Galeno l’anima e il dolore de indolenTia de ProPriiS PlaCiTiS a cura di ivan Garofalo e alessandro lami Testo greco a fronte C l a S SiC i Gr e C i e l aT i n i Proprietà letteraria riservata © 2012 RCS Libri S.p.A., Milano ISBN 978-88-17-05498-0 Titoli originali delle opere: Peri AluPiAç Peri twn eAutwi dokountwn Prima edizione BUR Classici greci e latini maggio 2012 Per conoscere il mondo BUR visita il sito www.bur.rcslibri.eu IntroduzIone due scritti del medico di Pergamo, in varia misura perduti in lingua greca, sono stati ritrovati nel corso di quest’ultimi anni; essi costituiscono il «nuovo Galeno». Si tratta di due operette, Del non affliggersi (de indolentia) e Sulle proprie dottrine (de propriis placitis), che sono riemerse in un manoscritto del Monastero dei Vlatades di Salonicco riscoperto nel gennaio 2005 da Antoine Pietrobelli.1 Questa riscoperta del Thessalonicensis Vlatadon 14 è stato un evento veramente straordinario per gli studi classici.2 Sulla sua base si è potuta avere già nel 2005 l’editio princeps del testo greco dell’opuscolo de propriis placitis, noto solo, a parte brevi estratti, attraverso una cattiva traduzione arabo-latina (e però gli 1 Al «nuovo Galeno» si deve aggiungere Sull’esame del miglior medico (de optimo medico cognoscendo), del quale si aveva notizia solo da fonti arabe e si conservavano pochi frammenti; ebbene, in due manoscritti arabi (ms. Alexandria 3813 jı̄m e Bursa 1120) è custodito il testo della traduzione di Hunain ibn Ishāq (che lo tradusse due ˙ arabo), e nel ˙ 1988 A.z. Iskandar ne volte, prima in siriaco e poi in ha approntato un’edizione con traduzione inglese e commento per il «Corpus Medicorum Graecorum», Suppl. orientale IV. Inoltre va ricordato il secondo libro della traduzione araba della Sinossi della methodus medendi, contenuta nel ms. Princeton Garret 1075. Vedi Garofalo 1999. 2 Per la descrizione del manoscritto v. Boudon-Millot e Pietrobelli 2005a. Sulla storia del manoscritto Pietrobelli 2010 (con bibliografia dei lavori precedenti). II IntroduzIone ultimi due capitoli e buona parte del terzultimo erano noti in lingua greca);3 e nel 2007 quella di de indolentia che, se si escludono la menzione che ne aveva fatto Galeno nel de libris propriis e poche citazioni in autori arabi e ebraici, era andato completamente perduto.4 di questi due scritti, de indolentia ha già avuto tre edizioni, di cui l’ultima nel 2010 nella «Collection des universités de France», Les Belles Lettres. del de propriis placitis è finora disponibile solo l’editio princeps, che presenta evidenti aspetti di provvisorietà.5 GALeno FILoSoFo Galeno6 nacque a Pergamo, importante città della provincia romana d’Asia, nel 129, figlio di un architetto (nikōn, secondo la Suda)7 discendente da una dinastia di cultori della scienza. dal padre ebbe una solida formazione matematica e competenze di architettura.8 ricevette, sempre per impulso del 3 V. Boudon-Millot e Pietrobelli 2005b (d’ora in poi BM-P). V. Boudon-Millot 2007a (d’ora in poi BM) con la bibliografia. 5 «Ci è parso indispensabile di mettere questa nuova testimonianza a disposizione di tutti i galenisti nel più breve tempo possibile ... Chiediamo dunque tutta l’indulgenza dei nostri lettori per le imperfezioni inevitabili di questo lavoro condotto in un tempo molto breve e in condizioni difficili», BM-P, p. 169. A. Pietrobelli è incaricato di fornire un’edizione critica per la «CuF», Les Belles Lettres. 6 Per la vita di Galeno vedi Boudon-Millot 2007b, che utilizza anche l’esaustiva opera di Schlange-Schöningen 2003. Si vedano anche Moraux 1985 e Hankinson 2006b. 7 «Galeno, l’eminentissimo medico, di Pergamo, vissuto sotto gli imperatori romani Marco (Aurelio), Commodo e Pertinace, figlio di nikōn, geometra e architetto, che ha composto molte opere di medicina e filosofia, e anche di grammatica e retorica; opere di cui, per il fatto di essere note a tutti, ho ritenuto inopportuno dare al presente la lista. Visse settant’anni. Il nome “Galeno” significa anche “il calmo”». 8 de libr. propr. 14.4. Le scienze matematiche (aritmetica, geometria, astronomia, come i mestieri di matematica applicata, musica e architettura, ragioneria) sono per Galeno un modello di scientificità 4 IntroduzIone III padre, anche una solida formazione filosofica nelle quattro scuole, platonica, aristotelica, epicurea, stoica. Fu solo quando ebbe sedici anni che il padre, spinto da «chiari sogni», lo fece introdurre a studi di medicina della durata eccezionale di dieci anni. dopo la morte del padre, nel 148/49 Galeno poté intraprendere una serie di viaggi di studio (a Smirne, Corinto, Alessandria). di ritorno a Pergamo, dal 157 al 161 fu medico dei gladiatori. Altri viaggi di studio lo portarono in Siria, Palestina, a Cipro, a Lemno, in Licia. e poi venne il primo soggiorno al centro dell’impero, a roma (162-166). Qui tenne conferenze, si conquistò una propria clientela e, in particolare attraverso il peripatetico eudemo, entrò in una cerchia di importanti personaggi imperiali come Flavio Boeto; ma l’invidia di colleghi, e anche la paura di un possibile avvelenamento, nonché il disgusto per le pratiche romane, lo fecero risolvere a una partenza abbastanza precipitosa. Ma a roma ritornò tre anni dopo su richiesta degli imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero, che lo avevano convocato ad Aquileia dove preparavano la guerra contro i Germani. Lucio morì e Galeno, in nome del dio Asclepio, ottenne di non partire con Marco Aurelio e le sue truppe, impegnandosi a vegliare a roma sulla salute del figlio Commodo.9 Il secondo periodo romano (dal 169 alla morte, intorno al 210),10 interrotto probabilmente da un secondo ritorno a in tutta la sua opera, in particolare nel de animi (libro II cap. 5), dove presenta la costruzione di un orologio solare come modello di analitica (in de libr. propr. 14.5 cita orologi solari, clessidre e previsioni delle eclissi come i grandi successi delle dimostrazioni geometriche in opposizione ai dissensi tra i filosofi). 9 de libr. propr. 3.3-6. 10 nutton 1987 argomenta il prolungamento della vita di Galeno rispetto alla Suda (v. n. 7) su una notizia di fonte araba nella quale Alessandro di Afrodisia attribuisce a Galeno ottant’anni (il che porterebbe la sua morte al 209). Se si considera autentica la Theriaca ad Pisonem la data di morte è posteriore al 211. La data 216 si ottiene se si presta fede alla notizia della storia della medicina IV IntroduzIone Pergamo, fu un lungo e proficuo soggiorno dedicato a una intensa attività di studio e di scrittura, pur funestato dalle grandi perdite dovute all’incendio del 192, evento che portò Galeno a scrivere appunto il de indolentia. La produzione di Galeno (pur essendo solo parzialmente conservata) è immensa: il suo è il più imponente corpus dell’antichità e abbraccia diversi campi: non solo medicina e filosofia, ma anche linguistica, grammatica, critica letteraria e retorica.11 un’idea della produzione medica (e medicofilosofica) si può avere dai libri che vengono richiamati in de propriis placitis; ma una panoramica generale, peraltro non esauriente, è data dai due suoi scritti bio-bibliografici composti in tarda età: de libris propriis e de ordine librorum suorum.12 Per quanto riguarda la filosofia, a esclusione dell’epicurea, Galeno accolse aspetti dottrinali delle altre tre filosofie idealiste, rimanendo fondamentalmente un platonico dissenziente rispetto al platonismo contemporaneo (egli esalta Posidonio, lo stoico del I sec. a.C., a suo giudizio più fedele a Platone sul piano scientifico) e assimilando la scienza peripatetica e la logica peripatetico-stoica che egli ritiene di trovare già in Platone. Anche nel campo etico pare avvicinarsi a Posidonio, stoico che accoglie elementi etici del platonismo.13 nel de indolentia (come nell’altra opera filosofica conservata, de animi uniuscuiusque dignotione et medela, La diagnosi e la di Ishāq figlio di Hunain (spesso inattendibile), che gli assegna 87 ˙ anni ˙(17 come apprendista, 70 come maestro). V. rosenthal 1954, p. 66, 8-9 (arabo), p. 76 (trad. inglese). 11 una sezione in cui si incontrano gli interessi per la medicina e la sua storia, la filologia, linguistica e critica letteraria è rappresentata dai commenti ai trattati ippocratici; cfr. Manetti e roselli 1994. 12 editi per la «CuF» da Véronique Boudon-Millot (2007b); una traduzione italiana del de libr. propr. è in Garofalo e Vegetti 1978; per il de ord. libr. suor. vi è una traduzione inedita di L. Mareri (laurea specialistica, Siena 2011) condotta sul testo di Boudon-Millot. 13 Per la filosofia di Galeno cfr. Hankinson 2006a. IntroduzIone V cura delle passioni dell’anima), Galeno si pone su un piano di stoicismo moderato, rifuggendo dall’estremismo dello stoico Musonio rufo ma valorizzando aneddoti della tradizione socratica di disprezzo della fama e delle ricchezze – posizioni della diatriba cinica. Quando Galeno giunse a roma la prima volta (nel 162), la sua fama era legata più alla filosofia che alla medicina. Aveva pubblicato i quindici libri del trattato Sulla dimostrazione, di cui conserviamo pochi frammenti. Gli anni che seguirono videro un’imponente produzione filosofica e medicofilosofica, per la maggior parte perduta.14 rimane l’opera in due libri La diagnosi e la cura delle passioni dell’anima, che ha molti punti in comune con de indolentia, e il compendio arabo dell’opera in quattro libri, perduta, Sui caratteri.15 oltre al celebre Il miglior medico è anche filosofo16 conserviamo i nove libri Sulle dottrine di Ippocrate e di Platone17 e Le facoltà dell’anima seguono il temperamento dei corpi.18 della vastissima produzione logica di Galeno rimangono solo l’opuscolo sui Sofismi e l’Institutio logica (Manuale di logica).19 un compendio (molto parziale) delle opinioni filosofiche e scientifiche di Galeno è per l’appunto il de propriis placitis. 14 L’elenco incompleto è nell’operetta de libr. propr. cap. XII. V. Galeno, de moribus. La traduzione araba fu utilizzata dal medico ebreo Falaquera, e zonta 1995 ne ha studiato le testimonianze ebraiche, come delle altre opere filosofiche di Galeno. zonta ha anche aggiunto frammenti non altrimenti noti e stampato una buona traduzione italiana del testo edito da P. Kraus nel 1937, con discussione di emendamenti. 16 V. Galeno, quod optimus medicus sit quoque philosophus. 17 V. Galeno, de placitis Hippocratis et Platonis. 18 V. Galeno, quod animi mores corporis temperamenta sequantur. 19 trad. it. del Manuale di logica in Garofalo e Vegetti 1978, pp. 1081-1130. dell’opera maggiore Sulla dimostrazione in quindici libri ci rimangono pochi estratti, principalmente in autori arabi (l’opera era già quasi introvabile nel IX secolo, quando Hunain ˙ cercò i manoscritti per tradurla). Sulla logica di Galeno si vedano gli articoli di Hankinson in Hankinson 2006a. 15 VI IntroduzIone IL De InDoLenTIa Il trattatello de indolentia era, fino a pochissimi anni fa, noto solo per il titolo e per pochi excerpta in arabo e in ebraico, ma, come si è detto, è stato riscoperto pochi anni orsono da A. Pietrobelli nel monastero dei Vlatades di Salonicco.20 Il manoscritto è opera di molti copisti della cerchia dei discepoli di Argyropoulos. In particolare il copista di de indolentia è stato identificato con Andreiomenos.21 La parte inferiore è danneggiata da macchie d’umidità. Il manoscritto è stato utilizzato nella buona riproduzione digitale messa in vendita dal monastero.22 negli studi in onore di Jacques Jouanna del 2007, Véronique Boudon-Millot ha fornito la prima edizione del de indolentia,23 e il suo contributo ha stimolato fin da subito lo studio di questo difficile testo,24 anche con varie nuove proposte di interpretazione e di emendamenti.25 nel 2010 è 20 Il catalogo di eustratiades 1918 non menziona il Peri; ajlupivaç. La lista delle opere contenute è in BM p. 74, n. 7 (ma bisogna aggiungere anche l’inizio del de experientia medica, v. Garofalo 2008). Cfr. anche Pietrobelli 2010. 21 V. Pietrobelli 2010; Boudon-Millot e Jouanna 2010, p. LXVI (citata d’ora in avanti come BM-J). 22 Solo gli editori greci, P. Kotzia e P. Sotiroudis, e uno studioso greco operante negli Stati uniti, S. Alexandru, hanno avuto accesso diretto al manoscritto. un brutto esempio di nazionalismo filologico. 23 Accettiamo anche noi il titolo latinizzato che circola nelle conversazioni filologiche e ora nelle due edizioni francesi; esso è un neologismo latino creato da Cicerone in de fin. 2.4.11, 2.6 e ripreso da Seneca nell’epistola 66, e non è esatto, poiché nei latini il termine indolentia designa la tolleranza del dolore fisico. 24 Come osserva BM, non si tratta di difficoltà grafiche (che pure lasciano adito a differenti letture) ma dello stato di severa corruzione del testo, guastato da errori e da lacune. 25 V. «Galenos» 2, 2008. oltre alle due traduzioni in francese, quella di BM che accompagnava l’editio princeps e quella di Jouanna in BM-J, e a quella in neogreco di Kotzia, vi è la traduzione inglese di rotschild e thompson 2011. Per cortesia dell’autore ho anche IntroduzIone VII poi comparsa l’edizione critica di Boudon-Millot e Jouanna per la «CuF» Les Belles Lettres,26 e contemporaneamente e indipendentemente, quella di Paraskevi Kotzia e Panagiotis Sotiroudis.27 Il titolo dello scritto Peri; ajlupivaç, menzionato nell’opera autobibliografica de libris propriis di Galeno,28 è corrotto in tutti quattro i luoghi in cui compare: nel titolo ajlugiçivaç, al § 69 ajlupeiçivaç, al § 79 ajlupiçivan, nell’explicit ajlogiçivaç. Boudon-Millot aveva corretto ovunque in ajlupiva, ma Jouanna ha scelto di emendare in ajluphçiva. Contro questa decisione ha scritto efficacemente Kotzia, editrice con Sotiroudis dell’operetta. Gli argomenti della studiosa sono così riassumibili: 1) la testimonianza del de libris propriis; 2) ajluphçiva è termine non attestato altrove; 3) il sostantivo rimanda a un aggettivo verbale esistente ajluvphtoç, ma non usato da Galeno, che presenta sempre a[lupoç e l’avverbio ajluvpwç; 4) l’esistenza di parecchie opere (non conservate, tra cui una di Plutarco) intitolate Peri; ajlupivaç.29 L’errore ajlugiçivaç di Vlat nasce da iotacismo nel titolo in maiuscola (ALUPIAÇ > ALUPÇäIAÇ > ALUGIÇIAÇ), ajlup(e)içivaç è adattamento dell’errore precedente al tema ajlup-, mentre ajlogiçivaç nell’explicit è un tentativo di connettere la parola corrotta ajlugiçivaç col tema ajlog-.30 Il titolo, di non facile resa, è stato potuto conoscere in bozze la traduzione inglese di V. nutton [2012] che apparirà nella serie completa delle opere di Galeno diretta da Ph. van der eijk (I.G.). 26 BM-J. 27 Kotzia e Sotiroudis 2011, citata d’ora in avanti come KS. 28 Cfr. n. 12 e nota ai testi. 29 In aggiunta a quanto scrive BM, roselli 2011 nota che il titolo p. ajlupivaç è anche in Pross. Georg I 2 (III sec. in.) col. I linea 16 come opera di [diog]enes. Si tratterebbe di diogene di Babilonia; in PMilVogliano 11 il nome è conservato per intero e il contesto lascia pensare a un diogene stoico (v. CPF I). 30 Si potrebbe anche leggere ajlugiçivaç, come nel titolo. Galeno usa ajlogiçtiva in de plac. Hipp. et Plat. IV 6.46. VIII IntroduzIone variamente tradotto: Sull’allontanamento dell’afflizione, Sul rifiuto dell’afflizione (Hunain, Hubaiš), Sur l’inutilité de se ˙ ˙ chagriner (Boudon-Millot), ne pas se chagriner (Jouanna), Sull’immunità dal dolore (roselli), on the avoidance of grief (nutton, rothschild e thompson). Kotzia non traduce il titolo in neogreco.31 L’operetta viene ad aggiungersi a La diagnosi e cura delle passioni dell’anima (d’ora in avanti de animi) e al compendio del Sui caratteri 32 nel novero delle ventiquattro opere di filosofia etica citate nel cap. 15 del de libris propriis.33 Scritta in forma epistolare (il destinatario non ha un nome, ma è descritto come condiscepolo virtuoso di Galeno, di cui conosceva bene il padre),34 può essere accostata al genere della consolatio, assai ricco (Galeno stesso aveva composto un Peri; paramuqivaç) di cui conserviamo esempi di Cicerone, di Seneca, di Plutarco e di altri. Ma Boudon-Millot e Jouanna hanno segnalato le somiglianze con un trattato di Plutarco di diversa natura, il de tranquillitate animi.35 In effetti l’originalità dell’operetta di Galeno risiede nel suo essere una consolazione per la perdita non di persone care, ma di beni 31 Cfr. anche Kotzia 2012, p. 77. Frammenti greci di quest’opera perduta sono stati annunciati da S. Alexandru nel corso di una conferenza tenutasi a Berlino nel 2010. 33 tre titoli sono conservati solo nella traduzione araba del de libris: Sur la paresse, Sur les epicuriens, Sur les discours prononcés d’après un livre. Vedi Boudon-Millot 2007b, p. 169 e nn. a pp. 228 ss. La traduzione italiana in Garofalo e Vegetti 1978, pp. 63-90, è basata sull’edizione di Müller, ormai obsoleta dopo la scoperta del Vlatadon 14 che conserva una versione più completa dell’opuscolo, e della traduzione araba, testimoni utilizzati da Boudon-Millot. In arabo abbiamo frammenti di alcune altre opere (Mayerhof 1929). 34 BM, p. 80 e n. 22, pensa che si tratti dello stesso a cui Galeno allude in de animi 5. 37 K, ma il destinatario di de indol. è un coetaneo di Galeno, mentre il personaggio di de animi è un neanivçkoç. Cfr. BM-J, notice, cap. II, pp. XII-XVI. 35 BM, p. 75. 32 IntroduzIone IX materiali, anche se molto ingenti, e rivolta non tanto a chi ha subito la perdita (a se stesso), ma paradossalmente al suo interlocutore («ti potrai affliggere» è detto più volte). Quanto a Galeno, egli non si affligge per queste perdite (ma lo farebbe per altre considerate veramente gravi, cfr. § 70 ss.), ed è questa la ragione per la quale l’interlocutore gli ha inviato una lettera a cui Galeno risponde in perfetto stile epistolare.36 Per il contenuto i paralleli sono in Galeno stesso, in particolare, come hanno osservato Boudon-Millot per prima e poi Jouanna e Kotzia, con molti passi del de animi,37 un’opera scritta da Galeno qualche anno prima del 193, data della nostra operetta.38 Per i riscontri in altri autori già Ilberg39 suggeriva epitteto. In arabo – e in versione ebraica dall’arabo – si conservano il sommario e numerosi frammenti del de moribus/Peri; hjqw`n, Sui caratteri,40 scritto tra il 185 e il 192, che presenta molti punti in comune con de animi e con de indolentia, che saranno segnalati nel commento. Lo scritto fu composto41 poco dopo l’incendio della primavera del 192, all’inizio del 193 dopo la morte di Commodo (BM, p. 76).42 L’incendio è descritto da dione Cassio43 e dallo 36 diverso lo stile di Plutarco nel de tranquillitate animi, come nota Jouanna in BM-J, notice, p. X. 37 Come aveva sospettato Ilberg 1897, p. 606, n. 6. L’edizione di riferimento del de animi è ora Magnaldi 1999. 38 Ilberg 1897, p. 611, indica l’inizio del secondo soggiorno romano, almeno come data della conversazione che è alla base dell’opera. Al destinatario dell’opera de animi Galeno allude in de indol. § 83 (v. commento). 39 Ilberg 1897, p. 606. 40 ed. Kraus 1937, trad. ingl. e note in Mattock 1972. zonta 1995 ha raccolto i frammenti certi o probabili in Falaquera (v. sopra) e tradotto in italiano il Compendio dell’opera. 41 Cfr. BM-J, notice, pp. XXII ss. 42 Su questa fase della vita di Galeno v. roselli 2012. 43 LXXII 24 III, 305 Boissevain pu`r te nuvktwr ajrqe;n ejx oijkivaç tino;ç kai; ejç to; Eijrhnai`on ejmpeço;n ta;ç ajpoqhvkaç tw`n te Aijguptivwn X IntroduzIone storico erodiano, e Galeno stesso ne parla in molte sue opere; il racconto più esteso è nel de compositione medicamentorum secundum genera (Sulla composizione dei farmaci secondo i generi)44 e nei Procedimenti anatomici conservati in arabo45 (Galeno perdette i libri depositati nella Via Sacra, e non ritrovò copie dei libri XII-XV), e ancora in de antidotis46 e in de libris propriis.47 dione Cassio (155, morto dopo il 229) menziona l’incendio tra i presagi della fine di Commodo: Il fuoco alzatosi di notte da una casa piombò sul tempio della Pace e invase i depositi delle merci egiziane e degli arabi e sollevatosi raggiunse il Palatino e bruciò moltissimo di esso, sicché i documenti dell’archivio andarono quasi tutti distrutti. kai; tw`n ∆Arabivwn fortivwn ejpeneivmato, e[ç te to; palavtion metewriçqe;n ejçh`lqe kai; polla; pavnu aujtou` katevkauçen, w{çte kai; ta; gravmmata ta; th`/ ajrch`/ proçhvkonta ojlivgou dei`n pavnta fqarh`nai. 44 13.362 K “Hdh moi kai; provçqen ejgevgrapto pragmateiva, duoi`n me;n ejx aujth`ç tw`n prwvtwn biblivwn ejkdoqevntwn, ejgkataleifqevntwn de; ejn th`/ kata; th;n iJera;n oJdo;n ajpoqhvkh/ meta; tw`n a[llwn, hJnivka to; th`ç Eijrhvnhç tevmenoç o{lon ejkauvqh, kai; kata; to; Palavtion aiJ megavlai biblioqh`kai. thnikau`ta ga;r eJtevrwn te pollw`n ajpwvlonto bibliva kai; tw`n ejmw`n o{ça kata; th;n ajpoqhvkhn ejkeivnhn e[keito, mhdeno;ç tw`n ejn ÔRwvmh/ fivlwn e[cein oJmologou`ntoç ajntivgrafa tw`n prwvtwn duoi`n. ejgkeimevnwn ou\n tw`n eJtaivrwn au\qivç me gravyai th;n aujth;n pragmateivan, ajnagkai`on e[doxev moi dhlw`çai peri; tw`n proekdoqevntwn, o{pwç mhv tiç proentucw;n aujtoi`ç pote zhtoivh th;n aijtivan tou` divç me peri; tw`n aujtw`n pragmateuvçaçqai. 45 Simon 1906, p. 984. Si veda la traduzione italiana in anat. admin., pp. 948 ss.: «Accade che scoppiò quel grande incendio in cui bruciò il tempio di eirene e molte delle case della reggia e le case dei magazzini della via grande in cui erano depositati quei libri dei Procedimenti anatomici assieme a tutti gli altri miei libri, sicché dei miei libri non ne rimase nessuno tranne quelli che avevo resi pubblici per la gente precedentemente e questa li aveva copiati». 46 14.66.1 labw;n d∆ o{çon ejboulovmhn ejx aujtou`, kaqavper eijwvqein, ajpeqevmhn ojlivga par∆ ejmautw`/ klwvnia kata; th;n ajpoqhvkhn, ejn h|/ pavnta mou ta; timalfevçtata kthvmata perieivceto. katakauqeivçhç d∆ aujth`ç, oJpovte kai; to; th`ç Eijrhvnhç tevmenoç ejkauvqh, kai; tw`n a[llwn pevnte diaforw`n tou` kinnamwvmou pa`n o{çon ejkekthvmhn ajpwvleto. 47 de libr. propr. 3.7. IntroduzIone XI e lo storico erodiano (ca. 170-240):48 tutto il tempio della Pace fu distrutto dal fuoco, il più grande e bell’edificio di roma e il più ricco di tutti i templi, arricchito di offerte d’oro e d’argento per la sua sicurezza, e ciascuno vi depositava i suoi tesori, ma il fuoco in quella notte rese molti da ricchi poveri, e tutti si lamentavano in comune per la perdita delle cose pubbliche, e ciascuno delle proprie. Il passo di erodiano sembra riecheggiare Galeno. Struttura dell’opera 49 L’opuscolo si può dividere in due parti (dopo il prologo con la domanda: quale siano l’esercizio e quali i discorsi e le dottrine che mi hanno predisposto a non provare mai afflizione, §§ 1-3): Galeno non risponde immediatamente ma racconta le circostanze sfortunate che hanno causato la perdita di tanti beni (§§ 4-37), libri rari, edizioni proprie, ricette preziosissime; e poi viene la risposta ritardata alla domanda perché Galeno non si affligge (§§ 38-84 fine). Galeno inizia con aneddoti volti a mostrare l’importanza del disprezzo della ricchezza, rievocando (§§ 40-45) due episodi della vita di Aristippo, il filosofo gaudente che disprezzava il denaro e il possesso dei poderi, e uno (§ 48) dello stoico zenone, che sopporta facilmente la perdita di tutti i propri averi in un naufragio. Galeno (§§ 49-51) non si cura della vita di corte, che non considera gran cosa, ma di più dell’aver 48 I, 14, 2-6 Stevenhagen pa`n to; th`ç Eijrhvnhç tevmenoç kateflevcqh, mevgiçton kai; kavlliçton genovmenon tw`n ejn th`/ povlei e[rgwn. plouçiwvtaton de; h\n pavntwn iJerw`n, di∆ ajçfavleian ajnaqhvmaçi kekoçmhmevnon cruçou` te kai; ajrguvrou: e{kaçtoç dev, a} ei\cen, ejkei`çe ejqhçaurivzeto. ajlla; to; pu`r ejkeivnhç nukto;ç pollou;ç ejk plouçivwn pevnhtaç ejpoivhçen: o{qen wjlofuvronto koinh`/ me;n pavnteç ta; dhmovçia, e{kaçtoç de; ta; i[dia auJtou`. 49 Cfr. BM-J, notice, pp. XVII ss. XII IntroduzIone perduto tutti quei beni che ha elencato nella prima parte della lettera: questo è un esempio di vera magnanimità, che Galeno deve alla sua educazione e all’esperienza della vita romana. e qui viene la risposta a «quale esercizio» (§ 52 ss.). L’esercizio50 consiste, come fa il teseo di euripide, nell’immaginare continuamente che capiteranno gravi disgrazie, quali quelle avvenute durante il regno di Commodo (assassinato alla fine del 192, pochi mesi prima che Galeno scrivesse il de indolentia), la perdita di tutti i beni, l’esilio in un’isola deserta; chi riesce a non affliggersi a questi pensieri non si affliggerà per disgrazie minori. Per far ciò ci vuole una buona natura e una buona educazione. La buona educazione (ricevuta dal padre) può essere una risposta ai «discorsi» menzionati nel prologo, ma la natura incline al coraggio ereditata dai padri, a cominciare dal bisnonno, non era stata menzionata prima (per modestia). L’esempio del padre non filosofo, che univa serietà scientifica e virtù, hanno fortificato l’indole di Galeno portandola al coraggio. Il padre (§§ 61-62) disprezzava non solo i gaudenti, paragonati ad animali da monta, ma anche gli epicurei, che ponevano il bene nell’assenza di turbamenti. Il bene è qualcosa di più, e con questa idea Galeno può come il padre considerare di poco conto le cose umane e importante la filosofia (conoscenza delle cose umane e divine §§ 63-66). Galeno ha dimostrato con i fatti questa sua convinzione filosofica (§ 67); l’imperturbabilità epicurea non gli pare possibile. A questo punto (§ 68) Galeno crede di aver risposto a sufficienza alle domande dell’interlocutore, ma vuole aggiungere una precisazione. non vuole che l’amico creda che egli si reputa un saggio stoico che addirittura prega zeus di inviargli disgrazie. Il suo disprezzo del dolore fisico si ferma prima della tortura (il toro di Falaride § 71), e lo affliggerebbero la distruzione della patria e la persecuzione 50 In ambito greco si può comparare la sesta Diatriba di Musonio rufo. IntroduzIone XIII d’un amico da parte del tiranno.51 La sua dottrina filosofica è ugualmente lontana dall’assoluta indifferenza al dolore del saggio stoico (come Musonio rufo § 73). Galeno non disprezza la buona salute, e prega che non gli accada nulla che possa affliggerlo. Si prepara però a questa eventualità, e cita di nuovo (§ 77) i versi di euripide già ricordati al § 52. Galeno non è al di sopra di tutto e dichiara che i beni materiali gli bastano per non aver fame, freddo e sete; disprezza il dolore fisico purché possa ascoltare la lettura d’un libro, e non vuole far vanto di resistenza al dolore con la testa rotta. Sul lusso e sul sesso Galeno non dà consigli all’amico, che sa sobrio e continente (§ 79). Coloro che hanno molti desideri vogliono molto denaro per soddisfare le loro brame, e sono infelici. non lo sono coloro che tengono in poco conto l’aspirazione a onore, ricchezza, fama, potenza politica (§ 81). dei desideri più grandi non ci si deve fidare, come insegna l’esperienza (§§ 82-83). L’opera si chiude col paradossale racconto di un avaro che non dava agli altri nulla della sua ricchezza e che non ne godeva egli stesso, e considerava le ricchezze come un’appendice del corpo, di cui non ci si deve privare. Galeno ne ricavò un libro, come tanti altri, perduto (§ 84). L’opera contiene le pagine più importanti e commoventi su Galeno bibliofilo e filologo. egli aveva copiato dalle biblioteche di roma le copie personali di Aristarco, Kallinos, Attico e Pedoukinos.52 nuove informazioni si ottengono sulle biblioteche romane (del Palatino e della domus Tiberiana) e di Anzio, §§ 16-18.53 ulteriori informazioni sulla famiglia di Galeno (padre, nonno, bisnonno) ai §§ 58-62. 51 L’affetto di Galeno fu riservato al padre e, apprendiamo meglio dal de indol., agli amici. non ebbe né moglie né figli per i quali potersi affliggere. 52 V. comm. a §13. 53 «Anzio» risulta da emendamenti che non sono stati accolti né da BM-J né da KS. Vedi comm. a §§ 16-18. XIV IntroduzIone Fonti, stile e fortuna Compilazioni di aneddoti sui filosofi, Aristippo §§ 39-43, Cratete di Pergamo § 46, zenone di Cizio § 48, note anche da altre fonti (diogene Laerzio, Plutarco), rinviano a opere ellenistiche perdute. Ma almeno una delle fonti di Galeno, che egli cita, Musonio rufo (§ 73), ci è nota dalle ventuno Diatribe raccolte da un suo allievo, Lukios.54 Galeno critica l’estremismo stoico di Musonio (la totale indifferenza alle disgrazie esplicitamente, la sottovalutazione cosmopolita dell’esilio implicitamente), ma concorda con lui su parecchi punti, segnalati nel commento. Ma i maggiori termini di confronto sono con l’opera dello stesso Galeno de animi, scritta poco prima del de indolentia (dopo il 185 e probabilmente prima dell’incendio del 192) come aveva notato Boudon-Millot e come ha poi precisato Jouanna. Le due opere si illuminano ora a vicenda fino a suggerire interventi testuali in entrambe. Lo stile appare poco accurato (anche al confronto col de animi di poco anteriore) con ripetizioni e frequenti incisi.55 Galeno trascura di evitare lo iato, come accade anche nel de animi e nel de propriis placitis. Il lessico è fortemente platonizzante, con allusioni frequenti alla Repubblica. Hunain ibn Ishāq (807-873), il grande traduttore e interpre˙ ˙ te arabo di Galeno, tradusse in siriaco l’operetta e suo nipote Hubaiš la tradusse in arabo: così ne parla nella Risāla n° 120: ˙ . Il suo libro sull’allontanare l’afflizione (fi s.arf al-igtimām). Questo libro è una sola maqāla e la scrisse per un uomo che chiese perché non lo avesse mai visto afflitto, e gli spiegò la causa di questo e gli chiarì per che cosa bisogna affliggersi e per che cosa non bisogna. Ayyub tradusse questo libro in 54 55 V. il comm. ad loc. e la Bibliografia. Analizzati e messi in evidenza da BM-J. IntroduzIone XV siriaco e io lo tradussi in siriaco per da’ūd il gran medico, e Hubaiš lo tradusse in arabo per Muh.ammad ibn Mūsā.56 ˙ La traduzione di Hubaiš fu utilizzata da Yusuf ibn ‘Aqnı̄n ˙ (Aknı̄n) (fine XII-metà XIII sec.),57 nel suo libro Sull’igiene 58 dell’anima, in cui cita i §§ 41-42 con un altro titolo («rifiuto . dell’afflizione», nafy al-gamm). Anche us.aybi‘a, il bibliografo arabo (floruit c. 1270), nel suo Libro delle fonti delle informazioni sulle generazioni dei medici59 menziona l’opera (con lo stesso titolo di ‘Aqnı̄n) riportando il brano della Risāla e aggiungendo all’estratto da Hunain un racconto sui libri ˙ posseduti da Galeno che viene solo parzialmente confermato dall’operetta ritrovata: Anassagora e Andromachos, che il bibliografo cita, non vi vengono menzionati. Lo stesso bibliografo cita un passo da Abū -l-Wafa’ al-Mubassir ibn Fātik (XI sec.) che menziona oggetti posseduti da Galeno i quali non compaiono in de indolentia e dovevano essere menzionati in un’altra opera, perduta (BM, p. 85 n. 37). Infine l’operetta è citata, senza titolo, in un’opera del filosofo ebreo spagnolo, Shem-tov ben Yosef ibn Falaquera (1225-c.1290), egregiamente studiato da zonta (1995). dal confronto con il de indolentia BM (pp. 85-86) ha circoscritto a tre (nn. 16, 17, 18) il numero di citazioni in Falaquera (gli stessi citati da ‘Aqnı̄n), mentre le altre più numerose, attribuite a un «saggio», non provengono, come zonta supponeva, dall’opera galenica. non sono confermate le relazioni, supposte da zonta, col 56 Bergsträsser 1925, pp. 49, 15 ss. V. anche Sezgin 1970, p. 69. Su questo e gli altri destinatari delle traduzioni v. in ultimo Micheau 1997. 57 us.aybi‘a, Kitāb ‘yūn al-anbā’ fi Taba‘āt al-at. ibbā’. BM lo qualifica come allievo di Maimonide. una ˙parte della critica distingue questo personaggio dall’omonimo dedicatario di opere di Maimonide. 58 Halkin 1944 (arabo in lettere ebraiche con traduzione inglese a fronte). 59 us.aybi‘a, Kitāb ‘yūn al-anbā’ fi Taba‘āt al-at. ibbā’. ˙ XVI IntroduzIone cap. 12 Sul respingere il dolore della Medicina spirituale di razes, né quelle con il Regime della salute di Maimonide.60 Alla fine (forse mutila)61 dell’opuscolo sono aggiunti ringraziamenti rivolti a Galeno in versi dodecasillabi (trimetri accentuativi bizantini) in molti punti assai corrotti. IL De PRoPRIIS PLaCITIS Alla fine della sua vita, Galeno sentì il bisogno di passare in rassegna i propri contributi scientifici, da una parte per garantirne la genuinità (de libris propriis) e dall’altra a fini didattici per assicurarne piena fruibilità (de ordine librorum suorum). entrambi questi scritti sono da collocare dopo il 195, con il de ordine librorum suorum che precede immediatamente il de libris propriis.62 ultimo della serie, e forse ultimo scritto tout court e per questo non registrato nei due contributi autobibliografici, il de propriis placitis intende dar conto di alcuni punti dottrinali controversi riguardo ai quali Galeno ribadisce le proprie convinzioni.63 Mentre il de indolentia costituisce un recupero in senso assoluto («un traité de Galien miraculeusement retrouvé», BM), per il de propriis placitis, le cose stanno, come si è 60 Cfr. zonta 1995, p. 20. L’opuscolo sembra finire bruscamente, ma siamo forse in presenza di uno stile senile di Galeno. 62 V. gli annunci in de ord. libr. suor. 2.23 («per cui mi bisognerà, oltre a questo, redigere un altro libello che contenga l’esposizione delle nostre trattazioni e insieme < > e l’indicazione dei punti principali»); e, per le opere filosofiche, 4.4 («quali sono i loro soggetti e quanti, è scritto per ciascuna di esse e sarà mostrato in quello scritto, in cui farò la lista di tutti quanti i miei libri»); cfr. BoudonMillot 2007b, pp. 9 s. 63 In qualche modo l’operazione di Galeno è confrontabile con quella delle Massime capitali di epicuro; ma anche per le sostanziali differenze cfr. nutton 1999, pp. 47 s. 61 IntroduzIone XVII accennato, in termini alquanto diversi. nel 1999 Vivian nutton aveva finalmente approntato per il «Corpus Medicorum Graecorum» l’edizione della versione latina quasi completa dell’operetta64 eseguita su una traduzione araba, raccogliendo, per il testo greco, scoli ed estratti di breve estensione (ma la gran parte del terzultimo capitolo e per intero gli ultimi due, che avevano avuto una circolazione autonoma sotto il titolo di Peri; th`ç oujçivaç tw`n fuçikw`n dunavmewn, Sulla sostanza delle facoltà naturali). La versione arabo-latina («poor performance of the translator») aveva duramente impegnato l’ingegno di nutton, teso a rintracciare il senso spesso assai poco perspicuo; e per la sua comprensione, lo studioso aveva largamente profuso la sua erudizione in un commento esemplare. Il risultato è stato che nonostante i molti miglioramenti lo scritto di Galeno era reso certamente fruibile nelle sue linee generali, ma in non pochi casi restavano delle oscurità e, ovviamente, dopo il passaggio dal greco all’arabo e dall’arabo al latino medievale sfuggiva del tutto il tenore letterale dell’operetta. Ma ecco che non molto tempo dopo, appunto sulla base del manoscritto del monastero dei Vlatades,65 Véronique BoudonMillot e Antoine Pietrobelli hanno potuto pubblicare l’editio princeps del testo greco; e così si tratta in questo caso, e non è certo poca cosa, di un «Galien ressuscité», come suona la presentazione dell’edizione da parte di BM-P. Datazione e struttura dell’opera Per quanto riguarda la datazione, uno dei punti su cui si basava nutton per la tarda redazione dello scritto non ha 64 Per una perdita meccanica nell’archetipo, manca la sezione finale del cap. 15. 65 Vlatadōn è il gen. plur.; il monastero era stato fondato intorno al 1350 dai fratelli monaci dorotheos e Markos Vlat(t)is. Cfr. Mavropoulou-tsioumi 1987.