Associazione Nazionale Cerimonialisti Enti Pubblici Documenti dal Seminario di studio “Il quadro storico del Cerimoniale in Italia” Dal Cerimoniale della Corte Sabauda a quello della Repubblica Italiana Dal Cerimoniale della Repubblica di Venezia a quello Papale con il Patrocinio della Presidenza della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee Legislative e delle Province Autonome del Consiglio Regionale del Veneto “QUELLI DEL CERIMONIALE” di Antonio Politi 1 2 “Quelli del cerimoniale” noi ci limitiamo, in genere, a “vederli” mentre svolgono il loro “mestiere” un po’ particolare, fatto un po’ di pubbliche relazioni, un po’ di tecniche organizzative, un po’ di scenografia, un po’ di rispettosa applicazione di fredde regole protocollari; comunque sono “soggetti freddi” (devono esserlo!!), formali, mai appariscenti. Sembra che sbuchino sulla scena (Il palco di un convegno, all’avvio di un incontro fra personalità o delegazioni…) di soppiatto, simili ad ombre che subito si dileguano. “Quelli del cerimoniale” si muovono in una dimensione “orizzontale”, non hanno titolo a decidere o ad innovare ma hanno il compito di “confermare”, “rassicurare”, “integrare”: tutto ciò non è scritto da nessuna parte, ma in genere è così. A Venezia però, al seminario sul quadro storico del cerimoniale italiano, non è stato così: le “ombre” hanno intersecato fasci di luce ce scandagliavano profondità storiche; Venezia è essa stessa una profondità, non è una città, è un luogo verticale, è un luogo della storia e della memoria; di orizzontale a Venezia c’è solo la marea che però si alza e si abbassa ed è sempre un evento simile a se stesso dalle origini del mito. Allora a Venezia è successo che “quelli del cerimoniale” non hanno solo imparato cosa fare, come farlo, le precedenze eccetera, ma si sono immersi nella storia, sono anch’essi passati dalla piattezza alla profondità; la storia, si sa, è maestra di vita, consente di “pescare significati e segni” nel profondo della società, delle civiltà, delle culture; significati, segni valori, talvolta rimossi, talvolta affondati sotto il peso di una contemporaneità (modernità?) grigia, insulsa, grassa, che però talvolta copre nuovi riti tribali e nuovi totem che frantumano la società post modernista. I relatori del seminario hanno tutti svolto egregiamente il compito di rappresentare ad un uditorio intellettualmente curioso e professionalmente coinvolto come la storia disveli i sentieri attraverso i quali i rituali sociali, religiosi, statuali, per mantenere fede a se stessi e al proprio ruolo di confermare e dare continuità ad un potere ordinato, mutano nella forma ma non nella sostanza. Durante il seminario il faro della storia, adoperato sapientemente dai tre relatori, ha illuminato, con l’intervento del dott. Sgrelli, le architetture rituali di uno Stato/non Stato come quello del Vaticano; ha svelato, con l’intervento della prof.ssa Urban, il millenario miracolo di una oligarchia mercantile di massa capace di autorappresentarsi e legittimarsi producendo esplicitamente rituali repubblicano e cerimoniali laici sostitutivi di quelli religiosi; ha messo a nudo, con l’intervento dell’avv. Piazza, l’accidentato itinerario di uno Stato/mai Stato che faticosamente cerca i suoi riti sul filo sottile della sempre possibile rottura del precario equilibrio fra il mito dell’ unica nazione di mille popoli e la debolezza dei rituali istituzionali unitari (la bandiera, l’inno ecc.). 2 3 E’ stato dunque questo il senso dell’incontro di Venezia di “quelli del cerimoniale”. Nota bene, “quelli del cerimoniale” sono i cerimonialisti. Cerimonialisti? Ma questa parola non c’è nel vocabolario: c’è invece cerimoniere. Il linguista, interpellato, chiarisce: la lingua è un organismo vivo, si trasforma, perde pezzi e ne guadagna di nuovi. Cerimoniere fa parte di una storia passata, anche linguistica, cerimonialista è dentro il solco del cambiamento linguistico contemporaneo che alle parole terminanti in “ista” associa significati operativi, attivi, complessivi ecc. Per noi cerimonialista è parola del futuro. Il vocabolario seguirà. Anche questo è un granello di storia. 3 4 Verso una professionalità definita Nota riassuntiva sul dibattito che si è svolto nel corso del Seminario di Ernestina Alboresi 4 Valorizzare i ruoli, non le persone: è il compito dei cerimonialisti che, provenienti da Enti di vario genere di tutta la penisola, si sono dati appuntamento il 27 e 28 novembre 2008 per partecipare al seminario su “Il quadro storico del Cerimoniale in Italia”, che si è tenuto a Venezia nella splendida cornice della Sala del Piovego di Palazzo Ducale. Dalla Repubblica Serenissima al Regno Pontificio, dal Regno delle Due Sicilie alla Corte Sabauda, fino ad arrivare alla Repubblica italiana, esperti e studiosi della materia hanno ripercorso le tappe ed i mutamenti che hanno caratterizzato l’immagine dello Stato attraverso i secoli. I numerosi partecipanti all’evento – il primo promosso all’Ancep a livello nazionale - hanno così potuto seguire le metodologie di applicazione e l’evoluzione delle regole del cerimoniale dal Regno d’Italia ad oggi. L’argomento è stato affrontato attraverso la relazione dell’avv. Francesco Piazza, consulente del Dipartimento del Cerimoniale di Stato della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha parlato sul tema “Dallo Statuto Albertino alla Costituzione Italiana (1848-1948) – 100 anni di Cerimoniale”; con la relazione del dott. Massimo Sgrelli, già Capo del Dipartimento del Cerimoniale di Stato della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha affrontato il tema “Il Cerimoniale nello Stato Vaticano”; con l’intervento della storica dell’arte e della cultura veneziana prof.ssa Lina Urban che ha presentato una relazione dal titolo “Il Cerimoniale nella Repubblica Serenissima”; dalla comunicazione del dott. Cosimo Alessi, Capo del Cerimoniale dell’Assemblea Legislativa Siciliana “Nota sul Cerimoniale nel Regno delle Due Sicilie”. Le regole del Cerimoniale, importante settore della comunicazione pubblica che riguarda sia i più piccoli Comuni che le più alte espressioni della Repubblica, hanno lo scopo di evidenziare e rappresentare l’ordinamento dello Stato ai suoi vari livelli, per tale motivo conoscerle e rispettarle riveste una particolare importanza. Questo concetto è stato ribadito con forza anche durante gli interventi di apertura del seminario dal dott. Antonio Politi, presidente Ancep, che ha introdotto i lavori, dal Vicepresidente del Consiglio regionale del Veneto dott. Carlo Alberto Tesserin, che ha portato il saluto della Regione Veneto, dal dott. Paolo Pietrangelo, direttore della Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali e delle Assemblee legislative. Dopo due giornate di approfondimento e dibattito il seminario è stato concluso con una tavola rotonda sul tema “La formazione culturale del cerimonialista”, coordinata dall’avv. Francesco Piazza e durante la quale si sono succeduti gli intervenuti del dott. Dario Menara, direttore di Anci Veneto, del regista e storico del documentario prof. Toni Andretta, dell’esperto di comunicazione dott. Giuseppe Sansone, del capo 5 6 del cerimoniale della regione Lazio dott. Giorgio Falconi e della dott.ssa Patrizia Pala di Congress Studio Venezia. Negli interventi dei relatori e dei partecipanti è emersa chiaramente la complessità del mix di conoscenze e l’alta qualificazione richiesta a chi si occupa della gestione degli eventi pubblici e della rappresentanza istituzionale. Alle competenze alle nel campo della comunicazione pubblica il cerimonialista deve abbinare quelle nel settore dell’organizzazione; alle abilità linguistiche deve aggiungere quelle amministrative e gestionali; alle conoscenze nel campo delle pubbliche relazioni deve affiancare quelle nel settore legislativo e delle competenze in ambito protocollare. Tutto questo inoltre non può prescindere da una grande disponibilità personale e dalla capacità di gestire al meglio momenti di grandi carichi e pressioni lavorative, mantenendo la flessibilità operativa necessaria alla buona gestione degli eventi. Ma gli organici degli enti pubblici prevedono una figura professionale con queste caratteristiche? Ovviamente no, tant’è che la maggioranza dei cerimonialisti arriva a ricoprire quella posizione dalle esperienze più disparate o vincendo concorsi su materie alquanto diverse. Questo rappresenta di fatto una penalizzazione, anche per gli avanzamenti di carriera, non fosse altro perché costringe a misurarsi con materie che non sono le proprie. Da quanto sopra illustrato emerge con forza l’esigenza di pervenire quanto prima alla definizione della figura professionale del cerimonialista, individuando le sue competenze all’interno degli enti e, di conseguenza, il “percorso formativo” ideale al quale orientare questa professionalità. 6 7 Sintesi della relazione della professoressa Lina Urban “ Del cerimoniale della Repubblica di Venezia e di alcuni doni ” 7 8 All’archivio di Stato di Venezia sono conservati, in sei registri, i Cerimoniali del Collegio. Si tratta di copie dei decreti del Maggior Consiglio, del Senato, del Collegio e del Consiglio dei Dieci. Scopo di tenere tali libri era quello di registrare le cerimonie abituali della Repubblica di san Marco e quelle dovute ad un visitatore di rango in visita o di passaggio nello Stato Veneto. Le competenze per i cerimoniali spettarono dapprima alla Cancelleria dogale, per passare poi dal 12 febbraio 1594 (1593 m.v.) alla Cancelleria Segreta del Collegio. Fonti relative a cerimoniali si trovano anche nei rituali della Basilica di san Marco, in cronache, diari, opuscoli occasionali, relazioni di viaggi manoscritte o a stampa. Le cerimonie dogali si svolgevano su percorsi rituali in bacino e in piazza san Marco, sul Bucintoro, in Palazzo Ducale e nella Basilica marciana, allora cappella privata del doge. Nei cerimoniali dello Stato veneziano grande importanza aveva la processione dogale, una processione nella processione in cui erano mostrate al popolo le insegne del potere. Il doge, nelle innumerevoli feste cui doveva partecipare, era preceduto dai comandadori (araldi) che portavano le sue insegne: otto vessilli, sei trombe d’argento, spada, sedia curule, ombrella, cero e cuscino su cui poggiava la zoja (corno dogale usato per l’incoronazione). Insegne, secondo la tradizione leggendaria, accordate dal papa Alessandro III al doge Sebastiano Ziani in ricompensa dell’aiuto determinante per la pace di Venezia del 1177, con la quale si poneva fine alle lotte tra papato e impero. Ma il dono più prezioso dato al doge e ai suoi successori sarebbe stato un anello aureo con cui sposare annualmente il mare Adriatico, in segno di dominio, nella solennità dell’Ascensione di Cristo (Sensa), uno dei punti cardinali su cui poggiava il mito della Serenissima. A Venezia l’elezione del nuovo doge prevedeva un conclave con un complicatissimo sistema che, nelle intenzioni, doveva impedire qualsiasi forma di broglio. Dopo l’annuncio dell’avvenuta elezione, il doge veniva mostrato al popolo in Basilica dove aveva preso posto sul pulpito a cornu epistulae (a destra dell’altar maggiore). Dopo aver promesso di usare indifferenter giustizia e aver giurato fedeltà sulla Promissione ducale, riceva dal primicerio (il prelato che sovrintendeva alla Basilica) lo stendardo rosso e oro col suo stemma. Saliva quindi su una portantina (pozzetto) su cui veniva portato in piazza san Marco dagli arsenalotti (dipendenti dell’Arsenale). Compiuto il giro della piazza gettando denaro al popolo, il Serenissimo si avviava in Palazzo Ducale dove veniva incoronato con il corno ingioiellato. Il doge partecipava nell’arco dell’anno, sempre preceduto dalle insegne, ad innumerevoli processioni indette per avvenimenti politici (pace, tregua, lega, guerra). Inoltre doveva compiere determinate visite (andate) a chiese della città, indette in ringraziamento per vittorie, sventate congiure e cessazione di pestilenze. In tutte le manifestazioni veniva abbinato il culto civico con la celebrazione religiosa, 8 9 esaltandosi nel contempo la giustizia del governo, la ricchezza dello stato, la tutela dell’evangelista Marco per Venezia e la concordia tra le classi sociali. Ogni anno il doge doveva offrire quattro conviti in occasione delle festività di san Marco, Sensa, (Ascensione di Cristo), ss. Vito e Modesto e santo Stefano, conviti che dal secolo XVII ebbero la loro sede nella sala dei Banchetti. Con grande solennità faceva il solenne ingresso in Palazzo Ducale la dogaressa. Imbarcatasi sul Bucintoro dopo aver lasciato la dimora di famiglia, sbarcava trionfalmente in piazzetta san Marco passando sotto un arco trionfale effimero eretto dall’arte dei macellai che in piazza avevano le loro botteghe. Accolta in Basilica per una cerimonia, dopo aver giurato sulla Promissione dogale, per quella parte che la riguardava, entrava in Palazzo Ducale dove riceveva l’omaggio delle arti. Le cerimonie si chiudevano nella sala del Maggior Consiglio dove la dogaressa, seduta in trono, era onorata con feste e balli. Grandi festeggiamenti erano indetti per il solenne ingresso di un Procuratore di san Marco, dignità elettiva ed a vita come quella dogale che contemplava molteplici compiti assistenziali e civici. Il rituale prevedeva per il neo eletto la visita alla chiesa di san Salvador (anticamente a quella di san Moisé). Dopo un percorso nelle mercerie addobbate per l’evento, il Procuratore entrava in Basilica dove e, dopo aver prestato giuramento, si avviava in Palazzo Ducale per la consegna delle chiavi della sua procuratia che si trovava in piazza san Marco. In Basilica si svolgevano anche le cerimonie di investitura, mediante la consegna del bastone di comando e dello stendardo, del capitano generale da mar (un patrizio veneziano in grado dimostrare la massima perizia nell’arte marittima) e del capitano generale da terra (un uomo d’arme forestiero e al soldo della Repubblica). Dopo che il il vessillo era stato asperso con acqua benedetta e incensato, mentre i cantori intonavano Te Deum laudamus, il doge consegnava la bandiera al capitano dicendo:«Accipe Vexillum S. Marci», recitando quindi la formula di investitura. Le cerimonie per l’ingresso del patriarca, avevano come meta l’allora sede patriarcale a san Pietro di Castello che il prelato raggiungeva accompagnato dal doge col senato sui peatoni dorati con un contorno di imbarcazioni (generalmente peote) ornate a spese delle parrocchie. Quando Venezia era una capitale esisteva anche un corpo diplomatico. I rappresentanti degli stati esteri venivano chiamati residenti, nunzi, oratori, ambasciatori, nomi che, con diverse sfumature, indicavano la medesima funzione. Un ambasciatore poteva essere ordinario o straordinario. Il cerimoniale prevedeva che gli ambasciatori facessero il solenne ingresso in Palazzo Ducale dopo aver percorso il Canal Grande su una gondola intagliata e dorata per l’occasione con al seguito numerose barche da parata. Sbarcato al molo, l’ambasciatore in corteo entrava in Palazzo Ducale dalla porta del Frumento per presentare al doge, che lo attendeva nella sala del Collegio, le credenziali. 9 10 I cerimoniali veneziani, oltre che indicare regole per l’accoglienza, i conviti, le precedenze (anche per età e sesso), riservavano largo spazio allo scambio di doni, talvolta anomali e per noi impensabili. Attestato dai Diarii di Marin Sanudo è il dono portato al doge Agostino Barbarigo il 17 maggio 1497 dall’ambasciatore veneto Francesco Cappello, di ritorno dalla Spagna con le galee di Barbarìa. Regalo inatteso del re Ferdinando e della regina Isabella: uno re saracino o per dir meglio beretino di Canaria di quelle ysole nuovamente trovate per il re di Spagna, el qual li fo donato da ditto re che lo apresentasse a la Signoria, assieme a «papagalli molto varii e de diversi collori». Giova qui accennare che già nel 1341 la spedizione di Nicoloso da Recco e Angelino Corbizzi aveva portato in Europa quattro abitanti delle Canarie, come ricorda Giovanni Boccaccio nel De Canaria et insulis reliquis e che in seguito i castigliani, tra il 1464 e il 1495, durante la loro guerra di conquista, avevano quasi sterminata la popolazione Guanci delle Canarie. Questo re «berettino» (di pelle scura) era stato portato su una caravella in Castiglia assieme ad altri sei re ed era stato battezzato. Doveva essere quindi uno dei capi tribù sopravvissuti. Da quanto riferito dal Sanudo, nelle Canarie, dove «manzano carne humana, zoè zusticiada», comandava 2000 persone. Al suo arrivo a Venezia il re era stato accolto con stupore dai Savi del Collegio. Dapprima pensarono di regalarlo a loro volta al marchese di Mantova, poi il Consiglio dei Pregadi decise che andasse ad abitare a Padova nel palazzo del Capitanio. Indubbiamente la Repubblica Veneta lo trattò con rispetto: ebbe una casa, un appannaggio mensile di cinque ducati, più altri due per le spese di un servitore. Fu deciso inoltre che fosse vestito, «di tempo in tempo, come havia di bisogno». Era molto morigerato e, pur non sapendo parlare, era tanto contento di stare nello Stato Veneto che «li pareva esser in Paradiso». Prima di partire per Padova al seguito del capitano Fantin da Pesaro, il 18 giugno 1497 partecipò a Venezia alla processione del Corpus Domini . Doni graditi particolarmente ai Serenissimi furono i leoni vivi, non a caso la Repubblica si identificava nel leone marciano. Dalla coppia che fu regalata dal re di Sicilia Federico d’Aragona nel 1316 al doge Giovanni Soranzo, alloggiata in una stanza terrena del Palazzo Ducale, il 12 settembre nacquero tre leoncini, evento considerato importante e di buon auspicio. A sua volta il doge donò a Cangrande della Scala, signore di Verona, uno dei cuccioli. Non fu un caso isolato: anche il doge Francesco Foscari (1423-1457) ebbe in dono dall’ambasciatore fiorentino tre leoni. I francesi amavano regali preziosi e la Repubblica donava loro dipinti di Giovanni Bellini, Tiziano, vetri di Murano del celebre Anzoleto Barovier (1515), tappeti, profumi, ma anche falconi. Doni singolari erano scambiati fra turchi e veneziani. Il 18 febbraio 1479 il sultano mandò come presente alla dogaressa Taddea Michiel Mocenigo (che possedeva una 10 11 sorta di zoo di animali rari) oltre ad un tappeto bellissimo, una scimmia e un uccello rosso. I veneziani inviavano volentieri doni ai turchi, un proverbio diceva «man che porta alla Porta e che dà, mai non vien tajà»: orologi, occhiali, vesti di seta (tra cui una del celebre sarto Antonio di Moti per Janus bei), ma anche formaggi. Nel 1530 venne regalato al sultano persino uno dei rari alicorni custoditi nel Tesoro di san Marco (che venivano esposti sull’altar maggiore della Basilica nelle solennità religiose), dopo che l’oratore (ambasciatore) Janus bei di ritorno da Venezia ne aveva parlato ad Ibrahim Damat gran vizir in termini entusiastici. Il possesso di un corno di alicorno, animale immaginario (dal corpo di cavallo o di asino), provvisto di un unico corno sulla fronte, era molto ambito. Ne aveva regalato uno, con una montatura d’oro (costato ben diciasettemila ducati), al re Francesco I di Francia nel 1533 papa Clemente VII. Ma il così detto alicorno altro non è che il dente incisivo sinistro del maschio del narvalo (cetaceo che vive nei mari artici). Nei tempi antichi si credeva che l’alicorno veramente esistesse e gli si attribuivano particolari proprietà magicherisanatrici. Se polverizzato, era considerato persino un infallibile rivelatore di veleni. Il dono del doge arrivò a Costantinopoli con un cerimoniale solenne. Lo portò a Solimano il Magnifico il bailo veneziano Pietro Zen entro una cassetta dorata, accompagnato da una lettera con le credenziali posta in un sacchetto di raso d’oro. Attualmente nel Tesoro di san Marco, annesso alla Basilica, si conservano tre alicorni, cui ne va aggiunto un quarto (che in realtà è una zanna di ippopotamo). Da parte loro i turchi inviavano allo stato veneziano cani levrieri, tappeti, selle da cavallo (tra cui una d’argento dorato), letti e borse di cuoio, porcellane, «bossoloti di theriaca» (farmaco panacea). Se i persiani nel 1603 offrirono al doge Pasquale Cicogna stoffe preziose, i russi già dal 1500 portarono in dono al doge mazzi di pelli di zibellino, usanza che continuò per secoli. Anche il doge Domenico Contarini (1659-1675) ricevette dall’ambasciatore del duca di Moscovia pelli di zibellino e di animali rari, ma il magistrato alle Rason Vecchie, per ordine del Senato, decise che le preziose pelli venissero convertite in denaro da impiegarsi per le spese che la Repubblica sosteneva nella guerra contro i turchi. Stranamente, a piedi nudi com’era il suo costume, si presentò in Collegio il 19 giugno 1530 l’ambasciatore di Zebi (Dscherba) scusandosi di aver donato alla Repubblica solo due farsetti: durante il viaggio, asserì, erano morti gli struzzi e le gazzelle destinate al doge. Innumerevoli, durante la lunga vita della Repubblica, furono le visite ufficiali di sovrani a Venezia. Le spese per l’ospitalità, per le feste e i doni, cui provvedeva la magistratura alle Rason vecchie, erano ingentissime. Soggiornarono in città, con il loro numerosissimi seguiti (dalle seicento alle novecento persone), gli imperatori di Bisanzio, del sacro Romano impero, re, regine, principi, prelati. I cerimoniali 11 12 prevedevano: accoglienza sul Bucintoro, regata, talora naumachia, convito in Palazzo Ducale, visite alla Basilica e al Tesoro di san Marco, all’Arsenale, alle sale dell’armamento, alle vetrerie di Murano, al porto di Malamocco, alle truppe al Lido. Famose le visite dell’imperatore Giovanni VIII Paleologo (1423, 1438, 1439), dell’imperatore Federico III con la moglie Eleonora di Portogallo (1451) e del re di Francia Enrico III (1574). Non sempre i convitati rispettavano quanto previsto dal cerimoniale. La visita di Francesco Sforza duca di Milano (1530) culminò in una colazione ricca di prelibati vini, trionfi di zucchero, dolci e confetture, che gli ospiti milanesi non gustarono: videro solamente molti senatori veneziani che «se impinò le manache di confezion con vergogna grande de chi li vedeva», annota Marin Sanudo. Gli ospiti che attraversavano il territorio della Repubblica senza far tappa a Venezia erano accolti ai confini dello Stato Veneto, per lo più a Castelnuovo (Verona) e a Palmanova in Friuli. La maggior parte di questi viaggiatori erano principesse o regine (già sposate per procura nei loro stati) che andavano a raggiungere i loro sposi o in transito per recarsi in pellegrinaggio a Loreto, alla chiesa del Santo a Padova o a Roma. Anche per loro erano previsti cerimoniali di accoglienza che prevedevano regali consistenti in vivande entro preziosi piatti d’argento. Ricordo i passaggi delle regine: Cristina di Svezia (1655); Maria Amalia di Polonia sposa di Carlo Sebastiano di Borbone re di Napoli (1738); Maria Carolina d’Asburgo Lorena sposa del re di Napoli (1768). A partire dal secolo XVII, per godere di maggiore libertà di movimento, molti sovrani preferirono viaggiare in incognito come semplici viaggiatori, con un seguito di 70-100 persone alloggiate a spese della Repubblica in palazzi appositamente affittati e arredati. Per onorare l’ospite il governo delegava quattro patrizi veneziani. I sovrani in incognito, nel Settecento, prendevano dimora per lo più in famose locande veneziane (Leon Bianco, Lionfante, albergo Reale). Durante il soggiorno erano onorati con visite alla città, cene e balli nei palazzi (scelte per lo più ca’ Contarini a san Benetto, Nani alla Giudecca, Rezzonico), recite teatrali e, non di rado, cene nei palcoscenici dei teatri ( in specie quelli di san Benetto e san Giovanni Crisostomo), cacce ai tori in piazza san Marco, regate. Famosi i soggiorni di: Vittorio Amedeo di Savoia (1687), Maria Casimira vedova di Giovanni Sobieski re di Polonia (1699), Federico IV re di Danimarca e di Norvegia (1708-1709), Federico Cristiano principe elettorale di Polonia (1739-1740), Edoardo duca di York (1764), Giuseppe II imperatore d’Austria (1769 e 1776). Il secolo XVIII, in una Repubblica ormai al tramonto, si chiudeva con splendidi cerimoniali d’accoglienza per i soggiorni in incognito di: Maria Teodowna e Paolo Petrovic, eredi al trono di Russia (giunti sotto il nome di conti del Nord nel 1782), di Gustavo III re di Svezia (1784), del conte d’Artois (1790-1791), dell’imperatore 12 13 d’Austria Leopoldo II, giunto nelle lagune con i reali di Napoli, i granduchi di Toscana e il governatore della Lombardia (1791). I tradizionali doni offerti agli ospiti nel secolo XVIII consistettero in prevalenza in specchi e preziosi trionfi da tavola in cristallo «ad uso di Boemia» dei Briati, celebre famiglia di vetrai muranesi . Apertura dei lavori del seminario “Il quadro storico del Cerimoniale in Italia” Tavolo della presidenza 13 14 Apertura dei lavori del seminario “Il quadro storico del Cerimoniale in Italia” Tavolo della presidenza 16 Un momento del seminario: soci Ancep nella Sala del Piovego di Palazzo Ducale 14 Presentazione dell’Associazione Nazionale Cerimonialisti Enti Pubblici 15 17 COS’E’ ANCEP ANCEP , Associazione Nazionale Cerimonialisti Enti Pubblici, è l’unica Associazione che, in Italia, si occupa dello studio e della valorizzazione di quel particolare ramo della comunicazione pubblica costituito dal cerimoniale e dalla rappresentanza istituzionale. Ne fanno parte professionisti di comprovata esperienza, acquisita attraverso specifici percorsi di studio e nello svolgimento delle loro attività presso importanti enti. Due i principali obiettivi dell’Associazione: la salvaguardia delle corrette forme di rappresentanza istituzionale tramite la corretta applicazione di quanto previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 aprirle 2006 e la valorizzazione delle professionalità che operano in questo ambito, affermando la funzione dei Cerimonalisti ed il loro ruolo in quanto corretti interpreti della disciplina che governa l’attività di relazione fra le cariche pubbliche. COME OPERA Ancep garantisce servizi di consulenza specialistica su tutti gli ambiti del protocollo e del cerimoniale, anche attraverso il proprio sito www.cerimoniale.net. Produce dispense e materiale di studio e di consultazione. Fornisce supporto per l’organizzazione di eventi di elevato profilo. Promuove corsi di formazione su tutte le aree di competenza del cerimoniale, rivolgendo la sua attività formativa in primo luogo al personale degli enti pubblici ma, più in generale, a tutti coloro che si occupano di organizzazione di eventi. I corsi formativi, che possono essere sia di livello base che di livello avanzato, vengono personalizzati sia in base alle richieste che alla tipologia del richiedente. Per ulteriori informazioni sull’attività dell’Associazione si può visitare il sito internet www.cerimoniale.net, oppure scrivere a [email protected] 16 18 STATUTO DELL’ASSOCIAZIONE ANCEP 17 Titolo I Denominazione – Sede – Durata – Scopo Art. 1. E’ costituita un’Associazione senza scopo di lucro con la denominazione: “Associazione Nazionale Cerimonialisti Enti Pubblici – ANCEP retta dal presente statuto. Art. 2. L’Associazione ha sede in Venezia - Castello 4966. La Delegazione Nazionale ha facoltà di istituire e sopprimere sedi secondarie ovvero di trasferire la sede sociale ovunque in Italia. Art. 3. La durata dell’Associazione è stabilita fino al 31 dicembre 2030 e, con delibera dell’Assemblea dei Soci, potrà essere anticipatamente sciolta o prorogata. Art. 4. L’Associazione si rivolge a quanti operano all'interno della Amministrazione nel settore del cerimoniale e delle relazioni pubbliche. Pubblica Art. 5. L’Associazione si prefigge di perseguire le seguenti finalità: - concorrere a salvaguardare le corrette forme di rappresentanza istituzionale, in quanto esplicite espressioni dell’Organizzazione dello Stato così come previsto dalla Costituzione; - operare per il riconoscimento delle professionalità che operano in questo ambito, affermando la funzione dei cerimonialisti ed il loro ruolo; - favorire le relazioni e lo scambio di esperienze e competenze fra i cerimonialisti degli enti pubblici, sia a livello nazionale che internazionale; - promuovere e mantenere rapporti con Associazioni che, con finalità affini, svolgono la propria attività in ambito pubblico o privato. Per conseguire le finalità sopra illustrate l’Associazione opererà per: - favorire l’affermarsi del ruolo del settore cerimoniale nell’ambito dell’attività di rappresentanza istituzionale; - promuovere la crescita professionale di coloro che, negli enti pubblici italiani, si occupano di cerimoniale e dell’attività di rappresentanza istituzionale degli enti, anche producendo materiali informativi e didattici e promuovendo corsi e altre iniziative per la formazione della categoria; - raccogliere e mettere a disposizione degli associati tutto il materiale, a stampa o su altri supporti, esistente sulla materia, al fine della creazione di una cultura condivisa sul tema e di fornire attività di supporto agli associati che ne facciano richiesta. 20 18 Titolo II Soci Art. 6. Gli associati dell’ANCEP sono suddivisi in tre categorie: a) associati accreditati; b) associati senior; c) associati sostenitori. Tutti gli associati devono avere la disponibilità di un indirizzo e-mail o fax Art. 7. Associati accreditati. Per iscriversi all’Associazione i candidati dovranno possedere almeno uno dei seguenti requisiti: a) svolgere effettive funzioni di cerimonialista con mansione attestata dall’ente di appartenenza; b) essere laureati o diplomati con una documentata esperienza nel settore; c) avere frequentato un adeguato percorso di formazione specifica gestito da enti formativi di riconosciuta e qualificata esperienza nel settore o promosso, ai fini dell’accreditamento, dall’Associazione. L'ammissione è subordinata al versamento della quota di iscrizione e alla verifica dei requisiti da parte della Commissione di accreditamento. Gli associati accreditati hanno diritto di voto in ragione di uno per persona e possono ricoprire qualsiasi carica associativa La qualità di associato accreditato si perde per decesso, dimissioni, indegnità, mancato versamento della quota associativa annuale. Art. 8. Associati senior. Possono essere associati senior coloro che, pur non svolgendo al momento dell’iscrizione attività presso un ente pubblico, hanno esercitato per almeno 5 anni la funzione di cerimonialista o di responsabile di strutture del cerimoniale presso enti pubblici. La mansione effettivamente svolta dovrà essere certificata tramite deliberazione o attestazione dell’ente stesso. L'ammissione è subordinata al versamento della quota di iscrizione e alla verifica dei requisiti da parte della Commissione di accreditamento. Gli associati senior hanno diritto di voto in ragione di uno per persona e possono ricoprire qualsiasi carica associativa La qualità di Socio accreditato senior si perde per decesso, dimissioni, indegnità, decadenza per mancato versamento della quota associativa annuale. 19 21 Art. 9. Associati sostenitori: Possono essere associati sostenitori enti pubblici o loro associazioni rappresentative, che decidano di sostenere l’Associazione tramite il versamento della quota stabilita dalla Delegazione nazionale d’intesa con l’associato medesimo. Gli associati sostenitori hanno diritto di voto ma non possono ricoprire cariche associative diverse da quella di membro del Comitato scientifico. Titolo III Patrimonio Art. 10. Il patrimonio sociale è costituito: a) dalle quote associative; b) dalle contribuzioni volontarie e straordinarie anche di carattere non patrimoniale (es. libri, strumenti informatici, etc.); Sono contribuzioni volontarie e straordinarie le erogazioni da chiunque corrisposte all'associazione a titolo di liberalità. Sia le quote associative che le contribuzioni sono acquisite a titolo definitivo dall'associazione e come tali non sono rimborsabili, sono intrasmissibili e non sono rivalutabili. Art. 11. Le quote associative sono versate annualmente dagli associati secondo l'importo determinato dalla Delegazione nazionale, anche in misura differenziata per categoria di associati, ed in ossequio alle modalità ed ai tempi di riscossione dalla stessa deliberate. Titolo IV Organi dell’Associazione Decisioni degli associati Art. 12. Organi dell’Associazione sono il Presidente, l’Assemblea degli associati, la Delegazione nazionale, la Commissione di accreditamento e il Comitato scientifico. Art. 13. Assemblea degli associati e modalità di decisione. Le decisioni degli associati, salvo quanto previsto dal successivo comma II° del presente articolo, sono adottate a scelta mediante convocazione dell'Assemblea ovvero mediante consultazione scritta ovvero mediante videoconferenza; le decisioni sono adottate a maggioranza semplice dei votanti. 20 22 Le delibere relative alle modifiche del presente Statuto, al cambiamento dello scopo sociale, allo scioglimento anticipato o alla proroga della durata dell’Associazione, nonché in merito all’eventuale espulsione di un socio per indegnità sono adottate con la maggioranza assoluta degli associati. Art. 14. - Decisioni mediante metodo assembleare. L’Assemblea è convocata su iniziativa della Delegazione Nazionale ove ritenuto opportuno e comunque preferibilmente una volta all’anno in occasione dell’approvazione del bilancio di previsione e del rendiconto consuntivo. La convocazione dell’Assemblea è fatta a cura della Delegazione Nazionale mediante avviso contenente l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo della prima e seconda convocazione, e l’elenco delle materie da trattare. Tale avviso deve essere inviato agli associati almeno 15 giorni prima della data fissata a mezzo fax o posta elettronica presso gli indirizzi che gli associati stessi hanno comunicato al momento della richiesta di adesione e successive modifiche comunicate almeno 30 giorni prima della predetta data. E’ fatto obbligo alla Delegazione Nazionale conservare le ricevute degli avvisi inviati. Le deliberazioni sono assunte con la maggioranza semplice dei presenti salvo che abbiano ad oggetto le delibere di cui all'art. 13 II° co. L’Associazione delibera con metodo assembleare preferibilmente in merito all’approvazione del bilancio e del rendiconto, alle quote di adesione dei associati accreditati e senior, alla nomina degli Amministratori e alla loro eventuale revoca, relativamente agli indirizzi e direttive generali dell’Associazione e all’avvio di iniziative particolarmente importanti. L’assemblea delibera, salvo che sia assolutamente difficoltoso procedere con metodo assembleare, in merito ad eventuali modifiche del presente Statuto, al cambiamento dello scopo sociale, allo scioglimento anticipato o alla proroga della durata dell’Associazione, nonché in merito all’eventuale espulsione di un socio per indegnità L’assemblea è presieduta dal Presidente della Delegazione nazionale; in caso di sua assenza o impedimento sarà presieduta dall’Amministratore più anziano in età. L’assemblea stessa designa, anche tra non soci, il Segretario di riunione. Art. 15 - Consultazione scritta Nel caso si opti per il sistema della consultazione scritta dovrà essere redatto apposito documento scritto, dal quale dovrà risultare con chiarezza: �� l'argomento oggetto della decisione; �� il contenuto in termini operativi della decisione e le eventuali autorizzazioni ad essa conseguenti; �� la menzione dell'eventuale parere del Comitato scientifico. Copia di tale documento dovrà essere trasmessa a tutti i soci i quali entro i sette giorni successivi, o nel diverso maggior termine indicato nel documento, dovranno rinviare alla Associazione apposita dichiarazione scritta in calce alla copia del documento ricevuto, nella quale dovranno esprimere il proprio voto favorevole o 21 23 contrario ovvero l'astensione. La mancanza di dichiarazione entro il termine equivale a voto di astensione. Le trasmissioni previste nel presente comma potranno avvenire con qualsiasi mezzo e/o sistema di comunicazione che consenta un riscontro della spedizione e del ricevimento, compresi il fax e la posta elettronica. In questi ultimi casi le trasmissioni ai soci dovranno essere fatte al numero di fax e/o all'indirizzo di posta elettronica che risultano dal libro degli associati. Art. 16 -Consultazione mediante videoconferenza Nel caso si opti per il sistema della videoconferenza si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per la votazione con il metodo assembleare. Art. 17. Le deliberazioni dell’Associazione sono constatate da verbale firmato dal Presidente, che contenga, tra l’altro, l’indicazione del numero dei soci favorevoli, contrari e astenuti, e comunicate a tutti gli associati mediante e-mail o fax. Art. 18 - Il Presidente dell'Associazione Il Presidente rappresenta l’Associazione ed è eletto dall'Assemblea tra gli associati accreditati e senior, presiede anche la Delegazione Nazionale ed è il legale rappresentante dell’Associazione. Art. 19 - La Delegazione nazionale La Delegazione nazionale è eletta dall'Assemblea ed è composta da non meno di sette persone scelte tra gli associati accreditati e senior più il Presidente. I componenti la delegazione rimangono in carica per due anni, salvo revoca o dimissioni, e possono venire rieletti, decadono e sono sostituiti a norma di legge. L’Assemblea elegge il Presidente della Delegazione e successivamente i componenti della Delegazione nazionale. Per la prima volta la determinazione del numero dei membri e la loro nomina vengono effettuate come previsto dalle norme transitorie del presente Statuto. Art. 20 - Comitato scientifico. Il Comitato scientifico è nominato dalla Delegazione nazionale tra personalità autorevoli nell’ambito della cultura del cerimoniale e materie affini ed è composto da un numero non inferiore a 3 (tre) e non superiore a 7 (sette) membri. Titolo V Amministrazione e rappresentanza. Art. 21. L’Associazione è amministrata dalla Delegazione nazionale 22 24 Alla Delegazione Nazionale sono riservati i più ampi poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione senza limitazione alcuna, con la sola esclusione di quanto la legge, e il presente Statuto riservano inderogabilmente agli associati. La Delegazione Nazionale nomina tra i suoi membri il Tesoriere ed eventualmente uno o più Vicepresidenti. La Delegazione nomina la Commissione di accreditamento. La Delegazione Nazionale può costituire delle delegazioni regionali e/o interregionali con il compito di curare l’attività decentrata dell’associazione e affidarne il coordinamento ad un Delegato regionale. Art. 22. Le decisioni della Delegazione di regola sono adottate mediante riunione o mediante consultazione scritta ovvero mediante audio/videoconferenza.. Le decisioni sono prese a maggioranza dei membri in carica. In caso di parità dei voti prevarrà quello del Presidente. Il voto non può essere dato per delega. Art. 23 La Delegazione si riunisce per deliberare con metodo assembleare presso la sede sociale o in altro luogo, tutte le volte che il Presidente lo giudichi necessario e quando ne sia fatta richiesta da almeno un terzo dei suoi componenti. Di regola la convocazione è fatta almeno 7 giorni prima dell’adunanza, salvo che nei casi d’urgenza nei quali può avvenire telefonicamente o per e-mail 3 giorni prima di quello della riunione. Le riunioni sono valide anche senza le formalità di convocazione qualora siano presenti tutti i componenti la delegazione. Delle deliberazioni è redatto verbale sottoscritto dal Presidente. Art. 24. Decisioni della delegazione mediante consultazione scritta o mediante videoconferenza. Nel caso si opti per il sistema della consultazione scritta dovrà essere redatto apposito documento scritto, dal quale dovrà risultare con chiarezza: �� l'argomento oggetto della decisione; �� il contenuto in termini operativi della decisione e le eventuali autorizzazioni ad essa conseguenti; �� la menzione dell'eventuale parere del Comitato scientifico. Copia di tale documento dovrà essere trasmessa a tutti i componenti i quali entro i sette giorni successivi, o nel diverso maggior termine indicato nel documento, dovranno trasmettere alla Associazione apposita dichiarazione scritta in calce alla copia del documento ricevuta, nel quale dovranno esprimere il proprio voto favorevole o contrario ovvero l'astensione. La mancanza di dichiarazione entro il termine equivale a voto di astensione. 23 25 Le trasmissioni previste nel presente comma potranno avvenire con qualsiasi mezzo e/o sistema di comunicazione che consenta un riscontro della spedizione e del ricevimento, compresi il fax e la posta elettronica. In questi ultimi casi le trasmissioni ai soci dovranno essere fatte al numero di fax e/o all'indirizzo di posta elettronica che risultano dal libro degli associati. Nel caso si opti per il sistema della videoconferenza si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per la votazione con il metodo assembleare. Art. 25. La rappresentanza dell’Associazione in giudizio e di fronte ai terzi spetta al Presidente. Art. 26. Commissione di accreditamento. La Commissione è composta da 5 membri, scelti dalla Delegazione Nazionale in prevalenza tra gli associati senior o persone esterne all’Associazione; uno dei suoi membri funge da coordinatore su incarico della Delegazione La Commissione esprime alla Delegazione nazionale un parere tecnico preventivo sulle richieste di adesione degli associati. La Commissione basa la propria valutazione sui curricula dei candidati ed eventualmente su un colloquio finalizzato a verificare la conoscenza da parte del candidato dell’organizzazione istituzionale e degli atti normativi che regolano il protocollo di Stato e le attività di rappresentanza. La Commissione su richiesta della Delegazione può elaborare programmi di percorsi formativi ed altre iniziative culturali possibilmente a carattere innovativo da proporre agli associati. Art. 27. Ai componenti degli organi sociali spetta solo il rimborso delle spese preventivamente autorizzate, documentate ed effettivamente sostenute per ragioni del loro ufficio e nei limiti consentiti dalle effettive disponibilità finanziarie dell’Associazione. Qualsiasi spesa può essere autorizzata soltanto se trova effettiva copertura nel fondo comune. Titolo VI Esercizi sociali – Bilancio – Destinazione degli utili Art. 28. Gli esercizi sociali si chiudono al 31 dicembre di ogni anno. Il primo esercizio si chiuderà il 31 dicembre 2008. La Delegazione Nazionale entro il 31 marzo di ogni anno redige il rendiconto consuntivo accompagnato da una relazione sulla gestione e il bilancio preventivo 24 26 dell’esercizio in corso. Il rendiconto consuntivo deve essere all’approvazione dell’Assemblea entro il 30 aprile dell’anno successivo. . sottoposto Art. 29. Gli utili risultanti da ciascun bilancio approvato andranno ad incrementare il patrimonio sociale. Titolo VII Scioglimento – Controversie – Rinvio alle legge Art. 30. Lo scioglimento dell’Associazione è deliberato dall’Assemblea, la quale provvederà alla nomina di uno o più liquidatori e delibererà in ordine alla devoluzione del patrimonio. Il patrimonio dovrà essere devoluto ad una Associazione di volontariato senza scopo di lucro. Art. 31. Organo di legittimità e di controllo dell’Associazione è il Collegio dei Probiviri. Esso è costituito da tre membri effettivi e da due supplenti che durano in carica due anni e sono rieleggibili. La carica di componente del Collegio dei Probiviri è incompatibile con qualsiasi altra carica sociale. Il Collegio dei Probiviri è eletto dall’Assemblea e nomina nel proprio ambito un Presidente. Il Collegio si riunisce su convocazione del suo Presidente o in mancanza da due componenti con preavviso di cinque giorni. Il Collegio delibera a maggioranza dei suoi membri effettivi. Il Collegio dei Probiviri ha il compito di: vigilare sull’osservanza delle norme statutarie delle quali è l’unico interprete. Art. 32. Le controversie che dovessero eventualmente sorgere in sede di interpretazione, applicazione ed esecuzione del presente Statuto od altri temi attinenti al patto sociale, tra Associazione e Associati, ovvero tra Associati, che abbiano comunque per oggetto diritti disponibili e che non siano dalla Legge riservate all’esclusiva competenza dell’Autorità Giudiziaria, saranno obbligatoriamente affidate all’esame e alla risoluzione di un collegio di tre arbitri amichevoli compositori, nominati uno da ciascuna delle parti, ed il terzo di comune accordo; gli arbitri sono scelti tra gli associati accreditati e senior. Il collegio Arbitrale irrituale avrà il preciso mandato di risolvere, sentite le parti, le indicate controversie, esaminandole senza formalità alcuna e formulando le sue determinazioni entro il termine massimo di trenta giorni. 25 27 Art. 33. Per tutto quanto non espressamente disposto dal presente Statuto, valgono le norme di Legge vigenti in materia. Titolo VIII Norme transitorie e costituzione dell’Associazione Art. 34. La quota di adesione per l’anno 2008 per i soci accreditati e senior è stabilita in misura di 50,00€. Art. 35. Fino alla fine della fase transitoria che non può superare il 31 dicembre 2008, e, comunque, fino all'approvazione del bilancio preventivo 2009 la Delegazione Nazionale con voto a maggioranza assoluta dei suoi componenti può apportate modifiche al presente Statuto. Possono inoltre essere cooptati nella delegazione nazionale altri membri fino al raggiungimento del numero massimo di 9 (nove) componenti. Art. 36. Fino al 31 dicembre 2008 il Comitato promotore costituito dai signori: �� Antonio Politi �� Nicoletta Barolini �� Ernestina Alboresi �� Graziano Piccardi �� Rosaria Deanna Duca �� Fausto Cuoghi esercita i poteri della Assemblea nazionale e nomina al suo interno il Presidente e gli altri incarichi previsti dal presente Statuto. Art. 37. Ai fini della costituzione formale dell’Associazione, della registrazione del presente Statuto e dell’avvio operativo della Associazione, la delegazione nazionale è così stabilita: �� Antonio Politi Presidente �� Graziano Piccardi Vice Presidente �� Ernestina Alboresi Responsabile Commissione Accreditamento �� Nicoletta Barolini Tesoriere. Sono inoltre stabiliti i seguenti incarichi: �� Rosaria Deanna Duca - delegata regionale Marche �� Fausto Cuoghi - delegato regionale Emilia-Romagna 26 28 Il Presidente e il tesoriere sono autorizzati alla firma di ciascun foglio del presente statuto composto da n. 37 articoli e alla sua successiva registrazione. Venezia, 18 settembre 2007 27 29 INDICE Quelli del cerimoniale pag. 1 “ 4 “ 7 Presentazione dell’Associazione Nazionale Cerimonialisti Enti Pubblici “ 15 Statuto “ 17 di Antonio Politi Verso una professionalità definita di Ernestina Alboresi Del Cerimoniale della Repubblica di Venezia e di alcuni doni di Lina Urban Collana “Quaderni dell’Ancep” Quaderno n. 1 “Documenti dal Seminario di studio ‘Il quadro storico del Cerimoniale in Italia – Dal Cerimoniale della Corte Sabauda a quello della Repubblica Italiana- Dal Cerimoniale della Repubblica di Venezia a quello Papale” A cura di Ernestina Alboresi