Manualetto di buone prassi per la progettazione e gestione di
uno Sportello di ascolto del disagio lavorativo
Come aprire uno sportello di ascolto in ambiente universitario
a cura del Comitato Pari Opportunità del Politecnico di Milano
nell’ambito del Progetto Universidonna, progetto interregionale finanziato dalla
Comunità europea
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INDICE
Premessa
pag. 3
Alcune linee guida
pag. 4
1 Fase preparatoria
pag. 4
2 Fase di sperimentazione/attivazione dello Sportello
pag. 5
Allegati:
1- Ricerca sull'attivazione di Sportelli
per il disagio lavorativo nell'ambiente
universitario (estratto)
pag. 7
2 - Questionario relativo ad eventuali
situazioni di disagio lavorativo in
ambiente universitario
pag. 15
3 - Lettera di presentazione del
questionario al Personale Docente,
Tecnico e Amministrativo
pag. 20
4 - Comunicazione di apertura dello
Sportello di ascolto, sul sito della
Amministrazione
pag. 22
5 - Note metodologiche sulla natura
dell’ascolto in uno Sportello
pag. 24
6 - Schema di colloquio
pag. 29
7 - Note sulla formazione
pag. 31
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Manualetto di buone prassi per la progettazione e gestione di uno Sportello di
ascolto del disagio lavorativo
Come aprire uno Sportello in ambiente universitario
PREMESSA
La sperimentazione di uno Sportello di ascolto del disagio rientra nel progetto FSE “Universidonna”
progettato e gestito dall’Università degli Studi di Milano, dal Politecnico di Milano, dall’Università
degli Studi di Milano Bicocca e dall’Associazione Orientamento Lavoro Onlus di Milano.
L’azione 3 del progetto “Sperimentazione di uno Sportello del disagio” è stata progettata e gestita dal
Comitato Pari Opportunità del Politecnico di Milano.
L’azione ha previsto:
- 1) Fase preparatoria: si è innanzitutto condotta una ricerca sui diversi aspetti di definizione, di
rilevazione e di controllo del disagio lavorativo; si è poi predisposto, in forma assolutamente anonima,
un questionario conoscitivo che è stato inviato a tutti i dipendenti del Politecnico, tecnici,
amministrativi e docenti. Una sintesi dei dati, ricavati dalla elaborazione, anche questa anonima,
delle risposte al questionario, è stata resa disponibile anche sul sito dell'amministrazione.
- 2) Fase di sperimentazione/attivazione dello Sportello di ascolto: previa una adeguata comunicazione
a tutto il personale dipendente, è stato aperto in forma sperimentale lo Sportello, progettato al fine di
offrire un servizio di ascolto e di analisi delle cause di disagio e di individuazione di tipologie
differenziate di consulenza, gestito da personale esterno specializzato, in grado di indirizzare ad altri
servizi, interni o esterni all'Ateneo. La relazione svolta sull'esperienza condotta contiene anche
elementi utili per la eventuale formazione di nuovi operatori per l'allargamento di tale esperienza.
- 3) Fase di diffusione: si è infine prodotto un "Manualetto di buone prassi per la progettazione e
gestione di uno Sportello di ascolto", per l’allargamento, anche in altri contesti, dell'esperienza qui
condotta, e si è inserito l’intero progetto nel Portale della Banca Dati di Universidonna.
L’azione del Politecnico di Milano ha dunque consentito di tracciare alcune linee guida per la
riproducibilità di tale esperienza in ambito universitario.
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ALCUNE LINEE GUIDA
1) Fase preparatoria
Acquisizione degli esiti della ricerca per l’attivazione di sportelli per il disagio lavorativo in
ambito universitario
Possono essere assunti gli esiti di una ricerca (All. 1) che ha fatto emergere in particolare:
- la differenza, nel contenuto, tra mobbing e disagio;
- la differenza, nell’ascolto e nell’intervento, tra orientamento, consulenza psicologica, consulenza
legale, accertamento medico/legale;
- la differenza, nelle sedi, tra sportelli sindacali, sportelli nelle scuole, sportelli universitari, citando
le relative esperienze attraverso casi studio.
1.2 Preparazione e invio del questionario.
1.2.1 Target di riferimento
In questa fase è necessario, per monitorare il disagio, individuare un target di riferimento: tale scelta è
molto delicata, soprattutto in una università, perché occorre valutare se aprire lo sportello al solo
personale o anche agli studenti. Occorre inoltre valutare se indirizzarsi solo al personale dipendente
strutturato o anche a quello non strutturato; questa opzione comporterebbe la messa a punto di modalità
di monitoraggio differenziate per le singole categorie.
1.2.2 Questionario
Occorre predisporre un questionario anonimo da inviare, anche via e-mail, a tutto il personale target, ad
esempio, nel caso del Politecnico, il personale docente e tecnico-amministrativo assunto a tempo
indeterminato (All. 2); tale questionario potrà essere restituito in forma cartacea, anche per posta
interna, alla segreteria dello Sportello.
Il questionario sarà costituito (anche utilizzando esperti in questo senso) da un set di domande che
Il questionario sarà costituito (anche utilizzando esperti in questo senso) da un set di domande che
corrisponda alle caratteristiche del target di riferimento; le domande possono essere strutturate per
grandi aree di possibile disagio, riferite ad esempio a: 1) accesso e uso dei locali e delle attrezzature, 2)
opportunità di crescita e carriera, 3) situazione di lavoro, 4) rapporto con i colleghi e i superiori, 5)
gradimento dello Sportello.
Il questionario dovrebbe essere inviato con una lettera di presentazione degli obiettivi dell’indagine
(All. 3).
1.3 Trattamento delle risposte al questionario
1.3.1 Elaborazione dei dati
L’analisi delle risposte ai questionari va condotta con appositi programmi di trattamento dei dati, in
modo aggregato, così da garantire l'assoluta non riconoscibilità dei/delle rispondenti e in modo da far
emergere le tipologie di risposte che corrispondono alle categorie più sensibili (ex. le donne).
I risultati dell’indagine vengono poi rielaborati da un esperto e riassunti in un report che evidenzia la
mappa delle aree a rischio che emergono dalle risposte al questionario stesso.
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1.3.2 Comunicazione degli esiti del questionario
Una sintesi dei risultati del questionario può poi venire divulgata attraverso un comunicato, che
pubblicizza la conclusione del monitoraggio, e che appare sul sito interno dell’Amministrazione di
riferimento.
2) Fase di sperimentazione/attivazione dello Sportello di ascolto del disagio
2.1 Comunicazione di apertura dello Sportello di ascolto
La pubblicizzazione dello sportello può essere effettuata, un mese prima dell’apertura, mediante
modalità diverse, così da sollecitare la partecipazione ai risultati emersi dal monitoraggio del disagio e
l’interesse/attenzione verso la futura apertura dello Sportello; ad esempio: a) pubblicazione del progetto
complessivo e dell’azione relativa allo Sportello di ascolto sul giornale di Ateneo, b) trasmissione di
una lettera mail a tutto il personale, c) distribuzione/invio di una “cartolina” cartacea con obiettivi
dell’azione, orari, indirizzo, riferimenti e ubicazione dello Sportello, d) inserimento delle stesse
informazioni nelle news del sito dell’Amministrazione (All. 4).
2.2 Apertura dello Sportello di ascolto
2.2.1 Progettazione e gestione dello Sportello di ascolto
La fase di progettazione dovrebbe prendere in esame tutti gli aspetti concernenti la definizione degli
obiettivi, dell’organizzazione, dell’individuazione di un setting adeguato e, soprattutto, gli obiettivi del
colloquio al fine di offrire un servizio di ascolto e di analisi delle cause del disagio e di individuazione
delle tipologie di consulenze, differenziate a seconda dei casi (All. 5):
- ascolto e rilevazione del disagio che si manifesta all’interno degli spazi e degli ambienti fisici
dell’università
- confronto con i risultati del questionario
- analisi e valutazione delle aree di disagio emerse
- individuazioni di azioni future personali e/o organizzative per prevenire le situazioni di disagio.
2.2.2 Organizzazione
Lo Sportello riceve, previo appuntamento e nel rispetto della privacy.
La cadenza di apertura dello Sportello, per una popolazione quale quella del Politecnico, dovrebbe
essere di 2 mattine alla settimana in orari che tengano conto del bisogno di privacy e degli impegni
lavorativi delle persone, quindi con apertura anche durante la pausa pranzo o dopo l’orario di lavoro.
Le persone interessate sono invitate a telefonare alla segreteria dello Sportello e la persona di
riferimento fissa il primo appuntamento, tenendo conto, nei limiti del possibile, delle esigenze del/della
dipendente. Ogni persona che si rivolge allo Sportello ha la possibilità di almeno 2 incontri con un/una
esperto/a, esterno/a alla struttura, preservando totalmente la privacy dell’utente.
2.2.3 Setting
Il lavoro di accoglienza è importante per tutte le strutture che lavorano con le persone, e lo è ancora di
più per quelle il cui risultato è condizionato dalla collaborazione dell’utenza. Il processo di accoglienza
concorre a definire l’immagine del servizio, il cui risultato dipende dalla relazione che si stabilisce tra
la consulente e l’utente.
Per accogliere è quindi necessario progettare e costruire un funzionamento organizzativo e predisporre
spazi e tempi che consentano e favoriscano l’instaurarsi di una relazione empatica e di fiducia tra le
persone, che aiuti a uscire allo “scoperto” e a far emergere fatti ed emozioni.
E’ consigliabile quindi individuare una stanza, isolata dal resto degli uffici, dove svolgere i colloqui in
assoluta tranquillità in modo da costruire un setting accogliente che favorisca l’instaurarsi di una
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relazione di fiducia reciproca.
2.2.4 Gestione del colloquio
Si suggerisce di svolgere i colloqui utilizzando l’approccio metodologico dell’intervista autobiografica,
quindi un colloquio che utilizza domande aperte, non valuta, non suggerisce, non indaga, non
interpreta, ma può aiutare a interpretare e, se richiesto, attua un ascolto attivo/partecipativo,
incoraggiante, non invadente, senza pregiudizi.
Può essere utile, prima dell’apertura dello Sportello, preparare una scheda di rilevazione del colloquio
(All. 6) che viene compilata dal/dalla consulente per costruire una sorta di biografia dell’utente. Questa
scheda rimane esclusivamente nelle mani del/della consulente e può essere, se richiesto, letta
dall’utente. Viene esplicitato nel contratto iniziale che tutte le informazioni rimangono rigorosamente
tra l’utente e il/la consulente.
2.2.5 Strumenti del/della consulente
- Gestione del setting e della relazione (applicazione dello stile “clinico”: osservazione, ascolto attivo,
rispecchiamento dinamico, esplorazione degli auspicati, autoascolto);
- Gestione degli obiettivi (contratto e obiettivi);
- Utilizzo delle sue esperienze e competenze e della sua capacità di “dimenticare”.
2.3 Sviluppo del report conclusivo
2.3.1 Relazione sull’esperienza di ascolto all’interno dello Sportello
Tale relazione consisterà nel resoconto degli esiti delle consulenze svolte e nella eventuale creazione di
una rete di professionisti di eventuale successivo supporto.
2.3.2 Note sulla formazione
Vengono individuate le modalità per la possibile formazione di consulenti per creare un gruppo
permanente di gestione di Sportelli di ascolto (All. 7).
2.3.3 Elenco degli allegati acclusi
All. 1 Ricerca sull'attivazione di Sportelli per il disagio lavorativo nell'ambiente universitario
(estratto)
All. 2 Questionario relativo ad eventuali situazioni di disagio lavorativo in ambiente universitario
All. 3 Lettera di presentazione del questionario al Personale Docente, Tecnico e Amministrativo
All. 4 Comunicazione di apertura dello Sportello sul sito dell’Amministrazione
All. 5 Note metodologiche sulla natura dell'ascolto in uno Sportello
All. 6 Scheda di colloquio
All. 7 Note sulla formazione
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Allegato 1
Ricerca sull'attivazione di Sportelli per il disagio lavorativo nell'ambiente universitario
(estratto)
a cura di Barbara Calvi
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Ricerca per l'attivazione di Sportelli per il disagio lavorativo nell'ambiente universitario.
Non si intende affrontare con questa ricerca l'intera problematica del disagio articolata nella
molteplicità di tutte le sue possibili forme: fisica, psichica, sociale... ma esclusivamente quella del
disagio derivante da situazioni lavorative, in particolare, in ambito universitario.
Disagio lavorativo: ovvero...
Si parla di disagio (dis-agio, s.m.) lavorativo quando si realizzano condizioni di “mancanza di agio/i, di
comodità; e o situazioni incomode” (da Garzanti Dizionario della Lingua Italiana).
Per “disagio” lavorativo si intende qualsiasi situazione o condizione oggettiva, ascrivibile o imputabile
al mancato o cattivo funzionamento della struttura (intesa sia in senso fisico che organizzativo), che
causi, a persone o gruppi di persone che lavorano e/o studiano all’interno della struttura stessa,
impedimenti o difficoltà nell’accesso, o nell’effettivo accesso, a spazi, attrezzature, servizi,
informazioni, opportunità, risorse o riconoscimento per il ruolo od il lavoro svolto.
Il disagio in contesto lavorativo non e' un problema solo per l'individuo che subisce, ma è un problema
anche per l'organizzazione in cui l'individuo si colloca. Ne mina le basi limitando le opportunità di
crescita dell'organizzazione stessa.
Ambito della ricerca
Poiché le forme del disagio lavorativo in senso generale sono molteplici, si rende necessario specificare
che la nostra ricerca intende rilevare soltanto quei fenomeni che nascono, si ripetono o si amplificano
all'interno del mondo universitario.
Nel caso della nostra ricerca, quindi, il disagio a cui si fa riferimento è quello patito dai soggetti attivi
all'interno delle strutture universitarie.
Inoltre, attraverso la rilevazione di diversi episodi di disagio, si tenterà di verificare anche la presenza
di eventuali problematiche di 'mobbing'. Con questo termine ci si riferisce in generale alla situazione in
cui (1) un individuo è fatto oggetto, (2) da parte di uno o più membri dello stesso gruppo o comunità di
appartenenza, (3) di continui atti o comportamenti (4) che si configurano come atti e comportamenti di
grave, o comunque illegittimo, abuso emotivo e psichico della vittima. Il mobbing si presenta come una
forma di molestia o di violenza di tipo morale e psicologico piuttosto che fisico. Nondimeno, non si
può non sottolineare come gli effetti e le conseguenze potenziali sulla salute delle vittime – come
documentato da molti studi – siano importanti e spesso gravi. Se si considerano i diversi gruppi o
comunità ai quali l’individuo può appartenere, possono immaginarsi diverse forme di mobbing. Ad
esempio: familiare, sportivo, professionale… Oggi, più spesso, con il termine mobbing ci si riferisce
alla situazione in cui un lavoratore è fatto oggetto, da parte di uno o più membri dello stesso gruppo o
comunità di lavoro, di continui atti o comportamenti offensivi o intimidatori o ostili. Tale fenomeno
assume oggi rilevanza sociale proprio a causa della sua diffusione.
Si ritiene che un modo per iniziare un percorso attivo sia quello di mettere in essere alcune buone
pratiche, tra cui prioritariamente l’attivazione di uno sportello di ascolto. Pertanto ci si concentra in
questa fase sulla descrizione e l'analisi di alcune esperienze già in atto di sportelli esistenti .
Alcune esperienze: sportelli di ascolto, di informazione e consulenza
La nostra ricerca di esperienze di sportello assimilabili all'intento del progetto Universidonna ci ha
portato a verificare come gli sportelli 'disagio' propriamente detti presenti sul territorio sono
solitamente rivolti ad utenti disabili o immigrati e più in generale a giovani ‘a rischio’ o popolazione
marginalizzata. Nell'ambito della formazione, nel panorama scolastico, il caso più rilevato è quello
degli sportelli denominati CIC (centro di informazione e di consulenza) attivati all'interno di quasi tutte
le scuole secondarie superiori. Tra gli obiettivi prioritari vi sono quelli di sviluppare azioni che
producendo bene-essere contrastano la dispersione e l'abbandono scolastico. A tal fine le équipe docenti
coinvolte promuovono progetti accoglienza, orientamento, ascolto psicologico (lo psicologo visto come
adulto esperto, non come terapeuta), ascolto didattico, educazione alla cittadinanza e
all'imprenditorialità giovanile.
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In ambito lavorativo invece l'esperienza con la quale si ritiene di potersi confrontare è quella degli
sportelli mobbing o degli sportelli di ascolto che sono nati in varie realtà e che si articolano in:
1. ascolto/orientamento - Tutte le esperienze di sportello rilevate offrono servizi di orientamento e,
soprattutto, di verifica della sussistenza o meno dei criteri che facciano rientrare nella casistica del
mobbing le situazioni critiche che vengono presentate dagli utenti. Risulta infatti che almeno nel 1015% dei casi il lavoratore o la lavoratrice si rivolgano allo sportello mobbing senza sapere cosa sia
esattamente il mobbing o avendo informazioni scorrette riguardo alle attività dello Sportello.
2. consulenza - Una volta accertata la situazione la maggior parte degli sportelli offre forme di
assistenza psicologica all'utente (84%) e consulenza legale (71%). In alcuni selezionatissimi casi è
l'ente promotore dello sportello che si fa carico di seguire la pratica e la causa legale ove essa sia
necessaria. In altri casi lo sportello facilita la risoluzione del problema fornendo consulenze
organizzative all'azienda datrice di lavoro, supportando il lavoratore discriminato con consulenze
legali e incoraggiando una risoluzione non conflittuale della situazione.
3. accertamento/perizia - Molto scarsa (14%) e’ l’offerta di servizi di perizia medico legale sempre
necessaria per accertare la sussistenza di gravi fenomeni di mobbing o per aprire una causa.
La maggioranza delle vicende che non arrivano alla causa legale sembra risolversi con un
pensionamento anticipato, un de-mansionamento, una nuova collocazione lavorativa (o le dimissioni)
da parte del lavoratore già discriminato.
1. Orientamento
L'offerta di orientamento in merito al disagio nel mondo lavorativo o al disagio dovuto a mobbing e'
molto vasta. Diversi sono gli enti che offrono un servizio di questo tipo: associazioni nate
appositamente, più o meno specializzate, sindacati, strutture preposte all'ascolto all'interno di grandi
aziende... Queste strutture, in generale, sono anche in grado di offrire servizi di consulenza psicologica
o legale, e provvedono, una volta determinate le cause del disagio, ad aiutare il lavoratore o la
lavoratrice a risolvere la situazione affrontando gli eventi con la serenità necessaria. Altre strutture si
propongono di offrire esclusivamente un servizio di orientamento, e forniscono informazioni necessarie
per rivolgersi a chi può dare un aiuto più concreto.
2. Consulenza
La maggior parte degli sportelli assimilabili allo sportello disagio, che offrono consulenze, sono stati
attivati presso sindacati, associazioni di categoria o associazioni appositamente create. La modalità di
fruizione più diffusa è quella di 'sportello virtuale (on line o telefonico)' che raccoglie osservazioni e
richieste di supporto, attraverso la compilazione di moduli online o la chiamata a numeri verdi e
centralini d'aiuto che smistano le segnalazioni dopo aver verificato che il dichiarante abbia veramente
titolo all'assistenza da parte degli specialisti del mobbing. Il ricorso a questa modalità di accesso
potrebbe sembrare impersonale; bisogna però tener conto del fatto che spesso le vittime di mobbing
sono restie a uscire allo 'scoperto' e denunciare le discriminazioni o le violenze di cui sono oggetto. La
riservatezza e l'anonimato assicurati da internet o dal telefono invece possono facilitare l'accesso a
soggetti che altrimenti si sentirebbero in soggezione dovendo presentarsi personalmente presso un
ufficio preposto alla trattazione di casi di mobbing. Solo in un secondo tempo, una volta costruito un
rapporto di fiducia reciproca e accertata la gravità dei fatti, questi soggetti verranno invitati a incontri
personali con consulenti legali, psicologi e medici legali.
3. Accertamento e perizia medico legale: il caso della Clinica del Lavoro di Milano
Presso la Clinica del Lavoro di Milano è stato istituito nel 1996 il Centro per la Prevenzione, Diagnosi,
Cura e Riabilitazione della Patologia da Disadattamento Lavorativo (Centro Mobbing). Le persone che
ritengono di aver subito o di subire un mobbing lavorativo possono rivolgersi a questo Centro per
ottenere una diagnosi e una certificazione medica (per di più rilasciata da una struttura pubblica) del
loro stato di salute in relazione alla situazione lavorativa. Gli accertamenti vengono eseguiti da una
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equipe di medici specialisti e di psicologi attraverso: una visita medica e neuro-psichiatrica, la raccolta
dell’anamnesi lavorativa, la somministrazione di una vasta serie di test (test di personalità e psicodiagnostici), un colloquio clinico-psicologico. La certificazione rilasciata ai pazienti del Centro, una
volta dimessi, è quindi insieme una valutazione del loro stato di salute ed un giudizio sulla
compatibilità della loro situazione clinica con quella lavorativa. Tale certificazione ha spendibilità ma
non pieno valore legale ai fini della prova del cosiddetto danno biologico. La stessa certificazione può
essere impiegata anche per la richiesta di indennizzo all'INAIL.
In quasi dieci anni dalla sua istituzione il Centro per il Disadattamento Lavorativo della Clinica del
Lavoro ha accolto da tutta Italia e condotto accertamenti su più di quattro mila pazienti. Circa il 70 %
di questi hanno ottenuto una diagnosi di compatibilità dei disturbi di salute manifestati con
l’esposizione ad una situazione di mobbing. Il protocollo elaborato dal Centro è servito da modello ad
altri Centri che sono stati istituiti per rispondere ad una domanda crescente da parte dei lavoratori.
La Consigliera Regionale di Parità
Una figura istituzionale che svolge funzioni trasversali ai vari settori della società e che può avere un
ruolo chiave per monitorare e prevenire situazioni anche gravi di disagio è la Consigliera Regionale di
Parità istituita dalla legge 10 aprile 1991 n.125, recentemente modificata dal decreto legislativo 23
maggio 2000 n. 196.
Compito della Consigliera di Parità Regionale è quello di attivarsi non solo al fine di garantire la parità
di trattamento tra uomini e donne nel lavoro, ma anche di assicurare alle lavoratrici le stesse
opportunità di cui godono i lavoratori. Per il perseguimento dei fini attribuiti dalla legge, la Consigliera
di Parità svolge una molteplicità di compiti che si possono riassumere nei seguenti punti:
- rilevazione delle situazioni di squilibrio di genere che comportino discriminazioni a carattere
collettivo;
- attivazione, nei confronti dei datori di lavoro pubblici e privati, di procedure conciliative con facoltà
di chiedere loro la predisposizione di piani e progetti di azioni positive;
- facoltà di agire in giudizio per l'accertamento delle discriminazioni collettive e la rimozione dei loro
effetti;
- promozione di politiche di sviluppo sul territorio in materia di pari opportunità;
- collaborazione con la Direzione Generale dell'Assessorato Regionale alla Formazione, Istruzione e
Lavoro e con gli Organismi di Parità regionali, per promuovere Azioni Positive nella formazione e
nelle politiche attive del lavoro;
- raccolta e analisi, in collaborazione con l'Agenzia per il Lavoro, dei rapporti sulla situazione del
personale inviati dalle aziende con più di 100 dipendenti in base all'art. 9 della legge 125/1991.
Le Consigliere della Lombardia in carica sono state nominate nel febbraio 2002 con decreto del
Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero delle Pari Opportunità su designazione del Consiglio
Regionale della Lombardia.
Altre esperienze di sportello e di ascolto
Sportelli sindacali
Diversa modalità di intervento ed altro genere di servizio e di assistenza vengono offerti ai lavoratori
colpiti da mobbing dagli Sportelli anti-mobbing istituiti presso le sedi dei sindacati. Gli sportelli
vengono gestiti da esperti (spesso psicologi). La loro funzione è soprattutto una funzione di ascolto e di
orientamento. Le persone che si sentono vittime di mobbing possono rivolgersi agli sportelli del
sindacato e raccontare agli esperti la propria vicenda. Essi vengono aiutati nell'inquadrare la loro
situazione e il loro problema ed al limite indirizzati verso altri servizi e forme di assistenza come centri
sanitari o avvocati del lavoro. Spesso è offerta al lavoratore l’assistenza del patronato.
Caso studio n.1: lo sportello antimobbing della CGIL a Roma
Lo sportello antimobbing della CGIL di Roma centro nasce nel dicembre 2000, con l’istituzione di un numero verde (800255955). L’importanza dell’iniziativa trova una conferma immediata: il centralino è in pochissimo tempo subissato da
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telefonate da tutta Italia, quasi 200 soltanto nella prima settimana.
Considerato il “successo”, il mese seguente (gennaio 2001) si decide di mettere a disposizione di coloro che chiamano una
vera e propria struttura, dove le persone vengono accolte, per una prima valutazione, da uno psicologo del lavoro e da
alcuni volontari sindacali. In questi 22 mesi d’attività, lo sportello ha realizzato 4.300 contatti tramite il sito Internet e
2.500 telefonate. Fisicamente, allo sportello si sono presentati 1.250 lavoratori: per 250 è stata verificata una situazione di
mobbing. Di questi, circa 200 hanno ricevuto la certificazione medica che testimonia il danno subìto. Tra i casi accertati,
61 sono stati indirizzati ai legali dello sportello: 25 hanno avviato la procedura legale, mentre per due la vicenda si è già
conclusa con una transazione, in cui le aziende hanno riconosciuto l’esistenza delle persecuzioni psicologiche e hanno
offerto una somma per il risarcimento. Per mille delle persone che si sono presentate allo sportello, non è stata
riconosciuta la persecuzione. Questo, però, non significa che non abbiano subìto lesioni alla loro dignità di persone e ai
loro diritti. “In genere, si pensa al fenomeno – dice la segretaria della CGIL di Roma centro – come a un rapporto limitato
tra il mobber e la vittima, al massimo con la colpevole complicità di qualche collega. I racconti delle persone, in realtà, ci
parlano di condizioni di grande disagio, di climi aziendali pessimi e disturbati, di organizzazioni del lavoro incentrate su
criteri esasperati di competizione. Queste situazioni, anche se non rientrano nei casi certificati, producono comunque una
sensazione individuale di mobbing”. Un passo importante nella crescita dell’attività dello sportello è stata la firma, nel
2001, di un protocollo di collaborazione (medica e scientifica) con la II Facoltà di Medicina del lavoro dell’Università “La
Sapienza” di Roma e con la direzione del Policlinico Sant’Andrea, sempre nella capitale. “Il rapporto con l’ateneo –
spiega ancora Taranto – ha innanzitutto il pregio di stabilire un percorso protetto per le vittime. Lo sportello riceve le
richieste d’aiuto, esamina i casi e, individuate le reali esperienze di mobbing, invia i lavoratori all’università. Lì entrano in
un circuito di esami medici e di analisi delle eventuali patologie psicosomatiche, fino a giungere, laddove viene riscontrata,
alla certificazione di compatibilità con il mobbing”. Un altro aspetto da sottolineare è che, nel maggio prossimo, questa
collaborazione produrrà una ricerca che avrà come obiettivo quello di chiarire cos’è il mobbing: “Potremo così mettere
fine alla confusione attuale, che vede posizioni diverse, ma coincidenti sul “non intervento”: da quella di Confindustria,
che semplicemente nega l’esistenza del fenomeno, a quella della legge della Regione Lazio del luglio scorso, che interpreta
il mobbing in maniera così estensiva al punto di rendere impossibile qualsiasi azione di contrasto”. Ma chi sono le vittime
del mobbing? Uomini e donne sono quasi pari: un dato che indica come le azioni vessatorie sono per lo più indirizzate
verso soggetti femminili, dato che il numero delle lavoratrici è sensibilmente inferiore a quello dei maschi. L’età è
compresa tra 30 e 60 anni. Ben il 62,4 per cento lavora in aziende private: in larga parte (65 per cento) sono imprese di
grandi dimensioni, ben al di sopra dei 15 dipendenti. Nella pubblica amministrazione (37,6 per cento del totale), i casi di
mobbing si riscontrano maggiormente negli enti locali o parastatali (48 per cento), seguono la scuola e l’università (20), i
ministeri centrali (20) e il comparto della sanità (12). Pochi dei lavoratori che denunciano vessazioni, pur rivolgendosi a
una struttura CGIL, sono iscritti al sindacato. La CGIL di Roma centro non si limita tuttavia al servizio di tutela offerto con
lo sportello antimobbing. Per stroncare il fenomeno lancia anche alcune proposte. La prima è l’inserimento in ogni
documento di valutazione dei rischi aziendali(obbligo previsto per tutte le aziende dalla legge 626 del ’94) anche della
valutazione di quelli psico-sociali.
Un’altra proposta prevede la sottoscrizione di accordi che impegnino la direzione aziendale a non favorire, sia
ufficialmente nelle proprie direttive interne, sia informalmente attraverso usi e prassi, alcun tipo di situazione che possa
portare a forme di disagio. “Garantire la sicurezza sul posto di lavoro – conclude Taranto – deve oggi comprendere anche
questo tema. Il nostro intento, quindi, è di affrontarlo dentro le imprese, con il coinvolgimento degli RLS e delle
organizzazioni sindacali, per giungere alla definizione di azioni preventive, di codici di comportamento, di tutte quelle
misure orientate a eliminare le condizioni in cui le pratiche di mobbing trovano terreno fertile”. La CGIL, infine, chiede
l’inserimento nei piani formativi aziendali di specifici momenti finalizzati allo “sviluppo armonico delle relazioni umane”,
oltre alla creazione di una rete (tra ASL, parti sociali e associazioni) per assicurare una capillare assistenza alle vittime di
persecuzioni psicologiche (vedi anche: Rassegna sindacale, n. 42, 19 novembre 2002).
Sportelli dei servizi sanitari
Molti sono gli Sportelli Mobbing istituiti presso le ASL del territorio. Tutti si propongono di valutare le
situazioni di disagio lavorativo, di fornire assistenza medico- legale e specialistica ai lavoratori
riconosciuti affetti da mobbing o da altra patologia psichica lavoro-correlata e di sollecitare interventi
di medicina preventiva per la risoluzione delle circostanze lavorative comportanti rischi lavorativi per
l’insorgenza di patologie psichiche.
Caso studio n.1: sportello mobbing – Centro di osservazione del disagio lavorativo – AUSL di Pescara
Attraverso una rilevante attività di promozione del servizio e di legittimazione delle azioni erogate, lo sportello, attivo
dall’ottobre del 2001, è riuscito ad erogare assistenza a circa 200 utenti.
Caso studio n.2: Centro anti mobbing – ASL 9 di Trapani
Considerate le numerose situazioni di disagio psicologico sul posto di lavoro è l’incremento di patologie riferibili a stress
lavorativo e mobbing, l’ASL 9 di Trapani ha ritenuto opportuno attivare un Centro Anti-Mobbing al fine di offrire ai
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lavoratori, consulenze specialistiche in materia e definire, attraverso appositi protocolli, le situazioni di disagio lavorativo
riferibili a mobbing.
Sportelli nella scuola dell'obbligo e nella scuola secondaria superiore: i CIC
A partire dagli anni '90 il Progetto Giovani voluto dall'allora Ministero della Pubblica Istruzione ha
dato origine alla nascita di innumerevoli Centri di Informazione e di Consulenza (CIC) presso quasi
tutte le scuole secondarie superiori dell'intero paese, finalizzati al contenimento della dispersione
scolastica e alla promozione del benessere fisico, psichico e sociale degli studenti, in primis, ma anche
degli operatori e delle famiglie. Da alcuni anni esistono strutture propriamente dette ‘Sportello disagio’
nella scuola dell’obbligo sotto forma di sportello disagio-scolastico, sportello disagio-disabilità e
immigrazione.
Accogliere, informare, consigliare, orientare, sostenere, accompagnare: queste sono le azioni portanti
messe in essere nella maggior parte dei servizi di sportello attivati presso le scuole medie e le scuole
superiori oltre che presso i centri di formazione professionale.
(vedi http://retepegaso.scuolalieta.it/sportelli_ask/index.html della Regione Veneto).
Caso studio n.1: Comune di Napoli: Progetto Sportello ascolto
Facilitare la prevenzione dei problemi e dei conflitti in chiave educativa e sociale; fornire informazioni e indicatori al fine
di individuare le problematiche; individuare il disagio familiare e/o scolastico; garantire un intervento tempestivo
adeguato in tutti i casi di disagio; monitorare le situazioni a rischio.
Caso studio n.2.: Sportello di Ascolto in un Istituto Omnicomprensivo in provincia di Bologna
Lo sportello di ascolto si inserisce nell’ambito di un progetto di più ampio respiro che i docenti della scuola media Pascoli
hanno elaborato per l’anno scolastico 2003/04 al fine di far fronte ai casi di disagio sempre più diffusi fra gli adolescenti
che frequentano la scuola media in oggetto.
Caso studio n. 3: Centro Informazione e Consulenza (CIC) di Bussolengo (Vr)
E' un punto d'incontro collocato all'interno di ogni scuola media superiore al quale possono accedere ragazzi ed
insegnanti. Compito del CIC è la promozione del benessere e la prevenzione del disagio.
Gli sportelli universitari
Le Università che si muovono nell'ambito del disagio lavorativo, quando non attivano progetti di
ricerca specifici come nel caso dell'Università di Padova (caso studio n. 6, qui di seguito), promuovono
strutture in accordo con altri partner, principalmente con i sindacati (Università di Cagliari, Università
di Firenze), e rilevano esclusivamente situazioni di mobbing offrendo consulenza psicologica e legale.
Gli utenti che si rivolgono a queste strutture sono lavoratori dipendenti in senso generico, docenti o
personale tecnico-amministrativo, non necessariamente iscritti al sindacato e appartenenti agli Atenei.
La componente studentesca non rientra nelle attività dello sportello; d'altro canto lo sportello è rivolto
esclusivamente al rilevamento di situazioni di mobbing, disagio quindi in ambito lavorativo.
Nei confronti della componente studentesca molte realtà universitarie si sono invece attivate per offrire,
al loro interno, in collaborazione con associazioni e professionisti, servizi di counseling e supporto. Si
tratta soprattutto di iniziative rivolte a ridurre il disagio degli studenti inteso sia come problema di
inserimento sociale e relazione interpersonale, sia come difficoltà nell’affrontare la vita accademica
(corsi, piani di studi, esami,…). Le risorse e gli esperti coinvolti sono quindi di vario genere,
comprendendo specialisti di settore come assistenti sociali, psicologi o sociologi oppure tutor
universitari provenienti dai diversi corsi di studio.
Caso studio n.1: Servizio di ascolto al disagio Universitario (AIED, Associazione Italiana per l'Educazione Demografica
di Pisa)
Un servizio di ascolto può essere focalizzato a seconda dei casi su uno o più dei seguenti aspetti come la socializzazione,
sugli aspetti affettivo-relazionali, su una più corretta percezione di sé, su una migliore organizzazione del proprio tempo, su
uno sviluppo e potenziamento delle proprie abilità di studio.
Questa forma di aiuto è prassi comune in gran parte delle università europee e nord americane, mentre per l'università
italiana si tratta ancora di iniziative sporadiche e alle prime esperienze.
La sezione Aied di Pisa, nella sua esperienza ormai quasi ventennale, ha ritenuto utile organizzare un servizio di ascolto al
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disagio psicologico per studenti universitari.
Tale servizio nasce dall'esigenza di dare una risposta alla complessa e sfaccettata gamma di difficoltà che lo studente
incontra negli anni dell'università, e comprende un aiuto psicologico adeguato e personalizzato, pensato proprio per
rispondere alle richieste ed esigenze di questa particolare fascia di utenza a cavallo tra l'adolescenza e l'età adulta. Il
servizio si avvale di specialisti che hanno una preparazione specifica.
Caso di studio n.2: Università degli Studi di Torino - Counseling per gli Studenti
Il Servizio è gestito in collaborazione tra la Facoltà di Psicologia e quella di Medicina. Dalla presentazione:
"Per realizzare un'efficace rete di intervento rispetto ai bisogni della popolazione studentesca, l'Area Servizi agli Studenti
ha attivato un servizio di Counseling, i cui obiettivi sono i seguenti:
- offrire una relazione professionale di aiuto agli studenti che vivono difficoltà personali tali da ostacolare il normale
raggiungimento degli obiettivi accademici;
- fornire ascolto e sostegno agli studenti con difficoltà nelle relazioni interpersonali e con problemi di integrazione sociale,
al fine di migliorare la conoscenza di sé e le proprie capacità relazionali;
- aiutare gli studenti in situazioni di crisi ad individuare l'origine del proprio disagio e a sviluppare strategie di
adattamento;
- fornire appoggio e chiarificazione agli studenti che vivono situazioni di stress e ansia;
- supportare gli studenti che presentano problemi riferibili ad una scelta di studi non adeguata rispetto ai loro reali
interessi e alle loro motivazioni a rivedere la scelta effettuata. Il servizio di counseling è gratuito, indipendente dalle
Facoltà e dai Dipartimenti universitari e garantisce la massima riservatezza."
Caso studio n.3: Servizio di Counseling del Politecnico di Torino
Dalla presentazione:
"Il "Servizio di counseling " si pone come una forma di relazione d'aiuto agli studenti che vivono situazioni di difficoltà
personali. Il counseling permette di attivare le risorse cognitive ed emotivo-affettive attraverso le quali l'individuo valuta in
un primo momento la problematica da affrontare per poi avvicinarsi ed attingere ad una possibile soluzione. L'intento è
quindi quello di offrire uno spazio riservato di sostegno e di ascolto in cui poter individuare e affrontare le possibili
motivazioni del disagio, eventualmente evidenziando la presenza di problemi di carattere didattico derivati da scelte
scolastiche inadeguate rispetto alle proprie attitudini personali. Le richieste di consultazione possono essere inoltrate
telefonicamente o scrivendo un messaggio di posta elettronica. Il servizio è gratuito, volontario ed aperto a tutti."
Caso studio n.4: L'Università della Calabria
A Cosenza, L’Università della Calabria ha costituito uno sportello pari opportunità rivolto dapprima alle studentesse, e poi
allargato anche agli studenti. La funzione dello sportello è una funzione di orientamento in uscita dall’Università (tra le
attività: raccolta e informazione su offerte formative post-laurea e lavorative; bilanci di competenze, colloqui di
orientamento individuali). L’istituzione e apertura dello sportello pari opportunità sono state pubblicizzate, oltre che sulla
bacheca ed il sito web dell’università, anche attraverso la realizzazione di uno spot mandato in onda sulle reti locali.
L’apertura dello sportello è stata preceduta da una fase di formazione dei formatori e quindi dal reclutamento di due
sportelliste. L’indagine preliminare alla realizzazione del progetto è consistita nella consultazione di ricerche svolte
nell’ambito del disagio delle neo-laureate. Non è stato impiegato nessuno strumento di raccolta diretta di dati (questionari
o interviste). Presso la stessa Università di Cosenza la volontà di istituire uno sportello mobbing non si è ancora
concretizzata in un progetto effettivo anche perché disturbata, in una certa misura, dalla previsione di insediamento di un
Comitato paritetico antimobbing come previsto dal CCNL.
Caso studio n.5: l'Università degli Studi Milano Bicocca
A Milano, L’Università di Bicocca, ha attivato uno sportello pari opportunità rivolto alle studentesse e agli studenti di
diverse Facoltà comprese nel polo. La funzione dello sportello è una funzione di orientamento in entrata, in itinere e
all’uscita dall’Università. E’ in progetto presso la stessa Università di Milano-Bicocca l’apertura di uno “Sportello di
ascolto” che vorrebbe affrontare anche le tematiche del disagio lavorativo e del mobbing. Il progetto si trova però ancora
in fase di discussione presso il Comitato Pari Opportunità. Anche nel caso di Bicocca, il progetto e l’iniziativa dovranno
considerare il prossimo insediamento di un Comitato paritetico anti-mobbing.
Caso studio n.6: l’Università di Padova
Il caso studio in ambito universitario che si ritiene più completo è quello dell'Università di Padova. Esso appare unico nel
suo genere poiché ha attivato una serie di iniziative volte a raggiungere tutti i diversi tipi di utenti presenti in Ateneo, sia
studenti sia lavoratori. Sono nate così, all'interno del piano di azioni positive, diverse iniziative di rilievo tra cui un vero e
proprio Osservatorio sul mobbing in collaborazione con la Provincia e il Comune di Venezia, che si prefigge di
approfondire la conoscenza pura del fenomeno e l'incidenza dello stesso sul territorio senza tralasciare di monitorare la
trattazione del tema in ambito legale.
L’iniziativa che forse interessa maggiormente il tema della nostra ricerca sul disagio lavorativo in un contesto accademico è
quella della ricerca intitolata “Molestie, Mobbing e Codice di Condotta”, realizzata dal Comitato Pari Opportunità in
collaborazione con il Prof. Ivano Spano del Dipartimento di Sociologia e pubblicata nel 2003. La ricerca è stata svolta
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sottoponendo al personale tecnico amministrativo, costituito, al tempo della ricerca, da 2154 persone, di cui 1233 uomini e
921 donne, un questionario relativo al mobbing e al clima lavorativo. L’invito a rispondere al questionario era stato rivolto
ad un campione di 1200 dipendenti (600 uomini e 600 donne) e di questi hanno risposto in 319 (77% donne). Come metodo
di contatto è stato utilizzato il mezzo elettronico e sono stati adottati particolari accorgimenti in maniera da tutelare la
privacy dei diversi soggetti coinvolti. Ogni individuo infatti era in possesso di un nome utente e di una password che
permettevano l’accesso ad un sito web nel quale venivano raccolte le risposte che venivano poi inviate automaticamente ad
un soggetto esterno in grado di elaborare i dati.
Nel questionario le domande erano raggruppate per ambito tematico secondo le suddivisioni proposte dalla letteratura
scientifica esistente in tema mobbing ovvero:
- dati generali (età, sesso, stato abitativo, comune di residenza, titolo di studio, anni di servizio, zona di lavoro, categorie di
inquadramento, aree di appartenenza, tipo di contratto);
- relazioni interpersonali (rapporti con il superiore, rapporti tra colleghi e sottoposti, vita privata e vita pubblica);
- mansioni lavorative (lavori nocivi, umilianti, controllo sul lavoro, risultati e prestazioni, strumenti e compiti, capacità
personali);
- dati personali (riguardo alle caratteristiche fisiche, psicologiche, culturali, religiose e politiche, azioni di denigrazione);
- dati di salute (eventi stressanti, salute fisica e psichica, valutazione del proprio stato di salute personale, situazioni
personali);
- percezioni di violenza o minacce di violenza (violenza fisica, avances, espressioni umilianti, ricatti);
-altre eventuali azioni.
Questa attività di rilevazione aveva preceduto l’apertura dello sportello di ascolto gestito principalmente dalla consigliera di
parità stessa.
Il Comitato Pari Opportunità dell’Ateneo ha sviluppato un piano di azioni positive che include anche:
a. PROGETTO LABORATORIO DI COMPETENZE
Informalmente denominato “Imparo a dire no”, il gruppo di lavoro era formato da otto dipendenti che presentavano
situazioni di disagio lavorativo diverse tra loro, coordinati da uno psicologo formatore che opera normalmente in contesti
esterni al nostro ateneo e anche al nostro territorio. Lo scopo del gruppo era di capire se le persone coinvolte riuscivano
ad elaborare una proposta collettiva di uscita dal disagio, pur nella diversità delle singole problematiche personali.
Al termine dei primi quattro incontri il gruppo ha espresso alcune ipotesi di lavoro nella direzione di offrire un’occasione
di aiuto anche a tutti gli altri dipendenti, vale a dire:
1. realizzazione e messa in scena di un testo teatrale, per passare dalla dimensione personale del racconto di sé alla
dimensione pubblica dell’azione del proprio disagio;
2. realizzazione di un opuscolo informativo per far conoscere a tutto il personale che tipo di servizi sono offerti dall’ateneo
e dal territorio in tema di disagio lavorativo e personale.
b. COLLABORAZIONE CON DIPARTIMENTO DI NEUROSCIENZE – SEZIONE PSICHIATRICA
La collaborazione con l’Ambulatorio di consultazione e psicoterapia psicoanalitica della relazione genitori/figli e del ciclo
della vita coordinato dalla dottoressa Maria Pierri nasce da un’esigenza emersa durante il servizio di ascolto dei
dipendenti, delle studentesse e degli studenti svolto quotidianamente dal Comitato. L’ambulatorio è in grado di seguire casi
individuali e collettivi relativamente sia alle molestie morali che a quelle sessuali (mobbing e burn-out), nonché costituire
un prezioso supporto per lo staff del Comitato.
c. SPORTELLO DI ASCOLTO PER LAVORATORI E STUDENTI
Presso il Comitato pari opportunità dell'Università degli Studi di Padova è attivo uno sportello di ascolto: lavoratrici e
studentesse, lavoratori e studenti possono segnalare problemi o le discriminazioni che emergono nell'ambito della loro vita
professionale e di studio.
Lo sportello è attivo il lunedì e il venerdì dalle ore 10:00 alle ore 12:00 ed il mercoledì dalle ore 15:00 alle ore 17:00
presso la sede del Comitato pari opportunità (via VIII febbraio 1848, n. 2-cortile nuovo di Palazzo del Bo).
L'ufficio fornisce accoglienza, ascolto e sostegno garantendo riservatezza e professionalità. Per fissare un appuntamento
telefonare al numero 049 8273166, lasciando un messaggio nella segreteria telefonica attiva fuori orario oppure scrivere
all'indirizzo di posta elettronica dello sportello di ascolto: [email protected].
Tutto il materiale che riguarda sia il piano di azioni positive che il codice di condotta può essere scaricato sul sito
www.unipd.it.
I casi studio riportati in carattere corsivo sono stati desunti da siti Internet.
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Allegato 2
Questionario relativo ad eventuali situazioni di disagio lavorativo in ambiente
universitario
a cura di Luca Beretta
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Comitato Pari Opportunità del Politecnico di Milano
Questionario relativo ad eventuali situazioni di disagio
per il personale docente e tecnico-amministrativo del Politecnico di Milano
❑ Uomo ❑ Donna
Meno di 30
Tra i 30 e i 34
Tra i 35 e i 39
Tra i 40 e i 49
50 o oltre
Livello di scolarità:
scuola dell’obbligo
diploma medio-superiore
laurea
Condizione familiare:
vive nella famiglia di origine
singolo/a
singolo/a con figli
coniugato/a
coniugato/a con figli
Presso il Politecnico, di quale categoria del personale fa parte?
Personale tecnico
Personale amministrativo
Personale docente
Qual è il suo attuale livello di inquadramento? ………
Da quanti anni lavora presso il Politecnico con questo inquadramento? ………
Da quanti anni lavora in generale presso il Politecnico? ………
Nel corso di questi anni ha avuto qualche passaggio di carriera?
. Si
No
Qual è la tipologia del suo rapporto di lavoro con l’Università?
(Per il personale tecnico-amministrativo:)
Tempo indeterminato, tempo pieno
Tempo indeterminato, part time
Tempo determinato, tempo pieno
Tempo determinato, part time
(Per il personale docente:)
Tempo pieno
Tempo parziale
Il suo diretto superiore è:
un uomo
una donna
Il suo diretto superiore è:
un tecnico-amministrativo
un docente
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Ritiene che all’interno del Politecnico, o della sua struttura in particolare, si verifichi qualcuna (o alcune) delle seguenti
condizioni di disagio nell’accesso o nell’ uso di locali e/o di attrezzature dell’Università (aule, uffici, laboratori, servizi igienici,
mense…)?
presenza di barriere architettoniche che impediscono l’accesso a categorie di persone con particolari esigenze
inadeguatezze negli orari, dotazioni o modalità di utilizzo di particolari servizi, aule o laboratori
inadeguatezze nella manutenzione
inadeguatezze nella pulizia e/o nei servizi igienici
Altro (specificare) ………
Ritiene che l’essere donna o uomo abbia influenzato il suo percorso di lavoro e/o di carriera?
□ Si □ No. Se si, indichi in che modo:
per impegni personali o carichi familiari
per le relazioni con i colleghi
per le relazioni con i superiori
Relativamente alle opportunità di crescita all’interno del Politecnico e alla definizione dei percorsi di car riera, ritiene che si siano
verificate o si verifichino situazioni di (indicarne al massimo tre):
. mancata segnalazione o tardiva diffusione di bandi o informazioni relative a concorsi per posizioni interne
corsie preferenziali o favoritismi nella competizione o nell’assegnazione di determinati incarichi o ruoli
. mancanza di trasparenza nelle procedure in quanto:
i criteri di merito non sono oggettivamente determinati
le carriere non sono definite all’interno di un progetto di sviluppo e di effettiva valorizzazione del lavoro svolto
difficoltà connesse ad eventuali richieste di trasferimento
(per il personale docente) corsie preferenziali o favoritismi nei concorsi, nelle chiamate o in altre modalità di selezione
(per il personale docente) difficoltà di carriera dovute all'appartenenza a scuole o aree di ricerca di minore diffusione
(per il personale tecnico-amministrativo) non viene proposta sufficiente o adeguata attività di formazione
(per il personale tecnico-amministrativo) non vi è adeguato riconoscimento riconoscimento di talune attività formative ai fini
dell'avanzamento di carriera
Altro (specificare) ………
Quanto si sente coinvolto nella programmazione degli obiettivi o dei progetti dell’Ateneo?
Molto
Abbastanza
Poco
Per nulla
Quanto si sente coinvolto nella programmazione degli obiettivi o dei progetti all’interno della sua struttura?
Molto
Abbastanza
Poco
Per nulla
Ritiene che la situazione di lavoro presso la sua struttura sia per lei o per altri fonte di disagio?
Si
No
In caso affermativo, per quale/i dei seguenti motivi (indicarne al massimo tre) ritiene che ciò si verifichi?
cattiva organizzazione della struttura
assegnazione non equilibrata degli incarichi di insegnamento
 assegnazione non equilibrata di incarichi a carattere amministrativo e/o organizzativo
scadenze difficili o impossibili da rispettare
definizione delle mansioni non chiara o approssimativa
mancanza di autonomia e/o eccessivo controllo nello svolgimento delle singole mansioni
stress generato da elevati ritmi o da particolari condizioni di lavoro
mancanza o sottrazione di lavoro
mancata reintegrazione o danni alla carriera dopo un periodo di assenza (anche per maternità)
Altro (specificare) ………
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Ritiene che, in generale, il rapporto con i suoi colleghi
di lavoro (pari grado o subordinati) sia:
Positivo
Discreto
Negativo
Se ritiene che nel rapporto con i suoi colleghi esistano degli aspetti negativi, quale (o quali) dei seguenti indicherebbe (indicarne
massimo tre):
mancanza di riconoscimento o svalutazione del lavoro svolto
eccessiva competitività tra colleghi
scarsa fiducia da parte dei propri collaboratori
presenza di conflitti interpersonali
pressioni ricevute
atteggiamenti o comportamenti offensivi o minacciosi
atti o condotte di molestia sessuale (verbale o fisica)
condotte o atteggiamenti persecutori o ricattatori
Altro (specificare) ...
Ritiene che, in generale, il rapporto con i suoi superiori sia:
Positivo
Discreto
Negativo
Se ritiene che nel rapporto con i suoi superiori esistano degli aspetti negativi, quale (o quali) dei seguenti indicherebbe (indicarne
massimo tre):
mancanza di riconoscimento o svalutazione del lavoro svolto
scarsa fiducia nei confronti dei collaboratori
presenza di conflitti interpersonali
assegnazione di compiti troppo al di sopra o troppo al di sotto delle proprie competenze o capacità
pressioni ricevute
atteggiamenti o comportamenti offensivi o minacciosi
atti o condotte di molestia sessuale (verbale o fisica)
condotte o atteggiamenti persecutori o ricattatori
Altro (specificare) ...
All’interno del Politecnico è a conoscenza di pregiudizi, prassi o atteggiamenti discriminatori nei confronti di particolari categorie
di dipendenti basati sul (dare al massimo tre indicazioni):
genere (donne o uomini discriminati le une rispetto agli altri, o viceversa, nelle opportunità o nel trattamento)
età
aspetto fisico
orientamento sessuale
religione
opinioni politiche
militanza sindacale
provenienza geografica da differenti zone dell’Italia
origine etnica
presenza di disabilità
Altro (specificare) ...
Ritiene che all’interno del Politecnico, o della sua struttura in particolare, si faccia uso di linguaggi impropri, come ad esempio:
ricorso a stereotipi di genere che tradiscono pregiudizi sulle attitudini e capacità lavorative o professionali specifiche, maschili e
femminili
uso di soprannomi offensivi
battute sessiste o razziste
turpiloquio
Altro (specificare) …….
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Avverte la mancanza di referenti, all’interno dell’Università, per comunicare eventuali situazioni di disagio o malessere
lavorativo, o anche solo situazioni di isolamento o di inadeguatezza?
Si
No
Talora
E' a conoscenza dell'esistenza, sul territorio, di istituzioni o centri a cui rivolgersi per questo tipo di problematiche?
Si
No
A chi si rivolgerebbe, nella situazione attuale, per comunicare o segnalare un suo eventuale disagio o malessere lavorativo?
………
Pensa che sarebbe utile la presenza di uno sportello di ascolto, all’interno del Politecnico, che raccolga segnalazioni in merito a
condizioni o situazioni di disagio (naturalmente garantendo la riservatezza)?
Si
No
Personalmente si rivolgerebbe allo sportello?
Si
No
Quali competenze o professionalità specifiche troverebbe utili nel collaborare ad una eventuale attività di sportello?
legale
 edica
m
psicologica
Altro (specificare) ………
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Allegato 3
Lettera di presentazione del questionario al Personale Docente, Tecnico e
Amministrativo
a cura del CPO del Politecnico di Milano
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COMITATO PARI OPPORTUNITA’
Milano, 17 Febbraio 2006
Al Personale Docente, Tecnico e Amministrativo
Politecnico di Milano
Il Comitato Pari Opportunità del Politecnico di Milano ha ritenuto opportuno avviare una ricerca su un
problema emergente di sempre maggior interesse: il disagio sul luogo di lavoro, disagio inteso come
malessere che coinvolge la qualità della vita lavorativa e che spesso fatica a rendersi manifesto. Tale forma
di disagio si vive oggi anche nelle Università e ci sembra di percepirne i segni pure all’interno dell’ambiente
di lavoro del nostro Ateneo.
II Comitato intende raccogliere e monitorare tale disagio nelle sue diverse espressioni, in forma assolutamente anonima,
attraverso il questionario che Le sottoponiamo e che riteniamo possa aiutare l’Ateneo a costruire progetti futuri che
sottolineino il valore, innovativo ma fondamentale, del benessere nel lavoro.
Questa iniziativa, e il questionario in particolare, fanno parte di un progetto finanziato dalla Comunità
Europea dal titolo Universidonna, un progetto interregionale di ampio respiro, capofila la regione Piemonte,
cui hanno aderito la regione Lombardia, la regione Toscana e le province autonome di Trento e Bolzano.
Per quanto riguarda la regione Lombardia tale progetto viene elaborato congiuntamente dall’Università degli
Studi di Milano, dall’Università degli Studi di Milano Bicocca, dal Politecnico di Milano e dall’Associazione
Orientamento Lavoro Onlus di Milano.
Gli obiettivi generali del progetto sono:
• Favorire l'introduzione di una cultura di genere nelle Università;
• rilevare e monitorare la presenza di discriminazioni di genere nei percorsi formativi, nel primo ingresso
nel mercato del lavoro e nelle carriere all'interno delle Università per studenti/studentesse, per il
personale docente e per quello tecnico amministrativo;
• monitorare le pratiche di introduzione di una didattica orientata alla prospettiva di genere e alle pari
opportunità;
• monitorare e favorire ricerche e tesi di laurea e dottorato orientate alle pari opportunità e agli studi
di genere e individuare gli ambiti tematici nei quali
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Allegato 4
Comunicazione di Apertura dello Sportello di ascolto, sul sito della Amministrazione
a cura del CPO del Politecnico di Milano
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Apertura sportello di ascolto del disagio sul lavoro
Presso il Politecnico di Milano verrà aperto, in forma sperimentale, uno Sportello di ascolto del disagio sul
lavoro, cui possono rivolgersi docenti, tecnici e amministrativi.
Lo sportello una iniziativa del Comitato Pari Opportunità del Politecnico e rappresenta l'esito di una ricerca
relativa al disagio sul luogo di lavoro, svolta nell'ambito di un progetto interregionale di ampio respiro,
Universidonna, finanziato dalla comunità Europea, cui partecipano Il Piemonte, la Lombardia, la Toscana e
le province di Trento e Bolzano.
Il disagio sul lavoro va infatti inteso come problema emergente di sempre maggiore interesse, tale da
coinvolgere la qualità della vita, e non solo di quella lavorativa: seppure fatichi spesso a rendersi manifesto,
lo si vive oggi anche nelle università e sembra di percepirne i segni pure all'interno dell'ambiente di lavoro
del Politecnico di Milano.
Per raccogliere e monitorare tale disagio nelle sue diverse espressioni, in forma assolutamente anonima, il
Comitato Pari Opportunità ha predisposto un questionario conoscitivo che stato inviato a tutti i dipendenti del
Politecnico, tecnici, amministrativi e docenti: l'analisi completa dei dati ricavati dalle risposte al questionario
sarà disponibile su Intranet alla sezione Comitato Pari Opportunità.
Lo Sportello, progettato al fine di offrire un servizio di ascolto e di analisi delle cause del disagio e di
individuazione di tipologie di consulenza, differenziate a seconda dei casi, sarà gestito da personale esterno
specializzato che potrà eventualmente indirizzare ad altri servizi, interni o esterni all'Ateneo.
Lo sportello sarà aperto dal 4 maggio nei locali del Comitato Pari Opportunità (edificio 21, Campus
Bonardi), con cadenza bisettimanale: per accedere al servizio sarà sufficiente fissare un appuntamento al
numero telefonico 02 2399 3765, attivo già da ora in orario di ufficio.
Il Comitato Pari Opportunità del Politecnico di Milano ritiene con questa iniziativa di sottolineare il valore,
innovativo ma fondamentale, del benessere sul lavoro.
Il Presidente del CPO
Milano, 21 Aprile 2006
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Allegato 5
Note metodologiche sulla natura dell’ascolto in uno Sportello
a cura di Laura Mazzolari
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La natura dell'ascolto in uno sportello
ASCOLTARE
L’ascolto e la consapevolezza di essere ascoltati sono alla base di ogni relazione di aiuto.
Ascoltare significa non filtrare ciò che l’altro dice , ma testimoniare ciò che ci comunica conferendo
senso e significato alle sue parole e ai suoi sentimenti, emozioni, al suo eventuale disagio, alle sue
difficoltà e paure.
METTERSI AL POSTO DELL’ALTRO
Assumere immaginativamente la posizione di chi parla senza giudicare i contenuti e i significati del
messaggio dell’altro.
Eliminare le incomprensioni e i conflitti, avvicinandosi emotivamente agli altri e imparando a
capirli.
Difficoltà nell’ascolto attivo
La permanenza, per un certo tempo, di una fase di incertezza: dove ci porterà l’ascolto.
La costrizione al confronto con l’altro, la diversità.
La revisione delle sicurezze personali e degli schemi di analisi della realtà (autostereotipi).
La richiesta di fare i conti con le proprie emozioni e difese. In particolare con la paura di conoscere,
dipendere, danneggiare.
Le difese nell’ascolto
Deformare: “aggiustare” inconsapevolmente i dati della realtà per adattarli ai propri schemi e punti
di vista, finendo con il modificarne il significato.
Colludere: accettare senza critica attiva e senza approfondimento quello che chi parla propone.
Parzializzare: sentire solo una parte di ciò che si ascolta cancellando ciò che provoca ansia e
insicurezza.
Cancellare i propri sentimenti: negare le emozioni provate verso l’altro o verso ciò che ci sta
dicendo.
Per migliorare l’ascolto attivo
Fare attenzione: prestare attenzione a chi parla inviando feedback non verbali che indichino che si
sta ascoltando.
Ricercare il senso di ogni messaggio: cogliere il significato, le idee, le emozioni e le intenzioni,
verificando che ci sia congruenza tra messaggio verbale e messaggio non verbale.
Prestare attenzione a ciò che risulta spiacevole e sgradito.
Trattenersi dal valutare: non affrettare giudizi (anche interni) prima di avere ascoltato tutto.
Chiedere chiarimenti in modo non indagatorio per avere ulteriori informazioni, cercare di capire ciò
che chi parla vuole esprimere.
Distinguere i fatti dalle opinioni.
Accertarsi che la persona abbia detto tutto: non accontentarsi di risposte superficiali o di comodo.
Individuare il messaggio principale e isolarlo dai dettagli: focalizzare il problema.
Incoraggiare e stimolare la persona a esprimere il proprio parere.
Formulare domande per approfondire, chiarire, coinvolgere, non giudicando e mantenendo un
atteggiamento assertivo.
Riformulare i contenuti emersi con parole proprie.
Verificare che ciò che si è compreso corrisponda alle intenzioni dell’altro, onde ridurre il rischio di
incomprensioni, fraintendimenti e interpretazioni errate.
Ricapitolare il contenuto espresso dall’interlocutore per fornire un ponte al proseguimento del
dialogo.
Alcuni strumenti della consulente nel suo operare
Tenuta della “giusta distanza”
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Ricerca del linguaggio “adeguato”
Ascolto dei contenuti e della “risonanza interna”
Atteggiamento di reverie
Uso “fecondo” della domanda
Pazienza nell’accettazione dei limiti temporali e dell’obiettivo condiviso
Capacità di “sostare nell’incertezza” per aiutare l’utente ad aiutarsi ed individuare la propria
strategia
Alcune aree di attenzione e criticità della consulente nella gestione del ruolo
Desiderio di capire il problema
Misura delle proprie capacità professionali
Misura delle proprie capacità relazionali
Coerenza con il ruolo
Cosa fa la consulente
Chiede informazioni
Rispecchia descrivendo situazioni
Approfondisce con richieste di chiarimento
Evidenzia connessioni e ripetitività
Sostiene atteggiamenti positivi e costruttivi
Evidenzia aspetti trascurati del problema
Affianca nell’individuare strategie possibili
Aspetti metodologici
L’analisi della domanda di aiuto.
La comprensione della domanda costituisce il primo lavoro necessario per condurre quello che
viene definito “esame di realtà”. La seconda operazione consiste nel concentrarsi su sfaccettature e
sfumature.
Questo significa soprattutto considerare anche le emozioni legate agli eventi. Il modo di raccontare,
le sottolineature, le omissioni, etc. non rappresentano delle imperfezioni o degli elementi di
disturbo, ma aspetti utili per comprendere e veicolare informazioni che non sempre le parole, la
parte più raziocinante è in grado di trasferire. D’altro canto è anche necessario effettuare
un’operazione di “bonifica”: nel tutto narrato e trasferito – emozioni, richieste, stati d’animo, etc. –
occorre distinguere i diversi ingredienti. In questo percorso ci aiutano i livelli di analisi della
domanda:
- comprendere prima il dichiarato, ossia quello raccontato dalla persona;
- poi passare a lavorare sul presunto, cioè porsi delle domande su quali potrebbero essere ragioni
e aspetti rilevanti della situazione problematica;
- definire l’effettivo, vale a dire l’ipotesi di lavoro ed interpretativa;
- sviluppare l’auspicato: cosa potrei fare per migliorare la situazione?
E’ evidente cosa s’intenda con dichiarato: quanto è stato precisamente detto da chi racconta. E’ il
momento in cui la consulente si impegna per trovare i “dati”. Si concentra sulla ricerca degli aspetti
più “oggettivi”, sugli unici elementi riconoscibili e condivisibili: quanto affermato e visto. Si
registrano le affermazioni, si conserva memoria dei comportamenti e delle emozioni di chi narra,
sensazioni di chi ascolta, interpretazioni. Si cerca di tenere distinti i diversi dati; si fa di tutto per
evitare di confondere quanto detto dalla persona che racconta con le interpretazioni di chi ascolta
(quante volte questo meccanismo confusivo ha innescato incomprensioni e problemi!). Si tratta di
fare un po’ come gli archeologi: appena trovano un reperto questi devono preoccuparsi di pulirlo
con delicatezza per non rovinarlo ed evitando di procedere immediatamente alla sua catalogazione
(l’interpretazione).
Per questo si lascia parlare chi porta il problema. Non s’invade, ma si accoglie; non si giudica, ma si
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ascolta. Non s’interroga, ma si chiarisce: “per capire meglio che cosa intendi con ….; potresti farmi
un esempio pratico?” oppure “mi pare tu abbia detto che il tuo gruppo è composto da dieci persone,
di cui ….; è corretto?”.
L’operazione è importante anche dal punto di vista relazionale e del clima: chi racconta un
problema che lo riguarda parla di sé, diventa un po’ “vulnerabile”. Ha quindi bisogno di sentirsi
rassicurato ed accolto e non giudicato.
Dal dichiarato si passa al presunto. Presumere nel senso di supporre. E’ una fase molto delicata.
Chi, infatti, non sente il desiderio immediato e irrefrenabile di dire la sua, di spiegare come
effettivamente stanno le cose, come uscire dalle paludi? Spesso è lo stesso soggetto che spinge
decisamente in questa direzione. C’è tuttavia un aspetto che sconsiglia tale approccio: i dati scarsi.
Per quanto il soggetto sia stato esaustivo, mai potrà aver messo tutte le carte in tavola. Anzi, talvolta
alcuni aspetti sono poco chiari proprio perché i problemi e, di conseguenza, gli ambiti di
approfondimento risiedono in questi.
Pensiamo a quante volte ci sarà capitato che la persona che si rivolge a noi, chiedendo il nostro
aiuto, nega carinamente nostre considerazioni o suggerimenti con risposte all’insegna del “si, …
ma” (“certo, forse hai ragione, ma, sai, …”). E’ un modo per chiudersi, spesso per timore di
prendere consapevolezza di qualcosa di poco piacevole; ma è anche estremamente corretto e
comprensibile. Che ne sappiamo noi della situazione narrata? Non siamo lì… sappiamo solo ciò che
l’altro ci dice.
Lavorare sul presunto significa, allora, ragionare su ipotesi, su possibilità. La tecnica del
rispecchiamento costituisce il modo migliore per indagare; anzi, per far indagare: riflettere e
riproporre ciò che l’altro ha detto e come l’ha detto lì, in quel momento. Il più possibile, però,
attraverso la tecnica della domanda., “Ho notato che nel raccontare la tua situazione non hai mai
parlato del signor …, anche se avevi detto che era un personaggio importantissimo per il
problema…”. Magari anche lavorando sul modo in cui si sta svolgendo la discussione: “sei partito
con grande entusiasmo, ma appena hai iniziato a parlare di…, hai cambiato tono.
Tutto ciò consente di approfondire, di far riflettere, di aiutare a costruire delle ipotesi. La persona ha
la conoscenza delle cose; la consulente supporta il soggetto a tirarle fuori e collegarle tra loro. In
questa fase un importante mezzo di lavoro e di ricerca a disposizione della consulente che aiuta è
costituito dall’ascolto dei sentimenti e delle emozioni che prova rispetto sia al problema e al suo
protagonista, sia a come sta procedendo lo sviluppo del colloquio. In poche parole, si tratta di
considerare quello che in psicologia viene definito il contro-transfert, cioè ciò che prova il soggetto
che ascolta – di solito in una posizione di aiuto – nei confronti del racconto stesso e di chi lo narra.
Il contro-transfert mette infatti in circolazione ulteriori informazioni, richiama situazioni magari già
vissute, suggerisce percorsi di ricerca, che facilitano il passaggio alla successiva fase dell’effettivo.
Effettivo non vuol dire verità; l’effettivo sta ad indicare l’esame di realtà, dopo essere passati
attraverso gli aspetti emotivi, le sensazioni e le domande. Questo non significa necessariamente
avere un quadro esauriente, un affresco dipinto in ogni suo particolare. Più spesso esso significa
avere delle nuove tracce di ricerca o di riflessione su cui lavorare, vedere prospettive sino a quel
momento ignorate. Effettivo, peraltro, valido esclusivamente per il protagonista, l’unico che ha tutte
le informazioni utili per poter proseguire.
L’auspicabile. In socio-analisi questa rappresenta la fase della prescrizione: cosa desidererei e
potrei fare? L’esperienza insegna che solo il soggetto protagonista è in grado di sviluppare
l’auspicabile, in quanto è l’unico ad avere le informazioni necessarie e solo lui/lei sarà l’autore del
cambiamento. L’averlo aiutato a compiere un esame di realtà adeguato, ad individuare tracce di
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ricerca e riflessioni, eventuali strategie di miglioramento/superamento del problema già rappresenta
un risultato di assoluto rilievo.
Atteggiamenti dell’utente necessari per una relazione d’aiuto efficace
Libera scelta
Consapevolezza di un bisogno di aiuto
Desiderio di affrontare il problema
Disponibilità all’ascolto
Bisogno di conforto/confronto
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Allegato 6
Schema di colloquio
a cura di Laura Mazzolari
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SCHEMA DI COLLOQUIO
Il colloquio si svolgerà utilizzando l’approccio metodologico dell’intervista autobiografica, quindi un colloquio
che utilizza domande aperte, non valuta, non suggerisce, non indaga, non interpreta, ma può aiutare a
interpretare, se richiesto, attua un ascolto attivo/partecipativo, incoraggiante, non invadente, senza
pregiudizi.
Presentazione della consulente e del progetto
Contratto (obiettivi, durata)
Presentazione dell’utente
Aspettative e motivazioni
Aree/motivi del disagio
Strategie di fronteggiamento ipotizzate
Eventuale rinvio individuato (a chi)
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Allegato 7
Note sulla formazione
a cura di Laura Mazzolari
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Formazione
La sperimentazione di uno Sportello universitario può prevedere anche un percorso di formazione
rivolto ad alcune persone individuate da altre università con l’obiettivo di estendere e allargare
l’esperienza e la sperimentazione.
Formazione persone individuate da altre università
Il percorso di formazione può coinvolgere persone individuate anche da altre università e svolgersi,
ad esempio, in 4 incontri di 2 ore ciascuno.
I - riunione di analisi di bisogni e aspettative personali e professionali, presentazione della fase di
ricerca e monitoraggio del disagio.
II - presentazione degli aspetti “teorici” e di gestione del colloquio: fasi, aree da analizzare.
III - presentazione dei casi analizzati (in forma anonima naturalmente), delle aree principali di
disagio emerse e delle strategie di fronteggiamento individuate. Condivisione e valorizzazione dei
percorsi formativi e delle esperienze di partecipanti.
IV - gestione di “laboratori” esperienziali in cui una persona di loro con la consulente costruisce un
caso di disagio, un’altra gestisce il colloquio, e una terza persona gioca il ruolo di osservatrice
(osservazione guidata da una griglia di osservazione) e supervisione finale.
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Stampato: Dicembre 2006
a cura di Anna Moretti e Daniela Guaita
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Manualetto - Comitato Unico di Garanzia