OPUSCOLI
DIVERSI
LUCIANO
DI
SAMOSATENSE
TRADOTTI
Dà
DAL
GRECO
panAiotti
UATIVO
DI
JAKKISA
ITALIANO
IN
palli
IK
BPXHO,.
)
LIVORNO
Presso Tommaso
\
Masi
s
CoMf.
^'
j
•"
.
1817.
VvJ
V^
''?'?-
}
Digiti
s
?•?'
iivoui mi
ra
jj^Aa^t-
.-.^f
••••
.•
•
•
•••
.•:.*••
•
r
3
AL
D.
la
LETTORE.
ite il proverbiogreco
:
quando
manca
ga:
grandinestessa è bene accolIn tot guisa mi lusingavaio che fosse
per essere accolta dagliItaliani la mia tra*
dazione dei dialoghi
di Luciano
poichécon
pioggia
y
la
,
mio
che qupsjto classico Au*
stupore credeva,,
torcy
questo
rinomato per
fosse statò
in
ini'i^àe^^^sofo'fì^eefiki.ta
sua
non
critica,,
Virtgéj^nosa
credenza era
tradotto^ Qniti"i/c,
alimentata
me
veduto
dal
non
àpjsìlq
^asi
mai
citato nei
Italiani da
pqchi,x(^s:sici
letti. Potei dunque facilmentepersua^F
me
utile traducen^
dermi
che avrei fatto cosa
sì difficile
dolo io
osai addossarmi
un
e
impegno tra me dicendo : che comunque
riuscito fosse il mio Uworo
sarebbe stata
novità per la Repubblicalettera-*^
sempre una
,
y
,
,
ria
Italiana,
rimaneva
de' dot ti.
molto
e
da
da
questa circostanza
mi
sperare il compatimento
'4
^
-ST accìnsi
dunque al lavora e ad onta
delle immense
che incontrai nelV
difficoltà
astruso
impegno non mi perdei di coraggio.
che la
Nulla
mi glossòla circostanza
maggior parte delle,opere di Luciano fosse'
^
^
^
^
i materiali
state
ro
delle
mie
lezioni attor-
quando nei miei vetd^ anni studiava la lin^
degliantenati miei. Conobbi ben tosto
gua
io inteso Luciano^ e qi/tàh'
guanto poco aveva
tp podo,9veramente^
inter^dersi pub un tan^
ro argjit.o
Scrittore dai giovaniadoles,cmtL
Mi convenne
adunque piìi e più.volte
il vero
logorarmiil cervello , onde afferrare
del testo
senso
e trovare
equiva^
espressioni
,
Dovei
lenti inm^It^aìiang.
per così dire^ tor-'
^
^
nare
in* tì!ììai:ro'
sd i ìnici àH^i
studii^ e
Rictrfii perciò alla
si^,anie,ri/
c"zre, aiuti
cer*
trw
suddetti
in
letifiriiléilè}
iiéaloghi
linguagfeca^^vqigàr^^
fi quella latina^ che
nelle clasHcli^'^jt^ìpnì
mol accompagnare
duzionjB
a
finalmente
quella delV Abate
Massica
che da
in lingua francese ancor
questaultima poco profitto
potessitrarre
essendo
che una
non
parafrasilibera ntplto^
il
testo
^
e
,
,
come
a
dir
vero
,
sono
le
tutte
traduzioni,dei
Francesi.
Dopo una lunga incalcolabilfifatica
del Sogno
la traduzione
quando ebbi finito
^
^
o
sia della vita di Luciano
j
dei suoi Dialo*
ghi dei
morti
tioniy dubitai
di diverse altre
e
,
che mi
de
al
italiano
verso
e'nàsce
"9
corrispon*
poco
i monti
Partoriscono
»
la
f
topo,v
un
Nonostante
,
che la mia
stesso^
potesse adattare
pressòa
che
greca sentenza^
si
proda*
sue
io
dìcev^ sempre
traduzione
me
a
sarebbe
co/n-
patita perchè era la sola. In gran parte per
altto vidi dissiparsi
tincor
questa mia lusih^
la fortuna di co*
avuto
poiché avendo
ga
in Livorno
Cammillo
il Sìg,Conte
noscere
j
j
Lecchi
ben
uomo
,
noto
de^
nella letteratura
tempii seppi da luì cìfCio era stato
dà lui meii esimo
preceduto non solamente
egregiotralduttore dei Dialoghi delle Corti*
quel che era peggio dal Conte
giane ; ma
del nostro
Gasparo Gozzi altro traduttore
nostri
^
,
immortale
mi
Samosàtense*
sgomentò
Lecchi
ebbe
invitarmi
Ho
che
non
anzi
a
un
là traduzione
nota,
e
se
dopo
tante
,
ogni anno
sempre
ma
bene
il
j
,
Gozzi
^
quantun-
è posuperiorealla mìa
chissimo
di
mani
pochi
gira per le
,
e
^
sici
declas-
eccellenti traduzioni
che t Italia
Greci
no
,
del Conte
cjue sicuramente
tale annunziò
Sig. Conte
incoraggiarmi ed
proseguire il mio lavoro.
tal consiglio riflettendo
poco
bontà
d^
la
ascoltato
Un
possiede,se
comparire delle nuove
accolte
,
dissi
ne
veggo»e~sori6
^
trarrne: perchè
6
lusingarmiancK io di una uguale
accogUenza e compatimento ? Continuai
dunque a limare il lavoro giàfatto;ma ria^
fion
posso
,
perte le strade' al (:ommercio doi^ettìper necessità abbandonare
il pensierodi
affatto
Luciano,
Ogni momento
per altro io mi
dinanzi agli occhi i quinternida
,
deva
^scarabocchiati^
e mi doleva
assai
sì del
che della
ve-me
tem^
fatica inutilmente perduti 6
non
finalmente
potendo piìioltre resistere
alla tentazione^ mi determinai
a
riprendere
in mano
il mìo lavoro " e quanto per me fat
pò
,
si poteva
j
,
emendarlo.
Eccolo
fe tale lo
quale mi è riuscito
illuminato ^ acciocché a
presento al pubblico
sua
posta lo compatisca o lo condanni
«
che dal canto
mi sot^
mio anticipatamente
,
,
topongo olla
sua
sentenza^
Fanaiotti Palli*
7-
OPERE
LUCIANO
DI
SAMO$ÀT£NSE.
SOGNO,
N,
Olì era
O
SIA
VITA
LUCIANO^
DI
passato molto tempo da che
era
Ì9
giunto air adolescenza,quando cessai di an*
dare alla scuola. Mio padreconsultò gli
amici
gnare.
suoi intorno a quelloche dovea farmi inseIl maggiornumero
di essi opinò chò
la carriera letteraria non
solo esigevauna
bile
grandeapplicazioneed un lasso consideradi tempo, ma
una
non
cola
picspesa ancora
,
,
,
fortuna*
splendida
ed una
d^ altronde,che
Rifletterono
esondo il nostro pa^
di pronto aiuto» se
trimonio, e noi bisognosi
avessi imparato
arte
meccànica, non
qualche
tenue
solo avrei potuto trarre
p
cessare
nelFetà
famiglia,
da
sognevole^
questa il mio bi-
d^ essere
in cui
era
a
carico della
pervenuto, ma
sollevare eziandio il genitorestesso
co' miei
guadagni.
Fu secondariamente preso in considerazione
la più facile
qualfosse Tarte migliore,
ad un itoni
la più conveniente
impararsi,
liberò,la più pronta ad esercìtafsi,e finaU
Ciascuno
la più
mente
capace a dar profitto.
ad
lodando
dei consultati,
a
ftno
talento
,
a
e
conda
se-
sua
d";Ila
periziaqueirarte che piùgli
piaceva mio padrevoltos^i al mio zio mater-»
putazione
no, che era là presente, e che godeva la ri,
,
di eccellente statuario,
è
scultore
più valenti,e così glidisse! Non convìe*
che qui prevalgaaltr^arte,che la tua, ^
ne
séndo tu presente. Quindi additando me gli
e istruì-^
soggiunse: prendicostui per allievo.,
i
tra
scilo,onde
di marmi,
riesca
ma
lavoratore
e scultore
compositore
che; poiché,come
naturale
talento
solo ottimo
non
ben
sai, avendo
pur
an^
egliun
facilmente
per là scultura
,
Mio padre argomentava così
potràimpararla.
dai puerili
le
miei trastullidi cera
giacchénelmie di vacanza
ore
quando era in libertà,
,
,
io solea raschiare della cera, formarne buoi ,•
che a parer di
cavalli,
e affé uomini
ancora,
if)io padre eran
Così
prima
dcj
da
ch^erano
trastulli,
queipuerili
motivi
percosse
incito ben fatti.
per
ù\t
di ricevere
dai maestri, ridondarono
fui detto
questa mia
non
stati
poche
in mia
lo-^
giovinedotato d'irrgegno,e
pite
creatrice, concedisposizione
furono ottime
speranze de' miei solleciti
nellascultura.Ai tempo stesso parprogressi
9
io cominciab»
quelgiornoperch*
propizio
ad^impararel'arte. Fui dunque consegnato
ve
pei dir il vero, la cosa non ini di*
spiacqueptìntq, poichénoi paxea di andare
ricreazione^
incontroad una non dispiacevole
motivo di osteutaxionefra i miei coe^
e acl un
Dei^
tanei, se giugneravessi potuta a scolpir
allo ilo,
e
e
fabbricare idolctti"aDto
a
per
mi piacevadi
ai quali
quelli
per
Accaddemi
per
tatito
quanto
me,
darli.
ciò die è stolitoai
poichélo «io avendomi dato
principiami,
mi ordinò di percuoterepian
uno
scalpello,
tasi
che ivi trovapianinouna tavola di marmo
il proverbio:
ripetendomi
II principio
siati la metà dell*
opta
,
'/
w
avendo percosso
pur troppo inesperto,
la tavola con troppa forza , la spezzai,
lù,
e
lo zio
un
irritato,aflFerrando
tutto
che colà si trovava
è noh
riguardo,
che
imente
ben
bastoiie,
percosse senza alcun
da amorevole maestro
; talfurono i t)rincip|
lagrimosi
,
mi
dell'arte mia.
Fuggendo^sto da liii continuamente
singhiozzando,
cogliocchi pregnidi pwnto,
,
tornai
e
bi,
mia,narraìle bastonate ch*io eb-
a casa
mostrai i lividi delle percosse,
non
declamare
contro
dello zio,e soggiungendo
dall'invidia
che trasportato
, egli
in guidasi
trattato
crudele,per timc^
,
m'avea
f inumanità
senza
zo
lifeirarte
a. sorpassarlo
pervenissi
della scultura. Sdcgnossi
forte mia madre
tello.
frae vomitò
suo
contro
non
poche ingiurie
Giunta che fu la notte
mi coricai cogli
occhi sempre
e là scorsi tutta
gravidi pianto,
pensando.
che
re
io
,
,
^
Se quanto vi ho narrato
sino ad ora, ha
r aspetto di cosa
e ridicola
quello
puerile
,
,
ch'io
son
non
più seria
tare
per dirvi adesso^sarà tale da merila vostra
vostro, ma
giàil disprezzo
attenzione
,
giaccheper
dirla
come
Omere:
»"
M'apparvein sogQo
"
Divino
nelfambirosia
notte
sogno.
nii si mostrò
{Igli
tale evidenza,che
con
nulla
mancavagliperch'io lo credessi cosa
che tutta
reale;e tale fu la verosimiglianza,
presse
via, dopo tanto tempo, sonmi rimaste imdi coloro, che
negliocchi T effigie
mi comparvei^o d'avanti,
mi
la loro voce
e
orecchi tutt' ora.
echeggia
negli
Parsemi
.vessero
a
viva
dunque,che
due
donne
mi
a-
afferratoper le mani, a se traendomi
forza ciascuna,e che poco mancasse
che
disputandofra loro non
squarciato poichése 1' una
,.
di me, e
per un
air istante
^
l'altra,
momento
mi
ne
*
rimanessi
s' impossessava
teneva
a
se
to
tut-
dopo tornava a riprendermi
gridandoelleno^fra loro una dicen,
IX
do volérmi
cosa
come
L'altra
possedere.
sua
; che
ingiustamentequellavoleva
ripeteva
di coloro che non
impossessarsi
no
appartenevadi robusta arV una
tigiana
a lei. Avea
l'aspetto
9
chioma
squallida
abito
mani
e
,
in
callose,
e succinto
polveroso
qualera appunto
quellodello zio quando dirozzava i marmi.
»
L'altra
avea
aspetto
una
dignitoso^ed
sopravveste modesta.
una
Lasciaron
il decidere
La
donila
con
faccia molto
finalmente
qual di
robusta
e
a
avvenente,
lo
me
scerre
un
e
,
loro volessi andare.
virile ,
fu la
prima
a
dicendo:
Io sono
o caro
prenderla parola,
la Scultura cui jericominciasti ad im*
figlio
della casa
parare ; arte propriae famigliare
Tavolo tuo materno,
(e ne
tua, imperocché
il nome
) e i tuoi due zii furono scul«
proferi
tori e mercè mia godettero
alta riputazione.
Quindi se vorrai allontanarti dalle ciancie di
costei ( additandomi
T altra donna )^ seguitarmi
,
,
,
e
meco
rimanerti
nutrìjrai lautamente,
e
,
non
solamente
ti
robusto
di
diverrai
dai rimorsi dell'
schiena, ma n'andrai scevro
invidia altrui,e non
tanarti
sarai nel caso
di allonTutti ti
genitori.
loderanno pertanto non
discorsi,
ma
pe'tuoi
Tab*
per le opere tue. Non ti faccia.ribrezzo
bietta mia figura,
le sucide mie vesti,imperocché
djnsiflattacondizione emergendora-^.
dalla
patriae
dai
la
pidamente
Giove
Fidia
,
nella sua
Giunone.
sua
oflfersealla
vista
nostra
fece la
: Policleto
grandezza
fu lodato
Mirone
,
fu ammirato
Prassitele»
e questi.
oggidìcon quelledivinità
adorati. Se dttnque
stesse sono
tn pervenissi
ad eoiularli
perchènon diverresti tii pure
celebre presso gliuomini tutti in modo
da
far invidiare la sorte di tuo padre,
e da tende*
,
,
illustrela
re
patriatua
Siffattidiscorsi
,
?
e
mente
molti altri bàrbara-
anzi balbettati fecemi la
pronunziati',
Scultura, connettendoli con socbmo
studio,
e
affaticandosia
di maniera che
persuadermi,
maggiorparte delle sue parolemi son fog*
la
dalla mente.
jgite
Averido
no,
e
o
costei
cessato
di
minciò
parlare,co-
r altranella
seguente maniera; loso*
la Scienza,di cui sei giàpraticò»
figlio,
che ben
ti è
nota
,
riòiiin*
tu
quantunque
abbia per anche à piengustata. Qualisìeno i
beni di cui godresti
stei
se scultore ti facessi^ cote
ne
ha
già avvertito.
Altro
saresti
non
mai, che Un lavorante affaticando col corpo,
e affidandosovr*esso
ognisperanza della vita.
Essendo
tàrti ,
tu
guadagnandopoco,
é
bilmente,
igno-
umile nel pensare, vile nel preseninetto a patrocinare
bunali,
gliamici nei Trinon
*dai
oscuro,
temuto
dai nemici,
altro non
concittadini,
non
sarai ^ cht
bratnato
un
arte-
i3
fice bracciante
della
plebe sempre
timido coi ricchi,psseqniaQ^o
chi sa parlare,
menaisdo
la vita della lepre,e finalnnente
diventando la.predadei piùpotenti.
Quando
Fidia
ancora
a fartiun
nuovo
tu perveOiàii
o. Policlette ed a compire
opere mirande
loderebbe V arte ;. ma ninno tra gli
ognao
,
un
uom
»
,
,
astanti ,
serti
se
,
ha
senno
,
desidererebbe d'
uguale poichécomunque
,
abile
tu
es*
fos*
si , saresti sempre un abbietto e meccanico
arteficeviyente col lavoro delle tue mani.
t'
ti consacrerai
^^ a me
j^iroppostor,
non
poche illustriopere ^ e mirabili
insegnerò,
Ti spiegherò
a.^ioaidegJ4antichi personaggi.
dipoile loro arringhe,e facendoti in somma
abbellirò V anima tua
esperto in ognicjosa
(lo che è il piùimportanteper te) di moUif
ornamenti, vale a dire di modestia,
ed^^gregi
di giustizia,
di pietà,
di mansuetudine, di equità, di saviezza, di tolleranza, di aiipore
pel b^ne, dMncIinazione alle cpae onorevoli,
dell'9nÌQ)a Qostra
siffatte
sono
poiché,
qualità
,
,
incorruttibili""rnamenti.
NuUa
sarà nascosto delle pose
ti,
già avvenute, né di quelleche convien fare
attualmente ; ma
sapraiantivedere eziandio
Hiercé la mi.^ direz^ione,
le future,e in poco
tempo finalmente,t^ insegneròtutto ciò che
vi è d' upano
inoltre
,
^
di Divino.
GoQgle
»4
Non
passeràgaari che tn altualmetite
di un tale ignoto,tu che ti set
povero, figlio
fatto dare qualcheprincipiodi così ignobil
,
sarai emulato, invidiato,onorato,
arte,
dato,
lau-
celebrato. Sarai con
per illustricose
da coloro, che pernasciomicizia riguardato
e
Indosserai
superiori.
la sua
simile a questa ( dimostrando
veste
sarai ripittato
molto splendida),
degno delle
e cariche primarie,e se
viag-^
magistrature,
gerainelle straniere contrade, non vi gtun«geraidel tutto ignoto,ne privodi fama; im«
perocchéti cuopriròdi tali insegne,che eia-,
il suo vicino ^ ti
scuno
degliastanti muovendo
additerà dicendo : Questi è colui. Se vi sarà
ressi
qualchecosa che meriti attenzione,che integliamici o anche tutta la città tutti a
te si rivolgeranno;
sa,
quindise dirai qualchecota
ricchezze
o
sono
a
te
,
,
molti ti ascolteranno
,
del dire
,
e
e
Ti concederò
stare
bocca aperta,
mirando
am-
riputando felice te per la forza
tuo
padre per così degno figlio^
finalmente queirimmortaUtà
,
che tutti dicono
,
a
essere
poichémorbido
fra i dotti
,
e
di
a
taluni uomini
s^ncora
.conversare
non
cessa
con-
cesserai di
cogliotti«
mati.
Sai tu di chi
era
Demostene?
figlio
e
a
qualealtezza lo condussi? Vedi tu Eschine,"-"
gliodi una senatrice di cimbalo,ma per altra
i5
fa
mia
mercè
da
accarezzato
te
SocraFilippo?
fu educato alla Scultura,ma
ancora
il suo
potèdiscernere
a me
fuggendo
ne
do
quan-
meglio, da
quella
grado.Odi
disertò di buon
egliè da tutti esaltato? Ma se
renunzierai air esempio di uomini tali,e tanti,
ad opere così illustri^
a sk graviarringhe
a si decorose
aglionori, alla gloria,
apparenze
alla lode ai primiposti,air autorità ai
quenza,
privilegialla considerazione per la tua eloair essere
peltuo senno celebrato,ti
tu
adesso
come
,
,
,
,
,
ridurrai ad
servile ,
umili vestimenta,aspetto
il
lo
vette
maneggiare
scalpello^
,
assumere
a
ilsarcbieilo
l'accetia,
ro
e
ad
,
ad
mai
veruna
e
stare
abbietti
avere
essere
,
vili
pensieridesìderj
senz* ergere
ogni maniera volgare,
in
la
sul lavo-
curvo
testa
,
e
,
liberale
che
,
grande. Sarai
mai
senza
e
degna
^
pensare cosa
sia d' animo
occupato soltanto
le opere
ed ornate
eleganti
tue
,
rendere
a
curarti
senza
ed ornato, apelegante
delle pietre
zi diverrai piòspregevole
stesse.
mai
d'essere
tu
stesso
parlavatuttavia,non aspettandoio la fine della sua arringa mi
lietopassando
mi decisi,e tutto di me
alzai,
Mentre
colei
,
dalla parte della Scienza
,
voltai la schiena
a
quelladeforme artigiana tanto più che in
mi si affacciarono alla mente
lo
quell'istante
staffile,
e le non
pochepercosse che mi ave,
,
,
j
ì6
il giornoavanti appena
procacGÌate
ìq incominciato ad imparare.
avea
va
L'Arte vedutasiabbandonata dette
fd
nelle furie
tratto
un
,
tutta
grignò
di-
battè le mani
,
ventò
dii denti, ed ,in6ne condensandosi
ubiamo essere a Niobe
marmo
con\e
,
accaduto; e
ciò fu mirabil cosa,
«e
mi
non
perchèi «ogni
negate pertanto credenia,
ci
presentano còse portentose.
fisso
guardandomi
Scienza
La
„,„^adire: Voglio dunque
nai
cosi
,
ncompensam
l-to bell'atto d. giustiziag.acchè
Slr
So rettamente; quindi
Tal
,
t«o
veni
Hat
cKo
lf
filli
sa
'»
san
t,r.
da
o
VUOI
,.
^
,
,
cose,
m
«5
segai.
^^^«^.^
ì cavai
e
j
uno
additandorae«e
aaaiwiiu"
il Pegaso ) se
come
«ì^'f'^'f*;
quante
quali
Sollevatom,
«ioni
.
conoscere
1a
j^
...
,„„
^
cocchio
OUMtO
^"
e
meco,
.
'»
redmi
fra
le
mani.
^^jr'^J^Zr^
città,
na-
all'Occidente
»'j°
?°*^^„ee
popolidall
Oriente
;
a.„*,mid*.err,n.nodav."».«.c".p
..«.a.
loawo
.
mi vi
ricorda.»noo
piùm
i8^
circostanza di
essere
Quei racconto
anzi
circondato dai nemici*
conteneva
cosa
qualche
utile , ed io appunto vi ho narrato
acciocché gliadolescenti si
toro
ne,
il mio
di
gno
so-
a)
rivolgano
aUe lettere urna-*meglio si applichino
la carriera della Sapienza;
e
seguitino
»
massimamente
se
alcuno
tra
voi,costretto
dal"*
la
al peggior
e
partito,
povertà,s^appigliasse
nasse
degradandocosì un ingegnonon vile,incli-
alle
mia
son
cose
certo
abbiette.
che
Udendo
la favola
a* incoraggirà
églipure«
rando
esempio,consideio appigliar
mi seppi
bramai glistudii letterari!
la povertàche allora
senza
temere
opprimeva, e qualeritornai posciaa voi $
costui me
Propongasi
qualeessendo
alle cose
migliorie
per
,
3
mi
se
non
altronon
piùoscuro
FINE.
di uno
Scultore^
LETTERATI
DEI
che mercè
un
salario
Q.
uali ti narrerò
amico
o
,
io per
,
provan
nelle
stipendiati
case
In fatti conobbi
col
e
abbia
e
mai
Dio
me
non
ne
che
una
necessità di
tenga lontano
che
,
Alcuni
menata
ebbi mai
pochi di coloro
tal destino
a
assoggettarsi
aia
quando si
quei grandi?
d'amicizia,
,
poichénon
farne la prova,
vivono
quasitutte le
ad essi. Non
è già
,
,
di
nome
molte,
sciagure che accadono
simil vita
che
,
altrui,anche
(seppur chiamar si può
ilservaggioloro).
eh* io
sofferenze che
coloro
onotati deir amicizia
per dir vero,
famiglie
prime» e qualiper
delle tante
necessariamente
veggano
nelle
vwqno
Ricchi.
de
ultime
,
me
troVavansi
hanno
;
dovuto
le hanno
tuttavia
contate.
rac-
in
situazione, deploravano
quella disgraziata
amaramente
le
tante
e
si varie
sofferenze da
scampatida una
rammentavano
con
carcere
piacere quello
con"«
sofferto,
e si rallegravano,
die avevano
essi
come
provate;ed altri,
so
siderando
i mali
ai
qualisi erano
degnidi fede
uomini
Questi erano
per còsi dire, hanno
hanno
sottratti.
e
,
poiché
passato da
per tutto ,
sino alla fine.
visto dal principio
tutto
Gli ho intesi
attenzione
,
dunque
quando
naufragio,e
non
,
senza
raccontavano
curiosità
come
e
un
miracoloso
scampo
ad essi accaduto. Così fauna co-*
come,
quanto era
loro che stanno
dei
uno
colla
testa
rasa
sulle porte
espressioni
commoventi
le tempeste furiose di mare,
gli
le vele
scogli,le merci gittatenelle onde
timoni, e finalmente
squarciate,
gl'infranti
dei Dioscori,(que^raccontano T apparizione
ste
le proprieDivinità di sì fatte tragesono
die
air
che venne
) 0 di qualchealtro nume
ne
improvvisoa posarsisull'albero,
o sul timomolle
il naviglio
una
verso
sospìngendo
lentamente^
spiaggiaove potesse naufragare
così dar tempo ai naviganti
e
di uscirne con
dalla graziae misericordia
sicurezza,
protetti
divina. Recitano dunque costoro
tutte
queste
onde ottenere
gran cose nel presente lor bisogno,
dalla maggior parte degliastanti,quei
soccorsi che si convengono
ad uomini infelici»
cari al tempo stesso agliDei. Ma coloro
ma
tempii,
descrivono
con
,
,
,
che
raccontano
le tempeste
che si possono
narrando
decuple,
se,
dire
come
sofferte nelle
ca*
quintuple e
triple,
nel primo della loro
,
sembrava
il mare
tiàvìga^ionè
sofferto nel
hanno
quanto
e poi
placido,
viaggioper
per T inondazione
T infelice lor
come
del mare,
pelvomito,
nalmente
contro
fragato
scostesa
si
il necessario.
cose,
si
come
come
e
dianzi
per vergogna,
siffatte società
che in
trovo
annoverate
che
ancora,
stancherò
i loirodiscorsi ^
s' incontrano
abitano
comodi,
candido
6
le
ed altre molte
j
,
che
non
mi
imperocché
da
molto
gli
parlammo, e che uno desiffattoservaggio,
chiamando
ne
felicicoloro, che oltre T amicizia
Romani,
ture.
sven-
far questa vita, giacchéla
a
astanti esaltò
siffatte
volentieri A
Timocle,
ravvisato
aver
che
prima volta
buon
o
tutto
delle loro
di raccontalrvi
miri
tu
tempo
io,
d^
sembrami
e
sventure^
mai
fi*
tando^
nuo-
di
dico, narrando
maggior parte
su
congetturando
io
slento
a
mancanti
trovano
la
dimenticano
Ma
salvati
son
Coloro
nascondono
e
naviglioè naù"^
pe
ruuna
scoglio
sott'acqua,
uno
,
la sete^
dei
gododosenza spesa cene
Con
e
agiatipalazzi,
le mollezze
cocchio;
dagno oltre queste
non
cose
che
tuose,
son-
tutti i
viaggianosdraiati in
ti parve piccolo
gua«*
,
ottenere
compensa
ulterior ri-
d'amicizia, e di benefizii da
poichédicevi
gnati
ma-
ogni
cosa
ro;
costo-
germoglia
vuto,
doch'abbian
per loro, senza
faticare,e coltivare la terra. ^Quando
evidentemente
ed altrisimili difcoìfdi
dunque udivi questi,
^
io ti vedeva
ansante
di
verso
bocca
Perciò
il boccone.
contegno
a
e
te
non
ghiottire
aperta per inaffinchè il mìo
,
giornoes^
un
possa
debba dire che vedendoti
tu non
e
redarguito,
sì periglioso
te
non
amo
inghiottire
Tho impedito,né tratto fuori prima ch'egU
di pre*»
s' incastrasse nella gola',
e che invece
venirti ho aspettato di vederti quasiesanime,
rer
,
,
e
strascinato
a
di tirar
cerca
tuo
io
fuori, mentre
indolente
sul
stésso, che
forza dalFamo
inutile
ed
caso
;
me
affinchè
ne
tu
come
sto
non
si
tore
spettaa
gere
pian-
abbia
a
di me
lagnanzecontro
dì tnali
ancorché
tutte giustissime
lagnanze
che diconsi inevitabili e rimproverarmi
ver
d'adi prevenirtene;odi ogni cosa
mancato
da principio.
Considera con
pacatezza d* ani-^
del passaggio
la strettezza
mo
e
queiramo
,
i suoi curvi ganci non
dalla parte interna e
considera la
in mano;
nascosta, ma
prendilo
le triplici
sue
dell'aculeo,
parte esterna
pua*
te
provalosulla tua guanciaenfiata e éé
sì
profferire
fette
,
,
,
,
,
,
non
ti sembrano
acutissime
e
difficilissime
ad
si atalle ferite;se non
taccano
evitarsi,
e
perniciose
forza, e non si strappan via con
con
violenza,annoveraci pure tra i vilie tra quelli
che
per viltà appunto
fame,
e
divenendo
tu
morir
si lasciano dalla
la cac^
ardito,prosegui
eia
V adqo
inghiotti
e
9
voltolo. Tutto
la sua
còme
questo
discorso
predaTav*
sarà da
forse genericamenteper
profferito
ma
consacrata
ai musici, ed
a
,
la loro vita
vi dottrine. Gioverà
no
tua
causa
che hanno
ai filosofi
anche
gioverà pur
me
a
delle gra-*
all'acquisto
ai grammatici»ai retori»
tutti coloro che condiscendo*
vivere nelle
case
altrui
»
ed
a
ricevere
stipendioper istruire glialtri. Siccome
dunque per lo piùquelloche accade a Uno di
è comune
costoro
e ugualea tutti
egliè ma»
uno
,
nifesto^chenon
a' filosofi;
anzi
accadono
cose
ridonda
ne
buone
neppure
loro assai
vefgogna quando ottengono dai loro
più di
padroni
quei premi!stessi che sono ottenuti da tutti
alcuna maggior distinzione
glialtri,senza
Poiché dunque il filo del mio ragionamento
di questi
mali » è
la causa
tende,a sviluppare
giustoeh' io mi rivolga
primieramentea par*
lar di coloro che ne sono
gliagenti, e quindi
dei pazienti.Né temo
già biasimo alcuno ,
«
a
meno
che
non
si
tacita,e la franchezza del mio
vano
il voler
la
vogliacondannare
ve^
dire. Sarebbe
distorre da simili
impieghiil^
volgo, vale a dire, certi abbietti maestri e
ramente
adulatori imbecilli,
nomini per se stessi vevili;poichénon sarebbero mai per*
biasimo
sùasi dalle mie parole,né meritano
abbandonano t loro protettoriquan*«
se
non
,
tunque
siéno
ne
f
grandemente strapaa"t;atì
giacchésimil gente è fatta apposta e merita
vi è cosa
anzi non
veramente
glistrapa^tzi
clinazione.
maggiore attività e inper la qualemostrino
da questa
Se taluno li togliesse
»
»
,
di vita
genere
mente
immediata-
diventerebbero
,
inesperti,
pigri,ed inerti; talmentechè non
ingiù-*
par che patiscanonelP essere
riati, né che altri gringiurii,
più di quello
che sMngiurii,
si suol dire, T orinale
come
dentro. In fatti costoro
entrano
pisciandovi
nelle
tale
,
infamia,
"
e
scienti di dover
altrui
case
e
T uffizio loro è
Quindi come
tacere.
filosofisoltanto
conviene
sopportare
frire
quellodi sofgià detto pei
ho
aflPaticarci,
procu^
rando
di distornarli
per quanto é possibile
condurli al vero
stato di libertà che all'uomo
conviene.
e
ch'io farò bene, se, discùsse
le cause,
abbracciano
un
per le qualicostoro
tal genere di vita dimostrerò
esser
non
ste
que,
né molto urgenti,né in alcun modo
cessarie.
neFarmi
In
scusa,
al
contro
ad
numero
tal
la
guisasi preverrebbe
primo argomento
di
una
delf andar
servitù volontaria.
costoro
la
allegando
Il
loro
essi in*
maggior
miseria
,
e
la
ciente
suffidi presentare una
di sta
il tenore
ragioneonde scusare
queloro vita,e che basti ildire che fanno cose
necessità, credono
degne
di
compatimento procurando di
Digitized
dby
nerK
e
in
povertà,e raddolciscono alquattto^
invece
se
dicarla intetamente.
1
i veri mezzi
trovassero
E
onde
sra*
appurato per questo
,
forse,come
bisognerebbe
Teognisuggerisce
de
che si precipitassero
nei profondiabissi
dei mare,
ma
o dalle rupi più scoscese;
se
,
^\
salariato
e
\ \ colui , che è povero, meschino
di potere con
\ \ s'immagina
queltenor di vita
,
\\schivare ia povertà, non sapreicertamente
ì^me non concluderne, eh' egli cerchi d' il\^laderestesso. Dicono altri che la povertà
.
se
,
inè
gli avrebbe spaventatise fossero coalle fatiche,e se pogli altri avvedi
tessero
faticando,la sussistenza;
guadagnarsi,
che essendo, per
fiacchiti
ma
quanto dicono, già indalla vecchiezza, e dalle malattie»
hanno
abbracciata quellacondizione
servile come
più proporzionataalla loro debolezEsamina or dunque meco
za.
cono
dicostoro
se
il vero
se
guadagnano facilmente la
loro sussistenza,e se anzi non
faticano più
deglialtri. Certamente sarebbe desiderabile
sen*
quellacondizione in cui senza
affaticarsi,
za
prendersialcun pensiero,si ricevesse pronta
non
,
,
mercede
in contanti
è chimerica
; ma
del tutto,
siffatti
impieghisente di aver
ne
questa condiziochi
pervienea
gno
ancor
più bisopoichéognigiornoha
di robu'jta sanità ;
infinitimotivi di macerarsi
e
il":orpo
y
e
di sof-
^7
frirefino all'tiItitDa
Ma di
dispemiione.
parleremoa
delle
ragionato
questo
suo
mo
altre loro
tutto
quandoavre*
difficoltà
e pati*
tenopo,
menti. Easta per adesso ildimostrare che
che dicono di
sinceri neppur quelli
sono
Venduto
stessi
se
Conviene
pel motivo
donque
dire
,
ed
è
non
airer
sopraccennato.
anche vero ,
lo confessino mai, che
non
quantunque
il lor cacciarsi nelle case
altrui , non
ha altro
essi
motivo, che Tamor
del
godimento,e le mol*
loro speranze ; attoniti poi nel vedere
tiplici
la quantitàdegliori e degliargenti e resi
beati da laute cene
e da altri godimenti
spe*
di poter quanto prima ancor
essi bere
rano
d'oro. Queste
in utze
ostacolo veruno
senza
le lusingheche dallo stato di libertà li
son
,
,
alla schiavitù,
e la
conducono
cose
necessarie
pretesto
delle
,
per
,
non
delle
mancanEa
è in bocca loro
coprireil desiderio
,
che
un
invidioso
Non
e delle magnificenze.
superfluità
,
sarebbe
cosa
da biasimar^si poi tanto,
che
un
dei
piacerisopportasse qua«
di farlo se
concesso
lunqnecosa ; anzi siagli
veramente
egligode,e si occupipure piòche
di ogni altra cosa
dei mezzi onde pervenire
ad un
il vender se
tal godimento. Benché
de^ piaceri
sia veramente
stesso
co*
per amor
Èn vile,poichépiùdolce é assai il goderedel*
la proprialibertà,
li compur nulladimeno
uomo
per
amor
,
a8
vi
patireise
volta
una
pervenissero
; ma
ii
molestie per la sola speranza di
giorno, a me sembra ridicplezz^a
soffriretante
godere un
e pazzìa tanto
vera,
più poi quando veggo
che quella
molestie sono
e preveinevitabili,
dutele
che quello
que
qualunsperato godimento,
,
,
oìtrerm
siasi,
sembra
tempo,
averlo
non
(e
se
ia tanto
ottenuto
rettamente
pensassero,
accorgerebbero
eglinopure ) che non
sieno per ottenerlo giammai. I compaghidi
Ulisse pascendosi
di saporito
loto trascuravano
il retto
ogni altra cosa, e disprezzavano
ed il buono per quel presente dolce sapore ;
apparivain essi tanto insensata
per altro non
se
ne
,
la dimenticanza
del bene,
mentre
si dedica
satollo di loto,
a
gustare
,
se
al servizio
e
questinon
affé ! è colui ben
della Omerica
cupati
oc-
qualcheaffa-»
di un
uomo
già
gliene dà mai
in siffattedelizie ; iba
mato
erano
frusta,se
ridicolo ,
e
gno
de-
ranza
per ìa sola spe-
che si
potrà dare il cado di gustare an\ cor egliun poco di loto,ponesse in oblio tutto
^ ciò che
è buono e retto. Tali sono
dunque in
ducono
realtà,o in apparenza le circostanze che incostoro
ad
un
tenor
le,
di vita così servi-
tuazione
volesse la siqualcuno mentovar
del so*
di quelli
che s'insuperbiscono
lo vantaggiodi conversare
nobili e ricche
con
taluni reputano cosa glorio*
persone (giacché
che
se
*9
sa
al vólgo
un
superiore
e
rei che in quanto
convivere , e di
Monarchi,
re
se
esaminar
non
accettato
di
col massimo
de*
avessi dovuto
ritrar*-
Sintanto adunque,
vantaggio.
cose
tutto
meco
privilegio
) di«
avrei
non
conversare
le
così,
vanno
rae
da ciò
alcun solido
che
a
tal
per loro , vieni tu ad
che soffrirdebbo*
quello
dei
prima di essere annoverati nel seguito
la loro amicizia, e tutto
grandi,di acquistare
quelloche sono costretti a tollerare quando 1^
hanno
finalmente
£samina
meco
acquistata.
la catastrofe del loro dramma.
Non si può dir
ola impresa T acquiche sia pìcei
certamente
starsi
no,
il favor loro
lontà
dovendo
ma
,
non
bastando la buona
continuamente
essere
vo^
in
giù qua e là, far guardiaassidua
alle loro soglie levarsi assai per tempo
la
le urtonate
eie repulse,e
mattina, soifrire
mostrarsi sovente
far
sfacciati ed importuni,
la corte ad- un detestabile portinaio,
ad un vile
e
affricano,
pagarloperchèprendain nota
il tuo nome.
£' necessario spendere
mente
superioralle tue forze per abbigliarti
mente
decentedel
alla dignità
colori analoghi
scerre
si com-^
e de^ quali
Signore che tu corteggi,
discordante dal suo gupiace;per non parerti
sto
conviene seguitarlo
anelante
o per dir
megliolasciarsi spignereinnanzi dai servi,e
formare un corteggio
trbnfale intorno a lui,
moto
su
e
,
,
,
,
,
,
So
Per moki
mai
che
giornieglinon
per tua
cosa
,
buona
ti guarderà
e
,
ti domanderà
sorte
qualunqueella sia
»
se
quaU
ti girecà
subito
la testa, suderai dalla pena, e dalla timtdez^
za inopportuna
; quinditi esporraialle beffe
confusione*Accadrà
chi fu il Re degli
che ti venga domandato
che la loro flottaera di
Achei, e risponderai
degliastanti
per
navi. Una
mille
la
tua
tale confusione
di
mente
chiamasi
dai buoni, timidezza
rispettosa
soggea^ione
dagliaudaci ignoranzadai maligni.
Dopo questa prima e pericolosa
prova della
biasimando te stesso
tu te ne parti
tua idoneità,
molte not«
per la tua troppa timidezza e passi
molti crudeli non già
ti senza
e giorni
riposo,
un* Elena
non
per ricuperare
per soggiogare
le fortezze di Priamo, ma per cinqueoboli so*
lamente. Finalmente un qualche
genioda tra*
gediati assiste,ed è deciso di esamiinare se
»
,
,
conosci la bella letteratura. Un tal esame
noa
al ricco,imperocché
glisomministra
dispiace
r occasione di sentirsi lodare e compiimene
,
tare;
ta
ma
del
tuo
subito
tisi aiSaccia
Tidea,che
si trat"«
impiego,della tua fortuna per
tut*
quanta la vita. Allora ti crucia il dubbio di
non
poteiresser mai piùaccolto in casa d'aU
tri,se non lo sei in questa, per essec paruta
allora ti sottoporrai
al giudizio
di
ignorante,
molti;odieraii tuoi emuli , perchédovrai bea
ta
Si
sapporre
che
"
da molti
quelmedesimo posto è
altri ; ti rammenterai
ambito
di non
aver
che
parlato
troppo bene ; dal che ne avverrà
al teii\postesso fissandoti
temerai e spererai
Se eglidisprezza
nel volto di quelSignore.
quelloche tu dici ti credi rovinato. Se alfop-tutto, e
posto ti ascolta sorridendo,ti rallegri
cominci a sparar bene. Egliè certo^ che molti
sinistra opinionedi te, e ti pre*
avranno
una
»
feriranno altri,e ciascun di loro ti vibrerà di
il suo
nascosto
vivo
del
strale che ti
nel più
trafiggerà
Figuratiinoltre
cuore.
vecchio
un
che si presenta con barba veneranda
bianchi,che si sente domandare
,
con
se
pelli
ca-
pia
sap-
di utile,che a taluni sembra
qualche
che co*
istruito , e ad altri ignorante
; ancor
cosa
stui sìa giuntoalla metà
si esamina
pure
condotta
e
se
corso
suo
vitale ^
là passata sua
da in*
qualchecittadino mosso
tutta
quanta
adirato contro
qualchesuo casigliano
lui per frivolezze viene interrogato
per ior
vidia
di
,
del
,
o
,
lo
accusa
formaaione, e
tutti glipresta» fede come
colo di Giove.
uniscono
dubbie
que,
niuna
a
Se
tutti
lodarlo
sospette
,
,
che
tu
e
,
di adulterio,allora
V ora«
se parlasse
poi concordemente
sono
persone
reputiìtej
comprate. Bisognadun*
aia fortunato in molte
circostanza ancorché
traria »
si
a
imperocché
cose,
che
ti sia con*
pìccola
tal condizione soltanto
Sa
riuscire nel
potrai
intento.
tuo
Voglioconce^
derti che sarai fortunato in tutto, e che tu ab*
bia persinola buona sorte, che quel Signore
i tuoi detti,e che gP illustriami*
applaudisca
ci suoi,persone nelle quali
da,
confiunicamente
non
pensinoa contradirlo;che la moglie
stessa
che il maestro
ne
convenga;
r amministratore
,
in
[|atua
biasimare
a
e
di casa,
somma
nessuno
condotta
,
e
si
pen-
ammetto
,
che i stici
prognofavorevoli
persinoti sieno
quanto mai.
che tutto secondi le tue mire,
e
hai
Dunque,o fortunato mortale hai trionfato,
Talloro olimpicosulla fronte; anzi hai espugnata
Babilonia
ti sei a viva forza impadronito
,
della fortezza di Sardi; tuo
Amaltea,
e
tu
è il corno
d'
! Egli
suggiil latte di gallina
giustoehe alle tue tante passate fatiche sie«
le ricompense,
e che la tua
no
proporzionate
sia un mero
di foglie;
il tuo
non
serto
corona
dev' essere
abbietto ; bisogna
non
stipendio
che ti sia pagato subito che ne hai bisogno,
al disopra
del
tu devi insomma
onorato
essere
volgo^Debbono aver fine le tue faticose corse
strade,le tue veglie e
a piedi
per le fangose
è
,
chp
tu
possa, conforme
hai tanto
desiderato,
le gambe a tuo piacere dormire
allungar
a
tuo bell'agio,
e fare unicamente
quellecose
fosti da prima cercato, « stipendiato.
per cui
Àh^ Ti mode, la cosa andrebbe bene, e non ci
,
34
piùantichi amici. Tu, qua«
nel tempiodi Giove, am3i che fossientrato
miri
estatico tutto quello
che
tutto
e guardi
si va facendo, giacché
è per te nuovo
tutto
ed ignoto.
occhi addo»*
I servi ti tengono gli
astanti"osserva
ciò che fai,
so ^ciascuno degli
dopodue
o
tre
dei
,
il padronestesso
trascura
non
póiohèha giàcomandato
d* invigilare
attentamente
la
accanto
burleranno del
la conseguenza
,
è cosa
gliuolo
poiche
trarranno
stupore , e ne
che non hai cenato
te
mai in
il Vedere
sa
ca-
tovii«»
un
Nella- tua titubanza
nuova.
ti
attonito si
tuo
d'altri,e che per
darai loro
e se
figli»
ti vedranno
se
vi
ser-
rai
considere-
occhiate furtive. Coloro
staranno
derai
su-
dalla pena, non ti arrìschierai a chiedcsda bere quando avrai sete, per non
parere
ubbriacone* Non sapraia qualeprima o
re
un
,
qualepoidelle
sulla
ste
troverai
mensa
,
costretto
che ti sta
come
tante
sontuose
pietanzepò-»
devi stender la
a
,^
mano
,
e
guardarfurtivamente
per imitarlo ,
ad una
si deve stare
accanto
somma
hai T anima
tanta
varietà d' idee
ad
qualcunodei
còme
sposa ed ì suoi
sua
molte
a
a
tale esame»
un
sbalordita e
,
e
e
ti
lui
co-
imper parare
In
cena.
confusa
in
resti a bocca
che vedi fare. Ora
aperta
senti iniridia
ognicosa
di quelricco signore
sua
per tutta quella
^mo*
d*oro e di avorio, non
che per le
meno
l^tlia
55
tante
delixie. Passi
sue
posciaa compiangere
considerandoti per un nulla , benché
che sei vivo nel moado. QualcheaU
te stesso
tu senta
volta ti passa per la niente
Tidea, che
nei godimetieral vita felice, partecipando
menti
tra
padroneal par di lui gìac*
t* immagini che in quella
si ce-"
casa
del
che
tuo
,
9
iebreranno sempre
sto
,
i baccanali.
avvenenti
tutti quegli
a
e
mensa,
Oltre
a
que«
che
giovinetti,
dolcemente
vono
ser-
sorridono
ti
,
felicissimala tua futura vita, on^»
dipingono*
de ripeti
sovente
quelle
paroled' Omero :
è che'i Troi
Per tal felicitàgiusto
Sudin del par co*generosi
GrecL
»0
»»
Vengono i brindisi.Alcuno
chiede una
tazza
grande e
,
dei maestro,
seppur
altrotitolo;
tu
noa
beve alla salute
ti vuol salutare
prendila
sì fatte cose
dei commensali
tazza
; ma
non
sai che
eoa
vezzo
av-
replicareo
villano. Quel brin*
ti fai per un rom"o
riputar
disiti rende oggetto d' invidia a molti degli
antichi amici di casa. Ne avevi giàdisgustati
a
non
alcuni per il posto che ti era
poichéappena
a gente, che da
preferito
a
mensa,
servivano
in
casa.
quella
faranno immediatamente
,
stato
arrivato
molti
Ecco
di
te.
e
assegnato
sei
moki
stato
anni
qualidiscorsi
Oh! ci
man*
36.
cava
questo malanno, di dovere
oggiin questa casa
chi è entrato
stare
sotto
! La
a
città di
che a questi
greapre le sue porte
che
E chi son eglino
costoro
culi airrogànti.
a noi? Uh, dicono quattro
tanto
preferisconsi
Bomà
non
e queste sono
scehipiateparole,
decantate.
altro dice
Un
costui ;
ha bevuto
e
come
2
oracoli
come
hai veduto quanta
ha divorate tutte
pietanze,che glihanno messo d'avanti?
Egli è certo un goffo un ignorante senza
di fame, che
morto
di mondo,
un
pratica
il pan bianco
ha mai assaggiato
neppu*
non
in sogno; e molto meno
poi un uccello di
re
^umidia o del Fasi, ragioneper cui appena
:
ci ha. lasciate le ossa. Un terzo soggiungerà
ni
quanto siete babbei! non passano cinquegiorch'eglisi lamenterà altaridi noi: adesso
gliaccade come a un paiodi coturni nuovi
da principio,
si ha qualche
riguardo
peiquali
e
ma
dopochésono stati piùvolte calpestati
nel fango si gettano con
immersi
disprezsi^o
di cimici al par di
il letto a riempirsi
sotto
di te, e alcuni di
noi. Così parlanocostoro
la maniera di calunniarti.
essi stan giàpreparando
In somma
tutto quelbanchetto è per
scorsi.
te, come
per te è la maggiorparte dei dile
,
,
,
,
,
,
,
Tu
frattanto
più del
«enti male,
e
,
come
non
solito vini dolci
stimolato nel
avvezzo
e
ventre.
vendo
be,
ti
spiritosi
Ora
nou
che
tonvitnt
gli
avanti
mensa
air opposto noti è troppo sicdro per
il rimanervi. Si prosegue
intanto a bere ,
altriV
te
e
sorga dà
tu
e
si accumulano
ie ciarle. Si preètehtanospet-^
perchè il padróne
spettacoli
,
tacoli sopra
vuol farti vedere
;
quelloch'ei possiede
tu soffrioltrecqodo,sicché non
ma
dere
puoi veciò che si fa, né udire se qualchegiovine
la
suona
o
grandemente apprezzato canta
tutto
,
chitarra ;
ma
tu
forzato lodi
^
e
intanto
pre^
ghi perchèun terremoto
Venga a subbissare
un
ogni cosalo
opportuno incendio sciolga
volta quelbanchetto. Tale^ amico mio^ è
ima
quellaprima e dolce cena per té^ non più
dolce sicuramente
sieno il
di quello
che a me
timo ed il candido sale, che almeno
mangio
Non facciamo menzione
quando e quanto voglio.
dei susseguenti
acidi ruttile del vom^ito
La mattina appresso bisognacon«
notturno.
,
della tUa
venire
e
in
che
mercede^ quanta dev'
qual tempo delFanno
alla presenza
chiama, tMnvita
di due
a
quindiè
acnici egliti
pagata
tre
o
;
sedere, e comincia
ragionare: Hai giàvedute
le
cose
nulla vi è di straordinario;tutto
essére,
di
è
casa
così
a
mia,
ovvio,
'co«
ti suada
persarei
che sarai a parte di tutto, giacché
ridicolo , se affidandotila miglior
parte dell*
mune
anima
,
e
Ora bisognache
volgarei
mia, ed anche
i miei
tu
(supposto
figli
^
58
che
abbia
figli
aion«)
d'istrtr*
abbisognino
considerassi come
padronedi
costui che
ti
non
altro
quant'
cessario stabilirequalche
patto,
la
che
ancor
to
moderazione,
tua
in
la tua
e
e
discretezza
che non
sappia/benissimo
mia
casa
è pur ne*
che io vegga
siccome
ma
posseggo;
pe/
sei irenu"»
per Tamore
salario,ma
un
,
che nutrì per noi, e per la fama che ti acqni»
sterai nel mondo ^ cos\ fa d'uopo che dispof
niamo
tra
noi le cose,
quanto vuoi
co
mio
tutto
,
annuali
se
avendo
che
ne
noi
quelloche
dimenticato
debba
onde avendo
chiegga
stesso
avrai da
nelle
,
noi nelle
non
qtiali
quantunque
far tnenzìone. Tu
che sì fatte solennità
anno,
tn
per altro presente, ami*
ricorrenze solenni
sarai da
non
,
e
son
adesso
tro
sai per al-
nell*
parecchie
queste in considerazione^
de,
tnoderei-aiproporzionatamente
le ttie domanni
piùspero, che voi altri uomidi lettere dovete essere
a qualunque
superiori
bei df*
interesse. Con questi
pecuniario
ftcorsiegli
ha destato in te le piògaiesperanze,
e ti ha mansuefatto ; e tu che prima ave«
vi sognato talenti,e migliaiadi monete,
e
cominci
a
campi, e fattorìe,
poco a poco a
di colui;ma
tu confidi
scorgere la parsimonia
lidiesue promesse, credi vera e sicura quella
asserzione: Tutto sarà comune
sua
fra noi^
ignorandoche tali offerte si partono dal labje
ciò tanto
Google.
89
bra, ma non dal cQore. Finaìmentepét sog*
gezipaelascia lui la facoltàdi orottQn^iare ;
tna egliricusa di farlo ed invita uno
degli
amici astanti a prendere
la parola ed Inter-»
fra di voi proponendo uno stipendio
ioquire
che non
d'ai*
sia grave al padrone^obbligato
tronde a spenderein cose molto più Decessa*
,
,
,
rie,né troppo tenne
per colui che ricever lo
deve. L'amicot uomo
vecchio» educato da
bambino oell'artedi adulare,-ti dice allora :
il piùfortunato tra
pon puoi negare d^ essere
di questa città,poichéti vie**
U
occasione che difficilmente
Qc offerta una
fortuna può-concedere a molti altri che la
tuttigliuomini
bramano ardentemente
quellacioè
»
di
esser
degno di servire questo signore»di
della s^a mensa»
ed ammes*
partecipe
una
romano
;
primariacasa dell'impero
trovato
essere
so
in
questa b
una
Gre«o,alla
essere
ai talentidt
preferibile
ricchezza di Mida, se tu saprai
fortuna
discreto.Ho
veduto
molti celebriJette«t
quali occorrendo avrebbero dato
qualchecosa del loro,per andare in compagnia
la gloria
di questo signoree cosi avere
rati,
i
»
,
,
di farsi
vedere
dare suoi
lui,e
non
famigliari
esaltare la
tutto
tua
amici* Non
ed
protetti
tua
questo ricevi
uno
farsi cre^
stanza
posso abba-
poichéoltre a
stipendio
per questa
felicità,
fortuna;direi dunque» che può bastarti,
4é
ne
dice molto poco ) specialmedfe
rifletti
aite tue fature speranze , qualoratu
(e
tanto
Bisogna duo*
dissipatore»
que che tu te ne contenti: né gièipotresti
più fuggire,
perchèsei nella rete. Tu ricevi
far motto, e ti Ia-"
senza
adunque la catena
essendo violentemente
•ci facilmente guidare,
non
sii
non
un
vero
sei spronato con
fintanto che illudendo te
pungiglione,
tirato,e
ti avvezzi
so,
interamente
vederti
senza
a
non
stes-
ti
poco a poco, e ti assoggeta tal giogo.Gli estranei nel
ai cancelli del
entro
to
aca-
ostacoli»e divenuto
entrare
palazzo
uno
gliari
de* fami-
della casa, invidiano la tua sorte. Tu
feliilmotivo per cui ti credono ce,
stesso ignori
t' illudi,e ti alimenti di
ti rallegri,
ma
^
più ridente. Accade
di quello
che speri,
e come
per altro l'opposto
dice il proverbio
alla mavanno
: le cose
\ niera di Mandrabulo, (i)-sempre peggiorane
\ do perchèin somma
ognigiornoil tuo bene
sorte
e la tua
va
retrogradando.
\ impiccolisce,
Allora tu cominci ad «avere
qualchebarlume
la"che queir
e a capire
auree
-speranze erano
speranze di
un
avvenire
,
cide bolle d'aria,
ma
(i) Mandrabalo
offrì
d^
pel primo
oro,
il secondo
che le faticheattuali
sono
aveodo
«nDo
anno
trovato
alla dea
tia
tesoro
Gianone
ìnSamo,
agnello
un
l'ofirid'argento,il
terzo
raìae.
Godale
di
43
Tidea, che per
te
di
figlio
esser
esser
Pirria ,
libero ti basta di
ne
ad alta
venduto
di
non
e di:
Zopirlone,
dal banditore
non
esser
come
,di Bitinia
qualchedisgradato
sappi^
buon amico
che quando alla fine d'^ognt
frammischiato a Picria»e a Zopiriooe
voce
v
,
mio
,
mese
stenderaicommessi la
la tua
mano
servile»
siasi mercede,
qualunque
rai
riceve-
e
allora
se-»
gujràappunto la vendita di te stesso poiché
ha bisognodi banditore colui che vende
non
la propriapersona, e che gih
spontaneamente
da gran tempo era in cerca
di padrone.
Dopo
tutto questo potrò ben dire con
ragionea cof^
lui che professa
filosofia
: 0 abbiettissimo no-»
mo
ti avesse
se qualchepirata
prefto sul mati avesse
re
venduto
tu avresti deplorata
^
,
,
,
la tua
amaramente
non
qualcunoti avesse
seco
avesse
Bti invocato
meritata sventura;
afferrato
,
e
strascinandoti
detto che tu eri suo schiavo, avre-^
in tua difesate leggi,
avrestistre«
picato,
smaniato, ed esclamato ad
o
terra! o Dei!
virtù
,
stesso
mentre
e
in un' età
tu
giuntoal tempo
avanzata
a
di
servo
aspirarealla
di Aristotilein
Crisippo,
vender
te
pochi oboli ^
per
fossi realmente
d*
alta voce,
tutta la tua
tua
anzi obliando i discorsidel buon
ma
e
Tu
per tanto con
filosofia
ti sei Condotto
se
se
saresti
libertà ,
Platone
,
lode della libertà,
in biasimo della servitù,
non
arrossiscid'es-
ser
43
considerato del paricogli
adulatori, co^
ciarlatanr
mani
solo
in tanta
e
folla di Bo*
vestire il pallio
a piare
strop,
barbaramente
pronunziarela lìngua
tu
esser
e
romana,
gran
co* buffoni ,
,
trovarti
a
concorso,
improbie
a
vili,
la
e
a
clamorose,
cene
maggior parte
e
di
di uomini
in sì fatte occasioni
dì dovere
e bere indecentemente
ognicosa
del
La mattina il suono
più del tuo bisogno.
nel più
sei costretto
campanello ti désta
bello del sonnop
su e giù»
levarti,e correre
colle gambe tuttavia coperte del fangoraccoltovi
dal giornoinnanzà. Eri tu dunque in tanta
lodare
,
,
carestia di fave
,
ed erbe salvatiche ? Ej-an
le fonti sì povere di acqua
dover
tu
abbracciare
cotal vita ? Ma
sei cotanto
limpidae
fresca per
necessariamente
egliè manifesto,,che
avvilito per
mancanza
una
ti
non
di fave ed
per golosavogliadi pasticcerie,
d^ intingoli,
e dì vini squisiti,
chiappato
e sei rimasto ac-
acqua
,
ina
come
ildentice
,
e
adduncmato
per
la
cia
gola,premioben giustoper chi va in tracdi siffattecose. Il castigo
deir ingordigia
è
scimmia, sarai
una
giàvicino»e quando,come
incatenato per ilcollo moverti glialtria riso.
Tu
credi di nuotare
per altro internamente
nelle delizie , perchèpuoi mangiaresenza
fa^
tica i fichisecchi di Atene.
di gente
,
in cotesta
Tra
cotesta
razza
società la libertìi
e la no^
,
44
dei natali son
l"iltà
lieve
,
ed è inutile ti
tampòco. Sarebbe
rammentarsene
cosa
vani
nomi
sopportar
se
per tanto
dovessi solamente
tu
la vergogna della tua condizione, e di parere
libero qua! sei ,
schiavo invece d' uomo
uno
se
tu
avessi
non
altri servi;ma
V
\
\
a
le fatiche
dividere
vedrai che
ti sarà
non
cogli
coman-
quelloche si comanda a Dromona
e a Tibio
poichésappi che al tuo
lezioni alle
1
padrone poco importano quelle
l qualidicea di aspirarei
In fattitu sai il prodato
di
meno
,
verbio
I
l eia
:
che
cosa
v'ha di
comune
T asino
tra
vedi quanto pooo si
della sapienza
d'Omero, della
lira? Pur troppo
costoro
curano
,
,
tu
forte
^
eloquenzadi Demostene, delle sublimi
Pavidità
idee di Platone. Togliete
a costoro
deir oro e deir argento, ed il pensiero
intorno
che altro
ai mezzi, onde vie più acquistarne,
troverai in quelle
anime
vili se non
bia,
superdel
mollezza voluttà,lascivia,
disprezzo
bene
Il tuo padroneper
e crassa
ignoranza?
ha bisognodi te ; ma
tu hai
queste cose non
barba lunga,un aspetto venerando^ sei
una
,
,
3,
decentemente
vestito
alla
foggiagreca
,
sei
losofo,
per fiper letterato , per retore
coro,
ed eglireputa conveniente al suo deche un
tale faccia parte di quel
uomo
conosciuto
che lo adula,che
corteggio
così compariràamante
,
lo circonda, chè
perdelle greche
dot-
4S
e intieramente allebelleletterededica«
trine,
Dunque probabilmenteo grand*uomo
saraiimpegnatoa servire non
mirabile
per la tua amma
e
eloquenza,
peltuo pallio,
per
latua lungabarba*
Sarà dqopo in oltre che tu ti faccia vedere
to.
,
sempre al
suo
fianco
senza
,
,
potertene allon*
e
giammai. Dovrai la mattina alzarti,
dtri servi perchèegli
a lui cogli
presentarti
tanare
,,
ti
vegga,
così
e
ti uniformi
luiprescritto.
Talvolta
verso
che gU
alF ordine
stendendo
egli
la
da
no
ma-
di te, ciancia,e dice tutto quello
viene allabocca , per far credere agli
che camminando
astanti,
ancora
per le strade
glistudii e mette a profitto
per
sino il tempo della passeggiata.
£ tu sciagurato^
non
trascura
,
bel bello,
correndo, ora camminando
scendendo in una città
ora salendo, ora
xilta
di Roma
com* è quella
e bassa
tutto
,
grondantesudore , e anelante , mentr* eglisi
fermerà a parlare
con
qualcheamico , al qua*
ora
,
le sarà andato
incontro , te ne starai ritto rit«
caverai fuora
do,ve riposarti,
to, senza avere
iltuo libro, e ti porraia
leggereper
non
che cos* altra fare. Verrà la sera,
del pariaffamato, e assetato, farai un
aljapeggio, quasia
mezza
notte
,
e
e
pere
sa-
sarai
I^gno
verrai a*
un
illustre,
e
giàcome
famigliare
dai circostanti;
rispettato
via se sovraggiun^
cena,
non
comiiiensale
gerà qualchenuovo
r ultimo, e rilegato
nella piùoscura
»
della
Vi starai
mensa.
a
pure
ad
un
cane
di
foglie
tatore
spet-
malva
in cui
ossa
,
vite,
ser-
sep-»
giungeràqualcuno;
ne
di succhiare,costretto
dure
mero
di leccar le
ti contenterai
te come
un
ta
cantona-
cheisaranno
pietanze
delle buone
e
come
diverrai
tu
dalla fame
,
sono
le
avvolti altri
che seg-p
cibi,e che furooo lasciati da quelli
esente
primi posti; né già andrai neppure
taU
da ogni altro genere d' insulto
mente
che
nei
gono
,
Non
sia intero.
bia
le
avrai pure un solo uovo
è mica necessario che
non
stesse
cose
che
si danno
ai
che
tu
ab*»
forestieri*
sarebbe questa in te
pretendessi,
sciocchezza. Il polloche a te si presenta, non
devVss'ere simile a quelli
che si presentano
aglialtri.Il ricco deve averlo ben grasso, e
ben nutrito;ma
tu devi contentarti d'un pollo
di qualchealido colombaccio;
o
ammezzato,
disprezzomanifesto, umiliante affronto
che ti vien fatto! Se poi giungequalchealtro
commensale
ti rimane air
non
all'improvviso,
occorrenza
vo
neppure questa roba,poichéil serilpiatto
ti toglie
d'avanti,
e Io pone d'innan^
bocca : tu sei
p a quello dicendoti a mezza
di casa.
Quando poi si trincia in mezzo
^lU
bi^
tavola un porcellino
o
un
di'latte,
cervo,
Se
tu
lo
,
sogna bene che
tei
sia amico dello scalco, al^
47
irimentj ]a tua
vale
a
Dov*è
parte è quelladi Prometeo
»
dire, (i) tutt'ossa coperte di grasso.
che sprovTisto
rìuoiDo libero, ancor
di bile quanto un cervo,
che soffrirpotesse
l'insulto che ti vien fatto togliendoti
il piatto
d' innalzi
sta
sopra
,
? Non
to
mentre
e
,
h lasciato a colui che ti
mentre
i5nchè
a
sazietà
ti ho detto per altro ancóra
glialtri bevono il via
tu
piùsquisito,
bevi, e per nascondere
chi
che
il peggio;
chio,
più vecpessimolo
e
o
cer*
d'argento
impediscaaglialtri di vedere
,
il colore
volesse il cielo,
Pur
ti fosse di bere
concesso
mangia*
avvilimento
bicchiere d'oro,
un
sempre
torbido
il tuo
della^tua vile bevanda.
che
abbia
ne
sazietà di que*
per molte volte
a
grossolanoliquore
; ma
che tu chiegga
il coppiere
fa vida dissetarti,
sta
di non
udirti.Aggiungi che molte cose,
anzi tutte si combinano
a tormentarti, particolarmente
un
quando viene a te preferito
uoo un
ragazzetto o un precettoredi balli,
sto
,
,
mìciattolo
Alessandrino
canzoni.
che
Puoi
che
canta
delle Ioniche
a coloro,
uguagliarti
? Tu
amorosi nel seno
portano biglietti
tu
propose al Padre degliDei di scene
fa41« di un bue ; egli
tra dae. porzioniche eglia^eva
la
in
la
erinteriora
carrìé
aveva
messo
nna
coperte colpelledell'animale, e dall'altra le osia coperte col
grai"so , affine c^ ingannar Gio\e.
(i) Prometeo
48
dunque ti poni a
mensa
sedere in
debitamente
,
compiangi
ti ha
concesso
pur
stilladi
una
tante
grazie.
di vederti desiderare d'esser
sembra
Mi
sospiridi vergogna
la tua sorte, che
deplori
.
te stesso, e
non
angolodellfl
an
dei carmi
poeta erotico,o esimio cantore
trui;
al-
poichéscorgiche sopra a siffattimeriti
unicamente
e la stima
piovanole preferenze,
altrui. Tu
accetteresti volentieri per sino di
fare T indovino, o
che promette
l'astrologo
accumulati tesori
ampie eredità,principati
ricevuti
sono
poichévedi, cli^tutti costoro
j,
nelle conversazioni
onore
con
«
,
e
mente
generosa-
ricompensati.
volentieri entreresti nel loro
Ben
per
essere
non
o
disprezzato;
riputatouomo
ohimè! neppqr
inutile;ma
numero
questo ti starebbe
bene ! E' necessario
dunque,che tu ti sotto-r
che sopporti
tacendo, e piangasolo di
sulla disprezzabil
tua sorte. Se quaU
metta,
^
nascosto
che
servo
ciarlone ti accusasse
che
tu
solo
non
ilqualeha
hai lodato il ragazzo della padrona,
cantato,
o
devi
me
un
sonato
la cetra,
tu
corri
dunquea golaasciutta
un
bel rischio;
urlare
co«-
ranocchio terrestre, per farti distinguere,
com* uno dei primilodatori , e di quelli
che accumulano
an«^
applausi
sopra applausi;
in cui glialtri stanno
zi cogliil momento
atto ^
:pitti
qualchebeir elogia,
per profferire
5o
del
to; quinditi alzi al cantare
sclami fra te: Ohinfelice! oh me
ed
gallo,
e-
meschiDo!
qualitrattenimenti qualiamici ho io lasciati!
ho ìq rinunziato ! Ho
a
qualvita tranquilla
che era conforme ai miei
perdutotutto quello
desiderii,e
per sino le mie libere passeggiate!
In qualeabisso son io precipitato!
e per qual
motivo ? Oh Dei \ e per qualedecoroso stipendio?
di trov^^r
Erami
forse impossibile
al
meglioanche in altra maniera, e di avere
tempo stesso la mia libertà e il pienoarbi*
dice il proverbio:
trio di me stesso? Ma come
deggioesser legatoa guisadel leone con un
errando in su e in giùa piacere
semplicefilo,
altrui. Quelloche v'è di peggio si è» ch'io
in questa carriera;ignofar progressi
so
non
ro
Tarte di piacere
anzi in ciò sona
aglialtri,
idiota sei\za esperienza,
massimavero
un
mi paragonano
se
con
mente
quegliuomini
,
,
che si sono
di vita ;
fattiun
roestiero di questa razza
di grazia
sono
un
perciò manco
,
di quelliche
insocievole,non
sono
eccitare le risa, e capisco
benissimo
sanno
che spesse volte la mia presenza annoia,
par*
uomo
.
ticolarmente
io sia
quando il padrone vuole eh*
di lui stesso.
piùallegro
Eglimi accusa
di serietà , sicché
debba
contenermi
voglioconservarmi
ia
ignorototalmente come
pressòdi lui, mentre
se
uomo
veneri^ndo,appari*
5t
sciocco, ed
fico upo
la
eccito
vogliadi
cac-
poi vogliofar ^visoridente e
e umiliato al tempo
disprezzato,
ciariDi via. Se
allegro8on
5
stesso; questo è
dia
con
un
volere recitare in
maschera
una
comme-
sul viso.
tragica
Fi-
naloEieotequalvita condurrò io per me
desimo
mesacriBco aglialtri la presente?
se
,
ravvolginel
Mentre
il
ecco
chiama
stare
le coscie
una
e
interno siffatti
sieri,
pen-
del
suono
ricominciare
a
a
tuo
le
campanello,che
stesse, a
in piedi
dopo che ti sarai
cose
ti
rere,
cor-
unte
gambe, se vorrai poter sopportare
di
fatica.
tal
ciò ne viene il
Dopo
le
solito pasto alla solita ora,
alFantìca
ove
la dieta è
tan«
vita. I sonni po
tropbrevi, le sudate, le fatiche,ti consumano
contraria
to
tua
poco, e ti cagionanoT etisia,la pe*
la colica , e T egregiapodagra.
riplemonìa
,
a
poco
a
i tuoi
Spessevolte allorquando
incomodi
il letto, ti conviene
stare
chiederebbero
riin
piedi,giacchéil riposonon
non
vuoi che la
un
tua
ti è permesso se
malattia sembri una
sa,
scu-
pretestoper sottrarti all'adempimento
sei sempre giallo
dovere ; perciò
ed
,
hai la faccia d'un moribondo. Questoè queU
del
tuo
lo che soffrirdevi in città;ma
se
farà d'uopo
lasciando da parte la moltituviaggi,
dinedegrincomodi, mi limiterò a dirti,che
v^rìe volte,
dopo aver corso qua e là per ul"
che
tu
,
52
bedire al
piùposto per
trovi
me
altrui, arrivi T ultimo, e
cenno
non
n'è
ve
compagniaal
padrona,senza
un
te
nella
carrozza
,
altra , sei condannato
cuoco,
o
al
e
non
aiccoa
far
della
perrucchiere
che neppure in vece
di gnau*
ciale , sia posta un poco di erba sul tuo sedile.
Io non
vogliotralasciare di narrarti ciò
Tesmopolo quellostoico filosofomi ha
in vero
accaduto, cosa
raccontato
essergli
molto ridicola ma
che probabilmente
drà
accaad altri.Eglisi trovava
ancora
presso ad
ricca
e
una
giovinedama delle piùillustri
della città. Una volta bisognò
e mi
viaggiare,
disse d'essergli
accaduta primieramente
la
sere
cioè d'escosa
piùridicola del mondo, quella
sofane
stato
messo
a sedere accanto
a. lui (filoche
austero
) un di quei giovinastri
hanno le ciglia
dipinteed il mento sbarbato;
in somma,
che per quanto
un
giovinastro
Egli si ricorda che
pare era da lei amato.
costui si chiamava
il Sig.della Rondinella.
Figurateviche bel gusto fu per un vecchio
che
,
,
,
,
,
venerando, colla barba
xjuanto r
canuta
,
(e
tu
sai
si
e folta) di vederrispettabile
seduto accanto
ad un
lettato
imbelragazzacciiX
e pitturato di aspetto lubrico, ctie
ad un avvoltojo,
bia
che abpiuttosto
somigliava
il mento
rondi*
che ad una
spelacchiato,
nella! Se Tesmopolinon
molto pre*
lo avesse
aveva
,
55
gaio , colui si sarebbe
in capo.
rete
Molte
il buon
»
vecchio
di colai che
parte
messo
a
molte
e
in
sedere
altre
con
ferse
sof-
cose
quelviaggio
»
fece altro che
,
non
una
per
rellare,
canta-
mugolare,e che se non glifosse stato
impedito,^avrebbe fatto anche un balletto
nella
carrozza.
La
in
fu dato al buon vecchio.
altro comando
Un
Signoralo chiamò,
glidisse: Tesmopolì,
prego, fammi una grazia
mi
disdire
mi
non
non
e
; non
piccola
,
costringerea pregartipiù oltre. Il filosofo
nome
di Dio
e
te
né
era xli ragione poiché
gliela
promise come
nei suo
Allora
far di tutto.
caio bisognava
la Dama
ti supplico,
giacché sei
soggiunse:
tanto buono, tanto attento, e pienodi amore
in carrozza
la mia cagnolipaterno, prenditi
"
,
ne,
bine
la mia
cura
Mirrina
,
e
bada
,
che
tu
ben conosci, ab-
che nulla le manchi
la meschinella é
giacché
prossimaa partorire e
,
,
questimaledetti barbari servitori
,
se
rano
trascu-
quando siamo in viaggio,molto più.
que
bestiolina. Se duntrascureranno
cara
quella
di questo grazioso
ti vorrai prendercura
me
animaletto, credi pure» che mi farai un
grandissimo
Tesmopoli veggendoeh* ella
piacere»
lo pregava tanto, e quasicolle lagrime
agli
occhi , non
ramente
vecosa
seppe ricusare. Era una
ne
ridicola il vedere
quellacagna fa^
54
dal vestito di Tesmopoli
sotto là sua
eapoliDO
barba, pisciargli
piùd*una volta addosso (seb^
nella saa
narra«
bene Tesmopolìlo tacesse
fioca conforme
zione ) abbaiare con
voce
alla sua complessioneleccar sulla barba del
che il giorno
filosofogliavanxi degPintingoli
colati sopra. 11 giovinetto
avanti vi erano
poicompagno di viaggio prese una volta a
a tavola tutti i convitatile quan-»
motteggiare
disse : in
il turno
do venne
per Tèsmopoligli
quanto a Tèsmopolimi limiterò a dire che
di Stoico è diventato Cinico
poichého sa-^
nel suo
puto, che la cagnolinaha partorito
,
,
,
,
mantello.
glischermi di cotal gente!Essi
chi convive con
loro ed a poco
disprezzano
bi
air avvilimento. Conoba poco gliavvezzano
sendo
giàun retore dei più facondi ài qualeesTali
sono
,
comandato
perorazione se
,
con
in
un
banchetto di fare
cavò
ne
molta abilità,
con
fuora
veemenza,
,
a
dir
ed
una
vero
»
otteni^
grandiapplausi
; allora pertanto fa lodato in
ai bicchieri penchènon
mezzo
arrriiaveva
d'an^
ina
a acqua,
gato a misura d^ orologio
fere di vino, e si dice, eh* eglisi esponesse a
dramme. Queste
tanto per prezzp di duge^nto
sarebbero forse cose da tollerarsi; ma
se quei
ricco Signorefosse egli
stesso scrittore di poe*
sie,o dì storie,che recitasse le sue componi*»
,
55
tioni
a
allora sì^che il precettore
de*'
mènsa,
sfiatarsia
ve
lodare,
n
adulare,e
espressioni
per esaltare
Taluni di qiìesti
voglionoancora
ilsuo
nuove
cercare
padrone.
esseire lodati
abbiano un
per la loro bellezza,quantunque
cubito di naso,
nonostante
e
voglionoes^er
chianiatì Adoni
e
Tu
Giacinti.
pertanto
se
loderai,sarai nel cnotoento
trasportato
alle cave Dionisiache,come
invidioso, e in*
non
sidiatore del
in
padrone.Deve il^ìadrone
al tempo
retore
e
somma
comparirefilosofo,
stésso; i suoi solecismi debbono
parere pieni
di
tuo
vezi^i,di atticismi,è dolci
d' Imeto
;
talmentechè
il miele
come
fare autorità
debbono
neU*
quell'istante
perchèglialtri parlino
istessa maniera.
Comunque siasi però»voglio
uomini tali;
concedere, che sieno sopportabili
da
ma
,
lo
non
di
aver
d'intorno,
a
loro
che
;
giacchéstimano
nn
altissimo
per loro ilsentirsi dire^che sono
nelle scienze , che
sono
versate
biscono
am-
stipendio,
dotti,perchèle accompagnino in
uomini
rozza
le donne
certamente
sono
c^r*
fregio
esperte, che
filosofes*
sono
che fanno versi per nulla inferioria qeelli
cono
di Saffo. Questa è la ragioneper cui conduse,
sempre
seco
ma
salariati;
sofi
e filoretori,grammatici,
ascoltano mai?
quando gli.
quandosi stanno ab*
o
bigiiando,.
quando seggono a
pettinando,
Oh
ridicolezza! appunto
56
mensa
poichéin
;
altri{empi sono
cupate. Accade spesso, che
sta
ilfilosofo
mentre
dissertando,arriva la cameriera
alia
oc«
troppo
porta
e
adultero
dei suo
biglietto
Cessa nelP atto 1^arringa,che si face«
amante.
la castità e bisognaaspetva
tare,
appunto sovra
all'amante,
che la dama risponda
e
poi
ritorni ad ascoltare il filosoficoragionamento.
padrona un
,
Per le feste Saturnali,o per le Panatenee,
lungo tempo
dopo che tu avrai consumato
nel servire,ti Sarà mandato
bile mantello, qualchetonaca
qualchemisera*infracidata,e
lungae pomposa lode
Il primo dei servi che ode
ringraziamento.
deliberazione del padronesul regalo che
fare
allora si deve
,
destina,corre
da te, per annunziarti
di
la
ti
la fausta
venir da te
non
senza
riparte
di un tale avviso.
largamentericompensato
nuova,
Là
e
se
susseguente tredici staffieri
mattina
vengono
ognun
ne
recarti il bel dono
a
di essi,d'averci
messo
,
una
spacciando
buona
di te,
perchèilpadronesi rammentasse
che avendo
V ordine di
rola,
pa-
per te
sione
quellevesti,ha scelte le piìgiiori
; la conclupolsiè, che a ciascuqdifèssi bisogna
dare qualchecosa, perchè sé ne vadano « lo
o
che fanno
paga
,
viso
con
perchèhai
tua
avuto
arcigno,e
dato poco. Tu
che
a
stesso
scorre
mormorando
non
ricevi la
pochisoldi per volta,e
quan«
58
ti sarà ióapatata altra cosa
re,
Ciò basta
nel
tuo
dì sitnitfatta.
di notte
perchèin tempo
involto
,
mantello»tu sia scacciato fuori di
sa
ca-
furia di
a
Eccoti
avendo
pedate.
dunque ramingo pel mondo
in età
consolante
avanzata
podagra;
e
non
,
la
per compagno che
quando avrai giàdi*
di tempo
sì giungospazio
quelloche sapeviprima,e quandoil tuo sto"
identicato
in
un
di un'otre.
ayrà acquistato
l'ampiezza
inaco
circostanza è la maggioredelle
Quest'ultima
tue
disgrazie^
perchèè irremediabile affatto.
Il tuo
stomaco
avvezzato
soltanto
appetisce
avvezzare
a
alle laute
i cibi piùdelicati,
mense
e
,
dosi
doven-
tutt'altro nutrimento
ti
,
altri vorrà
Nessun
porràalla disperazione.
darti ricetto,
e
per la tua età già avanzata
sarai simile a quei vecchi cavalli dei quali
ginando
neppur la pelleè buona. Anzi ognuno immaqualchecosa di più oltre 1'accusa
,
,
,
che ti viene data, ti reputa un adultero,un
fabbricator di veleni,o qualche
altra cosa ancor
di
peggio,perchèT accusatore
taccia,ottiene più fede, che tutte
stificazioni.
Tu sei
facilea commettere
costoro
con
molta
tuo
sebben
giù-'
di capo leggiero
greco
ché
ognisceleratezza; poile
tue
,
,
ci considerano
tutti come
tali,e
ragione giacchéparmi di
avere
,
indovinato il motivo
del loro pensar
cosi
sfa-
i^9
Vorevolniente di noi, ed è che molti de^nostri
che
entraci nelle
sono
buona
nessuna
case
avendo
non
altrui,
qualitàreale
si annunziano
,
per vaticinatori,
per fabbricatori di filtri
,
agliamori
per destri nelle cose appartenenti
alla bellezza
ai
no
e
tutto
a
ciò che
nemici; quindiè che han
può
torto
^
nuocere
se
nutro*
la medesima
che
eccellenti
te
,
e
e
,
mente-,
opinione per tutti generalpresero da principio
per uomini
che poi osservando specialmen*
la loro adulazione
versazioni
,
,
e
alle cene,
e
nelle
con*
cro
la loro servilitàper sete di lu-
riconobbero
tutt' altri.
essere
Quando gli hanno' discacciati dalle loro
a
case, quegliistessi lor padronigliodiano
tutti i mezzi per mancercano
coti
darli
ragione,
che svelino
in rovina
perchè temono
ad altri tutte
le loro iniquità
occulte;come
avendoli vebene
duti
quelli che le conoscono
,
,
,
,
nella nudità loro
lo che è per essi motivo
storo
dMnquietudine
grande,perchètutti co,
no
somiglianoa queibei volumi, che hand'oro
miglia,
vere le coperte di pelle
fermagli
mentre
contengono poi il racconto
della cena
di Tieste, che mangia i proprifidivenuto marito di
gii,e la storia dì'^Edippo,
di Teréo, incestuoso con
sua
madre, o quella
,
due sorelle a) tempo
stesso; cosi costoro-
splendidie ammirabili
,
al di fuora
,
sono
mentre
6o
contengono al di dentro
taft
tragiche
dcene
^
che
scoprendone
qualcunatroveresti materia
abbondante per qualcheSofocle od Euripide
,
novello.
Conoscendo
no
,
adunquecostoro
stessio"Ua"*
i miseri lor precettore
perseguitano
sospetto che questiavendoli ben cono*
e
per
,
sciuti , ed essendo ormai
no
se
a
da
pubblicare
per
da loro divisi vada*il loro
tutto
carattere
reale.
Voglioquindiancor io
il quadro di
te, dipingerti
tu
,
altro Cebe-
come
una
cotal vita
,
de
on-
bracciarla.
vegga se ti conviene, absegnarlo,
Avrei pur voluto pregare , per di-
esaminandolo
Àpelle,un Parrasio,un £zione»
cile
ed anche un
Eufraore, ma giaccheè diffiincontrare cosi perfetti
ti prepennelli
senterò
il quadroabbozzato alla meglio.
Vegil
gasiun sublime atrio indorato, non sovra
basso piano ma
in vetta ad eccelso colle. La
strada che vi conduce h ripida e sdrucciolevole,
di manierachè molti sovente, sperando
il
di pervenire
alla cima, seotonsi mancare
al fondo. Segga sotto a
piedee precipitano
atrio Pluto in persona, tatto
quest^
coperto
d' oro e quale suole apparire bellissimo ed
è giuntoalla
amabile, e l'aspirante
appena
air aspetto dh cotanta
gnificenza.
maporta si maravigli
un
t
,
,
La
ella pure
Speranza
di avvenen-
6f
te
avvolta in
aspetto,e splendidamente
rio colorata
veste
di così
V introduca per
entratura.
magnifica
unisce ad altre due donne
,
che
sono
mano
va*-
pefatto
stu-
Quindi si
la Fallacia,
la Servitù, le quali
lo consegnano alla
Fatica. Questa, dopo aver
istruito a lungo
e
r
lo abbandona
infelice,
ed infermo
giàlogoro
alla vecchiezza. Finalmente
V obbrobrio
se
n*
alla disperazione.
e l'abbandona
impossessa,
La speranza
da queiristante sparisceper
esce
più dalle porsempre da lui ed eglinon
te
dorate, per le qualiera entrato; ma fugge
da una
nudo, col ventre
segreta porticciuola
ed oppresso dagli
anni.
col viso «giallo,
gonfio,
Eglisi cuopre colla sinistra le partipudende,
colla destra. Nell'atto ch'egli
e si strangola
,
,
viene
esce
lo sforza ad
Tale
buon
^d incontrare il Pentimento, ";he
un
inutile
sia la fine del
Timocle
pianto.
quadro.Tu
esaminalo
dunque o
in
attentamente
viene
ogniparte, riflettivisopra, e vedi se ti cond' esser
di quei rappresentati
nel
uno
dalla porta sontuosa
quadro,cb^ entrano
per
uscir poi vergognosamente
dall'altra;
e in
qualunquemaniera tu risolva rammentati
che disse : Non
Dio, ma noi me*
quelSaggio,
,
,
desimi siamo
della nostra
responsabili
scelta.
A
)
63
LE
VITE
FILOSOFI
BEI
INCANTO.
4LV
Giove^
M.Letti
i sedili,
in ordioe
tu
prepara i
deggionoqui veaire ,
e
che
postiper quelli
dotte;
tu
e
disponile vite qui per ordine introciano
ma
primaornale alquantoonde fac-
figurae cosi attraggano
Tu poi
di compratori.
avvenente
maggior
numero
buon*
al
ora
,
fa^ da banditore, e chiama
Mercurio
o
,
perchè vengano
,
mercato
,
stantechè
vite Filosofiche di
opinione;che
pronto
contante
Mercurio, Il concorso
C
Chi
Animo,
sere
C
uomo
ogni sorte
qualcunonon
pagheràfra
,
e
di
ogni
il
avesse
un
anno
,
giàgrande,onde
è
non
farliaspettare.
più^né
dunque.
che
Queir Ionio
bra
M.
vuoi
venderemo
ora
ritardar di
Giove. Vendiamo
M.
,
compratori
mallevadore.
purchédia
conviene
se
or
i
in
presentiamoper il primo?
dalla lunga chioma, che se|n-
venerando.
scendi
Pitagora,
esaminato
Annunzialo
,
e
vieni ad
dai concorrenti.
dunque
»
o
Mercurio.
es^
64
Qui
M.
si vende la veneranda
ed eccellente
vita di costui. Chi la vuol comprare ? Chi
vuol farsiaglialtri uomini superiore
? Chi
vuol
Chi
Vn
M.
T armonia
conoscere
delP universo
vuol risuscitare ?
?
'
In quanto air apparenza
Compratore.
?
che sa egli
è.male; ma
e
non
Sa i*aritmetica,T astronomia, la Scienza
dei
prodigj la geometria la musica
magia, e di piùè un grand'indovino.
,
,
C. E* permesso
M. In tua buon'
,
la
d'interrogarlo?
ora
interrogalo
pure.
,
C. Di che paese sei ?
Pitagora,Di
C. Dove
P.
C.
P.
Samo.
hai studiato?
di quelpaese.
Egitto,presso ai filosofi
Dimmi
dunque, se ti compro, che m'in*
?
segnerai
farò si che ti
Non t*insegnerò
nulla; ma
In
ricordi.
mi
C. E che farai percliMo
P.
ti renderò T anima
Primieramente
lavando
ricordi?
le immondezze
tutte
contaminata.
pura,
dalle
qualiè
"
Supponich'io sia giàpurificato.
farai perch'io
mi ricordi?
Dimmi, come
C. Or bene.
P*
Primieramente
grandeper
C. Amico
lo
mio
,
,
solitudine ,
e
silenzio
spaziodi cinqueanni.
va^ pure ad
istruire il
figlio
66
sa,
»cheti credi
te stesso
pure
di fattisei
mentre
di
una
essere
co*
altra.
un
Camp* Che dici ! Io sono un altro ,
gliche adesso parlatecò ?
e
non
que*
^
Ora
IPitag.
sei quegli
,
certamente
una
volta
1 peròcompariviin un altro corpo, e sotto
l un altro nome,
col teoie in altro corpo,
V
trapasserai.
pò, di nuovo
Comp. Per quelloche dici, sarò
mortale
,
ti. Ma
tqa
sempre diversi aspet*
di ciò. Dimmi, qualè la
cambiando
basta
maniera
su
di cibarti ?
Fitag,Nulla mangio
ma
che sia
stato
delle fave, mi
ad eccezione
tuttp
dunqueim^
animato;
pasco, di
il resto.
Comp. E perchèabborri tu questo legume?
Pitag. Non lo abborro; ma egliè sacro, e la
è miracolosa. Se tu le esporrai
sua
natura
al lume
cotte
di luna in
date notti,ne
v* è di più.E' leg-r
certe
otterrai del sangue ; ma
le
gè fra gliAteniesi di eleggere
delle fave.
per mezzo
Parlasti benissimo , e
ture
Comp.
intanto
Spogliati
anche
nudo. Per
oro
! Eglisembra
Lo
comprerò
.
magistra^
vendi
tu
in
religiosamente.
perchèti vogliovedere
ha la coscia d'
Giove! egli
,
un
Dio,
non
un
mortale !
ogni maniera. Quanto
costui ?
Mere. Per dieci mine.
lo
6?
Camp. E per
Prendi
Giove.
io Io compro.
del nome
e della
tante
nota
del compratore.
Mere. Eglisembra,
patria
Giove, essere uno di
quegliItaliani che abitano Crotone, e Ta*'
situate in
ranto
dove.
ne
Mere.
Ebbene,
se
esponga
Vuoi tu
un
,
là
,
solo ,
ha ben
ma
tre-
altri soci ia tale acquisto.
cento
se
Il compratore
quellaGrecia.
giàcostui
è
non
o
lo conducano
e
,
qui
altro.-
presentiquelsacido
eh' io
^
via
nativo del Ponto?
Giosuè. Si.
Olà. Tu
portiil sacco, ed il man*
tello,accostati,e fa un girodavanti a tutta
Mere.
che
l'assemblea
:
Io
T
vendo
il piùlibero. Chi
il più generoso,
comprare?
Compratore.Che
gliore,
il mi-
uomo
lo vuol
Altro
un
Mere.
di
temi
attentato
citi d'avanti
iferc. Eh! Non
.
libero
uomo
tu,
tu
,
o
ditore?
ban-
vendi ?
ti
ch'egli
contro
la
sua
accusi
come
libertà,e
ti
al tribunale dell'Areopago?
gì'importadi
perchèeglisi considera
te
detto
tu
Si.
Comp. Non
reo
hai
uonlo
esser
venduto
libero in tot-
le maniere.
Comp. À che mai può esser buono costui,co*
sì sucidoy
vestito, se non
e ignobilmente
'
,
68
a
farne
cavafosse
un
o
,
portator d* ac-*
un
qua ?
Mere.
-
de ;
solo è buono
Non
ma
porta
Io metterai
se
più fido
Io troverai molto
,
sappic)à eglimedesimo
Già
cane.
per queste faccenper custode alla tua
^
di
uà
ma
si chia-
cane.
suo
Mere.
luogoè eglimai
Di che
Comp.
qualè
e
,
il
mestiere ?
Sarà
meglioche
tu
da
interroghi
V
te
stesso.
sua
Comp. Io temo, a quella
guardaturache non mi
me
gliaccosto, e non mi
austera
caltri
,
che. Non
vedi
tu
ciante
Mere.
e
Non
cupa
contro
morda
se
fors'an*.-
ne,
ha alzato il basto-
come
aggrottate le
e
e
guardaminac-*
ciglia,
rabbioso ?
E^^iè giàaddomesticato.
temere.
Comp. Primieramente, o
buon
dimmi
uomo,
di che p,aese sei ?
Diogene.D' ognipaese.
'
Comp. Che cosa vuoi tu dire ?
I"iog.Tu vedi un cosmopolita.
Comp. E chi hai preso ad imitare ?
Diog. Ercole.
Comp. Perchè dunque non vesti anche
del leone
giacche'
pelle
portiuna
,
come
la
sua
tu
la
clava
?
JDiog.Questo mantello
è per
me
la
del
pelle
leone^
e
fo guerra com^
coin^
non
egliai piacerima
,
eglicomandato.
propriavolontà.
di mia
Agisco
voglioriformare
Io
i
stumi
co-
dell'uomo.
Benissimo!
Comp.
tu
credere
poi
che
tua
fessione?
pro-
e
dico
medegliuomini
passioni e specialmente
essere
superiore
aglialtri
,
umane
,
di
cerco
nel dire
sempre la
Comp. Ottimamente,
se
la
tensione
in-
liberatore
sono
delle
ma
dobbiamo
buona
tua
e qual è
sappiaa preferenza?
Diog. Io
-"
piacela
che
ma
;
mi
ti compro
,
verità
©superioreaglialtri,
rai?
qual maniera m'istrui-
in
Diog. Appena ti avrò
ti spoglierò
della tua
franchezza.
con
sotto
la mia
mollezza
disciplina
^ e
doti
confinan-
alla povertà ti farò vestire il
mantello, quinditi stimolerò alla fatica,ti
in
seno
avvezzerò
bevendo
a
sul nudo
dormendo
patire,
iacqua,e cibandoti
ti capiterà
;ed avendo
fede lo
tu
nel
getterai
del,matrimonio
i ne
che
quello
di
denaro,
mare*
di
lo,
suo-
se
Non
mi
presterai
ti curerai
di
ne
figli,
tria
pa-
questinomi, e
lasciando la casa
paterna abiterai qualche
torre abbandonata
che
qualchetomba, o qual§arà pienodi fave
coppo. Il tuo sacco
scrittida ogni parte e trovane di volumi
;
ciance
riputerai
tutti
,
,
,
7»
V
doti in tale stato
del gran
Cora
Se
monarca.
ti percuotesse,
e
più felice ati«
qualchedunopoi
ti vanterai
ti tormentasse
^
tu
ne
non
alcuna.
risentirai molestia
€omp. Che dici mai I Ho io forse la pelledel
re
granchioo della tartaruga per non sentidolore quand^altri mi percuota ?
Diog.Adotterai quel versp d' Euripidealte-*
randolo alquanto.
Comp. Qual verso ?
Diog. Sentirà Talma ildool ma non la lingua^
Quello poi che devi fare si riduce a quanto
,
giuriare
appressò.Devi essere audace, ardito, intutti.Re e plebeiindistìntamen*
,
guarderanno e
cositi
te;
,
forte.La
uom
tua
discordante il suono
ad
davi
in
essere
la vergogna
interamente
città molto
cruda
esser
te
andatura
,
"
e
insomma
bestialee feroce. Lascia
la decenza
,
riputeranno
di essa, veramente
coAyrai la faccia seria,e
del cane.
quella
essa
analogala tua
me
tu
dev'
voce
ti
,
la bontà.
Spoglia
pudoreil tuo viso, abita le
popolate e procura in esse di
di
,
viver
mai
non
solo-^inaccessibile,
ad amipo
così
non
scopo. Fa
quelloche
né
a
straniero che sìa , perchè
facendo,
il tuo
distruggeresti
poiliberamente
nessun
accostarti
in faccia a tutti,
altro farebbe neppur
di
1'
.
alla gente ;
ttddcosto
ri
finalinentequando
e
piacciamangiatipure un polpo crudo
una
seppia e crepa ; questa e la felicità
,
o
,
che ti daremo.
Va
Comp.
Tu
va.
,
dici
sucide
cose
,
non
e
da
^
uoiiio.
Diog,Sì ;
rtta cose
amico
mìo
facili^
alla mano
e
d' ognn*
poichénon avrai bisogno
di sapienza di arringhe,
di belle ciance, e
questo sentiero è il più corto
per giungere
alla gloria,mentre
quando tu fossi un vii
conciator di pelli,
un
lumaio,
saun
plebeo come
no,
;
,
i
questo
to
bettoliere,tutt' impediràdi farticelebre;
muratore,
un
non
un
e tu sap«
purchétu sii sfacciato,
petulante»
le persone.
pia bene impertinenriiare
Comp, Non ho bisognodi te per queste cose^
forse col tempo potrai
riuscire ortolano,
ma
o marinaio,e per siffatti
$e costui ti
servigi»
vuol vendere io ti pagheròper il pretóo di
due oboli al più.
Mere.
Prenditelo
volentieri
pure» che
ce
ne
sbarazziamo, giacchéegli e' inquieta,ci
grida
,
ci maltratta tutti con
e ma*
ingiurie
ledizioni.
Gioire. Chiama
adesso
un
altro. Quel Cireneo
che é vestito di porpora,
in testa.
3Ierc. Venite
e
dunque tutti,e
porta la
osservate
corona
bene,
7«
la
è
cosa
chi.
vuol
splendidae
,
Questa è
felice.Chi
compratoririe-*
la vita deliziosa
ama
i
?
piaceri
Chi
,
e
tre
volte,
la
compra
in persona ?
Vieni Cirenèo, dimmi
mollezza
'
ciò che sai^che
Comp.
ti comprerò se sei di mia convenienza.
Mere. Non inquietarlo,
Non T
o galantuomoé
co,
interrogare,
perchècome vedi,egliè ubriaha
ti può rispondere
tanto
e neppure
la lingua
imbrogliata.^
che comprar
sensato
Comp. Echi è^uell'uomo
?
vogliaUBO schiavo così vizioso e corrotto
Oh di quanti profumi puzza mail Come
cammina
Ma
traballando da tutte le parti.
dimmi, Mercurio, per quanto lo vetìdi,f«
buono?
a che è egli
Mere. Ceneralmente
eglih un ottimo compagno
per bere,e per mangiare atto a servire
incontinènte e lussurioso padrone a
un
,
,
,
ballare insieme
con
senatrice. £*
una
bravo lavorator di paste ,
co
ancora
Ha
,
e
un
ottimo
un
cuò*
miglior
raffinatore
del piacere.
e
studiato in Atene
un
^
ed ha servito
i Tiranni della Sicilia, presso a' qualiha
molto figurato.
filosofìa
Il forte della sua
nel
tutti,nel servirsi di tut-*
disprezzar
ti e nel trar piacere
da tutto.
Comp. E' tempo che tu cerchi qualcunotra i
ricchi,e danarosi* Io non sono atto a fare
sta
,
1
74
dero le infelici
e lacrimevoli UiHatte
delle
nessuna
qualiè
fortuna ;
dai
esente
cose
^
colpidella
gli
quindiè che commiseraudo
uomini
piangosovra di essi ; ma le cose
chMo consideri
non
sono
presenti
giàquelle
bensì quelle che verranno
di più ma
rose
dolodopo la vita oh quellesì che saranno
,
,
^
,
,
V incendio
; come
deir universo
total rovina. Ecco
«uà
,
perchèpiangoe
la
e
mi
v^ è cosa
Infatti non
stabile al
dispero.
no
mondo, ma in qualchemaniera tutte vanV
L* allegria
e
a confondersi insieme.
.
afflizione, la saggezzra
medesima cosa
una
esso
piccolonelle
,
or
Comp.
vicende
si cambiano
e
e
,
la follia sono
in
ed il grandeed il
del tempo
si
rimpiazzano
ti,alor
recìprocamente
bassi.
E che
è il tempo ?
cosa
Eracl.
Il tempo è
giuocaai dadi ,
un
e
Comp. E gliuomini
Eracl.
Dei
Comp.
E
EracL
Uomini
fanciullo»che scherma
,
contrasta.
che
cosa
sono
?
mortali.
gliDei
?
,
immortali.
amie logogrifi
Camp. Questisono enimmi
co
mio, poichénulla determini chiaramenfa Apollo.
te, come
EracL Non m' importadi voi altri.
ti
di buon senso
Comp. Dunque nessun uomo
,
*
75
vorrà
EracL
comprare.
Io vi comando
a
tutti,dal piòpiccolo
al
più grande di piangere,o
o non
priate,
compriate.
Comp. Questo ammalato non è
insania. Io non
comprerò né
sia che
com-^
dalla
lontano
T
uno
né V
,
altro.
Mere.
Anche
questirimangono invenduti.
Giòve. Ebbene
Vuoi
Mere.
Mere.
altro.
quelloquace
?
Sì.
dunquetu. Vendiamo Tuomo
Chi compra quest'
uo*
giudizioso.
Vieni qua
buono
mo
un
eh* io incanti
tu
Ateniese
Gioire
incantane
e
venerando?
Comp. Dimmi
Socrate.
Io
sono
prima che cosa sai ?
nelle facc€r'''-s^
sapientissimo
"^^Z,
amorose.
^
Comp. E vorresti chMo comprassiun tal pe«*
avvenente?
dagogo,avendo un figlio
Socr. E chi piùa proposito
di me
per educa»
Io non
a-*
re
sono
un, giovineavvenente?
che
del corpo, é T anima sola quella
mante
par bella agliocchi miei.
Ccfmp.Mentisci asserendo che ti curi dell'
,
,
anima
soltanto.
Socr. E pure ti giuropelcane
che la
cosa
Comp. Per
sta
,
e
pelplatano,
così.
Ercole! Che assurdità di Dei!
96
sia
Dio?
un
ti sembra, che ilcanéf
dici? Non
Che
Socr.
guarda Anubi
in
Egitto,Sirio
Cieli,e. Cerbero nell'Inferno.
Comp. Hai ragione; ho sbagliato
; ma
nei
dimmi
edificataper
Socr. Ho
vi fo
vivi?
tu
come
ivi abito,
citta,
vi detto
e
governo straordinario,
un
le mie
intanto
me
una
leggi.
Comp. Ascolterei volentieri qualcunode' tuoi
dommi.
^
Socr. Ascolta
le
dunque il piùgrandeapplicabi! Io dico
alle donne
deve
che
,
di
nessuna
ad
appartenere esclusivamente
solo;
che
ma
si
prestia
esse
uno
che
quelli
tutti
la ricercano^
t!omp.Che
dici mai! Tu
lire
dunque vuoi stabil'adulterio in legge?
\TSàcr.
Per Giove! Non è forse questo l'origine
di tutte
le coutestas^ioni?
Comp. Ahimè, quanto sei condiscendente
?
ma
qualè il fòrte della tua filosofia
Socr. Le idee, e i modelli delle
^
la terra
,
le
che esistono
cose
ilCielo
,
il mare^
sono
stono
che esi-
cose
poichétutto quelloche
!
vedi
sovra
come
la
ra,
ter-
re,
immagini oscu-
di ciò che è fuori dell'universo.
Comp. E
dove sono?
Socr. In
nessuna
parte
qualche
parte non
,
se
poiché
fossero ia
esisterebbero certamente^
77
Camp. Non
i modelli dì cui cu
parli.«
Socr. Sicuramente, perchèsei cieco negli
oc«
io veggo le immagini
chi dell'anima ; ma
invisibili.
di tutti gliesseri,che per te sono
Veggo un altro te un. altro me, in somma
veggo doppioognioggetto.
Comp. Bisognadunque ch^ io ti compri per«
che sèi sapiente e di vista acuta. Vediamo
o Mercurio
perciòquanto iriidomanderai
veggo
,
,
,
per costui ?
due
Dammi
Mere.
Sta bene ;
altra volta.
Comp.
Comp.
ma
ti chiami
Comi?
Mere.
Talenti.
Dione
pagheròil danaro
uh^
?
Siracusano.
dunque e buon prò ti faccia.
Chi vuol comOra chiamo
te
o Epicuro.
prar
di colui che
costur ? Egliè discepolo
cantavamo
ine di quei crapuloneche
sempre ride
poc'anzi. Eglisa una cosa più
di loro, cioè egliè più empio assai
tronde
d'aldelle mollezze e del
egliè amante
mangiar bene.
Comp. Qual è il suo prezzo?
Prendilo
Mere.
,
,
,
,
Due
Mere.
mine.
Comp. Eccole; ma vogliosapere qualisono
sue
pietanzefavorite.
la roba dolce e fatta,col
Mere. Egliama
le e preferisce
poii fichisecchi.
,
,
le
me*
'^8
fàcile il contentarlo
W
Cmnp.
,
glicompcerò
delle filzedi fichidi Caria.
Chiama
Giwe.
altro,qneltosatp dal volto
un
quellostoico là giù.
Mere, Dici bene, perchèpare che ana folla di
concorrenti al mercato
lui. Io vendo
aspetti
Tuomo virtuoso e perfetto.
Chi vuol essere
ilsolo a sapere ognicosa ?
severo
,
Camp» Che
cosa
dici ?
questiè ilsolo sapienteil so*
lo buono, il solo giusto,
il so-"
e generoso,
lo re potente, il solo retore, ricco, legista*
e ogni altra cosa.
tore
Comp* Dunque amico mio, egliè anche buon
buon conciator di pelli,
fa"*
e buon
cuoco,
Mere,
Dico che
,
,
bro ancora?
quelche pare.
Camp. Vieni qui buon uomo
Per
Mere.
,
,
ed
a
me
,
che
il compratote, di pur chi sei,e in primo
d* esser venduto per
luogose ti dispiace
ischiavo ?
sono
Niente afiàtto;
perchè queste
Crisippo.
nostre,
sono
cose
tutto
che
quello
e
non
Camp. Non intendo
Come ! Non
Crìsip.
se
alcune
sono
siamo
ci
non
indifferentiper
appartiene.
ciò che tu dici.
intendi che di queste co*
ed altre rigettate.
preferite
Comp. Nemmeno- adesso t'intendo.
E con ragione,
Crisip.
poichénon sei
avve^-
79
al vocaboli nostri
hai
quellaim*
maginaziooecbe è facile'ad impararli
; ma
r uomo
sapiente,che ha imparatele logi*
zo
solo
che teorie,non
ocra
non
e
,
queste cose,
sa
accidente
y accidente e il sopr*
qualdifferenza vi sia tra loro.
,
nosce
ten^ pr«g.^ per la
Ma
Camp.
ma
il piacered'intendere
tormi
Che
tua
è accidente
cosa
poiohè non
di
monia
so
,
e co*
filosofia
non
anche
questo.
sopr*accidente ,
abbiami
com'
^
e
,
an-
Tar^
colpito
questinomi ?
Nulla
Crìsip.
ti vo'
torre.
Se
qualchezoppo
piedeinfermo contro un sasso,
si facesse inaspettatamente
ferita
una
e
avrebbe
per accidente T azzoppicaturae
la feritaper sopraccidente,
di mente
! Ma dim*
Comp. Ve' che acutezza
urtasse
col
,
,
mi
,
che sai
So
Crisip.
intrico
tu
tessere
inoltre ?
reti di
che
quelli
parole colle quali
parlano e cosi chiudo
,
,
loro la bocca, facendoli tacere
mediante
spranga fra i demi. Il nome
questo mio artifizioè sillogismo.
una
di
vera
Per Ercole !
chiami
dunque irresil'artifizio
del sillogismo?
e certo
scibile,
Sta dunque attento.
Hai tu figli?
Crìsip.
Comp. Si e che perciò?
fie un Coccodrillo te lo rapisse f ro^
Crisip.
vandolo a scherzare sulla riva del fiupie.
Comp.
tu
"
,
8o
quinditi prometteeseet restituirtelo
qua*
lora tu indovinassise ?egli
ti voleva restituire,
il figlio.
o no
Quale diresti tu, che
e
fosse la
Tu
Camp.
intenzione ?
sua
domandi
mi
il dar
glidirei
una
cui fe difficile
cosa
perchèignoro che cosa
risposta;
spondi
ri; m^
per riavere il mio figlio
tu
,
per
mia creatura
,
amor
di Giove
e
,
salvami
la
avanti eh' egli1? inghiòtta.
altre ^rose
Crisip.
perchèt'insegnerò
Coraggio,
ancora.
più meravigliose
Comp. E quali?
mietitore, il predominanCrisìpAÌsillogismo
te
,
e
il maschera-
rEiettra,e
specialmente
to.
Comp. Qual e
che
il sillogismo,
tu
chiami
ma-
qualel'Elettra ?
famosa figlia
di
Elettra dico, fu quella
Crisip.
Agamennone la qualead nn tempo sapeva,
stesse; poiché
quando
e non
sapeva le cose
Oreste, sapeva che
le si presentò
incognito
cherato, e
Oreste
era
suo
fratello,ma
non
sapeva che
Oreste fosse colui. In quanto poial sillogismo
mascherato senti un maravigUosoragionamento.
Conosci
tu
il tuo
padre?
Comp. Sicuramente.
la
coluomo
un
Criii/).
Dunque s'io ti presentassi
faccia coperta,e ti domandassi conosci
,
tu
costui ? Che
mi
risponderesti?
^
80
del sapiente
il fare
proprio
Il dar danari ad imprestito»
dei sillogismi.
che seme calcolarne gl'interessi
sono
cose
brano
accostarsi molto al sillogismo;
di
quinancor
questo è proprioesclusivamente'
che è
la ragione
all'uomo
come
scientifico;
r interesse ,
non
come
pure ii percepire
si percipeseni'-
plicementedeglialtri;ma- perei
pere FinT interesse. Ignoritu forse
teresse
sovra
che gP interessisi dividono in parte prìma^
discenin parte seconda? Questacome
e
dente da quella?Così si verificaanche il
sillogismoche dice : chi prende il primo
interesse,prenderàanche il secondo ; ma
si prendeil primo, dunqueva preso il secondo
,
ancora.
Comp. Dunque
diremo
lo
stesso
della paga
per la scienza che insegniai
sarà manifesto ^
giovinetti
; 6 in tal guisa
che ricevi
,
che il solo
,
sapiente
potràfarsi paga-
uom
per la sna scienza.
Tu intendi le cose
Crisìp.
re
ricevo
certamente
compiacerechi
pagatore,
e
le cose
me
rettamente;
io
la paga per me, ma
la dà; poichéuno
no»
per
è il
T altro il ricevitore,ed io dispongo
in modo
da
essere
pagatore
ed io ilricevitore.
il discepolo,
cioè, che
Comp* Ma tu hai detto l'opposto,
il giovaneè il ricevitore,
e che tu ^olo sei
ricco il pagatore.
Crisp.AiBÌ€09 tu vuoi burlare ^ ma bada be»
ti scocchi un sillogismo
chi^
ne, ch'io non
i
come,
difesa.
amaiette
non
Comp.
Scocca
pure.
Che
oiale
me
ne
potrà
derivare?
Quello di
Crisip*
taciturno,
attonito»
Il peggiopoi sarà,
e confuso di rnvnte*
s' io vorrò, ti caia^ròmi «omeato
in
che
un
rimanere
sasso»
Comp.
in
Come
un
sasso
! Tu
ooii
sei Perseci
mica!
Il sasso è egliun corpo?
Soco come.
Crisip.
Comp. Sì.
Un* animale t non è egli
un corpo?
Crisip.
Comp. Sì.
Tu sei uo animale.
Crìsip.
Comp. Mi pare che si , oertamefittt»
Dun4}ueessendo tu corpo » sei ancom
Crisip*
un
sasso,
eciogUmiper Tamor
di Giove
come
uomo
e ritornami
prima.
Non è difficile;
tornerai ad essere uo^
Crisip.
dimmi un poeo( ognicorpo b
infis^tti,
mo;
^li animale ?
Comp. No.
U sasso è animale ?
Crisip.
Comp. No.
Sei to un corpo ?
Crisip.
Comp. No,
davvero. Ma
,
84
Camp* Sì.
Come
Crisip.
corpo
Comp, Sì.
Crisip.
Dunque non
animale?
sei anche
sei sasso,
essendo
ani-*
m9le.
van
Comp. Hai fatto bene, poichémi s'impietri
a Miobe, e si andava-»
giàle coscie come
comoiidando. Vogliocomprarti.
no
Quan"*
to
ne
vuoi
o
Mercurio
?
Iferc. Dodici mine.
Comp. Eccole.
Mere. Lo compriper te solo ?
in società con
Com/9.No, no, davvero; ma
tutti questi.
Mere. Son molti di schiena rebusta,
e Capaci
del sillogismo
mietitore.
Giove. Su Mercurio, non
perdertempo, chia*
ma
qualchedunaltro.
Jferc. Chiamo
te che sei
te, o Peripatetico,
bello e ricco. Comprate questo uomo
pientissimo,
sache sa perfiettamente
ogni
cosa.
Comp. Chi è
Mete. Egliè
,
e
oostui?
modesto
e
mite
di
,
una
vita
cievole
so-
poi particolarmente
egliè dop**-
pio.
Comp. Che dici tu?
Mere. Eglisembra essere
di
uno
quandoIo veal di fuori,
e un
altro,se lo consideri al
,
85
^
di
dentro ì onde
se
lo
tu
in Ini V
distinguere
ricordati
contpri,
interno dair
uomo
esterno.
uomo
Camp. In qu"lscienza ha eglila premineata?
Mere. Eglisa che vi sono
tre speciedi cose
baone ; quelle
dell'anima
quelledel cor*
,
pò,
e
le ecerne.
€omp, IS^Ìi
petìsadd
Mere. Venti
Comp. Tu
ne
Quanto vale?
uomo.
mine.
chiedi di motto.
No, galantuomo perchèsembra cho
Mere.
,
egliabbia dei danari addosso ; onde com«
pralopure al piùpresto. Eglit'insegaerk
d* altronde,quanto vive la zanzara, sino a
i raggisolari penetrino nel
qua!profondità
mare^
e
qualsia V
Comp. Oh Giove,
Mere.
delle ostriche.
anima
che minutezza
E che direstimai»
tu
se
di ricerche!
T udissi dire
piùacute di queste, dome per
esempio,quando parladel seme ^ della,
generazione^
cose
ancora
della formazione
utero, in qual maniera
male che ride,e Tasino
T
dei feto
uomo
è
un
ne
11'
ani--
aninnal^he non
di fabbricare,
ride, incapace
e di navigare.
un
sime
utilisLe sue leziotii
sono
Comp. Hai ragione»
quindite lo pago.yepti
veramente,
mine*
f.
,
Mere. Va benissimo* Chi è rimasto
all'incanto?
Y ultimo
Questo fpettico.Vieni .qui
danque ta
Pirrone
sollecitamente
,
(i)
the
ora
la
deglioblatori è partitae
,
farìitra
Chi
ppohi.
Pìr.
auiggior
parte
ehe la véndita si
?
dunquecostai
elw
prima tu,
cosa
sai?
Come?
Sì, noila; perchènulla
Camp. E
noi slam
Pir. Non
Compé
venduto
Ntdla.
Pirrone.
Camp.
compra
dimmi
Comjo.Io; ma
esser
per
,
mi par che esista.
nulla ?
'
dirti neppur ipiesto.
E neppur tu che sei filosofo?
so
Pir. Ancor
meno
lo
so»
«la
Camp. Che meraviglia!
òhe ti setvaho
co«
bilancio?
teste
pesare le
Pir. A
eavse
»
ed
tra
equilibrarle
mili
quando poi le veggo esant^men te sied eguali
di péso, sospendoil mio giu«
di^io,e non so piòqualsia la parte giusta.
Camp. Ma fra le cose tue qualison quelle
che tu fai con aggiustatezsa?
Pìr. Tutte
fuor che correr dietro ad un fuggitivo.
lor^,
»
9
Camp.
Ma
comete
forse molto
difficileqoe-
sto?
Pir.- Perchè
non
posso
amico
raggiungerlo,
mìo.
Camp,E
con
.'(i)Pinone
in fatti,poichétu
ragione
capo
degliScettici.
tni
«7
sembri
pesante e pigro.Ma qnal
è la meta
4el tuo dubitare ?
PinL* ignoranza
la sordità,
e la pecità.
,
un
uom
Comp^ Ti confessi dunque
sordo
Pir. Ed
e
stesso
cieco?
e
privodi giudizioe
anche
in
al tempo
,
io
somma
non
vernaìcciuolo.
chMo
Comp^ Bisogna
di
senso
differiscopunte da
;
un
ti compri, appunto per
questo motivo» Quanto valuti costai ?
Mere.
Una
Comp.
mina
di Atene.
Or bene che di
Eccola.
tu
Pirrone ?
io t^ho comprato.
Fin Non si sa.
Comp. No!
neppuf
quandot'bq comprato,
e
sborsato già.Udanairo?
Pir. Io
il mio giudubito»e perciòsospendo
dizio.
Comp. Dunque segjQimii
come
mìo
deve fare,
un
servo.
Pir. Chi
Comp. Lo
sa
se
questo è vero?
il Banditore,la mina
sanno
che ho
sborsata,e tutti gliastanti.
Pir. Evvi
qualcunoqui?
Comp. Ti
farò bea convenir^io quandotiavrò
mandato al mulino^che io sono il tuo padrone.
Pir. Dubito
ancor
Comp. Affé
te
idiquesto^
lo farò ben
veder* io!
88
Mere. Cessa
ta
di
il còxx^
opponi,e segaita
chiamati donTani.
pretore. Voi altrisarete
Signorifiniremo la
manovali
de^i artigianie
Domani
dunque, o
vendita
dei
de'
,
,
plebei.
IL
I FILOSOFI
O
PESCATORE,
RlSUSClTATL
Socrate.
B
astonate
lerato.
quelloscelpure^ bastonatelo,
di
a furia di sassate
Accoppatelo
furia di
a
zolle,di mattoni. Accoppatelo
che non
Bada bene
Piatone
o
legnate.
ci scappi.
E tu, o Cfisippo,
ancor
picchia
,
,
,
tutti addosso.
Avventiamocegli
tu.
»»
Fra ilbastone
*»
Alleanza
,
e
la bisaccia
^
d^ aiuto ornai si faccia;
essendo
è comune,
non
di
alcun di noi rimasto illesodalie ingiurie
la guerra
giacché
costui. E tu^
o
ba*
Diogene adoperail tuo
,
piùfortemente che mai, e non cessare.
che meritano i suoi
Abbia costui ilcastigo
che fu? Siete giàstantanti blasfemi;ma
chi
stone
?
vergogna ! Siete voi filosofi
ire membrate:
Le vostre giovenili
? Oh
»
'
90
Lue.
Ma
io pregar vi posso colie pa**
role d'Omero» perchècosì, mentre
le fecH*
aocor
to, per amor
suo
vi asterrete
dal farmi ^oP-
fosa.
"»
M
Ad dom. non reo^oon date tal martoro,
% ricevete preziosi
doni
Qaal io vi posso dar di rame e d'oro
Cose che piaccion
anche ai Sapientoni*
Plot. Noi pure ti risponderemo
colle parole
d'Omero, odi:
Non pensar di fuggirne
nomo
perverso^
L'oro che n' ofltri
sarebbe
ormai
vano.
*#
»
'/
»
»f
fi
Sei cadnco per sempre
in nostra
mano.
aeppar Omero* mi giova.
In Euripide
solo, ho spéramus adesso;for-
Xiic. Misero
se
me,
eglivorrà
u
Non
"
Condanna
salvarmi.
date
morte
a
chi
implora.
pietade
ilCiel La crndeltade ognora.
Plot. Ma
stesso dice di più.
Euripide
malfaetor convien che pera.
L'iniquo
E morrò
perchèeglipariein tal ma*
M
Lue.
,
niera?
Plat.
ha detto
Sicuramente,poichéEuripide
por anchei
»f
Lue.
Sempre il calunniAtor
Dunque se
nessun
fu
castigatou
beli'ingegaomi pa"
ditemi almeno, chi siete?Che. mal
salvare,
vi feci,
di me
ar-*
tanto .contro
per essere
rabbiati,
e minacciarmi di morte?
^
9»
Plot. Che
facesti,
imenrogate stesso o
quelletue pungentisari*
penrerso. Rileggi
re, nelle qualioltraggiavi
per fin la stessa
mai
,
filosofia
,
vendere
e
ci schernivi tutti ,
ad
come
uomini
sapientie
Questo, questo ci
,
«bbiamo
sione di ritornar
e
Siam venuti
a
di
più
noi
,
liberi?
uomini
ha tanto
da
ottenuto
Vender
mercato.
un
facendoci
che
irritati,
Plutone
la
permis«
qua su, per poco tempo
punirtinoi, cioè Crisìppo,
,
il
Epicuro,io stesso Platone, Aristotile,
altri
taciturno Pitagora,
Diogene,e quanc'
furono diffimatidai tuoi discorsi.
mai
riprendofiate;poichéson certo
che non
uecickrmi quando avrete
vorrete
saputo qualeio sia stato per voi. Quindi
gettate pur via queisassi,o serbateli piut*
toeto
per coloro che ne son degni.
P/crt. Tu vaneggi.
Bisognaassolutamente che
in questo giorno e pei delitti
tu muoia
Lue.
Ah
!
»
,
che bai commessi
»
Sotto
un
monte
dì sassi andrai
sepolto.
Lue. Voi
dunque, o buona gente, decretate
cosi? eppùr
che uccidendo me, uccidete
sappiate
colui che
tutti , che è
vostro
che pensa
afietto,
merita
lodi da
soltanto
ben
famigHarevostro
,
come
voi, e
,
se
non
è
offesa, il propalatore
dei vostri studii,che
scrisse tanto in favor vostro» Badate dun-
Go,ogle
.
dei filosoH
operare alla moda
que di non
di questo tempore non compariate
ingrati»
collerici,
e
contro
perfidi
un
vostra
uomo
amico.
Fiat.
mo
impudenza!dunque ti dobbiaancora
ringraziare
per le tue ingiuriose
Yè che
ciance
con
f
Tu
credi
vili e idioti,
se
uomini
dobbiamo
per tanti
àX
contro
Lue. Ma
di trattare
certamente
che
pretendi
ti
gratiper tanti insulti e
che hai fatti
discorsi impertinenti
esser,
,
nou
dovere
quandov'ho
io
Io
ingiuriati?
la filosofia!che rìco*
sempre ammirai
sono
e che mi
priivoi stessi di tanti elogj!
che
assiduamente
che avete
a studiare V opere
applicato
ch^
lasciate ! In fatti tutto quello
io hoidétto , da chi altri l'ho io
imparato»
da voi ? Scegliendone
se non
a guisa
d»'ape
il fiore,
ai mortali, iqua«
e compartendolo
scun
li vi lodano, e riconoscononl belio di ciadi voi per opera mia , e per la scelta
eh' io n' ho fatta. Quindi è che se lodano
per la bellezza de' miei discorsi » è tutta
lodano voi, poi*
in sostanza
ma
apparenza;
me
che tutti conoscono
ove
che
ho colti così diversi
sì varii per
fiori,
è il giardino,
vostro
e
molti plici
le tinte, e che
hp il merito di averli saputiraccorre
e
distribuire in modo
che
Digitized
zedby
uno
soltanto
,
non
re,
unidi-
95
scordi dair altro. Chi sarà
che
dunque colui
^
da voi così favorito,
dopo
talibenefattori,
mercè dei
possa ingiuriale
qualiegliabbia potuto comparirgrande?
che
Altri non
certamente
essere
potrebb^
stato
essere
,
seguace di Tamiri , o
qualiil primo cantò contro
un
ricevuto il dono del
avea
di Euri
le muse,
canto
,
e
te
dei
,
donde
T altro
nel lanciar
ad Apollola superiorità
disputò
ce
le frecce,ad Apolloio dico, che delle frecera
Plau
T inventore.
stato
Questo tuo
è da Oratore
,
discorso
ma
o
uomo
generoso ^
ha che fare colla nostra
non
^
anzi dimostra sempre piùla
quistione;
tua impudenza e si scorge che tu unisci
r ingratitudine
alF ingiustizia
mentre
a*
vendo tu, per tua propriaconfessione ri-'
,
,
,
da noi le armi
cevute
,
di noi le hai
contro
adoperatefacendoti unico impegnoquello
dì ingiuriarci
tutti.Questaè la ricompensa
,
che
da
te
per averti
e lasciato in tua
giardino,
abbiamo,
ricevuta
aperto il nostro
fiori empirteneil«énó^
balìa di coglier
,
e
libetramente. Ècco ciò per cui
partirtene
sèi degno di morte
precisamente
Lue. Ve! voi mi ascoltate giàpienid'ira e
perdo non date^cun peso alle mie giustificazioni.
,
Io
certamente
che r ira dominar
non
avrei mai
dovesse in
duto
cre-
cuore
n
94
le,
Aristotia un
Grìsippo»
ohe
o a tant^altri di toi; anzi mì^parea»
voi 8olì foste^seeTridi colai passione.
Non
mi uccìdete dunque, o valetti nomini, sen«
ia
t"a prima giudicarmi
; pmchè secondo
Piatone» d
un
I
scessa
mini
un
lesione,non debbon^liuola fona^ ed ilpotere, ma rimettere
vostra
usar
delle loro differenze,
giudice
ascottando e rispondendoparti**
colarmente alle scambievoli ragioni.
Eleggete
dunque ed innanzi a
questo giudice
la decisione al
,
lui accusatemi
re
per
rete
pure,
o
tutti insieme,oppu*
Terganodi colui, che
di far le vostre
veci
,
incaricar
ed io
vor«"
rò
risponde-
Fatto ciò, se risulteràch'io
in qualchecosa, ed il
ingiuriati
alle accuse.
v'abbia
riceverò
giudicedeciderà contro di me,
ilmeritato castigo,
e voi
inappellabilmente
tàccia
andrete cosi scevri da qualunque
di violenza ; ma
se air opposto risponderò
ne
a
tutto
sé
risalterò innocente
verso
di
immeritevole del biasimo vostro,
to
il giudice
mi rimanderà liberoed assolu-
voi,
se
,
,
e
voi dovete
Tira
rivolgere
vostra
con--
v^indussero a
che ingannandovi
coloro,
perseguitarmi.
dice il proverPlot. Questo é appunto Come
bio,
tro
nn
mezao
lasciare il freno libero al cavallo in
ai campi; perciò
tu possa in tal ma-
95
niera
ro
i giudici
e andar
sopraffare
adaolfito.Tutti dicono che
e
,
retore
giran
,
nella ciarla ;
tremmo/scerre
sei
un
astuto
d'altronde»
qnalgiudicepò,
soggetto ad
non
dai tuoi doni
addetta aUa
tu
molto
avvocato
un
e
libe-^
Tia
( oso
legge) e
essere
rotto
cor-
solitodella gente
che
decida in favor
non
V
tuo
lue. Dì questo non
che
temete. Kon chieggo,
il giudice
su i quali
tra quelli,
scelgasi
sa
poscadere
a
Plat. £
,
o
il sospetto, che mi
Perciò unitamente
-la loro sentenza.
vendano
stessa-
il dubbio
voi altri,scelgoper
la
giudice
filosofia.
mo
^.senoi dobbia-
chi sarà V accusatore
?
giudicare
stessi. Accusatemi,
Z(ic. Voi
e
giudicatemi
già per quésto, tanto
in ragioni,
mi credo superiore
e con' tanta
confutare.
facilitàmi sembra di potervi
Plat. Pitagora,
Socrate, che vogliamonoi fa«
chiede che d'esser giure? finché egli
non
dicato^
parmi che la sua domanda non sia
ingiusta.
Sùcr. No, certo. Avviamoci
dunque verso il
in giudice
la FiTribunale, ed eleggendo
cosa
losofia,ascoltiamoche
sapràrbponderci ; poichéil condannarlo avanti di giudicarlo
voi; io
non
temo
formalmente,
non
sarebbe
cosa
da
96
bensì da uomini
noi, ma
e iracón^
plebei,
consistere la ragionenella lo«
di,che fanno
ro
fon^. Inoltre somministreremmo
anlar-
chi ci vorrebbe
biasimare,
se panissiuomo
senza
mo
un
dargli
campo^diparlare
difesa; prepotenza tanto
a sua
piùodiósa
me
a
,
di filosofia.
E
in noi, che ci vantiamo
costui morisse
senza
come
giustificarsi
,
Anito
e
^
Melito,
o
Plat. Ottimo,
a
?
Socrate è il tuo
o
campo
biasimare
potremmo
glialtri giudici,che
condannato
mi hanno
avuto
aver
se
an*
consiglio,
dunque alla Filosofia ed ella sia
il giudice
Non v* è dubbio, che sanostro.
remo
dìamne
,
contenti della
Zuc.
Bravissimi
Così
meglio
va
,
conservate
te ; ma
poco
,
o
,
come
e
sua
decisione.
uomini
dotti
sapienti.
così agite
più legalmen*
quei sassi perchètra
,
vi ho detto
,
ne
? Io
questa filosofia
gno
biso-
avremo
in faccia al tribunale. Or
trovare
e
dove
non
so
si
può
dov^dla
sebbene
di conversar
con
voglioso
lei,ho cercato a lungoil suo damictlìo e
infruttuosamente. Ogni qualvolta
sempre
mia ricerca io mMncontcava
in quella
oon
dimori
,
,
,
avvolti nei loro mantelli,e portanti
lunghebarbe , e che si spacciavanoper
uomini
credendo
ritornatidalla filosofia,
la conoscessero
io
fettivamente
che ef-
gr interroga-
98
i non ticchi adoratori.
degnavad' uno sguardo
rimaneva: ècoSpessodisegnatamente
sì vedea» che portava groì^sb
cated'oro, lo che mi costringeva
a rétréice-
perta
ne
e
,
dere
itiifnanttnente,coD)ptangendaqudiaii«
noh pèhnaso,
seri,che colèi attraeva a sé
ma
erano
per là-barba stessa. I poverétti
,
apparenza in
Plat. Fin
abbracciò
Issione che
come
irana
nna
di Giunone/
vece
la
poiclìè
tutti pi"lese
qui tu parlirètcamentef
porca della Filosofia noh
è
a
,
,
né da tatti conosciuta. Per altro nbn
avrem
bisognòdi andare a casa sua, rà^pèttéredo
mo
qui nel Ceramico, ove verrìi ritornandall'Accademia, per andare
nel
Peciib
,
a
giare
passeg-
è solita fare
còme
ogni
Ma
anzi eccola che viene. Tedi tu
giorno.
quelladonna di decente contegno, di placido
sguardo che cammina
posatamente
,
pensosa ?
Zuc
persone che si assomiglia*
air andamento
alla figura
alfe vesti ,
,
,
Veggo mólte
no
sebbene
jPlat.
date
lina sola di
picibene
conoscere
esse
la
; ma
vera
appena
debb'
essere
losofia.
la Fi-
Filosofia si farà
apriràboCcà
per
parlare.
AfFè
Filosofia.
! còme
? Platone
in soiAiila,
tutti i
Aristotile,
Crisippo
piùfaiùosi u,
»
99
dttoridelle mie ìeùoài ! O amici mìei , co*
di nuovo
ia vita? Qualcunoforse là già
me
V*
?
inquietava
voi
E chi è costui che
mi sembrate
sdegoati.
arrestato,
voi ? è forse un ladro
9
con
avete
e
ducete,
con-
a*-
un
sacrilego
peccatore ?
Pla^. Veramente
Filosofia egliè il peg«
o
tutti,che ha osato spa^
gioredei sacrileghi
sassino
,
un
,
lare
voi,^
dr
contro
,
noi
contro
ttuti,che
discepolie abbiamo trasmes*.
le lastre lezioni.
ai posteri
se
forse perchèqual«
vi sdegnate
Filos. E che
ardisce,biasimarvi? Quando sapete
equo
che ho, udito contro
di me
daU
tutto quello
vostri
siamo
,
,
,
la Commedia
nelle feste di Bacco?
la considero
come
mia
amica
,
non
mai citata innanzi al Tribunale.
no
ta
mai andata ad accusarla
ciò che
recitare tutto
feste ,
colla
poichéso
sua
che
non
,
e
io
V ho
Non
so*
T ho lascia»
si costuma
mi
Anzi
può
nelle
nuocere
derisione;air opposto mi può ca«
V oro che i replicati
gionaremolto bene ; come
colpidi martello rendono piùliicen*
la sua .finezza.Non so
te e fanno piùpalese
collera e
tanta
dunque intendere perchè.
furore.Perchè dunque soffogate
tanto
co*
,
stui ?
Plae. Abbiamo
giornodi
domandato
vita
,
siamo
in
graziaquesto
salitiqua so per in*
100
il meritato castigo
peimali eli*efliggergli
La fama ci ha narrato
glici ha cagionati.
in faccia al pubblico
eh' egli
tro
consparlava
di noie
perciòvorreste ucciderlo,senza eh*
?
eglisì potesse discolpare
ci rapporteremo per ogni cosa
Fiat. No
a
sarà quello
ciderete.
voi e il suo castigo
cho^i deFUos.
E.
,
,
FUos.
Zac.
mi
Che
dici tu ?
ne
AppuntoIo
stesso
a voi,come
riporto
a
la verità ; ed
conoscere
sacra
o
,
Filosofìa;
e
sola che può
quella
a gran fatica potei
sa
pregandomolto, che la mia caufosse rimessa al giudizio
vostro.
! ora la chiami saFiat. Ah ! furfante iniquo
cra?
la
e
come
poc'anzila rappresentavi
la più vile
vendendo
mente
pubblicapersona
ottenere,
,
tutti i suoi sistemi
FUos.
re
Lue.
bene
a
due oboli Puno.
mava
egliforse non biasila filosofia
gni,
; ma
quegliuomini indeche sotto il mio nome
voglionocuoprì-
Badate
r infamia
Ve
,
eh'
loro.
n' avvedrete
tosto
se
ascolterete le
andiamo
all'Areopago
ragioni
; ma
anzi a quella
cittadella,
poichédi là su pò*
vedere
da una
come
tremo
specula al
tempo stesso tutte le partìdella città.
FUos. Incamminatevi
intanto,o amiche, almie
,
,
,
lOl
la
.
Loggiadel Pecile,io verrò a trovarvi
la causa
di cocolà,quando avrò giudioato
storo.
Lue. E chi
elleno
8on
aspetto molto
Fdos.
,
Filosofia? hanno
,
e
è la
Virtù ,
ed ha al fianco
Queir altra che
;
im
decente.
Questapiùrobusta
la Modestia
za
o
che
quella
va
la Giustizia.
suo
innanzi
è di tenebre
è
quella
la Sapien**
è
avvolta è la
Verità.
léuc. lo
non
veggo
ultima
quest*
che
tu
mi
accenni.
Filos. Non
vedi
tu
nuda,
che scappa sempre
via di mano
a tutti ?
e
Lue.
non
disadorna
quellaDgnna
9
sdrucciola
e
La scorgo a stento adesso ; ma
le conducete
voi ?
tutte
con
l'adunanza,
piena e perfetta
stessa
per
?
che
Seguitatemidunque amimìe, non sarà gran fatica il giudicare
causa
specialmente
poi trattandosi dì»
no
,
,
a£Pare che c^ interessa
tutte.
ho
pur voi, ch'io non
di udire quello
che mi è giànoto.
Verità. Andate
Lue.
potrò
difesa.
aiuto nella mia
una
sarà
cosi
ed io
far salire sulla tribuna la Verità
Filos. Perchè
perchè
Ma
tu
^
o
Verità
,
trovandoti
bisogno
noi
con
rettamente
potraiaiutare a giudicar
palesare
ognicosa.
,
e
,
a
109
dunquequeste due
PUos. Gondaciamo
tuie se**
guaci,o piuttosto
grandiamiche.
Lue. Volentieri,
jrdos.
Seguitemio
amico,
tu
tutte
e
Lue. No
,
e
Franchezza
costì rimanti.
Filosofia, venga
quante ci sono. Non
,
di
la
pur el-
veneranda
e
perbì
ragione,
senza
pericolo
vengano
combattere fieremansuete
,
e
per
,
nostro
quest^uomiciattolo
che è in
Accusa
o
le altre,se volete.
Libertà
di salvare
tentar
e
e
,
ma
di
cerco
nemici
stt«
diffìcili
pre
a persuadere
pienisem,
sutterfugi,
quindiT
è
accusa
neces*
saria.
Pilos.Necessarissima,
certamente,
glioche venga ancora
Ver. Seguitateci
tutte
e
sarà
me*
la Dimostrazione.
,
brate in questa causa
mentre
tutte
mi
sem*
necessarie del
pari.
Àrìuot. Osservate,o Filosofia come
ca
eglicerdi trarre la verità al suo partito.
Aristotile*
Filos. E che! Platone, Crìsippo,
temete
forse,che la Verità vogliamentire
,
per lui? Ella è pur la Verità in persona.
i^lat. Non dico questo » ma
eglih un furbo
tremendo , e la potrebbe
sedurre colle sue
adulazioni.
Filos. Non
temete,
"
ove
in persona, certamente
può esser mai commessa.
Giustizia. Andiamo
la Giustizia
presiede
nessuna
ingiustizia
dunque;
ma
dimmi
co
,
io5
qualeè
il tuo
?
nome
Ìmc. Paris^ìade,
di Alixioqedi Elen*
figlio
9Ìcleo.
.
tua
Pa.tria
Filos. La
?
Filosofia.Nacquisullerive
ma
de^'J^ufrate;
perchètal domanda? ep*
La Siria ,0
Lue*
pure
conosco
,
che
alcuni di
questimiei persecutori
nulla differiscono
da
me
per U
barbarie dei natali^nonostante
il loro sen*
è da Solcasi^ da
non
no , e la loro sapienza
da Babilonesi
Gipriotti,
poi ^1 cospetto vosero non
,
o
da
sarà
E
Stagiriti.
reputato da
chi abbia il dialetto barbaro
meno
retta
giustala
e
Fìlos* Tu
dici bene
si ;
ma
mente.
,
la mia domanda
ma
era
semplice per altro conviene eh' io sappia
qualè la tua professione.
Zac. Quelladi nemico ai superbi,
ag^impostori,
ai bugiardi,
ai vanagloriosi
a tutti
^
)
.
in
coloro che
somma
vizii,
che
sono
da
infetti
sapet^ non sono
Filos. 4^è ! avrai molti da odiare !
e
come
simili
pochi.
Lujc. E- vero; poichévoi vedete quantisono
i miei nemici, e i,nqualpericolo
mi trovo
sco
Conoper, questa mia professione.
ne
per altro benissiusoanche la professiodi amico agliuomini
opposta , cioè quella
appunto
buoni
veritieri
y
finalmente
tutte
,
e
biano
che abschietti;
quellequalitàche
fo4
Hieritano
amore
degni di questa
che meritano
di
al contrario
immenso,
numero
stro
filos.
D' altronde
sorte.
dimetiticare l' amore
meno
pochidairvero
; ma
esercitata ,
neli'arte
e
,
coloro
V odio mio
sono
questo mi può far
la
come
rendermi
e
sono
pro^ssione
valente l^ae-
di odiare.
ste
Eppure non dovrebb' essere cosi. Quedue professioni
cipio,
posano sullo stesso prinquindinon bisognadividerle,quantunque
sembrino
due
,
pur noti formano
che utià sola.
Lue. O Filosofia,
tu conosci queste co^e
glio
me-
di me, la mia professione
dunque è di
odiare i cattivi t di amare
e lodare i buoni.
lilos. Venite
lo
alsiam giunti
dunque,giacché
scopo nostro. Qui d' avanti ai Tempio di
dote
Minerva si formerà il giudizio.
Tu Sacerpreparacile sedie,che noi frattanto
adoreremo
la Dea.
Lue. 0 Minerva
,
vieni
a soccorso
mio contro
nemici ; membrandoti
questisuperbi
ti
quanhai
spergiuri quotidianamenteuditi da
delle acostoro
poichétu come
ispettrice
zioni umane,
vedi tutto quello
che fanno.
Ecco
il tempo di castigarli
mi vedi
e
se
soccombente
in qualche
e che le fave
cosa,
sieno in maggiornumero,
salvami tu
nere
,
,
dandomi
la bianca.
io6
importaU bellezzadeU^
ma
e IMngegno dello sccittore;
stile,
tosto
piutcalcante oratoria veemenza,
una
poiche Parissiade è retore
eglipure.
Diogene.lo^ io sì, lo accuserò^ poiché mi
polte parole^
pare, che dòd vi abbiso^ino
che piùd^ ogni altro
a me,.
e tantomeno
avendomi ^U
stato, da lui vilipeso,
sono
venduto
prima d'ognialtro per due oboli
attuale poco
caso
-
.
soli.
farà per
Diogene,o Filosofìa,
Pku.
tutti noi
Rammentati
la parte di accusatore.
per
far uso
altro o generoso Diogene,di non
•
soltanto di
di
accpse
quelle
tutte
presentarle
ma
adesso badar
nostre
a
non
che
in
giovanoa te,
poiché
comune,
devi alle diffecenxedelle
ne decidere in questo momento
opinioni,
to
qualesia la retta. Affaticati soltan-
difendere la filosofia
biasimata,e vili*
scrittidi Parissiade,
e lasciMdo
negli
scordi,
siamo diparte le opinioni
per le quali
pesa
'
da
combatti
è
Abbi presente
comune.
da
che
aver
te
,
a
che
tutti noi
abbiamo
solo per nostro difensore , e
solo adesso dipendeV opinione
progettato
che
che
l'oggetto
te
si deve
di noi
9
talmentechè
,
dobbidm comparirdegni di venerazione
o
debboBsi
ha
contro
consolidare le accuse
di noi
divulgate.
o
,
che costui
io7
Non
ifiog.
Nulli lascerò»
parlerò
per
temete.
tatti,e quand'anche la Filosofiacoinifìose
( poiché è naturalmente mansuèta
) pensasse-a rimandarlo assoluto^
pacifica
io non
mi perderòdi coraggio
e farò an,
sa
;
zi vedere che
stone.
il ba-
portiamoinvano
non
.
F^os,
Ohibò {
sembra
me
a
megliofar Usò
del
parole che son più forti ancora
Non
bastone.
perdeteadunque tempo
r acqua scorre-, e tocca a te
o Diogenea
parlare»
delle
,
»
,
£piic.Gii altri seggano, o Filosofia
e votino
»
insiem con
te, e sia pur Diogeneil solo
accusatore.
Filós. Non
temi tn
,
che si accordino
a
dannarti
con-
?
ZtuCé Mai
no.
Anftì
vogKo vincere
ottenen-^
,
do
piùvoti.
Pilos.Tu parli,
in vero, generosissimamente*
Sedete dunque tutti,e tu o Diogeneparla
?
pure.
E'
J^iog.
a
te,ben noto,
stati in vita
il farne
di
me
nostra
qui la
mo
siaFilosofia quali
,
,
rebbe
quindiinutil sa-
narrazione
,
e
tacendo
cessero
quanto bene faloro Pitagora,
Platone, Ari«
stesso, chi
in vita
o
non
sa
altri tutti.Dirò dun-»
e gli
stotìle,
Crisippo
colie quuli
que le ingiurie
questo maladet-
io8
tissimo Parissìade ha
deità
uomini
vilipesi
costui retore, ha ri*
nundato, per quanto si dice,ai Tribunali,
vi aveva
e alla cansiderazione che
stata
acquinostra
Essendo
sorte.
tutta
quellaforza del
rivolgendo
dire, tutta queirargutezza che appresa a,
veVa
contro
e
nello studio delle scienze , le rivolse
di noi , e ogginon cessa dì sparlare,
chiamandoci
affacinatori ingannatori e
marci
,
,
persuadeil pubblicoa
schernirci
e
biasi*
da nulla ; anzi adesso
ha fatto sì , che il pubblicoodia te stessa
insiem
uomini
come
con
noi, chiamando
vane
ciance le
esponendocon derisione le
cose
piùprofondeche tu ci hai predicate
di maniera che è applaudito,
e lodatodagli
astanti
e noi non
otteniamo che ignominiose
beffe;
perchèil basso popoloè tal di
ridersi
sua
natura, che gode nell'udire glialtride«d infamarsi a vicenda, tanto
più
quando si biasimane^le cose, che sembra^
vano
venerande,come
appunto godevano
ed EupoTide
Aristofane
cohì*
allorquando
parirfecero sulle scene Socrate stesso ia
recitando alcune insulse commedie
derisione^
di lui. Quei due pertanto azzardarono
contro
tue
dottrine
,
e
,
,
,
si fatti insulti contro
solo,e
in tempo
nelle qus^i
un
un
nona
delle feste Dionisiache ,
tale abuso era permesso » la
log
derisione costituirà
medesima
Bacco
e
,
una
parte della festa
forse.godeva ,
come
del riso di si fatte maldicenie ; ma
costui ha Radunati tutti gliuomini più eccellenti,
amante
si volse per teippo a preparare,
di loro in un voluminoso
scrivere contro
e
e
libro bestemmie
alta
villane,e
Platone
voce
Crisippo me,
quando neppure
,
e
,
costui
biasimare ad
Pittagora Aristotile,
e tutti glialtri in somma
era
quellafesta che lo permetteva
,
,
,
aveva
nen
alcuna in
a
ricevuta
fesa
da noi of-
Sarebbe perdoparticolare.
nabile
se
così facendo
avuto
avesse
di noi, e non
qualchetorto onde lagnarsi
fosse stato egliT aggressore. Quellopoiche
è peggioassai
si è
a sentimento
nostro
si fa scudo
che facendo eglitutto questo
,
,
,
del
del
tuo
nome,
o
servendosi
e
Filosofia,
lo fa coipfamigliare,
di noi. Inoltreha sedotto
contro
Menippo, già nostro amico, e lo
Dialogonostro
battere
ancora
fa declamare
sedo
lui spesse
volte contro
di noi; io fattitraditore della causai comune,
Menippo è il solo che non si trovi qui
costui. Per tutte queste
ragionidunque Luciano merita d'esser ca-
coi)
noi ad
accusar
fatti^checosa mai potrebbe
stigato.'In
egli
dire
quando in faccia a tanti testimoni
ha coperte di ridicolo le cose piùveneraa*
,
fio
de ? Sarebbe
al pubblico
giovevole
quindi
il vederlo punito,
stesso
agli
per insegnare
altri di non
la filosofia.
mai disprezzare
Il
tollerareqnietamente,
e sopportare in
pa-
sìSàttiinsulti,
c?
ne
,
debolezza
ma
frire V ultime
earobbe moderazio-'
non
e
demenza.
Chi
fatteci trasportane
ingiurie
,
doci sul mercato
schia*
tanti vilissimi
come
vi, e facendoci vendere per quanto
detto
incanto per
pubblico
uni
banditore! Eglivendergli
al
,
prezzo
,
altri per
sono
ne
vien
del
mezzo
per molto
attica , e me «
mina
una
questo infamissimo
soli,
può sof-
uomo
,
per due oboli
gran risate dei circostanti. Tali
i motivi pei qualisiamo venuti qui
con
fdegnatie
,
mente
vi domandiamo
vendetta
contro
supplichevole»
qn
si
vilipendio
grande.
I Risusc.
te
Bravo,
o
Diogene
,
hai
degnamene
perorato per tutti.
Filos. Da
Versate T acqua per
parte glielogi.
colui che deve rispondere
adesso, £ tu, o
Parissiade,di tutto quellocb^ vuoi dire ,
perchè r acqua
adesso per te, onde
scorre
ti affretta.
Lue.
Diogene,o
accusato
,
Filosofia non
mi ha di tutto
ha taciuto anzi il peggio,
so
il motivo.
capirne
re
che
quello
lungiio dal
Ben
ho detto
,
e
e
non
negafatto,secondo U
I ir
nfMriKzioDe,e lungi
ptrimente
mi credo itiobblidal tefitierriie
Tàpòi^ogìa
,
Sila stessa
•go di'drr
ch'eglipuò
quello,
taciuto^
aver
detto fino ad ora;
conoscerete, chi fossero quelli,
pòidiè^così
biasimai tacciandoche poàt alKìneatito,^
o
•
dimenticato,'ed io
lidi superbi,
'
attenzione
e
d^ impostori.Fate
dico
veramente
ite
,
non
dunque
il
in
vero
poi la mia arringacontiene
OgJilcoSav^se'
mi
e di duro
cosa
d'oltraggioso
qualcherete
biasimeche per grdstisia
non
ne
lusingo,
coloro che ne son degni.
ma
me
Appena
mi accorai qnanf eran
necessari
gHula menzogna,
l'audacia,il cUmogarìtii^
,
,
,
ré
',il' contrasto,
oratore,^ credei
d'abbandonare
vei^r,
o
che il
'
'
tant* altre
è
conforme
tal
al mio
,
tuo
onde
seno;
rico-
volli,
vita seorresse
della mia
un
dovere
mi
professione
^ e
Filosofia nel
resto
ad
cose
come
dopo una
porto placidoe sicuro
ed
e perigliosa
navigazione
tempestosa
,
ì^' un
-
•
,
,
ivi sotto
Avendo
tua
riposarmi.
l'egida
sol»iper mio
sostegno,
guen^a adorava»
che
son
sola in
conse-
tutti coloro insieme
maestri della vita
assistono 'le persone
che
coloro
perfetta,
a
incedere
nel
to
soltansentiero, -t ohe suggeriscono
retto
le
che
e
,
te
te
cose
non
buone
,
e
convenienti.
L'
uomo
devia da* questo sentiero,'
ma
os«"
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le leggi
tue, ^pr^regge,
felicita la propriavita, il che' pochi
attentametite
serva
e
giorninostri satino sicurandente.
Vedendo poi che molti eran
predominati
sto
della Filo3ofia,
dairamore
m(i d^l fanon
d'
8c;^entifico
soltanto^.che c^rcavanv
imitare t veri filosofi
nellecose più copuuomini ai
,
e
triviali,cioè nella barba, Aeirauda-
tura,
la
nell'abbigliamento.j
e : seorgpiuio
ni,
contradizione continna
la.loro vita,
tra
e
r apparente carattere loro, poichéfacevan
sempre T opposto di.quelloche fai tu, o
Filosofia,e denigravanoF alto
cui volevano
Mi
affettare altamente
,
carattere
i|i?
zientiva.
impa-
di vedere 110 tragico
molle, ed effemminatura
pareva
istrione,di sua
che rappresentasse il personaggio
di
per
Achille, di Teseo, e di Ercole, sens^a sanato,
ne
parlare
recitando
,
incedere da
smaccatamente
Elena stessa,
e
imitava
,
Polissena non
sopportare
che
né
uji eroe
eroe
,
ma
di maiiiera che
avrebbero potuto
cotanto
sdolcinato
si esageratamente la loro ef-
femminatez^a; tanto più Ercole Callinico,
a
un
colpo della
parer mio, avrebbe con
clava sul momento
schiacciato queltasua
lo , e la sua maschera insieme ^ come
quello
ehe diffamava cosi vergognosamente le sue
sembianze. Yeggendoviio trattata in ugual
"4
feci sì
e
rimproveri,
da voi; e
glidistinguesse
ricaì di
che il pubblico
,
invece ades*
quellaonorevole ricompensa,cui do*
vea
veggomi tratto in giudizio.
aspettarmi,
Or dite,potrestevoi incolparmi
d'empietà,
manifestare
se nel veder qualche
discepolo
i Divini misteri, mi movessi
e beffeggiare
acerbamente?
a sdegno,e lo rimproverassi
mai no ! poiché glistèssi direttori degli
istrione che
spettacolibastonano quell*
dignità
rappresenta malamente, e senza
Minerva, Nettuno, o Giove. QuestiNumi
tali direttori,
ma
non
sMrritaiiocontro
gli
80
di
che porpercuotere coloro-,
tando
la lor sembianza, e rappresentando
autorizzano
à
il lor
glidisonorano ; anzi a
personaggio
parer mìo, gliDei son contenti di vedergli
Chi rappresenta male la parte di
castigati.
un
messaggiero commette
servo, o di un
un
ma
errore;
picciolo
grave e vergognoso
,
lo
commette
colui,che
non
sa
presentare
Giove o
in tutta la dignità
aglispettatori
Alcide. Quelloche vi è di piùassurdo poi
che la maggior parte di essi studiano
si e
lezioni e le mele vostre
ditano
scrupolósamente
attèntamente
per agirpoi e vivere
in continua
a quelle.
Egli è
opposizione
che pre-»
certo
per altro, che tutto quello
della ricchezza e
dicano,cioè il disprezzo
,
,
,
»
.
ii5
della
il
gloria,
per il vero
ira , ia non
bene
,
vero
l'andar
del
curanza
tutti,sono
con
ed in
riconoscere la sola virtù
dall'esser
denigrate,
ogni
rità
famigliabuone,filosofiche,
fasto,la
cose
eccellenti;
scevri d'
quanto
ma
son
mercè
predicate
•alarlo , datr ammirazione
di
costoro
mai
un
pei
ricchi,dalla loro avidità
peldenaro, dall'
esser
piùstizzosi deglistessi cagnolini,
più
delle lepri,
più adulatori delle
pusillanimi
scimmie, più incontinenti degliasini,più
e piùcontenziosi dei galli?
rapacidei gatti,
il riso ed il dispreizo
al*
Quindi muovono
alle portrui,quandosi veggono affollarsi
te
dei ricchi, sedere alle mense
di gran
e quispargere lodi sino alla nau*
concorso,
sea
,
mangiareoltre
il bisogno
far viso
,
scontento, filosofareabbiettamente,einop-
portunamente col bicchiere in
mano
,
p
reggere al vino pretto. Accade per ciò
che gl'idioti
comrQensali se la ridano , e si
non
facciano beffe della Filosofiache fa così detestabili
poiè piùridico*
che
lo,è r udire ciascun di loro ripetere,
ad
di nulla ha mai bisogno,
e dopo avere
allievi.Quelloche
alta
uomo
voce
è ilsolo
esclamato, che il filosofo
veramente
ricco
,
vederli
un
ma*
domanda re v e di-«
dopo,accostarsi,
esauditi. Questoè lo
se non
sono
aperaisi
mento
/
ii6
che in abito
stesso
fronte
tutte
con
e
ai
si
atto
plichevole
sup-
di loro. Se
piùbisognosi
che debbano
tratta
,
V elemosina in
chiedere
,
rejgiocol diadema in
le altre insegnereali attorno
poi
proprio
in
perorare
la loro arringa^uUa comunione
vantaggio,
finisce più e non cessano
dei beni, non
,
d' inculcare P indifferenza per le ricchezze,
mai V oro , e V argento ?
dicendo : che son
nulla
del
piùdella
All' opposto
mare.
conoscente
di
gno
un
sabbia che si trova
e
sul lido
tico
quandoqualchean-
loro
amico
avendo
,
biso*
ad essi accostasi,e chiede
di quelmolto che essi posseggono,
soccorso,
poco
glivedete
incivili,
tosto
taciturni
,
confusi
la
di
palinodia
belle
e quelle
tante
predicato,
hsLìf
cantare
,
quanto
espressioni
alla virtù » alla
airamicizi^i,
intorno
beneficenza
,
sparirvia
non
si
sa
dove
,
e
manifestarsi:apertamente
per parolealate ^
colle qualinelle disputeche fanno alla
'
storo
fra loro. Son
combattono
frese*ombra
amici finche non
si
tratta
,
e
d'oro;
un
ma
se
e
di argento
qualchedunomostra
obolo soltanto,addio pace
,
co-
loro
tutto è perturbazione,
e come
irreconciliabilità,
se
mai
predicatoin contrario.
i libri,la virtù fuggevia
e
Spariscono
succede appunto come
quando si getta un
non.
avessero
j
^*9
òsiso
in
un
branco elicani
addosso
(ano
,
che tuttiglisai*
si tnordono
,
vicenda
a
,.
ed
lo porta via. Si racconta
Re di Egitto
insegnasse
assalgono
quelloche
che
certo
un
volta allescimmie
una
sti
il ballo
cheque^
e
,
animali, più atti d'ognialtro nelf
tare
imi-
ben presto
umani, imparassero
i moti
di porpora , con
schere
masul viso, fossero per molto tempo
vestiti
e
quell'arte,
dal
pubblicoapplauditi finche
un
,
spettatore che
al branco.
meKZo
delle noci
avea
Le
si dimenticarono
,
le
lepido
gettòin
tiel vederle
scimmie
di
il ballo, lasciaron
es-
quellescimmie
che erano
le masche*
realmente, spezzando
le vesti,e combattendo
re, strappando
per
quellenoci tra loro, sicché glispettatori
ser
ballerine,comparvero
del ballo si sciolsero beffandosi di essi. Tali
sono
i fastidi
biasimati, e
e
costoro
quelliche
vi
vi
son
questisoli ho
di biasimare,
Di voi altri pertanto
taluni
che
imitano
Credo
bensì di
,
mai
avete
me
la
vera
tion
precetti)
sparlarein alcun
così pazzo di
D'altronde, che avrei
dire? Che
di
e
i vostri
stato
modo.
,
mente
assomigliano( poichéreal-
filosofiae seguono
sono
ed io
cesserò mai
non
di schernire.
,
fatto dì
potuto mai
tanto
male ?
perbi
degno l'odiare queisu-
Dei.
quei nemici degli
Ma
voi
,
o
ii8
Aristotile^
Platone Crisippoe
Pittagora,
,
,
potete asserire che
come
,
alcuna
cosa
di
vi
o
assomigli,
suol dirsi ,
come
e
se
con
comune
sia
voi, e che vi ai
propria?La
scimniia
ha che fare con
non
portano la barba
costoro
abbiano
costoro
^
le,
Erco-
lunga,si
e affettano serietà
spaccianoper filosofi,
a voi.
non
per questo debbono assomigliarsi
Non ostante
avrei tollerato che si spacciassero
»
di
per tali,se fossero stati capaci
cile,
più facheco^
l'usignolo,
finto;ma
quelcarattere
che ravvoltolo imiti
stenere
so-
è
imitino i filosofi
veri. Io ho detto tutto
storo
quelloche avea da dire; tu, o Verità,
puoi far testimonianza se' ho detto la più
picciola
bugia.
lìlos.
Ritirati,
o Parissiade,in altra parte.
facciam noi?
Che
abbia
ch'egli
vi pare
come
parlato?
Firtìi. 0 Filosofia
;
avrei
voluto
esser
costui
mentre
sotto
terra
,
parlava
^
tanto
ha
dipintobene la verità e al solo udir le sue
parole io ricpnosceva ciascun di colora
che eran
di tali imposture e diceva
colpevoli
io subito,questi
è il
è il tale quegli
tal altro. In somala
eglimi ha mostrato
se
gliuomini, cosi ad evidenza come
gli
avessi veduti in un quadro in corpo
e in
,
,
,
,
,
,
anima
dipinti.
tltos. Io pure mi
che
I Sisusc.
Lo
Eglivada
stesso.
nostre
amico,
caduto
a
e
noi lo
avendo
come
pure assoluto
sia riconosciuto
e
accuse,
nostro
re,
voi
Usa
dite?
ne
dalle
vergognata;
sono
benefattore
poichéè
»
che accadde
stesso
qual
ai
ac«
iani,
Tro-
noi forzato questo declamato*
le
a
narrare
quelliil cantore
Eglicanti dunque e
sciaguredei Frigiìponga in iscena i nemici degliDei.
Diog. Io pure o Filosofia lodo molto qiiest*
,
,
,
uomo,
ritratto le mie
amico,
poichéegliè
FUos. Bravo,
o
accuse,
Io fo mio
e
valoroso.
veramente
Parissiade. Ti
assolviamola
pienivoti ; e d^ora
ogniaccusa ; hai vinto a
innanzi sappi,che tu sei nostro.
Pariss. Se prima io ti venerava
adesso reputo
che mi rimane a celebrarti in tragico
,
stile.
»
»f
.
il trionfo mio, bella vittoria,
Orna
Cingimi ilcrin
d^ alloro
Virtù. Manomettiamo
,
e
dammi
gloria
.
botte. Chiamiamo
quest^altra
no
queisedicenti filosofi onde ricevagiustapunizionedei loro misfatti ;
,
la
Parissiade sia il loro
accusatore.
Filos. Dici ottimamente,
o
Sillogismo,che
città,e
convoca
o
Virtù, perciòtu
sei il Bidello,vanne
in
i .Filosofanti.
Ascoltate.
Sillogismo,
Silenzio.
Vengano
i fi-
tao
,
alle accase
rispondere
losofial castello per
d*avaoti
alla Virtù, alla Filosofia,
alla
GiQstizid.
mata
a tal chiaquantipochiaceoitono
in giudi! Ternon molto il comparire
zio
e
poi la maggior parte di essi non
hanno
a
neppur tempo, giacchéstanno
logismo,
i ricchi ; ma
o Silse tu vuoi
corteggiare
che accorrano
in quechiamagli
sta
Pariss. Oh
^
,
'
,
,
maniera.
tìlos. No, è
meglio,o Parissiade,che gli
chiami tu stesso, come
piùti piace.
Tutti quelli»
Pariss. Volentieri. Zitti,tacete.
«he^dicon di
esser
(Conveniente
un
che
Filosofi,
tal nome',
date
premii saran
e
una
una
una
a
e
al
due
stello
ca-
mine
quegliche
più folta,riceverà
filzadi fichi*Non
loro
dei
ripartizione
ciascuno
focaccia di sesamo;
barba
vengano
nella
della città,ove
credon
occorre
»
avrà
pur anche
che portino
seco
modestia, giustizia,
grandezzad^ani**
mo,
poichénon
per altro i
son
cose
tino
necessarie. Por-
cinquesillogismi
giacche
di questi,
ninno può esser filosofosenza
Voi che pugnate a forza d' argomenti
Venite,un premioé quidi due talenti(i).
w
n
(i) Iliade iib. 11.
,
122
biasimata per
esser
dato
aver
non
un
segno
distintivo,e sicuro ai vostri veri seguaci
,
possono essere
per tal
fusi coi ciarlatani.
che
Filos. Penseremo
viamo
a
mancansca
con*
questo tra poco* Ora rice-^
questi.
/ Platonici. Noi
Platonici dobbiamo
i
essere
primia ricevere il premio.
PitAnzi noi Pittagorici
Pittagorici.
poiché
tagora fu il primo.
,
Stoici.
Ciancie
vane.
preferire.
No,
Peripatetici.
Stoici siamo
Noi
da
poichéquando
debi Peripatetici
si tratta di danaro
bon essere
i preferiti.
le focacDate pure a noi Epicurei
Epicurei.
certamente;
,
eie
,
,
e
se
le filzedei fichi; in quanto ^Ue mine
dobbiamo esser gliultimi aspetteremo.
Accademici. Ove
sono
i due talenti?Noi Ac«
cademici
di
proveremo
di tutti glialtri.
Stoici. Mai
ziosi
più conten-
esser
finche noi Stoici siamo
no,
qui
presenti.
FUos.
Cessino
disputetra
di voi
,
e
voi
airaltro,
di percuotervi
coi bastoni,perchèa tutt"*
Cinici
e
le
cessate
di addossarvi V
uno
altro fine qui foste convocati.
unitamente
alla Virtù
,
e
Io
dunque
alla Verità giudi-
123
cbetemo
che
qualisìeno i veri filosofi
; e quelli
troveremo
nostri dommi
,
conforme
vita
menare
ai
riconosciuti per tali.
i malva^
poisenza pielà
saranno
Annichileremo
che nulla ban di comune
gi e gr impostori,
noi
di comcon
parire
malgradola superbia
,
filosofi
la
Ve',
che avvenne!
Ma
gite?
fug-
di essi si precipitano
maggiorparte
giùdalla rocca. Ecco vuoto il ca«
stello,e rimangon soltanto pochi,che non
il giudizio
O ministri racnostro.
temono
cattate
che un Cinico fugquellabisaccia,
gendo
,
si è lasciata cadere. Vediamo
,
un
quelche vi è dentro forse delle fave,
libro»o qualchefocaccia*
un
Pariss. No, v'è delForo, de' profumi,un
coltellino da sacrìfizii,
uno
e de*
specchio^
poco
,
dadi.
Filos. Bravissimo
dunque in
,
Cinico
o
illustre!
ecco
che
vi esercitate,e con
questi
niezzi volevate chi insultare , e chi istruire.
Pariss. Tali
troviate
,
e
sonò
un
costoro
onde
mezzo
ognun
trovar
servir deve
la menzogna
i malvaginon
però che
stura
questa impo-
convien
cessi
qualisieno nella so*
e qualii falsi.Tu
o
giacché
questo mezzo,
vegga
cietà i filosofi
veri
Verità
,
dei
,
unicamente
,
per te, acciocché
ti possa soverchiare , e
onde illudereglialabbiaiio,
non
124
avendo
tri,non
gna
quandosòn
alcun segno che li distin*-'
mescolati co* buoni.
Verità, Affidiamo questa incumbenza
ft Paris-*
siade stesso, se così vi piace,poichè-egii
si
è
e
o
e
dabbene, amico nostro^
tuo
particolarmente
grandeammiiratore,
ne
Filosofìa.£gliprenda seco la Convinziósedicenti filosofi,
tutti questi
e esamini
,
mostrato
coroni
uomo
d' ulivo
,
al Pritaneo
invitando
tutti coloro che troverà
seguaciirreprensibili
della vera
Filosofia.A quelli
poi che
n* h grande) esser
troverà
( e il numero
uomini bugiardi
e perversi
strappi
pur loro
la bisaccia
tarpila barba con forbicioni
,
da tosar le pecore,
ponga loro
fronte,o imprima in
fuoco la
,
rimento
detto ,
,
in
delia scimmia.
o
Verità, e Tespe-
o
che devi fare
segno
alle ciglia
col
mezzo
della volpe
figura
Ji/o^. Benissimo
un
o
mile
Parissiade sia si-
quelloche fa l'aquila,
per quanto
de'
suoi
Non
dicesi,
pulcini. vogliodir già,
che tu esponga i filosofi
ai raggisolari;toa
bensì presentiloro d* avanti oro
fasto
mollezza;chi vedrà tutte queste cose, e
lascerà abbagliare
anzi le
non
se
ne
ma
d'
disprezzerà,sia pur da te coronato
olivo. Quellipoiche spalancheranno
mente
avidaa
,
,
,
gliocchi
9
e
stenderanno
la
mano
al
ricco metallo
sienó da te
,
loro primieramente tosar
alle fiamme.
Pariss. Sarà
tutto
,
o
conforme
eseguito
afferrati,
e fatta
la barba
ducili
con-
,
Filosofia puntualmente
al
volere
tuo
,
ed io breve
vedrai molti di essi portai» sul volto impressa
la figuradella volpe,o della scimmia
pochissimicoronati. Che se poi vi
,.mVim pugnereidi condurvene
piacesse
qui
qualcfaeduno.
Filos. Che cosa, dici? vuoi dunque richiamare
?
quelliche son fuggiti
e
Paris4. Sicuro,
per
se
UD
la Sacerdotessa
volesse affidarmi
queiresca,
momento
Famo, cl^eil pescatore
del Pireo
e
ha
quelcon-
alla Dea.
saccatp
Sacerdotessa.
Eccoti
tutto.
Pigliaapcor
la
perchè nulla ti manchi.*
tessa
Corona dunque l'opera,o Sacerdodammi
alcuni fichi,
e un
poco dWo.
canna
,
Pariss.
,
Sacerd.
Eccoteli.
Filos. Che
domine
pensa
di far costui ?
Quando avrò infilatiquestifichi,6
le
neir.amo, mi porrò a sedere sulquestuerò
Parii5.
di questo castello,e calerò Tamo
alla città.
mura
dentro
fare, o Parissiade?
tu
pretendi
di Pepescare pietrenel quartiere
Filos. E che
Vuoi
tu
?
lasgo
.
T2(J
Filosofia» ed aspettate
pescatore Nettano, tu Am-»
Pariss. State zitta ,
o
la pesca. E
tu
fitrìtesua
Sposa, mandateci
bondansa.
Affé! veggo
o
un
pesciin ab*
grosso Ragno
»
anzi un^ orata.
è
Liberta. No,» egli
air amo
ansante
E*
si accosta.
Pariss. Anche
ho
te.
tu,
trarlo
per
Tediamo
Come!
pesce gatto, e ^i^ne
ali*odor delPoro. E* vicino,
un
un
è
o
tiriamolo
preso!
su.
Libertà,porgiuna
qua sópra.Eccolo
poco chi
eglimuto?
denti ha costui! Che
cosa
tu
ma«
finalmen*
sei,o buon pesce.
Per
Ercole! che
ti è accaduto
o
prode?Tu sei avido,e ti sei fatto acchiap*
sotto ai quali
speravidi
pare tra gliscogli,
sarai scoperà
tutti; poichét'impiccheremo
per le
startene
to
a
nascosto;
ma
oramai
mascelle. Caviamogli
intanto dalla bocca V
amo
e
Y
esca.
Affé Tamo
è vuoto,
e
costui
Toro.
mangiatoil fico,ed ha inghiottito
Diog. Oh! bisognache lo rivomiti. Ne ab*
biam
troppa necessità per acchiapparne
deglialtri.
ha
gene,
Pariss. Sicuramente. Ma che dici tu, o Diode*
conosci tu costui? Ti par egli
un
tuoi?
Piog. No.
Pariss,
Dunque ^quanto dobbiamo dire,eh*
127
Io Tavea
vaglia?
egli
valutato
prima a
due
oboli.
dog. Troppo lo avevi valutato,poichéegli
fetente alido,e vile ;
è un cibo insipido,
dunque col capo air ingiùsugli
scogli,
gettalo
,
su
un^ altra volta ramo
calando
e
qualcunaltro. Bada
il peso
siade, che
Pariss.
tira
,
Non
temere
o
o
la
ti rompa
non
,
per altro ,
Diogene
,
Paris*
canna.
essi
sono
delle cecoline.
più leggieri
tira su dunque.
•Diog.Hai ragione,
altro
Eccomi
Pariss.
pronto. E chi è quest'
un
largolargo,che si accosta come
pesce
spaccato per il mezzo? Eglista colla bocca
'
aperta innanzi all'amo, insieme
con
molti
altri.Eglirha
E
Z"ìog.
si
inghiottito.
della setta di Platone.
spaccia
Plat. Anche
tu
furfantaccio ti accosti all'oro?
Pariss. Che
ne
dici Platone, che s'ha da fare
•
di costui ?
Plat. Gettiamolo
pure
su
Gettalo dunque^ e
/"iog.
ne
d'acchiappar-
cerca
altro.
un
Pariss.
quegliscogli.
bellissimo peste , che si va
Nella profondità
edell'acqua
Veggo un
accostando.
varietà di colori;ha delle
g)ipresenta una
strisele d'
questiè
Egliè
oro
sul dorso. Vedi
che
colui
venuto
,
; è
,
o
Libertà
Aristotelico si
ritornato
a
,
fingea.
dietro. Bada
128
bene
bocca aperta incontro air
E' preso ! Tiriamolo sopra.
amo.
Fiat. Non domandarmi, o Parissiade,
chi sia
costui,perchèlo ignoroaffatto.
,
ritorna
a
Fariss. Gettiamolo
dunque
«
glialtri su
come
gliscogli.
Viog.Oh quantipesciscorgo adesso tutti d'
ruvida
colore ! Ispidi di pelle
o
un
più
dei ricci. Per quedif6ciliad acchiapparsi
sti
,
,
è necessaria certamente
Basterebbe che
r abbiamo.
non
solo da
uno
bene
arma
rete;
ne
turba; ma
quella
dunque
l'amo
dessimo
prenil più
ti pare;
se
la fune di fil di ferro ,
eglinon la strappicoi
r r oro.
ghiotti
Parìss. Son pronto
ma
l'amo.
ardito abboccherà
Libertà. Getta
una
,
e
tu
denti
o
,
ma
perchè
volendo in«
Nettuno
,
fa' prosperare
la pesca. Ahimè!
combattono
pel
alcibo ; molti insieme rosicano il fìco;ed tri
nissimo!
si sono
fortemente attaccati air oro. Ben*è
giàpreso
molto
uno
gagliardo.
Domandiamo
a costui,quarè il suo
nome,
benché sia ridicolo T interrogare
un
pesce,
che è muto.
Or tu Libertà dinne chi ebbe
costui per maestro?
Liberta. Crisippo.
Pariss. In fatti, in
S
tu
0
quelnome
dimmi
Crisippo,
,
vi è dell'oro,
te
ne
scongiuro
taia
é1
àA Liceo.
portico?C^mìttcivtpxo
Nulla importache si coihinci da una parte,
o
,
ddiraftriiJlrf
tanto
o
che
siatpocettì
,
iiv,
afndremo, avremo
ftfog^i
qualunquedi V^tté^siti
re,
roventi,per bollapiù bisognodi sigilli
che di corone.
GALLO
IL
^
E
MICILLE.
JUficille.,
r
schiacciarti Giove,
ossa
invido
défia mia
tanto
Tu
voce.
,
o
è di
quiete,
io notaVa
mentre
Gallo,
malèfico
in
s\ strìdula
dolcissìnio sogno
^^deva un''£(toini^àbile felicità, mi
ricchézze ih
un
Con
queltuo
giiaisti
Per
canto.
da
più di
intórno
me
clatòcroso
e
mi
risve-
e
penetrante
di
te neppur
tanar
potte posso allonla miseria , cui detesto ancora
stesso. Nel
te
le
al-
mezzo
che
cuporsilenzio
e dal
qoiregtia,
dal freddo
,
sentirmi Intirizzito
non
secondo
d'
il solito d*ogui
segnalecerto della vicina aurora,
argomento che jion può essere ancora
nepsenpùrmezza notte e questo^anìmalaccio
mattina
,
,
za
sonno
,
coìrne
se
fosse destinato
4ià d^l vello d'ói-o,appena
ad urlare ;
ma
non
a
guar*
è siéra comincia
durerà
j)ìùoltre
un
i3i
giACcJftb
iipp^iM Mvà gioraa,saprò
Amba io «avauiccaiidolo
-a furia
cnjicigarlo
dì b^Btbi^e^ io QÌ^eitoQ fo adesso perchè
salpando c^U laUp "scwo pc€ la acanzi^ afugmiei colpi.
gì^,
potrebbe^!
Gallo. Mtcille.Padrone* Io credea di giotar*
pezz^9
»
«
'
h àocte
ti abbi;6vìdndoci
quanto io potèa »
acciocché alzandoti per tempo tu potessi
finirei tuoi lavIpìBi
«iCaeqf iresé avanti il nascer
del sole tuifinissi
una
scarpa
,
non
a-
vrai Isivo^rato
4o ytnò
per guadagnartiil
"ì è dolce *itdormire , io starò
vitto. Se «poi
che un peace^Abbada per
/più
altro "cibepiaoonidoti
tc^i^po di arrtccbire
doroàendo»tu^non. labbiapoi destò a/patir
zitto,e
pulito
la.fame.
».
^
.
poatentoso iQiovef 0 ^ode che
dalle ;iSFe«tn9e ! che afifenoe? U
difeqdi^
Gallo b^ vumìnna. favella?
MiciUe, 0
'
Callo. E
a
.che
se parlocome
stupirti»
^ri?
,
Micitl0.E mi domandi.
Tu mostri
.
?
perchèmi stfipiqco
so-*
?',:•••
»
o
pare^ la tua crassa
:hai letto neppure
qualiXanto
voi^
dcFÌaieilmale.obn mi
;t)ebt.0 Numi»
vr^sta!
Q^Hq*
"
Miciite » per ^ai^nto^mi
non
et che tu
ignoranza,
ì poemi d* Donerò nei
«
eavallo di Achille lasciando di
nitrirein inezzo
alle
e
battaglioparlava
,
recitava rnteri versi
colui che
; né
paresse far
che
futuro,senza
tu.
fo io in
come
eglidi più vaticinava,e prediceva
proia;
il
non
e
,
lo udì chiamò
na
stra-
cosa
fai
^ come
Dama*
Ercole protettore dalle sciagure
,.i
che
ginandoci
faresti mai,
U
mia
la
se
tu
ti
Argo
nave
altre volte,
conie
sia fatale.E che
voce
q
parlasse?
udissi vaticinare
con
le quercì di Dodona
o
se
tu
,
delle vittime, e
vedessif muoversi le pelli
udisti muggire le carni dei tori mezM
ar^
propriavoce
rostite
,
?
spiedi
nor
'
,
Io finalmente
V
Mercurio
tra
bollite
mezse
e
gliDei
,
sono
ed ìn6late
negli
P assistentedi
e sapientissimo
eloquentissimo
ho comune
cogliuomini it te-
bo
debdi vita,e son loro compagno,
non
idùnquèdurar fatica ad imparare il loro
Se pòitu mi prometti
di
linguaggio.
ti svelerò la vera
cagionedella mia
umana,
e
donde
Micille. Sarebbe
mi
mai
tacere,
favella
viene concessa.
un
nuovo
-
ancor
sogno
h veramente
an
Gallo, cfaNemi parquesto!
la
! Dimmi
adunque,ó buon Gallo, per T
amor
di Mercurio
,
donde
ti
fidai la
venne
già eh* io parlie che
lo dica ad altriv porcheae lo facessi,
e se
ud gallo
dicessi,che ho inteso ragionare
favella? Non
temer
,
,
,
cibi mi crederebbe
GaUo.'Odimi
?
dunque.So
/
che il mio
racconto
i33
molto strano; ma sappi
che belait
ti ^arrà
the adesso ti sembra oo Gallo ^ poco téuapd
fa
era
un
uomo.
già prima d^ora Uclitdnarrare/
qualchetosa di simile di voi altri Galli*1
amico di Marte chÌ8«
cioè, che un giovine
Gallo»che con lui trastiillayasi
mato
amo*
Micille. Ho
rosamente
visite
a
lo accompagnava
t^ellesuo
temendo che Febo
Citerà; Il nume
^
a Vulcano
vedesse^e lo scoprisse
lo
^ lascia^
sulla porta , perchè
sempre il giovinetto
Io avvertisse quando apparivail Sole. Ac*^
V{^
volta,che Gallo si addormentò,
lasciò libero il varco
involontariamente
cadde
4e
della
e
una
forteua, cosicché Febo colse Venere
Marte che dormivano
dandosi che il Gallo
.
senta
sospettoi "*
gliavvertisse
,
se
niva
ve-
Vincanoadunqueinforqualchedunoi
inato di tutto da Febo, glisorprese e gli
avvolse nella rete di ferro,che a bella pt"sta aveva
preparata. Quando Marte fu li-»
fortemente contro
GaU
berato, sdegnatosi
to lo trasformò in augello
, conservandogli
le armi che dianzi avea
perciòvoi portate
la cresca invece delFelmo, e perciòtuttavia
gridate
per farvi sentire da Marte uir
dell'alba,
apparire
quantunque inutilmente.
„
,
Gatto» V*è
ma
chi dice queste cose, o Mietile,
il mio caso
è tutt'altro,ed io sono
uà
di fresca data.
garilo
Mi€ille.E come! voglioéapereassòtdtamente
questa storiella.
Conosci
Callo.
MicUle.
Parli
che
,
il figlia
di Min*
T
di Samo
sarco
a
Pitt^gof
tn
quel sofista orgoglioso
leggedi non cibarsi di
di
ta
^
la
imponeva
sa
carni, né di fave, esiliandocosì dalla men? Parli tu insom^
il mio cit"opiùgradito
Colui,xhejnduceva inoltre gli(lominon
parlarper ciàqne anni ?
di
ma
ni
a
E
/Hallo.
sai tn pur
anche
j
che
avanti
di
es«
Etìforbo ?
stato
era
egliun Fittagof'a
fosse ufi iràticinato*
Mìcille. Qicpno, ch'egli
ser
re.,
GallOi
e
di
fiabifo
un
Ebbene
;
portenti.
quelPittagora
appunto son*
io, quindicessa,
\
\
bnon
o
di
uomo,
giuriarmi come facevi avanti
qualfosse la mia condizione.
di
,
più ia-
conoscere
\MtcUle.
Oh ! questo veramente
è un prodigio
\ piùsorprendente
d* ogni altro ! Un gallo6\ losofo! Ma dimmi
di Mnisarco,
o figlio
,
'.come
£
come
da
uomo
ti sei conver'tito in uccello ?
esisendo
tadino di
a'
Samo
Tànagra?Tài
cose
babili.,
e Aioltó
nato
ai
te
non
so^no prò-
credibili;anxi parmi
tdeno
ch^ io scQopra in
diventasti cit-
due
cose
prttagorici
prì"cetti.
Qallo. E quali?
affattoopposte
Mkìlle* Primiera mente;
ione,
che
uno
perchèset
aa
qt^r^
gridasempre, mentre; Pitta«
erro
) predicavail silenzio
( se non
per cinque ioteri aufii»Se^condariaoKOiite
h Kien^q contraria Qi pre«
anello pbe f;ii
non
al*
c^ui di colui,je^i
P041 9^yendo che cosa
tro.4a^sL^t]
come
per maqg^ar^, ti gettai,
devi ricordanti»
d^U^ hy^ ^ |tu le;ioangìa*
sti senza
ritegnpajc^ao quindicqfin^ien
gora
,
»
,
credere
^
o
che
tu
m^ota
,
e
sii tutt*altro
ó phe tii facci?ationi illePittagpra,
fave
e peccaminose ijuangiando
gijttime
delijtto
qualesarebbe sfato se aveplxuan«
giatola te^ta del tuo p^dl^^*
che
,
Callo.
Ma
tu
non
sa^ ^
o
,
M^iU^til moti^
ciò che hai veduto, uè ^
di
che conviene al*
Io non
allora le
d'ognuno.
iqia.Qgiav.a
fave p^rphèio era.filo$o"),
ed ora le man*
gio,p«:rchè
appunto 1^ ^vfisong pietanze
da gallji,
js non
pQptengonp pf^r nqi alcuno
da f itascqUa come
^na «e ti pifc«
arcano;
ta vita
do«yentato6aUo,quantagpr^, ch'io era,^on
te vite bo vissuto p^r iloinnanzi
e ciò che
,
ho ottenuto daMe piietrasmigrazioni.
MicUle. Dì pure, Q G9U0, che il tuo racconto
c^ljie
s^rìi così dpfipe
s^
qualcuno mi
»
di scprjrf Ara jl^udiriP
razione,
|a ma narproponesse
mi
e
ho
ilànn/("y«r^ quelfelicesogno che
f^ttp.poc'aOf"ifc
nQO
saprei9 qualede'
i3ff
.
due darei la
preferenza
; tanto
simile il tuo
racconto
ttoipài"con*
ciò che
a
mi sembrò
dolce in sogno, e credo che tra queste
due cose il valore sia precisamente
uguale.
A
E
CaUo.
ti
fissoancora
sta
sogno ! die diamiM
e
hai
corri dietro ad
dicono
licita,
come
Micillè. E
tu
illusione conservi
qoal vana
ne^
nella
sognato ?
tu
e
di
immagiaerea
fé*
i Poeti?
dimenticherò
neppur
V
futileed
una
quel
mente
mai
siine
,
qUelSogno. Tanta dolcezza
occhi
che appena
lasciata sugli
mi ha egli
aprirpi^sso le palpebre che Isubito da se
certo
o
Gallo
,
,
,
Sfesse
mi
si richiudono
per dormire.
quellalarva producein
so
solletichìo di
in.un
lo
me
svolazzante
utia
somma
Instes*
penna
orecchio.
Callo. Oh
per Eròole ! Ttì descrivi con
de entusiasmo
è, come
egli
tuo
questo
sogno!E
dicono, alato,e dura
quanto dura ilsonno
$
questo
tuo
gran*
poiché
a
volare
sogno sai*
chi
più del consueto, e ti fa sognare ad octi par dolce, e evidente ;
tanto
aperti»
quindigiacché
egliti parve tìanto dilettoso,
narrami
qualeegliè stato.
Micitle. Sono pronto a narrartelo^poichémi
ta
é dolce pur anche il rammentarmelo
ed il
,
narrar
cose
tanto
per me deliziose. Ma tu ,
o
Pittagora
quando mi
narrerai le
tue
tra«
i38
dà
al suo
principio
bel
un
il piùbello
i metalli.
tra
Ca//o. Chiedi tu forse
eia
lodsindo
canto^
quell'Odeche
comin^
:
'Ottima r apqqa è in vero-,
altri et^menfi b^ U vittoria,
E sugli
»f
1/
d'ognialtro metal
Ma
w
T oro è il primiero
,-
ilmortai colla sua g^orià^
Abbagliando
ro
PindaMicìlle. Appunta questo. Sicuramente
M
mio
ebbe il medesimo
loda
tanto
1'oro.
Se
sogno
,
e
perciò
viiói
dunque sapere
ascolta,o sapientissi*
qoal fu ilmio sogno,
Tu sai eh' ieri non
ho pranzato
mo
gallo.
in casa, perchèil ricco Eucrafe incontrandomi
mi disse di andare
sul mercato
a cena
dopo che avessifatto il mio bagno.
Gallo. Pur troppo lo so, che digiunai
tutto il
giornofinche verso la notte sei venuto, 6
m'hai date quelje
verìacinquefave, cena
nàente non
troppo invidiabileper un gallo,
che una
volta fu atleta,è pugnò nei giuochi
;0ndre.
sen^a
Olincipici
non
Mìcille. Dopo la cena
dupque venni g.casa;
da lui ,
detti a
te
le fave , imcMediatamehte
allora , per dire c^mé Omero:
e
'^
^»
...«•«
dormentai,
mi ad-
.
.
Nell'ambrosia notte,
Ebbi simile ^1
ver
divino sogno.
Gallo, ^accont^iai pritna,
o
M|cille tutto
,
che
quello
*
fu la
ledesti in
Come
cena.
d' Eucrate.
casa
f iuscì
il convito
Qual
poiché
quel
»
nulla t*impediscedi gustare di nuovo
banchetto i introducendolo nel tuo discorso
sicuro sogno, e tìéllà retniniscenti parrà di gustar sempre
lo
esso
un
come
di
2a
'
pietanze.
Micilte. Io supponeva
ti
racconto
in vita mia
di ricchi
giacché
ma
;
buona
Y
in
cenato
sorte
tal
un
noil
casa
volle,che
Eucrate,e dopò averto
ieri
incontrassi
gììimai
la mia
iDa
»
che
,
lo farò volentieri.
te
,
aveva
Qallo
potesse annoiare
desideri
lo
o
»
lutato, secondo
il mio
sa*
tirai di
costume,
si rergogoasse
lungo,supponendo ch^egti
d* accompagnarsi
straccione. Egli
con
uno
o MiciI-'
per altro mi tffsse: Oggi festeggio,
ed ho
le, il giorno natalizio di mia Bglia,
invitato molti
che
un
noi
con
in
siccome
amici ; ma
di loro è malato
e non
,
sua
vece
che
dio
Ta*
,
fare il tuo
a
poichéper
viene
non
nar
può cerai
bagno,e ver-
s' eglimanderà
,
,
udendo
ho saputo
io salutai, e
a
ora
mi
far
pere
sa-
é incerto,
partii
che mandassero
tutti giiDei
supplicando
qualchefebbre o pleuritideo podagra
ali*infermo
cui doveva
io rimpiazzare
,
,
,
,
,
tome
rivale,ed
tlel lagno mi
erede
parve
un
11 teriipo
secolo intero ; ad
alla
cena.
t4o
T ombm
del SoW ^
guardava
nel bagno.Yen*
entrar
e quando io doveva
alfin T ora
mi bagnai e andai là, ve-^
ne
momento
ogot
.
,
,
étito decentemente
mio
^
mantello
consunto
disoprala
avendo
parte
per
,
rivoltato il
mostrare
Trovai
più pulica.
porta altri diversi convitati, e colui
al
alla
ra
anco-
nel posto d^lquale,io doveva cenare» e
che si diceva ammalato.
Eì si faceva por«-
da quattro servi ,
tare
in
un
e
mostrala
d^esser
deplorabile
stato, giacche
sospirava,
tossiva,si sforzava
a
scaracchiare,
e
nulla
e bolso,e poteva
fuora; era giallo
eli*
Si pretendeva
circa s^s$aot*anni«
avere
che cianciano coi
eglifosse di quei filosofi
ragazzi.La sua barba era da caprone, ed
veniva
bisognod' esser tosata^ Costui
dal medico Alcbibio^per esser
ricnproverato
spose:
trovandosi in quello
venuto,
stato, ridoveva mancare
che non
airobbligo
suo
specialmenteche essendo filosofo
anche 1^ostacolo
sormontare
convenivagli
di mille malattie,poichéEucrate avrebbe
chMo lo disprezimmaginato(soggiunse)
avea
gran
,
zassi.Niente
^'
,
,
anzi
affatto^
diss'io;
ti lode^
di morire in casa tua,
preferirai
bare
scaracchiando l'anima disturpiuttostochè
il stto.convitOé Costui pienodi super^
rà
'
,
se
bia finsedi
non
intendere
il mio sarca^o^a.
i4f
Poco
dopo giunseEucrate avendo terroU
il suo bagno e nel vedere Tesnsopoli
nato
di quelsapiente)
(taleera il nome
glidiase:
,
,
hai fatto bene maéstm
noi; per altro
alcuna
,
ti sarebbe
non
poichéanche
ti sarebbe
stata
Così
la
mano
a
da
cos^
fossi venuto»
casa
la
tua
te
par-
dicendo,egliéntrÌK
colui
a
stesso
mancato
non
se
mandata
del banchetto.
dando
venir tu
a
che sì faceva
,
reggere
sor-
dai servi. Io
dunque mi preparava
alla ritirata quando Eucrate, che mi vide
assai turbato,dopo aver
pensato alquanto,
così disse: £ntra ancor
a mcf
vergendosi
tu,
o'Micille,e cena pur con noi perchèordìche vada a mangiarenel
nero a mio figlici
,
,
,
'
,
Gineceo
per
'
con
te ancora.
così ci sarà posto
Entrai dunque a guisadi lupo
sua
madre;
e
affaioatòdi
di
tro
preda,vergognandomiper alio la cagioneper cui il fi*
comparir'
glioera
mandato
a
ormai tempo di mettersi
rono
altrove. Essendo
cenare
a
tavola
e posero
primieramente,
Tesmopolisulle
nostro
porta**
il
mensa
,
a-
braccia di
cinque
robusti gan^oòr ^ che lo circondarono da
farlo star ritto.
ogn^parto di gw^nciali
, per
Siccome
voleva
accanto
stargli
di mensa
mi fecero suo compagno
; quindi
una
cominpiammqa gustare, o Pittagora,
éerie
nessuno
di pietanze
tutte
moltiplice.
,
diverse
e
i4»
di
imbaadUo
ogniqualità»
di argento. La
e
era
di bicchieri d* oro^x"inca da
namero
gran
tavola
d'oro
pitfuì
di an
guaraita
in
somma
servi avvenenti,da cantori,da baffoni,insocietàd ivestente oldte«lodo.
eca ocu
asfl^i»ed
affliggeva
quelTesmopolicbeA'iinqoìetavii^ranUna
era
sola
cosa
mi
demente,facendomi pompa di «nna certa sua
mano
forche due negaiiiise
virtù,epriedicandomi
^i^rmativa , {i) che se è giorno
una
è notte, dioevami tabra
non
le corna,
eh- Ì9 «aveva
simili akresciooche^ee, delle
e
io punta voglia;;
«int parlava
o mi frastornava il piacefilosoCQggiando,
qualinon
.
avtea
lasciandomi udire ^ né i sonatori,
né i cantanti. Tale fu, o Gallo, la mia cena.
non
re,
fu deli;"io0a»
oMiciUe, apecialmeote poi,che fosticondannato aaededere accanto
vecchio ciarliero.
a quel
Ca/io. Certo, non
.
Mieille. Ora ascolta il.mio sogno.: :mi parve
che Eucrate fossesul punto di.ciiorirejoen^M
6gli.
Eglicbiamommi
a«e.,
e
col
soo
stamento
te-
erede^suo universale.
mi costituì.
Dopo non
(i) il
tetto
negativa
4el
tetto
,
ma
molto
dice
ti
che
morisse
parvemich*egli
doe
affermatire fanno
t'o-pponacka qaetto tia
an*
errore
greco.
Digitized
by
ona
Google'
»
i43
che fosse in poter mio il versure
a sporte
V oro, e r argento, e che nonostante
non
e
ne
le àhre
tutte
V abbondanza.
mai
scemasse
Cose
ancora
le inense , te Wzafe
'
mio', come
•to era
bianchi
,
«ccioe
mie
le vesti,
tutglischiavi tatto
sdraia*.
era
(Jaitidi
giuistò.
,
cóc"*iò
toi8ovrann
,
Erano
,
tirata da
,
doè
cavalli
guid'sfv^a
lò'gli
espósto aglisguardi
da tutti invidiato. Molti
dei circòst£rfAti-,'e
^Itri cavalcavano
i itìldprebursOri
eràho
,
al mio fianco ed altVi raojtìmi venivano
*dfetrò.Io !avea inclosso le vesti d' Eucrate
'
,
•
é
'
sédici
,
anelli alle dita.Ordinai che
fesktìfì
Isipreparasse
banchetto
Hldgnifìea
per
i squali
nella rapidità
f ratt^lre g)iàmiìii
so-lita dei sógni; vennero
iiufuediatamente.
Si .'cpminciò
;h cìena e già eontinuavasi il
%erje or ({uandoio mi tròv«iya a questo
un
,
,
,
.punto,
e,
beveva alla-salate di ciascun
con*
d'or^,'
quando'giàimbandivansi'i' pasticci,
in*
tu hai cantato
témpest^^uKfnfe hai turbato il convito ^
vitato cèti'bfecWeH
,
mi
hai
mensa,
pritàfo^della
e"
neldissipata
\ Taria^laittitì^tìccheMa. fFi par forse,ch'io'
di te ?.ìq che
mi sdégha^i
a tor^o«contro
"quel
prolungato
«ogno
?
gioffiiite
avrei
voleritìe'ri
tre
intef e
GflUo,E
oro^e
sei tu'$
o
ìfieille, coaì
amante
per
fieli*
solo og«*
da far^e-il:
dellel'ìi^heKze,
^44
e da eoosidera-*
getto dellatua meraviglia,
felice soltanto chi molt^ ora
re come
pos*
siede ?
Mietile.Ma
io non
il solo»
sono
Pittagora,
pensicosi;tu stesso quandoeri $ofor-
che
bo
ti ornavi d' argento
,
e
d*oro le chiome,
a combattere
giiAchei
qnando givi,
appunto in meazo
sai meglio deir oro
sto
,e
qoe^
alla gaerra, dove as^
conveniva il ferro. Tu
«ir opposto
con
portandoi capellilegaci
uscivi alla battaglia
oro
ch^
; an^i parlai
Omero
i tuoi capelli
stesso
a
assomigliasse
delle grazie,
giacchebrillavano cosi
quelli
riccamente
annodati e comparivano più
belli gareggiando
con
queiroro stesso in
,
.
»
La tua
fu^idezxa.
aurioriniio eroe,
di Panto
al figlio
condotta ciò nonostante,
era
o
òro
perdonabile,
poiché
ben
era
leoito d*
atnar
V
quandoGiove stesso^ il padre degli
Dei
nomini e degli
4i Saturno e di
figlio
,
,
,
Rea
non
innamoratosi
della
,
seppe
come
vergineArgiva
megliotrasformarsi,e
,
'
co*
più facilmente
i custodi
corrompere
messi là da Acrisio,che assumendp la fbr*
me
ma,
come
tu
sai , di
pioggiad^oro
,
onde
la
grondandodai tetti,insinuarsi neldelfamata dpn^ella.
camera
Quindi che
posso io diiptidi pia in lod^.diquesto o^e*tallo? a quanti
bUcigni
egliprovvedemai !
potette
•
i46
ro
Deppur
stesso? Il
se
per
ieri 1^altro,e
la
tutta
legge fu redata
della
roba in virtù
sua
da
nipotemorì
Simone
colui
,
che si vestiva per lo innanzi di stracci
e
,
di leccare i piatti;
oggitutto
si contentava
fuori vestito di porpora,
esce
allegro,
color d* amaranto;
d'oro,tavole coi
da tutti,
e
non
o
di
ha servi,poderi,
tazze
to
piedidi avorio, è rivericura
Yeggendolo
veruno.
lui
passare glidissi:tisaluto o Simone ! E coche
irritato gridò
: dite a quelmendico
mi chiamo
non
Quello poiche
lo
poiché
Simone, ma Simonide (i).
che
si è
è piùsingolare
il
impiccolisca
non
mio
nome,
,
,
anche le donne, e colui fa il superbo
amano
^
con
altre ne
e
esse,
ammette,
molte
trascura.
strapazza alcune, ed
ne
e
mostrasi benevolente,
minacciano di uccidersi s* eglile
vedi di
Or
r oro',poichécambia
come
poicome
.
M
quantibeni
è
origine
i mostri, li fa
bili
ama-
il poeticocìnto di Venere.
Odi
i poeti
parlano
ne
Nulla ai nostriocchi ilfulgid'
or' pareggia,
e
di
più;
Nulla resiste all'or,
tutto a lui cede.
Ma perchète la ridi,mio caro GaHo?
"f
Gallo. Perchè
tu
pure per
di Simon*.
(l) figlio
ignoranzat'ii^an-
M7
ai
molti altri,
con
,
Micillè , intorno ai
o
vita assai
nna
Sappi che menano
di quella
di voi altri povepiù deplorabile
relli.
Ti dico questo perchèmolte volte fui
ricchi
a
vicenda ricco
povero
e
di vita» Tu
tolti i generi
to
ed ho
5
provati
pare fra non
moU
li proverai
ugnaimente.
Micille. £' tempo
toe metamorfosi
ormài che
,
e
in ciascuna tua
Callo. Ascolta
quelloche
mi narri
le
ti è accaduto
vita.
dunque;
veduto
ho
non
tn
prima sappi,che
ma
alcuno
,
che
vivesse di
te
più felice.
Micille. Di me!
o
Gallo? Dio ci perdoni;
ma
ben
meriteresti eh* io ti strapaztassi
Or
dimmi
su
Euforbo
,
,
bene.
cominciaodo,da quando eri
r.éistato
come
tu
iraslatato sino
da questo poi
quelPittagora,e
d*un Gallo ? Convien dire che
quello
nel corpo di
sino a
hai molto
di
veduto,e molto soffertonel
tante
vite.
Oallo.Sarebbe
/'
anima
corpo
mia
umano
condannata
per
un
certo
so
cor-
lungail narrarti come V
entrò per la prima volta in un
scendendo da Apollo e fu
il fio delle sue colpe
a pagare
cosa
,
tempo
;
inoltresarebbe in
me
il raccontarlo,e in te T ascoltarlo.
sacrilegio
forbo
Dopo dunque V esser io divenuto Eu.
T48
Micille. Ma
io
portentoso Gallo
o
,
chi
»
per lo innanzi? Ho cambiato
di corpo come
tu hai cambiato ?
era
anch' io
mai
Sicuramente.
Callo.
Micille. E chi
io? Se
era
formica
una
dimmelo,
vogliosapere.
che
Indiana di quelle
Toro.
cavano
Micille. Perchè
che
sciagurato
mai
venni
con
esso
a
fui , ebbi
ritenermi
da non
iofingardia
che bastasse
quell'oro,
tanta
non
lo sai
lo
perchèassolutamente
Gallo» Eri
'tu
tanto
di
per la mia diaria,e
mi
questa vita! Ma dim-
dopo la mia morte ? voglio
si
sapere ancor
questo, perchèse mai io fosdestinato a miglior
sorte non
perdocemsubito a quellatrave
e m' iispicco
su
pò
,
che sarò io
,
cui ti staiJK
Gallo. Oh
amico,
v^ è astuzia,che ti possa
non
fare in questo riuscire,
ritorno al
perciò
^mio racconto.
Essendo io dunquenato Euforbo combattei per Troia e fui ucciso da
,
Menelao.
Molto
essendo
che
,
e
senza
r Gallo. Mai si
,
V
rimasto
Mnissarco
Micille. E nel
dopo venni
tempo
non
me
senza
ne
casa
tagora,
in Pi-
to
fintan-
costruì
stestisenza
frattempo
una.
re
mangia-
bere ?
perchèil corpo
solo ha siffatti
bisogni.
Micille. Narrami
dunque prima
se
cièche
'49
sul jproposito
di Troia
spaccia
Omero
esattamente
vero.
mai vuoi tu che Omero
Gallo. E dove
se
o
Micille?
delle tanto
nessuna
potes«*
Egli
in Battra. Tidiròdun*
alloraCammello
qoèche
straordinarie
eglispaccia ebbe luogo né
Aiace fu tanto grande né Elena tanto bel*
si crede. Io la vidi
]a» come
generalmente
te
alquantobianca,e di collo lungo,talmencose
\
di Troia,
vedere le cose
erd
sia
che
)
,
»
,
che
indicava bene
ch^
era
del
figlia
Ci*
Quelloche è certo si è, che era moU
di Ecuba stessa»
to vecchia quasicoetanea
Teseo V ^vea
già rapita e la teneva in
Àfìdne. Questoaccadde ai tempi dì Ercoley^
il qualesi era
di Troia gran
impadronito
gna
,
,
tempo avanti
,
secondo i nostri antenati
;
essendo quelli
a lui contem*^
specialmente
poranei perciò Panto mi narrò queste
,
cose
,
di' aver
asserendomi
veduto
Ercole
giovinetto.
MicUle. £ Achille fu
eglicosì prode
descrivono,oppure
,
è favola anche
come
la
lo
sua
storia ?
Co/Zo^Non
né
venni
tampoco
cose
co,
serto
mai
posso
alte mani
con
darti chiare
òóstui
«
idee delle
essendo lor nemi*
Achei, giacché
degli
come
Quelloche è
potea io saperle?
si è che mh
durai gran fatica a
tra-
lancia Patroclo
passar colla mia
V a^lcò
'
suo.
3IiciUe. Sì
tolse a
ancora
basta
e
»
Io
Gallo.
adesso le
Micille
o
,
la vita. Ma
te
dimmi
era
più facilmente
poi Menelao
ma
,
di
cose
ciò
a
Pittagora.
sofista»
perfetto
un
,
intorno
che debba dirti la verità %
giacchécrede
le
nelculto e ammaestrato
e sofistapiuttosto
buone discipline.
ViaggiainelP Egitto
»
per
alle scieose
intorno
conversare
quei profeti e scendendo
cessibili
luoghiinac-
in
,
lessi i libri di Oro
e
,
divinità da
Micille. Già
,
Tolta
mai
di
rò
morto
esser
toccar
Callo. Perchè
su
una
dimmi
ma
me
co-
a'coloproibire
carni ?
questo
Gallo?
Perchè, o
tato
poi resusci-
e
,
facesti vedere
coscia d' oro;
ti saltò in testa di
e
pure, che
come
tua
mangiarfave
Callo. Non
Micille.
questo;
ed ho inteso che
una
,
queiGreci.
udii tutto
di
spacciasti
tu
d^ Iside
in Italia poteifarmi credere
quinditornato
una
eoo
questo
tasto
^
o
Micille.
mi
particolare
gogno
ver-
di'dirti il vero.
Micille. Ma
non
di dir tutto
e
bisognaper altro vergognarsi
ad
che ti è amico
dir
Gallo.
un
,
uomo
che abita teco«
giacchénon
padrone.
Tai regolamenti
infiktti
non
posso
pia
aveva»
i5i
Diente di
scienza
,
né colla salute
comune
vidi che
tna
se
le mie
,
né colla
leggifossero
difficilmenteavrei
volgari,
potuto destare negliuomini atnmirazione,
e che all'opposto,
strato
quanto piò mi fossi mostravagante tanto più sarei paruto
ad essi uomo
singoiare;
quindimi decisi a
fare delle innovazioni misteriose^,
perchè
in on modo, glialtri
gliuni ne giudicassero
state
consljete
e
,
in
un
altro,e che
si
come
stupirsi,
Micille.
Vedi,
tu
avessero
di che
stupivanoaglioracoli
come
mi^btrrli,
nebrosi.
te-
burlasti i
Metapontini i Tarentini, e
che ti seguitavano
in rispettoso
Crotonesi, i
tutti coloro
tutti
,
silenzio,
e veneravano
Torme
de'tuoi passi;
del corpo di Pittagora,
spogliandoti
di qualealtro ti sei tu rivestito?
di MiGallo. Di quello
cortigiana
d'Aspasia
ma
leto.
Micille. Affé ? che dici mai t fra le altre sue
av*
diventò anche donna? vi
Pittagora
fu dunque un tempo, o prode Gallo, in
scardassaci
cui partorivi
tu pure delle ova;
la lana, filavi,
ed esercitavi ilmestiere di
venture
cortigiana?
CùUo. Sì , è verissimo,feci tutto questo, e noi
feci io soltanto, lo fecero avanti di me
Tiresia ,
e
Ceneo
di Eluto; quindih
figlio
potraibiasiinarein essitutto qqelloche
che
io
biasimar vorrai ;
me
Micille»che
anzi ti preven**
ma
passerà
gran tempo
tu pure,
poiché piùd*unsi
partorirai
volta oeiP immenso
girodei secoli ritoroeo
£o ,
che
rai ad
MiciUe.
ser
non
donna.
essere
dopo Aspasia sei tornato
Ma
,
uomo
^
oppur
ad
e»-
?
donna
Fui il cinico "ate.
Calh.
per Castore e Polluce! che meta*
morfosi! Di cortigiana
doventar filosofo!
Oh
MiciUe.
posciaRe, quindimendico, poco
dopo Satrapo,indi a non molto per sino
Gallo. Fui
cavallo cornacchia
ranocchio
;
tanti altri innumerabili
vamente
r
e
e
successi»
animali
,
qualisarebbe troppo lunga
faccenda. Finalmente piò d' una
volta fui
gallo e questo è il genere di vita che più
mi piace ho servito sotto diversi altri re»
te, e di
gì, mendichi, e ricchi,oggiservo
te mi burlo ognigiornonel vederti piangere,
diare
e invie rattristarti perchèsei povero,
i ricchi per che ignorii mali onde
annoverare!
,
,
,
vivono
circondati. Oh)
vedessi ti
quantormentan' costoro, rideresti di
pensieri
te stesso
che
hai
se
tu
creduto
essere
,
sempre air apicedei contenti.
MìcUle. Dunque, o Fittagorao
,
vuoi
cH^ io ti chiami
,
per
come
non
il ricco
meglio
turbare il
i54
Se fa
re.
d'uopo pagare qualchecontrUMii chiamati. Se
soli sono
zione,^e8si
debbofio
andare
alla guerra » i prìmv pericoli
sono
per loro,essendo essi Uftzialie Generali;
mentre
tu, col tuo scudo di vioiini'seipronto,
lesto
e
a
salvarti,come
ad
le
assaggiar
vincitori: In tempo di
guerrieri
pace é ugualeper te il vantaggio poiché
essendo uno
del popolointervieni alleado«
dei
mense
,
nanze,
fai provare la
e
tua
tirannide ai ricchi,
che tremano,
ti temono,
e a forza di
ti fanno lor difensore;cosicché si af*
regali
faticano affineche
abbia i tuoi
bagni,e
ttd
titnenti,
spettàcoli,
tu
goda i finticombat
ognialtro divertimento in abbondanza. Tu
ti erigi
in censore, e giudice
severo
a guisa
di lor padrone e talvolta non
ti degnipure
di risponder
fischi
loro,lirincorri a sassate, e coni loro beni. Tu non^ temi i calupmato
,
ri, né che i ladri entrando
il tetto,
tuoi
^
o
forando
tesori. Tu
non
in
casa
tua
per
t* involino i
il maro,
no
alcuhai interessi con
né denari per domandarne
la restituzione.
Noil sei nel caso
di contrastare
coi
maledetti economi, né di logorarti
fra tante
eure
; quando hai finito una
Scarpa,hai
guadagnatisette
più tardi,andar
una
oboli
,
e
così
puoi alzarti
al
prando
bagnose vuoi, e comsardina,e poche cipolleo te,
tSS
tre
tua
sano
cantando
diagliappaghi
ognitbo desiderio,
quasi«empre, e conversaado eoUa
; motiTO
poterlapreziosa
per cui tu sei
resistiai gelo,e
e robusto di corpo
,
le faticlieteneiìdot»iu esercizio , ti rendono
cose, che
superar quelle
sembrano aglialtri; quindiè
insuperabili
abUe lottatore
e
grava malattia ti può assalire,
ti sorprendequalcheleggiera
febbre,
ninna
che
se
a
mai
la
scacciarla ;
dieta
,
salti fuora
tn
,
e
k
subito
a
scacci colla
ed eUa
dal
fuggeìaunantìnente sbigottita
spreizare
vederti bere acqua gelata,
e dile mediche
debbono
tronde
é* al-
ricette. Vedete
i ricchi sventurati
frir
quaBtimali sof-
dalla inerzia in cui vivono
polti!
se-
podagra,T etisia la pleurìtide,
ro
delle loson
tutte conseguenze
idropisia
Cosi tutti quelli
fra loro,
sontuose
cene
La
r
basta
.cura
più picciola
,
,
che simili ad Icaro sMnnatzano
al Sole
accostane
loro ali
sono
,
senza
attaccate
troppo, e si
riflettere, che le
colla
cera
,
fanno
nel mare;
cadendo capovolti
strepito
quantisimili a Dedalo, hanno frenato
gran
e
lor volo,
e
radendo
troppoelevarsi
poter
di
essere
tantn
,
la terra, invece
fatto in modo
hanno
la cera
dei loro vanni
in^tantodalle salse ondel
questihapno
volalo
con
il
di
da
bagnata
Per lo più
sicurezza*
i56
questUtalì ctiiami discreti^^aggìt
Gallo. Sì, o Mìcille,e tu pare se avessi veduti
terribili deglialtri come
i naufragi
dei suoi vanni salendo
quando Creso spogliato
Mìcille. E
,
,
risione
T oggetto della de-
sul rogo, divenne
dei Persiani,o come
Dionisio,che
si ridusse
della tirannica potestà,
sfogliato
a
fare il maestro
dopo aver
di scuola in Corinto
regnato sopra
un
,
'
e
impero^
vasto
il compitareai fanciulli.
insegnare
Mìcille. Dimmi, o Gallo, quand'eri
Re, (poiad
che hai detto d'aver
che
regnato)
ti parve
simo,
quellaregiavita ? Esser dovevi felicispossedendola fohte di tutti i beni*
Gallo. Non rammentarmelo, o Mìcille. Quello
fu appunto il tempo per me
piùdisgrà*lice,
ziàto. In faccia agli
altri io comparitafeneirinterno poi^
come
tu hai detto;ma
di
io
era
attorniato da innumerabili affanni.
Micille. E
cose
qualieran
veramente
questimai?
strane
e
Tu
mi dici
incredibilial tempo
stesso»
Gallo. Io
padrone o Micille di terre
cit*
con
fertili,
grandiose,
e ben popolate,
tà di ammirtibile bellezza,
dà fiumi,
irrigate
e considerate d^i naviganti
navigabili
per
era
,
,
9
portisicuri. Io comandava
a
molti guerrieri,
tutti nella cavalleria;a
esperti
merabili satelliti;
a
innn-
molte triremi ; posse-
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dera
tnasserizie d'oro
ed
,
il fasto della mia
,
credendo
me
di vedere
,
altri
gnità
di-
piùsublime gra*
quand'io compari*
guisatale che
fuori, gliuni si prostravano
do ; in
va
e
,
portato ai
reale,era
a
quantitàdi danaro
immensa
una
un
d'innanzi
nume
gli
,
accalcandosi per vedermi
correvano
,
salendo sui tetti,jiriputavanfelici,
quelli
se
potevan vedere agiatamentela mia quadriga
la mia
,
,
veste
purpurea
ed il numeroso
il mio
dema
dia-
ond'era
treno
ceduto,
pre-
seguitato.Io consapevoledi
e
cure"^ tormentavano
quante
,
il
cuor
mio
i
di coloro,e piangea
compativa Tignoranza
sovra
stesso, considerandomi
me
uno
come
quei colossi opere di Fidia di Mirone,
all'esterno
jàì Prassitele,i qualimostrano
un
Nettuno, un. Giove, tutti superbamente
sculti in oro
in avorio
o
stringendo
di
,
,
,
,
nella destra le saette, il tuono,
che
e
interno
,
te,
il triden-
poi.ti chini a vedere il loro
li trovi pienidi spranghe,
di cunei,
se
chiodi,che
parte all' altra ; di
li trapassano da
tronchi d' alberi
fango
ed altre simili bruttezze
di
•
o
,
,
di cavicchi
per ^on
,
far menzione
delle
una
,
di
tante
fatti
mosche, topi,e ragni,che abitano in sif-
emblemi spesso veritieridella
colossi,
reale*
dignità
tJfS
Micille. To
mi hai per altro fio ora ino«
sieno ilfango,
i canei,i ver*»
non
strato, che
cosa
nella dignità
reale;né co
tampoin che cimsista quellagran bmtte^^a
ti,che
sono
che asserisci in
dersi montato
possessore di
essa
trovarsi,poichéil ve*
superbodestriero
un
sovra
grandicittà
Nome, sono cose
la comparazionedi
un
questo ancóra
cosa
e
,
,
come
alle
qualiconviene
colosso
un
giacche
grandee divina ; ma
,
adesso,o Gallo, in
dimmi
riverito
che combinano
la dignità
reale, e T interno del colosso?
Callo. O Micille!
la mia
e
dacché
descrizione ?
rammarichi?
re
degg'iocominciaLai sospetti
? dai
dai timori? daH'odiodei
cor-
tradimenti?
tegiani?dai
dallo scarso, ed interrotto
da lenti
sonno? dalPesser agitato
turbo-
e
confusi
da malvagesperanpensieri,
ze,
dalfavidità d^accumular denari,dai litidai comandi,dagli
eserciti,
accordi,
gi^dagli
dalie meditazioni, che non
invitano già a
dolce
uà
sonno,
ma
tengono sempre
tra
?
inquietudini
perplessi
di Atride»
Neppur Agamennon figlio
innumerabili
*i
»
Gustava
il sonno
«
massimamente
poichéla mente sua era agitata,
profondamente.
quando gliAchei russavano
Il Re dei Lidii si
ilsuo
sordo;ed
era
figlio
affliggeva
ché
perilRe dei Persio
perchèOearco reclutava a favor di Ciro.
è tormentato
ne,
da DioAltri (cioèDionigi)
air orecchio dei magnati
che bisbiglia
nell'udiSiracusani. Alessandro s'inquieta
.
A
/
Paxmenione. Perdicca è afencomiato
da Seleuco.
flitto da Tolomeo " Tolomeo
re
/
Miir altri dispiaceri
ancora
affliggono
I
Alcuni di questi
odonsi dire
gnanti
che i popoli
rivoltarsi,
e doe o tre
vogliono
sgherri che parlinotra loro bastano a
che v'è di peggioassai,
e quello
sbigottirli,
I
.
i
re-
,
si è
che lor conviene
,
amici
degli
temere
che da questi
dubitare sempre
loro qualche sciagura,
ché
poipossa derivar,
chi muo^e
avvelenato dal suo proprio
stessi ,
e
chi
figlio,
dalla innamorata
,
ed altritratti
per diversemaniere.
Micille. Eh via! Taci. Tu mi narri
a
morte
cose
tremende, ond'
o
Gallo,
reputo
più
cucire scarpe e a star sempre cbi"
al lavoro , che a bere in auree
cuta
t|zze ci-
sicuro
no
è eh* io mi
,
a
si riduce allo
veleno. Il mio pericolo
sdrucciolarmi il trincetto,
per lo che taglio
0
il cuoio stortamente, air insanguinarmi
un
storo
coma
poco il dito bucandomi colla lesina,
collie
tu
dici scherzano colla
morte
,
si associano a mille malanni.
Quando poi
cadono a terra sembrano simili a queitragici
istrioni che rappresentano Cecrope
e
,
,
i6o
col diadema
Sisiffo,
0 Telefb,
di
chiome
oro.
Se
di avorio
spadecoir else
svolazzanti
poi( il che
,
e
in fronte armati
,
avemi
clamidi ricamate
accade
sovente
pano, e cadono in mezzo
maschera , e irdiadema
ia
) iociam-r
allascena, la loro
spezzaci la vera
eccitano le
testa deir istrione insanguinata
risa degli
nudate
e le gambe rimaste despettatori;
,
che la
,
lascian vedere i miserabilicenci
veste
nascondeva
,
e
la deformità
della calzatura dei coturni disadatti al
piede.
hai insegnato
Vedi, o Gallo, che tu mi
tale oramai sembra esse*
a ragionare;
ma
della tirannia. Dimmi
re la natura
sto
piuttoquandosei doventato Cavallo , Cane »
ti sei trovato
ia
Pesce, Ranocchio,, come
?
queidiversi alloggiamenti
Callo. Tu m' apriun vasto campo a ciarlare»
o
Micilieilche
,
non
presente, non
,
che
nessuna
è adattato alla circostanza
di
ti dirò T
meno
senziale
es-
altra condizione,che
della vita umana
mi sarebbe paruta
quella
se fosse governata dai
queta e tranquilla
e dai desiderisoltanto della natura.
bisogni
che
Tra gliuomini s^incontranó pubblicani,
,
non
sono
i cavalli,delatori,che noa
che non
resti
trovetra i ranocchi,
sofisti,
sono
tra
tra
le cornacchie
esistono tra le
zanzare.
,
cuochi
In
somma
,
che
tra
non
gli
}.63
UiciUe.
aff^!
maga;
la tua
Questa è,per
me
novità»o Gullo,
una
tq fb9$iaacora
ioaonsapeviatche
yonraì darmi per uoa volta
vedrai trasportate nel momento
^t\ì
ma
penna
un
»
.
le ricchezze di Simone,
qcù tutte
giacchépQtepdo pa9|Mu:e tibecamence, le
porteròtutte qui e così egU $t ridurrà di
bel niiovo a rodere le cuoiameiivbereacqua
»
fetente.»
curio
Questo non è permessa
poichéMermi. ha impostoche se colui,il quale
lìene la mia peiina, se ne servisse per qualche
Gallo.
,
,
mal axiou^ di tal fatta, io debba
al
MiciUe. Tu
col mio c9nto.
momento
mi
affatto assurde,o
dici.cose
dro,
stesso essendo la-
M^curio
Gallo, poiché.
può
non
nunziarlo
de-
vietare
aglialtriun
tal
stiere
me-
andiamo
pure, che
m* aslerrè da
per quanto mi sarà possibile
rubare cos' alcuna.
nonostante
; ma
la penna, o MioiUe; ma
Gai/o..Svelitmi primsi
che hai fatto le haj svelte ambiduel
piùsicuri del fatto nostro,
la.tua cp(lascomparirà
meno
MiciUe. Così aiamo
o
Gallo
che
,
e
fosse zoppa da
,
parte.
CaUft. Sia pur così. Apdremo noi prima da
Simone
ricco? ^
o da qo4ch(G^.altro
se
una
,
Micilh» No, andiamo a dirittura da Simone,
il quale
adesso che è ricco vuol iquAckiailla-
I
i63
bo
,
non
e
bisillabo il
'allaporta ;
gÌBiiti
suo
nome.
che dobbiam
E4k:ocì
fare ?
Metti la penna nella serratura.
MicàlU. Ecco. Oh! per Ercole,la porta è aper*
tareoflie
seavessi avnfio la chiave.
GaUoL
Collo. Va innanzi. Vedi
e
fa dei
tu
Simone
veglia,
?
conteggi
Jkfiàlle..Per Grtove I lo veggo
fosca
che
presso ad
una
moribonda
lampada, e non capisco
Gallo
o
pecch*egliabbia il viso'cotanta
si««
Egliè magro spento, e consunto
giallo.
dai pensieri;
curamente
poichénon ho mai
fosse ammalato.
inteso ch^égli
Galloj Ascolta ciò, cìC.tkdie»; e allora capi-^
e
,
.
rai la
vera
delia
oausa
Stta
macilenza.
Dnnque.qneisettanta talenti sona
molta sicurezza sepolti
sotto il letto,e
con
lo sa; ma di queisodici dubito che
nessuno
lo Stagliere
Sossiio-mi abbia veduto quando
la mangiatoia
io li nascondeva
sotto
poichélo veggo adesso,girarmolto intorna
Simome.
n
,
alla stalla,
cui
non
badava troppo per lo innanzi.
Quindiè probabile
ancora, che mi sia
stato rubato a^ltopm di questo; altrimenti
mai Tibio poteva comprar jeri
un
sera
come
Mi sidice inoltre,
salame cosi grosso?
ch'egli
comprasse, per la moglieun paiodi orec"Eh tutti costerà
ehini di cinquedramme^
così,povero me! i miei damascialacquano
j64
neppure le mie
ri. Ma
tazze, essendo ìb
die qnalsicure. Temo
sono
quantità
tanta
cuno
a
venga
forare il maro,
molti cbe
via. Ho
e
a
le
pollarme-
m* invidiano
e
sidiano
m'in-
al tempo «scesso ; principaUnente
poiqnelMicille mio vicino. »
io fórse te, e
Jficille.Sì per Giove! Somiglio
fai tu, co' piatti
il
sotto
scappo via,come
braccio !
Callo. Sta zitto,o Micille,perchè
eglinon
avvegga che siamo
E-
»
ilmio
la casa.
tutta
o
Chi
va
sfondatòr di
colonna. Va
una
quipresenti.
meglioeh' io vegli
per custodire
a girare
tesoro. Alziamoci,
e andiamo
Simone.
,
conti di
nuovo
là? Io ti veggo per Giove
pareti;« ma
no
Toro
se
sei
tu
,
bene. Si dissotterri,
e
si
mai avessi sbagliato
prima volta. Ecco un' altra
la
si
volta
Io sono
lo sento al rumore.
insidiatoda tutti«Dov' è la mia
cuno
qual-
to,
assedia-
,
Se incontro
qualcuno! Torniamo
a
spslda?
rar
sotter-
l'oro,
w
Gallo.
o
Questo è dunque lo
Micille. Andiamo
finche ci rimane
della
stato
di Simone
,
tro,
qualcunalporzione
piccola
adesso da
una
notte.
Micille. O
! Che
sciagurato
razza
di vita meni
mai* Abbiasi pure siffattaricchezza il
mio peggior
di
nemico! Ma primadi partir
tu
t65
buon ceflSt"ne
sul
un
dargli
qui»voglio
staccio.'
'
Chi mi ha percosso ? Ohi
Simcne.
mo^
ce
infeli-
me
assassinato.
! sono
venta
Piangipure, siiprivodi senno, e doV oro
sei
come
giaìcchè
pur giallo
tutto
air
MicUle.
,
Ora
consacrato.
oro
poco Gnifone
qiù vicino. Ecco
ti pare
l'usuraio
un
eglista
se
diamo
ve-
poiché
,
aperto anche que*
st' uscio.
Gallo. Vedi
questipure sta senza dormire a
de* pensieri.
Eglicalcola i fratti del
motivo
»
danaro
suo
di contar
»
ed ha le dita incallite a forza
monete
una
ben
; ma
lasciar
a
tafano
,
tutto
zanzara
,
prestòsarà
stretto
co-
per doventare
,
una
un
mosca.
MiciUe. Si veggo. quello
imbecille,
sciagurato
neppure' ardisce fareuna migliorvita del
tafano,
smunto
della
o
a
zanzara.
forza di
Oh
egliè
come
da
un
Eucrate ;
co
ec-
Andiamo
conteggi!
altro.'
Gallo. Andiamo
se
vUoi^dal tuo
r uscio aperto
Mioillt. Ah
Galloi E
tutto
,
entriamo.
questo poco fa
pensisempre
ai
era
miol
sognatitesori? Non
vedi
tu
tara
nei piùturpipiaceri.
resti
Vorimmergersi
tu
Eucrate
,
'o
quantunque
in età
si
ma-
?
ereditare viziisiffatti
•Mieillèt
Micille.No, Gallo, piuttosto
morir di factie^
i66
cbi^ menare
Yada«vita così scellerAta.
una
V oro, e le cene, a me
sofio
riceb^aae bastatiti duec^oU $oli,,'"àotichè
no
alla malora
assassinato
essere
'
Gallo. Ma. siccome
da^miei servi..
è quasi
giornoaiodiamo
UB^ altra Volta,
casa,
a
Micille*vedrai il
o
resto..
DEGLI
ADUJ5TANZA
e
DEI.
e
(essale, 0 Dei, dal' piùi.mocaiorare,
in quest'
dal ritirarviaggruppati
angolo,e
lo.adegno vostro^ perquello,a sfogare
chè
vostri
molti non
meritevoli aontfatti
commensali. Ora^ giactch^.si
è-coàvotata
in
storo,
appunto di codica pure ciascun di voi apertamente
questa.adunami,
a
motivo
ciò che
ciò che
e biasimi al témpcrstesso
pei/sà.,
crede di biasimò degno.Tu, ò Mercurio,
frattanto.pubblica
il bandoi*
Mercurio.
.
Ascoltate. Silen^^io;
;G|ù.tra i'perfetti
Dei che
neh^nno il diritto:Yuole
a-
detòo
? L'radunanza è contocata
arringare
iutrn^ ^*e a""foper deliberareintomo .agli
restieri.
•
•
.
Momo\
tu
.
ìù Memo
me
lo
.,•
,
,•;
?
.»
•
•
•
.
.f:
..?
•
:...
0(Qiove^
orcinglierò;
permetti.
?
.
.y
se
li bando
Giove.
ciò ti dà autorità
a
piena
permissione.'
,
la mia
quindièsttperflua
Dico
Homo.
i
dunque,che
,
Contenti di essere divenuti Dri
qualifion
da uomini
cfae
eziandio
di
grande^e
fanno colorò
mal
créper lo innanzi, dono
fatto nulla'di
aTerè
erano
di
non
deificano coraci
ansubalterni. Ti pregò a-
segnalatose
loro servi, e
non
di édncédermi
eh* io
dunque o' Giove
possa parlarein preèèhzaér tutti libefaniente
giacchénon
posso farlo in altra
,
,
,
,
maniera, essendo ben
nota
a
ideilamia lingua,che
alcun inconveniente
tutto,
^
e
eh* io penso,
sia itt*induca
chezza
tutti la frannon
mulare
dissi-
sa
sial
Io
che
simo
bia-
dipo in faccia d* ognuno
che
senza
a
alcun
nascoodere
ciò
che
timore
modo
il Vero
mio
di pensare, per deferenza ad altrui,e
qnesta è la ragione,
per la qualeio sono dal
pubblicoriputatono Dio molicsto,uh cahinniatore ; ma
giacchéil bando mi autc^
rizza
,
tu
e
nulla
io
,
,
.o
Giove
benché
gualtbente,
guito
»
e
,
ardiscono
e
Mólti
,
degliDei,
di
con
godercon
dico
noi di
noi
u*
sieno .soltanto semidei
introdurre
i loro servi
classe
lare^
piermetttdi par-
di far parte
assemblea
questa
mi
più vogliotacere.
contenti
non
,
nel Cielo
facendoli
,
onde
ancor
il loro
entrare
,
se*
la
nel-
questirice-
vono
senza
ugualporzionedei sacr^feiicon
neppur
l^anza.
noi
^
il diritto di cittadi*
pagare
.
.
Ùiovi^.Momo,
eniiptnftticatnen*
parlarci
non
chiaro» «
ite,.spiegati
aperto; nominando/
anche Je persone. Ormai in questa assemblea
hai lasciato sfuggirti
di bocca tanto.»
che molti faqn^ delle congetture,
altrimentiì
.applicano
che tu sii chl^o,
e
ed altri
tuoi detti..Bisogna
ritenuto per alcun
non
tiqaore. :
.
Magnanimo Giove, ^ cosa veramente
X incoraggiarmi
sei
degni di un I^e.qu^l
dirò pur anche il
,allaachiettezia^^quindi
jMf^mo.
^
nome
di ciasc^hp«Ecco
il generoso
sio,
Dioni-
semiuoQ]M"i«n"Jpp^r Greco per discen^
denza materna
di un
figlia,
di Cadmo.
«
ma^
p^r parte di
Sirofenicio,cioè
nipote
,
taJimeritante
Costui
dopo av«r avuto X immontàlità (qudle^U sia, io non* dico, non
parlodel.silo diiadema della sua ubbda*
chezza
della sua. andatura,,
poichéognun
vede qua^nto eglisia p^r natura
feminato,
moilb ed effindair alba eglipuzzi
e come
di vino ) costui dico,,
ha introdotto fra noi
la sua compagnia e presiede
al coro
tutta
che ha seco condotto, eglifece Dei Pane
Sileno,e certi.
Satiri,parte di queagresti
sti
contadini e parte caprai aaltar"^
son
,
,
,
,
^
^,
,
gF infermi»e gliridona alla vi ta^ e
cosi è degno ugualmentedi molt' altriDei
Ercole poi è mio figlio
d'ogniriguardo.
^*e
8i acquistòT immortalità
con
non
poche
faticose gesta. Astienti quindidal biasimarli.
sana
riguardotuo»
Per
Monto
di costoro,
quantunque
che hanno
soltanto
osserverò
;
Giove, tacerò
avessi a dir^e molto
o
tuttavia
dei loro misfatti.
le cicatrici del fuòco, punitxnre
Se
fosse permesso di parlare
di te, la materia non
poi mi
liberamente
^ancor
mancherebbe.
mi
Cioi^e. Perchè
? anzi
no
di
aticor
me
forse biasimarmi
anche
sino la tua
tua
come
permesso
e
posta.
un
nume
dì lare
parPuoi
tu
spurio?
così dicoiiò in Greta,
/Almeno
Jfomo.
a
ti
altre cose,
e
giungono
sog-
mostrando
-per
Io
sepoltura.
però non presto
tampoco agliEgiei
loro alcuna fede, né
de}rAcaia,i qualisostengono che tu sei
Giove supposto. Dirò soltanto,che mi
un
sembri
biasimevole
ancor
tu,
poiché V
stardimento
originedi questo disordine, e dell'imbadelle
tu
solo.
,
Tu
conversando
scendendo
ora
nostre
adunanze
con
donne
^
sei
tali
mu-
presso di loro, ora
in sta,
quein quell'altra
forma, talmente che
ci facestitemei'e,
che
qualcuno ti
àrres
«71
stdMe
come
toro,
e
per tale ti 8acrificaa9e«
orefice quando eri piog«
qualche
già d'oro ^ £supes$edi te un paio d'oreo
fhmi
collana
tu
una
;
deglismanigli
semidei
il*Cielo di questi
dico, riexDpisM
tali possono chiamarsi* Egliè ben
se' pur
o
che
,
«
,
.
,
.
ridicolo inoltre»
òhe s'sbbia
ad
tutto
un
tratto
a
udire Ercole
dichiarato Dio
ed Euri-
,
glicpaianjda.va trovarsi tra i
.morti, e pressoial «tempiod'Ercole servo,
estere la sepoltura
d-EurìsteQ, suo padrone.:
^teo,"
che
Parimente
,
è:Tenerato
Bacco
a
Tebe,
Fenico, Atteo*
Divinità,mentre
Eléarbo, suoi nipoti,sotio i più di*
ne,
Dacché spalancasti,
ira :i;iportali.
sgraziati
coiB^.iuna
o.G'iiove^ie/porteva
costoro^e
to
ti sei vol-
lerfemmitie mortali,.
corteggiare
no
ognuba voluto imitarti,e non
solo gliDei,
che è più ridicolo,le Dee mema
quello,
4]esime ancora;
poichéchi non sa la storia
a
di
d'Anchise, di Titone, d'Endimione,
mi
Giaadne,e di tanti altri? Quindi sembrail passar sopra questi
migliorpartito
medtre
troppo ia lung9converrebbe anda«*
re^ per biasimarli tutti quanti.
Gio^fe*Bada bene a non
parlardi Ganimede.
,
Tu m* irriteresti,
o Memo
se tu affliggessi
,
ti giovinetto
bi^isimandone i natali.
'^ooio.Dunque neppure farò menzione
dell*
Aquila
,
Éielo
e
benché
seduta
faccia
questa
sopra
reale
scettfo
tuo
nido
quasiil suo
talché sembra
il
si trovi nel
ancora
,
sulla tua
testa
,
Diviailà
una
essa
pure. Ma
lasciamola da parte per rispetto
a Ganiine*
de. Pertanto,o Giove, Ati, Goriba ^ Suba-
ti
qualdiritto sonessi qui introdotquel Mitra di Media, che porta una
sio, con
? £
corta
casacca,
e
ta Tiara, che
neppur
nosce
co-
la
linguagreca, e che perciòappun^
to non
capiscese qualcunobeve alla stfa
salute,chi è eglimai ? Gli Sciti adunque,
e
siffattecose
vedendo
i Geti
trascurano
e
ogniriguardoper noi, immortalizzano
divinizzano chi loro piace,in queir
isteasa
dotto
maniera, che Zamolxi vii servo^ si è introin
tra gliDei
ingannandonon so
qual modo noi tutti. Pure passiamosopra
,
,
,
questo che è
a
tutto
o
che
Egiziano,
avvolto
vuoi
in
essere
toro
che
si fa
suoi
cosa
mediocre. Ma
hai ceffo canino
fasce,chi sei
tu Dio, mentre
di Memfi
coUà
tu
,
e
mai?
abbai?
tu,
che sei
e
come
E questo
pellemaculata
profetiche pretende?
Arrossisco
,
nel far mefnzione
dei Nibbii
,
poi
delle Sciin-
mie,. dei Caproni, e di altri esseri molto
noaso
più assurdi e ridicoli ancora, saliti,
come,
,
adorare, che ha i suoi oracoli,.!
io Cielo dair
Non
Egitto.
compren*
ij5
do
come
voi »
che sieno
Dei, iN"pportiate
o
? £ tu,
adorati al par di voi, e piùancora
tolleri, che ti si pongano
o Giove, come
le coma,
del caprone in testa?
Qiove. Tq
molto per
parliin^uriosatnente
ma
o Momo!
gliDei Egiziani,
sappi che
la maggiorpaxte di essi sono
enimmt
e
devi metterli in derisione,
tu
non
p"erchè
,
,
l'intendi.
non
dei misteri o
vogliono
che gU Pei son
farci capire,
ci
Veramente
Homo.
Giove, per
Dei, e che
,
i Cinocefali hanno
la testa di
!
cane
Giove. Lascia stare, ti dico,le cose degli
Egiziani
in altro tempo le andremo
a
, perchè
più beir agio esaminando
parladeglialtri.
.
Momon
; tu
frattanto
dunquedi Trofonio,o Giove,
mi crue di Amfiloeo,
ch^ principalmente
disso*
Costai sebben 6glio
d' un uom
CÌ2^.
Parlerò
,
lutQ, e matricida sparge generosamente
ed
in Sicilia per due oboli soli,
predizioni
a forza di menzogne
ingannaspesso la gente.
,
to,
dunque o Apollo non hai piùcredipoichéormai ognipietra,
ogniara ha il
dono delle predizionipurché sieno unti
si trovi
con
olio,coronati di ghirlande,
e
di cui vi è grande
vaticinatore merce
un
Tu
,
,
,
,
abbondanza* Già la statua
pur anche deir
t74
atleta Polidamente
rimana i febbricitanti
ia
la statua
cooie
Olimpia,
di
Teagenein
Si sacrifica
ad Ettore in
Ilio,ed
a
ai Ghersoneso.
tesilao dirimpetto
D^
so.
Ta-
Proche
moltiplicati,
moltiplicati
no
soe i sacrilegi
ancora
e gii
glispergiuri
meritamente.
uomini ci dispreizano
Ecco
stardi,
quanto io posso dirti intorno agliDei baoltre a questi,
oéonsi
ma
e intrusi;
cosi
noi siamo
,
adesso nominar
fra noi
,
pei'Dei
molti esseri ,
re
esistono,e n'olipossono esistein
alcuno, e perciòmi sfogo
non
in modo
dove
risa sbardellate;poiché
gliDei
che
decantata
la tanto
esistono fra
Virtù, la
ra,
Natu-
vani, e vuoti
di significato,
ti?
inventati da pazzifilosofanil Fato, la Fortuna, nomi
rici,
E pure quantunque inventati e chimetalmente sedotti gliuomini,
hanno
che
vuol
nessuno
pendo
in
che
sacrifizii,
sa-"
più oflPrirci
sarebbero
vano
quelloche è stato deciso, e che
ilFato risérba a ciascuno.
principio
ti domanderei
mai
Giove
o
,
tombe,
eca-
farà sempre
la Fortuna
mentre
mille
,
da
bel
tieri
Volense
hai
veduto la Virtù,la Natura, il Fato;
poichétu
pure
hai
udito
nelle filosofiche
contese,
\ sordo da
non
se
parlardi
non
sei
loro
'tanto
sentire i loro alti clam\"ri.
Sebbene lo abbia
ancora
molte
cose
da di-
termiho qoi il mio
ciò nonostante
re,
di«
.
jMiichè
veggo che il parlarmio di*
spiacea molù, e già mi sento d'intorno le
"chiate, principalmente
loro,
per parte di coscorso,
dire tocca
che il libero mio
Per
terminare
Giove,
o
Ciom^e.
vuoi
se
adunque leggerò,
decreto che sul proposito
ro
lo-
US
,
,
già disteso.
ho
il
nel vivo.
Tu
Le^i pure.
torto
hai intiers^nciente
non
nel biasimar
costoro
conviene
; e
vadano
correggere molti abusi,perchènon
sempre
piùcrescendo*
DECRETO
FELICITA'
ALLA
R
UNIVERSALE.
addnatìsi legalmente
nel settimo giorno
del corrente
Supremo Capo dell*
Assemblea, Nettuno Presidente, Apollo
Giove
,
assistente ,
Cancelliere
e
,
Alomo
e
della
figlio
il Sonno
ha dettata la
che segue.
Considerando , che
solo Greci
,
ma
Notte
molti stranieri
barbari
ancora
non
indegni
e
,
tenza
sen-
afifattodella celeste cittadinanza
ascritti
,
sul
catalogo
,
Pei
y
hanno
non
so
come
,
e
tenuti per
empiutoilcielo in guisatale,
Digitizedby
Ì76
.
che il convito è zeppo di cèrta turbolenta
di
di vario linguaggio,
e collettiziacanaglia
che T ambrosia,
maniera
tanto
il nettare
e
da valere adesso
seggiano
scar-
mina
una
dei bevitori ;
la quantità
ciando
questimercè V audacia loro , scac-
la cotile (e)stante
Che
gliantichi
triicostumi
vato
ele-
hanno
ì pa-
,
onorati sulla
essere
,
prime sedi contro
essere
nostri,e vogliono
stessi alle
se
ad
veri Dei
e
i primi
terra.
E' paruto alla mente
nostra , e a quella
l'adudel nostro
popolo,che si convochi nanza
verno;
ncir Olimpo verso
il solstizio d'insi eleggano
per
àrbitrisette
perfetti
di
consiglio
deir antico
Dei, tre dei quali
Crono, e quattro dei dodici (2);
Che
uno
di essi sia Giove
;
e
che
questi
mento
giura-
dopo aver prestato solenne
per lo Stige;
ad alta voce
Che Mercurio proclami
dunan^paa notizia di tutti coloi^o che
seggano
*
diritto d'intervenirvi,
acciocché
e
Ta-
no
han-
no
venga-
producanotestimonianze- giurate,e
prove dimostrative
(i) Cotile,misara
di
della nascita loro ;
liquidi
,
detta
fra i Roiaanl
:8ceniina.
dodici ; cio^ : Qionoiie,
Diana, Venere, Marte
Nercairio,Giore, Nettano" Va"catìò,e Apollo/
(a) gliDei maggiorierano
MlnerTa, Cerere,
Vetta,
"
178
la
moteranno
non
Per adesso ttida"^
mano*
quando Mercurio prodameràil bando riii^rnate
tutti portandocon voi
coi nomi
indi^tii
chiari, e proye precise,
par via ,
te
e
»
padre^edellamadre, indicando dovere
ed in qnaltribù»
stati £stti.Dei,
sono
del
come
e
di manieiachè
sieno anno!iferatii
curifi
quanto
a
coloro che
non
in
comparirannoin
agliarbitri,nulla sarà valutato
aver
eglinovasto tempio sulla terra,
Deì«
uomini reputati
Tesser dagli
faccia
TIMONE.
o
IL
T
e
MISANTROPa
nieri,
amici, degU straGiove, protettordegli
tor
creacompagni, delle famiglie,
delle folgori,
assistenteai giuramenti,
dei
adunator dellenubi
,
altosonante
,
e
tutto
scono
queldi piùche glistoltipoetiti attribuiquando stentarlo a
specialmente
dei versi,poiché.
allora
raccapezzai» il metro
,
assumi
cosi
presso di loro molti nomi
ciò che manca
alla misura
,,
e
e
empi
alle lacune del verso ! Ove hai lasciato
supplisci
il fragoroso
fulmine,il forteparooo»
tente
tuono, la bianca
,
e terfiamme^iante
ribilsaetta?Tutto questo sì è ormaiconver-
^
«79
tk»m
fumo
cianchi^e mero-poetioa
solcaoto del
raoteiomr
d!Si rioobombdttti* La
di
fragore
ad
,
taad
decantata, la
epi«
lungi-
la facile arato
feriJinte,
00 come
tua» non
affatto» ed è divenuta qual
mai ar^ apmu
^kecio, senEa aver
tilla di sdegnocontro
conservato
una
glinomini
iciii-
ingiusti
più nn
»
temerebbero
sperginmndosi
lacignolo
spenta, che la fiamma della tutto
elle
saetta? Essi la?considerano
domatrice
tuei
come
tizzone
un:
temono
e
non
spento
il firoco,e
)•
di
cui
ftimo»
percuotendoli
il
molt^^ibeno
la credono
capace
^
non
,
d^ altro male^ che d* imbrattarti di fuliggine^
dì maniera che ainche Salmoneo uom
feroce e superbo,
ebbe r ardire d* emulare
i tuoi tuoni
adegnid^um
Giove
fatti come'TSoi
dormi
temendo
non
,
tn
tanto
gK
cosa
gran
In
agg^iacciatOé
eh' altri!ti
ché
paventifin-
e sei
([:)imandrargora,
? I
sordo ecieco verso
uomini ingiusti
gli)
tuoi occhi son coperti
e non* vedi
dt)cispi-,
Hai rorecchie
si opera qna'giuao.
cpielcfae
dei'veechii Quando eri
aorde^ come
qn^le^
sotto
la
gno,
gìov^ie^erifacile^alPkla^
pronto allo sdesen^a
persegoiiava
tregua i prepoten*
il^fohnine non- posava
ti, e gl'ingiusti^
—
????
*
I a
III
III..
«deaiferi*
(1) 0«Ìmi
?
I
I
I,
„
f'm
,
.III.
I,
?'?»
'
Digitized
by
i8o
il tuono
egidatentennava
teva,
percuoio
ed.il fulmine rumoreggiavacome
delle .armi nelle scaraoiuccie. I terstrepilo
mait r
,
fitticome
•r^emotirvenivano efitti
dietro l'altra La
UDO
mucchi, la grandinecome
da
neve
un
vello
cri-
oiadova
a
sassi,e per parlar
seriamente, :eran rapidee dirotte le
talmentecbè
fiume ognistilla,
era
pÌQggie
,
ebbe luogoil diluvilodi Deu,in:uo*iitditte
.
calipne4 nel quale annegatiessendo tutti
salvarsi in
gliuomini^ appena potè questi^
approdòappièdel
( monte Licorio, nella quale conserva
vasi
sorgere
umano
1^ isQuitiUa del.geinere
«per far rischiatta d! uomini laocora
più
una
tutti
malvagi,Quindi'èctie concordemente
ti ricompensanodella tua negligenza
^ nessuaoiaacrifikTà
più nei tuoi altariV ne t'inqualcun
.cotK)!)^, ;e.se" nelle feste Olimpiche
.una
piccolabarca,
che
:
'
.
no"lofa, certamente;
:
n^dcs^aria ,.
.;usaQ»a!9
ma
";
non
crede
uoiforma
ad
far
cosa
un' antica
onde è che 1 sei ridotto ,0 celéber-
^firno .Giove^,i^uà^le
a Saturno
i tuòionorii
i'di'duttì
iNoti sto
^ e
sfogliato
a. narrare
di
derubato iliuo tèmpio,
è jSf:ató
^x]uant|?:Vol^e
le mani adlè stata messo
.^qua^ntevoUeH:.!
xdp^Q i|"qji^lo:di01ànpìa;
reggi
e tuc^e rumosulle nubi, sei stato infingardo
a se-«-
gno da
non
destare i cani» o
non
dbiamare
i8r
i vicini
nella loro
perchègliarrestassero
fuga? Tu quelgrande,queldomator dei
stavi
giganti quel vincitòr dei Titani
,
,
,
inerte
,
facea
quelfulmine
nella destra
stringi
'
serai
;
noi
teremtoo
? O
diffondermi
Quando
?
ingiustizie
Deucaiioni
e
il ritorno
in
disordine
un
! Sepza
umana
ascotta
altri,
degli
ragionare
a
a
tanti
tanti Ateniesi dalla miseria
me
meri-
non
ciò che
lenza
che
Giove, quando ces-
obbrobrioso della vita
e
e
di ben dieci braccia che
puniresì enormi
tu
quantiFetonti
cosi
testa
tante?
dal tollerare iniquità
tu
vorrai
Dì
la
ti rapavano
mentre
Io sollevai
è accaduto.
^esso
io soccorsi
airopu*
poveritutti versai
le mio ricchezze a prò degliamici ;
tutte
ma
quandoper cagionedella mia prodigalità
caddi in povertadeancor
io, eglino
nanzi
più non mi riconobbero, e coloro che d'in,
tremavano
a me
che
da
una
per
ravano,
volta,che mi ado-
una
pendevanoda
una
via,mi
una
un
e mi
fuggono,
colonna
qualcheantico
mio
cenno,
so
ades-
eretta
morto,
dietro
lasciano adalla memoria
rovinata
e
logora,
per opera del tempo , di cui
Tiscrizione.
si degnano neppur leggere
caduta
non
,
mia occhiata,se mMncontrano
come
di
i
Altri
in
terra
da
poi scorgendomi
un'altra strada
lontano
no
prendo-
del
lagnandosi
cattivo
i8a
e
incotitro,
fui il loro benefattore
,
che notilia gaari
fuggendome^
e
liberatore. Mosso
nuto
veson
dunque da tanta nn"ana
maWagitìi,
in quest*
angolodella terra, e veatito
d) rozza pellecoltivola terra collo etìpen*
dio di aoli quattro oboli il giorno,fiAoao*
,
fando colla mia
solitudine,e
colla mia
di
zappa, e ottengo almeno il tantaggio
teder prosperar coloro , che ne aono
non
vista
indegni,
che accrescerebbe di troppo
la iqia alftizione
Quando
•
di Crono,
e
dunque,o figlio
di Bea, abbandonerai tu questo
( poiché bai
di Epimenide) e ri$caU
dormito piòancor
dando il tuo fulmine,ed accendendolo neir
Etna desteraigran fiamsoe,e spiegherai
profondoe
tutta
dolce
sonno
Tira del forte ed eccelso Giove? sep»
in realtà quanto i Cretesi
di te, e della tua sepoltura.
favoleggiano
Cìow.
Mercurio , chi è costui che gridadall^
pure
è
non
vero
Attica alle falde del
tutto
Che
succido,squallido,
e vestito di pelle
,
incurvato
un
Imeto?
monte
scava
audace
uomo
certamente
.un
la terra
,
?
eglimi
quanto ciarlone*
sembra
Egliè
filosofo
altrimenti
,
iscaricherebbecontro
di me
noli
cosi sacrileghe
parole.
.
Mercurio. Che
dici,o padre"
non
conosci
tu
di Echecrate Colitcnse?
Timone, figlio
i85
desso
Egliè "iael
eoo
A
che ci ha trattataspesso
sontuosi sscrifizii
uomo
poco fa
, queir
ricco, che ci fece incere ecatoaiÌ)e
e
,
presso del
tue
qualesolevamo
solennistare le
feste.
Cioue. Che cambiamento
jè mai
questo!Questi
uomo?
Quel ricco
dunque è quelbuon
circondato da tanti amici?
cosi ? Sucido
egliridotto
la terra
cui lavora
,
e
si vede bene eh*
,
Hercurio. A dirla p la sua
la
,
•
pezzente ,
dalla maniera
si è
mai
a
lenta
egliè
un
pare
zapcon
pò-
mercenario.
?^ro
t^e
,
Come
bontà
,
la
sua
tropia,
filan-
compassioneper tutti i poveri
quelleche lo hanno ridotto in
diciam meglio,la sua dabma
sua
sono
stato;
la sua stolidezza,
il non
benaggine,
scere,
cono-
gliamici, il non vedére che beneficava
gliadulatori lo haiinoridotto a tal
ti
corvi e lupi affamapasso. Erano quelli
del suo,
lasciandosi
ed il disgraziato,
,
divorare il
da
fegato
tanti avvoltoi
,
ere*
che
dea che fossero amici veri tutti quelli
,
alla sua mensa;
accoglieva
pato
quando per altro questiT ebbero spolin fino air osso,, mangiatala carne
per pura amicizia
,
le midolle,lo abbandonarono
succhiategli
tutti
secco
e reciso dalla radice; fuggirono
da lui, noi Valero piùcoaoscersL,
tamne
e
i84
(Infatticome guardareum
guardarlo
mendico ) non che in ricompeit$a
soeeorcbe T hanno
rerlo e aiutarlo. Ecco le ragioni
ridotto alla zappa
e
a cuoprirsi»
come
di rozia
tu il vedi
pelle.
Egliper vergogna
la città,e costaggiù
ha lasciiata
lavora
la terra a giornata,rammaricandosi xlelle
calamità, e perchè coloro che mercè
sue
evitano con ^perbiail
arricchiti,
sono
sua
poco
,
^
,
incontro, e neppur si ricordano
suo
Timone.
si chiama
Cime.
Costui
certamente
,
è
non
,
da trascurarsi
e
disprezzarsi,
eglis'irritavedendosi condotto
,
noi faremmo
mentre
un
tanti
A
a
ho tutt'ora nel
naso
ragione
tanta
cb«
capre
i nostri altari
su
seria
mi-
noi dimenticassimo
che ha sacrificate
tante
pinguitori
da
uomo
lo stesso
questiscellerati adulatori"se
e
scegli
,
^
ch^
V odore dell'arrosto
;
i disturbi che mi cagionano
gliaffari)
i prepotentii ladri il timore
glispergiuri
dei sacrilegi
si frequenti
e si
oggidì
ma
,
,
,
,
difficili
a badarsi
,
che
Tocchio, non
tempo lasciato volgeruno
di
mi
non
permeltcmo
mi hanno
serrar
per gran
tica,
sguardosull'At-
da che
popolazione
quella
si è lasciatainfatuare dalle dispute
sulle parole dalle quistionie dalie voci
dei filosofi,
che non
permettono che s'o^af^
massimamente
,
,
Gdogle
i86
Ti Aone ia
c^ AuoTO
tar
mMxo
a
infinice
rìcchezM.
te»
CorMercurio. Or ve* quanto è utile il gridar
Tesser audace ed ostinato. Da
.
queleh*
solo agliav*
r veggo le gridagiovanonon
vocati,ma aglistessi isupplicanti
ancora
;
di povero ch'egli
poichéecco cbcTimone
et doventerà un'altra volta opulento per
le
aver
e urlato coraggiosamente nelparlato
in modo da attrarre a se T at«
sue preci,
tensione di Qiove. Se all'opposto
guitava
eglise»
a
tèrra
»
curvo
sovra
di
tacendo»il poverettosi troverebbe
e
essa,
zappar la
tutt'ora a tappare
dimenti*
perfettamente
cato»
Plato. Ma
io Giove»
non
so
posso ritornare pres-
colui.
o buon Fiuto»specialmente
perché»
Cioi^e. E
ora
che
te
lo comando
Fiuto. Perchè
va»
mi
io ?
egliveramente
metteva
fuori di
mi
casa,
dispc^aaami dispensava
qua è là^e sebbene io fossistato ami*
mi cacciava fuori col
co del padre
suo» egli
forcone,
bone
e mi gettavadalle mani
qualcaracceso,
per
essere
di
é vorrai tu
nuovo
ch'io ritornia lui»
ai parasìti
dispensato
agliadulatori,alle meretrici? Ah
mi
son
»
oàadda-
o Giove, presso a coloro,che
piuttosto,
capacidi appressare il dono che tu ipr
*«7
Im, e cke
onorano
cttta
annono
,
e
dì
me
»
mi
gidcckè
desiderano ardetitemènte.
mi
Questidissipatori^
poidivano pure
in
seno
alla miieria,cliepreferiscono,
e dalla
ricevendo soltanto
^nà
quale
ed una
pelle,
roua
xappa si contenfino del meschino lucro di
cbe per lo
quattro oboli il giorno, eglino
dièci talenti in tma Voi*
regalavano
fa senza
pensarvineppure.
éCiove. Timone
sarà ben guardingod* ora innanzi,
innanzi
per
non
far cosa
di tal sorte.
akuna
Abbastanai^aha fatto setitìo incurvato sulla
iBappa ( a
the
meno
noti
abbia le t€tì di
bronzo
te
) quindiegliti oncrerìi sicuramenin preferenza
della miseria. Parm^i ^r
altro che tu sii molto qttetulo
ora biasimi
Timone perchèti aprivale porte,e ti lasciava
spaziarliberamente senza tenerti
chiuso,ed essere dì te geloso;
ora ti sdegni
i ricchi, per quei loro catenacci,
contro
chiavi e sigilli
ti teogon
sotto dei quali
ce.
in guisada noti veder mai la lucustodito,
Tali sono
i lamenti che mi vai facendo,
che affoghi
in tanto buio,e che
lagnandoti
e
giallo,
pieno di
per questo comparisci
colle dita gaucìuté,
codne quelle
pensieri,
,
,
,
'
,
dei calcolatori.Tu
minacciavi che saresti
da toro alfa prima occasione. Ti
fuggito
di esser custoditoenparca insopportabile
i88
tro
ad
stanza
ana
di rame,
di £erro come
o
vergineDanae,, di essere allevato
da vigili
il
e' astuti pedagoghi quali
sono
lo
la
era
,
calcolo e
male,
T
Dicevi che coloro facevaa
usura.
che
mentre
ti
avendoti
giacché
non
ti,
zntì
mente,
eccessiva-
amavano
in lor
ardivan
pieno potere,
che goder-
toccarti,non
occhi fissisui
ti custodivano cogli
catenacci,sui i sigilli,
giudicandobastante
il goderdi te, ma il non
mandare. ad altri il possesso, appunto
godimentonon
tra*
come
d' una Stalin,
pr^essoalla mangiatoia
che
sebben non mangi la biada , impedisce
oltre
se la mangi V affamato cavallo. Beffavi in-
il cane
coloro che ti
e ti conservavano
risparmiavano
e
quellopoi che più ti parea
mi,
avari con se medesistrano, era il vedergli
che qualche
malandrino
e ignorare
vitore,
seragente, 0 pedagogo furtivamente
avrebbe deluso quelmisero padrone,crudele
lasciandolo vegliare
inver se stesso
languida
sopra i suoi conteggi presso una
,
,
,
,
e
povera
dunque può esser
biasimavi
ora
tu
costoro
dica
giusto
,
l'opposto
per
certo, che ti
son
e
che poco fa
per sì fatto contegno
Fiuto. Se vorrai esaminar
neiruno
d* olio. Come
lucerna sitibonda
nell'altrocaso.
Timone
La
,
é
?
seriamente
parròaver
tu
cenda
la fac-
ragione
di
prodigalitèt
elee giustamentesembrare
Timone
.
per me, e la gran pre*
di coloro,per farmi sempre più pingue
grande, e grosso col tenérmi chiuso
e
mura
,
entro
non
amore
moire
a
tocca^rmi
,
pòrte,«
senzìEi
nelle tenebre
mi
leganocon'
fatto adessi
tanti
non
za,
pare insensatez-
mei^itevole che di biasimo,
oon
senza
Carmi veder lume, per
èssere da altri veduto, mi
'
ratezza,
trascu-
lacci,mentre
poiché
non
ho
alcun torto,
quasfiòbè
sero
ignoras3che fra-poco dovranno
pàrtfre e tni
lasceranno a* qualchealtro ricco. Ibdunque
iionlodo n'è questi,'
molto liberali
né quelli
,
f
di me,
ma
iodo soltanto chi hef^
..;decatamente
(cosa in
veto
uso
degiiadi
mo-
lode
)
del tutto ^ né del
astengono
Ti supplico
tiiitomi vanho^spendendo.
perciò,
e^e.non
o
se
ne
-
Gio9e;"dr considerare,che
se
cuno
qual-
legalmenteuna donna
ia custodisse
e beliate poi non
'giovii^oe^
la lasciasse vafosse gelóso,
ngate
ma
e
non'
ne
di nottee^di
con
giorno,conversare
-^éd anzi la conducesse egli
chi le piacesae
$
le
in braccio all'adultero aprendole
stesso
avesse
sposato
,
,
facendole da torcìmano, invitando
porte, e
mai credere un tal uotatti da lei;potresti
mo
Noi crederesti certamente
capace d'amore?
volte sei
tu, o Giove , tiiche tante
Biato
innamorato*^ £
se
jd'altronde
qualcu*
t9f"
ia casa
prèso
latia
l^aliBeiite
libc^ra
dotila,pei;ottenere da leilegitcìmi
mai la gìoviae
florida
toccasse
e non
figlia
ch'altri par la gaardas*
cbella^e proibis^ie
no. avesse
ma
serraadolaJ^custodissecome
vergiae
stelle ed iafeQoad^».e(
poisostenesse di avere
amore
per lei»e Io dimostrasse anche
dal colore e dalla emacia^ione del volto ^ e
se «e
come
dagUocc^iinfossati*
può darsi
che
sembri mentecatto»^ e che intiale
non,
e
goder de* suoi
Vicce di farlefar de^figli
un
«
la bella ed
lasciasse
sponsali,
appassire:
a«
nutrendola per ttUta la sna
mabil fanciulla,
sacerdotessadel temfHo di
vita,come
una
Cerere ? Tali sono» o Giojre^'imotivi che
mi fanno adirar tanto nel vedermi calpestato,
diso«
spesso .rovinatoi4a.taluni con
un malfattore iaDorf , e da talialtricome,
catena(o"
in
tisdegni
Ciocie.Flatf""
i^ano tornirò
costoro.
glimie glialtrila giustaloro
Qtt^Sij^W^
^liunicom^ Tantalo afl"maci,
p^nìi^V"^i|^'i
anelano unicaa«aeJt9"(i|
« a.hojCca^ascLiiita
altrisonroome
Fineo, cai
m^m([|i^jO« Cigli
dalla gola.
Ma
à.beeceini)
i^ Affilar
svelgono
molto più sag*va pure ; troverai TimoM
gip.
Plato..E fiamai posibile
c^h*^icessidi spandermi
via collay^ocità
eoa
cut
pas^
L'ao^
'9^
^oa da un
di* io mi
qnasiche
Tolta lo
narmial
prima ancora
paiutre sfondato,
vi sia del tutto
che venendMo
tema
dentro
versato^
,
tutto
in
una
? Tu vuoi dunque condan«
affoghi
delle danaidi,poichémi
suppliaio
bette senza
toccherebbe ad empiae.una
fondo 9 donde 1-acqua esce prima d* essere
entrata.
Chvei Dunque s* eglinon
buco
9
lascia che
e
botte la zappa,
o
ti:spandain breve
facilmente in fendo alla
troverà
tempo,
tu
tappa,qn^l largo
o
la
ma
pelle;
andate
mai,
or-
amici miei,ad arricchire Timone,e tu
Mercurio ricordati quando ritorni di condurmi
i
dall!Etna, perchèmi
Ciclopi:
ras«"
aguzìnoil fulmine. Tra poco
che sia.bene affilato.
a vfemo.
bisogno
Meri Aiuliamne o Fiuto. Che e*è ? zoppichi?
sactino
e
mi
Io credea che
tu
fossi,soltanto
cieco, ma
veggo adesso che sei ancora
zoppa
Meffcurìo*
JPluto. Non
così
sono
o
sempre
,
Non^so
vada la faccene; mia quando
Rieditoda Giovi» debbo andare {«esso a
come
qualcunoson: tardo,e zoppo d'ambo
di
^
coaìf che
vi arrivo
^uasia
i
stento
pie^
,
e
quando colui jche mi attende è di giàvec^
chio; all'opposto
quandoallontanarmi deg*
alato,
gio da qualcunomi vedrai quasiché
uccelli.Appena cade la
e più veloce degli
sbarra che io mi dichiaro viocitdre,salta»*
lo stadio talvolta
do
,
prima che
se'
ne
corgano
ac-
gliastanti.
lier. Pure,
o
Plato
'diciil vero;
non
pochi,che
non
annoverare
ti poaso
ieri non
avera-
fune da imobolo per comprar
piccarsi
tanta
ed oggiair improvvisosi son
duti
ve,
un
no
,
vestiti
e passeggiare
e ricchi,
splendidi
in
carichi di smaniglid* oro
di porpora
superbicocchi tirati da bianchi destrieri;
queglistessi,ohe non ebbero in vita toro
,
,
asinelio ;
un
neppur
che
(a
e
questo
tanta
con
) credevano
parer mio
pidità,
ra-
no
egli-
stessi di sognare.
Questo caso,
poichéallora non
P^utoi
e
noii
vo
Giove,
ma
,è differente,
Mercuno
o
cammino
co^ miei
piedi
,
di
presso a coloro per comando
bensì di Plutone'^ il qualeessendo
di ricche^xe
eglidispe"sator
ne* suoi doni ( come
e splendido
a^^puutoil
sogna
accenna
suo
nome
) fa si, che quando biancor
,
ch'io mi
'altro ,
trasferiscada
entro
pongono
mt
una
alt'
uomo
un
pergamena
e la castoscritl:a,'la
gelosamente,
sigillano
disconacon
molta
il suo
camera
buia
cura.
corpo
della
è abbandonato
casa
ginocchiad'un vecchio
10
;Morto il mio
,
sessore,
posuna
coperto fino alle
lenzuolo
balia de' (latti.Ceioro
in
,
poi che
e
to
lascia-
si lùsin*
'94
coippagni volendo provare se
afìche.a lui è permesso di usar cogli
altri si
Caduto poine- lacci di qual^
fattistrapazzi.
che meretrice» o dominato dalla passione
te
i giàsuoi
,
dei veloci corsieri,
lìa
o abbandonatosi in baadulatori, che gli
degli
giuranoesser egli
piùbello di Nireo, pianobile di Gecrope,
d'Ulisse e piùricco
o di Codro, piùsaggio
,
insino di sedici Cresi,in poco
tempo Io
che ìtìit
ricchezze,
sciagurato
sperde
quelle
furono mercè infiniti
tamente
acquistate
astuzie,e rapine*
spergiuri,
che
Mer. Tu dici quasiper l'appunto
quello
co' tuoi piedi
si fa; nia quando cammini
cieco qualtu sei,come fai ^ raccapezzale 1^
Giove
coloro ai quali
strada,o a conoscere
t'invia,
credendogli
degnid'esser ricchi?
Plato. Credi tu, ch'io gliraccapezzi
?
Mer. No, certamente,
poichéaltrimenti non
,
,
avresti lasciatoAristide,per andare dietro
ed a molti altri Ater
a Callìa,
Ipponico,
niesi indegnidi avere
obolo in tasca.
un
Ma che fai quandosei mandato?
a
Plato.
Vo
Ciampie
coiurato
errando
qua,
cada
sopra
il primo,mi
poiriveriscete,
spettatabuona
o
e
là, finché in*
qualcuno;costui in-?
e
prendee possiede,
Mercurio,.della sua
ina*
sorte.
Jlfer.
credendo che
Duoqi^eGiove s'ittgat^na
arricchisca secondo
ta
il suo
volere
colui
giudicadegno della ricchezza ?
ch'egli
Plato. £d a ragiones* inganna, amico
mio,
poichésapendo eh* io son cieco eglimi
,
manda
a
cercare
da sì gran
che
d'altronde
.
una
tempo
tanto
cosa
manca
difficile
»
sulla terra
dubbiosa
;
piccolae
ts^
ad occhi Lincei.
ancora
sere
impercettibile
Quindi essendo così pochii virtuosi,e tanti i malvagiche dominano
nelle città,an*
dando io vagando,facilmente inciampoin
tanto
,
essi,e da essi vengo
da
afferrato.
fai per
quando poi gli lasci,come
difficoltà»
senza
ignorandotu la
fuggire
3fer.
Ma
strada ?
Allora
soltanto davento
in
qualche
modo
e colle gambe pari«
presbita,
M"^.
Rispondimianche su questa. Come mai
essendo tu cieco,
(perdonala schiettezza)
e di gambe pesanti,
giallo,
puoiavere tan"«
ti amatori, da attrarre
tutti i loro sguardi,
d* essere
felici quando
cosicché
credono
ad abborrir la
e
a possederti
pervengono
Plato.
,
riesce loro d'incontrarti?
quando non
Conosco
non
pochidi tal fatta, che sona
tuoi grandiadoratori,e che credendo d'es*
nel
curati da te si sono
non
sere
precipitati
profondodel mare, e da alci dirupiper non
Per altro sa che
tu mai guardati.
avergli
vita
,
ig6
confesserai( se conosci bene
tu
che
delirano
costoro
ioipazzahdo
per
un
a-
siffatto.
mante
Plato. Come
! credi
tu
eh' io
zoppo , cieco ,
che porto addosso ?
Mer. Sicuramente
Fiuto
,
Plato. Non
se
,
no
che costoro
tutti i malanni
»
bisognaben
son
dire
,
ciechi
mio,
ciechi,amico
sono
e
appaialoro qual
con
e
sono
o
)
te stesso
l' inganno che
ma
T insensatezza
dominano
tualmente
at-
loro
dappertutto,
imbroglian
la
per non
parer del
bella
pongo sul viso una
Inoltre io stesso
mente.
deforme
tutto
maschera
e
,
,
mi
indorata,ornata
mi
con
pietrepreziose
tuosi
presento vestito in abiti son-
talmente
che credendo
bellezza in persona,
mi
amano,
di vedere
e
se
la
non
riesce loro di
ni
si credono uomipossedermi,
Se per altro qualcunomi spoperduti.
gliasse
interamente,
e
mi facesse vedere ad
qualeio sono, non v* è dubbio che
si vergognerebbero
d'aver perduta
la vista
così ributtanti
a tal segno da amare
oggetti
e privi
d'ognibellezza.
per r amore,
Mere. Perchè dunque quando ancora
ti ottengono,
schera
e
pongono sol loro viso quellamastessa
rimangono tuttavianel loro
talmentechè
errore
se
qualcuno volesse
lascierebbero piuttosto
la testa
torgliela,
essi tal
,
,
»97
che la maicbera
che la
ignorare
,
quantunque
•
non
possano
bellezza è fattizia
ché
, poi-
sua
veggono tutto il di dentro.
Molte circostanze mi sono
favorevoli
Phuo.
anche in questo.
Jferc.
Plato.
-
Qualisono ?
Quando qualcunom'incontraleaprendomi
le porte mi ricetta in
di
meco
nascosto
la
,
no
sua, entra-
casa
Superbia
,
il Disprezzo,la Stoltezza
tal fatta,
,
e
di
eglisi maraviglia
merita,
non
ama
idolatra me,
che sono
entrati
e
mali
,
ciò che maraviglia
varsi,
da schi-
ciò, che
è
padre di
tutti
meco
,
e
quei
tilo
che forma-
e soffrirebbe qualunque
corteggio,
che lasciarmi.
piuttosto
il mio
cosa
la Iattanza,
miir altre persone di
che impossessandosi
delP anima
la Mollezza,
sua
,
V Inganno,
,
Jferc. Come
sei liscio
e
sdrucciolevole
,
o
a ritenersi facile a scappar
Fiuto,difficile
,
tia
,
non
e
non
so
come
,
è
è
serpente. AH* opposto la Miseria
facile ad
,
acchiapparsi ed
ha
,
da lei.
poi difficilelo sbrogliarsi
intanto che ciarliamo ci scordiamo il
^
'
presa certa , ma
scivolivia dalle dita qualanguilla
il corpo coperto d^ uncini, onde coloro
che se le accostano,
vi restano
attacca-*
ti, ed
Ma
o
viscosa
tutto
dai alcuna
meglio.
tgS
Plato. E che ?
Mere.
abbiamo
Non
ooi il tesoro
portato con
di cui ci fa
bisogno.
te ne
prenderpensiero perchè
Pluzo. Non
«
quand'io
terra
in
.
porèa
,
non
se
,
di
presso
vengo
voi altri, lo lascio
a
di chiuder
ordinandogli
star là, e non
aprira chi
lo chiamo
bene la
che sia
io.
dunque neir Àttica. Seguitami
iferc. Entriamo
tUy e finché colà
mi per la clamide.
non
arriviamo tiem*
meglioo Mercurio a tenermi tu
la mano,
dere
perchèse mi lasci potreicaad un Iperbolo,
no.
Cleoin mano
o ad un
Plato. Farai
per
che cos'è questo rumore,
ferro che percuote sa il sasso ?
Ma
Jferc. Questiè Timone
accanto
la
che zappa,
e sassoso.
alpestro
terreno
un
la miseria,la fatica,
la robustezza,
filosofia,
e
di coloro
della fame
,
di
come
che cadono
compagne
quivicino^
Ve' ! egliha
la pazienza^
le sifiàtte
pagne
comsotto
molto
il giogo
de'
migliori
tuoi ministri.
Plato. Perchè
dunque, o Mercurio
procurar non possiamoa un uomo
,
che
si circonda da
di lui ,
non
Mere. Giove
lo
una
tale schiera
cosa
fuggiamoimmantinente
così vuole. Non
coraggio.
,
ci
subito
che
degna
l
perdiamodi
'99
0 tu« uccisor d*
?
costui per la mano
Miseria.
Mere. Giove
Argo
,
conduci
o?é
presso a Timone.
Miseria. Come! Plùto viene adesso a ricercar
Timone
ci ha mandati
?
Dopoché avendolo io ricettato
nel pessimostato in cui erasi ridotto colla
sua
mollezza. Io affidaialla filosofia,
e alla
fatica,e lo feci doventare uomo
mo
magnanie degno?A
dunqueson io
parer vostro
tanto
e degna d^ ingiurie
e jorspregevole,
delf
ti,da essere per opera vostra spogliata
unico acquisto
mio ? E dopo avere
esercì»
alla piò perfetta
tato Timone
virtù,se lo
,
roganza
Plato, per affidarloall'arriprender
alla superbia e ritornarlo qual'
era
prima,molle, codardo, e insensato
quando non
per poirestituirmelo di nuovo
sarà piùbuono a niente ?
dovrà
5
,
,
Mere.
Così è
JUiseria.Io
Filosofia
a Giove, o
piaciuto
parto dunque, e voi
Miseria.
Fatica,o
o
ilmio
che componete
vedrà
; Costui forse si avcorteggio
seguitatemi
,
e
voi
tutte
di
qualeajuto e qnaldispensatrice
faccia nel la*
beni io mi sia,e qualperdita
della sua robusta
sciar me, che fui cagione
salute,della magnanimitàde^suoi pensieri,
,
che
lo ridussi
a
solamente
^erando
vivere
in
se
da
vero
stesso,
quasistraniere a
uomo
e
dando
fi,
conside-
lui quelle
tante
di fatti Io sono/
come
superflue
cose
,
Costoro
Mere.
se
ne
dunque a
Timone.
vanoo
,
Plot9
o
,
stiamoci
acco-
Timone.
Chi siete, o maledetti?
che
volete
manovale, un mercenario?
vi partireche non
Ma sappiate,
te
ro,
di qui tropjpocontenti; perchèvi aborvi detesto , e sapròaccopparvia forza
di zolle e di pietre,
Jferc. No, o Timone, non
ferire,poichénon
venendo
a
molestare
un
ferirestegente mortali. Io
questiè Pluto,
pregi,onde
veniamo
che
a
che ti rechiamo,
il
,
e
rinunzia
,
e
ritrovarti
qualeha
volentieri
accogli
per ordine di Giove
tue
Mercurio
son
udite le
na
la fortu-
alla fatica.
Quand'anche foste quegliDei che vi
andate spacciando,
farò pentire
ancor
voi,
perchè detesto del pari uomini e Dei. E
chiunquesia questo cieco, glispaccheròla
Timone.
testa
Fiuto.
colla mia zappa.
di Giove,
Per Tamor
o
Mercurio,
eliamocene
an-
tu vedi,
come
Quest*uomo
che
Temo
troppopienodi rancore.
di partire
ci colgaqualchema^^*
non
via.
,
è
avanti
lanno.
lano,
noi vilMete. Bada, Timone, non
con
esser
lasciaMn
procederesi rozzo, e. vile »
e
stendi pur le mani per ricevere la fortuna.
Sii di nuovo
ricco ,.e il primo fra gli
BOSk
a dispreszare
il
insegnato
facendo dipendere
da sse stesso
fupcrfltto,
cante,
mi ha
e
le speranze della mia vita. Mi ha dimostrato
latore
qualera la mia ricchezza , cui né aducolle
lusinghe né calonhiatore
colle sue minacce, né popolofremente d^
votando contro
di
ira,né alcun magistrato,
sue
»
né alcun tiranno colle
insidie pos«
rapirmi.CSosi corroborato dalle faci-
me,
sono
che,
lavoro
mentre
sue
piacerequesto
con
veggo i tanti mali della città ,
ed ottengo dalla zappa un vitto sufficiente
ed abbondante.
Tornatene dunque,o Mercurio
non
campo,
conducendo
,
questo Fiuto
teco
Giove, poiché a
egli
d' ogni
immergessenel piantogliuomini
età tutti
M^rc.
No,
quanti,
s
caro
meritano
cessa
a
eh'
basterebbe
me
,
omai
amico
d^ essere
da
;
tutti i mortali
noa
pianto.Ma
cotesti sdegnipuerilie accogli
immersi
nel
,
Fiuto. Nessuuo
ricusa mai
i doni di
Giove.
Fiuto. Vuoi tu, 0 Timone^
chMo
teco^ 0 ti dispiace
Timone.
Fallo pure
ma
preambolidei
graziadi Mercurio
i
in
,
in
giustifichi
parli?
scia
Lapoche parole.
che mi
oratori
contenziosi
ti'ascolterò
,
,
purché
sii breve.
Plato. Veramente
avrei molto
a
dire,giacché
aoS
ranto
mi hai biasimato. Ma
poco
se
un
in realtà ti ho fatto alcun torto
accusi. Io ti fui
mi
come
considera
causa
,
di tutti i
piùdolci deglionori della preminenza
allori e d'ogni
altra splendegli
didezza.
fosti
Mercè mia tu
bre,
celeglorioso,
e
grandementedesiderato. Se hai
soffertoqualchemale dagliadulatori ,non
io cagione anzi io sono
ne
son
quegli
beni
1
,
,
,
,
,
,
che ho ricevuto mille torti da
te su
tal particolare
tanta
con
poichémi rispiogevi
ignominiafra uomini indegni che loda-*
falsiprestigi
e incantavano te con
vano,
insidiavano in ogni maniera.
Tv mi
e me
,
,
,
hai tacciato finalmente di averti tradito ,
che te ne posso
quando che son io quegli,
tacciare,poichétu m'hai discacciato lungi
da te in tutte te maniere, e mi hai respinto
di collo fuori di casa.
a rotta
Dunque
,
ma
invece delia molle clamide, T onorevolissiPovertà ti ha rivestito di
questarozza
Pertanto Mercurio m*è testimone di
pelle.
Giove per non
re
veniquanto ho supplicato
di me
così da
ti sei verso
a te, giacché
nemico
Jtferc.Ma,
comportato.
Pluto,tu vedi
Fatti animo
Tu
come
dunque,e
eglisi é
rimanti
intanto,o Timone, zappa la
posto dove sei ,
e
tu
to.
ridot-
con
luì.
terra
nel
Pioto fa'che i tuoi
•04
tesori vengano
alla tua
la di lui uppa,
«otto
saranno
eglino
voce
Sta fattapare la tua
Timone.
volere
potrebberesistere al
povero
me!
in che
di
quiuna
ad
un
curio
volontà,o Mer-
torni io ad arricchire. Come
e
,
ché
poi-
ubbidienti.
nuovo
Dei
degli
guai mi
?
si
! Ma
vai tu ad immergere
fin
Io che ho menato
felice,sto per ricevere
averlo metratto
cotant^oro, senza
ritato
alcuna ingiustizia
e a sottoporcoti
mi
vita tanto
,
tante
a
Abbi
Mere.
mia
dia
cure.
,
pazienza o Timone^ in grazia
dizione
conquando ancora
questa tua nuova
ti debba riescire difficile,
e
portabile,
insopperchècosì gliadulatori dMnvi*
,
creperanno» Io intanto dalla cima
deir£tna me ne volerò in Cielo.
ne
Fiuto. Mercurio
se
n^è
ito^ per quanto mi
pare; lo congetturo dal dibattimento delle
ali. Ora tu Timone
sue
aspettamicosti ,
perchè vo
zappa
parloa
al
a
mandarti
cotesta
terra.
i miei tesori ; anzi
Q tesoro dell'oro , io
te, ubbidisci a Timone,
e
arrenditi
e
Zappa forte,o Timone
profondamenteed io intanto me ne vado.
la
Timone. Coraggio,
o mia
zappa, raddoppia
forza in grascia
tua
mia, e non ti stancare
di trarrq dalle profonde
viscere della terra
suo
potere.
,
,
ì tesori alla luce. 0
Giove
d
prodigioso,
ao5
amici Cortbanti,
e
to
o
delle fortune, doade
Mercurio
viene
re
protettotant'
?
oro
di non
sogno ! Temo
tanti carboni accesi;
trovarcy^svegltandomi,
Sarebbe
ma
no
questo un
questo è
puro, rossiccio,pesante,
la
vista.Oh
che rallegra
eccellente
,
e
oro
che
ospiteamico degliuomini
fuoco acceso,
splendigiornoe notte come
vieni, o il piùcaro ^ il piùamato
dagliuo-
metallo
,
,
tutti. Óra
mini
si convertì
stesso
qual verginenon
aperte un'
si bello,che
o
Creso,
ricchissime offisrte
votive al
e
della sua
di Persia mi
0
al
piccole
grondava
voi tutte
e
tempiodi
ricchezza ! Neppure il re
zappa,
siate pur consacrati
pelliccia
Io poi comprando questa remota
,
al Dio Pane.
ergeròsopra questo tesoro
tòrricella,
capace soltanto di contener
terra
acciò
me»
di tomba
possa servirmi ancor
la morte
mia. Stabiliscasidunque così,
siami
e
non
una
,
che
dopo
vita
fo*,
Del-
mone,
di Ti-
paragon
O cara
può uguagliare!
diletta mia
Giove
volta in oro; poiché
avrebbe accolto a braccia
Mida,
quanto siete
che
una
amante
dal tetto! O
convinto
son
leggepelrimanente
della mia
il fuggir
la società di chicchessia
,
conoscere
1 nomi
il
,
tutti.
alcuno, il disprezzar
di amico, di
di compagno
ospite,
di misericordioso,
sieno per
me
mere
,
cian*
205
pietàdi chi piange,V aiuure
lo stesso
sia per me
che
chi ha bisogno,
la leggee sovvertire i costumi.
trasgredire
Sia la mia vita solitaria come
quellade*
lupi,e runico amico mio sia Timone;
co
nemiconsiderando ognialtro uomo
come
r
ce;
e
aver
traditore.Sia per
me
un
conta*
vero
chicchessia. Infausto sia^
eon
gioil parlare
in cui vedrò creatura
e maledetto quel giorno
In
umana.
di
statue
sieno tutti per
di bronzo. Lungi da
somma
pietra o
,
che venga
ognimesso
me
me
il caduceo.
presentarmi
a
vogliopiùalleanze. Il deserto
di
uomini tutti. Le parole
mi separi
dagli,
tribù di fratellanza di compatriotstessa
Non
,
,
ti ,
e
per sino di Patria
,
sieno per
o
inutili,
insignificanti,
uomini
me
nomi
ostentazione
sciocchi. Sia solo Timone
di
ricco
,
adula^
tutti,e lungidalle pesanti
disprezzi
zioni e lodi goda-unicamente
stesso*
se
da se solo.
SacrifichiagiiDei, e tripudii
Sia egli
a se stesso unico vicino e confinan-»
te, rigettando
glialtrida se lontano e bia
,
,
decretato
dovranno
che
volta per se sempre,
se
incorofarsi per lui funerali , o nazioni
una
eglisolo onori se «tesso. A
di Misantropo e
grato titoloquello
lui sia
,
,
lo
ratterizzino
ca-
V asprezza , la fe-^
vedrò quale se
rocia,Tira,Tinunuinità,
la durezza
,
in
cuno
che
imploriil
,
ajuto»le spegneròcofi pece ed olio.
qualcunoalla stagioneinvernale tra-r
mio
E
alle fiamme
mezzo
se
sportato dalla corrente
derà le mani,
d'un fiume mi
sten^
aupplicberà
perch'io lo
salvi,ve lo spingerò
piùaddentro onde non
risorgapiù mai. Così otterranno
gliuomini
da me
quellastessa ricompensa oh' ebb' io
di Ecbecratide di
figlio
lo stesso
e
rogata una tal legge,*
loro* Timone
da
Colitea ha
Timone
via
,
Tha confermata nelFadunanza.
Or
cosi sia decretato e costantemente
stenuto
soda noi. Per altro vorrei pure che
gliuomini
ro
mi
e
tutti sapessero
cVin
mensamente
im-
sono
ricco, poiché ne creperebbe^
è qued'invidia;
disperati
ma. che cosa
sto
! Che
da
celerità! corrono
inaspettata
ogni banda tutti polverosied ansanti
Non
oro.
so
come
abbiano sentito T odor
Che farò io
.
dell'
dunque?Salirò su quelcolle
dole
per discacciarlia furia di sassate, lancian-
da
quellaparte donde potrò meglio
? oppure violeròla mia stessa legge
colpirli
pre
parlandoper una volta con loro per sem? Cerpiùrattristarlicol mio disprezzo
\o quest'ultimo è il migliorcompenso.
di accogliergli.
Sopportiamodunque il tormento
Veggiamo chi si presenta il primo,
,
Oh
! è Gnatonide
V adulatore
,.
che poco fa
•
DigitizedbyVaOOQlC
ao8
cordino
un
presentò
a
me
,
che
dava
glidoman-
la limosina,quegli
te
appunto che molvolte in
mia
casa
tracannati intieri
avea
coppidi vino. Ma ha fatto benissimo a ve»
nir qua;eglipiangerà
prima d'ognialtro.
Qnatoniàe. Noi dtssMo che gliDei non
menticherebbe
dimiai quelbuon uomo
di
Timone.
Salve, o Timone, o bellissimo,
la
alsoavissimo,e giocondissimo
compagno
mensa!
Salve
Timone.
tra
vorace
tu
pure
o
Cnatonide,
gliavvoltoi,o
d^ essere
gliuomini
,
o
il più
il piùdegno tra
annichilito.
piacesempre lo scherzare. Ma
dov* è il banchetto ? poichéson
venuto
a
rambi
di queiDiticanzone
portartiuna nuova
Ti
Cnatonide*
che
sono
Tiinone. Oh ! t'assicuro che
non
,
Gnatonide.
o
aotto
questa zappa
canterai che
Che
Timone.
Ahimè!
cosa
è
elegie,
patetiche
Tu mi percuoquesta!
ti,
Chiamo
Ahimè!
testimoni! Oh
ti accuserò
per questa ferita.
Timone. Ma se ti trattieni un
forse d'omicidio
Gnatonide.
cati.
pubbli-
stati recentemente
No, mai,
le!
Erco-
go
all'areopa-
poco, mi
serai
accu-
ancora.
ma
guariscimi
questa
un
con
piagaaspergendola
poco d'oro, che
-è efficacissimo
il sangue.
per istagnare
aio
ho
bisogni,
che
inteso
facendo,apA vicino,
camimn
sei
grandementeaffiochito
quindisono venuto
per darti questi
miei consigli.
Benché, uomo
sapientissimo
qualtu sei,non hai d'uopodelle mie parole,
di
in
grado
giacchésaresti
consigliare
tu
,
,
Nestore
ottimamente
Timone^
Sarà
come
tu
stesso.
dici,
accostati acciò, eh' io possa
colla mia sappa.
Fillade. Ehi!
Timone.
ricompensarti
ha
gente, questo ingratot*mi
spaccato il cranio,per
ottimi
Fillade.,ma
o
io suggerito
avergli
consigli.
Ecco il terzo*
l^lih
ilretore
Demea,
e che si
decreto,'
che porta nella destra un
spacciamio parente. Questipagò col mio
danaro
alla
cassa
sedici
Repubbiiea
avendo dajùigarlifu
della
talenti,
giacchénon
condannato alla «carcere
,
ed io avendone
compassionelo liberai. Per altra èssendo
distributore della
egli per combinazione
mandandogli
pecuDia teorica* (i), me glisecostai dola mia porzione,
ed eglimi
.
Teorico
.(0 To' 0fvf/T/x
09.
'
di coi
^li Ateniesi
ti
èerrirtfno per pagare là tpeie della gfiMirra,
e che
diitribairsi
destinato
da
fo
Pericle
a
iip :itegaìto
ai cittadinijper
i respettivi
segginel teapagare
ttù.
'
??
che
riftpfse,
Sake
Demea.
la nasioiie
loi
aon
Timone
o
,
per citia-
ooaosceva
tane" utile al*
nom
,
degliAteniesi e baiiiardo dellaGreciaJl popdo giàradunato»
ta
e le duecuk'ie ti attendlono;
ma
prima ascol,
sostegno
,
il decreto che imornoa
'#
Stante
tide dì: Oolitea
^
buono
**
altro nelia Grecia
»
tempo detta
»/
M
e
uooio
,
Echecra-»
solamente
non
sovra
sapiente
virtuoso»ma
,
ho disteso.
di
figlio
die Timone
»
te
«
benemerito
in
ogni
ogni
Repubblica,ha vinto in un
sol giornonel pogilatw^
nella lotta,e nelle corse
dei giuodiiolimpici ora sovra
una
una
quadriga,ora^iovva
biga.
,
•#
Timone.
Ma
":«iase
I
staio
sono
non
se
mai
neppur spettatore degliOlimpioìgtoochi?
Che importa? Lo sarai in appresso ;
Demta.
che
poichéle cose di tal Cittastanno bene anpredette. L^anna scorso
egU vinse
d' Aoavnama, mevitre
combatteva
quelli
perla patria,e due squadredi Pelopoi#
H
##
«"
nesiaci furono da lui distratte.
Che dici mai ?
TTmo/ie/
arrooiaso
jDemea.
Tu
stesso,
ma
per
se
mancamui
parlitroppo
noi
saremmo
io
non
fui neppure
d' armi.
modestamente
bene
se
ingrati
dimenticato, a Inóltre,ora
lasciassimo
ed ora
tenzìandoiora consigliando,
»i
di
te
ti
sen-
mi^
.^raiideiiieiit«'g|»ra
Per- tmte
alla Repubblicaaostra.
to
i cittadìoit
queste ragioni il cmisiglio^
haii*
le tribù,e il popoloin partiedare.^
litando»ha tempre
n
ff
n
»
V
decretato d'unanime
.consenso, che s'
9P
DO
fp
inmdsi
fp
rocca
pp
nerva
n
destra il fulmine; sia
pf
ed
n
fronte;cbA
*p
nunsiate- nelle feste Dionìaiadie
'p
"p
che
abbia ben
sette
di Mi-»
stringanella
di raggi,
coronata
d'oro
corone
in questo
sieno
nella
statua
questa
sulla
giorno aa-^
queste
cantici nuovi, poiché
oggidebbonsi celebrare le feste Dionisia*
che apposta per lui. Tale è la sentenza
del
corone
9
con
Demea
retore
pp
lo stesso
pp
anzi eh' è tutto
w
Tttnone
a
della città,
presso alla statua
,
»" sette
pp
d^oro
statua
una
piace.
Questo
»
parente
Timone, che è
e
scolare del«
«glipure»
retore
quelloche
d'essere
a
lui
#/
dunque il decreto,che ho per
te preparato. Io poi voleva condurti anche
il mio figlio,
al qualeho impostoil medoSimo
tuo
Timone.
che
di Timone.
nome
Come!
Demea,
per quanto so»
ZWea«
'
è
Ha
altr' anno
sohile
)e
se
,
Dio
ne
tu
non
hai
un
%lio?Tu»
hai mai preso
glie?
mo-
vuole, la prenderòqoesi*
avrò
prole( che
fin d'adesso la clùamo
sarà
ma*
Timone.
Tinume. Hoo
per altro , atoko miOf
pò le percosse che io soD per darti
nò
do«
te
potrai
più.prender
moglie.
JD^mesu
hVu^f
è questa ,
farla da tiranno ? E
tn
liberi,
uomini
e
! che
Okimè
cittadino
tu
punito,tanto
quellod^ avere
città
senza
ne
Timo-
percuoti
neppure
esser
stesso? Ma
o
sarai ben
libero
presto
di questo attentato, quanto di
incendiato la rocca
della
nostra.
Thnonei
Ma
la rocca
leratò;quindisei
Ma
Demea.
cosa
è
non
un
vero
incendiata,o
sce*
calunniatore.
sei arricchito per
avere
sfondato
il pubblico
tesoro.
T'imone;
le
tue
Dentea.
Néppur questo è sfondato)e perciò
paroleson tutte menzogqe.
Lo sarà in appresso dunque; e tu in«
tnttociò eh* ivi esiste.
possiedi
Dunque ricevi ancor quest'altra
per*
tanto
Timone.
cossa.
Demetu
urlare,altrimenti ti darò anche
TimoneéìfóB
la
! la mia schiena.
Ahimè
terza
avendo
;
«
pcttuto,inerme
una
uccidere due
,
se
eser*
non
trion£sto nel
aver
gioverebbe
giqopugilato e nella lotta agliolimpici
chi? Ma
che cotn è questo?Non veggo
che mi
,
'
^
scherno
schiacciare
potessi
menti
peste d* uomiciattolo qual sei ; altri-
Citi di Lacedemoni,
.
degnodi
sarei ben
•'4
-il Filosofo Traside?
SI è be»4esÉov die
la aoa barba , ntvSàt»
lo
allargata
Avendo
in qóìn iqoffiiiGsi aYam»
sopracciglia
^ granée e
rando fra se qvalchecosa
goardaDdoattorno con occhio sevèttìLEgli
ba i capelli
glia
rittisulla fronte talché somipingeva.
Borea, o an Trìtone qoaliZensi li diQaesti di aspetto cosi decentedì an^andatora così regola»
ornato
mente
^
,
.
»
re, di così modesto
vestire
,
fa la mattina
dissertazioni salla
moltìplici
virtù
,
con-
lezza,
H^innando coloro che si deliziano nella molla
lodando
uscito
dal bagnose
frugalità
; ma
ne
va
a
cena^
dopo che
ove
il servo
gliporge un immane calice di ^in pretto
( giacchénon glipiaceV inacquato
) allora
bibita fosse per Ini acqua di
come
se quella
Lete, dimentica le predichedella mattina,
diametralmente
e dice
Topposto.Eglia"
ferra il companaticocolla rapacità
d' un
nibbio
spingein là col gomito colui che
ha la barba che glicola
glista accanto
e S' empie lo stomaco
ne.
cacome
un
untume,
come
se speEglista curvo solla mensa
rasse
,
V
trovare
la virtà nelle scodelle,
e
fina
stro-
diKgentementeil piattocolP indice
avanzo
perchénon \i Hmanga il piùpiccolo
di salsa ; si querèla
sempre a fine di ave*
«ole l'intero pastìccio,
re egli
o il cignale
arf
ostilo,{"okliè
fa,
contutore ognisuo
oe
toI saziare V avidità,e la voracità
.
Spingerubbrischezaa
soloiìna
voler, cantare
a
ed.agr insulti ;
ina
biccbiere-in
fa,.mentre
e
e
fa molte
pretto, e ridicolosamente
convito
ni
cede
•
per arroganza
via
via dal
bisognaportarlo
egliabbraccia con due ma«
,
mentre
giunonon
air
balbetta. Succede
e
sonatrice di flauto.Costui anche
una
noa
prediobecol
dal
travagliato
è
appunto
pisciail vomito
ballare,ma
sua.
ed anzi allora perora
sulla sobrietà;e questa
mano,,
sulla temperanza,
la demenza
e
be«
a
e
di-»
chicchessia per menzogna^
per avarìzia* Ha il primo
gliadulatori ; si spergiuracolla
massima
ucilità;*rimpostura lo precede,
lo segue r,impudenzaV insomma
egliè un
di sapienzada ogni pdp
ccmipendio
perfetto
posto
te.
tra
Ma
tra
uomo
tanto
tanto
tempo
Traskle.
stessa
quest*
poco farò ben piangerlo
buono. Oh! che è stato? Dopo
rivediamo Trasicle ?
colla
ve^ngo, o Timone,
mira di coloro che attoniti della tua
ricchezza
Io
non
da
accorrono
gento,oro, laute
cene,
te
per
uomo
,
ar«
per molto adulare
che pone in comune
e
semplice e
la sua ro;bacogli
altri come
non
tu; giajcchè
ignoriche
un
ottenerne
sei
e
mi
basta
,
foeaccia per aena, ed il timo
e
come
fai
una
il nasturzio
comjpeiMMcotMeUenfe 4 e'
"eè necessario qualchevolta far teoipoiiemi
è sufficientepoco sale,e racqua.deUapabsooo
un
me
per
blica fonte di
nove
bocche. Questo nisiicel-
lo
poi è meglio di qualunqueporpore 4 e
Toro quanto la ghiaiasul iido
stimo tanto
finchè
del fliare. V«ogo dunque per amor
tao^ afe
mo
perfidissiquesto perniciosissimo
delia ricchezza cagione« tao*
acquisto
ti d^mmense
sciagure»non t'abbia a ro*
i miei
vinare. Se dunque vuoi seguitare
la getterai
tiei mare
tutta
consigli
1 come
,
,
aflpattoinutile ad
cosa
quale può
il
valent' uomo,
appagarsinella ricchezza delia
Filosofia. Ma
deh !
non
un
ad acqua
gettarla
fonda,amico mio, basta che tu v'entri fino
alle ginocchia
cossa
poco distante dalla riva persolo
avendo
mone.
testidall'onde,
Ine
per
Che se poi non
ti aggrada questo
scaccia al piùpresto possibile
la
consiglio,
ricchezza da casa tua in diversa e miglior
ritenerne per te neppur 00
obolo solo,distribuendola a tutti i bisogno*
.maniera
si ,
;
né
chi
cinque dramme, a chi una mina,
a chi un
talento;e se v' ha tra questiqualche
filosofo è' giustoeh' egliabbia parto
A me
doppia o tripla.
poi quantunque
nulla chiegga
buire
ma'perdistriper me stesso
basta che
agliamici miei indigenti
^
a
,
,
,
j|i8
sarà
Cifoli
Tmone»
vero
andiate ille6i,'e
senzA
per al«ro che ve né
th'io vegga il sangue
vostro.
,
DIOGENE
,
POLLUCE.
E
Diogene.
o
subito che ascenderai suMa ferra
Polluce,
( giacchéparaliche domani tocchi af te
il risorgere
) se incootri'inqualcheparte
Menippo il cinico,che sarà a Corinto presso
il Craneo , o presso al Liceo ,'óve età;
,
be£Fando i filosofitra
loro
0
:
dirgli
che se
ti previene,
raccomando
da
sono
di
,
le
mondane
in ridicolo
cose
volte altamente
te
lo
molto
dispotanti
v ti
gene
Menippo Dio-
più
sulla
giacché
saranno
terra
,
venendo
le tue
dubbiose, ed ha
derisioni
tu
qui,
son
tut*
'
gran peso quel
proverbio:chi può saper le cose dòpo la
vita? Qui però non cesserai di ridire sicuramente
tavia
,
come
un
a^ppuntO' fo io adesso
specialtnente
quando vedrai
i tiranni
da
non
essére
piantilorp, e
aspetto,
,
e
trapi,
i Sà-
ed avviliti a segno
umiliati,
riconosciuti,se
dal loro
divenuto
mondane
dejié
i ricthi
,
cose.
non
che dai
e smunto
ignobile
tale dalla reminiscenza
Diglitutto questa
e
*'9
^^.chetiiempìaIt sQU himùàé
soggiungigli
Sé pmitiwruse
di' lupini^
e qoèineT«nga.
in ^qualcfa9tmio la cena
apparecchiata*'
allò
Ecate^ o qualcheóvo avanzato
altra cosa simile,»
ila prenda
lustrazioni,
o
per
pure.
Polluce.
!
•
t;
•
1.
Gli dirò tutto,
conoscerlo
Diogene;.ami
desciivioù b
ipià£acilmente
gura di costui*.'
Diogene. Vedrai un
o
per
"«
?
Tecchio
calvo
^
ooperto
piendi buchi per cui passa
da ogni parte, e che per le,
il vento
sue
moltiplici
toppe si può dire, un misto di
panni d'ognisorte. Egli ride senpre, e
filosofanti.
schernisce queisuperbi
Palluce. Oh
talicontrassegni
lo raccacon
pezzerò
di
un
mantello,
,
facilmeote!.
Diagene. Mi permetti,ch'io t'incarichi di
qualchealtra ambasciata per queifilosofi
?
ancora
Polluce. IH pure,
peseràmolto.
perchènemnsen
Diogene.Raccomanda
Zino
in
sovra
disputare
cose,
che
o
a
a
somma
non
giucche.
costoro, che rinun^
quel loro cianciare e
a
situazione delle
la generale
facciano
sofismi,e
correr
questo mi
non
dietro
a
nuti,
piaai^omenticorventù
insegninoalla gio-
siffatte
oscure
fan-
PolludL
sarà ttadajr loro inetivo
"^aeiÌ:o
biasimare
Ujimdomi
la
»
di ri*
loraapienza^
e nude
putarmiaoiilo ignorante
Diogene. £ tu di lóro da parte
pianganopiire.
educato*
,
mia
^
cshe
ì
Anche
PoUuce.
questo»
Diogene^ sarà
o
detto.
Diogene^
Ai
to, dirai
aerrar
a
rkcbi
poi,.carÌB8Ìnio
FoUiicet;;
mio:
nome
uomini
vani,
tant'oro? A che tormentarvi
landò sempre le
ed ammassando
usare
del
a
che
«aiiao^
danaro ?
vostro
monete
aopra monete
,
voi ai qualibasta un obolo soltanto per
?
scendere tra poco quaggiuso
Polluce.
Dirò
ancor
questo.
Diogene. Di pur anche ai belli
cioè a Megiliodi Corinto, e a
ai
,
il lottatore ,
che
qui tra
noi
robusti;
Damosseno
non
esistono
chiome
,
bionde, occhi neri e vivaci, gote
robuste ;
vermiglie,saldi nerbi, e spalle
poichétutto
come
è
qui ridotto
dicono,
a
cranii
polvere*
d^ ogni
spogliati
a
mera
bellezaa.
PoUuce.
Non
mi
rincresce
neppure
di soggiungere
questo.
piogene*^£ a* poveridirai, o Lacedemone,
(poichémolti ve ne sono. che si rammariicano, e si disperano
per la loro indigeni^)
e "J9che^nonpiangano,non si disperino
,
aat
seriTiloroVn^n^f^ntàche tptA
regBa, ove
i ricchi
di
vantaggiosovra
loro. Se
ti pare poi raoipogaa a nome
anche i ruoi Spartani,. dicendo loro
mio
che
avranQOrakun
non
divenuti snervati
sono
FàUuae. Non
^ir
i Lacedemoni,
e
,
molli.
nulla, o Diogene,contro
lo
poichénon
soffrirò,ed
•gli altri sokanfio; ri"rirò quanta
Diogene. Laaciamo
mi
hai
dunque questo giac^^
cioà ti i»4oe,. è riportale mie parolea
che ho da primo aceen*
soltanlfoit
;quelli
,
«.nati.
PLUTONI,
O
CONTRO
N
SIA
U
ACCUSA
MKNlPPa
possiamosopportare, o Plutone, che
^questo cane di -Mtnippo dimori plesso di
noi. Quindi falche egli
vada altrove,o assegnaci
OH
un
iallf
a postOé
Phiiome, In.ebe! mai
può nuocervi
che è
di voi ?
psari
Cre^o* Quandopiagniamoe soipiriamo
rammentandoci
le ctse moQcMiWi.QOme Mida
mctfto
4l
uno
.
saa.
Toro, SardaMpaloi ut)tìsnm
,
ti
divertimen-
ed io i*iDÌéi tesoriycostui ci beffa »
e
ci
cia
ehiamaodocì^ilischiavi e feccancando: disturba i
e talvoltai
volgare,
nostri pianti;ia«oiniiia"tgliè)àiolesto.
raflipogna
»
cbe^tacnosesoti quest»?
Meiifppo,
o'Fintone^ Io li detesto
Menippó.YefìBsìmej
non
abbieetUe vili qoaisODO,"poicfaè
pagbi
O
Plutone.
di
da morti
vissuti male, anche
esser
rata-
mentendosi ii passato s'iufatuatioperle/conel tormeuearU.
e perci()'godo
se mondane,
Ma
Plutone.
conviehe
pon
il far così; coloro
afflitti
per la perditadi
sono
cose
non
lievi.
ancor
tu, o Plotone
Menippo.Sei impazzato
di costóro.
subito che compatisci
i%ospjri
che sianvi conPlutone. No, ma
non
tese
voglio
»
de vói.
tra
^-Uir.-
.
o i piùvilidei Lidii,
Menippo.Pure sappiate,
Atslrii
eh* io non
idei Frrgii e degli
mai
in qualunquelaógó
smetterò
e che
andiate vi verrò 'dietK"]|'"péìY'
'tormentarvi
e
porvi;in
ft"voa"rp"dibi"ettoy
per cantate
,
,
,
,
'
derisione.'^'
?
'••
j-
^
-^u-^'^'ì
sofi^"in^itirìe?
belisi le vostre
Nò, ingiurie^eranilferai/"/K".
d^ essere
azioni quando vt credevate idegrii
adorati e vi feeevspièt
giuocodegliuomini
Creso. E queste
non
$
liberif dimenticandovi ^aféto che
eravate
«aS
mortali;
stàtuo la
quindipiangetepare
di Siffattecose.
privazione
Creso. Oh Dèi ! ho pur perdutegrandissime
ckchesze.
Quaot^or6 ho dovuto lasciare!
Sardanapalo. Ed io quante mollezze 1^
Mfnippo. Bravi, cosi va bene; yoìfpiangete»
ed io vi ripeterò
: impara a co*
più sovente
lo canterò
noscere
poichò
te ate$$o ; ve
siffattigemitinon
t^be siffieitto
meritano
Alida^
,
•
caoto^
ALESSANDRO»
MINOSSE,
ANNIBALE,
E
SCIPIONE.
Alessandro.
JLjL me
spdtta Tessere anteposto
AffricjSAo,
giacchésopo
di
te
te
a
,
o
piùillustre
assai.
AfinUnUfi.No
,
Aless. Giudichi
Minosse.
Aless.
io
prima tocca.
dunque Minosse.
me
Chi siete yoi?^
Annibale, ed.
cartaginese
di Filippo.
Alessandro figlio
Questiè
sono
a
il
Minosse. Affé siete ambo
.
davvero !Ma
illustri
di ohe altercateira, vai ?
224
Costui si vanta di
preminenza.
stato
capitanodi me; ma io,
miglior
tutti sanno, sostengo di aver
supeéa*
Della
il/iaifra2e.
essere
come
to
neir
delta guerra , non
solo costni »
che.
quasitutti i miei pn^edecessori
pur an-
ma
arte
Minosse.
Dunque pariatea
o Àffricano.
principia
Annibale. Godo
che avendo
vicenda
,
e
tu
almeno, o Minosse,di questo,
imparatoquéigià la lingua
io
per questo lato costui ha
vantaggioalcuno. Asserisco
Greca, neppure
sopra
di
me
dunqueche
degnianzi
son
che nulla essendo
vennero
da
cose
,
nel loro
principio
per*
grandi;imperocchéacqui*
stessi la potenza , e si mostradegnidel principato.
lo^nnqueU prima
staron
Fon
a
di lode coloro
se
volta
quand'era duce subalterno al
mio fratello piombando sulla Spagnacon
ottenni grandifòime
cose,
pochiguerrieri,
d*alta considerazioho.
e fui giudicato
uomo
i Geltiherij)
e vinsi i Galati delP
Soggiogai
ed avendo varcato
altissime montagne,
Esperia,
devastai le regioni
che sono
intorno
air Eiridano,debellai tante città,soggiogai
le pianure
fino ai subborghi
d'Italia,,
e giunsi
,
della città capitale»
Tanta
posciain
un
sol
giorno
,
moggia le loro anetla,e
gente uccisi
che misurai colle
formai
ponti di
«6
facendo uso
da AristotileilSofista;
ma
to
naturale. Ecco
capacità
quelloper cui pretendod^ esser superiore
ad Alessandro,e se mai per aver egliportato
si
fronte
il
da
ìq
diadeipa
riputasse
stinzione
più di me, questo sarà stato forse una dirispettabile
presso i |kIacedoni
di
ma
non
perciòdeve farlo parer oiigUore
che si prevalforteed esperto guerriero,
un
se
che della propria
piùdel propriosenno
soltanto della mia
,
»
fortuna.
Minosse. Annibale ha
dignitosamente
rato
pero]
da Afnon
stesso, e veramente
fricano. Or tu, che glirispondi
Alessan,
se
per
dro?
Nulla, o Minosse, dovrei rispondere
Alessandro.
ad
foss*io ,
fama
verno
ancor
e
farti
,
e
credo
stante
ba-
qnalRe
conoscere
costui. NuUadi-
s'io T abbia superato di poco.
osserva
t
a
qualeassassino
e
Essendo
.
si temerario
uomo
la
meno
/
^
trovai
giovinetto
pervennial
il regno
paterno in
go*
uqo
statpditurbolenza. Castigai
gliuccisori del
padremio, e spaventaila Grecia tutta colla distruzione dei Tebani.
Dai Greci
stessi
.
fui ior Generale. Non
:elestto
conservar
ad
T autorità mia
il mio
sovra
mi
limitai
a
i Macedoni,
comando
i
paterni
soltanto. Aspirai
tqtta
a soggiogar
possessi
e
avere
sotto
U7
1a terra^ e credei disonore,se i popoli
tutti
da me debellati.Entrai nelP Asia
erano
non
minosa
poche truppe, fni vincitore in una lubattaglia
presso il fiume Cranico,
V
la Lidia
sottomesse
e dopo aver
me
a
Ionia, la Frìgia,e tutto quelloche mi si
rio
giunsiad Isso,ove Daparava d'avanti
di soldati mi attenmolte migliaia
con
in poi tu sai a Midea. Da quell'istante
morti in un sol giornoti furon
nosse,quanti
da me speditipoichéCaronte stesso dice
che la sua barca non potendosupplire,
egli
con
,
,
,
,
,
costruì delle zattere, per valicare moltitudi*
sì grandicose, io
Neir eseguire
ne
tanta.
m'esponevaal pericolo
primad'ognialtro,
il primo incontro alle ferite.Non
e andava
ti narrerò i miei successi
.
bela
,
ti dirò bensì
che
Tiro,
e
ad Ar-
m' inoltrai sino
gr Indi e posiT Oceano per limite air
Impero mio. Presi i loro Elefanti,e feci
Poro mio prigioniero.
Varcai il Tanai, e
ti,
Scifierabattaglia
con
gli.
equestre superai
uomini
sicuramente.
non
dispregievoli
Beneficai gli amici, puniigì"
inimici. Se
parvi un Dio agliuomini, ben sono eglino
vista
tale loro credulità,
scusabili di una
tra
.
,
a
la
aon
,
gesta. Finalmente
grandezzadelle mie
morto
nella corte
sul trono,
di Prusia
e
re
costui mori
esule
di Bitinia. Come
di morire
appanto meritava
crudelissimo
e
di
la
colla
non
,
com'
narrare
perfidiae
un
tissimo,
astu-
nomo
lascio
qualeegliera. Traliani
eglitincesse gì'Ita-
forza»ma
colla frode
,
,
coli*astuzia,o
mai
senza
aver
fosse e sincera.
alcuna, che legittima
facto cosa
Neir
di mollezza
accusarmi
parmi
,
ch'egliabbia dimenticato come
le meretrici
Gapua frequentando
visse in
,
,
e
dendo
per-
lezza,
Eroe, nella mol-
questo ammirabile
appunto, le occasioni di combattere
trionfare. Se paruta
fosse
picciola
la conquista
deirOccidente,ealFOrien-
cosa
te
mi
non
e
rivolto che sublime
piuttosto
quistando
impresaavrei pur io compica conr Italia,sènza spargimentodi
mi
non
fossi
,
,
la Libra, e
me
a
aangue, e sottomettendo
le contrade tutte sino a Cade ? Ma non
mi
queste in alcun modo
parvero
meritevoli di
conquistate,poichégià quasi tutte
essere
della mia potenza,
tremavano
e
scevano
mi ricono-
ho parMinosse
Signore.
lato
dunque decidi poiché fra le altre
moltissime cose,
parmi sufficientequello
per loro
,
,
che
,
ho detta
Non
Scipione.
,
o
Minosse, prima di
ascoltato^
avermi
Minosse.
vieni
decidere
Chi
,
e
che
sei
tu
vuoi
,
tu
galantuomo ? Donde
dire?
a29
Io son l'ItaloScipione,
il dace che
Scipione.
distrasse Cartagine»
tanta guerra sog*
e con
giogogliAffricani.
Minosse. £ perciò,
che vnoi tu significare?
ChMo
minore ad Alessandro,
sono
Scipione.
ad Annibale
ina
maggiore, poichévinsi,
ultimo a vergoscacciai,e costrìnsi quest*
gnosamente
Come
mai
ha
costui
fuggire.
ad Alessandro,
la sfrontatezza di paragonarsi
ardisco paragonarmiio,
col qualenon
che vinsi quest*
Annibale stesso?
^Minosse. Affé ! tu parligiudiziosamenteo
Abbiasi Alessandro il primo poScipione.
sto.
Abbiti tu il secondo
e quindi( se vi
Annibale
giacché
pare ) abbiasi il terzo
é tale da disprezzarsi.
neppure egli
,
,
,
CARONTE,
MENIPPO,
MERCURIO.
Caronte^
JL
agami, maledetto, il nolo del
Menippo. Urla pure
,
se
così ti
tuo
gio.
passag-
piace
,
o
ronte.
Ca-
tato
Pagami ti dico poichéti ho tragitair altra sponda.
Menippo.Da chi nulla possiedenulla puoi
Caronte.
,
,
avere.
a5o
E chi è, che
Caronte.
abbia
non
obolo ah
un
meno?
/
Slenippo.Se altrivi
sia
npl so,
io
ma
V
non
ho certamente.
Scellerato,giuroper Plutone, che
Caronte.
se
ti strozzo.
paghiimmantinente
io con questo legnoti spacche*
mi
non
Menìppo. Ed
rò il cranio.
Ti avrò
Caronte.
dunque trasportatocfiqua
auffo ?
Menìppo. Ti paghidunque Mercurio, che
te
a
ha consegnato.
mi
Mercurio.
A£Fe!«tarei fresco,se
dovessi pagare
peimorti.
Caronte. Non
ti lascerò in pace.
Menippo.Dunque tira la barca
spetta ;
ma
ciò ch'io
come
farai tu per
a
terra
,
da
avere
e
a*
me
ho?
non
forse che dovevi pagare?
Ignoravi
va
Menippo.Lo sapeva benissimo, ma non aveCaronte.
denaro
,
e
per questo
non
doveva
io
rire?
mo-
Caronte.
Dunque tu solo ti vanterai di aver
lo Stige
varcato
gratis.
Menippo. Non gratis,padron lustrissimo,
perchèho aggottato, e remato, e
il solo era i passeggteri,
che
pianto.
Caronte. Tutto questo
non
ha
sono
to
sta-
non
ho
niente di
co-
col
mime
non
9
tao
nolo
lo paghi
rendimi
dunque alla vita.
Bravo, mi piace, per
poi da
esser
bastonato.
Eaco
Menippo.E dunque
nella
tua
mi
non
seccare.
vedere almeno
Caronte. Fammi
che
hai
cosa
bisaccia.
Menippo. Lupini, é
ne
tu
puoifare altrimenti.
Menippo. Ebbene
Caronte.
bisognache
5
la
d^Ecate,
cena
se
tu
vuoi.
Caronte.
Donde
ci hai tu condotto
questo cane? che per
ha cianciato
sempre.
o
rio,
Mercu-
la traversata
tutta
Ha
,
burlato
e
so
deri-
passeggiericantando eglisolo
mentre
piangevano tutti glialtri.
Mercurio. Ignoritu, o Caronte, qualeuomo
hai tragittato?
libero in tutto,
esli è uomo
e di nulla si cura.
Questi è Menippo.
un^ altra volta
Caronte. Oh, se mi capiti
sotto
o Menippo !
Menippo. Se ti capito sotto un' altra volta?
Amico
si fa due volte.
non
questo viaggio
tutti \
DIOGENE,
,
E
,
ALESSANDRO.
Diogene.
Come
Alessandro ! Anche
tutti noi?
tu
sei morto
m3
co-
Alessandro. Eh! lo vedi, o
eh' io sia morto
strano
«
Diogene e
giacchéera
nomo
io.
ancor
Ammone
Diogene. Dunque mentiva
,
mentre
figlio,
di Filippo.
figlio
do ch'eri
te
è
no"
,
eri sicuramen-
suo
di
Sicuramente
Alessandro.
rei morto
fossi stato
se
dicMi*'
Non
Filippo.
sa*
di Ammone.
figlio
Diogene. Eppure queste cose si dicevano d*
cio
Olimpia cioè che seco lei avea commerun
Drago, che fu veduto nel suo letto,
che così tu nascesti, e che Filippo
errava
credendosi tuo padre.
Al pari di te ho udite siffatte
Alessandro.
cose
; ma
veggio adesso che mentivano e
,
mia
madre,
e
i vati di Ammone.
'
Diogene. Ma
ti furon utilile loro menzogne,
e non
poco , giacchetutti ti temevano
,
credendoti un Dio ; ma
sciasti
ladimmi
chi
a
r
Alessandro.
,
detti il mio
ridi
tuo
ebbi
,
di
tempo
Regno?
Non
lo so
giacchenon
disporne e soltanto nel
ampio
anello
a
Perdicca.
Ma
Diogene?
Diogene. Rido, perchè mi rammento
che la Grecia fece per te
-quello
morire
perchè
o
divenisti suo
elesse
barbari
,
e
,
quando
Ella ti adulava
monarca.
Duce,
suo
tutto
e
condottiero
ti annoverò
tra
,
contro
i dodici Dei
ti
i
,
sS4
ha
che nulla è stabile di quanto
insegnato,
dà la fortuna ?
piente
Quegli o Diogene era un sadi tutti gliadulatori.
piùpernicioso
Alessandro.
Lascia'
,
solo il
me
a
,
di colui. Io
da
della scienza, adulandomi
esaltandomi,ora
ed
,
come
bellezza,
del
so
ambizione
della mia
ed
la mia
per le ricchezze mie
da lui
per le azioni , e
chezze
le ricancor
giacché
ora
,
eran
per
questa pure facesse parte
se
bene
vero
dotta
con-
quanto egliesigeva
abusava
mi scriveva, come
Come
me.
la
conoscere
,
come
decantate,
un
ne
be-
di riceverne
eglivergognarsi
stro
da me
tante. £gliera furbo, e deho
o
Diogene e dalla sua sapienza
soltanto la viltà di deplorare
acquistato
come
una
perdita,
quelladi tutti i beni
per
,
non
dover
,
,
,
,
che hai
poc*anzi annoverati.
Diogene.Sai quelloche devi fare ? Bisogna
pure
ch'io ti dia
Siccome
un
rimedio per la
qui non
nasce
tua
flizione.
af-
TEUeboro,
ambe
le mani Tacquadi Lete,
con
attingi
bevine ampiamente, ribevine più e più
volte,e cosi cesserai di affliggerti
peibeni
del
tuo
stene
veggo Clito, e Galliin fretta
che corrono
molti altri,
maestro;
con
ma
e vendicarsi
per isbranarti,
dei mali che loro già facesti. Prendi dun-
contro
di te,
935
altra atradiT»
e bevi più»e
qne'quesi:*
più
Volte
ti ho
come
CARONTE,
suggerito*
MERCURIO
DIVERSI
E
,
MORTI.
KJ
Caronte.
barca
dite
fa acqua
da
pende
quasida
una
rovescerà
che
,
ne
Morti. Che
con
Ve
a
voi che
dobbiamo
parti,e
più che
,
mai
se
da un^ altra»
d' altronde
;
numero
abbiate
di
quelli
gare
Caromè.
parte
che imbarcandole
ve
; la
vostro
caso
le
tutte
interamente
venuti in tanto
robe
il
vedete, è piccola,
marcia, e
come
,
qual è
siete
così carichi di
e
voi
con
dubito
,
pentire,e specialmente
notare.
non
sanno
fare
dunque per
navi*
sicurezza ?
lo dirò io.
Bisognache
entriate
le
cose
anche
sulla spiaggia,
superflue
giacché
nu*
nella barca nudi
,
lasciando
di difficilmentela barca
^
nere.
vi
Quindi,o Mercurio,
tutte
potrà,conte-
comincierai
questo punto a non ricevere alcuno,se
e
getta iria tutte le cose superflue
,
da
non
non
ho giàdetto. Met^
compariscenudo, come
titi dunque allascala
esaminagli e non
ricevere che gì'
Ignudinella tua barca.
,
,
Mercurio.
che
Dici
bene. Caronte, farò così. Tu
vieni il primo chi sei ?
Menippo. Y
Menippo. Eccoti, o Mercorio,la mia bisaccia,e il mio bastone,get"fatto bene a non
tali pure nel lago.Ho
son
mantello.
portare il mio
ecceìlea*
Menippo, uomo
ed occupa il primo posto acte
entra
canto
al nocchiero,acciocchétu possa ve»
^ avvenente
der tutto dalf alto. £ questi
chi è eglimai?
di Megara
Carmolao
Io sono
Carmolao.
r uomo
il più amato
e il di cui bacio si
Mercurio.
,
Entra,
o
,
,
,
pagava due talenti.
ifercurio. Spogliati
dunque della
*
belle^^za,
delle rosee
guancie,e di tutta la pelle.A,
! ora stai bene, entra. È. tu cosi
meraviglia
quellaporpora
arrogante con
diadema chi sei?
tua
,
e
con
quel
Zampico. Lampico iltiranno dei Geloi*
Perchè dunque, o Lampico, por*
Mercurio.
tare
addosso
tanta
roba ?
LampÌGo, E che, o Mercurio, dovea forse un
tiranno comparireignudo?
anzi che
Mereurìo. Dì piuttosto
morto
un
tiranno. Intanto deponicoteste robe.
un
Lampico. Ecco gettate via le mie ricchez».
,
Met curio. Getta
r
via
pur
anche
il fasto
,
e
teco, aggra^
giacchéportandoli
orgoglio,
a57
veresti molto la nostra
barca.
Laxnpico.Lasciami almeno
regiomanto.
No,
Mercurio.
getta via
no,
il diadema,
e
il
questi.
ancora
vedi ho
Lampìco, Ho da gettar altro ? come
lasciato ogni cosa.
la crudeltà,
Mercurio. Lascia ancora
cillita,
rimbela collera,e T insolenza.
nudo.
Lampìco. Eccomi
Entra
Mercurio.
grasso
Damasio.
,
e
chi sei cosi
tu
L* atleta Damasia.
che ho vedu*
Sì,mi sembri quello,
Mercurio.
to
dunque. E
polputo?
spesso nella
Damasia.
Si,
perchèson
questa
,
Mercurio, ricevimi pure,
o
nudo.
Mercurio. Non
involto in
palestra.
sei nudo amico
mio
,
essendo
spogliati
prima di
tanto,
poichébasterebbe un tuo piedesoltanta
carne
;
per affondar la barca. Getta via parimente
le corone,
de*
le proclamazioni
banditori.
Damasia.
nudo davvero
Eccomi
come
tu vedi
in
paritàcoglialtrimorti.
Mercurio. Cosi è meglioesser leggiero.
Entra
dnnque.E tu o Grate, getta la ricchezza»
,
e
,
la mollezza
,
la delicatezza
e
funeree vesti,le
il tuo
de* tuoi
dignità
la gloria,
e se
lignaggio
,
e
,
lascia le
antenati
mai la
tua
«
ti procUmò
patria
andar
statue,
ancor
questo,
e
dire che
non
e
benefattore
SQo
bfcia
le iscrizionidelle
ti fu eretta
,
fica
magni-
poichéla sola menzione
"li
sepoltura
il naviglio.
aggraverebbe
queste cose
benché per forza;come
Crate. Getterò tutto
,
,
,
fare altrimenti?
Mercurio.
addosso
Un
morto.
mi
Affé! che
?
e
tu
coir
uom
armatura
trofeo ?
perchèporti.cotesto
Perché
mostrai
vuoi
vinsi,o Mercurio, perchè
forte,e
la città mi
colmò
d' onori.
Mercurio.
Lascia in
terra
guerra nel r^gno di
armi. E costui
rono
il trofeo
Plotone, e
,
non
v* è
non
occor*
venerando
d'aspetto
cosi superbo,che tiene alte le ciglia che
ha il volto pensieroso,
e la barba folta chi
,
,
,
sia?
o
Mercurio, anMenippo. Egliè un filosofo,
ché
siczi è un impostore,un fabro di prodigi,
te
fa* pur eh* egli
si spogli,
e vedrai mollo.
cose
degnedi beffe,sotto a quelmantel-
Spogliati
dunque prima di queir
aspetto, e posciadi tutto il resto. Oh 6io*
ve
quanta arroganza ! Quanta ignoranza1
Mercurio.
vanagloria!
quante
oscure
e dispute
spinose!
quanti
quistioni!
pensieriequivoci!
quante inutili fatiche !
quante contese! quanta
quantidelìrii!quanta
'
scorai ridicoliporta
Giove, sebbene tu
ciancia!
qaami
t
costui!
seco
-Ma
di-
per
procuridì celare
ad
voluttà quel*ogni costo queiroro» quella
la temerità, queirira
quellamollezza
mi
non
fuggono
queir e£feminatezza
,
,
,
,
dalla
certamente
menzogna
essere
tu
,
vista, getta
la tracotanza
la
ancora
la credenza
,
di
aglialtri; imperocchése
superiore
entrassi
tutta
con
be altro,che
questa roba,ci vorreb»
barca da
una
cinquantaremi
per sostenerti.
Giacché
Filosofo.
F
imponi,ecco,
mi
spoglio
di tutto«
Ménippo. Deh!
o
barba
quella
via pur anche
bene,
Mercurio.
Mercurio
vedi, almeno
come
Dici bene. Getta
fa* eh'
,
egligetti
sì folta che pesa
,
mine.
cinqu);
la barba*
via anche
E chi me
la tosa ?
Filosofo.
Mercurio. Menippo colla piccozza
te
la
rà
taglie-
sulla scala della barca.
Menippo. No
,
o
Mercurio.
Dammi
piuttosto
la sega^ questo sarà molto più curioso.
Merairio. Basterà la piccozza.
Benissimo. Gli
hai restituita la faccia umana,
la
spogliando-
quellafetida barba di becco.
Menippo. Vuoi tu, ch'io glitagliun
delle ciglia
?
ancora
di
poco
Sicuro. Perche
Mercurio.
le tien
della fronte, insuperbito,
non
e'è?
Che
cosa.
tu
lite
piòsu
so,
diche
vile spazzatura
piangio
,
! Entra
paventila morte
Menippo.Egliha tutt*ora
e
le ascelle.
sotto
mai?
E che
Mercurio.
dunque.
cosa
una
sima
pesantis-
Menippo. L* adulazione
,
che
gligiovòmol"
tissimo in vita.
E
pure, o Menippo, getta via la
V audacia del dire,la giocondità,
tu
Cìlosofo.
libertà ,
la
e
grandezzad'animo,
solo tra tutti te
tu
No
Mercurio.
elleno
,
la derisione,giacché
la passi
ridendo.
serba anzi
tutte
queste
cose,
sporto
leggieree di facile traTu realla navigazione.
tore,
e son' utili
delle arringhe,
getta via la tanta loquacità
sono
molto
,
,
le antitesi
i
,
la,rotondità dei
periodi i barbarismi,e
,
cifizii
deir orazione.
Oratore. Così si faccia. Ecco
Mercurio.
Va
bene.
la fune da
,
i
terra.
pesantia^
lascio
Sciogliadesso
Tiriamo
su
bri,
mem-
,,
tutto.
o
te
Caron-
la scala
si
,
il timone,
salpil'ancora, spiegala vela, dirigi
Perchè piangete,
o
e a buon
viaggio.
Filosofo sbarbato
vili,e tu principalmente.
di fresco ?
Filosofo.
Piango,o
che r anima
non
Mercurio
,
perchècredea
fosse mortale.
s42
da te 0OIO.
tranquillamente
Menippo^No perchèudrai tra
poco ululara
i corvi battersi
,
i cani per me, e
colleali,quandosi uniranno
mestamente
nei
sepoltura
ventre
per darmi
loro.
magnanimo ,0 Menippo;
finalmente,
ma
prendete
poichésiam giunti
strada diritta,
al
e gitene
voi altriquella
io, ed il nocchiero
giudice
vostro^ mentre
andremo
altri.
a prendere,
mo
Andia0 Mercurio.
Menippo.Buon viaggio»
Mercurio. Sei pur
perchètardatetiinto?
Per quanto si
bisognache siate giudicati.
dice,i suppHzii
son
gravi;si tratta'di ruo-?
di avvoltojdi macigni^,
che è
te
e quel
la vita di ciascuno^
sarà palese
Paggio,
noi. Ma
ancor
,;
,
-
ALESSANDRO
E
FILIPPO.
.
,
Filippo.
V.
XS inalmente Alessandro
d*
esser
Ammone
puoinegare
mio.
Se
lo fossi d'
tu stato
figlio
saresti già disceso tra i
non
,
.non
morti.
Alessandro.
esser
di
N^ppur io, o Padre, ignorava
di Filippo,
di Aminta ;
e nipote
figlio
dovetti ammettere
ma
,
il vaticinio per
lo riputai
utilealle cose
giacché
ro
ve-
mìe«.
343
dici mai!
FìiìppOkO^.
Uè
dunqueti parve
de' vatioinatori?
il sottoporti
agliìngatini
Alessandro. Oh
questo poino; ma i barbari
ut
,
mi
temettero,
oaò
tiessuno
e
resistermi,
di aver
a combattere
tro
conunmag^naiidosi
un
Dio, e così piùfacilmente glisoggiogai.
qualiuomini degnidi tanto
Filippc^ìlh
zo
hai tu vinti ? Hai
.
sempre
sfor*
combattmo
uomini vili, che ti opposero soltanto
atraU , uomini armati
in lor difesa piccoli
con
da scodi fatti
c6)perti
di saliciitìtrecciatL Opera illastrésarebbe
di
.
rotelle
piccole
stata
,
e
il vincere i'Greci
»
i Beoti, i Focèsi,
gliAteniesi,1*InfanteriadegliArcadi, la
Teaaalica cavalleria i lanciatori Elei/ i
ìManténeai armati di rotelle;
o i Tracii
gì'
i
Peoni.
e per sino
Illirii,
Questesì,erano
difficili
imprese ma non sai che i Medi
d'oro
i Pepai,i Caldei,uomini risplendenti
,
,
,
furono
avanti
,
di te
daV
duce
-
Clearco
,
prodi
debellati,
perchè non ebbero coraggio
in vece
di venire alle prese
e fuggirono
prima che gliarrivassero i dardi Greci.
fanti
Alessandro. Ma gliSciti,o Padre, gliElezarsi?
degliIndiani y erano forse da disprezsuscitare civili
Ed io glivinsi senza
discordie tra loro, né comprarele vittorie
condottìere di soli diecimila
,
,
ti^
battu-
,
a44
coi tradimenti. Non
co,
spergìut^i'unquaiv-
né mai
promisiper ingannare,'
non
alcuni
Soggiogai
di sangue,
e
effusione
dei Greci, sedia
forse mdisti dome"
•Tebani.
••••
^
.
per
alta datcì*fede.
mancai
la ^vittóiria'
ottenere
i
iùi
*
i
ig^scigài
-'^
••
So tutto questo, poichéme- lo irac«
Filippo.
«contò quelClito^ohe uccideviiàentit(Mpe-^
.}"nava
aver
;"mie
;
col tnor^daifdb,
trafiggendolo
per
egliosato lodairmi paragonundole
^n pe^Unto
ralletue gesta,
guerriere»
teco,
,
rinunziando alla Clamide
Macedonica
^
in-
tMnooronasti
d^^sasticandido :vé9timento
,
un* alta tiara,« e Volesti essere' adorato
4ai.liberi Macedoni stessi.Quelloanzi che
di
y^h di più ridicolo
noitri i costumi
.^nayerare
quante
,.
si é, che
dieivinti;lasciando di ànaltre
faccifti^
come
roci
e feiosigm^ì
cose
U'thiudere insieme uomini
Jeoni.Le infami nozxe,
e
l'eocedéote
per Efestione. Ti lodai soltanto
perché Intesi direjxhe ti eri astènutodal
amor
.
prefemiai
tuo
mogliedi Dario, cHei'ai^vi
delle figliev
e della madre* sua
preso cura
aeioni regie
vérametite.
sono
poiché^queste
Alessandro. Non
ò Pad^e,^Ha
applaudisci,
miai iotrepidezziav
"air essermi
lanciato il
in Ossidìaca^
e àflravervi
primo dalle mora
toccare
la bella
,
.
ricevute tanie^ferite?
'
•
a45
Non
i'^i/Jpo.
I
Non
Re
lodo sifiktte
cose,
o
Àiessandrou
già eh* io repatidisonorevole per un
1^essere
qualchevolta ferito 1'espor«
al pericolo essendo alla testa
della
ti conveniva
ma
armata;
perchè non
,
si
sua
»
*
tu
creduto
Dio,
un
.
fossi stato
veda*
ferito,e ti avessero
to trasportare altrove,lungidalla pugna,
dalle altrui braccia
sostenuto
grondante
sulle tue ferite,quesai^ue, e piangendo
sto
se
.
essendo.
mentre
»
tu
,
:
sarebbe
stato
un
-
argomento da rìdere
Ammone
per glispettatori,
credute un impostore
ed
,
natore,
in
falso vatici-
£ chi
profeti.
di
riso,vedendo il 6glio
mai
ve
Gio-
ad implorarelà medica
languente,
assistenza? Ora poi che tu sei morto,,
atto
credi td
be"no
Dio
un
stato
adulatori i
e
avrebbe
non
sarebbe
che
di bua
morto,
vi
non
e
sieno molti
tale finzione ,
steso
che
si
,
veggendoun
cadavere
in terra,
trefatto,
pu-
le,
secondo la leggenaturagonfio,
to
impostaad ognicorpo?D^ altronde tute
quello,o Alessandro che hai detto di
averti condotto piùfacilmente alle conquiste,
che scemò non
è appunto quello,
pòla gloria
delle tue gesta giacchéqua.
co
doveva compaluoquecosa che tu facessi,
rire/meschina
,
,
a
ta
da
dn
coloro che la credevan
fat.
Dio.
Googk
Digitizedòy
a4fi
Me9sandr0.
uomini;
Ercole
,
Così
asserìscono, ch^ io
ma
e
la pensano* di
non
fortétza
poichéquella
Bacco,
a
sor
gli
pariad
me
di Aorno, che né Tiuio ne T altro di essi
io solo la soggiogai.
potè prendergiammai»
Alessandro! tu parli
^sempre
Filippo*Vedi
di Àmmone,
il figlio
quando ti paragoni
come
,
ad ErCiole, ed
sci,né smetti l'arroganza
te
conoscere
a
Cora
neppar
dopo la
morte
E
ACHILLE
Non
Bacco*
a
stesso
,
,
imparian*
non
non
e
airossi-
fai senno
?
ANTILOCO.
Antiloco.
'_
vo
di un allieuchilie, che discorsiindegni
di Ghirone» e di Fenicio , furon mai
ad Ulisse,ragiofacestipoc^anzi
nando
7 Io t'intesi asserire»
della tua morte
che
quelli
d' essere
che avresti preferito
stato
un
tadino^
con-
di lavorare, privodipatrimonio,
ché
al servizio altrui,anzid^cfgm^ricchezza
e
e
regnare
sovra
i morti. Siffattidiscorsi
potevan convenire, forse ad
un
Frigiovile,
ognialtra cosa la vita; ma
di Pelec^, il più audace fra tutti
il figlio
'gliEroi, così parlandosi cuopredi vergoche
gua
ama
,
e
sovra
contradice
alle gesta clic illustrato*
Digitizedby
la
no
e
vita. Eppure cu che
sna
potetiregna*
Ftia
a
gloria
per molti anni senza
feristi
pre,
dì bnoQ gradoonorovolisnina
morte.
Achille. Allora
Figliodi Nestore
ignoraòdo le cose
di qua giù e non
do
conoscenil meglio delle cose
mondane, preferiva
la meschina
gloriadella terra ; oggi poi ca«
piscoireramente
quanto ella -sia fallace
o
,
,
,
,
quantunque
Tra
do.
i morti
abbiamo,
non
forza che
del
,
i viventi
o
la decantino
esiste T
noi
nguagliansa,
Antiloco
la bellezza né la
là
avevamo
pari avvolti
su
noi. I morti
tutti nelle
Troiani
non
ci troviamo
; ma
tenebre
che vi sia la minima
senza
olcremo-
stesse,
distinzione
mi
temono
fra
più,
di
i morti Greci
quelloche mi rispettano
perchè ci troviamo in una paritàperfetta,
il più vigliacco
è morto
e
quanto il più
che mi affligge,
e
prode. Questo è "]ueIlo
,
,
mi
fa desiderare
to,
ma
Antiloco.
cosi ha
almeno
tra
essere
un
abbiet*
servo
i viventi.
fare,o Achille? la oatural
tutti gliuomini devono,
disposto,
Che
certamente,
alla
di
vuoi
morire,
legge comnne
^imfi conviene
e
,
non
stare
affliggersi
per
di
più che tu ve-
inevitabili sventure,
tanto
,
condiamo.
quantidi noi ^ tutti tuoi amici, ti cirTra
disgraziacomune
poco
verrà
serve
anche
Ulisse. La
di consolazione.
già dovuto soceombere tu solo :
lustri,
Ercole, Meleagro,ed altri uomini ilbai
Non
.
vedi
che
a
di ricornare
accetterebbero
parer mio, non
in vita,se fosse loro ofiScrto,
e
farsiservi di uomini
.
Achille. li
tuo
non
ma
e mendici.
indigenti
da amico;
coDsigUoè veramente
terrestri mi
cose
la reminisc^oza
come
so
rattrista. Credo
delle
che
tutti
proviatelo stesso, e se noi confessate,
tanto
più in questa parte siete rei, poiché
falsa rassegnazione.
una
fiogete
voi
Àntiloco.
è
di
e
bensì to
quanso
perciòabbiamo deci-
No, Achille, veggtamo
meglioil tacere,
non
fare lamenti,
soffrirein silenzio,
per
altrui 3 manifestsodo
ma
non
di
pazientare,
sa
eccitare le rì-
simili
desiderj
ai
tuoi.
MENIPPO
E
GERBERQ.
Memppo,
o
Cerbero
t
sendo io
giaaehèsiamo parenti
,
ea-
lo
delal par di te , per ^mpr
crate,
dimmi » qualfu il contegno di SoStige»
cane
allorché xUscesein. questo
Un
.luogo?
baiare;?
OÌQ, qual sei tu, npo- deve solamente aball'occorda uomo
ma
ragionare,
r«n?;a;
a5o
anzi di buona
ma
spinte;
»
dicendo
e
volontà ridendo
a
glialtri che
tutti
piangessero
pure.
MENIPPO.
E
ANFILOCO,
ilio.
TROPO
Menippo.
o
Trofonio»o Anfiloco,voi
siete sicuramente
siete
peranchecome
dei templi
stati creduti degnidi avere
sulla
vi abbiamo
terra ; come
rispettati
per vai miseri mortali vi tengano
e perchè
ticinatori;
morti, e
non
so
per tanti Dei.
Che perciò?
che
Anfiloco.
se
?
colpaabbiamo noi
credono siffatte
per ignoranza
gliuomini
cose,
di chi fu mortale
Menippo.Per
altro
non
cosi,se voi da vivi,non
loro
al par di loro ?
avrebbero creduto
aveste
raccontato
di voi stessi come
prodigiose
e
se il futuro fosse a vostra
cognizione,
lo poteste predire
che venivano ad
a quelli
interrogarvi.
Trofonio.Pensi Aufiloco a risponderti
per
se stesso; ma
un eroe
io, o Menippo sono
discende. Mi
e vaticino per chiunquea me
pare
cose
tanto
per tanto
,
»
che
tu
non
sia mai
stato
peAshè«Itrimenti
in livadia,
mi
non
ricu*
seresti credeota.
Menippo.
che
e
ta
che
dici mai !
Che
sei
morto
solo dÌTersifichi pel tuo
Livadia
a
cDlosamente
un
in
verga in mano,
gusto foro della
tuo
Io
per sapere
lo siamo cotti noi ,
come
,
bisognaandare
del
Dunque
vaticinare
«
ridiavvolgersi
,
lenzuolo ; portare una
nell'au*
entrare
carpone
tua
vaticinare
^
caverna?
che cos^ è
Ma
un
amor
per
che
giac-
eroe^
ignoro?
Trofonio. Un
JUenippo.Vale
di Divinità
misto
,
e
d*
uomo.
to
diite,quelloche come
Di6» ma Tuno^
dici,non è né uomo»
ne
r altro insieme; ma
posta
e
dunque dov^è ria
adesso la tua
Trofonio Sta
nippo.
Menippo. Non
che
tu
è, che
in Beozia
vaticinare
a
intendo,
dici ;
tu
Divina ?
metà
o
sei intieramente
£
GRATE
Trofonio
quelloche
ma
«
so
o
Me-«
quello
dicerto
si
morto.
DIOGENE.
Cratt.
G.(onoscesti
ricchissimo
tante
navi,
tu,
o
Merico
e
Diogene, il ricco,anzi
che
di Corinto
di cui
,
era
aveva
NipoteAristeo,
%52
ter
d^ Omero
quelverso
sempre
pf
ehe
opulQni;^^
kneqo
non
uomo
0 solkvi tu.me,
o
Diogene,P"frqualmotivo
r
un
r altro ,
o
solca
rì|"e«
:
sollevo..
te
«
s*idolatravano
to
tan-
Grate?
Cra(e. Per T eredità. £r4n ambo coetànei ^^ed
fatto pubblicamente
i loro testamenti.
avevano
}
Merico
e
Aristeo
a
«e
Merico
.
eredi di
di
premoriva ad Àristeo
si lasciavano reciprocamente
,
tutto
il loro. Essendo
s^incensavano
questipatti,
ed eccedevano
venuti
conbievolmente»
scam-
in adulazioni.
I vaticinatori congetturando
il futuro
.
ora
astri,
dagli
.
da i segni,
come
ora
fanno i Caldei,
si univano alla Pitonessa di
Apollo,
per
dare la sopravvivenza
edora
ora ad Aristeo,
Merico.,cosicché la pingueeredità oggi
pendevada una parte, domani dair^Ura.
a
Che
Dipgiene,
avvenne
merita d* esser
'
cosa
o
duiique,
Grate? la
udita.
.
Crate. Morirono
furono
patrimoni!
I loro
mio
si
,
e
erano
che
ambidue
nel
giornostesso.
redati da
Euno-
che
loro parenti
da Tilassicle
,
confusi per vaticinare
mai
non
quel
dunque
poiaccadde. Merico.ed Aristeo
navigandoda Sidone a Pirra, furono a
in fianeo dal vento
via Qolpiti
mezza
Iai"i*
ga chef li feceannegare.
Va benissimo. Pertanto noi quando
^Diogene,
,
aSS
itivira^^on abbiaoiò iDai pensato
simile contro di noi; né desiderai
eràTamo
cosa
una
mai
che Àntistene morisse
,
per
il
redarcf
forte bastone d* ulivo salvatico;né
suo
che tu,
•do
'
5
tota
0
morte
,
Grate, abbi mai de«ide)ratola
per avere le robe mie, cioè il
la bisaccia,che conteneva
e
coppo,
^^niisaredi fave.
Crfate. Non
àvea
ó
'ì)e{^puttu
ere-
due
'
'
'
di quésta roba, e
bisogno
gnava,
Quellofche abbisoDio^^ne.
-iiùf
ed io
lo eredìtaisù'tu
da Atitrstené»
da te; tesoro
assai
tabile
piùgrande,e più rispet-
che lo scettro dei ?etai.'
,
di cui
mai queste cose
Diogene. E che sono
t
tu parli
\ »;'^
Grate. La sapienza,
la frugalità,
là versìcità
"T audacia nel dirleJ e fe libertà puratichfe.
'-?
,
*
V^t
Dìa^ètie\'
Gìo^iéV
mi
ci'aver
rammento
da Àntistene
ricevuto
queste ricch^elzze, e
*
d'avertele lascteteanche maggio/i.
Crùté. Ma glialtriibortali trascuravano
tali
possessie
,
rando
ci faceva la corte
nessuno
nella nostra
eredità,ma
tutti
V spe*
aveva-
suir òro.
feoi
gliocchi 'fissi
Diogene.E
no
torto, poichénoU' avevadiritto per ricevere talicose dà noi. Infiacchiti
dalle mollezze, eran
comVerano
non
a
di
simili a borse infracidile,
se
oiai
qualcunovi
poneva
madiera
dentro
che
la Sa-
a54
la veritk, passavati
pienza, il coraggio»
aubico per occhio, perchèil fondo non
era
capace di sostenerle;
come
appunto
de
acca-
di Danao, che, versa
alle Vergini
figlie
n
r acqua in una
botte tutta traforata,;
ma
essi ritenevan Toro co* denti» colle unghie,
ogniingegno.
Crate. E perciònoi possederemo
apcor
qui \t
nostre
ricchesz^. E6si;p^r
tanto v.erranrio
qnagiùportandoun obolo,^ questo ancora
e
con
piùoltre del nocchiero.
non
MENIPPO
E
MEBCURIO.
Menippo.
D.'ove
stanno,
belle? Conducimi
MerqQrìo i belli,e le
sco
ades^i periohè
di fresona
o
arrivato.
Non ho tempo, Me^nippo;
ma
da
guardestra, e vedrai Giacinto^ Narciso,
Mercurio.
a
Nereo, Achille, Tiro^ Elena
tutte
y
somma
Leda, in-
le bellezzedel tempo antico.
pati,
veggo che ossa, e teschi spol-
Menippo.Non
quasitutti simili tra loro.
Mercurio
Eppure queste sono. Tossa,
poeti decantarono già tanto
,
e
tu
che i
sprezzi?
le di-
Menippo.Additami dunque Elena, giacché
a55
non
qaì distìnguerla
saprei.
Mercurio. Questoteschio fu Elena,,stessa.
che per questo teschio
Menippo Come è possibile,
mille,navi sienp partite
dalia Grecia !
tanti greci
e tanti barbari si sieno fattiac"*
cittàsieno rima$te distrutte?
e tante
ciderei
Mercurio.
Ma
tu.i^po Fedesti,
Menippo,
quandoera viva, altrimenti
questa Donna
avresti detto
o
tu
pure, che
una
lunghipatimenti^l^r
erano
i più
giusti
DQonar tale. Chi
vede i nori secchiti
trova
e scoloriti
qoa
,
,
più in essi bellezza; ma bensì .quandosono
ed haqpQfU vivacità
recente
fdi,
sbocpfati,
cui incantano inostri
dejleloro,
tinte»,
con
ciguardi.
;
/
^ qv^ello
Menippo Questo.
appunto, qhe mi fa
che i Greci
riflettendo
o IVli^rciuiio^,
stupire,
che si affaticavano per
jion capirono
,
un
else.
pe^deacosi
oggetto tanto precario,
il^Uofiordi beil^z:(a.
facilmente,
M";curiq.Non mi riman tempg"j?.3^enippo,
^
per
che
.
filo^pfare
qp^.l
\ sicché scegli
posto
piùti aggrada,e rimanti p^rc^, che in-
teco
tanto
me
n'aadrò
a
altrimorti.
pren4erje
"56
MBNIPPO
E
TANTALO.
Menippo:
•••;?"??•??
gni
i che piangi o Tantalo
e di che ti lasulla spondadi questotago?
la sete mt diTanttdo. 0 Ménippo perchè
DI
,
,
,
?
vera.
ti riacresca il
pig^(:^,'chè
o aiùaetio àttiiager
cbinarti'a'bére,
Tacqàa
si^itu
Jf€m/i/"o/E
della hiàtió?
nel Còncdito
lùf^tiò
Tantalo:
'
'
et
^
^
/
tiii
chirièréii
f!erchè
TacqUa
ché^mt Vi accosto, é se
fugge,qu'àììdo^èrìte
colla,
qualchevolta arrivo ad attingerue
bòtìca ptitha
mano
,'eme P^apprcssWftlla
T acqilà
eh* io possk'bàgnara)fr4B'(àbb'ra,
,
,
non
so
come
i
mi
sddfppafVa l^idita,t
lascia ià'màkjò
asciuttavi
Menippo.E*%triflò il bd
^''?^'-
/
Xùx
';
lo;:
kij^iiziio,
o Tanta-
ina" ditticòijijhfc
tu di bete,
bisogiio^ftii'
non
in Lidia
giaicé
àvetìdb?t(^èd'il'òoTpd^'tft*
9 Egli^^^blo
sepolto
póèéa tehtir la sete,
ayeìrj"fo'tWx:hel*
e- la faffDèi'toanbn
anima,
bera?
come
puoiaver sete, e come
potresti
Tantalo. Questo è appunto il mio tormento:
aver
V anima
assetata
come
se'
fosse
un
corpo.
Menippo.Sia
pur così; m-a
dici di pagiacche
«58
che io debba
Menippo. Chi .siete?Mi pare,
prima saperlo.
Nireo. Siamo
,
Nireo
,
Tersite.
e
/
Tersite ?
Menippo. Ma qualeè Nireo,e.quale
poichéquesto non mi è chiaro abbastanza.
Tersite. Ho giàintanto guadagnatoo Nir^o,
differisca
di essere uguale
a te, e che tu non
da me, quanto tiha esaltatoquelcieco
tanto
d^Omero, chiamandoti ilpiùbello di tutti;
di testa aguzza, e calva,non son
giacchè^io
cun
a te in alparuto innanzi al nostro giudice,
,
inferiore. A
modo
Menippo
piùbello.
,
Nireo.
e
di
il dire
te
spetta adesso
qual di
noi
due
,
o
reputi
6gliodi Agiaia,
ri
Caropo,il piùbellofra tutti i guerrieMe,
contro
certamente,
me
Ilio radunati.
Menippo.Farmi, che venendo tu in questo
sii più tale^giacche
le tue ossa
non
luogo,
sono
ugualia quelle
deglialtri ed il tuo
cranio non
si distingua
di Tersida quello
che dair essere
te
piùdebilee frale.
Nireo. Domanda
quale
per altro ad Omero
io milbssi quando combattei co'Greci.
Menippo.Tu mi racconti sogni ed io veggo
quelloche tu sei adesso. Quel che tu fosti
lo seppero coloro,che vissero aggiorni
tuoi.
Tersite. Dunque o Menippo io son qui più
,
,
,
,
,
,
bello di lui ?
^
Digitized
by
'
•59
Itenippo.Né ta» né altri siete qui belli;
e
giacthèDeli*inferno vi è ugnaglianz»,
simili tutti.
siamo
anche di questo.
Tersite. Or l"ene mi contento
EACO,
MENIPPO,
£
PITTAGORA
SOCRATE.
Menippo.
JL
tv
co,
j^aco.
Plutone fammi
amordi
vedere, o £a-
ognicosa che è neir inferno.
Non
è facile,
der
o Menippo, il farti vetutto
;
quindicérca
d' istruirtisoltanto
più essenziali.Questo,tu ilsai,è
è il Nocchiero,che ti ha qui
Cerbero,quegli
Prima d'ora quandoentrasti bai
tragittato.
veduto il lago,e il Flegetonte.
sco
conoMenippò.Conosco tutto questo come
ilRe
vidi ancora
tu che sei portinaio,
fammi vedere gliuomini
e le Erinni. Ma
antichi e tra questi!
piò illustri.
£aco. Costui è Agamennone, Achille è colui»
è Idomeoeó, e succesaccanto
quell'altro
delle
cose
•
,
,
,
sivamente
uomini
Ulisse,Aiace, Diomede,
e
gli
piùillustridella Grecia.
Menippo. Ohimè! Omero,
gettate per
Eroi! Teste
terra
come
le teste
ti hanno
qui
de' tuoi cantati
informi,pienedi poiignote^
Digitized
by
s6b
di ciancia molta
e
vere,
,
teste
dav-^
fragili
E qaesto, o Eaco, chi è niair
ro
Ciro. Qaest'altro è Creso. Presso di lo-
vero.
£aco.
napalo; più avanti
Sarda
sta
queiraltro è Serse.
Menippo. E la Grecia potè mai
è
Mida;
temerti
,
o
qaando facesti il ponce
sul mare
d^EUe, e volesti navigare
atcra*'
le montagne?E Creso, oh che cosa
verso
egliè mai doventato! A Sardanapalo
poi»
vile immondizia
Eaco
Eaco.
,
,
lasciami dare
uno
schiaflFo.
I^eflFemminato
No, perchéglispaccheresti
teschio.
Menippo.Dunque
lo abbraccierò
,
è
giacché
ermafrodito.
£aco.
Vuoi
eh* io ti additi anche
gliuemini
dotti?
Menippo. Mi farai piacere.
Eaco. Questoprimoè Pittagorai
o
Menippo.Ti saluto,o Euforbo, o Apollo,
come
meglioti piace.
Pìttagora.Ti saluto ancor io o Menippo.
Menippo Hai sempre la tua coscia d'oro?
ma
Pittagora.No
porgimila tua bisaccia
boccon buono.
per vedere se ci hai qualche
Menippo. Fave amico mio. Questa pietanza
,
,
,
'
non
fa per
te.
Da'
Pittagora.
versamente.
pure; fra i morti si pensa diche
Mi sono convinto qua giù,
a6i
V è
aleana tra le fave,è
iomiglianza
un
glande.
di Essicbiestideì
Xaco. Qaestiè Sotone
figlio
altro ; e Pittaco vicino ad
Talete è quell'
altri saggidella Grecia,che co*
e gli
essi;.
àtn
»
vedi
me
,
sono
setter
Menippo.Questisoli tra tutti gliahri o Ea«
contenti. Questicoperto
sono
co
allegri
^ e
,
,
di
come
cenere
brace
,
focaccia
una
cotta
sulla
chi
e pienodi pustole,
gonfio,
tutto
è mai ?
Empedocle,o Menippo, uscito
jEaco.
abbruciato
che
,
cratere
dalP Etna.
0 Uomo
Menippo.
cosa
di
mezzo
me
piedi ranel
ti spinsea gittartì
venerando
mai
quelvulcano
dai
?
di melanconia,
Empedocle.Fai assalito da una specie
o Menippo.
fa
Menìppq. Oh, no davvero! Fu vanagloria,
che t^ indussero a
superbia fu alterigia,
,
bruciarti coi tuoi sandali
di celare. La
se
in
,
tua
perchèdopo la
ridicolo da
dov'è
tua
,
cui
fosticapace
non
astuzia nulla ti vai-»
morte
tutti. Ma
fosti
dimmi
,
messo
Eaco
,
Socrate adesso?
iliaco.Egliciancia per lo
Palamede.
più con Nestore, e
Menippo.Vorrei vederlo se fossequivicino.
j^oco. Vedi tu quelcalvo?
26a
qui ai
Menippo. Queitò è uà segno comune
tutti,giacchétutti son calvi.
Saco. Vedi tu quelnaso schiacciato?
Menippo, Anche questo è un segno comune,
i
tra
il naso
jiia
morti, ognuno
Cerchi
Socrate.
schiacciato.
o^Menippo?
me,
Menippo^Appunto Socrate.
Socrate. Che fann' eglinoin Atene?
feggiano,
Menippo. Dicesi, che molti giovanifilosodatura,
e ane chi li vede, dai loro gesti
li giudicafilosofisommi. Il reato
poicredo che Phai veduto da te stesso,
cioè come
si sono
a te presentati
Aristippo
e
Platone. L*
olezzante di
uno
essenze
,
e
de* Siculi Ticortigiano
r altro esperto
ranni.
che dicono di me?
Ma
Socrate.
Menippo. Hai fortuna
credono, che
ti
tutSocrate,giacche
sii stato
un
non
ro)
sapevilutto, benché ( a dir vesapevinulla (i).
Io medesimo
ch'io
io dissi;
parlassi
per
ma
tucti credevano,
ironia.
chi sono?
Menippo.Questiche
ti circondano
Socrate. Carmide,
di Clinia.
Menippo» Fedro,
(i)
una
o
Luciano
in
cosa
mo,
som-
uomo
che
e
Socrate.
tu
o
e
glio
il fi-
profitta
delPoppOTtanitàper prendere
parola Socrate; il quale tolera dir« : $•
,
tola^ che
non
io
nolla.
^
Digitized
by
iS5
Menippo.Bravo Socrate, anche quieserciti
la tua professione
i giovae non
disprezzi
ni
,
avvenenti!
'*
E che
Socrcue.
cosa
Menippo ?
o
ma
v^ ha di
più dilettevole
piace rimanti con
,
ti
se
,
noi.
Menippo. Non
fra Creso
so,
che
udendo
e
vado
posso davvero
,
a
giacchemi
Sardanapalo,
di ridere
motivo
avrò
non
stare
avvi*
poco
loro.
pianti
Eaco, Io ti lascio o Menippo perchènon
la
delvorrei, che qualchemorto
profittando
mia qui dimora
scappasse vìa. Vedrai
dunque il resto un'altra volta.
to
Menippo. Va' pure, o Eaco, quanto ho vedufin qui per ora mi basta.
i
,
,
DAMNIPO.
E
CNIMONE,
Cnimone.
E.
icco
Cerbiatto
: Il
proverbio
atterrò il Leone.
Damnipo.
Che
Cnimone.
Mi
cosa
hai, o Cnimone?
domandi
ho
me
il
avverato
pppanto
deluso !
che
lasciato
un
ho! Involontariamente
erede.
coloro, ch'io
Spogliai
anzi che redassero le
JOamnipo.Come
cosa
accadde
cose
mie.
questo?
Misero
voleva
,
«64
Erfloiolao,
queirnotiio
neir
ricco y e privodi figli
graudemente
,
ed egli
tava
ascoldella sua morte
aspettativa
»
ed io
le ttiie adula2Ìoni;
con
piacere
credei £are un colpoda maestro,
incoraggilo
Io adulava
Cnimone.
dichiarandolo con
erede mio
testamenta
pubblico
universale,colla speranza, che
egliOli avrebbe imitato, testando del
suo,
favor mio.
a
eglimai ?
Cnirnone.Ignorociò ch^ egliscrisse nel suo
^oq
morto
airimprovtestamento,
poiché
Damnipo.
E che fece
vì»o, accoppato dal tetto della Casa, che
mi rovinò addosso,ed ora Ermolao, si gode
ghiotte
il mio bene, come
un
dentice,che inPesca
Damnipo. Non
amico
in
un
dire soltanto
come
sol boccone*
Tesca,e
Tamo
»
il pescatore pur anche,
la tua astuzia si è rivolta
danno.
tuo
Cnimone.
mi
Tamo
ikiio,ma
quindivedi
in
e
Lo
io
pur troppo,
e
perciò
appunto
dispero*
SINOFANTE
E
CALLIDEMIDE.
Sino/ante.
E
sei morto? Io
Callidemide,come
di Dinia" avendo mangiatopiù
parassita
tu,
o
Googk
!à66
^idi? eppure
te, tu
Fatto il deridere
è ben
non
T amico.
Rido,
Sinofante.
mio, perchèfostiveramente
amico
che disse il vecchio
burlato bene. E
allora ?
In
Callidemide.
si
tratto
un
provvìsoaccidente
poicredo
e
,
scosse
per Tiroavendo
,
penetrato il mio tràdimento,*riseancor
di quanto il Servo
Sino/ante.Non
alia strada
correre
fatto.
avea
dovevi
,
egli
o
Callidemide
,
ri^
più breve. L^eredità
ci
sarebbe
da
giuntapiùsicuramente, per la strasebbene alquanto
ordinaria,
più tardi.
TERPSIONE
E
PLUTONE.
Terpsione.
Jjj egligiusto,
o
morto,
che Tucrito
esser
debba
Plutone.
E*
Plutone
ch'io debba
,
appena trent' anni, e
vecchio di oltre novant^antil,
avendo
tutt'ora Vivò ?
giustissimoo Terpsìonepoiché
,
,
eglivive
sere
es-
senza
degliamici
pregare, che muoia
suoi,
mentre
tu
alcuno
lo insidiavi
per desiderio della sua successione.
Non
doveva
come!
Terpsione. Ma
egli
sempre,
vecchio,ed incapacedi far uso
piuttosto,
dalla viornai delie sue ricchezze,partire
^
e^dar
noi.
luo^oai giovanicome
aarebbeono*
Plutone.
Qoesta tua legislazione
o
va
Terpsione! Vorread che moriasero
tutti quelli che non
possono far più uso
ta
,
,
,
la.natura
per divertirsi , ma
la fortuna hanno
altrimenti deciso..
delle ricchezze
e
,
le biasimo
Terpsione Perciò appunto
che dovevano
mal distribuite le cose,
ordinate
sono
come
d?»ver
esser
dirtìl Dovevano
per
prima i vecchi, i giovanipoi,a prò*
che un taf or*
della loro età»senza
pora^ione
morir
dine fosse mai
onde
;
T ultimo
a^
siffatteinversioni
dei vecchi
,
che
che
,
su
soggetto
si
tre
denti in bocca
soltanto
muove
,
non
mangono
ri-
co
quasicie-
appoggiandosi
se,
quattro serviiche ha^ le narici moccioche
gliocchi cisposi,
dolcezze della vita
come
un
mi
,
,
mentre
ver
ambjulante,debba vitanti bcUissi-
muoiano
giovaniogni giorno
il fiume va
si verifichi il proverbio:
alla rovescia.
,
dovremmo
Almeno
quando deve morire
"^ni vecchio
far così inutilmente la
altro
più le
ni
giova-
robustissimi
e
sicché
ti di
sente
non
che è deriso dai
cadavere
sempre,
'
cui
corte
a
,
per
tanti
,
essi, e verificarein questo
proverbio: Spessevolte
sapere
e
accora
il carro
non
tan-
T
tira
il bue.
Plutone.
Tutto
questo ,
o
accade
Terpsione,
più saggtametite di quello,che
te
a
pare^
di
fondare
èia
la
mania
vo-"
vostra,
felicitàsulla roba altrui,e farvi adottare
che
Ma
stra
da iqueivecchi
figli
per
«
che
ne
«co
? Ecco perchèdoventate lo scherno di
privi
quei vecchi stessi, quando siete porfati
alla sepoltura.
sembra
La cosa
cola
aqche ridialia maggior parte di jcoloro che vi
hanno
conosciuti, poichéegliè tanto
più
dolce agliuomini
il veder voi morire i primi,
4
quanto che voi pregate sempre
glialtri muoiano prima di voi;
in
che
r invenzione
vecchi
,
e
di voi altri di far la
di
astuta
ai
corte
non
affatto. Quindi molti
hanno, è nuova
quelli^cui fate
neir
certo
quando non hanno
curarli quando ne
alle vecchie
successione, e
per*
ben
la corte,
di
penetrando
affezione per loro,anche
vostra
di abborrirli,
co^
quando hanno figli,
fingono
me
ma
se
realmente
nei loro
i loro fintiamici ;
poi vengono ab*
amassero
testamenti
bracciati
quegli antichi competitori e
conforme è la giustizia
la natuil figlio
ra
e
finalmente trionfano
e
gliadulatori
dalla rabbia i denti, veggendosi
sgretolano
,
,
,
.
beffati.
Pur
Terpsione.
troppo è così, o Plutone. So
ben io quanto mi costa
Tucrito! Egli mi si
mostrava-
quasi
sempre
agonizzante
,
e
.
•60
quandoio andava a
tra se, come
pigolava
sbucato dal
tutto
trovarlo
sospiravao
non
un
ancor
polciDO
credenguscio,perlocbè
,
,
il momento,
in cui dovessero
prossimo
i
posarlosul cataletto,gliprofondeva
dai
regali,
per non esser vinto in generosità
Molte notti spesiin sifmiei competitori.
calcolando
fatti pensieri,
e preordinando
del sonno, e
ognicosa, talché la privazione
4o
io
,
le continue
te
,
e
Tucrito
le mie
mi condussero
cure
dopo
adulazioni
vedermi
Plutone.
mie
,
ne
stette
Bravo Tucrito, vivi pure
,
rire
ridendo
a
seppellire.
facendoti sempre più ricco
di gente , e bada
questa razza
.
mor*
tutte
ingozzato
avere
se
a
prima d* aver
gliadulatori.
Ancb'
Terpsione.
miiranni,
per beffare
di non
mo-
tutti quanti
qui spedito
io
godrei,o
Pluto
,
se
nade
Ca-
morisse avanti di Tucrito.
Plutone.
Fedone
Non
temere,
o
Terpsione,poiché
Melanto, Gariade, e tutti
ancora,
i suoi adulatori
verranno
quiprima di Tu-
crito divorati dalle medesime
c^ire.
Terpsione,Son pago. Viva dunque Tucrito
per mili'anni
ancora.
%J0
E MAUSOLO.
DIOGENE
Diogene.
Jl
erchè mai»
e
o
Cario, t*insuperbisci
tanto,
più d* ogni
meritevole
ti credi
altro di
considerazione ?
-
la mia
reale, o Sinodignità
dussi
pense» poichéregnaisu tutta ia Caria; rialla mia
obbedienza
alcuni popoli
della Lidia;soggiogai
isole diverse,ed arrivai
fino a Meleto, imponendoil mio giogo
sulla maggior parte dell'Ionia. Io poi
le
era
uomo
grandee formidabiavvenente,
in guerra
massimamente
e
perchèho
Per
MausQìo.
,
in
Alicarnasso
racchiude
vantarla
tanta
la mia
salma
altro
verun
bellezza
,
ed
morto
tempio non che
dunque ch'io
,
un
non
,
può
lavorata
^
con
così
in marmi
tal finezza d' arte
che
,
qualenon
e
,
cavaUi, ed
rappresentanti
con
tomba
sontuosa
una
preziosi
uomini, espressi
lo direste
che
Ti
tnooumenta
abbia
un
bra
sem-
superbirmi
ragioned'in-
?
Diogene. Non
il regno,
la
hai
che
dunque altra ragione,
tua
bellezza,e la molesdel
?
sepolcro
Mausolo.
Certamente.
Diogene.Ma, o mio bel Mausolo
,
tu
non
tuo
hai
^7^1
piùquelpotere né quellabellezzad* una
ricorriamo ad uà giudice,
se
volta, poiché
perchèdecida della nostra bellezza non
ner
veggo ragioneper cui il tuo teschio ottedebba maggiorlode del mio, mentre
»
,
'
,
calvi
son
e
ambidue
nudi
e
parii denti,.
mostriamo
,
del
siamo
ugualmenteprivid'
occhi, e di narici. In quanto poi alla tomba
é a queimarmi
saran
preziosiquesti
forse eccellentiper gliAlicarnassei per farsene
,
,
onore
urla
,
;
come
,
presso i forestieri
mole eretta
grandiosa
che ne godi tu
ma
nella
,
o
di
ro
lopatria
buon
uomo
?
Kulla per quanto so ; e^iltuo vanto
si riduce,
ad avere
addosso un peso molto giore
magdi quello
che abbiamo
noi, ad essere
schiacciato da
piùgrandi.
pietre
^
Mausolo.
Dunque tu credi inutile tutto questo?
sieno
e Diogene
e che Mausolo
degni
di pariconsiderazione?
Non di pariconsiderazione,o uomo
i?/og^ne.
poichéManolo
egregio; nò certamente
piangeràogni volta che si ricorderà le conelle quali
3e del mondo
riponevala sua
Mausolo
felicità e Diogene se ne £irà beflFe.
che glifu eretto
il sepolcro
ranimenterà
dalla mogliee sorella
in Àlicarnasso
Artemisia ; e Diogene ignora seppure il
,
,
,
suo
corpo
abbia
una
sepolturagiacché
,
d7'
di
se
fra
stesso
gliuomini
colui che
come
menò
dell*uomo
veramente
numento,
e
,
ti,
più eccellen-
una
vita
questo è
degna
un
mo-
abbiettissimo Cario» piùstabile,
o
piùelevato
e
altro lasciò la fama
curò mai. Per
sé ne
noQ
del tuo.
MENIPPO
E
CHIRONE.
Menippo.
H.
inteso dire,o Chirone, che sebbene tu
fossi uno degli
Dei, pure bramasti di mo-r
.0
rire.
Chirone. E udisti il vero,
tu
vedi
,
potuto
io
morto
,
Menippo. Come
ancorché io avessi
immortale.
essere
Menippo.Ma
morte,
800
o
qualeattrattiva ebbe
che
morte
quella
la
te
per
da tutti è aborrita?
Chirone,.Te Io dirò,o Menippo, poiché tu
sei
uomo
di buon
senso.
Non
mi
più
era
dolce l'immortalità.
Menippo. Come! Non
goderdella luce ?
C/iirone. No,
che
o
il diletto
t*era dolce il vivere,
e
Menippo, poichéconsidero
non
nella uniformità
nella varietà consiste. Vivendo
sempre godendole
stesse
cose,
,
ma
io sempre
e
il soie ,
la
a74
Chirone. Che
dunquebifògnafare^
cosa
#
Meaippo?
Questo^ch'io credo, (come Ioas-Meì^ippa.
il più
•eriscono gliaomini tutti)essere
cioè compiacersi
saggiocoQsìgtio^
ognirno
ed appagarsi,
delle cose presenti,e noa
alcnoa.
considerarne come
insopportabile
DIOGENE,
GRATE.
E
ANTISTENE,
Diogene*
Gì^iacchè
tistene
,
disoccopati,
perchè
riamo
o
,
andiamo
Grate;,non
giareaddiritturaverso
la
scesa
o
An*
passeg-*
no,
dell'Infera
per vedere chi sono coloro che vengono
qua giù,e che cosa fanno ?
Jntis^ne.
Andiamo
pniie^
Diegene,poiché
a
lo
diamo
ci éarà discaro. Ne Venon
spettacolo
altri pregare -d^esalcuni piangere,
lasciati fuora, ed altri scendere a
sere
tutto che Mercurio
stento, con
glispinga
in terra
e gittiirsi
e sdraiarsi;
per 11 collo»
,
per
Crme*
fargli
una
inutile resistenza.
Io vi racconterò
ca^mmìn
facendo nello scendere
Sì Grate,
J"imgeme.
aspetto,che
veramente.
ciò che ho veduto
narraci
tutto
ci dirai cose
da
,
qùà giù.
giacchém'
farci rìdere
Crape. Molti
gio,tra
i
i miei
etano
qualidei
compagni di viag*"
nobili non pochi.
Il nostro
ricco Ismioodoro
della Media,
e
,
Amce
governatore
Orete. Ismìmdo'
Y Armeno
donqoe ucciso dagliaaaaiiiiii^
presso
ro
monte
pare
,
il
Citerone , mentre
per quanto mi
,
se n*andava a Eleusi , eosrpiini
va
e
,
sullaferiita,
invocava ì pie*
cioltabbandanaci suqì figli
biaaimava
e
,
la
teneva
se
mano
stesso, per essere
arato
iòipnideniemente
troyanai d*
audace»viaggiando
oe*paeaii:be
intorni ad Eleotera^^O vertiti
giàin deserti
dalla guerra e eonducendo
seoe
due eoli ser*
vi, quantunque portasse^^ìnquevasi dVO)
e qnaitro coppe. Arsace poi,vecchio* d'a^
volgaspetto venerando, e a dir vero non
re
,
s^irritava , allafoggisi
dei barbari ,
di camniioare
sdegoaira
che glifosse condottoli
suo
piedi
,
si
volendo
cavallo rimasto
lui,poichéun certo
di scudo, ambi trapassò
con
utcisK»insiem
Trace
a
e
armato
con
sul fiume
colpoin quellabattaglia
Arsace
Araase, contro il Re di Cappadocia.
un-sol
racoeotava
avaoeò
,
che correndo
molto innanzi
colui si
contro
altri. Il Trace
agli,
terra, e cuoprendosi
pertanto chinandosi a
collo scudo evitò V asta di Arsace
per di sotto una picca,che
mico ed il suo cavallo.
,
e
Uaciò
trapassòil
né*
Ma
Antistene.
Grate
,
,
colposolo?
ciò iti un
h
come
far
possibtte
'
o Antistenc,
possibilissimo,
poiché
addosso con
Arsacà corredagli
laocia
Una
ed il Trace
di venti cobiti
dopo aiTer
parato ilcolpocollo scudo, quando la pna-
E'
Orate.
,
fa passéttainnanzi ,
la sua piccaalPursMnginocchiò,
presentò
deir
ta
asta
nemica
deir avversario, e ferì il Cavallo sotto
n petto. LMra e T impeto furon tali , che
lo
passato
onde
da parte a parte il cavallo,il ferro,
Arsace fu ferito,
penetrandonelPin-
guineda
una
parte, Usci fuori dalle natiche
dàir altra parte. Vedete adesso come
andò
il fatto? non fu gik^
opera deiruomò., ma
del cavallo. Arsàce pertantosMnpiuttosto
quietava perchèessendo eglidecorato di
sublime dignità,voleva scendere air infei'no sul proprio destriero
Oroete
e
uomo
Volgare,sentendosi UìoUi le piante
de' piedi,non
poteva star ritto, né
i
camminare, giaccfhè
còme
sa,
ognun
Medii
scesi da' cavallo patiscono
n»"ltissi-t
mo
e quasiche dovessero incedere sulle
spine,appena posano in terra la punta de'
piedi; perciòÒróete postosia giacere, e
,
,
'
,
,
volendo alzarsi iu
non
,
in
che il buon
spallae
mòdo,
verun
Mercurio
se
lo
gnò
biso-
prendesse
lo portasse sino alla barca. Io
«77
intanto
me
la rideva.
Io
poiquandoscesiqaagioynon mi
mescolai cogli
altri,e glilasciai piangere
Àntistene»
da loro; qpindi
correndo
la barca,vi
verso
presiun posto, onde poter navigarecomodai^ente. Coloro nel tempo del viaggio
piangevanoe vomitavano, ed io me la ri*
deva alla h^rba lorp.
Diogene.Voi altri,o Grate,
svvete avuti si
e
Antistene,
fatticompagni di
viaggio
;
qui discesocoli'usuraio Blepsia
ce
del.Pireo;con Lampide di Acarnania, dudei mercenari, e col,ricco. Damide
di
Corinto. Quest'ultimo,era q^orto di veleno
suo
figUp.Lampide erasi d^p
per opera "jli
ma
io
son
.
.
la morte,
per
amore
4ellasua
beUa Mirim,
Blepsiapoveretto^eramortO) per quanto
dicpv^i,di fame ; infattier^ giallo.e
al maggior seg^Ot Sebbene io sapessi
smunto,
fosse
com^
tutto, pure glidomandai
Dissi posciaa Damide
morto*'
(il qi(ale
il.figlio
accusava
) che nulla accade vagli.,
che giustonon
fosse, poiché.accumulati
avendo mille talenti,benché nonagenario,
e
,
tanto
dava sole
pensava che a divertirsi,
giuntoalK età
quattro oboli al figlio
di diciotto anni. E tu o prode pittadino
non
d' Acarnania
rava,.e
( poichéancor questo sospl-^
malediceva Mimia) perc;}ié
inpoji-
pi amore
vinto da
tt^
alcuno, che combattesti
nei
primo sempre
set
steaao? Tu ctie non
te
non
otdi nemica
mesti
il
e
pericoli
maggiori
ta
,
fanciulla
imbelle
una
dà finte
,
finti sospiri?
e
Blepsiapoi era
lagriÌDci,
il primo a biasimar se stesso, per la sua
d^aver serbato il suo danaro
dabbenaggine,
gli eran
parenti
per eredi, che neppur
sulla stolta-credenza
di
non
morir
mài.
ro
costopletolòpiacere mi daran
Ma
coi loro gemiti e sospiri.
eccoci
alla bocca dell'inferno
guardiamo, ed
Non
,
qua
già. Affé!
dizione
,
toltine
coloro che scendono
dà lontano
osserviamo
e
tutti
molti. Di
son
piàngono
questi neonati
ognicon*
amaramente
^
Ma
pargoletti.
e
piangono atuche gliuomini di vecchia età»
e
tanto^
perchèmai? Posson eglinoamar
la vita? Voglio interrogare
questo decre*
tu che
pito veccbH). A che piangitanto
,
in età cosi avanzata
sei morto
disperio buon vetcliio
sei qua giù disceaio ? Eri
che
,
stilla terra
Fos"ero.
DiogeM.
Povero.
che
ti
così maturo
forse
un
re
?
No.
Eri an
Satrapo ?
Neppure.
Diogene. Nuotavi
era
tu
? A
ti affinila di
'
•
forse nelle ricchezze f ed
s
esser
taorto
par
aver
]*«•
*79
f
sciato tinti piaceri
^Povero. Nulla
questo* Ho vissuto
novant* anni col aieschiuo prodotto
d'una
e di un
canna
afflo ; fui povero al maggior
segno
di
figli,
zoppo»
senxa
9
Diogene. E
tatto
volevi campar
ostante
non
quasicieco.
e
tot*^
tavia ?
Povero.
te
Si ,
perchèla
vita fe dolce
"
e
la
mot*
ed orrenda.
abominevole
o
Diog. Vaneggi,
buon
com*
vecchio,e parli
ragazzo intorno allanecessitàassolata di
morire.
Sei vecchio al paridi Caronte ; e
un
dire dei
che dovremmo
vecchi
car
la
,
qualsei tu
morte
,
desiderano
,
giovani^quando i
che dovrebbero
invo*
ilrimedio dei loro
come
•
la vita ?
nonostante
li,
ma-
D^a andiamocene
via, perchèqualcunoqon abbia
"
sospettare vedendoci girareintorno alla
bocca d* iiiferno
che noi vogliamofuggire.
,
a
,
MINOSSE,
E
SÒSTRATE.
Mir\o^se.
^
,
i3ia gettato in Flegétonte
di
queirass^^ssiinp
Sostrate. Sia sbranato daU^ Cbi^erf quel
ladrone dei sacri arredi ; e .quel
Xira|nriQ;i
;
9
incatenato
Jl^erGUrio,sia
ticchè il
ano.
fegatoserva
apju^^ftoTikìq,
di
pasto
ag)i
Voi pertanto, o buoni
natevi
incammiavvolto).
presto alia volta dei campi Elisi ;
ivi abitate le Fsole felici giacchéesercitaste
la giustizia.
in vita vostra
Sostrate. Odi» o Minosse, e decidi s*io abbia
ragione.
,
'
,
E vuoi adesso eh* io t'ascolti un* al»
MinossCé
tra
o
sei bastantenìénte convinto,
voka^Non
Sostrate,d* esser
Noi
ma
nego;
mi si deve
un
Atizi,nulla
Minosse.
briccone,e
un
na
gente ?
assassino di tanta
Sostrate.
stato
osserva
se
per
stizia
giu-
castigo.
di piiì
giustodella punizione
deVei.
Sostrate.
\
Ma
brevi
mie
Minosse.
pure
alle
rispondi
,
interrogazioni.
Parla ;
altri ancora.
Sostrate.
Minosse
,
Tutto
care
giudi;
quelloch'io
dipesedalla
da
sollecitati.Ho
ma
mia
volontà
feci in vita mia
o
da
decretò
un
irrevocabiledel fato?
Minosse.
Dal fato , sicuramente.
Dunque tanto i buoni, quanto noi,
facemmo
fummo
non
riputati
malvagi,
Sostrate.
che
che ubbidire al fato ?
Minosse.
Sì,
quellache
certamente;
poichéCloto,
delfina ad
in cui nasce,
fare/-
*
'
'
'-
-
nel
ogni uomo,
tutto
quelloche
?
-
è
mento
mo-
deve
ch«
Sottrate nilio
«
?e
oe
delle altre
sopo
.
Ma tu la otterrai ia
^attesenza giustizia*
graziadella tua tnterrogazìouepoiché
,
41Ù sembri
essere
assassino f
Mercurio
,
Ma
bravo
un
abile sofista
purancbe.
un
ma
solamente
non
,
sciogli
pur co9tui,e
vada
punito.
im-
Sostrato,bada bene di non
insegnareaglialtri morti a "b^Tsimili ii^^
tu
terrogft«ioni.
.
ERCOLE.
£D
QIOG£N£
JZi questiErcole? Siciiramei^ei
Per Ercole!
è desso! L* arco
^'vìa
dava.^ la ,pel^.d€ft
leone,
V alta statura
davf
egliè E^rcole
orp.
9
cai attesta eh'
tutto
di Giove;
Ed il figlio,
^
avrà lasciatola vita!Dimmi
.
sei
veramente
tu
morto
«
prodeeroe,
t eppure io tiface-
sullaterra deì.sa9irifii;ifii,cgiipead
un.DiOr.
Ercole. E ben facesti poiicbè
fra
Elr(c;ole.$ta9si
.
va
,
gliDei del Cielo^sposò d' l^bedal bel pj|je«
r fmm^e^^e
4^ ^^ Vm^^
opn: jsop^o..che
"
E' mai po^«s$ia^
(Mmmagincf
^ia per mqjà
i^difvjdfio
^f^ sofla
Dioge^. Come
sibilo che
.
Dio
,
e
per metà
mortale
^rPSifrSìfJK^^chè^e^i
909
?
"
è
'^
.
alfriuienti^fBior":
2»
-to» tua
ben
80D
io che
morto
Io nrppre*
««Tito.
ha dato
Diogene.Gflt"Ì8co.EgIi
«uà
vece
tu
e
»
Plntoce ia
tea
per lui.
tei morto
.
Ercole. Così per T appunto.
Baco, che è tasto
vi conobbe, e si contentò»
non
vi|;ilante,
vece
che un falso Ercole scendesse qua ginin-
IKogene* Ma
del
mai
come
?
vero
perfetta^
somigliava
Perch^ io Io
Ercole.
mente.
E*
Diogene.
somiglitanto,
bada che fa faccenda
desso; ma
a
lo
e
;
vero
rovescio
,
vogliodire che
Ercole realmente, o che la
ne
tre
sia
non
che
quella,
tu
sua
sia andata
non
sii
immagi*
ha sposata Ebe là su
gliDei.
Etcole. Tu
se
non
che sei
non
«lomento
il ciarliero»;
fai Tarrogante,
ma
e
di
qualnume
Diogene.Il tuo
h disarmato
arce
chè dovrei temerti
dimmi
nel
t*accOTgerai
1* immagineson io.
cessi di burlarmi-
per
morto
del
amore
tuo
vatto,|}erqualsono? M«
e
Ercole
viveva,tu imm^ine
quand'egli
sua
stesso,
eri con
lui ? oppure formavate un individuo sob,
vi separaste,Ercole vefain€ dopola morte
do
tra
gliDei
venisti com'
era
,
e
di
tu
come
immagine
sua
air inferno?
ragione
Ercole. JNon doirrnrÌ9pon(|jprad
un cavillato-
di' profeinone
; nulladiitieno atcelltiai
re
che
ti
Toglioappagare.
di Anfitrione eh*
era
Tutta
in Ercole è
L* altra che
quella.
in Cielo cogliDet
conversa
Alcmena
Diogene.Ora capisco*
io
quellaparte
sono
morta
,
ed
di Giove,
era
come
partorì,,
glio
dici, due Ercoli al tempo scesso, jtiaófi-
tu
Anfitrione,T altro di Gìqvc, talché
di
ignoravated' esser geìnellL
«iaìno aipbi
Mrcole. No, stupido,
no, giacché
^
Ercole solo^
un
capireuna tal cosa ; cioè :^
Ercoli composti insieme ; a
foste come
l'Ipppci^otauro
Diogene.Stento
a
foste due
che
che
meno
unendo
Ercole.
in
E
non
^
,
4in
non
spio corpo Puomo
e Iddio.
posti
spn forse tut^ gliuomini com-
di due cose, cioè d^anima e di
quindidov' è la stravaganza in me
che T anima
appartenente
a
corpo?
,
rendo
asse-
trovasi ne' cieli,come
Giove,
mentre
io che
son
la parte mortale mi trovo fra i morti?
d*.
Anfitrione, pò»
Diogene.Ma , o buon figlio
tresti dir così se tu fodsi un corpo , ma
ora
.
sei
una
sempliceombra,
rìschio di
ed in ts|l
ri
guisacor-
T Ercole
4i triplice
qualificare
tua
.
Ercole. Come
?..
trìplice
Diogene.Cod: Se T unp è nei cieli e l'altro
) è presso di noi gnor( che sei tu iinmagiiie
,
.
€i,ed iltorpo (msui fatto cenere
^
gliErcoli
tre
8on
Ercole. Sei
e
il corpo*
padreper
terso
,
audace,
un
soirOeta)
ti bis"^na
un
cercare
e
sofista.Ma
od
chi
sèi tu?
Diogene. Son V ìmmagiiiedi Diogene Sinoconverso
pense. Io, che a dir il vero, non
cogliDei immortaH; ma coi morti virtuo"*
si derìdendo
Ornerò^
e
le tante
favole che
egliha spacciate*
CARONTE,
*
"
n
I CONTEMPLANTI.
O
:
Jfercurio.
'i che ridicoCaronte?
la^ua
barca sei
tu
'
*
perchèlasciando
salito qua su, tu che
sóoli mesiccdaiti delle
Carente.
O
cose
mondane
desiderato,o Mercurio,
Ho
non
?
re
di vede-
quelche sf trova nella vita, e che cosa
facean gh uomini vivènti, o per la perdita
di qualibeni pianganotutti coloro,che
è uno, che non
non
vengono da noiygiacché
faccia il tragitto
Ho dunque domandate
piangendo.
Plutone la licenza di lasciar per
fiiconcesso
giornola mia barca, come
a
^
un
a
una
quel giovine di
notte
Tessalia di lasciar per
T inferno, e son montato
la
qua al-
luce^ove opportunamente
ti ho incontra-
wlf6
perchècoti tu
te^o mi
sef^iando
tOt
tocco
a
motcrerai
tutto»
ohepasgiacché
te è noco.
hp tempo da
Noa
Mercurio»
So
mi sMrtcnH.
chiere,
Noc-
perdere,o
poichéTO a servir Giove di ìk sa
in qualche
cosa, che interessa il genere u*e siccome
egliè £icilea sdegnarti
oano^
temo,
se
ritardo,che
voi, confinandomi
con
sempre
rescar
nelle
bre,
tene-
giàfece a Vulcano, mi prenda
dalle
mi
via
piedee
gecti
soglie
o, come
un
per
mi (aecia
non
cosicché iodotenti il zo|"pooggetcelesti,
to
delle rìsa alerai quandofo il coppiere*
Caronte.
dunque lasciarmi
Vuoi
qui
errance
sulla terra, quancuaque amico coaipagnù
di navigazione,
e di ambasceria? Dovresti
di Mata, eh* io non
figlio
ordinato di vuotar l'acqua
delli|
rammentarci,
ti ho mai
sencìna
rassare
tue
,
o
di remare,
o
amor
ad
robuste,oppnr
spatte
il tempo
tutto
t'incontricon
go da
che ansi ti lascio
adraiato sul cassero
posta per
Tene,
ma
io
mentre
ine
,
di
cianciare
del
le
quela tua
viario quando
quakhe morto
chiacchie*
iquantanqae vecchio,
vo-"
solo ceV due cerni.Dunque per
di tuo
Mercurio
onta
ma
padre,non
guidami a
lasciaroii,caro
vedere
tutte
le
della vita,
per appagare la mia curiosi*
tà^ e potermene poirìtocnaire.Sappiche
cose
«8^
sifb oieiitemegliodi mi cieco,
se tu
io non
mi
lasci solo
buio
»
e
inciampae
cade
»
così avverrà
alla luce. Contentami'
in mezzp
nel
chi cimmina
tome
Qllenio,e della graziati sarò
a
me
dunqae»o
sui
memore
tèmpre.
f!)ccendami
Preveggoche «[{oesta
procureràdelle percossee che i pugnisa*
nul«
la ricompensadella passeggiata;
ranno
ladimeno
ti voglioservire
ìion si resisto
Mercurio.
'
,
al desiderio d'un
bnon
'
Per altro, mio
amico.
che tn
possibile
preòisiode
giacché
ci vorrebbero mólti anni
sarei pubblio*
e
ditbiàrato come
di di*
camente
colpevole
serzione da "?io^e, e tu non potresti
più
Noicchiero,non
^^ggd ogni còda con
è
,
,
'fare il servizio della morte
''
'
cosicché pre*
di Piutone,non
con*
giudicheresti
airimpero
dùcendo mò'rti air iofernoper molto tem*
poi di Ea^o non guapò. Quel pubblicano
dagnando
be
neppure un obolo sì arrabbierebdavvero. Per veder dunque le cose prìn-
cipalìche
'
,
nnicamem^
si fanno
nel mondo
^
a
questo
dobbiamo
occuparci.
Caronte. Pensa un pò tu, o Mercurio,come
si possa far medio, perchèsono
stranièro,
'
e non
il mondo*
In somma,
o Caronte; ci'
bisogna
aito eminente
per potere da colà osscr**
Mercurio.
un
conosco
Se
ogni cosà.
in
pofesiimontare
Cielo non
avresti a faticar molto
giacché
vedresti di là su miuiitapiente
me
ogni cosa coda lina specula;ma
essendo per*
non
vare
ta
,
coli*ombre
stai sempre
,
3i por piedenella reggiadi Giove ^ biso*'
gna'ricorrere a qualchesito elevato.
a
messo
Caronte.
che
te
»
Tu
sai
,
Mercurio, quelloeh* io
o
dirti quando navighis^mo;
nel
soglio
tre
da
mea-
che il vento
una
per
tutta
e la vela cade
s^alza^
tri
voi alparte, e i fluttiingrossano,
la
a piegar
ignoranzami sollecitata,
vela, o rallentare la scotta,
del vento,
ed io
p
a
correre
vMmpongo
di
conda
se-
star
cheti
perch'ioso quel che mi vò facendo.
Così adesso devi far tu, eseguendoquello
che stimi opportuno in qualità
di nocchiero,
ed io, come
è dovere dei viaggiatori
,
starommi
to
cheto,
e
mi
a quaa*
.uniformerò
m'imporri.
Mercurio.
Dici bene. Penserò
si deve
fare
dunque a quel
specola
adattata. Il Caucaso
a proposi^
sarebb'egli
to? o il Parnaso più alio?.oT Olimpo che
TOsupera ambidue? Per altroguardando
iacosa
non
una
limpo mi son rammeotato
diflferente;
ma
convieq phe tu pure ai"tiaita.
chi,e. mi presti
che
,
e
troverò
una
ago
Atlaate,ehe solo regge
conoÉci
re
il cielo;
abitazione di tatti ooi, ed avrai forse udito
che Ercole mio fratellorimpiazzò
ancora
,
Atlante
volta
una
per sollevarlo
stesso
a
,
narrare
poi
vere
,
queste
tu
,
o
cose;
Mercurio,
verissime,o Caronte. Perchè
Sono
vuoi supporre, che mentissero uomini
dotti? Onde
cosi
sradichiamo
Ossa
monte
se
megliod^ogoialtro lo sapete*
i tuoi Poeti
Mercurio.
»
quelpeso.
quanto sien
ma
e
alquanto di^sottoporre
Sì, ho inteso
Caronte.
incaricandosi
stesso,
,
il
primieramente
e' insegnaquel verso
come
dell* architetto Omero
:
guarda
sovr* Ossa Pelion fronzuto,
in péesiasi fabbrica faci!-come
mente.
Lasciami
Poser
M
se
dunque salire,
per
sieuo bastanti,o
queste montagne
sogna
anche
porne altre
bassi,e
vedere
so
vr'èsse. Ahimè!
alle falde del Cielo,
se
bi«
sbmo
poiché
all'Oriente si scorgono appena f Ionia, e
la Lidia, e alfOccidente nulla piùdelP Italia
,
e
della Sicilia.A Settentrione si
pre soltanto la parte di
qua
scuo*
delf Istro,e
a
mezzogiornonon troppo chiaramente PIso*
la di Creta. Dunque
chiero
per quanto pare, nocmio
r Oeta
,
e
fa d' uopo trasportareanche
poi collocare il Parnaso sopra
,
questimonti.
Digitizedby
CcMÌ ti faccia,
bada però di non
struire
coedifizioassai debole»elevandolo
UQ
Caronte.
di troppo
siem
;
che
esso
con
e
»
precipitiamo
già
non
in»
che finalmente rompeo*
abbiamto a provar funesta
doci la cesta, non
r Omerica
invenzione.
Mercurio. Sta* pur di buon animo, poichétutto
soliditàe sicurezza. Orsù,
sarà fatto con
si
trasporti
qua TOeta,
vi si ga
soprapponeh' ia salgodi nuovo.
il Parnaso. Ecco
Ora
va
bene.
Veggo ogni
adesso.
Caronte.
e
cosa.
Sali
tu
re
pu-
m
Dammi
tuo
ritrovato
che
mi
Mercurio, poichéil
mano
non
sarà
quellocertamente,
farà salire.
Jlfercurio.Seta
non
vuoi vedere
puoi avere
sicurezza,e comodo
ogni cosa,
al tempo
o
stesso
di vedere, onde
tienti alla parte destra,.
e bada
il piedein qualche posto
a
non
ronte,
Ca-
na
pieat-
re
por-
pericoloso.
Bravo, eccoti salito;ma giacchéil Parnaha due cime, prendiamoneuna .per uno,
ao
chi
a sedere. Adesso
e mettiamoci
giragliocd'intorno
e
enerva
tutto.
tà
Veggo un' ampia terra e una vastiche la circonda. Veggo monta*
d'acqua,
di Flegne, fiumi più grandidi Oocito, e
e i loro nidi.
getonte, uomini piccolissimi,
Mercurio. Quelleche tu chiami nidi,son città.
Caronte.
*
«9*
SappiMercurio
Caronte.
coi
il Parnaso
1*Oeta,
,
che abbiamo
,
inutilmente,poiché
conchiuso nulla.
abbiamo
non
fonte Cascalio
suo
altre montagne
e
tastato
acca-
Perchè, Caronte?
Mercurio.
graqdealtezza non
alcuna con
precisione*;
posso vedere cosa
ed io non volea distinguere
solamente città,
nelle pitture
e
come
; ma
gli
montagne
uomini
stessi e udire e vedere quelche
dicono
e quelche fanno, come
appunto
da primo e
facea quando m'4ncontrasti
veggendomi ridere me ne dimandasti il
Caronte.
Perchè
la
atteso
,
,
,
,
,
,
che
motivo
,
tale,che
un
Taver udito ildiscorso di
era
mi
diverti
Mercurio. E di che
Caronte. Era
stato
era
cosa
non
poco.
si trattava?
tale , per quanto
invitato da un amico
pare
un
a
cena,
domani.
per certo
facevano questo discorso cadde,
verrò
eglirispose:
come,
un
tegolodal
tetto,
e
eh*
,
ed
tre
Mennon
so
T uccise. Io rideva
va
adunqueallora perchè colui non avepotuto adempirela sua promessa. Dun^que credo bene di scender giù per vedere,
e udir meglio.
Mercurio. Acchettati. Supplirò
anche a questo
,
e
fra poco
la vista
ti
,
d'Omero,
e
mente
aguzzerò straordinaria-
servendomi
di certi versi
ricor*
quando gU avrò rec;itati
dati di
ne
ma
più sbirciare,
non
di veder be^
ogni cosa.
Di' pure.
Caronte.
la caligine
che t*ìn«
dissipata
gombrava la vista, acciò tu possa meglio
ravvisare giiuomini
e gliDei.
Ho
Mercurio.
! Ch* è
Oh
Caronte.
ci vedi ?
Adesso
Mercurio.
Quel Lince sarebbe
Benissimo^
Caronte.
d'
confronto; onde
in mio
istruiscimi
e
tu
per mostrarti che
i suoi versi ?
,
Mercurio.
un
E
puoi conoscerli
come
,
io
ancor
tu
che sei
ed occupato al remo?
Vedi! Questa è un* ingiuriaall'arte.
marinaro
Caronte.
Quand' io
molte
lo
gran
una
alcune delle
cose,
burrasca
certa
sebbene
,
ode
che
guisa di
sossopra
tutte
le
,
re
canta-
e
radunò
col
agitandolo
cosicché
,
e
procelle
suoi versi in mille modi
,
Nettuno
mestola
racbè la burrasca
a
troppo fausta per i
non
nubi, sconvolse il mare,
a
via
quatihotuttauna
sopravvenisse
allorché cominciò
navigantidicendo:
dente
lare
Tudii cantarel-
morto
tragittai
in mente,
-
innanii
ora
d' Omero
conosco
co
cie-
de;
rispondialle mie domanch'io tMnterroghi
colle parole
tu,
vuoi
ma
?
mai
stato
sconcertò
il mare;
V oscurità
che poco mancò
non
le
tri-
mise
coi
dimanieprovvisa
fu si im-
subbissasse
^4
la barca
mapOtf
cosicché
,
ìa,a Caribdi, e
Mercurio.
servare
lo sto*
glicratagtiò
molti versi intorno
vomitò
e
se
a
ScU*
al
Ciclope.
Non fu dunque difficile
a tt ileooqualcheschiuo di quellavomì-
tazione.
Caronte. Or
sa
dunque è quelmortai di enorme
M
Chi
»f
D'alta statura,
»»
Che
mote,
di viril possanza,
da ogni altro mortai distinto appare?
e
Questiè Milone, V Atleta Croto?
niate, cui la Crecia applaudeper avere
alla distanzat
sollevato un toro e portatolo
Mercurio.
di
mezzo
stadio.
Caronte. Dovrebbero
con
piùragione
applau«
che afferrerò tra poco questo Mi«
dir me,
Ione , e Io porrònella barca quando scenderà
tra
noi,
spintovidalP
invincibile an*
la morte, senza
che egli
s*accorga
tagonista
in qualmaniera gliabbia fatto sgambetta.
Allora certamente
tandosi
eglipiangeràrammengliallori e gliapplausiacquistati,
che lo fanno adesso insuperbire
tanto
,
per
avere
portato sulla schiena
toro.
un
dunquevogliamopensarne ? che egli
creda di dovere un giornomorire?
Che
Mercurio. Come
vuoi tu, che in mezzo
gloria
eglisi ricordi della morte
Caronte. Lasciamolo
andare. Tra
a
ta
tan-
?
poco
egli
sarà il noètro
ludibrio,
qoando brà il tranon
potrà alzare una xanxara
.
.
e
gitto»
che
no»
Dimmi
toro.
un
venerando?
chi
,
Eglinon
è
è
queiruomo
Greco, per quanto
parmi dalle vesti.
di
MtrcuriOf Egli è Ciro
p Caronte
figlio
Cambise; quegliche trasferì ai Persiani il
,
.
,
posseduto
per lo innanzi dai Medii }
quegliche poco fa vinse gliAssirii espugnò
regno
,
ed
Babilonia
,
sembra
ora
volersi avventar
sulla Lidia per detronizzar Creso
dilatar da per tutto il suo impero-
e
Caronte. E dove
,
questo Creso?
è mai
tezza
Volgilo sguardoa quellagran forle mura,
che ha triplici
quellaè la
Ilercurìo.
,
Città di Sardi. Non
seduto sopra
con
Solone
vedi
letto d*
un
Ateniese?
Creso
tu
oro
,
che
stesso
conversa
Vogliamoascoltare
i
loro discorsi?
Caronte. Volentieri.
Creso.
Giacché
V
,
Ateniese
ospitemio
M
vedute
M
quellaquantitàd'
le mie
ricchezze
,
i miei tesori
greggio
oro
hai
,
,
e
,
la mia
tutu
magnificenza
quanta, dimmi, chi
credi tu il piùfelicetra i mortali?
Solone.
Caronte. Udiamo, che mai risponderà
9»
*f
Mercurio.
Non
tempre
Caronte.
Non
dirà
nulla di abbietto.
Solone.
^
I mortali felicison
pochi,o Creso ^
«9»
##
I»
che Cleobiper quanto io so, giudico
della Sacerdotessa,
de e Buone
aono
figli
ma
più felici
Caronte. Parla egliforse di qaellaArgivadi
H
par mio
a
i
cui poco fa morirono
tirato,facendo
aver
Creso,
Ebbene
n
felicità.Ma
Solone,
in nna
figli
volta per
di bestie,il
le veci
della loro madre
carro
»p
i
sino al
tempio?
i primi in
quelli
sieno pur
chi credi tu il secondo?
;
Tello Àteniesìe^
che visse
,
n
morì per la Patria.
Creso. «# Ed io, o vile,non
bene, e
»»
.
»
Non
o Creso, se non
posso saperlo,
giungiprima al termine della tua vita
Solone.
"
felice?
ti sembro
»
poichéla
V
mina
»"
te
morte
luminosamente
se
felicefino all'ultimo
Caronte.
Bravo, Solone,
non.
Tuomo
barca stessa. Ma
ha visso^
momento.
suo
ti sei dimenticato
di noi, e vuoi anzi che
la nostra
,
quellasola che deter-
è
ne
sia giudice'
dimmi,
chi
son
da Creso? e che portano mai
coloro,spediti
?
sulle spalle
Mercurio.
vasi
al nume
Pixio
Egliconsacra
d'oro in ricompensadell*oracolo
dei
che
sarà tra poco cagionedella sua rovina , poiché
fatcostui è un uomo
molto credulo in to
di vaticini}.
Caronte. E
che
roba
quellodunque è Toro? quella
di
splende
color
?
giallo-rossiccio
Mercurio.
quelSoione
M«
rama
,
Caronte
o
noa
»
pare; e coipfivtuvedi
eglischernisce Creso» ed il barbarico suo
per quanto
s^accingaa
ch'egli
Farmi
orgoglio.
di
Solone,
X
ff
qualchecosa
Dimmi
Creso
o
,
rogarlo
inter-
ascoltiamo
;
que.
dun-
pensi tu»
,
,
che
di cotesti vasi ?
Apolloabbia bisogno
Creso,
ha
Sicuramente, perchè.egli
non
»
u
w
Delfo simili offerte.
Solone.
*f
I»
M
t' immagini
beato, perchèpossederàfra
le altre
anche
cose
Senza
f»
»
vasi d'oro ?
dubbio.
per quanto mi
Ma
bisognasupporre
Cielo,se gli Dei
una
cessità di mandare
a
dici
,
gran
possono
o
Creso
,
povertànel
trovarsi in
ne-
prenderT oro dalla
la loro voglia.
Lidia per appagarne
Creso. « E dove »i può trovar
'"
w
di rendere
tu
questp Dio
Solone.
h
Dunque
»
Creso,
'/
in
tant'oroj^qoan-
fra noi ?
to
,
Solone.
Creso,
*p
n
Solone,
«
Dimmi,
Non
fp
la Lidia
produceferro t
molto.
Dunque sei privodel migliormetal-
lo.
Creso,
Come,
u
Solone.
V
Se mi
migliordell'oro ?
senza
sdegnartilo
rispondi
ilferro è
capiraifacilmente.
Creso,
Interrogami
pure.
"
w
,
«99
Solone.
'#
w
n
Solone,
n
i Lidii
si, contro
Solone.
E
»
se
Fammi
n
Solone.
M
Dio
non
oro
armerai
o
,
dice*
come
tu
i cuoi aot
di ferro?
avrai pronto questo ferro»
sarà trasportatoio Persia.
augurioq Solone.
miglior
che questo non
accada ;
voglia
pare che
ma
,
sicnrametite.
di ferro sicuramente.
il tuo
tutto
Creso,
»
brandi d'oro
dati con
Creso, n Oh!
n
cote
quoUe
migliori
che sono
o quelle
con-
Quelleche contenrano,
Dunque, se Ciro verrà
M
n
U
che contervano^
sefirate ?
Creso,
n
Qualisono
M
un
tu
riconosca
essere
il ferro
dell'oro.
miglior
Creso,
Mi coningli
dunqued'offrireal Nume
d'oro.
vasi di ferro e riprendermi
quelli
Solone,
Eglinon abbisogna
neppure del fcr«
sin che tu gliconsacri rame,
o
ro; ma
un
oro,
giórnoo l'altro la tua offerta
andrà a profitto
o sarà predacod'altri,
n
n
»f
"p
"f
M
«»
»
n
p»
M
de'Focesi,de' Beoti,
me
de'Delfiotti
stessi, oppure di qualchetiranno
sino che sia ^ ma
il Nutqe non
che
Creso,
"»
o
n
mìe
Caronte.
un
che
un
tu
o
assas-
si cura
glioffra dell'oro.
In tutti i tuoi discorsi ,
sparlidelie
ricchezze, e sembri invidiarle.
fre
Questo Lidio, o Mercurio, non soflibero parlare,
e
glisembra strano
glidica liberamente
povero uomo
,
5oo.
e
sentimenti;ms ìtt
proprii
si ricorderà di Solone, quando prigioniero
timore i
senza
breve
di Ciro sarà
•
posto vivo sul rogo.
già udito leggereda
Ho
ciascuno
fra le altre
e
,
doventar
Creso dovea
e. che Ciro
cose
era
scritto che
di Ciro
prigioniero
dovea
stesso
i destini di
Gioco
morire
per
Vedi
della reginadpi Massageti.
donna Scita,e Vesce fuori sopra
tu
«
mano
quella
lo
caval-
un
bianco?
Si la veggo, per Dio.
Caronte.^
Mercurio.
la
Quella è Tomiri, che taglierà
testa a Ciro
e gliela
immergerà in un otre
il giovine
pieno di sangue. Vedi il suo figlio
Cambise ? Egliregneràdopo suo padre,
sofferteinnumerevoli
e dopo che avrà
avversità in Lidia
in Etiopia fìoal«^
e
morrà
ucciso
maniaco
mente
dopo avere
il bue Api.
,
,
,
^
Caronte.
Cose
dalle risa;
da far smascellar^
veramente
chi
potrebbemai gittare
coloro che disprezzano
ma
tanto
sguardo su
glialtri? Chi direbbe
poco
uno
uno
mai
che
,
tra
cadrà in schiavitù,e T altro sarà
e
decapitato,
la
sua
testa
immersa
in
uà
di sangue ? Ma,
o
Mercurio, chi è
costui che si è affibbiato il manto
di porpora,
otre
ed
ha
qualeil cuoco
il diadema
in
fronte.,e al
anello
li.
riporca
estratto
dal
3oì
pesce cV
di
e che si fa glotìa
egliha tagHato?
sa
quel luogo circondaco dal
regnare
?
mare
Bravo
Mercurio.
Caronte
,
tu
parli poeticamente.
Costui è Policrate Tiranno
che si crede io
moy
ogniparte
pertanto dal
stesso
suo
sarà appeso
felicità,
Meandrio
al satrapo Orecaduto dalla
è
sua
felice.Questo
servo
consegnato a tradimento
in un
momento
te. Misero!
di Sa-
in croce,
giacché
anehe questo ho saputo da Cloto.
Caronte.
Benissimo,
costoro
in
o
tronca
,
bravamente
Cloto, castiga
le loro
affinchè
croce
,
teste
e
,
sappianodi
piccali
ap-
re
esse-
mortali. Intanto si elevino pure in alto ,
tezza
perchèla loro caduta da una maggior alsia
pia tremenda. Allora
riconoscendoli
uno
a
io riderò
alla volta nella barca
della porpora regia della
nudi, spogliati
,
tiara
,
Mercùrio.
è
.
prividell'aureo soglio.
Cosi
certamente
andrà
la faccenda
per loro; ma
moltitudine,o
guardaquella
Caronte, della qualealtri navigano altri
fanno la guerra
altri contendono in giudizio,
altri esercitano r agricoltura
altri
,
,
,
usurai, ed
sono
canti
altri finalmente mendi-
Caronte.
vita
Veggo una varia moltitudine
città
e
piena 4^inquietudini
,
,
una
somi-
3oA
coi o^m ape ha il
col qualeferisce ii vicino , e
in
a tth'alteare»
pliant!
aculeo
suo
,
pochitra loro a guisadi vespe attaccane
il lor inferiore.Ma che cos* è
e trafiggono
no
quellafolla che svolazza invisibiled'intora
loro ?
Mercurio. La speranza , o Caronte^
iltimore,
la stoltezza, 1^ voluttà,V avarìzia,
V ira
,
tra le quali
rodio, ed altre simili afiPezioni,
T
trovasi mischiata
83
e neiristes*
ignoranza^
il rancore.
società,per Giove, entrano
Tira
la
,
Tamor
T imperiziala*titubanza,
gelosia,
,
Il timore
dell"oro.
peitanto,
la
e
svolazzano al di sopra, e il ti*
piombandosu di loro,li fa tremanti
speranza,
more
La speranza pende dall*alto
sbigottiti.
e quando credono di realizzarla,
su la loro testa,
lasciandoli
ella vola via e sparisce,
e
a
tu
bocca aperta come
appunto Tantalo
vedi neirinferno
glifugge.£
se
tu
di loro
tu
che
patire
per Tacquache
miri
io alto, vedrai il
Fato che fila le fusa di ciascuno
che ognun
filo..
Vedi
,
è sostenuto
alcuni di
che scendono
gnateli,
da
,
onde
un
è
debol
questifilicome
ra-
scuno
dai fusi sopra cia-
?
Caronte.
to
Veggo che
ciascuno
ha
un
filisono
e tutti questi
sottile,
intralciati
gliuni
coglialtrii.
filomal*
per lo
piò
3o5
o Nocchiero, perchè
ragione,
ifercurio. Con
n
quelloè
stato
destinato d'essere ucciso da
qu^iraltro, e l'altro da queiraltro poi
ereditare di quello,
motivo
come
pure questi
per cui il suo filò è più corto;
sti
quedi
quelPaltro. Tale è il significato
questo intrecciaraento di fili.Tu vedi però
che tutti pendonoda un filosottile
cosi
innalzandosi suglialtri doventerà
Tuno
il peso
momento
sublime, e dopo qualche
ed il fragósoverchio farà spezzare il filo,
re
della caduta sarà grande.Quest*altro
,
e
,
,
da
'sollevandosi poco
mai
viene
la
a
sua
terra
cadere, gran
caduta
farà,
non
rumore;
se
ma
appena
sarà sentita dai suoi
casigliani.
Cose ridicole davvero, ò Mercurio.
Caronte.
Mercurio.
Tu
Certamente.
non
avresti
la loro
adequate
per esprimere
Pia ridicole ancora
si danno
,
e
sono
le cure
parole
ridicolezza.
grandiche
da questo mondo,
illor partire
rapiti
appunto nel merìggiodelle loro speranze
dalla saggiamorte
i di cui messaggeri
,
,
e
ministri
molti
son
,
le febbri
come
le tisi le infiammazioni al
ogni sorta
polmone,le spade gliassassini! i veleni,
di tutte
i giudici,
i tiranni. Nulla peraltro
d'
,
,
,
,
loro fintantoche
questo occtipa la mente
felici
ed all'opposto doventando svenaon
»
5o4
tarati , altro
s*ode
non
dalU bocca loro
che, ohimè! ah! ah! meschino
da bel
avessero
principio
mortali
eran
me! Se pertanto
pensato eh*
venuti al mondo
per breve
e
,
si partono dalla vita come
e. che
tempo
da un sogno, lasciando ogni cosa sulla terra,
,
avrebbero vissuto
e
sarebbero
mente
piùgiudiziosa
afflitti
morendo;
meno
5
come
sic-
ma
di viver sempre» quando
si lusrngano
viene a chiamarli,ed a condurli
la morte
della febbre,o della tise,si
e par loro incredibile che sepadisperano,
rarsi
via per
mezzo
debbano
sua
casa
mondane.'Quante
la
suar
cenare
do
sapesse, che quansarà terminata e coperta di
glioperai,se
casa
e. lasciarla
eglidovrà partirsene,
tetto,
al suo
cita
attenzione,che solle-
tanta
con
tanto
un
cose
colui che fa edificar
si risparmierebbe
cure
la
dalle
erede,senza
una
pure
averci potuto ilmeschino
sola volta? Colui poi che
la
si rallegra,
perc)iè
un
bel maschio,
suoi amici
neonato;
,
e
impone
to
mogliegliha partoriperciòdà banchetti ai
il
nome
delP
tante
feste,se
farebb^egli
che il suo
bambino
deve morire
avo
al
sapesse
alf età di
anni?
Cagionedi tutto questo è il suo
ria
guardaresoltanto a quelpadre,che ai glodel propriofiglio,
poichéha trion^to
sette
negli
olimpici
giuochi
; ma
non
vede
queir
3o6
.
deli'acqua»
sulla superficie
apparilicono
dire le
da qualche
fontana»vogiiò
corrente
che
bolle della schiuma
? Alcune
subito
esse
son
scoppiano e svaniscono
altre
altre /durano più tenìpo, e siccome
di più»
vengono ad unirsi con loro gonfiano
di volume
€ crescono
per altro scoppiano
dei
ancor
queste finalmente» e spariscono
piccolee
,
,
'
di
,
,
possa altrimenti.
Questa è la vita degliuomini. Tutti sono
tutto,
che
senza
avvenir
gonfid'aria»chi più e chi
a lungo chi momentaneamente
dileguanoappena formati
chi dura
meno»
,
»
svanibcono
Mercurio
Ma
;
altri si
tutti
ma
poi
inevitabilmente.
sai.Caronte
che la
,
tudine
simili-
tua
più bella di quellad'Omero» che
il genere umano?
paragona alle foglie
Caronte. Essendo gliuomini
tali tu vedi o
Mercurio» quelche fanno! Come son pieni
d' amor
in
son
proprio e come
sempre
risse fra loro per gelosia
dei poteri degli
no
acquisti»
deglionori, tutte cose cui dovranabbandonare, e scendere tra noi con un
obolo soltanto! Vuoi tu dunque giacché
è
»
»
»
,
siamo
in sito
cosi
eminente, chiamarli ad
alta voce, consiglia
ndoD
inutilifatiche,
e di aver
occhi la
morte
»
di rinunziare
alle
sempre innanzi agli
dicendo loro : Oh stolti!
perchèvi occupate di coteste
cose
? Cessate
So7
daU-affaticarvi,
poichénon
eremi,
siete per vivere
nulla di elò che si ha per
durar seiapre, così nessun
e
bHe
rispetta-
di;voi
può
sa
potràportar seco dopo la morte alcuna cogiacchédura leggelo costringea par^i campi e gliori dotirsi nudo; la casa,
e cambiano
altrui,
ventano
proprietà
ne.
padro-
*
,
,
Se io avessi
'
loro
predicato
queste ed altre simili
avrebbero
molto
credi
voce
che
tu
ne
niera
ma-
sarebbero diventati
qon
! amico
Oh
,
profittato,
per la loro
di vivere,e
molto piùsaggi?"
Mercurio.
cose
ad alta
mio
tu
,
sai
non
a
che
e
glihan ridotti T ignoranza,
l'inganno.
Neppure una verrina sturerebbe le loro o*
recchia
le hannp tappate
dei compagni,
con
qnanta Ulisse turò quelle
per farlisordi alla voce delle Sirene. Come
ancorché
costoro
udirti,
dunquepotrebbero
,
con
tanta
a forziad*urli ? Giacché
scoppiassi
tu
che fa Pobblio
lo fa
che
sì
cera
a
non
sono
tra
questi;
pure
.voialtri,la stoltezza
vi
voluto
hanno
incamminati
le cose
con
lo
quel-
sono
cera
alcuni
loro,
orecchi,e
negli
la
verso
acutezza,
tra
siderando
verità, con-
e
dole
giudican-
qualisono realmente.
Caronte. Dunque dirò loro
Mercurio.
sanno.
E'
che già
ildir loro,quel
superfluo
Vedi
tu
come
,
tenendosi
lontani
3o8
dalla moltitudioe, deridono
altri,
si fa dagli
ciò che
tutto
alcun
piacere
in esse
evidentemente,
dalla vita^ e
che pensano di dover partir
scendere presso voi altri e questi
sono
obiasimano T ignoranzaaltrui.
diati,perchè
! Ma
Caronte. Benissimo, o uominf generosi
son
questi
pur pochi!.
,
e
trovano
non
anz^i mostrano
,
bastanti ;
Sono
Mercurio^
oramai
ma
•
Caronte. Vorrei sapere
ancora
diamo.
sceni
un'altra cosa,
la
insegnila :mia
sarà compiuta.
que
Vorrei duncontemplazione
dei corpimorti.
vedere i depositi
Mercurio. Questi,o Caronte, chiamansi dagli
di
uomini. sepolcri,
monumentile tombe. Vedi terra,
tu fuori della città queimucchi
quellecolonne quellepiramidison tanti
di morti, e depositi
de' corpiloro.
serbato]
Caronte^ Perchè msi coloro là giùinghirlandano
o
Mercurio
,
e
se
me
,
,
le
essenze
e
scavata
,
di odorifere
aspergono
alzato un rogo,
? Altri dopo avere
vi abbruciano le splènuna
fossa,
dide
pietre,le
vivande,
e
versano
nellà^fossa,( per
quanto
posso congetturare
vin mescolato col.mele ?
^Mercurio.
possano
stanno
)
vìn
pretto, e
Non. capisco,o Caronte, in che
giovaresiffattecose
a
coloro, che
neir inferno.Gli .uomiui per altro
3o9
9'imaiaginaao,chele ombre deMoro
dallMnferno,e vengano qui a
escano
morti
re,
cena-
volando, per quanto possono, incorno
alle esalazioni,e alle fragranzedei cibi',
'
il vin mischiato
bevendo
uomini
versano
Caronte.
Come!
bere
e
in
quellafossa.
queste
son
a
cose
ognigiorno.Tu
storo, dopo che sono
risalire.E sarebbe
io che fatico tanto,
dovessi
teschi
Aridissimi
mangiare?Ma
narrando
ancora
le
potranno
pur ridìcolo io,
dere
te, che li fai scen-
sai se possono
scesi
mai
co-
volta, in
una
su
ridicolo,o Mercurio, se
fatti scendere
dopo averli
ricondurli sulla
Oh stolti! che
rinfrese^rsi.
questa ? Ignoranoqualsia
tra
mele, che gli
con
cose
demenza
,
e
di demarcazione
quelle
stro
qdalisien le giusteleggidel noimpero !
che quaggiùscendon del pari
Non sanno
11 misero insepolto,
e quelsuperbo
Che di reali esequieha T aurea
pompa ;
Che qui soni pariAgamennone ed Irò,
E il deforme Tersite, e il vago figlio
Di Teti bella dalle lunghechiome,
dei vivi ;
«/
»
»
»
*
w
'»»
o
Tutti
son
nudi teschi,aridi
e
d^rsì,
pratid'asfodillo.
Mercurio. AflFè,tu Omereggi davvero? ma
giacché me ne fai ricordare, vogliomo*"
.
a
è mai
la linea
dei morti
terra
Su i
3ie
strani la tomba
Retèo
capo Sigèo? Sul capo
h quella
di Aiace.
non
Qìièste
sepolture
Caronte.
o
Mercurio;
le città
vedi
di Achille. La
celebri
più
sono
di cui
«
sui
dirimpetto
sontuose,
prego mostrami
ten
ma
tu
so
ades-
la fama
è
giuntaair inferno. Nipive,fondata da Sar^*
danapalo Babilonia, Miceoe, Cleone, e
stessa
Troia, di cui mi ricordo d^aquella
mente
ver
gliabitanti a migliaia taltragittati
che per dieci interi anni non
potei
,
,
mai
un
trai^rein terra la mia
di riposo.
momento
Ninive
Mercurio.
,
o
,
uè
non
gio,
riiQ#avesti-
dire: ellafu
né facilmente tipotrei
Babilonia
il gran
darle
Nocchiero, è da molto
distrutta,cosicché
tempo
barca
qui.
che ha le sontuose
torri,
quella,
recinto di muraglie,ed ancor
per
questa fra
é
molto
non
si dirà:
ove
fu? Arrossisco
poi di mostrarti Micene, Cleone,
Troia principalmentepoichéso bene
e
che quando ritornerai neirinferno,tu
zerai
stroz-
,
,
Omero
,
versi.
per la
Anticamente
dei
magnificenza
queste
cittadi
suoi
eran
grandie felici,or son morte ancor esse,
poiché,(fronte mio le città muoiono al
paridegliuomini, e ciò che é piùsorprendente
,
ancora
,
me
glistessi fiumi, coAr^olichenon rimane
muoiono
nelle campagne
Sii
neppiir la traccia d' Inaco e del suo letto.
Caronte. Oh che elogi,
Oiùero, che nomi! Il
Ilio dalle
sacro
Cleone!
chi
E
,
perchèuccidonsi
Lacedemoni,
vivo
noi
strutta
co-
mo
parlia-
si battono ?
che
loro ?
tra
i
vedi, o Caronte, gliArgivi,
Tu
Mercurio.
ben
La
intantt) che
Ma
là giù
quelli
son
,
ampie strade!
Otriade,che
il Duce
e
inscrive col
propriosangue
semi*
il suo
feo.
tro-
#
Ma
Caronte.
perchè,o
Mercurio
guerreggian
?
costoro
Per
Mercurio.
stolti!non
Oh
Caronte.
sul
quelcampo,
di
essi
qualestan
che
costoro,
san
battendo.
com-
se
tutto
conquistato
otterrebbe apnon
quanto il Peloponneso,
pena
£aco
di
da
un
palmo po$to, e questo,
ciascun
sarà
campo
avesse
coltivato
e molte
dall'altro,
scaverà dalla
volte il
i
terra
,
ora
te
taglien-
vomer
scudi.
sepolti
Or bene, tutto
Mercurio.
dall* uno
ora
andrà
tanto
in-
ma
cosi;
scendiamo, riponiamoi monti al loro
sito,e andianne. Io, ove ho giàpensato, e
tu
alla
tua
barca
,
dove
de* morti.
portarti
Carónte. Mercurio,
tu
ti considererò
,
di
verrò
tra
a
poco
^
m'hai
servìft)a
sempre
come
viglia
mara-
mio
più questa scorreriami
nefattore;
be-
ha
istruito itiqualchecosa
le
poichého
,
dei miserabil genere uoiano.
occupatidi Regi,di vasi dVro,
cose
Soti sempre
di Ecatombe,
pur
sciuto
cono-
di guerre,
paroladi Caronte.
MENIPPO
e
si fa
non
nep-
NEGROMANZIA»
O
LA
E
FILONIDE.
Menippo.
XJLtrio, vestibol di mia
H
salve.
casa,
quanta gioiaio ti riveggoo lacef
Filonide. Non è quf sti il Cinico Menippo ? Sì
"
Con
egliè desso, sicuramente. E non può esser
altri a meno
che gliocchi miei non
veg«un
Menippo. Ma che
gano in ciascun uomo
,
significano
queUMnsolita
quel
figura,
lira e quellapelledi leone
berretto quella
cosa
,
,
? Accostiamoci
d'onde
E
da che
sei comparso
non
Menippo. '/Lascio
"#
Filcnide.
de'morrì
Tatre
dagliDei
Meaippo ci
AflPè!
»
in città.
Diviso
credevamo
Menippo.
lui.
luto.
Menippo io ti savieni? egliè un gran petzo
a
morto
No
,
ma
ed
eccolo
sedi,dove
abita Plutò.
ha
burlati ! Lo
risuscitato.
T inferno m'ebbe
vivo
in
( gremba
3i4
ferno,t qaaiseatenfie tieno
i ricchi,sentenze
gate contro
ti giuroper Cerbero, che non
promul*
state
dalle
quali,
v*è destrezza
che sottrarsene
possa;
dici? Vi sono
Filonide. Che
de* Numi
dedsioni
nooye
infernali sopra le
cose
di questo
?
mondo
Dio ! E
mi è
molte ; tna non
di comunicarle ad altri,né tampoco
Menippo. Per
permesso
di
palesaregliarcani di là giù per
non
esser
poi da qualcunoaccusato d^em*
pietàpressa Radamanto,
Filonide. No, o Menippo, no» per Dio, non
col tuo
di parole
Non esser avaro
temere.
che sa
con
un
amico,poichéparlerai
uomo,
tacere,
,
e
steri.
che d'altronde è inixiatonei mi-
Menippo*Tu m'imponi un
comsndo diffìcile,
graziatua voglio
cidere
arrischiarmi. Parte dunque di doversi deche tutti i ricchi possidenti,
tuttigli
e
sicuro;ma
tanto
non
uomini
come
in
danarosi,che custodiscono
se
filonide.Prima
i lor tesori,
fossero un'altra Danae
della sentenza
( che
cagione
narrami
lo ascolterò volentieri ) qualfu la
della tua discesa colà giù,chi fu il tuo
^
du-
viaggioe di poispiegamiper ordir
che presso a coloro hai veduto e
ne
quello,
udito ; e siccon\esei uomo
piqno di òurid*
ce
nel
,
3i5
siti,cù$ì convien credcrè^chetu
ta
degnad'esser vedu-
alciunacosa
trascurato
abbis
non
udirà.
«
anche in quecontentare
Mitnippo.Ti Toglio
sto.
Chi può resistere ad un amico, che fa
forza di preghi?Ti spiegherò
dunque primieramente
i miei pensieri,
e qualmotivo
mMndusse
giovine,che Omero,
da
vano
guerre
Semidei,
ed Esiodo
dissensioni
e
,
tra
ma
narra--
solo
non
io
i
tra
gliDei puranche,ed
tribuì
at-
loro adulterii,
ratti,supostilità,
plizi,
van
e
far questa discesa. Udendo
a
di padri,incesti tra sorelle
espulsioni
fratelli m* immaginai che tutte
queste
cose
,
ed oneste, ed inclinava
fossero lecite,
ad imitarle,
non
senza
qualchemotivo;
un
quando giunsiair età virile conobbi
che le leggi
ordinavano Toppostodi quello,
V
che suggerivano
i poeti,e che vietavano
le rapine,mi trovai
adulterio,le seduzioni
molto imbroglbto non
come
sapendo,
me
regolar
stesso, persuaso essendo che gli
ma
,
,
,
Dei
avrebbero
non
e suscitate
adulterii,
non
buone.
,
se
tali cose
loro, se
erano
d' altronde
Neppurei legislatori
vrebbero
sto^
sedizioni tra
saputo, che
avessero
commessi
certamente
a
non
Trovandomi
parer mio
avessero
a-
T oppocreduto di far bene.
,
comandato
adunquein
tanta
incertezza ,
3ie
parvtmi ben fatto^di ricorrA'e ai così detti
Filosofi e di pormi in lor balia
doli
preganche credevano più
di far di me
quello
onde insegnarmiun tenor
di
opportuno
vita semplicee «icoro. Cosi pensando io
'
,
9
,
m^ accostai ad essi; ma
nella brace
dirsi, dalla padella
suol
poichéquanto
più io
tanto*
gliesaminava
in
più discopriva
incertezza,di modo
e
immediatamente
za
errai, « caddi, come
essi
che mi
accorto, che
,
d' appresso,
ranza,
ignoro
fece-
Fignoran-
re
poteva condurIn fattigliuni mi consigliavano
che
quella,
d^l volgoera
alla felicitàvera.
prendermi ogni piacere,ed
attendere a^ miei godimenti
di
unicamente
dicendo
,
questo appunto consiste la
felicità deir uomo.
Altri air opposto mi
che
,
in
far
disotfaticosa,
dar
toporre il corpo ad ogni patimento,di ansficido e fetente,di cootradir tutti,di
ond* essere
tutti ingiuriare,
da tutti ingiuriato,
recitando spesso quei popolari
versi
di
consigliava
d^ Esiodo
'/
una
vita
:
Sol coi sudori alla virtù si giunge:
Così voller
gliDei. Lunga e spinosa
£' la via che a lei guida,
ed aspra in prima.
Ma a chi toccò la cima è facil poi»
Altri m'insinuava di diJsprezzdre
le ricchezze,
cosa
e di considerarne l'acquisto
come
«
"f
9f
5i7
iodìfferentt ed aUri ali*opposto mi dhno*,
stiCava
che
la ricchezza
oelteple.Che
io che
gliudiva ogni
loro
tra
di iK"ini: idee
,
ec«^
dei loro sistèmi
giornocontradirsi
atomi
cosa
deggiopoidire
intorno al mondo»
^.
lina
era
,
vuoto.
11
titudine
molquella
con
riali
immate-
sostanze
,
peggiopoi si
ciascuno di loro dicendo
cose
è che
patentemente
così plausibili,
e
ragioni
allegava
persuadentieh' io non
poteva oppormi
esposte,
»
ne^
a
,
Colui che chiamava
«dui
una
che la chiamava
caldo, né
cosa
freddo,ancor
benìssimo,che nulla può
sapessti
caldo
e
che
mai
esser
freddo al tempo stesso,
quindimi
1q stesso» che accade
colorò che
accadeva
a
essendosi addormentati,pieganla testa ora
da una parte, ora dall'altra.Quellopoieh'
io
:
giudicavamolto
si era,
losofi
quei tali fi-
assurdo in
ch'io li vedeva
operare
a
vescio
ro-
di
che andavano
quello»
predicando,
che mi consigliavano
il disprezzo
poiché qiielli
delle ricchezze y alle ricchezze
dedicavano
l'usura
,
interamente
istruivano
»
disputavano
per
per "ienaco,e tutto
sopportavano per
Osservai che coloro i
la
si
amor
nalmente
fi-
delle monete.
qualibiaìsima-
deglionori facevano di tutto
ed in somma
che coloro i
per acquistarli
qualibiasima vano la mollezza eran quelli
vapo.
sete
,
«
,
,
3t8
U
cai
appunto,
predotnitiaTa.
molletu
Quando dunque ebbi perdutaancor questa
ogn^orapiù; ma fra
speranza, mi sdegnai
tacitamente per
stesso
me
perchètra
mi
lai,
conso-
molti dotti,e rinomati
errava
ignarodel
tanto
io
ancor
inetto,
nomo
Una
di andare
mago,
atro,
Babilonia
a
e
,
da
e
eh* io
volta per tanto
non
potea dormire, per aver la testa
di tali pensieri,
mi nacque in mente
vero.
pientoni,
sa-
piena
lo
quel-
qualche
e successori di Zoroadiscepoli
giacchequesti,
imploraresoccorso
tra
i
,
alcuni incantesimi,e cerimonie
mercè
loro,
aprono le porte dellMnfernoa chiunque e
traggono
lo fanno scendere con sicurezza , e ne lo ri,
di poi;Riputai
dunqueottima
sa
co-
dere
impetratoda costoro di scencolà giù, io poteva andare dal Beoto
vaiicinàtore
Tiresia,e saperda lui,come
e sapiente,
vita,e quaqoalfosse U miglior
le
,
avendo
se
si dovesse da
scerre
Mi
alzai
corsi
a
dunque,
un
certo
lungae
cizia
colà,strinsi amichiamato
Caldeo
Metrosacri
,
aveva
canuta
veneranda
petto. A forw di
con
assennato*
sapiente (àhto di
barzane,uomo
ticinii, che
uomo
più presto che potei
Babilonia. Giunto
con
una
e
un
stento
la chioma
va-
ed
,
barba,pendentesul
tenni
ote pr'eghiere
suppliche
da lui mercè quelpaga,
3i9
la
chiese,che m'insegnasse
cai mi
meflto
mio. Eglimi
giungereall'uopo
e cominciò
mente
primieradunque seco
a condurmi
tina
a luna
nuova,
ognimatgiorni9I
per lo spaziodi yentinove
strada per
prese
,
,
fiume Eufrate,
colà
e
voltato
al Sol
scente
na-
una
bagnava profferendo
lunga
bene io capiva,percV
orazione, cui non
banditori nei
égli,alla foggiad'inesperti
certami
pronunziavacon gran rapiditàe
mi
,
,
confusione
-
sicché pareva invocare
qualche
Profferite queste magiche parole,
demonio.
volte in faccia,mi
tre
e sputandomiper
,
ricondusse
a
viandante.
Nostro
atra
casa,
cibo
pura del fiume
era
1*erbosa
le noci,
eran
latte,o mele
bevanda
acqua
guardare alcun
senza
no*
temperato colf
Coaspo,e
nostro
to
let-
cielo scoperto.
poifuron fattii debiti preparativi,
terra
a
Quando
al
la mezza
notte
eglimi éondusse verso
fiume Tigri,
ed ivi mi purificò,
mi pulì,
e
'
VCL asterse
una
con
face
accesa
colla Scilla
,
ed altri molti
tanto
sussurrando iningredienti,
i suoi magiciaccenti. Avendomi
cosi
incantato,e circondato di magia,perch^io
fossioffeso daglispettri,
mi ricondusse
non
tal qualeio era, camminando
alP
a casa
ed
indietro,
il restante
prepararcialla
nostra
della notte
servi per
Egli
navigazione.
3ao
per tanto iodossò noa certa magica vette,
dei Medii,e a me detmolto simile a quella
te
in oltre
nome
,
cetra
una
nandomi,che8e
mio
pelledi leone,ponendomi
uoa
pileo,
questo
non
in mano,
e
qualcunomi domandava il
rispondessi
già Menippo
,
ma
Ercole, Ulisse,od Orfeo.
lìlonide. Perchè cosi,o Menippo? Io
intendo il motivo
ordi-
non
di tale abbigliamento,
e
di tai nomi.
Menippo.Eppure la cosa è chiara e niente
arcana,
poichéquestidiscesero ancora vivi
all'inferno prima di noi
quindi il mio
,
,
maestro,
credette che
ad
assomigliandomi
essi,avrebbe facilmente deluso la custodia
di
Esco,
come
ed io sarei passato senza
persona riconosciuta , mercb
ostacolo,
un
così
Quando dunque fu
abbigliamento.
presso a farsigiornoscendemmo al fiume,
ci occupammo
della nostra
e
navigazione.
strano
prepacata la barca
le vittime, il mele stemperato neir acqua
utili al buon esito dell'
e tutte le altrecose
impresa.Avendo dunque fatto imbarcare
Egh
aveva
pertanto
,
,
noi
preparate, c'imbarcammo
in caldo pianto.
pure, mestile sciogliendosi
tutte
le cose
Navigammo sino
ad
un
certo
me,
punto nel fiu-
e nel Iagoin cui
quindinella palude,
scarica il fiume Eufrate. Quando avemmo
si
S2d
che
barca
In terra
rimanessimo
non
giàpienadi gente, e
era
poiché la
$
ta
tut-
suonava
di lamenti, attesoché tutti coloro eraa
chi nelle 'gambe, chi
feriti e fracassati,
nella
chi in
testa
,
parte, chi nelP altra,
una
mi parvero gente, che venivano
Il buon Caronte
da qualchebattaglia.
talmentechè
la
pertanto vedendo
pelledel Leone,
Ercole, accolse
ci fece entrare
ed ilmio
me
nella
e
dendomi
cre-
pagno,
com-
barca, e
gittati
tra-
all'altrasponda,c'indicò pur anche
la strada. Entrammo
nel gran bujo.Metro^
barzane andava
tenendolo
ad
un
per la veste,
gran
dei
finché
giungemmo
prato coperto d* asfodillo.Ivi
svolazzavano
ombre
innanzi,ed io lo seguitava,
dintorno
a
le stridule
noi
Inoltrandoci
morti
.
alquanto
pervenimmo al tribunal di Minosse. Era
alto soglio;da una
questiseduto sovra
assistenti le vindici furie
parte stavangli
infestidemonj e le Erinni. Da un* altra
gì*
,
,
parte venivano
con
una
a
lui condotti
lunga
catena.
gati
molti rei le-
Si diceva
che
ni,
adulteri,torcimanni^ assassiadulatori,sicofanti,e tutta la ciurma
questierano
di coloro che turbano
il mondo.
Separatamente
i ricchi,e gliusurai
ventre
podagonfio,
poi venivano
in volto, col
pallidi
e ciascun d'essi carico
grosi
,
9
di
un
collare'»
3a3
di
e
OQ
(i)pesante due talenti. Noi
guardandociò che si face*
corvo
dunque stemmo
va,
ed ammirabili
straordinari
Certi
glistavatìo
Tu
ìlenippor
ti dispiace
non
costoro.
i nostri
camminando
FUonide.
di Giove
conosci
ombre, che
tori
ora-
accusando.
Filonide. Per Tamor
eia dirmi chi eran
se
in ior difesa.
ciò che si diceva
udimmo
e
sicuramente
,
corpigettano
,
quelle
intorno
al sole ?
Sicuramente.
Menippo.Or bene, questequandosiam
ti ,
a
accusatori
sono
,
ed espongono
noi,*
testimonii
e
di
contro
ciò
tutto
pubblicamente
fatto sulla
che abbiamo
mor-
Molte
terra.
di
se
es-
degnedi fede,poichési trovan
si
noi
con
e dai nostri corpinon
maL
Minosse
pertanto diligevate-
sembran
sempre
,
separan
esaminando
mente
le azioni di ciascuno,ne
alcuni nelle sedi degliempii per
rilegava
esservi castigati
dei commessi
a proporzione
ma
delitti;
piùaggravava la pena di co*
dalle ricchezze,
loro,ch'eransi lasciatiabbagliare
ed avean^ preteso
e dalle dignità,
di essere adorati, poichéeglidetestava la
il Ior fosto,ed il loro
breve loro superbia,
"
,
dimenticarsi d'esser nati mortali,e di
?
I
I
:
I
II
"
?
.
MI
I
I
111
II
«?
I
II
(i) tpeciddi «attigot"a i Gttti»
Ili
aver
I
?
'
WHl
3a4
beni mortali
di
tutte
Ma ora qaesti
eonseguiti.
gliati
sposplendidezzevoglio
quelle
,
dire delle ricchezze
loro
,
della loro nascita,
del
là^nudi
impero,stavan
messo
un
,
e
volto di«
con
richiamandosi alla memoria
.come
,
la felicitàdi questo mondo
oltre modo , e
io mi rallegrava
sogno
che
,
,
se
del
ne
qualcheduno,me gli accostava
ciò ch'era stato
pian piano,glirammentava
allorché
in vita
quanto si era gonfiato,
conosceva
,
la mattina
,
molti fuori della
stavan
quantunque
e
sua
ta
porallontanati
dai
e
rispinti»
$ervicori aspettavano eh' egliuscisse , e
sole
che comparissefinalmente come
un
d*
oro
,
di porpora
essi, raggiante
ad
dinnanzi
di mille colori , credendosi di
e
far felici,
e
beati tutti coloro,i quali
dolo
aven-
salutato
da lui la
ottenevano
,
grazia
di baciarlo sul petto, o ch^egli
ro
porgesse lola destra. Questipertanto sopportavano
di maranimo
V
talimiei discorsi. Minosse
ia
frattempopronunziòuna sentenza
Dio*
con
parziale
riguardo,
poichémentre
da Dione di
oigi Siciliano era accusato
molti atroci delitti pei qualimancò
poco
questo
,
,
che
non
,
è molto
fosse incatenato
di
passòAristippo
stimato
,
e
mera
gettato alla ChiCirene
( il quale
ed ha molta autorità nell'
asserendo
e lo liberòdal castigo»
inferno),
Digitized
5dby
^
Ua5
eh* egliera
danaro
suo
protettore»col
stato
9
di molti
del
mezzo
eruditi. La*
uomini
sciando
mo
adunque il tribunale ci trasferimmio!
luogodei castighi,
ove, o amico
al
molte
vedemmo
cose
miserande
assai ;
,
a
udirsi
e
vedersi
gliurli di coloro che eran
condannati al fuoco,le torture, i pesi
primenti
ople ruote« la Chimera che gli
nava,
sbrail Cerbero che li dilaniava. Ivi puuivansi al tempo stesso. Re, servi, satrapi,
poveri,ricchi,accattoni, e tutti si pentivano
,
de* mali che
conoscemmo
ne
ti di recente.
,
voltavano
e
essi di
Procuravan
costretti
erano
fatti.Nel darli
guareh*
alcuni
eran
mor"»
avevano
a
dersi
nascon-
altrove la faccia,che
guardarci lo
,
se
facevano
ed essieran
e adulatoriamente,
servilmente,
tu sai,che ostenta
i'a no
queglistessi,come
in vita tanta gravità
Condouae disprezzo.
vasi poi ai poverila metà del supplizio,
e
intervalli il lor supplizio
dppo proporzionati
ricominciava. Vidi là il favoloso Issione,
Tantalo,
Sisifo,il frigio
in
si
deplorabile
di
nacque dalla terra
tal gigantesca
cupava
statura^ che sdraiandosiocstato
,
e
un
Tizio
,.
che
intero campo.
"]ietro,entrammo
ove
mm
tutu
trovammo
nella
ìnLasciati questi
ronte,
pianurad'Ache-
i Semidei, le
la rimanente
Eroine,
moltitudine
dei
5a6*
morti» che passairano il loro tempo divisi
ordine, nazione per nazione, e aetta
con
per
Ne
aetta.
dice Omero,
e
come
funghìti,
^Itri
af-
e
santi.
quasicon-
ri
recenti, e tuttavia inte-
erano
i morti
massimamente
,
alcuni vecchi
trovammo
Egizianiattesa
imbalsamatura
malgra**
la virtù della loro
,
,
facileil riconoscere
do questo
perònon era
diveor
poichétutti precisamente
ognuno
tano
ugualitra loro dopo che Y ossa sono
spolpate;ma giungevamo a riconoscerli
fissarloro lungotempo gli
con
e con
fatica,
,
,
occhi
addosso. Statansi
costoro
dell'altro oscuri
più con
aveano
e
,
siccome
se
l'uno
deformi',
e
e
presso
apnon
ta
alcuno dei beni della vi-
molti scheletrìtutti uniformi
ammassati
nel
luogostesso e parealanciarci minacciosi sguardi
tà
dalle caviti
degliocchi mostraiidoci i denti scarni-
erano
no
,
,
,
io mi
sgomentava
tra
Termite,dal
distinguere
dico Irò
ria da
dal
,
re
me
stesso
bel Nireo, il men»
dei Feaci ; ed ilcuoco
Agamennone
come
; mentre
Pi-
nulla rima-
loro delle antiche distinzioni,
essendo
tutti quegli
alcun
ossi tra loro simili,
senza
nea
segno che li caratterizzasse ,
iscrizione , indiscernibili da
Nel
senza
alcuna
chicchessia.
ta
la viguardare
adunquesì fattioggetti,
uomini mi parca somigliare
ad una
degli
«
gran festadi cui la fortuna faccia le spese
rie
ponendo in ordine ogni cosa , e dando va-
ai convitati. Impefigure
moltiplici
rocché
la fortuna prendendo tal volta uà
e
lo adorna
uomo
in
e
di rege
insegne glipone
,
la tiara, glidà numerosi
testa
satelliti,
fronte il diadema.
glicingein
servile. Orna
dà aspetto
tro
«
comparireavvenente
Ad
un
al«
lo
questo per farfa
quello
ridicolo e brutto; ed a parer mio agisce
sì,
cofesta.Spesso
per rendere piùvari^ quella
al tripudio
stesso
per altro in mezzo
cambia
ad alcuni
la
non
figura,
di terminare
veruno
Io
con
quellastessa figura,
cambiando
ma
ad
o
Policrate
certo.
la
tra
figurò
di
figura
vo,
ser-
colla tirannide di
veste
quelMeandrio
tempo
incominciò;
co^
abbigliamenti
assumere
di schiavo, e
ne
lasciando-
sotto
spettacolo
cui lo
i loro
stringeCreso
mentre
,
che sino ad
,
i servi
,
un
do
permetten-
comparirein quellafigura
per
ta
qualchetempo. Quando poi la festa è finiloro di
,
lascia il suo
ognuno
con
qual era
che lo
per
fortuna è
il corpo
esso
prima
atto
vestimento
senza
,
ancora
aver
e
spogliando
doventa
,
,
differenza
runa,
ve-
cuni
dal suo vicino. Aldistingua
dopo che la
d'ingratitudine,
venuta
«araenti ch'ella
,
e
avea
ha ridomandato
glior-
loro concessi, si af-
9a8
come
Si disperano
fliggono.
vesserò
qualchecosa che
,
giàcome
non
ciò che
se
do»
perdere
se
fosse loro pria
prodovessero restituire
fu loro dato aciimprestito
, per
tempo limitato. Credo che voi abbiate
un
duto
ve-
recitanti del teatro, i
spesso i tragici
qualia seconda dei bisognidel dramma ,
doventano
Creonti
ora
"
.
Agamennoni
che
,
e
poco
Tuomo
avanti
Priami
ora
stesso,
se
,
fa d^ uopo,
imitato
aveva
ora
con
gravitàla figura
diCecrope,odi
te
Ereteo, nulla di meno
dopo qualcheistanmolta
,
vien
coinè
comandato
dal Poeta
,
si
di servo
e alla fine del
presenta in qualità
,
ciascheduno delle vedramma
sti
spogliandosi
dorate
,
e
della maschera
,
«lai palcoscenico,va
ed umile
senza
errando
e
scendendo
tutto
povero,
piùchiamarsi Agamennone
di Atreo, ne Creonte figlio
di Mefiglio
Polo figlio
di Caricle Suniense,
neceo, ma
Sàtiro figlio
di TeogitoneMaratonio.
o
Tali sono
le cose degliuomini, secondo
li vidi.
quelloche mi parvero allorquando
Filonide, Dimmi,
o
Menippo, quellich«
hanno sulla terra alti e costosi sepolcri,
colonne erette in lor memoria, immagini,
iscrizioni son eglino
neiriapiù de' plebei
,
fcrno considerati ?
amico
Menippo.Tu scherzi,
mio. Se
tu
vedessi
850
do ciascuoo •
e
Palamede
,
V\ìm
»
Nestore,
altro ciarlone coaversano
actcoqaalche
lui. Egliper altro ha tuttavia tumide ed
dai bevuto volendo.
enfiatele'gambe
IIbuon
Diogene;poise ne sta presso a Sardanapalo
ed
Assiri],a Mida Re de^ Frigii,
re degli
li
e vedendoa molt' altri magnifici
Signori,
e
licità
rammentandosi
Tantica loro fepiangere,
se la ride e
gioiscee spessissimo
standosene sdraiato a panciaall'aria canta
,
con
,
forte e cruda
voce,
prirei lor lamenti
che
son
,
e
in maniera
da
cuo*
in modo,
gì'inquieta
costretti a cercarsi posto altrove,
potendopiùsopportarlo.
non
Filonidcé Amico, su di ciò abbiam detto' ab^
bastanza. Ora narrami qualfu il decreto,
che mi accennasti da
tro
primo emanato
con-
i ricchi.
Menippo.Ben
festia rammentarmelo,
poiché
dimenticandomi,che questo era appunto T
n' era molto
oggetto del mio discorso,me
allontanato. Nel tempo adunqueeh' io stava
fra i morti, fu da queimagistrati
sta
propo-
un'adunanza, ove
al ben
molti
comune.
concorrere,
verso
trattare
cose
nienti
conve-
Yeggendoio dunque
dato luogo,mi
un
frammischiai coi morti, e doventai
uno
gli
de-
assistenti.Ivi furon fattidiversi decreti,
e
fra gli
uno
altri,
contro
i ricchiaccusati di^
35i
pessimenìooU vale a dire,di prepottam
; di superbiadi disprezzo
per tutti,
Uno degli
oratori si alzò finalmente
e d*ÌDgiu8tizia.
molte
y
,
e
lesse r appresso decreto.
DECRETO.
lonsiderando la
00
attentati
degli
moltipHcità
le leggi,
che i ricchi commettocontro
in TÌta loro, strapazzando,
do,
violentaned in ognimodo
la povedisprezzando
ra
no
ed il popolodecretagente il consiglio
,
quanto segue:
ricchi saranno
morti, i
Quando questi
di tutti
corpiloro »ieno dannati come
quelli
mandate
gli altri scelerati e le anime loro rinel mondo, vadano ad alloggiare
nei corpidegliasini,e passando
in tal guisa
da un asino neiraltro,
portandopesi,e
sofiVendo le percosse dei povericonsumino
ducento eìriquanta
miranni di vita, e poscia
,
sia condonato
di
liglìo
Scelezione
della Livadia
fu
loro il morire. Cranio
Mesciense
della Tribù
tal
quegliche profieri
sentenza.
Letto
il decreto,
fb tosto confermato dai
Frosanzionato dalla plebe.
e
magistrati,
si scosse
e Cerbero latrò,esfendo
serpioa
,
35a
questa la formalità che rende Yafidetà
Tali
secuterie le sentenze.
dunqueapno
e-
le
decisioni delF assemblea.
posciaa Tiresia ( scopo del
narrate
mio viaggio
tutte
) e dopo avergli
le mie avventure,
lo pregaidi dirmi qaal
sorrìse nel!'ufosse la migliorvita ed egli
diroy ( costui è un vecchietto cieco, giallognolo,
ed ha una voce
flebileassai ) Figlio
Mi
'
accostai
,
,
mi disse
: so
il motivo
della tua
banza
titu-
cagionatadai sapientii qualinon
parlano. Non. è per altro
pensano come
chMo ti dica tutto, poichéRadaconcesso
lo proibisce.
Ma
manto
No, glirisposi.
mi
dimmi, padremio, ti prego, e non lanciarritornar trai i viventipiùcieco di te ancora.
Allora, eglimi trasse da parte molto
lontano dagli
altri,mi si accostò air orecchio
e mi disse a mezza
voce
: La
re
migliovita è quella
e la piùsaggia
idioti;
degli
onde lascia d' andar piò oltre farneticando
neir indagare
le meteore,
in far congettu*
cotali filosofici
re
e
disprezzando
smi,
sillogi,
,
,
,
considera per ciancie tutte le cose di
Cerca principalmente,
me
coquesta natura.
ponendo in
buon ordine le
cose
tue
pre**
za
sensenti,tu possa passare la vita ridei^do
fissarti
sovra
eglisaltò di
cosa
nuovo
veruna.
Così dicendo
sulla riva coperta di
353
era
tardi,io dissia Meatfodillot
e poiché
trobarzane : vieni dunque, che più indugiamo,
e
non
alla vita?
torniamo
Eglimi
Menippo,
risposein tal guisa: Coraggio o
t* insegneròun sentiero facile e corto,
e
mi condusse in un
prendendooài
per mano
più tenebroso mi additò da
luogoancor
lungiun languidot sottillume che penetrava
,
,
,
come
da
un
buco
di serratura,
domi:
dicen-
è il tempio.
di Trofonio,
.donde
quello
scendono
per
della Beozia; sali dunque
i morti
rai
e ti troveangusto sentiero,
cotesto
neir istante in Grecia.
tai
detti,
e salutando
grave stento
sentiero , e non
con
su
so
1 N
a
rallegrai
il Mago, mi strascinai
per la buca
come
vadia.
F
Mi
M.
di questo
pervenniin Li*
INDICE
L
L
Le
Il
al Lettore.
Traduttore
Sogno
OPUSCOLI.
DIVERSI
DEI
.
.
sia vita di Luciano
o
3
Pag.
*
7
»»
àlf incanto,
63
Filosofi
88
Pescatore^ o i Filosofi^risuscitatl.
vite dei
.
.
.
w
»
Il Gallo
Micille.
e
Adunanza
degliDei.
Decreto
alla
Timone
il
Diogene
•.
universale.
felicità
...
Polluce.
.
sia
o
j
.
Misantropo
e
Plutone
.
V
Annibale
Mercurio,
Alessandro^
Achille
3
e
Minosse
9
e
Mercurio.
.
.
e
t
.
.
17$
w
178
»
ai
»
221
»
8
diversi morti
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Antiloco
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Filippo.
Mercurio
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e
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Menipp^^e Cerbero
e Trofonio.
Menippo^ Anfilocoj
Grate, e Diogene .^
Menippoj e
166
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Scipione
Caronte, Menippo, e
Diogene, e Alessandro
,
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Me*
contro
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Caronte
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Alessandro
»
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246
248
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281
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536
Tantalo
MenippOj e
Nireo
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Menìppo
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287
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orate.
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Sino/ante,e Callidemide
Terpsìohe,e Plutone
Diogene e Mausolo
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Jfenippo^
Diogene Antistene^ e Cro^e
Cnimone^
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