Associazione Nazionale
Cerimonialisti Enti Pubblici
Documenti dal Seminario di studio
“Il quadro storico del Cerimoniale in Italia”
Dal Cerimoniale della Corte Sabauda a quello della Repubblica Italiana
Dal Cerimoniale della Repubblica di Venezia a quello Papale
con il Patrocinio
della Presidenza della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee Legislative e delle Province Autonome
del Consiglio Regionale del Veneto
“QUELLI DEL CERIMONIALE”
di Antonio Politi
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“Quelli del cerimoniale” noi ci limitiamo, in genere, a “vederli” mentre svolgono il
loro “mestiere” un po’ particolare, fatto un po’ di pubbliche relazioni, un po’ di
tecniche organizzative, un po’ di scenografia, un po’ di rispettosa applicazione di
fredde regole protocollari; comunque sono “soggetti freddi” (devono esserlo!!),
formali, mai appariscenti. Sembra che sbuchino sulla scena (Il palco di un convegno,
all’avvio di un incontro fra personalità o delegazioni…) di soppiatto, simili ad ombre
che subito si dileguano.
“Quelli del cerimoniale” si muovono in una dimensione “orizzontale”, non hanno
titolo a decidere o ad innovare ma hanno il compito di “confermare”, “rassicurare”,
“integrare”: tutto ciò non è scritto da nessuna parte, ma in genere è così.
A Venezia però, al seminario sul quadro storico del cerimoniale italiano, non è stato
così: le “ombre” hanno intersecato fasci di luce ce scandagliavano profondità
storiche; Venezia è essa stessa una profondità, non è una città, è un luogo verticale, è
un luogo della storia e della memoria; di orizzontale a Venezia c’è solo la marea che
però si alza e si abbassa ed è sempre un evento simile a se stesso dalle origini del
mito.
Allora a Venezia è successo che “quelli del cerimoniale” non hanno solo imparato
cosa fare, come farlo, le precedenze eccetera, ma si sono immersi nella storia, sono
anch’essi passati dalla piattezza alla profondità; la storia, si sa, è maestra di vita,
consente di “pescare significati e segni” nel profondo della società, delle civiltà, delle
culture; significati, segni valori, talvolta rimossi, talvolta affondati sotto il peso di una
contemporaneità (modernità?) grigia, insulsa, grassa, che però talvolta copre nuovi
riti tribali e nuovi totem che frantumano la società post modernista.
I relatori del seminario hanno tutti svolto egregiamente il compito di rappresentare ad
un uditorio intellettualmente curioso e professionalmente coinvolto come la storia
disveli i sentieri attraverso i quali i rituali sociali, religiosi, statuali, per mantenere
fede a se stessi e al proprio ruolo di confermare e dare continuità ad un potere
ordinato, mutano nella forma ma non nella sostanza.
Durante il seminario il faro della storia, adoperato sapientemente dai tre relatori, ha
illuminato, con l’intervento del dott. Sgrelli, le architetture rituali di uno Stato/non
Stato come quello del Vaticano; ha svelato, con l’intervento della prof.ssa Urban, il
millenario miracolo di una oligarchia mercantile di massa capace di
autorappresentarsi e legittimarsi producendo esplicitamente rituali repubblicano e
cerimoniali laici sostitutivi di quelli religiosi; ha messo a nudo, con l’intervento
dell’avv. Piazza, l’accidentato itinerario di uno Stato/mai Stato che faticosamente
cerca i suoi riti sul filo sottile della sempre possibile rottura del precario equilibrio fra
il mito dell’ unica nazione di mille popoli e la debolezza dei rituali istituzionali
unitari (la bandiera, l’inno ecc.).
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E’ stato dunque questo il senso dell’incontro di Venezia di “quelli del cerimoniale”.
Nota bene, “quelli del cerimoniale” sono i cerimonialisti.
Cerimonialisti? Ma questa parola non c’è nel vocabolario: c’è invece cerimoniere.
Il linguista, interpellato, chiarisce: la lingua è un organismo vivo, si trasforma, perde
pezzi e ne guadagna di nuovi.
Cerimoniere fa parte di una storia passata, anche linguistica, cerimonialista è dentro il
solco del cambiamento linguistico contemporaneo che alle parole terminanti in “ista”
associa significati operativi, attivi, complessivi ecc.
Per noi cerimonialista è parola del futuro.
Il vocabolario seguirà. Anche questo è un granello di storia.
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Verso una professionalità definita
Nota riassuntiva sul dibattito che si è svolto nel corso del Seminario
di
Ernestina Alboresi
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Valorizzare i ruoli, non le persone: è il compito dei cerimonialisti che, provenienti da
Enti di vario genere di tutta la penisola, si sono dati appuntamento il 27 e 28
novembre 2008 per partecipare al seminario su “Il quadro storico del Cerimoniale in
Italia”, che si è tenuto a Venezia nella splendida cornice della Sala del Piovego di
Palazzo Ducale.
Dalla Repubblica Serenissima al Regno Pontificio, dal Regno delle Due Sicilie alla
Corte Sabauda, fino ad arrivare alla Repubblica italiana, esperti e studiosi della
materia hanno ripercorso le tappe ed i mutamenti che hanno caratterizzato
l’immagine dello Stato attraverso i secoli.
I numerosi partecipanti all’evento – il primo promosso all’Ancep a livello nazionale
- hanno così potuto seguire le metodologie di applicazione e l’evoluzione delle regole
del cerimoniale dal Regno d’Italia ad oggi.
L’argomento è stato affrontato attraverso la relazione dell’avv. Francesco Piazza,
consulente del Dipartimento del Cerimoniale di Stato della Presidenza del Consiglio
dei Ministri, che ha parlato sul tema “Dallo Statuto Albertino alla Costituzione
Italiana (1848-1948) – 100 anni di Cerimoniale”; con la relazione del dott. Massimo
Sgrelli, già Capo del Dipartimento del Cerimoniale di Stato della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, che ha affrontato il tema “Il Cerimoniale nello Stato
Vaticano”; con l’intervento della storica dell’arte e della cultura veneziana prof.ssa
Lina Urban che ha presentato una relazione dal titolo “Il Cerimoniale nella
Repubblica Serenissima”; dalla comunicazione del dott. Cosimo Alessi, Capo del
Cerimoniale dell’Assemblea Legislativa Siciliana “Nota sul Cerimoniale nel Regno
delle Due Sicilie”.
Le regole del Cerimoniale, importante settore della comunicazione pubblica che
riguarda sia i più piccoli Comuni che le più alte espressioni della Repubblica, hanno
lo scopo di evidenziare e rappresentare l’ordinamento dello Stato ai suoi vari livelli,
per tale motivo conoscerle e rispettarle riveste una particolare importanza.
Questo concetto è stato ribadito con forza anche durante gli interventi di apertura del
seminario dal dott. Antonio Politi, presidente Ancep, che ha introdotto i lavori, dal
Vicepresidente del Consiglio regionale del Veneto dott. Carlo Alberto Tesserin, che
ha portato il saluto della Regione Veneto, dal dott. Paolo Pietrangelo, direttore della
Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali e delle Assemblee legislative.
Dopo due giornate di approfondimento e dibattito il seminario è stato concluso con
una tavola rotonda sul tema “La formazione culturale del cerimonialista”, coordinata
dall’avv. Francesco Piazza e durante la quale si sono succeduti gli intervenuti del
dott. Dario Menara, direttore di Anci Veneto, del regista e storico del documentario
prof. Toni Andretta, dell’esperto di comunicazione dott. Giuseppe Sansone, del capo
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del cerimoniale della regione Lazio dott. Giorgio Falconi e della dott.ssa Patrizia
Pala di Congress Studio Venezia.
Negli interventi dei relatori e dei partecipanti è emersa chiaramente la complessità del
mix di conoscenze e l’alta qualificazione richiesta a chi si occupa della gestione degli
eventi pubblici e della rappresentanza istituzionale.
Alle competenze alle nel campo della comunicazione pubblica il cerimonialista deve
abbinare quelle nel settore dell’organizzazione; alle abilità linguistiche deve
aggiungere quelle amministrative e gestionali; alle conoscenze nel campo delle
pubbliche relazioni deve affiancare quelle nel settore legislativo e delle competenze
in ambito protocollare. Tutto questo inoltre non può prescindere da una grande
disponibilità personale e dalla capacità di gestire al meglio momenti di grandi carichi
e pressioni lavorative, mantenendo la flessibilità operativa necessaria alla buona
gestione degli eventi.
Ma gli organici degli enti pubblici prevedono una figura professionale con queste
caratteristiche? Ovviamente no, tant’è che la maggioranza dei cerimonialisti arriva a
ricoprire quella posizione dalle esperienze più disparate o vincendo concorsi su
materie alquanto diverse. Questo rappresenta di fatto una penalizzazione, anche per
gli avanzamenti di carriera, non fosse altro perché costringe a misurarsi con materie
che non sono le proprie.
Da quanto sopra illustrato emerge con forza l’esigenza di pervenire quanto prima alla
definizione della figura professionale del cerimonialista, individuando le sue
competenze all’interno degli enti e, di conseguenza, il “percorso formativo” ideale al
quale orientare questa professionalità.
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Sintesi della relazione
della professoressa Lina Urban
“ Del cerimoniale della Repubblica di Venezia
e di alcuni doni ”
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All’archivio di Stato di Venezia sono conservati, in sei registri, i Cerimoniali del
Collegio. Si tratta di copie dei decreti del Maggior Consiglio, del Senato, del
Collegio e del Consiglio dei Dieci. Scopo di tenere tali libri era quello di registrare le
cerimonie abituali della Repubblica di san Marco e quelle dovute ad un visitatore di
rango in visita o di passaggio nello Stato Veneto.
Le competenze per i cerimoniali spettarono dapprima alla Cancelleria dogale, per
passare poi dal 12 febbraio 1594 (1593 m.v.) alla Cancelleria Segreta del Collegio.
Fonti relative a cerimoniali si trovano anche nei rituali della Basilica di san Marco,
in cronache, diari, opuscoli occasionali, relazioni di viaggi manoscritte o a stampa.
Le cerimonie dogali si svolgevano su percorsi rituali in bacino e in piazza san
Marco, sul Bucintoro, in Palazzo Ducale e nella Basilica marciana, allora cappella
privata del doge.
Nei cerimoniali dello Stato veneziano grande importanza aveva la processione
dogale, una processione nella processione in cui erano mostrate al popolo le insegne
del potere. Il doge, nelle innumerevoli feste cui doveva partecipare, era preceduto dai
comandadori (araldi) che portavano le sue insegne: otto vessilli, sei trombe
d’argento, spada, sedia curule, ombrella, cero e cuscino su cui poggiava la zoja
(corno dogale usato per l’incoronazione). Insegne, secondo la tradizione leggendaria,
accordate dal papa Alessandro III al doge Sebastiano Ziani in ricompensa dell’aiuto
determinante per la pace di Venezia del 1177, con la quale si poneva fine alle lotte tra
papato e impero. Ma il dono più prezioso dato al doge e ai suoi successori sarebbe
stato un anello aureo con cui sposare annualmente il mare Adriatico, in segno di
dominio, nella solennità dell’Ascensione di Cristo (Sensa), uno dei punti cardinali su
cui poggiava il mito della Serenissima.
A Venezia l’elezione del nuovo doge prevedeva un conclave con un complicatissimo
sistema che, nelle intenzioni, doveva impedire qualsiasi forma di broglio. Dopo
l’annuncio dell’avvenuta elezione, il doge veniva mostrato al popolo in Basilica dove
aveva preso posto sul pulpito a cornu epistulae (a destra dell’altar maggiore). Dopo
aver promesso di usare indifferenter giustizia e aver giurato fedeltà sulla Promissione
ducale, riceva dal primicerio (il prelato che sovrintendeva alla Basilica) lo stendardo
rosso e oro col suo stemma. Saliva quindi su una portantina (pozzetto) su cui veniva
portato in piazza san Marco dagli arsenalotti (dipendenti dell’Arsenale). Compiuto il
giro della piazza gettando denaro al popolo, il Serenissimo si avviava in Palazzo
Ducale dove veniva incoronato con il corno ingioiellato.
Il doge partecipava nell’arco dell’anno, sempre preceduto dalle insegne, ad
innumerevoli processioni indette per avvenimenti politici (pace, tregua, lega, guerra).
Inoltre doveva compiere determinate visite (andate) a chiese della città, indette in
ringraziamento per vittorie, sventate congiure e cessazione di pestilenze. In tutte le
manifestazioni veniva abbinato il culto civico con la celebrazione religiosa,
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esaltandosi nel contempo la giustizia del governo, la ricchezza dello stato, la tutela
dell’evangelista Marco per Venezia e la concordia tra le classi sociali.
Ogni anno il doge doveva offrire quattro conviti in occasione delle festività di san
Marco, Sensa, (Ascensione di Cristo), ss. Vito e Modesto e santo Stefano, conviti
che dal secolo XVII ebbero la loro sede nella sala dei Banchetti.
Con grande solennità faceva il solenne ingresso in Palazzo Ducale la dogaressa.
Imbarcatasi sul Bucintoro dopo aver lasciato la dimora di famiglia, sbarcava
trionfalmente in piazzetta san Marco passando sotto un arco trionfale effimero eretto
dall’arte dei macellai che in piazza avevano le loro botteghe. Accolta in Basilica per
una cerimonia, dopo aver giurato sulla Promissione dogale, per quella parte che la
riguardava, entrava in Palazzo Ducale dove riceveva l’omaggio delle arti. Le
cerimonie si chiudevano nella sala del Maggior Consiglio dove la dogaressa, seduta
in trono, era onorata con feste e balli.
Grandi festeggiamenti erano indetti per il solenne ingresso di un Procuratore di san
Marco, dignità elettiva ed a vita come quella dogale che contemplava molteplici
compiti assistenziali e civici. Il rituale prevedeva per il neo eletto la visita alla chiesa
di san Salvador (anticamente a quella di san Moisé). Dopo un percorso nelle mercerie
addobbate per l’evento, il Procuratore entrava in Basilica dove e, dopo aver prestato
giuramento, si avviava in Palazzo Ducale per la consegna delle chiavi della sua
procuratia che si trovava in piazza san Marco.
In Basilica si svolgevano anche le cerimonie di investitura, mediante la consegna del
bastone di comando e dello stendardo, del capitano generale da mar (un patrizio
veneziano in grado dimostrare la massima perizia nell’arte marittima) e del capitano
generale da terra (un uomo d’arme forestiero e al soldo della Repubblica). Dopo che
il il vessillo era stato asperso con acqua benedetta e incensato, mentre i cantori
intonavano Te Deum laudamus, il doge consegnava la bandiera al capitano
dicendo:«Accipe Vexillum S. Marci», recitando quindi la formula di investitura.
Le cerimonie per l’ingresso del patriarca, avevano come meta l’allora sede
patriarcale a san Pietro di Castello che il prelato raggiungeva accompagnato dal doge
col senato sui peatoni dorati con un contorno di imbarcazioni (generalmente peote)
ornate a spese delle parrocchie.
Quando Venezia era una capitale esisteva anche un corpo diplomatico. I
rappresentanti degli stati esteri venivano chiamati residenti, nunzi, oratori,
ambasciatori, nomi che, con diverse sfumature, indicavano la medesima funzione. Un
ambasciatore poteva essere ordinario o straordinario. Il cerimoniale prevedeva che gli
ambasciatori facessero il solenne ingresso in Palazzo Ducale dopo aver percorso il
Canal Grande su una gondola intagliata e dorata per l’occasione con al seguito
numerose barche da parata. Sbarcato al molo, l’ambasciatore in corteo entrava in
Palazzo Ducale dalla porta del Frumento per presentare al doge, che lo attendeva
nella sala del Collegio, le credenziali.
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I cerimoniali veneziani, oltre che indicare regole per l’accoglienza, i conviti, le
precedenze (anche per età e sesso), riservavano largo spazio allo scambio di doni,
talvolta anomali e per noi impensabili.
Attestato dai Diarii di Marin Sanudo è il dono portato al doge Agostino Barbarigo il
17 maggio 1497 dall’ambasciatore veneto Francesco Cappello, di ritorno dalla
Spagna con le galee di Barbarìa. Regalo inatteso del re Ferdinando e della regina
Isabella:
uno re saracino o per dir meglio beretino di Canaria di quelle ysole nuovamente
trovate per il re di Spagna, el qual li fo donato da ditto re che lo apresentasse a la
Signoria, assieme a «papagalli molto varii e de diversi collori».
Giova qui accennare che già nel 1341 la spedizione di Nicoloso da Recco e Angelino
Corbizzi aveva portato in Europa quattro abitanti delle Canarie, come ricorda
Giovanni Boccaccio nel De Canaria et insulis reliquis e che in seguito i castigliani,
tra il 1464 e il 1495, durante la loro guerra di conquista, avevano quasi sterminata la
popolazione Guanci delle Canarie. Questo re «berettino» (di pelle scura) era stato
portato su una caravella in Castiglia assieme ad altri sei re ed era stato battezzato.
Doveva essere quindi uno dei capi tribù sopravvissuti. Da quanto riferito dal Sanudo,
nelle Canarie, dove «manzano carne humana, zoè zusticiada», comandava 2000
persone. Al suo arrivo a Venezia il re era stato accolto con stupore dai Savi del
Collegio. Dapprima pensarono di regalarlo a loro volta al marchese di Mantova, poi
il Consiglio dei Pregadi decise che andasse ad abitare a Padova nel palazzo del
Capitanio. Indubbiamente la Repubblica Veneta lo trattò con rispetto: ebbe una casa,
un appannaggio mensile di cinque ducati, più altri due per le spese di un servitore.
Fu deciso inoltre che fosse vestito, «di tempo in tempo, come havia di bisogno». Era
molto morigerato e, pur non sapendo parlare, era tanto contento di stare nello Stato
Veneto che «li pareva esser in Paradiso». Prima di partire per Padova al seguito del
capitano Fantin da Pesaro, il 18 giugno 1497 partecipò a Venezia alla processione
del Corpus Domini .
Doni graditi particolarmente ai Serenissimi furono i leoni vivi, non a caso la
Repubblica si identificava nel leone marciano. Dalla coppia che fu regalata dal re di
Sicilia Federico d’Aragona nel 1316 al doge Giovanni Soranzo, alloggiata in una
stanza terrena del Palazzo Ducale, il 12 settembre nacquero tre leoncini, evento
considerato importante e di buon auspicio. A sua volta il doge donò a Cangrande
della Scala, signore di Verona, uno dei cuccioli. Non fu un caso isolato: anche il doge
Francesco Foscari (1423-1457) ebbe in dono dall’ambasciatore fiorentino tre leoni.
I francesi amavano regali preziosi e la Repubblica donava loro dipinti di Giovanni
Bellini, Tiziano, vetri di Murano del celebre Anzoleto Barovier (1515), tappeti,
profumi, ma anche falconi.
Doni singolari erano scambiati fra turchi e veneziani. Il 18 febbraio 1479 il sultano
mandò come presente alla dogaressa Taddea Michiel Mocenigo (che possedeva una
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sorta di zoo di animali rari) oltre ad un tappeto bellissimo, una scimmia e un uccello
rosso.
I veneziani inviavano volentieri doni ai turchi, un proverbio diceva «man che porta
alla Porta e che dà, mai non vien tajà»: orologi, occhiali, vesti di seta (tra cui una del
celebre sarto Antonio di Moti per Janus bei), ma anche formaggi. Nel 1530 venne
regalato al sultano persino uno dei rari alicorni custoditi nel Tesoro di san Marco (che
venivano esposti sull’altar maggiore della Basilica nelle solennità religiose), dopo
che l’oratore (ambasciatore) Janus bei di ritorno da Venezia ne aveva parlato ad
Ibrahim Damat gran vizir in termini entusiastici. Il possesso di un corno di alicorno,
animale immaginario (dal corpo di cavallo o di asino), provvisto di un unico corno
sulla fronte, era molto ambito. Ne aveva regalato uno, con una montatura d’oro
(costato ben diciasettemila ducati), al re Francesco I di Francia nel 1533 papa
Clemente VII. Ma il così detto alicorno altro non è che il dente incisivo sinistro del
maschio del narvalo (cetaceo che vive nei mari artici). Nei tempi antichi si credeva
che l’alicorno veramente esistesse e gli si attribuivano particolari proprietà magicherisanatrici. Se polverizzato, era considerato persino un infallibile rivelatore di veleni.
Il dono del doge arrivò a Costantinopoli con un cerimoniale solenne. Lo portò a
Solimano il Magnifico il bailo veneziano Pietro Zen entro una cassetta dorata,
accompagnato da una lettera con le credenziali posta in un sacchetto di raso d’oro.
Attualmente nel Tesoro di san Marco, annesso alla Basilica, si conservano tre
alicorni, cui ne va aggiunto un quarto (che in realtà è una zanna di ippopotamo).
Da parte loro i turchi inviavano allo stato veneziano cani levrieri, tappeti, selle da
cavallo (tra cui una d’argento dorato), letti e borse di cuoio, porcellane, «bossoloti di
theriaca» (farmaco panacea).
Se i persiani nel 1603 offrirono al doge Pasquale Cicogna stoffe preziose, i russi già
dal 1500 portarono in dono al doge mazzi di pelli di zibellino, usanza che continuò
per secoli. Anche il doge Domenico Contarini (1659-1675) ricevette
dall’ambasciatore del duca di Moscovia pelli di zibellino e di animali rari, ma il
magistrato alle Rason Vecchie, per ordine del Senato, decise che le preziose pelli
venissero convertite in denaro da impiegarsi per le spese che la Repubblica sosteneva
nella guerra contro i turchi.
Stranamente, a piedi nudi com’era il suo costume, si presentò in Collegio il 19
giugno 1530 l’ambasciatore di Zebi (Dscherba) scusandosi di aver donato alla
Repubblica solo due farsetti: durante il viaggio, asserì, erano morti gli struzzi e le
gazzelle destinate al doge.
Innumerevoli, durante la lunga vita della Repubblica, furono le visite ufficiali di
sovrani a Venezia. Le spese per l’ospitalità, per le feste e i doni, cui provvedeva la
magistratura alle Rason vecchie, erano ingentissime. Soggiornarono in città, con il
loro numerosissimi seguiti (dalle seicento alle novecento persone), gli imperatori di
Bisanzio, del sacro Romano impero, re, regine, principi, prelati. I cerimoniali
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prevedevano: accoglienza sul Bucintoro, regata, talora naumachia, convito in
Palazzo Ducale, visite alla Basilica e al Tesoro di san Marco, all’Arsenale, alle sale
dell’armamento, alle vetrerie di Murano, al porto di Malamocco, alle truppe al Lido.
Famose le visite dell’imperatore Giovanni VIII Paleologo (1423, 1438, 1439),
dell’imperatore Federico III con la moglie Eleonora di Portogallo (1451) e del re di
Francia Enrico III (1574).
Non sempre i convitati rispettavano quanto previsto dal cerimoniale. La visita di
Francesco Sforza duca di Milano (1530) culminò in una colazione ricca di prelibati
vini, trionfi di zucchero, dolci e confetture, che gli ospiti milanesi non gustarono:
videro solamente molti senatori veneziani che «se impinò le manache di confezion
con vergogna grande de chi li vedeva», annota Marin Sanudo.
Gli ospiti che attraversavano il territorio della Repubblica senza far tappa a Venezia
erano accolti ai confini dello Stato Veneto, per lo più a Castelnuovo (Verona) e a
Palmanova in Friuli. La maggior parte di questi viaggiatori erano principesse o
regine (già sposate per procura nei loro stati) che andavano a raggiungere i loro sposi
o in transito per recarsi in pellegrinaggio a Loreto, alla chiesa del Santo a Padova o
a Roma. Anche per loro erano previsti cerimoniali di accoglienza che prevedevano
regali consistenti in vivande entro preziosi piatti d’argento. Ricordo i passaggi delle
regine: Cristina di Svezia (1655); Maria Amalia di Polonia sposa di Carlo Sebastiano
di Borbone re di Napoli (1738); Maria Carolina d’Asburgo Lorena sposa del re di
Napoli (1768).
A partire dal secolo XVII, per godere di maggiore libertà di movimento, molti
sovrani preferirono viaggiare in incognito come semplici viaggiatori, con un seguito
di 70-100 persone alloggiate a spese della Repubblica in palazzi appositamente
affittati e arredati. Per onorare l’ospite il governo delegava quattro patrizi veneziani.
I sovrani in incognito, nel Settecento, prendevano dimora per lo più in famose
locande veneziane (Leon Bianco, Lionfante, albergo Reale). Durante il soggiorno
erano onorati con visite alla città, cene e balli nei palazzi (scelte per lo più ca’
Contarini a san Benetto, Nani alla Giudecca, Rezzonico), recite teatrali e, non di rado,
cene nei palcoscenici dei teatri ( in specie quelli di san Benetto e san Giovanni
Crisostomo), cacce ai tori in piazza san Marco, regate.
Famosi i soggiorni di: Vittorio Amedeo di Savoia (1687), Maria Casimira vedova di
Giovanni Sobieski re di Polonia (1699), Federico IV re di Danimarca e di Norvegia
(1708-1709), Federico Cristiano principe elettorale di Polonia (1739-1740), Edoardo
duca di York (1764), Giuseppe II imperatore d’Austria (1769 e 1776).
Il secolo XVIII, in una Repubblica ormai al tramonto, si chiudeva con splendidi
cerimoniali d’accoglienza per i soggiorni in incognito di: Maria Teodowna e Paolo
Petrovic, eredi al trono di Russia (giunti sotto il nome di conti del Nord nel 1782), di
Gustavo III re di Svezia (1784), del conte d’Artois (1790-1791), dell’imperatore
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d’Austria Leopoldo II, giunto nelle lagune con i reali di Napoli, i granduchi di
Toscana e il governatore della Lombardia (1791).
I tradizionali doni offerti agli ospiti nel secolo XVIII consistettero in prevalenza in
specchi e preziosi trionfi da tavola in cristallo «ad uso di Boemia» dei Briati, celebre
famiglia di vetrai muranesi .
Apertura dei lavori del seminario
“Il quadro storico del Cerimoniale in Italia”
Tavolo della presidenza
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Apertura dei lavori del seminario
“Il quadro storico del Cerimoniale in Italia”
Tavolo della presidenza
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Un momento del seminario: soci Ancep nella Sala del Piovego di Palazzo Ducale
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Presentazione
dell’Associazione Nazionale Cerimonialisti Enti Pubblici
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COS’E’ ANCEP
ANCEP , Associazione Nazionale Cerimonialisti Enti Pubblici, è l’unica
Associazione che, in Italia, si occupa dello studio e della valorizzazione di quel
particolare ramo della comunicazione pubblica costituito dal cerimoniale e dalla
rappresentanza istituzionale.
Ne fanno parte professionisti di comprovata esperienza, acquisita attraverso
specifici percorsi di studio e nello svolgimento delle loro attività presso importanti
enti.
Due i principali obiettivi dell’Associazione: la salvaguardia delle corrette
forme di rappresentanza istituzionale tramite la corretta applicazione di quanto
previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 aprirle 2006 e la
valorizzazione delle professionalità che operano in questo ambito, affermando la
funzione dei Cerimonalisti ed il loro ruolo in quanto corretti interpreti della disciplina
che governa l’attività di relazione fra le cariche pubbliche.
COME OPERA
Ancep garantisce servizi di consulenza specialistica su tutti gli ambiti del
protocollo e del cerimoniale, anche attraverso il proprio sito www.cerimoniale.net.
Produce dispense e materiale di studio e di consultazione.
Fornisce supporto per l’organizzazione di eventi di elevato profilo.
Promuove corsi di formazione su tutte le aree di competenza del cerimoniale,
rivolgendo la sua attività formativa in primo luogo al personale degli enti pubblici
ma, più in generale, a tutti coloro che si occupano di organizzazione di eventi. I corsi
formativi, che possono essere sia di livello base che di livello avanzato, vengono
personalizzati sia in base alle richieste che alla tipologia del richiedente.
Per ulteriori informazioni sull’attività dell’Associazione si può visitare il sito internet
www.cerimoniale.net, oppure scrivere a [email protected]
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STATUTO DELL’ASSOCIAZIONE ANCEP
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Titolo I
Denominazione – Sede – Durata – Scopo
Art. 1.
E’ costituita un’Associazione senza scopo di lucro con la denominazione:
“Associazione Nazionale Cerimonialisti Enti Pubblici – ANCEP retta dal presente
statuto.
Art. 2.
L’Associazione ha sede in Venezia - Castello 4966. La Delegazione Nazionale ha
facoltà di istituire e sopprimere sedi secondarie ovvero di trasferire la sede sociale
ovunque in Italia.
Art. 3.
La durata dell’Associazione è stabilita fino al 31 dicembre 2030 e, con delibera
dell’Assemblea dei Soci, potrà essere anticipatamente sciolta o prorogata.
Art. 4.
L’Associazione si rivolge a quanti operano all'interno della
Amministrazione nel settore del cerimoniale e delle relazioni pubbliche.
Pubblica
Art. 5.
L’Associazione si prefigge di perseguire le seguenti finalità:
- concorrere a salvaguardare le corrette forme di rappresentanza istituzionale, in
quanto esplicite espressioni dell’Organizzazione dello Stato così come previsto dalla
Costituzione;
- operare per il riconoscimento delle professionalità che operano in questo ambito,
affermando la funzione dei cerimonialisti ed il loro ruolo;
- favorire le relazioni e lo scambio di esperienze e competenze fra i cerimonialisti
degli enti pubblici, sia a livello nazionale che internazionale;
- promuovere e mantenere rapporti con Associazioni che, con finalità affini, svolgono
la propria attività in ambito pubblico o privato.
Per conseguire le finalità sopra illustrate l’Associazione opererà per:
- favorire l’affermarsi del ruolo del settore cerimoniale nell’ambito dell’attività di
rappresentanza istituzionale;
- promuovere la crescita professionale di coloro che, negli enti pubblici italiani, si
occupano di cerimoniale e dell’attività di rappresentanza istituzionale degli enti,
anche producendo materiali informativi e didattici e promuovendo corsi e altre
iniziative per la formazione della categoria;
- raccogliere e mettere a disposizione degli associati tutto il materiale, a stampa o su
altri supporti, esistente sulla materia, al fine della creazione di una cultura condivisa
sul tema e di fornire attività di supporto agli associati che ne facciano richiesta.
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Titolo II
Soci
Art. 6.
Gli associati dell’ANCEP sono suddivisi in tre categorie:
a) associati accreditati;
b) associati senior;
c) associati sostenitori.
Tutti gli associati devono avere la disponibilità di un indirizzo e-mail o fax
Art. 7. Associati accreditati.
Per iscriversi all’Associazione i candidati dovranno possedere almeno uno dei
seguenti requisiti:
a) svolgere effettive funzioni di cerimonialista con mansione attestata dall’ente di
appartenenza;
b) essere laureati o diplomati con una documentata esperienza nel settore;
c) avere frequentato un adeguato percorso di formazione specifica gestito da enti
formativi di riconosciuta e qualificata esperienza nel settore o promosso, ai fini
dell’accreditamento, dall’Associazione.
L'ammissione è subordinata al versamento della quota di iscrizione e alla verifica dei
requisiti da parte della Commissione di accreditamento.
Gli associati accreditati hanno diritto di voto in ragione di uno per persona e possono
ricoprire qualsiasi carica associativa
La qualità di associato accreditato si perde per decesso, dimissioni, indegnità,
mancato versamento della quota associativa annuale.
Art. 8. Associati senior.
Possono essere associati senior coloro che, pur non svolgendo al momento
dell’iscrizione attività presso un ente pubblico, hanno esercitato per almeno 5 anni la
funzione di cerimonialista o di responsabile di strutture del cerimoniale presso enti
pubblici.
La mansione effettivamente svolta dovrà essere certificata tramite deliberazione o
attestazione dell’ente stesso.
L'ammissione è subordinata al versamento della quota di iscrizione e alla verifica dei
requisiti da parte della Commissione di accreditamento.
Gli associati senior hanno diritto di voto in ragione di uno per persona e possono
ricoprire qualsiasi carica associativa
La qualità di Socio accreditato senior si perde per decesso, dimissioni, indegnità,
decadenza per mancato versamento della quota associativa annuale.
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Art. 9. Associati sostenitori:
Possono essere associati sostenitori enti pubblici o loro associazioni rappresentative,
che decidano di sostenere l’Associazione tramite il versamento della quota stabilita
dalla Delegazione nazionale d’intesa con l’associato medesimo.
Gli associati sostenitori hanno diritto di voto ma non possono ricoprire cariche
associative diverse da quella di membro del Comitato scientifico.
Titolo III
Patrimonio
Art. 10.
Il patrimonio sociale è costituito:
a) dalle quote associative;
b) dalle contribuzioni volontarie e straordinarie anche di carattere non
patrimoniale (es. libri, strumenti informatici, etc.);
Sono contribuzioni volontarie e straordinarie le erogazioni da chiunque corrisposte
all'associazione a titolo di liberalità.
Sia le quote associative che le contribuzioni sono acquisite a titolo definitivo
dall'associazione e come tali non sono rimborsabili, sono intrasmissibili e non sono
rivalutabili.
Art. 11.
Le quote associative sono versate annualmente dagli associati secondo l'importo
determinato dalla Delegazione nazionale, anche in misura differenziata per categoria
di associati, ed in ossequio alle modalità ed ai tempi di riscossione dalla stessa
deliberate.
Titolo IV
Organi dell’Associazione
Decisioni degli associati
Art. 12.
Organi dell’Associazione sono il Presidente, l’Assemblea degli associati, la
Delegazione nazionale, la Commissione di accreditamento e il Comitato scientifico.
Art. 13. Assemblea degli associati e modalità di decisione.
Le decisioni degli associati, salvo quanto previsto dal successivo comma II° del
presente articolo, sono adottate a scelta mediante convocazione dell'Assemblea
ovvero mediante consultazione scritta ovvero mediante videoconferenza; le decisioni
sono adottate a maggioranza semplice dei votanti.
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Le delibere relative alle modifiche del presente Statuto, al cambiamento dello scopo
sociale, allo scioglimento anticipato o alla proroga della durata dell’Associazione,
nonché in merito all’eventuale espulsione di un socio per indegnità sono adottate con
la maggioranza assoluta degli associati.
Art. 14. - Decisioni mediante metodo assembleare.
L’Assemblea è convocata su iniziativa della Delegazione Nazionale ove ritenuto
opportuno e comunque preferibilmente una volta all’anno in occasione
dell’approvazione del bilancio di previsione e del rendiconto consuntivo.
La convocazione dell’Assemblea è fatta a cura della Delegazione Nazionale mediante
avviso contenente l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo della prima e seconda
convocazione, e l’elenco delle materie da trattare. Tale avviso deve essere inviato agli
associati almeno 15 giorni prima della data fissata a mezzo fax o posta elettronica
presso gli indirizzi che gli associati stessi hanno comunicato al momento della
richiesta di adesione e successive modifiche comunicate almeno 30 giorni prima della
predetta data. E’ fatto obbligo alla Delegazione Nazionale conservare le ricevute
degli avvisi inviati.
Le deliberazioni sono assunte con la maggioranza semplice dei presenti salvo che
abbiano ad oggetto le delibere di cui all'art. 13 II° co.
L’Associazione delibera con metodo assembleare preferibilmente in merito
all’approvazione del bilancio e del rendiconto, alle quote di adesione dei associati
accreditati e senior, alla nomina degli Amministratori e alla loro eventuale revoca,
relativamente agli indirizzi e direttive generali dell’Associazione e all’avvio di
iniziative particolarmente importanti.
L’assemblea delibera, salvo che sia assolutamente difficoltoso procedere con metodo
assembleare, in merito ad eventuali modifiche del presente Statuto, al cambiamento
dello scopo sociale, allo scioglimento anticipato o alla proroga della durata
dell’Associazione, nonché in merito all’eventuale espulsione di un socio per
indegnità
L’assemblea è presieduta dal Presidente della Delegazione nazionale; in caso di sua
assenza o impedimento sarà presieduta dall’Amministratore più anziano in età.
L’assemblea stessa designa, anche tra non soci, il Segretario di riunione.
Art. 15 - Consultazione scritta
Nel caso si opti per il sistema della consultazione scritta dovrà essere redatto apposito
documento scritto, dal quale dovrà risultare con chiarezza:
�� l'argomento oggetto della decisione;
�� il contenuto in termini operativi della decisione e le eventuali autorizzazioni ad
essa conseguenti;
�� la menzione dell'eventuale parere del Comitato scientifico.
Copia di tale documento dovrà essere trasmessa a tutti i soci i quali entro i sette
giorni successivi, o nel diverso maggior termine indicato nel documento, dovranno
rinviare alla Associazione apposita dichiarazione scritta in calce alla copia del
documento ricevuto, nella quale dovranno esprimere il proprio voto favorevole o
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23
contrario ovvero l'astensione. La mancanza di dichiarazione entro il termine equivale
a voto di astensione.
Le trasmissioni previste nel presente comma potranno avvenire con qualsiasi mezzo
e/o sistema di comunicazione che consenta un riscontro della spedizione e del
ricevimento, compresi il fax e la posta elettronica. In questi ultimi casi le trasmissioni
ai soci dovranno essere fatte al numero di fax e/o all'indirizzo di posta elettronica che
risultano dal libro degli associati.
Art. 16 -Consultazione mediante videoconferenza
Nel caso si opti per il sistema della videoconferenza si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni previste per la votazione con il metodo assembleare.
Art. 17.
Le deliberazioni dell’Associazione sono constatate da verbale firmato dal Presidente,
che contenga, tra l’altro, l’indicazione del numero dei soci favorevoli, contrari e
astenuti, e comunicate a tutti gli associati mediante e-mail o fax.
Art. 18 - Il Presidente dell'Associazione
Il Presidente rappresenta l’Associazione ed è eletto dall'Assemblea tra gli associati
accreditati e senior, presiede anche la Delegazione Nazionale ed è il legale
rappresentante dell’Associazione.
Art. 19 - La Delegazione nazionale
La Delegazione nazionale è eletta dall'Assemblea ed è composta da non meno di sette
persone scelte tra gli associati accreditati e senior più il Presidente.
I componenti la delegazione rimangono in carica per due anni, salvo revoca o
dimissioni, e possono venire rieletti, decadono e sono sostituiti a norma di legge.
L’Assemblea elegge il Presidente della Delegazione e successivamente i componenti
della Delegazione nazionale.
Per la prima volta la determinazione del numero dei membri e la loro nomina
vengono effettuate come previsto dalle norme transitorie del presente Statuto.
Art. 20 - Comitato scientifico.
Il Comitato scientifico è nominato dalla Delegazione nazionale tra personalità
autorevoli nell’ambito della cultura del cerimoniale e materie affini ed è composto da
un numero non inferiore a 3 (tre) e non superiore a 7 (sette) membri.
Titolo V
Amministrazione e rappresentanza.
Art. 21.
L’Associazione è amministrata dalla Delegazione nazionale
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Alla Delegazione Nazionale sono riservati i più ampi poteri di ordinaria e
straordinaria amministrazione senza limitazione alcuna, con la sola esclusione di
quanto la legge, e il presente Statuto riservano inderogabilmente agli associati.
La Delegazione Nazionale nomina tra i suoi membri il Tesoriere ed eventualmente
uno o più Vicepresidenti.
La Delegazione nomina la Commissione di accreditamento.
La Delegazione Nazionale può costituire delle delegazioni regionali e/o interregionali
con il compito di curare l’attività decentrata dell’associazione e affidarne il
coordinamento ad un Delegato regionale.
Art. 22.
Le decisioni della Delegazione di regola sono adottate mediante riunione o mediante
consultazione scritta ovvero mediante audio/videoconferenza..
Le decisioni sono prese a maggioranza dei membri in carica.
In caso di parità dei voti prevarrà quello del Presidente.
Il voto non può essere dato per delega.
Art. 23
La Delegazione si riunisce per deliberare con metodo assembleare presso la sede
sociale o in altro luogo, tutte le volte che il Presidente lo giudichi necessario e quando
ne sia fatta richiesta da almeno un terzo dei suoi componenti.
Di regola la convocazione è fatta almeno 7 giorni prima dell’adunanza, salvo che nei
casi d’urgenza nei quali può avvenire telefonicamente o per e-mail 3 giorni prima di
quello della riunione.
Le riunioni sono valide anche senza le formalità di convocazione qualora siano
presenti tutti i componenti la delegazione.
Delle deliberazioni è redatto verbale sottoscritto dal Presidente.
Art. 24.
Decisioni della delegazione mediante consultazione scritta o mediante
videoconferenza.
Nel caso si opti per il sistema della consultazione scritta dovrà essere redatto apposito
documento scritto, dal quale dovrà risultare con chiarezza:
�� l'argomento oggetto della decisione;
�� il contenuto in termini operativi della decisione e le eventuali autorizzazioni ad
essa conseguenti;
�� la menzione dell'eventuale parere del Comitato scientifico.
Copia di tale documento dovrà essere trasmessa a tutti i componenti i quali entro i
sette giorni successivi, o nel diverso maggior termine indicato nel documento,
dovranno trasmettere alla Associazione apposita dichiarazione scritta in calce alla
copia del documento ricevuta, nel quale dovranno esprimere il proprio voto
favorevole o contrario ovvero l'astensione. La mancanza di dichiarazione entro il
termine equivale a voto di astensione.
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Le trasmissioni previste nel presente comma potranno avvenire con qualsiasi mezzo
e/o sistema di comunicazione che consenta un riscontro della spedizione e del
ricevimento, compresi il fax e la posta elettronica. In questi ultimi casi le trasmissioni
ai soci dovranno essere fatte al numero di fax e/o all'indirizzo di posta elettronica che
risultano dal libro degli associati.
Nel caso si opti per il sistema della videoconferenza si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni previste per la votazione con il metodo assembleare.
Art. 25.
La rappresentanza dell’Associazione in giudizio e di fronte ai terzi spetta al
Presidente.
Art. 26. Commissione di accreditamento.
La Commissione è composta da 5 membri, scelti dalla Delegazione Nazionale in
prevalenza tra gli associati senior o persone esterne all’Associazione; uno dei suoi
membri funge da coordinatore su incarico della Delegazione
La Commissione esprime alla Delegazione nazionale un parere tecnico preventivo
sulle richieste di adesione degli associati.
La Commissione basa la propria valutazione sui curricula dei candidati ed
eventualmente su un colloquio finalizzato a verificare la conoscenza da parte del
candidato dell’organizzazione istituzionale e degli atti normativi che regolano il
protocollo di Stato e le attività di rappresentanza.
La Commissione su richiesta della Delegazione può elaborare programmi di percorsi
formativi ed altre iniziative culturali possibilmente a carattere innovativo da proporre
agli associati.
Art. 27.
Ai componenti degli organi sociali spetta solo il rimborso delle spese
preventivamente autorizzate, documentate ed effettivamente sostenute per ragioni del
loro ufficio e nei limiti consentiti dalle effettive disponibilità finanziarie
dell’Associazione.
Qualsiasi spesa può essere autorizzata soltanto se trova effettiva copertura nel fondo
comune.
Titolo VI
Esercizi sociali – Bilancio – Destinazione degli utili
Art. 28.
Gli esercizi sociali si chiudono al 31 dicembre di ogni anno.
Il primo esercizio si chiuderà il 31 dicembre 2008.
La Delegazione Nazionale entro il 31 marzo di ogni anno redige il rendiconto
consuntivo accompagnato da una relazione sulla gestione e il bilancio preventivo
24
26
dell’esercizio in corso. Il rendiconto consuntivo deve essere
all’approvazione dell’Assemblea entro il 30 aprile dell’anno successivo.
.
sottoposto
Art. 29.
Gli utili risultanti da ciascun bilancio approvato andranno ad incrementare il
patrimonio sociale.
Titolo VII
Scioglimento – Controversie – Rinvio alle legge
Art. 30.
Lo scioglimento dell’Associazione è deliberato dall’Assemblea, la quale provvederà
alla nomina di uno o più liquidatori e delibererà in ordine alla devoluzione del
patrimonio.
Il patrimonio dovrà essere devoluto ad una Associazione di volontariato senza scopo
di lucro.
Art. 31.
Organo di legittimità e di controllo dell’Associazione è il Collegio dei Probiviri. Esso
è costituito da tre membri effettivi e da due supplenti che durano in carica due anni e
sono rieleggibili. La carica di componente del Collegio dei Probiviri è incompatibile
con qualsiasi altra carica sociale. Il Collegio dei Probiviri è eletto dall’Assemblea e
nomina nel proprio ambito un Presidente. Il Collegio si riunisce su convocazione del
suo Presidente o in mancanza da due componenti con preavviso di cinque giorni. Il
Collegio delibera a maggioranza dei suoi membri effettivi. Il Collegio dei Probiviri
ha il compito di: vigilare sull’osservanza delle norme statutarie delle quali è l’unico
interprete.
Art. 32.
Le controversie che dovessero eventualmente sorgere in sede di interpretazione,
applicazione ed esecuzione del presente Statuto od altri temi attinenti al patto sociale,
tra Associazione e Associati, ovvero tra Associati, che abbiano comunque per oggetto
diritti disponibili e che non siano dalla Legge riservate all’esclusiva competenza
dell’Autorità Giudiziaria, saranno obbligatoriamente affidate all’esame e alla
risoluzione di un collegio di tre arbitri amichevoli compositori, nominati uno da
ciascuna delle parti, ed il terzo di comune accordo; gli arbitri sono scelti tra gli
associati accreditati e senior.
Il collegio Arbitrale irrituale avrà il preciso mandato di risolvere, sentite le parti, le
indicate controversie, esaminandole senza formalità alcuna e formulando le sue
determinazioni entro il termine massimo di trenta giorni.
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Art. 33.
Per tutto quanto non espressamente disposto dal presente Statuto, valgono le norme di
Legge vigenti in materia.
Titolo VIII
Norme transitorie e costituzione dell’Associazione
Art. 34.
La quota di adesione per l’anno 2008 per i soci accreditati e senior è stabilita in
misura di 50,00€.
Art. 35.
Fino alla fine della fase transitoria che non può superare il 31 dicembre 2008, e,
comunque, fino all'approvazione del bilancio preventivo 2009 la Delegazione
Nazionale con voto a maggioranza assoluta dei suoi componenti può apportate
modifiche al presente Statuto.
Possono inoltre essere cooptati nella delegazione nazionale altri membri fino al
raggiungimento del numero massimo di 9 (nove) componenti.
Art. 36.
Fino al 31 dicembre 2008 il Comitato promotore costituito dai signori:
�� Antonio Politi
�� Nicoletta Barolini
�� Ernestina Alboresi
�� Graziano Piccardi
�� Rosaria Deanna Duca
�� Fausto Cuoghi
esercita i poteri della Assemblea nazionale e nomina al suo interno il Presidente e gli
altri incarichi previsti dal presente Statuto.
Art. 37.
Ai fini della costituzione formale dell’Associazione, della registrazione del presente
Statuto e dell’avvio operativo della Associazione, la delegazione nazionale è così
stabilita:
�� Antonio Politi
Presidente
�� Graziano Piccardi Vice Presidente
�� Ernestina Alboresi Responsabile Commissione Accreditamento
�� Nicoletta Barolini Tesoriere.
Sono inoltre stabiliti i seguenti incarichi:
�� Rosaria Deanna Duca - delegata regionale Marche
�� Fausto Cuoghi
- delegato regionale Emilia-Romagna
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Il Presidente e il tesoriere sono autorizzati alla firma di ciascun foglio del
presente statuto composto da n. 37 articoli e alla sua successiva registrazione.
Venezia, 18 settembre 2007
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INDICE
Quelli del cerimoniale
pag.
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4
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7
Presentazione dell’Associazione Nazionale
Cerimonialisti Enti Pubblici
“
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Statuto
“
17
di Antonio Politi
Verso una professionalità definita
di Ernestina Alboresi
Del Cerimoniale della Repubblica di Venezia
e di alcuni doni
di Lina Urban
Collana “Quaderni dell’Ancep”
Quaderno n. 1 “Documenti dal Seminario di studio ‘Il quadro storico del Cerimoniale in Italia – Dal
Cerimoniale della Corte Sabauda a quello della Repubblica Italiana- Dal Cerimoniale della Repubblica di
Venezia a quello Papale”
A cura di Ernestina Alboresi
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