entrambi, essendo il voto incluso nel battesimo sia per la
grazia che rende il battezzato idoneo a ricevere l’eucarestia, sia per la «propensione»
che la grazia battesimale infonde nella vita spirituale del devoto 71.
Per battesimo in voto si intende il desiderio e il proposito di ricevere il
sacramento congiunto con la fede e con la «perfetta contrizione», ossia non con il
desiderio «nudo e semplice», ma con il pentimento profondo dei propri peccati in
quanto determinato dall’amore di Dio: quando è tale, il Concilio di Trento (sess. 6)
lo dichiara veicolo di salvezza, preceduto quindi dalla penitenza in voto che lo stesso
Tridentino (sess. 14) la esplicita come «Contrizione perfetta col desiderio di fare
quanto si deve». La contrizione è «animi dolor» perché non consiste nell’«appetito
inferiore, ma nella volontà, né meno nel dolore sensibile, ma nello spirituale che è
proprio della sola volontà»; si dice «detestatio per esprimere l’odio del peccato
commesso da cui suol nascere quel dolore o che si contiene almeno virtualmente
nello stesso dolore»; si dice «de peccato commisso» quando l’oggetto del dolore è «il
peccato fatto da noi o per omissione o per commessione come offesa a Dio
sommo bene» distinta da quella che si deve esprimere quando si incorre in qualsiasi
altro tipo di peccato perché «se taluno fosse così affetto ad un peccato mortale, che
di tutti gl’altri si dolesse eccetto che di quell’uno, non sarebbe vera la contrizione»; si
dice «cum proposito non peccandi de caetero» perché si deve avvalere del proposito di
non ripetere il peccato 72.
Gli scrittori delle regole di vita spirituale consigliano ai loro devoti la
comunione in voto, quando è sopraggiunto un evento a impedirla.
_______________
71 - P. SARNELLI, De' Santissimi Sagramenti che possono riceversi in voto non havendosi in re.
Lettera XLVII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo terzo cit., pp. 139-144 in particol. 139.
72 - ID., De' Santissimi... cit., pp. 140-141.
326
In questo caso (come indica il Concilio di Trento, sess. 13) si dice «spirituale»,
nasce da un «acceso desiderio», da una «fede, viva» e ha privilegio di poter
essere presa senza alcuna licenza, ogni giorno e anche più volte al giorno e di
predisporre spiritulmente il fedele alla unione «sacramentale». Il valore di questa
pratica è spiegato da Sarnelli con le parole di Cristo che parla all’anima del
devoto:
sappi che ogni volta che ti ti prepari alla santa communione
con ispeciali orazioni, esercizj e divozione e nondimeno tu lasci
di communicare per ragioni di obbedienza o di discrezione o
di humiltà o per altra cagione, allora io ti sazio del torrente del
mio divino influsso e non se’ priva de’ grandissimi frutti ed
utilità del mio Sagramento. Or vedi quanto bene ed utile è
all’anima il prepararsi con grande studio, divozione e dilligenza
alla Communione, quantunque la persona non ci vada
attualmente. Però studiati di fare ogni giorno questa debita e
degna preparazione speciale per la Communione e mi faria
cosa grata ed acquisterai grandissimi beni ed utilità all’anima
tua73.
Pertanto le anime devote, oltre alla comunione sacramentale che si
prende nel tempo stabilito dalla Chiesa, «si pascono» con quella ,spirituale,
seguendo l’insegnamento esemplare dei santi. La beata Giovanna della Croce
affermava di recepire durante la comunione spirituale quelle grazie che si
ricevono durante la reale funzione del sacramento. Amava dire sospirando: «0
eccellente metodo di communicarsi, in cui non è bisogno, né licenza del
Confessore, né del Superiore, né.d’altro parlamento se non con te o Dio mio!».
Santa Gertruda che spesso si comunicava spiritualmente, avvicinatasi un giorno
al costato di Gesù, sentì dirsi: «Bibe nunc de corde meo spiritualiter suavissimae Divinatis
meae efficacem influxum». La beata Angela della
_______________
73 - ID., De' Santissimi... cit., pp. 141-143. Sull’eucarestia in particolare cfr. P.
SARNELLI, Degli undici miracoli che si considerano nella SS. Eucaristia: e della esposizione,
processione ed orazione delle 40 ore. Lettera XXXVII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo
quinto cit., pp. 73-75. Sull’eucarestia cfr. anche ID., Della benedizione dell'acqua che si mescola
col vino nella S. Messa, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo nono cit., p. 29.
327
Croce consapevole dei benefici della comunione spirituale la reiterava duecento
volte al giorno. Bartolomeo da Gaeta, in pericolo di vita, ripeteva per suo conforto
le parole di sant'Agostino «Crede et manducasti»: la notte gli apparve san Francesco
con in braccio l’agnello divino ardentemente desiderato e «per la cui virtù» guarì
miracolosamente74.
Nella comunione spirituale il desiderio è acceso di così tale fervore «che il
Signore si è compiaciuto andar dall’Altare sotto le specie sagramentali nella bocca
delle persone divote»: santa Caterina da Siena, non potendo comunicarsi
sacramentalmente per una sua certa infermità, lo soleva fare spiritualmente. «Ed un
giorno sentendo la messa di Padre Raimondo, che ciò non sapea, subito quegli
s’accorse che gli mancava una picciola particella dell’ostia consacrata ed havendola
cercata invano, ne restò molto afflitto. Discorrendo poi colla Santa da essa intesa
che Christo gli l’havea communicata.» Imelda, del monastero bolognese di San
Domenico, desiderava tenacemente ricevere il sacramento dell’eucarestia a lei
proibito data la sua giovane età. Una mattina, durante la messa,
rimasta sola al posto suo tosto sollecitava il Signore con
brame sì infocate e sì intense a venir in lei che lasciandosi
vincere l’amoroso Giesù si partì dalle mani del Sacerdote e per
un sentiero di luce, volando in aria si fermò in alto su’l capo
dela fortunatissima Giovanetta. A questo prodigio [ ... ] il
Sacerdote dapprima s’inorridì, poi giudicando che fosse giusto
il communicare quell’anima che era approvata dal Cielo con sì
gran segno, pose ad Imelda l’Hostia sagra ed Imelda a
quell’improvviso favore, raddoppiando le vampe, aumentò sì
fattamente l’incendio del suo bel cuore che di puro amore e di
pura allegrezza se ne morì, andando subito in Cielo a trovar lo
Sposo ed a compire con esso lui le nozze tra le Vergini già
beate75.
_______________
74 -P. SARNELLI, De’ Santissimi Sagramenti cit., p. 143.
75 - Ivi, pp. 143-144.
328
Durante l’estrema unzione, sacramento di fondamentale importanza per la
vita spirituale del devoto 76, l’orazione per i defunti garantisce che l’anima non
diventi preda del demonio, così come l’aspersione della salma con l’incenso
garantisce l’offerta a Dio del defunto «in odore» delle buone opere77,
preservandolo dagli inferi, il cui terrore viene bene espresso nelle parole dei
predicatori e nell’immaginario collettivo che vede l’inferno come luogo «molto
grande [ ... ] tanto che basti a capire l’innumerabile moltitudine de’ dannati che
infino alla fine del Mondo dovranno essere gettati in quelle fiamme eterne», una
sorta di
fornace di fuoco di ducento miglia, ove i dannati sono e
gettati e trascinati, indi in que’ volumi di fiamme ora salgono,
ora scendono, ora sono involti e girati per ogni parte giorno e
notte per tutta l’eternità […] Che se non ci basta l’animo di
tener per un quarto d’hora un dito sopra la fiamma d’una
candela, come si potrà soffrire aver dentro le viscere un fuoco
eterno?78
_______________
76 - Ricevere i sacramenti alla morte è un precetto che fonda la sua tradizione nella
leggenda del martirio di santa Barbara la quale ottenne per grazia che nessuno dei suoi devoti
fosse costretto a morire senza ricevere i sacramenti: cfr. P. SARNELLI, Come S. Barbara ottiene a'
suoi divoti il non morire senza i Santissimi Sagramenti. Lettera LIII, in ID., Lettere ecclesiastiche ...
Tomo sesto cit., pp. 106-108.
77 - Cfr. P. SARNELLI, Spiegazione dell'Offertorio della Messa de' fedeli defunti, in ID.,
Lettere ecclesiastiche ... Tomo terzo cit., pp.119-121; ID., Perché si dia l'incenso a' morti nelle loro
esequie. Lettera XLVI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quinto cit., pp. 88-90; ID., Del
Sacramento dell'Estrema Unzione e delle parole Chrisma, Eucharistia e Mithra in altri significati. Lettera
XXI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo sesto cit,, pp. 42-45; ID., Che vuol dire applicare le
Indulgenze de' vivi per modo di suffragio a'fedeli defonti, e come che ne concede ne partecipa? Lettera XXI,
in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo ottavo cit., pp. 47-49; ID., Dell'officio de' Morti. Che vuol dire
inquietare i Morti? e quando de' recitarsi il Vespro de' Morti? Lettera XVII, in ID. Lettere ecclesiastiche
... Tomo nono cit., pp. 36-38.
78 - P. SARNELLI, Se alcuno sia andato in anima e corpo all'inferno e della sua grandezza.
Lettera XLIX, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quinto cit., pp. 96-97: 97. Sul demonio cfr.
anche ID., Se un huomo possa essere trasformato in bestia dal Demonio. Lettera IV, in ID., Lettere
ecclesiastiche ... Tomo ottavo cit., pp. 8-10. L’immagine del Dio sommo giudice pronto a
punire i peccatori con catastrofi naturali ed epidemie e che viene placato grazie all’intercessione
della Vergine e dei
329
L’altro elemento che caratterizza lo spazio sacro della chiesa e che, nel
contempo, rappresenta un aspetto fondamentale del culto mariano e dei santi79, è
l’immagine sacra. Essa deve innanzi tutto ispirare devozione. A tale scopo non
servono le «stravaganze di panneggiamenti e di positure» o le «sciocche fantasie», i
«fantasmi» o «le regole dell’arte» a cui fanno appello gli artisti, ma è indispensabile
che essa - la cui decenza nell’esposizione sull’altare maggiore o su quelli laterali80 in
chiesa viene richiesta con fervore da parte del clero di competenza81 - rinvii al
prototipo, come indica la disposizione consanti presso il Figlio è presente in tutta la letteratura sei-settecentesca. Sarnelli riporta un lungo
catalogo dei terremoti da cui deduce che “esserne la cagione la ingratitudine degli homini verso
Dio, tanto più grande da che è venuto l’Unigenito suo figliuolo a sopportare acerbissima
Passione e morte per noi [… ] Si replica bene spesso il terremoto perchè ci ricordi la medesima
SS. Passione [… ] Che meraviglia è dunque se il più terribile castigo è il più frequente quando i
peccati sono i più mostruosi? Oltre a che [ ... ] quanto più ci accostiamo al di là del giudicio
universale, tanto più si adoperano i segni che lo dimostrano”: P. SARNELLI, Perché dalla
venuta di Christo al Mondo siano più frequenti i terremoti. Lettera XXXIX, in ID., Lettere
ecclesiastiche... Tomo terzo cit., pp. 103-111 in particol. 111. Cfr., in proposito, J.
DELUMEAU, Il peccato e la paura, Bologna, 1987.
79 - Sul culto mariano e dei santi cfr., come ovvio, MATER Christi, Roma, 1959; M.
WARNER, Sola fra le donne. Mito e culto di Maria Vergine, Palermo, 1980; P. BROWN, Il culto
dei santi. L'origine e la diffusione di una nuova religione, Torino, 1983; G. GALASSO, Santi e santità
cit.; G. DE ROSA, Storie di santi, Roma-Bari, 1990 .
80 - In particolare gli altari, la cui costruzione deve farsi con precisione ed esattezza, in
modo che siano lisci e perfettamente levigati, devono quindi essere interi e fissi poiché
rappresentano l’unità della persona di Cristo: viene quindi proibito di celebrare messa sugli
altarini portatili, di quelli che si aprono e chiudono “a modo di libro”. Cfr. P. SARNELLI,
Degli altari fissi, Lettera XL, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 79-80.
Numerosi sono quindi gli altari fissi di cui si dotano le chiese del periodo controriformistico:
per averne un’idea, il cardinale Orsini, arcivescovo di Benevento, tra il 25 marzo 1675 e il 26
luglio 1709 consacrò 1012 altari con 279 chiese: ivi, p. 80. Cfr., in proposito, V. TAPIE’,
Iconografia barocca e sensibilità cattolica, in SOCIETA’, Chiesa cit., pp. 309-350.
81 - I canoni conciliari tridentini insistono sulla decenza dell’icona e dell’altare: in
proposito cfr. quanto suggerisce al suo interlocutore Sarnelli sul restauro delle immagini sacre
mirante a ripristinare l’originale per conservarne con cura il culto in Se sia lecito ritoccare alcune
Imagini che sono state miracolose, logorate dal tempo e difformate. Lettera XXXIX, in ID., Lettere
ecclesiastiche ... Tomo sesto cit., pp. 81-82: “non abbia scrupolo di farla rinnovare co’ medesimi
lineamenti perché non torna il decoro della Religione vedere simiglianti figure disfigurate” (p.
330
ciliare (sess. 25) a cui tutta la letteratura religiosa sei-settecentesca si richiama:
il culto che si dà alle immagini si riferisce al prototipo che in
quelle è rappresentato, cioè che non si dà l’onore al legno,
all’oro, al metallo o ad altra materia assolutamente, come se
avessero in sé qualche divinità, ma come rappresentanti Cristo
e i santi suoi. E questa è la perpetua consuetudine della Chiesa
che ha origine dallo stesso Cristo che lasciò impresso il suo
volto nel bianco lino della S. Veronica ed i lineamenti del suo
corpo nella Sacra Sindone che si venera in Torino. [ ... ] E così
l’huomo si fa ospite de’ Santi, con accoglierne le loro figure,
benché non sian al naturale, ma fatte per divozione e quanto
bastano a farci ricordare de’ medesimi e far le nostre case
colonie del Paradiso 82.
L’immagine sacra deve essere antica, o possedere caratteristiche che
ricordino la tradizione dei primi cristiani, preferibilmente a mezzo busto; pudica così non può essere oggetto del demonio o sua creazione – nell’espressione dei
santi e nelle effigi di Cristo crocifisso che, nota Sarnelli, sia nella pittura che nella
scultura, «sono da una come camicia ricoverte, per honestà». Deplorabile «licenza»
degli artisti è difatti quella di dipingere le sacre pitture in maniera tale che non
possano essere adorate data la sconcezza degli atteggiamenti. In proposito si
narrano casi leggendari che ammoniscono gli artisti a osservare il rispetto delle cose
sacre, come quello di un tale artista che volle dipingere Cristo sotto forma di Giove
e a cui si inaridì la mano al punto che necessitò un miracolo per guarirlo; o quello
di Eutichio, vescovo di Costantinopoli, che guarì la mano di un artista gravemente
ferito dal
_______________
81). Sul culto delle immagini cfr. A. VECCHI, Il culto delle immagini nelle stampe popolari,
Firenze, 1964; in particolare, per il Mezzogiorno, cfr. R. DE MAIO, Pittura e Controriforma a
Napoli, Roma-Bari, 1983.
82 - P. SARNELLI, De' Ritratti dell'Idolatria: della venerazione delle Sacre Immagini. Lettera
XLI, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo decimo cit., pp. 88-91 in particol. 90.
331
demonio mentre stava trasforinando un dipinto di Venere in uno intitolare alla
Vergine Maria83.
Il Tridentino aveva affermato la liceità della raffigurazione del Padre con la
figura di vecchio, così come si mostrò al profeta Dani perché con tale pittura Dio
si esprime «agli occhi humani che altrimenti capaci non sono di vederlo se non
sotto figure, non già perché dipinga la divinità»84.
Sarnelli fornisce al Solimena le indicazioni che doveva seguire le tavole che gli
aveva commissionato per uso personale, essendo m diffuso l’uso di tenere in casa,
specie se si trattava dell’abitazion un religioso, sacre immagini, seguendo in questo la
tradizione devoti russi adoratori di icone85. Seguiamo i suggerimenti dati, al fine di
vederne il modello proposto. Cristo, secondo Niceforo, ha il volto
egregio e vigoroso: la statura del corpo di sette palmi; la
chioma alquanto bionda, ma non troppo densa e che
_______________
83 - P. SARNELLI, Al Signor Angelo Solimena Nocera de’ Pagani: Come debban dipingere le
sacre immagini. Lett. XXXVII, in ID., Lettere ecclesiastiche…Tomo primo cit., pp. 154-164: 155.
Altrettanto può essere considerata illecita lic za la consuetudine degli artisti di non rispettare le
notizie fornite dalle Sacre Scritture: l’Annunciazione viene ambientata in una casa, mentre
avvenne in una grotta; il presepio viene raffigurato come angusto tugurio, quando invece la
grotta Redentore è di circa “quindici passi lunga e di cinque in sei larga”; la circoncisi del santo
bambino è dipinta nel tempio, mentre avvenne nella grotta, come pure SS. Epifania che invece
viene raffigurata tra “portici ed altre architetture”; Cri nel tempio appare seduto in trono,
quando, all’età di dodici anni, doveva a, rispettato la priorità degli anziani; la sacra cena non
poteva svolgersi su una tavola, ma “sopra i letti discubitorii de’ Triclinii”; nella Passione la
Vergine appare a destra sotto la croce e invece Cristo inclinò verso sinistra la testa sulla spalla
rivolgendosi alla madre; la Resurrezione rappresenta il sepolcro di Cristo aperto, quando invece
questo restò serrato: P. SARNELLI, Delle licenze che si prendono i Dipintori. Lettera LV, in ID.
Lettere ecclesiastiche...Tomo quinto cit., pp. 108-110. Sulle immagini della Vergine dipinte da
san Luca cfr. ID., La Vergine Santissima dipinta ab anti col suo divino figliuolo in braccio. Lettera XII,
in ID., Lettere ecclesiastiche...Tomo nono cit., pp. 24-26.
84 - P. SARNELLI, Al Signor Angelo Solimena cit., p. 156. L’immagine di Dio deve
essere spiegata nel suo significato mistico e morale dal clero ai fedeli: cfr. ID Se si debba dipingere
il Padre eterno in forma humana. Lettera XIII, in ID., Lettere ecclesiastiche...Tomo sesto cit., pp. 2729.
85 - P. SARNELLI, Al Signor Angelo Solimena cit., p. 156.
332
verso il fine s’inanellava; le ciglia nere, non molto inarcate; gli
occhi vivaci, le pupille alquanto bionde e mirabilmente
graziose; il naso lunghetto; la barba bionda come i capelli, ma
non molto lunga; il collo mediocre ìn maniera che la statura
non era troppo svelta; la faccia non rotonda ne acuta, ma
convenevolmente lunga, come quella della Madre; il colore
simile a quello del grano, cioè alquanto fosco, ma rosseggiante
e finalmente in tutto somigliante alla sua SS. Madre86.
La Madre
fu di mediocre statura il colore simile a quello del grano; i
capelli biondi, gli occhi vivaci, le pupille del colore come
d’ulive, alquanto bionde, le ciglia inarcate graziosamente nere; il
naso alquanto lungo; le labbra ben formate e di molta soavità
nel parlare; la faccia non rotonda, né acuta; le mani e le dita
pure lunghe; l’aspetto grave e modesto senza alcuna sorte di
fasto o d’affettazione, ma semplice ed humile. Le vestimenta
sue non erano tinte, ma del color natio, il che fino al presente
dimostra il santo velo ch’ella portava in testa; e per recare le
molte parole in una, in tutte le sue cose si scorgeva una grazia
celeste e divina 87.
San Pietro «di statura alto, non grasso, bianco di faccia, ma scolorito; i capelli
del capo e peli della barba erano crespi e folti, ma non troppo lunghi; gli occhi
negri e come tinti di sangue per le continue lagrime che spargeva; le ciglia quasi
senza peli; il naso alquanto lungo e non acuto, ma schiacciato e curvo»; san Paolo
doveva essere «picciolo di corpo ed alquanto piagato; di faccia bianco e nel
sembiante
_______________
86 - Si prosegue, p. 158, lodando la bellezza di Cristo e riportando in proposito
l’opinione di alcuni autori, fra cui san Tommaso, che, nel salmo 44, lo descrive di “ottima e
perfettissima bellezza e dignità e maestà di volto conveniente all’ufficio di Salvatore e
Redentore del genere humano per lo qual fine volle havere tale temperamento che ne risultasse
la bellezza di quella sorte”.
87 - IB.
333
mostrava più anni che non haveva; la testa picciola; gli occhi graziosi, le ciglia che
pendevan all’ingiù, il naso con grazia curvo ed alquanto lungo, la barba folta e
parimente lunga e tanto essa, come la chioma, sparsa di canuti capelli»88.
Si consiglia quindi all’artista di dipingere le sacre immagini con quelle
caratteristiche che si ritrovano nelle descrizioni dei Padri della Chiesa. Sembra che
tale criterio valga soprattutto per una devozione strettamente personale se alla
domanda di Monsignor de Ferrarj, proposto e ordinario di Canosa, su come
doveva far dipingere la nuova tavola di sant’Antonio abate - in sostituzione della
precedente, rovinata dal tempo - ossia se si doveva far dipingere il santo con il
piviale, la mitra e il pastorale, Sarnelli risponde che nonostante gli attributi cardinalizi
non fossero in uso al tempo del santo, poiché la popolazione era abituata a
riconoscerlo con quegli abiti, si poteva anche trascurare di rispettare l’obiettività
dell’immagine antica, per andare incontro alla «divozione» generale89.
Insistendo quindi sul valore simbolico delle immagini, Sarnelli ricorda che le
immagini di S. Maria di Costantinopoli che si venerano nelle chiese del Regno di
Napoli differiscono l’una dall’altra per la diversa fattura dell’artista, ma ciò non
sminuisce la devozione dei fedeli, abituati a possedere immagini uniformi a quella
di cui hanno particolare fiducia e cura: la «sostanza della devozione di S. Maria i
Costantinopoli non è che l’immagine sia simile all’Hodigitria, ma che sia sotto quel
titolo, sotto cui è riverita come Madre di Dio». Si insiste che il culto non vada
attribuito all’immagine, ma a ciò a cui essa rinvia. Difatti la sacra immagine della
Vergine che si venera in chiesa e che viene riproposta nelle stampe figurative,
riporta la storia del celebre miracolo del suo ritrovamento o del suo salvataggio dai
turchi infedeli e, nel caso dell’immagine di S. Maria di Costantinopoli - una delle più
diffuse dell’età controriformistica -, viene dipinta su una
_______________
88 - Altre istruzioni su come dipingere le sacre immagini in P. SARNELLI, Se sia lecito
pingendosi figure di Santi, fare ne’ loro volti comparire ritratti di persone particolari. Lettera VII, in ID.,
Lettere ecclesiastiche...Tomo terzo cit., pp. 17-18.
89 - P. SARNELLI, Al Reverendiss. Monsignor Carlo de Ferrarj, Proposto e Ordinario di
Canosa: Se S. Antonio Abate debba dipingersi co’ Pontificali. Lettera III, in ID., Lettere
ecclesiastiche...Tomo primo cit., pp. 9-12. Lettera datata Napoli, 20 agosto 1680.
334
cassa portata dai due monaci di S. Basilio 90. «Né quando in Italia si moltiplicarono
le Chiese della Santa Genitrice, ciò fecesi per ragion dell’immagine, ma per alzar
tanti archi trionfali ad honor di Maria, lebrata coll’impareggiabile titolo di Madre di
Dio»91.
Numerose riproduzioni a stampa o su tavola ripropongono l’immagine
antica della Vergine «alla greca», simile a quella leggendariamente dipinta da san
Luca, con il Bambino nella sinistra, come quella che elli invia in dono il quale, «se
non è ricco di gioje, è adorno di erudizione»:
Somigliante immagine ha da eccitare la divozione al
prototipo, non la curiosità colla figura. Alla stessa Immacolata
Vergine non piacciono le mode della sua S. Immagine onde il
P. Rho [...] afferma: quanto sono più antiche, tanto pare che
siano più venerabili di Nostra Signora le Immagini; come che
non sempre di maniera migliore. E [...] riafferma: Vuole Idio
che non alla bellezza o pregio materiale delle Sacre Immagini,
ma alla somiglianza che portano per cui sono venerabili; noi ci
avvezziamo e sì anco per le meno belle quasi per ordinario,
sue maraviglia adopera92.
Proprio perché le immagini sacre possiedono un significato simbolico che
esprime i sacri misteri e che a sua volta, raccomanda il Tridentino (sess. 25), non
deve sublimare la priorità della rappresentazione del santo, di Cristo e della Vergine
e che il devoto deve saper interpretare giovandosi dell’ausilio del parroco, del
confessore, della parola del predicatore, le immagini dei santi non rappresentano
necessariamente un episodio della loro vita.
Se santa Apollonia è l’avvocata di chi soffre mal di denti, a lei strappati
durante il martirio, e «se sant’Agata intercede per chi ha male
_______________
90 - P. SARNELLI, Lettera di Monsignor Sarnelli Vescovo di Bisceglia. Con cui si trasmette ad
un divoto la vera notizia della celebrità di S. Maria di Costantinopoli, in ID., Lettere
ecclesiastiche...Tomo secondo cit., pp. 101-108.
91 - Ivi, pp. 107-108.
92 - P. SARNELLI, Del nome che si de’ imporre al novello Battezzato; e di una Imagine
all’antica della B. Vergine. Lettera XXXVIII, in ID., Lettere ecclesiastiche...Tomo quarto cit., pp.
75-76 in particol. 76.
335
nelle mammelle» che a lei strapparono con ferocia93, san Giorgio armato a cavallo
che con la punta della lancia ammazza il dragon difendendo la vergine ai suoi piedi,
rappresenta la sconfitta del demonio nonostante in nessuna delle leggende della sua
vita si legga di u episodio simile, tranne che in quella di Jacopo da Varagine che la
racconta, spiega Sarnelli, senza l’autorità dei maggiori autori. La figura di san
Cristoforo di gigantesca statura con Cristo sulla spalla mentre attraversa un
torrente, esprime nella statura la grandezza e robustezza dell’anima, nel portare
Cristo l’attestazione della sua fiducia nel Salvatore e l’imitazione dei suoi costumi,
nell’attraversare il torrente la, furia della persecuzione cristiana vinta con la fede e
l’accettazione de patimenti del rnartirio. Così sant’Antonio abate si dipinge con il
fuoco in mano, simbolo dell’amore divino e dello zelo che il santo aveva
nell’adorare Cristo; il maialino ai piedi per rappresentare gli affetti sensuali domati e
vinti; il Tau sulla spalla per simboleggiare la croce di Cristo, quindi lo studio delle
Sacre Scritture e la mortificazione de corpo; il campanello per indicare la vigilanza
del santo verso gli obblighi devoti, ammonimento per tutti i fedeli. Questa
spiegazione moral possiede un riscontro storico e culturale che gravita attorno alla
capacità prodigiosa del santo di guarire gli infermi: il fuoco è la capacità del santo
di intercedere per liberare i suoi devoti dal «morbo del fuoco sagro», nonché la sua
arma per colpire gli irriverenti; il maiale rinvia all’uso che negli ospedali napoletani si
faceva del grasso animale, rienuto efficace rimedio per coloro che soffrivano di
«fuoco sagro»; il Tau ricorda l’insegna dei «Ministri degl’infermi di fuoco sagro»
organizzati nel 1095 con Urbano II; il campanello rappresenta la disciplina
cenobitica, essendo Antonio il gran patriarca dell’ordine monastico 94.
Il leone che accompagna l’immagine di san Girolamo rappresenta la sua
costanza e la sua forza nel perseguitare gli eretici e il «suo forte grido a guisa del
leone contra di essi»; i cani che appaiono accanto al martire Vito rinviano alla
capacità che il santo possiede di liberare dai
_______________
93 - P. SARNELLI, Perché S. Lucia comunemente si dipigne cogli occhi in una Tazza che tiene
in mano. Lettera XXIV, in ID., Lettere ecclesiastiche...Tomo settimo cit., pp. 50-52.
94 - P. SARNELLI, Delle figure simboliche usate nella Chiesa e se sia lecito esporle su gli altari
alla pubblica venerazione. Lettera VI, in ID., Lettere ecclesiastiche…Tomo terzo cit., pp. 14-17.
336
morsi dei cani rabbiosi; la figura di santa Lucia che mostra i suoi occhi ,in una tazza
sta a significare che Dio le ha dato la possibilità di guarire i ciechi - essendole
provvidenzialmente toccato un nome che rievoca la luce - e non che la santa si sia
inflitta il supplizio della perdita degli occhi per sfuggire alle insidie dell’uomo che la
perseguitava95.
Così le immagini di Cristo crocifisso sul Calvario con ai piedi ,della croce il
teschio, stanno a ricordare che su quel monte venivano giustiziati i condannati e in
particolare il teschio simboleggia Adamo primo peccatore96, come pure significato
mistico su cui il devoto è invitato a meditare, hanno i legni della croce - cedro,
cipresso, bosso e pino -, la natura delle spine della corona di Cristo, i chiodi della
croce: «come cedro uccise i serpenti dell’inferno; come cipresso fece il funerale alla
morte; come Palma vinse i nostri nimici; come ulivo pacificò quae in terris et quae in
Coelis»97. Le spine che gli artisti dipingono come corona del capo del Salvatore, in
realtà erano una sorta di casco che premeva ferocemente da ogni parte: chiedersi di
che tipo fossero, come fa l’interlocutore di Sarnelli, che venera la spina infinta di
sangue custodita nella cattedrale di Andria, vale solo come mezzo per meditare la
passione e il sacrificio di Cristo 98 insieme ai -.chiodi custoditi e venerati in molte
chiese del regno, di cui, pur ammettendo la falsa origine, se ne accetta il culto, «non
venerandosi da alcun fedele il ferro come tale, ma la Passione di Christo nel
ferro»99: la devozione infatti non va mai attribuita all’oggetto, immagine o reliquia
essa sia, ma a ciò che essa rappresenta.
Per essere sacro all’altare della chiesa deve essere assegnato un angelo e deve
necessariamente custodire le reliquie di un santo 100.
_______________
95 - Vedi nota 93.
96 - P. SARNELLI, Perché nelle Imagini di Christo Signor Nostro Crocifisso si metta la testa di
morto sotto i piedi. Lettera XXVII, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo quinto cit., pp. 54-56.
97 - P. SARNELLI, Di qual legno fosse quello della S. Croce di Christo. Lettera XXXIX, in
ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo quinto cit., pp. 76-78 in particol. 77.
98 - P. SARNELLI, Di quali spine cit.
99 - P. SARNELLI, Come s’intenda essere il Corpo di un Santo in più luoghi e similmente delle
loro Sante Reliquie. Lettera VIII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo terzo cit., pp. 18-21.
100 - P. SARNELLI, Se le Reliquie de’ Santi siano di sostanza alla Consagrazione dell’Altare.
Lettera IX, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo terzo cit., pp. 21-27.
337
Anche se è indubbia la forza e la potenza di un unico angelo - come si evince dalla
tradizione biblica101 - nel Sei e Settecento l’idea prevalente è quella di una schiera di
angeli102 attraverso cui Dio governa le cose terrene, gli elementi, le province e le
città, le chiese e gli altari gli eserciti e le famiglie e tra i quali ne sceglie uno o più a
cui affidare la cura dell’individuo 103. La divina provvidenza e la carità degli ange
verso l’umanità si manifestano infatti ancora più illustri quando non u solo angelo quello «ordinario custode» - viene designato alla salvezza dell’anima e del corpo di
un «alunno», ma più angeli, insieme, vi concorrono con le loro virtù e le loro
amorevoli cure: «così u Serafino purgò le labbra d’Isaia Profeta col carbone
infocato. Isai. 6.6. Gabriele illuminò Zaccaria e riprese la incredulità di lui. Luc.
1.19. Raffaele sanò Tobia il vecchio, accompagnò il giovane, liberò Sara da
Asmodeo; e quelli non erano de’ loro custodi»104.
San Francesco, racconta san Bonaventura, vide un angelo mentre riceveva le
stimmate; a santa Francesca Romana, oltre all’angelo custode che ebbe sin dalla
nascita, per consolarla delle sue sofferenze le fu assegnato anche un arcangelo con
cui conversava giorno e notte, vedendolo sempre accanto a sé; a santa Teresa
apparvero di notte due
_______________
101 - “Un Angelo solo uccise cento ottantacinque mila soldati nell’esercito di
Sannacherib Re degli Assiri (4 Reg. 19.35) [...] Un Angelo solo trasportò dalla Babilonia in
Giudea Abacuch Profeta col pranso sopra il lago de’ Lioni, in cui era Daniello (Dan. 14.35) [...]
Un Angelo solo trasportò Filippo Diacono dalla strada dove avea battezzato l’Eunuco della
Regina Candace in un momento della Città d’Azoto ch’era distante da Gerusalem miglia
sessanta in circa (Act. 8.39)”: P. SARNELLI, Se solo l’Angelo custode procuri la nostra salute e non
altri ancora di altro ordine. Lettera XCIV, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo decimo cit., pp. 199202 in particol. 200.
102 - Nella rivelazione di santa Brigida si dice esserle stato svelato, col favore della
Vergine, che il numero degli angeli è dieci volte superiore a quello degli, uomini. San
Bernardino da Siena afferma che “il numero degli angeli supera quello delle stelle, dellle arene
del mare, della polvere della terra ed il numero di tutte le cose corporali”: P. SARNELLI, Se gli
Angeli Santi sono mai appariti in figura di donna. Quesito XXXVI, in ID., Lume a’ Principianti cit.,
Parte prima, pp. 107-109 in particol. 109.
103 - P. SARNELLI, Se solo l’Angelo custode cit., p. 201. Sullo stesso argomento cfr. Id.,
Se sia vero che siccome Idio ci assegna un Angelo per la nostra custodia, così ci sia deputato un Demonio per
impugnarci. Lettera LXI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo settimo cit., pp. 121-123.
338
angeli con le torce accese a farle da guida fino all’ospizio; a san cedonio,
vecchio eremita, gli angeli accendevano il fuoco durante fredde giornate
invernali; a sant’Isidoro contadino, mentre si intratteneva ad ascoltare la messa e
a recitare le orazioni, gli angeli custodivano i buoi e aravano i campi; gli angeli
aiutavano sant’Omobuono o a imbastire e a cucire le vesti e santa Maria
Maddalena sette volte al giorno veniva elevata al cielo dagli angeli per
beneficiarla della loro celeste armonia105.
Gli angeli sono essenze spirituali, non sono né maschi, né femmine
t1`perché rappresentano le anime degli uomini. Nella pittura sacra, nelle chiese,
nelle sante immagini appaiono a coronare Dio, la Vergine e i santi, a proteggere
con il patrono intere città o a vegliare l’anima devota, a guidarla nel suo
cammino o durante la recita della preghiera.
Si pingono colle ali per significare la loro pronta
ubbidienza, per la quale pare che volino a’ comandamenti di
Dio. E le loro due ali sono l’intelletto e la volontà, colle quali
volano di continuo a Dio, vedendolo ed amandolo.
Si dipingono giovani per dinotare che mai s’invecchiano,
ma sono sempre vigorosi per la partecipazione all’eternità.
Si dipingono nudi e scalzi perché siano intesi che essi non
hanno bisogno d’ornamento esteriore, perché sono vestiti del
lume della gloria ed anche perché sappiamo la loro
immortalità, perché le scarpe e calzari facendosi di pelle di
morti animali sono segni della mortalità106.
Il devoto può ritrovare in chiesa un riscontro immediato con la pittura
sacra, come narra la leggenda della beata Giovanna di Orvieto del Terz’ordine
dei Domenicani. Orfana di madre all’età di tre anni e di padre a cinque,
«dimandata da una delle sue compagne se sapeva ch’ella non aveva Madre?
come senza Madre? disse: Vieni e te la
_______________
104 - P. SARNELLI, Se solo l’Angelo custode... cit., p. 200.
105 - ID., Se solo l’Angelo custode... cit., p. 201.
106 - P. SARNELLI, Se gli Angeli Santi... cit., p. 109.
339
mostrierò. E portandola nella Chiesa e mostrandogli l’Angelo nel muro dipinto
disse: Scito hunc Angelum mihi esse in Matrem»107.
Le Sacre Scritture non definiscono mai il sesso dell’angelo, nelle leggende
di santi si parla talvolta di angeli come creature femminili. Ruffino e san
Bonaventura raccontano che mentre san Gregerio Nazianzeno stava applicato
agli studi vide due bellissime damigelle che si rivelarono essere la Sapienza e la
Carità. A san Lorenzo Giustiniano, primo patriarca di Venezia, apparve la
Sapienza come bellissima donna che gli disse di voler contrarre con lui
matrimonio; nel libro delle vite dei Santi Padri si legge che un monaco
tenacemente provato dalla tentazione vide una notte la Grazia di Dio con le
sembianze di una vergine che «pregollo [...] e confortollo [...] perché Dio
l’aiuterebbe finalmente»; nella vita di san Francesco si legge che al santo
apparvero «tre donzelle povere e molto simili di statura, di faccia, di età, che
erano la Povertà, la Castità e l’Ubbidienza»; così San Goderico inglese fu
accompagnato nel suo pellegrinaggio al sepolcro di sant’Egidio oltre che da sua
madre da una donna «di nobile e divoto aspetto» che si accompagnò con loro
«discorrendo di cose celesti con una grazia mirabile e modestia infinita»; che san
Giovanni Limosiniere una notte vide in sogno la Misericordia come «donzella
ornatissima e più splendente del sole, coronata d’ulivo». Cesareo narra che la
portinaia di una casa religiosa fuggì con un uomo lasciando le chiavi sull’altare
della Madonna: «un Angelo in forma di essa Portinara esercitò quell’ufficio per
quindici anni fino che detta donna pentita del suo errore ritornò al suo ufficio
senza offesa della sua fama»108.
Sono immagini ideali, trasfigurazioni dell’arte. Gli angeli difatti sono
sempre incorporei e sono creature celestiali così come la Chiesa li ha definiti
contro l’eresia di Origene: quando appaiono agli uomini perché possano essere
visti «si fanno colla loro virtù i corpi d’aria o d’altra materia mescolati, come
sono le nuvole»109.
Si è detto che l’altare viene consacrato dalle reliquie dei santi.
fondamentale, in merito, ricordare con il Tridentino che il culto della SS. Trinità
è culto di latria, culto che si deve al solo Dio in segno del suo dominio sul
creato, quello dei santi è di dulia, adorazione «reli_______________
107 - P. SARNELLI, Se solo l’Angelo custode... cit., p. 201.
108 - P. SARNELLI, Se gli Angeli Santi... cit., pp. 107-108.
109 - ID., Se gli Angeli Santi... cit., p. 109.
340
giosa e pia» per le loro virtù, comunemente detta «venerazione», quello della
Vergine è di hyperdulia, onore speciale con il quale la Chiesa la riverisce sopra
ogni santo, ma dulia e hyperdulia, sono indirizzate comunque a Dio, di cui la
Vergine e i santi sono intermediari e per il cui tramite si possono ottenere la
salute eterna, gli aiuti materiali e spirituali: «questa fiducia si può riporre nella
Beata Vergine e ne’ Santi di maniera però che la salute e qualunque cosa
appartenente a conseguire la beatitudine non si speri da esse, come da Agente
primario, come da Dio; ma da secondario, in quanto che colle loro preghiere
possiamo tutte queste cose ottenere»110.
Il culto dei santi non nasce in età controriformistica, ma ciò che adesso
cambia è l’intervento della Chiesa nella canonizzazione dei santi, parere ritenuto
infallibile perché nella valutazione delle testimonianze la Chiesa viene guidata e
preservata dagli errori dalla Divina Provvidenza, come il Papa viene istruito
dallo Spirito Santo nella scelta di quei santi che sono da canonizzare111.
La vita eremitica costituisce un esempio di santità tutto incentrato
sull’astinenza, la mortificazione della carne, i supplizi corporali, la preghiera. La
vita sobria «regolata e temperata» stabilisce un certo ordine nel bere e nel
mangiare che supplisce e non va oltre a ciò che la costituzione corporale
necessita «in ordine alle funzioni dell’animo»; l’astinenza impedisce «la crudità
degli umori ed i mali che ne seguono ci munisce contro le cagioni esterne»,
mitiga incurabili malattie, placa le ire, gli affetti e le passioni in generale; dà una
lunga vita «a cui segue una morte senza dolore dissolvendo il vincolo tra l’anima
ed il corpo con semplice risoluzione e consumamento dell’humido radicale»,
l’ingegno «si mantiene vigoroso e atto a pensare, discorrere e ritrovare e
giudicare ed anche ricevere le divine illustrazioni»112.
_______________
110 - P. SARNELLI, Se nella venerazione dovuta a’ Santi cit., p. 124. In proposito si
pronuncia il canone tridentino nella sess. 25, cap. de invocatione.
111 - P. SARNELLI, Come s’intenda quel detto attribuito a S. Agostino: Multa corpore
Sanctorum veneramur in terris, quorum Animae cruciantur in inferno. Lettera XXXIV, in ID.,
Lettere ecclesiastiche... Tomo quarto cit., pp. 69-70. Cfr. anche ID., Della solenne cerimonia con
cui il Sommo Pontefice canonizza i Santi. Lettera XXXVII, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo
sesto cit., pp. 73-80.
112 - P. SARNELLI, Onde avvenisse che i Santi Padri dell’Eremo, vita laboriosissima
vivendo, ad una età lunghissima giugnessero. Lettera VI, in ID., Lettere
341
Oggetto di culto sono le sante salme, significativamente denominate tabernacoli «perché tabernacolo è lo stesso che tetto e casa onde nel salmo 26,5: Abscondit
me in tabernacolo suo, è lo stesso che dire: mi ha protetto sotto il suo tetto e mi ha
nascosto nel suo nascondiglio»113 che sta ad indicare la protezione di cui il devoto
può usufruire nella venerazione della salma del santo, assimilata al tabernacolo,
all’altare, alla chiesa, ossia a quello spazio sacro che distanzia il santuario dal mondo
profano, creando una zona di sicurezza e di aurea atmosfera di cui il devoto gode i
benefici.
Il corpo del santo o le sacre reliquie possono essere venerati in più luoghi
contemporaneamente: le traslazioni dei corpi non avvenivano infatti per l’intera
salma, ma per una parte di essa, al fine di non lasciarne prive le popolazioni presso
cui erano gelosamente custodite, valendo il principio che anche una porzione ridotta di reliquia si può rivelare prodigiosa: «In quanto poi ad esser più teste, più
mani, più braccia dello stesso Santo devesi intendere non del capo, mano o braccio
intero, ma di parte di quello. Imperocché havendo dimostrato l’esperienza esser la
stessa virtù [ ... ] in una picciola parte di qualche Reliquia del Martire che in tutta la
medesima Reliquia»114.
Intorno al corpo di san Francesco d’Assisi si è instaurato un forte culto, accresciuto dalla venerazione delle stimmate che il santo «portò vivo due anni e dopo
morte, come fosse ancor vivo, stando in pie’ nella Sagra Tomba, fresche e vivo le
conserva, sicché quegli che prima di morire parea morto, dopo morte par vivo»: il
suo corpo emana «odori soavissimi» e
non è di carne arida, secca e aspra, ma tenera e bianchissima
[ ... ] Nelle mani e piedi ha quattro chiodi, ma lucenti che si
ponno muovere, ma non levare. La piaga del costato sembra
una rosa vermiglia, come parimente le lab_______________
ecclesiastiche ... Tomo primo cit., pp. 15-22: 18-19. E’ un breve trattato sulla sobrietà di vita, con
precise indicazioni anche alimentari. Sullo stesso argomento cfr. anche, ID., Come si de’ trattare il
nostro corpo. Lettera XLVIII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo settimo cit., pp. 95-97.
113 – P. SARNELLI, Perché San Pietro e S. Paolo chiamano i corpi loro Tabernacoli. Lettera
XVI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quinto cit., pp. 30-32 in particol. 30.
114 - P. SARNELLI, Come s'intenda... cit., p. 20.
342
bra delle piaghe intorno a’ chiodi. Nel contemplare il Duca
[Francesco Sforza] quello stupor di miracoli più gettò lagrime
che preghiere [ ... ] disse che ogni più duro cuore di qualsivoglia nemico di S. Chiesa si sarebbe ammollito a quell’evidenza
incontrastabile [ ... ]115.
Niccolò V nel 1449 in visita alla santa salma nello scoprirgli le ferite nelle
mani e nei piedi e nell’osservare la ferita al costato viva e fresca di sangue «come se
per allora l’immenso amor divino glie l’havesse col ferro formata», riconobbe «ravvivata in tutto e conservata la memoria della nostra Redenzione». Sisto V nel 1478
«con timore e riverenza baciolli divotissimamente la bocca, le sagre piaghe delle
mani, del costato e de’ piedi e poi tagliatoli alcuni di que’ capelli che formano su ‘l
capo la corona, conservolli a se stesso reliquie carissime». Accanto alle testimonianze
di questi illustri devoti, Sarnelli riporta anche quella di un ricco cittadino di Assisi,
tale Galeotto Bistocchi, che ne volle lasciare memoria al figlio «con sincerità e simplicità di proprio pugno descritta»:
Io Galeotto di Giacomo ho veduto il Santissimo Corpo
del mio Padre S. Francesco, il quale ancora pare vivo e la sua
carne è senza macchia. Quando il P. Custode apri la sua Cassa
(che sta in piedi) gettò tanto grande odore che non si poteva
dir più: le sue piaghe sono così belle, come se fosse vivo e sta
con gli occhi (modestamente) aperti, che pare sia vivo. Lo vedemmo alli 18 di Novembre 1509 che potevano essere tre hore innanzi dì [ ... ] Et io per vederlo spesi molti fiorini [ ... ] Il
P. Custode, il Sagrestano ed io dicemmo un Pater Noster e
un’Ave Maria per gradile [sic]. Vedremo quanto viveremo. Lascio questa memoria a te Francesco figlio mio e cerca, se vivi,
haver tanta grazia che sarai consolato e a S. Francesco benedetto ti raccomando116.
_______________
115 - P. SARNELLI, Delle Sagratissime Stimmate del Gran Patriarca S. FRANCESCO.
Lettera XXXII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 64-67: 65. Cfr. anche ID.,
Delle stimmate di varie sorti e di quelle di S. Francesco. Lettera LVIII, in ID.,Lettere ecclesiastiche ...
Tomo decimo cit., pp. 124-127.
116 - P. SARNELLI, Delle Sagratissime Stimmate... cit., pp. 65-66.
343
Reliquie possono essere considerate tutto ciò che apparteneva al santo,
sull’esempio di Cristo, la cui veste, toccata, guarì un’inferma (Luca 8; Matteo 9;
Marco 5); lo stesso si legge di san Paolo (Atti c. 19.12) e di san Pietro si sa che la
sua ombra curò diverse malattie; come pure le vesti degli infermi e dei morti lasciate sugli altari dei santi, o i fiori e l’olio della lampade lasciati sui loro sepolcri,
acquisiscono virtù taumaturgiche al solo contatto con la santa salma117.
Nella casa il senso definito dal luogo sacro, la chiesa, viene mantenuto creando un ambiente in cui sia possibile il raccoglimento. Le immagini sacre, o il crocifisso, rappresentano questa possibilità, oltre che costituire il segno tangibile della presenza divina nella vita familiare, una presenza che va a creare un ordinamento speculare a quello che il devoto vive nello spazio interiore, ossia nel suo intimo, e in
quello esteriore, collettivo, della chiesa. Il terzo aspetto dell’ordinamento della preghiera è infatti determinato dalla vita del fedele, dalle sue stesse azioni: la benedizione della mensa, la preghiera familiare e tutte le circostanze della vita - malattie e
guarigioni, nascite e morti - richiamano il fedele al cospetto divino e propongono
sempre nuove occorrenze di preghiera 118.
Anche la lettura dei testi religiosi rientra nell’esercizio quotidiano che il devoto deve compiere. La lettura del libro religioso è difatti la lectio per eccellenza
perché impartisce una condotta morale prendendo a modello la Sacra Scrittura,
parola di Dio rivelata a nutrimento dell’anima, e a cui ci si accosta con umiltà, semplicità e fede, e con doverosa riverenza verso il riposto senso «accomodatizio» per
cui le parole della Sacra Scrittura si adattano a rappresentare un significato e un valore mistico 119.
Il libro religioso viene considerato da Sarnelli al pari della preghiera meditativa circa gli effetti positivi che se ne possono dedurre con la sola lettura o con
l’ascolto, e se chi vi si accosta non lo fa con intenti superstiziosi, ma per ricevere un
aiuto ai travagli dell’anima:
_______________
117 - P. SARNELLI, Come s'intenda... cit., p. 20.
118 - Cfr. R. GUARDINI, Introduzione alla preghiera... cit., pp. 38-41.
119 - P. SARNELLI, Che gli scolastici disprezzar non debbano l'Ecclesiastica, semplicità, né far
degl’Intendenti, dove la capacità loro non giunge ancora, in ID.,: Lettere ecclesiastiche... Tomo terzo cit.,
pp. 30-32.
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un’esortazione spirituale, un ausilio, dunque, per purificare la coscienza dinanzi a
Dio. Nella tradizione cristiana ne sono stati esempi Daniele Stilita, Uberto vescovo
lodiense, Eriberto, Agostino, Antonio abate, di cui è noto che «con osservare entrando in chiesa le parole che allora si cantano o leggono [ ... ] habbiano mutato
vita e siansi dati a Dio da cui credettero esser chiamati». E Nero, il discepolo di san
Filippo Neri, racconta del santo che «conosceva la coscienza delle persone,perché
più volte havendomi fatto aprire un libro mi faceva legger sempre quelle cose che
più mi travagliavano la coscienza, e dopo d’haver io letto, mi diceva, guardandomi
fisso e sorridendo: Che ne dici tu di questo libro? ed io gli rispondeva: Padre, sento
che dice il vero». Sant’Ignazio di Loyola soleva fare lo stesso con il De imitazione
Christi di Tommaso da Kempis e insegnava ai suoi adepti a utilizzare i libri per ricavarne una massima morale e una consolazione dalle insidie della tentazione120.
Pertanto il fedele deve evitare la lettura dei libri profani, dei romanzi di cavalleria,
dei libri osceni che parlano d’amore e di intrighi e che riferiscono i colloqui e gli
incontri degli amanti, delle storie fantastiche di incantesimi meravigliosi e di
astrologi e indovini e streghe ammallianti, che allontanano l’anima dalla contemplazione delle cose spirituali, ingannandola e facendola preda dei demoni, corrompendola irremediabilmente - santa Teresa confessò che la lettura dei libri di cavalleria le aveva «rilassato l’animo alquanto dal fervore delle cose spirituali» -, così come
avviene assistendo alle commedie profane che «appartengono alle pompe di Satana
[ ... ] commuovono cattivi effetti e cupidiggie [ ... ] estinguono il senso
della pietà e dissolvono i nervi della virtù [ ... ] rendono molli a’ profani amori ed a’
piaceri […]
sono occasione di peccato e incitamento alla libidine [ ... ]»121.
Il libro religioso può diventare oggetto di consolazione e soccorso alle personali
esigenze del fedele, perché fornisce le risposte ai bisogni dell’anima, anche «aprendolo a caso» e applicando al problema la
_______________
120 - P. SARNELLI, Se sia lecito aprire a sorte i libri che trattano le materie spirituali per applicare alla sua spirituale necessità la sentenza che s'incontra, in Id., Lettere ecclesiastiche.... Tomo seco ndo.- Venezia 1716, pp. 8-13 in particol. 12.
121 - P. SARNELLI, Del danno de' libri osceni e del pericolo della lezione de' libri amatorii e delle comedie profane. Lettera II, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo sesto Venezia 1716, pp. 4-7 in
particol. 4 e 6.
345
«sentenza» che è stata così individuata. Questa sentenza entra poi in rapporto con le
diverse circostanze della vita e costituisce per il fedele una forma di devota e profonda meditazione122 .
E’ questo il tema di una lettera di Sarnelli in cui il suo interlocutore chiede se
sia lecito o meno utilizzare per scopi divinatori il libro spirituale. Il nostro autore
risponde premettendo che sull’argomento se ne potrebbe fare un vero e proprio
trattato e introduce il suo discorso distinguendo tre tipi di sorte: la divinatoria, la
divisoria o elettiva e la consultorial23.
La sorte divinatoria è quella per cui si pretende di poter prevedere il futuro e
può essere condotta «divinitamente, cioè con indebita usurpazione della cognizione
divina» - aspetto che ha in sé il peccato della superstizione e quello del sortilegio -,
oppure «non divinitamente, ma chiedendo a Dio e dalla rivelazione di lui ciocché
debba accadere [ ... ] Questo però nella legge della grazia non è lecito [ ... ] non
havendo le sorti divinatorie altro fine che la curiosità sono un tentar Dio e perciò vi
s’ingeriscono i demonj»124.
La sorte divisoria «è quella per cui le cose che sono a la rinfusa, si dividono».
E’ lecita se si verificano quattro circostanze: l’evento della sorte deve essere atteso
da Dio e non dal demonio, dalle stelle, dal fato o dalla fortuna; la richiesta deve
essere fatta a Dio «con animo semplice e colla dovuta riverenza» senza l’aggiunta di
forme superstiziose o l’abuso delle cose sacre e della Sacra Scrittura; coloro per i
quali si cercano le sorti devono avere «ugual ragione o degni di pena uguale»; la
sorte non deve essere cercata per risolvere discordie ecclesiastiche, come possono
invece fare i laici125.
La sorte consultiva risolve dubbi e casi ambigui, fungendo da consiglio. Essa
è quella verso cui sembra propendere Sarnelli, consigliandola come migliore approccio alla lettura religiosa e come idoneo accompagnamento alla preghiera: difatti in questo caso la ricerca è ammessa perché non è richiesta per conoscere il futuro, ma soltanto per «togliere le dubbiezze che per lo più occorrono nel progresso
dell’humana vita» ricorrendo all’aiuto divino. Due condizioni la ren_______________
122 - Cfr. R. GUARDINI, Introduzione alla preghiera ... cit., pp. 120-121.
123 - P. SARNELLI, Se sia lecito aprire a sorte i libri ... cit.
124 - Ivi, p. 8.
125 - Ivi, p. 9.
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dono lecita: «che ciò si faccia colla debita riverenza, spargendone prima a Dio fervorose preghiere; la seconda, non farlo se non per grave necessità e per prender
consiglio in qualche negozio spirituale», come insegna Agostino l26.
Vita e opere di Pompeo Sarnelli
La biografia di Sarnelli, le sue esperienze di intellettuale e uomo di Chiesa
aiutano a mettere in luce la spiritualità e la pastoralità delle Lettere, a comprendere il
significato della devozione verso cui il vescovo indirizza i fedeli127.
Pompeo Sarnelli nasce a Polignano, il 16 gennaio del 1649 e muore a Bisceglie nel 1724. All’età di sette anni riceve la tonsura e a quattordici si trasferisce a
Napoli al fine di perfezionarsi nelle lettere. Nella Regia Università segue legge dal
celebre Francesco Verde, futuro vescovo di Vico Equense, e nel Collegio di S.
Tommaso d’Aquino apprende teologia dal cardinale Tommaso Maria Ferrari, allora lettore presso il Collegio.
Scrive il Poema di S. Anna che pubblicherà a Napoli presso Girolamo Fasulo
nel 1668. Dopo essere stato promosso ai sacri ordini e al sacerdozio fa stampare il
Filo di Arianna, commentari intorno a un epigramma che si legge nel chiostro di San
Domenico Maggiore in Napoli (Fusco, Napoli, Luc’Antonio 1672). A Roma pubblica l'Alfabeto Greco (Mascardi, 1675) e a Napoli la Parafrasi elegiaca de' Sette Salmi
Penitenziali (Girolamo Fasulo, 1675).
Da Clemente X viene eletto nel 1675 protonotario onorario. Con il nome di
Salomone Lipper scrive il Diario Napoletano e il Donato
_______________
126 - Ivi, p. 10.
127 - Su Pompeo Sarnelli cfr. G. GIMMA, Elogi accademici della Società degli Spensierati di
Rossano, vol. 1, Napoli, Carlo Troise stamp. accademico, 1703, pp. 283-303; G. MORONI,
Dizionario di erudizione storico ecclesiastico da san Pietro ai nostri giorni, Venezia, 1840, vol. 61-62,
pp. 197-198; L. VOLPICELLA, Bibliografia storica della provincia di Terra di Bari, Napoli, 1884,
pp. 287-289; C. VILLANI, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni, contemporanei, Trani, 1904,
pp. 955-958; LETTERATURA italiana. Gli Autori. Dizionario bio-bibliografico e Indici, Torino,
1991, voll. 2, ad vocem.
347
distrutto rinovato (Napoli, Novello de Bonis, 1675; ristampato da Antonio Bulifon a Napoli nel 1690). Onorato nell’anno seguente dalla corte arcivescovile del
privilegio di «Napoletano» scrive, con lo pseudonimo di Masillo Reppone, gli
Avvenimenti di Fortunato e de' suoi figli. Istoria Comica tradotta ed illustrata (Napoli,
Antonio Bulifon, 1676 e Riccaldini, Bologna 1681); stampa l'Ordinario gramaticale
(Bulifon, Napoli 1677) e fa pubblicare il Quadresimale di Giovan Nicolò Bodoni
(Vita del P. D. Giovan Nicolò Bodoni Barnabita premessa al Quadresimale dello stesso,
Napoli, Giacinto Passari, 1677), traduce e dà alle stampe la Natural Magia di
Della Porta e la Chirofisonomia contro i chiromanti (Napoli, Bulifon, 1677) 128;
scrive Specchio del clero secolare in tre tomi, in cui pubblica anche Vita e martirio di
Vito santissimo fanciullo e de' suoi educatori Modesto e Crescenza (Napoli, Antonio Bulifon, 1678).
Nel 1679 Vincenzo Maria Orsini, futuro Benedetto XIII, lo chiama come segretario a Manfredonia, dove nel. 1680 Sarnelli pubblica la Cronologia degli
arcivescovi sipontini, più volte commentata da Monsignor Marcello Cavalieri. Viene trasferito nel 1680 alla chiesa di Cesena, prende la laurea in teologia a Roma
e quella in giurisprudenza a Cesena dove viene eletto abate di S. Omobuono e
dove esercita la carica di vicario generale nominato da Orsini. Scrive il Bestiarum
Schola (Cesena, Petrum Paulum Receptum, 1680; poi ripubblicato corne Scuola
dell'Anima, Riceputi, Cesena 1682) e nel 1685 il Ritratto di S. Pompeo (Cesena
1682). Ancora con lo pseudonimo di Masillo Reppone scrive la Posillicheata
(Napoli, Giuseppe Roselli, 1684)129, le Frasi (ms.)e i Comentarj intorno al rito della
S. Messa (Venezia, Poletti, 1684) che furono proposti da Orsini, nel primo concilio provinciale di Benevento, a uso dei preti nel decreto che sanciva
l’osservanza del sacrificio della messa e del Messale Romano. Scrive la Guida de'
forestieri per Napoli e per Pozzuoli (Napoli, Napoli 1685) . Nel marzo del 1686
prende possesso della chiesa di Benevento a nome del cardinale Orsini eletto
arcivescovo di quella metropoli, e viene nominato
_______________
128 - G. DELLA PORTA, Della magia naturale, Milano, 1970, ristampa anastatica a
cura di M. Gliozzi della traduzione di P. Sarnelli.
129 - Posilicheata, MDCLXXXIV. Ristampa di CCL esemplari curata da Vittorio
Imbriani, Napoli, D. Morano, 1885; Posilecheata, a cura di Enrico Malato, Roma, 1986
(Collana di testi dialettali napoletani, 7).
348
auditore generale. Scrive l'Antica Basilicografia (Napoli, Bulifon, 1686). Viene poi
nominato abate di S. Spirito, di cui scrive le Memorie (Napoli, Roselli, 1688),
seguite dal trattato della vita clericale (Il Clero secolare nel suo splendore, overo Della
vita comune Chericale, Roma, Stamp. della Cam. Apostol., 1688). Dopo la morte
di Innocenzo XI viene eletto conclavita sempre da Orsini, poi con il titolo di
«Patrizio Beneventano», con il privilegio dell’uso dei pontificali nella città e diocesi di Benevento, viene nominato, ancora da Orsini, abate della stessa città.
Scrive le Memorie Cronologiche de' Vescovi ed Arcivescovi della Santa Chiesa di Benevento
(Benevento, Roselli, 1691)130.
Nell’ottobre del 1691 da Innocenzo XII viene nominato vescovo di Bisceglie dove il 25 maggio del 1692 fa il suo ingresso avviando subito il primo
sinodo e dando istruzioni per celebrarlo annualmente131; successivamente stabilisce le «Regole» del Sacro Monte della Pietà e delle Confraternite del SS. Corpo
di Cristo e dei Santi Martiri Padroni e crea la Congregazione dei Casi e dei Riti,
esercitando il suo ministero nella chiesa collegiata di S. Matteo e in S. Maria Incoronata dei Romitani di S. Agostino, oltre che in quelle di S. Domenico, S.
Francesco e dei due monasteri delle monache della S. Croce e di S. Luigi. Scrive le Memorie de' Vescovi di Bisceglie e della stessa Città (Roselli, Napoli 1693) 132 ,
L'Arca del Testamento in Bisceglia. Istoria de' SS. martiri Mauro Vescovo, Pantaleone e
Sergio (Venezia, Andrea Poletti, 1694), la Regola di S. Chiara (Benevento, 1694)133.
Partecipa, inviato da Orsini e con diritto di voto, ai concili provinciali di
Benevento, dove, nel 1698, declama il Fico Mistico, discorso per la traslazione del
corpo di san Bartolomeo (Benevento, 1698).
L’amicizia con Orsini costituisce un aspetto determinante della sua vita di
ecclesiastico: Gimma riferisce negli Elogj che da lui Sarnelli apprende la dottrina,
lo spirito e la maniera del predicare, perfezionan_______________
130 - Ristampate in facs. da Forni, Sala Bolognese, 1976.
131 - Cfr. Diocesanae Costitut. Synodal S. Vigiliensis Ecclesiae Pompejo Sarnellio Episcopo
editae in Synodis celebratis diebus 28 et 29 Junij, annis 1692, 1693, 1694, Beneventi, in Typograph. Archepis., 1694.
132 - Ora ristampate, in facs., con presentazione di G. Spizzico, Milano, Cortese,
1983.
133 – L’elenco delle opere di Sarnelli in G. GIMMA, op. cit., pp. 301-303, cui va
aggiunto Lume a' principianti... cit.
349
dosi nelle sacre dottrine. Con Orsini Sarnelli condivide un’idea di pastoralità che
muove dalla amara consapevolezza della scarsa sensibilità etica e della diffusa ignoranza del clero e del popolo meridionali, per promuovere un profondo e radicale
rinnovamento moralizzatore. Un percorso che si individua significativamente nelle
esperienze di Orsini, di Giuseppe Crispino e di Alfonso de’ Liguori134 e che, per
quel che riguarda Sarnelli, può essere esemplificato dalle parole di Gimma quando,
a proposito dell’attività di Sarnelli vescovo, ci informa che «si adoperò tosto a non
permettere che alcuno deviasse dalla buona strada e non attendesse a coltivar la
sacra dottrina e che mancasse al suo gregge quel che appartiene al profitto ed accrescimento della vera Fede. Sono pur questi i due uficj richiesti in ogni buon Prelato poiché a loro non solo è necessaria la scienza per poter ben istruire, ma la cura
e vigilanza colle quali debbono a guisa d’industriosi cacciatori acquistar l’anima a
Cristo»135.
Le stesse opinioni di Sarnelli circa il «gregge» da governare e la diocesi da
amministrare e guidare, confermano l’idea che il vescovado di Bisceglie viene assunto con un profondo senso di responsabilità e di servizio alla causa della Chiesa
che già si era rivelato in tutta la sua maturità e consapevolezza negli scritti dati alle
stampe nonché nelle Lettere ecclesiastiche dove, si è visto, sono numerose e dettagliate
le istruzioni sulla vita clericale, sui modi di impartire i sacramenti e sulla costanza nel
predicare, insieme con i precisi suggerimenti che vengono forniti nella gestione delle
quotidiane abitudini, dall’abbigliamento alle consuetudini alimentari, accanto alle
puntuali spiegazioni teologiche. Sono norme che non vanno a costituire un patrimonio esteriore di comportamenti, ma che invece vanno a far parte di una più alta
profonda idea di cultura del clero da indottrinare, responsabile di una riforma che
partendo dalle basi dell’istituzione deve coinvolgere la popolazione laica guidandola
alla devozione di Cristo, della Vergine e dei santi secondo i canoni conciliari tridentini.
_______________
134 - Cfr. DE ROSA, Chiesa e religione popolare nel Mezzogiorno cit.; in particolare su Crispino cfr. ID., Giuseppe Crispino e la trattatistica sul Buon Vescovo, pp. - ; 103-143; e anche ID.,
Vescovi, popolo e magia nel sud cit.; su Vincenzo Maria Orsini cfr. A. DE SPIRITO, Personalità e
stile di vita di Benedetto XIII vescovo e papa meridionale, in “CAMPANIA SACRA”, Napoli, 21
(1990), pp. 205-279.
135 - G. GIMMA, op. cit., p. 295.
350
Nella lettera a Forniceto Carini l’argomento trattato - ossia l’opinione che
i vescovi devono avere dei sacerdoti - tocca da vicino un aspetto importante
del rapporto che il vescovo deve instaurare con il suo clero, investito di una
responsabilità che non è quindi un’aderenza formale, ma che comprende
un’idea di riforma intesa come vincolo morale per il rinnovamento
dell’istituzione, e che pertanto necessita anche dell’umiltà e del rispetto da parte
dei vertici della Chiesa. Richiamandosi alle indispensabili «virtù», alla «dottrina»,
alla «bontà» e al «sapere» dei sacerdoti che i prelati sono tenuti a trattare non
come «vassalli», ma come «Consacerdoti», Sarnelli afferma che «nella Chericale
milizia non la nobiltà del sangue ma quella dell’animo è tenuta in gran pregio [
... ] qual nobiltà di sangue può mai paragonarsi colla nobiltà del grado Sacerdotale a cui asceso tanto il nobile quanto l’umile di natali, perché sollevati ad
una dignità ogni umana grandezza eccedente, amenduni sono uguali. Aggiungete poscia al grado sacerdotale la virtù e la dottrina proprie di quello stato,
eccovi costruito un uomo tanto più nobile di chi non ha altra nobiltà che quella
del nascimento» 136.
A Bisceglie si impegna nell’abbellimento della basilica, del palazzo vescovile, della cattedrale e nella fondazione di un cimitero presso la chiesa del Purgatorio, oltre che accrescere la mensa vescovile. In proposito, a coronare la sua
azione pastorale, la sua solerzia in sermoni e omelie, la difesa dei beni diocesani
dalla dissipazione dei «parassiti» a favore del «gregge», cediamo in ultimo la parola a un suo contemporaneo, ancora Forniceto Carini, che elogia lo «zelo»
moderato e prudente di Sarnelli, in conformità alle norme tridentine, somma
virtù del «pastore» «costretto a calar giù per satollare i corpi de’ lupi, i quali sbucando a torme da’ vicini paesi haverebber divorato in un tratto il patrimonio
de’ poveri»137:
_______________
136 - Di Pompeo Sarnelli ora Vescovo di Bisceglia a Forniceto Carini che i Preti debbono essere tenuti in gran pregio da' Vescovi, in A. BULIFON, Lettere memorabili, storiche, politiche ed
erudite, vol. primo, Pozzoli, A. Bulifon, 1698, pp. 217-228 in particol. 220.
137 - Di Forniceto Carini a Monsignor Pompeo Sarnelli Vescovo di Bisceglia. De' Parassiti,
detti in Napoli appoggiatori di Alabarde, in A. BULIFON, Lettere memorabili... cit., terza racco lta, Napoli, 1698, pp. 216-230 in particol. 217, lettera datata Roma, 31 gennaio 1693.
351
«maggior lustro promettesi cotesta nobilissima Città, ove la
cura pastorale è tutta vostra, amministrar fin’ora con maraviglia ed invidia de’ vicini e de’ lontani; facendo conoscere essere
propria dell’apostolato la mansuetudine: derivar maggior riverenza al Culto divino dalla vostra affabilità che dall’altrui contegno: a costumar gli animi n’uscir di maggior giovamento la
clemenza che ‘l rigore; nuocendo talvolta molto più della connivenza la vigilanza smoderata; e che ove richiedesi in mano il
flagello, ben sa la vostra prudenza unire alla severità la misericordia, al gastigo la piacevolezza, ricordandovi di esser non
percussor, ma pastore: alla cui diligenza e alla cui pietà appartiene di applicare agl’infermi i soavi medicamenti prima di venire a’ rimedi più forti che son riserbati alla gravità del malore
ostinato (Concilio Tridentino cap. I, sess. 13 de reform.).
Queste virtù tanto maggiormente rilucono quanto minor
pompa ne fate; e quanto più v’ingegnate di oscurarle col sentir
così bassamente di voi, e delle cose vostre; fra le quali ogni
pensiero impiegando a privarvi non pur del convenevole, ma
del necessario sostentamento per distribuirlo a’ poveri ed a
tutti porgendo con le continue predicazioni ed insegnamenti
loro spirituale alimento, cesseran per voi le querele [ ... ]138 ».
_______________
All’ammirazione dovuta ai vescovi che lo hanno preceduto, all santità dei
martiri venerati nella Cattedrale di Bisceglie, conclude Forniceto Carini, non è,
quindi, da meno la pastoralità del vescovo Sarnelli unitamente alla sua cultura e al
suo ingegno, essendo egli già autore di una ormai famosa “sacra libraria”.
Ringrazio la professoressa Elisa Miranda per l'aiuto e i suggerimenti che mi ha dato durante questo lavoro.
_______________
138 - Di Forniceto Carini... cit., p. 229.
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Il devoto nelle Lettere ecclesiastiche di Pompeo Sarnelli