Il devoto nelle Lettere ecclesiastiche di Pompeo Sarnelli* di Elisabetta Ciancio Insieme a Lume a' principianti e ai Comentari intorno al Rito della Santa Messa le Lettere ecclesiastiche costituiscono l’eredità spirituale e dottrinale di Pompeo Sarnelli1. Si tratta di opere in forma epistolare dallo stile piano e familiare che raccolgono indicazioni della morale cattolica, norme comportamentali del devoto laico ed ecclesiastico, spiegazioni della dottrina cristiana; esse mettono in luce i forti intenti pedagogici di Sarnelli come erudito e uomo di fede ed esprimono quel diffuso bisogno di «riforma» avvertito tra i cattolici impegnati del Mezzogiorno. Un forte fervore intellettuale e una religiosità tutta permeata dal Tridentino sembrano infatti costituire il filo conduttore delle Lettere in cui l’epistola diventa l’emblema di un impegno attivo per il rinnovamento dell’istituzione, dove disciplina pastorale e tendenze al misticismo vanno di pari passo verso la stabilizzazione del ruolo della Chiesa nell’ordine politico e morale2. _______________ * Viene qui utilizzata l’edizione di Venezia, Antonio Bortoli, 1716-18. 1 - P. SARNELLI, Lume a' principianti nello studio delle Materie Ecclesiastiche e Scritturali esibito secondo i Sagri Interpetri in diversi Quesiti…, Venezia, A. Bortoli, 1725; ID., Comentari Intorno al Rito della Santa Messa…, Venezia, A. Bortoli, 1725 (I^ ed. Venezia, Poletti 1684). 2 - Sulla storia della Chiesa in età moderna cfr. La SOCIETA religiosa nell'età moderna, a cura di G. De Rosa, Napoli, 1973; G. DE ROSA, Chiesa e religione popolare nel Mezzogiorno, Laterza, Roma-Bari 1978; ID., Vescovi, popolo e magia nel sud, Guida, Napoli 19832; SOCIETA’, Chiesa e vita religiosa nell'Ancien Règime, a cura di C. Russo, Napoli, 1976; M. ROSA, Religione e società nel Mezzogiorno tra '500 e '600, De Donato, Bari 1976; ID., La Chiesa meridionale nell'età della Controriforma, in STORIA d'Italia, Annali, 9: CHIESA e potere politico dal medioevo all'età contemporanea, Torino, 1986, pp. 293-345; PER la storia sociale e religiosa del Mezzogiorno, a cura di G. Galasso e C. Russo, Napoli, 1980-82, voll. 2; STORIA 299 L’impegno educativo di Sarnelli nella raccolta epistolare data alle stampe si individua nella tradizione del libro religioso, in particolare in quella del filone morale-edificatorio che ha le sue origini nella cultura occidentale cristiano-monastica del manoscritto medievale che, riadattato ai nuovi parametri socio-culturali, trova fertile terreno di applicazione nella produzione religiosa a stampa dell’età tridentina e postridentina, volta a delineare il modello dell’ideale devoto. Questo tipo di produzione tra Cinque e Settecento resta immutata nella sua varietà. In particolare si tratta di volgarizzamenti della Bibbia, testi scritturali, libri legati a pratiche cultuali, come confessionali e quaresimali, edizioni delle opere dei Santi Padri, biografie e leggende di santi antichi e moderni, libri di poesia religiosa, nonché una cospicua parte di testi devozionali. Dagli opuscoli in 8° e 12° di poche carte stampati male e su carta scadente, a ciò che Quondam ha definito un «campo in forma di “specchio” per la devozione quotidiana del cristiano lettore di libri a stampa» «”meditazioni”, “precetti”, “consigli”, “regole” / “summole”, “esortazioni” / “consolatorie”, “rivelazioni”, “corone”, allegrezze”, “aura verba” / “parole devote”, “tesauri spirituali”, “giardini d’orazione”, “libri dei comandamenti”, “scale della vita spirituale”, “regole della vita spirituale”»3 - e che rappresenta la risposta ufficiale della Chiesa alla pluralità di forme ed espressioni della religione, oltre che riflettere l’adeguamento del mondo editoriale al programma di cristianizzazione promosso dalla Chiesa della Controriforma. Alla fine del Cinquecento la Chiesa postridentina rilancia la religione popolare nelle sue forme collettive, plateali e scenografiche dei culti di Cristo, della Vergine e dei santi: una «Controriforma devozionale», secondo l’espressione di M. Rosa, che nell’Italia meridionale _______________ dell'Italia religiosa, a cura di G. De Rosa - T. Gregory - A. Vauchez, 2: L'età moderna, Roma-Bari, 1994. 3 - A. QUONDAM, La letteratura in tipografia, in LETTERATURA italiana, vol. II, Torino, 1983, pp. 555-686: 595. Sulla stampa popolare religiosa cfr. L. BALDACCHINI, Bibliografia delle stampe religiose popolari del XVI-XVII secolo. Biblioteche Vaticana, Alessandrina, Estense, Firenze, 1980; ID., Per una bibliografia delle stampe popolari religiose, in “ACCADEMIE E BIBLIOTECHE D’ITALIA”, Roma, XLIV (1977), n. 2, pp. 255-258; U. Rozzo, Editoria e storia religiosa (1465-1600), in STORIA dell'Italia religiosa cit., pp. 137-166. 300 contribuì all’affermazione politica e spirituale delle istituzioni ecclesiastiche attraverso la capillare azione condotta dagli ordini regolari4 . In questo programma di rinnovamento che coinvolge le strutture pedagogiche della Chiesa e, con particolare efficacia, l’essenza stessa del suo misticismo, convogliato ora verso una devozionalità certamente non nuova nelle sue tematiche, ma saldamente tenuta insieme nei suoi sistemi di rappresentazione e significato dalla vigilatrice presenza delle istituzioni, la stampa, già diffusamente affermata nei paesi protestanti, diventa efficace strumento di educazione e controllo delle masse. Essa viene gestita dagli stessi ordini religiosi e dalla censura ecclesiastica e utilizzata come strumento di divulgazione della dottrina cristiana e della spiritualità devota in più ambiti della società «da intellettuali organici al potere, ai fini di mediazione del consenso, ma anche da intellettuali organici alle masse ed esprimenti, in modo più o meno esplicito, l’insieme dei loro bisogni»5. Il libro religioso non fu quindi soltanto un fortunato prodotto commerciale, ma uno strumento determinante nella storia delle idee e delle mentalità, in quella delle coscienze, degli stili di vita e dei comportamenti, e il cui ruolo, secondo un’idea totale di cultura, deve essere inquadrato nel contesto sociale in evoluzione, nelle reti di commercio e di committenza, nei suoi usi da parte del pubblico, nella sua circolazione nei differenti livelli e ambiti culturali, nell’incontro di tradizione scritta, orale e iconografica6. Simbolicamente, nel suo excursus la produzione religiosa manoscritta e a stampa si lega alla metafora dello specchio, rappresentativa della spiritualità cristiana che trova nella pagina scritta il modello a cui _______________ 4 - Cfr. M. ROSA, La Chiesa meridionale cit. 5 - C. GALLINI, Forme di trasmissione orale e scritta nella religione popolare, in “RICERCHE DI STORIA SOCIALE E RELIGIOSA”, Roma, XI (1977), pp. 96-108:106; cfr. anche A. BIONDI, Aspetti della cultura cattolica post-tridentina, in STORIA d'Italia, Annali, 4: INTELLETTUALI e potere, Torino, 1981, pp. 253-302. 6 - Sulla storia del libro cfr. A. PETRUCCI, Per una nuova storia del libro, introduzione a L. FEBVRE - H-J. MARTIN, La nascita del libro, Roma-Bari, 19852; ID., Libri, lettori e pubblico nell'Europa moderna, Roma-Bari, 1989. Sul processo della trasmissione culturale nell’ambito “semiletterario” e “semiorale” cfr. R. SCHENDA, Folklore e letteratura popolare: Italia - Germania - Francia, Roma, 1986; sulla circolarità della cultura cfr. P. BURKE, Cultura popolare nell'Europa moderna, Milano, 1980. 301 ispirarsi e in cui riconoscersi. La meditazione della lettura religiosa procura infatti quella divina sapienza che è il mezzo per mettere a nudo l’anima: il devoto può riconoscersi in mirabili casi di vita e scoprire la propria persona secondo la massima «conosci te stesso» che da Senofonte attraversa l’antichità e passa all’età moderna con Agostino, e che vale come sorta di viatico per un pellegrinaggio spirituale in cui l’individuo vive interiormente la lettura creandosi uno spazio intimo, rispecchiandosi, e al contempo estraniandosi, con la mente e con il cuore, nel testo della pagina7 . La simbiosi fra l’anima tormentata e la pagina scritta, «specchio», ancora, in cui l’autore guarda dentro sé e il lettore si riconosce, fa del libro lo «specchio» in cui il devoto deve rimirarsi, confrontandosi con casi di santità, con le spiegazioni della Sacra Scrittura e le norme suggerite8 . Non a caso la raccolta di biografie esemplari di Sarnelli si intitola Specchio del clero secolare, in cui è raffigurato il secolare estaticamente abbagliato dalla divina sapienza riflessa dal libro, riproponendo in quest’immagine quella di tanta iconografia sacra, colta e popolare, in cui Cristo crocifisso o risorto, o la Vergine o i santi di celestiale lucentezza abbagliano il fedele in preghiera9. Le Lettere ecclesiastiche sono raccolte in dieci tomi, rispettivamente dedicati a Gesù Cristo, ai santi martiri Mauro, Pantaleone e Sergio, protettori di Bisceglie - di cui Sarnelli fu nominato vescovo nel 1692 - a san Pietro, a sant’Agostino, a san Giuseppe, a Maria _______________ 7 - Cfr. A. QUONDAM, op. cit. Sulla tradizione medievale del libro religioso cfr. I. ILLICH, Nella vigna del testo. Per una etologia della lettura, Milano, 1994; sulla metafora dello specchio cfr. ivi, capp. 1 e 6; sul libro come vigna, giardino di un avventuroso pellegrinaggio ivi, pp. 32 sgg. 8 - Sarnelli stesso, nel tomo quarto delle Lettere, dedicato ad Agostino, dice del santo che “la vostra Vita non è altro che una lettera Ecclesiastica mandata da Dio a noi peccatori [ ... ] Dovendo Voi essere iniziato Maestro della più sublime dottrina vi è comandato dal Cielo che prendiate il libro, nello specchio della cui pagina avendo rimirate le vostre immondizie per lavarle, trasferiste negli occhi vostri le lagrime di Vostra Madre”: P. SARNELLI, Lettere ecclesiastiche... Tomo quarto.... Venezia, 1716, cc.n.n.. 9 - P. SARNELLI, Specchio del clero secolare overo Vite de ' SS. Cherici secolari ... Parte prima.... Napoli, Antonio Bulifon, 1678; ID., Specchio del clero secolare overo Vite de ' SS. Cherici secolari ... Parte seconda .... ivi, 1678; ID., Specchio del clero secolare overo Vite de ' SS. Cherici secolari ... Parte terza.... ivi, 1679. 302 Vergine della Pace, a san Tommaso d’Aquino, a sant’Ambrogio, a san Basilio e a san Giovanni Crisostomo. Nel secondo tomo Sarnelli dichiara di averle messe insieme «così alla rinfusa»: esse sono «disuguali in quanto a grandezza o picciolezza [ ... ] altre hanno più specie di trattato che di lettere». E in proposito riporta l’opinione del «Giornale de’ letterati» di Parma, a cui decide di rispondere al momento della pubblicazione del secondo tomo (Roselli, Napoli 1699) in merito alle quaranta lettere del primo, pubblicate nel 1686 a Napoli presso Antonio Bulifon. Sul «Giornale» scrissero che le lettere «benché non habbiano alcuna distinzione, ponno però distinguersi in due classi: l’una è di quelle che immediatamente pare che habbiano per oggetto l’istruire; l’altra di quelle che sembra appartengano all’erudire»10. Tuttavia Sarnelli, esperto pubblicista e collaboratore dell’editore Antonio Bulifon, ha intenzionalmente pubblicato le lettere così come le era andato raccogliendo «perché più allettino ad esser lette colla diversità e col passaggio dall’istruzione all’erudizione, tolgano il tedio che potrebbe recare la continuazione». Una dichiarazione, questa, che non smentisce affatto il «Giornale de’ letterati», ma che giustifica quel disordine a cui il lettore dell’opera può andare incontro con le palesi finalità di Sarnelli di istruire senza pedanteria, suffragate ancora dalle modestia con cui lo stesso vescovo dichiara il suo impegno: dopo le prime quaranta decide infatti di tacere il nome dei destinatari delle lettere «perciocché essi stessi per lo più persone che sanno più di me, non paja che io habbia voluto far loro da Maestro non essendo il gran fatto che tal’uno o per non aver tempo da volger libri, o per non aver libri da rivolgere, ricorra ad altri per soddisfarle»11 e afferma inoltre che «studiare per le risposte m’è giovato imparare io stesso»12. Le più di seicento lettere raccolte da Sarnelli si occupano di vari argomenti: oltre l’interpretazione dei passi evangelici, biblici e dei versi dei salmi, numerose riguardano il comportamento religioso. In particolare, qui seguiremo con Sarnelli le modalità della preghiera _______________ 10 - P. SARNELLI, Agli studiosi lettori l'Autore, in Lettere ecclesiastiche... Tomo secondo, Venezia, 1716, c.n.n.. 11 - IB. 12 - P. SARNELLI, Lettere ecclesiastiche ... Tomo terzo._ Venezia, 1716, c.n.n.. 303 dell’ideale devoto nell’ambito ell’ordinamento interiore ed esteriore dello spazio sacro13. Lo spazio interiore Sostenere che «l’orazione mentale è di precetto divino per maniera che senza quella, niuno si può salvare è una eresia condannata da S. Chiesa»: infatti l’orazione deve essere «consigliata» dal confessore come mezzo a disposizione del fedele per raggiungere la perfezione della vita spirituale e per una «maggiore intelligenza» dello stesso mistero della fede14. Essa «non è posta né nella suspensione d’ogni atto, né nel solo ricevimento, overo in un certo stato passivo, né meno nella sola specolazione, né nel solo amore, ma negli Atti dell’intelletto e della volontà riportati al culto e all’amor di Dio nella meditazione, overo considerazione delle cose divine e del nostro niente e delle nostre indigenze, e nell’amor di Dio e nel desiderio delle cose eterne ed in altri pietosi affetti»15. Sarnelli distingue quindi due tipi di orazione mentale: quella vocale in cui il devoto è costantemente attento e vigile a ciò che recita pregando, e l’altra di pura meditazione, contemplazione intellettuale delle cose divine o rivelate, non sempre accompagnata dalla preghiera recitata, anzi preferibilmente tenuta nel segreto del proprio intimo silenzio 16. _______________ 13 - Sullo “spazio” della preghiera cfr. R. GUARDINI, Introduzione alla preghiera, Brescia, 1948, in particol. pp. 24-43. 14 - P. SARNELLI, Alla Signora Brigida Sarnelli, mia sorella carissima, Della .Orazione mentale, Lettera XXI, in ID.,Lettere ecclesiastiche ... Tomo primo…Venezia, 1716, pp. 90-93; lettera datata Napoli, dal Convento dei Padri Predicatori S. Brigida di Posillipo, 15 agosto 1685 . Sull’orazione mentale cfr. R. GUARDINI, Introduzione alla preghiera cit., pp. 123 e sgg.. 15 - P. SARNELLI, orazione mentale, che cosa sia; contra gli errori de’ Quietisti, Lettera XXXVI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo ottavo.... Venezia, 1716, pp. 72-74, in particol, 73. 16 - P. SARNELLI, Perché la S. Chiesa ha proibito la celebrazione della Messa in volgare. E perché ha voluto che alcune Orazioni si pronunciassero segretamente. Lettera XCVI, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo decimo…, Venezia, 1718, 204-206. 304 Distinguendo «la cosa necessaria assolutamente e semplícemente», indispensabile per il raggiungimento dello scopo che ci si prefigge, da quella necessaria «secondo qualche cosa» che rappresenta il modo per ottenere «più agevolmente l’effetto», l’orazione mentale meditativa e contemplativa non è «semplicemente e assolutamente necessaria» per conseguire la salute eterna, dato che nessuna cosa o pratica può ritenersi indispensabile per la vita del devoto se non è stata stabilita da Dio come tale. E’ comunque utile considerare alcune prescrizioni fondamentali riguardanti l’orazione: Dicasi a’ fedeli che ciascuno due volte il dì almeno, se più spesso non può, faccia orazione, cioè la mattina e la sera, dicendo il Simbolo o l’orazione Domenicale, overo: qui plasmasti me, miserere mei, o pure: Deus propitius esto mi . hi peccatori; e ancora: Deo gratias: pe ‘l cotidiano sostentamento ch ‘l Signore somministra e perciocché egli degnato si sia di crearlo a immagine sua. Ciò fatto e adorato Dio creatore invochi i Santi e preghili che vogliano per lui intercedere presso alla M.D. E quegli che sieno vicini ad alcuna Basilica facciano queste cose in essa. Ma chi si trova in cammino o per qualsiasi cagione nelle selve o nella campagna quivi le faccia sapendo che Iddio è presente in ogni luogo, dicendo il Salmista: In ogni luogo del dominio di lui etc.17. Sarnelli ne deduce che l’orazione mentale vocale - il Simbolo o il Padre nostro, nonché altre pie preghiere - è strettamente necessaria al cristiano devoto. L’orazione domenicale, ossia il Pater noster, è da considerarsi tra i «Sacramentali» istituiti dalla Chiesa. Difatti non esiste una particolare festa dedicata al Padre, per poter lasciare l’individuo libero di venerarlo in qualsiasi momento della sua giornata18. Il Pater dispone quindi al «Sacramento» che vale come conferimento della _______________ 17 - P. SARNELLI, Alla Signora Brigida Sarnelli cit., p. 91. 18 - P. SARNELLI, Come la Santa Chiesa celebri la festa del Padre Eterno. Lettera LIII, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo nono…, Venezia, 1716, pp. 116-119. 305 grazia divina 19 ed è la preghiera «eccellente» fra tutte perché composta da Cristo stesso che «la fece brevissima, acciocché ogn’uno la impari e la tenga a mente ed è piena di sostanza poiché comprende tutto ciò che si de’ domandar a Dio»20. Impararla richiede un minimo sforzo di memoria: Leggesi che un ricco mercante essendo ito a confessarsi ad un S. Religioso, dimandato se sapea il Pater nostro, rispose di no, per non aver capacità d’apprenderlo. Come dunque, gli disse il Religioso, tu puoi applicare a’ negozj? rispose: se bene non so leggere, né scrivere, pure tengo a memoria i nomi di coloro con cui negozio e la quantità della roba. Allora il Padre fingendo di aver un negozio con lui mandò diversi a’ quali disse che dimandati de’ lor nomi dicessero qualche particella di Pater nostro e così egli tenendo a mente i nomi non veri imparò da vero l’Orazione domenicale21. Tuttavia l’orazione contemplativa e meditativa, ossia la preghiera interiore e incessante, può essere considerata «implicitamente» richiesta, più precisamente «consigliata» come veicolo di salvezza poiché essa è quella che congiunge l’intelligenza del significato e del valore del divino al rispettoso amore del fedele nei confronti di Cristo 22. Ciò è vero perché ogni opera di pietà e ogni azione onesta è meritevole e spetta al devoto trovare i mezzi per acquisire la perfezione. _______________ 19 - P. SARNELLI, Se la Chiesa ha istituito i Sacramentali, come fra questi si annovera il Pater noster istituito da Christo, Lettera XXXVI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 72-73. 20 - P. SARNELLI, Perché il San Matteo fa il Pater noster di sette petizioni e San Luca di cinque. Lettera XXXIV, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo sesto cit., pp. 68-69. 21 - Ivi, p. 69. 22 – “Come mai dalla bocca può meditarsi la sapienza se la meditazione appartiene solo alla mente? (che s’intende per lo cuore). Eccolo: la bocca dee regolarsi colla mente e non proferir parole che non sieno ponderate dalla ragione”: P. SARNELLI, Come s’intende che la bocca mediti e gli occhi pensano, in Id., Lume a’ Principianti nello studio delle Materie Ecclesiastiche e Scritturali cit., Parte prima, Quesito IV, pp. 129-131:129. 306 L’orazione dispone alla perfezione e all’unione con Dio: il fedele deve infatti diventare semplice, puro ed essenziale e mettersi così in grado di cercare Dio, avvicinarsi a lui per vivere la comunione divina. La preghiera meditativa è superiore in «perfezione» a qualsiasi altro tipo di orazione poiché consente di imitare Cristo che continuamente pregava con la mente, anche quando recitava ad alta voce. La contemplazione del mistero divino consente alle anime innocenti e pure di raggiungere l’estasi soprannaturale e mistica, l’alienazione della mente umana dai sensi corporei. La preghiera meditativa tende quindi a svelare una verità che non è quella fornita dall’immediata esperienza del mondo e della vita quotidiana, ma è quella divina della rivelazione23. Essa, spiega Samelli, perviene direttamente da Dio che si compiace di donare le virtù e i benefici del suo divino amore in sette modi: 1. O in sogno a’ dormienti 2. o colla sola voce sensibile a’ vigilanti 3. o colla voce e apparizione insieme 4. o con apparizione senza voce sensibile 5. o con interne locuzioni, ritrovandosi l’huomo in eccesso di mente 6. o pure venendo l’Anima rapita in estasi dall’Orazione e contemplazione delle divine perfezioni 7. o con rapire anche il corpo in aria e tenerlo sollevato da terra. […] In quanto al ratto del corpo, permette il Signore che alle volte questo si sollevi miracolosamente da terra, mentre i suoi servì stanno colla mente alzata a lui nell’Orazione, parla a’ medesimi e fa sentire ad essi la sua voce e le sue celesti locuzioni. Di questi ratti son piene le leggende de’ Santi24. Tuttavia non commette alcun peccato chi non prega di continuo e chi non riesce nell’orazione meditativa, pur essendo vero che gli atti interiori della fede, della speranza, della carità, della penitenza e del pentimento dei peccati, nonché del proponimento di non peccare in avvenire, sono indispensabili per il conseguimento della salvezza dell’anima. Inoltre l’orazione vocale, a cui invece il devoto è obbligato _______________ 23 - Cfr, R. GUARDINI, Introduzione alla preghiera cit., pp. 126-128. 24 - P. SARNELLI, Delle Divine Apparizioni e Locuzioni. Lettera XLIV, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo nono cit., pp. 99 e 101. 307 dal precetto, non può essere valutata sufficiente se non si accompagna a un certo impegno intellettuale dell’orante che può renderla in questo modo quasi un aspetto dell’orazione meditativa. Durante la preghiera non ci si deve distrarre e «quanto all’ufficio della bocca si pronunci senza syncope e distintamente in quanto all’ufficio del cuore è l’attenzione della mente»25, come altrettanta attenzione deve essere prestata alla modalità gestuale della preghiera: «l’orazione si dice in piedi o colle ginocchia piegate, secondo il tempo [ ... ] la salutazione Angelica così detta è adorazione del Mistero della Incarnazione ineffabile del Verbo Divino e si de’ genuflettere»26; «le Litanie che chiamiamo de’ Santi si dicono in ginocchio» e «dicendosi AVE MARIS STELLA si de’ genuflettere e lo stesso si de’ fare in tutte le antifone della Beata Vergine»27. Dio comunica con il devoto «scriptum gratiae et precum» e l’esercizio attento e costante della preghiera è la strada che conduce alla integrità morale e alla sapienza28. Ne consegue che per il devoto è auspicabile l’applicazione all’orazione mentale meditativa poiché essa congiunge con Dio. Durante la contemplazione il senso sente e dal sentire nasce poi l’imaginazione, da questa procede la cogitazione, da questa la meditazione. Meditando si aguzza l’ingegno e comincia a discorrere; discorrendo trova la ragione delle cose; la ragione illumina l’intelletto; l’intelletto partorisce come una prole l’intelli_______________ 25 - P. SARNELLI, Breviario donde sia detto e da quanto tempo e come si de’ leggere. Lettera XL, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo sesto cit., pp. 82-85 in particol. 84. 26 - P. SARNELLI, Del segno della salutazione Angelica, il quale suol darsi tre volte il giorno. Lettera XXX, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo settimo.... Venezia, 1716, pp. 6163 in particol. 61. 27 - P. SARNELLI, Se nella venerazione dovuta a’ Santi sia lecita la genuflessione. Lettera LXII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo settimo cit., pp. 123-125 in particol. 124. Sulle litanie cfr. ID., Della istituzione delle Rogazioni o Litanie minori e di altre Processioni. Lettera XXXV, in Id., Lettere ecclesiastiche ... Tomo nono cit., pp. 75-77. 28 - P. SARNELLI, Esser lodevole vestire i fanciulli d’habito religioso ed esser profittevole che le Monache recitino l’ufficio Divino ancorché non l’intendano. Lettera IV, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo terzo cit, pp. 10-12 in particol. 10. 308 genza della verità; la mente in questa intelligenza si affissa, per amore e carità insieme si diletta e si compiace29. L’anima che contempla si solleva sulle vanità terrene, considerando liberamente Dio e le cose divine. A questo grado di meditazione, a questo disvelamento del messaggio divino, non raggiungibile semplicemente attraverso una «volgare» osservanza dei divini precetti30, ma con uno strenuo studio e con una continua mortificazione della propria cupidigia, vi pervengono solo le anime libere dagli affetti materiali e dalla corruzione terrena 31 provate dal continuo esercizio dell’adempimento delle virtù cristiane e dalla contemplazione del sacrificio di Cristo 32. All’orazione contemplativa non si giunge con la «scienza», ma con la «fede, colla carità e col conoscimento della propria debolezza» e coloro che vi riescono sono tenuti ad esercitarsi continuamente, con maggior studio e fervore senza mai tralasciare «gli atti frequentissimi di religione, di adorazione e di umiltà atti della fede, della speranza e della carità»33. Chi non riesce a raggiungere questo profondo livello di meditazione è tenuto al precetto della preghiera vocale. Ciò non rappresenta una sconfitta per il fedele: Sarnelli invita sua sorella Brigida a non rammaricarsi se non tiene a mente le regole della preghiera e a non preoccuparsi se non riesce a leggere «con tutta applicazione» i libri religiosi che il suo confessore le ha fornito, e in proposito, per avvalorare il suo ragionamento, ricorda l’insegnamento di San Francesco di Sales, ossia che prerogativa essenziale per pregare facendo cosa gradita al Signore, è principalmente la fede: _______________ 29 - P. SARNELLI, Orazione mentale cit., p. 73. 30 - Cfr. IB.: La “Dottrina della Sapienza” non si acquisisce solo con il rispetto dei sette precetti, ossia “dilezione del prossimo, onora tuo padre e la tua madre, non fomicare, non uccidere, non rubare, non farai falsa testimonianza, non desiderare la moglie del tuo prossimo, ne meno desiderare la roba del tuo prossimo”. 31 - Cfr. in proposito P. SARNELLI, Disinganno dell’inganno di chi con arti illecite va dietro a trovar tesori, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quinto..., Venezia, 1716, pp. 122-129. 32 - “Questa è la vera via della Salute: frequentare la meditazione della Santissima passione del Redentore”: P. SARNELLI, Di quali spine fosse intessuta la Corona del Salvatore. Lettera XL, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo quinto cit. pp. 78-80 in particol. 79. 33 - P. SARNELLI, Orazione mentale cit., p. 74. 309 S’ingannarono grandemente quelli che credendo bisognarvi tanto metodo per far l’orazione. Lo spirito di Dio non è sì delicato che dipenda dal metodo. Dobbiamo sapere esser solo una cosa necessaria al ben orare: cioè haver Nostro Signore nelle braccia, come il S. Simeone: voglio dire tra’ nostri affetti; così la nostra orazione sarà sempre ben fatta in qualunque maniera noi la facciamo34. La pratica costante costituisce un apprendimento salutare per l’anima, una vera e propria «lezione», anche se questa può svolgersi inconsapevolmente: conviene che voi leggiate ed oriate assiduamente, perlocché la vita dell’homo giusto s’ordina bene colla lezione ed egli pur con essa si rafforza contro il peccato [...] essendo queste le arme, cioè la lezione e la orazione, colle quali si combatte e si vince il diavolo [...] E se talora dall’orazione si cessa bisogna colle mani operare, imperciocché l’ozio è nemico dell’anima e l’iniquo spirito di leggieri sospigne ne’ peccati colui ch’egli trova senza lezione, overo senza orazione35. Brigida è quindi dispensata dalla difficile prova dell’orazione mentale: inoltre, le replica ancora il nostro autore, «che vale sepellirsi in un cantone della casa ed intanto lasciar fare a’ figliuoli ed alla famiglia ciocché vogliono? [...] la buona educazione de’ suoi figliuoli è per lei una diritta strada al Cielo [...] I libri che non ben si capiscono, si lasciano dalle donne e sian suo’ libri i figliuoli e questi si studi di educar bene»36. Le preghiere costituiscono un mezzo per offrire l’anima a Dio, per preservare il fedele dalla tentazione, per garantire la salute eterna, per _______________ 34 - P. SARNELLI, Alla Signora Brigida Sarnelli cit., p. 93. 35 - IB. 36 - ID. Alla Signora... cit., p. 84: “Si deve recitare quello che si può, siccome chi non può digiunare tutta la quaresima è tenuto digiunare alcuni giorni se può”. 310 chiedere la grazia. Vale saperle recitare, poiché di esse non è richiesto di comprenderne il significato e il solo replicarle ha valore di per sé. Il beato Giordano alla domanda se sono gradite a Dio le preghiere delle monache che recitano senza conoscere il significato di ciò che pronunciano, risponde: «siccome la gemma in mano del rustico che non sa il prezzo, val tanto quanto quando è in mano dell’orefice che ne sa il valore, così le preghiere tanto vagliono in bocca del dotto, quanto dell’ignorante». Il precetto divino a cui il fedele è tenuto, ossia, come si è visto, l’orazione vocale, implica che il devoto, laico o religioso esso sia, pronunci nella preghiera «distintamente, perfettamente e riverentemente le parole»: anche se è preferibile coglierne il senso e «applicare l’affetto» a ciò che significano, questa attenzione non è necessaria, tant’è che se lo fosse, la Chiesa non avrebbe proposto le preci latine ai «dotti», agli «ignoranti», al «popolo comune». Essendo la preghiera dettata dallo Spirito Santo, questo supplisce laddove non arriva la l’intelligenza del fedele37. Esso diventa il principio attivo della comunicazione con Dio, veicolo di mistica unione: in virtù del suo tramite, l’anima viene «cristificata», ossia Cristo parla nel cuore del fedele attraverso lo Spirito Santo garantendo il contatto col divino 38. Chi non intende le parole latine che pronuncia durante la preghiera è certamente più umile, pio e devoto, più meritevole e vicino a Dio, poiché gli si accosta con la riverenza del mistero: santa Lutgarda «haveva ella tal grazia da Dio che colla saliva della sua bocca subito curava i morbi»; essendo quindi spesso impegnata nella cura dei malati e talvolta trascurando l’esercizio della preghiera, chiese a Dio di farle comprendere il significato del Salterio per accrescere il valore della sua devozione: «le concedette Iddio, secondo la dimanda, d’intendere il Salterio, ma si accorse che con questa grazia non facea tanto profitto quanto sperava, imperciocché la riverenza del nascosto mistero è la madre della divozione e la cosa nascosta più avidamente si cerca e con _______________ 37 - P. SARNELLI, Esser lodevole vestire i fanciulli cit., p. 12. 38 - Difatti nessuna orazione è diretta allo Spirito Santo perché “essendo lo Spirito Santo dono, dal dono non si chiede dono, ma dalli donanti, dalli quali egli procede”: P. SARNELLI, Perché niuna Orazione o sia Colletta della S. Messa sia diretta allo Spirito Santo. Lettera XXIII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 45-46, in particol. 46. 311 maggior venerazione si brama». Lutgarda disse quindi al Signore: «che importa a me monaca semplice e.idiota intendere i segreti della Sacra Scrittura: dammi più presto, o Signor mio, il tuo santo amore»39. La preghiera rende immuni da tentazioni e lontano da ogni «sinistro pensiero»: mentre si recita - almeno tre volte al giorno i laici, mattina, mezzogiorno e sera, e sette volte gli ecclesiastici - si deve quindi pensare a Dio e meditare la Passione di Cristo, così come ordina la Chiesa, implorando aiuto per il sacrificio del Salvatore e iniziando quindi ogni orazione con il segno della Croce40. Un’assidua pratica del recitare quotidianamente le preghiere soccorre i bisogni spirituali e temporali dell’individuo, gli concede indulgenze, gli salva l’anima dalla cattura del demonio, sia esso devoto che peccatore, lo contrassegna come marchio distintivo: quanto valga recitare l’ufficio della Vergine o il Rosario secondo le indicazioni sin qui riportate, è dimostrato dalla costanza con cui Maria interviene a favore dell’orante. Un monaco cistercense spagnolo era «sì servente e divoto nell’ossequio della B. Vergine e sì attento nel recitare il di lei piccolo ufficio che non solamente in ogni verso, ma in ogni sillaba havea memoria della S. Genitrice di Dio», tanto che Maria lo soccorse in punto di morte, non dispensandosi comunque di salvare «un cherico colmo di vizii che altro ben non havea che recitare attentamente e divotamente l’ufficio piccolo della B. Vergine»41. Or passando un giorno il fiume per irne a soddisfare certe sue sozze voglie gli venne in mente che non havea detto bene il Mattutino della Vergine e cominciò a dirlo Ave Maria gratia plena ed ecco in quell’istante crescer la piena e sommergerlo e mentre diceva Dominus tecum lo soffocò. Corrono i demonj alla preda, ma la Vergine vuole che sia condotto innanzi a Christo, dove dopo molte altercazioni, disse la S. Madre al figliuolo benché costui sia malamente vissuto, ha però finito la vita nelle mie lau_______________ 39 - P. SARNELLI, Esser lodevole vestire i fanciulli cit., p. 12. 40 - IB. 41 - P. SARNELLI, Della origine e del progresso dell’Ufficio piccolo della Beatissima Vergine Maria Madre di Dio. Lettera XVII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quinto cit., pp. 32-36, in particol. 35-36. 312 di, quali sempre fu attento ed assiduo [...] e se i demonj non credono così gli guardino in bocca, e vedendovi i demonj vi trovarono scritto a lettere d’oro: Ave Maria gratia plena e tosto confusi partirono 42. Fra l’orazione vocale e quella meditativa vi sono forme di preghiere ripetute come le litanie e la «Corona», o «Rosario», che hanno la funzione di aiutare il devoto a memorizzare l’orazione oltre che valorizzarne l’impegno nella ripetizione mnemonica, la quale, a sua volta, introduce a una più intima esperienza di Dio. Il Rosario, in cui si contempla la vita del Salvatore e i misteri della Madre, viene istituito da san Domenico a vantaggio dei cristiani come preghiera meritevole di innumerevoli grazie43. L’uso di un oggetto da parte del fedele viene approvato dalla Chiesa con l’affermazione dell’autenticità della visione della Madonna avuta da san Domenico all’inizio del tredicesimo secolo, durante la lotta agli albigesi. Consegnato dalla stessa Madre di Dio con l’obbligo per i cristiani di invocare ripetutamente il suo nome facendo scorrere fra le dita i grani, la corona del Rosario diventa santa e taumaturgica perché di origini celesti e comunicata all’umanità durante una mistica visione. La ripetizione induce nel fedele uno stato quasi ipnotico in cui la luce spirituale inonda l’anima: le formule ripetute, ricche di significato, creano uno spazio nel quale l’animo può indugiare lentamente, progredendo nella meditazione44. Spiega Sarnelli che Né questa ripetizione della stessa orazione è superflua [...] Né solo la ripetizione di queste Divine Preghiere è santa, ma santo ancora è il ripeterle per qualche numero misterioso [...] Io so un mio amico divoto della B. Vergine che recita ogni giorno le cinquanta Ave Maria del Rosario, aggiugnerve tante altre quanti sono gli anni che vive più da cinquanta, ringraziando la B. Vergine del suo patrocinio 45. _______________ 42 - ID., Dell’origine... cit., p. 37. 43 - P. SARNELLI, Perché Sant’Onofrio si dipinge con una Corona di più globetti per recitar preci. Lettera V, in ID., Lettere ecclesiastiche... Torno sesto cit., pp. 12-14. 44 - Cfr. R. GUARDINI, Il Rosario della Madonna, Brescia, 1944. 45 - P. SARNELLI, Perché Sant’Onofrio cit, p. 13. 313 Recitarlo quotidianamente - almeno una parte - e con attenzione, consente quindi di guadagnare un tesoro d’indulgenze, nonché di meditare e commemorare la vita della Vergine e le sue feste, in cui sono riflessi vita e destino del Salvatore. Nella Salutazione angelica Ave corrisponde all’Immacolata Concezione, Maria alla Natività, Gratia plena alla Presentazione al Tempio, Dominus tecum all’Annunciazione, Benedicta tu in mulieribus alla Visitazione, Benedictus fructus ventris tui commemora il virgineo parto, Sancta Maria Mater Dei rappresenta la Purificazione, Ora pro nobis peccatoribus rievoca l’Assunzione al Cielo, e le parole nunc et in ora mortis nostrae rappresentano i sette dolori, ossia la sua sofferente assistenza al Figlio crocifisso, che fanno di Maria la madre e la benefattrice di tutte le creature46. Accanto alle preghiere ufficiali promosse dalla Chiesa esistono altre forme di preghiera, più spontanee, vive e sincere, nate dallo stesso orante, spinto dal proprio sentimento a richiedere l’aiuto divino, il miracolo, a cui segue, generalmente, l’assolvimento del voto pronunciato durante la stessa preghiera. Non sempre però l’individuo sa trovare in se stesso le parole esatte con cui pronunciare la preghiera. Quella ufficiale supplisce a questa povertà, un’aridità che possiede anch’essa valore e significato nella vita del devoto, in quanto egli deve saper mettere alla prova se stesso e il proprio orgoglio di individuo nella fedeltà e nell’ubbidienza a Dio, senza ricorrere al sentimento. Le preghiere della Chiesa sono quelle che custodiscono le esperienze e le vittorie morali dei santi che hanno fatto la storia dell’umanità e che hano consegnato alla collettività un patrimonio di simboli entrato a far parte del linguaggio della preghiera e da cui quindi il devoto non può prescindere47. Durante l’età moderna il richiamo alle norme istituzionalizzate consente alla Chiesa controriformistica di frenare quelle forme di devozione sorte spontanee e rivelatesi nel tempo poco controllabili dagli organi preposti. Esse potevano costituire una minaccia al dominio politico e morale della collettività da parte della Chiesa, e venivano pertanto canalizzate verso modelli comportamentali - la _______________ 46 - P. SARNELLI, Della Salutazione Angelica contiene tutte le feste della Be-atissima Vergine, Quesito XXXXI, in ID., Lume a’ Principianti cit., Parte seconda, pp. 225-226; cfr. anche ID., Perché nel Santissimo Rosario non si fa menzione dell’Epifania, Quesito XVI, ivi, pp. 160-162. 47 - R. GUARDINI, Introduzione alla preghiera, cit., pp. 110-116. 314 Vergine e i santi - che, al contempo, potevano garantire al fedele quel processo di appropriazione individuale su cui necessariamente si basa anche la fede48. Sarnelli ricorda che nelle litanie si invocano i santi affinché essi intercedano presso Dio (Pio V scelse per esse i santi «più nobili» e ne proibì l’aggiunta senza il permesso della Santa Sede al fine di ridurne le possibili devianze)49; che il Rituale Romano e il Messale raccolgono inoltre molte devote orazioni da pronunciare per la salute dei malati; che il Pater e il Simbolo possiedono immediato valore terapeutico: san Tiburzio guarì un uomo «recitantandogli continuamente l’Orazione domenicale e ‘l Simbolo sopra le ferite’, per maniera [che] si consolidarono l’ossa, il capo e tutte le viscere»50. Con le preghiere non ci si deve attendere un effetto assoluto e infallibile, ma condizionato al volere divino attraverso l’intercessione della Vergine o dei santi: le orazioni possono infatti includere forme superstiziose per le circostanze in cui vengono recitate, per le modalità del loro esplicarsi, per le immagini cui fanno riferimento, per i nomi che invocano, nonché per la causa stessa per cui si chiede la grazia. I concili Cameracense del 1565 e Mecliniense del 1570 proibiscono che si presti fede a quelle preghiere che promettono la certezza di un risultato rapido e felice. Così quell’«ensalmo» contro la peste che recita «Crux Christi salva me...», come le preghiere di un libretto intitolato manuale precationum che contenea molte preci e Figure [...] e tra le altre vi si vedea una Figura che come dice il libro era la misura della sagra piaga del costato di Cristo Nostro Signore della quale così vi è scritto: Tanta est virtus, ut ne ignis, nec Aqua, nec Ventus, nec tempestas, nec lancea, nee ensis, nec diabolus _______________ 48 - Cfr. G. GALASSO, Santi e santità, in ID., L’altra Europa, Milano, 1982, pp. 64-115. 49 - P. SARNELLI, Chi è l’Autore delle Litanie. Quesito XXVIII, in ID., Lume a’ Principianti cit., Parte seconda, pp. 190-192. 50 - P. SARNELLI, Se sia lecito dire delle Orazioni sopra gl’infermi per la salute corporale. Quesito XVII, in ID., Lume a’ Principianti cit., Parte seconda, pp. 162-169 in particol. 162. 315 possint nocere ei qui eam secum fert. E però meritamente fu proibito 51. La Chiesa quindi promuove e diffonde la formulazione esatta delle orazioni di richiesta di grazia: Padre Ribadeneira nella vita di san Biagio, ricorda ancora Sarnelli, riporta che Aezio Antiocheno, fra i rimedi prescritti contro il soffocamento indica che «preso l’infermo per la gola gli si dicano queste parole: Blasius Martyr et servus Christi dicit: a’ut ascende, aut descende» corrette dalla Chiesa in «Per intercessionem P. Blasii Martyris liberet te Dominus a malo gutturis»52 a sottolineare che la preghiera ha effetto solo se viene affidato a Dio il potere di elargire la salute e non se viene attribuito un potenziale taumaturgico alle parole pronunciate, ossia solo con una matura fiducia del devoto nel valore del mistero divino. Credere in un potere magico della parola può avere anche effetti deleteri e contrari alla bramata grazia: Martin del Rio racconta di un guardiano di maiali che aveva infilato nel suo bastone una «cartuccia» - probabilmente un’immaginetta - con su scritto il nome di san Biagio, e che al solo bastone aveva affidato la custodia dei suoi animali. Avvenne che essendo egli assente un huomo che passava vide che il demonio guardava i porci, il dimandò quell’huomo com’egli ch’era persecutore degli huomini ora era fatto custode de’ porci, rispose che l’huomo pastore di quelli havea un bastone su cui era scritto il nome di S. Biagio e che a quella cartuccia scritta attribuiva della divinità contra la sua legge e per mantenerlo in quella credenza mi son messo a guardar i porci53. Non è in dubbio il ricorso all’orazione come rimedio per la salute dell’infermo, né tantomeno quello ad oggetti di supporto alla preghiera come, si è visto, la catena del Rosario. L’importante è affidarsi alle sanzioni della Chiesa, ricorrendo all’aiuto del sacerdote, dimostrando _______________ 51 - ID., Se sia lecito... cit., p. 164. 52 - IB. 53 - IB. 316 durante l’orazione di avere rette intenzioni, e vale l’ausilio di oggetti se questi vengono istituzionalizzati dalla Santa Sede perché comunicati all’umanità tramite una prodigiosa rivelazione. Oltre alla devozione del Rosario, il richiamo di Sarnelli è a quella dell’«abitino» della Madonna del Carmine che promette la liberazione delle anime dal fuoco del Purgatorio o altra sorta di aiuto nel giorno di sabato. Tale devozione nasce dall’apparizione mariana al Padre Simone Anglico approvata dal decreto dell’Inquisizione durante il pontificato di Pio V, nel 1613, e sancisce il valore della pia credenza se l’effetto della grazia viene richiesto dal devoto nel doveroso «debito di decenza» che si deve avere nei confronti della pietà della Vergine, maternamente impegnata a favorire i suoi adepti54. Lo spazio esteriore L’esercizio della preghiera che abbiamo seguito fin qui riguarda l’ordinamento interiore, ossia lo spazio del raccoglimento intimo del devoto in cui si determinano quelle condizioni meditativo-riflessive che consentono di eseguire l’orazione correttamente, nel suo pieno valore e significato di comunione con Dio. L’ordinamento esteriore che accompagna quello interiore viene scandito innanzi tutto dallo scorrere del tempo, rappresentato nella vita del fedele oltre che dai quotidiani impegni della vita lavorativa, dalle ricorrenze liturgiche in cui ricorre la preghiera: l’Avvento, il Natale, l’Epifania, la Quaresima e la Pasqua, quindi la Pentecoste a cui seguono le successive settimane dell’anno in attesa del nuovo avvento di Cristo. Un altro elemento ordinatore è lo spazio esterno, che nella vita della comunità è rappresentato dal centro religioso, la chiesa, elemento ordinatore dello spazio sociale e punto di riferimento della vita spirituale della collettività55. _______________ 54 - IB. 55 - M. ELIADE, Il sacro e il profano, Torino, 1967, pp. 19 sgg. e P EVDOKIMOV, L’ortodossia, Bologna, 1985, pp. 326 e sgg. Sui santuari cfr. C. CRACCO, Tra santi e santuari, in J. DELUMEAU, Storia vissuta del popolo cristiano, a cura di F. Bolgiani, Torino, 1985, pp. 249-272. Sulla parrocchia in età moderna nel Mezzogiorno cfr. 317 Rispetto ai mitici tempi del primo cristianesimo in cui anche «persone di bassa condizione» conoscevano a memoria i versi dei salmi e i passi della Sacra Scrittura e frequentavano notte e giorno gli uffici divini, Sarnelli lamenta una certa rilassatezza da parte della popolazione nei confronti degli obblighi di frequenza alla messa56 nella chiesa cittadina, spesso trascurata, anche nei giorni festivi, a favore di quella che si svolgeva negli oratori privati, sorti numerosi in quegli anni57. Responsabile il parroco e in generale la Chiesa stessa, perché «a dirla come sta, se si dasse al popolo il pascolo spirituale che desidera, la Chiesa sarebbe sempre piena. [...] tanto il popolo non fa quanto il Prete non vuole»58. Tant’è che sono ammesse in chiesa quelle devozioni di massa le cui particolari cerimonie, attestate nella tradizione, esulano da quelle prescritte dalla Chiesa: esse infatti sono permesse «perché sono di gloria a Dio e d’utile al nostro prossimo, purché non vi sia mescolata qualche superstizione, che si de’ togliere». A tale fine, è giusto insistere, sono necessarie quattro condizioni: 1. Che la grazia si de’ aspettare da Dio per intercessione della SS. Vergine. _______________ G. DE ROSA, Organizzazione del territorio e vita religiosa nel Sud tra XVI e XIX secolo, in La SOCIETA religiosa cit., pp. 11-29; A. CESTARO, Strutture ecclesiastiche e società nel Mezzogiorno, Napoli, 1978; L. DONVITO, Società meridionale e istituzioni ecclesiastiche nel ‘500 e ‘600, Mìlano, 1987. 56 - Sul significato della messa cfr. P. SARNELLI, Se il sagrificio della S. Messa sia uno o più. Lettera XLII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 81-83 e ID., Non essere stato mai permesso il S. Sagrificio della Messa sotto una sola specie. Lettera XLIII, ivi, pp. 83-85. 57 - Un limite alla diffusione degli oratori privati, per la promozione della messa della cattedrale o della parrocchia, la Chiesa lo tenta con il decreto De celebratione missarum emanato dalla Santa Sede il 15 dicembre 1703 il quale vieta l’abuso di alcuni vescovi e regolari di celebrare messa nelle case dei laici e negli oratori privati, trasportandovi altari portatili: cfr. P. SARNELLI, Della celebrazione degli Oratori privati. Lettera XLV, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 88-89. 58 - P. SARNELLI, Dell’antica frequenza del popolo agli uffici Divini. Lettera XXIII, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo secondo cit., pp. 52-54: 54. Sulla figura del parroco cfr. L. ALLEGRA, Il parroco: un mediatore fra alta e bassa cultura, in STORIA d’Italia, Annali, 4: INTELLETTUALI e potere, Torino, 1981, pp. 895-947. 318 2. Che non si adoperino parole non legittimamente istituite. 3. Che chi dimanda la grazia procuri di star in grazia. 4. Che siano preparati nell’animo, che se a Dio piace di farla, bene, se no, rassegnarsi nella sua SS. Volontà59. Il parroco è obbligato per precetto a offrire il sacrificio della messa nelle domeniche e nei giorni festivi ai propri parrocchiani, il cui «frutto» è «generalissimo», perché ne usufruiscono primariamente pontefice e vescovo, «specialissimo», perché ne gode il sacerdote celebrante, «medio», proprio perché è lo stesso sacerdote che lo applica a tutti quelli per cui celebra60. Pertanto il Concilio di Trento (sess. 22) avverte che parroci e predicatori devono costantemente ammonire il popolo a frequentare la parrocchia almeno nelle domeniche e nelle feste principali, ricordando che i benefici che si ottengono dalla partecipazione alla celebrazione della messa ufficiale sono certamente maggiori rispetto a quelli che si possono ottenere assistendo a una messa privata. In generale la messa gode del favore divino «in quanto al frutto ex opere operantis, sì anche ex opere operato, meritorio, impetratorio e soddisfattorio»: E in quanto al frutto ex opere operantis che sia maggiore è chiaro perché dove è maggiore divozione negli offerenti, dove si esercitano maggiori atti di religione, ivi è maggiore il frutto del sagrificio rispetto agli offerenti e cooperanti in esso [...] Or nella Messa solenne si eccita maggior divozione, precisamente dove il canto è religioso. Esercitano più atti di religione nella moltitudine de’ ministri, nell’incensazione dell’Altare e della materia offerta. Lo stesso si de’ affermare ex opere operato. Le ragio_______________ 59 - P. SARNELLI, Se sia lecitano far passare, come dicono, i figliuoli che patiscono d’Ernia in alcune Chiese della SS. Annunciata. E del Sacco di S. Francesco. Lettera XCI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo decimo cit., pp. 193-195, in particol. 194. 60 - Cfr. in particolare P. SARNELLI, Esser tenuto il Parroco applicare nelle Domeniche ed altri dì solenni il Sacrificio per li suoi Parrocchiani. Lettera XXI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quinto cit., pp. 42-44. 319 ni sono molte e precisamente perché Christo, il quale ha istituito questo sagrificio, ha voluto che si offerisse alla Chiesa non solo con semplice rito, come nella Messa privata; ma anche con rito solenne, come nella Messa Ponteficale, nella cantata con più ministri [...] adunque fu congruo che Christo Signor Nostro habbia voluto che provvenga maggior frutto ex opere operato dall’oblazione del Sagrificio fatta con rito solenne con l’intervento di tutti i ministri [...]61. La messa parrocchiale ha pertanto le sue positive prerogative. In chiesa si celebra il sacrificio di Cristo per il suo popolo che pertanto usufruisce primariamente dei frutti che da quello provengono; nella comunione di tutte le orazioni ed opere pie consacrate nella fraternità della Chiesa nel nome di Cristo e dello Spirito Santo, si impetrano più efficacemente la grazia di Dio e la remissione di tutti i peccati; la chiesa parrocchiale è inoltre la «Madre» dei suoi battezzati e somministra loro tutti gli altri sacramenti; nella messa parrocchiale il popolo riceve la benedizione con l’acqua santa e gode dei benefici che da essa derivano, può partecipare alle processioni per allontanare le punizioni e i flagelli divini, per chiedere la fertilità della terra e altri benefici spirituali e temporali, per ottenere la salute degli infermi e degli agonizzanti, può pregare per i defunti e fare l’elemosina ai poveri della stessa comunità. In particolare, l’acqua benedetta, un «sacramentale»62 che rappresenta l’incarnazione di Cristo, è contro ogni sorta di maleficio, per cui si tiene esposta in chiesa a vantaggio di tutti i fedeli. Essendo «mate_______________ 61 - P. SARNELLI, Si commanda l’assistenza alla Messa solenne. Lettera XLIV, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 85-88 in particol. 86-87. 62 - I “sacramenti” si differenziano dai “sacramentali” perché questi ultimi non raggiungono l’effetto del sacramento che è quello di conferire la grazia, ma fungono come disposizioni ai sacramenti. Oltre l’acqua benedetta, i “sacramentali” sono: la consagrazione della Chiesa e degli Altari e de’ vasi parimente a tal uso destinati. La benedizione delle vesti per riverenza della SS. Eucaristia. [...] la benedizione dell’Abbate. La consagrazione delle Vergini. La benedizione degli Sposi.Le Imagini benedette. Le Reliquie de’ Santi. Gli Esorcismi. I Funerali ed altre sacre Cerimonie”: P. SARNELLI, Se la Chiesa ha istituito cit., p. 72. 320 ria», necessita della «forma» che consiste in invocazioni e orazioni da recitare: Si debbono però leggere le orazioni attentamente e fare i segni della Croce come vanno fatti perché dice S. Vincenzo Ferrerio che vi era un ossesso dal demonio sopra il quale gittavano dell’acqua benedetta ed egli non voleva uscire, dicendo che quella non era acqua benedetta, perché il Sacerdote ci havea fatto i circoli. Presero altra acqua benedetta e si partì il demonio e trovarono che quel Sacerdote non faceva bene i segni della Croce e non proferiva le parole distintamente63. Nessuna cosa si benedice senza essa, pertanto si tiene esposta per le virtù che possiede grazie all’intercessione della Chiesa. San Vincenzo Ferreri distingue tali prerogative in quattro per l’anima, quattro per il corpo e quattro contro i pericoli della vita spirituale: I. Raccoglie la mente delle persone distratte dalle occupazioni temporali, se si prende divotamente colla croce in fronte, dicendo Jesus. E però comunemente si tiene presso la porta della Chiesa. II. Purifica la mente dalli mali pensieri che il demonio suggerisce e però se ne deve tenere anche in casa. III. Rimette i peccati veniali a chi però non è in istato di peccato mortale attuale. E questo è un gran guadagno perché si trova che una persona stette nel Purgatorio un anno per un peccato veniale. IV. Discaccia i dimonj. [...] I. In quanto al corpo. Dà la fecondità corporale, la Donna che ne beverà e divotamente si farà la Croce sopra il ventre, bavrà prole se Dio non permettesse altrimenti [...] II. Dà ancora la fertilità a’ Campi, cospargendoli coll’acqua benedetta nel nome dì Giesù, com’è detto di Eliseo, e libera dalle locuste e da’ topi. III. Sana le infermità, se la curazione non è contra la salute dell’anima _______________ 63 - P. SARNELLI, Essendo gli Olei Santi Sacramentali, come l’Acqua benedetta, perché quelli si tengono custoditi e quella esposta? Lettera XVIII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 35-37 in particol. 36. 321 […] IV. Esclude la mortalità e la pestilenza con benedire le case e le campagne. I. Circa a’ pericoli della humana vita. Giova a chi va in viaggio [ ... ] II. Giova contra le fiere [ ... ] III. Giova contra le tempeste del mare e seda i flutti orgogliosi. IV. Giova contra il fuoco [ ... ]64. Durante la messa parrocchiale, spiega il Tridentino (sess. 24), si predica la parola di Dio che il popolo è tenuto a sentire con attenzione e riverenza, cogliendo il significato e il valore delle cose sacre, pregando e onorando Dio, congiungendo la propria orazione a quella del sacerdote, evitando di distrarsi e di chiacchierare con gli astanti e recitando con devozione l’ufficio divino. Se poi replichi che la moltitudine non ti fa stare così vicino che tu possa udire il Sacerdote ti rispondo - aggiunge ancora Sarnelli che per soddisfare al precetto di ascoltar la Messa basta la presenza morale ed humana, cioè basta che il fedele o senta o veda il sacerdote celebrante o almeno in caso di straordinario concorso sia vicino agli altri che vi assistono, sentono o vedono, ancorché non potendo entrare nella Chiesa per la moltitudine del popolo o per legittimo impedimento; tutta la forza sta assistervi con divozione [ ... ] Ma chi in tempo della Messa notabilmente o ciarla o dorme o ride con altri o legge storie, scrive, dipinge, in maniera che totalmente s’impedisce l’attenzione, non soddisfa al precetto […]65. _______________ 64 - Ivi, pp. 36-37. 65 - P. SARNELLI, Si commanda l'assistenza cit., pp. 87-88. Il Catechismo Romano spiega in quali opere il devoto deve esercitarsi durante i giorni festivi: “Andare alla Chiesa e quivi con divozione assistere al Santo Sagrificio della Messa; frequentare i Santissimi Sacramenti della Confessione e Comunione; sentire attentamente la predica; esercitarsi studiosamente nelle preghiere e nelle divini laudi e apprendere quelle cose che appartengono alla instituzione della vita Christiana: praticare gli uffici di pietà con far limosine a’ poveri, con visitare gl’infermi e consolare gli afflitti”: ID., Della frequenza del popolo ne’ dì festivi al vespro nelle Cattedrali. Lettera XLVIII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo sesto cit., pp. 98-99 in particol. 98. Al fine di sottolineare l’importanza della frequenza alla messa Sarnelli spiega 322 Non è quindi per la mancanza di fedeli che il curato deve cessare di adempiere ai suoi obblighi: «chi predica per motivo di carità può scusarsi quando non ha copiosa udienza. Ma chi predica per debito di giustizia non de’ negarlo anche a que’ pochi che concorrono. [ ... ] a ciò viene costretto dalla legge divina, naturale ed humana»: la legge divina impone al pastore una missione, non un semplice titolo; la legge naturale vuole che nessuno trascuri l’assolvimento del primario obbligo per cui gode benefici; circa la legge positiva, si richiama il canone tridentino (sess. 6 e sess. 23) che prescrive il tempo e il modo di proporre la predica al popolo, durante la messa e «con facilità di parlare»66 . _______________ anche le modalità della musica in chiesa, il cui uso è ammesso purché questa sia “grave, modesta e divota”. Coloro che, in età controriformistica, biasimarono la musica, intesero infatti quella di tipo teatrale irreligiosamente introdotta in chiesa da musici o suonatori che lavorano negli spettacoli. La musica deve essere “armonica”, il canto e il suono tanto moderati che “non tutto l’animo attragga al diletto di sé, ma lasci la miglior parte al senso di quelle cose che si cantano e all’affetto della pietà”: ID., Al Signor Abate Giuseppe Crispini Hoggi dignissimo Vescovo di Bisceglie: Qual debba essere la Musica nelle Chiese. Lett. IX, in ID., Lettere ecclesiastiche…., Tomo primo cit., pp, 30-35 in particol. 35. Il musico ha licenza di cantare dal vescovo che la rinnova di anno in anno in base al parere del parroco circa i suoi buoni costumi e la sua integrità morale. Anche se laico, nel coro - le cui grate devono essere di altezza tale da non far scorgere i cantori - usa l’abito chiericale con sottana, cotta, collari e manichetti e quando non canta deve rigorosamente osservare il silenzio. L’intento è di non distrarre il fedele in chiesa dalla musica o dalla presenza di laici e di fornirgli un ausilio alla sua concentrazione durante la preghiera. Difatti, per quanto concerne la composizione del canto, si insiste sul non far adoperare “quel tumulto di voci che non lascia intender le parole [ ... ] Né meno siano le voci anzi oppresse”: ivi, p. 34. Le disposizioni della Santa Sede vogliono che le musiche delle messe, dei salmi, antifone, motetti, inni, cantici abbiano uno stile “ecclesiastico, grave e divoto”, che nelle messe non si cantino se non le parole prescritte dal Breviario e dal Messale Romano, senza aggiungerne altre, che durante i vespri non si cantino se non le antifone correnti, che non si canti “a voce sola tanto grave quanto acuta”, che in tempo di Passione si canti senza organo: pena la privazione dell’ufficio, una cifra di cento scudi ed altre pene corporali (ivi, p. 35). Sulle antifone, le cui “o” iniziali rievocano “i sospiri de’ SS. Padri che ardentemente desideravano la venuta del Redentore” cfr. ID., Delle antifone maggiori nell'Avvento. Lettera X, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 20-22. 66 - P. SARNELLI, Non doversi dal Curato intermettere la Predicazione, benché vi . sia della gente che si stanchi d'udirlo. Lettera XLVIII, in ID., Lettere 323 Gli esempi di santi che con la sola predica riuscirono a raccogliere una folta schiera di seguaci e a convertire gli eretici sono numerosi. San Francesco di Sales predicò costantemente e anche quando gli eretici riuscirono a ridurgli notevolmente il pubblico «seguitò a predicare a sì poco numero con tanta industria, sollecitudine ed apparato quanto se havesse predicato ad una copiosa moltitudine [ ... ] per tre anni intieri cotidianamente [ ... ] facendo quattro o cinque miglia a piedi per celebrare, predicare e fare le funzioni benché alle volte vi avesse trovato due sole persone e spesso ancora una sola vecchiarella e se ne trovava così contento come se havesse predicato a qualche numerosa moltitudine»67. _______________ ecclesiastiche ... Tomo terzo cit., pp. 144-146 in particol. 145. Sulla predicazione cfr. R. RUSCONI, Predicatori e predicazione, in STORIA d'Italia, Annali 4, cit., pp. 951-1035, in particolare sull’età moderna pp. 986 sgg. 67 - P. SARNELLI, Non doversi dal Curato intermettere la Predicazione cit., p. 146. Sulle missioni cfr. ID., De' notabili effetti delle Sante Missioni. Lettera XLII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo sesto cit., pp. 88-90. (Sul ruolo svolto dagli ordini regolari attraverso le missioni cfr. C. GINZBURG, Folklore, magia, religione, in STORIA d'Italia, I: I caratteri originali, Torino, 1972, pp. 603-676; G. GALASSO, L'altra Europa cit., pp. 94 sgg.; M. ROSA, Pietà mariana e devozione del Rosario nell'Italia del Cinque e Seicento, in ID., Religione e società cit., pp. 217-243; M.G. RIENZO, Il processo di cristianizzazione e le missioni popolari nel Mezzogiorno. Aspetti istituzionali e socio-religiosi, in PER la storia... cit., vol. I, pp. 441-481; E. NOVI CHIAVARRIA, L'attività missionaria dei Gesuiti nel Mezzogiorno d'Italia tra XVI e XVII secolo, ivi, vol. 11, pp. 159-185.) Gli ammonimenti a un maggiore senso di responsabilità e a un più profondo impegno del curato verso il popolo si accompagnano agli inviti a una più puntuale morigeratezza di costumi e abitudini che possa consentire al popolo di distinguere i chierici anche solo esteriormente, e al clero di adempiere rispettosamente e con la debita decenza agli obblighi imposti dal ruolo: cfr. in proposito le numerose lettere di Sarnelli sul clero. Sulla tonsura, Lettera XII (primo tomo); sull’abbigliamento in generale, Lettere XVI (primo tomo), XXVIII, XXIX, XXX(secondo tomo) ; sull’uso e abuso del berrettino, Lettere XIV, XV (primo tomo), Lettere XXV, XXVI (quarto tomo); sull’uso degli occhiali durante la messa, Lettera LXIX (quarto tomo); sulle abitudini alimentari, la frequenza alla taverna, il gioco delle carte e l’uso del tabacco, Lettere XIX, XXV (primo tomo), Lettera XXX (sesto tomo); sulla proibizione per i chierici di indossare le parrucche Lettera XXVI (secondo tomo), e il Discorso historico e morale contra l'abuso delle Perucche negli Ecclesiastici. Non esser maraviglia che insorgano gli abusi nel Clero, come il presente dell'abito alla moda de' laici e della Perrucca; ma doversi adoperare i Vescovi per isvellergli (terzo tomo, pp. 151-163); sulla bassa statura, se essa sia o meno disdicevole per l’ecclesiastico, Lettera XXXVIII (primo tomo); sullo stato sociale, Lettera XXXVI (quinto tomo). 324 Neppure il vescovo può sottrarsi all’obbligo di predicare - il Tridentino non ammette sostituto alla predica per il vescovo inadempiente (sess. 24) - soprattutto quando i predicatori che affollano le piazze e le strade e il cui uditorio è per la maggior parte costituito dalla plebe incolta e ignorante, recitano prediche ben composte e imparate a memoria, in maniera però che il pubblico non ne comprenda nulla. Alla predica del vescovo, invece, condotta con stile «Dogmatico, Critico, Parenetico» - a seconda che voglia insegnare la dottrina cristiana, o voglia censurare i cattivi costumi o voglia parlare con stile familiare - e che è quella più precipuamente istruttiva perché vi si predicano i misteri della fede e i sacramenti, i fedeli concorrono più volentieri perché «intendono»68. Alla predica di chi invece «recita», spesso invece il pubblico si annoia e diserta e se invece vi partecipa, lamenta la difficoltà di non poter stare seduto - giustificazione peraltro poco accettabile poiché qualsiasi predica deve essere seguita sempre con «attenzione e riverenza» - e talvolta si addormenta, risvegliandosi poi al racconto di favolose storie69. Nella chiesa il devoto prende i sacramenti (battesimo, unzione cresimale, eucarestia, penitenza, estrema unzione, ordinazione sacerdotale e matrimonio 70) distinti per «necessità di mezzo», «di precetto», «di mezzo e di precetto» o per non avere né l’una né l’altra «neces_______________ 68 - P. SARNELLI, Non potersi il Vescovo esimersi al tutto dal predicare. Lettera LIII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 104-106. 69 - P. SARNELLI, Come si de' stare a sentir la Predica. Lettera LXXXII, in ID., Lettere ecclesiastiche. ..Tomo decimo cit., pp. 175-177. Da una lettera di san Francesco di Sales a un novello vescovo Sarnelli trae alcuni consigli sul predicare: “bisogni che vi preghi humilmente che non lasciate trasportarvi da alcuna considerazione che vi possa impedire o ritardare dal predicare. Quando prima cominciarete, maggior riuscita farete: il predicare spesso è il vero modo per diventar Maestro. Voi potete e DOVETE farlo: la vostra voce è a proposito, la vostra dottrina è sufficiente, il vostro capitale è riuscibile, la vostra azione è conveniente, la vostra condizione e il vostro ordine è illustrissimo nella Chiesa. Dio lo vuole, gli huomini lo desiderano, questo sarà per la gloria di Dio e per la salute dell'anima vostra. [ ... ] Cominciarete una volta agli Ordini, un’altra in occasione di qualche Comunione, dite quattro parole, poi otto, poi dodici, arrivate fino a mezz’hora e poi salite sul pulpito. L’amore rende ogni cosa facile [ ... ] Ridetevi di chi lodarà la dottrina di Monsignore vostro predecessore, perché egli cominciò come voi”: ID., Non potersi il Vescovo cit., p. 106 70 - Sui sacramenti cfr. P. EVDOKIMOV, op. cit., pp. 381 sgg. 325 sità». La necessità di mezzo è quella senza la quale non si può ottenere il fine, come il battesimo per i bambini, non essendoci per loro altra possibilità per conseguire la salute eterna, mentre per gli adulti il battesimo è necessità di mezzo e di precetto vel in re, vel in voto, come pure il sacramento della penitenza se dopo il battesimo hanno commesso qualche peccato mortale. Il sacramento dell’eucarestia in re non è di necessità di mezzo sia per i fanciulli che per gli adulti, quello in voto è invece di necessità di mezzo a entrambi, essendo il voto incluso nel battesimo sia per la grazia che rende il battezzato idoneo a ricevere l’eucarestia, sia per la «propensione» che la grazia battesimale infonde nella vita spirituale del devoto 71. Per battesimo in voto si intende il desiderio e il proposito di ricevere il sacramento congiunto con la fede e con la «perfetta contrizione», ossia non con il desiderio «nudo e semplice», ma con il pentimento profondo dei propri peccati in quanto determinato dall’amore di Dio: quando è tale, il Concilio di Trento (sess. 6) lo dichiara veicolo di salvezza, preceduto quindi dalla penitenza in voto che lo stesso Tridentino (sess. 14) la esplicita come «Contrizione perfetta col desiderio di fare quanto si deve». La contrizione è «animi dolor» perché non consiste nell’«appetito inferiore, ma nella volontà, né meno nel dolore sensibile, ma nello spirituale che è proprio della sola volontà»; si dice «detestatio per esprimere l’odio del peccato commesso da cui suol nascere quel dolore o che si contiene almeno virtualmente nello stesso dolore»; si dice «de peccato commisso» quando l’oggetto del dolore è «il peccato fatto da noi o per omissione o per commessione come offesa a Dio sommo bene» distinta da quella che si deve esprimere quando si incorre in qualsiasi altro tipo di peccato perché «se taluno fosse così affetto ad un peccato mortale, che di tutti gl’altri si dolesse eccetto che di quell’uno, non sarebbe vera la contrizione»; si dice «cum proposito non peccandi de caetero» perché si deve avvalere del proposito di non ripetere il peccato 72. Gli scrittori delle regole di vita spirituale consigliano ai loro devoti la comunione in voto, quando è sopraggiunto un evento a impedirla. _______________ 71 - P. SARNELLI, De' Santissimi Sagramenti che possono riceversi in voto non havendosi in re. Lettera XLVII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo terzo cit., pp. 139-144 in particol. 139. 72 - ID., De' Santissimi... cit., pp. 140-141. 326 In questo caso (come indica il Concilio di Trento, sess. 13) si dice «spirituale», nasce da un «acceso desiderio», da una «fede, viva» e ha privilegio di poter essere presa senza alcuna licenza, ogni giorno e anche più volte al giorno e di predisporre spiritulmente il fedele alla unione «sacramentale». Il valore di questa pratica è spiegato da Sarnelli con le parole di Cristo che parla all’anima del devoto: sappi che ogni volta che ti ti prepari alla santa communione con ispeciali orazioni, esercizj e divozione e nondimeno tu lasci di communicare per ragioni di obbedienza o di discrezione o di humiltà o per altra cagione, allora io ti sazio del torrente del mio divino influsso e non se’ priva de’ grandissimi frutti ed utilità del mio Sagramento. Or vedi quanto bene ed utile è all’anima il prepararsi con grande studio, divozione e dilligenza alla Communione, quantunque la persona non ci vada attualmente. Però studiati di fare ogni giorno questa debita e degna preparazione speciale per la Communione e mi faria cosa grata ed acquisterai grandissimi beni ed utilità all’anima tua73. Pertanto le anime devote, oltre alla comunione sacramentale che si prende nel tempo stabilito dalla Chiesa, «si pascono» con quella ,spirituale, seguendo l’insegnamento esemplare dei santi. La beata Giovanna della Croce affermava di recepire durante la comunione spirituale quelle grazie che si ricevono durante la reale funzione del sacramento. Amava dire sospirando: «0 eccellente metodo di communicarsi, in cui non è bisogno, né licenza del Confessore, né del Superiore, né.d’altro parlamento se non con te o Dio mio!». Santa Gertruda che spesso si comunicava spiritualmente, avvicinatasi un giorno al costato di Gesù, sentì dirsi: «Bibe nunc de corde meo spiritualiter suavissimae Divinatis meae efficacem influxum». La beata Angela della _______________ 73 - ID., De' Santissimi... cit., pp. 141-143. Sull’eucarestia in particolare cfr. P. SARNELLI, Degli undici miracoli che si considerano nella SS. Eucaristia: e della esposizione, processione ed orazione delle 40 ore. Lettera XXXVII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quinto cit., pp. 73-75. Sull’eucarestia cfr. anche ID., Della benedizione dell'acqua che si mescola col vino nella S. Messa, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo nono cit., p. 29. 327 Croce consapevole dei benefici della comunione spirituale la reiterava duecento volte al giorno. Bartolomeo da Gaeta, in pericolo di vita, ripeteva per suo conforto le parole di sant'Agostino «Crede et manducasti»: la notte gli apparve san Francesco con in braccio l’agnello divino ardentemente desiderato e «per la cui virtù» guarì miracolosamente74. Nella comunione spirituale il desiderio è acceso di così tale fervore «che il Signore si è compiaciuto andar dall’Altare sotto le specie sagramentali nella bocca delle persone divote»: santa Caterina da Siena, non potendo comunicarsi sacramentalmente per una sua certa infermità, lo soleva fare spiritualmente. «Ed un giorno sentendo la messa di Padre Raimondo, che ciò non sapea, subito quegli s’accorse che gli mancava una picciola particella dell’ostia consacrata ed havendola cercata invano, ne restò molto afflitto. Discorrendo poi colla Santa da essa intesa che Christo gli l’havea communicata.» Imelda, del monastero bolognese di San Domenico, desiderava tenacemente ricevere il sacramento dell’eucarestia a lei proibito data la sua giovane età. Una mattina, durante la messa, rimasta sola al posto suo tosto sollecitava il Signore con brame sì infocate e sì intense a venir in lei che lasciandosi vincere l’amoroso Giesù si partì dalle mani del Sacerdote e per un sentiero di luce, volando in aria si fermò in alto su’l capo dela fortunatissima Giovanetta. A questo prodigio [ ... ] il Sacerdote dapprima s’inorridì, poi giudicando che fosse giusto il communicare quell’anima che era approvata dal Cielo con sì gran segno, pose ad Imelda l’Hostia sagra ed Imelda a quell’improvviso favore, raddoppiando le vampe, aumentò sì fattamente l’incendio del suo bel cuore che di puro amore e di pura allegrezza se ne morì, andando subito in Cielo a trovar lo Sposo ed a compire con esso lui le nozze tra le Vergini già beate75. _______________ 74 -P. SARNELLI, De’ Santissimi Sagramenti cit., p. 143. 75 - Ivi, pp. 143-144. 328 Durante l’estrema unzione, sacramento di fondamentale importanza per la vita spirituale del devoto 76, l’orazione per i defunti garantisce che l’anima non diventi preda del demonio, così come l’aspersione della salma con l’incenso garantisce l’offerta a Dio del defunto «in odore» delle buone opere77, preservandolo dagli inferi, il cui terrore viene bene espresso nelle parole dei predicatori e nell’immaginario collettivo che vede l’inferno come luogo «molto grande [ ... ] tanto che basti a capire l’innumerabile moltitudine de’ dannati che infino alla fine del Mondo dovranno essere gettati in quelle fiamme eterne», una sorta di fornace di fuoco di ducento miglia, ove i dannati sono e gettati e trascinati, indi in que’ volumi di fiamme ora salgono, ora scendono, ora sono involti e girati per ogni parte giorno e notte per tutta l’eternità […] Che se non ci basta l’animo di tener per un quarto d’hora un dito sopra la fiamma d’una candela, come si potrà soffrire aver dentro le viscere un fuoco eterno?78 _______________ 76 - Ricevere i sacramenti alla morte è un precetto che fonda la sua tradizione nella leggenda del martirio di santa Barbara la quale ottenne per grazia che nessuno dei suoi devoti fosse costretto a morire senza ricevere i sacramenti: cfr. P. SARNELLI, Come S. Barbara ottiene a' suoi divoti il non morire senza i Santissimi Sagramenti. Lettera LIII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo sesto cit., pp. 106-108. 77 - Cfr. P. SARNELLI, Spiegazione dell'Offertorio della Messa de' fedeli defunti, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo terzo cit., pp.119-121; ID., Perché si dia l'incenso a' morti nelle loro esequie. Lettera XLVI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quinto cit., pp. 88-90; ID., Del Sacramento dell'Estrema Unzione e delle parole Chrisma, Eucharistia e Mithra in altri significati. Lettera XXI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo sesto cit,, pp. 42-45; ID., Che vuol dire applicare le Indulgenze de' vivi per modo di suffragio a'fedeli defonti, e come che ne concede ne partecipa? Lettera XXI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo ottavo cit., pp. 47-49; ID., Dell'officio de' Morti. Che vuol dire inquietare i Morti? e quando de' recitarsi il Vespro de' Morti? Lettera XVII, in ID. Lettere ecclesiastiche ... Tomo nono cit., pp. 36-38. 78 - P. SARNELLI, Se alcuno sia andato in anima e corpo all'inferno e della sua grandezza. Lettera XLIX, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quinto cit., pp. 96-97: 97. Sul demonio cfr. anche ID., Se un huomo possa essere trasformato in bestia dal Demonio. Lettera IV, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo ottavo cit., pp. 8-10. L’immagine del Dio sommo giudice pronto a punire i peccatori con catastrofi naturali ed epidemie e che viene placato grazie all’intercessione della Vergine e dei 329 L’altro elemento che caratterizza lo spazio sacro della chiesa e che, nel contempo, rappresenta un aspetto fondamentale del culto mariano e dei santi79, è l’immagine sacra. Essa deve innanzi tutto ispirare devozione. A tale scopo non servono le «stravaganze di panneggiamenti e di positure» o le «sciocche fantasie», i «fantasmi» o «le regole dell’arte» a cui fanno appello gli artisti, ma è indispensabile che essa - la cui decenza nell’esposizione sull’altare maggiore o su quelli laterali80 in chiesa viene richiesta con fervore da parte del clero di competenza81 - rinvii al prototipo, come indica la disposizione consanti presso il Figlio è presente in tutta la letteratura sei-settecentesca. Sarnelli riporta un lungo catalogo dei terremoti da cui deduce che “esserne la cagione la ingratitudine degli homini verso Dio, tanto più grande da che è venuto l’Unigenito suo figliuolo a sopportare acerbissima Passione e morte per noi [… ] Si replica bene spesso il terremoto perchè ci ricordi la medesima SS. Passione [… ] Che meraviglia è dunque se il più terribile castigo è il più frequente quando i peccati sono i più mostruosi? Oltre a che [ ... ] quanto più ci accostiamo al di là del giudicio universale, tanto più si adoperano i segni che lo dimostrano”: P. SARNELLI, Perché dalla venuta di Christo al Mondo siano più frequenti i terremoti. Lettera XXXIX, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo terzo cit., pp. 103-111 in particol. 111. Cfr., in proposito, J. DELUMEAU, Il peccato e la paura, Bologna, 1987. 79 - Sul culto mariano e dei santi cfr., come ovvio, MATER Christi, Roma, 1959; M. WARNER, Sola fra le donne. Mito e culto di Maria Vergine, Palermo, 1980; P. BROWN, Il culto dei santi. L'origine e la diffusione di una nuova religione, Torino, 1983; G. GALASSO, Santi e santità cit.; G. DE ROSA, Storie di santi, Roma-Bari, 1990 . 80 - In particolare gli altari, la cui costruzione deve farsi con precisione ed esattezza, in modo che siano lisci e perfettamente levigati, devono quindi essere interi e fissi poiché rappresentano l’unità della persona di Cristo: viene quindi proibito di celebrare messa sugli altarini portatili, di quelli che si aprono e chiudono “a modo di libro”. Cfr. P. SARNELLI, Degli altari fissi, Lettera XL, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 79-80. Numerosi sono quindi gli altari fissi di cui si dotano le chiese del periodo controriformistico: per averne un’idea, il cardinale Orsini, arcivescovo di Benevento, tra il 25 marzo 1675 e il 26 luglio 1709 consacrò 1012 altari con 279 chiese: ivi, p. 80. Cfr., in proposito, V. TAPIE’, Iconografia barocca e sensibilità cattolica, in SOCIETA’, Chiesa cit., pp. 309-350. 81 - I canoni conciliari tridentini insistono sulla decenza dell’icona e dell’altare: in proposito cfr. quanto suggerisce al suo interlocutore Sarnelli sul restauro delle immagini sacre mirante a ripristinare l’originale per conservarne con cura il culto in Se sia lecito ritoccare alcune Imagini che sono state miracolose, logorate dal tempo e difformate. Lettera XXXIX, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo sesto cit., pp. 81-82: “non abbia scrupolo di farla rinnovare co’ medesimi lineamenti perché non torna il decoro della Religione vedere simiglianti figure disfigurate” (p. 330 ciliare (sess. 25) a cui tutta la letteratura religiosa sei-settecentesca si richiama: il culto che si dà alle immagini si riferisce al prototipo che in quelle è rappresentato, cioè che non si dà l’onore al legno, all’oro, al metallo o ad altra materia assolutamente, come se avessero in sé qualche divinità, ma come rappresentanti Cristo e i santi suoi. E questa è la perpetua consuetudine della Chiesa che ha origine dallo stesso Cristo che lasciò impresso il suo volto nel bianco lino della S. Veronica ed i lineamenti del suo corpo nella Sacra Sindone che si venera in Torino. [ ... ] E così l’huomo si fa ospite de’ Santi, con accoglierne le loro figure, benché non sian al naturale, ma fatte per divozione e quanto bastano a farci ricordare de’ medesimi e far le nostre case colonie del Paradiso 82. L’immagine sacra deve essere antica, o possedere caratteristiche che ricordino la tradizione dei primi cristiani, preferibilmente a mezzo busto; pudica così non può essere oggetto del demonio o sua creazione – nell’espressione dei santi e nelle effigi di Cristo crocifisso che, nota Sarnelli, sia nella pittura che nella scultura, «sono da una come camicia ricoverte, per honestà». Deplorabile «licenza» degli artisti è difatti quella di dipingere le sacre pitture in maniera tale che non possano essere adorate data la sconcezza degli atteggiamenti. In proposito si narrano casi leggendari che ammoniscono gli artisti a osservare il rispetto delle cose sacre, come quello di un tale artista che volle dipingere Cristo sotto forma di Giove e a cui si inaridì la mano al punto che necessitò un miracolo per guarirlo; o quello di Eutichio, vescovo di Costantinopoli, che guarì la mano di un artista gravemente ferito dal _______________ 81). Sul culto delle immagini cfr. A. VECCHI, Il culto delle immagini nelle stampe popolari, Firenze, 1964; in particolare, per il Mezzogiorno, cfr. R. DE MAIO, Pittura e Controriforma a Napoli, Roma-Bari, 1983. 82 - P. SARNELLI, De' Ritratti dell'Idolatria: della venerazione delle Sacre Immagini. Lettera XLI, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo decimo cit., pp. 88-91 in particol. 90. 331 demonio mentre stava trasforinando un dipinto di Venere in uno intitolare alla Vergine Maria83. Il Tridentino aveva affermato la liceità della raffigurazione del Padre con la figura di vecchio, così come si mostrò al profeta Dani perché con tale pittura Dio si esprime «agli occhi humani che altrimenti capaci non sono di vederlo se non sotto figure, non già perché dipinga la divinità»84. Sarnelli fornisce al Solimena le indicazioni che doveva seguire le tavole che gli aveva commissionato per uso personale, essendo m diffuso l’uso di tenere in casa, specie se si trattava dell’abitazion un religioso, sacre immagini, seguendo in questo la tradizione devoti russi adoratori di icone85. Seguiamo i suggerimenti dati, al fine di vederne il modello proposto. Cristo, secondo Niceforo, ha il volto egregio e vigoroso: la statura del corpo di sette palmi; la chioma alquanto bionda, ma non troppo densa e che _______________ 83 - P. SARNELLI, Al Signor Angelo Solimena Nocera de’ Pagani: Come debban dipingere le sacre immagini. Lett. XXXVII, in ID., Lettere ecclesiastiche…Tomo primo cit., pp. 154-164: 155. Altrettanto può essere considerata illecita lic za la consuetudine degli artisti di non rispettare le notizie fornite dalle Sacre Scritture: l’Annunciazione viene ambientata in una casa, mentre avvenne in una grotta; il presepio viene raffigurato come angusto tugurio, quando invece la grotta Redentore è di circa “quindici passi lunga e di cinque in sei larga”; la circoncisi del santo bambino è dipinta nel tempio, mentre avvenne nella grotta, come pure SS. Epifania che invece viene raffigurata tra “portici ed altre architetture”; Cri nel tempio appare seduto in trono, quando, all’età di dodici anni, doveva a, rispettato la priorità degli anziani; la sacra cena non poteva svolgersi su una tavola, ma “sopra i letti discubitorii de’ Triclinii”; nella Passione la Vergine appare a destra sotto la croce e invece Cristo inclinò verso sinistra la testa sulla spalla rivolgendosi alla madre; la Resurrezione rappresenta il sepolcro di Cristo aperto, quando invece questo restò serrato: P. SARNELLI, Delle licenze che si prendono i Dipintori. Lettera LV, in ID. Lettere ecclesiastiche...Tomo quinto cit., pp. 108-110. Sulle immagini della Vergine dipinte da san Luca cfr. ID., La Vergine Santissima dipinta ab anti col suo divino figliuolo in braccio. Lettera XII, in ID., Lettere ecclesiastiche...Tomo nono cit., pp. 24-26. 84 - P. SARNELLI, Al Signor Angelo Solimena cit., p. 156. L’immagine di Dio deve essere spiegata nel suo significato mistico e morale dal clero ai fedeli: cfr. ID Se si debba dipingere il Padre eterno in forma humana. Lettera XIII, in ID., Lettere ecclesiastiche...Tomo sesto cit., pp. 2729. 85 - P. SARNELLI, Al Signor Angelo Solimena cit., p. 156. 332 verso il fine s’inanellava; le ciglia nere, non molto inarcate; gli occhi vivaci, le pupille alquanto bionde e mirabilmente graziose; il naso lunghetto; la barba bionda come i capelli, ma non molto lunga; il collo mediocre ìn maniera che la statura non era troppo svelta; la faccia non rotonda ne acuta, ma convenevolmente lunga, come quella della Madre; il colore simile a quello del grano, cioè alquanto fosco, ma rosseggiante e finalmente in tutto somigliante alla sua SS. Madre86. La Madre fu di mediocre statura il colore simile a quello del grano; i capelli biondi, gli occhi vivaci, le pupille del colore come d’ulive, alquanto bionde, le ciglia inarcate graziosamente nere; il naso alquanto lungo; le labbra ben formate e di molta soavità nel parlare; la faccia non rotonda, né acuta; le mani e le dita pure lunghe; l’aspetto grave e modesto senza alcuna sorte di fasto o d’affettazione, ma semplice ed humile. Le vestimenta sue non erano tinte, ma del color natio, il che fino al presente dimostra il santo velo ch’ella portava in testa; e per recare le molte parole in una, in tutte le sue cose si scorgeva una grazia celeste e divina 87. San Pietro «di statura alto, non grasso, bianco di faccia, ma scolorito; i capelli del capo e peli della barba erano crespi e folti, ma non troppo lunghi; gli occhi negri e come tinti di sangue per le continue lagrime che spargeva; le ciglia quasi senza peli; il naso alquanto lungo e non acuto, ma schiacciato e curvo»; san Paolo doveva essere «picciolo di corpo ed alquanto piagato; di faccia bianco e nel sembiante _______________ 86 - Si prosegue, p. 158, lodando la bellezza di Cristo e riportando in proposito l’opinione di alcuni autori, fra cui san Tommaso, che, nel salmo 44, lo descrive di “ottima e perfettissima bellezza e dignità e maestà di volto conveniente all’ufficio di Salvatore e Redentore del genere humano per lo qual fine volle havere tale temperamento che ne risultasse la bellezza di quella sorte”. 87 - IB. 333 mostrava più anni che non haveva; la testa picciola; gli occhi graziosi, le ciglia che pendevan all’ingiù, il naso con grazia curvo ed alquanto lungo, la barba folta e parimente lunga e tanto essa, come la chioma, sparsa di canuti capelli»88. Si consiglia quindi all’artista di dipingere le sacre immagini con quelle caratteristiche che si ritrovano nelle descrizioni dei Padri della Chiesa. Sembra che tale criterio valga soprattutto per una devozione strettamente personale se alla domanda di Monsignor de Ferrarj, proposto e ordinario di Canosa, su come doveva far dipingere la nuova tavola di sant’Antonio abate - in sostituzione della precedente, rovinata dal tempo - ossia se si doveva far dipingere il santo con il piviale, la mitra e il pastorale, Sarnelli risponde che nonostante gli attributi cardinalizi non fossero in uso al tempo del santo, poiché la popolazione era abituata a riconoscerlo con quegli abiti, si poteva anche trascurare di rispettare l’obiettività dell’immagine antica, per andare incontro alla «divozione» generale89. Insistendo quindi sul valore simbolico delle immagini, Sarnelli ricorda che le immagini di S. Maria di Costantinopoli che si venerano nelle chiese del Regno di Napoli differiscono l’una dall’altra per la diversa fattura dell’artista, ma ciò non sminuisce la devozione dei fedeli, abituati a possedere immagini uniformi a quella di cui hanno particolare fiducia e cura: la «sostanza della devozione di S. Maria i Costantinopoli non è che l’immagine sia simile all’Hodigitria, ma che sia sotto quel titolo, sotto cui è riverita come Madre di Dio». Si insiste che il culto non vada attribuito all’immagine, ma a ciò a cui essa rinvia. Difatti la sacra immagine della Vergine che si venera in chiesa e che viene riproposta nelle stampe figurative, riporta la storia del celebre miracolo del suo ritrovamento o del suo salvataggio dai turchi infedeli e, nel caso dell’immagine di S. Maria di Costantinopoli - una delle più diffuse dell’età controriformistica -, viene dipinta su una _______________ 88 - Altre istruzioni su come dipingere le sacre immagini in P. SARNELLI, Se sia lecito pingendosi figure di Santi, fare ne’ loro volti comparire ritratti di persone particolari. Lettera VII, in ID., Lettere ecclesiastiche...Tomo terzo cit., pp. 17-18. 89 - P. SARNELLI, Al Reverendiss. Monsignor Carlo de Ferrarj, Proposto e Ordinario di Canosa: Se S. Antonio Abate debba dipingersi co’ Pontificali. Lettera III, in ID., Lettere ecclesiastiche...Tomo primo cit., pp. 9-12. Lettera datata Napoli, 20 agosto 1680. 334 cassa portata dai due monaci di S. Basilio 90. «Né quando in Italia si moltiplicarono le Chiese della Santa Genitrice, ciò fecesi per ragion dell’immagine, ma per alzar tanti archi trionfali ad honor di Maria, lebrata coll’impareggiabile titolo di Madre di Dio»91. Numerose riproduzioni a stampa o su tavola ripropongono l’immagine antica della Vergine «alla greca», simile a quella leggendariamente dipinta da san Luca, con il Bambino nella sinistra, come quella che elli invia in dono il quale, «se non è ricco di gioje, è adorno di erudizione»: Somigliante immagine ha da eccitare la divozione al prototipo, non la curiosità colla figura. Alla stessa Immacolata Vergine non piacciono le mode della sua S. Immagine onde il P. Rho [...] afferma: quanto sono più antiche, tanto pare che siano più venerabili di Nostra Signora le Immagini; come che non sempre di maniera migliore. E [...] riafferma: Vuole Idio che non alla bellezza o pregio materiale delle Sacre Immagini, ma alla somiglianza che portano per cui sono venerabili; noi ci avvezziamo e sì anco per le meno belle quasi per ordinario, sue maraviglia adopera92. Proprio perché le immagini sacre possiedono un significato simbolico che esprime i sacri misteri e che a sua volta, raccomanda il Tridentino (sess. 25), non deve sublimare la priorità della rappresentazione del santo, di Cristo e della Vergine e che il devoto deve saper interpretare giovandosi dell’ausilio del parroco, del confessore, della parola del predicatore, le immagini dei santi non rappresentano necessariamente un episodio della loro vita. Se santa Apollonia è l’avvocata di chi soffre mal di denti, a lei strappati durante il martirio, e «se sant’Agata intercede per chi ha male _______________ 90 - P. SARNELLI, Lettera di Monsignor Sarnelli Vescovo di Bisceglia. Con cui si trasmette ad un divoto la vera notizia della celebrità di S. Maria di Costantinopoli, in ID., Lettere ecclesiastiche...Tomo secondo cit., pp. 101-108. 91 - Ivi, pp. 107-108. 92 - P. SARNELLI, Del nome che si de’ imporre al novello Battezzato; e di una Imagine all’antica della B. Vergine. Lettera XXXVIII, in ID., Lettere ecclesiastiche...Tomo quarto cit., pp. 75-76 in particol. 76. 335 nelle mammelle» che a lei strapparono con ferocia93, san Giorgio armato a cavallo che con la punta della lancia ammazza il dragon difendendo la vergine ai suoi piedi, rappresenta la sconfitta del demonio nonostante in nessuna delle leggende della sua vita si legga di u episodio simile, tranne che in quella di Jacopo da Varagine che la racconta, spiega Sarnelli, senza l’autorità dei maggiori autori. La figura di san Cristoforo di gigantesca statura con Cristo sulla spalla mentre attraversa un torrente, esprime nella statura la grandezza e robustezza dell’anima, nel portare Cristo l’attestazione della sua fiducia nel Salvatore e l’imitazione dei suoi costumi, nell’attraversare il torrente la, furia della persecuzione cristiana vinta con la fede e l’accettazione de patimenti del rnartirio. Così sant’Antonio abate si dipinge con il fuoco in mano, simbolo dell’amore divino e dello zelo che il santo aveva nell’adorare Cristo; il maialino ai piedi per rappresentare gli affetti sensuali domati e vinti; il Tau sulla spalla per simboleggiare la croce di Cristo, quindi lo studio delle Sacre Scritture e la mortificazione de corpo; il campanello per indicare la vigilanza del santo verso gli obblighi devoti, ammonimento per tutti i fedeli. Questa spiegazione moral possiede un riscontro storico e culturale che gravita attorno alla capacità prodigiosa del santo di guarire gli infermi: il fuoco è la capacità del santo di intercedere per liberare i suoi devoti dal «morbo del fuoco sagro», nonché la sua arma per colpire gli irriverenti; il maiale rinvia all’uso che negli ospedali napoletani si faceva del grasso animale, rienuto efficace rimedio per coloro che soffrivano di «fuoco sagro»; il Tau ricorda l’insegna dei «Ministri degl’infermi di fuoco sagro» organizzati nel 1095 con Urbano II; il campanello rappresenta la disciplina cenobitica, essendo Antonio il gran patriarca dell’ordine monastico 94. Il leone che accompagna l’immagine di san Girolamo rappresenta la sua costanza e la sua forza nel perseguitare gli eretici e il «suo forte grido a guisa del leone contra di essi»; i cani che appaiono accanto al martire Vito rinviano alla capacità che il santo possiede di liberare dai _______________ 93 - P. SARNELLI, Perché S. Lucia comunemente si dipigne cogli occhi in una Tazza che tiene in mano. Lettera XXIV, in ID., Lettere ecclesiastiche...Tomo settimo cit., pp. 50-52. 94 - P. SARNELLI, Delle figure simboliche usate nella Chiesa e se sia lecito esporle su gli altari alla pubblica venerazione. Lettera VI, in ID., Lettere ecclesiastiche…Tomo terzo cit., pp. 14-17. 336 morsi dei cani rabbiosi; la figura di santa Lucia che mostra i suoi occhi ,in una tazza sta a significare che Dio le ha dato la possibilità di guarire i ciechi - essendole provvidenzialmente toccato un nome che rievoca la luce - e non che la santa si sia inflitta il supplizio della perdita degli occhi per sfuggire alle insidie dell’uomo che la perseguitava95. Così le immagini di Cristo crocifisso sul Calvario con ai piedi ,della croce il teschio, stanno a ricordare che su quel monte venivano giustiziati i condannati e in particolare il teschio simboleggia Adamo primo peccatore96, come pure significato mistico su cui il devoto è invitato a meditare, hanno i legni della croce - cedro, cipresso, bosso e pino -, la natura delle spine della corona di Cristo, i chiodi della croce: «come cedro uccise i serpenti dell’inferno; come cipresso fece il funerale alla morte; come Palma vinse i nostri nimici; come ulivo pacificò quae in terris et quae in Coelis»97. Le spine che gli artisti dipingono come corona del capo del Salvatore, in realtà erano una sorta di casco che premeva ferocemente da ogni parte: chiedersi di che tipo fossero, come fa l’interlocutore di Sarnelli, che venera la spina infinta di sangue custodita nella cattedrale di Andria, vale solo come mezzo per meditare la passione e il sacrificio di Cristo 98 insieme ai -.chiodi custoditi e venerati in molte chiese del regno, di cui, pur ammettendo la falsa origine, se ne accetta il culto, «non venerandosi da alcun fedele il ferro come tale, ma la Passione di Christo nel ferro»99: la devozione infatti non va mai attribuita all’oggetto, immagine o reliquia essa sia, ma a ciò che essa rappresenta. Per essere sacro all’altare della chiesa deve essere assegnato un angelo e deve necessariamente custodire le reliquie di un santo 100. _______________ 95 - Vedi nota 93. 96 - P. SARNELLI, Perché nelle Imagini di Christo Signor Nostro Crocifisso si metta la testa di morto sotto i piedi. Lettera XXVII, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo quinto cit., pp. 54-56. 97 - P. SARNELLI, Di qual legno fosse quello della S. Croce di Christo. Lettera XXXIX, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo quinto cit., pp. 76-78 in particol. 77. 98 - P. SARNELLI, Di quali spine cit. 99 - P. SARNELLI, Come s’intenda essere il Corpo di un Santo in più luoghi e similmente delle loro Sante Reliquie. Lettera VIII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo terzo cit., pp. 18-21. 100 - P. SARNELLI, Se le Reliquie de’ Santi siano di sostanza alla Consagrazione dell’Altare. Lettera IX, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo terzo cit., pp. 21-27. 337 Anche se è indubbia la forza e la potenza di un unico angelo - come si evince dalla tradizione biblica101 - nel Sei e Settecento l’idea prevalente è quella di una schiera di angeli102 attraverso cui Dio governa le cose terrene, gli elementi, le province e le città, le chiese e gli altari gli eserciti e le famiglie e tra i quali ne sceglie uno o più a cui affidare la cura dell’individuo 103. La divina provvidenza e la carità degli ange verso l’umanità si manifestano infatti ancora più illustri quando non u solo angelo quello «ordinario custode» - viene designato alla salvezza dell’anima e del corpo di un «alunno», ma più angeli, insieme, vi concorrono con le loro virtù e le loro amorevoli cure: «così u Serafino purgò le labbra d’Isaia Profeta col carbone infocato. Isai. 6.6. Gabriele illuminò Zaccaria e riprese la incredulità di lui. Luc. 1.19. Raffaele sanò Tobia il vecchio, accompagnò il giovane, liberò Sara da Asmodeo; e quelli non erano de’ loro custodi»104. San Francesco, racconta san Bonaventura, vide un angelo mentre riceveva le stimmate; a santa Francesca Romana, oltre all’angelo custode che ebbe sin dalla nascita, per consolarla delle sue sofferenze le fu assegnato anche un arcangelo con cui conversava giorno e notte, vedendolo sempre accanto a sé; a santa Teresa apparvero di notte due _______________ 101 - “Un Angelo solo uccise cento ottantacinque mila soldati nell’esercito di Sannacherib Re degli Assiri (4 Reg. 19.35) [...] Un Angelo solo trasportò dalla Babilonia in Giudea Abacuch Profeta col pranso sopra il lago de’ Lioni, in cui era Daniello (Dan. 14.35) [...] Un Angelo solo trasportò Filippo Diacono dalla strada dove avea battezzato l’Eunuco della Regina Candace in un momento della Città d’Azoto ch’era distante da Gerusalem miglia sessanta in circa (Act. 8.39)”: P. SARNELLI, Se solo l’Angelo custode procuri la nostra salute e non altri ancora di altro ordine. Lettera XCIV, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo decimo cit., pp. 199202 in particol. 200. 102 - Nella rivelazione di santa Brigida si dice esserle stato svelato, col favore della Vergine, che il numero degli angeli è dieci volte superiore a quello degli, uomini. San Bernardino da Siena afferma che “il numero degli angeli supera quello delle stelle, dellle arene del mare, della polvere della terra ed il numero di tutte le cose corporali”: P. SARNELLI, Se gli Angeli Santi sono mai appariti in figura di donna. Quesito XXXVI, in ID., Lume a’ Principianti cit., Parte prima, pp. 107-109 in particol. 109. 103 - P. SARNELLI, Se solo l’Angelo custode cit., p. 201. Sullo stesso argomento cfr. Id., Se sia vero che siccome Idio ci assegna un Angelo per la nostra custodia, così ci sia deputato un Demonio per impugnarci. Lettera LXI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo settimo cit., pp. 121-123. 338 angeli con le torce accese a farle da guida fino all’ospizio; a san cedonio, vecchio eremita, gli angeli accendevano il fuoco durante fredde giornate invernali; a sant’Isidoro contadino, mentre si intratteneva ad ascoltare la messa e a recitare le orazioni, gli angeli custodivano i buoi e aravano i campi; gli angeli aiutavano sant’Omobuono o a imbastire e a cucire le vesti e santa Maria Maddalena sette volte al giorno veniva elevata al cielo dagli angeli per beneficiarla della loro celeste armonia105. Gli angeli sono essenze spirituali, non sono né maschi, né femmine t1`perché rappresentano le anime degli uomini. Nella pittura sacra, nelle chiese, nelle sante immagini appaiono a coronare Dio, la Vergine e i santi, a proteggere con il patrono intere città o a vegliare l’anima devota, a guidarla nel suo cammino o durante la recita della preghiera. Si pingono colle ali per significare la loro pronta ubbidienza, per la quale pare che volino a’ comandamenti di Dio. E le loro due ali sono l’intelletto e la volontà, colle quali volano di continuo a Dio, vedendolo ed amandolo. Si dipingono giovani per dinotare che mai s’invecchiano, ma sono sempre vigorosi per la partecipazione all’eternità. Si dipingono nudi e scalzi perché siano intesi che essi non hanno bisogno d’ornamento esteriore, perché sono vestiti del lume della gloria ed anche perché sappiamo la loro immortalità, perché le scarpe e calzari facendosi di pelle di morti animali sono segni della mortalità106. Il devoto può ritrovare in chiesa un riscontro immediato con la pittura sacra, come narra la leggenda della beata Giovanna di Orvieto del Terz’ordine dei Domenicani. Orfana di madre all’età di tre anni e di padre a cinque, «dimandata da una delle sue compagne se sapeva ch’ella non aveva Madre? come senza Madre? disse: Vieni e te la _______________ 104 - P. SARNELLI, Se solo l’Angelo custode... cit., p. 200. 105 - ID., Se solo l’Angelo custode... cit., p. 201. 106 - P. SARNELLI, Se gli Angeli Santi... cit., p. 109. 339 mostrierò. E portandola nella Chiesa e mostrandogli l’Angelo nel muro dipinto disse: Scito hunc Angelum mihi esse in Matrem»107. Le Sacre Scritture non definiscono mai il sesso dell’angelo, nelle leggende di santi si parla talvolta di angeli come creature femminili. Ruffino e san Bonaventura raccontano che mentre san Gregerio Nazianzeno stava applicato agli studi vide due bellissime damigelle che si rivelarono essere la Sapienza e la Carità. A san Lorenzo Giustiniano, primo patriarca di Venezia, apparve la Sapienza come bellissima donna che gli disse di voler contrarre con lui matrimonio; nel libro delle vite dei Santi Padri si legge che un monaco tenacemente provato dalla tentazione vide una notte la Grazia di Dio con le sembianze di una vergine che «pregollo [...] e confortollo [...] perché Dio l’aiuterebbe finalmente»; nella vita di san Francesco si legge che al santo apparvero «tre donzelle povere e molto simili di statura, di faccia, di età, che erano la Povertà, la Castità e l’Ubbidienza»; così San Goderico inglese fu accompagnato nel suo pellegrinaggio al sepolcro di sant’Egidio oltre che da sua madre da una donna «di nobile e divoto aspetto» che si accompagnò con loro «discorrendo di cose celesti con una grazia mirabile e modestia infinita»; che san Giovanni Limosiniere una notte vide in sogno la Misericordia come «donzella ornatissima e più splendente del sole, coronata d’ulivo». Cesareo narra che la portinaia di una casa religiosa fuggì con un uomo lasciando le chiavi sull’altare della Madonna: «un Angelo in forma di essa Portinara esercitò quell’ufficio per quindici anni fino che detta donna pentita del suo errore ritornò al suo ufficio senza offesa della sua fama»108. Sono immagini ideali, trasfigurazioni dell’arte. Gli angeli difatti sono sempre incorporei e sono creature celestiali così come la Chiesa li ha definiti contro l’eresia di Origene: quando appaiono agli uomini perché possano essere visti «si fanno colla loro virtù i corpi d’aria o d’altra materia mescolati, come sono le nuvole»109. Si è detto che l’altare viene consacrato dalle reliquie dei santi. fondamentale, in merito, ricordare con il Tridentino che il culto della SS. Trinità è culto di latria, culto che si deve al solo Dio in segno del suo dominio sul creato, quello dei santi è di dulia, adorazione «reli_______________ 107 - P. SARNELLI, Se solo l’Angelo custode... cit., p. 201. 108 - P. SARNELLI, Se gli Angeli Santi... cit., pp. 107-108. 109 - ID., Se gli Angeli Santi... cit., p. 109. 340 giosa e pia» per le loro virtù, comunemente detta «venerazione», quello della Vergine è di hyperdulia, onore speciale con il quale la Chiesa la riverisce sopra ogni santo, ma dulia e hyperdulia, sono indirizzate comunque a Dio, di cui la Vergine e i santi sono intermediari e per il cui tramite si possono ottenere la salute eterna, gli aiuti materiali e spirituali: «questa fiducia si può riporre nella Beata Vergine e ne’ Santi di maniera però che la salute e qualunque cosa appartenente a conseguire la beatitudine non si speri da esse, come da Agente primario, come da Dio; ma da secondario, in quanto che colle loro preghiere possiamo tutte queste cose ottenere»110. Il culto dei santi non nasce in età controriformistica, ma ciò che adesso cambia è l’intervento della Chiesa nella canonizzazione dei santi, parere ritenuto infallibile perché nella valutazione delle testimonianze la Chiesa viene guidata e preservata dagli errori dalla Divina Provvidenza, come il Papa viene istruito dallo Spirito Santo nella scelta di quei santi che sono da canonizzare111. La vita eremitica costituisce un esempio di santità tutto incentrato sull’astinenza, la mortificazione della carne, i supplizi corporali, la preghiera. La vita sobria «regolata e temperata» stabilisce un certo ordine nel bere e nel mangiare che supplisce e non va oltre a ciò che la costituzione corporale necessita «in ordine alle funzioni dell’animo»; l’astinenza impedisce «la crudità degli umori ed i mali che ne seguono ci munisce contro le cagioni esterne», mitiga incurabili malattie, placa le ire, gli affetti e le passioni in generale; dà una lunga vita «a cui segue una morte senza dolore dissolvendo il vincolo tra l’anima ed il corpo con semplice risoluzione e consumamento dell’humido radicale», l’ingegno «si mantiene vigoroso e atto a pensare, discorrere e ritrovare e giudicare ed anche ricevere le divine illustrazioni»112. _______________ 110 - P. SARNELLI, Se nella venerazione dovuta a’ Santi cit., p. 124. In proposito si pronuncia il canone tridentino nella sess. 25, cap. de invocatione. 111 - P. SARNELLI, Come s’intenda quel detto attribuito a S. Agostino: Multa corpore Sanctorum veneramur in terris, quorum Animae cruciantur in inferno. Lettera XXXIV, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo quarto cit., pp. 69-70. Cfr. anche ID., Della solenne cerimonia con cui il Sommo Pontefice canonizza i Santi. Lettera XXXVII, in ID., Lettere ecclesiastiche... Tomo sesto cit., pp. 73-80. 112 - P. SARNELLI, Onde avvenisse che i Santi Padri dell’Eremo, vita laboriosissima vivendo, ad una età lunghissima giugnessero. Lettera VI, in ID., Lettere 341 Oggetto di culto sono le sante salme, significativamente denominate tabernacoli «perché tabernacolo è lo stesso che tetto e casa onde nel salmo 26,5: Abscondit me in tabernacolo suo, è lo stesso che dire: mi ha protetto sotto il suo tetto e mi ha nascosto nel suo nascondiglio»113 che sta ad indicare la protezione di cui il devoto può usufruire nella venerazione della salma del santo, assimilata al tabernacolo, all’altare, alla chiesa, ossia a quello spazio sacro che distanzia il santuario dal mondo profano, creando una zona di sicurezza e di aurea atmosfera di cui il devoto gode i benefici. Il corpo del santo o le sacre reliquie possono essere venerati in più luoghi contemporaneamente: le traslazioni dei corpi non avvenivano infatti per l’intera salma, ma per una parte di essa, al fine di non lasciarne prive le popolazioni presso cui erano gelosamente custodite, valendo il principio che anche una porzione ridotta di reliquia si può rivelare prodigiosa: «In quanto poi ad esser più teste, più mani, più braccia dello stesso Santo devesi intendere non del capo, mano o braccio intero, ma di parte di quello. Imperocché havendo dimostrato l’esperienza esser la stessa virtù [ ... ] in una picciola parte di qualche Reliquia del Martire che in tutta la medesima Reliquia»114. Intorno al corpo di san Francesco d’Assisi si è instaurato un forte culto, accresciuto dalla venerazione delle stimmate che il santo «portò vivo due anni e dopo morte, come fosse ancor vivo, stando in pie’ nella Sagra Tomba, fresche e vivo le conserva, sicché quegli che prima di morire parea morto, dopo morte par vivo»: il suo corpo emana «odori soavissimi» e non è di carne arida, secca e aspra, ma tenera e bianchissima [ ... ] Nelle mani e piedi ha quattro chiodi, ma lucenti che si ponno muovere, ma non levare. La piaga del costato sembra una rosa vermiglia, come parimente le lab_______________ ecclesiastiche ... Tomo primo cit., pp. 15-22: 18-19. E’ un breve trattato sulla sobrietà di vita, con precise indicazioni anche alimentari. Sullo stesso argomento cfr. anche, ID., Come si de’ trattare il nostro corpo. Lettera XLVIII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo settimo cit., pp. 95-97. 113 – P. SARNELLI, Perché San Pietro e S. Paolo chiamano i corpi loro Tabernacoli. Lettera XVI, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quinto cit., pp. 30-32 in particol. 30. 114 - P. SARNELLI, Come s'intenda... cit., p. 20. 342 bra delle piaghe intorno a’ chiodi. Nel contemplare il Duca [Francesco Sforza] quello stupor di miracoli più gettò lagrime che preghiere [ ... ] disse che ogni più duro cuore di qualsivoglia nemico di S. Chiesa si sarebbe ammollito a quell’evidenza incontrastabile [ ... ]115. Niccolò V nel 1449 in visita alla santa salma nello scoprirgli le ferite nelle mani e nei piedi e nell’osservare la ferita al costato viva e fresca di sangue «come se per allora l’immenso amor divino glie l’havesse col ferro formata», riconobbe «ravvivata in tutto e conservata la memoria della nostra Redenzione». Sisto V nel 1478 «con timore e riverenza baciolli divotissimamente la bocca, le sagre piaghe delle mani, del costato e de’ piedi e poi tagliatoli alcuni di que’ capelli che formano su ‘l capo la corona, conservolli a se stesso reliquie carissime». Accanto alle testimonianze di questi illustri devoti, Sarnelli riporta anche quella di un ricco cittadino di Assisi, tale Galeotto Bistocchi, che ne volle lasciare memoria al figlio «con sincerità e simplicità di proprio pugno descritta»: Io Galeotto di Giacomo ho veduto il Santissimo Corpo del mio Padre S. Francesco, il quale ancora pare vivo e la sua carne è senza macchia. Quando il P. Custode apri la sua Cassa (che sta in piedi) gettò tanto grande odore che non si poteva dir più: le sue piaghe sono così belle, come se fosse vivo e sta con gli occhi (modestamente) aperti, che pare sia vivo. Lo vedemmo alli 18 di Novembre 1509 che potevano essere tre hore innanzi dì [ ... ] Et io per vederlo spesi molti fiorini [ ... ] Il P. Custode, il Sagrestano ed io dicemmo un Pater Noster e un’Ave Maria per gradile [sic]. Vedremo quanto viveremo. Lascio questa memoria a te Francesco figlio mio e cerca, se vivi, haver tanta grazia che sarai consolato e a S. Francesco benedetto ti raccomando116. _______________ 115 - P. SARNELLI, Delle Sagratissime Stimmate del Gran Patriarca S. FRANCESCO. Lettera XXXII, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo quarto cit., pp. 64-67: 65. Cfr. anche ID., Delle stimmate di varie sorti e di quelle di S. Francesco. Lettera LVIII, in ID.,Lettere ecclesiastiche ... Tomo decimo cit., pp. 124-127. 116 - P. SARNELLI, Delle Sagratissime Stimmate... cit., pp. 65-66. 343 Reliquie possono essere considerate tutto ciò che apparteneva al santo, sull’esempio di Cristo, la cui veste, toccata, guarì un’inferma (Luca 8; Matteo 9; Marco 5); lo stesso si legge di san Paolo (Atti c. 19.12) e di san Pietro si sa che la sua ombra curò diverse malattie; come pure le vesti degli infermi e dei morti lasciate sugli altari dei santi, o i fiori e l’olio della lampade lasciati sui loro sepolcri, acquisiscono virtù taumaturgiche al solo contatto con la santa salma117. Nella casa il senso definito dal luogo sacro, la chiesa, viene mantenuto creando un ambiente in cui sia possibile il raccoglimento. Le immagini sacre, o il crocifisso, rappresentano questa possibilità, oltre che costituire il segno tangibile della presenza divina nella vita familiare, una presenza che va a creare un ordinamento speculare a quello che il devoto vive nello spazio interiore, ossia nel suo intimo, e in quello esteriore, collettivo, della chiesa. Il terzo aspetto dell’ordinamento della preghiera è infatti determinato dalla vita del fedele, dalle sue stesse azioni: la benedizione della mensa, la preghiera familiare e tutte le circostanze della vita - malattie e guarigioni, nascite e morti - richiamano il fedele al cospetto divino e propongono sempre nuove occorrenze di preghiera 118. Anche la lettura dei testi religiosi rientra nell’esercizio quotidiano che il devoto deve compiere. La lettura del libro religioso è difatti la lectio per eccellenza perché impartisce una condotta morale prendendo a modello la Sacra Scrittura, parola di Dio rivelata a nutrimento dell’anima, e a cui ci si accosta con umiltà, semplicità e fede, e con doverosa riverenza verso il riposto senso «accomodatizio» per cui le parole della Sacra Scrittura si adattano a rappresentare un significato e un valore mistico 119. Il libro religioso viene considerato da Sarnelli al pari della preghiera meditativa circa gli effetti positivi che se ne possono dedurre con la sola lettura o con l’ascolto, e se chi vi si accosta non lo fa con intenti superstiziosi, ma per ricevere un aiuto ai travagli dell’anima: _______________ 117 - P. SARNELLI, Come s'intenda... cit., p. 20. 118 - Cfr. R. GUARDINI, Introduzione alla preghiera... cit., pp. 38-41. 119 - P. SARNELLI, Che gli scolastici disprezzar non debbano l'Ecclesiastica, semplicità, né far degl’Intendenti, dove la capacità loro non giunge ancora, in ID.,: Lettere ecclesiastiche... Tomo terzo cit., pp. 30-32. 344 un’esortazione spirituale, un ausilio, dunque, per purificare la coscienza dinanzi a Dio. Nella tradizione cristiana ne sono stati esempi Daniele Stilita, Uberto vescovo lodiense, Eriberto, Agostino, Antonio abate, di cui è noto che «con osservare entrando in chiesa le parole che allora si cantano o leggono [ ... ] habbiano mutato vita e siansi dati a Dio da cui credettero esser chiamati». E Nero, il discepolo di san Filippo Neri, racconta del santo che «conosceva la coscienza delle persone,perché più volte havendomi fatto aprire un libro mi faceva legger sempre quelle cose che più mi travagliavano la coscienza, e dopo d’haver io letto, mi diceva, guardandomi fisso e sorridendo: Che ne dici tu di questo libro? ed io gli rispondeva: Padre, sento che dice il vero». Sant’Ignazio di Loyola soleva fare lo stesso con il De imitazione Christi di Tommaso da Kempis e insegnava ai suoi adepti a utilizzare i libri per ricavarne una massima morale e una consolazione dalle insidie della tentazione120. Pertanto il fedele deve evitare la lettura dei libri profani, dei romanzi di cavalleria, dei libri osceni che parlano d’amore e di intrighi e che riferiscono i colloqui e gli incontri degli amanti, delle storie fantastiche di incantesimi meravigliosi e di astrologi e indovini e streghe ammallianti, che allontanano l’anima dalla contemplazione delle cose spirituali, ingannandola e facendola preda dei demoni, corrompendola irremediabilmente - santa Teresa confessò che la lettura dei libri di cavalleria le aveva «rilassato l’animo alquanto dal fervore delle cose spirituali» -, così come avviene assistendo alle commedie profane che «appartengono alle pompe di Satana [ ... ] commuovono cattivi effetti e cupidiggie [ ... ] estinguono il senso della pietà e dissolvono i nervi della virtù [ ... ] rendono molli a’ profani amori ed a’ piaceri […] sono occasione di peccato e incitamento alla libidine [ ... ]»121. Il libro religioso può diventare oggetto di consolazione e soccorso alle personali esigenze del fedele, perché fornisce le risposte ai bisogni dell’anima, anche «aprendolo a caso» e applicando al problema la _______________ 120 - P. SARNELLI, Se sia lecito aprire a sorte i libri che trattano le materie spirituali per applicare alla sua spirituale necessità la sentenza che s'incontra, in Id., Lettere ecclesiastiche.... Tomo seco ndo.- Venezia 1716, pp. 8-13 in particol. 12. 121 - P. SARNELLI, Del danno de' libri osceni e del pericolo della lezione de' libri amatorii e delle comedie profane. Lettera II, in ID., Lettere ecclesiastiche ... Tomo sesto Venezia 1716, pp. 4-7 in particol. 4 e 6. 345 «sentenza» che è stata così individuata. Questa sentenza entra poi in rapporto con le diverse circostanze della vita e costituisce per il fedele una forma di devota e profonda meditazione122 . E’ questo il tema di una lettera di Sarnelli in cui il suo interlocutore chiede se sia lecito o meno utilizzare per scopi divinatori il libro spirituale. Il nostro autore risponde premettendo che sull’argomento se ne potrebbe fare un vero e proprio trattato e introduce il suo discorso distinguendo tre tipi di sorte: la divinatoria, la divisoria o elettiva e la consultorial23. La sorte divinatoria è quella per cui si pretende di poter prevedere il futuro e può essere condotta «divinitamente, cioè con indebita usurpazione della cognizione divina» - aspetto che ha in sé il peccato della superstizione e quello del sortilegio -, oppure «non divinitamente, ma chiedendo a Dio e dalla rivelazione di lui ciocché debba accadere [ ... ] Questo però nella legge della grazia non è lecito [ ... ] non havendo le sorti divinatorie altro fine che la curiosità sono un tentar Dio e perciò vi s’ingeriscono i demonj»124. La sorte divisoria «è quella per cui le cose che sono a la rinfusa, si dividono». E’ lecita se si verificano quattro circostanze: l’evento della sorte deve essere atteso da Dio e non dal demonio, dalle stelle, dal fato o dalla fortuna; la richiesta deve essere fatta a Dio «con animo semplice e colla dovuta riverenza» senza l’aggiunta di forme superstiziose o l’abuso delle cose sacre e della Sacra Scrittura; coloro per i quali si cercano le sorti devono avere «ugual ragione o degni di pena uguale»; la sorte non deve essere cercata per risolvere discordie ecclesiastiche, come possono invece fare i laici125. La sorte consultiva risolve dubbi e casi ambigui, fungendo da consiglio. Essa è quella verso cui sembra propendere Sarnelli, consigliandola come migliore approccio alla lettura religiosa e come idoneo accompagnamento alla preghiera: difatti in questo caso la ricerca è ammessa perché non è richiesta per conoscere il futuro, ma soltanto per «togliere le dubbiezze che per lo più occorrono nel progresso dell’humana vita» ricorrendo all’aiuto divino. Due condizioni la ren_______________ 122 - Cfr. R. GUARDINI, Introduzione alla preghiera ... cit., pp. 120-121. 123 - P. SARNELLI, Se sia lecito aprire a sorte i libri ... cit. 124 - Ivi, p. 8. 125 - Ivi, p. 9. 346 dono lecita: «che ciò si faccia colla debita riverenza, spargendone prima a Dio fervorose preghiere; la seconda, non farlo se non per grave necessità e per prender consiglio in qualche negozio spirituale», come insegna Agostino l26. Vita e opere di Pompeo Sarnelli La biografia di Sarnelli, le sue esperienze di intellettuale e uomo di Chiesa aiutano a mettere in luce la spiritualità e la pastoralità delle Lettere, a comprendere il significato della devozione verso cui il vescovo indirizza i fedeli127. Pompeo Sarnelli nasce a Polignano, il 16 gennaio del 1649 e muore a Bisceglie nel 1724. All’età di sette anni riceve la tonsura e a quattordici si trasferisce a Napoli al fine di perfezionarsi nelle lettere. Nella Regia Università segue legge dal celebre Francesco Verde, futuro vescovo di Vico Equense, e nel Collegio di S. Tommaso d’Aquino apprende teologia dal cardinale Tommaso Maria Ferrari, allora lettore presso il Collegio. Scrive il Poema di S. Anna che pubblicherà a Napoli presso Girolamo Fasulo nel 1668. Dopo essere stato promosso ai sacri ordini e al sacerdozio fa stampare il Filo di Arianna, commentari intorno a un epigramma che si legge nel chiostro di San Domenico Maggiore in Napoli (Fusco, Napoli, Luc’Antonio 1672). A Roma pubblica l'Alfabeto Greco (Mascardi, 1675) e a Napoli la Parafrasi elegiaca de' Sette Salmi Penitenziali (Girolamo Fasulo, 1675). Da Clemente X viene eletto nel 1675 protonotario onorario. Con il nome di Salomone Lipper scrive il Diario Napoletano e il Donato _______________ 126 - Ivi, p. 10. 127 - Su Pompeo Sarnelli cfr. G. GIMMA, Elogi accademici della Società degli Spensierati di Rossano, vol. 1, Napoli, Carlo Troise stamp. accademico, 1703, pp. 283-303; G. MORONI, Dizionario di erudizione storico ecclesiastico da san Pietro ai nostri giorni, Venezia, 1840, vol. 61-62, pp. 197-198; L. VOLPICELLA, Bibliografia storica della provincia di Terra di Bari, Napoli, 1884, pp. 287-289; C. VILLANI, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni, contemporanei, Trani, 1904, pp. 955-958; LETTERATURA italiana. Gli Autori. Dizionario bio-bibliografico e Indici, Torino, 1991, voll. 2, ad vocem. 347 distrutto rinovato (Napoli, Novello de Bonis, 1675; ristampato da Antonio Bulifon a Napoli nel 1690). Onorato nell’anno seguente dalla corte arcivescovile del privilegio di «Napoletano» scrive, con lo pseudonimo di Masillo Reppone, gli Avvenimenti di Fortunato e de' suoi figli. Istoria Comica tradotta ed illustrata (Napoli, Antonio Bulifon, 1676 e Riccaldini, Bologna 1681); stampa l'Ordinario gramaticale (Bulifon, Napoli 1677) e fa pubblicare il Quadresimale di Giovan Nicolò Bodoni (Vita del P. D. Giovan Nicolò Bodoni Barnabita premessa al Quadresimale dello stesso, Napoli, Giacinto Passari, 1677), traduce e dà alle stampe la Natural Magia di Della Porta e la Chirofisonomia contro i chiromanti (Napoli, Bulifon, 1677) 128; scrive Specchio del clero secolare in tre tomi, in cui pubblica anche Vita e martirio di Vito santissimo fanciullo e de' suoi educatori Modesto e Crescenza (Napoli, Antonio Bulifon, 1678). Nel 1679 Vincenzo Maria Orsini, futuro Benedetto XIII, lo chiama come segretario a Manfredonia, dove nel. 1680 Sarnelli pubblica la Cronologia degli arcivescovi sipontini, più volte commentata da Monsignor Marcello Cavalieri. Viene trasferito nel 1680 alla chiesa di Cesena, prende la laurea in teologia a Roma e quella in giurisprudenza a Cesena dove viene eletto abate di S. Omobuono e dove esercita la carica di vicario generale nominato da Orsini. Scrive il Bestiarum Schola (Cesena, Petrum Paulum Receptum, 1680; poi ripubblicato corne Scuola dell'Anima, Riceputi, Cesena 1682) e nel 1685 il Ritratto di S. Pompeo (Cesena 1682). Ancora con lo pseudonimo di Masillo Reppone scrive la Posillicheata (Napoli, Giuseppe Roselli, 1684)129, le Frasi (ms.)e i Comentarj intorno al rito della S. Messa (Venezia, Poletti, 1684) che furono proposti da Orsini, nel primo concilio provinciale di Benevento, a uso dei preti nel decreto che sanciva l’osservanza del sacrificio della messa e del Messale Romano. Scrive la Guida de' forestieri per Napoli e per Pozzuoli (Napoli, Napoli 1685) . Nel marzo del 1686 prende possesso della chiesa di Benevento a nome del cardinale Orsini eletto arcivescovo di quella metropoli, e viene nominato _______________ 128 - G. DELLA PORTA, Della magia naturale, Milano, 1970, ristampa anastatica a cura di M. Gliozzi della traduzione di P. Sarnelli. 129 - Posilicheata, MDCLXXXIV. Ristampa di CCL esemplari curata da Vittorio Imbriani, Napoli, D. Morano, 1885; Posilecheata, a cura di Enrico Malato, Roma, 1986 (Collana di testi dialettali napoletani, 7). 348 auditore generale. Scrive l'Antica Basilicografia (Napoli, Bulifon, 1686). Viene poi nominato abate di S. Spirito, di cui scrive le Memorie (Napoli, Roselli, 1688), seguite dal trattato della vita clericale (Il Clero secolare nel suo splendore, overo Della vita comune Chericale, Roma, Stamp. della Cam. Apostol., 1688). Dopo la morte di Innocenzo XI viene eletto conclavita sempre da Orsini, poi con il titolo di «Patrizio Beneventano», con il privilegio dell’uso dei pontificali nella città e diocesi di Benevento, viene nominato, ancora da Orsini, abate della stessa città. Scrive le Memorie Cronologiche de' Vescovi ed Arcivescovi della Santa Chiesa di Benevento (Benevento, Roselli, 1691)130. Nell’ottobre del 1691 da Innocenzo XII viene nominato vescovo di Bisceglie dove il 25 maggio del 1692 fa il suo ingresso avviando subito il primo sinodo e dando istruzioni per celebrarlo annualmente131; successivamente stabilisce le «Regole» del Sacro Monte della Pietà e delle Confraternite del SS. Corpo di Cristo e dei Santi Martiri Padroni e crea la Congregazione dei Casi e dei Riti, esercitando il suo ministero nella chiesa collegiata di S. Matteo e in S. Maria Incoronata dei Romitani di S. Agostino, oltre che in quelle di S. Domenico, S. Francesco e dei due monasteri delle monache della S. Croce e di S. Luigi. Scrive le Memorie de' Vescovi di Bisceglie e della stessa Città (Roselli, Napoli 1693) 132 , L'Arca del Testamento in Bisceglia. Istoria de' SS. martiri Mauro Vescovo, Pantaleone e Sergio (Venezia, Andrea Poletti, 1694), la Regola di S. Chiara (Benevento, 1694)133. Partecipa, inviato da Orsini e con diritto di voto, ai concili provinciali di Benevento, dove, nel 1698, declama il Fico Mistico, discorso per la traslazione del corpo di san Bartolomeo (Benevento, 1698). L’amicizia con Orsini costituisce un aspetto determinante della sua vita di ecclesiastico: Gimma riferisce negli Elogj che da lui Sarnelli apprende la dottrina, lo spirito e la maniera del predicare, perfezionan_______________ 130 - Ristampate in facs. da Forni, Sala Bolognese, 1976. 131 - Cfr. Diocesanae Costitut. Synodal S. Vigiliensis Ecclesiae Pompejo Sarnellio Episcopo editae in Synodis celebratis diebus 28 et 29 Junij, annis 1692, 1693, 1694, Beneventi, in Typograph. Archepis., 1694. 132 - Ora ristampate, in facs., con presentazione di G. Spizzico, Milano, Cortese, 1983. 133 – L’elenco delle opere di Sarnelli in G. GIMMA, op. cit., pp. 301-303, cui va aggiunto Lume a' principianti... cit. 349 dosi nelle sacre dottrine. Con Orsini Sarnelli condivide un’idea di pastoralità che muove dalla amara consapevolezza della scarsa sensibilità etica e della diffusa ignoranza del clero e del popolo meridionali, per promuovere un profondo e radicale rinnovamento moralizzatore. Un percorso che si individua significativamente nelle esperienze di Orsini, di Giuseppe Crispino e di Alfonso de’ Liguori134 e che, per quel che riguarda Sarnelli, può essere esemplificato dalle parole di Gimma quando, a proposito dell’attività di Sarnelli vescovo, ci informa che «si adoperò tosto a non permettere che alcuno deviasse dalla buona strada e non attendesse a coltivar la sacra dottrina e che mancasse al suo gregge quel che appartiene al profitto ed accrescimento della vera Fede. Sono pur questi i due uficj richiesti in ogni buon Prelato poiché a loro non solo è necessaria la scienza per poter ben istruire, ma la cura e vigilanza colle quali debbono a guisa d’industriosi cacciatori acquistar l’anima a Cristo»135. Le stesse opinioni di Sarnelli circa il «gregge» da governare e la diocesi da amministrare e guidare, confermano l’idea che il vescovado di Bisceglie viene assunto con un profondo senso di responsabilità e di servizio alla causa della Chiesa che già si era rivelato in tutta la sua maturità e consapevolezza negli scritti dati alle stampe nonché nelle Lettere ecclesiastiche dove, si è visto, sono numerose e dettagliate le istruzioni sulla vita clericale, sui modi di impartire i sacramenti e sulla costanza nel predicare, insieme con i precisi suggerimenti che vengono forniti nella gestione delle quotidiane abitudini, dall’abbigliamento alle consuetudini alimentari, accanto alle puntuali spiegazioni teologiche. Sono norme che non vanno a costituire un patrimonio esteriore di comportamenti, ma che invece vanno a far parte di una più alta profonda idea di cultura del clero da indottrinare, responsabile di una riforma che partendo dalle basi dell’istituzione deve coinvolgere la popolazione laica guidandola alla devozione di Cristo, della Vergine e dei santi secondo i canoni conciliari tridentini. _______________ 134 - Cfr. DE ROSA, Chiesa e religione popolare nel Mezzogiorno cit.; in particolare su Crispino cfr. ID., Giuseppe Crispino e la trattatistica sul Buon Vescovo, pp. - ; 103-143; e anche ID., Vescovi, popolo e magia nel sud cit.; su Vincenzo Maria Orsini cfr. A. DE SPIRITO, Personalità e stile di vita di Benedetto XIII vescovo e papa meridionale, in “CAMPANIA SACRA”, Napoli, 21 (1990), pp. 205-279. 135 - G. GIMMA, op. cit., p. 295. 350 Nella lettera a Forniceto Carini l’argomento trattato - ossia l’opinione che i vescovi devono avere dei sacerdoti - tocca da vicino un aspetto importante del rapporto che il vescovo deve instaurare con il suo clero, investito di una responsabilità che non è quindi un’aderenza formale, ma che comprende un’idea di riforma intesa come vincolo morale per il rinnovamento dell’istituzione, e che pertanto necessita anche dell’umiltà e del rispetto da parte dei vertici della Chiesa. Richiamandosi alle indispensabili «virtù», alla «dottrina», alla «bontà» e al «sapere» dei sacerdoti che i prelati sono tenuti a trattare non come «vassalli», ma come «Consacerdoti», Sarnelli afferma che «nella Chericale milizia non la nobiltà del sangue ma quella dell’animo è tenuta in gran pregio [ ... ] qual nobiltà di sangue può mai paragonarsi colla nobiltà del grado Sacerdotale a cui asceso tanto il nobile quanto l’umile di natali, perché sollevati ad una dignità ogni umana grandezza eccedente, amenduni sono uguali. Aggiungete poscia al grado sacerdotale la virtù e la dottrina proprie di quello stato, eccovi costruito un uomo tanto più nobile di chi non ha altra nobiltà che quella del nascimento» 136. A Bisceglie si impegna nell’abbellimento della basilica, del palazzo vescovile, della cattedrale e nella fondazione di un cimitero presso la chiesa del Purgatorio, oltre che accrescere la mensa vescovile. In proposito, a coronare la sua azione pastorale, la sua solerzia in sermoni e omelie, la difesa dei beni diocesani dalla dissipazione dei «parassiti» a favore del «gregge», cediamo in ultimo la parola a un suo contemporaneo, ancora Forniceto Carini, che elogia lo «zelo» moderato e prudente di Sarnelli, in conformità alle norme tridentine, somma virtù del «pastore» «costretto a calar giù per satollare i corpi de’ lupi, i quali sbucando a torme da’ vicini paesi haverebber divorato in un tratto il patrimonio de’ poveri»137: _______________ 136 - Di Pompeo Sarnelli ora Vescovo di Bisceglia a Forniceto Carini che i Preti debbono essere tenuti in gran pregio da' Vescovi, in A. BULIFON, Lettere memorabili, storiche, politiche ed erudite, vol. primo, Pozzoli, A. Bulifon, 1698, pp. 217-228 in particol. 220. 137 - Di Forniceto Carini a Monsignor Pompeo Sarnelli Vescovo di Bisceglia. De' Parassiti, detti in Napoli appoggiatori di Alabarde, in A. BULIFON, Lettere memorabili... cit., terza racco lta, Napoli, 1698, pp. 216-230 in particol. 217, lettera datata Roma, 31 gennaio 1693. 351 «maggior lustro promettesi cotesta nobilissima Città, ove la cura pastorale è tutta vostra, amministrar fin’ora con maraviglia ed invidia de’ vicini e de’ lontani; facendo conoscere essere propria dell’apostolato la mansuetudine: derivar maggior riverenza al Culto divino dalla vostra affabilità che dall’altrui contegno: a costumar gli animi n’uscir di maggior giovamento la clemenza che ‘l rigore; nuocendo talvolta molto più della connivenza la vigilanza smoderata; e che ove richiedesi in mano il flagello, ben sa la vostra prudenza unire alla severità la misericordia, al gastigo la piacevolezza, ricordandovi di esser non percussor, ma pastore: alla cui diligenza e alla cui pietà appartiene di applicare agl’infermi i soavi medicamenti prima di venire a’ rimedi più forti che son riserbati alla gravità del malore ostinato (Concilio Tridentino cap. I, sess. 13 de reform.). Queste virtù tanto maggiormente rilucono quanto minor pompa ne fate; e quanto più v’ingegnate di oscurarle col sentir così bassamente di voi, e delle cose vostre; fra le quali ogni pensiero impiegando a privarvi non pur del convenevole, ma del necessario sostentamento per distribuirlo a’ poveri ed a tutti porgendo con le continue predicazioni ed insegnamenti loro spirituale alimento, cesseran per voi le querele [ ... ]138 ». _______________ All’ammirazione dovuta ai vescovi che lo hanno preceduto, all santità dei martiri venerati nella Cattedrale di Bisceglie, conclude Forniceto Carini, non è, quindi, da meno la pastoralità del vescovo Sarnelli unitamente alla sua cultura e al suo ingegno, essendo egli già autore di una ormai famosa “sacra libraria”. Ringrazio la professoressa Elisa Miranda per l'aiuto e i suggerimenti che mi ha dato durante questo lavoro. _______________ 138 - Di Forniceto Carini... cit., p. 229. 352