OPUSCOLI DIVERSI LUCIANO DI SAMOSATENSE TRADOTTI Dà DAL GRECO panAiotti UATIVO DI JAKKISA ITALIANO IN palli IK BPXHO,. ) LIVORNO Presso Tommaso \ Masi s CoMf. ^' j •" . 1817. VvJ V^ ''?'?- } Digiti s ?•?' iivoui mi ra jj^Aa^t- .-.^f •••• .• • • ••• .•:.*•• • r 3 AL D. la LETTORE. ite il proverbiogreco : quando manca ga: grandinestessa è bene accolIn tot guisa mi lusingavaio che fosse per essere accolta dagliItaliani la mia tra* dazione dei dialoghi di Luciano poichécon pioggia y la , mio che qupsjto classico Au* stupore credeva,, torcy questo rinomato per fosse statò in ini'i^àe^^^sofo'fì^eefiki.ta sua non critica,, Virtgéj^nosa credenza era tradotto^ Qniti"i/c, alimentata me veduto dal non àpjsìlq ^asi mai citato nei Italiani da pqchi,x(^s:sici letti. Potei dunque facilmentepersua^F me utile traducen^ dermi che avrei fatto cosa sì difficile dolo io osai addossarmi un e impegno tra me dicendo : che comunque riuscito fosse il mio Uworo sarebbe stata novità per la Repubblicalettera-*^ sempre una , y , , ria Italiana, rimaneva de' dot ti. molto e da da questa circostanza mi sperare il compatimento '4 ^ -ST accìnsi dunque al lavora e ad onta delle immense che incontrai nelV difficoltà astruso impegno non mi perdei di coraggio. che la Nulla mi glossòla circostanza maggior parte delle,opere di Luciano fosse' ^ ^ ^ ^ i materiali state ro delle mie lezioni attor- quando nei miei vetd^ anni studiava la lin^ degliantenati miei. Conobbi ben tosto gua io inteso Luciano^ e qi/tàh' guanto poco aveva tp podo,9veramente^ inter^dersi pub un tan^ ro argjit.o Scrittore dai giovaniadoles,cmtL Mi convenne adunque piìi e più.volte il vero logorarmiil cervello , onde afferrare del testo senso e trovare equiva^ espressioni , Dovei lenti inm^It^aìiang. per così dire^ tor-' ^ ^ nare in* tì!ììai:ro' sd i ìnici àH^i studii^ e Rictrfii perciò alla si^,anie,ri/ c"zre, aiuti cer* trw suddetti in letifiriiléilè} iiéaloghi linguagfeca^^vqigàr^^ fi quella latina^ che nelle clasHcli^'^jt^ìpnì mol accompagnare duzionjB a finalmente quella delV Abate Massica che da in lingua francese ancor questaultima poco profitto potessitrarre essendo che una non parafrasilibera ntplto^ il testo ^ e , , come a dir vero , sono le tutte traduzioni,dei Francesi. Dopo una lunga incalcolabilfifatica del Sogno la traduzione quando ebbi finito ^ ^ o sia della vita di Luciano j dei suoi Dialo* ghi dei morti tioniy dubitai di diverse altre e , che mi de al italiano verso e'nàsce "9 corrispon* poco i monti Partoriscono » la f topo,v un Nonostante , che la mia stesso^ potesse adattare pressòa che greca sentenza^ si proda* sue io dìcev^ sempre traduzione me a sarebbe co/n- patita perchè era la sola. In gran parte per altto vidi dissiparsi tincor questa mia lusih^ la fortuna di co* avuto poiché avendo ga in Livorno Cammillo il Sìg,Conte noscere j j Lecchi ben uomo , noto de^ nella letteratura tempii seppi da luì cìfCio era stato dà lui meii esimo preceduto non solamente egregiotralduttore dei Dialoghi delle Corti* quel che era peggio dal Conte giane ; ma del nostro Gasparo Gozzi altro traduttore nostri ^ , immortale mi Samosàtense* sgomentò Lecchi ebbe invitarmi Ho che non anzi a un là traduzione nota, e se dopo tante , ogni anno sempre ma bene il j , Gozzi ^ quantun- è posuperiorealla mìa chissimo di mani pochi gira per le , e ^ sici declas- eccellenti traduzioni che t Italia Greci no , del Conte cjue sicuramente tale annunziò Sig. Conte incoraggiarmi ed proseguire il mio lavoro. tal consiglio riflettendo poco bontà d^ la ascoltato Un possiede,se comparire delle nuove accolte , dissi ne veggo»e~sori6 ^ trarrne: perchè 6 lusingarmiancK io di una uguale accogUenza e compatimento ? Continuai dunque a limare il lavoro giàfatto;ma ria^ fion posso , perte le strade' al (:ommercio doi^ettìper necessità abbandonare il pensierodi affatto Luciano, Ogni momento per altro io mi dinanzi agli occhi i quinternida , deva ^scarabocchiati^ e mi doleva assai sì del che della ve-me tem^ fatica inutilmente perduti 6 non finalmente potendo piìioltre resistere alla tentazione^ mi determinai a riprendere in mano il mìo lavoro " e quanto per me fat pò , si poteva j , emendarlo. Eccolo fe tale lo quale mi è riuscito illuminato ^ acciocché a presento al pubblico sua posta lo compatisca o lo condanni « che dal canto mi sot^ mio anticipatamente , , topongo olla sua sentenza^ Fanaiotti Palli* 7- OPERE LUCIANO DI SAMO$ÀT£NSE. SOGNO, N, Olì era O SIA VITA LUCIANO^ DI passato molto tempo da che era Ì9 giunto air adolescenza,quando cessai di an* dare alla scuola. Mio padreconsultò gli amici gnare. suoi intorno a quelloche dovea farmi inseIl maggiornumero di essi opinò chò la carriera letteraria non solo esigevauna bile grandeapplicazioneed un lasso consideradi tempo, ma una non cola picspesa ancora , , , fortuna* splendida ed una d^ altronde,che Rifletterono esondo il nostro pa^ di pronto aiuto» se trimonio, e noi bisognosi avessi imparato arte meccànica, non qualche tenue solo avrei potuto trarre p cessare nelFetà famiglia, da sognevole^ questa il mio bi- d^ essere in cui era a carico della pervenuto, ma sollevare eziandio il genitorestesso co' miei guadagni. Fu secondariamente preso in considerazione la più facile qualfosse Tarte migliore, ad un itoni la più conveniente impararsi, liberò,la più pronta ad esercìtafsi,e finaU Ciascuno la più mente capace a dar profitto. ad lodando dei consultati, a ftno talento , a e conda se- sua d";Ila periziaqueirarte che piùgli piaceva mio padrevoltos^i al mio zio mater-» putazione no, che era là presente, e che godeva la ri, , di eccellente statuario, è scultore più valenti,e così glidisse! Non convìe* che qui prevalgaaltr^arte,che la tua, ^ ne séndo tu presente. Quindi additando me gli e istruì-^ soggiunse: prendicostui per allievo., i tra scilo,onde di marmi, riesca ma lavoratore e scultore compositore che; poiché,come naturale talento solo ottimo non ben sai, avendo pur an^ egliun facilmente per là scultura , Mio padre argomentava così potràimpararla. dai puerili le miei trastullidi cera giacchénelmie di vacanza ore quando era in libertà, , , io solea raschiare della cera, formarne buoi ,• che a parer di cavalli, e affé uomini ancora, if)io padre eran Così prima dcj da ch^erano trastulli, queipuerili motivi percosse incito ben fatti. per ù\t di ricevere dai maestri, ridondarono fui detto questa mia non stati poche in mia lo-^ giovinedotato d'irrgegno,e pite creatrice, concedisposizione furono ottime speranze de' miei solleciti nellascultura.Ai tempo stesso parprogressi 9 io cominciab» quelgiornoperch* propizio ad^impararel'arte. Fui dunque consegnato ve pei dir il vero, la cosa non ini di* spiacqueptìntq, poichénoi paxea di andare ricreazione^ incontroad una non dispiacevole motivo di osteutaxionefra i miei coe^ e acl un Dei^ tanei, se giugneravessi potuta a scolpir allo ilo, e e fabbricare idolctti"aDto a per mi piacevadi ai quali quelli per Accaddemi per tatito quanto me, darli. ciò die è stolitoai poichélo «io avendomi dato principiami, mi ordinò di percuoterepian uno scalpello, tasi che ivi trovapianinouna tavola di marmo il proverbio: ripetendomi II principio siati la metà dell* opta , '/ w avendo percosso pur troppo inesperto, la tavola con troppa forza , la spezzai, lù, e lo zio un irritato,aflFerrando tutto che colà si trovava è noh riguardo, che imente ben bastoiie, percosse senza alcun da amorevole maestro ; talfurono i t)rincip| lagrimosi , mi dell'arte mia. Fuggendo^sto da liii continuamente singhiozzando, cogliocchi pregnidi pwnto, , tornai e bi, mia,narraìle bastonate ch*io eb- a casa mostrai i lividi delle percosse, non declamare contro dello zio,e soggiungendo dall'invidia che trasportato , egli in guidasi trattato crudele,per timc^ , m'avea f inumanità senza zo lifeirarte a. sorpassarlo pervenissi della scultura. Sdcgnossi forte mia madre tello. frae vomitò suo contro non poche ingiurie Giunta che fu la notte mi coricai cogli occhi sempre e là scorsi tutta gravidi pianto, pensando. che re io , , ^ Se quanto vi ho narrato sino ad ora, ha r aspetto di cosa e ridicola quello puerile , , ch'io son non più seria tare per dirvi adesso^sarà tale da merila vostra vostro, ma giàil disprezzo attenzione , giaccheper dirla come Omere: »" M'apparvein sogQo " Divino nelfambirosia notte sogno. nii si mostrò {Igli tale evidenza,che con nulla mancavagliperch'io lo credessi cosa che tutta reale;e tale fu la verosimiglianza, presse via, dopo tanto tempo, sonmi rimaste imdi coloro, che negliocchi T effigie mi comparvei^o d'avanti, mi la loro voce e orecchi tutt' ora. echeggia negli Parsemi .vessero a viva dunque,che due donne mi a- afferratoper le mani, a se traendomi forza ciascuna,e che poco mancasse che disputandofra loro non squarciato poichése 1' una ,. di me, e per un air istante ^ l'altra, momento mi ne * rimanessi s' impossessava teneva a se to tut- dopo tornava a riprendermi gridandoelleno^fra loro una dicen, IX do volérmi cosa come L'altra possedere. sua ; che ingiustamentequellavoleva ripeteva di coloro che non impossessarsi no appartenevadi robusta arV una tigiana a lei. Avea l'aspetto 9 chioma squallida abito mani e , in callose, e succinto polveroso qualera appunto quellodello zio quando dirozzava i marmi. » L'altra avea aspetto una dignitoso^ed sopravveste modesta. una Lasciaron il decidere La donila con faccia molto finalmente qual di robusta e a avvenente, lo me scerre un e , loro volessi andare. virile , fu la prima a dicendo: Io sono o caro prenderla parola, la Scultura cui jericominciasti ad im* figlio della casa parare ; arte propriae famigliare Tavolo tuo materno, (e ne tua, imperocché il nome ) e i tuoi due zii furono scul« proferi tori e mercè mia godettero alta riputazione. Quindi se vorrai allontanarti dalle ciancie di costei ( additandomi T altra donna )^ seguitarmi , , , e meco rimanerti nutrìjrai lautamente, e , non solamente ti robusto di diverrai dai rimorsi dell' schiena, ma n'andrai scevro invidia altrui,e non tanarti sarai nel caso di allonTutti ti genitori. loderanno pertanto non discorsi, ma pe'tuoi Tab* per le opere tue. Non ti faccia.ribrezzo bietta mia figura, le sucide mie vesti,imperocché djnsiflattacondizione emergendora-^. dalla patriae dai la pidamente Giove Fidia , nella sua Giunone. sua oflfersealla vista nostra fece la : Policleto grandezza fu lodato Mirone , fu ammirato Prassitele» e questi. oggidìcon quelledivinità adorati. Se dttnque stesse sono tn pervenissi ad eoiularli perchènon diverresti tii pure celebre presso gliuomini tutti in modo da far invidiare la sorte di tuo padre, e da tende* , , illustrela re patriatua Siffattidiscorsi , ? e mente molti altri bàrbara- anzi balbettati fecemi la pronunziati', Scultura, connettendoli con socbmo studio, e affaticandosia di maniera che persuadermi, maggiorparte delle sue parolemi son fog* la dalla mente. jgite Averido no, e o costei cessato di minciò parlare,co- r altranella seguente maniera; loso* la Scienza,di cui sei giàpraticò» figlio, che ben ti è nota , riòiiin* tu quantunque abbia per anche à piengustata. Qualisìeno i beni di cui godresti stei se scultore ti facessi^ cote ne ha già avvertito. Altro saresti non mai, che Un lavorante affaticando col corpo, e affidandosovr*esso ognisperanza della vita. Essendo tàrti , tu guadagnandopoco, é bilmente, igno- umile nel pensare, vile nel preseninetto a patrocinare bunali, gliamici nei Trinon *dai oscuro, temuto dai nemici, altro non concittadini, non sarai ^ cht bratnato un arte- i3 fice bracciante della plebe sempre timido coi ricchi,psseqniaQ^o chi sa parlare, menaisdo la vita della lepre,e finalnnente diventando la.predadei piùpotenti. Quando Fidia ancora a fartiun nuovo tu perveOiàii o. Policlette ed a compire opere mirande loderebbe V arte ;. ma ninno tra gli ognao , un uom » , , astanti , serti se , ha senno , desidererebbe d' uguale poichécomunque , abile tu es* fos* si , saresti sempre un abbietto e meccanico arteficeviyente col lavoro delle tue mani. t' ti consacrerai ^^ a me j^iroppostor, non poche illustriopere ^ e mirabili insegnerò, Ti spiegherò a.^ioaidegJ4antichi personaggi. dipoile loro arringhe,e facendoti in somma abbellirò V anima tua esperto in ognicjosa (lo che è il piùimportanteper te) di moUif ornamenti, vale a dire di modestia, ed^^gregi di giustizia, di pietà, di mansuetudine, di equità, di saviezza, di tolleranza, di aiipore pel b^ne, dMncIinazione alle cpae onorevoli, dell'9nÌQ)a Qostra siffatte sono poiché, qualità , , incorruttibili""rnamenti. NuUa sarà nascosto delle pose ti, già avvenute, né di quelleche convien fare attualmente ; ma sapraiantivedere eziandio Hiercé la mi.^ direz^ione, le future,e in poco tempo finalmente,t^ insegneròtutto ciò che vi è d' upano inoltre , ^ di Divino. GoQgle »4 Non passeràgaari che tn altualmetite di un tale ignoto,tu che ti set povero, figlio fatto dare qualcheprincipiodi così ignobil , sarai emulato, invidiato,onorato, arte, dato, lau- celebrato. Sarai con per illustricose da coloro, che pernasciomicizia riguardato e Indosserai superiori. la sua simile a questa ( dimostrando veste sarai ripittato molto splendida), degno delle e cariche primarie,e se viag-^ magistrature, gerainelle straniere contrade, non vi gtun«geraidel tutto ignoto,ne privodi fama; im« perocchéti cuopriròdi tali insegne,che eia-, il suo vicino ^ ti scuno degliastanti muovendo additerà dicendo : Questi è colui. Se vi sarà ressi qualchecosa che meriti attenzione,che integliamici o anche tutta la città tutti a te si rivolgeranno; sa, quindise dirai qualchecota ricchezze o sono a te , , molti ti ascolteranno , del dire , e e Ti concederò stare bocca aperta, mirando am- riputando felice te per la forza tuo padre per così degno figlio^ finalmente queirimmortaUtà , che tutti dicono , a essere poichémorbido fra i dotti , e di a taluni uomini s^ncora .conversare non cessa con- cesserai di cogliotti« mati. Sai tu di chi era Demostene? figlio e a qualealtezza lo condussi? Vedi tu Eschine,"-" gliodi una senatrice di cimbalo,ma per altra i5 fa mia mercè da accarezzato te SocraFilippo? fu educato alla Scultura,ma ancora il suo potèdiscernere a me fuggendo ne do quan- meglio, da quella grado.Odi disertò di buon egliè da tutti esaltato? Ma se renunzierai air esempio di uomini tali,e tanti, ad opere così illustri^ a sk graviarringhe a si decorose aglionori, alla gloria, apparenze alla lode ai primiposti,air autorità ai quenza, privilegialla considerazione per la tua eloair essere peltuo senno celebrato,ti tu adesso come , , , , , ridurrai ad servile , umili vestimenta,aspetto il lo vette maneggiare scalpello^ , assumere a ilsarcbieilo l'accetia, ro e ad , ad mai veruna e stare abbietti avere essere , vili pensieridesìderj senz* ergere ogni maniera volgare, in la sul lavo- curvo testa , e , liberale che , grande. Sarai mai senza e degna ^ pensare cosa sia d' animo occupato soltanto le opere ed ornate eleganti tue , rendere a curarti senza ed ornato, apelegante delle pietre zi diverrai piòspregevole stesse. mai d'essere tu stesso parlavatuttavia,non aspettandoio la fine della sua arringa mi lietopassando mi decisi,e tutto di me alzai, Mentre colei , dalla parte della Scienza , voltai la schiena a quelladeforme artigiana tanto più che in mi si affacciarono alla mente lo quell'istante staffile, e le non pochepercosse che mi ave, , , j ì6 il giornoavanti appena procacGÌate ìq incominciato ad imparare. avea va L'Arte vedutasiabbandonata dette fd nelle furie tratto un , tutta grignò di- battè le mani , ventò dii denti, ed ,in6ne condensandosi ubiamo essere a Niobe marmo con\e , accaduto; e ciò fu mirabil cosa, «e mi non perchèi «ogni negate pertanto credenia, ci presentano còse portentose. fisso guardandomi Scienza La „,„^adire: Voglio dunque nai cosi , ncompensam l-to bell'atto d. giustiziag.acchè Slr So rettamente; quindi Tal , t«o veni Hat cKo lf filli sa '» san t,r. da o VUOI ,. ^ , , cose, m «5 segai. ^^^«^.^ ì cavai e j uno additandorae«e aaaiwiiu" il Pegaso ) se come «ì^'f'^'f*; quante quali Sollevatom, «ioni . conoscere 1a j^ ... ,„„ ^ cocchio OUMtO ^" e meco, . '» redmi fra le mani. ^^jr'^J^Zr^ città, na- all'Occidente »'j° ?°*^^„ee popolidall Oriente ; a.„*,mid*.err,n.nodav."».«.c".p ..«.a. loawo . mi vi ricorda.»noo piùm i8^ circostanza di essere Quei racconto anzi circondato dai nemici* conteneva cosa qualche utile , ed io appunto vi ho narrato acciocché gliadolescenti si toro ne, il mio di gno so- a) rivolgano aUe lettere urna-*meglio si applichino la carriera della Sapienza; e seguitino » massimamente se alcuno tra voi,costretto dal"* la al peggior e partito, povertà,s^appigliasse nasse degradandocosì un ingegnonon vile,incli- alle mia son cose certo abbiette. che Udendo la favola a* incoraggirà églipure« rando esempio,consideio appigliar mi seppi bramai glistudii letterari! la povertàche allora senza temere opprimeva, e qualeritornai posciaa voi $ costui me Propongasi qualeessendo alle cose migliorie per , 3 mi se non altronon piùoscuro FINE. di uno Scultore^ LETTERATI DEI che mercè un salario Q. uali ti narrerò amico o , io per , provan nelle stipendiati case In fatti conobbi col e abbia e mai Dio me non ne che una necessità di tenga lontano che , Alcuni menata ebbi mai pochi di coloro tal destino a assoggettarsi aia quando si quei grandi? d'amicizia, , poichénon farne la prova, vivono quasitutte le ad essi. Non è già , , di nome molte, sciagure che accadono simil vita che , altrui,anche (seppur chiamar si può ilservaggioloro). eh* io sofferenze che coloro onotati deir amicizia per dir vero, famiglie prime» e qualiper delle tante necessariamente veggano nelle vwqno Ricchi. de ultime , me troVavansi hanno ; dovuto le hanno tuttavia contate. rac- in situazione, deploravano quella disgraziata amaramente le tante e si varie sofferenze da scampatida una rammentavano con carcere piacere quello con"« sofferto, e si rallegravano, die avevano essi come provate;ed altri, so siderando i mali ai qualisi erano degnidi fede uomini Questi erano per còsi dire, hanno hanno sottratti. e , poiché passato da per tutto , sino alla fine. visto dal principio tutto Gli ho intesi attenzione , dunque quando naufragio,e non , senza raccontavano curiosità come e un miracoloso scampo ad essi accaduto. Così fauna co-* come, quanto era loro che stanno dei uno colla testa rasa sulle porte espressioni commoventi le tempeste furiose di mare, gli le vele scogli,le merci gittatenelle onde timoni, e finalmente squarciate, gl'infranti dei Dioscori,(que^raccontano T apparizione ste le proprieDivinità di sì fatte tragesono die air che venne ) 0 di qualchealtro nume ne improvvisoa posarsisull'albero, o sul timomolle il naviglio una verso sospìngendo lentamente^ spiaggiaove potesse naufragare così dar tempo ai naviganti e di uscirne con dalla graziae misericordia sicurezza, protetti divina. Recitano dunque costoro tutte queste onde ottenere gran cose nel presente lor bisogno, dalla maggior parte degliastanti,quei soccorsi che si convengono ad uomini infelici» cari al tempo stesso agliDei. Ma coloro ma tempii, descrivono con , , , che raccontano le tempeste che si possono narrando decuple, se, dire come sofferte nelle ca* quintuple e triple, nel primo della loro , sembrava il mare tiàvìga^ionè sofferto nel hanno quanto e poi placido, viaggioper per T inondazione T infelice lor come del mare, pelvomito, nalmente contro fragato scostesa si il necessario. cose, si come come e dianzi per vergogna, siffatte società che in trovo annoverate che ancora, stancherò i loirodiscorsi ^ s' incontrano abitano comodi, candido 6 le ed altre molte j , che non mi imperocché da molto gli parlammo, e che uno desiffattoservaggio, chiamando ne felicicoloro, che oltre T amicizia Romani, ture. sven- far questa vita, giacchéla a astanti esaltò siffatte volentieri A Timocle, ravvisato aver che prima volta buon o tutto delle loro di raccontalrvi miri tu tempo io, d^ sembrami e sventure^ mai fi* tando^ nuo- di dico, narrando maggior parte su congetturando io slento a mancanti trovano la dimenticano Ma salvati son Coloro nascondono e naviglioè naù"^ pe ruuna scoglio sott'acqua, uno , la sete^ dei gododosenza spesa cene Con e agiatipalazzi, le mollezze cocchio; dagno oltre queste non cose che tuose, son- tutti i viaggianosdraiati in ti parve piccolo gua«* , ottenere compensa ulterior ri- d'amicizia, e di benefizii da poichédicevi gnati ma- ogni cosa ro; costo- germoglia vuto, doch'abbian per loro, senza faticare,e coltivare la terra. ^Quando evidentemente ed altrisimili difcoìfdi dunque udivi questi, ^ io ti vedeva ansante di verso bocca Perciò il boccone. contegno a e te non ghiottire aperta per inaffinchè il mìo , giornoes^ un possa debba dire che vedendoti tu non e redarguito, sì periglioso te non amo inghiottire Tho impedito,né tratto fuori prima ch'egU di pre*» s' incastrasse nella gola', e che invece venirti ho aspettato di vederti quasiesanime, rer , , e strascinato a di tirar cerca tuo io fuori, mentre indolente sul stésso, che forza dalFamo inutile ed caso ; me affinchè ne tu come sto non si tore spettaa gere pian- abbia a di me lagnanzecontro dì tnali ancorché tutte giustissime lagnanze che diconsi inevitabili e rimproverarmi ver d'adi prevenirtene;odi ogni cosa mancato da principio. Considera con pacatezza d* ani-^ del passaggio la strettezza mo e queiramo , i suoi curvi ganci non dalla parte interna e considera la in mano; nascosta, ma prendilo le triplici sue dell'aculeo, parte esterna pua* te provalosulla tua guanciaenfiata e éé sì profferire fette , , , , , , non ti sembrano acutissime e difficilissime ad si atalle ferite;se non taccano evitarsi, e perniciose forza, e non si strappan via con con violenza,annoveraci pure tra i vilie tra quelli che per viltà appunto fame, e divenendo tu morir si lasciano dalla la cac^ ardito,prosegui eia V adqo inghiotti e 9 voltolo. Tutto la sua còme questo discorso predaTav* sarà da forse genericamenteper profferito ma consacrata ai musici, ed a , la loro vita vi dottrine. Gioverà no tua causa che hanno ai filosofi anche gioverà pur me a delle gra-* all'acquisto ai grammatici»ai retori» tutti coloro che condiscendo* vivere nelle case altrui » ed a ricevere stipendioper istruire glialtri. Siccome dunque per lo piùquelloche accade a Uno di è comune costoro e ugualea tutti egliè ma» uno , nifesto^chenon a' filosofi; anzi accadono cose ridonda ne buone neppure loro assai vefgogna quando ottengono dai loro più di padroni quei premi!stessi che sono ottenuti da tutti alcuna maggior distinzione glialtri,senza Poiché dunque il filo del mio ragionamento di questi mali » è la causa tende,a sviluppare giustoeh' io mi rivolga primieramentea par* lar di coloro che ne sono gliagenti, e quindi dei pazienti.Né temo già biasimo alcuno , « a meno che non si tacita,e la franchezza del mio vano il voler la vogliacondannare ve^ dire. Sarebbe distorre da simili impieghiil^ volgo, vale a dire, certi abbietti maestri e ramente adulatori imbecilli, nomini per se stessi vevili;poichénon sarebbero mai per* biasimo sùasi dalle mie parole,né meritano abbandonano t loro protettoriquan*« se non , tunque siéno ne f grandemente strapaa"t;atì giacchésimil gente è fatta apposta e merita vi è cosa anzi non veramente glistrapa^tzi clinazione. maggiore attività e inper la qualemostrino da questa Se taluno li togliesse » » , di vita genere mente immediata- diventerebbero , inesperti, pigri,ed inerti; talmentechè non ingiù-* par che patiscanonelP essere riati, né che altri gringiurii, più di quello che sMngiurii, si suol dire, T orinale come dentro. In fatti costoro entrano pisciandovi nelle tale , infamia, " e scienti di dover altrui case e T uffizio loro è Quindi come tacere. filosofisoltanto conviene sopportare frire quellodi sofgià detto pei ho aflPaticarci, procu^ rando di distornarli per quanto é possibile condurli al vero stato di libertà che all'uomo conviene. e ch'io farò bene, se, discùsse le cause, abbracciano un per le qualicostoro tal genere di vita dimostrerò esser non ste que, né molto urgenti,né in alcun modo cessarie. neFarmi In scusa, al contro ad numero tal la guisasi preverrebbe primo argomento di una delf andar servitù volontaria. costoro la allegando Il loro essi in* maggior miseria , e la ciente suffidi presentare una di sta il tenore ragioneonde scusare queloro vita,e che basti ildire che fanno cose necessità, credono degne di compatimento procurando di Digitized dby nerK e in povertà,e raddolciscono alquattto^ invece se dicarla intetamente. 1 i veri mezzi trovassero E onde sra* appurato per questo , forse,come bisognerebbe Teognisuggerisce de che si precipitassero nei profondiabissi dei mare, ma o dalle rupi più scoscese; se , ^\ salariato e \ \ colui , che è povero, meschino di potere con \ \ s'immagina queltenor di vita , \\schivare ia povertà, non sapreicertamente ì^me non concluderne, eh' egli cerchi d' il\^laderestesso. Dicono altri che la povertà . se , inè gli avrebbe spaventatise fossero coalle fatiche,e se pogli altri avvedi tessero faticando,la sussistenza; guadagnarsi, che essendo, per fiacchiti ma quanto dicono, già indalla vecchiezza, e dalle malattie» hanno abbracciata quellacondizione servile come più proporzionataalla loro debolezEsamina or dunque meco za. cono dicostoro se il vero se guadagnano facilmente la loro sussistenza,e se anzi non faticano più deglialtri. Certamente sarebbe desiderabile sen* quellacondizione in cui senza affaticarsi, za prendersialcun pensiero,si ricevesse pronta non , , mercede in contanti è chimerica ; ma del tutto, siffatti impieghisente di aver ne questa condiziochi pervienea gno ancor più bisopoichéognigiornoha di robu'jta sanità ; infinitimotivi di macerarsi e il":orpo y e di sof- ^7 frirefino all'tiItitDa Ma di dispemiione. parleremoa delle ragionato questo suo mo altre loro tutto quandoavre* difficoltà e pati* tenopo, menti. Easta per adesso ildimostrare che che dicono di sinceri neppur quelli sono Venduto stessi se Conviene pel motivo donque dire , ed è non airer sopraccennato. anche vero , lo confessino mai, che non quantunque il lor cacciarsi nelle case altrui , non ha altro essi motivo, che Tamor del godimento,e le mol* loro speranze ; attoniti poi nel vedere tiplici la quantitàdegliori e degliargenti e resi beati da laute cene e da altri godimenti spe* di poter quanto prima ancor essi bere rano d'oro. Queste in utze ostacolo veruno senza le lusingheche dallo stato di libertà li son , , alla schiavitù, e la conducono cose necessarie pretesto delle , per , non delle mancanEa è in bocca loro coprireil desiderio , che un invidioso Non e delle magnificenze. superfluità , sarebbe cosa da biasimar^si poi tanto, che un dei piacerisopportasse qua« di farlo se concesso lunqnecosa ; anzi siagli veramente egligode,e si occupipure piòche di ogni altra cosa dei mezzi onde pervenire ad un il vender se tal godimento. Benché de^ piaceri sia veramente stesso co* per amor Èn vile,poichépiùdolce é assai il goderedel* la proprialibertà, li compur nulladimeno uomo per amor , a8 vi patireise volta una pervenissero ; ma ii molestie per la sola speranza di giorno, a me sembra ridicplezz^a soffriretante godere un e pazzìa tanto vera, più poi quando veggo che quella molestie sono e preveinevitabili, dutele che quello que qualunsperato godimento, , , oìtrerm siasi, sembra tempo, averlo non (e se ia tanto ottenuto rettamente pensassero, accorgerebbero eglinopure ) che non sieno per ottenerlo giammai. I compaghidi Ulisse pascendosi di saporito loto trascuravano il retto ogni altra cosa, e disprezzavano ed il buono per quel presente dolce sapore ; apparivain essi tanto insensata per altro non se ne , la dimenticanza del bene, mentre si dedica satollo di loto, a gustare , se al servizio e questinon affé ! è colui ben della Omerica cupati oc- qualcheaffa-» di un uomo già gliene dà mai in siffattedelizie ; iba mato erano frusta,se ridicolo , e gno de- ranza per ìa sola spe- che si potrà dare il cado di gustare an\ cor egliun poco di loto,ponesse in oblio tutto ^ ciò che è buono e retto. Tali sono dunque in ducono realtà,o in apparenza le circostanze che incostoro ad un tenor le, di vita così servi- tuazione volesse la siqualcuno mentovar del so* di quelli che s'insuperbiscono lo vantaggiodi conversare nobili e ricche con taluni reputano cosa glorio* persone (giacché che se *9 sa al vólgo un superiore e rei che in quanto convivere , e di Monarchi, re se esaminar non accettato di col massimo de* avessi dovuto ritrar*- Sintanto adunque, vantaggio. cose tutto meco privilegio ) di« avrei non conversare le così, vanno rae da ciò alcun solido che a tal per loro , vieni tu ad che soffrirdebbo* quello dei prima di essere annoverati nel seguito la loro amicizia, e tutto grandi,di acquistare quelloche sono costretti a tollerare quando 1^ hanno finalmente £samina meco acquistata. la catastrofe del loro dramma. Non si può dir ola impresa T acquiche sia pìcei certamente starsi no, il favor loro lontà dovendo ma , non bastando la buona continuamente essere vo^ in giù qua e là, far guardiaassidua alle loro soglie levarsi assai per tempo la le urtonate eie repulse,e mattina, soifrire mostrarsi sovente far sfacciati ed importuni, la corte ad- un detestabile portinaio, ad un vile e affricano, pagarloperchèprendain nota il tuo nome. £' necessario spendere mente superioralle tue forze per abbigliarti mente decentedel alla dignità colori analoghi scerre si com-^ e de^ quali Signore che tu corteggi, discordante dal suo gupiace;per non parerti sto conviene seguitarlo anelante o per dir megliolasciarsi spignereinnanzi dai servi,e formare un corteggio trbnfale intorno a lui, moto su e , , , , , , So Per moki mai che giornieglinon per tua cosa , buona ti guarderà e , ti domanderà sorte qualunqueella sia » se quaU ti girecà subito la testa, suderai dalla pena, e dalla timtdez^ za inopportuna ; quinditi esporraialle beffe confusione*Accadrà chi fu il Re degli che ti venga domandato che la loro flottaera di Achei, e risponderai degliastanti per navi. Una mille la tua tale confusione di mente chiamasi dai buoni, timidezza rispettosa soggea^ione dagliaudaci ignoranzadai maligni. Dopo questa prima e pericolosa prova della biasimando te stesso tu te ne parti tua idoneità, molte not« per la tua troppa timidezza e passi molti crudeli non già ti senza e giorni riposo, un* Elena non per ricuperare per soggiogare le fortezze di Priamo, ma per cinqueoboli so* lamente. Finalmente un qualche genioda tra* gediati assiste,ed è deciso di esamiinare se » , , conosci la bella letteratura. Un tal esame noa al ricco,imperocché glisomministra dispiace r occasione di sentirsi lodare e compiimene , tare; ta ma del tuo subito tisi aiSaccia Tidea,che si trat"« impiego,della tua fortuna per tut* quanta la vita. Allora ti crucia il dubbio di non poteiresser mai piùaccolto in casa d'aU tri,se non lo sei in questa, per essec paruta allora ti sottoporrai al giudizio di ignorante, molti;odieraii tuoi emuli , perchédovrai bea ta Si sapporre che " da molti quelmedesimo posto è altri ; ti rammenterai ambito di non aver che parlato troppo bene ; dal che ne avverrà al teii\postesso fissandoti temerai e spererai Se eglidisprezza nel volto di quelSignore. quelloche tu dici ti credi rovinato. Se alfop-tutto, e posto ti ascolta sorridendo,ti rallegri cominci a sparar bene. Egliè certo^ che molti sinistra opinionedi te, e ti pre* avranno una » feriranno altri,e ciascun di loro ti vibrerà di il suo nascosto vivo del strale che ti nel più trafiggerà Figuratiinoltre cuore. vecchio un che si presenta con barba veneranda bianchi,che si sente domandare , con se pelli ca- pia sap- di utile,che a taluni sembra qualche che co* istruito , e ad altri ignorante ; ancor cosa stui sìa giuntoalla metà si esamina pure condotta e se corso suo vitale ^ là passata sua da in* qualchecittadino mosso tutta quanta adirato contro qualchesuo casigliano lui per frivolezze viene interrogato per ior vidia di , del , o , lo accusa formaaione, e tutti glipresta» fede come colo di Giove. uniscono dubbie que, niuna a Se tutti lodarlo sospette , , che tu e , di adulterio,allora V ora« se parlasse poi concordemente sono persone reputiìtej comprate. Bisognadun* aia fortunato in molte circostanza ancorché traria » si a imperocché cose, che ti sia con* pìccola tal condizione soltanto Sa riuscire nel potrai intento. tuo Voglioconce^ derti che sarai fortunato in tutto, e che tu ab* bia persinola buona sorte, che quel Signore i tuoi detti,e che gP illustriami* applaudisca ci suoi,persone nelle quali da, confiunicamente non pensinoa contradirlo;che la moglie stessa che il maestro ne convenga; r amministratore , in [|atua biasimare a e di casa, somma nessuno condotta , e si pen- ammetto , che i stici prognofavorevoli persinoti sieno quanto mai. che tutto secondi le tue mire, e hai Dunque,o fortunato mortale hai trionfato, Talloro olimpicosulla fronte; anzi hai espugnata Babilonia ti sei a viva forza impadronito , della fortezza di Sardi; tuo Amaltea, e tu è il corno d' ! Egli suggiil latte di gallina giustoehe alle tue tante passate fatiche sie« le ricompense, e che la tua no proporzionate sia un mero di foglie; il tuo non serto corona dev' essere abbietto ; bisogna non stipendio che ti sia pagato subito che ne hai bisogno, al disopra del tu devi insomma onorato essere volgo^Debbono aver fine le tue faticose corse strade,le tue veglie e a piedi per le fangose è , chp tu possa, conforme hai tanto desiderato, le gambe a tuo piacere dormire allungar a tuo bell'agio, e fare unicamente quellecose fosti da prima cercato, « stipendiato. per cui Àh^ Ti mode, la cosa andrebbe bene, e non ci , 34 piùantichi amici. Tu, qua« nel tempiodi Giove, am3i che fossientrato miri estatico tutto quello che tutto e guardi si va facendo, giacché è per te nuovo tutto ed ignoto. occhi addo»* I servi ti tengono gli astanti"osserva ciò che fai, so ^ciascuno degli dopodue o tre dei , il padronestesso trascura non póiohèha giàcomandato d* invigilare attentamente la accanto burleranno del la conseguenza , è cosa gliuolo poiche trarranno stupore , e ne che non hai cenato te mai in il Vedere sa ca- tovii«» un Nella- tua titubanza nuova. ti attonito si tuo d'altri,e che per darai loro e se figli» ti vedranno se vi ser- rai considere- occhiate furtive. Coloro staranno derai su- dalla pena, non ti arrìschierai a chiedcsda bere quando avrai sete, per non parere ubbriacone* Non sapraia qualeprima o re un , qualepoidelle sulla ste troverai mensa , costretto che ti sta come tante sontuose pietanzepò-» devi stender la a ,^ mano , e guardarfurtivamente per imitarlo , ad una si deve stare accanto somma hai T anima tanta varietà d' idee ad qualcunodei còme sposa ed ì suoi sua molte a a tale esame» un sbalordita e , e e ti lui co- imper parare In cena. confusa in resti a bocca che vedi fare. Ora aperta senti iniridia ognicosa di quelricco signore sua per tutta quella ^mo* d*oro e di avorio, non che per le meno l^tlia 55 tante delixie. Passi sue posciaa compiangere considerandoti per un nulla , benché che sei vivo nel moado. QualcheaU te stesso tu senta volta ti passa per la niente Tidea, che nei godimetieral vita felice, partecipando menti tra padroneal par di lui gìac* t* immagini che in quella si ce-" casa del che tuo , 9 iebreranno sempre sto , i baccanali. avvenenti tutti quegli a e mensa, Oltre a que« che giovinetti, dolcemente vono ser- sorridono ti , felicissimala tua futura vita, on^» dipingono* de ripeti sovente quelle paroled' Omero : è che'i Troi Per tal felicitàgiusto Sudin del par co*generosi GrecL »0 »» Vengono i brindisi.Alcuno chiede una tazza grande e , dei maestro, seppur altrotitolo; tu noa beve alla salute ti vuol salutare prendila sì fatte cose dei commensali tazza ; ma non sai che eoa vezzo av- replicareo villano. Quel brin* ti fai per un rom"o riputar disiti rende oggetto d' invidia a molti degli antichi amici di casa. Ne avevi giàdisgustati a non alcuni per il posto che ti era poichéappena a gente, che da preferito a mensa, servivano in casa. quella faranno immediatamente , stato arrivato molti Ecco di te. e assegnato sei moki stato anni qualidiscorsi Oh! ci man* 36. cava questo malanno, di dovere oggiin questa casa chi è entrato stare sotto ! La a città di che a questi greapre le sue porte che E chi son eglino costoro culi airrogànti. a noi? Uh, dicono quattro tanto preferisconsi Bomà non e queste sono scehipiateparole, decantate. altro dice Un costui ; ha bevuto e come 2 oracoli come hai veduto quanta ha divorate tutte pietanze,che glihanno messo d'avanti? Egli è certo un goffo un ignorante senza di fame, che morto di mondo, un pratica il pan bianco ha mai assaggiato neppu* non in sogno; e molto meno poi un uccello di re ^umidia o del Fasi, ragioneper cui appena : ci ha. lasciate le ossa. Un terzo soggiungerà ni quanto siete babbei! non passano cinquegiorch'eglisi lamenterà altaridi noi: adesso gliaccade come a un paiodi coturni nuovi da principio, si ha qualche riguardo peiquali e ma dopochésono stati piùvolte calpestati nel fango si gettano con immersi disprezsi^o di cimici al par di il letto a riempirsi sotto di te, e alcuni di noi. Così parlanocostoro la maniera di calunniarti. essi stan giàpreparando In somma tutto quelbanchetto è per scorsi. te, come per te è la maggiorparte dei dile , , , , , , , Tu frattanto più del «enti male, e , come non solito vini dolci stimolato nel avvezzo e ventre. vendo be, ti spiritosi Ora nou che tonvitnt gli avanti mensa air opposto noti è troppo sicdro per il rimanervi. Si prosegue intanto a bere , altriV te e sorga dà tu e si accumulano ie ciarle. Si preètehtanospet-^ perchè il padróne spettacoli , tacoli sopra vuol farti vedere ; quelloch'ei possiede tu soffrioltrecqodo,sicché non ma dere puoi veciò che si fa, né udire se qualchegiovine la suona o grandemente apprezzato canta tutto , chitarra ; ma tu forzato lodi ^ e intanto pre^ ghi perchèun terremoto Venga a subbissare un ogni cosalo opportuno incendio sciolga volta quelbanchetto. Tale^ amico mio^ è ima quellaprima e dolce cena per té^ non più dolce sicuramente sieno il di quello che a me timo ed il candido sale, che almeno mangio Non facciamo menzione quando e quanto voglio. dei susseguenti acidi ruttile del vom^ito La mattina appresso bisognacon« notturno. , della tUa venire e in che mercede^ quanta dev' qual tempo delFanno alla presenza chiama, tMnvita di due a quindiè acnici egliti pagata tre o ; sedere, e comincia ragionare: Hai giàvedute le cose nulla vi è di straordinario;tutto essére, di è casa così a mia, ovvio, 'co« ti suada persarei che sarai a parte di tutto, giacché ridicolo , se affidandotila miglior parte dell* mune anima , e Ora bisognache volgarei mia, ed anche i miei tu (supposto figli ^ 58 che abbia figli aion«) d'istrtr* abbisognino considerassi come padronedi costui che ti non altro quant' cessario stabilirequalche patto, la che ancor to moderazione, tua in la tua e e discretezza che non sappia/benissimo mia casa è pur ne* che io vegga siccome ma posseggo; pe/ sei irenu"» per Tamore salario,ma un , che nutrì per noi, e per la fama che ti acqni» sterai nel mondo ^ cos\ fa d'uopo che dispof niamo tra noi le cose, quanto vuoi co mio tutto , annuali se avendo che ne noi quelloche dimenticato debba onde avendo chiegga stesso avrai da nelle , noi nelle non qtiali quantunque far tnenzìone. Tu che sì fatte solennità anno, tn per altro presente, ami* ricorrenze solenni sarai da non , e son adesso tro sai per al- nell* parecchie queste in considerazione^ de, tnoderei-aiproporzionatamente le ttie domanni piùspero, che voi altri uomidi lettere dovete essere a qualunque superiori bei df* interesse. Con questi pecuniario ftcorsiegli ha destato in te le piògaiesperanze, e ti ha mansuefatto ; e tu che prima ave« vi sognato talenti,e migliaiadi monete, e cominci a campi, e fattorìe, poco a poco a di colui;ma tu confidi scorgere la parsimonia lidiesue promesse, credi vera e sicura quella asserzione: Tutto sarà comune sua fra noi^ ignorandoche tali offerte si partono dal labje ciò tanto Google. 89 bra, ma non dal cQore. Finaìmentepét sog* gezipaelascia lui la facoltàdi orottQn^iare ; tna egliricusa di farlo ed invita uno degli amici astanti a prendere la parola ed Inter-» fra di voi proponendo uno stipendio ioquire che non d'ai* sia grave al padrone^obbligato tronde a spenderein cose molto più Decessa* , , , rie,né troppo tenne per colui che ricever lo deve. L'amicot uomo vecchio» educato da bambino oell'artedi adulare,-ti dice allora : il piùfortunato tra pon puoi negare d^ essere di questa città,poichéti vie** U occasione che difficilmente Qc offerta una fortuna può-concedere a molti altri che la tuttigliuomini bramano ardentemente quellacioè » di esser degno di servire questo signore»di della s^a mensa» ed ammes* partecipe una romano ; primariacasa dell'impero trovato essere so in questa b una Gre«o,alla essere ai talentidt preferibile ricchezza di Mida, se tu saprai fortuna discreto.Ho veduto molti celebriJette«t quali occorrendo avrebbero dato qualchecosa del loro,per andare in compagnia la gloria di questo signoree cosi avere rati, i » , , di farsi vedere dare suoi lui,e non famigliari esaltare la tutto tua amici* Non ed protetti tua questo ricevi uno farsi cre^ stanza posso abba- poichéoltre a stipendio per questa felicità, fortuna;direi dunque» che può bastarti, 4é ne dice molto poco ) specialmedfe rifletti aite tue fature speranze , qualoratu (e tanto Bisogna duo* dissipatore» que che tu te ne contenti: né gièipotresti più fuggire, perchèsei nella rete. Tu ricevi far motto, e ti Ia-" senza adunque la catena essendo violentemente •ci facilmente guidare, non sii non un vero sei spronato con fintanto che illudendo te pungiglione, tirato,e ti avvezzi so, interamente vederti senza a non stes- ti poco a poco, e ti assoggeta tal giogo.Gli estranei nel ai cancelli del entro to aca- ostacoli»e divenuto entrare palazzo uno gliari de* fami- della casa, invidiano la tua sorte. Tu feliilmotivo per cui ti credono ce, stesso ignori t' illudi,e ti alimenti di ti rallegri, ma ^ più ridente. Accade di quello che speri, e come per altro l'opposto dice il proverbio alla mavanno : le cose \ niera di Mandrabulo, (i)-sempre peggiorane \ do perchèin somma ognigiornoil tuo bene sorte e la tua va retrogradando. \ impiccolisce, Allora tu cominci ad «avere qualchebarlume la"che queir e a capire auree -speranze erano speranze di un avvenire , cide bolle d'aria, ma (i) Mandrabalo offrì d^ pel primo oro, il secondo che le faticheattuali sono aveodo «nDo anno trovato alla dea tia tesoro Gianone ìnSamo, agnello un l'ofirid'argento,il terzo raìae. Godale di 43 Tidea, che per te di figlio esser esser Pirria , libero ti basta di ne ad alta venduto di non e di: Zopirlone, dal banditore non esser come ,di Bitinia qualchedisgradato sappi^ buon amico che quando alla fine d'^ognt frammischiato a Picria»e a Zopiriooe voce v , mio , mese stenderaicommessi la la tua mano servile» siasi mercede, qualunque rai riceve- e allora se-» gujràappunto la vendita di te stesso poiché ha bisognodi banditore colui che vende non la propriapersona, e che gih spontaneamente da gran tempo era in cerca di padrone. Dopo tutto questo potrò ben dire con ragionea cof^ lui che professa filosofia : 0 abbiettissimo no-» mo ti avesse se qualchepirata prefto sul mati avesse re venduto tu avresti deplorata ^ , , , la tua amaramente non qualcunoti avesse seco avesse Bti invocato meritata sventura; afferrato , e strascinandoti detto che tu eri suo schiavo, avre-^ in tua difesate leggi, avrestistre« picato, smaniato, ed esclamato ad o terra! o Dei! virtù , stesso mentre e in un' età tu giuntoal tempo avanzata a di servo aspirarealla di Aristotilein Crisippo, vender te pochi oboli ^ per fossi realmente d* alta voce, tutta la tua tua anzi obliando i discorsidel buon ma e Tu per tanto con filosofia ti sei Condotto se se saresti libertà , Platone , lode della libertà, in biasimo della servitù, non arrossiscid'es- ser 43 considerato del paricogli adulatori, co^ ciarlatanr mani solo in tanta e folla di Bo* vestire il pallio a piare strop, barbaramente pronunziarela lìngua tu esser e romana, gran co* buffoni , , trovarti a concorso, improbie a vili, la e a clamorose, cene maggior parte e di di uomini in sì fatte occasioni dì dovere e bere indecentemente ognicosa del La mattina il suono più del tuo bisogno. nel più sei costretto campanello ti désta bello del sonnop su e giù» levarti,e correre colle gambe tuttavia coperte del fangoraccoltovi dal giornoinnanzà. Eri tu dunque in tanta lodare , , carestia di fave , ed erbe salvatiche ? Ej-an le fonti sì povere di acqua dover tu abbracciare cotal vita ? Ma sei cotanto limpidae fresca per necessariamente egliè manifesto,,che avvilito per mancanza una ti non di fave ed per golosavogliadi pasticcerie, d^ intingoli, e dì vini squisiti, chiappato e sei rimasto ac- acqua , ina come ildentice , e adduncmato per la cia gola,premioben giustoper chi va in tracdi siffattecose. Il castigo deir ingordigia è scimmia, sarai una giàvicino»e quando,come incatenato per ilcollo moverti glialtria riso. Tu credi di nuotare per altro internamente nelle delizie , perchèpuoi mangiaresenza fa^ tica i fichisecchi di Atene. di gente , in cotesta Tra cotesta razza società la libertìi e la no^ , 44 dei natali son l"iltà lieve , ed è inutile ti tampòco. Sarebbe rammentarsene cosa vani nomi sopportar se per tanto dovessi solamente tu la vergogna della tua condizione, e di parere libero qua! sei , schiavo invece d' uomo uno se tu avessi non altri servi;ma V \ \ a le fatiche dividere vedrai che ti sarà non cogli coman- quelloche si comanda a Dromona e a Tibio poichésappi che al tuo lezioni alle 1 padrone poco importano quelle l qualidicea di aspirarei In fattitu sai il prodato di meno , verbio I l eia : che cosa v'ha di comune T asino tra vedi quanto pooo si della sapienza d'Omero, della lira? Pur troppo costoro curano , , tu forte ^ eloquenzadi Demostene, delle sublimi Pavidità idee di Platone. Togliete a costoro deir oro e deir argento, ed il pensiero intorno che altro ai mezzi, onde vie più acquistarne, troverai in quelle anime vili se non bia, superdel mollezza voluttà,lascivia, disprezzo bene Il tuo padroneper e crassa ignoranza? ha bisognodi te ; ma tu hai queste cose non barba lunga,un aspetto venerando^ sei una , , 3, decentemente vestito alla foggiagreca , sei losofo, per fiper letterato , per retore coro, ed eglireputa conveniente al suo deche un tale faccia parte di quel uomo conosciuto che lo adula,che corteggio così compariràamante , lo circonda, chè perdelle greche dot- 4S e intieramente allebelleletterededica« trine, Dunque probabilmenteo grand*uomo saraiimpegnatoa servire non mirabile per la tua amma e eloquenza, peltuo pallio, per latua lungabarba* Sarà dqopo in oltre che tu ti faccia vedere to. , sempre al suo fianco senza , , potertene allon* e giammai. Dovrai la mattina alzarti, dtri servi perchèegli a lui cogli presentarti tanare ,, ti vegga, così e ti uniformi luiprescritto. Talvolta verso che gU alF ordine stendendo egli la da no ma- di te, ciancia,e dice tutto quello viene allabocca , per far credere agli che camminando astanti, ancora per le strade glistudii e mette a profitto per sino il tempo della passeggiata. £ tu sciagurato^ non trascura , bel bello, correndo, ora camminando scendendo in una città ora salendo, ora xilta di Roma com* è quella e bassa tutto , grondantesudore , e anelante , mentr* eglisi fermerà a parlare con qualcheamico , al qua* ora , le sarà andato incontro , te ne starai ritto rit« caverai fuora do,ve riposarti, to, senza avere iltuo libro, e ti porraia leggereper non che cos* altra fare. Verrà la sera, del pariaffamato, e assetato, farai un aljapeggio, quasia mezza notte , e e pere sa- sarai I^gno verrai a* un illustre, e giàcome famigliare dai circostanti; rispettato via se sovraggiun^ cena, non comiiiensale gerà qualchenuovo r ultimo, e rilegato nella piùoscura » della Vi starai mensa. a pure ad un cane di foglie tatore spet- malva in cui ossa , vite, ser- sep-» giungeràqualcuno; ne di succhiare,costretto dure mero di leccar le ti contenterai te come un ta cantona- cheisaranno pietanze delle buone e come diverrai tu dalla fame , sono le avvolti altri che seg-p cibi,e che furooo lasciati da quelli esente primi posti; né già andrai neppure taU da ogni altro genere d' insulto mente che nei gono , Non sia intero. bia le avrai pure un solo uovo è mica necessario che non stesse cose che si danno ai che tu ab*» forestieri* sarebbe questa in te pretendessi, sciocchezza. Il polloche a te si presenta, non devVss'ere simile a quelli che si presentano aglialtri.Il ricco deve averlo ben grasso, e ben nutrito;ma tu devi contentarti d'un pollo di qualchealido colombaccio; o ammezzato, disprezzomanifesto, umiliante affronto che ti vien fatto! Se poi giungequalchealtro commensale ti rimane air non all'improvviso, occorrenza vo neppure questa roba,poichéil serilpiatto ti toglie d'avanti, e Io pone d'innan^ bocca : tu sei p a quello dicendoti a mezza di casa. Quando poi si trincia in mezzo ^lU bi^ tavola un porcellino o un di'latte, cervo, Se tu lo , sogna bene che tei sia amico dello scalco, al^ 47 irimentj ]a tua vale a Dov*è parte è quelladi Prometeo » dire, (i) tutt'ossa coperte di grasso. che sprovTisto rìuoiDo libero, ancor di bile quanto un cervo, che soffrirpotesse l'insulto che ti vien fatto togliendoti il piatto d' innalzi sta sopra , ? Non to mentre e , h lasciato a colui che ti mentre i5nchè a sazietà ti ho detto per altro ancóra glialtri bevono il via tu piùsquisito, bevi, e per nascondere chi che il peggio; chio, più vecpessimolo e o cer* d'argento impediscaaglialtri di vedere , il colore volesse il cielo, Pur ti fosse di bere concesso mangia* avvilimento bicchiere d'oro, un sempre torbido il tuo della^tua vile bevanda. che abbia ne sazietà di que* per molte volte a grossolanoliquore ; ma che tu chiegga il coppiere fa vida dissetarti, sta di non udirti.Aggiungi che molte cose, anzi tutte si combinano a tormentarti, particolarmente un quando viene a te preferito uoo un ragazzetto o un precettoredi balli, sto , , mìciattolo Alessandrino canzoni. che Puoi che canta delle Ioniche a coloro, uguagliarti ? Tu amorosi nel seno portano biglietti tu propose al Padre degliDei di scene fa41« di un bue ; egli tra dae. porzioniche eglia^eva la in la erinteriora carrìé aveva messo nna coperte colpelledell'animale, e dall'altra le osia coperte col grai"so , affine c^ ingannar Gio\e. (i) Prometeo 48 dunque ti poni a mensa sedere in debitamente , compiangi ti ha concesso pur stilladi una tante grazie. di vederti desiderare d'esser sembra Mi sospiridi vergogna la tua sorte, che deplori . te stesso, e non angolodellfl an dei carmi poeta erotico,o esimio cantore trui; al- poichéscorgiche sopra a siffattimeriti unicamente e la stima piovanole preferenze, altrui. Tu accetteresti volentieri per sino di fare T indovino, o che promette l'astrologo accumulati tesori ampie eredità,principati ricevuti sono poichévedi, cli^tutti costoro j, nelle conversazioni onore con « , e mente generosa- ricompensati. volentieri entreresti nel loro Ben per essere non o disprezzato; riputatouomo ohimè! neppqr inutile;ma numero questo ti starebbe bene ! E' necessario dunque,che tu ti sotto-r che sopporti tacendo, e piangasolo di sulla disprezzabil tua sorte. Se quaU metta, ^ nascosto che servo ciarlone ti accusasse che tu solo non ilqualeha hai lodato il ragazzo della padrona, cantato, o devi me un sonato la cetra, tu corri dunquea golaasciutta un bel rischio; urlare co«- ranocchio terrestre, per farti distinguere, com* uno dei primilodatori , e di quelli che accumulano an«^ applausi sopra applausi; in cui glialtri stanno zi cogliil momento atto ^ :pitti qualchebeir elogia, per profferire 5o del to; quinditi alzi al cantare sclami fra te: Ohinfelice! oh me ed gallo, e- meschiDo! qualitrattenimenti qualiamici ho io lasciati! ho ìq rinunziato ! Ho a qualvita tranquilla che era conforme ai miei perdutotutto quello desiderii,e per sino le mie libere passeggiate! In qualeabisso son io precipitato! e per qual motivo ? Oh Dei \ e per qualedecoroso stipendio? di trov^^r Erami forse impossibile al meglioanche in altra maniera, e di avere tempo stesso la mia libertà e il pienoarbi* dice il proverbio: trio di me stesso? Ma come deggioesser legatoa guisadel leone con un errando in su e in giùa piacere semplicefilo, altrui. Quelloche v'è di peggio si è» ch'io in questa carriera;ignofar progressi so non ro Tarte di piacere anzi in ciò sona aglialtri, idiota sei\za esperienza, massimavero un mi paragonano se con mente quegliuomini , , che si sono di vita ; fattiun roestiero di questa razza di grazia sono un perciò manco , di quelliche insocievole,non sono eccitare le risa, e capisco benissimo sanno che spesse volte la mia presenza annoia, par* uomo . ticolarmente io sia quando il padrone vuole eh* di lui stesso. piùallegro Eglimi accusa di serietà , sicché debba contenermi voglioconservarmi ia ignorototalmente come pressòdi lui, mentre se uomo veneri^ndo,appari* 5t sciocco, ed fico upo la eccito vogliadi cac- poi vogliofar ^visoridente e e umiliato al tempo disprezzato, ciariDi via. Se allegro8on 5 stesso; questo è dia con un volere recitare in maschera una comme- sul viso. tragica Fi- naloEieotequalvita condurrò io per me desimo mesacriBco aglialtri la presente? se , ravvolginel Mentre il ecco chiama stare le coscie una e interno siffatti sieri, pen- del suono ricominciare a a tuo le campanello,che stesse, a in piedi dopo che ti sarai cose ti rere, cor- unte gambe, se vorrai poter sopportare di fatica. tal ciò ne viene il Dopo le solito pasto alla solita ora, alFantìca ove la dieta è tan« vita. I sonni po tropbrevi, le sudate, le fatiche,ti consumano contraria to tua poco, e ti cagionanoT etisia,la pe* la colica , e T egregiapodagra. riplemonìa , a poco a i tuoi Spessevolte allorquando incomodi il letto, ti conviene stare chiederebbero riin piedi,giacchéil riposonon non vuoi che la un tua ti è permesso se malattia sembri una sa, scu- pretestoper sottrarti all'adempimento sei sempre giallo dovere ; perciò ed , hai la faccia d'un moribondo. Questoè queU del tuo lo che soffrirdevi in città;ma se farà d'uopo lasciando da parte la moltituviaggi, dinedegrincomodi, mi limiterò a dirti,che v^rìe volte, dopo aver corso qua e là per ul" che tu , 52 bedire al piùposto per trovi me altrui, arrivi T ultimo, e cenno non n'è ve compagniaal padrona,senza un te nella carrozza , altra , sei condannato cuoco, o al e non aiccoa far della perrucchiere che neppure in vece di gnau* ciale , sia posta un poco di erba sul tuo sedile. Io non vogliotralasciare di narrarti ciò Tesmopolo quellostoico filosofomi ha in vero accaduto, cosa raccontato essergli molto ridicola ma che probabilmente drà accaad altri.Eglisi trovava ancora presso ad ricca e una giovinedama delle piùillustri della città. Una volta bisognò e mi viaggiare, disse d'essergli accaduta primieramente la sere cioè d'escosa piùridicola del mondo, quella sofane stato messo a sedere accanto a. lui (filoche austero ) un di quei giovinastri hanno le ciglia dipinteed il mento sbarbato; in somma, che per quanto un giovinastro Egli si ricorda che pare era da lei amato. costui si chiamava il Sig.della Rondinella. Figurateviche bel gusto fu per un vecchio che , , , , , venerando, colla barba xjuanto r canuta , (e tu sai si e folta) di vederrispettabile seduto accanto ad un lettato imbelragazzacciiX e pitturato di aspetto lubrico, ctie ad un avvoltojo, bia che abpiuttosto somigliava il mento rondi* che ad una spelacchiato, nella! Se Tesmopolinon molto pre* lo avesse aveva , 55 gaio , colui si sarebbe in capo. rete Molte il buon » vecchio di colai che parte messo a molte e in sedere altre con ferse sof- cose quelviaggio » fece altro che , non una per rellare, canta- mugolare,e che se non glifosse stato impedito,^avrebbe fatto anche un balletto nella carrozza. La in fu dato al buon vecchio. altro comando Un Signoralo chiamò, glidisse: Tesmopolì, prego, fammi una grazia mi disdire mi non non e ; non piccola , costringerea pregartipiù oltre. Il filosofo nome di Dio e te né era xli ragione poiché gliela promise come nei suo Allora far di tutto. caio bisognava la Dama ti supplico, giacché sei soggiunse: tanto buono, tanto attento, e pienodi amore in carrozza la mia cagnolipaterno, prenditi " , ne, bine la mia cura Mirrina , e bada , che tu ben conosci, ab- che nulla le manchi la meschinella é giacché prossimaa partorire e , , questimaledetti barbari servitori , se rano trascu- quando siamo in viaggio,molto più. que bestiolina. Se duntrascureranno cara quella di questo grazioso ti vorrai prendercura me animaletto, credi pure» che mi farai un grandissimo Tesmopoli veggendoeh* ella piacere» lo pregava tanto, e quasicolle lagrime agli occhi , non ramente vecosa seppe ricusare. Era una ne ridicola il vedere quellacagna fa^ 54 dal vestito di Tesmopoli sotto là sua eapoliDO barba, pisciargli piùd*una volta addosso (seb^ nella saa narra« bene Tesmopolìlo tacesse fioca conforme zione ) abbaiare con voce alla sua complessioneleccar sulla barba del che il giorno filosofogliavanxi degPintingoli colati sopra. 11 giovinetto avanti vi erano poicompagno di viaggio prese una volta a a tavola tutti i convitatile quan-» motteggiare disse : in il turno do venne per Tèsmopoligli quanto a Tèsmopolimi limiterò a dire che di Stoico è diventato Cinico poichého sa-^ nel suo puto, che la cagnolinaha partorito , , , , mantello. glischermi di cotal gente!Essi chi convive con loro ed a poco disprezzano bi air avvilimento. Conoba poco gliavvezzano sendo giàun retore dei più facondi ài qualeesTali sono , comandato perorazione se , con in un banchetto di fare cavò ne molta abilità, con fuora veemenza, , a dir ed una vero » otteni^ grandiapplausi ; allora pertanto fa lodato in ai bicchieri penchènon mezzo arrriiaveva d'an^ ina a acqua, gato a misura d^ orologio fere di vino, e si dice, eh* eglisi esponesse a dramme. Queste tanto per prezzp di duge^nto sarebbero forse cose da tollerarsi; ma se quei ricco Signorefosse egli stesso scrittore di poe* sie,o dì storie,che recitasse le sue componi*» , 55 tioni a allora sì^che il precettore de*' mènsa, sfiatarsia ve lodare, n adulare,e espressioni per esaltare Taluni di qiìesti voglionoancora ilsuo nuove cercare padrone. esseire lodati abbiano un per la loro bellezza,quantunque cubito di naso, nonostante e voglionoes^er chianiatì Adoni e Tu Giacinti. pertanto se loderai,sarai nel cnotoento trasportato alle cave Dionisiache,come invidioso, e in* non sidiatore del in padrone.Deve il^ìadrone al tempo retore e somma comparirefilosofo, stésso; i suoi solecismi debbono parere pieni di tuo vezi^i,di atticismi,è dolci d' Imeto ; talmentechè il miele come fare autorità debbono neU* quell'istante perchèglialtri parlino istessa maniera. Comunque siasi però»voglio uomini tali; concedere, che sieno sopportabili da ma , lo non di aver d'intorno, a loro che ; giacchéstimano nn altissimo per loro ilsentirsi dire^che sono nelle scienze , che sono versate biscono am- stipendio, dotti,perchèle accompagnino in uomini rozza le donne certamente sono c^r* fregio esperte, che filosofes* sono che fanno versi per nulla inferioria qeelli cono di Saffo. Questa è la ragioneper cui conduse, sempre seco ma salariati; sofi e filoretori,grammatici, ascoltano mai? quando gli. quandosi stanno ab* o bigiiando,. quando seggono a pettinando, Oh ridicolezza! appunto 56 mensa poichéin ; altri{empi sono cupate. Accade spesso, che sta ilfilosofo mentre dissertando,arriva la cameriera alia oc« troppo porta e adultero dei suo biglietto Cessa nelP atto 1^arringa,che si face« amante. la castità e bisognaaspetva tare, appunto sovra all'amante, che la dama risponda e poi ritorni ad ascoltare il filosoficoragionamento. padrona un , Per le feste Saturnali,o per le Panatenee, lungo tempo dopo che tu avrai consumato nel servire,ti Sarà mandato bile mantello, qualchetonaca qualchemisera*infracidata,e lungae pomposa lode Il primo dei servi che ode ringraziamento. deliberazione del padronesul regalo che fare allora si deve , destina,corre da te, per annunziarti di la ti la fausta venir da te non senza riparte di un tale avviso. largamentericompensato nuova, Là e se susseguente tredici staffieri mattina vengono ognun ne recarti il bel dono a di essi,d'averci messo , una spacciando buona di te, perchèilpadronesi rammentasse che avendo V ordine di rola, pa- per te sione quellevesti,ha scelte le piìgiiori ; la conclupolsiè, che a ciascuqdifèssi bisogna dare qualchecosa, perchè sé ne vadano « lo o che fanno paga , viso con perchèhai tua avuto arcigno,e dato poco. Tu che a stesso scorre mormorando non ricevi la pochisoldi per volta,e quan« 58 ti sarà ióapatata altra cosa re, Ciò basta nel tuo dì sitnitfatta. di notte perchèin tempo involto , mantello»tu sia scacciato fuori di sa ca- furia di a Eccoti avendo pedate. dunque ramingo pel mondo in età consolante avanzata podagra; e non , la per compagno che quando avrai giàdi* di tempo sì giungospazio quelloche sapeviprima,e quandoil tuo sto" identicato in un di un'otre. ayrà acquistato l'ampiezza inaco circostanza è la maggioredelle Quest'ultima tue disgrazie^ perchèè irremediabile affatto. Il tuo stomaco avvezzato soltanto appetisce avvezzare a alle laute i cibi piùdelicati, mense e , dosi doven- tutt'altro nutrimento ti , altri vorrà Nessun porràalla disperazione. darti ricetto, e per la tua età già avanzata sarai simile a quei vecchi cavalli dei quali ginando neppur la pelleè buona. Anzi ognuno immaqualchecosa di più oltre 1'accusa , , , che ti viene data, ti reputa un adultero,un fabbricator di veleni,o qualche altra cosa ancor di peggio,perchèT accusatore taccia,ottiene più fede, che tutte stificazioni. Tu sei facilea commettere costoro con molta tuo sebben giù-' di capo leggiero greco ché ognisceleratezza; poile tue , , ci considerano tutti come tali,e ragione giacchéparmi di avere , indovinato il motivo del loro pensar cosi sfa- i^9 Vorevolniente di noi, ed è che molti de^nostri che entraci nelle sono buona nessuna case avendo non altrui, qualitàreale si annunziano , per vaticinatori, per fabbricatori di filtri , agliamori per destri nelle cose appartenenti alla bellezza ai no e tutto a ciò che nemici; quindiè che han può torto ^ nuocere se nutro* la medesima che eccellenti te , e e , mente-, opinione per tutti generalpresero da principio per uomini che poi osservando specialmen* la loro adulazione versazioni , , e alle cene, e nelle con* cro la loro servilitàper sete di lu- riconobbero tutt' altri. essere Quando gli hanno' discacciati dalle loro a case, quegliistessi lor padronigliodiano tutti i mezzi per mancercano coti darli ragione, che svelino in rovina perchè temono ad altri tutte le loro iniquità occulte;come avendoli vebene duti quelli che le conoscono , , , , nella nudità loro lo che è per essi motivo storo dMnquietudine grande,perchètutti co, no somiglianoa queibei volumi, che hand'oro miglia, vere le coperte di pelle fermagli mentre contengono poi il racconto della cena di Tieste, che mangia i proprifidivenuto marito di gii,e la storia dì'^Edippo, di Teréo, incestuoso con sua madre, o quella , due sorelle a) tempo stesso; cosi costoro- splendidie ammirabili , al di fuora , sono mentre 6o contengono al di dentro taft tragiche dcene ^ che scoprendone qualcunatroveresti materia abbondante per qualcheSofocle od Euripide , novello. Conoscendo no , adunquecostoro stessio"Ua"* i miseri lor precettore perseguitano sospetto che questiavendoli ben cono* e per , sciuti , ed essendo ormai no se a da pubblicare per da loro divisi vada*il loro tutto carattere reale. Voglioquindiancor io il quadro di te, dipingerti tu , altro Cebe- come una cotal vita , de on- bracciarla. vegga se ti conviene, absegnarlo, Avrei pur voluto pregare , per di- esaminandolo Àpelle,un Parrasio,un £zione» cile ed anche un Eufraore, ma giaccheè diffiincontrare cosi perfetti ti prepennelli senterò il quadroabbozzato alla meglio. Vegil gasiun sublime atrio indorato, non sovra basso piano ma in vetta ad eccelso colle. La strada che vi conduce h ripida e sdrucciolevole, di manierachè molti sovente, sperando il di pervenire alla cima, seotonsi mancare al fondo. Segga sotto a piedee precipitano atrio Pluto in persona, tatto quest^ coperto d' oro e quale suole apparire bellissimo ed è giuntoalla amabile, e l'aspirante appena air aspetto dh cotanta gnificenza. maporta si maravigli un t , , La ella pure Speranza di avvenen- 6f te avvolta in aspetto,e splendidamente rio colorata veste di così V introduca per entratura. magnifica unisce ad altre due donne , che sono mano va*- pefatto stu- Quindi si la Fallacia, la Servitù, le quali lo consegnano alla Fatica. Questa, dopo aver istruito a lungo e r lo abbandona infelice, ed infermo giàlogoro alla vecchiezza. Finalmente V obbrobrio se n* alla disperazione. e l'abbandona impossessa, La speranza da queiristante sparisceper esce più dalle porsempre da lui ed eglinon te dorate, per le qualiera entrato; ma fugge da una nudo, col ventre segreta porticciuola ed oppresso dagli anni. col viso «giallo, gonfio, Eglisi cuopre colla sinistra le partipudende, colla destra. Nell'atto ch'egli e si strangola , , viene esce lo sforza ad Tale buon ^d incontrare il Pentimento, ";he un inutile sia la fine del Timocle pianto. quadro.Tu esaminalo dunque o in attentamente viene ogniparte, riflettivisopra, e vedi se ti cond' esser di quei rappresentati nel uno dalla porta sontuosa quadro,cb^ entrano per uscir poi vergognosamente dall'altra; e in qualunquemaniera tu risolva rammentati che disse : Non Dio, ma noi me* quelSaggio, , , desimi siamo della nostra responsabili scelta. A ) 63 LE VITE FILOSOFI BEI INCANTO. 4LV Giove^ M.Letti i sedili, in ordioe tu prepara i deggionoqui veaire , e che postiper quelli dotte; tu e disponile vite qui per ordine introciano ma primaornale alquantoonde fac- figurae cosi attraggano Tu poi di compratori. avvenente maggior numero buon* al ora , fa^ da banditore, e chiama Mercurio o , perchè vengano , mercato , stantechè vite Filosofiche di opinione;che pronto contante Mercurio, Il concorso C Chi Animo, sere C uomo ogni sorte qualcunonon pagheràfra , e di ogni il avesse un anno , giàgrande,onde è non farliaspettare. più^né dunque. che Queir Ionio bra M. vuoi venderemo ora ritardar di Giove. Vendiamo M. , compratori mallevadore. purchédia conviene se or i in presentiamoper il primo? dalla lunga chioma, che se|n- venerando. scendi Pitagora, esaminato Annunzialo , e vieni ad dai concorrenti. dunque » o Mercurio. es^ 64 Qui M. si vende la veneranda ed eccellente vita di costui. Chi la vuol comprare ? Chi vuol farsiaglialtri uomini superiore ? Chi vuol Chi Vn M. T armonia conoscere delP universo vuol risuscitare ? ? ' In quanto air apparenza Compratore. ? che sa egli è.male; ma e non Sa i*aritmetica,T astronomia, la Scienza dei prodigj la geometria la musica magia, e di piùè un grand'indovino. , , C. E* permesso M. In tua buon' , la d'interrogarlo? ora interrogalo pure. , C. Di che paese sei ? Pitagora,Di C. Dove P. C. P. Samo. hai studiato? di quelpaese. Egitto,presso ai filosofi Dimmi dunque, se ti compro, che m'in* ? segnerai farò si che ti Non t*insegnerò nulla; ma In ricordi. mi C. E che farai percliMo P. ti renderò T anima Primieramente lavando ricordi? le immondezze tutte contaminata. pura, dalle qualiè " Supponich'io sia giàpurificato. farai perch'io mi ricordi? Dimmi, come C. Or bene. P* Primieramente grandeper C. Amico lo mio , , solitudine , e silenzio spaziodi cinqueanni. va^ pure ad istruire il figlio 66 sa, »cheti credi te stesso pure di fattisei mentre di una essere co* altra. un Camp* Che dici ! Io sono un altro , gliche adesso parlatecò ? e non que* ^ Ora IPitag. sei quegli , certamente una volta 1 peròcompariviin un altro corpo, e sotto l un altro nome, col teoie in altro corpo, V trapasserai. pò, di nuovo Comp. Per quelloche dici, sarò mortale , ti. Ma tqa sempre diversi aspet* di ciò. Dimmi, qualè la cambiando basta maniera su di cibarti ? Fitag,Nulla mangio ma che sia stato delle fave, mi ad eccezione tuttp dunqueim^ animato; pasco, di il resto. Comp. E perchèabborri tu questo legume? Pitag. Non lo abborro; ma egliè sacro, e la è miracolosa. Se tu le esporrai sua natura al lume cotte di luna in date notti,ne v* è di più.E' leg-r certe otterrai del sangue ; ma le gè fra gliAteniesi di eleggere delle fave. per mezzo Parlasti benissimo , e ture Comp. intanto Spogliati anche nudo. Per oro ! Eglisembra Lo comprerò . magistra^ vendi tu in religiosamente. perchèti vogliovedere ha la coscia d' Giove! egli , un Dio, non un mortale ! ogni maniera. Quanto costui ? Mere. Per dieci mine. lo 6? Camp. E per Prendi Giove. io Io compro. del nome e della tante nota del compratore. Mere. Eglisembra, patria Giove, essere uno di quegliItaliani che abitano Crotone, e Ta*' situate in ranto dove. ne Mere. Ebbene, se esponga Vuoi tu un , là , solo , ha ben ma tre- altri soci ia tale acquisto. cento se Il compratore quellaGrecia. giàcostui è non o lo conducano e , qui altro.- presentiquelsacido eh' io ^ via nativo del Ponto? Giosuè. Si. Olà. Tu portiil sacco, ed il man* tello,accostati,e fa un girodavanti a tutta Mere. che l'assemblea : Io T vendo il piùlibero. Chi il più generoso, comprare? Compratore.Che gliore, il mi- uomo lo vuol Altro un Mere. di temi attentato citi d'avanti iferc. Eh! Non . libero uomo tu, tu , o ditore? ban- vendi ? ti ch'egli contro la sua accusi come libertà,e ti al tribunale dell'Areopago? gì'importadi perchèeglisi considera te detto tu Si. Comp. Non reo hai uonlo esser venduto libero in tot- le maniere. Comp. À che mai può esser buono costui,co* sì sucidoy vestito, se non e ignobilmente ' , 68 a farne cavafosse un o , portator d* ac-* un qua ? Mere. - de ; solo è buono Non ma porta Io metterai se più fido Io troverai molto , sappic)à eglimedesimo Già cane. per queste faccenper custode alla tua ^ di uà ma si chia- cane. suo Mere. luogoè eglimai Di che Comp. qualè e , il mestiere ? Sarà meglioche tu da interroghi V te stesso. sua Comp. Io temo, a quella guardaturache non mi me gliaccosto, e non mi austera caltri , che. Non vedi tu ciante Mere. e Non cupa contro morda se fors'an*.- ne, ha alzato il basto- come aggrottate le e e guardaminac-* ciglia, rabbioso ? E^^iè giàaddomesticato. temere. Comp. Primieramente, o buon dimmi uomo, di che p,aese sei ? Diogene.D' ognipaese. ' Comp. Che cosa vuoi tu dire ? I"iog.Tu vedi un cosmopolita. Comp. E chi hai preso ad imitare ? Diog. Ercole. Comp. Perchè dunque non vesti anche del leone giacche' pelle portiuna , come la sua tu la clava ? JDiog.Questo mantello è per me la del pelle leone^ e fo guerra com^ coin^ non egliai piacerima , eglicomandato. propriavolontà. di mia Agisco voglioriformare Io i stumi co- dell'uomo. Benissimo! Comp. tu credere poi che tua fessione? pro- e dico medegliuomini passioni e specialmente essere superiore aglialtri , umane , di cerco nel dire sempre la Comp. Ottimamente, se la tensione in- liberatore sono delle ma dobbiamo buona tua e qual è sappiaa preferenza? Diog. Io -" piacela che ma ; mi ti compro , verità ©superioreaglialtri, rai? qual maniera m'istrui- in Diog. Appena ti avrò ti spoglierò della tua franchezza. con sotto la mia mollezza disciplina ^ e doti confinan- alla povertà ti farò vestire il mantello, quinditi stimolerò alla fatica,ti in seno avvezzerò bevendo a sul nudo dormendo patire, iacqua,e cibandoti ti capiterà ;ed avendo fede lo tu nel getterai del,matrimonio i ne che quello di denaro, mare* di lo, suo- se Non mi presterai ti curerai di ne figli, tria pa- questinomi, e lasciando la casa paterna abiterai qualche torre abbandonata che qualchetomba, o qual§arà pienodi fave coppo. Il tuo sacco scrittida ogni parte e trovane di volumi ; ciance riputerai tutti , , , 7» V doti in tale stato del gran Cora Se monarca. ti percuotesse, e più felice ati« qualchedunopoi ti vanterai ti tormentasse ^ tu ne non alcuna. risentirai molestia €omp. Che dici mai I Ho io forse la pelledel re granchioo della tartaruga per non sentidolore quand^altri mi percuota ? Diog.Adotterai quel versp d' Euripidealte-* randolo alquanto. Comp. Qual verso ? Diog. Sentirà Talma ildool ma non la lingua^ Quello poi che devi fare si riduce a quanto , giuriare appressò.Devi essere audace, ardito, intutti.Re e plebeiindistìntamen* , guarderanno e cositi te; , forte.La uom tua discordante il suono ad davi in essere la vergogna interamente città molto cruda esser te andatura , " e insomma bestialee feroce. Lascia la decenza , riputeranno di essa, veramente coAyrai la faccia seria,e del cane. quella essa analogala tua me tu dev' voce ti , la bontà. Spoglia pudoreil tuo viso, abita le popolate e procura in esse di di , viver mai non solo-^inaccessibile, ad amipo così non scopo. Fa quelloche né a straniero che sìa , perchè facendo, il tuo distruggeresti poiliberamente nessun accostarti in faccia a tutti, altro farebbe neppur di 1' . alla gente ; ttddcosto ri finalinentequando e piacciamangiatipure un polpo crudo una seppia e crepa ; questa e la felicità , o , che ti daremo. Va Comp. Tu va. , dici sucide cose , non e da ^ uoiiio. Diog,Sì ; rtta cose amico mìo facili^ alla mano e d' ognn* poichénon avrai bisogno di sapienza di arringhe, di belle ciance, e questo sentiero è il più corto per giungere alla gloria,mentre quando tu fossi un vii conciator di pelli, un lumaio, saun plebeo come no, ; , i questo to bettoliere,tutt' impediràdi farticelebre; muratore, un non un e tu sap« purchétu sii sfacciato, petulante» le persone. pia bene impertinenriiare Comp, Non ho bisognodi te per queste cose^ forse col tempo potrai riuscire ortolano, ma o marinaio,e per siffatti $e costui ti servigi» vuol vendere io ti pagheròper il pretóo di due oboli al più. Mere. Prenditelo volentieri pure» che ce ne sbarazziamo, giacchéegli e' inquieta,ci grida , ci maltratta tutti con e ma* ingiurie ledizioni. Gioire. Chiama adesso un altro. Quel Cireneo che é vestito di porpora, in testa. 3Ierc. Venite e dunque tutti,e porta la osservate corona bene, 7« la è cosa chi. vuol splendidae , Questa è felice.Chi compratoririe-* la vita deliziosa ama i ? piaceri Chi , e tre volte, la compra in persona ? Vieni Cirenèo, dimmi mollezza ' ciò che sai^che Comp. ti comprerò se sei di mia convenienza. Mere. Non inquietarlo, Non T o galantuomoé co, interrogare, perchècome vedi,egliè ubriaha ti può rispondere tanto e neppure la lingua imbrogliata.^ che comprar sensato Comp. Echi è^uell'uomo ? vogliaUBO schiavo così vizioso e corrotto Oh di quanti profumi puzza mail Come cammina Ma traballando da tutte le parti. dimmi, Mercurio, per quanto lo vetìdi,f« buono? a che è egli Mere. Ceneralmente eglih un ottimo compagno per bere,e per mangiare atto a servire incontinènte e lussurioso padrone a un , , , ballare insieme con senatrice. £* una bravo lavorator di paste , co ancora Ha , e un ottimo un cuò* miglior raffinatore del piacere. e studiato in Atene un ^ ed ha servito i Tiranni della Sicilia, presso a' qualiha molto figurato. filosofìa Il forte della sua nel tutti,nel servirsi di tut-* disprezzar ti e nel trar piacere da tutto. Comp. E' tempo che tu cerchi qualcunotra i ricchi,e danarosi* Io non sono atto a fare sta , 1 74 dero le infelici e lacrimevoli UiHatte delle nessuna qualiè fortuna ; dai esente cose ^ colpidella gli quindiè che commiseraudo uomini piangosovra di essi ; ma le cose chMo consideri non sono presenti giàquelle bensì quelle che verranno di più ma rose dolodopo la vita oh quellesì che saranno , , ^ , , V incendio ; come deir universo total rovina. Ecco «uà , perchèpiangoe la e mi v^ è cosa Infatti non stabile al dispero. no mondo, ma in qualchemaniera tutte vanV L* allegria e a confondersi insieme. . afflizione, la saggezzra medesima cosa una esso piccolonelle , or Comp. vicende si cambiano e e , la follia sono in ed il grandeed il del tempo si rimpiazzano ti,alor recìprocamente bassi. E che è il tempo ? cosa Eracl. Il tempo è giuocaai dadi , un e Comp. E gliuomini Eracl. Dei Comp. E EracL Uomini fanciullo»che scherma , contrasta. che cosa sono ? mortali. gliDei ? , immortali. amie logogrifi Camp. Questisono enimmi co mio, poichénulla determini chiaramenfa Apollo. te, come EracL Non m' importadi voi altri. ti di buon senso Comp. Dunque nessun uomo , * 75 vorrà EracL comprare. Io vi comando a tutti,dal piòpiccolo al più grande di piangere,o o non priate, compriate. Comp. Questo ammalato non è insania. Io non comprerò né sia che com-^ dalla lontano T uno né V , altro. Mere. Anche questirimangono invenduti. Giòve. Ebbene Vuoi Mere. Mere. altro. quelloquace ? Sì. dunquetu. Vendiamo Tuomo Chi compra quest' uo* giudizioso. Vieni qua buono mo un eh* io incanti tu Ateniese Gioire incantane e venerando? Comp. Dimmi Socrate. Io sono prima che cosa sai ? nelle facc€r'''-s^ sapientissimo "^^Z, amorose. ^ Comp. E vorresti chMo comprassiun tal pe«* avvenente? dagogo,avendo un figlio Socr. E chi piùa proposito di me per educa» Io non a-* re sono un, giovineavvenente? che del corpo, é T anima sola quella mante par bella agliocchi miei. Ccfmp.Mentisci asserendo che ti curi dell' , , anima soltanto. Socr. E pure ti giuropelcane che la cosa Comp. Per sta , e pelplatano, così. Ercole! Che assurdità di Dei! 96 sia Dio? un ti sembra, che ilcanéf dici? Non Che Socr. guarda Anubi in Egitto,Sirio Cieli,e. Cerbero nell'Inferno. Comp. Hai ragione; ho sbagliato ; ma nei dimmi edificataper Socr. Ho vi fo vivi? tu come ivi abito, citta, vi detto e governo straordinario, un le mie intanto me una leggi. Comp. Ascolterei volentieri qualcunode' tuoi dommi. ^ Socr. Ascolta le dunque il piùgrandeapplicabi! Io dico alle donne deve che , di nessuna ad appartenere esclusivamente solo; che ma si prestia esse uno che quelli tutti la ricercano^ t!omp.Che dici mai! Tu lire dunque vuoi stabil'adulterio in legge? \TSàcr. Per Giove! Non è forse questo l'origine di tutte le coutestas^ioni? Comp. Ahimè, quanto sei condiscendente ? ma qualè il fòrte della tua filosofia Socr. Le idee, e i modelli delle ^ la terra , le che esistono cose ilCielo , il mare^ sono stono che esi- cose poichétutto quelloche ! vedi sovra come la ra, ter- re, immagini oscu- di ciò che è fuori dell'universo. Comp. E dove sono? Socr. In nessuna parte qualche parte non , se poiché fossero ia esisterebbero certamente^ 77 Camp. Non i modelli dì cui cu parli.« Socr. Sicuramente, perchèsei cieco negli oc« io veggo le immagini chi dell'anima ; ma invisibili. di tutti gliesseri,che per te sono Veggo un altro te un. altro me, in somma veggo doppioognioggetto. Comp. Bisognadunque ch^ io ti compri per« che sèi sapiente e di vista acuta. Vediamo o Mercurio perciòquanto iriidomanderai veggo , , , per costui ? due Dammi Mere. Sta bene ; altra volta. Comp. Comp. ma ti chiami Comi? Mere. Talenti. Dione pagheròil danaro uh^ ? Siracusano. dunque e buon prò ti faccia. Chi vuol comOra chiamo te o Epicuro. prar di colui che costur ? Egliè discepolo cantavamo ine di quei crapuloneche sempre ride poc'anzi. Eglisa una cosa più di loro, cioè egliè più empio assai tronde d'aldelle mollezze e del egliè amante mangiar bene. Comp. Qual è il suo prezzo? Prendilo Mere. , , , , Due Mere. mine. Comp. Eccole; ma vogliosapere qualisono sue pietanzefavorite. la roba dolce e fatta,col Mere. Egliama le e preferisce poii fichisecchi. , , le me* '^8 fàcile il contentarlo W Cmnp. , glicompcerò delle filzedi fichidi Caria. Chiama Giwe. altro,qneltosatp dal volto un quellostoico là giù. Mere, Dici bene, perchèpare che ana folla di concorrenti al mercato lui. Io vendo aspetti Tuomo virtuoso e perfetto. Chi vuol essere ilsolo a sapere ognicosa ? severo , Camp» Che cosa dici ? questiè ilsolo sapienteil so* lo buono, il solo giusto, il so-" e generoso, lo re potente, il solo retore, ricco, legista* e ogni altra cosa. tore Comp* Dunque amico mio, egliè anche buon buon conciator di pelli, fa"* e buon cuoco, Mere, Dico che , , bro ancora? quelche pare. Camp. Vieni qui buon uomo Per Mere. , , ed a me , che il compratote, di pur chi sei,e in primo d* esser venduto per luogose ti dispiace ischiavo ? sono Niente afiàtto; perchè queste Crisippo. nostre, sono cose tutto che quello e non Camp. Non intendo Come ! Non Crìsip. se alcune sono siamo ci non indifferentiper appartiene. ciò che tu dici. intendi che di queste co* ed altre rigettate. preferite Comp. Nemmeno- adesso t'intendo. E con ragione, Crisip. poichénon sei avve^- 79 al vocaboli nostri hai quellaim* maginaziooecbe è facile'ad impararli ; ma r uomo sapiente,che ha imparatele logi* zo solo che teorie,non ocra non e , queste cose, sa accidente y accidente e il sopr* qualdifferenza vi sia tra loro. , nosce ten^ pr«g.^ per la Ma Camp. ma il piacered'intendere tormi Che tua è accidente cosa poiohè non di monia so , e co* filosofia non anche questo. sopr*accidente , abbiami com' ^ e , an- Tar^ colpito questinomi ? Nulla Crìsip. ti vo' torre. Se qualchezoppo piedeinfermo contro un sasso, si facesse inaspettatamente ferita una e avrebbe per accidente T azzoppicaturae la feritaper sopraccidente, di mente ! Ma dim* Comp. Ve' che acutezza urtasse col , , mi , che sai So Crisip. intrico tu tessere inoltre ? reti di che quelli parole colle quali parlano e cosi chiudo , , loro la bocca, facendoli tacere mediante spranga fra i demi. Il nome questo mio artifizioè sillogismo. una di vera Per Ercole ! chiami dunque irresil'artifizio del sillogismo? e certo scibile, Sta dunque attento. Hai tu figli? Crìsip. Comp. Si e che perciò? fie un Coccodrillo te lo rapisse f ro^ Crisip. vandolo a scherzare sulla riva del fiupie. Comp. tu " , 8o quinditi prometteeseet restituirtelo qua* lora tu indovinassise ?egli ti voleva restituire, il figlio. o no Quale diresti tu, che e fosse la Tu Camp. intenzione ? sua domandi mi il dar glidirei una cui fe difficile cosa perchèignoro che cosa risposta; spondi ri; m^ per riavere il mio figlio tu , per mia creatura , amor di Giove e , salvami la avanti eh' egli1? inghiòtta. altre ^rose Crisip. perchèt'insegnerò Coraggio, ancora. più meravigliose Comp. E quali? mietitore, il predominanCrisìpAÌsillogismo te , e il maschera- rEiettra,e specialmente to. Comp. Qual e che il sillogismo, tu chiami ma- qualel'Elettra ? famosa figlia di Elettra dico, fu quella Crisip. Agamennone la qualead nn tempo sapeva, stesse; poiché quando e non sapeva le cose Oreste, sapeva che le si presentò incognito cherato, e Oreste era suo fratello,ma non sapeva che Oreste fosse colui. In quanto poial sillogismo mascherato senti un maravigUosoragionamento. Conosci tu il tuo padre? Comp. Sicuramente. la coluomo un Criii/). Dunque s'io ti presentassi faccia coperta,e ti domandassi conosci , tu costui ? Che mi risponderesti? ^ 80 del sapiente il fare proprio Il dar danari ad imprestito» dei sillogismi. che seme calcolarne gl'interessi sono cose brano accostarsi molto al sillogismo; di quinancor questo è proprioesclusivamente' che è la ragione all'uomo come scientifico; r interesse , non come pure ii percepire si percipeseni'- plicementedeglialtri;ma- perei pere FinT interesse. Ignoritu forse teresse sovra che gP interessisi dividono in parte prìma^ discenin parte seconda? Questacome e dente da quella?Così si verificaanche il sillogismoche dice : chi prende il primo interesse,prenderàanche il secondo ; ma si prendeil primo, dunqueva preso il secondo , ancora. Comp. Dunque diremo lo stesso della paga per la scienza che insegniai sarà manifesto ^ giovinetti ; 6 in tal guisa che ricevi , che il solo , sapiente potràfarsi paga- uom per la sna scienza. Tu intendi le cose Crisìp. re ricevo certamente compiacerechi pagatore, e le cose me rettamente; io la paga per me, ma la dà; poichéuno no» per è il T altro il ricevitore,ed io dispongo in modo da essere pagatore ed io ilricevitore. il discepolo, cioè, che Comp* Ma tu hai detto l'opposto, il giovaneè il ricevitore, e che tu ^olo sei ricco il pagatore. Crisp.AiBÌ€09 tu vuoi burlare ^ ma bada be» ti scocchi un sillogismo chi^ ne, ch'io non i come, difesa. amaiette non Comp. Scocca pure. Che oiale me ne potrà derivare? Quello di Crisip* taciturno, attonito» Il peggiopoi sarà, e confuso di rnvnte* s' io vorrò, ti caia^ròmi «omeato in che un rimanere sasso» Comp. in Come un sasso ! Tu ooii sei Perseci mica! Il sasso è egliun corpo? Soco come. Crisip. Comp. Sì. Un* animale t non è egli un corpo? Crisip. Comp. Sì. Tu sei uo animale. Crìsip. Comp. Mi pare che si , oertamefittt» Dun4}ueessendo tu corpo » sei ancom Crisip* un sasso, eciogUmiper Tamor di Giove come uomo e ritornami prima. Non è difficile; tornerai ad essere uo^ Crisip. dimmi un poeo( ognicorpo b infis^tti, mo; ^li animale ? Comp. No. U sasso è animale ? Crisip. Comp. No. Sei to un corpo ? Crisip. Comp. No, davvero. Ma , 84 Camp* Sì. Come Crisip. corpo Comp, Sì. Crisip. Dunque non animale? sei anche sei sasso, essendo ani-* m9le. van Comp. Hai fatto bene, poichémi s'impietri a Miobe, e si andava-» giàle coscie come comoiidando. Vogliocomprarti. no Quan"* to ne vuoi o Mercurio ? Iferc. Dodici mine. Comp. Eccole. Mere. Lo compriper te solo ? in società con Com/9.No, no, davvero; ma tutti questi. Mere. Son molti di schiena rebusta, e Capaci del sillogismo mietitore. Giove. Su Mercurio, non perdertempo, chia* ma qualchedunaltro. Jferc. Chiamo te che sei te, o Peripatetico, bello e ricco. Comprate questo uomo pientissimo, sache sa perfiettamente ogni cosa. Comp. Chi è Mete. Egliè , e oostui? modesto e mite di , una vita cievole so- poi particolarmente egliè dop**- pio. Comp. Che dici tu? Mere. Eglisembra essere di uno quandoIo veal di fuori, e un altro,se lo consideri al , 85 ^ di dentro ì onde se lo tu in Ini V distinguere ricordati contpri, interno dair uomo esterno. uomo Camp. In qu"lscienza ha eglila premineata? Mere. Eglisa che vi sono tre speciedi cose baone ; quelle dell'anima quelledel cor* , pò, e le ecerne. €omp, IS^Ìi petìsadd Mere. Venti Comp. Tu ne Quanto vale? uomo. mine. chiedi di motto. No, galantuomo perchèsembra cho Mere. , egliabbia dei danari addosso ; onde com« pralopure al piùpresto. Eglit'insegaerk d* altronde,quanto vive la zanzara, sino a i raggisolari penetrino nel qua!profondità mare^ e qualsia V Comp. Oh Giove, Mere. delle ostriche. anima che minutezza E che direstimai» tu se di ricerche! T udissi dire piùacute di queste, dome per esempio,quando parladel seme ^ della, generazione^ cose ancora della formazione utero, in qual maniera male che ride,e Tasino T dei feto uomo è un ne 11' ani-- aninnal^he non di fabbricare, ride, incapace e di navigare. un sime utilisLe sue leziotii sono Comp. Hai ragione» quindite lo pago.yepti veramente, mine* f. , Mere. Va benissimo* Chi è rimasto all'incanto? Y ultimo Questo fpettico.Vieni .qui danque ta Pirrone sollecitamente , (i) the ora la deglioblatori è partitae , farìitra Chi ppohi. Pìr. auiggior parte ehe la véndita si ? dunquecostai elw prima tu, cosa sai? Come? Sì, noila; perchènulla Camp. E noi slam Pir. Non Compé venduto Ntdla. Pirrone. Camp. compra dimmi Comjo.Io; ma esser per , mi par che esista. nulla ? ' dirti neppur ipiesto. E neppur tu che sei filosofo? so Pir. Ancor meno lo so» «la Camp. Che meraviglia! òhe ti setvaho co« bilancio? teste pesare le Pir. A eavse » ed tra equilibrarle mili quando poi le veggo esant^men te sied eguali di péso, sospendoil mio giu« di^io,e non so piòqualsia la parte giusta. Camp. Ma fra le cose tue qualison quelle che tu fai con aggiustatezsa? Pìr. Tutte fuor che correr dietro ad un fuggitivo. lor^, » 9 Camp. Ma comete forse molto difficileqoe- sto? Pir.- Perchè non posso amico raggiungerlo, mìo. Camp,E con .'(i)Pinone in fatti,poichétu ragione capo degliScettici. tni «7 sembri pesante e pigro.Ma qnal è la meta 4el tuo dubitare ? PinL* ignoranza la sordità, e la pecità. , un uom Comp^ Ti confessi dunque sordo Pir. Ed e stesso cieco? e privodi giudizioe anche in al tempo , io somma non vernaìcciuolo. chMo Comp^ Bisogna di senso differiscopunte da ; un ti compri, appunto per questo motivo» Quanto valuti costai ? Mere. Una Comp. mina di Atene. Or bene che di Eccola. tu Pirrone ? io t^ho comprato. Fin Non si sa. Comp. No! neppuf quandot'bq comprato, e sborsato già.Udanairo? Pir. Io il mio giudubito»e perciòsospendo dizio. Comp. Dunque segjQimii come mìo deve fare, un servo. Pir. Chi Comp. Lo sa se questo è vero? il Banditore,la mina sanno che ho sborsata,e tutti gliastanti. Pir. Evvi qualcunoqui? Comp. Ti farò bea convenir^io quandotiavrò mandato al mulino^che io sono il tuo padrone. Pir. Dubito ancor Comp. Affé te idiquesto^ lo farò ben veder* io! 88 Mere. Cessa ta di il còxx^ opponi,e segaita chiamati donTani. pretore. Voi altrisarete Signorifiniremo la manovali de^i artigianie Domani dunque, o vendita dei de' , , plebei. IL I FILOSOFI O PESCATORE, RlSUSClTATL Socrate. B astonate lerato. quelloscelpure^ bastonatelo, di a furia di sassate Accoppatelo furia di a zolle,di mattoni. Accoppatelo che non Bada bene Piatone o legnate. ci scappi. E tu, o Cfisippo, ancor picchia , , , tutti addosso. Avventiamocegli tu. »» Fra ilbastone *» Alleanza , e la bisaccia ^ d^ aiuto ornai si faccia; essendo è comune, non di alcun di noi rimasto illesodalie ingiurie la guerra giacché costui. E tu^ o ba* Diogene adoperail tuo , piùfortemente che mai, e non cessare. che meritano i suoi Abbia costui ilcastigo che fu? Siete giàstantanti blasfemi;ma chi stone ? vergogna ! Siete voi filosofi ire membrate: Le vostre giovenili ? Oh » ' 90 Lue. Ma io pregar vi posso colie pa** role d'Omero» perchècosì, mentre le fecH* aocor to, per amor suo vi asterrete dal farmi ^oP- fosa. "» M Ad dom. non reo^oon date tal martoro, % ricevete preziosi doni Qaal io vi posso dar di rame e d'oro Cose che piaccion anche ai Sapientoni* Plot. Noi pure ti risponderemo colle parole d'Omero, odi: Non pensar di fuggirne nomo perverso^ L'oro che n' ofltri sarebbe ormai vano. *# » '/ » »f fi Sei cadnco per sempre in nostra mano. aeppar Omero* mi giova. In Euripide solo, ho spéramus adesso;for- Xiic. Misero se me, eglivorrà u Non " Condanna salvarmi. date morte a chi implora. pietade ilCiel La crndeltade ognora. Plot. Ma stesso dice di più. Euripide malfaetor convien che pera. L'iniquo E morrò perchèeglipariein tal ma* M Lue. , niera? Plat. ha detto Sicuramente,poichéEuripide por anchei »f Lue. Sempre il calunniAtor Dunque se nessun fu castigatou beli'ingegaomi pa" ditemi almeno, chi siete?Che. mal salvare, vi feci, di me ar-* tanto .contro per essere rabbiati, e minacciarmi di morte? ^ 9» Plot. Che facesti, imenrogate stesso o quelletue pungentisari* penrerso. Rileggi re, nelle qualioltraggiavi per fin la stessa mai , filosofia , vendere e ci schernivi tutti , ad come uomini sapientie Questo, questo ci , «bbiamo sione di ritornar e Siam venuti a di più noi , liberi? uomini ha tanto da ottenuto Vender mercato. un facendoci che irritati, Plutone la permis« qua su, per poco tempo punirtinoi, cioè Crisìppo, , il Epicuro,io stesso Platone, Aristotile, altri taciturno Pitagora, Diogene,e quanc' furono diffimatidai tuoi discorsi. mai riprendofiate;poichéson certo che non uecickrmi quando avrete vorrete saputo qualeio sia stato per voi. Quindi gettate pur via queisassi,o serbateli piut* toeto per coloro che ne son degni. P/crt. Tu vaneggi. Bisognaassolutamente che in questo giorno e pei delitti tu muoia Lue. Ah ! » , che bai commessi » Sotto un monte dì sassi andrai sepolto. Lue. Voi dunque, o buona gente, decretate cosi? eppùr che uccidendo me, uccidete sappiate colui che tutti , che è vostro che pensa afietto, merita lodi da soltanto ben famigHarevostro , come voi, e , se non è offesa, il propalatore dei vostri studii,che scrisse tanto in favor vostro» Badate dun- Go,ogle . dei filosoH operare alla moda que di non di questo tempore non compariate ingrati» collerici, e contro perfidi un vostra uomo amico. Fiat. mo impudenza!dunque ti dobbiaancora ringraziare per le tue ingiuriose Yè che ciance con f Tu credi vili e idioti, se uomini dobbiamo per tanti àX contro Lue. Ma di trattare certamente che pretendi ti gratiper tanti insulti e che hai fatti discorsi impertinenti esser, , nou dovere quandov'ho io Io ingiuriati? la filosofia!che rìco* sempre ammirai sono e che mi priivoi stessi di tanti elogj! che assiduamente che avete a studiare V opere applicato ch^ lasciate ! In fatti tutto quello io hoidétto , da chi altri l'ho io imparato» da voi ? Scegliendone se non a guisa d»'ape il fiore, ai mortali, iqua« e compartendolo scun li vi lodano, e riconoscononl belio di ciadi voi per opera mia , e per la scelta eh' io n' ho fatta. Quindi è che se lodano per la bellezza de' miei discorsi » è tutta lodano voi, poi* in sostanza ma apparenza; me che tutti conoscono ove che ho colti così diversi sì varii per fiori, è il giardino, vostro e molti plici le tinte, e che hp il merito di averli saputiraccorre e distribuire in modo che Digitized zedby uno soltanto , non re, unidi- 95 scordi dair altro. Chi sarà che dunque colui ^ da voi così favorito, dopo talibenefattori, mercè dei possa ingiuriale qualiegliabbia potuto comparirgrande? che Altri non certamente essere potrebb^ stato essere , seguace di Tamiri , o qualiil primo cantò contro un ricevuto il dono del avea di Euri le muse, canto , e te dei , donde T altro nel lanciar ad Apollola superiorità disputò ce le frecce,ad Apolloio dico, che delle frecera Plau T inventore. stato Questo tuo è da Oratore , discorso ma o uomo generoso ^ ha che fare colla nostra non ^ anzi dimostra sempre piùla quistione; tua impudenza e si scorge che tu unisci r ingratitudine alF ingiustizia mentre a* vendo tu, per tua propriaconfessione ri-' , , , da noi le armi cevute , di noi le hai contro adoperatefacendoti unico impegnoquello dì ingiuriarci tutti.Questaè la ricompensa , che da te per averti e lasciato in tua giardino, abbiamo, ricevuta aperto il nostro fiori empirteneil«énó^ balìa di coglier , e libetramente. Ècco ciò per cui partirtene sèi degno di morte precisamente Lue. Ve! voi mi ascoltate giàpienid'ira e perdo non date^cun peso alle mie giustificazioni. , Io certamente che r ira dominar non avrei mai dovesse in duto cre- cuore n 94 le, Aristotia un Grìsippo» ohe o a tant^altri di toi; anzi mì^parea» voi 8olì foste^seeTridi colai passione. Non mi uccìdete dunque, o valetti nomini, sen« ia t"a prima giudicarmi ; pmchè secondo Piatone» d un I scessa mini un lesione,non debbon^liuola fona^ ed ilpotere, ma rimettere vostra usar delle loro differenze, giudice ascottando e rispondendoparti** colarmente alle scambievoli ragioni. Eleggete dunque ed innanzi a questo giudice la decisione al , lui accusatemi re per rete pure, o tutti insieme,oppu* Terganodi colui, che di far le vostre veci , incaricar ed io vor«" rò risponde- Fatto ciò, se risulteràch'io in qualchecosa, ed il ingiuriati alle accuse. v'abbia riceverò giudicedeciderà contro di me, ilmeritato castigo, e voi inappellabilmente tàccia andrete cosi scevri da qualunque di violenza ; ma se air opposto risponderò ne a tutto sé risalterò innocente verso di immeritevole del biasimo vostro, to il giudice mi rimanderà liberoed assolu- voi, se , , e voi dovete Tira rivolgere vostra con-- v^indussero a che ingannandovi coloro, perseguitarmi. dice il proverPlot. Questo é appunto Come bio, tro nn mezao lasciare il freno libero al cavallo in ai campi; perciò tu possa in tal ma- 95 niera ro i giudici e andar sopraffare adaolfito.Tutti dicono che e , retore giran , nella ciarla ; tremmo/scerre sei un astuto d'altronde» qnalgiudicepò, soggetto ad non dai tuoi doni addetta aUa tu molto avvocato un e libe-^ Tia ( oso legge) e essere rotto cor- solitodella gente che decida in favor non V tuo lue. Dì questo non che temete. Kon chieggo, il giudice su i quali tra quelli, scelgasi sa poscadere a Plat. £ , o il sospetto, che mi Perciò unitamente -la loro sentenza. vendano stessa- il dubbio voi altri,scelgoper la giudice filosofia. mo ^.senoi dobbia- chi sarà V accusatore ? giudicare stessi. Accusatemi, Z(ic. Voi e giudicatemi già per quésto, tanto in ragioni, mi credo superiore e con' tanta confutare. facilitàmi sembra di potervi Plat. Pitagora, Socrate, che vogliamonoi fa« chiede che d'esser giure? finché egli non dicato^ parmi che la sua domanda non sia ingiusta. Sùcr. No, certo. Avviamoci dunque verso il in giudice la FiTribunale, ed eleggendo cosa losofia,ascoltiamoche sapràrbponderci ; poichéil condannarlo avanti di giudicarlo voi; io non temo formalmente, non sarebbe cosa da 96 bensì da uomini noi, ma e iracón^ plebei, consistere la ragionenella lo« di,che fanno ro fon^. Inoltre somministreremmo anlar- chi ci vorrebbe biasimare, se panissiuomo senza mo un dargli campo^diparlare difesa; prepotenza tanto a sua piùodiósa me a , di filosofia. E in noi, che ci vantiamo costui morisse senza come giustificarsi , Anito e ^ Melito, o Plat. Ottimo, a ? Socrate è il tuo o campo biasimare potremmo glialtri giudici,che condannato mi hanno avuto aver se an* consiglio, dunque alla Filosofia ed ella sia il giudice Non v* è dubbio, che sanostro. remo dìamne , contenti della Zuc. Bravissimi Così meglio va , conservate te ; ma poco , o , come e sua decisione. uomini dotti sapienti. così agite più legalmen* quei sassi perchètra , vi ho detto , ne ? Io questa filosofia gno biso- avremo in faccia al tribunale. Or trovare e dove non so si può dov^dla sebbene di conversar con voglioso lei,ho cercato a lungoil suo damictlìo e infruttuosamente. Ogni qualvolta sempre mia ricerca io mMncontcava in quella oon dimori , , , avvolti nei loro mantelli,e portanti lunghebarbe , e che si spacciavanoper uomini credendo ritornatidalla filosofia, la conoscessero io fettivamente che ef- gr interroga- 98 i non ticchi adoratori. degnavad' uno sguardo rimaneva: ècoSpessodisegnatamente sì vedea» che portava groì^sb cated'oro, lo che mi costringeva a rétréice- perta ne e , dere itiifnanttnente,coD)ptangendaqudiaii« noh pèhnaso, seri,che colèi attraeva a sé ma erano per là-barba stessa. I poverétti , apparenza in Plat. Fin abbracciò Issione che come irana nna di Giunone/ vece la poiclìè tutti pi"lese qui tu parlirètcamentef porca della Filosofia noh è a , , né da tatti conosciuta. Per altro nbn avrem bisognòdi andare a casa sua, rà^pèttéredo mo qui nel Ceramico, ove verrìi ritornandall'Accademia, per andare nel Peciib , a giare passeg- è solita fare còme ogni Ma anzi eccola che viene. Tedi tu giorno. quelladonna di decente contegno, di placido sguardo che cammina posatamente , pensosa ? Zuc persone che si assomiglia* air andamento alla figura alfe vesti , , , Veggo mólte no sebbene jPlat. date lina sola di picibene conoscere esse la ; ma vera appena debb' essere losofia. la Fi- Filosofia si farà apriràboCcà per parlare. AfFè Filosofia. ! còme ? Platone in soiAiila, tutti i Aristotile, Crisippo piùfaiùosi u, » 99 dttoridelle mie ìeùoài ! O amici mìei , co* di nuovo ia vita? Qualcunoforse là già me V* ? inquietava voi E chi è costui che mi sembrate sdegoati. arrestato, voi ? è forse un ladro 9 con avete e ducete, con- a*- un sacrilego peccatore ? Pla^. Veramente Filosofia egliè il peg« o tutti,che ha osato spa^ gioredei sacrileghi sassino , un , lare voi,^ dr contro , noi contro ttuti,che discepolie abbiamo trasmes*. le lastre lezioni. ai posteri se forse perchèqual« vi sdegnate Filos. E che ardisce,biasimarvi? Quando sapete equo che ho, udito contro di me daU tutto quello vostri siamo , , , la Commedia nelle feste di Bacco? la considero come mia amica , non mai citata innanzi al Tribunale. no ta mai andata ad accusarla ciò che recitare tutto feste , colla poichéso sua che non , e io V ho Non so* T ho lascia» si costuma mi Anzi può nelle nuocere derisione;air opposto mi può ca« V oro che i replicati gionaremolto bene ; come colpidi martello rendono piùliicen* la sua .finezza.Non so te e fanno piùpalese collera e tanta dunque intendere perchè. furore.Perchè dunque soffogate tanto co* , stui ? Plae. Abbiamo giornodi domandato vita , siamo in graziaquesto salitiqua so per in* 100 il meritato castigo peimali eli*efliggergli La fama ci ha narrato glici ha cagionati. in faccia al pubblico eh' egli tro consparlava di noie perciòvorreste ucciderlo,senza eh* ? eglisì potesse discolpare ci rapporteremo per ogni cosa Fiat. No a sarà quello ciderete. voi e il suo castigo cho^i deFUos. E. , , FUos. Zac. mi Che dici tu ? ne AppuntoIo stesso a voi,come riporto a la verità ; ed conoscere sacra o , Filosofìa; e sola che può quella a gran fatica potei sa pregandomolto, che la mia caufosse rimessa al giudizio vostro. ! ora la chiami saFiat. Ah ! furfante iniquo cra? la e come poc'anzila rappresentavi la più vile vendendo mente pubblicapersona ottenere, , tutti i suoi sistemi FUos. re Lue. bene a due oboli Puno. mava egliforse non biasila filosofia gni, ; ma quegliuomini indeche sotto il mio nome voglionocuoprì- Badate r infamia Ve , eh' loro. n' avvedrete tosto se ascolterete le andiamo all'Areopago ragioni ; ma anzi a quella cittadella, poichédi là su pò* vedere da una come tremo specula al tempo stesso tutte le partìdella città. FUos. Incamminatevi intanto,o amiche, almie , , , lOl la . Loggiadel Pecile,io verrò a trovarvi la causa di cocolà,quando avrò giudioato storo. Lue. E chi elleno 8on aspetto molto Fdos. , Filosofia? hanno , e è la Virtù , ed ha al fianco Queir altra che ; im decente. Questapiùrobusta la Modestia za o che quella va la Giustizia. suo innanzi è di tenebre è quella la Sapien** è avvolta è la Verità. léuc. lo non veggo ultima quest* che tu mi accenni. Filos. Non vedi tu nuda, che scappa sempre via di mano a tutti ? e Lue. non disadorna quellaDgnna 9 sdrucciola e La scorgo a stento adesso ; ma le conducete voi ? tutte con l'adunanza, piena e perfetta stessa per ? che Seguitatemidunque amimìe, non sarà gran fatica il giudicare causa specialmente poi trattandosi dì» no , , a£Pare che c^ interessa tutte. ho pur voi, ch'io non di udire quello che mi è giànoto. Verità. Andate Lue. potrò difesa. aiuto nella mia una sarà cosi ed io far salire sulla tribuna la Verità Filos. Perchè perchè Ma tu ^ o Verità , trovandoti bisogno noi con rettamente potraiaiutare a giudicar palesare ognicosa. , e , a 109 dunquequeste due PUos. Gondaciamo tuie se** guaci,o piuttosto grandiamiche. Lue. Volentieri, jrdos. Seguitemio amico, tu tutte e Lue. No , e Franchezza costì rimanti. Filosofia, venga quante ci sono. Non , di la pur el- veneranda e perbì ragione, senza pericolo vengano combattere fieremansuete , e per , nostro quest^uomiciattolo che è in Accusa o le altre,se volete. Libertà di salvare tentar e e , ma di cerco nemici stt« diffìcili pre a persuadere pienisem, sutterfugi, quindiT è accusa neces* saria. Pilos.Necessarissima, certamente, glioche venga ancora Ver. Seguitateci tutte e sarà me* la Dimostrazione. , brate in questa causa mentre tutte mi sem* necessarie del pari. Àrìuot. Osservate,o Filosofia come ca eglicerdi trarre la verità al suo partito. Aristotile* Filos. E che! Platone, Crìsippo, temete forse,che la Verità vogliamentire , per lui? Ella è pur la Verità in persona. i^lat. Non dico questo » ma eglih un furbo tremendo , e la potrebbe sedurre colle sue adulazioni. Filos. Non temete, " ove in persona, certamente può esser mai commessa. Giustizia. Andiamo la Giustizia presiede nessuna ingiustizia dunque; ma dimmi co , io5 qualeè il tuo ? nome Ìmc. Paris^ìade, di Alixioqedi Elen* figlio 9Ìcleo. . tua Pa.tria Filos. La ? Filosofia.Nacquisullerive ma de^'J^ufrate; perchètal domanda? ep* La Siria ,0 Lue* pure conosco , che alcuni di questimiei persecutori nulla differiscono da me per U barbarie dei natali^nonostante il loro sen* è da Solcasi^ da non no , e la loro sapienza da Babilonesi Gipriotti, poi ^1 cospetto vosero non , o da sarà E Stagiriti. reputato da chi abbia il dialetto barbaro meno retta giustala e Fìlos* Tu dici bene si ; ma mente. , la mia domanda ma era semplice per altro conviene eh' io sappia qualè la tua professione. Zac. Quelladi nemico ai superbi, ag^impostori, ai bugiardi, ai vanagloriosi a tutti ^ ) . in coloro che somma vizii, che sono da infetti sapet^ non sono Filos. 4^è ! avrai molti da odiare ! e come simili pochi. Lujc. E- vero; poichévoi vedete quantisono i miei nemici, e i,nqualpericolo mi trovo sco Conoper, questa mia professione. ne per altro benissiusoanche la professiodi amico agliuomini opposta , cioè quella appunto buoni veritieri y finalmente tutte , e biano che abschietti; quellequalitàche fo4 Hieritano amore degni di questa che meritano di al contrario immenso, numero stro filos. D' altronde sorte. dimetiticare l' amore meno pochidairvero ; ma esercitata , neli'arte e , coloro V odio mio sono questo mi può far la come rendermi e sono pro^ssione valente l^ae- di odiare. ste Eppure non dovrebb' essere cosi. Quedue professioni cipio, posano sullo stesso prinquindinon bisognadividerle,quantunque sembrino due , pur noti formano che utià sola. Lue. O Filosofia, tu conosci queste co^e glio me- di me, la mia professione dunque è di odiare i cattivi t di amare e lodare i buoni. lilos. Venite lo alsiam giunti dunque,giacché scopo nostro. Qui d' avanti ai Tempio di dote Minerva si formerà il giudizio. Tu Sacerpreparacile sedie,che noi frattanto adoreremo la Dea. Lue. 0 Minerva , vieni a soccorso mio contro nemici ; membrandoti questisuperbi ti quanhai spergiuri quotidianamenteuditi da delle acostoro poichétu come ispettrice zioni umane, vedi tutto quello che fanno. Ecco il tempo di castigarli mi vedi e se soccombente in qualche e che le fave cosa, sieno in maggiornumero, salvami tu nere , , dandomi la bianca. io6 importaU bellezzadeU^ ma e IMngegno dello sccittore; stile, tosto piutcalcante oratoria veemenza, una poiche Parissiade è retore eglipure. Diogene.lo^ io sì, lo accuserò^ poiché mi polte parole^ pare, che dòd vi abbiso^ino che piùd^ ogni altro a me,. e tantomeno avendomi ^U stato, da lui vilipeso, sono venduto prima d'ognialtro per due oboli attuale poco caso - . soli. farà per Diogene,o Filosofìa, Pku. tutti noi Rammentati la parte di accusatore. per far uso altro o generoso Diogene,di non • soltanto di di accpse quelle tutte presentarle ma adesso badar nostre a non che in giovanoa te, poiché comune, devi alle diffecenxedelle ne decidere in questo momento opinioni, to qualesia la retta. Affaticati soltan- difendere la filosofia biasimata,e vili* scrittidi Parissiade, e lasciMdo negli scordi, siamo diparte le opinioni per le quali pesa ' da combatti è Abbi presente comune. da che aver te , a che tutti noi abbiamo solo per nostro difensore , e solo adesso dipendeV opinione progettato che che l'oggetto te si deve di noi 9 talmentechè , dobbidm comparirdegni di venerazione o debboBsi ha contro consolidare le accuse di noi divulgate. o , che costui io7 Non ifiog. Nulli lascerò» parlerò per temete. tatti,e quand'anche la Filosofiacoinifìose ( poiché è naturalmente mansuèta ) pensasse-a rimandarlo assoluto^ pacifica io non mi perderòdi coraggio e farò an, sa ; zi vedere che stone. il ba- portiamoinvano non . F^os, Ohibò { sembra me a megliofar Usò del parole che son più forti ancora Non bastone. perdeteadunque tempo r acqua scorre-, e tocca a te o Diogenea parlare» delle , » , £piic.Gii altri seggano, o Filosofia e votino » insiem con te, e sia pur Diogeneil solo accusatore. Filós. Non temi tn , che si accordino a dannarti con- ? ZtuCé Mai no. Anftì vogKo vincere ottenen-^ , do piùvoti. Pilos.Tu parli, in vero, generosissimamente* Sedete dunque tutti,e tu o Diogeneparla ? pure. E' J^iog. a te,ben noto, stati in vita il farne di me nostra qui la mo siaFilosofia quali , , rebbe quindiinutil sa- narrazione , e tacendo cessero quanto bene faloro Pitagora, Platone, Ari« stesso, chi in vita o non sa altri tutti.Dirò dun-» e gli stotìle, Crisippo colie quuli que le ingiurie questo maladet- io8 tissimo Parissìade ha deità uomini vilipesi costui retore, ha ri* nundato, per quanto si dice,ai Tribunali, vi aveva e alla cansiderazione che stata acquinostra Essendo sorte. tutta quellaforza del rivolgendo dire, tutta queirargutezza che appresa a, veVa contro e nello studio delle scienze , le rivolse di noi , e ogginon cessa dì sparlare, chiamandoci affacinatori ingannatori e marci , , persuadeil pubblicoa schernirci e biasi* da nulla ; anzi adesso ha fatto sì , che il pubblicoodia te stessa insiem uomini come con noi, chiamando vane ciance le esponendocon derisione le cose piùprofondeche tu ci hai predicate di maniera che è applaudito, e lodatodagli astanti e noi non otteniamo che ignominiose beffe; perchèil basso popoloè tal di ridersi sua natura, che gode nell'udire glialtride«d infamarsi a vicenda, tanto più quando si biasimane^le cose, che sembra^ vano venerande,come appunto godevano ed EupoTide Aristofane cohì* allorquando parirfecero sulle scene Socrate stesso ia recitando alcune insulse commedie derisione^ di lui. Quei due pertanto azzardarono contro tue dottrine , e , , , si fatti insulti contro solo,e in tempo nelle qus^i un un nona delle feste Dionisiache , tale abuso era permesso » la log derisione costituirà medesima Bacco e , una parte della festa forse.godeva , come del riso di si fatte maldicenie ; ma costui ha Radunati tutti gliuomini più eccellenti, amante si volse per teippo a preparare, di loro in un voluminoso scrivere contro e e libro bestemmie alta villane,e Platone voce Crisippo me, quando neppure , e , costui biasimare ad Pittagora Aristotile, e tutti glialtri in somma era quellafesta che lo permetteva , , , aveva nen alcuna in a ricevuta fesa da noi of- Sarebbe perdoparticolare. nabile se così facendo avuto avesse di noi, e non qualchetorto onde lagnarsi fosse stato egliT aggressore. Quellopoiche è peggioassai si è a sentimento nostro si fa scudo che facendo eglitutto questo , , , del del tuo nome, o servendosi e Filosofia, lo fa coipfamigliare, di noi. Inoltreha sedotto contro Menippo, già nostro amico, e lo Dialogonostro battere ancora fa declamare sedo lui spesse volte contro di noi; io fattitraditore della causai comune, Menippo è il solo che non si trovi qui costui. Per tutte queste ragionidunque Luciano merita d'esser ca- coi) noi ad accusar fatti^checosa mai potrebbe stigato.'In egli dire quando in faccia a tanti testimoni ha coperte di ridicolo le cose piùveneraa* , fio de ? Sarebbe al pubblico giovevole quindi il vederlo punito, stesso agli per insegnare altri di non la filosofia. mai disprezzare Il tollerareqnietamente, e sopportare in pa- sìSàttiinsulti, c? ne , debolezza ma frire V ultime earobbe moderazio-' non e demenza. Chi fatteci trasportane ingiurie , doci sul mercato schia* tanti vilissimi come vi, e facendoci vendere per quanto detto incanto per pubblico uni banditore! Eglivendergli al , prezzo , altri per sono ne vien del mezzo per molto attica , e me « mina una questo infamissimo soli, può sof- uomo , per due oboli gran risate dei circostanti. Tali i motivi pei qualisiamo venuti qui con fdegnatie , mente vi domandiamo vendetta contro supplichevole» qn si vilipendio grande. I Risusc. te Bravo, o Diogene , hai degnamene perorato per tutti. Filos. Da Versate T acqua per parte glielogi. colui che deve rispondere adesso, £ tu, o Parissiade,di tutto quellocb^ vuoi dire , perchè r acqua adesso per te, onde scorre ti affretta. Lue. Diogene,o accusato , Filosofia non mi ha di tutto ha taciuto anzi il peggio, so il motivo. capirne re che quello lungiio dal Ben ho detto , e e non negafatto,secondo U I ir nfMriKzioDe,e lungi ptrimente mi credo itiobblidal tefitierriie Tàpòi^ogìa , Sila stessa •go di'drr ch'eglipuò quello, taciuto^ aver detto fino ad ora; conoscerete, chi fossero quelli, pòidiè^così biasimai tacciandoche poàt alKìneatito,^ o • dimenticato,'ed io lidi superbi, ' attenzione e d^ impostori.Fate dico veramente ite , non dunque il in vero poi la mia arringacontiene OgJilcoSav^se' mi e di duro cosa d'oltraggioso qualcherete biasimeche per grdstisia non ne lusingo, coloro che ne son degni. ma me Appena mi accorai qnanf eran necessari gHula menzogna, l'audacia,il cUmogarìtii^ , , , ré ',il' contrasto, oratore,^ credei d'abbandonare vei^r, o che il ' ' tant* altre è conforme tal al mio , tuo onde seno; rico- volli, vita seorresse della mia un dovere mi professione ^ e Filosofia nel resto ad cose come dopo una porto placidoe sicuro ed e perigliosa navigazione tempestosa , ì^' un - • , , ivi sotto Avendo tua riposarmi. l'egida sol»iper mio sostegno, guen^a adorava» che son sola in conse- tutti coloro insieme maestri della vita assistono 'le persone che coloro perfetta, a incedere nel to soltansentiero, -t ohe suggeriscono retto le che e , te te cose non buone , e convenienti. L' uomo devia da* questo sentiero,' ma os«" Digitized by le leggi tue, ^pr^regge, felicita la propriavita, il che' pochi attentametite serva e giorninostri satino sicurandente. Vedendo poi che molti eran predominati sto della Filo3ofia, dairamore m(i d^l fanon d' 8c;^entifico soltanto^.che c^rcavanv imitare t veri filosofi nellecose più copuuomini ai , e triviali,cioè nella barba, Aeirauda- tura, la nell'abbigliamento.j e : seorgpiuio ni, contradizione continna la.loro vita, tra e r apparente carattere loro, poichéfacevan sempre T opposto di.quelloche fai tu, o Filosofia,e denigravanoF alto cui volevano Mi affettare altamente , carattere i|i? zientiva. impa- di vedere 110 tragico molle, ed effemminatura pareva istrione,di sua che rappresentasse il personaggio di per Achille, di Teseo, e di Ercole, sens^a sanato, ne parlare recitando , incedere da smaccatamente Elena stessa, e imitava , Polissena non sopportare che né uji eroe eroe , ma di maiiiera che avrebbero potuto cotanto sdolcinato si esageratamente la loro ef- femminatez^a; tanto più Ercole Callinico, a un colpo della parer mio, avrebbe con clava sul momento schiacciato queltasua lo , e la sua maschera insieme ^ come quello ehe diffamava cosi vergognosamente le sue sembianze. Yeggendoviio trattata in ugual "4 feci sì e rimproveri, da voi; e glidistinguesse ricaì di che il pubblico , invece ades* quellaonorevole ricompensa,cui do* vea veggomi tratto in giudizio. aspettarmi, Or dite,potrestevoi incolparmi d'empietà, manifestare se nel veder qualche discepolo i Divini misteri, mi movessi e beffeggiare acerbamente? a sdegno,e lo rimproverassi mai no ! poiché glistèssi direttori degli istrione che spettacolibastonano quell* dignità rappresenta malamente, e senza Minerva, Nettuno, o Giove. QuestiNumi tali direttori, ma non sMrritaiiocontro gli 80 di che porpercuotere coloro-, tando la lor sembianza, e rappresentando autorizzano à il lor glidisonorano ; anzi a personaggio parer mìo, gliDei son contenti di vedergli Chi rappresenta male la parte di castigati. un messaggiero commette servo, o di un un ma errore; picciolo grave e vergognoso , lo commette colui,che non sa presentare Giove o in tutta la dignità aglispettatori Alcide. Quelloche vi è di piùassurdo poi che la maggior parte di essi studiano si e lezioni e le mele vostre ditano scrupolósamente attèntamente per agirpoi e vivere in continua a quelle. Egli è opposizione che pre-» certo per altro, che tutto quello della ricchezza e dicano,cioè il disprezzo , , , » . ii5 della il gloria, per il vero ira , ia non bene , vero l'andar del curanza tutti,sono con ed in riconoscere la sola virtù dall'esser denigrate, ogni rità famigliabuone,filosofiche, fasto,la cose eccellenti; scevri d' quanto ma son mercè predicate •alarlo , datr ammirazione di costoro mai un pei ricchi,dalla loro avidità peldenaro, dall' esser piùstizzosi deglistessi cagnolini, più delle lepri, più adulatori delle pusillanimi scimmie, più incontinenti degliasini,più e piùcontenziosi dei galli? rapacidei gatti, il riso ed il dispreizo al* Quindi muovono alle portrui,quandosi veggono affollarsi te dei ricchi, sedere alle mense di gran e quispargere lodi sino alla nau* concorso, sea , mangiareoltre il bisogno far viso , scontento, filosofareabbiettamente,einop- portunamente col bicchiere in mano , p reggere al vino pretto. Accade per ciò che gl'idioti comrQensali se la ridano , e si non facciano beffe della Filosofiache fa così detestabili poiè piùridico* che lo,è r udire ciascun di loro ripetere, ad di nulla ha mai bisogno, e dopo avere allievi.Quelloche alta uomo voce è ilsolo esclamato, che il filosofo veramente ricco , vederli un ma* domanda re v e di-« dopo,accostarsi, esauditi. Questoè lo se non sono aperaisi mento / ii6 che in abito stesso fronte tutte con e ai si atto plichevole sup- di loro. Se piùbisognosi che debbano tratta , V elemosina in chiedere , rejgiocol diadema in le altre insegnereali attorno poi proprio in perorare la loro arringa^uUa comunione vantaggio, finisce più e non cessano dei beni, non , d' inculcare P indifferenza per le ricchezze, mai V oro , e V argento ? dicendo : che son nulla del piùdella All' opposto mare. conoscente di gno un sabbia che si trova e sul lido tico quandoqualchean- loro amico avendo , biso* ad essi accostasi,e chiede di quelmolto che essi posseggono, soccorso, poco glivedete incivili, tosto taciturni , confusi la di palinodia belle e quelle tante predicato, hsLìf cantare , quanto espressioni alla virtù » alla airamicizi^i, intorno beneficenza , sparirvia non si sa dove , e manifestarsi:apertamente per parolealate ^ colle qualinelle disputeche fanno alla ' storo fra loro. Son combattono frese*ombra amici finche non si tratta , e d'oro; un ma se e di argento qualchedunomostra obolo soltanto,addio pace , co- loro tutto è perturbazione, e come irreconciliabilità, se mai predicatoin contrario. i libri,la virtù fuggevia e Spariscono succede appunto come quando si getta un non. avessero j ^*9 òsiso in un branco elicani addosso (ano , che tuttiglisai* si tnordono , vicenda a ,. ed lo porta via. Si racconta Re di Egitto insegnasse assalgono quelloche che certo un volta allescimmie una sti il ballo cheque^ e , animali, più atti d'ognialtro nelf tare imi- ben presto umani, imparassero i moti di porpora , con schere masul viso, fossero per molto tempo vestiti e quell'arte, dal pubblicoapplauditi finche un , spettatore che al branco. meKZo delle noci avea Le si dimenticarono , le lepido gettòin tiel vederle scimmie di il ballo, lasciaron es- quellescimmie che erano le masche* realmente, spezzando le vesti,e combattendo re, strappando per quellenoci tra loro, sicché glispettatori ser ballerine,comparvero del ballo si sciolsero beffandosi di essi. Tali sono i fastidi biasimati, e e costoro quelliche vi vi son questisoli ho di biasimare, Di voi altri pertanto taluni che imitano Credo bensì di , mai avete me la vera tion precetti) sparlarein alcun così pazzo di D'altronde, che avrei dire? Che di e i vostri stato modo. , mente assomigliano( poichéreal- filosofiae seguono sono ed io cesserò mai non di schernire. , fatto dì potuto mai tanto male ? perbi degno l'odiare queisu- Dei. quei nemici degli Ma voi , o ii8 Aristotile^ Platone Crisippoe Pittagora, , , potete asserire che come , alcuna cosa di vi o assomigli, suol dirsi , come e se con comune sia voi, e che vi ai propria?La scimniia ha che fare con non portano la barba costoro abbiano costoro ^ le, Erco- lunga,si e affettano serietà spaccianoper filosofi, a voi. non per questo debbono assomigliarsi Non ostante avrei tollerato che si spacciassero » di per tali,se fossero stati capaci cile, più facheco^ l'usignolo, finto;ma quelcarattere che ravvoltolo imiti stenere so- è imitino i filosofi veri. Io ho detto tutto storo quelloche avea da dire; tu, o Verità, puoi far testimonianza se' ho detto la più picciola bugia. lìlos. Ritirati, o Parissiade,in altra parte. facciam noi? Che abbia ch'egli vi pare come parlato? Firtìi. 0 Filosofia ; avrei voluto esser costui mentre sotto terra , parlava ^ tanto ha dipintobene la verità e al solo udir le sue parole io ricpnosceva ciascun di colora che eran di tali imposture e diceva colpevoli io subito,questi è il è il tale quegli tal altro. In somala eglimi ha mostrato se gliuomini, cosi ad evidenza come gli avessi veduti in un quadro in corpo e in , , , , , , anima dipinti. tltos. Io pure mi che I Sisusc. Lo Eglivada stesso. nostre amico, caduto a e noi lo avendo come pure assoluto sia riconosciuto e accuse, nostro re, voi Usa dite? ne dalle vergognata; sono benefattore poichéè » che accadde stesso qual ai ac« iani, Tro- noi forzato questo declamato* le a narrare quelliil cantore Eglicanti dunque e sciaguredei Frigiìponga in iscena i nemici degliDei. Diog. Io pure o Filosofia lodo molto qiiest* , , , uomo, ritratto le mie amico, poichéegliè FUos. Bravo, o accuse, Io fo mio e valoroso. veramente Parissiade. Ti assolviamola pienivoti ; e d^ora ogniaccusa ; hai vinto a innanzi sappi,che tu sei nostro. Pariss. Se prima io ti venerava adesso reputo che mi rimane a celebrarti in tragico , stile. » »f . il trionfo mio, bella vittoria, Orna Cingimi ilcrin d^ alloro Virtù. Manomettiamo , e dammi gloria . botte. Chiamiamo quest^altra no queisedicenti filosofi onde ricevagiustapunizionedei loro misfatti ; , la Parissiade sia il loro accusatore. Filos. Dici ottimamente, o Sillogismo,che città,e convoca o Virtù, perciòtu sei il Bidello,vanne in i .Filosofanti. Ascoltate. Sillogismo, Silenzio. Vengano i fi- tao , alle accase rispondere losofial castello per d*avaoti alla Virtù, alla Filosofia, alla GiQstizid. mata a tal chiaquantipochiaceoitono in giudi! Ternon molto il comparire zio e poi la maggior parte di essi non hanno a neppur tempo, giacchéstanno logismo, i ricchi ; ma o Silse tu vuoi corteggiare che accorrano in quechiamagli sta Pariss. Oh ^ , ' , , maniera. tìlos. No, è meglio,o Parissiade,che gli chiami tu stesso, come piùti piace. Tutti quelli» Pariss. Volentieri. Zitti,tacete. «he^dicon di esser (Conveniente un che Filosofi, tal nome', date premii saran e una una una a e al due stello ca- mine quegliche più folta,riceverà filzadi fichi*Non loro dei ripartizione ciascuno focaccia di sesamo; barba vengano nella della città,ove credon occorre » avrà pur anche che portino seco modestia, giustizia, grandezzad^ani** mo, poichénon per altro i son cose tino necessarie. Por- cinquesillogismi giacche di questi, ninno può esser filosofosenza Voi che pugnate a forza d' argomenti Venite,un premioé quidi due talenti(i). w n (i) Iliade iib. 11. , 122 biasimata per esser dato aver non un segno distintivo,e sicuro ai vostri veri seguaci , possono essere per tal fusi coi ciarlatani. che Filos. Penseremo viamo a mancansca con* questo tra poco* Ora rice-^ questi. / Platonici. Noi Platonici dobbiamo i essere primia ricevere il premio. PitAnzi noi Pittagorici Pittagorici. poiché tagora fu il primo. , Stoici. Ciancie vane. preferire. No, Peripatetici. Stoici siamo Noi da poichéquando debi Peripatetici si tratta di danaro bon essere i preferiti. le focacDate pure a noi Epicurei Epicurei. certamente; , eie , , e se le filzedei fichi; in quanto ^Ue mine dobbiamo esser gliultimi aspetteremo. Accademici. Ove sono i due talenti?Noi Ac« cademici di proveremo di tutti glialtri. Stoici. Mai ziosi più conten- esser finche noi Stoici siamo no, qui presenti. FUos. Cessino disputetra di voi , e voi airaltro, di percuotervi coi bastoni,perchèa tutt"* Cinici e le cessate di addossarvi V uno altro fine qui foste convocati. unitamente alla Virtù , e Io dunque alla Verità giudi- 123 cbetemo che qualisìeno i veri filosofi ; e quelli troveremo nostri dommi , conforme vita menare ai riconosciuti per tali. i malva^ poisenza pielà saranno Annichileremo che nulla ban di comune gi e gr impostori, noi di comcon parire malgradola superbia , filosofi la Ve', che avvenne! Ma gite? fug- di essi si precipitano maggiorparte giùdalla rocca. Ecco vuoto il ca« stello,e rimangon soltanto pochi,che non il giudizio O ministri racnostro. temono cattate che un Cinico fugquellabisaccia, gendo , si è lasciata cadere. Vediamo , un quelche vi è dentro forse delle fave, libro»o qualchefocaccia* un Pariss. No, v'è delForo, de' profumi,un coltellino da sacrìfizii, uno e de* specchio^ poco , dadi. Filos. Bravissimo dunque in , Cinico o illustre! ecco che vi esercitate,e con questi niezzi volevate chi insultare , e chi istruire. Pariss. Tali troviate , e sonò un costoro onde mezzo ognun trovar servir deve la menzogna i malvaginon però che stura questa impo- convien cessi qualisieno nella so* e qualii falsi.Tu o giacché questo mezzo, vegga cietà i filosofi veri Verità , dei , unicamente , per te, acciocché ti possa soverchiare , e onde illudereglialabbiaiio, non 124 avendo tri,non gna quandosòn alcun segno che li distin*-' mescolati co* buoni. Verità, Affidiamo questa incumbenza ft Paris-* siade stesso, se così vi piace,poichè-egii si è e o e dabbene, amico nostro^ tuo particolarmente grandeammiiratore, ne Filosofìa.£gliprenda seco la Convinziósedicenti filosofi, tutti questi e esamini , mostrato coroni uomo d' ulivo , al Pritaneo invitando tutti coloro che troverà seguaciirreprensibili della vera Filosofia.A quelli poi che n* h grande) esser troverà ( e il numero uomini bugiardi e perversi strappi pur loro la bisaccia tarpila barba con forbicioni , da tosar le pecore, ponga loro fronte,o imprima in fuoco la , rimento detto , , in delia scimmia. o Verità, e Tespe- o che devi fare segno alle ciglia col mezzo della volpe figura Ji/o^. Benissimo un o mile Parissiade sia si- quelloche fa l'aquila, per quanto de' suoi Non dicesi, pulcini. vogliodir già, che tu esponga i filosofi ai raggisolari;toa bensì presentiloro d* avanti oro fasto mollezza;chi vedrà tutte queste cose, e lascerà abbagliare anzi le non se ne ma d' disprezzerà,sia pur da te coronato olivo. Quellipoiche spalancheranno mente avidaa , , , gliocchi 9 e stenderanno la mano al ricco metallo sienó da te , loro primieramente tosar alle fiamme. Pariss. Sarà tutto , o conforme eseguito afferrati, e fatta la barba ducili con- , Filosofia puntualmente al volere tuo , ed io breve vedrai molti di essi portai» sul volto impressa la figuradella volpe,o della scimmia pochissimicoronati. Che se poi vi ,.mVim pugnereidi condurvene piacesse qui qualcfaeduno. Filos. Che cosa, dici? vuoi dunque richiamare ? quelliche son fuggiti e Paris4. Sicuro, per se UD la Sacerdotessa volesse affidarmi queiresca, momento Famo, cl^eil pescatore del Pireo e ha quelcon- alla Dea. saccatp Sacerdotessa. Eccoti tutto. Pigliaapcor la perchè nulla ti manchi.* tessa Corona dunque l'opera,o Sacerdodammi alcuni fichi, e un poco dWo. canna , Pariss. , Sacerd. Eccoteli. Filos. Che domine pensa di far costui ? Quando avrò infilatiquestifichi,6 le neir.amo, mi porrò a sedere sulquestuerò Parii5. di questo castello,e calerò Tamo alla città. mura dentro fare, o Parissiade? tu pretendi di Pepescare pietrenel quartiere Filos. E che Vuoi tu ? lasgo . T2(J Filosofia» ed aspettate pescatore Nettano, tu Am-» Pariss. State zitta , o la pesca. E tu fitrìtesua Sposa, mandateci bondansa. Affé! veggo o un pesciin ab* grosso Ragno » anzi un^ orata. è Liberta. No,» egli air amo ansante E* si accosta. Pariss. Anche ho te. tu, trarlo per Tediamo Come! pesce gatto, e ^i^ne ali*odor delPoro. E* vicino, un un è o tiriamolo preso! su. Libertà,porgiuna qua sópra.Eccolo poco chi eglimuto? denti ha costui! Che cosa tu ma« finalmen* sei,o buon pesce. Per Ercole! che ti è accaduto o prode?Tu sei avido,e ti sei fatto acchiap* sotto ai quali speravidi pare tra gliscogli, sarai scoperà tutti; poichét'impiccheremo per le startene to a nascosto; ma oramai mascelle. Caviamogli intanto dalla bocca V amo e Y esca. Affé Tamo è vuoto, e costui Toro. mangiatoil fico,ed ha inghiottito Diog. Oh! bisognache lo rivomiti. Ne ab* biam troppa necessità per acchiapparne deglialtri. ha gene, Pariss. Sicuramente. Ma che dici tu, o Diode* conosci tu costui? Ti par egli un tuoi? Piog. No. Pariss, Dunque ^quanto dobbiamo dire,eh* 127 Io Tavea vaglia? egli valutato prima a due oboli. dog. Troppo lo avevi valutato,poichéegli fetente alido,e vile ; è un cibo insipido, dunque col capo air ingiùsugli scogli, gettalo , su un^ altra volta ramo calando e qualcunaltro. Bada il peso siade, che Pariss. tira , Non temere o o la ti rompa non , per altro , Diogene , Paris* canna. essi sono delle cecoline. più leggieri tira su dunque. •Diog.Hai ragione, altro Eccomi Pariss. pronto. E chi è quest' un largolargo,che si accosta come pesce spaccato per il mezzo? Eglista colla bocca ' aperta innanzi all'amo, insieme con molti altri.Eglirha E Z"ìog. si inghiottito. della setta di Platone. spaccia Plat. Anche tu furfantaccio ti accosti all'oro? Pariss. Che ne dici Platone, che s'ha da fare • di costui ? Plat. Gettiamolo pure su Gettalo dunque^ e /"iog. ne d'acchiappar- cerca altro. un Pariss. quegliscogli. bellissimo peste , che si va Nella profondità edell'acqua Veggo un accostando. varietà di colori;ha delle g)ipresenta una strisele d' questiè Egliè oro sul dorso. Vedi che colui venuto , ; è , o Libertà Aristotelico si ritornato a , fingea. dietro. Bada 128 bene bocca aperta incontro air E' preso ! Tiriamolo sopra. amo. Fiat. Non domandarmi, o Parissiade, chi sia costui,perchèlo ignoroaffatto. , ritorna a Fariss. Gettiamolo dunque « glialtri su come gliscogli. Viog.Oh quantipesciscorgo adesso tutti d' ruvida colore ! Ispidi di pelle o un più dei ricci. Per quedif6ciliad acchiapparsi sti , , è necessaria certamente Basterebbe che r abbiamo. non solo da uno bene arma rete; ne turba; ma quella dunque l'amo dessimo prenil più ti pare; se la fune di fil di ferro , eglinon la strappicoi r r oro. ghiotti Parìss. Son pronto ma l'amo. ardito abboccherà Libertà. Getta una , e tu denti o , ma perchè volendo in« Nettuno , fa' prosperare la pesca. Ahimè! combattono pel alcibo ; molti insieme rosicano il fìco;ed tri nissimo! si sono fortemente attaccati air oro. Ben*è giàpreso molto uno gagliardo. Domandiamo a costui,quarè il suo nome, benché sia ridicolo T interrogare un pesce, che è muto. Or tu Libertà dinne chi ebbe costui per maestro? Liberta. Crisippo. Pariss. In fatti, in S tu 0 quelnome dimmi Crisippo, , vi è dell'oro, te ne scongiuro taia é1 àA Liceo. portico?C^mìttcivtpxo Nulla importache si coihinci da una parte, o , ddiraftriiJlrf tanto o che siatpocettì , iiv, afndremo, avremo ftfog^i qualunquedi V^tté^siti re, roventi,per bollapiù bisognodi sigilli che di corone. GALLO IL ^ E MICILLE. JUficille., r schiacciarti Giove, ossa invido défia mia tanto Tu voce. , o è di quiete, io notaVa mentre Gallo, malèfico in s\ strìdula dolcissìnio sogno ^^deva un''£(toini^àbile felicità, mi ricchézze ih un Con queltuo giiaisti Per canto. da più di intórno me clatòcroso e mi risve- e penetrante di te neppur tanar potte posso allonla miseria , cui detesto ancora stesso. Nel te le al- mezzo che cuporsilenzio e dal qoiregtia, dal freddo , sentirmi Intirizzito non secondo d' il solito d*ogui segnalecerto della vicina aurora, argomento che jion può essere ancora nepsenpùrmezza notte e questo^anìmalaccio mattina , , za sonno , coìrne se fosse destinato 4ià d^l vello d'ói-o,appena ad urlare ; ma non a guar* è siéra comincia durerà j)ìùoltre un i3i giACcJftb iipp^iM Mvà gioraa,saprò Amba io «avauiccaiidolo -a furia cnjicigarlo dì b^Btbi^e^ io QÌ^eitoQ fo adesso perchè salpando c^U laUp "scwo pc€ la acanzi^ afugmiei colpi. gì^, potrebbe^! Gallo. Mtcille.Padrone* Io credea di giotar* pezz^9 » « ' h àocte ti abbi;6vìdndoci quanto io potèa » acciocché alzandoti per tempo tu potessi finirei tuoi lavIpìBi «iCaeqf iresé avanti il nascer del sole tuifinissi una scarpa , non a- vrai Isivo^rato 4o ytnò per guadagnartiil "ì è dolce *itdormire , io starò vitto. Se «poi che un peace^Abbada per /più altro "cibepiaoonidoti tc^i^po di arrtccbire doroàendo»tu^non. labbiapoi destò a/patir zitto,e pulito la.fame. ». ^ . poatentoso iQiovef 0 ^ode che dalle ;iSFe«tn9e ! che afifenoe? U difeqdi^ Gallo b^ vumìnna. favella? MiciUe, 0 ' Callo. E a .che se parlocome stupirti» ^ri? , Micitl0.E mi domandi. Tu mostri . ? perchèmi stfipiqco so-* ?',:••• » o pare^ la tua crassa :hai letto neppure qualiXanto voi^ dcFÌaieilmale.obn mi ;t)ebt.0 Numi» vr^sta! Q^Hq* " Miciite » per ^ai^nto^mi non et che tu ignoranza, ì poemi d* Donerò nei « eavallo di Achille lasciando di nitrirein inezzo alle e battaglioparlava , recitava rnteri versi colui che ; né paresse far che futuro,senza tu. fo io in come eglidi più vaticinava,e prediceva proia; il non e , lo udì chiamò na stra- cosa fai ^ come Dama* Ercole protettore dalle sciagure ,.i che ginandoci faresti mai, U mia la se tu ti Argo nave altre volte, conie sia fatale.E che voce q parlasse? udissi vaticinare con le quercì di Dodona o se tu , delle vittime, e vedessif muoversi le pelli udisti muggire le carni dei tori mezM ar^ propriavoce rostite , ? spiedi nor ' , Io finalmente V Mercurio tra bollite mezse e gliDei , sono ed ìn6late negli P assistentedi e sapientissimo eloquentissimo ho comune cogliuomini it te- bo debdi vita,e son loro compagno, non idùnquèdurar fatica ad imparare il loro Se pòitu mi prometti di linguaggio. ti svelerò la vera cagionedella mia umana, e donde Micille. Sarebbe mi mai tacere, favella viene concessa. un nuovo - ancor sogno h veramente an Gallo, cfaNemi parquesto! la ! Dimmi adunque,ó buon Gallo, per T amor di Mercurio , donde ti fidai la venne già eh* io parlie che lo dica ad altriv porcheae lo facessi, e se ud gallo dicessi,che ho inteso ragionare favella? Non temer , , , cibi mi crederebbe GaUo.'Odimi ? dunque.So / che il mio racconto i33 molto strano; ma sappi che belait ti ^arrà the adesso ti sembra oo Gallo ^ poco téuapd fa era un uomo. già prima d^ora Uclitdnarrare/ qualchetosa di simile di voi altri Galli*1 amico di Marte chÌ8« cioè, che un giovine Gallo»che con lui trastiillayasi mato amo* Micille. Ho rosamente visite a lo accompagnava t^ellesuo temendo che Febo Citerà; Il nume ^ a Vulcano vedesse^e lo scoprisse lo ^ lascia^ sulla porta , perchè sempre il giovinetto Io avvertisse quando apparivail Sole. Ac*^ V{^ volta,che Gallo si addormentò, lasciò libero il varco involontariamente cadde 4e della e una forteua, cosicché Febo colse Venere Marte che dormivano dandosi che il Gallo . senta sospettoi "* gliavvertisse , se niva ve- Vincanoadunqueinforqualchedunoi inato di tutto da Febo, glisorprese e gli avvolse nella rete di ferro,che a bella pt"sta aveva preparata. Quando Marte fu li-» fortemente contro GaU berato, sdegnatosi to lo trasformò in augello , conservandogli le armi che dianzi avea perciòvoi portate la cresca invece delFelmo, e perciòtuttavia gridate per farvi sentire da Marte uir dell'alba, apparire quantunque inutilmente. „ , Gatto» V*è ma chi dice queste cose, o Mietile, il mio caso è tutt'altro,ed io sono uà di fresca data. garilo Mi€ille.E come! voglioéapereassòtdtamente questa storiella. Conosci Callo. MicUle. Parli che , il figlia di Min* T di Samo sarco a Pitt^gof tn quel sofista orgoglioso leggedi non cibarsi di di ta ^ la imponeva sa carni, né di fave, esiliandocosì dalla men? Parli tu insom^ il mio cit"opiùgradito Colui,xhejnduceva inoltre gli(lominon parlarper ciàqne anni ? di ma ni a E /Hallo. sai tn pur anche j che avanti di es« Etìforbo ? stato era egliun Fittagof'a fosse ufi iràticinato* Mìcille. Qicpno, ch'egli ser re., GallOi e di fiabifo un Ebbene ; portenti. quelPittagora appunto son* io, quindicessa, \ \ bnon o di uomo, giuriarmi come facevi avanti qualfosse la mia condizione. di , più ia- conoscere \MtcUle. Oh ! questo veramente è un prodigio \ piùsorprendente d* ogni altro ! Un gallo6\ losofo! Ma dimmi di Mnisarco, o figlio , '.come £ come da uomo ti sei conver'tito in uccello ? esisendo tadino di a' Samo Tànagra?Tài cose babili., e Aioltó nato ai te non so^no prò- credibili;anxi parmi tdeno ch^ io scQopra in diventasti cit- due cose prttagorici prì"cetti. Qallo. E quali? affattoopposte Mkìlle* Primiera mente; ione, che uno perchèset aa qt^r^ gridasempre, mentre; Pitta« erro ) predicavail silenzio ( se non per cinque ioteri aufii»Se^condariaoKOiite h Kien^q contraria Qi pre« anello pbe f;ii non al* c^ui di colui,je^i P041 9^yendo che cosa tro.4a^sL^t] come per maqg^ar^, ti gettai, devi ricordanti» d^U^ hy^ ^ |tu le;ioangìa* sti senza ritegnpajc^ao quindicqfin^ien gora , » , credere ^ o che tu m^ota , e sii tutt*altro ó phe tii facci?ationi illePittagpra, fave e peccaminose ijuangiando gijttime delijtto qualesarebbe sfato se aveplxuan« giatola te^ta del tuo p^dl^^* che , Callo. Ma tu non sa^ ^ o , M^iU^til moti^ ciò che hai veduto, uè ^ di che conviene al* Io non allora le d'ognuno. iqia.Qgiav.a fave p^rphèio era.filo$o"), ed ora le man* gio,p«:rchè appunto 1^ ^vfisong pietanze da gallji, js non pQptengonp pf^r nqi alcuno da f itascqUa come ^na «e ti pifc« arcano; ta vita do«yentato6aUo,quantagpr^, ch'io era,^on te vite bo vissuto p^r iloinnanzi e ciò che , ho ottenuto daMe piietrasmigrazioni. MicUle. Dì pure, Q G9U0, che il tuo racconto c^ljie s^rìi così dpfipe s^ qualcuno mi » di scprjrf Ara jl^udiriP razione, |a ma narproponesse mi e ho ilànn/("y«r^ quelfelicesogno che f^ttp.poc'aOf"ifc nQO saprei9 qualede' i3ff . due darei la preferenza ; tanto simile il tuo racconto ttoipài"con* ciò che a mi sembrò dolce in sogno, e credo che tra queste due cose il valore sia precisamente uguale. A E CaUo. ti fissoancora sta sogno ! die diamiM e hai corri dietro ad dicono licita, come Micillè. E tu illusione conservi qoal vana ne^ nella sognato ? tu e di immagiaerea fé* i Poeti? dimenticherò neppur V futileed una quel mente mai siine , qUelSogno. Tanta dolcezza occhi che appena lasciata sugli mi ha egli aprirpi^sso le palpebre che Isubito da se certo o Gallo , , , Sfesse mi si richiudono per dormire. quellalarva producein so solletichìo di in.un lo me svolazzante utia somma Instes* penna orecchio. Callo. Oh per Eròole ! Ttì descrivi con de entusiasmo è, come egli tuo questo sogno!E dicono, alato,e dura quanto dura ilsonno $ questo tuo gran* poiché a volare sogno sai* chi più del consueto, e ti fa sognare ad octi par dolce, e evidente ; tanto aperti» quindigiacché egliti parve tìanto dilettoso, narrami qualeegliè stato. Micitle. Sono pronto a narrartelo^poichémi ta é dolce pur anche il rammentarmelo ed il , narrar cose tanto per me deliziose. Ma tu , o Pittagora quando mi narrerai le tue tra« i38 dà al suo principio bel un il piùbello i metalli. tra Ca//o. Chiedi tu forse eia lodsindo canto^ quell'Odeche comin^ : 'Ottima r apqqa è in vero-, altri et^menfi b^ U vittoria, E sugli »f 1/ d'ognialtro metal Ma w T oro è il primiero ,- ilmortai colla sua g^orià^ Abbagliando ro PindaMicìlle. Appunta questo. Sicuramente M mio ebbe il medesimo loda tanto 1'oro. Se sogno , e perciò viiói dunque sapere ascolta,o sapientissi* qoal fu ilmio sogno, Tu sai eh' ieri non ho pranzato mo gallo. in casa, perchèil ricco Eucrafe incontrandomi mi disse di andare sul mercato a cena dopo che avessifatto il mio bagno. Gallo. Pur troppo lo so, che digiunai tutto il giornofinche verso la notte sei venuto, 6 m'hai date quelje verìacinquefave, cena nàente non troppo invidiabileper un gallo, che una volta fu atleta,è pugnò nei giuochi ;0ndre. sen^a Olincipici non Mìcille. Dopo la cena dupque venni g.casa; da lui , detti a te le fave , imcMediatamehte allora , per dire c^mé Omero: e '^ ^» ...«•« dormentai, mi ad- . . Nell'ambrosia notte, Ebbi simile ^1 ver divino sogno. Gallo, ^accont^iai pritna, o M|cille tutto , che quello * fu la ledesti in Come cena. d' Eucrate. casa f iuscì il convito Qual poiché quel » nulla t*impediscedi gustare di nuovo banchetto i introducendolo nel tuo discorso sicuro sogno, e tìéllà retniniscenti parrà di gustar sempre lo esso un come di 2a ' pietanze. Micilte. Io supponeva ti racconto in vita mia di ricchi giacché ma ; buona Y in cenato sorte tal un noil casa volle,che Eucrate,e dopò averto ieri incontrassi gììimai la mia iDa » che , lo farò volentieri. te , aveva Qallo potesse annoiare desideri lo o » lutato, secondo il mio sa* tirai di costume, si rergogoasse lungo,supponendo ch^egti d* accompagnarsi straccione. Egli con uno o MiciI-' per altro mi tffsse: Oggi festeggio, ed ho le, il giorno natalizio di mia Bglia, invitato molti che un noi con in siccome amici ; ma di loro è malato e non , sua vece che dio Ta* , fare il tuo a poichéper viene non nar può cerai bagno,e ver- s' eglimanderà , , udendo ho saputo io salutai, e a ora mi far pere sa- é incerto, partii che mandassero tutti giiDei supplicando qualchefebbre o pleuritideo podagra ali*infermo cui doveva io rimpiazzare , , , , , tome rivale,ed tlel lagno mi erede parve un 11 teriipo secolo intero ; ad alla cena. t4o T ombm del SoW ^ guardava nel bagno.Yen* entrar e quando io doveva alfin T ora mi bagnai e andai là, ve-^ ne momento ogot . , , étito decentemente mio ^ mantello consunto disoprala avendo parte per , rivoltato il mostrare Trovai più pulica. porta altri diversi convitati, e colui al alla ra anco- nel posto d^lquale,io doveva cenare» e che si diceva ammalato. Eì si faceva por«- da quattro servi , tare in un e mostrala d^esser deplorabile stato, giacche sospirava, tossiva,si sforzava a scaracchiare, e nulla e bolso,e poteva fuora; era giallo eli* Si pretendeva circa s^s$aot*anni« avere che cianciano coi eglifosse di quei filosofi ragazzi.La sua barba era da caprone, ed veniva bisognod' esser tosata^ Costui dal medico Alcbibio^per esser ricnproverato spose: trovandosi in quello venuto, stato, ridoveva mancare che non airobbligo suo specialmenteche essendo filosofo anche 1^ostacolo sormontare convenivagli di mille malattie,poichéEucrate avrebbe chMo lo disprezimmaginato(soggiunse) avea gran , zassi.Niente ^' , , anzi affatto^ diss'io; ti lode^ di morire in casa tua, preferirai bare scaracchiando l'anima disturpiuttostochè il stto.convitOé Costui pienodi super^ rà ' , se bia finsedi non intendere il mio sarca^o^a. i4f Poco dopo giunseEucrate avendo terroU il suo bagno e nel vedere Tesnsopoli nato di quelsapiente) (taleera il nome glidiase: , , hai fatto bene maéstm noi; per altro alcuna , ti sarebbe non poichéanche ti sarebbe stata Così la mano a da cos^ fossi venuto» casa la tua te par- dicendo,egliéntrÌK colui a stesso mancato non se mandata del banchetto. dando venir tu a che sì faceva , reggere sor- dai servi. Io dunque mi preparava alla ritirata quando Eucrate, che mi vide assai turbato,dopo aver pensato alquanto, così disse: £ntra ancor a mcf vergendosi tu, o'Micille,e cena pur con noi perchèordìche vada a mangiarenel nero a mio figlici , , , ' , Gineceo per ' con te ancora. così ci sarà posto Entrai dunque a guisadi lupo sua madre; e affaioatòdi di tro preda,vergognandomiper alio la cagioneper cui il fi* comparir' glioera mandato a ormai tempo di mettersi rono altrove. Essendo cenare a tavola e posero primieramente, Tesmopolisulle nostro porta** il mensa , a- braccia di cinque robusti gan^oòr ^ che lo circondarono da farlo star ritto. ogn^parto di gw^nciali , per Siccome voleva accanto stargli di mensa mi fecero suo compagno ; quindi una cominpiammqa gustare, o Pittagora, éerie nessuno di pietanze tutte moltiplice. , diverse e i4» di imbaadUo ogniqualità» di argento. La e era di bicchieri d* oro^x"inca da namero gran tavola d'oro pitfuì di an guaraita in somma servi avvenenti,da cantori,da baffoni,insocietàd ivestente oldte«lodo. eca ocu asfl^i»ed affliggeva quelTesmopolicbeA'iinqoìetavii^ranUna era sola cosa mi demente,facendomi pompa di «nna certa sua mano forche due negaiiiise virtù,epriedicandomi ^i^rmativa , {i) che se è giorno una è notte, dioevami tabra non le corna, eh- Ì9 «aveva simili akresciooche^ee, delle e io punta voglia;; «int parlava o mi frastornava il piacefilosoCQggiando, qualinon . avtea lasciandomi udire ^ né i sonatori, né i cantanti. Tale fu, o Gallo, la mia cena. non re, fu deli;"io0a» oMiciUe, apecialmeote poi,che fosticondannato aaededere accanto vecchio ciarliero. a quel Ca/io. Certo, non . Mieille. Ora ascolta il.mio sogno.: :mi parve che Eucrate fossesul punto di.ciiorirejoen^M 6gli. Eglicbiamommi a«e., e col soo stamento te- erede^suo universale. mi costituì. Dopo non (i) il tetto negativa 4el tetto , ma molto dice ti che morisse parvemich*egli doe affermatire fanno t'o-pponacka qaetto tia an* errore greco. Digitized by ona Google' » i43 che fosse in poter mio il versure a sporte V oro, e r argento, e che nonostante non e ne le àhre tutte V abbondanza. mai scemasse Cose ancora le inense , te Wzafe ' mio', come •to era bianchi , «ccioe mie le vesti, tutglischiavi tatto sdraia*. era (Jaitidi giuistò. , cóc"*iò toi8ovrann , Erano , tirata da , doè cavalli guid'sfv^a lò'gli espósto aglisguardi da tutti invidiato. Molti dei circòst£rfAti-,'e ^Itri cavalcavano i itìldprebursOri eràho , al mio fianco ed altVi raojtìmi venivano *dfetrò.Io !avea inclosso le vesti d' Eucrate ' , • é ' sédici , anelli alle dita.Ordinai che fesktìfì Isipreparasse banchetto Hldgnifìea per i squali nella rapidità f ratt^lre g)iàmiìii so-lita dei sógni; vennero iiufuediatamente. Si .'cpminciò ;h cìena e già eontinuavasi il %erje or ({uandoio mi tròv«iya a questo un , , , .punto, e, beveva alla-salate di ciascun con* d'or^,' quando'giàimbandivansi'i' pasticci, in* tu hai cantato témpest^^uKfnfe hai turbato il convito ^ vitato cèti'bfecWeH , mi hai mensa, pritàfo^della e" neldissipata \ Taria^laittitì^tìccheMa. fFi par forse,ch'io' di te ?.ìq che mi sdégha^i a tor^o«contro "quel prolungato «ogno ? gioffiiite avrei voleritìe'ri tre intef e GflUo,E oro^e sei tu'$ o ìfieille, coaì amante per fieli* solo og«* da far^e-il: dellel'ìi^heKze, ^44 e da eoosidera-* getto dellatua meraviglia, felice soltanto chi molt^ ora re come pos* siede ? Mietile.Ma io non il solo» sono Pittagora, pensicosi;tu stesso quandoeri $ofor- che bo ti ornavi d' argento , e d*oro le chiome, a combattere giiAchei qnando givi, appunto in meazo sai meglio deir oro sto ,e qoe^ alla gaerra, dove as^ conveniva il ferro. Tu «ir opposto con portandoi capellilegaci uscivi alla battaglia oro ch^ ; an^i parlai Omero i tuoi capelli stesso a assomigliasse delle grazie, giacchebrillavano cosi quelli riccamente annodati e comparivano più belli gareggiando con queiroro stesso in , . » La tua fu^idezxa. aurioriniio eroe, di Panto al figlio condotta ciò nonostante, era o òro perdonabile, poiché ben era leoito d* atnar V quandoGiove stesso^ il padre degli Dei nomini e degli 4i Saturno e di figlio , , , Rea non innamoratosi della , seppe come vergineArgiva megliotrasformarsi,e , ' co* più facilmente i custodi corrompere messi là da Acrisio,che assumendp la fbr* me ma, come tu sai , di pioggiad^oro , onde la grondandodai tetti,insinuarsi neldelfamata dpn^ella. camera Quindi che posso io diiptidi pia in lod^.diquesto o^e*tallo? a quanti bUcigni egliprovvedemai ! potette • i46 ro Deppur stesso? Il se per ieri 1^altro,e la tutta legge fu redata della roba in virtù sua da nipotemorì Simone colui , che si vestiva per lo innanzi di stracci e , di leccare i piatti; oggitutto si contentava fuori vestito di porpora, esce allegro, color d* amaranto; d'oro,tavole coi da tutti, e non o di ha servi,poderi, tazze to piedidi avorio, è rivericura Yeggendolo veruno. lui passare glidissi:tisaluto o Simone ! E coche irritato gridò : dite a quelmendico mi chiamo non Quello poiche lo poiché Simone, ma Simonide (i). che si è è piùsingolare il impiccolisca non mio nome, , , anche le donne, e colui fa il superbo amano ^ con altre ne e esse, ammette, molte trascura. strapazza alcune, ed ne e mostrasi benevolente, minacciano di uccidersi s* eglile vedi di Or r oro',poichécambia come poicome . M quantibeni è origine i mostri, li fa bili ama- il poeticocìnto di Venere. Odi i poeti parlano ne Nulla ai nostriocchi ilfulgid' or' pareggia, e di più; Nulla resiste all'or, tutto a lui cede. Ma perchète la ridi,mio caro GaHo? "f Gallo. Perchè tu pure per di Simon*. (l) figlio ignoranzat'ii^an- M7 ai molti altri, con , Micillè , intorno ai o vita assai nna Sappi che menano di quella di voi altri povepiù deplorabile relli. Ti dico questo perchèmolte volte fui ricchi a vicenda ricco povero e di vita» Tu tolti i generi to ed ho 5 provati pare fra non moU li proverai ugnaimente. Micille. £' tempo toe metamorfosi ormài che , e in ciascuna tua Callo. Ascolta quelloche mi narri le ti è accaduto vita. dunque; veduto ho non tn prima sappi,che ma alcuno , che vivesse di te più felice. Micille. Di me! o Gallo? Dio ci perdoni; ma ben meriteresti eh* io ti strapaztassi Or dimmi su Euforbo , , bene. cominciaodo,da quando eri r.éistato come tu iraslatato sino da questo poi quelPittagora,e d*un Gallo ? Convien dire che quello nel corpo di sino a hai molto di veduto,e molto soffertonel tante vite. Oallo.Sarebbe /' anima corpo mia umano condannata per un certo so cor- lungail narrarti come V entrò per la prima volta in un scendendo da Apollo e fu il fio delle sue colpe a pagare cosa , tempo ; inoltresarebbe in me il raccontarlo,e in te T ascoltarlo. sacrilegio forbo Dopo dunque V esser io divenuto Eu. T48 Micille. Ma io portentoso Gallo o , chi » per lo innanzi? Ho cambiato di corpo come tu hai cambiato ? era anch' io mai Sicuramente. Callo. Micille. E chi io? Se era formica una dimmelo, vogliosapere. che Indiana di quelle Toro. cavano Micille. Perchè che sciagurato mai venni con esso a fui , ebbi ritenermi da non iofingardia che bastasse quell'oro, tanta non lo sai lo perchèassolutamente Gallo» Eri 'tu tanto di per la mia diaria,e mi questa vita! Ma dim- dopo la mia morte ? voglio si sapere ancor questo, perchèse mai io fosdestinato a miglior sorte non perdocemsubito a quellatrave e m' iispicco su pò , che sarò io , cui ti staiJK Gallo. Oh amico, v^ è astuzia,che ti possa non fare in questo riuscire, ritorno al perciò ^mio racconto. Essendo io dunquenato Euforbo combattei per Troia e fui ucciso da , Menelao. Molto essendo che , e senza r Gallo. Mai si , V rimasto Mnissarco Micille. E nel dopo venni tempo non me senza ne casa tagora, in Pi- to fintan- costruì stestisenza frattempo una. re mangia- bere ? perchèil corpo solo ha siffatti bisogni. Micille. Narrami dunque prima se cièche '49 sul jproposito di Troia spaccia Omero esattamente vero. mai vuoi tu che Omero Gallo. E dove se o Micille? delle tanto nessuna potes«* Egli in Battra. Tidiròdun* alloraCammello qoèche straordinarie eglispaccia ebbe luogo né Aiace fu tanto grande né Elena tanto bel* si crede. Io la vidi ]a» come generalmente te alquantobianca,e di collo lungo,talmencose \ di Troia, vedere le cose erd sia che ) , » , che indicava bene ch^ era del figlia Ci* Quelloche è certo si è, che era moU di Ecuba stessa» to vecchia quasicoetanea Teseo V ^vea già rapita e la teneva in Àfìdne. Questoaccadde ai tempi dì Ercoley^ il qualesi era di Troia gran impadronito gna , , tempo avanti , secondo i nostri antenati ; essendo quelli a lui contem*^ specialmente poranei perciò Panto mi narrò queste , cose , di' aver asserendomi veduto Ercole giovinetto. MicUle. £ Achille fu eglicosì prode descrivono,oppure , è favola anche come la lo sua storia ? Co/Zo^Non né venni tampoco cose co, serto mai posso alte mani con darti chiare òóstui « idee delle essendo lor nemi* Achei, giacché degli come Quelloche è potea io saperle? si è che mh durai gran fatica a tra- lancia Patroclo passar colla mia V a^lcò ' suo. 3IiciUe. Sì tolse a ancora basta e » Io Gallo. adesso le Micille o , la vita. Ma te dimmi era più facilmente poi Menelao ma , di cose ciò a Pittagora. sofista» perfetto un , intorno che debba dirti la verità % giacchécrede le nelculto e ammaestrato e sofistapiuttosto buone discipline. ViaggiainelP Egitto » per alle scieose intorno conversare quei profeti e scendendo cessibili luoghiinac- in , lessi i libri di Oro e , divinità da Micille. Già , Tolta mai di rò morto esser toccar Callo. Perchè su una dimmi ma me co- a'coloproibire carni ? questo Gallo? Perchè, o tato poi resusci- e , facesti vedere coscia d' oro; ti saltò in testa di e pure, che come tua mangiarfave Callo. Non Micille. questo; ed ho inteso che una , queiGreci. udii tutto di spacciasti tu d^ Iside in Italia poteifarmi credere quinditornato una eoo questo tasto ^ o Micille. mi particolare gogno ver- di'dirti il vero. Micille. Ma non di dir tutto e bisognaper altro vergognarsi ad che ti è amico dir Gallo. un , uomo che abita teco« giacchénon padrone. Tai regolamenti infiktti non posso pia aveva» i5i Diente di scienza , né colla salute comune vidi che tna se le mie , né colla leggifossero difficilmenteavrei volgari, potuto destare negliuomini atnmirazione, e che all'opposto, strato quanto piò mi fossi mostravagante tanto più sarei paruto ad essi uomo singoiare; quindimi decisi a fare delle innovazioni misteriose^, perchè in on modo, glialtri gliuni ne giudicassero state consljete e , in un altro,e che si come stupirsi, Micille. Vedi, tu avessero di che stupivanoaglioracoli come mi^btrrli, nebrosi. te- burlasti i Metapontini i Tarentini, e che ti seguitavano in rispettoso Crotonesi, i tutti coloro tutti , silenzio, e veneravano Torme de'tuoi passi; del corpo di Pittagora, spogliandoti di qualealtro ti sei tu rivestito? di MiGallo. Di quello cortigiana d'Aspasia ma leto. Micille. Affé ? che dici mai t fra le altre sue av* diventò anche donna? vi Pittagora fu dunque un tempo, o prode Gallo, in scardassaci cui partorivi tu pure delle ova; la lana, filavi, ed esercitavi ilmestiere di venture cortigiana? CùUo. Sì , è verissimo,feci tutto questo, e noi feci io soltanto, lo fecero avanti di me Tiresia , e Ceneo di Eluto; quindih figlio potraibiasiinarein essitutto qqelloche che io biasimar vorrai ; me Micille»che anzi ti preven** ma passerà gran tempo tu pure, poiché piùd*unsi partorirai volta oeiP immenso girodei secoli ritoroeo £o , che rai ad MiciUe. ser non donna. essere dopo Aspasia sei tornato Ma , uomo ^ oppur ad e»- ? donna Fui il cinico "ate. Calh. per Castore e Polluce! che meta* morfosi! Di cortigiana doventar filosofo! Oh MiciUe. posciaRe, quindimendico, poco dopo Satrapo,indi a non molto per sino Gallo. Fui cavallo cornacchia ranocchio ; tanti altri innumerabili vamente r e e successi» animali , qualisarebbe troppo lunga faccenda. Finalmente piò d' una volta fui gallo e questo è il genere di vita che più mi piace ho servito sotto diversi altri re» te, e di gì, mendichi, e ricchi,oggiservo te mi burlo ognigiornonel vederti piangere, diare e invie rattristarti perchèsei povero, i ricchi per che ignorii mali onde annoverare! , , , vivono circondati. Oh) vedessi ti quantormentan' costoro, rideresti di pensieri te stesso che hai se tu creduto essere , sempre air apicedei contenti. MìcUle. Dunque, o Fittagorao , vuoi cH^ io ti chiami , per come non il ricco meglio turbare il i54 Se fa re. d'uopo pagare qualchecontrUMii chiamati. Se soli sono zione,^e8si debbofio andare alla guerra » i prìmv pericoli sono per loro,essendo essi Uftzialie Generali; mentre tu, col tuo scudo di vioiini'seipronto, lesto e a salvarti,come ad le assaggiar vincitori: In tempo di guerrieri pace é ugualeper te il vantaggio poiché essendo uno del popolointervieni alleado« dei mense , nanze, fai provare la e tua tirannide ai ricchi, che tremano, ti temono, e a forza di ti fanno lor difensore;cosicché si af* regali faticano affineche abbia i tuoi bagni,e ttd titnenti, spettàcoli, tu goda i finticombat ognialtro divertimento in abbondanza. Tu ti erigi in censore, e giudice severo a guisa di lor padrone e talvolta non ti degnipure di risponder fischi loro,lirincorri a sassate, e coni loro beni. Tu non^ temi i calupmato , ri, né che i ladri entrando il tetto, tuoi ^ o forando tesori. Tu non in casa tua per t* involino i il maro, no alcuhai interessi con né denari per domandarne la restituzione. Noil sei nel caso di contrastare coi maledetti economi, né di logorarti fra tante eure ; quando hai finito una Scarpa,hai guadagnatisette più tardi,andar una oboli , e così puoi alzarti al prando bagnose vuoi, e comsardina,e poche cipolleo te, tSS tre tua sano cantando diagliappaghi ognitbo desiderio, quasi«empre, e conversaado eoUa ; motiTO poterlapreziosa per cui tu sei resistiai gelo,e e robusto di corpo , le faticlieteneiìdot»iu esercizio , ti rendono cose, che superar quelle sembrano aglialtri; quindiè insuperabili abUe lottatore e grava malattia ti può assalire, ti sorprendequalcheleggiera febbre, ninna che se a mai la scacciarla ; dieta , salti fuora tn , e k subito a scacci colla ed eUa dal fuggeìaunantìnente sbigottita spreizare vederti bere acqua gelata, e dile mediche debbono tronde é* al- ricette. Vedete i ricchi sventurati frir quaBtimali sof- dalla inerzia in cui vivono polti! se- podagra,T etisia la pleurìtide, ro delle loson tutte conseguenze idropisia Cosi tutti quelli fra loro, sontuose cene La r basta .cura più picciola , , che simili ad Icaro sMnnatzano al Sole accostane loro ali sono , senza attaccate troppo, e si riflettere, che le colla cera , fanno nel mare; cadendo capovolti strepito quantisimili a Dedalo, hanno frenato gran e lor volo, e radendo troppoelevarsi poter di essere tantn , la terra, invece fatto in modo hanno la cera dei loro vanni in^tantodalle salse ondel questihapno volalo con il di da bagnata Per lo più sicurezza* i56 questUtalì ctiiami discreti^^aggìt Gallo. Sì, o Mìcille,e tu pare se avessi veduti terribili deglialtri come i naufragi dei suoi vanni salendo quando Creso spogliato Mìcille. E , , risione T oggetto della de- sul rogo, divenne dei Persiani,o come Dionisio,che si ridusse della tirannica potestà, sfogliato a fare il maestro dopo aver di scuola in Corinto regnato sopra un , ' e impero^ vasto il compitareai fanciulli. insegnare Mìcille. Dimmi, o Gallo, quand'eri Re, (poiad che hai detto d'aver che regnato) ti parve simo, quellaregiavita ? Esser dovevi felicispossedendola fohte di tutti i beni* Gallo. Non rammentarmelo, o Mìcille. Quello fu appunto il tempo per me piùdisgrà*lice, ziàto. In faccia agli altri io comparitafeneirinterno poi^ come tu hai detto;ma di io era attorniato da innumerabili affanni. Micille. E cose qualieran veramente questimai? strane e Tu mi dici incredibilial tempo stesso» Gallo. Io padrone o Micille di terre cit* con fertili, grandiose, e ben popolate, tà di ammirtibile bellezza, dà fiumi, irrigate e considerate d^i naviganti navigabili per era , , 9 portisicuri. Io comandava a molti guerrieri, tutti nella cavalleria;a esperti merabili satelliti; a innn- molte triremi ; posse- Digitized by dera tnasserizie d'oro ed , il fasto della mia , credendo me di vedere , altri gnità di- piùsublime gra* quand'io compari* guisatale che fuori, gliuni si prostravano do ; in va e , portato ai reale,era a quantitàdi danaro immensa una un d'innanzi nume gli , accalcandosi per vedermi correvano , salendo sui tetti,jiriputavanfelici, quelli se potevan vedere agiatamentela mia quadriga la mia , , veste purpurea ed il numeroso il mio dema dia- ond'era treno ceduto, pre- seguitato.Io consapevoledi e cure"^ tormentavano quante , il cuor mio i di coloro,e piangea compativa Tignoranza sovra stesso, considerandomi me uno come quei colossi opere di Fidia di Mirone, all'esterno jàì Prassitele,i qualimostrano un Nettuno, un. Giove, tutti superbamente sculti in oro in avorio o stringendo di , , , , nella destra le saette, il tuono, che e interno , te, il triden- poi.ti chini a vedere il loro li trovi pienidi spranghe, di cunei, se chiodi,che parte all' altra ; di li trapassano da tronchi d' alberi fango ed altre simili bruttezze di • o , , di cavicchi per ^on , far menzione delle una , di tante fatti mosche, topi,e ragni,che abitano in sif- emblemi spesso veritieridella colossi, reale* dignità tJfS Micille. To mi hai per altro fio ora ino« sieno ilfango, i canei,i ver*» non strato, che cosa nella dignità reale;né co tampoin che cimsista quellagran bmtte^^a ti,che sono che asserisci in dersi montato possessore di essa trovarsi,poichéil ve* superbodestriero un sovra grandicittà Nome, sono cose la comparazionedi un questo ancóra cosa e , , come alle qualiconviene colosso un giacche grandee divina ; ma , adesso,o Gallo, in dimmi riverito che combinano la dignità reale, e T interno del colosso? Callo. O Micille! la mia e dacché descrizione ? rammarichi? re degg'iocominciaLai sospetti ? dai dai timori? daH'odiodei cor- tradimenti? tegiani?dai dallo scarso, ed interrotto da lenti sonno? dalPesser agitato turbo- e confusi da malvagesperanpensieri, ze, dalfavidità d^accumular denari,dai litidai comandi,dagli eserciti, accordi, gi^dagli dalie meditazioni, che non invitano già a dolce uà sonno, ma tengono sempre tra ? inquietudini perplessi di Atride» Neppur Agamennon figlio innumerabili *i » Gustava il sonno « massimamente poichéla mente sua era agitata, profondamente. quando gliAchei russavano Il Re dei Lidii si ilsuo sordo;ed era figlio affliggeva ché perilRe dei Persio perchèOearco reclutava a favor di Ciro. è tormentato ne, da DioAltri (cioèDionigi) air orecchio dei magnati che bisbiglia nell'udiSiracusani. Alessandro s'inquieta . A / Paxmenione. Perdicca è afencomiato da Seleuco. flitto da Tolomeo " Tolomeo re / Miir altri dispiaceri ancora affliggono I Alcuni di questi odonsi dire gnanti che i popoli rivoltarsi, e doe o tre vogliono sgherri che parlinotra loro bastano a che v'è di peggioassai, e quello sbigottirli, I . i re- , si è che lor conviene , amici degli temere che da questi dubitare sempre loro qualche sciagura, ché poipossa derivar, chi muo^e avvelenato dal suo proprio stessi , e chi figlio, dalla innamorata , ed altritratti per diversemaniere. Micille. Eh via! Taci. Tu mi narri a morte cose tremende, ond' o Gallo, reputo più cucire scarpe e a star sempre cbi" al lavoro , che a bere in auree cuta t|zze ci- sicuro no è eh* io mi , a si riduce allo veleno. Il mio pericolo sdrucciolarmi il trincetto, per lo che taglio 0 il cuoio stortamente, air insanguinarmi un storo coma poco il dito bucandomi colla lesina, collie tu dici scherzano colla morte , si associano a mille malanni. Quando poi cadono a terra sembrano simili a queitragici istrioni che rappresentano Cecrope e , , i6o col diadema Sisiffo, 0 Telefb, di chiome oro. Se di avorio spadecoir else svolazzanti poi( il che , e in fronte armati , avemi clamidi ricamate accade sovente pano, e cadono in mezzo maschera , e irdiadema ia ) iociam-r allascena, la loro spezzaci la vera eccitano le testa deir istrione insanguinata risa degli nudate e le gambe rimaste despettatori; , che la , lascian vedere i miserabilicenci veste nascondeva , e la deformità della calzatura dei coturni disadatti al piede. hai insegnato Vedi, o Gallo, che tu mi tale oramai sembra esse* a ragionare; ma della tirannia. Dimmi re la natura sto piuttoquandosei doventato Cavallo , Cane » ti sei trovato ia Pesce, Ranocchio,, come ? queidiversi alloggiamenti Callo. Tu m' apriun vasto campo a ciarlare» o Micilieilche , non presente, non , che nessuna è adattato alla circostanza di ti dirò T meno senziale es- altra condizione,che della vita umana mi sarebbe paruta quella se fosse governata dai queta e tranquilla e dai desiderisoltanto della natura. bisogni che Tra gliuomini s^incontranó pubblicani, , non sono i cavalli,delatori,che noa che non resti trovetra i ranocchi, sofisti, sono tra tra le cornacchie esistono tra le zanzare. , cuochi In somma , che tra non gli }.63 UiciUe. aff^! maga; la tua Questa è,per me novità»o Gullo, una tq fb9$iaacora ioaonsapeviatche yonraì darmi per uoa volta vedrai trasportate nel momento ^t\ì ma penna un » . le ricchezze di Simone, qcù tutte giacchépQtepdo pa9|Mu:e tibecamence, le porteròtutte qui e così egU $t ridurrà di bel niiovo a rodere le cuoiameiivbereacqua » fetente.» curio Questo non è permessa poichéMermi. ha impostoche se colui,il quale lìene la mia peiina, se ne servisse per qualche Gallo. , , mal axiou^ di tal fatta, io debba al MiciUe. Tu col mio c9nto. momento mi affatto assurde,o dici.cose dro, stesso essendo la- M^curio Gallo, poiché. può non nunziarlo de- vietare aglialtriun tal stiere me- andiamo pure, che m* aslerrè da per quanto mi sarà possibile rubare cos' alcuna. nonostante ; ma la penna, o MioiUe; ma Gai/o..Svelitmi primsi che hai fatto le haj svelte ambiduel piùsicuri del fatto nostro, la.tua cp(lascomparirà meno MiciUe. Così aiamo o Gallo che , e fosse zoppa da , parte. CaUft. Sia pur così. Apdremo noi prima da Simone ricco? ^ o da qo4ch(G^.altro se una , Micilh» No, andiamo a dirittura da Simone, il quale adesso che è ricco vuol iquAckiailla- I i63 bo , non e bisillabo il 'allaporta ; gÌBiiti suo nome. che dobbiam E4k:ocì fare ? Metti la penna nella serratura. MicàlU. Ecco. Oh! per Ercole,la porta è aper* tareoflie seavessi avnfio la chiave. GaUoL Collo. Va innanzi. Vedi e fa dei tu Simone veglia, ? conteggi Jkfiàlle..Per Grtove I lo veggo fosca che presso ad una moribonda lampada, e non capisco Gallo o pecch*egliabbia il viso'cotanta si«« Egliè magro spento, e consunto giallo. dai pensieri; curamente poichénon ho mai fosse ammalato. inteso ch^égli Galloj Ascolta ciò, cìC.tkdie»; e allora capi-^ e , . rai la vera delia oausa Stta macilenza. Dnnque.qneisettanta talenti sona molta sicurezza sepolti sotto il letto,e con lo sa; ma di queisodici dubito che nessuno lo Stagliere Sossiio-mi abbia veduto quando la mangiatoia io li nascondeva sotto poichélo veggo adesso,girarmolto intorna Simome. n , alla stalla, cui non badava troppo per lo innanzi. Quindiè probabile ancora, che mi sia stato rubato a^ltopm di questo; altrimenti mai Tibio poteva comprar jeri un sera come Mi sidice inoltre, salame cosi grosso? ch'egli comprasse, per la moglieun paiodi orec"Eh tutti costerà ehini di cinquedramme^ così,povero me! i miei damascialacquano j64 neppure le mie ri. Ma tazze, essendo ìb die qnalsicure. Temo sono quantità tanta cuno a venga forare il maro, molti cbe via. Ho e a le pollarme- m* invidiano e sidiano m'in- al tempo «scesso ; principaUnente poiqnelMicille mio vicino. » io fórse te, e Jficille.Sì per Giove! Somiglio fai tu, co' piatti il sotto scappo via,come braccio ! Callo. Sta zitto,o Micille,perchè eglinon avvegga che siamo E- » ilmio la casa. tutta o Chi va sfondatòr di colonna. Va una quipresenti. meglioeh' io vegli per custodire a girare tesoro. Alziamoci, e andiamo Simone. , conti di nuovo là? Io ti veggo per Giove pareti;« ma no Toro se sei tu , bene. Si dissotterri, e si mai avessi sbagliato prima volta. Ecco un' altra la si volta Io sono lo sento al rumore. insidiatoda tutti«Dov' è la mia cuno qual- to, assedia- , Se incontro qualcuno! Torniamo a spslda? rar sotter- l'oro, w Gallo. o Questo è dunque lo Micille. Andiamo finche ci rimane della stato di Simone , tro, qualcunalporzione piccola adesso da una notte. Micille. O ! Che sciagurato razza di vita meni mai* Abbiasi pure siffattaricchezza il mio peggior di nemico! Ma primadi partir tu t65 buon ceflSt"ne sul un dargli qui»voglio staccio.' ' Chi mi ha percosso ? Ohi Simcne. mo^ ce infeli- me assassinato. ! sono venta Piangipure, siiprivodi senno, e doV oro sei come giaìcchè pur giallo tutto air MicUle. , Ora consacrato. oro poco Gnifone qiù vicino. Ecco ti pare l'usuraio un eglista se diamo ve- poiché , aperto anche que* st' uscio. Gallo. Vedi questipure sta senza dormire a de* pensieri. Eglicalcola i fratti del motivo » danaro suo di contar » ed ha le dita incallite a forza monete una ben ; ma lasciar a tafano , tutto zanzara , prestòsarà stretto co- per doventare , una un mosca. MiciUe. Si veggo. quello imbecille, sciagurato neppure' ardisce fareuna migliorvita del tafano, smunto della o a zanzara. forza di Oh egliè come da un Eucrate ; co ec- Andiamo conteggi! altro.' Gallo. Andiamo se vUoi^dal tuo r uscio aperto Mioillt. Ah Galloi E tutto , entriamo. questo poco fa pensisempre ai era miol sognatitesori? Non vedi tu tara nei piùturpipiaceri. resti Vorimmergersi tu Eucrate , 'o quantunque in età si ma- ? ereditare viziisiffatti •Mieillèt Micille.No, Gallo, piuttosto morir di factie^ i66 cbi^ menare Yada«vita così scellerAta. una V oro, e le cene, a me sofio riceb^aae bastatiti duec^oU $oli,,'"àotichè no alla malora assassinato essere ' Gallo. Ma. siccome da^miei servi.. è quasi giornoaiodiamo UB^ altra Volta, casa, a Micille*vedrai il o resto.. DEGLI ADUJ5TANZA e DEI. e (essale, 0 Dei, dal' piùi.mocaiorare, in quest' dal ritirarviaggruppati angolo,e lo.adegno vostro^ perquello,a sfogare chè vostri molti non meritevoli aontfatti commensali. Ora^ giactch^.si è-coàvotata in storo, appunto di codica pure ciascun di voi apertamente questa.adunami, a motivo ciò che ciò che e biasimi al témpcrstesso pei/sà., crede di biasimò degno.Tu, ò Mercurio, frattanto.pubblica il bandoi* Mercurio. . Ascoltate. Silen^^io; ;G|ù.tra i'perfetti Dei che neh^nno il diritto:Yuole a- detòo ? L'radunanza è contocata arringare iutrn^ ^*e a""foper deliberareintomo .agli restieri. • • . Momo\ tu . ìù Memo me lo .,• , ,•; ? .» • • • . .f: ..? • :... 0(Qiove^ orcinglierò; permetti. ? . .y se li bando Giove. ciò ti dà autorità a piena permissione.' , la mia quindièsttperflua Dico Homo. i dunque,che , Contenti di essere divenuti Dri qualifion da uomini cfae eziandio di grande^e fanno colorò mal créper lo innanzi, dono fatto nulla'di aTerè erano di non deificano coraci ansubalterni. Ti pregò a- segnalatose loro servi, e non di édncédermi eh* io dunque o' Giove possa parlarein preèèhzaér tutti libefaniente giacchénon posso farlo in altra , , , , maniera, essendo ben nota a ideilamia lingua,che alcun inconveniente tutto, ^ e eh* io penso, sia itt*induca chezza tutti la frannon mulare dissi- sa sial Io che simo bia- dipo in faccia d* ognuno che senza a alcun nascoodere ciò che timore modo il Vero mio di pensare, per deferenza ad altrui,e qnesta è la ragione, per la qualeio sono dal pubblicoriputatono Dio molicsto,uh cahinniatore ; ma giacchéil bando mi autc^ rizza , tu e nulla io , , .o Giove benché gualtbente, guito » e , ardiscono e Mólti , degliDei, di con godercon dico noi di noi u* sieno .soltanto semidei introdurre i loro servi classe lare^ piermetttdi par- di far parte assemblea questa mi più vogliotacere. contenti non , nel Cielo facendoli , onde ancor il loro entrare , se* la nel- questirice- vono senza ugualporzionedei sacr^feiicon neppur l^anza. noi ^ il diritto di cittadi* pagare . . Ùiovi^.Momo, eniiptnftticatnen* parlarci non chiaro» « ite,.spiegati aperto; nominando/ anche Je persone. Ormai in questa assemblea hai lasciato sfuggirti di bocca tanto.» che molti faqn^ delle congetture, altrimentiì .applicano che tu sii chl^o, e ed altri tuoi detti..Bisogna ritenuto per alcun non tiqaore. : . Magnanimo Giove, ^ cosa veramente X incoraggiarmi sei degni di un I^e.qu^l dirò pur anche il ,allaachiettezia^^quindi jMf^mo. ^ nome di ciasc^hp«Ecco il generoso sio, Dioni- semiuoQ]M"i«n"Jpp^r Greco per discen^ denza materna di un figlia, di Cadmo. « ma^ p^r parte di Sirofenicio,cioè nipote , taJimeritante Costui dopo av«r avuto X immontàlità (qudle^U sia, io non* dico, non parlodel.silo diiadema della sua ubbda* chezza della sua. andatura,, poichéognun vede qua^nto eglisia p^r natura feminato, moilb ed effindair alba eglipuzzi e come di vino ) costui dico,, ha introdotto fra noi la sua compagnia e presiede al coro tutta che ha seco condotto, eglifece Dei Pane Sileno,e certi. Satiri,parte di queagresti sti contadini e parte caprai aaltar"^ son , , , , ^ ^, , gF infermi»e gliridona alla vi ta^ e cosi è degno ugualmentedi molt' altriDei Ercole poi è mio figlio d'ogniriguardo. ^*e 8i acquistòT immortalità con non poche faticose gesta. Astienti quindidal biasimarli. sana riguardotuo» Per Monto di costoro, quantunque che hanno soltanto osserverò ; Giove, tacerò avessi a dir^e molto o tuttavia dei loro misfatti. le cicatrici del fuòco, punitxnre Se fosse permesso di parlare di te, la materia non poi mi liberamente ^ancor mancherebbe. mi Cioi^e. Perchè ? anzi no di aticor me forse biasimarmi anche sino la tua tua come permesso e posta. un nume dì lare parPuoi tu spurio? così dicoiiò in Greta, /Almeno Jfomo. a ti altre cose, e giungono sog- mostrando -per Io sepoltura. però non presto tampoco agliEgiei loro alcuna fede, né de}rAcaia,i qualisostengono che tu sei Giove supposto. Dirò soltanto,che mi un sembri biasimevole ancor tu, poiché V stardimento originedi questo disordine, e dell'imbadelle tu solo. , Tu conversando scendendo ora nostre adunanze con donne ^ sei tali mu- presso di loro, ora in sta, quein quell'altra forma, talmente che ci facestitemei'e, che qualcuno ti àrres «71 stdMe come toro, e per tale ti 8acrificaa9e« orefice quando eri piog« qualche già d'oro ^ £supes$edi te un paio d'oreo fhmi collana tu una ; deglismanigli semidei il*Cielo di questi dico, riexDpisM tali possono chiamarsi* Egliè ben se' pur o che , « , . , . ridicolo inoltre» òhe s'sbbia ad tutto un tratto a udire Ercole dichiarato Dio ed Euri- , glicpaianjda.va trovarsi tra i .morti, e pressoial «tempiod'Ercole servo, estere la sepoltura d-EurìsteQ, suo padrone.: ^teo," che Parimente , è:Tenerato Bacco a Tebe, Fenico, Atteo* Divinità,mentre Eléarbo, suoi nipoti,sotio i più di* ne, Dacché spalancasti, ira :i;iportali. sgraziati coiB^.iuna o.G'iiove^ie/porteva costoro^e to ti sei vol- lerfemmitie mortali,. corteggiare no ognuba voluto imitarti,e non solo gliDei, che è più ridicolo,le Dee mema quello, 4]esime ancora; poichéchi non sa la storia a di d'Anchise, di Titone, d'Endimione, mi Giaadne,e di tanti altri? Quindi sembrail passar sopra questi migliorpartito medtre troppo ia lung9converrebbe anda«* re^ per biasimarli tutti quanti. Gio^fe*Bada bene a non parlardi Ganimede. , Tu m* irriteresti, o Memo se tu affliggessi , ti giovinetto bi^isimandone i natali. '^ooio.Dunque neppure farò menzione dell* Aquila , Éielo e benché seduta faccia questa sopra reale scettfo tuo nido quasiil suo talché sembra il si trovi nel ancora , sulla tua testa , Diviailà una essa pure. Ma lasciamola da parte per rispetto a Ganiine* de. Pertanto,o Giove, Ati, Goriba ^ Suba- ti qualdiritto sonessi qui introdotquel Mitra di Media, che porta una sio, con ? £ corta casacca, e ta Tiara, che neppur nosce co- la linguagreca, e che perciòappun^ to non capiscese qualcunobeve alla stfa salute,chi è eglimai ? Gli Sciti adunque, e siffattecose vedendo i Geti trascurano e ogniriguardoper noi, immortalizzano divinizzano chi loro piace,in queir isteasa dotto maniera, che Zamolxi vii servo^ si è introin tra gliDei ingannandonon so qual modo noi tutti. Pure passiamosopra , , , questo che è a tutto o che Egiziano, avvolto vuoi in essere toro che si fa suoi cosa mediocre. Ma hai ceffo canino fasce,chi sei tu Dio, mentre di Memfi coUà tu , e mai? abbai? tu, che sei e come E questo pellemaculata profetiche pretende? Arrossisco , nel far mefnzione dei Nibbii , poi delle Sciin- mie,. dei Caproni, e di altri esseri molto noaso più assurdi e ridicoli ancora, saliti, come, , adorare, che ha i suoi oracoli,.! io Cielo dair Non Egitto. compren* ij5 do come voi » che sieno Dei, iN"pportiate o ? £ tu, adorati al par di voi, e piùancora tolleri, che ti si pongano o Giove, come le coma, del caprone in testa? Qiove. Tq molto per parliin^uriosatnente ma o Momo! gliDei Egiziani, sappi che la maggiorpaxte di essi sono enimmt e devi metterli in derisione, tu non p"erchè , , l'intendi. non dei misteri o vogliono che gU Pei son farci capire, ci Veramente Homo. Giove, per Dei, e che , i Cinocefali hanno la testa di ! cane Giove. Lascia stare, ti dico,le cose degli Egiziani in altro tempo le andremo a , perchè più beir agio esaminando parladeglialtri. . Momon ; tu frattanto dunquedi Trofonio,o Giove, mi crue di Amfiloeo, ch^ principalmente disso* Costai sebben 6glio d' un uom CÌ2^. Parlerò , lutQ, e matricida sparge generosamente ed in Sicilia per due oboli soli, predizioni a forza di menzogne ingannaspesso la gente. , to, dunque o Apollo non hai piùcredipoichéormai ognipietra, ogniara ha il dono delle predizionipurché sieno unti si trovi con olio,coronati di ghirlande, e di cui vi è grande vaticinatore merce un Tu , , , , abbondanza* Già la statua pur anche deir t74 atleta Polidamente rimana i febbricitanti ia la statua cooie Olimpia, di Teagenein Si sacrifica ad Ettore in Ilio,ed a ai Ghersoneso. tesilao dirimpetto D^ so. Ta- Proche moltiplicati, moltiplicati no soe i sacrilegi ancora e gii glispergiuri meritamente. uomini ci dispreizano Ecco stardi, quanto io posso dirti intorno agliDei baoltre a questi, oéonsi ma e intrusi; cosi noi siamo , adesso nominar fra noi , pei'Dei molti esseri , re esistono,e n'olipossono esistein alcuno, e perciòmi sfogo non in modo dove risa sbardellate;poiché gliDei che decantata la tanto esistono fra Virtù, la ra, Natu- vani, e vuoti di significato, ti? inventati da pazzifilosofanil Fato, la Fortuna, nomi rici, E pure quantunque inventati e chimetalmente sedotti gliuomini, hanno che vuol nessuno pendo in che sacrifizii, sa-" più oflPrirci sarebbero vano quelloche è stato deciso, e che ilFato risérba a ciascuno. principio ti domanderei mai Giove o , tombe, eca- farà sempre la Fortuna mentre mille , da bel tieri Volense hai veduto la Virtù,la Natura, il Fato; poichétu pure hai udito nelle filosofiche contese, \ sordo da non se parlardi non sei loro 'tanto sentire i loro alti clam\"ri. Sebbene lo abbia ancora molte cose da di- termiho qoi il mio ciò nonostante re, di« . jMiichè veggo che il parlarmio di* spiacea molù, e già mi sento d'intorno le "chiate, principalmente loro, per parte di coscorso, dire tocca che il libero mio Per terminare Giove, o Ciom^e. vuoi se adunque leggerò, decreto che sul proposito ro lo- US , , già disteso. ho il nel vivo. Tu Le^i pure. torto hai intiers^nciente non nel biasimar costoro conviene ; e vadano correggere molti abusi,perchènon sempre piùcrescendo* DECRETO FELICITA' ALLA R UNIVERSALE. addnatìsi legalmente nel settimo giorno del corrente Supremo Capo dell* Assemblea, Nettuno Presidente, Apollo Giove , assistente , Cancelliere e , Alomo e della figlio il Sonno ha dettata la che segue. Considerando , che solo Greci , ma Notte molti stranieri barbari ancora non indegni e , tenza sen- afifattodella celeste cittadinanza ascritti , sul catalogo , Pei y hanno non so come , e tenuti per empiutoilcielo in guisatale, Digitizedby Ì76 . che il convito è zeppo di cèrta turbolenta di di vario linguaggio, e collettiziacanaglia che T ambrosia, maniera tanto il nettare e da valere adesso seggiano scar- mina una dei bevitori ; la quantità ciando questimercè V audacia loro , scac- la cotile (e)stante Che gliantichi triicostumi vato ele- hanno ì pa- , onorati sulla essere , prime sedi contro essere nostri,e vogliono stessi alle se ad veri Dei e i primi terra. E' paruto alla mente nostra , e a quella l'adudel nostro popolo,che si convochi nanza verno; ncir Olimpo verso il solstizio d'insi eleggano per àrbitrisette perfetti di consiglio deir antico Dei, tre dei quali Crono, e quattro dei dodici (2); Che uno di essi sia Giove ; e che questi mento giura- dopo aver prestato solenne per lo Stige; ad alta voce Che Mercurio proclami dunan^paa notizia di tutti coloi^o che seggano * diritto d'intervenirvi, acciocché e Ta- no han- no venga- producanotestimonianze- giurate,e prove dimostrative (i) Cotile,misara di della nascita loro ; liquidi , detta fra i Roiaanl :8ceniina. dodici ; cio^ : Qionoiie, Diana, Venere, Marte Nercairio,Giore, Nettano" Va"catìò,e Apollo/ (a) gliDei maggiorierano MlnerTa, Cerere, Vetta, " 178 la moteranno non Per adesso ttida"^ mano* quando Mercurio prodameràil bando riii^rnate tutti portandocon voi coi nomi indi^tii chiari, e proye precise, par via , te e » padre^edellamadre, indicando dovere ed in qnaltribù» stati £stti.Dei, sono del come e di manieiachè sieno anno!iferatii curifi quanto a coloro che non in comparirannoin agliarbitri,nulla sarà valutato aver eglinovasto tempio sulla terra, Deì« uomini reputati Tesser dagli faccia TIMONE. o IL T e MISANTROPa nieri, amici, degU straGiove, protettordegli tor creacompagni, delle famiglie, delle folgori, assistenteai giuramenti, dei adunator dellenubi , altosonante , e tutto scono queldi piùche glistoltipoetiti attribuiquando stentarlo a specialmente dei versi,poiché. allora raccapezzai» il metro , assumi cosi presso di loro molti nomi ciò che manca alla misura ,, e e empi alle lacune del verso ! Ove hai lasciato supplisci il fragoroso fulmine,il forteparooo» tente tuono, la bianca , e terfiamme^iante ribilsaetta?Tutto questo sì è ormaiconver- ^ «79 tk»m fumo cianchi^e mero-poetioa solcaoto del raoteiomr d!Si rioobombdttti* La di fragore ad , taad decantata, la epi« lungi- la facile arato feriJinte, 00 come tua» non affatto» ed è divenuta qual mai ar^ apmu ^kecio, senEa aver tilla di sdegnocontro conservato una glinomini iciii- ingiusti più nn » temerebbero sperginmndosi lacignolo spenta, che la fiamma della tutto elle saetta? Essi la?considerano domatrice tuei come tizzone un: temono e non spento il firoco,e )• di cui ftimo» percuotendoli il molt^^ibeno la credono capace ^ non , d^ altro male^ che d* imbrattarti di fuliggine^ dì maniera che ainche Salmoneo uom feroce e superbo, ebbe r ardire d* emulare i tuoi tuoni adegnid^um Giove fatti come'TSoi dormi temendo non , tn tanto gK cosa gran In agg^iacciatOé eh' altri!ti ché paventifin- e sei ([:)imandrargora, ? I sordo ecieco verso uomini ingiusti gli) tuoi occhi son coperti e non* vedi dt)cispi-, Hai rorecchie si opera qna'giuao. cpielcfae dei'veechii Quando eri aorde^ come qn^le^ sotto la gno, gìov^ie^erifacile^alPkla^ pronto allo sdesen^a persegoiiava tregua i prepoten* il^fohnine non- posava ti, e gl'ingiusti^ — ???? * I a III III.. «deaiferi* (1) 0«Ìmi ? I I I, „ f'm , .III. I, ?'?» ' Digitized by i8o il tuono egidatentennava teva, percuoio ed.il fulmine rumoreggiavacome delle .armi nelle scaraoiuccie. I terstrepilo mait r , fitticome •r^emotirvenivano efitti dietro l'altra La UDO mucchi, la grandinecome da neve un vello cri- oiadova a sassi,e per parlar seriamente, :eran rapidee dirotte le talmentecbè fiume ognistilla, era pÌQggie , ebbe luogoil diluvilodi Deu,in:uo*iitditte . calipne4 nel quale annegatiessendo tutti salvarsi in gliuomini^ appena potè questi^ approdòappièdel ( monte Licorio, nella quale conserva vasi sorgere umano 1^ isQuitiUa del.geinere «per far rischiatta d! uomini laocora più una tutti malvagi,Quindi'èctie concordemente ti ricompensanodella tua negligenza ^ nessuaoiaacrifikTà più nei tuoi altariV ne t'inqualcun .cotK)!)^, ;e.se" nelle feste Olimpiche .una piccolabarca, che : ' . no"lofa, certamente; : n^dcs^aria ,. .;usaQ»a!9 ma "; non crede uoiforma ad far cosa un' antica onde è che 1 sei ridotto ,0 celéber- ^firno .Giove^,i^uà^le a Saturno i tuòionorii i'di'duttì iNoti sto ^ e sfogliato a. narrare di derubato iliuo tèmpio, è jSf:ató ^x]uant|?:Vol^e le mani adlè stata messo .^qua^ntevoUeH:.! xdp^Q i|"qji^lo:di01ànpìa; reggi e tuc^e rumosulle nubi, sei stato infingardo a se-«- gno da non destare i cani» o non dbiamare i8r i vicini nella loro perchègliarrestassero fuga? Tu quelgrande,queldomator dei stavi giganti quel vincitòr dei Titani , , , inerte , facea quelfulmine nella destra stringi ' serai ; noi teremtoo ? O diffondermi Quando ? ingiustizie Deucaiioni e il ritorno in disordine un ! Sepza umana ascotta altri, degli ragionare a a tanti tanti Ateniesi dalla miseria me meri- non ciò che lenza che Giove, quando ces- obbrobrioso della vita e e di ben dieci braccia che puniresì enormi tu quantiFetonti cosi testa tante? dal tollerare iniquità tu vorrai Dì la ti rapavano mentre Io sollevai è accaduto. ^esso io soccorsi airopu* poveritutti versai le mio ricchezze a prò degliamici ; tutte ma quandoper cagionedella mia prodigalità caddi in povertadeancor io, eglino nanzi più non mi riconobbero, e coloro che d'in, tremavano a me che da una per ravano, volta,che mi ado- una pendevanoda una via,mi una un e mi fuggono, colonna qualcheantico mio cenno, so ades- eretta morto, dietro lasciano adalla memoria rovinata e logora, per opera del tempo , di cui Tiscrizione. si degnano neppur leggere caduta non , mia occhiata,se mMncontrano come di i Altri in terra da poi scorgendomi un'altra strada lontano no prendo- del lagnandosi cattivo i8a e incotitro, fui il loro benefattore , che notilia gaari fuggendome^ e liberatore. Mosso nuto veson dunque da tanta nn"ana maWagitìi, in quest* angolodella terra, e veatito d) rozza pellecoltivola terra collo etìpen* dio di aoli quattro oboli il giorno,fiAoao* , fando colla mia solitudine,e colla mia di zappa, e ottengo almeno il tantaggio teder prosperar coloro , che ne aono non vista indegni, che accrescerebbe di troppo la iqia alftizione Quando • di Crono, e dunque,o figlio di Bea, abbandonerai tu questo ( poiché bai di Epimenide) e ri$caU dormito piòancor dando il tuo fulmine,ed accendendolo neir Etna desteraigran fiamsoe,e spiegherai profondoe tutta dolce sonno Tira del forte ed eccelso Giove? sep» in realtà quanto i Cretesi di te, e della tua sepoltura. favoleggiano Cìow. Mercurio , chi è costui che gridadall^ pure è non vero Attica alle falde del tutto Che succido,squallido, e vestito di pelle , incurvato un Imeto? monte scava audace uomo certamente .un la terra , ? eglimi quanto ciarlone* sembra Egliè filosofo altrimenti , iscaricherebbecontro di me noli cosi sacrileghe parole. . Mercurio. Che dici,o padre" non conosci tu di Echecrate Colitcnse? Timone, figlio i85 desso Egliè "iael eoo A che ci ha trattataspesso sontuosi sscrifizii uomo poco fa , queir ricco, che ci fece incere ecatoaiÌ)e e , presso del tue qualesolevamo solennistare le feste. Cioue. Che cambiamento jè mai questo!Questi uomo? Quel ricco dunque è quelbuon circondato da tanti amici? cosi ? Sucido egliridotto la terra cui lavora , e si vede bene eh* , Hercurio. A dirla p la sua la , • pezzente , dalla maniera si è mai a lenta egliè un pare zapcon pò- mercenario. ?^ro t^e , Come bontà , la sua tropia, filan- compassioneper tutti i poveri quelleche lo hanno ridotto in diciam meglio,la sua dabma sua sono stato; la sua stolidezza, il non benaggine, scere, cono- gliamici, il non vedére che beneficava gliadulatori lo haiinoridotto a tal ti corvi e lupi affamapasso. Erano quelli del suo, lasciandosi ed il disgraziato, , divorare il da fegato tanti avvoltoi , ere* che dea che fossero amici veri tutti quelli , alla sua mensa; accoglieva pato quando per altro questiT ebbero spolin fino air osso,, mangiatala carne per pura amicizia , le midolle,lo abbandonarono succhiategli tutti secco e reciso dalla radice; fuggirono da lui, noi Valero piùcoaoscersL, tamne e i84 (Infatticome guardareum guardarlo mendico ) non che in ricompeit$a soeeorcbe T hanno rerlo e aiutarlo. Ecco le ragioni ridotto alla zappa e a cuoprirsi» come di rozia tu il vedi pelle. Egliper vergogna la città,e costaggiù ha lasciiata lavora la terra a giornata,rammaricandosi xlelle calamità, e perchè coloro che mercè sue evitano con ^perbiail arricchiti, sono sua poco , ^ , incontro, e neppur si ricordano suo Timone. si chiama Cime. Costui certamente , è non , da trascurarsi e disprezzarsi, eglis'irritavedendosi condotto , noi faremmo mentre un tanti A a ho tutt'ora nel naso ragione tanta cb« capre i nostri altari su seria mi- noi dimenticassimo che ha sacrificate tante pinguitori da uomo lo stesso questiscellerati adulatori"se e scegli , ^ ch^ V odore dell'arrosto ; i disturbi che mi cagionano gliaffari) i prepotentii ladri il timore glispergiuri dei sacrilegi si frequenti e si oggidì ma , , , , difficili a badarsi , che Tocchio, non tempo lasciato volgeruno di mi non permeltcmo mi hanno serrar per gran tica, sguardosull'At- da che popolazione quella si è lasciatainfatuare dalle dispute sulle parole dalle quistionie dalie voci dei filosofi, che non permettono che s'o^af^ massimamente , , Gdogle i86 Ti Aone ia c^ AuoTO tar mMxo a infinice rìcchezM. te» CorMercurio. Or ve* quanto è utile il gridar Tesser audace ed ostinato. Da . queleh* solo agliav* r veggo le gridagiovanonon vocati,ma aglistessi isupplicanti ancora ; di povero ch'egli poichéecco cbcTimone et doventerà un'altra volta opulento per le aver e urlato coraggiosamente nelparlato in modo da attrarre a se T at« sue preci, tensione di Qiove. Se all'opposto guitava eglise» a tèrra » curvo sovra di tacendo»il poverettosi troverebbe e essa, zappar la tutt'ora a tappare dimenti* perfettamente cato» Plato. Ma io Giove» non so posso ritornare pres- colui. o buon Fiuto»specialmente perché» Cioi^e. E ora che te lo comando Fiuto. Perchè va» mi io ? egliveramente metteva fuori di mi casa, dispc^aaami dispensava qua è là^e sebbene io fossistato ami* mi cacciava fuori col co del padre suo» egli forcone, bone e mi gettavadalle mani qualcaracceso, per essere di é vorrai tu nuovo ch'io ritornia lui» ai parasìti dispensato agliadulatori,alle meretrici? Ah mi son » oàadda- o Giove, presso a coloro,che piuttosto, capacidi appressare il dono che tu ipr *«7 Im, e cke onorano cttta annono , e dì me » mi gidcckè desiderano ardetitemènte. mi Questidissipatori^ poidivano pure in seno alla miieria,cliepreferiscono, e dalla ricevendo soltanto ^nà quale ed una pelle, roua xappa si contenfino del meschino lucro di cbe per lo quattro oboli il giorno, eglino dièci talenti in tma Voi* regalavano fa senza pensarvineppure. éCiove. Timone sarà ben guardingod* ora innanzi, innanzi per non far cosa di tal sorte. akuna Abbastanai^aha fatto setitìo incurvato sulla iBappa ( a the meno noti abbia le t€tì di bronzo te ) quindiegliti oncrerìi sicuramenin preferenza della miseria. Parm^i ^r altro che tu sii molto qttetulo ora biasimi Timone perchèti aprivale porte,e ti lasciava spaziarliberamente senza tenerti chiuso,ed essere dì te geloso; ora ti sdegni i ricchi, per quei loro catenacci, contro chiavi e sigilli ti teogon sotto dei quali ce. in guisada noti veder mai la lucustodito, Tali sono i lamenti che mi vai facendo, che affoghi in tanto buio,e che lagnandoti e giallo, pieno di per questo comparisci colle dita gaucìuté, codne quelle pensieri, , , , ' , dei calcolatori.Tu minacciavi che saresti da toro alfa prima occasione. Ti fuggito di esser custoditoenparca insopportabile i88 tro ad stanza ana di rame, di £erro come o vergineDanae,, di essere allevato da vigili il e' astuti pedagoghi quali sono lo la era , calcolo e male, T Dicevi che coloro facevaa usura. che mentre ti avendoti giacché non ti, zntì mente, eccessiva- amavano in lor ardivan pieno potere, che goder- toccarti,non occhi fissisui ti custodivano cogli catenacci,sui i sigilli, giudicandobastante il goderdi te, ma il non mandare. ad altri il possesso, appunto godimentonon tra* come d' una Stalin, pr^essoalla mangiatoia che sebben non mangi la biada , impedisce oltre se la mangi V affamato cavallo. Beffavi in- il cane coloro che ti e ti conservavano risparmiavano e quellopoi che più ti parea mi, avari con se medesistrano, era il vedergli che qualche malandrino e ignorare vitore, seragente, 0 pedagogo furtivamente avrebbe deluso quelmisero padrone,crudele lasciandolo vegliare inver se stesso languida sopra i suoi conteggi presso una , , , , e povera dunque può esser biasimavi ora tu costoro dica giusto , l'opposto per certo, che ti son e che poco fa per sì fatto contegno Fiuto. Se vorrai esaminar neiruno d* olio. Come lucerna sitibonda nell'altrocaso. Timone La , é ? seriamente parròaver tu cenda la fac- ragione di prodigalitèt elee giustamentesembrare Timone . per me, e la gran pre* di coloro,per farmi sempre più pingue grande, e grosso col tenérmi chiuso e mura , entro non amore moire a tocca^rmi , pòrte,« senzìEi nelle tenebre mi leganocon' fatto adessi tanti non za, pare insensatez- mei^itevole che di biasimo, oon senza Carmi veder lume, per èssere da altri veduto, mi ' ratezza, trascu- lacci,mentre poiché non ho alcun torto, quasfiòbè sero ignoras3che fra-poco dovranno pàrtfre e tni lasceranno a* qualchealtro ricco. Ibdunque iionlodo n'è questi,' molto liberali né quelli , f di me, ma iodo soltanto chi hef^ ..;decatamente (cosa in veto uso degiiadi mo- lode ) del tutto ^ né del astengono Ti supplico tiiitomi vanho^spendendo. perciò, e^e.non o se ne - Gio9e;"dr considerare,che se cuno qual- legalmenteuna donna ia custodisse e beliate poi non 'giovii^oe^ la lasciasse vafosse gelóso, ngate ma e non' ne di nottee^di con giorno,conversare -^éd anzi la conducesse egli chi le piacesae $ le in braccio all'adultero aprendole stesso avesse sposato , , facendole da torcìmano, invitando porte, e mai credere un tal uotatti da lei;potresti mo Noi crederesti certamente capace d'amore? volte sei tu, o Giove , tiiche tante Biato innamorato*^ £ se jd'altronde qualcu* t9f" ia casa prèso latia l^aliBeiite libc^ra dotila,pei;ottenere da leilegitcìmi mai la gìoviae florida toccasse e non figlia ch'altri par la gaardas* cbella^e proibis^ie no. avesse ma serraadolaJ^custodissecome vergiae stelle ed iafeQoad^».e( poisostenesse di avere amore per lei»e Io dimostrasse anche dal colore e dalla emacia^ione del volto ^ e se «e come dagUocc^iinfossati* può darsi che sembri mentecatto»^ e che intiale non, e goder de* suoi Vicce di farlefar de^figli un « la bella ed lasciasse sponsali, appassire: a« nutrendola per ttUta la sna mabil fanciulla, sacerdotessadel temfHo di vita,come una Cerere ? Tali sono» o Giojre^'imotivi che mi fanno adirar tanto nel vedermi calpestato, diso« spesso .rovinatoi4a.taluni con un malfattore iaDorf , e da talialtricome, catena(o" in tisdegni Ciocie.Flatf"" i^ano tornirò costoro. glimie glialtrila giustaloro Qtt^Sij^W^ ^liunicom^ Tantalo afl"maci, p^nìi^V"^i|^'i anelano unicaa«aeJt9"(i| « a.hojCca^ascLiiita altrisonroome Fineo, cai m^m([|i^jO« Cigli dalla gola. Ma à.beeceini) i^ Affilar svelgono molto più sag*va pure ; troverai TimoM gip. Plato..E fiamai posibile c^h*^icessidi spandermi via collay^ocità eoa cut pas^ L'ao^ '9^ ^oa da un di* io mi qnasiche Tolta lo narmial prima ancora paiutre sfondato, vi sia del tutto che venendMo tema dentro versato^ , tutto in una ? Tu vuoi dunque condan« affoghi delle danaidi,poichémi suppliaio bette senza toccherebbe ad empiae.una fondo 9 donde 1-acqua esce prima d* essere entrata. Chvei Dunque s* eglinon buco 9 lascia che e botte la zappa, o ti:spandain breve facilmente in fendo alla troverà tempo, tu tappa,qn^l largo o la ma pelle; andate mai, or- amici miei,ad arricchire Timone,e tu Mercurio ricordati quando ritorni di condurmi i dall!Etna, perchèmi Ciclopi: ras«" aguzìnoil fulmine. Tra poco che sia.bene affilato. a vfemo. bisogno Meri Aiuliamne o Fiuto. Che e*è ? zoppichi? sactino e mi Io credea che tu fossi,soltanto cieco, ma veggo adesso che sei ancora zoppa Meffcurìo* JPluto. Non così sono o sempre , Non^so vada la faccene; mia quando Rieditoda Giovi» debbo andare {«esso a come qualcunoson: tardo,e zoppo d'ambo di ^ coaìf che vi arrivo ^uasia i stento pie^ , e quando colui jche mi attende è di giàvec^ chio; all'opposto quandoallontanarmi deg* alato, gio da qualcunomi vedrai quasiché uccelli.Appena cade la e più veloce degli sbarra che io mi dichiaro viocitdre,salta»* lo stadio talvolta do , prima che se' ne corgano ac- gliastanti. lier. Pure, o Plato 'diciil vero; non pochi,che non annoverare ti poaso ieri non avera- fune da imobolo per comprar piccarsi tanta ed oggiair improvvisosi son duti ve, un no , vestiti e passeggiare e ricchi, splendidi in carichi di smaniglid* oro di porpora superbicocchi tirati da bianchi destrieri; queglistessi,ohe non ebbero in vita toro , , asinelio ; un neppur che (a e questo tanta con ) credevano parer mio pidità, ra- no egli- stessi di sognare. Questo caso, poichéallora non P^utoi e noii vo Giove, ma ,è differente, Mercuno o cammino co^ miei piedi , di presso a coloro per comando bensì di Plutone'^ il qualeessendo di ricche^xe eglidispe"sator ne* suoi doni ( come e splendido a^^puutoil sogna accenna suo nome ) fa si, che quando biancor , ch'io mi 'altro , trasferiscada entro pongono mt una alt' uomo un pergamena e la castoscritl:a,'la gelosamente, sigillano disconacon molta il suo camera buia cura. corpo della è abbandonato casa ginocchiad'un vecchio 10 ;Morto il mio , sessore, posuna coperto fino alle lenzuolo balia de' (latti.Ceioro in , poi che e to lascia- si lùsin* '94 coippagni volendo provare se afìche.a lui è permesso di usar cogli altri si Caduto poine- lacci di qual^ fattistrapazzi. che meretrice» o dominato dalla passione te i giàsuoi , dei veloci corsieri, lìa o abbandonatosi in baadulatori, che gli degli giuranoesser egli piùbello di Nireo, pianobile di Gecrope, d'Ulisse e piùricco o di Codro, piùsaggio , insino di sedici Cresi,in poco tempo Io che ìtìit ricchezze, sciagurato sperde quelle furono mercè infiniti tamente acquistate astuzie,e rapine* spergiuri, che Mer. Tu dici quasiper l'appunto quello co' tuoi piedi si fa; nia quando cammini cieco qualtu sei,come fai ^ raccapezzale 1^ Giove coloro ai quali strada,o a conoscere t'invia, credendogli degnid'esser ricchi? Plato. Credi tu, ch'io gliraccapezzi ? Mer. No, certamente, poichéaltrimenti non , , avresti lasciatoAristide,per andare dietro ed a molti altri Ater a Callìa, Ipponico, niesi indegnidi avere obolo in tasca. un Ma che fai quandosei mandato? a Plato. Vo Ciampie coiurato errando qua, cada sopra il primo,mi poiriveriscete, spettatabuona o e là, finché in* qualcuno;costui in-? e prendee possiede, Mercurio,.della sua ina* sorte. Jlfer. credendo che Duoqi^eGiove s'ittgat^na arricchisca secondo ta il suo volere colui giudicadegno della ricchezza ? ch'egli Plato. £d a ragiones* inganna, amico mio, poichésapendo eh* io son cieco eglimi , manda a cercare da sì gran che d'altronde . una tempo tanto cosa manca difficile » sulla terra dubbiosa ; piccolae ts^ ad occhi Lincei. ancora sere impercettibile Quindi essendo così pochii virtuosi,e tanti i malvagiche dominano nelle città,an* dando io vagando,facilmente inciampoin tanto , essi,e da essi vengo da afferrato. fai per quando poi gli lasci,come difficoltà» senza ignorandotu la fuggire 3fer. Ma strada ? Allora soltanto davento in qualche modo e colle gambe pari« presbita, M"^. Rispondimianche su questa. Come mai essendo tu cieco, (perdonala schiettezza) e di gambe pesanti, giallo, puoiavere tan"« ti amatori, da attrarre tutti i loro sguardi, d* essere felici quando cosicché credono ad abborrir la e a possederti pervengono Plato. , riesce loro d'incontrarti? quando non Conosco non pochidi tal fatta, che sona tuoi grandiadoratori,e che credendo d'es* nel curati da te si sono non sere precipitati profondodel mare, e da alci dirupiper non Per altro sa che tu mai guardati. avergli vita , ig6 confesserai( se conosci bene tu che delirano costoro ioipazzahdo per un a- siffatto. mante Plato. Come ! credi tu eh' io zoppo , cieco , che porto addosso ? Mer. Sicuramente Fiuto , Plato. Non se , no che costoro tutti i malanni » bisognaben son dire , ciechi mio, ciechi,amico sono e appaialoro qual con e sono o ) te stesso l' inganno che ma T insensatezza dominano tualmente at- loro dappertutto, imbroglian la per non parer del bella pongo sul viso una Inoltre io stesso mente. deforme tutto maschera e , , mi indorata,ornata mi con pietrepreziose tuosi presento vestito in abiti son- talmente che credendo bellezza in persona, mi amano, di vedere e se la non riesce loro di ni si credono uomipossedermi, Se per altro qualcunomi spoperduti. gliasse interamente, e mi facesse vedere ad qualeio sono, non v* è dubbio che si vergognerebbero d'aver perduta la vista così ributtanti a tal segno da amare oggetti e privi d'ognibellezza. per r amore, Mere. Perchè dunque quando ancora ti ottengono, schera e pongono sol loro viso quellamastessa rimangono tuttavianel loro talmentechè errore se qualcuno volesse lascierebbero piuttosto la testa torgliela, essi tal , , »97 che la maicbera che la ignorare , quantunque • non possano bellezza è fattizia ché , poi- sua veggono tutto il di dentro. Molte circostanze mi sono favorevoli Phuo. anche in questo. Jferc. Plato. - Qualisono ? Quando qualcunom'incontraleaprendomi le porte mi ricetta in di meco nascosto la , no sua, entra- casa Superbia , il Disprezzo,la Stoltezza tal fatta, , e di eglisi maraviglia merita, non ama idolatra me, che sono entrati e mali , ciò che maraviglia varsi, da schi- ciò, che è padre di tutti meco , e quei tilo che forma- e soffrirebbe qualunque corteggio, che lasciarmi. piuttosto il mio cosa la Iattanza, miir altre persone di che impossessandosi delP anima la Mollezza, sua , V Inganno, , Jferc. Come sei liscio e sdrucciolevole , o a ritenersi facile a scappar Fiuto,difficile , tia , non e non so come , è è serpente. AH* opposto la Miseria facile ad , acchiapparsi ed ha , da lei. poi difficilelo sbrogliarsi intanto che ciarliamo ci scordiamo il ^ ' presa certa , ma scivolivia dalle dita qualanguilla il corpo coperto d^ uncini, onde coloro che se le accostano, vi restano attacca-* ti, ed Ma o viscosa tutto dai alcuna meglio. tgS Plato. E che ? Mere. abbiamo Non ooi il tesoro portato con di cui ci fa bisogno. te ne prenderpensiero perchè Pluzo. Non « quand'io terra in . porèa , non se , di presso vengo voi altri, lo lascio a di chiuder ordinandogli star là, e non aprira chi lo chiamo bene la che sia io. dunque neir Àttica. Seguitami iferc. Entriamo tUy e finché colà mi per la clamide. non arriviamo tiem* meglioo Mercurio a tenermi tu la mano, dere perchèse mi lasci potreicaad un Iperbolo, no. Cleoin mano o ad un Plato. Farai per che cos'è questo rumore, ferro che percuote sa il sasso ? Ma Jferc. Questiè Timone accanto la che zappa, e sassoso. alpestro terreno un la miseria,la fatica, la robustezza, filosofia, e di coloro della fame , di come che cadono compagne quivicino^ Ve' ! egliha la pazienza^ le sifiàtte pagne comsotto molto il giogo de' migliori tuoi ministri. Plato. Perchè dunque, o Mercurio procurar non possiamoa un uomo , che si circonda da di lui , non Mere. Giove lo una tale schiera cosa fuggiamoimmantinente così vuole. Non coraggio. , ci subito che degna l perdiamodi '99 0 tu« uccisor d* ? costui per la mano Miseria. Mere. Giove Argo , conduci o?é presso a Timone. Miseria. Come! Plùto viene adesso a ricercar Timone ci ha mandati ? Dopoché avendolo io ricettato nel pessimostato in cui erasi ridotto colla sua mollezza. Io affidaialla filosofia, e alla fatica,e lo feci doventare uomo mo magnanie degno?A dunqueson io parer vostro tanto e degna d^ ingiurie e jorspregevole, delf ti,da essere per opera vostra spogliata unico acquisto mio ? E dopo avere esercì» alla piò perfetta tato Timone virtù,se lo , roganza Plato, per affidarloall'arriprender alla superbia e ritornarlo qual' era prima,molle, codardo, e insensato quando non per poirestituirmelo di nuovo sarà piùbuono a niente ? dovrà 5 , , Mere. Così è JUiseria.Io Filosofia a Giove, o piaciuto parto dunque, e voi Miseria. Fatica,o o ilmio che componete vedrà ; Costui forse si avcorteggio seguitatemi , e voi tutte di qualeajuto e qnaldispensatrice faccia nel la* beni io mi sia,e qualperdita della sua robusta sciar me, che fui cagione salute,della magnanimitàde^suoi pensieri, , che lo ridussi a solamente ^erando vivere in se da vero stesso, quasistraniere a uomo e dando fi, conside- lui quelle tante di fatti Io sono/ come superflue cose , Costoro Mere. se ne dunque a Timone. vanoo , Plot9 o , stiamoci acco- Timone. Chi siete, o maledetti? che volete manovale, un mercenario? vi partireche non Ma sappiate, te ro, di qui tropjpocontenti; perchèvi aborvi detesto , e sapròaccopparvia forza di zolle e di pietre, Jferc. No, o Timone, non ferire,poichénon venendo a molestare un ferirestegente mortali. Io questiè Pluto, pregi,onde veniamo che a che ti rechiamo, il , e rinunzia , e ritrovarti qualeha volentieri accogli per ordine di Giove tue Mercurio son udite le na la fortu- alla fatica. Quand'anche foste quegliDei che vi andate spacciando, farò pentire ancor voi, perchè detesto del pari uomini e Dei. E chiunquesia questo cieco, glispaccheròla Timone. testa Fiuto. colla mia zappa. di Giove, Per Tamor o Mercurio, eliamocene an- tu vedi, come Quest*uomo che Temo troppopienodi rancore. di partire ci colgaqualchema^^* non via. , è avanti lanno. lano, noi vilMete. Bada, Timone, non con esser lasciaMn procederesi rozzo, e. vile » e stendi pur le mani per ricevere la fortuna. Sii di nuovo ricco ,.e il primo fra gli BOSk a dispreszare il insegnato facendo dipendere da sse stesso fupcrfltto, cante, mi ha e le speranze della mia vita. Mi ha dimostrato latore qualera la mia ricchezza , cui né aducolle lusinghe né calonhiatore colle sue minacce, né popolofremente d^ votando contro di ira,né alcun magistrato, sue » né alcun tiranno colle insidie pos« rapirmi.CSosi corroborato dalle faci- me, sono che, lavoro mentre sue piacerequesto con veggo i tanti mali della città , ed ottengo dalla zappa un vitto sufficiente ed abbondante. Tornatene dunque,o Mercurio non campo, conducendo , questo Fiuto teco Giove, poiché a egli d' ogni immergessenel piantogliuomini età tutti M^rc. No, quanti, s caro meritano cessa a eh' basterebbe me , omai amico d^ essere da ; tutti i mortali noa pianto.Ma cotesti sdegnipuerilie accogli immersi nel , Fiuto. Nessuuo ricusa mai i doni di Giove. Fiuto. Vuoi tu, 0 Timone^ chMo teco^ 0 ti dispiace Timone. Fallo pure ma preambolidei graziadi Mercurio i in , in giustifichi parli? scia Lapoche parole. che mi oratori contenziosi ti'ascolterò , , purché sii breve. Plato. Veramente avrei molto a dire,giacché aoS ranto mi hai biasimato. Ma poco se un in realtà ti ho fatto alcun torto accusi. Io ti fui mi come considera causa , di tutti i piùdolci deglionori della preminenza allori e d'ogni altra splendegli didezza. fosti Mercè mia tu bre, celeglorioso, e grandementedesiderato. Se hai soffertoqualchemale dagliadulatori ,non io cagione anzi io sono ne son quegli beni 1 , , , , , , che ho ricevuto mille torti da te su tal particolare tanta con poichémi rispiogevi ignominiafra uomini indegni che loda-* falsiprestigi e incantavano te con vano, insidiavano in ogni maniera. Tv mi e me , , , hai tacciato finalmente di averti tradito , che te ne posso quando che son io quegli, tacciare,poichétu m'hai discacciato lungi da te in tutte te maniere, e mi hai respinto di collo fuori di casa. a rotta Dunque , ma invece delia molle clamide, T onorevolissiPovertà ti ha rivestito di questarozza Pertanto Mercurio m*è testimone di pelle. Giove per non re veniquanto ho supplicato di me così da ti sei verso a te, giacché nemico Jtferc.Ma, comportato. Pluto,tu vedi Fatti animo Tu come dunque,e eglisi é rimanti intanto,o Timone, zappa la posto dove sei , e tu to. ridot- con luì. terra nel Pioto fa'che i tuoi •04 tesori vengano alla tua la di lui uppa, «otto saranno eglino voce Sta fattapare la tua Timone. volere potrebberesistere al povero me! in che di quiuna ad un curio volontà,o Mer- torni io ad arricchire. Come e , ché poi- ubbidienti. nuovo Dei degli guai mi ? si ! Ma vai tu ad immergere fin Io che ho menato felice,sto per ricevere averlo metratto cotant^oro, senza ritato alcuna ingiustizia e a sottoporcoti mi vita tanto , tante a Abbi Mere. mia dia cure. , pazienza o Timone^ in grazia dizione conquando ancora questa tua nuova ti debba riescire difficile, e portabile, insopperchècosì gliadulatori dMnvi* , creperanno» Io intanto dalla cima deir£tna me ne volerò in Cielo. ne Fiuto. Mercurio se n^è ito^ per quanto mi pare; lo congetturo dal dibattimento delle ali. Ora tu Timone sue aspettamicosti , perchè vo zappa parloa al a mandarti cotesta terra. i miei tesori ; anzi Q tesoro dell'oro , io te, ubbidisci a Timone, e arrenditi e Zappa forte,o Timone profondamenteed io intanto me ne vado. la Timone. Coraggio, o mia zappa, raddoppia forza in grascia tua mia, e non ti stancare di trarrq dalle profonde viscere della terra suo potere. , , ì tesori alla luce. 0 Giove d prodigioso, ao5 amici Cortbanti, e to o delle fortune, doade Mercurio viene re protettotant' ? oro di non sogno ! Temo tanti carboni accesi; trovarcy^svegltandomi, Sarebbe ma no questo un questo è puro, rossiccio,pesante, la vista.Oh che rallegra eccellente , e oro che ospiteamico degliuomini fuoco acceso, splendigiornoe notte come vieni, o il piùcaro ^ il piùamato dagliuo- metallo , , tutti. Óra mini si convertì stesso qual verginenon aperte un' si bello,che o Creso, ricchissime offisrte votive al e della sua di Persia mi 0 al piccole grondava voi tutte e tempiodi ricchezza ! Neppure il re zappa, siate pur consacrati pelliccia Io poi comprando questa remota , al Dio Pane. ergeròsopra questo tesoro tòrricella, capace soltanto di contener terra acciò me» di tomba possa servirmi ancor la morte mia. Stabiliscasidunque così, siami e non una , che dopo vita fo*, Del- mone, di Ti- paragon O cara può uguagliare! diletta mia Giove volta in oro; poiché avrebbe accolto a braccia Mida, quanto siete che una amante dal tetto! O convinto son leggepelrimanente della mia il fuggir la società di chicchessia , conoscere 1 nomi il , tutti. alcuno, il disprezzar di amico, di di compagno ospite, di misericordioso, sieno per me mere , cian* 205 pietàdi chi piange,V aiuure lo stesso sia per me che chi ha bisogno, la leggee sovvertire i costumi. trasgredire Sia la mia vita solitaria come quellade* lupi,e runico amico mio sia Timone; co nemiconsiderando ognialtro uomo come r ce; e aver traditore.Sia per me un conta* vero chicchessia. Infausto sia^ eon gioil parlare in cui vedrò creatura e maledetto quel giorno In umana. di statue sieno tutti per di bronzo. Lungi da somma pietra o , che venga ognimesso me me il caduceo. presentarmi a vogliopiùalleanze. Il deserto di uomini tutti. Le parole mi separi dagli, tribù di fratellanza di compatriotstessa Non , , ti , e per sino di Patria , sieno per o inutili, insignificanti, uomini me nomi ostentazione sciocchi. Sia solo Timone di ricco , adula^ tutti,e lungidalle pesanti disprezzi zioni e lodi goda-unicamente stesso* se da se solo. SacrifichiagiiDei, e tripudii Sia egli a se stesso unico vicino e confinan-» te, rigettando glialtrida se lontano e bia , , decretato dovranno che volta per se sempre, se incorofarsi per lui funerali , o nazioni una eglisolo onori se «tesso. A di Misantropo e grato titoloquello lui sia , , lo ratterizzino ca- V asprezza , la fe-^ vedrò quale se rocia,Tira,Tinunuinità, la durezza , in cuno che imploriil , ajuto»le spegneròcofi pece ed olio. qualcunoalla stagioneinvernale tra-r mio E alle fiamme mezzo se sportato dalla corrente derà le mani, d'un fiume mi sten^ aupplicberà perch'io lo salvi,ve lo spingerò piùaddentro onde non risorgapiù mai. Così otterranno gliuomini da me quellastessa ricompensa oh' ebb' io di Ecbecratide di figlio lo stesso e rogata una tal legge,* loro* Timone da Colitea ha Timone via , Tha confermata nelFadunanza. Or cosi sia decretato e costantemente stenuto soda noi. Per altro vorrei pure che gliuomini ro mi e tutti sapessero cVin mensamente im- sono ricco, poiché ne creperebbe^ è qued'invidia; disperati ma. che cosa sto ! Che da celerità! corrono inaspettata ogni banda tutti polverosied ansanti Non oro. so come abbiano sentito T odor Che farò io . dell' dunque?Salirò su quelcolle dole per discacciarlia furia di sassate, lancian- da quellaparte donde potrò meglio ? oppure violeròla mia stessa legge colpirli pre parlandoper una volta con loro per sem? Cerpiùrattristarlicol mio disprezzo \o quest'ultimo è il migliorcompenso. di accogliergli. Sopportiamodunque il tormento Veggiamo chi si presenta il primo, , Oh ! è Gnatonide V adulatore ,. che poco fa • DigitizedbyVaOOQlC ao8 cordino un presentò a me , che dava glidoman- la limosina,quegli te appunto che molvolte in mia casa tracannati intieri avea coppidi vino. Ma ha fatto benissimo a ve» nir qua;eglipiangerà prima d'ognialtro. Qnatoniàe. Noi dtssMo che gliDei non menticherebbe dimiai quelbuon uomo di Timone. Salve, o Timone, o bellissimo, la alsoavissimo,e giocondissimo compagno mensa! Salve Timone. tra vorace tu pure o Cnatonide, gliavvoltoi,o d^ essere gliuomini , o il più il piùdegno tra annichilito. piacesempre lo scherzare. Ma dov* è il banchetto ? poichéson venuto a rambi di queiDiticanzone portartiuna nuova Ti Cnatonide* che sono Tiinone. Oh ! t'assicuro che non , Gnatonide. o aotto questa zappa canterai che Che Timone. Ahimè! cosa è elegie, patetiche Tu mi percuoquesta! ti, Chiamo Ahimè! testimoni! Oh ti accuserò per questa ferita. Timone. Ma se ti trattieni un forse d'omicidio Gnatonide. cati. pubbli- stati recentemente No, mai, le! Erco- go all'areopa- poco, mi serai accu- ancora. ma guariscimi questa un con piagaaspergendola poco d'oro, che -è efficacissimo il sangue. per istagnare aio ho bisogni, che inteso facendo,apA vicino, camimn sei grandementeaffiochito quindisono venuto per darti questi miei consigli. Benché, uomo sapientissimo qualtu sei,non hai d'uopodelle mie parole, di in grado giacchésaresti consigliare tu , , Nestore ottimamente Timone^ Sarà come tu stesso. dici, accostati acciò, eh' io possa colla mia sappa. Fillade. Ehi! Timone. ricompensarti ha gente, questo ingratot*mi spaccato il cranio,per ottimi Fillade.,ma o io suggerito avergli consigli. Ecco il terzo* l^lih ilretore Demea, e che si decreto,' che porta nella destra un spacciamio parente. Questipagò col mio danaro alla cassa sedici Repubbiiea avendo dajùigarlifu della talenti, giacchénon condannato alla «carcere , ed io avendone compassionelo liberai. Per altra èssendo distributore della egli per combinazione mandandogli pecuDia teorica* (i), me glisecostai dola mia porzione, ed eglimi . Teorico .(0 To' 0fvf/T/x 09. ' di coi ^li Ateniesi ti èerrirtfno per pagare là tpeie della gfiMirra, e che diitribairsi destinato da fo Pericle a iip :itegaìto ai cittadinijper i respettivi segginel teapagare ttù. ' ?? che riftpfse, Sake Demea. la nasioiie loi aon Timone o , per citia- ooaosceva tane" utile al* nom , degliAteniesi e baiiiardo dellaGreciaJl popdo giàradunato» ta e le duecuk'ie ti attendlono; ma prima ascol, sostegno , il decreto che imornoa '# Stante tide dì: Oolitea ^ buono ** altro nelia Grecia » tempo detta »/ M e uooio , Echecra-» solamente non sovra sapiente virtuoso»ma , ho disteso. di figlio die Timone » te « benemerito in ogni ogni Repubblica,ha vinto in un sol giornonel pogilatw^ nella lotta,e nelle corse dei giuodiiolimpici ora sovra una una quadriga,ora^iovva biga. , •# Timone. Ma ":«iase I staio sono non se mai neppur spettatore degliOlimpioìgtoochi? Che importa? Lo sarai in appresso ; Demta. che poichéle cose di tal Cittastanno bene anpredette. L^anna scorso egU vinse d' Aoavnama, mevitre combatteva quelli perla patria,e due squadredi Pelopoi# H ## «" nesiaci furono da lui distratte. Che dici mai ? TTmo/ie/ arrooiaso jDemea. Tu stesso, ma per se mancamui parlitroppo noi saremmo io non fui neppure d' armi. modestamente bene se ingrati dimenticato, a Inóltre,ora lasciassimo ed ora tenzìandoiora consigliando, »i di te ti sen- mi^ .^raiideiiieiit«'g|»ra Per- tmte alla Repubblicaaostra. to i cittadìoit queste ragioni il cmisiglio^ haii* le tribù,e il popoloin partiedare.^ litando»ha tempre n ff n » V decretato d'unanime .consenso, che s' 9P DO fp inmdsi fp rocca pp nerva n destra il fulmine; sia pf ed n fronte;cbA *p nunsiate- nelle feste Dionìaiadie 'p "p che abbia ben sette di Mi-» stringanella di raggi, coronata d'oro corone in questo sieno nella statua questa sulla giorno aa-^ queste cantici nuovi, poiché oggidebbonsi celebrare le feste Dionisia* che apposta per lui. Tale è la sentenza del corone 9 con Demea retore pp lo stesso pp anzi eh' è tutto w Tttnone a della città, presso alla statua , »" sette pp d^oro statua una piace. Questo » parente Timone, che è e scolare del« «glipure» retore quelloche d'essere a lui #/ dunque il decreto,che ho per te preparato. Io poi voleva condurti anche il mio figlio, al qualeho impostoil medoSimo tuo Timone. che di Timone. nome Come! Demea, per quanto so» ZWea« ' è Ha altr' anno sohile )e se , Dio ne tu non hai un %lio?Tu» hai mai preso glie? mo- vuole, la prenderòqoesi* avrò prole( che fin d'adesso la clùamo sarà ma* Timone. Tinume. Hoo per altro , atoko miOf pò le percosse che io soD per darti nò do« te potrai più.prender moglie. JD^mesu hVu^f è questa , farla da tiranno ? E tn liberi, uomini e ! che Okimè cittadino tu punito,tanto quellod^ avere città senza ne Timo- percuoti neppure esser stesso? Ma o sarai ben libero presto di questo attentato, quanto di incendiato la rocca della nostra. Thnonei Ma la rocca leratò;quindisei Ma Demea. cosa è non un vero incendiata,o sce* calunniatore. sei arricchito per avere sfondato il pubblico tesoro. T'imone; le tue Dentea. Néppur questo è sfondato)e perciò paroleson tutte menzogqe. Lo sarà in appresso dunque; e tu in« tnttociò eh* ivi esiste. possiedi Dunque ricevi ancor quest'altra per* tanto Timone. cossa. Demetu urlare,altrimenti ti darò anche TimoneéìfóB la ! la mia schiena. Ahimè terza avendo ; « pcttuto,inerme una uccidere due , se eser* non trion£sto nel aver gioverebbe giqopugilato e nella lotta agliolimpici chi? Ma che cotn è questo?Non veggo che mi , ' ^ scherno schiacciare potessi menti peste d* uomiciattolo qual sei ; altri- Citi di Lacedemoni, . degnodi sarei ben •'4 -il Filosofo Traside? SI è be»4esÉov die la aoa barba , ntvSàt» lo allargata Avendo in qóìn iqoffiiiGsi aYam» sopracciglia ^ granée e rando fra se qvalchecosa goardaDdoattorno con occhio sevèttìLEgli ba i capelli glia rittisulla fronte talché somipingeva. Borea, o an Trìtone qoaliZensi li diQaesti di aspetto cosi decentedì an^andatora così regola» ornato mente ^ , . » re, di così modesto vestire , fa la mattina dissertazioni salla moltìplici virtù , con- lezza, H^innando coloro che si deliziano nella molla lodando uscito dal bagnose frugalità ; ma ne va a cena^ dopo che ove il servo gliporge un immane calice di ^in pretto ( giacchénon glipiaceV inacquato ) allora bibita fosse per Ini acqua di come se quella Lete, dimentica le predichedella mattina, diametralmente e dice Topposto.Eglia" ferra il companaticocolla rapacità d' un nibbio spingein là col gomito colui che ha la barba che glicola glista accanto e S' empie lo stomaco ne. cacome un untume, come se speEglista curvo solla mensa rasse , V trovare la virtà nelle scodelle, e fina stro- diKgentementeil piattocolP indice avanzo perchénon \i Hmanga il piùpiccolo di salsa ; si querèla sempre a fine di ave* «ole l'intero pastìccio, re egli o il cignale arf ostilo,{"okliè fa, contutore ognisuo oe toI saziare V avidità,e la voracità . Spingerubbrischezaa soloiìna voler, cantare a ed.agr insulti ; ina biccbiere-in fa,.mentre e e fa molte pretto, e ridicolosamente convito ni cede • per arroganza via via dal bisognaportarlo egliabbraccia con due ma« , mentre giunonon air balbetta. Succede e sonatrice di flauto.Costui anche una noa prediobecol dal travagliato è appunto pisciail vomito ballare,ma sua. ed anzi allora perora sulla sobrietà;e questa mano,, sulla temperanza, la demenza e be« a e di-» chicchessia per menzogna^ per avarìzia* Ha il primo gliadulatori ; si spergiuracolla massima ucilità;*rimpostura lo precede, lo segue r,impudenzaV insomma egliè un di sapienzada ogni pdp ccmipendio perfetto posto te. tra Ma tra uomo tanto tanto tempo Traskle. stessa quest* poco farò ben piangerlo buono. Oh! che è stato? Dopo rivediamo Trasicle ? colla ve^ngo, o Timone, mira di coloro che attoniti della tua ricchezza Io non da accorrono gento,oro, laute cene, te per uomo , ar« per molto adulare che pone in comune e semplice e la sua ro;bacogli altri come non tu; giajcchè ignoriche un ottenerne sei e mi basta , foeaccia per aena, ed il timo e come fai una il nasturzio comjpeiMMcotMeUenfe 4 e' "eè necessario qualchevolta far teoipoiiemi è sufficientepoco sale,e racqua.deUapabsooo un me per blica fonte di nove bocche. Questo nisiicel- lo poi è meglio di qualunqueporpore 4 e Toro quanto la ghiaiasul iido stimo tanto finchè del fliare. V«ogo dunque per amor tao^ afe mo perfidissiquesto perniciosissimo delia ricchezza cagione« tao* acquisto ti d^mmense sciagure»non t'abbia a ro* i miei vinare. Se dunque vuoi seguitare la getterai tiei mare tutta consigli 1 come , , aflpattoinutile ad cosa quale può il valent' uomo, appagarsinella ricchezza delia Filosofia. Ma deh ! non un ad acqua gettarla fonda,amico mio, basta che tu v'entri fino alle ginocchia cossa poco distante dalla riva persolo avendo mone. testidall'onde, Ine per Che se poi non ti aggrada questo scaccia al piùpresto possibile la consiglio, ricchezza da casa tua in diversa e miglior ritenerne per te neppur 00 obolo solo,distribuendola a tutti i bisogno* .maniera si , ; né chi cinque dramme, a chi una mina, a chi un talento;e se v' ha tra questiqualche filosofo è' giustoeh' egliabbia parto A me doppia o tripla. poi quantunque nulla chiegga buire ma'perdistriper me stesso basta che agliamici miei indigenti ^ a , , , j|i8 sarà Cifoli Tmone» vero andiate ille6i,'e senzA per al«ro che ve né th'io vegga il sangue vostro. , DIOGENE , POLLUCE. E Diogene. o subito che ascenderai suMa ferra Polluce, ( giacchéparaliche domani tocchi af te il risorgere ) se incootri'inqualcheparte Menippo il cinico,che sarà a Corinto presso il Craneo , o presso al Liceo ,'óve età; , be£Fando i filosofitra loro 0 : dirgli che se ti previene, raccomando da sono di , le mondane in ridicolo cose volte altamente te lo molto dispotanti v ti gene Menippo Dio- più sulla giacché saranno terra , venendo le tue dubbiose, ed ha derisioni tu qui, son tut* ' gran peso quel proverbio:chi può saper le cose dòpo la vita? Qui però non cesserai di ridire sicuramente tavia , come un a^ppuntO' fo io adesso specialtnente quando vedrai i tiranni da non essére piantilorp, e aspetto, , e trapi, i Sà- ed avviliti a segno umiliati, riconosciuti,se dal loro divenuto mondane dejié i ricthi , cose. non che dai e smunto ignobile tale dalla reminiscenza Diglitutto questa e *'9 ^^.chetiiempìaIt sQU himùàé soggiungigli Sé pmitiwruse di' lupini^ e qoèineT«nga. in ^qualcfa9tmio la cena apparecchiata*' allò Ecate^ o qualcheóvo avanzato altra cosa simile,» ila prenda lustrazioni, o per pure. Polluce. ! • t; • 1. Gli dirò tutto, conoscerlo Diogene;.ami desciivioù b ipià£acilmente gura di costui*.' Diogene. Vedrai un o per "« ? Tecchio calvo ^ ooperto piendi buchi per cui passa da ogni parte, e che per le, il vento sue moltiplici toppe si può dire, un misto di panni d'ognisorte. Egli ride senpre, e filosofanti. schernisce queisuperbi Palluce. Oh talicontrassegni lo raccacon pezzerò di un mantello, , facilmeote!. Diagene. Mi permetti,ch'io t'incarichi di qualchealtra ambasciata per queifilosofi ? ancora Polluce. IH pure, peseràmolto. perchènemnsen Diogene.Raccomanda Zino in sovra disputare cose, che o a a somma non giucche. costoro, che rinun^ quel loro cianciare e a situazione delle la generale facciano sofismi,e correr questo mi non dietro a nuti, piaai^omenticorventù insegninoalla gio- siffatte oscure fan- PolludL sarà ttadajr loro inetivo "^aeiÌ:o biasimare Ujimdomi la » di ri* loraapienza^ e nude putarmiaoiilo ignorante Diogene. £ tu di lóro da parte pianganopiire. educato* , mia ^ cshe ì Anche PoUuce. questo» Diogene^ sarà o detto. Diogene^ Ai to, dirai aerrar a rkcbi poi,.carÌB8Ìnio FoUiicet;; mio: nome uomini vani, tant'oro? A che tormentarvi landò sempre le ed ammassando usare del a che «aiiao^ danaro ? vostro monete aopra monete , voi ai qualibasta un obolo soltanto per ? scendere tra poco quaggiuso Polluce. Dirò ancor questo. Diogene. Di pur anche ai belli cioè a Megiliodi Corinto, e a ai , il lottatore , che qui tra noi robusti; Damosseno non esistono chiome , bionde, occhi neri e vivaci, gote robuste ; vermiglie,saldi nerbi, e spalle poichétutto come è qui ridotto dicono, a cranii polvere* d^ ogni spogliati a mera bellezaa. PoUuce. Non mi rincresce neppure di soggiungere questo. piogene*^£ a* poveridirai, o Lacedemone, (poichémolti ve ne sono. che si rammariicano, e si disperano per la loro indigeni^) e "J9che^nonpiangano,non si disperino , aat seriTiloroVn^n^f^ntàche tptA regBa, ove i ricchi di vantaggiosovra loro. Se ti pare poi raoipogaa a nome anche i ruoi Spartani,. dicendo loro mio che avranQOrakun non divenuti snervati sono FàUuae. Non ^ir i Lacedemoni, e , molli. nulla, o Diogene,contro lo poichénon soffrirò,ed •gli altri sokanfio; ri"rirò quanta Diogene. Laaciamo mi hai dunque questo giac^^ cioà ti i»4oe,. è riportale mie parolea che ho da primo aceen* soltanlfoit ;quelli , «.nati. PLUTONI, O CONTRO N SIA U ACCUSA MKNlPPa possiamosopportare, o Plutone, che ^questo cane di -Mtnippo dimori plesso di noi. Quindi falche egli vada altrove,o assegnaci OH un iallf a postOé Phiiome, In.ebe! mai può nuocervi che è di voi ? psari Cre^o* Quandopiagniamoe soipiriamo rammentandoci le ctse moQcMiWi.QOme Mida mctfto 4l uno . saa. Toro, SardaMpaloi ut)tìsnm , ti divertimen- ed io i*iDÌéi tesoriycostui ci beffa » e ci cia ehiamaodocì^ilischiavi e feccancando: disturba i e talvoltai volgare, nostri pianti;ia«oiniiia"tgliè)àiolesto. raflipogna » cbe^tacnosesoti quest»? Meiifppo, o'Fintone^ Io li detesto Menippó.YefìBsìmej non abbieetUe vili qoaisODO,"poicfaè pagbi O Plutone. di da morti vissuti male, anche esser rata- mentendosi ii passato s'iufatuatioperle/conel tormeuearU. e perci()'godo se mondane, Ma Plutone. conviehe pon il far così; coloro afflitti per la perditadi sono cose non lievi. ancor tu, o Plotone Menippo.Sei impazzato di costóro. subito che compatisci i%ospjri che sianvi conPlutone. No, ma non tese voglio » de vói. tra ^-Uir.- . o i piùvilidei Lidii, Menippo.Pure sappiate, Atslrii eh* io non idei Frrgii e degli mai in qualunquelaógó smetterò e che andiate vi verrò 'dietK"]|'"péìY' 'tormentarvi e porvi;in ft"voa"rp"dibi"ettoy per cantate , , , , ' derisione.'^' ? '•• j- ^ -^u-^'^'ì sofi^"in^itirìe? belisi le vostre Nò, ingiurie^eranilferai/"/K". d^ essere azioni quando vt credevate idegrii adorati e vi feeevspièt giuocodegliuomini Creso. E queste non $ liberif dimenticandovi ^aféto che eravate «aS mortali; stàtuo la quindipiangetepare di Siffattecose. privazione Creso. Oh Dèi ! ho pur perdutegrandissime ckchesze. Quaot^or6 ho dovuto lasciare! Sardanapalo. Ed io quante mollezze 1^ Mfnippo. Bravi, cosi va bene; yoìfpiangete» ed io vi ripeterò : impara a co* più sovente lo canterò noscere poichò te ate$$o ; ve siffattigemitinon t^be siffieitto meritano Alida^ , • caoto^ ALESSANDRO» MINOSSE, ANNIBALE, E SCIPIONE. Alessandro. JLjL me spdtta Tessere anteposto AffricjSAo, giacchésopo di te te a , o piùillustre assai. AfinUnUfi.No , Aless. Giudichi Minosse. Aless. io prima tocca. dunque Minosse. me Chi siete yoi?^ Annibale, ed. cartaginese di Filippo. Alessandro figlio Questiè sono a il Minosse. Affé siete ambo . davvero !Ma illustri di ohe altercateira, vai ? 224 Costui si vanta di preminenza. stato capitanodi me; ma io, miglior tutti sanno, sostengo di aver supeéa* Della il/iaifra2e. essere come to neir delta guerra , non solo costni » che. quasitutti i miei pn^edecessori pur an- ma arte Minosse. Dunque pariatea o Àffricano. principia Annibale. Godo che avendo vicenda , e tu almeno, o Minosse,di questo, imparatoquéigià la lingua io per questo lato costui ha vantaggioalcuno. Asserisco Greca, neppure sopra di me dunqueche degnianzi son che nulla essendo vennero da cose , nel loro principio per* grandi;imperocchéacqui* stessi la potenza , e si mostradegnidel principato. lo^nnqueU prima staron Fon a di lode coloro se volta quand'era duce subalterno al mio fratello piombando sulla Spagnacon ottenni grandifòime cose, pochiguerrieri, d*alta considerazioho. e fui giudicato uomo i Geltiherij) e vinsi i Galati delP Soggiogai ed avendo varcato altissime montagne, Esperia, devastai le regioni che sono intorno air Eiridano,debellai tante città,soggiogai le pianure fino ai subborghi d'Italia,, e giunsi , della città capitale» Tanta posciain un sol giorno , moggia le loro anetla,e gente uccisi che misurai colle formai ponti di «6 facendo uso da AristotileilSofista; ma to naturale. Ecco capacità quelloper cui pretendod^ esser superiore ad Alessandro,e se mai per aver egliportato si fronte il da ìq diadeipa riputasse stinzione più di me, questo sarà stato forse una dirispettabile presso i |kIacedoni di ma non perciòdeve farlo parer oiigUore che si prevalforteed esperto guerriero, un se che della propria piùdel propriosenno soltanto della mia , » fortuna. Minosse. Annibale ha dignitosamente rato pero] da Afnon stesso, e veramente fricano. Or tu, che glirispondi Alessan, se per dro? Nulla, o Minosse, dovrei rispondere Alessandro. ad foss*io , fama verno ancor e farti , e credo stante ba- qnalRe conoscere costui. NuUadi- s'io T abbia superato di poco. osserva t a qualeassassino e Essendo . si temerario uomo la meno / ^ trovai giovinetto pervennial il regno paterno in go* uqo statpditurbolenza. Castigai gliuccisori del padremio, e spaventaila Grecia tutta colla distruzione dei Tebani. Dai Greci stessi . fui ior Generale. Non :elestto conservar ad T autorità mia il mio sovra mi limitai a i Macedoni, comando i paterni soltanto. Aspirai tqtta a soggiogar possessi e avere sotto U7 1a terra^ e credei disonore,se i popoli tutti da me debellati.Entrai nelP Asia erano non minosa poche truppe, fni vincitore in una lubattaglia presso il fiume Cranico, V la Lidia sottomesse e dopo aver me a Ionia, la Frìgia,e tutto quelloche mi si rio giunsiad Isso,ove Daparava d'avanti di soldati mi attenmolte migliaia con in poi tu sai a Midea. Da quell'istante morti in un sol giornoti furon nosse,quanti da me speditipoichéCaronte stesso dice che la sua barca non potendosupplire, egli con , , , , , costruì delle zattere, per valicare moltitudi* sì grandicose, io Neir eseguire ne tanta. m'esponevaal pericolo primad'ognialtro, il primo incontro alle ferite.Non e andava ti narrerò i miei successi . bela , ti dirò bensì che Tiro, e ad Ar- m' inoltrai sino gr Indi e posiT Oceano per limite air Impero mio. Presi i loro Elefanti,e feci Poro mio prigioniero. Varcai il Tanai, e ti, Scifierabattaglia con gli. equestre superai uomini sicuramente. non dispregievoli Beneficai gli amici, puniigì" inimici. Se parvi un Dio agliuomini, ben sono eglino vista tale loro credulità, scusabili di una tra . , a la aon , gesta. Finalmente grandezzadelle mie morto nella corte sul trono, di Prusia e re costui mori esule di Bitinia. Come di morire appanto meritava crudelissimo e di la colla non , com' narrare perfidiae un tissimo, astu- nomo lascio qualeegliera. Traliani eglitincesse gì'Ita- forza»ma colla frode , , coli*astuzia,o mai senza aver fosse e sincera. alcuna, che legittima facto cosa Neir di mollezza accusarmi parmi , ch'egliabbia dimenticato come le meretrici Gapua frequentando visse in , , e dendo per- lezza, Eroe, nella mol- questo ammirabile appunto, le occasioni di combattere trionfare. Se paruta fosse picciola la conquista deirOccidente,ealFOrien- cosa te mi non e rivolto che sublime piuttosto quistando impresaavrei pur io compica conr Italia,sènza spargimentodi mi non fossi , , la Libra, e me a aangue, e sottomettendo le contrade tutte sino a Cade ? Ma non mi queste in alcun modo parvero meritevoli di conquistate,poichégià quasi tutte essere della mia potenza, tremavano e scevano mi ricono- ho parMinosse Signore. lato dunque decidi poiché fra le altre moltissime cose, parmi sufficientequello per loro , , che , ho detta Non Scipione. , o Minosse, prima di ascoltato^ avermi Minosse. vieni decidere Chi , e che sei tu vuoi , tu galantuomo ? Donde dire? a29 Io son l'ItaloScipione, il dace che Scipione. distrasse Cartagine» tanta guerra sog* e con giogogliAffricani. Minosse. £ perciò, che vnoi tu significare? ChMo minore ad Alessandro, sono Scipione. ad Annibale ina maggiore, poichévinsi, ultimo a vergoscacciai,e costrìnsi quest* gnosamente Come mai ha costui fuggire. ad Alessandro, la sfrontatezza di paragonarsi ardisco paragonarmiio, col qualenon che vinsi quest* Annibale stesso? ^Minosse. Affé ! tu parligiudiziosamenteo Abbiasi Alessandro il primo poScipione. sto. Abbiti tu il secondo e quindi( se vi Annibale giacché pare ) abbiasi il terzo é tale da disprezzarsi. neppure egli , , , CARONTE, MENIPPO, MERCURIO. Caronte^ JL agami, maledetto, il nolo del Menippo. Urla pure , se così ti tuo gio. passag- piace , o ronte. Ca- tato Pagami ti dico poichéti ho tragitair altra sponda. Menippo.Da chi nulla possiedenulla puoi Caronte. , , avere. a5o E chi è, che Caronte. abbia non obolo ah un meno? / Slenippo.Se altrivi sia npl so, io ma V non ho certamente. Scellerato,giuroper Plutone, che Caronte. se ti strozzo. paghiimmantinente io con questo legnoti spacche* mi non Menìppo. Ed rò il cranio. Ti avrò Caronte. dunque trasportatocfiqua auffo ? Menìppo. Ti paghidunque Mercurio, che te a ha consegnato. mi Mercurio. A£Fe!«tarei fresco,se dovessi pagare peimorti. Caronte. Non ti lascerò in pace. Menippo.Dunque tira la barca spetta ; ma ciò ch'io come farai tu per a terra , da avere e a* me ho? non forse che dovevi pagare? Ignoravi va Menippo.Lo sapeva benissimo, ma non aveCaronte. denaro , e per questo non doveva io rire? mo- Caronte. Dunque tu solo ti vanterai di aver lo Stige varcato gratis. Menippo. Non gratis,padron lustrissimo, perchèho aggottato, e remato, e il solo era i passeggteri, che pianto. Caronte. Tutto questo non ha sono to sta- non ho niente di co- col mime non 9 tao nolo lo paghi rendimi dunque alla vita. Bravo, mi piace, per poi da esser bastonato. Eaco Menippo.E dunque nella tua mi non seccare. vedere almeno Caronte. Fammi che hai cosa bisaccia. Menippo. Lupini, é ne tu puoifare altrimenti. Menippo. Ebbene Caronte. bisognache 5 la d^Ecate, cena se tu vuoi. Caronte. Donde ci hai tu condotto questo cane? che per ha cianciato sempre. o rio, Mercu- la traversata tutta Ha , burlato e so deri- passeggiericantando eglisolo mentre piangevano tutti glialtri. Mercurio. Ignoritu, o Caronte, qualeuomo hai tragittato? libero in tutto, esli è uomo e di nulla si cura. Questi è Menippo. un^ altra volta Caronte. Oh, se mi capiti sotto o Menippo ! Menippo. Se ti capito sotto un' altra volta? Amico si fa due volte. non questo viaggio tutti \ DIOGENE, , E , ALESSANDRO. Diogene. Come Alessandro ! Anche tutti noi? tu sei morto m3 co- Alessandro. Eh! lo vedi, o eh' io sia morto strano « Diogene e giacchéera nomo io. ancor Ammone Diogene. Dunque mentiva , mentre figlio, di Filippo. figlio do ch'eri te è no" , eri sicuramen- suo di Sicuramente Alessandro. rei morto fossi stato se dicMi*' Non Filippo. sa* di Ammone. figlio Diogene. Eppure queste cose si dicevano d* cio Olimpia cioè che seco lei avea commerun Drago, che fu veduto nel suo letto, che così tu nascesti, e che Filippo errava credendosi tuo padre. Al pari di te ho udite siffatte Alessandro. cose ; ma veggio adesso che mentivano e , mia madre, e i vati di Ammone. ' Diogene. Ma ti furon utilile loro menzogne, e non poco , giacchetutti ti temevano , credendoti un Dio ; ma sciasti ladimmi chi a r Alessandro. , detti il mio ridi tuo ebbi , di tempo Regno? Non lo so giacchenon disporne e soltanto nel ampio anello a Perdicca. Ma Diogene? Diogene. Rido, perchè mi rammento che la Grecia fece per te -quello morire perchè o divenisti suo elesse barbari , e , quando Ella ti adulava monarca. Duce, suo tutto e condottiero ti annoverò tra , contro i dodici Dei ti i , sS4 ha che nulla è stabile di quanto insegnato, dà la fortuna ? piente Quegli o Diogene era un sadi tutti gliadulatori. piùpernicioso Alessandro. Lascia' , solo il me a , di colui. Io da della scienza, adulandomi esaltandomi,ora ed , come bellezza, del so ambizione della mia ed la mia per le ricchezze mie da lui per le azioni , e chezze le ricancor giacché ora , eran per questa pure facesse parte se bene vero dotta con- quanto egliesigeva abusava mi scriveva, come Come me. la conoscere , come decantate, un ne be- di riceverne eglivergognarsi stro da me tante. £gliera furbo, e deho o Diogene e dalla sua sapienza soltanto la viltà di deplorare acquistato come una perdita, quelladi tutti i beni per , non dover , , , , che hai poc*anzi annoverati. Diogene.Sai quelloche devi fare ? Bisogna pure ch'io ti dia Siccome un rimedio per la qui non nasce tua flizione. af- TEUeboro, ambe le mani Tacquadi Lete, con attingi bevine ampiamente, ribevine più e più volte,e cosi cesserai di affliggerti peibeni del tuo stene veggo Clito, e Galliin fretta che corrono molti altri, maestro; con ma e vendicarsi per isbranarti, dei mali che loro già facesti. Prendi dun- contro di te, 935 altra atradiT» e bevi più»e qne'quesi:* più Volte ti ho come CARONTE, suggerito* MERCURIO DIVERSI E , MORTI. KJ Caronte. barca dite fa acqua da pende quasida una rovescerà che , ne Morti. Che con Ve a voi che dobbiamo parti,e più che , mai se da un^ altra» d' altronde ; numero abbiate di quelli gare Caromè. parte che imbarcandole ve ; la vostro caso le tutte interamente venuti in tanto robe il vedete, è piccola, marcia, e come , qual è siete così carichi di e voi con dubito , pentire,e specialmente notare. non sanno fare dunque per navi* sicurezza ? lo dirò io. Bisognache entriate le cose anche sulla spiaggia, superflue giacché nu* nella barca nudi , lasciando di difficilmentela barca ^ nere. vi Quindi,o Mercurio, tutte potrà,conte- comincierai questo punto a non ricevere alcuno,se e getta iria tutte le cose superflue , da non non ho giàdetto. Met^ compariscenudo, come titi dunque allascala esaminagli e non ricevere che gì' Ignudinella tua barca. , , Mercurio. che Dici bene. Caronte, farò così. Tu vieni il primo chi sei ? Menippo. Y Menippo. Eccoti, o Mercorio,la mia bisaccia,e il mio bastone,get"fatto bene a non tali pure nel lago.Ho son mantello. portare il mio ecceìlea* Menippo, uomo ed occupa il primo posto acte entra canto al nocchiero,acciocchétu possa ve» ^ avvenente der tutto dalf alto. £ questi chi è eglimai? di Megara Carmolao Io sono Carmolao. r uomo il più amato e il di cui bacio si Mercurio. , Entra, o , , , pagava due talenti. ifercurio. Spogliati dunque della * belle^^za, delle rosee guancie,e di tutta la pelle.A, ! ora stai bene, entra. È. tu cosi meraviglia quellaporpora arrogante con diadema chi sei? tua , e con quel Zampico. Lampico iltiranno dei Geloi* Perchè dunque, o Lampico, por* Mercurio. tare addosso tanta roba ? LampÌGo, E che, o Mercurio, dovea forse un tiranno comparireignudo? anzi che Mereurìo. Dì piuttosto morto un tiranno. Intanto deponicoteste robe. un Lampico. Ecco gettate via le mie ricchez». , Met curio. Getta r via pur anche il fasto , e teco, aggra^ giacchéportandoli orgoglio, a57 veresti molto la nostra barca. Laxnpico.Lasciami almeno regiomanto. No, Mercurio. getta via no, il diadema, e il questi. ancora vedi ho Lampìco, Ho da gettar altro ? come lasciato ogni cosa. la crudeltà, Mercurio. Lascia ancora cillita, rimbela collera,e T insolenza. nudo. Lampìco. Eccomi Entra Mercurio. grasso Damasio. , e chi sei cosi tu L* atleta Damasia. che ho vedu* Sì,mi sembri quello, Mercurio. to dunque. E polputo? spesso nella Damasia. Si, perchèson questa , Mercurio, ricevimi pure, o nudo. Mercurio. Non involto in palestra. sei nudo amico mio , essendo spogliati prima di tanto, poichébasterebbe un tuo piedesoltanta carne ; per affondar la barca. Getta via parimente le corone, de* le proclamazioni banditori. Damasia. nudo davvero Eccomi come tu vedi in paritàcoglialtrimorti. Mercurio. Cosi è meglioesser leggiero. Entra dnnque.E tu o Grate, getta la ricchezza» , e , la mollezza , la delicatezza e funeree vesti,le il tuo de* tuoi dignità la gloria, e se lignaggio , e , lascia le antenati mai la tua « ti procUmò patria andar statue, ancor questo, e dire che non e benefattore SQo bfcia le iscrizionidelle ti fu eretta , fica magni- poichéla sola menzione "li sepoltura il naviglio. aggraverebbe queste cose benché per forza;come Crate. Getterò tutto , , , fare altrimenti? Mercurio. addosso Un morto. mi Affé! che ? e tu coir uom armatura trofeo ? perchèporti.cotesto Perché mostrai vuoi vinsi,o Mercurio, perchè forte,e la città mi colmò d' onori. Mercurio. Lascia in terra guerra nel r^gno di armi. E costui rono il trofeo Plotone, e , non v* è non occor* venerando d'aspetto cosi superbo,che tiene alte le ciglia che ha il volto pensieroso, e la barba folta chi , , , sia? o Mercurio, anMenippo. Egliè un filosofo, ché siczi è un impostore,un fabro di prodigi, te fa* pur eh* egli si spogli, e vedrai mollo. cose degnedi beffe,sotto a quelmantel- Spogliati dunque prima di queir aspetto, e posciadi tutto il resto. Oh 6io* ve quanta arroganza ! Quanta ignoranza1 Mercurio. vanagloria! quante oscure e dispute spinose! quanti quistioni! pensieriequivoci! quante inutili fatiche ! quante contese! quanta quantidelìrii!quanta ' scorai ridicoliporta Giove, sebbene tu ciancia! qaami t costui! seco -Ma di- per procuridì celare ad voluttà quel*ogni costo queiroro» quella la temerità, queirira quellamollezza mi non fuggono queir e£feminatezza , , , , dalla certamente menzogna essere tu , vista, getta la tracotanza la ancora la credenza , di aglialtri; imperocchése superiore entrassi tutta con be altro,che questa roba,ci vorreb» barca da una cinquantaremi per sostenerti. Giacché Filosofo. F imponi,ecco, mi spoglio di tutto« Ménippo. Deh! o barba quella via pur anche bene, Mercurio. Mercurio vedi, almeno come Dici bene. Getta fa* eh' , egligetti sì folta che pesa , mine. cinqu); la barba* via anche E chi me la tosa ? Filosofo. Mercurio. Menippo colla piccozza te la rà taglie- sulla scala della barca. Menippo. No , o Mercurio. Dammi piuttosto la sega^ questo sarà molto più curioso. Merairio. Basterà la piccozza. Benissimo. Gli hai restituita la faccia umana, la spogliando- quellafetida barba di becco. Menippo. Vuoi tu, ch'io glitagliun delle ciglia ? ancora di poco Sicuro. Perche Mercurio. le tien della fronte, insuperbito, non e'è? Che cosa. tu lite piòsu so, diche vile spazzatura piangio , ! Entra paventila morte Menippo.Egliha tutt*ora e le ascelle. sotto mai? E che Mercurio. dunque. cosa una sima pesantis- Menippo. L* adulazione , che gligiovòmol" tissimo in vita. E pure, o Menippo, getta via la V audacia del dire,la giocondità, tu Cìlosofo. libertà , la e grandezzad'animo, solo tra tutti te tu No Mercurio. elleno , la derisione,giacché la passi ridendo. serba anzi tutte queste cose, sporto leggieree di facile traTu realla navigazione. tore, e son' utili delle arringhe, getta via la tanta loquacità sono molto , , le antitesi i , la,rotondità dei periodi i barbarismi,e , cifizii deir orazione. Oratore. Così si faccia. Ecco Mercurio. Va bene. la fune da , i terra. pesantia^ lascio Sciogliadesso Tiriamo su bri, mem- ,, tutto. o te Caron- la scala si , il timone, salpil'ancora, spiegala vela, dirigi Perchè piangete, o e a buon viaggio. Filosofo sbarbato vili,e tu principalmente. di fresco ? Filosofo. Piango,o che r anima non Mercurio , perchècredea fosse mortale. s42 da te 0OIO. tranquillamente Menippo^No perchèudrai tra poco ululara i corvi battersi , i cani per me, e colleali,quandosi uniranno mestamente nei sepoltura ventre per darmi loro. magnanimo ,0 Menippo; finalmente, ma prendete poichésiam giunti strada diritta, al e gitene voi altriquella io, ed il nocchiero giudice vostro^ mentre andremo altri. a prendere, mo Andia0 Mercurio. Menippo.Buon viaggio» Mercurio. Sei pur perchètardatetiinto? Per quanto si bisognache siate giudicati. dice,i suppHzii son gravi;si tratta'di ruo-? di avvoltojdi macigni^, che è te e quel la vita di ciascuno^ sarà palese Paggio, noi. Ma ancor ,; , - ALESSANDRO E FILIPPO. . , Filippo. V. XS inalmente Alessandro d* esser Ammone puoinegare mio. Se lo fossi d' tu stato figlio saresti già disceso tra i non , .non morti. Alessandro. esser di N^ppur io, o Padre, ignorava di Filippo, di Aminta ; e nipote figlio dovetti ammettere ma , il vaticinio per lo riputai utilealle cose giacché ro ve- mìe«. 343 dici mai! FìiìppOkO^. Uè dunqueti parve de' vatioinatori? il sottoporti agliìngatini Alessandro. Oh questo poino; ma i barbari ut , mi temettero, oaò tiessuno e resistermi, di aver a combattere tro conunmag^naiidosi un Dio, e così piùfacilmente glisoggiogai. qualiuomini degnidi tanto Filippc^ìlh zo hai tu vinti ? Hai . sempre sfor* combattmo uomini vili, che ti opposero soltanto atraU , uomini armati in lor difesa piccoli con da scodi fatti c6)perti di saliciitìtrecciatL Opera illastrésarebbe di . rotelle piccole stata , e il vincere i'Greci » i Beoti, i Focèsi, gliAteniesi,1*InfanteriadegliArcadi, la Teaaalica cavalleria i lanciatori Elei/ i ìManténeai armati di rotelle; o i Tracii gì' i Peoni. e per sino Illirii, Questesì,erano difficili imprese ma non sai che i Medi d'oro i Pepai,i Caldei,uomini risplendenti , , , furono avanti , di te daV duce - Clearco , prodi debellati, perchè non ebbero coraggio in vece di venire alle prese e fuggirono prima che gliarrivassero i dardi Greci. fanti Alessandro. Ma gliSciti,o Padre, gliElezarsi? degliIndiani y erano forse da disprezsuscitare civili Ed io glivinsi senza discordie tra loro, né comprarele vittorie condottìere di soli diecimila , , ti^ battu- , a44 coi tradimenti. Non co, spergìut^i'unquaiv- né mai promisiper ingannare,' non alcuni Soggiogai di sangue, e effusione dei Greci, sedia forse mdisti dome" •Tebani. •••• ^ . per alta datcì*fede. mancai la ^vittóiria' ottenere i iùi * i ig^scigài -'^ •• So tutto questo, poichéme- lo irac« Filippo. «contò quelClito^ohe uccideviiàentit(Mpe-^ .}"nava aver ;"mie ; col tnor^daifdb, trafiggendolo per egliosato lodairmi paragonundole ^n pe^Unto ralletue gesta, guerriere» teco, , rinunziando alla Clamide Macedonica ^ in- tMnooronasti d^^sasticandido :vé9timento , un* alta tiara,« e Volesti essere' adorato 4ai.liberi Macedoni stessi.Quelloanzi che di y^h di più ridicolo noitri i costumi .^nayerare quante ,. si é, che dieivinti;lasciando di ànaltre faccifti^ come roci e feiosigm^ì cose U'thiudere insieme uomini Jeoni.Le infami nozxe, e l'eocedéote per Efestione. Ti lodai soltanto perché Intesi direjxhe ti eri astènutodal amor . prefemiai tuo mogliedi Dario, cHei'ai^vi delle figliev e della madre* sua preso cura aeioni regie vérametite. sono poiché^queste Alessandro. Non ò Pad^e,^Ha applaudisci, miai iotrepidezziav "air essermi lanciato il in Ossidìaca^ e àflravervi primo dalle mora toccare la bella , . ricevute tanie^ferite? ' • a45 Non i'^i/Jpo. I Non Re lodo sifiktte cose, o Àiessandrou già eh* io repatidisonorevole per un 1^essere qualchevolta ferito 1'espor« al pericolo essendo alla testa della ti conveniva ma armata; perchè non , si sua » * tu creduto Dio, un . fossi stato veda* ferito,e ti avessero to trasportare altrove,lungidalla pugna, dalle altrui braccia sostenuto grondante sulle tue ferite,quesai^ue, e piangendo sto se . essendo. mentre » tu , : sarebbe stato un - argomento da rìdere Ammone per glispettatori, credute un impostore ed , natore, in falso vatici- £ chi profeti. di riso,vedendo il 6glio mai ve Gio- ad implorarelà medica languente, assistenza? Ora poi che tu sei morto,, atto credi td be"no Dio un stato adulatori i e avrebbe non sarebbe che di bua morto, vi non e sieno molti tale finzione , steso che si , veggendoun cadavere in terra, trefatto, pu- le, secondo la leggenaturagonfio, to impostaad ognicorpo?D^ altronde tute quello,o Alessandro che hai detto di averti condotto piùfacilmente alle conquiste, che scemò non è appunto quello, pòla gloria delle tue gesta giacchéqua. co doveva compaluoquecosa che tu facessi, rire/meschina , , a ta da dn coloro che la credevan fat. Dio. Googk Digitizedòy a4fi Me9sandr0. uomini; Ercole , Così asserìscono, ch^ io ma e la pensano* di non fortétza poichéquella Bacco, a sor gli pariad me di Aorno, che né Tiuio ne T altro di essi io solo la soggiogai. potè prendergiammai» Alessandro! tu parli ^sempre Filippo*Vedi di Àmmone, il figlio quando ti paragoni come , ad ErCiole, ed sci,né smetti l'arroganza te conoscere a Cora neppar dopo la morte E ACHILLE Non Bacco* a stesso , , imparian* non non e airossi- fai senno ? ANTILOCO. Antiloco. '_ vo di un allieuchilie, che discorsiindegni di Ghirone» e di Fenicio , furon mai ad Ulisse,ragiofacestipoc^anzi nando 7 Io t'intesi asserire» della tua morte che quelli d' essere che avresti preferito stato un tadino^ con- di lavorare, privodipatrimonio, ché al servizio altrui,anzid^cfgm^ricchezza e e regnare sovra i morti. Siffattidiscorsi potevan convenire, forse ad un Frigiovile, ognialtra cosa la vita; ma di Pelec^, il più audace fra tutti il figlio 'gliEroi, così parlandosi cuopredi vergoche gua ama , e sovra contradice alle gesta clic illustrato* Digitizedby la no e vita. Eppure cu che sna potetiregna* Ftia a gloria per molti anni senza feristi pre, dì bnoQ gradoonorovolisnina morte. Achille. Allora Figliodi Nestore ignoraòdo le cose di qua giù e non do conoscenil meglio delle cose mondane, preferiva la meschina gloriadella terra ; oggi poi ca« piscoireramente quanto ella -sia fallace o , , , , quantunque Tra do. i morti abbiamo, non forza che del , i viventi o la decantino esiste T noi nguagliansa, Antiloco la bellezza né la là avevamo pari avvolti su noi. I morti tutti nelle Troiani non ci troviamo ; ma tenebre che vi sia la minima senza olcremo- stesse, distinzione mi temono fra più, di i morti Greci quelloche mi rispettano perchè ci troviamo in una paritàperfetta, il più vigliacco è morto e quanto il più che mi affligge, e prode. Questo è "]ueIlo , , mi fa desiderare to, ma Antiloco. cosi ha almeno tra essere un abbiet* servo i viventi. fare,o Achille? la oatural tutti gliuomini devono, disposto, Che certamente, alla di vuoi morire, legge comnne ^imfi conviene e , non stare affliggersi per di più che tu ve- inevitabili sventure, tanto , condiamo. quantidi noi ^ tutti tuoi amici, ti cirTra disgraziacomune poco verrà serve anche Ulisse. La di consolazione. già dovuto soceombere tu solo : lustri, Ercole, Meleagro,ed altri uomini ilbai Non . vedi che a di ricornare accetterebbero parer mio, non in vita,se fosse loro ofiScrto, e farsiservi di uomini . Achille. li tuo non ma e mendici. indigenti da amico; coDsigUoè veramente terrestri mi cose la reminisc^oza come so rattrista. Credo delle che tutti proviatelo stesso, e se noi confessate, tanto più in questa parte siete rei, poiché falsa rassegnazione. una fiogete voi Àntiloco. è di e bensì to quanso perciòabbiamo deci- No, Achille, veggtamo meglioil tacere, non fare lamenti, soffrirein silenzio, per altrui 3 manifestsodo ma non di pazientare, sa eccitare le rì- simili desiderj ai tuoi. MENIPPO E GERBERQ. Memppo, o Cerbero t sendo io giaaehèsiamo parenti , ea- lo delal par di te , per ^mpr crate, dimmi » qualfu il contegno di SoStige» cane allorché xUscesein. questo Un .luogo? baiare;? OÌQ, qual sei tu, npo- deve solamente aball'occorda uomo ma ragionare, r«n?;a; a5o anzi di buona ma spinte; » dicendo e volontà ridendo a glialtri che tutti piangessero pure. MENIPPO. E ANFILOCO, ilio. TROPO Menippo. o Trofonio»o Anfiloco,voi siete sicuramente siete peranchecome dei templi stati creduti degnidi avere sulla vi abbiamo terra ; come rispettati per vai miseri mortali vi tengano e perchè ticinatori; morti, e non so per tanti Dei. Che perciò? che Anfiloco. se ? colpaabbiamo noi credono siffatte per ignoranza gliuomini cose, di chi fu mortale Menippo.Per altro non cosi,se voi da vivi,non loro al par di loro ? avrebbero creduto aveste raccontato di voi stessi come prodigiose e se il futuro fosse a vostra cognizione, lo poteste predire che venivano ad a quelli interrogarvi. Trofonio.Pensi Aufiloco a risponderti per se stesso; ma un eroe io, o Menippo sono discende. Mi e vaticino per chiunquea me pare cose tanto per tanto , » che tu non sia mai stato peAshè«Itrimenti in livadia, mi non ricu* seresti credeota. Menippo. che e ta che dici mai ! Che sei morto solo dÌTersifichi pel tuo Livadia a cDlosamente un in verga in mano, gusto foro della tuo Io per sapere lo siamo cotti noi , come , bisognaandare del Dunque vaticinare « ridiavvolgersi , lenzuolo ; portare una nell'au* entrare carpone tua vaticinare ^ caverna? che cos^ è Ma un amor per che giac- eroe^ ignoro? Trofonio. Un JUenippo.Vale di Divinità misto , e d* uomo. to diite,quelloche come Di6» ma Tuno^ dici,non è né uomo» ne r altro insieme; ma posta e dunque dov^è ria adesso la tua Trofonio Sta nippo. Menippo. Non che tu è, che in Beozia vaticinare a intendo, dici ; tu Divina ? metà o sei intieramente £ GRATE Trofonio quelloche ma « so o Me-« quello dicerto si morto. DIOGENE. Cratt. G.(onoscesti ricchissimo tante navi, tu, o Merico e Diogene, il ricco,anzi che di Corinto di cui , era aveva NipoteAristeo, %52 ter d^ Omero quelverso sempre pf ehe opulQni;^^ kneqo non uomo 0 solkvi tu.me, o Diogene,P"frqualmotivo r un r altro , o solca rì|"e« : sollevo.. te « s*idolatravano to tan- Grate? Cra(e. Per T eredità. £r4n ambo coetànei ^^ed fatto pubblicamente i loro testamenti. avevano } Merico e Aristeo a «e Merico . eredi di di premoriva ad Àristeo si lasciavano reciprocamente , tutto il loro. Essendo s^incensavano questipatti, ed eccedevano venuti conbievolmente» scam- in adulazioni. I vaticinatori congetturando il futuro . ora astri, dagli . da i segni, come ora fanno i Caldei, si univano alla Pitonessa di Apollo, per dare la sopravvivenza edora ora ad Aristeo, Merico.,cosicché la pingueeredità oggi pendevada una parte, domani dair^Ura. a Che Dipgiene, avvenne merita d* esser ' cosa o duiique, Grate? la udita. . Crate. Morirono furono patrimoni! I loro mio si , e erano che ambidue nel giornostesso. redati da Euno- che loro parenti da Tilassicle , confusi per vaticinare mai non quel dunque poiaccadde. Merico.ed Aristeo navigandoda Sidone a Pirra, furono a in fianeo dal vento via Qolpiti mezza Iai"i* ga chef li feceannegare. Va benissimo. Pertanto noi quando ^Diogene, , aSS itivira^^on abbiaoiò iDai pensato simile contro di noi; né desiderai eràTamo cosa una mai che Àntistene morisse , per il redarcf forte bastone d* ulivo salvatico;né suo che tu, •do ' 5 tota 0 morte , Grate, abbi mai de«ide)ratola per avere le robe mie, cioè il la bisaccia,che conteneva e coppo, ^^niisaredi fave. Crfate. Non àvea ó 'ì)e{^puttu ere- due ' ' ' di quésta roba, e bisogno gnava, Quellofche abbisoDio^^ne. -iiùf ed io lo eredìtaisù'tu da Atitrstené» da te; tesoro assai tabile piùgrande,e più rispet- che lo scettro dei ?etai.' , di cui mai queste cose Diogene. E che sono t tu parli \ »;'^ Grate. La sapienza, la frugalità, là versìcità "T audacia nel dirleJ e fe libertà puratichfe. '-? , * V^t Dìa^ètie\' Gìo^iéV mi ci'aver rammento da Àntistene ricevuto queste ricch^elzze, e * d'avertele lascteteanche maggio/i. Crùté. Ma glialtriibortali trascuravano tali possessie , rando ci faceva la corte nessuno nella nostra eredità,ma tutti V spe* aveva- suir òro. feoi gliocchi 'fissi Diogene.E no torto, poichénoU' avevadiritto per ricevere talicose dà noi. Infiacchiti dalle mollezze, eran comVerano non a di simili a borse infracidile, se oiai qualcunovi poneva madiera dentro che la Sa- a54 la veritk, passavati pienza, il coraggio» aubico per occhio, perchèil fondo non era capace di sostenerle; come appunto de acca- di Danao, che, versa alle Vergini figlie n r acqua in una botte tutta traforata,; ma essi ritenevan Toro co* denti» colle unghie, ogniingegno. Crate. E perciònoi possederemo apcor qui \t nostre ricchesz^. E6si;p^r tanto v.erranrio qnagiùportandoun obolo,^ questo ancora e con piùoltre del nocchiero. non MENIPPO E MEBCURIO. Menippo. D.'ove stanno, belle? Conducimi MerqQrìo i belli,e le sco ades^i periohè di fresona o arrivato. Non ho tempo, Me^nippo; ma da guardestra, e vedrai Giacinto^ Narciso, Mercurio. a Nereo, Achille, Tiro^ Elena tutte y somma Leda, in- le bellezzedel tempo antico. pati, veggo che ossa, e teschi spol- Menippo.Non quasitutti simili tra loro. Mercurio Eppure queste sono. Tossa, poeti decantarono già tanto , e tu che i sprezzi? le di- Menippo.Additami dunque Elena, giacché a55 non qaì distìnguerla saprei. Mercurio. Questoteschio fu Elena,,stessa. che per questo teschio Menippo Come è possibile, mille,navi sienp partite dalia Grecia ! tanti greci e tanti barbari si sieno fattiac"* cittàsieno rima$te distrutte? e tante ciderei Mercurio. Ma tu.i^po Fedesti, Menippo, quandoera viva, altrimenti questa Donna avresti detto o tu pure, che una lunghipatimenti^l^r erano i più giusti DQonar tale. Chi vede i nori secchiti trova e scoloriti qoa , , più in essi bellezza; ma bensì .quandosono ed haqpQfU vivacità recente fdi, sbocpfati, cui incantano inostri dejleloro, tinte», con ciguardi. ; / ^ qv^ello Menippo Questo. appunto, qhe mi fa che i Greci riflettendo o IVli^rciuiio^, stupire, che si affaticavano per jion capirono , un else. pe^deacosi oggetto tanto precario, il^Uofiordi beil^z:(a. facilmente, M";curiq.Non mi riman tempg"j?.3^enippo, ^ per che . filo^pfare qp^.l \ sicché scegli posto piùti aggrada,e rimanti p^rc^, che in- teco tanto me n'aadrò a altrimorti. pren4erje "56 MBNIPPO E TANTALO. Menippo: •••;?"??•?? gni i che piangi o Tantalo e di che ti lasulla spondadi questotago? la sete mt diTanttdo. 0 Ménippo perchè DI , , , ? vera. ti riacresca il pig^(:^,'chè o aiùaetio àttiiager cbinarti'a'bére, Tacqàa si^itu Jf€m/i/"o/E della hiàtió? nel Còncdito lùf^tiò Tantalo: ' ' et ^ ^ / tiii chirièréii f!erchè TacqUa ché^mt Vi accosto, é se fugge,qu'àììdo^èrìte colla, qualchevolta arrivo ad attingerue bòtìca ptitha mano ,'eme P^apprcssWftlla T acqilà eh* io possk'bàgnara)fr4B'(àbb'ra, , , non so come i mi sddfppafVa l^idita,t lascia ià'màkjò asciuttavi Menippo.E*%triflò il bd ^''?^'- / Xùx '; lo;: kij^iiziio, o Tanta- ina" ditticòijijhfc tu di bete, bisogiio^ftii' non in Lidia giaicé àvetìdb?t(^èd'il'òoTpd^'tft* 9 Egli^^^blo sepolto póèéa tehtir la sete, ayeìrj"fo'tWx:hel* e- la faffDèi'toanbn anima, bera? come puoiaver sete, e come potresti Tantalo. Questo è appunto il mio tormento: aver V anima assetata come se' fosse un corpo. Menippo.Sia pur così; m-a dici di pagiacche «58 che io debba Menippo. Chi .siete?Mi pare, prima saperlo. Nireo. Siamo , Nireo , Tersite. e / Tersite ? Menippo. Ma qualeè Nireo,e.quale poichéquesto non mi è chiaro abbastanza. Tersite. Ho giàintanto guadagnatoo Nir^o, differisca di essere uguale a te, e che tu non da me, quanto tiha esaltatoquelcieco tanto d^Omero, chiamandoti ilpiùbello di tutti; di testa aguzza, e calva,non son giacchè^io cun a te in alparuto innanzi al nostro giudice, , inferiore. A modo Menippo piùbello. , Nireo. e di il dire te spetta adesso qual di noi due , o reputi 6gliodi Agiaia, ri Caropo,il piùbellofra tutti i guerrieMe, contro certamente, me Ilio radunati. Menippo.Farmi, che venendo tu in questo sii più tale^giacche le tue ossa non luogo, sono ugualia quelle deglialtri ed il tuo cranio non si distingua di Tersida quello che dair essere te piùdebilee frale. Nireo. Domanda quale per altro ad Omero io milbssi quando combattei co'Greci. Menippo.Tu mi racconti sogni ed io veggo quelloche tu sei adesso. Quel che tu fosti lo seppero coloro,che vissero aggiorni tuoi. Tersite. Dunque o Menippo io son qui più , , , , , , bello di lui ? ^ Digitized by ' •59 Itenippo.Né ta» né altri siete qui belli; e giacthèDeli*inferno vi è ugnaglianz», simili tutti. siamo anche di questo. Tersite. Or l"ene mi contento EACO, MENIPPO, £ PITTAGORA SOCRATE. Menippo. JL tv co, j^aco. Plutone fammi amordi vedere, o £a- ognicosa che è neir inferno. Non è facile, der o Menippo, il farti vetutto ; quindicérca d' istruirtisoltanto più essenziali.Questo,tu ilsai,è è il Nocchiero,che ti ha qui Cerbero,quegli Prima d'ora quandoentrasti bai tragittato. veduto il lago,e il Flegetonte. sco conoMenippò.Conosco tutto questo come ilRe vidi ancora tu che sei portinaio, fammi vedere gliuomini e le Erinni. Ma antichi e tra questi! piò illustri. £aco. Costui è Agamennone, Achille è colui» è Idomeoeó, e succesaccanto quell'altro delle cose • , , , sivamente uomini Ulisse,Aiace, Diomede, e gli piùillustridella Grecia. Menippo. Ohimè! Omero, gettate per Eroi! Teste terra come le teste ti hanno qui de' tuoi cantati informi,pienedi poiignote^ Digitized by s6b di ciancia molta e vere, , teste dav-^ fragili E qaesto, o Eaco, chi è niair ro Ciro. Qaest'altro è Creso. Presso di lo- vero. £aco. napalo; più avanti Sarda sta queiraltro è Serse. Menippo. E la Grecia potè mai è Mida; temerti , o qaando facesti il ponce sul mare d^EUe, e volesti navigare atcra*' le montagne?E Creso, oh che cosa verso egliè mai doventato! A Sardanapalo poi» vile immondizia Eaco Eaco. , , lasciami dare uno schiaflFo. I^eflFemminato No, perchéglispaccheresti teschio. Menippo.Dunque lo abbraccierò , è giacché ermafrodito. £aco. Vuoi eh* io ti additi anche gliuemini dotti? Menippo. Mi farai piacere. Eaco. Questoprimoè Pittagorai o Menippo.Ti saluto,o Euforbo, o Apollo, come meglioti piace. Pìttagora.Ti saluto ancor io o Menippo. Menippo Hai sempre la tua coscia d'oro? ma Pittagora.No porgimila tua bisaccia boccon buono. per vedere se ci hai qualche Menippo. Fave amico mio. Questa pietanza , , , ' non fa per te. Da' Pittagora. versamente. pure; fra i morti si pensa diche Mi sono convinto qua giù, a6i V è aleana tra le fave,è iomiglianza un glande. di Essicbiestideì Xaco. Qaestiè Sotone figlio altro ; e Pittaco vicino ad Talete è quell' altri saggidella Grecia,che co* e gli essi;. àtn » vedi me , sono setter Menippo.Questisoli tra tutti gliahri o Ea« contenti. Questicoperto sono co allegri ^ e , , di come cenere brace , focaccia una cotta sulla chi e pienodi pustole, gonfio, tutto è mai ? Empedocle,o Menippo, uscito jEaco. abbruciato che , cratere dalP Etna. 0 Uomo Menippo. cosa di mezzo me piedi ranel ti spinsea gittartì venerando mai quelvulcano dai ? di melanconia, Empedocle.Fai assalito da una specie o Menippo. fa Menìppq. Oh, no davvero! Fu vanagloria, che t^ indussero a superbia fu alterigia, , bruciarti coi tuoi sandali di celare. La se in , tua perchèdopo la ridicolo da dov'è tua , cui fosticapace non astuzia nulla ti vai-» morte tutti. Ma fosti dimmi , messo Eaco , Socrate adesso? iliaco.Egliciancia per lo Palamede. più con Nestore, e Menippo.Vorrei vederlo se fossequivicino. j^oco. Vedi tu quelcalvo? 26a qui ai Menippo. Queitò è uà segno comune tutti,giacchétutti son calvi. Saco. Vedi tu quelnaso schiacciato? Menippo, Anche questo è un segno comune, i tra il naso jiia morti, ognuno Cerchi Socrate. schiacciato. o^Menippo? me, Menippo^Appunto Socrate. Socrate. Che fann' eglinoin Atene? feggiano, Menippo. Dicesi, che molti giovanifilosodatura, e ane chi li vede, dai loro gesti li giudicafilosofisommi. Il reato poicredo che Phai veduto da te stesso, cioè come si sono a te presentati Aristippo e Platone. L* olezzante di uno essenze , e de* Siculi Ticortigiano r altro esperto ranni. che dicono di me? Ma Socrate. Menippo. Hai fortuna credono, che ti tutSocrate,giacche sii stato un non ro) sapevilutto, benché ( a dir vesapevinulla (i). Io medesimo ch'io io dissi; parlassi per ma tucti credevano, ironia. chi sono? Menippo.Questiche ti circondano Socrate. Carmide, di Clinia. Menippo» Fedro, (i) una o Luciano in cosa mo, som- uomo che e Socrate. tu o e glio il fi- profitta delPoppOTtanitàper prendere parola Socrate; il quale tolera dir« : $• , tola^ che non io nolla. ^ Digitized by iS5 Menippo.Bravo Socrate, anche quieserciti la tua professione i giovae non disprezzi ni , avvenenti! '* E che Socrcue. cosa Menippo ? o ma v^ ha di più dilettevole piace rimanti con , ti se , noi. Menippo. Non fra Creso so, che udendo e vado posso davvero , a giacchemi Sardanapalo, di ridere motivo avrò non stare avvi* poco loro. pianti Eaco, Io ti lascio o Menippo perchènon la delvorrei, che qualchemorto profittando mia qui dimora scappasse vìa. Vedrai dunque il resto un'altra volta. to Menippo. Va' pure, o Eaco, quanto ho vedufin qui per ora mi basta. i , , DAMNIPO. E CNIMONE, Cnimone. E. icco Cerbiatto : Il proverbio atterrò il Leone. Damnipo. Che Cnimone. Mi cosa hai, o Cnimone? domandi ho me il avverato pppanto deluso ! che lasciato un ho! Involontariamente erede. coloro, ch'io Spogliai anzi che redassero le JOamnipo.Come cosa accadde cose mie. questo? Misero voleva , «64 Erfloiolao, queirnotiio neir ricco y e privodi figli graudemente , ed egli tava ascoldella sua morte aspettativa » ed io le ttiie adula2Ìoni; con piacere credei £are un colpoda maestro, incoraggilo Io adulava Cnimone. dichiarandolo con erede mio testamenta pubblico universale,colla speranza, che egliOli avrebbe imitato, testando del suo, favor mio. a eglimai ? Cnirnone.Ignorociò ch^ egliscrisse nel suo ^oq morto airimprovtestamento, poiché Damnipo. E che fece vì»o, accoppato dal tetto della Casa, che mi rovinò addosso,ed ora Ermolao, si gode ghiotte il mio bene, come un dentice,che inPesca Damnipo. Non amico in un dire soltanto come sol boccone* Tesca,e Tamo » il pescatore pur anche, la tua astuzia si è rivolta danno. tuo Cnimone. mi Tamo ikiio,ma quindivedi in e Lo io pur troppo, e perciò appunto dispero* SINOFANTE E CALLIDEMIDE. Sino/ante. E sei morto? Io Callidemide,come di Dinia" avendo mangiatopiù parassita tu, o Googk !à66 ^idi? eppure te, tu Fatto il deridere è ben non T amico. Rido, Sinofante. mio, perchèfostiveramente amico che disse il vecchio burlato bene. E allora ? In Callidemide. si tratto un provvìsoaccidente poicredo e , scosse per Tiroavendo , penetrato il mio tràdimento,*riseancor di quanto il Servo Sino/ante.Non alia strada correre fatto. avea dovevi , egli o Callidemide , ri^ più breve. L^eredità ci sarebbe da giuntapiùsicuramente, per la strasebbene alquanto ordinaria, più tardi. TERPSIONE E PLUTONE. Terpsione. Jjj egligiusto, o morto, che Tucrito esser debba Plutone. E* Plutone ch'io debba , appena trent' anni, e vecchio di oltre novant^antil, avendo tutt'ora Vivò ? giustissimoo Terpsìonepoiché , , eglivive sere es- senza degliamici pregare, che muoia suoi, mentre tu alcuno lo insidiavi per desiderio della sua successione. Non doveva come! Terpsione. Ma egli sempre, vecchio,ed incapacedi far uso piuttosto, dalla viornai delie sue ricchezze,partire ^ e^dar noi. luo^oai giovanicome aarebbeono* Plutone. Qoesta tua legislazione o va Terpsione! Vorread che moriasero tutti quelli che non possono far più uso ta , , , la.natura per divertirsi , ma la fortuna hanno altrimenti deciso.. delle ricchezze e , le biasimo Terpsione Perciò appunto che dovevano mal distribuite le cose, ordinate sono come d?»ver esser dirtìl Dovevano per prima i vecchi, i giovanipoi,a prò* che un taf or* della loro età»senza pora^ione morir dine fosse mai onde ; T ultimo a^ siffatteinversioni dei vecchi , che che , su soggetto si tre denti in bocca soltanto muove , non mangono ri- co quasicie- appoggiandosi se, quattro serviiche ha^ le narici moccioche gliocchi cisposi, dolcezze della vita come un mi , , mentre ver ambjulante,debba vitanti bcUissi- muoiano giovaniogni giorno il fiume va si verifichi il proverbio: alla rovescia. , dovremmo Almeno quando deve morire "^ni vecchio far così inutilmente la altro più le ni giova- robustissimi e sicché ti di sente non che è deriso dai cadavere sempre, ' cui corte a , per tanti , essi, e verificarein questo proverbio: Spessevolte sapere e accora il carro non tan- T tira il bue. Plutone. Tutto questo , o accade Terpsione, più saggtametite di quello,che te a pare^ di fondare èia la mania vo-" vostra, felicitàsulla roba altrui,e farvi adottare che Ma stra da iqueivecchi figli per « che ne «co ? Ecco perchèdoventate lo scherno di privi quei vecchi stessi, quando siete porfati alla sepoltura. sembra La cosa cola aqche ridialia maggior parte di jcoloro che vi hanno conosciuti, poichéegliè tanto più dolce agliuomini il veder voi morire i primi, 4 quanto che voi pregate sempre glialtri muoiano prima di voi; in che r invenzione vecchi , e di voi altri di far la di astuta ai corte non affatto. Quindi molti hanno, è nuova quelli^cui fate neir certo quando non hanno curarli quando ne alle vecchie successione, e per* ben la corte, di penetrando affezione per loro,anche vostra di abborrirli, co^ quando hanno figli, fingono me ma se realmente nei loro i loro fintiamici ; poi vengono ab* amassero testamenti bracciati quegli antichi competitori e conforme è la giustizia la natuil figlio ra e finalmente trionfano e gliadulatori dalla rabbia i denti, veggendosi sgretolano , , , . beffati. Pur Terpsione. troppo è così, o Plutone. So ben io quanto mi costa Tucrito! Egli mi si mostrava- quasi sempre agonizzante , e . •60 quandoio andava a tra se, come pigolava sbucato dal tutto trovarlo sospiravao non un ancor polciDO credenguscio,perlocbè , , il momento, in cui dovessero prossimo i posarlosul cataletto,gliprofondeva dai regali, per non esser vinto in generosità Molte notti spesiin sifmiei competitori. calcolando fatti pensieri, e preordinando del sonno, e ognicosa, talché la privazione 4o io , le continue te , e Tucrito le mie mi condussero cure dopo adulazioni vedermi Plutone. mie , ne stette Bravo Tucrito, vivi pure , rire ridendo a seppellire. facendoti sempre più ricco di gente , e bada questa razza . mor* tutte ingozzato avere se a prima d* aver gliadulatori. Ancb' Terpsione. miiranni, per beffare di non mo- tutti quanti qui spedito io godrei,o Pluto , se nade Ca- morisse avanti di Tucrito. Plutone. Fedone Non temere, o Terpsione,poiché Melanto, Gariade, e tutti ancora, i suoi adulatori verranno quiprima di Tu- crito divorati dalle medesime c^ire. Terpsione,Son pago. Viva dunque Tucrito per mili'anni ancora. %J0 E MAUSOLO. DIOGENE Diogene. Jl erchè mai» e o Cario, t*insuperbisci tanto, più d* ogni meritevole ti credi altro di considerazione ? - la mia reale, o Sinodignità dussi pense» poichéregnaisu tutta ia Caria; rialla mia obbedienza alcuni popoli della Lidia;soggiogai isole diverse,ed arrivai fino a Meleto, imponendoil mio giogo sulla maggior parte dell'Ionia. Io poi le era uomo grandee formidabiavvenente, in guerra massimamente e perchèho Per MausQìo. , in Alicarnasso racchiude vantarla tanta la mia salma altro verun bellezza , ed morto tempio non che dunque ch'io , un non , può lavorata ^ con così in marmi tal finezza d' arte che , qualenon e , cavaUi, ed rappresentanti con tomba sontuosa una preziosi uomini, espressi lo direste che Ti tnooumenta abbia un bra sem- superbirmi ragioned'in- ? Diogene. Non il regno, la hai che dunque altra ragione, tua bellezza,e la molesdel ? sepolcro Mausolo. Certamente. Diogene.Ma, o mio bel Mausolo , tu non tuo hai ^7^1 piùquelpotere né quellabellezzad* una ricorriamo ad uà giudice, se volta, poiché perchèdecida della nostra bellezza non ner veggo ragioneper cui il tuo teschio ottedebba maggiorlode del mio, mentre » , ' , calvi son e ambidue nudi e parii denti,. mostriamo , del siamo ugualmenteprivid' occhi, e di narici. In quanto poi alla tomba é a queimarmi saran preziosiquesti forse eccellentiper gliAlicarnassei per farsene , , onore urla , ; come , presso i forestieri mole eretta grandiosa che ne godi tu ma nella , o di ro lopatria buon uomo ? Kulla per quanto so ; e^iltuo vanto si riduce, ad avere addosso un peso molto giore magdi quello che abbiamo noi, ad essere schiacciato da piùgrandi. pietre ^ Mausolo. Dunque tu credi inutile tutto questo? sieno e Diogene e che Mausolo degni di pariconsiderazione? Non di pariconsiderazione,o uomo i?/og^ne. poichéManolo egregio; nò certamente piangeràogni volta che si ricorderà le conelle quali 3e del mondo riponevala sua Mausolo felicità e Diogene se ne £irà beflFe. che glifu eretto il sepolcro ranimenterà dalla mogliee sorella in Àlicarnasso Artemisia ; e Diogene ignora seppure il , , , suo corpo abbia una sepolturagiacché , d7' di se fra stesso gliuomini colui che come menò dell*uomo veramente numento, e , ti, più eccellen- una vita questo è degna un mo- abbiettissimo Cario» piùstabile, o piùelevato e altro lasciò la fama curò mai. Per sé ne noQ del tuo. MENIPPO E CHIRONE. Menippo. H. inteso dire,o Chirone, che sebbene tu fossi uno degli Dei, pure bramasti di mo-r .0 rire. Chirone. E udisti il vero, tu vedi , potuto io morto , Menippo. Come ancorché io avessi immortale. essere Menippo.Ma morte, 800 o qualeattrattiva ebbe che morte quella la te per da tutti è aborrita? Chirone,.Te Io dirò,o Menippo, poiché tu sei uomo di buon senso. Non mi più era dolce l'immortalità. Menippo. Come! Non goderdella luce ? C/iirone. No, che o il diletto t*era dolce il vivere, e Menippo, poichéconsidero non nella uniformità nella varietà consiste. Vivendo sempre godendole stesse cose, , ma io sempre e il soie , la a74 Chirone. Che dunquebifògnafare^ cosa # Meaippo? Questo^ch'io credo, (come Ioas-Meì^ippa. il più •eriscono gliaomini tutti)essere cioè compiacersi saggiocoQsìgtio^ ognirno ed appagarsi, delle cose presenti,e noa alcnoa. considerarne come insopportabile DIOGENE, GRATE. E ANTISTENE, Diogene* Gì^iacchè tistene , disoccopati, perchè riamo o , andiamo Grate;,non giareaddiritturaverso la scesa o An* passeg-* no, dell'Infera per vedere chi sono coloro che vengono qua giù,e che cosa fanno ? Jntis^ne. Andiamo pniie^ Diegene,poiché a lo diamo ci éarà discaro. Ne Venon spettacolo altri pregare -d^esalcuni piangere, lasciati fuora, ed altri scendere a sere tutto che Mercurio stento, con glispinga in terra e gittiirsi e sdraiarsi; per 11 collo» , per Crme* fargli una inutile resistenza. Io vi racconterò ca^mmìn facendo nello scendere Sì Grate, J"imgeme. aspetto,che veramente. ciò che ho veduto narraci tutto ci dirai cose da , qùà giù. giacchém' farci rìdere Crape. Molti gio,tra i i miei etano qualidei compagni di viag*" nobili non pochi. Il nostro ricco Ismioodoro della Media, e , Amce governatore Orete. Ismìmdo' Y Armeno donqoe ucciso dagliaaaaiiiiii^ presso ro monte pare , il Citerone , mentre per quanto mi , se n*andava a Eleusi , eosrpiini va e , sullaferiita, invocava ì pie* cioltabbandanaci suqì figli biaaimava e , la teneva se mano stesso, per essere arato iòipnideniemente troyanai d* audace»viaggiando oe*paeaii:be intorni ad Eleotera^^O vertiti giàin deserti dalla guerra e eonducendo seoe due eoli ser* vi, quantunque portasse^^ìnquevasi dVO) e qnaitro coppe. Arsace poi,vecchio* d'a^ volgaspetto venerando, e a dir vero non re , s^irritava , allafoggisi dei barbari , di camniioare sdegoaira che glifosse condottoli suo piedi , si volendo cavallo rimasto lui,poichéun certo di scudo, ambi trapassò con utcisK»insiem Trace a e armato con sul fiume colpoin quellabattaglia Arsace Araase, contro il Re di Cappadocia. un-sol racoeotava avaoeò , che correndo molto innanzi colui si contro altri. Il Trace agli, terra, e cuoprendosi pertanto chinandosi a collo scudo evitò V asta di Arsace per di sotto una picca,che mico ed il suo cavallo. , e Uaciò trapassòil né* Ma Antistene. Grate , , colposolo? ciò iti un h come far possibtte ' o Antistenc, possibilissimo, poiché addosso con Arsacà corredagli laocia Una ed il Trace di venti cobiti dopo aiTer parato ilcolpocollo scudo, quando la pna- E' Orate. , fa passéttainnanzi , la sua piccaalPursMnginocchiò, presentò deir ta asta nemica deir avversario, e ferì il Cavallo sotto n petto. LMra e T impeto furon tali , che lo passato onde da parte a parte il cavallo,il ferro, Arsace fu ferito, penetrandonelPin- guineda una parte, Usci fuori dalle natiche dàir altra parte. Vedete adesso come andò il fatto? non fu gik^ opera deiruomò., ma del cavallo. Arsàce pertantosMnpiuttosto quietava perchèessendo eglidecorato di sublime dignità,voleva scendere air infei'no sul proprio destriero Oroete e uomo Volgare,sentendosi UìoUi le piante de' piedi,non poteva star ritto, né i camminare, giaccfhè còme sa, ognun Medii scesi da' cavallo patiscono n»"ltissi-t mo e quasiche dovessero incedere sulle spine,appena posano in terra la punta de' piedi; perciòÒróete postosia giacere, e , , ' , , volendo alzarsi iu non , in che il buon spallae mòdo, verun Mercurio se lo gnò biso- prendesse lo portasse sino alla barca. Io «77 intanto me la rideva. Io poiquandoscesiqaagioynon mi mescolai cogli altri,e glilasciai piangere Àntistene» da loro; qpindi correndo la barca,vi verso presiun posto, onde poter navigarecomodai^ente. Coloro nel tempo del viaggio piangevanoe vomitavano, ed io me la ri* deva alla h^rba lorp. Diogene.Voi altri,o Grate, svvete avuti si e Antistene, fatticompagni di viaggio ; qui discesocoli'usuraio Blepsia ce del.Pireo;con Lampide di Acarnania, dudei mercenari, e col,ricco. Damide di Corinto. Quest'ultimo,era q^orto di veleno suo figUp.Lampide erasi d^p per opera "jli ma io son . . la morte, per amore 4ellasua beUa Mirim, Blepsiapoveretto^eramortO) per quanto dicpv^i,di fame ; infattier^ giallo.e al maggior seg^Ot Sebbene io sapessi smunto, fosse com^ tutto, pure glidomandai Dissi posciaa Damide morto*' (il qi(ale il.figlio accusava ) che nulla accade vagli., che giustonon fosse, poiché.accumulati avendo mille talenti,benché nonagenario, e , tanto dava sole pensava che a divertirsi, giuntoalK età quattro oboli al figlio di diciotto anni. E tu o prode pittadino non d' Acarnania rava,.e ( poichéancor questo sospl-^ malediceva Mimia) perc;}ié inpoji- pi amore vinto da tt^ alcuno, che combattesti nei primo sempre set steaao? Tu ctie non te non otdi nemica mesti il e pericoli maggiori ta , fanciulla imbelle una dà finte , finti sospiri? e Blepsiapoi era lagriÌDci, il primo a biasimar se stesso, per la sua d^aver serbato il suo danaro dabbenaggine, gli eran parenti per eredi, che neppur sulla stolta-credenza di non morir mài. ro costopletolòpiacere mi daran Ma coi loro gemiti e sospiri. eccoci alla bocca dell'inferno guardiamo, ed Non , qua già. Affé! dizione , toltine coloro che scendono dà lontano osserviamo e tutti molti. Di son piàngono questi neonati ognicon* amaramente ^ Ma pargoletti. e piangono atuche gliuomini di vecchia età» e tanto^ perchèmai? Posson eglinoamar la vita? Voglio interrogare questo decre* tu che pito veccbH). A che piangitanto , in età cosi avanzata sei morto disperio buon vetcliio sei qua giù disceaio ? Eri che , stilla terra Fos"ero. DiogeM. Povero. che ti così maturo forse un re ? No. Eri an Satrapo ? Neppure. Diogene. Nuotavi era tu ? A ti affinila di ' • forse nelle ricchezze f ed s esser taorto par aver ]*«• *79 f sciato tinti piaceri ^Povero. Nulla questo* Ho vissuto novant* anni col aieschiuo prodotto d'una e di un canna afflo ; fui povero al maggior segno di figli, zoppo» senxa 9 Diogene. E tatto volevi campar ostante non quasicieco. e tot*^ tavia ? Povero. te Si , perchèla vita fe dolce " e la mot* ed orrenda. abominevole o Diog. Vaneggi, buon com* vecchio,e parli ragazzo intorno allanecessitàassolata di morire. Sei vecchio al paridi Caronte ; e un dire dei che dovremmo vecchi car la , qualsei tu morte , desiderano , giovani^quando i che dovrebbero invo* ilrimedio dei loro come • la vita ? nonostante li, ma- D^a andiamocene via, perchèqualcunoqon abbia " sospettare vedendoci girareintorno alla bocca d* iiiferno che noi vogliamofuggire. , a , MINOSSE, E SÒSTRATE. Mir\o^se. ^ , i3ia gettato in Flegétonte di queirass^^ssiinp Sostrate. Sia sbranato daU^ Cbi^erf quel ladrone dei sacri arredi ; e .quel Xira|nriQ;i ; 9 incatenato Jl^erGUrio,sia ticchè il ano. fegatoserva apju^^ftoTikìq, di pasto ag)i Voi pertanto, o buoni natevi incammiavvolto). presto alia volta dei campi Elisi ; ivi abitate le Fsole felici giacchéesercitaste la giustizia. in vita vostra Sostrate. Odi» o Minosse, e decidi s*io abbia ragione. , ' , E vuoi adesso eh* io t'ascolti un* al» MinossCé tra o sei bastantenìénte convinto, voka^Non Sostrate,d* esser Noi ma nego; mi si deve un Atizi,nulla Minosse. briccone,e un na gente ? assassino di tanta Sostrate. stato osserva se per stizia giu- castigo. di piiì giustodella punizione deVei. Sostrate. \ Ma brevi mie Minosse. pure alle rispondi , interrogazioni. Parla ; altri ancora. Sostrate. Minosse , Tutto care giudi; quelloch'io dipesedalla da sollecitati.Ho ma mia volontà feci in vita mia o da decretò un irrevocabiledel fato? Minosse. Dal fato , sicuramente. Dunque tanto i buoni, quanto noi, facemmo fummo non riputati malvagi, Sostrate. che che ubbidire al fato ? Minosse. Sì, quellache certamente; poichéCloto, delfina ad in cui nasce, fare/- * ' ' '- - nel ogni uomo, tutto quelloche ? - è mento mo- deve ch« Sottrate nilio « ?e oe delle altre sopo . Ma tu la otterrai ia ^attesenza giustizia* graziadella tua tnterrogazìouepoiché , 41Ù sembri essere assassino f Mercurio , Ma bravo un abile sofista purancbe. un ma solamente non , sciogli pur co9tui,e vada punito. im- Sostrato,bada bene di non insegnareaglialtri morti a "b^Tsimili ii^^ tu terrogft«ioni. . ERCOLE. £D QIOG£N£ JZi questiErcole? Siciiramei^ei Per Ercole! è desso! L* arco ^'vìa dava.^ la ,pel^.d€ft leone, V alta statura davf egliè E^rcole orp. 9 cai attesta eh' tutto di Giove; Ed il figlio, ^ avrà lasciatola vita!Dimmi . sei veramente tu morto « prodeeroe, t eppure io tiface- sullaterra deì.sa9irifii;ifii,cgiipead un.DiOr. Ercole. E ben facesti poiicbè fra Elr(c;ole.$ta9si . va , gliDei del Cielo^sposò d' l^bedal bel pj|je« r fmm^e^^e 4^ ^^ Vm^^ opn: jsop^o..che " E' mai po^«s$ia^ (Mmmagincf ^ia per mqjà i^difvjdfio ^f^ sofla Dioge^. Come sibilo che . Dio , e per metà mortale ^rPSifrSìfJK^^chè^e^i 909 ? " è '^ . alfriuienti^fBior": 2» -to» tua ben 80D io che morto Io nrppre* ««Tito. ha dato Diogene.Gflt"Ì8co.EgIi «uà vece tu e » Plntoce ia tea per lui. tei morto . Ercole. Così per T appunto. Baco, che è tasto vi conobbe, e si contentò» non vi|;ilante, vece che un falso Ercole scendesse qua ginin- IKogene* Ma del mai come ? vero perfetta^ somigliava Perch^ io Io Ercole. mente. E* Diogene. somiglitanto, bada che fa faccenda desso; ma a lo e ; vero rovescio , vogliodire che Ercole realmente, o che la ne tre sia non che quella, tu sua sia andata non sii immagi* ha sposata Ebe là su gliDei. Etcole. Tu se non che sei non «lomento il ciarliero»; fai Tarrogante, ma e di qualnume Diogene.Il tuo h disarmato arce chè dovrei temerti dimmi nel t*accOTgerai 1* immagineson io. cessi di burlarmi- per morto del amore tuo vatto,|}erqualsono? M« e Ercole viveva,tu imm^ine quand'egli sua stesso, eri con lui ? oppure formavate un individuo sob, vi separaste,Ercole vefain€ dopola morte do tra gliDei venisti com' era , e di tu come immagine sua air inferno? ragione Ercole. JNon doirrnrÌ9pon(|jprad un cavillato- di' profeinone ; nulladiitieno atcelltiai re che ti Toglioappagare. di Anfitrione eh* era Tutta in Ercole è L* altra che quella. in Cielo cogliDet conversa Alcmena Diogene.Ora capisco* io quellaparte sono morta , ed di Giove, era come partorì,, glio dici, due Ercoli al tempo scesso, jtiaófi- tu Anfitrione,T altro di Gìqvc, talché di ignoravated' esser geìnellL «iaìno aipbi Mrcole. No, stupido, no, giacché ^ Ercole solo^ un capireuna tal cosa ; cioè :^ Ercoli composti insieme ; a foste come l'Ipppci^otauro Diogene.Stento a foste due che che meno unendo Ercole. in E non ^ , 4in non spio corpo Puomo e Iddio. posti spn forse tut^ gliuomini com- di due cose, cioè d^anima e di quindidov' è la stravaganza in me che T anima appartenente a corpo? , rendo asse- trovasi ne' cieli,come Giove, mentre io che son la parte mortale mi trovo fra i morti? d*. Anfitrione, pò» Diogene.Ma , o buon figlio tresti dir così se tu fodsi un corpo , ma ora . sei una sempliceombra, rìschio di ed in ts|l ri guisacor- T Ercole 4i triplice qualificare tua . Ercole. Come ?.. trìplice Diogene.Cod: Se T unp è nei cieli e l'altro ) è presso di noi gnor( che sei tu iinmagiiie , . €i,ed iltorpo (msui fatto cenere ^ gliErcoli tre 8on Ercole. Sei e il corpo* padreper terso , audace, un soirOeta) ti bis"^na un cercare e sofista.Ma od chi sèi tu? Diogene. Son V ìmmagiiiedi Diogene Sinoconverso pense. Io, che a dir il vero, non cogliDei immortaH; ma coi morti virtuo"* si derìdendo Ornerò^ e le tante favole che egliha spacciate* CARONTE, * " n I CONTEMPLANTI. O : Jfercurio. 'i che ridicoCaronte? la^ua barca sei tu ' * perchèlasciando salito qua su, tu che sóoli mesiccdaiti delle Carente. O cose mondane desiderato,o Mercurio, Ho non ? re di vede- quelche sf trova nella vita, e che cosa facean gh uomini vivènti, o per la perdita di qualibeni pianganotutti coloro,che è uno, che non non vengono da noiygiacché faccia il tragitto Ho dunque domandate piangendo. Plutone la licenza di lasciar per fiiconcesso giornola mia barca, come a ^ un a una quel giovine di notte Tessalia di lasciar per T inferno, e son montato la qua al- luce^ove opportunamente ti ho incontra- wlf6 perchècoti tu te^o mi sef^iando tOt tocco a motcrerai tutto» ohepasgiacché te è noco. hp tempo da Noa Mercurio» So mi sMrtcnH. chiere, Noc- perdere,o poichéTO a servir Giove di ìk sa in qualche cosa, che interessa il genere u*e siccome egliè £icilea sdegnarti oano^ temo, se ritardo,che voi, confinandomi con sempre rescar nelle bre, tene- giàfece a Vulcano, mi prenda dalle mi via piedee gecti soglie o, come un per mi (aecia non cosicché iodotenti il zo|"pooggetcelesti, to delle rìsa alerai quandofo il coppiere* Caronte. dunque lasciarmi Vuoi qui errance sulla terra, quancuaque amico coaipagnù di navigazione, e di ambasceria? Dovresti di Mata, eh* io non figlio ordinato di vuotar l'acqua delli| rammentarci, ti ho mai sencìna rassare tue , o di remare, o amor ad robuste,oppnr spatte il tempo tutto t'incontricon go da che ansi ti lascio adraiato sul cassero posta per Tene, ma io mentre ine , di cianciare del le quela tua viario quando quakhe morto chiacchie* iquantanqae vecchio, vo-" solo ceV due cerni.Dunque per di tuo Mercurio onta ma padre,non guidami a lasciaroii,caro vedere tutte le della vita, per appagare la mia curiosi* tà^ e potermene poirìtocnaire.Sappiche cose «8^ sifb oieiitemegliodi mi cieco, se tu io non mi lasci solo buio » e inciampae cade » così avverrà alla luce. Contentami' in mezzp nel chi cimmina tome Qllenio,e della graziati sarò a me dunqae»o sui memore tèmpre. f!)ccendami Preveggoche «[{oesta procureràdelle percossee che i pugnisa* nul« la ricompensadella passeggiata; ranno ladimeno ti voglioservire ìion si resisto Mercurio. ' , al desiderio d'un bnon ' Per altro, mio amico. che tn possibile preòisiode giacché ci vorrebbero mólti anni sarei pubblio* e ditbiàrato come di di* camente colpevole serzione da "?io^e, e tu non potresti più Noicchiero,non ^^ggd ogni còda con è , , 'fare il servizio della morte '' ' cosicché pre* di Piutone,non con* giudicheresti airimpero dùcendo mò'rti air iofernoper molto tem* poi di Ea^o non guapò. Quel pubblicano dagnando be neppure un obolo sì arrabbierebdavvero. Per veder dunque le cose prìn- cipalìche ' , nnicamem^ si fanno nel mondo ^ a questo dobbiamo occuparci. Caronte. Pensa un pò tu, o Mercurio,come si possa far medio, perchèsono stranièro, ' e non il mondo* In somma, o Caronte; ci' bisogna aito eminente per potere da colà osscr** Mercurio. un conosco Se ogni cosà. in pofesiimontare Cielo non avresti a faticar molto giacché vedresti di là su miuiitapiente me ogni cosa coda lina specula;ma essendo per* non vare ta , coli*ombre stai sempre , 3i por piedenella reggiadi Giove ^ biso*' gna'ricorrere a qualchesito elevato. a messo Caronte. che te » Tu sai , Mercurio, quelloeh* io o dirti quando navighis^mo; nel soglio tre da mea- che il vento una per tutta e la vela cade s^alza^ tri voi alparte, e i fluttiingrossano, la a piegar ignoranzami sollecitata, vela, o rallentare la scotta, del vento, ed io p a correre vMmpongo di conda se- star cheti perch'ioso quel che mi vò facendo. Così adesso devi far tu, eseguendoquello che stimi opportuno in qualità di nocchiero, ed io, come è dovere dei viaggiatori , starommi to cheto, e mi a quaa* .uniformerò m'imporri. Mercurio. Dici bene. Penserò si deve fare dunque a quel specola adattata. Il Caucaso a proposi^ sarebb'egli to? o il Parnaso più alio?.oT Olimpo che TOsupera ambidue? Per altroguardando iacosa non una limpo mi son rammeotato diflferente; ma convieq phe tu pure ai"tiaita. chi,e. mi presti che , e troverò una ago Atlaate,ehe solo regge conoÉci re il cielo; abitazione di tatti ooi, ed avrai forse udito che Ercole mio fratellorimpiazzò ancora , Atlante volta una per sollevarlo stesso a , narrare poi vere , queste tu , o cose; Mercurio, verissime,o Caronte. Perchè Sono vuoi supporre, che mentissero uomini dotti? Onde cosi sradichiamo Ossa monte se megliod^ogoialtro lo sapete* i tuoi Poeti Mercurio. » quelpeso. quanto sien ma e alquanto di^sottoporre Sì, ho inteso Caronte. incaricandosi stesso, , il primieramente e' insegnaquel verso come dell* architetto Omero : guarda sovr* Ossa Pelion fronzuto, in péesiasi fabbrica faci!-come mente. Lasciami Poser M se dunque salire, per sieuo bastanti,o queste montagne sogna anche porne altre bassi,e vedere so vr'èsse. Ahimè! alle falde del Cielo, se bi« sbmo poiché all'Oriente si scorgono appena f Ionia, e la Lidia, e alfOccidente nulla piùdelP Italia , e della Sicilia.A Settentrione si pre soltanto la parte di qua scuo* delf Istro,e a mezzogiornonon troppo chiaramente PIso* la di Creta. Dunque chiero per quanto pare, nocmio r Oeta , e fa d' uopo trasportareanche poi collocare il Parnaso sopra , questimonti. Digitizedby CcMÌ ti faccia, bada però di non struire coedifizioassai debole»elevandolo UQ Caronte. di troppo siem ; che esso con e » precipitiamo già non in» che finalmente rompeo* abbiamto a provar funesta doci la cesta, non r Omerica invenzione. Mercurio. Sta* pur di buon animo, poichétutto soliditàe sicurezza. Orsù, sarà fatto con si trasporti qua TOeta, vi si ga soprapponeh' ia salgodi nuovo. il Parnaso. Ecco Ora va bene. Veggo ogni adesso. Caronte. e cosa. Sali tu re pu- m Dammi tuo ritrovato che mi Mercurio, poichéil mano non sarà quellocertamente, farà salire. Jlfercurio.Seta non vuoi vedere puoi avere sicurezza,e comodo ogni cosa, al tempo o stesso di vedere, onde tienti alla parte destra,. e bada il piedein qualche posto a non ronte, Ca- na pieat- re por- pericoloso. Bravo, eccoti salito;ma giacchéil Parnaha due cime, prendiamoneuna .per uno, ao chi a sedere. Adesso e mettiamoci giragliocd'intorno e enerva tutto. tà Veggo un' ampia terra e una vastiche la circonda. Veggo monta* d'acqua, di Flegne, fiumi più grandidi Oocito, e e i loro nidi. getonte, uomini piccolissimi, Mercurio. Quelleche tu chiami nidi,son città. Caronte. * «9* SappiMercurio Caronte. coi il Parnaso 1*Oeta, , che abbiamo , inutilmente,poiché conchiuso nulla. abbiamo non fonte Cascalio suo altre montagne e tastato acca- Perchè, Caronte? Mercurio. graqdealtezza non alcuna con precisione*; posso vedere cosa ed io non volea distinguere solamente città, nelle pitture e come ; ma gli montagne uomini stessi e udire e vedere quelche dicono e quelche fanno, come appunto da primo e facea quando m'4ncontrasti veggendomi ridere me ne dimandasti il Caronte. Perchè la atteso , , , , , , che motivo , tale,che un Taver udito ildiscorso di era mi diverti Mercurio. E di che Caronte. Era stato era cosa non poco. si trattava? tale , per quanto invitato da un amico pare un a cena, domani. per certo facevano questo discorso cadde, verrò eglirispose: come, un tegolodal tetto, e eh* , ed tre Mennon so T uccise. Io rideva va adunqueallora perchè colui non avepotuto adempirela sua promessa. Dun^que credo bene di scender giù per vedere, e udir meglio. Mercurio. Acchettati. Supplirò anche a questo , e fra poco la vista ti , d'Omero, e mente aguzzerò straordinaria- servendomi di certi versi ricor* quando gU avrò rec;itati dati di ne ma più sbirciare, non di veder be^ ogni cosa. Di' pure. Caronte. la caligine che t*ìn« dissipata gombrava la vista, acciò tu possa meglio ravvisare giiuomini e gliDei. Ho Mercurio. ! Ch* è Oh Caronte. ci vedi ? Adesso Mercurio. Quel Lince sarebbe Benissimo^ Caronte. d' confronto; onde in mio istruiscimi e tu per mostrarti che i suoi versi ? , Mercurio. un E puoi conoscerli come , io ancor tu che sei ed occupato al remo? Vedi! Questa è un* ingiuriaall'arte. marinaro Caronte. Quand' io molte lo gran una alcune delle cose, burrasca certa sebbene , ode che guisa di sossopra tutte le , re canta- e radunò col agitandolo cosicché , e procelle suoi versi in mille modi , Nettuno mestola racbè la burrasca a troppo fausta per i non nubi, sconvolse il mare, a via quatihotuttauna sopravvenisse allorché cominciò navigantidicendo: dente lare Tudii cantarel- morto tragittai in mente, - innanii ora d' Omero conosco co cie- de; rispondialle mie domanch'io tMnterroghi colle parole tu, vuoi ma ? mai stato sconcertò il mare; V oscurità che poco mancò non le tri- mise coi dimanieprovvisa fu si im- subbissasse ^4 la barca mapOtf cosicché , ìa,a Caribdi, e Mercurio. servare lo sto* glicratagtiò molti versi intorno vomitò e se a ScU* al Ciclope. Non fu dunque difficile a tt ileooqualcheschiuo di quellavomì- tazione. Caronte. Or sa dunque è quelmortai di enorme M Chi »f D'alta statura, »» Che mote, di viril possanza, da ogni altro mortai distinto appare? e Questiè Milone, V Atleta Croto? niate, cui la Crecia applaudeper avere alla distanzat sollevato un toro e portatolo Mercurio. di mezzo stadio. Caronte. Dovrebbero con piùragione applau« che afferrerò tra poco questo Mi« dir me, Ione , e Io porrònella barca quando scenderà tra noi, spintovidalP invincibile an* la morte, senza che egli s*accorga tagonista in qualmaniera gliabbia fatto sgambetta. Allora certamente tandosi eglipiangeràrammengliallori e gliapplausiacquistati, che lo fanno adesso insuperbire tanto , per avere portato sulla schiena toro. un dunquevogliamopensarne ? che egli creda di dovere un giornomorire? Che Mercurio. Come vuoi tu, che in mezzo gloria eglisi ricordi della morte Caronte. Lasciamolo andare. Tra a ta tan- ? poco egli sarà il noètro ludibrio, qoando brà il tranon potrà alzare una xanxara . . e gitto» che no» Dimmi toro. un venerando? chi , Eglinon è è queiruomo Greco, per quanto parmi dalle vesti. di MtrcuriOf Egli è Ciro p Caronte figlio Cambise; quegliche trasferì ai Persiani il , . , posseduto per lo innanzi dai Medii } quegliche poco fa vinse gliAssirii espugnò regno , ed Babilonia , sembra ora volersi avventar sulla Lidia per detronizzar Creso dilatar da per tutto il suo impero- e Caronte. E dove , questo Creso? è mai tezza Volgilo sguardoa quellagran forle mura, che ha triplici quellaè la Ilercurìo. , Città di Sardi. Non seduto sopra con Solone vedi letto d* un Ateniese? Creso tu oro , che stesso conversa Vogliamoascoltare i loro discorsi? Caronte. Volentieri. Creso. Giacché V , Ateniese ospitemio M vedute M quellaquantitàd' le mie ricchezze , i miei tesori greggio oro hai , , e , la mia tutu magnificenza quanta, dimmi, chi credi tu il piùfelicetra i mortali? Solone. Caronte. Udiamo, che mai risponderà 9» *f Mercurio. Non tempre Caronte. Non dirà nulla di abbietto. Solone. ^ I mortali felicison pochi,o Creso ^ «9» ## I» che Cleobiper quanto io so, giudico della Sacerdotessa, de e Buone aono figli ma più felici Caronte. Parla egliforse di qaellaArgivadi H par mio a i cui poco fa morirono tirato,facendo aver Creso, Ebbene n felicità.Ma Solone, in nna figli volta per di bestie,il le veci della loro madre carro »p i sino al tempio? i primi in quelli sieno pur chi credi tu il secondo? ; Tello Àteniesìe^ che visse , n morì per la Patria. Creso. «# Ed io, o vile,non bene, e »» . » Non o Creso, se non posso saperlo, giungiprima al termine della tua vita Solone. " felice? ti sembro » poichéla V mina »" te morte luminosamente se felicefino all'ultimo Caronte. Bravo, Solone, non. Tuomo barca stessa. Ma ha visso^ momento. suo ti sei dimenticato di noi, e vuoi anzi che la nostra , quellasola che deter- è ne sia giudice' dimmi, chi son da Creso? e che portano mai coloro,spediti ? sulle spalle Mercurio. vasi al nume Pixio Egliconsacra d'oro in ricompensadell*oracolo dei che sarà tra poco cagionedella sua rovina , poiché fatcostui è un uomo molto credulo in to di vaticini}. Caronte. E che roba quellodunque è Toro? quella di splende color ? giallo-rossiccio Mercurio. quelSoione M« rama , Caronte o noa » pare; e coipfivtuvedi eglischernisce Creso» ed il barbarico suo per quanto s^accingaa ch'egli Farmi orgoglio. di Solone, X ff qualchecosa Dimmi Creso o , rogarlo inter- ascoltiamo ; que. dun- pensi tu» , , che di cotesti vasi ? Apolloabbia bisogno Creso, ha Sicuramente, perchè.egli non » u w Delfo simili offerte. Solone. *f I» M t' immagini beato, perchèpossederàfra le altre anche cose Senza f» » vasi d'oro ? dubbio. per quanto mi Ma bisognasupporre Cielo,se gli Dei una cessità di mandare a dici , gran possono o Creso , povertànel trovarsi in ne- prenderT oro dalla la loro voglia. Lidia per appagarne Creso. « E dove »i può trovar '" w di rendere tu questp Dio Solone. h Dunque » Creso, '/ in tant'oroj^qoan- fra noi ? to , Solone. Creso, *p n Solone, « Dimmi, Non fp la Lidia produceferro t molto. Dunque sei privodel migliormetal- lo. Creso, Come, u Solone. V Se mi migliordell'oro ? senza sdegnartilo rispondi ilferro è capiraifacilmente. Creso, Interrogami pure. " w , «99 Solone. '# w n Solone, n i Lidii si, contro Solone. E » se Fammi n Solone. M Dio non oro armerai o , dice* come tu i cuoi aot di ferro? avrai pronto questo ferro» sarà trasportatoio Persia. augurioq Solone. miglior che questo non accada ; voglia pare che ma , sicnrametite. di ferro sicuramente. il tuo tutto Creso, » brandi d'oro dati con Creso, n Oh! n cote quoUe migliori che sono o quelle con- Quelleche contenrano, Dunque, se Ciro verrà M n U che contervano^ sefirate ? Creso, n Qualisono M un tu riconosca essere il ferro dell'oro. miglior Creso, Mi coningli dunqued'offrireal Nume d'oro. vasi di ferro e riprendermi quelli Solone, Eglinon abbisogna neppure del fcr« sin che tu gliconsacri rame, o ro; ma un oro, giórnoo l'altro la tua offerta andrà a profitto o sarà predacod'altri, n n »f "p "f M «» » n p» M de'Focesi,de' Beoti, me de'Delfiotti stessi, oppure di qualchetiranno sino che sia ^ ma il Nutqe non che Creso, "» o n mìe Caronte. un che un tu o assas- si cura glioffra dell'oro. In tutti i tuoi discorsi , sparlidelie ricchezze, e sembri invidiarle. fre Questo Lidio, o Mercurio, non soflibero parlare, e glisembra strano glidica liberamente povero uomo , 5oo. e sentimenti;ms ìtt proprii si ricorderà di Solone, quando prigioniero timore i senza breve di Ciro sarà • posto vivo sul rogo. già udito leggereda Ho ciascuno fra le altre e , doventar Creso dovea e. che Ciro cose era scritto che di Ciro prigioniero dovea stesso i destini di Gioco morire per Vedi della reginadpi Massageti. donna Scita,e Vesce fuori sopra tu « mano quella lo caval- un bianco? Si la veggo, per Dio. Caronte.^ Mercurio. la Quella è Tomiri, che taglierà testa a Ciro e gliela immergerà in un otre il giovine pieno di sangue. Vedi il suo figlio Cambise ? Egliregneràdopo suo padre, sofferteinnumerevoli e dopo che avrà avversità in Lidia in Etiopia fìoal«^ e morrà ucciso maniaco mente dopo avere il bue Api. , , , ^ Caronte. Cose dalle risa; da far smascellar^ veramente chi potrebbemai gittare coloro che disprezzano ma tanto sguardo su glialtri? Chi direbbe poco uno uno mai che , tra cadrà in schiavitù,e T altro sarà e decapitato, la sua testa immersa in uà di sangue ? Ma, o Mercurio, chi è costui che si è affibbiato il manto di porpora, otre ed ha qualeil cuoco il diadema in fronte.,e al anello li. riporca estratto dal 3oì pesce cV di e che si fa glotìa egliha tagHato? sa quel luogo circondaco dal regnare ? mare Bravo Mercurio. Caronte , tu parli poeticamente. Costui è Policrate Tiranno che si crede io moy ogniparte pertanto dal stesso suo sarà appeso felicità, Meandrio al satrapo Orecaduto dalla è sua felice.Questo servo consegnato a tradimento in un momento te. Misero! di Sa- in croce, giacché anehe questo ho saputo da Cloto. Caronte. Benissimo, costoro in o tronca , bravamente Cloto, castiga le loro affinchè croce , teste e , sappianodi piccali ap- re esse- mortali. Intanto si elevino pure in alto , tezza perchèla loro caduta da una maggior alsia pia tremenda. Allora riconoscendoli uno a io riderò alla volta nella barca della porpora regia della nudi, spogliati , tiara , Mercùrio. è . prividell'aureo soglio. Cosi certamente andrà la faccenda per loro; ma moltitudine,o guardaquella Caronte, della qualealtri navigano altri fanno la guerra altri contendono in giudizio, altri esercitano r agricoltura altri , , , usurai, ed sono canti altri finalmente mendi- Caronte. vita Veggo una varia moltitudine città e piena 4^inquietudini , , una somi- 3oA coi o^m ape ha il col qualeferisce ii vicino , e in a tth'alteare» pliant! aculeo suo , pochitra loro a guisadi vespe attaccane il lor inferiore.Ma che cos* è e trafiggono no quellafolla che svolazza invisibiled'intora loro ? Mercurio. La speranza , o Caronte^ iltimore, la stoltezza, 1^ voluttà,V avarìzia, V ira , tra le quali rodio, ed altre simili afiPezioni, T trovasi mischiata 83 e neiristes* ignoranza^ il rancore. società,per Giove, entrano Tira la , Tamor T imperiziala*titubanza, gelosia, , Il timore dell"oro. peitanto, la e svolazzano al di sopra, e il ti* piombandosu di loro,li fa tremanti speranza, more La speranza pende dall*alto sbigottiti. e quando credono di realizzarla, su la loro testa, lasciandoli ella vola via e sparisce, e a tu bocca aperta come appunto Tantalo vedi neirinferno glifugge.£ se tu di loro tu che patire per Tacquache miri io alto, vedrai il Fato che fila le fusa di ciascuno che ognun filo.. Vedi , è sostenuto alcuni di che scendono gnateli, da , onde un è debol questifilicome ra- scuno dai fusi sopra cia- ? Caronte. to Veggo che ciascuno ha un filisono e tutti questi sottile, intralciati gliuni coglialtrii. filomal* per lo piò 3o5 o Nocchiero, perchè ragione, ifercurio. Con n quelloè stato destinato d'essere ucciso da qu^iraltro, e l'altro da queiraltro poi ereditare di quello, motivo come pure questi per cui il suo filò è più corto; sti quedi quelPaltro. Tale è il significato questo intrecciaraento di fili.Tu vedi però che tutti pendonoda un filosottile cosi innalzandosi suglialtri doventerà Tuno il peso momento sublime, e dopo qualche ed il fragósoverchio farà spezzare il filo, re della caduta sarà grande.Quest*altro , e , , da 'sollevandosi poco mai viene la a sua terra cadere, gran caduta farà, non rumore; se ma appena sarà sentita dai suoi casigliani. Cose ridicole davvero, ò Mercurio. Caronte. Mercurio. Tu Certamente. non avresti la loro adequate per esprimere Pia ridicole ancora si danno , e sono le cure parole ridicolezza. grandiche da questo mondo, illor partire rapiti appunto nel merìggiodelle loro speranze dalla saggiamorte i di cui messaggeri , , e ministri molti son , le febbri come le tisi le infiammazioni al ogni sorta polmone,le spade gliassassini! i veleni, di tutte i giudici, i tiranni. Nulla peraltro d' , , , , loro fintantoche questo occtipa la mente felici ed all'opposto doventando svenaon » 5o4 tarati , altro s*ode non dalU bocca loro che, ohimè! ah! ah! meschino da bel avessero principio mortali eran me! Se pertanto pensato eh* venuti al mondo per breve e , si partono dalla vita come e. che tempo da un sogno, lasciando ogni cosa sulla terra, , avrebbero vissuto e sarebbero mente piùgiudiziosa afflitti morendo; meno 5 come sic- ma di viver sempre» quando si lusrngano viene a chiamarli,ed a condurli la morte della febbre,o della tise,si e par loro incredibile che sepadisperano, rarsi via per mezzo debbano sua casa mondane.'Quante la suar cenare do sapesse, che quansarà terminata e coperta di glioperai,se casa e. lasciarla eglidovrà partirsene, tetto, al suo cita attenzione,che solle- tanta con tanto un cose colui che fa edificar si risparmierebbe cure la dalle erede,senza una pure averci potuto ilmeschino sola volta? Colui poi che la si rallegra, perc)iè un bel maschio, suoi amici neonato; , e impone to mogliegliha partoriperciòdà banchetti ai il nome delP tante feste,se farebb^egli che il suo bambino deve morire avo al sapesse alf età di anni? Cagionedi tutto questo è il suo ria guardaresoltanto a quelpadre,che ai glodel propriofiglio, poichéha trion^to sette negli olimpici giuochi ; ma non vede queir 3o6 . deli'acqua» sulla superficie apparilicono dire le da qualche fontana»vogiiò corrente che bolle della schiuma ? Alcune subito esse son scoppiano e svaniscono altre altre /durano più tenìpo, e siccome di più» vengono ad unirsi con loro gonfiano di volume € crescono per altro scoppiano dei ancor queste finalmente» e spariscono piccolee , , ' di , , possa altrimenti. Questa è la vita degliuomini. Tutti sono tutto, che senza avvenir gonfid'aria»chi più e chi a lungo chi momentaneamente dileguanoappena formati chi dura meno» , » svanibcono Mercurio Ma ; altri si tutti ma poi inevitabilmente. sai.Caronte che la , tudine simili- tua più bella di quellad'Omero» che il genere umano? paragona alle foglie Caronte. Essendo gliuomini tali tu vedi o Mercurio» quelche fanno! Come son pieni d' amor in son proprio e come sempre risse fra loro per gelosia dei poteri degli no acquisti» deglionori, tutte cose cui dovranabbandonare, e scendere tra noi con un obolo soltanto! Vuoi tu dunque giacché è » » » , siamo in sito cosi eminente, chiamarli ad alta voce, consiglia ndoD inutilifatiche, e di aver occhi la morte » di rinunziare alle sempre innanzi agli dicendo loro : Oh stolti! perchèvi occupate di coteste cose ? Cessate So7 daU-affaticarvi, poichénon eremi, siete per vivere nulla di elò che si ha per durar seiapre, così nessun e bHe rispetta- di;voi può sa potràportar seco dopo la morte alcuna cogiacchédura leggelo costringea par^i campi e gliori dotirsi nudo; la casa, e cambiano altrui, ventano proprietà ne. padro- * , , Se io avessi ' loro predicato queste ed altre simili avrebbero molto credi voce che tu ne niera ma- sarebbero diventati qon ! amico Oh , profittato, per la loro di vivere,e molto piùsaggi?" Mercurio. cose ad alta mio tu , sai non a che e glihan ridotti T ignoranza, l'inganno. Neppure una verrina sturerebbe le loro o* recchia le hannp tappate dei compagni, con qnanta Ulisse turò quelle per farlisordi alla voce delle Sirene. Come ancorché costoro udirti, dunquepotrebbero , con tanta a forziad*urli ? Giacché scoppiassi tu che fa Pobblio lo fa che sì cera a non sono tra questi; pure .voialtri,la stoltezza vi voluto hanno incamminati le cose con lo quel- sono cera alcuni loro, orecchi,e negli la verso acutezza, tra siderando verità, con- e dole giudican- qualisono realmente. Caronte. Dunque dirò loro Mercurio. sanno. E' che già ildir loro,quel superfluo Vedi tu come , tenendosi lontani 3o8 dalla moltitudioe, deridono altri, si fa dagli ciò che tutto alcun piacere in esse evidentemente, dalla vita^ e che pensano di dover partir scendere presso voi altri e questi sono obiasimano T ignoranzaaltrui. diati,perchè ! Ma Caronte. Benissimo, o uominf generosi son questi pur pochi!. , e trovano non anz^i mostrano , bastanti ; Sono Mercurio^ oramai ma • Caronte. Vorrei sapere ancora diamo. sceni un'altra cosa, la insegnila :mia sarà compiuta. que Vorrei duncontemplazione dei corpimorti. vedere i depositi Mercurio. Questi,o Caronte, chiamansi dagli di uomini. sepolcri, monumentile tombe. Vedi terra, tu fuori della città queimucchi quellecolonne quellepiramidison tanti di morti, e depositi de' corpiloro. serbato] Caronte^ Perchè msi coloro là giùinghirlandano o Mercurio , e se me , , le essenze e scavata , di odorifere aspergono alzato un rogo, ? Altri dopo avere vi abbruciano le splènuna fossa, dide pietre,le vivande, e versano nellà^fossa,( per quanto posso congetturare vin mescolato col.mele ? ^Mercurio. possano stanno ) vìn pretto, e Non. capisco,o Caronte, in che giovaresiffattecose a coloro, che neir inferno.Gli .uomiui per altro 3o9 9'imaiaginaao,chele ombre deMoro dallMnferno,e vengano qui a escano morti re, cena- volando, per quanto possono, incorno alle esalazioni,e alle fragranzedei cibi', ' il vin mischiato bevendo uomini versano Caronte. Come! bere e in quellafossa. queste son a cose ognigiorno.Tu storo, dopo che sono risalire.E sarebbe io che fatico tanto, dovessi teschi Aridissimi mangiare?Ma narrando ancora le potranno pur ridìcolo io, dere te, che li fai scen- sai se possono scesi mai co- volta, in una su ridicolo,o Mercurio, se fatti scendere dopo averli ricondurli sulla Oh stolti! che rinfrese^rsi. questa ? Ignoranoqualsia tra mele, che gli con cose demenza , e di demarcazione quelle stro qdalisien le giusteleggidel noimpero ! che quaggiùscendon del pari Non sanno 11 misero insepolto, e quelsuperbo Che di reali esequieha T aurea pompa ; Che qui soni pariAgamennone ed Irò, E il deforme Tersite, e il vago figlio Di Teti bella dalle lunghechiome, dei vivi ; «/ » » » * w '»» o Tutti son nudi teschi,aridi e d^rsì, pratid'asfodillo. Mercurio. AflFè,tu Omereggi davvero? ma giacché me ne fai ricordare, vogliomo*" . a è mai la linea dei morti terra Su i 3ie strani la tomba Retèo capo Sigèo? Sul capo h quella di Aiace. non Qìièste sepolture Caronte. o Mercurio; le città vedi di Achille. La celebri più sono di cui « sui dirimpetto sontuose, prego mostrami ten ma tu so ades- la fama è giuntaair inferno. Nipive,fondata da Sar^* danapalo Babilonia, Miceoe, Cleone, e stessa Troia, di cui mi ricordo d^aquella mente ver gliabitanti a migliaia taltragittati che per dieci interi anni non potei , , mai un trai^rein terra la mia di riposo. momento Ninive Mercurio. , o , uè non gio, riiQ#avesti- dire: ellafu né facilmente tipotrei Babilonia il gran darle Nocchiero, è da molto distrutta,cosicché tempo barca qui. che ha le sontuose torri, quella, recinto di muraglie,ed ancor per questa fra é molto non si dirà: ove fu? Arrossisco poi di mostrarti Micene, Cleone, Troia principalmentepoichéso bene e che quando ritornerai neirinferno,tu zerai stroz- , , Omero , versi. per la Anticamente dei magnificenza queste cittadi suoi eran grandie felici,or son morte ancor esse, poiché,(fronte mio le città muoiono al paridegliuomini, e ciò che é piùsorprendente , ancora , me glistessi fiumi, coAr^olichenon rimane muoiono nelle campagne Sii neppiir la traccia d' Inaco e del suo letto. Caronte. Oh che elogi, Oiùero, che nomi! Il Ilio dalle sacro Cleone! chi E , perchèuccidonsi Lacedemoni, vivo noi strutta co- mo parlia- si battono ? che loro ? tra i vedi, o Caronte, gliArgivi, Tu Mercurio. ben La intantt) che Ma là giù quelli son , ampie strade! Otriade,che il Duce e inscrive col propriosangue semi* il suo feo. tro- # Ma Caronte. perchè,o Mercurio guerreggian ? costoro Per Mercurio. stolti!non Oh Caronte. sul quelcampo, di essi qualestan che costoro, san battendo. com- se tutto conquistato otterrebbe apnon quanto il Peloponneso, pena £aco di da un palmo po$to, e questo, ciascun sarà campo avesse coltivato e molte dall'altro, scaverà dalla volte il i terra , ora te taglien- vomer scudi. sepolti Or bene, tutto Mercurio. dall* uno ora andrà tanto in- ma cosi; scendiamo, riponiamoi monti al loro sito,e andianne. Io, ove ho giàpensato, e tu alla tua barca , dove de* morti. portarti Carónte. Mercurio, tu ti considererò , di verrò tra a poco ^ m'hai servìft)a sempre come viglia mara- mio più questa scorreriami nefattore; be- ha istruito itiqualchecosa le poichého , dei miserabil genere uoiano. occupatidi Regi,di vasi dVro, cose Soti sempre di Ecatombe, pur sciuto cono- di guerre, paroladi Caronte. MENIPPO e si fa non nep- NEGROMANZIA» O LA E FILONIDE. Menippo. XJLtrio, vestibol di mia H salve. casa, quanta gioiaio ti riveggoo lacef Filonide. Non è quf sti il Cinico Menippo ? Sì " Con egliè desso, sicuramente. E non può esser altri a meno che gliocchi miei non veg«un Menippo. Ma che gano in ciascun uomo , significano queUMnsolita quel figura, lira e quellapelledi leone berretto quella cosa , , ? Accostiamoci d'onde E da che sei comparso non Menippo. '/Lascio "# Filcnide. de'morrì Tatre dagliDei Meaippo ci AflPè! » in città. Diviso credevamo Menippo. lui. luto. Menippo io ti savieni? egliè un gran petzo a morto No , ma ed eccolo sedi,dove abita Plutò. ha burlati ! Lo risuscitato. T inferno m'ebbe vivo in ( gremba 3i4 ferno,t qaaiseatenfie tieno i ricchi,sentenze gate contro ti giuroper Cerbero, che non promul* state dalle quali, v*è destrezza che sottrarsene possa; dici? Vi sono Filonide. Che de* Numi dedsioni nooye infernali sopra le cose di questo ? mondo Dio ! E mi è molte ; tna non di comunicarle ad altri,né tampoco Menippo. Per permesso di palesaregliarcani di là giù per non esser poi da qualcunoaccusato d^em* pietàpressa Radamanto, Filonide. No, o Menippo, no» per Dio, non col tuo di parole Non esser avaro temere. che sa con un amico,poichéparlerai uomo, tacere, , e steri. che d'altronde è inixiatonei mi- Menippo*Tu m'imponi un comsndo diffìcile, graziatua voglio cidere arrischiarmi. Parte dunque di doversi deche tutti i ricchi possidenti, tuttigli e sicuro;ma tanto non uomini come in danarosi,che custodiscono se filonide.Prima i lor tesori, fossero un'altra Danae della sentenza ( che cagione narrami lo ascolterò volentieri ) qualfu la della tua discesa colà giù,chi fu il tuo ^ du- viaggioe di poispiegamiper ordir che presso a coloro hai veduto e ne quello, udito ; e siccon\esei uomo piqno di òurid* ce nel , 3i5 siti,cù$ì convien credcrè^chetu ta degnad'esser vedu- alciunacosa trascurato abbis non udirà. « anche in quecontentare Mitnippo.Ti Toglio sto. Chi può resistere ad un amico, che fa forza di preghi?Ti spiegherò dunque primieramente i miei pensieri, e qualmotivo mMndusse giovine,che Omero, da vano guerre Semidei, ed Esiodo dissensioni e , tra ma narra-- solo non io i tra gliDei puranche,ed tribuì at- loro adulterii, ratti,supostilità, plizi, van e far questa discesa. Udendo a di padri,incesti tra sorelle espulsioni fratelli m* immaginai che tutte queste cose , ed oneste, ed inclinava fossero lecite, ad imitarle, non senza qualchemotivo; un quando giunsiair età virile conobbi che le leggi ordinavano Toppostodi quello, V che suggerivano i poeti,e che vietavano le rapine,mi trovai adulterio,le seduzioni molto imbroglbto non come sapendo, me regolar stesso, persuaso essendo che gli ma , , , Dei avrebbero non e suscitate adulterii, non buone. , se tali cose loro, se erano d' altronde Neppurei legislatori vrebbero sto^ sedizioni tra saputo, che avessero commessi certamente a non Trovandomi parer mio avessero a- T oppocreduto di far bene. , comandato adunquein tanta incertezza , 3ie parvtmi ben fatto^di ricorrA'e ai così detti Filosofi e di pormi in lor balia doli preganche credevano più di far di me quello onde insegnarmiun tenor di opportuno vita semplicee «icoro. Cosi pensando io ' , 9 , m^ accostai ad essi; ma nella brace dirsi, dalla padella suol poichéquanto più io tanto* gliesaminava in più discopriva incertezza,di modo e immediatamente za errai, « caddi, come essi che mi accorto, che , d' appresso, ranza, ignoro fece- Fignoran- re poteva condurIn fattigliuni mi consigliavano che quella, d^l volgoera alla felicitàvera. prendermi ogni piacere,ed attendere a^ miei godimenti di unicamente dicendo , questo appunto consiste la felicità deir uomo. Altri air opposto mi che , in far disotfaticosa, dar toporre il corpo ad ogni patimento,di ansficido e fetente,di cootradir tutti,di ond* essere tutti ingiuriare, da tutti ingiuriato, recitando spesso quei popolari versi di consigliava d^ Esiodo '/ una vita : Sol coi sudori alla virtù si giunge: Così voller gliDei. Lunga e spinosa £' la via che a lei guida, ed aspra in prima. Ma a chi toccò la cima è facil poi» Altri m'insinuava di diJsprezzdre le ricchezze, cosa e di considerarne l'acquisto come « "f 9f 5i7 iodìfferentt ed aUri ali*opposto mi dhno*, stiCava che la ricchezza oelteple.Che io che gliudiva ogni loro tra di iK"ini: idee , ec«^ dei loro sistèmi giornocontradirsi atomi cosa deggiopoidire intorno al mondo» ^. lina era , vuoto. 11 titudine molquella con riali immate- sostanze , peggiopoi si ciascuno di loro dicendo cose è che patentemente così plausibili, e ragioni allegava persuadentieh' io non poteva oppormi esposte, » ne^ a , Colui che chiamava «dui una che la chiamava caldo, né cosa freddo,ancor benìssimo,che nulla può sapessti caldo e che mai esser freddo al tempo stesso, quindimi 1q stesso» che accade colorò che accadeva a essendosi addormentati,pieganla testa ora da una parte, ora dall'altra.Quellopoieh' io : giudicavamolto si era, losofi quei tali fi- assurdo in ch'io li vedeva operare a vescio ro- di che andavano quello» predicando, che mi consigliavano il disprezzo poiché qiielli delle ricchezze y alle ricchezze dedicavano l'usura , interamente istruivano » disputavano per per "ienaco,e tutto sopportavano per Osservai che coloro i la si amor nalmente fi- delle monete. qualibiaìsima- deglionori facevano di tutto ed in somma che coloro i per acquistarli qualibiasima vano la mollezza eran quelli vapo. sete , « , , 3t8 U cai appunto, predotnitiaTa. molletu Quando dunque ebbi perdutaancor questa ogn^orapiù; ma fra speranza, mi sdegnai tacitamente per stesso me perchètra mi lai, conso- molti dotti,e rinomati errava ignarodel tanto io ancor inetto, nomo Una di andare mago, atro, Babilonia a e , da e eh* io volta per tanto non potea dormire, per aver la testa di tali pensieri, mi nacque in mente vero. pientoni, sa- piena lo quel- qualche e successori di Zoroadiscepoli giacchequesti, imploraresoccorso tra i , alcuni incantesimi,e cerimonie mercè loro, aprono le porte dellMnfernoa chiunque e traggono lo fanno scendere con sicurezza , e ne lo ri, di poi;Riputai dunqueottima sa co- dere impetratoda costoro di scencolà giù, io poteva andare dal Beoto vaiicinàtore Tiresia,e saperda lui,come e sapiente, vita,e quaqoalfosse U miglior le , avendo se si dovesse da scerre Mi alzai corsi a dunque, un certo lungae cizia colà,strinsi amichiamato Caldeo Metrosacri , aveva canuta veneranda petto. A forw di con assennato* sapiente (àhto di barzane,uomo ticinii, che uomo più presto che potei Babilonia. Giunto con una e un stento la chioma va- ed , barba,pendentesul tenni ote pr'eghiere suppliche da lui mercè quelpaga, 3i9 la chiese,che m'insegnasse cai mi meflto mio. Eglimi giungereall'uopo e cominciò mente primieradunque seco a condurmi tina a luna nuova, ognimatgiorni9I per lo spaziodi yentinove strada per prese , , fiume Eufrate, colà e voltato al Sol scente na- una bagnava profferendo lunga bene io capiva,percV orazione, cui non banditori nei égli,alla foggiad'inesperti certami pronunziavacon gran rapiditàe mi , , confusione - sicché pareva invocare qualche Profferite queste magiche parole, demonio. volte in faccia,mi tre e sputandomiper , ricondusse a viandante. Nostro atra casa, cibo pura del fiume era 1*erbosa le noci, eran latte,o mele bevanda acqua guardare alcun senza no* temperato colf Coaspo,e nostro to let- cielo scoperto. poifuron fattii debiti preparativi, terra a Quando al la mezza notte eglimi éondusse verso fiume Tigri, ed ivi mi purificò, mi pulì, e ' VCL asterse una con face accesa colla Scilla , ed altri molti tanto sussurrando iningredienti, i suoi magiciaccenti. Avendomi cosi incantato,e circondato di magia,perch^io fossioffeso daglispettri, mi ricondusse non tal qualeio era, camminando alP a casa ed indietro, il restante prepararcialla nostra della notte servi per Egli navigazione. 3ao per tanto iodossò noa certa magica vette, dei Medii,e a me detmolto simile a quella te in oltre nome , cetra una nandomi,che8e mio pelledi leone,ponendomi uoa pileo, questo non in mano, e qualcunomi domandava il rispondessi già Menippo , ma Ercole, Ulisse,od Orfeo. lìlonide. Perchè cosi,o Menippo? Io intendo il motivo ordi- non di tale abbigliamento, e di tai nomi. Menippo.Eppure la cosa è chiara e niente arcana, poichéquestidiscesero ancora vivi all'inferno prima di noi quindi il mio , , maestro, credette che ad assomigliandomi essi,avrebbe facilmente deluso la custodia di Esco, come ed io sarei passato senza persona riconosciuta , mercb ostacolo, un così Quando dunque fu abbigliamento. presso a farsigiornoscendemmo al fiume, ci occupammo della nostra e navigazione. strano prepacata la barca le vittime, il mele stemperato neir acqua utili al buon esito dell' e tutte le altrecose impresa.Avendo dunque fatto imbarcare Egh aveva pertanto , , noi preparate, c'imbarcammo in caldo pianto. pure, mestile sciogliendosi tutte le cose Navigammo sino ad un certo me, punto nel fiu- e nel Iagoin cui quindinella palude, scarica il fiume Eufrate. Quando avemmo si S2d che barca In terra rimanessimo non giàpienadi gente, e era poiché la $ ta tut- suonava di lamenti, attesoché tutti coloro eraa chi nelle 'gambe, chi feriti e fracassati, nella chi in testa , parte, chi nelP altra, una mi parvero gente, che venivano Il buon Caronte da qualchebattaglia. talmentechè la pertanto vedendo pelledel Leone, Ercole, accolse ci fece entrare ed ilmio me nella e dendomi cre- pagno, com- barca, e gittati tra- all'altrasponda,c'indicò pur anche la strada. Entrammo nel gran bujo.Metro^ barzane andava tenendolo ad un per la veste, gran dei finché giungemmo prato coperto d* asfodillo.Ivi svolazzavano ombre innanzi,ed io lo seguitava, dintorno a le stridule noi Inoltrandoci morti . alquanto pervenimmo al tribunal di Minosse. Era alto soglio;da una questiseduto sovra assistenti le vindici furie parte stavangli infestidemonj e le Erinni. Da un* altra gì* , , parte venivano con una a lui condotti lunga catena. gati molti rei le- Si diceva che ni, adulteri,torcimanni^ assassiadulatori,sicofanti,e tutta la ciurma questierano di coloro che turbano il mondo. Separatamente i ricchi,e gliusurai ventre podagonfio, poi venivano in volto, col pallidi e ciascun d'essi carico grosi , 9 di un collare'» 3a3 di e OQ (i)pesante due talenti. Noi guardandociò che si face* corvo dunque stemmo va, ed ammirabili straordinari Certi glistavatìo Tu ìlenippor ti dispiace non costoro. i nostri camminando FUonide. di Giove conosci ombre, che tori ora- accusando. Filonide. Per Tamor eia dirmi chi eran se in ior difesa. ciò che si diceva udimmo e sicuramente , corpigettano , quelle intorno al sole ? Sicuramente. Menippo.Or bene, questequandosiam ti , a accusatori sono , ed espongono noi,* testimonii e di contro ciò tutto pubblicamente fatto sulla che abbiamo mor- Molte terra. di se es- degnedi fede,poichési trovan si noi con e dai nostri corpinon maL Minosse pertanto diligevate- sembran sempre , separan esaminando mente le azioni di ciascuno,ne alcuni nelle sedi degliempii per rilegava esservi castigati dei commessi a proporzione ma delitti; piùaggravava la pena di co* dalle ricchezze, loro,ch'eransi lasciatiabbagliare ed avean^ preteso e dalle dignità, di essere adorati, poichéeglidetestava la il Ior fosto,ed il loro breve loro superbia, " , dimenticarsi d'esser nati mortali,e di ? I I : I II " ? . MI I I 111 II «? I II (i) tpeciddi «attigot"a i Gttti» Ili aver I ? ' WHl 3a4 beni mortali di tutte Ma ora qaesti eonseguiti. gliati sposplendidezzevoglio quelle , dire delle ricchezze loro , della loro nascita, del là^nudi impero,stavan messo un , e volto di« con richiamandosi alla memoria .come , la felicitàdi questo mondo oltre modo , e io mi rallegrava sogno che , , se del ne qualcheduno,me gli accostava ciò ch'era stato pian piano,glirammentava allorché in vita quanto si era gonfiato, conosceva , la mattina , molti fuori della stavan quantunque e sua ta porallontanati dai e rispinti» $ervicori aspettavano eh' egliuscisse , e sole che comparissefinalmente come un d* oro , di porpora essi, raggiante ad dinnanzi di mille colori , credendosi di e far felici, e beati tutti coloro,i quali dolo aven- salutato da lui la ottenevano , grazia di baciarlo sul petto, o ch^egli ro porgesse lola destra. Questipertanto sopportavano di maranimo V talimiei discorsi. Minosse ia frattempopronunziòuna sentenza Dio* con parziale riguardo, poichémentre da Dione di oigi Siciliano era accusato molti atroci delitti pei qualimancò poco questo , , che non , è molto fosse incatenato di passòAristippo stimato , e mera gettato alla ChiCirene ( il quale ed ha molta autorità nell' asserendo e lo liberòdal castigo» inferno), Digitized 5dby ^ Ua5 eh* egliera danaro suo protettore»col stato 9 di molti del mezzo eruditi. La* uomini sciando mo adunque il tribunale ci trasferimmio! luogodei castighi, ove, o amico al molte vedemmo cose miserande assai ; , a udirsi e vedersi gliurli di coloro che eran condannati al fuoco,le torture, i pesi primenti ople ruote« la Chimera che gli nava, sbrail Cerbero che li dilaniava. Ivi puuivansi al tempo stesso. Re, servi, satrapi, poveri,ricchi,accattoni, e tutti si pentivano , de* mali che conoscemmo ne ti di recente. , voltavano e essi di Procuravan costretti erano fatti.Nel darli guareh* alcuni eran mor"» avevano a dersi nascon- altrove la faccia,che guardarci lo , se facevano ed essieran e adulatoriamente, servilmente, tu sai,che ostenta i'a no queglistessi,come in vita tanta gravità Condouae disprezzo. vasi poi ai poverila metà del supplizio, e intervalli il lor supplizio dppo proporzionati ricominciava. Vidi là il favoloso Issione, Tantalo, Sisifo,il frigio in si deplorabile di nacque dalla terra tal gigantesca cupava statura^ che sdraiandosiocstato , e un Tizio ,. che intero campo. "]ietro,entrammo ove mm tutu trovammo nella ìnLasciati questi ronte, pianurad'Ache- i Semidei, le la rimanente Eroine, moltitudine dei 5a6* morti» che passairano il loro tempo divisi ordine, nazione per nazione, e aetta con per Ne aetta. dice Omero, e come funghìti, ^Itri af- e santi. quasicon- ri recenti, e tuttavia inte- erano i morti massimamente , alcuni vecchi trovammo Egizianiattesa imbalsamatura malgra** la virtù della loro , , facileil riconoscere do questo perònon era diveor poichétutti precisamente ognuno tano ugualitra loro dopo che Y ossa sono spolpate;ma giungevamo a riconoscerli fissarloro lungotempo gli con e con fatica, , , occhi addosso. Statansi costoro dell'altro oscuri più con aveano e , siccome se l'uno deformi', e e presso apnon ta alcuno dei beni della vi- molti scheletrìtutti uniformi ammassati nel luogostesso e parealanciarci minacciosi sguardi tà dalle caviti degliocchi mostraiidoci i denti scarni- erano no , , , io mi sgomentava tra Termite,dal distinguere dico Irò ria da dal , re me stesso bel Nireo, il men» dei Feaci ; ed ilcuoco Agamennone come ; mentre Pi- nulla rima- loro delle antiche distinzioni, essendo tutti quegli alcun ossi tra loro simili, senza nea segno che li caratterizzasse , iscrizione , indiscernibili da Nel senza alcuna chicchessia. ta la viguardare adunquesì fattioggetti, uomini mi parca somigliare ad una degli « gran festadi cui la fortuna faccia le spese rie ponendo in ordine ogni cosa , e dando va- ai convitati. Impefigure moltiplici rocché la fortuna prendendo tal volta uà e lo adorna uomo in e di rege insegne glipone , la tiara, glidà numerosi testa satelliti, fronte il diadema. glicingein servile. Orna dà aspetto tro « comparireavvenente Ad un al« lo questo per farfa quello ridicolo e brutto; ed a parer mio agisce sì, cofesta.Spesso per rendere piùvari^ quella al tripudio stesso per altro in mezzo cambia ad alcuni la non figura, di terminare veruno Io con quellastessa figura, cambiando ma ad o Policrate certo. la tra figurò di figura vo, ser- colla tirannide di veste quelMeandrio tempo incominciò; co^ abbigliamenti assumere di schiavo, e ne lasciando- sotto spettacolo cui lo i loro stringeCreso mentre , che sino ad , i servi , un do permetten- comparirein quellafigura per ta qualchetempo. Quando poi la festa è finiloro di , lascia il suo ognuno con qual era che lo per fortuna è il corpo esso prima atto vestimento senza , ancora aver e spogliando doventa , , differenza runa, ve- cuni dal suo vicino. Aldistingua dopo che la d'ingratitudine, venuta «araenti ch'ella , e avea ha ridomandato glior- loro concessi, si af- 9a8 come Si disperano fliggono. vesserò qualchecosa che , giàcome non ciò che se do» perdere se fosse loro pria prodovessero restituire fu loro dato aciimprestito , per tempo limitato. Credo che voi abbiate un duto ve- recitanti del teatro, i spesso i tragici qualia seconda dei bisognidel dramma , doventano Creonti ora " . Agamennoni che , e poco Tuomo avanti Priami ora stesso, se , fa d^ uopo, imitato aveva ora con gravitàla figura diCecrope,odi te Ereteo, nulla di meno dopo qualcheistanmolta , vien coinè comandato dal Poeta , si di servo e alla fine del presenta in qualità , ciascheduno delle vedramma sti spogliandosi dorate , e della maschera , «lai palcoscenico,va ed umile senza errando e scendendo tutto povero, piùchiamarsi Agamennone di Atreo, ne Creonte figlio di Mefiglio Polo figlio di Caricle Suniense, neceo, ma Sàtiro figlio di TeogitoneMaratonio. o Tali sono le cose degliuomini, secondo li vidi. quelloche mi parvero allorquando Filonide, Dimmi, o Menippo, quellich« hanno sulla terra alti e costosi sepolcri, colonne erette in lor memoria, immagini, iscrizioni son eglino neiriapiù de' plebei , fcrno considerati ? amico Menippo.Tu scherzi, mio. Se tu vedessi 850 do ciascuoo • e Palamede , V\ìm » Nestore, altro ciarlone coaversano actcoqaalche lui. Egliper altro ha tuttavia tumide ed dai bevuto volendo. enfiatele'gambe IIbuon Diogene;poise ne sta presso a Sardanapalo ed Assiri],a Mida Re de^ Frigii, re degli li e vedendoa molt' altri magnifici Signori, e licità rammentandosi Tantica loro fepiangere, se la ride e gioiscee spessissimo standosene sdraiato a panciaall'aria canta , con , forte e cruda voce, prirei lor lamenti che son , e in maniera da cuo* in modo, gì'inquieta costretti a cercarsi posto altrove, potendopiùsopportarlo. non Filonidcé Amico, su di ciò abbiam detto' ab^ bastanza. Ora narrami qualfu il decreto, che mi accennasti da tro primo emanato con- i ricchi. Menippo.Ben festia rammentarmelo, poiché dimenticandomi,che questo era appunto T n' era molto oggetto del mio discorso,me allontanato. Nel tempo adunqueeh' io stava fra i morti, fu da queimagistrati sta propo- un'adunanza, ove al ben molti comune. concorrere, verso trattare cose nienti conve- Yeggendoio dunque dato luogo,mi un frammischiai coi morti, e doventai uno gli de- assistenti.Ivi furon fattidiversi decreti, e fra gli uno altri, contro i ricchiaccusati di^ 35i pessimenìooU vale a dire,di prepottam ; di superbiadi disprezzo per tutti, Uno degli oratori si alzò finalmente e d*ÌDgiu8tizia. molte y , e lesse r appresso decreto. DECRETO. lonsiderando la 00 attentati degli moltipHcità le leggi, che i ricchi commettocontro in TÌta loro, strapazzando, do, violentaned in ognimodo la povedisprezzando ra no ed il popolodecretagente il consiglio , quanto segue: ricchi saranno morti, i Quando questi di tutti corpiloro »ieno dannati come quelli mandate gli altri scelerati e le anime loro rinel mondo, vadano ad alloggiare nei corpidegliasini,e passando in tal guisa da un asino neiraltro, portandopesi,e sofiVendo le percosse dei povericonsumino ducento eìriquanta miranni di vita, e poscia , sia condonato di liglìo Scelezione della Livadia fu loro il morire. Cranio Mesciense della Tribù tal quegliche profieri sentenza. Letto il decreto, fb tosto confermato dai Frosanzionato dalla plebe. e magistrati, si scosse e Cerbero latrò,esfendo serpioa , 35a questa la formalità che rende Yafidetà Tali secuterie le sentenze. dunqueapno e- le decisioni delF assemblea. posciaa Tiresia ( scopo del narrate mio viaggio tutte ) e dopo avergli le mie avventure, lo pregaidi dirmi qaal sorrìse nel!'ufosse la migliorvita ed egli diroy ( costui è un vecchietto cieco, giallognolo, ed ha una voce flebileassai ) Figlio Mi ' accostai , , mi disse : so il motivo della tua banza titu- cagionatadai sapientii qualinon parlano. Non. è per altro pensano come chMo ti dica tutto, poichéRadaconcesso lo proibisce. Ma manto No, glirisposi. mi dimmi, padremio, ti prego, e non lanciarritornar trai i viventipiùcieco di te ancora. Allora, eglimi trasse da parte molto lontano dagli altri,mi si accostò air orecchio e mi disse a mezza voce : La re migliovita è quella e la piùsaggia idioti; degli onde lascia d' andar piò oltre farneticando neir indagare le meteore, in far congettu* cotali filosofici re e disprezzando smi, sillogi, , , , considera per ciancie tutte le cose di Cerca principalmente, me coquesta natura. ponendo in buon ordine le cose tue pre** za sensenti,tu possa passare la vita ridei^do fissarti sovra eglisaltò di cosa nuovo veruna. Così dicendo sulla riva coperta di 353 era tardi,io dissia Meatfodillot e poiché trobarzane : vieni dunque, che più indugiamo, e non alla vita? torniamo Eglimi Menippo, risposein tal guisa: Coraggio o t* insegneròun sentiero facile e corto, e mi condusse in un prendendooài per mano più tenebroso mi additò da luogoancor lungiun languidot sottillume che penetrava , , , come da un buco di serratura, domi: dicen- è il tempio. di Trofonio, .donde quello scendono per della Beozia; sali dunque i morti rai e ti troveangusto sentiero, cotesto neir istante in Grecia. tai detti, e salutando grave stento sentiero , e non con su so 1 N a rallegrai il Mago, mi strascinai per la buca come vadia. F Mi M. di questo pervenniin Li* INDICE L L Le Il al Lettore. Traduttore Sogno OPUSCOLI. DIVERSI DEI . . sia vita di Luciano o 3 Pag. * 7 »» àlf incanto, 63 Filosofi 88 Pescatore^ o i Filosofi^risuscitatl. vite dei . . . w » Il Gallo Micille. e Adunanza degliDei. Decreto alla Timone il Diogene •. universale. felicità ... Polluce. . sia o j . Misantropo e Plutone . V Annibale Mercurio, Alessandro^ Achille 3 e Minosse 9 e Mercurio. . . e t . . 17$ w 178 » ai » 221 » 8 diversi morti . »* »" Antiloco » "» f . ......... 2ag aSi .«...."/ Filippo. Mercurio w e j Menipp^^e Cerbero e Trofonio. Menippo^ Anfilocoj Grate, e Diogene .^ Menippoj e 166 ^^saS Scipione Caronte, Menippo, e Diogene, e Alessandro , *f Me* contro accusa j Caronte l3o , nippo Alessandro » . . 235 242 246 248 » aSo » 281 ^^ a54 536 Tantalo MenippOj e Nireo , Ter site j Menìppo Eato , w JHeni^po. e 287 ••»..'/ JPittagora S"h e , , .«...•*••••• orate. eDamnipe, Sino/ante,e Callidemide Terpsìohe,e Plutone Diogene e Mausolo e Tantalo Jfenippo^ Diogene Antistene^ e Cro^e Cnimone^ * • - ••••••••» » aSp '* ^^3 »» 264 y# 266 '" 270 t^ 272 ^ 274 »" 279 , 9 Minosse ^ e Sostra^e * • Ercole Diogene ed Caronte • '»* 282 ,oi Cbntefltplantì Menippo ni^e* o la Negromanzia » é ...".. c^ tkS6 e • A' dby Digitized *# 2"5 Fì/o... 1/ 8x2