Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
“I figli sono come gli aquiloni, passi la vita a
cercare di farli alzare da terra” (E.Bombeck)
Ma non tutti i figli voleranno via... liberi e
soli come è giusto che sia...
Alcuni si impiglieranno nei rami di un
albero, altri, troppo goffi e pesanti, o forse
malcostruiti, a fatica si alzeranno da terra
per ricadere subito dopo voli brevi e
certamente non arditi, altri ancora magari
riusciranno a volare... ma non potranno
mai "spezzare il filo"...
La forza del genitore sarà anche in quel
caso quella di correre insieme a loro...
magari più piano, meno spesso, e alla fine,
quando correre non avrà più senso né
scopo, sedersi ed abbracciarli, con la
tenerezza di chi sa di aver fatto solo ciò
che un genitore "deve" fare... amare il
proprio aquilone. (Alessandro Mosconi)
Alessandro Mosconi è nato a Monza nel 1958. Di
professione geologo, ha iniziato a scrivere per raccontarsi
e raccontare la sua esperienza di padre di tre figli, di cui
due nati con diversi tipi di disabilità congenita di origine
casuale. “Come aquiloni… o quasi” rappresenta una sorta
di grido di speranza e di dolore insieme, che prendendo
origine dal racconto per episodi della quotidianità,
affronta con serietà ed ironia il tema della diversità e
riflette sui sentimenti contrastanti che essa genera in chi la vive di riflesso
ogni giorno, o la sfiora casualmente anche solo per un attimo.
Ha pubblicato insieme ad altri genitori il libro “Come pinguini nel
deserto” (Del Cerro 2006)
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
A tutti gli aquiloni
che prima o poi nella vita
hanno provato la paura
e la gioia di spiccare il volo,
il dolore e la vergogna
del fallimento
schiantandosi a terra…
…ed il desiderio di riprovarci.
La quasi totalità dei brani raccolti in questo libro è tratta dal forum
di discussione su internet www.pianetadown.org , strumento di
informazione, discussione e condivisione dell’Associazione
PianetaDown, di cui l’Autore è consigliere.
Dario ha un sito internet www.darioweb.com , e la mail a cui
scrivere eventuali commenti è [email protected]
In copertina: “Idillio II”, olio su tela di Valentina Minutoli, 2010.
(visita il sito www.trattieritratti.net)
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Come aquiloni… o quasi.
Già… “E se non ne fosse valsa la pena….?!?”
Epilogo
Indice
Introduzione
Prologo
Dario 1987 – Il primo mongoloide
Simone 1991 – Vita da Cavie
Marialetizia 2000 – Al buio
Una vita a tre velocità
A
B
C
D
E
F
G
H
I
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
U
V
Z
Come aquiloni… o quasi.
Appendice: AbbeceDario (s)ragionato sulla Sindrome di
Down e la disabilità in genere
come Affettuosi
come Benevoli, Buoni
come Castrati
come Down oppure Daun
come Eterni bambini
come Fantastici, Fenomenali
come Generati
come… ah già: Handicappati
come Idiota mongolo
come Lavoratori
come Mongoloidi
come Nati
come Ostinati, Oppositivi
come Pigri
come Quarti
come Ritardati mentali
come Semplici
come Testoni, Testardi, Teste di rapa
come Unici
come Vistosi
come Zotico
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Introduzione
Richiudi il libro con un sorriso. Da un po’ di tempo hai
ripreso gusto a leggere: anche questo volume è finito.
Non ci hai messo più di tre giorni a leggerlo, nonostante il
poco tempo a disposizione nella tua giornata media e le sue
quasi 300 pagine.
Ma il tempo passato in bagno al mattino, in coda sulla
tangenziale andando o tornando dal lavoro (!) e qualche volta
in pausa pranzo (tu, che a mezzogiorno non mangi mai da
anni!), ti è stato sufficiente.
Una lettura piacevole, coinvolgente e allo stesso tempo
mai banale.
E pensi: che bella la freschezza della scrittura di una
ragazza di vent’anni alle prese con la scoperta della propria
vita, in perenne lotta tra idealità e opportunismo, tra la
razionalità innata e la sensualità esplosiva tipica dell’età, tra la
necessità di trovare la propria identità originale nel mondo e il
desiderio di confondersi nel branco, tra l’amore per i genitori
e l’odio per ciò che rappresentano ai suoi occhi, che
fondamentalmente si può riassumere nel desiderio di non
diventare mai ”come loro”.
Un libro scritto tutto con frasi brevissime, quasi fossero
slogan, a volte impressioni, più spesso sentenze, frecciate, a
volte carezze, più di sovente epitaffi… pennellate di vita su
una tela ancora in gran parte da dipingere, senza nessuna idea
di quale sarà il risultato finale dell’opera; tutte tinte “forti”
comunque, decise, senza tentennamenti se non quelli relativi
alla scelta del colore da utilizzare, il bianco o il nero.
Tu non sei così: a cinquant’anni suonati da un po’ il colore
che con più frequenza incontri e vivi nelle tue giornate è il
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
grigio, un grigio che il più delle volte non è “grigiore”, ma è
fatto di sfumature, di bianco e di nero mischiati insieme in
varie proporzioni, altre volte (e ti chiedi: quanto spesso?) è
composto invece.. solo di se stesso, di grigio.
Talvolta non è facile distinguere le due diverse
circostanze.
E questo è triste, decisamente più triste del colore in sè, e
dei tuoi frequenti tentennamenti quando sei costretto a
scegliere tra le sue tonalità “fumo di Londra” e “canna di
fucile”.
Allora ti assale la voglia di vedere se c’è differenza tra
questi due grigi, quello composto da un miscuglio di bianco e
di nero e “l’altro”… se utilizzando qualche stratagemma, o
l’esperienza accumulata in tanti anni di intensa vita interiore,
ma non astratta, non sia in qualche modo possibile
distinguere… il grigio “buono”, da quello “cattivo”, quando
questi sono così simili nella loro tonalità da non poterne
risalire all’origine.
Ti viene voglia di cercare di gettare un ponte tra queste
generazioni così “diverse”, la tua e quella, anzi “quelle” dei
tuoi figli (perché al giorno d’oggi, le generazioni non sono più
divise dal ciclo naturale della vita nascere-sposarsi-generare,
appunto, ma sono molto più “fitte”, separate solamente da
pochi anni di differenza, perché il mondo odierno corre
veloce… troppo veloce rispetto ad un tempo, o forse
solamente rispetto a te, che hai “rallentato”?!); un ponte per
cercare di capire se c’è soluzione di continuità tra i vari
periodi della vita, se si può individuare un momento in cui i
colori diventano sfumature, o se questo processo fa parte
della naturale evoluzione dell’esistenza e se l’originalità, la
diversità di ognuno di noi, è tale solo in superficie e si
uniforma in realtà con le originalità degli altri, nell’immenso
calderone del tempo che scorre e che un abile, immaginario
stregone rimescola, amalgamandone gli ingredienti, spesso
apparentemente incompatibili tra loro.
E tu di diversità… sei in qualche modo esperto, se non
altro nel ruolo di padre, visto che almeno due dei tuoi figli…
sono “diversi”… disabili… handicappati; e allora è giusto che
tu parta da lì, da quella diversità così evidente, sfacciata,
gettata in faccia a te e al mondo come si lancia una sfida,
come si grida uno scandalo, come si racconta una barzelletta,
come si urla un dolore. Perché spesso o forse sempre… nella
comicità del quotidiano, sta la tragedia della vita, e nella
tragicità dell’oggi sta la sua stessa leggerezza.
Ma per provare a gettarlo questo ponte, è necessario
voltarsi indietro e ripercorrere alcuni momenti significativi del
tuo essere uomo, figlio, padre.
Non avresti mai pensato di ritrovarti un giorno davanti
allo schermo di un computer con poche idee, se non quella di
scrivere un libro, ma con tanto vissuto da raccontare…
eppure oggi, dopo tanto tergiversare, lo hai fatto.
Il perché “oggi”, non lo saprai mai, o meglio non lo
sapranno mai i pochi lettori che avranno la fortuna-sfortuna
di incrociare le tue parole e la tua vita attraverso alcune pagine
scritte durante minuti-ore strappate ad altre attività alle quali
hai già sacrificato troppo tempo, troppa vita negli anni
passati.
Tuttavia sai da subito che non riuscirai a dipingere un
quadro così chiaro come quello che hai appena finito di
osservare nel libro che hai appena letto, o come quello
appena prima … scritto da un comico francese che parlava di
disabilità con professionale ironia… perché nel tuo di libro
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
non ci saranno frasi corte e facili da comprendere, ma lunghi
periodi pieni di incisi, richiami e citazioni, puntini di
sospensione e punti di domanda, perché la vita è così, è un
groviglio di fatti, desideri, rimpianti, gioie, dolori, scelte e
casualità, certezze (poche) e dubbi (tanti), speranze, cose,
persone ed avvenimenti che si influenzano a vicenda e che
determinano il tuo e l’altrui futuro, in maniera quasi mai
dipendente dalla volontà e dalla determinazione dei
protagonisti.
E siccome la vita è fatta anche… di piccoli episodi, è
perciò questo lo stile che sceglierai per il tuo libro, non la
grande storia, il melodramma, il romanzo… ma le piccole
rivelazioni che nascono da episodi apparentemente
insignificanti, tuttavia spesso carichi di significati espliciti e
simbolici. Alcuni li hai già scritti, magari in un forum su
internet dove le persone sono più disponibili spesso a
mettersi in gioco, altri li conservi nel tuo cuore e alcuni di
questi li scriverai sicuramente, ben sapendo tuttavia che è
difficile trasporre su carta le emozioni ed i significati che
solamente la vita vissuta fa sperimentare, altri ancora infine..
la maggior parte probabilmente, devono ancora accadere.
Non c’è alcuna pretesa però nelle tue intenzioni, nessun
desiderio di insegnare alcunché a chicchessia, perché l’acqua
che scorre calma verso la foce del fiume non può avvertire
quella che zampilla dalla roccia alla sorgente, né quella che
scende impetuosa lungo i fianchi scoscesi della montagna sa
del resto cosa l’aspetta nel suo tragitto verso il mare; può
solamente rallentare, girarsi indietro un attimo sfruttando
qualche vortice della corrente ormai calma, per osservare,
riflettere, piangere sorridendo… come capita a volte in cielo
quando appare un arcobaleno mentre ancora sta piovendo…
e cercando magari di imparare qualcosa da questa vita, che
non smette mai di stupirti.
Due extrasistoli, quel fastidioso anche se innocuo
inconveniente che da pochi giorni si è sovrapposto nel tuo
cuore a vecchi e nuovi problemi, ti ricordano
improvvisamente che il tempo che ci viene dato o donato (a
seconda di ciò in cui vogliamo credere) in questa vita non è
infinito, ha una sua durata, è una risorsa limitata e va
utilizzata, possibilmente al meglio.
E’ perciò venuto semplicemente il momento di parlare, di
raccontare, di raccontarsi. E allora su, dai... si comincia.
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Come aquiloni… o quasi.
Prologo
I figli sono come gli aquiloni, passi la vita a cercare di farli alzare da
terra.
Corri e corri con loro fino a restare tutti e due senza fiato.
E tu rappezzi e conforti, aggiusti e insegni.
Li vedi sollevarsi nel vento e li rassicuri che presto impareranno a volare.
Infine sono in aria: gli ci vuole più spago e tu seguiti a darne.
E a ogni metro di corda che sfugge dalla tua mano, il cuore ti si riempie
di gioia e di tristezza insieme.
Giorno dopo giorno, l'aquilone si allontana sempre di più, e tu senti che
non passerà molto tempo che quella bella creatura spezzi il filo che vi
unisce e si innalzi, come è giusto che sia, libera e sola.
Allora soltanto saprai di avere assolto il tuo compito...
ERMA BOMBECK
C'è una verità incredibile, naturale e stupenda in queste
parole... scritte non da un filosofo o da un poeta… ma da un
comico (e un comico donna!): una verità che è subito chiara
ad un genitore "disabile" (quale sono io… abituatevi a questo
linguaggio che trasferisce su di me ciò che in realtà è un
problema di due dei miei tre figli), che da subito a differenza
di tanti altri... intuisce immediatamente e più facilmente credo
che questo sarà lo scopo della propria vita: aiutare il proprio
aquilone... a volare via, da solo! Ma questa frase contiene
anche una terribile verità per alcuni genitori, cui molti dei
passaggi descritti sono probabilmente negati all'origine.
Perchè non tutti i figli voleranno via... "liberi e soli come è
giusto che sia...", alcuni si impiglieranno nei rami di un albero,
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altri, troppo goffi e pesanti, o forse malcostruiti, a fatica si
alzeranno da terra per ricadere subito dopo voli brevi e
certamente non arditi, altri ancora magari riusciranno a
volare... ma non potranno mai "spezzare il filo"... e quel
genitore dovrà un giorno per morte, stanchezza o anche solo
per scelta "cedere il rocchetto con il filo" a qualcun'altro, con
la speranza che gli sforzi fatti per farlo alzare fino magari a
pochi metri da terra correndo fino a sfinirsi, e molto più
velocemente degli altri genitori dagli aquiloni "leggeri", non
siano vanificati da un "pilota" incapace di spremersi allo
stesso modo, per mancanza di amore, di tempo, o solamente
di fiducia in quell'aquilone.
Altri strisceranno inesorabilmente dietro di te, nonostante
i tuoi sforzi sovrumani... senza sollevarsi di un solo
centimetro da terra. Altri ancora, come capita spesso,
sembreranno alzarsi ma poi all'improvviso, con una brusca
virata punteranno verso terra e lì si schianteranno al suolo,
senza magari la possibilità di essere "riparati". E la cosa strana
è che chi regge il filo spesso è cosciente di dove potrà arrivare
quell'aquilone, o forse meglio dire di dove... non arriverà...
mai. A volte si intestardisce e non smette di correre, altre
volte la delusione cocente fa sì che nemmeno ci provi a farlo
sollevare quell'aquilone, quando alcuni metri di cielo avrebbe
in realtà potuto solcarli... altre volte ancora i sensi di colpa per
i danni provocati al proprio aquilone per aver osato volare
con troppo o troppo poco vento lo schiacceranno,
impedendogli di ragionare...
Chi si ritrova in una di queste possibili situazioni, che non
consentono di fatto il "taglio del filo", è forse meno genitore
per questo? E' magari, per trasportare in maniera egocentrica
sul genitore ciò che in realtà è un problema… per il figlio, un
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
"genitore imperfetto"? Non credo, se come sono convinto, il
valore dell'essere genitore sta più nel viaggio che non nella
meta... nel correre insieme al proprio aquilone, anche sapendo
che comunque si rimarrà legati ad esso per sempre... o che
addirittura si potrebbe anche sopravvivere ad esso.
Ci sono anche condizioni infatti nelle quali l'aquilone...
perfetto o imperfetto che sia alla nascita... può poi avere dei
guasti "irreparabili", che diventano degenerativi.
La forza del genitore sarà anche in quel caso quella di
correre insieme a lui... magari più piano, meno spesso, e alla
fine... quando non avrà più senso nè scopo, sedersi ed
abbracciarlo, con la tenerezza di chi sa di aver fatto "solo" ciò
che un genitore "deve" fare... amare il proprio aquilone.
Credo che questa coscienza, insieme con il senso pratico
che ad essa si deve accompagnare, e che fa in modo che le
proprie forze vengano distribuite nel modo più efficace ed
efficiente per far volare tutti gli aquiloni della propria
collezione... maturi piano piano e aiuti a diventare persone
"piene", non a metà... nè perfette nè imperfette... e parlo di
chi corre, ma anche di chi è trascinato da lui... e dal vento.
Riflessioni sulla sfortuna..... e sul calcolo delle
probabilità
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A 27 anni io e 25 mia moglie perdiamo un bimbo al terzo
mese di gravidanza.... (probabilità non ben definita).
Quando nasce Dario con la Sindrome di Down io ho 29
anni, Paola 27 (1 su 1.200)
Quando nasce Simone (con una Sindrome cromosomica
ben più rara, anche se altrettanto casuale, la Sindrome di
Wolf-Hirshorn) io ho 33 anni mia moglie 31 (1 su 1.250.000).
Quando nasce Marialetizia.... beh lì il capolavoro (42 io e
40 la moglie)! In barba alla statistica che sempre assegna una
grossa % di rischio genetico con l'età... patrimonio genetico
normale!!! (1 su ?????)
Un calcolo combinatorio ben assestato sulle varie
probabilità permette di concludere che la probabilità che tutto
questo avvenisse in un’unica famiglia... è di qualche ordine di
grandezza superiore alla possibilità di fare 6 al superenalotto
giocando 6 numeri soltanto...
Ecco come normalmente spiego la "fortuna" che ci è
capitata (a noi come genitori, non certo ai nostri figli!) quando
mi viene chiesto se considero queste nascite diverse un
“dono” oppure… un “pacco”, ottenendone in risposta un
salomonico… “Entrambe le cose!”.
Se da una parte anche contro ogni ragionevole
considerazione l'istinto e sicuramente in parte anche la fede,
pur se piccola e fragile, mi spingono a credere che tutto ciò
non è “solo” un caso, una sfortuna, un non so... dall’altra
penso perciò che le parole "fortuna, privilegio"... quello che
volete, pur non essendo applicabili alla realtà della sindrome
in sè (che è negativa, cavolo se è negativa!), lo sono in modo
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Come aquiloni… o quasi.
indiretto… perché per il solo fatto di averci a che fare, nel
bene e nel male, si assiste ad un incredibile aumento
dell'intensità della propria vita; una vita dove la gioia è più
gioia, il dolore è più dolore....
Se c'è un privilegio quindi, è proprio quello che deriva da
una rinnovata consapevolezza che “costringe” a vivere
intensamente ogni attimo, sentimento, realtà… siano o no
collegate all’esperienza della disabilità.
E questo è sicuramente arricchente, per noi e quindi di
riflesso anche per i nostri figli; spero lo possa perciò
diventare anche per chi ha il coraggio o anche solo la curiosità
di confrontarsi con la realtà della disabilità …magari anche
solo leggendo un libretto come questo… che raccoglie in
modo forse confusionario (e perciò certamente simile a ciò
che un genitore prova e sperimenta in quel calderone
dell’anima pieno di un miscuglio di sentimenti belli e brutti,
nobili e meno… a volte incomprensibili, sicuramente
“indipendenti” tra loro pur essendo costretti a miscelarsi di
fronte all’handicap del proprio figlio) cinque anni di
frammenti di vita e di pensieri, di vita vissuta e di sogni,
speranze, ricordi, rimpianti.
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Come aquiloni… o quasi.
Dario, 1987
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Come aquiloni… o quasi.
Il primo mongoloide
Ludovico... la prima persona con la SD... già proprio la
prima... almeno per me: la prima persona con la Sindrome di
Down che ho conosciuto nella mia vita... e della quale
conservo ancora un ricordo struggente... e che mi fa
commuovere ogni qual volta, per qualche motivo, mi torna
alla mente...
Cercherò di raccontarvi il perchè!.
A 15 anni ero un assiduo frequentatore dell'oratorio della
mia parrocchia... facevo "l'educatore" (che parola grossa
eh?...non mi sento di usarla per la mia persona nemmeno a 50
anni... figuriamoci come potevo "educare" allora...!) dei
ragazzini delle elementari e poi delle medie... cercando di
condividere con loro essenzialmente parte del mio tempo e
del mio entusiasmo di adolescente per imparare insieme ad
amare la vita....
In oratorio c'era una presenza... inquietante... da sempre
per quel che mi ricordo (almeno da quando avevo cominciato
a frequentare l'ambiente a 7-8 anni, non ricordo bene): era
Ludovico... una persona down.... no cosa dico un...
"mongoloide", non c'era ancora fra la gente comune un altro
termine per definire quelle persone... e anche noi giovani, non
senza un briciolo di disagio (cominciava allora forse un po' di
presa di coscienza?) se parlavamo di Ludovico... lo
chiamavamo così!
Era lì.... sempre presente ed assente dal mondo allo stesso
tempo... cercando forse con le sue sole forze...
quell'integrazione allora così lontana dalla realtà del tempo (le
persone down non si vedevano mica circolare come ora!) di
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Come aquiloni… o quasi.
cui forse sentiva l'intimo bisogno... profeta incompreso di un
futuro non lontano... ma che lui non avrebbe conosciuto.
Aveva un'età indecifrabile, almeno per le mie possibilità di
comprensione di allora... probabilmente (con il senno del poi)
intorno ai 35 anni. Era il fratello della lattaia e viveva con lei...
privilegio di pochi a quei tempi... in cui la stragrande
maggioranza delle persone down erano istituzionalizzate...
Ben lungi dal concetto di autonomia cui noi genitori
"moderni" tendiamo per i nostri figli... viveva tuttavia una
realtà relativamente felice... girando da solo per il quartiere,
l'oratorio, andando a messa tutti i giorni... e facendo la spesa
da solo (ma già... allora c'erano altri rapporti con i
negozianti... ci si conosceva, c'era il "libretto" su cui si
segnava il conto da saldare a fine mese... perchè Ludovico
non conosceva il valore del denaro).
Da quando ho iniziato ad avere un ruolo più attivo
all'interno dell'oratorio... mi si è subito "attaccato"... mi ha
"scelto", insieme con un altro ragazzo della mia età... per
essere suo amico...
Ludovico aveva uno struggente bisogno di amicizia... lo
manifestava come poteva... cantando a volte squarciagola in
un idioma per molti incomprensibile i nomi (o i cognomi... io
per lui ero "Mocconi") delle persone a cui "teneva" in modo
particolare.
La cercava anche con il contatto fisico... insistente... a
volte sicuramente imbarazzante... con quella sua mano
"molliccia" che malcelava la sua marcata ipotonia... con delle
parole sicuramente fuori luogo (quante volte mi sono sentito
dire "ti amo, mocconi") ma che esprimevano sicuramente il
suo bisogno vero, profondo e sincero di amicizia...
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Gli sono stato amico, come ho potuto e saputo fare... con
semplicità... come la mia età e il tempo in cui vivevo mi
consentivano... non respingerlo (come la maggior parte dei
ragazzi facevano... spesso con disprezzo) deve essergli
sembrato già molto! Ricordo che pochi anni prima di morire
(è morto intorno ai 40 anni) avvenne una cosa per lui...
inaspettata, un episodio che per lui deve essere stato molto
importante. Come vi dicevo tutti i giorni andava a messa....
arrivava un quarto d'ora prima e si inginocchiava a pregare...
nessuno può immaginare come pregasse in cuor suo in
realtà...
voluta bene per quello che è... dopo avere atteso per tanto
tempo che questo succedesse.
Poi partecipava alla S.Messa come poteva... rispondendo,
cantando (era oltre che incomprensibile... stonatissimo… ma
veniva tollerato) e mettendosi in file per ricevere la
S.Comunione.... ma anche in questo... erano altri tempi. Una
volta arrivato davanti al sacerdote infatti... si genufletteva... e
si metteva da parte... faceva il segno della croce e tornava al
proprio posto... più compunto e meno distratto della
maggioranza delle persone che avevano ricevuto l'ostia. Una
domenica... il giovane sacerdote dell'oratorio che l'età e le idee
progressiste avevano reso un po' il nostro eroe di adolescenti
dai grandi ideali... mentre Ludovico come al solito si faceva da
parte per lasciare spazio a chi aveva "diritto" a ricevere la
S.Comunione... lo fermò, lo fece tornare indietro... gli disse
due parole con il sorriso sulle labbra, e gli fece la "sua" prima
comunione...
Tornando al suo posto i nostri sguardi si incrociarono;
strano... non alzava mai la testa quando tornava a posto... ma
quel giorno mi guardò, di proposito... aveva un sorriso
radioso sul viso... e piangeva... di gioia... di quella gioia che
viene da dentro quando una persona si sente accettata e
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Qualche anno dopo morì....
Fu per me la cosa più naturale del mondo pensare subito a
Ludovico quando nacque Dario, il mio primo figlio... con il
disagio che derivava dal ricordo di una persona sicuramente
non "bella", che creava disagio intorno a sè, per come era, per
come parlava e per come si rapportava con gli altri... era
ancora allora l'unica persona con la Sindrome di Down che
avevo veramente conosciuto. Ma lo pensavo anche con la
tenerezza di quegli episodi che chiaramente mi avevamo
dimostrato la sua umanità... oltre l'apparenza di una vita
sicuramente piena di infelicità...
Sebbene i tempi fossero cambiati... ho dovuto ancora (e
quasi sempre per riuscire a farmi capire) dire che Dario era
nato mongoloide (la gente chiedeva sempre... ma cos'è la
Sindrome di Down? E alla parola mongoloide abbassava lo
sguardo dicendo "ah... ecco!" o altre imbarazzate frasi di
circostanza).
Ho subito rifiutato l'immagine di Ludovico che
conoscevo... come profezia del futuro di Dario... i tempi e la
fortuna mi hanno dato ragione... ma ho anche capito (ed
anche grazie a lui!) che in quel bambino che partiva per la sua
corsa della vita... con un marchio indelebile... con un
handicap così "infamante"... c'era potenzialmente la stessa
umanità... la stessa voglia di vivere che c'era in ognuno di
noi...
Se penso a Ludovico mi commuovo, ho pianto anche
scrivendo questo breve scritto... ora sapete anche voi perchè...
Perchè anche grazie a te Ludovico... il mondo è cambiato
un pochino in meglio... ed i nostri figli oggi hanno molte più
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Come aquiloni… o quasi.
possibilità di quelle che hai avuto tu... di realizzare il tuo
sogno, il tuo desiderio di amare e di essere amato... ed anche
perchè mi hai reso "migliore"... aiutandomi ad amare subito
mio figlio Dario...
Come aquiloni… o quasi.
Simone, 1991
Grazie Ludovico, il tuo amico Sandro
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Le cavie… dette anche Porcellini d’India (chissà perché
visto che sono originarie del sudamerica!) sono degli
animaletti molto timidi… timorosi. Sono infatti animali
tanicoli generalmente “predati” con la tendenza quindi ad
essere abbastanza paurosi… ed a spaventarsi con i rumori
improvvisi o forti. Non da ultimo, questa loro naturale
caratteristica ci ricorda (anche se senza collegamento con la
loro triste condizione) …che le “cavie” sono appunto quegli
animali tristemente noti ai più per la loro attitudine a venire
utilizzati a scopo di sperimentazione medico-farmacologica…
tanto da aver dato origine alla famosa espressione... ”fare da
cavia”!
Tra le altre particolarità, sicuramente merita menzione il
fatto che soffrono particolarmente gli sbalzi di temperatura,
ammalandosi per esempio di raffreddore se esposti alle
correnti, e di gravi colpi di calore se lasciati a temperature
elevate. Mangiano spesso e crescono poco.
Ti nutrono essenzialmente in natura ed in cattività di
vegetali freschi (da cui prendono tutto ciò di cui abbisognano,
specialmente la vitamina C che al pari degli esseri umani non
riescono a sintetizzare in quantità sufficiente per il reale
fabbisogno) e fieno (come tutti i roditori hanno bisogno di
limare i denti a crescita continua) … a meno che i loro
padroncini non siano un po’ maniaci del consumismo
sfrenato… e perciò li nutrano con costosissime (e
dannosissime!) confezioni di preparati per cavie (pellets,
crochette, biscotti etc… un po’ come se noi mangiassimo
sempre da McDonald) ricche di sostanze che a loro non
servono e che per di più rischiano di far loro del male, perché
incapaci di metabolizzarle. Sono molto delicati, ed anche
fragili, e perciò vanno maneggiati con cura, facendo
specialmente attenzione ai loro arti inferiori, che possono
subire facilmente disarticolazioni e fratture. Vivono in gabbie
più o meno ampie, dalle quali difficilmente escono, anche se
lasciate perennemente aperte, per gli stessi motivi per i quali
credo noi umani usciamo poco di casa… e sono animali
sociali, nel senso che se lasciati da soli in gabbia
intristiscono… molto meglio tenerne una coppia, per riuscire
a vederli sereni e gioiosi saltellando qua e là con il loro tipico
atteggiamento (il “pop-corning”, nome di evidente
derivazione … che descrive il gioioso ed improvviso, quanto
apparentemente
“fuori
di
testa”…
saltellamento
contemporaneo sulle quattro zampette, in preda ad apparenti,
imprevedibili ed incomprensibili “attacchi” di agitazione …
ad imitazione dell’improvviso scoppiettare dei chicchi di
granturco quando vengono fatti saltare in padella per essere
trasformato
appunto
nell’onomatopeico
anglofono
“granoturco-che-scoppia”). Sono sessualmente molto
prolifici, e perciò normalmente vengono sterilizzati, per cui
non “esercitano” il loro naturale istinto. Al contrario di tanti
altri cuccioli di animali… non instaurano delle grandi
relazioni con gli umani… se si esclude una progressiva anche
se relativa fiducia che arriva fino ad un intima e delicata…
leccatina… ed il “richiamo” mattutino o comunque ricorrente
ogniqualvolta hanno fame… nei confronti di chi
normalmente li nutre, con un tipico ed acuto “squittìo” che
assomiglia quasi i gridolini di un bambino che non sa parlare.
In compenso… non dormono quasi mai… e non è
infrequente sentirli durante la notte emettere i loro
Vita da… cavie!
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Come aquiloni… o quasi.
caratteristici versi-lamenti… quasi dei brontolii, con i quali
normalmente comunicano.
Insomma… non proprio un grande animale da regalare ad
una bambina che voleva un cucciolo da accudire… anche se
“infarcito” di belle intenzioni… tipo “così vediamo se te ne
sai prendere cura”… oppure “in casa un altro animale senza
poter uscire soffrirebbe” o ancora “pensa che prima che
l’adottassimo noi era tenuto in condizioni disumane (o avrei
dovuto dire… “discaviesche”?) etc etc …
Eppure… questo è l’animale che a Natale dell’anno
scorso abbiamo regalato a Marialetizia dopo che da diverso
tempo chiedeva di poter avere un cucciolo su cui riversare il
proprio affetto e la propria tenerezza di bambina di 8 anni…
E mentre ieri ero seduto sul divano in fianco alla gabbia
aperta, assorto in questi pensieri, con in braccio un animaletto
brontolante dico a Marialetizia che è ora di pulire la gabbia
dai loro escrementi… faccio mentalmente un “riassunto” di
tutto ciò che questi “animaletti” sono… (e che vi ho
raccontato in questo brano):
+ Delicati… soffrono sia il freddo che il caldo...
+ Fragili agli arti inferiori…
+ Cagionevoli di salute eppure sfruttati dalle industrie
medico-farmaceutiche per la sperimentazione…
+ Bisognosi di vitamine…
+ Mangiano tanto e crescono poco...
+ Consumano i denti sfregandoli in continuazione...
+ Animali da relazione … con cui è difficile
relazionarsi…
+ Sessualmente impossibilitati ad esercitare…
+ Che vivono in cattività … spesso "ignorati"...
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Come aquiloni… o quasi.
+ Si pensa che vengano dell’India e invece vengono dal
sudamerica (della serie… “nessuno ne capisce”!) …
+ Timidi e paurosi, specie dei rumori improvvisi … ma
capaci di gioia improvvisa … illogica ed
incomprensibile…
+ Animali che non dormono praticamente mai … e che
quando tu dormi.. brontolano…
+ Che ti leccano (sono in effetti tutto “sbausciato”)…
+ Che spesso vanno puliti...
+ Che necessitano di qualcuno che se ne prenda cura... e
se li tratti bene ti fanno sentire più buoni...
+ Che ti chiamano per avere da mangiare…
… richiamando la tua attenzione con dei gridolini acuti...
proprio come quelli che mi sta facendo ora quello che ho in
braccio in questo momento … allungandomi la bavaglia (la
bavaglia?!?) prima che io dica … dapprima distrattamente
…poi con un improvviso lampo di dolorosa coscienza … che
comprende tutti i punti sopracitati… a quella forma di vita
che da quasi vent’anni si accompagna alla mia, da quando
nacque con una rara e casuale malformazione cromosomica,
così apparentemente priva di dignità eppure nonostante tutto
a volte misteriosamente ed evidentemente felice:
“No Simone… è ancora presto per mangiare”…
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Al buio
Marialetizia, 2000
Prima di quella volta non mi era mai capitato di avere
paura del buio. E nemmeno della luce…
Era una radiosa mattina di settembre, il 24 per la
precisione, il giorno del mio compleanno.
Fuori il sole splendeva già alto e ancora caldo in quella
giornata teoricamente autunnale, in realtà ancora decisamente
estiva.
Io però, accovacciata nella buia penombra della mia
piccola stanza, pur se già sveglia da tempo, stavo ancora
riposando pigramente, rannicchiata in posizione fetale per
non disperdere il calore (dormo sempre così!)
E nonostante avessi coscienza del fatto che prima o poi
avrei dovuto farlo… non avevo alcuna voglia di abbandonare
quel tepore ed uscire... e cercavo perciò di rimandare il ferale
momento fingendo di dormire immobile nel mio comodo
giaciglio… senza nemmeno fiatare per non farmi sentire…
illudendomi forse che in quel modo si sarebbero dimenticati
di me…
Ma così ovviamente non poteva essere… lo sapevo, anche
se ero del tutto ignara di quel che di lì a poco mi sarebbe
capitato.
I rumori mi giungevano attutiti, morbidi, quasi a
sottolineare il mio stato di semi-coscienza (o semiincoscienza… è l’eterna diatriba del bicchiere mezzo
pieno/mezzo vuoto), ma al tempo stesso chiari e dolci, e
come a tutti capita quando non ci si vuole alzare dal letto…
rifiutavo l’idea di dover presto abbandonare il mio caldo
rifugio per essere catapultata nel grigio, freddo, pericoloso ed
insensibile mondo “esterno”. Lo so che non sarebbe stato
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
così terribile in realtà… ma nella mia situazione in quel
momento veramente trooooppo bella …. era difficile anche
solo concepirlo!
Ah… dimenticavo di presentarmi.
Lo faccio ora… prima di continuare con il racconto, se no
poi non capirete nulla di ciò che vi dirò.
Mi chiamo Marialetizia… e sono una bimba di dieci anni,
terzogenita di una famiglia un po’ particolare.
Ho due fratelli più grandi: Dario e Simone.
Dario, detto il “fratellone”, ventidue anni … fa l’aiuto
cuoco nell’hotel più lussuoso della città, ne è molto fiero.
Ha una ragazza, che non mi sta proprio simpaticissima
diciamo (sono sempre stata un po’ gelosa lo ammetto!). Ma
mi ci sto abituando.
Con lei condivide oltre che tempo, sogni sul futuro
insieme e lunghissime chiacchierate telefoniche (abita ad
un’ora di treno di distanza da qui) anche la passione per lo
sport (il nuoto e lo sci in particolare, che entrambi praticano a
livello agonistico) ed il fatto di avere… un cromosoma in più:
infatti entrambi sono persone con la Sindrome di Down.
Dario è tifoso dell’Inter, da sempre, lo è stato anche in
tempi in cui questa “fede” era al di sopra di ogni sospetto,
perché in grado di procurare solamente sofferenze e nessuna
soddisfazione.
Ora che non è più così… e le vittorie sono molte di più
delle sconfitte, a volte da interista per tradizione famigliare
(magari da adolescente per affermare la mia personale identità
potrei cambiare squadra… devo solo decidere quale farebbe
più “alterare” i miei genitori! Eh eh) mi viene da chiedermi se
in un certo senso non era meglio prima… quando almeno ci
si poteva arrabbiare con la sfortuna, con gli arbitri, con la
juve, con il fato, il destino, a volte anche contro oscure lobby
e complotti … ma al tempo stesso si poteva almeno nutrire
con indomito orgoglio e fiera dignità la speranza che un
giorno non lontano tutto questo sarebbe cambiato.
Come del resto è stato… perché fortuna e sfortuna spesso
ed inevitabilmente si alternano.
L’uomo si abitua presto… alle cose belle e alle cose
brutte… anche se più facilmente alla prime.
Ed il cambiamento, quando tutto va bene… è sempre
devastante.
Non importa se stai bene o male in assoluto… importa
molto di più se il cambiamento è capace di “migliorare”
anche solo di un poco la qualità della vita… oppure se al
contrario la “peggiora”: siamo degli esseri “relativi”…
Nel primo caso, pur nel timoroso e scaramantico pudore
di chi non vuol rovinare tutto ammettendo e svelando al
mondo la coscienza della propria fortuna… ci si rallegra di
ogni piccolo miglioramento, spesso con il cuore gonfio di
gratitudine universale, verso il benefattore di turno… persona
o circostanza che sia.
Ma se al contrario un qualsiasi contrattempo viene a
modificare anche se impercettibilmente il nostro stato di
benessere… è molto più semplice avere reazioni spropositate,
per intensità e tipologia… di rabbia, rancore, vendetta…
imprecare contro il destino, il Governo, Dio (anche se magari
non si crede alla sua esistenza) e contro tutti coloro che
consapevolmente o meno, a ragione o a torto ed a qualsiasi
titolo potrebbero essere stati anche solo la “con-causa” della
perdita di un angolo di Paradiso, del quale magari fino al
giorno prima non avevamo nemmeno cosciente ed umile
consapevolezza.
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Perché i veri privilegi (tipo mangiare due pasti al giorno,
avere acqua da bere, scuole dove imparare, tutte cose spesso
“scontate” in una parte del mondo, la nostra), non sono
nemmeno in discussione qui da noi!
No, io intendo cose tipo arrabbiarsi come delle iene
perché magari hanno istituito, o anche solo ipotizzato di
farlo, una nuova tassa sui Suv, con l’assurda scusa che magari
un auto a metano inquinerebbe di meno il pianeta ed i suoi
abitanti (scusate la piccola ma voluta deriva demagogica!)…
urlando come dei matti alla terribile ingiustizia subita…
perpetrata ai nostri danni… a noi… proprio a noi, che dopo
anni di sacrifici abbiamo finalmente potuto comperare
l’ennesimo oggetto oscuro del desiderio… magari per
accompagnarci i figli a squola (no, la “q” non è un errore! È
un indizio rivelatore! ).
Sono riuscita a rendere l’idea?
Proprio per questo ho sempre nutrito un grande rispetto
per i miei genitori, che pur nella fatica di vivere una vita piena
di difficoltà ed anche di dolore, non hanno mai maledetto il
destino e neppure quel Signore con la barba e la “D”
maiuscola che a volte sospetto abiti più nelle chiese che nel
mondo.
Nemmeno quando entrambe le “D” si erano manifestate
in tutta la loro rispettiva crudeltà alla nascita di Simone, il mio
secondo fratello, 19 anni e 35 kg di tenerezza e fragilità
collegate al suo handicap (una rara malformazione
cromosomica anch’essa casuale).
Simone, detto “raghino”, soffre di epilessia, è incapace di
parlare, di camminare, e di fare un sacco di altre cose che io
ho già imparato da anni a fare benissimo… ma non per
questo è incapace di amare… attraverso i suoi occhi, le sue
mani… che “parlano” con un linguaggio sicuramente
“diverso” a quello cui siamo tutti abituati, ma non per questo
meno vero o intenso…
Di Simone oltre a questa sua capacità invidio la bellissima
sedia a rotelle con i copri-ruota a forma di pipistrello, che per
una sorta di ingiustizia è stata regalata a lui, che non è
nemmeno in grado di governarne il movimento… mentre
io…!!! Dovreste proprio vedermi quando per qualche
momento riesco ad impadronirmene ed a scorazzare per la
casa a tutta velocità impennandomi fino a rischiare a volte il
ribaltamento!
Per fortuna mamma e papà mi lasciano fare… e pure
Simone… anche se ho il sospetto che lui da come mi guarda
quando mi esibisco sul suo mezzo a ruote… non sia del tutto
contento delle mie evoluzioni! Forse sarà geloso della sua
sedia con i pipistrelli… forse invidioso delle mie gambe…
chissà! Non me lo ha mai detto!
Per la verità avrei dovuto avere anche una sorella… ma mi
hanno raccontato che anni fa è morta nella pancia della
mamma, al terzo mese di gravidanza. Io comunque l’ho
sempre immaginata con i capelli lunghi, bionda, bella… si
chiama Chiara… e mi manca.
Ma ora torniamo al mio racconto… mi sono già dilungata
abbastanza!
Mentre appunto mi stavo ancora crogiolando nella mia
tiepida ed usuale indolenza mattutina ad un tratto mi giunsero
chiare le voci di mamma e papà che parlavano, preoccupati.
Sarà stato perché le voci mi arrivavano da lontano,
smorzate… a volte indecifrabili, o forse anche perché spesso
usavano parole un po’ difficili… fatto sta che non
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Come aquiloni… o quasi.
comprendevo proprio bene la situazione e l’oggetto del loro
dialogo, a tratti calmo, altre volte concitato…
Tuttavia anche quel mattino, come ogni tanto ancora oggi
succede, si percepiva chiaramente la loro preoccupazione per
il futuro mio e dei miei fratelli, come per tutti i fratelli di
sangue legati indissolubilmente… nel nostro caso oltretutto
da un resistentissimo e al contempo fragile doppio filo di
amore-odio, di sentimenti contrastanti e a volte ambigui, di
gelosie, sensi di colpa o di inadeguatezza che si sommano alla
tenerezza di essere fratelli trasformandola in qualcosa di non
perfettamente
definito,
ed
intuitivamente
anche
potenzialmente pericoloso.
Forse per questo non mi sono opposta quando papà mi è
venuto vicino, e dopo avermi dato una carezza un po’
sbrigativa ha detto deciso; “Dobbiamo andare!!! Alzati… in
fretta, dai!”
Mi hanno caricata in macchina così com’ero e dopo pochi
minuti mi hanno costretta a scendere e ad entrare in uno
strano e grande palazzo, direi per certi versi anche un po’
lugubre… sempre di corsa.
Lì, in una stanza del piano terra venni circondata da una
moltitudine di persone e di voci a me sconosciute che,
ignorandomi, si rivolgevano sempre ai miei genitori,
trasformando ad ogni minuto di più la mia incapacità di
capire in ansia crescente… mi sentivo male.
Da lì in poi è stato un velocissimo susseguirsi di
sensazioni mai provate prima… ero smarrita, il non capire
cosa stava succedendo e perché mi trovavo lì mi metteva a
disagio… mi faceva sentire un senso di oppressione che
piano piano si stava impadronendo di me, mentre ad occhi
chiusi desideravo allontanarmi da quel luogo, cercavo di
difendermi da quella situazione o da non so cosa… avevo una
folle paura!
Tutte queste sensazioni si trasformarono violentemente in
angoscia… quando il volume delle voci già alto crebbe ancora
e fra di esse riconobbi chiaramente la voce della mia mamma
che gridava con rabbia, e quella di papà che cercava di
calmarla.
In quello stesso momento, mentre sempre ad occhi chiusi
desideravo che tutto finisse presto… uno schiacciamento
quasi fisico mi avvolse… mi sentii il sangue alla testa… stavo
per svenire… E avevo un gran freddo...
Avrei voluto anch’io gridare “Basta! Smettetela! Non ne
posso più!” ma la voce non usciva dalla mia bocca… provai la
netta sensazione di chi annega e comunque non può non
provare a respirare, accelerando così la propria condanna a
morte… forse anch’io stavo proprio per morire! E anch’io
come descrive chi è arrivato vicinissimo alla morte vedevo
come uno strano sentiero di luce che “dovevo” percorrere…
Fu in quell’istante che una signora finalmente mi vide e si
accorse di me … indicandomi ai miei genitori… mi prese per
il capo con decisione… e scuotendomi con le sue mani forti e
sicure riuscì a trascinarmi fuori dal buio baratro nel quale ero
sprofondata… fu un attimo. Aprii gli occhi… ed una luce
incredibile, violenta come mai mi era capitato di vedere e al
tempo stesso fredda come uno schiaffo (o forse mi diedero
davvero anche uno schiaffo?) mi colpì… vomitai, il sangue
ricominciò a fluire nel mio corpo… e fu allora che,
finalmente e disperatamente, piansi.
Mentre mia mamma mi abbracciava teneramente a sé…
apparentemente ed assurdamente felice nonostante il mio
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stato… sentii chiaramente la voce di chi mi aveva appena
salvata, condannandomi a vivere, che diceva allegramente:
“E’ una femmina… e sta bene!”
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Dario, Simone, Marialetizia :
Una vita … a tre velocità
Credo di essere stato sempre da giovane una persona con
una discreta dose di ambizione, nel senso buono del termine,
quello che ti permette cioè di costruire dei sogni per la tua
vita, e di lavorare quotidianamente affinché questi sogni si
possano un giorno realizzare…
E questa ambizione l’ho “giocata” un po’ in tutti i
“campi”… quello degli studi prima e professionale poi, quello
delle passioni extraprofessionali della mia vita (la montagna e
la musica) … per non parlare ovviamente dell’idea di
famiglia…
La “mezza età” giunge spesso inaspettata ed improvvisa a
ricordarti che non tutto ciò che avevi progettato si potrà
realizzare… per “raggiunti limiti di età” che si
sovrappongono alle circostanze che la vita ti ha nel frattempo
imposto … ed è successo ovviamente anche a me, che ormai
da anni mi sono rassegnato a “ridimensionare” i miei progetti
giovanili, riadattandoli alla realtà anagrafica e famigliare che
caratterizza la mia esistenza attuale …
Questo però (e chi mi conosce credo che non avrà dubbi
a confermarlo) non vuol mica dire che io “rosico” in
continuazione pensando a cosa poteva essere la mia vita e
quella dei miei figli se non fossero successi due fatti "casuali"
nella mia famiglia, ma nemmeno che non invidio (in senso
buono naturalmente) l'apparente serenità delle famiglie
"normali"... almeno nel senso di quelle che non hanno
problemi cromosomici e/o anatomo-patologici da
fronteggiare... ma questa è un'altra storia.
In fondo dopo alcuni anni pieni di profonde sofferenze e
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
di immense gioie… e guardando gli eventi solo ed
esclusivamente dal "mio" punto di vista... sono sempre più
convinto che la mia vita "a tre velocità" mi abbia permesso di
imparare ad apprezzare i "paesi lontani" raggiungibili da un jet
(indovinate chi è dei miei tre figli… il jet ;-) ), così come "i
panorami" visibili da un finestrino di un treno, ma anche la
bellezza di "un fiore sul davanzale di casa"... ognuna di queste
cose indicatemi da un compagno di viaggio diverso,
apparentemente e sinceramente felice, con la stessa gioia, lo
stesso entusiasmo... la stessa sofferenza di vivere.
E non è teoria quello che sto dicendo, tutti i genitori che
hanno avuto l’esperienza di avere un figlio disabile lo
testimoniano, quando dicono come spesso succede che i figli
hanno insegnato loro ad apprezzare le cose semplici … quelle
che per definizione …viaggiano a “bassa velocità”.
Non avessi avuto la possibilità di viaggiare con delle
velocità così incredibilmente diverse... forse mi sarei perso
qualcosa... e chissà quante cose in effetti mi perdo con le
“marce” che non ho avuto il piacere di “innestare” durante il
mio cammino di genitore…
Credo che ognuno abbia il diritto di "gridare"
all'ingiustizia subita in rapporto ai problemi dei nostri raga...,
perchè questo grido è in fondo un grido d'amore per la vita e
per i propri figli... e per gridare in questo modo non c'è
neppure bisogno di avere necessariamente dei cromosomi in
più o in meno, nè di assenza di parti di cervello od altro...
basta l'amore verso i nostri figli a darci questo diritto... che è
quindi anche di chi non ha "problemi" (almeno per come li
intendiamo noi)... anche di chi viaggia in jet e si sente oggetto
di ingiustizia per aver dovuto rinunciare all'astronave...
Per scoprire, alla fine del viaggio, che l’importante non è
probabilmente la meta (raggiunta o anche solo intravista da
lontano)… ma il viaggio stesso. E che il sogno realizzato…
non è necessariamente più bello dell'impegno che ci mettiamo
per costruirlo e della fatica fatta per tentare di raggiungerlo.
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Da qui in avanti perciò… questo libro diventerà anch’esso
un racconto… a “tre velocità”: quelle dei miei tre figli (Dario,
Simone, Marialetizia)… accompagnate ed intervallate a
qualche riflessione (“Il Pensatoio”) e soprattutto dalle lettere
dell’alfabeto… in una sorta di AbbeceDario (scherzosamente
chiamato in questo modo coniugando il termine originale con
il nome del mio primo figlio) della disabilità, che ci possa
aiutare a riconoscere con un po’ di ironia tra il reale, il serioso,
lo scherzoso e l’irriverente, quanto poco conosciamo di
queste persone, e di conseguenza di ogni essere umano che
incrociamo nel nostro cammino di uomini e donne.
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Dario: I Gonfiabili
A come Affettuosi:
la persona con sindrome di down è risaputamente Affettuosa,
Allegra, Amorevole, Amichevole, (Appiccicaticcia?!?),
…. Etc
Sebbene in queste definizioni ci siano degli indubbi tratti di
pregiudizialità e di stereotipìa… genitori esperti e ravveduti
asseriscono che in realtà questo noto stereotipo non è poi proprio del
tutto basato sul nulla… mannaggia alla saggezza popolare…!
Cambiando tema… le persone con sdd sono spesso descritte nel
linguaggio comune come “Affette” dalla Sindrome. Anche se non
è una malattia (infatti dalla sdd non si guarisce!), e quindi il
termine è usato impropriamente… il consiglio è quello di non
concentrare troppi sforzi sulle questioni linguistiche per conservare le
poche residue energie genitoriali a questioni più sostanziali… e per
non offendere troppo e demotivare chi in modo magari non
perfettamente politically correct, comunque si occupa e preoccupa dei
“diversi”…
Con maggiore frequenza rispetto ai bambini normodotati, i piccoli
con sdd sono definiti “Angeli” (sostantivo più usato della forma
aggettivata “Angelici”); si rimanda alla lettera B per il
commento ragionato ed esaustivo di questa definizione.
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Ambientazione: una festa di paese, di quartiere,
dell'oratorio..., vedete un po' voi quello che vi piace di più...
Scena: I "gonfiabili"
Attori: Dario, il ragazzo down.... Marialetizia, la bimba...
Sandro, il papà dai rigidi principi. Comparse, una moltitudine
di bambini (e non solo!) scatenati...
L'azione: Alla festa c'erano i gonfiabili... giochi ormai da
tempo di moda fra i bimbi moderni, nuovi effimeri parchi del
divertimento... che sempre più in questo mondo così
"provvisorio" sostituiscono la staticità dei giochi ai
giardinetti... apparendo e scomparendo alla bisogna, dove c'è
da "consumare" del divertimento (a pagamento
naturalmente!) per bambini fino agli 11 anni... (almeno nel
caso descritto).
E i bambini... da moderni figli del loro tempo...
rispondono con "entusiasmo " a questo "richiamo alla
modernità"... improvvisando capricci inenarrabili, tanto
fantasiosi quanto intensi... pur di strappare al rassegnato
genitore... il fatidico ammontare in Euro che permetterà loro
di godere per ben 10 minuti (!!!) di questa promessa di
paradiso terrestre! Marialetizia è un'artista in questo... e
domenica il papà non ha neanche cercato di opporsi, ben
sapendo che per poter trascorrere qualche minuto in
compagnia dei vecchi amici con i quali ormai ci si incrocia
solamente in queste occasioni... avrebbe dovuto pagare dazio,
versando il suo obolo al nuovo idolo del divertimento
infantile...
Due giri... questo il patto stabilito fra padre e figlia, con il
metodo della contrattazione ricattatoria, ben noto a tutti i
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
genitori... specialmente a quelli che dicono di "aborrire" il
ricatto come metodo educativo....
Primo giro... tutto bene, salvo una calzina uscita dal piede,
ed i primi sintomi di quelle abrasioni sulle ginocchia dovute
allo sfregamento da scivolamento...che si sarebbero presto
trasformate in brucianti quanto antiestetiche croste sulle
ginocchia...
Al secondo giro... inaspettato, il colpo di scena:
Marialetizia chiama suo fratello: "Dario vieni anche tu con
me... è bellissimo!".
Non aspettava altro: forte dell'invito "autorevole" della
sorella di 4 (quattro!!!) anni, e sfidando tutti i divieti del caso
(Dario è quasi diciassettenne, ed il limite di età per il gioco era
11 anni!) Dario si dirige a passi veloci, non senza una certa
aria di soddisfazione dipinta sul viso , verso la cassa del
gioco... presidiata da adolescenti coetanei e conosciuti fra i
quali non avrebbe sicuramente faticato a trovare connivenza e
complicità per mettere in atto il suo piano "illegale"....
Ma a questo punto... entra in scena il padre dai rigidi
principi morali, che con decisione accompagnata da una
indubbia "supponenza"...prende da parte Dario... e gli
spiega... come si conviene con un adulto... tutte le ragionevoli
motivazioni per le quali, oltre che non essere
opportuno,...non è proprio possibile per lui salire su quel
gonfiabile... nonostante l'autorevole parere favorevole della
sorella....
Fra le motivazioni vengono ricordate... in rapida
successione: le caratteristiche costruttive del gioco, poco
adatte a sostenere impatti corrispondenti al peso di un
ragazzo della sua età..., l'essenza stessa della tipologia di quel
divertimento, poco affine ad un ragazzo di 17 anni che dice di
avere una fidanzata,... i rischi che la presenza di un simile
"gigante" potrebbe arrecare ai piccoli che, per età sono i
detentori unici del diritto di accesso a quel paradiso....
Quello che doveva essere un tranquillo normale colloquio
tra due persone mature .. (delle quali io, il padre, naturalmente
rappresentavo l'essenza stessa della sapienza, per età, ruolo e
responsabilità nei confronti del figlio) e che già manifestava
qualche vacillamento nella discussione, con tentativi di
degenerazione tipo: " Se sali sui gonfiabili... ci costringerai (a
me ed alla mamma ..cosa c'è di meglio che tirare in ballo
"alleati" invisibili quando si è in difficoltà!) a considerarti un
"bambino" (termine usato in tono volutamente
"spregevole"... quando spregevole non lo è per niente!) di 11
anni, con tutte le conseguenze del caso... (minaccia
ricattatoria... che porta subito alla mente del malcapitato
adolescente terrificanti quanto ormai dimenticati scenari di
serate a letto con le galline, o di permessi negati alle uscite
serali da solo...), si trasforma ben presto in una feroce rissa.
Questo succede ovviamente quando gli adolescenti
"responsabili" dell'accesso al gioco... in un impeto di
cameratismo e di "stupidera" tipici dell'età (già...loro li hanno
questi accessi,... mio figlio no!) si improvvisano bambini e si
lanciano con coraggio dall'alto dello scivolo, esibendosi in
evoluzioni degne del migliore acrobata da circo...
La rabbia di Dario sale alle stelle... ma ormai il padre dai
rigidi principi aveva stilato il suo verdetto: NO!
Ci vogliono una buona mezz'ora e l'azione mediatrice
della mamma (strano... di solito i nostri ruoli sono "invertiti")
prima di poter almeno "tentare" di "ricucire" lo strappo
generazionale... avendo di nuovo l'onore di un monosillabo
da parte di Dario (anche se ancora di rabbia!). Alla fine di
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questa mezz'ora...l'episodio che mi poteva consegnare la
"vittoria"... in questo scontro fra titani: l'adolescentone di
turno (18 anni di pura e sfacciata "illegalità")... un ragazzone
che sarà pesato almeno 70 kg, dopo essere risalito
"contromano" sullo scivolo, evitando in modo abile, gli
spericolati bambini che si gettavano dall'alto nel normale
senso di marcia... arrivato in cima...trascinato dal fuoco
dell'esibizionismo si butta all'indietro a testa in giù, senza
neanche guardare se il campo era "libero" (ma lo
sappiamo...queste generazioni moderne amano il rischio fine
a se stesso!... tipo "guidare come un pazzo a fari spenti nella
notte..." ): lo schianto è inevitabile... il malcapitato di turno è
un ragazzino ai margini della legalità (11 o 12 anni?) colpito in
pieno volto dal testone dell'eroe di turno, che anche se
probabilmente libero da sufficiente materia grigia (in altre
parole..."vuoto")... riesce a fare danni sufficienti per la mia
giusta causa....
Non senza sadica soddisfazione infatti (la qualcosa
ammetto che sul momento non mi ha turbato , ma a
posteriori mi preoccupa un po')... posso constatare e far
notare a Dario il sangue copioso che esce dal naso del
malcapitato (fortunatamente unico danno...), inevitabile
conseguenza di comportamenti incoscienti ma soprattutto
realizzazione piena della mia saggia profezia da "CasSandro"...
Di fronte a ciò... anche la certezza di essere dalla parte
della ragione di Dario tende a vacillare... e la discussione
rientra, almeno per un po'...
Nel tardo pomeriggio, mentre torniamo a casa... non
risparmio con un certo sadismo... una ulteriore predica con
"morale"..., sicuro che "affondando" il colpo finale allo
sconfitto di turno (sconfitto più dal destino a me benevolo,
che dalla ragionevolezza delle mie argomentazioni) alla
prossima occasione il problema non si ripresenterà.
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Alla fine della mia arringa... Dario mi guarda, con gli occhi
arrossati dai quali riesce anche a scendere una piccola
lacrima.... e mi dice: "...ma papà... io volevo solo, per una
volta ancora... tornare alla mia infanzia!"
E la vergogna mi assale...
p.s.: E' un episodio vero, come potete ben immaginare... che
mi ha fatto pensare :... anche io, pur nella serenità che deriva
da anni di allenamento... a volte "pretendo" da Dario cose che
non pretendo dai suoi coetanei? Non era più semplice e
giusto forse (come tra l'altro Dario non ha mancato di
sottolinearmi) andare a "cazziare" gli adolescenti che si erano
assunti la responsabilità di gestione del gioco, e che ne
stavano tradendo lo spirito...?
Simone: Diritti?!?... e Doveri.
Il Diritto: un tagliando disabili per la libera circolazione
valido su tutto il territorio nazionale a nome Mosconi
Simone, disabile in sedia a rotelle.
Il Dovere: giustificare il proprio diritto a chi ti contesta
un'infrazione al codice della strada, senza preoccuparsi di
verificare il tuo effettivo diritto ad "infrangere" tale norma.
Il fatto: la sera del 18 dicembre scorso, mi recavo con
tutta la famiglia al seguito e sotto una specie di diluvio, alla
serata organizzata dall'Associazione Pianeta Down per la
raccolta fondi relativa al "Progetto Opuscolo" ideato per
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fornire tutti i reparti di Ostetricia e Ginecologia presenti sul
territorio nazionale di un agile e simpatico strumento da
utilizzare a supporto della comunicazione della diagnosi ai
neo-genitori che hanno la sfortuna di incappare in questa
realtà. Conscio dei miei diritti (o meglio di quelli di Simone)
entravo nel centro storico… sotto il profilo della circolazione
automobilistica ribattezzato secondo una moda recente con
l’acronimo ZTL (Zona a Traffico Limitato) per avvicinarmi il
più possibile al Teatro dove era prevista la serata... con l'ovvia
motivazione di evitare al povero Simone di "lavarsi" ed
ammalarsi... poco prima di Natale (e vi assicuro che "riparare"
da una simile pioggia un ragazzo di 15 anni in carrozzina...
non è per niente uno scherzo!). Le telecamere all'ingresso
della zona inibita al traffico normale mi riprendono... mi
schedano, e prontamente, un solerte funzionario pubblico...
mi multa... 80 euro (niente decurtazione punti questa volta,
bontà loro). La notifica mi giunge venerdì scorso via
raccomandata...
Risultato: per aver esercitato un mio diritto di cittadino...
mi trovo ora costretto a telefonare al comando della polizia
municipale (il cui addetto per fortuna è stato veramente
gentile! Ma se non lo fosse stato? Se fosse stato per cavoli
suoi arrabbiato in quel momento??) per ben tre volte prima di
riuscire a farmi passare la persona giusta, dopo aver perso
tempo a cercare il n° telefonico che naturalmente sulla
notifica non c'era). Ora dovrò andare a fare una fotocopia
fronte-retro del tagliando di libera circolazione (fatto
espressamente vietato dalla legge tra l’altro, pena
l’incriminazione per falso in atto pubblico con possibilità di
denuncia e relativa condanna da 3 mesi a due anni di
reclusione!), scrivere una lettera in cui spiegherò che quella
sera ero effettivamente lì ma per il trasporto di mio figlio etc
etc... spedirla via raccomandata con ricevuta di ritorno allo
stesso comando... ed attendere speranzoso che la giustizia
“non” faccia il suo corso. Tempo e soldi (miei e della
Pubblica Amministrazione)... sprecati per nulla!
E la domanda che mi sorge è: ma nell'era
dell'informatizzazione e delle schedature... che ci vuole a
fornire tutti gli accessi alle ZTL di un varco apribile
solamente attraverso tessera magnetica, in dotazione a tutti gli
"aventi diritto?" (o se si vogliono evitare problemi di
sicurezza, di analogo sistema in grado comunque di “leggere”
a chi scattare la tanto temuta foto ed a chi no?).
Non sarebbe più semplice che spendere milioni di euro in
sistemi di sorveglianza e sprecare tempo ed energie per la
gestione di questo complicato meccanismo?
Ah già... ma così... non si potrebbero più dare multe!
Doveroso aggiornamento... mentre scrivevo arrivava a casa
notifica ulteriore, Comune di Roma... per analoga infrazione
commessa in Ottobre scorso.
Non ci resta che... ridere!
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Marialetizia: La befana vien di notte
Era la notte del 6 di gennaio 2006... con la famiglia in
vacanza sulle prealpi bergamasche, in una casa per gruppi
dove abbiamo trascorso delle belle e spensierate giornate di
vacanza con tante altre famiglie della nostra parrocchia, 120
persone in tutto... tanti tanti bambini...
E allora, quella notte, dopo la bella giornata di sole passata
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
sulle piste da sci dagli sciatori (tra i quali Dario “spiccava” per
abilità e “particolarità” ;-)) come non organizzare l'arrivo di
una "vera" befana? Le volontarie fra le mamme ( per carattere
e "doti" personali) non mancavano... e in men che non si
dica...l'evento era pianificato.
Alla sera tardi, alle 21,45 (tardi per i bambini piccoli
ovviamente... che preavvertiti della possibile apparizione della
vegliarda, eccitatissimi, non avevano avuto la benchè minima
difficoltà a rimanere svegli... tutti i bambini venivano fatti
sedere di fronte all'enorme camino (modello castello
mediioevale tanto per intenderci) presente nella sala da
pranzo della casa...
Con loro ho seduto anche Simone, il mio secondogenito
di 14 anni, ma con corporatura e "abilità" ben al di sotto dell
a sua età anagrafica (ad esempio... non parla, almeno con la
bocca anche se ha un'espressività incredibile, soffre di
epilessia, non cammina... ha una motricità molto particolare e
limitata... il tutto per la sua sindrome genetica rara...) che bene
si inseriva nel quadretto di tutti quei bambini in trepidante
attesa...
La befana arriva puntuale, richiamata dall'incalzante
incedere della notissima filastrocca che descrive lo stato
pietoso delle sue calzature ("La befana vien di notte..." )...
entrando da una finestra,con tanto di scopa, e sacco dei
regali...
i bambini eccitatissimi hanno reazioni molto diverse, la
maggior parte felici, alcuni tra i più piccoli piangono
spaventati (era proprio brutta!)... i più smaliziati... finti
indifferenti!
E quando si decide finalmente ad aprire il sacco... tutti i
bambini si avvicinano per ritirare il loro sacchettino di
dolciumi, con la velocità direttamente proporzionale alla loro
faccia tosta o inversamente alla loro timidezza.
Marialetizia (la mia terzogenita di 5 anni) .. è tra le prime a
conquistarsi l'agognato sacchettino... e la vedo tornare
trionfante al suo posto per sedersi ed aprirlo con calma... ma
in un attimo la sua espressione cambia.
Succede improvvisamente, quando ritornando indietro,
nota Simone seduto per terra... e realizza istantaneamente che
lui non può andare a conquistarsi il suo sacchetto.
Abbandonata la curiosità... e con la faccia preoccupata che
solo una bambina di 5 anni è capace di fare, ritorna di fretta
sui suoi passi, ansiosa e agitata si ripresenta alla befana e le
spiega la situazione con delle parole che dal mio discreto e
lontano punto di osservazione non riesco a capire... ma che
deve sicuramente essere state chiare e convincenti... perchè la
befana le dà subito un altro sacchetto... e lei ritorna da suo
fratello, felice, glielo da... insieme con una carezza e un bacio
sulla guancia... poi finalmente si siede in fianco a lui, e apre il
suo regalo.
Ha pensato prima a sè, come è bello e giusto che sia...
(quel "sano" egoismo che è motore in un modo o nell'altro
della stragrande maggioranza delle nostre azioni)... ma poi,
visto il "bisogno" di suo fratello, e con una naturalezza
incredibile... ha pensato anche a lui, e ha "prestato" gambe e
voce a quella persona così "indifesa" in questa circostanza,
per permettergli di conquistare la sua fetta di felicità.
Non ho potuto trattenere una lacrima di gioia e
struggimento... l'emozione di vedere la mia bambina
comportarsi così è stata troppo forte anche per un papà
provato a tutte le esperienze.
Gliel’ho fatto notare più tardi... quando la befana si fu
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
allontanata dalla stessa via per cui era venuta... e l'emozione
dei bambini si era placata almeno in parte.
Le ho fatti i miei complimenti... mi ha capito ed ha sorriso
felice, con una certa accondiscendente sufficienza.
Un episodio simpatico, che non dimenticherò credo
molto presto... e che oltre a rappresentare per me una
"promessa" di un possibile futuro di felicità per i miei figli
(tutti protagonisti di questa storia) mi ha insegnato anche una
cosa importante, che mi piacerebbe potesse diventare un
piccolo slogan per me per primo… e per tutti i miei figli.
Esserci per noi stessi... senza dimenticare... gli altri.
“mongoloide” se fosse rispettata la realtà dell'importanza sua
come PERSONA... al di là delle definizioni più o meno
colorite...
Magari a volte mi diverto a puntualizzare scherzando…
ma più per “dovere” di ruolo che altro!
Per questo non mi sono mai preoccupato più di tanto di
ciò che viene detto... ma molto di più di come i nostri ragazzi
vengono considerati nella realtà...
Un piccolo esempio però lo voglio fare anch'io...
riportando un'immagine che l'allora Assessore ai Servizi
Sociali della mia città (una persona veramente in gamba, che
soffre insieme a noi delle limitazioni attuali delle risorse della
politica sociale) ha fatto un giorno durante il suo intervento
all'inizio dello spettacolo teatrale organizzato dalla locale
associazione... parlando dei nostri ragazzi, che la ascoltavano,
in fianco a lei sul palco.
Senza mezzi termini o mezze parole, o definizioni
precostituite, li ha solo ringraziati, guardandoli in faccia "...
perchè in questo gioco a carte che è la vita, voi che avete in mano delle
carte sicuramente più brutte delle mie... mi insegnate quotidianamente
l'entusiasmo del giocare, il bello del vivere!".
Ecco questo credo che sia un esempio bello e giusto di
come "trattare" alla pari e con rispetto i "diversamenteabilidisabili-handicappati-personedown-affettidasindromeddmongoloidi".
Il Pensatoio: Ansiolitici linguistici ed altre “menate”
Quante parole si sprecano nel discutere su quali siano i
termini più adatti per descrivere… (oddio, ed ora come li
chiamo?!? ), beh diciamo… “le persone con handicap”?
Sinceramente però, al di là della reale importanza di
chiamare le cose e le persone in modo corretto e mai
offensivo, credo che le discussioni linguistiche (che vengano
da intellettuali o da genitori o da addetti al settore)... servano
solo a distrarre dai veri problemi... quelli del cuore e quelli
concreti, capaci veramente di influire sulla qualità della vita
delle persone più sfortunate...
Non mi faccio problemi a chiamare mio figlio
diversamente abile come non me ne faccio troppi quando
qualcuno lo chiama "persona down" (lo faccio anch'io!) o
"affetto da..." (invece di "persona con sindrome di down")
oppure handicappato... accetterei addirittura anche
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Tante volte i “rimproveri” vengono fatti proprio da
qualche genitore, come in questo brano estratto da un forum
su internet:
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
“Ho notato che voi dite spesso "mio figlio, mia figlia, e´ down".
So che lo dite con buone intenzioni e che detto in un certo contesto e´
legittimo ma ogni volta mi infastidisce.
Mi sono chiesta il perche` di questo fastidio.
Per me e´ molto importante che mia figlia venga chiamata con il suo
nome, rispettando la sua individualita` e che parlando di lei non si
dicesse cose del tipo, la bambina down, la down, e´ down etc..per me e´
meglio dire : mia figlia con Sindrome di Down, quando si deve
specificare.”
improvvisamente con la nascita dei nostri figli (che siano essi
"down"... o "con la sindrome di down"... non fa alcuna
differenza), solo per un'improvvisa quanto inevitabile presa di
coscienza che è scaturita dall'esperienza.
Volevo dire qualcosa di più efficace per farmi capire... ma
non ci riesco; in questo momento sono "stanco morto"...
anzi, facciamo così… sono "una persona con una stanchezza
incontrollabile alla fine della sua giornata di 19 ore"...
Credo che tanto derivi dall'abitudine alla realtà delle cose...
che fa guardare molto più alla sostanza che non alla forma... e
permette non solo di chiamare i propri figli in modo non
"politicamente corretto"... ma di farlo addirittura con affetto
ed un briciolo di sana allegria.
Perchè credo sia fondamentale il senso che si da alle
parole... che di per sè non ne hanno uno preciso ed univoco,
per fortuna. In altre parole... come già dicevo, accetterei
tranquillamente che mio figlio venisse chiamato mongoloide,
se questo corrispondesse ad un maggior livello di attenzione
alla persona. Capisco bene ciò che spinge tanti genitori a
scrivere così... e perciò ovviamente chiedo perdono per tutte
le volte che la mia "leggerezza" in qualche modo "offende"...
ma mi sento di dire senza vergogna: non concentratevi sulle
parole, potreste al massimo in questo modo migliorare il
vocabolario di tutti in modo formale. Puntate invece
direttamente a modificare il messaggio che a queste parole è
collegato... è un modo molto più efficace di "giocare" nel
mondo le proprie (poche) energie... e a volte anche il
più..."simpatico", perchè ci avvicina di più ad un mondo
reale… "l'altro" mondo... dal quale ci siamo allontanati
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Vedete? Ho lasciato stare di scrivere per una notte… ed al
mattino con la mente più fresca e sveglia... mi è subito
"venuto" l'esempio che ieri sera la mia mente cercava senza
riuscire a trovare... Aggiungo qualche considerazione perciò a
quanto già scritto qui sopra...
Innanzitutto una piccola banalità... il fatto cioè che le
parole devono esprimere un significato... e se per farlo
parlando ne usiamo il meno possibile (detto da me che sono
universalmente riconosciuto un logorroico, per lo meno nello
scrivere, mi scappa da ridere), non è di per sè un male. Un
esempio... "in tema"; chi di noi si sognerebbe di descrivere un
"ragazzo spastico"... che so, come "un ragazzo con ipertono
muscolare da esito di paralisi cerebrale infantile"? Nessuno
credo... nella sua crudezza ma anche nella sua semplicità
l'attributo "spastico" contiene un po' tutto ciò che serve ad
avere una prima idea della condizione accessoria di quella
persona... ma il fatto di chiamarlo così non "suona"
particolarmente offensivo.
E allora dove sta il reale problema? Sta nelle sensazioni
che determinate parole suscitano nel profondo di ognuno di
noi... mettendo spesso a nudo nostre debolezze e
contraddizioni.
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Un altro esempio per spiegare questa affermazione...
Perchè è diventato eticamente non corretto chiamare le
persone "con abbondanza di melanina nel derma"... "neri"? E
perchè comunque non fa lo stesso effetto chiamare coloro
che ne sono scarsamente dotati... "bianchi"?
Credo perchè questo termine ci ricorda secoli di disprezzo
e di maltrattamenti, di schiavitù e soprusi ingiustificati... che si
perpetrano anche ai nostri giorni... e dei quali ci sentiamo
intimamente responsabili, colpevoli... e, giustamente, ce ne
vergogniamo.
E perchè dire, ad esempio, "gli svedesi" (al posto de "gli
abitanti della Svezia")... non ci fa alcun effetto e sembra
perfettamente lecito... mentre dire "i rom"... o "gli
extracomunitari" (che formalmente sarebbe "abitanti di stati
non facenti parte della Unione Europea")... ce ne fa un altro?
Solo perchè nel nostro immaginario, che è esperienza, ma
anche cultura collettiva ereditata dai mass-media, associamo a
queste parole delle immagini, delle realtà, delle categorie... che
naturalmente non sono "positive".
Ma le parole in sè non dicono nulla di negativo... perchè
appunto dicendo "gli svedesi" (o "gli svizzeri") nessun
sentimento particolare "esce" da dentro di noi.
Ecco perchè dico che, al di là del naturale e sacrosanto
desiderio di pretendere dignità e rispetto per i nostri figli,
secondo me non c'è nulla, ma proprio nulla di offensivo nel
chiamare i nostri figli... "bambini, ragazzi, giovani o adulti
down"...
Tutto ciò che di "male" ci può essere in questo modo di
chiamarli... è essenzialmente frutto di eredità culturali
profondamente radicate in noi... che sdrammatizzando noi
per primi, contribuiremo probabilmente a modificare,
svestendole di quell'importanza apparente che nasce da
pregiudizi... e che non è affatto reale nella sostanza, e facendo
in ultima analisi quasi paradossalmente del bene ai nostri
amati figli... "down".
p.s.: Dimenticavo una considerazione fondamentale:
ovviamente tutti i discorsi fatti... non tengono conto... del
parere dei diretti interessati!
Dario si autodefinisce così (ragazzo down) senza
problemi... giustificandomi perciò nel fare altrettanto... ma se
qualche ragazzo consapevole della sua condizione rifiutasse in
qualche modo questo modo di definire il suo "stato"... il
discorso, quantomeno nei suoi confronti, cambierebbe
profondamente!
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
B come Benevoli, Buoni:
Dario: Una "montagna" di ricordi
la persona con sdd è per sua natura incapace di cattiveria. Questo
assioma, che altro non è che un corollario degli attributi derivanti
dal primo punto della lettera precedente… è raramente soggetto a
discussione. A mio modesto parere questi (vedi “angeli” della lettera
A) sono invece alcuni degli attributi più pericolosi e da combattere,
in quanto eliminando all’origine la possibilità per le persone cui
sono riferiti di pensare e fare il male (peraltro molto reale!) … si
giustifica la famosa “destinazione Paradiso” di default per tutti gli
organismi superdotati cromosomicamente… togliendo di fatto loro
quel “libero arbitrio” che rappresenta il vero carattere distintivo
dell’essere umano, e perciò discriminandoli in modo estremamente
subdolo: da evitare, a meno che non corrispondano ad una reale
caratteristica personale di uno specifico individuo.
A volte… Balbuzienti, caso particolare delle frequenti difficoltà
espressivo-linguistiche derivanti da un misto di fattori patologici (ad
es. macroglossia) e fisiologici (incapacità di riprodurre vocaboli alla
velocità con i quali vengono pensati e trasmessi alle “periferiche”
addette alla comunicazione).
Si dice che siano anche Bassi… e questo, nonostante un deciso
innalzamento negli ultimi anni dell’altezza media della
popolazione down… è una volta tanto sicuramente vero.
Ottobre 2004: L’inverno si avvicina… Michele, papà di
una bellissima bambina down di 3 anni, sogna per Sofia un
futuro di sciatrice provetta… ed io mi lascio un attimo
trasportare dai ricordi. Vi racconterò perciò di me e della
montagna … di quanto sia stata importante essa per la mia
vita: se anche vi sembrerà che non c’entri molto… cercate di
arrivare fino alla fine del racconto… forse capirete perché!
Sono sempre stato un amante della montagna… una
passione ereditata dal papà durante diversi anni di vacanze
itineranti prima… e dal gusto di passeggiate e vacanze con gli
amici dell’oratorio poi… nell’età in cui gli ideali ti segnano la
vita per sempre, prima che la vita poi si riprenda la sua
rivincita, stemperando con il tempo e le esperienze la purezza
e l’incapacità di scendere a compromessi tipiche dell’età
giovanile.
Quando il papà morì a 50 anni io ne avevo 20… e in
riferimento alla montagna non trovai niente di meglio che
“alzare la mira” delle mie piccole grandi imprese… senza il
prudente controllo preventivo paterno: 3 mesi dopo la sua
morte ero in cima al mio primo 4000, la punta Gnifetti sul
M.te Rosa a 4556 m sul livello del mare… niente di che
intendiamoci … passeggiate ad alta quota … ma in ogni caso
ricordi importanti di una vita che “cresceva”… e cercava la
“sua” dimensione, anche attraverso il confronto con la
natura.
Tre giorni dopo la laurea sono in cima al M.te Bianco con
alcuni amici, fra cui Paola… la mia futura moglie… con la
quale poi non abbiamo trovato di meglio da fare che passare
una settimana del nostro viaggio di nozze in un rifugio a 3000
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
m, salendo ogni giorno una cima diversa dell’Adamello… era
il 1983. Decine di montagne salite, decine di escursioni in
quota, notti trascorse in rifugio, salite successi, rinunce,
qualche piccola avventura …da ricordare e da raccontare…
D’inverno… non avendo mai imparato a sciare… più per
la non voglia di “mischiarmi” alla ressa chiassosa degli
scivolatori domenicali (ho sempre amato della montagna
l’intenso suono della solitudine, più che il chiassoso rumore
della compagnia…) qualche passeggiata con gli sci da fondo
ai piedi… le mie imprese più “rischiose”, sicuramente…
Poi nel 1987 nasce Dario… lo stesso giorno della
nascita… oltre alle novità connesse alla sindrome… ci dissero
di quel difetto così comune al cuore… il DIA (Dissesto Inter
Atriale), che in ogni caso non ci avrebbe più consentito di
fare vacanze oltre i 1000m di quota… (e non era vero!)… una
piccola sofferenza in più si aggiungeva alla grande sofferenza
che tutti noi abbiamo come comune vissuto in relazione alla
nascita dei nostri figli speciali. Il DIA si chiudeva
spontaneamente sei mesi dopo… e l’estate successiva…
cominciavo ad arrampicare sulle montagne della Val Masino,
su difficoltà mai affrontate prima… fino al 7° grado in
fondovalle, vie classiche in alta montagna anche importanti da
secondo all’inizio e poi da “primo”… bellissimi ricordi, tra i
meno belli un piccolo incidente ad un amico a causa di una
mia caduta… trattenuta da lui con la corda che ci legava …
insieme ad una amicizia che non si sarebbe più “sciolta”.
Insieme alle salite sempre più difficili… le passeggiate anche
lunghe… con il mio nuovo “fardello” sulle spalle… quel
Dario che allora non manifestava ancora nel fisico… il suo
futuro di atleta (era una vera palla di lardo!).
Non ho mai interrotto il mio rapporto con la montagna
… neanche quando alla nascita di Simone… le cose si sono
fatte ancora più complicate. …
Solo in un naturale percorso che ha portato la mia
coscienza ad essere più consapevole… ed il mio fisico meno
“brillante” … ho percorso la mia parabola…
accontentandomi anche di godere ultimamente delle
passeggiate famigliari estive… con Simone sulle spalle per 5-6
ore la gola secca per le parole spese a convincere Marialetizia
a camminare… senza rinunciare a qualche ambiziosa
puntatine nostalgica su vie e cime di una certa importanza…
In mezzo a questa parabola… la bellissima esperienza,
perché straordinaria in sé ed anche “insperata” ripensando
alle "prospettive" che avevamo nei primi mesi di vita di
Dario… di essere salito sul Castore con Dario a 4226 m nel
gruppo del M.te Rosa quando lui aveva 13 anni… Dario solo
ora (attraverso il concorso “niente è impossibile”) si è forse
reso conto di che grande impresa ha realizzato quella volta…
grazie agli innumerevoli riconoscimenti di stima e di affetto
che questa storia gli ha procurato e grazie ai sentimenti
positivi e alla speranza che ha suscitato in tante persone
intorno a lui…
Ora sono capace anche di godere, come ho fatto ieri, di
un’ora passata al limitare del bosco a raccogliere castagne con
tutta la famiglia, immersi nella frizzante aria autunnale
straripante di colori tipica di questa straordinaria stagione di
cambiamenti …
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In mezzo a tutto questo… quando Dario aveva circa otto
anni ci chiedemmo… “e perché non provare a farlo sciare?”.
Io non ne ero capace… Paola sì ma quasi “non si
ricordava”…decidemmo perciò anche per questo (oltre che
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
per motivi di “sana” didattica) di rivolgerci alla scuola di sci
della valle dove da qualche anno ci recavamo in vacanza … la
valle di Gressoney in val d’aosta.
Quando andammo a chiedere per delle lezioni singole…
ci sentimmo in dovere di spiegare la sua condizione di
bambino disabile; dall’altra parte trovammo la semplice
professionale e beata ingenuità di chi da una parte non aveva
mai visto un bambino con la sindrome di down calzare gli sci,
e dall’altra… non aveva mai visto un bambino di quell’età
non imparare a sciare .
Fu per loro la cosa più naturale del mondo… qualche
lezione in più certo, ma in qualche anno (interrotto anche per
una stagione a causa di una brutta lesione al polso rimediata a
scuola da Dario che lo costrinse 3 mesi con un tutore) Dario
era in grado di sciare con uno spazzaneve sicuro prima… a
sci quasi uniti poi, e dall’anno scorso anche gareggiando con i
suoi pari, serpeggiando con abilità fra porte e paletti.
Piste azzurre, rosse o nere … niente è ora fuori dalla sua
portata… Dario sulle piste conosciute va ormai anche da
solo, prendendo gli impianti e scendendo senza apprensione
alcuna… né sua… né nostra!
Ed ecco allora che due anni fa… durante una delle solite
passeggiate nei boschi in fianco alla pista con Simone sulle
spalle, aspettando di vedere scendere Dario con il maestro o
con la mamma… la decisione: beh, se ha imparato Dario… lo
posso fare sicuramente anch’io… del resto anni di
appostamenti a fondo pista mi avevano svelato tutti i segreti
dei maestri per quanto riguardava la didattica… e degli stili di
discesa per quanto riguardava la tecnica pura… perciò
dovevo provare, e sicuramente sarebbe stato un gioco da
ragazzi!
Affittati a noleggio per un giorno sci scarponi e bastoncini
… con un abbigliamento che avrebbe fatto invidia ai moderni
casual da snowboard… ma che in realtà dimostrava tutta la
mia età e la mia avversione alle mode… mi lanciai perciò
nell’impresa… con immediati ed inevitabili contraccolpi sulla
mia già provata autostima: era difficilissimo! Non mi arresi e a
furia di provare… riuscivo ormai a stare in piedi senza
esaurire nei primi 20 metri di discesa tutte le energie che mi
sarebbero tranquillamente bastate per scalare due volte
l’everest senza ossigeno…
A quel punto… ero pronto: decisi perciò di proporre a
Dario una discesa insieme… dalla seggiovia, 800 m di
dislivello di pista azzura (questa era la “condizione” che
posi… niente “scorciatoie” sulle “rosse”!) che mi
preoccupavano non poco, pensando a quanta fatica i miei
muscoli inesperti sprecavano sul piccolo skilift di fondovalle
(saranno stati 90 m di dislivello in tutto)… sul quale per
primo mi ero cimentato.
Non senza apprensione… mi affacciai al primo
ripidissimo ed orrendo pendio in cima alla pista, dopo essere
sopravvissuto alla discesa al volo dalla seggiovia… e a questo
punto… la rivelazione!
Dario, con la calma di chi, provato dall’esperienza, si
rende conto di “avere qualcosa in più", e di poterlo
“insegnare”… con naturalezza ma con una umiltà estrema…
ha cominciato a spiegarmi che cosa dovevo fare, come
affrontare le curve, i cambi di pendenza… a farmi vedere…
Con tutta la mia buona volontà comunque non riuscii a
cogliere e a mettere in pratica che una minima parte di tutti i
suoi suggerimenti; ciononostante… Dario continuava con
pazienza a spiegarmi, ad aiutarmi con l’esempio e le parole…
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mi seguiva sempre con pazienza e fatica, dovendo per forza
di cose rallentare per adeguare la sua velocità di esperto
sciatore a quella del papà novellino… fino a quando, ad un
certo punto, inspiegabilmente ma inesorabilmente, in un
tratto di pista incredibilmente facile, mi si incrociarono le
punte degli sci… e dopo alcuni interminabili secondi di
tentativi disperati di riassumere una posizione dignitosa…
mentre la mia velocità aumentava vertiginosamente… mi
schiantai modello cartone animato nel muro di neve fresca a
fianco della pista… lasciandoci la mia impronta.
Dopo alcuni minuti riuscii a risollevarmi con non poche
difficoltà dalla mia scomoda posizione …Dario mi aiutò a
rialzarmi … mi diede una pacca sulla spalla e guardandomi
con uno sguardo tenero ma consapevole mi disse, sapendo di
mentire …: “Fa niente papà… sei stato bravissimo! E poi …
lì la neve non era battuta bene… per quello sei caduto! Dai
alzati e riproviamo!” (avrebbe poi "mentito " allo stesso
modo raccontando l'episodio della mia caduta alla mamma).
Sono arrivato a fondovalle… sono risalito ed insieme
abbiamo fatto un’altra discesa… uniti dalla comune coscienza
che ognuno di noi ha sempre da “imparare” o da “insegnare”
qualcosa… e che i ruoli in questo rapporto di dare avere…
non sono necessariamente prefissati dalla natura né dal
numero dei cromosomi delle nostre cellule…
Quel giorno… “io” ero stato senza alcuna ombra di
dubbio il “disabile”, “l’handicappato” il “diversamente abile”
(molto diversamente!)… mentre Dario era il maestro, la
persona che conscia della propria superiorità in questo campo
specifico dell’abilità umana… e per niente reso presuntuoso
di questo suo “status”… aveva messo al servizio del disabile
di turno le sue competenze (tecniche ma anche e soprattutto
“umane”) per dare qualcosa di sé al suo babbo in difficoltà…
a quella persona indifesa di fronte a quella montagna
imbiancata che pure tanto frequentava e “dominava” su altri
terreni ed altri “giochi”…
Non riuscii a fare a meno allora di pensare a tutte le volte
che con impazienza, intolleranza verso la lentezza dei
progressi od il ripetersi degli errori… sbottavo contro Dario,
pur conscio delle incredibili difficoltà oggettive che lui doveva
affrontare per conquistare anche la più piccola abilità; e tutto
questo “stonava” incredibilmente… se messo a confronto
con la pazienza, la tolleranza e l’amore che Dario, ragazzo
down di 14 anni, aveva mostrato nei miei confronti in quella
circostanza!
Non dimenticherò facilmente quello stupendo
pomeriggio…
Conscio dei limiti impostimi dall’età e dalla natura umana
… ho deciso: non imparerò a sciare… ma una volta all’anno
da quella volta … noleggio un paio di sci, scarponi e
bastoncini… e vado a sciare con mio figlio Dario (anzi …
Dario viene a sciare con me!)… per rinnovare in me la
coscienza del mio essere come tutti bisognoso di aiuto, per
lasciarmi invadere il cuore dalla gratitudine, per ritrovare la
bellezza e l’umiltà di “lasciarmi aiutare” da una persona che se
guardo con attenzione alla mia vita… mi insegna
quotidianamente ben di più che un imbarazzante spazzaneve!
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Simone: Legati per sempre
Sabato è giorno di spesa, di cose da fare a casa… di figli
da accompagnare, di compiti, di cene con amici…
Questa mattina a me tocca il “turno” della spesa… ma
fortunatamente le cose da comperare non sono poi molte… e
così decido di non tuffarmi in un ipergalattico, modernissimo,
fornitissimo ed ammaliante Centro Commerciale (chissà
perché poi lo scrivono sempre con le lettere maiuscole?),
nuovo “idolo” delle domeniche cittadine per tantissime
persone… anche giovanissime (e sinceramente questo mi
preoccupa un po’), icona perfetta del “vuoto” che spesso
riempie le nostre giornate .., ma di percorrere le strade della
mia città fino al vecchio mercato, in Centro (qua sì che ci sta
bene la maiuscola!).
Si il mercato… quello con le bancarelle… in compagnia di
Simone e delle sua sedia a rotelle. Se non riuscirò a trovare
tutto mi fermerò al ritorno nel piccolo minimarket del
Centro… quello dove non c’è mai tanta ressa perché non c’è
parcheggio… e senza macchina, si sa… la gente non va più
da nessuna parte; io lo chiamo.. il “supermercatino delle
vecchiette e dei single” … quello dove si va a prendere le due
cose che ci si è immancabilmente dimenticati di comperare a
quello “mega” … dopo aver riempito il carrello di porcherie
spesso inutili, oltre che non preventivate al momento
dell’uscita da casa.
La passeggiata è piacevole (e questo un po’ mi terrorizza:
da giovane… piuttosto che andare verso il centro, pur sempre
ressoso anche se non come un Centro Commerciale… sarei
volentieri scappato in montagna a fare una passeggiata… ma
si sa… le esigenze… cambiano), e presto mi ritrovo la borsa
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Come aquiloni… o quasi.
della spesa attaccata alla carrozzina di Simone (eh sì…. Anche
avere a rimorchio un raghino a quattro ruote… ha i suoi
vantaggi!!!) sufficientemente piena (pane per due giorni,
affettati misti per la cena con gli amici di “prova” per il 12
maggio!) da non poterci più infilare nulla… nemmeno quel
grosso lucchetto comprato per sostituire quello appena
distrutto a martellate da un aspirante quanto inesperto ladro
in erba… che dopo aver compiuto il suo misfatto, non è
nemmeno riuscito a portare a termine la sua impresa… che
aveva come obiettivo la nostra vecchiotta casa viaggiante. Ed
allora il lucchetto finisce “infilato” in una delle manopole
della carrozzina.. quanti optional questo mezzo …
Mi avvio verso casa… un km prima di arrivarvi… entro
nel supermercatino … primo problema… ed ora come faccio
a fare la spesa? Simone con il gambone (qui sotto vi metto
una foto del “mezzo” modificato per reggere la sua gamba
ingessata) è impensabile spostarlo in un carrello,
abbandonando la sedia a rotelle con il suo prezioso “carico”
di spesa già effettuata …
Vado perciò da una cassiera e le chiedo se può
cortesemente “anticiparmi” un paio di sacchetti… che le
pagherò in uscita: che così facendo riesco ad evitare il
“cambio” di mezzo.
Cosa manca? Vino, latte… un pollo… alla fine le borse
della spesa pesano tranquillamente 4-5 kg l’una, ed una volta
pagato (i sacchetti mi vengono “abbonati” … forse facevamo
un po’ compassione alla cassiera!) mi avvio verso l’uscita.
Ma muoversi con questo carico non è agevole… potrei
tenere i due sacchetti in una mano… e guidare la carrozzina
con l’altra… ma l’asfalto tutto buchi e pendenze dei
marciapiedi cittadini non me lo consente (e sì che siamo in
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
periodo elettorale… dovrebbero darsi da fare!). Decido allora
di infilare i due sacchetti sui polsi, in modo da avere entrambe
le mani libere per guidare con più facilità il “mezzo” di
Simone, destreggiandomi tra buchi dell’asfalto, rampe, gradini
… macchine parcheggiate sul marciapiedi e quant’altro…
La strada da percorrere non è molta… un km circa per
l'appunto… ma mano a mano che procedo, il peso dei
sacchetti che mi taglia i polsi e le difficoltà della giungla
cittadina permettono ad una strana sensazione di farsi strada
dentro di me…
I kg della spesa che mi “schiacciano” le mani sulle
manopole della carrozzina, tanto da non poterle più quasi
nemmeno "staccare" da essa... fanno sembrare
quest’ultima…me la fanno “percepire”… come un
prolungamento di me stesso, più che come un mezzo “altro”
da me… che io devo solamente guidare…
Anche fisicamente è così… non sono tanto io che spingo
la sedia a rotelle, ormai è l’inerzia del peso (anzi … dei pesi!)
che contiene, seduti o infilati sulle mie braccia, che permette
alla carrozzina di spostarsi, ed io .. quasi le vado dietro, con la
precisa sensazione di non potere fare altro che tentare di
evitare le buche… e di non essere io il “motore” protagonista
di quella passeggiata.
La mente vaga un po’ in questi pensieri … probabilmente
anche offuscata dalla fatica (tanta!) e dai rimorsi (“la prossima
volta … prendo la macchina!”), e mentre realizzo fuori di
metafora che io e Simone siamo in qualche modo “una cosa
sola”… in cammino insieme in questa vita … alla stessa
velocità… ognuno con il suo “ruolo” (lui la fatica del
“dipendere” … ed io quella del portare i pesi e del guidare…
lui la gioia dell’essere portato finalmente a passeggio, ed io
quella di poterla donare quella semplice gioia … e tante altre
piccole cose ancora che ci “caratterizzano”..), “legati” per
sempre da un destino in qualche modo comune, che non
lascia spazio a grandi sogni, pur se legittimi ed importanti,…
lo sguardo si posa sul grosso lucchetto che sta proprio lì …
alla fine delle mie mani “appesantite” … che spingono la
sedia a rotelle su cui siede, felice… il mio “raghino”.
E per un momento la fatica sembra scomparire… e ad un
tratto quel lucchetto sembra aprirsi di colpo … e liberarci da
questa dipendenza reciproca, restituendoci la nostra
individualità e lasciandoci soli ed unici protagonisti delle
decisioni che ci potranno rendere felici o infelici … ma è solo
un attimo … che dura fino al momento in cui l’ennesimo Suv
parcheggiato sul marciapiede davanti a noi, ci riporta con
violento disincanto nei nostri reciproci ruoli… forse per
sempre.
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Marialetizia: La festa della Cooperativa
23 Dicembre 2004
Ieri sera siamo andati alla festa di Natale della Cooperativa
dove lavora Paola, una "cooperativa di lavoro CON
handicappati", come amano definirsi, che affianca persone
con problemi ma capacità produttiva e lavoratori
normodotati... più una serie di volontari che permettono alla
cooperativa stessa con il loro lavoro gratuito di tenere il passo
con la produttività richiesta.
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
A fianco di questa cooperativa di lavoro esiste anche
quella "sociale" , per le persone senza capacità lavorative
residue...
Nel giro della cooperativa ci sono almeno una ventina di
persone down, le più disparate possibile, come tipologie,
stereotipi ed abilità....
Ieri dopo la S.Messa (la cooperativa è di chiara ispirazione
"confessionale") una semplice cena (250 persone!) con
simpatia ed allegria...
Poi come sempre in queste circostanze, un paio di
discorsi, il più semplici possibile... e... la lotteria (nella
doverosa e interminabile ricerca di fondi che permettano alla
cooperativa di sopravvivere in questi tempi difficili per tutti...
figuriamoci per una "ditta" che ha la pretesa di voler essere
concorrenziale sul mercato... presentandosi con un "parco
lavoratori" composto per il 50% da persone disabili!)
Investo 25 Euro di biglietti (15 possibilità su 1000 di
vincere uno dei 7 premi in palio)...poi gioco la mia carta...
distribuendo responsabilità in ambito familiare!
Dario controllerà i biglietti.... che Marialetizia, in qualità di
bimba più piccola è stata chiamata... ad estrarre
Per non dare troppo nell'occhio... (ma ci hanno accusato
lo stesso di "brogli") Marialetizia decide di estrarre il nostro
biglietto in abbinamento "solo" al 2° premio, un bellissimo
stereo Philips del valore di 200 Euro almeno...
Dario esulta, felice e corre ad abbracciare la sorella! Poi
con l'aiuto di un adulto, trasporta il frutto della vincita, quasi a
mo' di preda... al nostro tavolo...
Io e Paola sappiamo che in cooperativa farebbe
veramente comodo uno stereo come quello... con pudore ci
azzardiamo a proporre a Dario, ML (e Simone) se sarebbero
disposti a "regalarlo" a tutti i ragazzi della coop., pur sapendo
che questo poteva smorzare il loro spontaneo "entusiasmo"
per la vincita... e lasciarli un po' delusi ..
E invece... appena sentita la proposta, quasi all'unisono
gridano: "SIIIIII !!!"... con un entusiasmo anche maggiore di
quello dimostrato al momento della vincita, si attrezzano per
ritrasportare lo scatolone (che era grosso 2 volte ML!) e una
volta giunti là spiegano al responsabile della lotteria le loro
intenzioni...
Marialetizia prende il microfono e dice: "...abbiamo deciso di
regalare lo stereo ai ragazzi della cooperativa nuova" (si
chiama "Nuova Iride").
Ritornano al nostro tavolo (che stava dalla parte opposta
del salone)... come eroi acclamati tra due ali di folla.... la
felicità sui loro volti... la commozione sui nostri...
Con semplicità e una spontaneità che spesso a noi adulti
manca... ci hanno dimostrato che davvero "E' più bello
donare che ricevere"...
E questo sarà il nostro più bel regalo di Natale!
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Il pensatoio: Vergogna… e dintorni.
La prima volta che mi sono vergognato di lui...
La prima volta che ho guardato impotente la sua rabbia...
sentendomi "disabile"... perchè non ero in grado di aiutarlo...
La prima volta che ha compreso che era "diverso"... e
dicendomelo con gli occhi mi ha riempito il cuore di
struggente tenerezza...
La prima volta che la sua rabbia si è trasformata in
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
rassegnazione... e la mia rassegnazione in rabbia...
La prima volta che si è perso... quando io credevo
fermamente non sarebbe successo...
La prima volta che ha sofferto per amore... ed io con lui, con
la coscienza di quanto tutto per lui è e sarà più difficile...
La prima volta che gli ho dato uno schiaffo (che è stata anche
l'ultima!...)
La prima volta che mi ha deluso... perchè forse avevo delle
pretese su di lui...
La prima volta che io ho deluso lui... che sicuramente lui non
mi ha detto... perchè forse lui non ha pretese su di me...
E' vero: può capitare di provare vergogna per lo status dei
nostri figli, disagio per i loro comportamenti a volte
"socialmente inadeguati", quella sottile "tentazione di
scomparire" che nasce di fronte alla coscienza della nostra
inadeguatezza di genitori...
Ma d'altra parte, l'abbiamo detto anche in tanti... non
abbiamo provato anche noi, almeno una volta nella vita... a
stare dall'altra parte? dalla parte della persona imbarazzata di
fronte ad una carrozzina con dentro un bambino
"imperfetto"? o dalla parte di chi trovandosi costretto a
sedere in fianco ad una persona "diversa", ne "tollera" i
comportamenti inadeguati per incapacità di rapportarsi in
modo "naturale" con lei? E non è forse questo
piccolo/grande muro di incomunicabilità tra persone
"colpite" e..."gli altri" che sta alla base delle difficoltà di
integrazione dei nostri figli nel tessuto sociale? Eppure
viviamo da punti di vista diversi, lo stesso problema,
sensazioni complementari... che non avrebbero ragione di
esistere se non esistesse appunto il loro "complemento"... Mi
spiego... con un esempio...: se fossimo capaci da genitori di
essere sempre fieri dei nostri figli, ma nel contempo "onesti"
nell'educarli con fermezza e dolcezza... pensate che questo
non "si trasmetta" intorno a noi, a chi vede noi ed i nostri
figli, e non li aiuti a rapportarsi in modo più "naturale" con
loro? (per esempio banalmente "sgridandoli" quando se lo
meritano).
O al contrario, se con naturalezza e senza falsi pudori ci
avvicinassimo alle persone disabili (e qua pensate ad un
handicap "diverso" da quello con cui magari siete abituati a
convivere... e vedrete che vi ci ritrovate) senza l'imbarazzo di
chi non sa cosa dire per paura di sbagliare, offendere o che so
io... non pensate che queste persone ed i loro genitori siano in
grado di percepire... la spontaneità e la genuinità del nostro
approccio?
Quello che voglio dire... semplicemente, è che
sicuramente noi genitori (a differenza degli "altri") facciamo
un cammino interiore lungo, intenso e faticoso, che ci porta
prima o poi ad accettare in misura più o meno completa la
realtà della diversità dei nostri figli... ma, in fondo, oltre a non
essere soli in questo cammino perchè siamo in tanti... siamo
anche in buona compagnia di tutti coloro che, in un modo o
nell'altro, incontriamo... condividendo un pezzetto di strada...
anche piccolo... in questo deserto che non è popolato solo da
cammelli… ma anche da pinguini, foche, trichechi, orsi polari
ed eschimesi.
E visto che noi abbiamo già percorso un po' di strada in
questo "deserto"... guardiamo con simpatia a questa massa di
animali goffi e fuori posto che come noi "pinguini" fanno
fatica a camminare in questo ambiente a loro così ostile...
chissà che non imparino a muoversi con più agilità... e ne
venga fuori qualcosa di buono...!
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Come aquiloni… o quasi.
C come Castrati:
Come aquiloni… o quasi.
Dario: Genitori, figli e pedagogia spicciola
nell’immaginario collettivo le persone con sdd non sono abilitate al
libero esercizio della sessualità, né probabilmente ne trarrebbero
alcun beneficio. Questa definizione non si applica solo alla sfera
della genitalità, ma anche a quella molto più vasta ed
omnicomprensiva dell’affettività, e della capacità quindi di provare
sentimenti. E’ mia profonda convinzione che questo sarà,
ovvviamente, uno dei muri più difficili da abbattere, sia sotto il
profilo culturale che, naturalmente, sotto quello più terra-terra delle
pari opportunità e delle tante difficoltà che oggettivamente esistono
per le persone con sdd, e che si frappongono tra il desiderio di una
sessualità gratificante e la possibilità che questa si possa realizzare
concretamente nella quotidianità, trasformandosi in scelte di vita.
Sebbene alcune eccezioni si comincino a presentare sulla scena
sociale … la negazione di questo aggettivo rappresenta un obiettivo
sfidante… da affrontare in massa da parte delle prossime
generazioni.
Ma C anche come Coscienti, della propria disabilità e del
proprio status, un tabù da non molto superato che fino ad alcuni
decenni fa era tanto radicato da far pensare che il loro scarso livello
di coscienza li rendesse esenti dal rischio di infelicità (“tanto non si
renderanno mai conto…”).
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Un piccolo episodio da raccontare... genitori, figli e
pedagogia spicciola...
Sabato sera, dopo una giornata intensa fatta di cose
routinarie e anche straordinarie... di ritorno a casa alle 19,20
decidiamo che non abbiamo voglia di cucinare e perciò
assecondiamo il desiderio che Dario ogni tanto esprime di
farsi una cena da McDonald (alla faccia del cuoco eh?... ma è
un adolescente anche lui!).
Tra l'altro risultava essere anche l'ultimo giorno utile della
promozione... quella con i panini "messicani"... e a me il
piccante ha sempre attirato... quindi cedo volentieri a questo
desiderio non proprio ortodosso per un aspirante chef!
Dario è talmente felice che arriva persino a dire subito:
"La cena la offro io!"
Così in quattro e quattrotto stendiamo la lista dei panini e
degli amenicoli a contorno, non prima di avere spulciato nel
portafoglio di Paola, estraendo tutti i buoni-sconto, biglietti
dei pulman con panino omaggio ed altre cose del genere che
la dicono lunga su quanto la multinazionale in questione sia
"intrecciata" a tutti i livelli nella nostra realtà sociale... (il
trasporto pubblico è, appunto... "pubblico").
Ma li mangeremo a casa... è tutto il giorno che siamo
fuori, sfruttando la bella giornata, le mille cose da fare, e la
"festa di primavera" della Fai, che ci ha consentito di visitare
un bellissimo monumento a 15 km da casa, senza spendere
una lira e (grazie alla carrozzina di Simone)... senza fare
neppure 1 minuto di coda (ma facciamo proprio così
"compassione" quando ci vedono?): così Dario, armato di
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
portafoglio... parte verso il mcDonald più vicino con la lista
appena stesa che comprende:
1 Happy Meal con le crocchette di pollo
2 Hamburger normali (quelli dei pulman)
2 patatine (sempre grazie agli autobus)
1 con il bacon e un maxiburger (in "bundle" a 2 Euro)
1 menù messicano completo (panino, patatine "strane",
"rollitos" e bevanda) + 1 altro panino
Sarà la fame che in questi mesi di dieta attanaglia il mio
stomaco alla sera, unita all'acquolina provocata dal piatto di
tortellini fumanti e gustosissimi che Simone ha appena finito
di mangiare... saranno magari motivazioni più "nobili" legate
alla speranza di autonomia che riverso su Dario... fatto sta che
la mia reazione è un pochino "fuori dalle righe".
"Ma scusa... non ti è venuto in mente di prendere
qualcosa d'altro?... E ora cosa mangiamo? 3 panini in 5?...
Quando tu vai al bar della piscina a mezzogiorno e non
trovi il panino con lo speck... te lo prendi no uno con il
salame? E allora...perchè non hai fatto lo stesso ragionamento
e non hai preso qualcos'altro?"
Dovevo essere veramente un po' dispiaciuto, oltre che
affamato, perchè il tono incalzante delle mie osservazioni
sorprende un po' anche me... (anche per il fatto che non
sottolineo per esempio la bella scelta fatta di rinunciare alla
coca-cola, che Dario sapeva avevamo in casa, per prendere
l'acqua per il fratello, che sapeva esaurita, visto che non
avevamo avuto tempo in quella giornata neanche per
compiere l'usuale "rito" del supermercato ..), ma la delusione
di vedere che in questa circostanza Dario non era riuscito ad
"isolare" il problema (mancano 2 panini)... capirne le
conseguenze (non c'è abbastanza da mangiare per tutti) e
trovare la soluzione (compro qualcosa di mia iniziativa al
posto di quello che manca)... mi ha creato un innegabile
disagio che ho prontamente "scaricato" su di lui... (e non è il
mio "stile" usuale...).
Ovviamente le conseguenze sono "catastrofiche"...: Dario, da
buon adolescente alla ricerca di una sua identità... unisce alla
naturale ribellione a questo "ingiusto" accanimento del padre
nei suoi confronti anche una "reazione" proporzionale a quel
Nel frattempo Simone data l'ora tarda e la fame violenta...
si fa un piatto di tortellini al prosciutto crudo con sugo di
verdure e formaggio (non posso fare a meno di chiedermi
mentre glielo do... chi mangerà meglio fra noi due, questa
sera...).
Il tempo necessario... Dario torna.
Appena entrato con il suo sacchettone da "take-away"...
comincia a "mettere le mani avanti" biascicando cose strane
("io gli ho detto... però... e allora... e poi non ho preso la
coca... perchè era a casa e ho preso l'acqua per Simone...” e
così via!).
Capisco subito che c'è sotto qualcosa: il primo pensiero è
per un errore sul denaro... gli chiedo perciò quanti soldi aveva
e quanto ha speso e quanti gliene sono rimasti... il resto
torna... però... nonostante tutte le nostre promozioni mi pare
che abbia speso troppo poco...
"Come mai hai speso così poco?" gli chiedo... mi guarda
con aria di sufficienza mista a disagio..." te lo stavo dicendo
papà..." (quando ha qualcosa da dire... prende i
discorsi...moooolto alla larga!) e comincia a raccontare che gli
"articoli" messicani erano "esauriti" (era o no l'ultimo giorno
di promozione?) e perciò non li ha potuti prendere...
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Come aquiloni… o quasi.
suo "strano" ed inusuale atteggiamento autoritario...
decretando senza possibilità di appello (e dimostrando così
che in realtà, come del resto facilmente sospettabile, il
"problema" lo aveva capito, e che la soluzione non l'aveva
trovata forse più per "paura" di sbagliare che non per
incapacità...):
"Ecco, lo sapevo che ti incazzavi... non andrò mai più a
comprare niente!"
Inutile dirvi che da quel momento in poi... il mio sforzo
maggiore è stato quello di "recuperare" il terreno perduto a
causa del mio piccolo "sbotto"... con il ragionamento etc etc...
che è il modo con cui "normalmente" mi rapporto con i miei
figli (non solo con Dario...), ma la fatica è stata ciclopica.
Ho naturalmente dovuto chiedere scusa per il tono delle
mie osservazioni, spiegando anche con parole chiare ed
oneste da ove "provenivano" osservazioni e "toni"... (la
delusione per la mancanza di iniziativa, in funzione del
raggiungimento dell'autonomia), anche per non avere
espresso la doverosa gratitudine (in fondo... stava "offrendo"
lui la cena... che mi metto pure a sindacare?)... e ci siamo così
potuti rappacificare con un brindisi del buon Muller Thurgau
che mi avevano appena regalato i miei tre figli per la festa del
papà...
Sono sempre stato convinto che nei confronti dei figli (e
non solo ovviamente) uno si debba comportare nel modo più
"naturale" possibile in tutte le circostanze, e che i
comportamenti repressi volontariamente con "scuse" di tipo
pedagogico siano sempre fonte di problemi piuttosto che
portatori di soluzioni... e perciò non è che mi "pento" del mio
comportamento in questo episodio: mi è uscito così... e
perciò va bene così.
Non ho potuto però fare a meno di notare quest'altra
osservazione di Dario: "Ecco vedi! Tu ti arrabbi sempre con
me!" (Io?... ma se è sua madre che gliene dice sempre dietro
di tutti i colori, come è giusto e naturale che sia, per carattere
e per "circostanze", visto che vivono molto più a stretto
contatto... e quindi ogni picolo "screzio" si scontra con le
mille cose da fare, gestire etc etc .. che tutti voi conoscete
benissimo!).
Gli chiedo ovviamente di dirmi quando mai io mi sono
arrabbiato con lui... e lui, impietosamente, mi ricorda un altro
episodio simile... di almeno un anno fa... (!!!) segno evidente
di quanto un comportamento non "usuale" lasci un segno
profondo... (non so se anche più "efficace" )
Mi sorge spontaneo il dubbio... forse è più giusto essere
genitori con l'arrabbiatura facile, o la "brontolata" di
sottofondo? La continuità o la coerenza del nostro
atteggiamento di genitori è così importante per i nostri figli?
Sono convinto di no... e spero che sia così... del resto non
possiamo
mica
"cambiare"...
molto
meglio
un'incomprensione chiarita poi tra "uomini" che un
atteggiamento "guidato" da ragionamenti artificiosi
sull'opportunità pedagocica dei nostri atteggiamenti
educativi... non credete?
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Simone: Epilessia
Ottobre 2004
I figli “diversi” spesso sono soliti accompagnare la loro
originale condizione di svantaggio con… altri problemi di
carattere accessorio.
Per Simone, secondogenito con la Sindrome WH (che sta
per Wolf-Hirshorn), "i problemi nel problema"
rappresentano una bella fetta del totale...
L'impatto alla nascita di Simone tuttavia... non è stato così
violento come ci si sarebbe potuti attendere... addirittura per
alcuni mesi eravamo convinti di aver dato alla luce un
normalissimo, oltre che bellissimo bambino... anche se dopo
alcune ore dalla nascita era finito in neonatologia per un
pneumomediastino che aveva avuto bisogno di essere
trattato... 15 gg in ospedale prima di essere dimessi... ma
nessuna preoccupazione, anche perchè la mappa
cromosomica che gli fecero subito (visti i precedenti, cioè un
aborto spontaneo ed un figlio con sd?!?) risultò negativa. Poi i
primi dubbi... nostri più che dei medici... che confrontavamo
le tappe di crescita di Simone con quelle di Dario... e ci
sembravano più "lente"!
A 5 mesi il primo attacco di epilessia... già... ma cos'era
l'epilessia per noi? Vedere tuo figlio improvvisamente
vomitare, sbarrando gli occhi deviati in modo innaturale
contraendo il viso in una smorfia ed il braccio e la gamba
sinistre ritmicamente, senza un perchè... senza fine... la corsa
in ospedale (e io non c'ero!)... il pronto soccorso, la flebo...
minuti, ore, angoscia che sale... il ricovero con tuo figlio che è
"un altro" da quello che avevi imparato a conoscere e ad
amare.... una bambola di pezza (per la crisi e per i farmaci)
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Come aquiloni… o quasi.
senza alcun tono muscolare, forse anche senza uno
scheletro...
Natale e capodanno in ospedale... più di due mesi passati a
fare esami, dottori di varie discipline che si alternano insieme
con le ipotesi più originali... sperimentare farmaci che non
funzionavano, vedendo Simone peggiorare sempre più, fino a
rischiare di morire ai primi di gennaio del 1992, quando una
bronchiolite si impadronisce del suo corpo ormai debilitato
dalle centinaia di crisi quotidiane (e dalle anestesie generali
che aveva subito per i prelievi di tessuti) ed i medici ci
avvisano che "durante una crisi ormai... sarebbe potuto
succedere".
Nelle notti che alternativamente io e Paola passavamo in
ospedale... quanta angoscia, quante preghiere, quanta
solidarietà ricevuta e data tra genitori con problemi che
andavano da una disidratazione per enterocolite al tumore
inoperabile al cervello...
E Simone, essere indifeso di fronte a questa cosa assurda
che gli era capitata... si aggrappa alla vita con tutte le sue
forze, aiutato forse dalle nostre preghiere, e dal pensiero di
tutti coloro che gli volevano bene (perdonatemi scettici ed
agnostici... ma a me piace pensare che sia andata proprio
così!)...e piano piano supera il momento più critico... ne viene
fuori, incredibilmente per alcuni, miracolosamente per altri...
che importa...nell'angoscia di tutto questo, possiamo tornare a
casa.
Torniamo senza un perchè, senza una diagnosi,
nonostante i prelievi ossei, di tessuto nervoso e muscolare...
che non avevano confermato (per fortuna) una serie di
diagnosi
ipotetiche
quanto
perniciose
riguardanti
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
essenzialmente malattie degenerative... quelle che "uccidono"
la speranza, prima ancora che le persone che ne sono affette.
C'è sì una malformazione nel corpo calloso del cervello,
scoperta con una TAC e una RMN insieme con un infarto
cerebrale, ma è "vecchio"...non c'entra con le crisi, che
durante il ricovero erano diventate in termine tecnico più
complesse, mioclonie generalizzate (il "grande male" come
viene chiamato anche in modo più "popolare" ma terrificante
a sentirsi) alternate ad episodi focali, o lateralizzati... un
quadro clinico che nessuno aveva saputo dipanare... nè del
resto "curare". L'attesa è sofferenza... e noi abbiamo atteso
fino a oltre i due anni di età, prima di avere una diagnosi... ora
la Sindrome di Wolf-Hirshorn viene diagnosticata spesso
subito,...ma allora nel "lontano" 1991, a neanche 25 anni dalla
sua scoperta, si contavano nella letteratura scientifica non più
di 40 casi conosciuti in tutto il mondo... (ora ce ne sono più di
40 solo in Italia). Con la diagnosi migliorano anche un po'... i
risultati... ci eravamo da tempo rivolti ad un centro
specializzato per il trattamento dell'epilessia infantile... con
risultati che da subito ci hanno confortato; le crisi erano
ormai poche al giorno e di lieve entità, e si sarebbero sempre
più diradate nel tempo, fino a 1-2 episodi gravi l'anno (che nel
frattempo naturalmente avevamo imparato a "gestire" in
proprio, senza più bisogno di ricovero ospedaliero) fino a d
oggi dove, grazie a Dio, ci tocca di buttare già per la seconda
volta consecutiva i farmaci di emergenza a scadenza annuale...
perchè Simone da più di due anni... non ha crisi!
Insieme alla diagnosi sorgono però tutta un'altra serie di
problemi, derivanti da accertamenti "specifici" guidati dalla
diagnosi stessa: Simone ha un rene solo (nesuno se ne era mai
accorto!), ha un grave ritardo nello sviluppo muscolare e
scheletrico che anche oggi consente di "lussare"
un'articolazione solamente prendendolo in braccio, salvo
poi... rimettergliela a posto con la stessa facilità, senza peraltro
che questa operazione gli causi apparentemente alcun
dolore... (per fortuna!), ha delle malformazioni ossee più
gravi, tipo il valgismo ai piedi che abbiamo appena operato
sul piede dx (...e a distanza di sei mesi siamo ancora in
trepidante attesa per sapere se veramente tanta sofferenza
sarà servita a dargli la possibilità un giorno lontano di potersi
reggere sulle sue gambe, o se è stato solamente un atto di
crudeltà dettato dalla inguaribile speranza dei genitori e dalla
irragionevole professionalità dei medici). In mezzo a tanti
problemi nel problema... la crisi di epilessia rimane comunque
l'esperienza meno bella per un genitore (almeno per me)... se
ripenso a quei momenti (e "fortunatamente" nelle crisi
"importanti" dopo la prima, forse per un caso... forse no... ci
sono sempre stato, nonostante che la mia presenza a fianco di
Simone sia percentualmente bassa come ore della giornata)...
La cosa più struggente che mi ricordo è la sofferenza
assurda che provi nel guardare tuo figlio ridotto in quello
stato, "posseduto" da qualcosa che ne annulla la coscienza ed
il controllo, e la voglia di urlare che ti sale da dentro
prepotentemente, mentre gli fai un valium rettale, cantando
una dolce canzoncina contro ogni tuo istinto, violentandoti
nel momento in cui ti verrebbe voglia di maledire il mondo ed
il destino... per tenerlo lì, con te, per fargli sentire che non lo
abbandonerai anche tu... che gli vuoi bene e che quello che gli
stai facendo è solo per il suo bene.... non credo di riuscire a
spiegare... non credo sia possibile.
Se penso a Simone mi rendo conto che la stanza del
dolore per me non si chiuderà mai... sono troppi i problemi
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
che coesistono con la tenerezza del suo essere "figlio"...
troppe le incognite che accompagnano la sua esistenza priva
di reali prospettive di autonomia... anche se non di felicità.
Ma questa stanza ha comunque delle grandi finestre... dalle
quali entra una luce che da in ogni caso coraggio, dalle quali si
può godere di un bellissimo panorama... pur senza poter
andare pienamente in quel posto così bello... così attraente se
visto da lontano... "la stanza in fondo al corridoio" è per me
un tutt'uno con questa... un unico "open space" in cui si
mescolano gioie e dolori in proporzioni variabili senza una
vera prospettiva... che questa realtà possa veramente
cambiare...
Ma poi... improvvisamente Simone mi guarda... mi
sorride, contro ogni logica indubbiamente felice... e tutte
queste parole mi suonano vuote ed inutili......
più serenamente, senza avere la necessità di mantenere
tensione ed un attenzione sempre al massimo...
Ed io... 28 mesi dopo... mi ero abituato! Certo, mi ero
abituato a non guardare più con sospetto ogni piccolo
malanno, ogni movimento non ususale... non ce ne era più
motivo...
Quando ieri pomeriggio alle 17.00 dal suo girello Simone
ha vomitato... non ho neanche capito subito, che il problema
che una segreta speranza ormai pretendeva risolto... era
tornato!
Era tornato... sì, in tutta la sua drammaticità, anche se non
con tutta la violenza cui eravamo abituati... perchè anche
Simone cresce, perchè anche il suo cervello ne ha fatta di
strada in 28 mesi, da quel lontanissimo luglio del 2002 in
Sardegna, quando in camper percorrendo la Carlo Felice,
unica strada a scorrimento veloce dell'isola, aveva avuto la sua
ultima grave crisi epilettica...
Ma i brutti ricordi si stemperano nella dolcezza dell'oblio,
ed io mi ero dimenticato dell'epilessia... non nel senso di
cos'è, come scuote e fa soffrire chi ne è colpito e chi, come
me... è solo costretto ad assistere... ma nel senso che in cuor
mio era cresciuta, giorno dopo giorno, quell'intima e risoluta
certezza che anche per Simone era "passata"... che potevamo
(lui e noi) dormire sonni tranquilli, senza avere più davanti
questo spettro... questo sottile sospetto che costringeva a
stare in guardia continuamente... per intervenire al più presto
possibile... ed evitare inutili sofferenze e possibili
complicazioni...
Oggi è il giorno zero... dopo aver cullato a lungo questa
illusione, peraltro supportata anche da pareri medici sulla
sindrome, che indicano un diradamento e una possibile
Domenica 28 Novembre 2004
Oggi è un altro giorno...
Sì...oggi si azzera il conteggio... 28 mesi dopo!
Ventotto mesi sono tanti... sono un periodo in cui la vita
può cambiare, il lasso di tempo sufficiente a dei genitori
“speciali”, con tutta la ricchezza e la varietà di sentimenti che
ti piombano addosso... che vale una vita! In ventotto mesi ci
si abitua a tutto, nel bene e nel male... si trovano energie e
motivazioni per superare difficoltà anche enormi come ad
esempio quelle relative alla nascita dei nostri figli; ma ci si
abitua anche alle cose belle che ci capitano... che diventano
parte integrante della nostra vita, quasi fossero scontate... si
impara a vivere con le nostre paure, senza esserne
condizionati in ogni momento... insomma a volte questa
"abitudine"... intesa proprio come "abito"... ci aiuta a vivere
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
scomparsa delle crisi durante l'adolescenza, mi sono arreso
alla vita, che come sempre da e toglie a proprio piacimento,
senza alcun rispetto o considerazione delle nostre speranze e
dei nostri progetti... Abbiamo atteso 10 minuti buoni prima di
deciderci a fare a Simone il valium rettale... quasi volessimo
ritardare un attimo il momento più temuto del nostro gioco
dell'oca... quel "ritorno al via" di cui invece ora siamo
coscienti...
C'eravamo tutti, come quasi sempre è capitato in queste
circostanze... per fortuna! Dario si è comportato in modo
esemplare, aiutando come poteva... e coccolando poi suo
fratello con una tenerezza infinita... Marialetizia ha cercato di
continuare a fare ciò che stava facendo, quasi facendo finta di
non accorgersi di quello che stava succedendo... forse non
avrà "capito", visto che per lei i ricordi sicuramente non sono
chiari come i nostri... aveva solo un anno e mezzo l'ultima
volta! Di colpo l'abitudine è stata spazzata via, con la stessa
potenza con cui il valium stroncava in pochi minuti, quei
percorsi elettrici anomali, quelle scariche impazzite che
assalivano il nostro Simone...
Due ore di "coma"... non saprei come descriverlo
altrimenti, piombato in un sonno irreale ad ochi socchiusi...
poi come sempre era capitato, finito l'effetto della pur
provvidenziale medicina... il corpo si riprende la sua rivincita,
concentrando nelle ore successive tutta l'energia vitale che
una medicina gli aveva momentaneamente "rubato"...
Io e lui stiamo tutta notte sul divano a guardare balletti e
concerti di musica classica... quel divano che il recente mal di
schiena e l'imbiancatura delle camerette questa settimana mi
ha visto dormire (?!?) per 5 notti su 6... che fosse un segno?
Ho pianto più volte ieri sera, scosso dalla delusione, dalla
rinnovata esperienza della sofferenza di Simone, da un moto
di rabbia e di ribellione che anche in un animo mite come il
mio è riuscito ad emergere ed a sopraffarre la ragione...
E' capitato ancora... e da oggi ricomincerò a contare i
giorni... che separano Simone dalla sua completa guarigione...
almeno per quanto riguarda questo aspetto così terribile, di
nome e di fatto... perchè questa guarigione ci sarà... ne sono
sicuro! Ho scattato una foto alla fine della crisi... a Dario che
consola suo fratello, accarezzandogli dolcemente il capo, la
sorgente di quell'elettricità impazzita... come se questo
servisse a farlo guarire... (ma forse è proprio così!). Lo sapete
che Dario è l'unico che si ricorda sempre di dare la medicina
che Simone deve prendere tre volte al giorno per mantenere
alto nel sangue il valore di quell'acido valproico che gli
permette di evitare di vivere queste esperienze più
frequentemente? Sì a volte io e Paola ce ne dimentichiamo...
(non è un problema, perchè in ogni caso... c'è una inerzia
notevole nell'assorbimento...) ma Dario no...
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Marialetizia: Un week end "diverso"
Dicembre 2004
Già... "diverso... Me lo ero pregustato da tempo... a casa
per due giorni da solo con Simone e Marialetizia, mentre
Paola da Venerdì seguiva Dario a Livigno per i Campionati
regionali di sci... meritato e doveroso "diversivo" per chi
normalmente dedica la stragrande maggioranza della sua
giornata nel dipanare le solo apparentemente banali (in realtà
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
importantissime e complicatissime!) realtà afferenti alla sfera
della cosiddetta "quotidianità"!
Credo di essermela cavata bene... nonostante tutto... Già,
nonostante la mia poca attitudine ai lavori domestici
intrecciati con le richieste di tempo e di attenzione dei miei
figli più piccoli (?!?)... nonostante che le cose non siano
proprio andate come dovevano... visto che si è rotta la
telecamera nel bel mezzo dello spettacolo di Natale della
scuola materna, che stavo riprendendo per farlo vedere a
mamma e fratello assenti per causa di forza maggiore...
nonostante un sabato pomeriggio di agitazione totale, con
mia mamma che finiva 7 ore al pronto soccorso per una grave
colica epato-biliare, con prognosi di prossimo intervento alla
cistifelia......
La casa è in ordine... (tutto è relativo, ricordate?), i piatti
lavati, la cena per festeggiare il rientro del campione già
pronta..., il tempo passato con i miei bimbi bello e
gratificante..., i panni stesi (e fra poco ritirati), manca
solamente il bagno ai raga che farò quando si sveglieranno dal
riposino imposto per potere stare svegli un po' di più stasera
al rientro della mamma e del fratello.
Ma è evidente che solo vivendo qualche volta in prima
persona la totalità delle piccole-grandi difficoltà della gestione
quotidiana... si può capire quanto pesante può essere passare
gran parte della propria vita a servizio di famiglia e figli..., un
ruolo troppe volte lasciato alla piena responsabilità di donnemogli-madri che oltre che con queste cose devono fare i conti
con i problemi più seri... Un senso di sincera gratitudine ed
un impegno a condividere con più responsabilità il peso che
può derivare dell'abitudine... mi sento di esprimere oggi, con
la speranza che questo si traduca più spesso in azioni
concrete...
Dario mi ha telefonato i suoi risultati... è andato talmente
bene ai preliminari che è passato nella categoria dei migliori,
quindi ha incontrato non poche difficoltà a confrontarsi con
sciatori più esperti e "maturi" di lui...; ciononostante ha
collezionato un secondo e due terzi posti nelle gare di discesa
libera e nei due slalom... l'ho sentito felice, cosciente di essersi
migliorato e soddisfatto anche se ha "mancato" il metallo più
prezioso... e non sapete quanto ci tenga!!! Ma probabilmente il
fatto di essere stato il migliore come tempi tra i suoi 9
compagni di squadra in tutte e tre le gare, è stato sufficiente
ad alimentare la sua autostima
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Ora un OT (Off Topics, fuori tema...). Riguarda
Marialetizia... l'unico figlio non OCM (Organismo
Cromosomicamente Modificato) della famiglia. La
dimensione "ridotta" della famiglia di queste due sere mi ha
permesso di fare 4 chiacchiere con più calma anche con lei...
giocare un attimo in più del normale, leggerle un paio di
favole e... meravigliarmi delle sue... capacità! Ha voluto che le
leggessi il libricino di Alice nel Paese delle Meraviglie... quelli
che sono allegati alle cassette che a volte ascolta mentre a
letto si calma prima di addormentarsi.
Ho cominciato a leggere... e spontaneamente ogni tanto
lasciavo in sospeso una parola... permettendo che fosse lei ad
intuire quale era la parola giusta in quel contesto... non ne
sbagliava una!
Un terribile sospetto... le chiedo:"Vuoi continuare tu?"
(eravamo neanche a metà del libro di 20 pagine circa... pur se
ricco di moltissime immagini). Marialetizia mi guarda con un
sorriso tra il birichino ed il fiero... poi, con una timidezza che
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
lasciava trasparire senza dubbi il pudore di mostrare a suo
papà questa sua qualità... questo dono ancora a me
sconosciuto... mi ha "letto" (non legge ovviamente... recitava
a memoria!) le restanti 10 pagine, senza dimenticare una
parola, una congiunzione, un aggettivo...
Sono esterefatto ma incredibilmente fiero di queste sue
capacità, e certo la cosa non le può sfuggire, perchè dopo i
miei complimenti... la sua autostima è alle stelle! (arriva
persino a propormi :"Quando torna mamma glielo
diciamo...che ho una buona memoria?")
Mi chiedo allora se qualche volta non le ho fatto capire
quanto importante sia che lei "coltivi" le sue qualità... lodando
magari con più enfasi i piccoli-grandi successi dei suoi fratelli,
ugualmente sofferti come fatica del raggiungimento, sebbene
incredibilmente più "bassi" come obiettivi... in senso
assoluto...
Il suo sorriso stupendo, misto di complicità e
soddisfazione, mi mostra che è proprio così....
loro lentezza, arrabbiarci per la loro cocciutaggine, gioire per
un loro progresso.
Perché come dice una famosa canzone di celeberrimo film di
Walt Disney : “I sogni son desideri di felicità”.
La stessa canzone finisce così: "...non disperare nel
presente, ma credi fermamente e il sogno realtà diverrà..."
Credo che anche questa frase esprima con semplicità e
senza "svolazzi"... l'operosità che accompagna ognuno di noi
nel cammino di crescita che condividiamo con i nostri figli...
una operosità che nasce dalla presa di coscienza onesta ma
piena di dignità (non disperare nel presente) delle reali
potenzialità dei nostri ragazzi, e si nutre quotidianamente
della operosa fiducia (credi fermamente) che permette loro di
credere sempre di più nella possibilità di una vita felice... (il
sogno realtà diverrà).
Di fronte al futuro ci si può porre con un atteggiamento
riassumibile da mille noti stereotipi: a ognuno il suo ruolo...
dall'inguaribile ottimista al nichilista fiammeggiante... ci siamo
tutti nel mondo... e ci stiamo ugualmente bene! ma forse su
una cosa siamo tutti fondamentalmente d'accordo...
E cioè che solo se viviamo alla giornata, senza ambizioni
assurde... ma con la gioia di vedere i nostri figli fare giorno
dopo giorno le loro piccole conquiste... e la sofferenza di
assistere ai loro insuccessi momentanei ma inevitabili...
faremo il nostro ed il loro bene...
Venendo al concreto… ci sono diverse "tendenze" nella
mia immaginazione che si alternano o si sono alternate in
diversi momenti della vita di Dario e della mia... tutte
ugualmente "valide" e portatrici di un "desiderio"... tutte
sicuramente "false" se rapportate alla realtà che Dario sarà in
Il pensatoio: Come li immaginate da grandi? (2005)
Quando a volte si fantastica sul futuro… c’è sempre chi
dice… “basta sognare, torniamo alla vita di tuti i giorni!”
Ma sognare... è la nostra vita di tutti i giorni... e non è
un'astrazione dalla realtà, ma l'esercizio concreto "a lungo
termine" della nostra speranza d'amore nei confronti dei
nostri figli... quella stessa speranza che ci permette di lottare
con le unghie e con i denti per un loro diritto, soffrire per la
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
grado di conquistarsi con le proprie forze... e con i propri
desideri.
C'è la tendenza che definirei "intimista"... di un futuro
sicuramente "florido" (come abilità)... ma in ogni caso
"protetto" perchè collegato ancora alla realtà famigliare... (e
per me in questo momento è rappresentato ovviamente, vista
la natura degli studi condotti da Dario, e a solo titolo
"esemplificativo"... dal filone Ristorante, Pizzeria, Trattoria,
Gastronomia ed affini... a gestione famigliare)
C'è la tendenza sicuramente più "salto nel vuoto"... che
vede magari ridurre un po' gli obiettivi a livello di
"presunzione" in termini di abilità specifiche, aumentando nel
contempo la presunzione nella sfera delle relazioni sociali e
"tagliando i ponti" con la famiglia di origine (... rimanendo
nell'ambito dell'esempio professionale potrebbe essere
addetto alla gastronomia nella grande distribuzione. e.g:
supermercato, aiuto cuoco in una mensa aziendale etc etc,
però con una vita autonoma in una casa propria, da single o
da sposato... chi lo sa!)
C'è infine la tendenza "intermedia", che mediando fra le
due... cerca di intravedere quelle possibili soluzioni che
sappiano coniugare nel concreto della vita quotidiana... i livelli
di indipendenza, autonomia, affettività e bisogno di supporto
che si vanno delineando come i più "probabili" nel futuro di
Dario... ormai "prossimo", rispetto a quello ancora
abbastanza "lontano" per molti "giovani" genitori down
(concretamente parlando filone "casa famiglia", con lavoro
part-time fuori casa, interessi sportivi ed attività ricreative e
sociali sufficienti a garantire un livello di qualità vita "medioalto")
Onestamente parlando, non posso non sperare che le
soluzioni "intermedia" e "salto nel vuoto" siano quelle più
vicine alla realtà futura di Dario... perchè il tempo corre... e la
nostra vita con lui... ed è giusto, naturale e bello che il
distacco da questi nostri figli sia "durante noi"... e non solo
"dopo di noi"...
Il tutto è attraversato trasversalmente dal desiderio di una
vita felice, piena non di impegni ma intensa anche sotto il
profilo emotivo (leggi quindi rapporti interpersonali, fra i
quali importanti quelli con i suoi fratelli, amicizia, amore... che
sono già così presenti ed importanti per Dario da diverso
tempo... e che non smettono ogni giorno di stupirmi per la
loro intensità... che è tale da far "star male" Dario se qualche
rapporto non "funziona" come dovrebbe...
A questo si aggiungono i desideri di Dario (alcuni
"ricalcano quelli sopra descritti da me, altri no)... fra cui vi
cito solo il più "bello" per me, perchè "significativo"
dell'intensità dei sentimenti cui tutti aspiriamo per i nostri
figli... : "Un giorno, quando voi non ci sarete più... lo curo io
Simone, state tranquilli!"...
Mi rifiuto fino ad oggi... e spero di non avere torto, di
considerare ipotesi che non contemplino queste
configurazioni "minime".
La vita probabilmente saprà "smentire" ogni mia più
fervida immaginazione, trovando per Dario, e spero insieme
con lui... una soluzione più valida, magari più bella,
sicuramente più fantasiosa... come ha sempre fatto fino ad
oggi durante questa straordinaria avventura che rappresenta
per me essere il papà di Dario...
Ah… dimenticavo! Fra le varie "immagini" del futuro di
Dario come "modello" a livello "abitativo" ha sempre avuto
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
un posto di rilievo anche la soluzione "famiglia allargata",
moderno rifacimento della vecchia famiglia patriarcale... dove
gruppi famigliari che però liberamente si scelgono, si
supportino a vicenda per il bene comune e le esigenze dei
singoli... secondo le capacità di ognuno... modello forse
troppo bello per essere vero... ma che rappresenterebbe una
soluzione quasi "ideale" se realizzata con serietà e nel rispetto
delle persone che ne potrebbero far parte...
Un modello che sicuramente contiene in sè diverse delle
aspirazioni che tutti abbiamo per i nostri figli: autonomia,
indipendenza, socialità, utilità... che alimenterebbero quella
vita emotiva cui tutti abbiamo accennato come fondamentale
requisito per la loro felicità, ma che al tempo stesso
garantirebbe quel supporto di cui i nostri raga potrebbero
avere in ogni caso bisogno (così come chiunque altro
all'interno del nucleo) in conseguenza di una libera scelta di
amore e responsabilità, più che di una scelta "professionale"...
con i rischi di qualità e di efficacia che questo
comporterebbe... Non so se mi sono "capito".
scuola superiore... (oggi era l'ultimo giorno utile per iscriversi
a scuola anche l'anno prossimo).
Avevamo proposto a Dario di farsi... "bocciare"... per
ripetere la terza, in cui può fare ben 18 ore di pratica alla
settimana... (visto che in ogni caso 4° e 5° sono solo teoriche
e non se ne parla nemmeno...), ma Dario, orgogliosissimo, si
era sempre rifiutato... della serie "bocciato io? MAI!"
Sorprendentemente la stessa proposta ci è giunta dalla
Resp del gruppo H, condita con la mezza promessa (che ha
fatto subito cambiare parere a Dario, della serie "non si
rendono conto di niente" che ripetendo il 3° anno potrà
probabilmente l'anno venturo "recuperare" il Programma
Ministeriale, ed essere portato all'abilitazione di "Addetto alla
ristorazione collettiva" previsto al termine del terzo anno di
scuola...
Noi avevamo già rinunciato all'idea, visto che dalla
seconda non seguiva più il prog. ministeriale... e non
nascondo che questa idea, unita alla felicità che Dario ha
dimostrato nell'apprenderla... mi ha reso un pochino
orgoglioso...
La scuola si è poi proposta per "seguire" eventualmente
Dario alla fine del prossimo anno, individuando per lui ed
insieme con lui il percorso formativo complementare o le
esperienze di possibile accompagnamento al lavoro... da
effettuarsi a seguito dell'attuazione di questo "progetto"...
Ogni tanto qualcosa di positivo... che merita di essere
raccontato!
Ma in ogni caso.... il sogno continua...
Questa mattina Dario inizia il tirocinio lavorativo presso
la cucina del ristorante Derby Grill, il ristorante dell'Hotel più
famoso di Monza, quello dove Schumacher alloggia quando
c'è il G.P., tanto per intendersi! E' stato accolto bene...
speriamo che tragga frutto da questa esperienza che durerà tre
settimane... e che anche chi lavora là riesca ad apprezzare le
potenzialità dei nostri raga... e a gettare perciò un altro
piccolo seme di speranza.
Venerdì Paola ha incontrato la Responsabile del gruppo H
per la scelta di cosa effettuare dopo questo terzo anno di
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Come aquiloni… o quasi.
D come Down … oppure Daun:
nonostante ormai dovrebbe essere noto a tutti che la Sindrome di
Down si chiami così perché fu descritta per la prima volta in
modo sistematico dal medico inglese Langdon Down a metà del
XVII secolo, schiere innumerevoli di persone (compresi molti
genitori!) si ostinano a credere che il termine abbia un significato
intrinsecamente legato alla sua traduzione dall’inglese “giù”…
forse per associazione mentale con il livello sotto la media delle
prestazioni individuali di tali persone… oppure con i frequenti e
pesanti periodi di umore nero che accompagnano la loro presenza
all’interno della comunità famigliare, comunque essa risulti
composta. Daun invece sembra legato oltre che ad una probabile
non perfetta padronanza della lingua inglese… al desiderio di
distaccarsi da tale significato (giù), correndo tuttavia il rischio di far
credere che le persone a 47 cromosomi siano tutte originarie della
Daunia (regione geografico-culturale di epoca ellenica centrata
essenzialmente sulla Puglia centro-settentrionale… dove comunque
da studi statistici recenti sembrerebbe esserci una densità di Daun
leggermente superiore alla media). Come sottoprodotto di errori
interpretativi, educativi e riabilitativi… che si innestano su un
terreno comunque già “Difficile” … possono divenire spesso dei
Disadattati.
Ah sì… anche a causa di questo sono a volte anche descritti
come… Disabili intellettivi-relazionali, una categoria particolare
di quella decisamente più vasta e variegata dei cosiddetti Diversi.
Potenzialmente anche Diabolici (da “diavolo”, vedi lettere A e
B)
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Come aquiloni… o quasi.
Dario: Vacanze... e disubbedienza...
Luglio 2004
Per tutti le vacanze sono sinonimo di "novità", nuove
esperienze, conoscenze, uscita dai soliti schemi di vita
quotidiana per rinnovarsi e ritemprarsi nel fisico e nello
spirito (senza necessariamente "riposarsi")...
Per i nostri ragazzi sono sicuramente un momento molto
importante, ve lo racconto con un episodio piccolo ma
estremamente significativo.
Quando due settimane fa siamo tornati dai Giochi
nazionali di Roma, ci siamo fermati al mare la domenica
mattina a S.Severa in Lazio, dove abbiamo fatto un bellissimo
e divertente bagno con Dario in una spiaggia libera dove era
esposta la classica "bandiera rossa".
Ci siamo veramente divertiti tantissimo, dopodichè siamo
ripartiti verso il nord, e ci siamo fermati nel tardo pomeriggio
a marina di Massa, per un'ultima puntata sulla spiaggia.
Quando arrivati in spiaggia, abbiamo trovato il mare ancora
più agitato di quello del mattino (e le centinaia di persone
immobili a lucertola sulla spiaggia, a fronte di una decina
scarsa che stava "affrontando" gli enormi "cavalloni" in acqua
lo stava a dimostrare...) ho detto a Dario:" vabbè, dai oggi
niente bagno, mi sembra troppo agitato il mare, potrebbe
essere pericoloso... accontentati dai!"
In risposta ho visto un lampo nei suoi occhi, misto a uno
sguardo di supplica....: non so cosa abbia visto lui nei miei di
occhi (probabilmente è riuscito a capire in una frazione di
secondo che lo stavo approvando, nonostante mi fossi
sforzato di essere convincente)... fatto sta che pochi secondi
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
dopo, si era già tuffato in mezzo ai cavalloni, mischiandosi ai
pochi coraggiosi della circostanza.... felice come non mai di
questa disubbedienza, ma si sa, alla sua età non si può più
dare ordini... ma solo "consigli"!
Dario nuota molto bene, ed è sempre stato una persona
"prudente", uno che si muove quando è praticamente
"sicuro" (pensate che da piccolo non è praticamente quasi
mai caduto, perchè si muoveva solo quando era confidente di
potercela fare....).
Ha comunque trovato in sè la forza di disubbidire, dopo
aver "valutato" la situazione, per andare incontro a quella che
gli sembrava un'occasione irripetibile.... (non siamo assidui
frequentatori di spiagge, e nella settimana all'anno che
mediamente lo facciamo, ben difficilmente si possono
realizzare simili condizioni meteo...).
Perchè vi racconto questo? perchè credo che le vacanze
che stiamo per affrontare siano per i nostri ragazzi una
occasione veramente irripetibile per fare nuove esperienze
"fuori dagli schemi", fuori da quelle regole che a volte come
alibi noi diciamo essere "necessarie" specialmente per loro....
fa crescere molto di più una regola infranta a ragion veduta, (a
valle di una scelta ponderata misurando circostanze, rischi ed
abilità) che una rispettata per obbligo e/o convenzione....
insegna di più un'esperienza negativa vissuta per aver voluto
"provare".... che non la mancanza di "errori", dovuta al
rigoroso rispetto di regole comportamentali.....
La fiducia nei confronti dei figli, l'apertura di noi genitori
a permettere loro di fare delle esperienze, anche sbagliando, è
uno strumento di crescita con delle potenzialità
indescrivibili...
Questo vale per tutti i nostri figli, ma è certamente più
difficile da "applicare" quando parliamo dei nostri ragazzi con
la sdd, perchè volenti o nolenti, cerchiamo di "proteggerli"...
Certo, a noi toccherà il difficile compito di valutare rischi
e benefici, costerà qualche minuto, ora, mese anno di vita in
meno per lo stress inevitabile cui saremo sottoposti... ma i
risultati saranno "impagabili".
Diamo per primi fiducia ai nostri figli.
Anche sul piano affettivo: quante volte abbiamo sentito
commenti ottusi e privi di qualsiasi sensibilità... sulla capacità
dei nostri figli di provare... e vivere in pienezza la loro
affettività... con sentimenti veri di amicizia, affetto, amore...
Quante volte anche in noi genitori è apparso il tarlo del
dubbio ..che il ritardo mentale potesse trasformare questi
nostri figli in persone "incomplete", incapaci di provare e
dimostrare i loro sentimenti...
Oggi è il compleanno di Stefano, l'amico di Dario che
compie diciotto anni, diventa maggiorenne. Dario gli ha fatto
un regalo... anzi due, accompagnando il regalo (una borsa per
la piscina) con un bellissimo (a mio parere) biglietto di auguri.
Gli ho chiesto perciò il permesso di trascriverlo qui per voi...
magari giovani genitori in cammino con tanti dubbi... gli stessi
che ormai non abitano più nel mio cuore da tempo... da
quando ho scoperto quanta "ricchezza" può essere racchiusa
nel cuore di questi nostri figli imperfetti, per darvi una piccola
"anticipazione" della meravigliosa realtà che vi aspetta... e che
sicuramente state già "sperimentando" sotto altre forme...
E' stato naturalmente contento ed orgogliosio di sentirsi
dire che solo "mostrando" al mondo il suo desiderio e la sua
capacità di amare... avrebbe sicuramente aiutato tanti genitori
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
di bimbi down più piccoli... a rafforzarsi nella convinzione
che i loro figli fossero persone "piene".
Lo trascrivo in "originale", senza correzioni grammaticali
o censure di vario tipo.
scopo diagnostico), il primo devastante indizio a 5 mesi dalla
nascita della Sindrome di cui solo due anni più tardi avremmo
conosciuto il nome.
Credo di non sbagliare se dico che quello fu uno dei
Natali più "veri" (non posso dire "beli" ovviamente) della mia
vita, e cercherò di spiegarvi con un piccolo episodio il perchè.
Nel reparto di pediatria dove "eravamo" ricoverati (sì
anche noi genitori praticamente a part-time alternato) c'era un
piccolo, semplice presepe... non un presepe di quelli faraonici
per la ricchezza dell'ambientazione, la fantasia dei movimenti
o dei personaggi, neanche uno di quelli "simbolici" pieni di
significati aggiuntivi che si "sovrappongono" a quell'unico
vero significato che questa rappresentazione tradizionale
dovrebbe avere... era solo un piccolo, semplice presepe!
Perciò lo sguardo si concentrava per forza di cose sulla
scena principale, senza essere "distratta" dai personaggi e
dalle cose a contorno ;... e lì c'erano due genitori che
guardavano il loro bambino appena nato... con il cuore gonfio
di mille emozioni, tra le quali la più "originale" per l'occasione
doveva essere sicuramente oltre lo stupore, la profonda
angoscia per il futuro, che solo chi si sente parte di un evento
privo di senso logico può avere. Già... perchè il "mistero" non
è altro che assenza di logica, di senso... nella mente di chi non
lo può comprendere...
Quella mamma e quel papà che stavano iniziando la loro
esperienza di maternità e paternità con un figlio
"biologicamente" poco ortodosso (almeno per come era
venuto al mondo!) non possono non essersi posti mille
domande, interrogativi, dubbi... tutti senza risposta; non
possono neanche aver gioito pienamente della nascita del loro
bambino... tutti presi dai loro sentimenti contrastanti, la cui
Al mio amico specialissimo del cuore Stefano
Io ti auguro un bellissimo e straordinario compleanno di gioia, serenità e
di allegria.
Per me tu sarai sempre il mio meraviglioso amico, specialissimo e
importantissimo. Io ti sarò per sempre vicino ad aiutarti, perchè tra veri
amici non si deve mai lasciarsi.
Per me sei fortissimo, sei veramente in gamba e... tu sei veramente un
mito.
Dario
Non aggiungo altro... se non che questo è solo uno dei
tanti esempi (ed insegnamenti!) che Dario spesso mi da' con
la sua semplice profondità...
Simone: L'augurio più bello, anzi no…"vero"
22 Dicembre 2004
Pensavo in questi giorni a come fare gli auguri alle
meravigliose persone incontrate su questo forum... e mi è
venuto in mente un pensiero, lontano nel tempo, ma
incredibilmente vicino nel cuore... ve lo racconto!
Risale al Natale di 13 anni fa, passato (come il mese
precedente e quello successivo) in ospedale con Simone,
mentre lottava disperatamente per sopravvivere alle
complicazioni create dall'epilessia (ed agli interventi eseguiti a
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Come aquiloni… o quasi.
"pesantezza" veniva sicuramente aggravata dalla "situazione a
contorno"... (non erano proprio in una moderna e tranquilla
clinica ostetrica...)
Nessuno gli ha spiegato cosa si sarebbero dovuti o potuti
aspettare da quel figlio, nessuno gli ha raccontato cosa
avrebbe riservato il futuro ai loro cuori già seriamente
"provati" da quanto vissuto negli ultimi mesi...
E improvvisamente... mi sono sentito parte di quella
rappresentazione... genitore smarrito di fronte al non senso
ed al dolore di ciò che era capitato e stava capitando nella mia
vita, ma in "adorazione" di quella creatura "misteriosa" che
lottando con tutte le sue forze per sopravvivere in un mondo
che non sembrava in realtà volerlo... mi "costringeva" ad
amarlo...
Al di là del nostro credo religioso o delle nostre personali
convinzioni, e anche solo considerando il natale come il
racconto un po' "fantascientifico" della nascita di un
bambino... non credo vi sarà difficile immedesimarvi in quei
genitori... o provare per loro una certa "simpatia"...
Anche loro infatti, come tutti noi, hanno vissuto
l'esperienza della "povertà" del non senso... nel significato che
a noi genitori "speciali" non può sfuggire... dandoci per primi
un esempio di come a fronte di ciò che ci capita (anche se
"incomprensibile", per certi versi non "desiderabile")... si
possa non subire solamente il destino... ma si possa al
contrario vivere la propria vita da umili protagonisti... con una
libera e personale scelta di amore.
A tutti voi l'augurio di vivere con questa consapevolezza e
tutta la serenità possibile queste giornate di festa, che per
quanto vi ho raccontato con questo episodio... sento così
"nostra"!
101
Come aquiloni… o quasi.
Marialetizia: Il paladino
E' successo ieri sera... durante la solita faticosa sceneggiata
per convincere Marialetizia (4 anni) a mangiare tutta la cena
(con tutti i suoi elementi... compresi i fagiolini!) che le era
stata presentata nel piatto.
Il repertorio va dalla proposta di "scambio" ("se mangi
poi ti do...") al ricatto più bieco ("se non mangi... niente..."),
passando per la strategia "diversiva" ("adesso cerca e mangia
quello più lungo, più storto, più verde etc...").
Ma in questo genere di strategie Marialetizia è
campionessa mondiale... tutto le passa sopra la testa, tuttalpiù
la "sfiora" solo alcune volte la colpisce... ma inevitabilmente
le "rimbalza"...
Ed allora anche i miti come me... alzano la voce (più per
strategia che per vera rabbia... non ne sono capace!) e mutano
il tono con aria minacciosa...
Non mi ricordo le parole che ho usato per affermare la
mia supremazia paterna ed imporre di terminare il pasto alla
malcapitata figlia (quando faccio la voce grossa faccio
paura...) ma mi ricordo benissimo la risposta immediata e
decisa di Marialetizia... che oltre a lasciarmi di stucco, non mi
ha consentito di rimanere serio per più di mezzo secondo!
Con fare offeso, un po' spaventata certo, ma sicura di
avere la soluzione del problema a portata di mano... mi ha
risposto con piglio ed atteggiamento degno di un novello
potenziale ducetto (comprese le mani sui fianchi e
l'espressione dura in volto! ): "TANTO C'E' DARIO CHE
MI DIFENDE!”
Inutile dire che quest'ultimo ha subito sottolineato ed
approvato l'affermazione della sorella con un deciso
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
"CERTO!" che ha fatto scoppiare la risata generale e
liberatrice in grado di "sbloccare" anche la situazione di stallo
che si era venuta a creare sugli ultimi 4 fagiolini!
Marialetizia considera suo fratello (cui è legata da un
reciproco tenerissimo affetto), oltre che un alleato in grado di
proteggerla... anche una persona in grado di "competere" ad
armi pari con suo padre... evidentemente lo "considera" per la
sua età così lontana... ma sicuramente lo stima anche per le
sue qualità umane e per l'affetto di cui si sente oggetto da
parte sua...
Io almeno, voglio credere che sia così! E mi è di grande
consolazione...
Mi precipitai fuori del furgoncino per costatare se dovessi portarla
all’ospedale. In ginocchio, mi chinai su di lei e le posi l’orecchio sul cuore,
poi sulle labbra, sperando di coglierne il respiro. Si, era ancora viva!
Stavo pensando a come trasportarla nel modo più delicato su quel
mio scomodo trabiccolo, senza sottoporla ad eccessivi sbalzi pericolosi,
quando sentii i commenti incoscienti e crudeli.
“Doveva capitare, prima o poi: era sempre sulla strada!…”,
Forse è meglio così…Non capisce nulla! E poi… non ha nessuno
che la tenga! Tanto cosa farebbe mai nella vita?”.
Un pensiero improvviso mi trafisse, dandomi quasi un senso di
nausea: e se capisse?
La guardai in volto, cercando di coglierne una qualsiasi reazione,
angustiandomi all’idea che dovesse morire nell’orribile consapevolezza che
nessuno la voleva… che non c’era nessuno che l’amasse! Subito le posi le
labbra sull’orecchio e cominciai a sussurrarle: “Non temere! Ci sono io
ora… Ti voglio bene!”.
Aprì gli occhi e mi sorrise: Dio mio, mi sorrise! Un sorriso
dolcissimo che le trasformò il volto rendendolo quasi bello. Fui colto alla
sprovvista. Un nodo di disperazione mi serrò la gola, nella certezza che
la piccola capiva davvero: forse aveva capito tutto! Persi il controllo della
mie emozioni e mi misi quasi a gridare: “Non avere paura: ti terrò
sempre con me! Ora ti porto all’ospedale: vedrai, tutto andrà bene…”.
La piccola mongoloide alzò una manina e con l’indice teso disegnò
alcuni geroglifici sulla mia fronte, come volesse sincerarsi che ero un uomo
in carne ed ossa e non un sogno. Poi il braccino ricadde inerte.
Mi morì in braccio così, mentre me la stringevo al petto, quasi volessi
trasfondere in lei la mia vita. Mi misi a singhiozzare con un senso di
disperata impotenza.
La polizia mi trovò così, in lacrime, con il cadaverino in braccio.
“E’ stato lui vero?” C’era una rabbiosa minaccia nella sua voce. Gli
assicurarono che io ero appena arrivato, il colpevole era fuggito.
Il Pensatoio: Da leggere… e rileggere
Un giorno ho letto su un forum in internet questo brano:
ELEGIA PER UNA PICCOLA
MORENTE SULL’ASFALTO.
P. Umberto Davoli
MONGOLOIDE
Nonostante fossi ancora assai lontano, capii che era successo
qualcosa di tragico e rallentai fino a procedere a passo d’uomo. La vidi
subito, in mezzo al capannello di curiosi: una piccola mongoloide di dieci,
undici anni, investita da un pirata della strada che si era velocemente
dileguato per evitare ogni responsabilità. Non fosse stato per quel
gonfiore osceno sulla fronte e quelle stille di sangue che le scendevano
sull’occhio sinistro, si sarebbe detto dormisse sull’asfalto.
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Come aquiloni… o quasi.
Il poliziotto non sapeva raccapezzarsi del perché mai dovessi
piangere così sconsolatamente, e mi si avvicinò con malcelata deferenza:
“Che… l’avevi adottata tu?”, “Si – risposi d’istinto - cinque minuti
fa!”.
La sera, mentre tornavo verso la mia missione di Kapiri Mposhi col
furgone carico di materiale per la chiesa in costruzione, appena uscito da
Lusaka ebbi una prima foratura. Cambiai la ruota. Pochi chilometri
dopo, una seconda foratura. Un amico che guidava un furgoncino dello
stesso modello del mio mi offrì la sua ruota di scorta. La terza foratura
avvenne proprio sul luogo dell’incidente. Mi dissi che la mia piccola
mongoloide voleva la veglia funebre, per questo decisi di passare la notte
in macchina, pregando per lei. Mentre pregavo, vedevo i suoi occhini
strani e dolcissimi e mi pareva di sentire quel suo ditino sulla fronte…
Ad un certo punto, in un moto di ribellione mi arrabbiai con Dio.
Litigai con Lui, rinfacciandogli il suo incomprensibile silenzio di fronte
al nostro affanno. Che senso aveva avuto quella breve esistenza senza
scopo senza amore, quei quattro giorni di pena, destinati ad una così
assurda conclusione?
Ovviamente – come sa sempre fare Lui - Dio mi rispose, e piano
piano tutto mi parve chiaro: l’ultimo istante della piccola vittima non era
stato il termine assurdo di un percorso cieco, bensì l’inizio di un dialogo
di amore, perché è sempre l’amore che ha l’ultima parola, quella
definitiva.
Uscii dalla cabina e guardai in su, alla sterminata cupola di stelle
nitide e grandi come lampioni, e mi parve di sentire ancora il sussurro di
Dio: “Ogni notte ha la sua stella, ogni tramonto è seme del domani, la
morte è seme a vita che non muore”.
Improvvisamente decisi di comporre una poesia alla mia piccola
mongoloide. Optai per un sonetto, perché – mi dissi - qualora essa non
ne capisse il senso, potesse gustarne almeno la metrica e la rima. Suonò
così:
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Come aquiloni… o quasi.
Tragica bimba che nessuno ha amato
e che – morta - nessuno ora ha rimpianto,
ci sarà pur, sull’arpa del creato
per te una nota, un fiore, un suono, un canto…
Una piccola lacrima segreta
su quel tuo corpicino ora straziato
che non conobbe baci, e senza meta
sul mondo, triste e inutile è passato!
Ma nell’ultimo istante tu hai capito:
è in me, nella tristezza non più mia
che forse vuole pianger la natura.
Mi sfiorasti la fronte con un dito;
mentre la morte ti portava via
m’hai sorriso, senz’ombra di paura.
Mi appisolai in macchina, rappacificato e sereno e quando l’alba si
decise finalmente a sgominare il buio, la foresta ai lati della strada si
incendiò di gloria.
…Perché anche la notte è progetto di amore.
Devo essere sincero... questo racconto non è riuscito a
piacermi più di tanto. L'ho letto e riletto... come da consiglio
(“Da leggere e rileggere” era il titolo del post su internet)... ma
il risultato è stato sempre lo stesso. Non perchè non sia
commovente, per certi versi profondo e pieno di speranza...
ma forse perchè riporta alla mia mente una serie di stereotipi
che da sempre rifiuto per i nostri figli..., che stanno alla base
di tanto falso pietismo e di tanta ipocrisia e che mi sento di
stigmatizzare in un piccolo "slogan"...: "Lasciateci scegliere
fra il Paradiso e l'Inferno".
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Cercherò di spiegarmi meglio... e chiedo fin d'ora scusa
all'autore di questo brano perchè, giustamente ed
inevitabilmente, ognuno vede e legge negli scritti altrui quello
che vuole vedere e leggere, che non necessariamente coincide
con la volontà di chi scrive.
In questa vicenda così disperatamente dolce... che
dall'autore è scritta ovviamente più per se stesso che non per
la persona che è vittima e protagonista del racconto... si
intravede quella visione "angelica" della sindrome (parola che
a volte mi urta devo essere sincero, se riferita ai nostri figli)
che sta dietro a tanto perbenismo... a volte presente anche in
noi genitori.
I nostri figli non sono necessariamente degli ANGELI
(modello molto "americano" tra l'altro di presentare
l'handicap... ci sono proprio dei siti sulla sdd che si chiamano
"Angels" etc etc)... sono persone come gli altri... e perciò
possono essere BUONE o CATTIVE... e saranno una
benedizione o una maledizione per noi e per il mondo, a
seconda di come si comporteranno, se saranno uomini e
donne vere... oppure se si comporteranno da fetenti e da
criminali... se ameranno o se odieranno... se saranno
costruttori di pace o seminatori di discordia...
Lasciamo a loro, come a tutti è dato, il sacrosanto diritto
di scegliere che persone essere, quel benedetto "libero
arbitrio" che tanto sbandieriamo anche noi credenti come
simbolo di libertà, e che spesso neghiamo loro, chiamandoli
angeli, pensando che per il fatto di essere nati con un
cromosoma in più debbano per forza di cose essere destinati
al paradiso (per chi crede che esso esista) o ad una qualsiasi
altra forma di inevitabile e gratificante compensazione... per
gli atei e gli agnostici.
NON E' VERO!
La prima ingiustizia che possiamo commettere è proprio
pensare che siano persone con il destino "segnato" nel bene e
nel male... i nostri figli sono "altro" da noi... e noi non
possiamo nè prevedere nè tantomeno determinare chi e cosa
diventeranno... possiamo solo... "accompagnarli"... con la
speranza che la loro vita si conformi ai modelli che riteniamo
più positivi, ma nella libertà che permetterà loro di scegliere
se questi modelli meritano di essere seguiti. Lasciamo che
scelgano fra il bene ed il male... perchè non credo che Dio,
oltre che crearli con un cromosoma in più nel suo oscuro
disegno, abbia anche voluto togliere loro la libertà di
scegliere... che è il dono più grande che ognuno di noi ha.
Ecco, in questo brano ho colto un "pregiudizio" di chi
scrive... quello che pensa che per forza la vita di quella bimba
fosse stata "inutile"... e che però fosse destinata a trovare
compimento nella morte... in un gesto rivolto a lui... e in un
futuro felice.
Non la conosceva... non sapeva che persona era stata nella
sua vita, magari era una persona cattiva... malvagia... che non
meritava compassione... o almeno "quel" tipo di
compassione. Certo, mi piacerebbe che quando i nostri figli
dovessero morire la gente intorno a loro posa dire: "Grazie a
questa persona, alla sua vita... sono diventato un po'
migliore..."! Ma sarebbe lo stesso in un certo senso (capitemi
bene!), se dicessero :"Finalmente se n'è andato... questo essere
malvagio". Credo, se mai dovessi avere l'occasione di esserci,
oppure dal luogo in cui sarò "finito" (chissà quale, a noi non è
data di default la "destinazione paradiso")... che potrei almeno
consolarmi di aver avuto un figlio che ha saputo scegliere la
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
sua strada... che sarà magari migliore di quella che avrò scelto
io.
E a chi dice che in fondo avere un figlio down è una
benedizione di Dio… perché potresti avere che ne so… un
figlio drogato o anche peggio… io rispondo sempre:
“No... questa volta hai proprio sbagliato esempio...nel tuo
impeto di rassicurare genitori disperati e che magari stanno
perdendo la fede... o forse solo sono "ragionevolmente"
arrabbiati con Dio...
Se è una benedizione un figlio con un cromosoma in più...
perchè non può esserlo una figlia drogata o che so altro? E se
non lo è... perchè è capitato (o non è capitato) "anche" a te?
La verità è che entrambi sono una tragedia... una vera
tragedia... che non dipende ne dal nostro credere, nè dal
nostro accettare con più o meno disponibilità di portare una
croce che nessuno di noi avrebbe mai voluto e nemmeno
vuole!
Che poi questo sia magari per noi una fonte di ricchezza e
qualche volta anche di esempio per gli altri... può anche essere
vero... ma certo non è questo il punto! Il punto è che per
“loro”… è un problema, un maledetto problema.
Forse è un mio limite quello di non saper essere
pienamente sereno... forse la mia fede non è sufficientemente
matura e salda, ed è al contrario vacillante e debole... ma
rivendico il diritto di gridare con forza la mia disperazione di
fronte all'ingiustizia di cui i nostri figli e tutti noi siamo in
qualche modo stati vittime... per poter guardare avanti, per
continuare a sperare... per non "delegare" a nessuno,
nemmeno a Dio (così come non gli do... la colpa!)... le
responsabilità che ho nei confronti della mia vita e delle mie
scelte quotidiane... dei miei figli e del loro diritto ad avere la
possibilità di un futuro felice!
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Come aquiloni… o quasi.
E come Eterni bambini:
Come aquiloni… o quasi.
Dario: La fine dei sogni… o l’inizio della vita?
al pari di quanto succede per molte altre disabilità (in genere tutte
quelle che prevedono una compromissione anche lieve delle
performance intellettive), vista la necessità da parte delle persone nel
(pieno) possesso delle loro facoltà intellettive (?!?), di
“omologazione” in categorie più semplici di realtà complesse … alle
persone con sdd viene normalmente attribuito di diritto lo status di
“infanzia senza fine”; una testimonianza evidente di questo fatto è
che qualsiasi sia l’età della persona down cui ci si rivolge… il 99%
delle persone gli darà sempre del “tu”, anche a prescindere dalla
propria età, magari di molto più bassa. In realtà le persone con sdd
(e insieme a loro molte altre persone con disabilità anche molto più
invalidanti!) di eterno non hanno assolutamente nulla (tantomeno
l’infanzia!)… e si evolvono e crescono al pari di tutti gli altri sotto
il profilo sia fisico (che anzi è a volte più veloce in alcuni aspetti
della crescita e del decadimento), che emotivo-affettivo,
limitandosi a presentare per ognuno di questi aspetti … un
approccio “essenziale”, tale da permettere di definirle “uomini e
donne semplici” (vedi lettera S).
Le persone con sindrome di down sono inoltre generalmente molto
Emotive, a causa della percezione delle proprie difficoltà; questo
si traduce nella realtà sia in un problema, quando impedisce alle
risorse personali di esprimersi in tutta la loro potenzialità, a causa
di una scarsa capacità di gestione dell’ansia… che in una risorsa al
servizio dei rapporti interpersonali,quando si esprime attraverso
quell’”intelligenza Emotiva” così peculiare e capace di creare
empatia (empatici) con chi hanno di fronte, insegnandogli un
nuovo modo di guardare alla realtà.
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C'è quasi sempre un momento nella nostra vita in cui
sogni ed ideali devono "fare i conti" con la realtà e
ridisegnarsi in funzione di essa... forse questo momento è
arrivato anche per Dario...
Ieri sera, tornando in macchina dalla piscina di Carugate,
con il suo amico Stefano che sarebbe venuto a cena da noi,
per dover soffrire ancora una volta grazie alla comune
passione di entrambi per la squadra del cuore... (l'inter,
incredibile metafora calcistica di una vita "difficile" e piena di
delusioni... ma proprio per questo probabile strumento
"educativo" alla capacità di rielaborare le frustrazioni)...
abbiamo parlato dei loro progetti per il futuro... partendo
dall'osservazione di Ste che avrebbe voglia di cominciare a
lavorare appena possibile...
Ed ecco allora che Stefano ha raccontato che gli
piacerebbe molto mettere in pratica una delle sue passioni,
che è anche ciò che in questo momento lo impegna nello
studio alla Scuola di Agraria, coltivando fiori e piante in serra,
piantumando un frutteto e raccogliendo erbe medicinali per
preparare infusi e tisane da "servire nel ristorante di Dario,
naturalmente costruito sullo stesso appezzamento di terreno...
A chi ha conosciuto Stefano e la sua passione per le armi (a
Mirabilandia) non risulterà difficile sorridere divertito e senza
malizia come ho fatto io quando alla mia domanda di mettere
su carta il suo "progetto", disegnando quello cha aveva "in
testa" mi ha risposto: "Ecco, vedi... le cose che ho in testa le
riesco a scrivere con le parole... ma non le so disegnare. Il
disegno è sempre stato il mio "TALLONE DA KILLER".
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Come aquiloni… o quasi.
Dopo che Stefano ha finito di descrivere il suo progetto
mi viene spontaneo chiedere un po' ingenuamente a Dario:
"E tu Dario, riesci ad immaginare il tuo futuro da cuoco?
Magari in un ristorante tutto tuo?"...
E Dario, prontamente, e con un briciolo di imbarazzo che
col senno del poi ho interpretato come un sicuro "riguardo"
nei miei confronti... guardandomi con la testa abbassata e lo
sguardo da sopra gli occhiali, il labbro inferiore protruso e la
mano che mulinellava nell'aria nel gesto che mima il suo
celebre "DAI... ESAGERA!" mi rispondeva:
"Sì... ma non subito: magari intorno ai 25 anni. Ora devo ripetere la
terza per imparare a fare più cose e a farle meglio... fare ancora tante ore
di laboratorio di cucina e di stage... poi devo fare l'esame, prendere il
diploma... cominciare a lavorare in qualche ristorante e poi... forse... si
vedrà!". Il tutto detto con quel tono e quello sguardo che non
lasciavano dubbi di interpretazione a quel papà tanto ingenuo
e sognatore (della serie: "papà... lo so benissimo che non
potrò mai avere un ristorante tutto mio")... ma con
l'attenzione anche a non "ferirmi" rivelandomi con parole
crude quello che per lui ho capito ieri essere già una certezza,
che deriva da una coscienza onesta e abbastanza serena di sè.
La sua naturale ed onesta saggezza mi lascia stupefatto. Lo
guardo commosso, imbarazzato dal mio comportamento un
po' infantile, e mentre entriamo in casa penso:"Chissà se almeno
vince l'inter stasera" (siamo nel 2004… prima dell’inizio della
seconda grande Inter!), quasi che una soddisfazione sportiva
potesse "compensare" nel suo cuore di tifoso la sofferenza
che sicuramente gli deriva da questa sua coscienza... ma anche
questa volta non sarà così!
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Come aquiloni… o quasi.
Simone: La bandana
E' ormai da qualche anno che le bandane sono tornate di
moda: potenza dell'immagine, spirito di emulazione e ricerca
sfrenata di originalità da parte di chi acquista, oppure di nuovi
oggeti da sacrificare sull'altare del consumismo da parte di chi
vende... ne hanno fatto da capo di abbigliamento di valore
puramente storico legato all'immaginario ludico di bambini
d'altri tempi che leggevano storie improbabili su pirati e
corsari... vetusti eroi dei nostri giochi di fantasia ormai
dimenticati... un moderno oggetto di "culto".
Ed ecco perciò ricomparire in ogni dove (e su ogni testa)
bandane di tutti i colori, fantasie, a volte delicate e
mimetiche... altre volte sgargianti e sfacciate...
Questa storia racconta di quattro chiacchere fra bandane
in attesa di essere comprate... dei loro sogni di gloria, delle
loro disillusioni e delusioni... dei loro diversi destini...
"Eccolo là il mio tipo " urla dal bancone la bandana gialla
e turchese "... guarda qua... guarda qua....!" La bandana si
riferiva ad un uomo di circa 20-30 anni, un fisico da sportivo
che non veniva mascherato dalla taglia pur minuta... e lo
indicava alle compagne di "esposizione" mollemente adagiate
in bella mostra sul bancone, in attesa di uno sguardo
interessato... che sicuramente non sarebbe tardato ad arrivare,
visto che la moda dell'estate le indicava come uno degli
oggetti che non potevano mancare nella valigia di qualsiasi
vacanziere...
"Si vede subito che è uno sportivo", continuò la
bandana... "uno che ha bisogno di me per proteggersi dal sole
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
e dal bruciore agli occhi" (del sudore che dalla fronte scende
in rivoli nelle calde giornate di allenamento!).
In effetti le compagne si ricordavano anche quel volto
minuto dai lineamenti gentili ma decisi, con quell'orecchino
sul lobo dell'orecchio... per averlo visto non molto tempo fa
su qualche gigantografia pubblicitaria... in compagnia di una
bicicletta, di un profumo da uomo... e con in testa una
bandana dai colori sgargianti...
Detto fatto: Marco, così si chiamava quel ragazzo, attirato
da non si sa quale richiamo verso il bancone... si fermò
davanti ad esso e dopo un rapido sguardo alle disponibilità di
colori e fantasie... prese la sua bandana (ma non quella gialla e
turchese: al contrario ne scelse una con dei grossi arabeschi
bianchi e grigi) e si diresse in fretta verso la cassa... lasciando
le altre bandane (specialmente una!) con un briciolo di sana
invidia verso la compagna che sicuramente aveva realizzato il
suo sogno e si allontanava felice...
distingueva qualche piccolo e vezzoso ricciolo biondo
disseminato ad arte in mezzo alla folta chioma...
Alla fine la scelta cadde su una bandana nera con dei
grossi pois bianchi, che davano il tocco finale di
"appariscenza" a quel volto già così abituato ad attirare gli
sguardi... pur se con diverse "intenzioni"... (dall'ammirazione
imbesuita all'invidia più becera, vedete voi di indovinare...)
Con lo stesso passo leggero ed altezzoso con cui l'avevano
vista arrivare... la ragazza scomparve presto ai loro occhi,
lasciando stavolta dietro di sè una scia di invidia e delusione
decisamente maggiore...
La bellissima ragazza si avvicinò al bancone poco dopo...
doveva essere una modella, almeno a giudicare dalla statura e
dal portamento... che facevano assomigliare in quel momento
quel reparto dei grandi magazzini... ad una passerella per una
sfilata d'alta moda, più che ad un seppur decoroso negozio di
abbigliamento!
Era alta 1,80, capelli lunghi e ricci, due bellissimi occhi verdi
incastonati in un volto dallo sguardo intenso e ricco di
sottintesi...
Non fu facile per lei scegliere la bandana che più le si
addiceva: ne provò tante, davanti allo specchio, girandosi di
qua e di là per vedere se colore e dimensioni si intonavano
con i toni caldi dei suoi capelli bruno-rossastri in cui si
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Poco dopo passò un uomo la cui immagine era
sicuramente abbastanza insignificante se paragonata a quella
dei due personaggi precedenti...; già oltre la mezza età, capelli
non abbondantissimi, altezza degna di una persona down in
età adulta... un fisico che pur denotando una certa forma,
lasciava chiaramente intendere un certo non so che di
"artificiale"... sia per il colore innaturale dell'abbronzatura, che
per i lineamenti tirati del volto, che esibiva un sorriso tanto
smagliante quanto poco spontaneo, da assomigliare più ad un
"ghigno"...
La prima impressione delle bandane, al vederlo avvicinare
al bancone... fu quella di nascondersi e rendersi invisibili... per
sfuggire al possibile anche se improbabile acquisto da parte di
quel personaggio che incuteva oltre ad un certo timore... una
istintiva repulsione...
Ma guardando bene il "contorno" si resero conto che
quella persona doveva essere molto importante, anzi...
addirittura "potente".
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
L'abbigliamento elegante, firmato e costoso... ma
soprattutto il codazzo di persone che lo seguivano da vicino...
(e ce n'era di ogni tipo: guardie del corpo, giornalisti,
fotografi, portaborse, portavoce... e chi più ne ha più ne
metta) confermavano senza ombra di dubbio che quella
persona così apparentemente insignificante aveva nel potere
la sua arma vincente.
Fu un attimo: quasi tutte le bandane improvvisamente si
fecero "avanti"... mostrando i loro disegni, le loro fantasie, i
loro colori per impressionare quell'uomo e convincerlo a
comprarle... di colpo erano passate da un senso di
imbarazzante ribrezzo... alla convinzione che quella persona
poteva essere la loro più fortunata occasione!.
La scelta cadde su una bandana bianca con qualche fine
ornamento, molto semplice ma molto bella... (e anche molto
cara!)
che solitamente attanaglia una donna abituata a dividere la sua
giornata in micro-porzioni perfettamente incastrate, afferenti
ai differenti ruoli di lavoratrice-casalinga-madre... (modello
così "diffuso" e facilmente riconoscibile in queste situazioni...
quanto scarsamente "desiderabile" da parte delle nostre
protagoniste... come possibile "destinazione finale"!)
Una rapida occhiata al prezzo... una ancor più rapida
conversazione con la commessa che stava dietro il bancone
della quale riuscirono solamente a percepire distintamente il
suono della parola "sconto" ("sconto"? .. ma che scandalo:
mica erano in stagione di saldi!!!)... e la signora prese dal
bancone tutte e venti le bandane rimaste, senza badare troppo
a colori e fantasie... pagò di corsa ed usci in fretta dal
magazzino... meteora e metafora di un ormai inevitabile
fallimento esistenziale per le nostre amiche bandane... ma non
era finita!
Fuori dai grandi magazzini, il cui ingresso era sopraelevato
da 5 semplici gradini, stava un uomo con una carrozzina... che
aveva aspettato con il figlio disabile al tiepido sole
primaverile, che la moglie completasse l'acquisto
programmato, senza per forza doversi sobbarcare il peso di
quei 5 banali ma insormontabili gradini... che pompose
quanto inapplicate leggi sull'abbattimento delle barriere
architettoniche non avevano saputo trasformare in rampa... a
seguito di chissà quali strane considerazioni di carattere
estetico o economico...
Un rapido sguardo al quadretto famigliare... ed il terrore si
impadronì di loro: non solo individuarono subito la loro
"destinazione" (il ragazzo disabile in carrozzina)... ma allo
stesso tempo ne capirono anche... lo scopo!
Le 20 bandane rimaste erano veramente arrabbiate per
avere perso queste 3 occasioni: tre persone diverse, una più
"desiderabile" dell'altra per certi versi... avevano scelto le loro
compagne... che sul loro capo da oggi avrebbero
rappresentato IL SUCCESSO, LA BELLEZZA, IL
POTERE...
Ma se esisteva una giustizia... l'occasione non sarebbe
tardata neanche per loro... e così fu... ma non proprio come
esse si immaginavano.
Dopo una mezz'ora buona infatti da che l'ultimo
acquirente di bandane aveva effettuato il suo acquisto... arrivò
al bancone una signora sui quaranta, tutta trafelata... una
persona normale che pareva in preda alla normale frenesia
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Un sottile filo di saliva infatti gli scendeva dall'angolo della
bocca, incessantemente, probabilmente anche a causa del
raffreddore che gli impediva di tenere la bocca chiusa, e di cui
mostrava evidenti indizi sul viso "impataccato" dai lineamenti
che mostravano senza ombra di dubbio alcuno, insieme con
alcuni atteggiamenti stereotipati e ripetitivi... la gravità del suo
handicap. E la bandana stava lì, legata al collo di questo essere
per certi versi disgustoso, che incuteva un misto di pietà e di
ribrezzo, a raccogliere la saliva che cadeva dalla bocca per
gravità, o che veniva asciugata in seguito al gesto frequente e
ripetitivo del babbo che, con uno strano ed irragionevole
atteggiamento misto di dolcezza ed affetto, usava la bandana
a mo' di tovagliolo... per togliere l'umidità dal volto del suo
"raghino"... con un misto di motivazioni che andavano dal
rendere più "presentabile" quel piccolo scherzo della natura...
al solo "asciugargli " il volto per impedire che l'umidità lo
raffreddasse e gli irritasse la pelle delicata...
E guardando nella rete appesa dietro alla carrozzina...
videro le "altre" bandane, quelle che in quel giorno avevano
già "dato"... e che dopo essere diventate troppo bagnate...
erano state prontamente sostituite...
La bandana arabescata aveva avuto un destino abbastanza
triste: dopo un breve periodo durante il quale venne usata per
lo scopo per cui era stata comprata... venne abbandonata in
un cassetto... inutilizzata: voci forse troppo cattive giunsero
persino a dire che dopo essere stata una specie di "icona" del
successo sportivo... era diventata il "simbolo" di un
tradimento... di un esempio da non imitare (ma come... e
allora perchè quelle gigantografie?)...
La bandana a pois non aveva avuto miglior fortuna... le
mode cambiano velocemente , ed insieme con le mode... le
modelle. La bellezza era svanita e la bandana a pois bianchi
era stata gettata via, insieme con tonnellate di altri capi di
abbigliamento anche più "importanti"... tutti ugualmente
"increduli" di aver perduto così improvvisamente la loro
fortuna...
La bandana del piccoletto potente era stata su tutti i
giornali, in prima pagina... ma, come tante altre cose, era stata
solamente "usata"... sacrificata al dio "immagine" che in quel
momento imponeva una scelta "originale"... la cui
opportunità non si sarebbe più ripresentata... (anche a causa
delle pesantissime critiche che il personaggio si era tirato
addosso con quell'abbigliamento così poco "istituzionale"...).
Seppero dopo che era a quel tempo Capo del Governo di
uno dei Paesi più industrializzati del mondo... e che anche a
causa della bandana bianca... non lo sarebbe più stato dopo
prossime elezioni.
La loro tristezza durò per molto tempo, accompagnata dal
continuo utiizzo "improprio" cui erano sottoposte quasi
quotidianamente in funzione del tempo, dell'abbigliamento di
Simone (così si chiamava quel ragazzino disabile cui
nonostante tutto cominciavano un pochino ad affezionarsi) e
della presenza o no del raffreddore... fino a quando
cominciarono ad arrivare notizie (voci non meglio definite in
realtà...) sulla sorte delle loro fortunate compagne...
119
Ed allora... improvvisamente, compresero!
Compresero che nella loro "sfortuna" , legata all'utilizzo
improprio cui erano sottoposte ed alla "povertà" e
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
"debolezza" della persona cui erano costrette loro malgrado a
"servire" quasi quotidianamente,... erano... "UTILI"!
Avevano un compito da svolgere, pur se umile, e lo
portavano avanti sistematicamente... fino a "consumarsi" a
causa dell'effetto combinato di quello strano miscuglio di
liquidi organici, detersivi e disinfettanti con cui venivano
ripetutamente maltrattate.
terra... in attesa di andarlo a buttare dopo, quando gli avrò
messo il pigiama.
Quando mi giro per raccoglierlo da terra... mi accorgo che
Marialetizia, il "pesante" e non proprio profumato fardello in
mano... è già quasi arrivata alla pattumiera, solleva il
coperchio e... oplà! Poi ritorna a sedersi come se niente fosse
e guarda la fine della "Bella addormentata nel bosco"... che
era ormai al suo punto cruciale (il fuso!).
Non è la prima volta che fa dei piaceri... mi colpisce però
in questa circostanza la naturalezza con cui ha agito, senza
che nessuno glielo chiedesse, e senza ritornare con quell'aria
trionfante da "adesso cosa mi dici?" di chi sa di avere fatto
una cosa "gradita" al pubblico presente.
Alla fine della cassetta... mentre preparo anche lei (in
realtà lei si prepara da sola!) la ringrazio con semplicità per
l'aiuto, che non mi era sfuggito. Nei suoi occhi compare per
un attimo un lampo di soddisfazione e di autostima... che
subito si trasforma in uno sguardo da birichina e di
rimprovero che sottintendeva esprimendolo con una mimica
senza possibilità di equivoco (testa inclinata e ciondolante,
sguardo dal basso all'alto e braccia aperte in segno di ovvietà):
"... ma questo papà non capisce proprio niente!". E a questa
mimica così bella (mi viene ancora da sorridere mentre
scrivo...) aggiunge con il sorriso sulle labbra le parole
lapalissiane che serviranno al papà un po’ tardotto… per
"capire":
"Ma papà, chi c'era qui stasera che ti poteva aiutare? So
camminare solo io!"... e subito dopo dava un tenerissimo
abbraccio a suo fratello…
In fondo... la loro esistenza... aveva un senso!
p.s.: Quante volte pensiamo (e spesso diciamo!) che la nostra
vita è... in un certo qual modo "sprecata"... o almeno che le
nostre possibili occasioni "migliori"... sono perdute!
Ieri, mentre con concretezza recitavo il mio ruolo di
papà... di un "ragazzino con la bandana al collo"... mi sono
reso conto di quanto diversa sia in realtà... la verità delle cose!
Marialetizia: AIUTO (2005)
Sono "solo" in casa con Simone e Marialetizia: Dario è
fuori con gli amici con cui stanno organizzando una recita...
Paola è fuori (ma non a festeggiare! Secondo lavoro per il
Gruppo Sviluppo e Solidarietà a favore di progetti di
sostegno a distanza di ragazzi desiderosi e meritevoli di
studiare per diventare a casa loro, portatori di speranza...). E’
un giorno qualsiasi del 2005.
Preparo Simone per andare a letto, sul divano, gli cambio
il pannolino, come sempre... quello "usato" lo appoggio per
121
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Come aquiloni… o quasi.
Il Pensatoio: Il sasso e la crepa.
Milano all’alba, tangenziale Est… come tutte le mattine e
le sere, ormai da più di 25 anni (ebbene sì… spero di essere
tra quelli che ancora ce la possono fare ad andare in pensione
un giorno!) passo un’oretta scarsa del mio tempo (incidenti
permettendo, naturalmente … visto che il record di
percorrenza in caso di “blocco” è arrivato a 2 ore e 45 minuti
per percorrere la bellezza di 23km!!!) pazientemente
incolonnato in mezzo a tantissimi altri “dannati solitari”, in
questo girone dantesco di malati di pendolarismo quotidiano,
tutti uniti nella solidarietà di una pena comune, ma ognuno
perso nell'egoismo del suo microcosmo a quattro ruote.
Un microcosmo nel quale ognuno si sente libero ed al
riparo da ingerenze altrui… per cui si comporta come se gli
altri non esistessero e non potessero vederlo … l’avete mai
notato?
C’è gente che canta a squarciagola (io stesso a volte lo
faccio, memorabile quella volta che con un acuto feci
esplodere il parabrezza!), che gesticola parlando al telefonino
(i più tecnologici con quella lucetta blu all’orecchio che li fa
riconoscere da lontano quando è buio… quelli un po’ meno
con l’auricolare… la maggioranza … alla faccia delle regole,
con il cellulare in mano, zigzagando tra le corsie in cerca di un
flusso di qualche metro all’ora più veloce senza ovviamente
poter mettere la freccia per mancanza di mani libere!) ; c’è chi
fuma alle sei di mattina con il finestrino giù anche in pieno
inverno (per non farsi “beccare” probabilmente quando
qualcun altro salirà su quella macchina o forse nell'illusione di
rimandare in questo modo di qualche anno-mese-settimana il
cancro ai polmoni), c’è chi si trucca e imbelletta per
123
Come aquiloni… o quasi.
ottimizzare i tempi già ristretti di una giornata che purtroppo
(o per fortuna!) è di “sole” 24 ore… c’è chi lo legge …il “Sole
24 ore” (o forse... è "la gazzetta"?), c’è chi dorme (di solito i
muratori bergamaschi sui loro Ford transit scassati, che
partono all’alba e tornano a notte fonda nelle loro valli), ci
sono i motociclisti, indisciplinati per definizione nei sorpassi
(se no… a che serve la moto?) e per questo destinati senza
scampo ad un futuro almeno di fratture ed escoriazioni… c’è
chi non si rassegna alla coda (i novellini di solito) ed elargisce
parolacce a destra e a manca, c’è chi si scaccola il naso… c’è
chi va a metano, c’è chi ha la mascherina contro lo smog…c’è
chi sbircia tutte le donne al volante con aria da latin-lover, c’è
chi fa finta di niente e sorride, c’è chi li manda a quel paese
(magari con un gestaccio come optional)… c’è chi
(tantissimi!) viaggia seguendo le indicazioni del tom-tom
acceso, quasi che quella macchina non potesse praticamente
percorrerla da sola quella strada di cui si conoscono, oltre che
i trucchi per cambiare di fila al momento opportuno, anche le
singole buche nell’asfalto, il rumore ritmico che fanno le
ruote sui giunti di dilatazione dei viadotti, il dondolare
armonico che su di essi provoca il passaggio di un pesante
Tir… e così via!
Un piccolo mondo in cammino, tutti sulla stessa strada,
ognuno con una meta diversa… e i mezzi più disparati per
arrivarvi, uniti comunque dal percorso predeterminato di
quella striscia di asfalto, abitudinario, spesso monotono e
prevedibile, privo di particolari colpi di scena.
E mentre sono assorto in questi pensieri di autocoscienza,
un colpo… secco mi fa girare di scatto allontanando la faccia
dal parabrezza… un sasso, probabilmente “pizzicato” dal
pneumatico di qualche Tir, è schizzato violentemente proprio
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
di fronte ai miei occhi, in fianco a dove si attacca lo
specchietto retrovisore… un piccolo trauma in un cosmo
tranquillo, un’incrinatura nella monotonia sempre uguale a se
stessa della dimensione spazio-temporale del pendolare… mi
scuote, mi risveglia, mi spaventa.
Un secondo dopo tutto sembra passato… il sasso è
rimbalzato via… in preda alla bizzarra casualità determinata
dalle leggi della fisica… dopo aver incrociato il mio destino
per un attimo. Un istante che però è bastato ad aprire una
piccola crepa in un oceano di sicurezze… una crepa che
stasera, mentre mi appresto a tornare … e riprendere la
tangenziale…
si
è
allungata
ed
ora
occupa
preoccupantemente un’area semicircolare lunga almeno 15
cm… forse destinata ad allungarsi ancora, a ramificarsi, a
insidiare la stabilità e la resistenza del cristallo, a frantumarlo.
Mentre penso alle tante piccole-grandi bizzarre casualità
che per disegno fortuna o sfortuna hanno attraversato la mia
vita (alcune delle quali sono responsabili stesura di questo
libro un po’ particolare)… mi rendo improvvisamente e
drammaticamente conto, metafora di una vita piena di
imprevisti e priva di tranquille certezze… che non ho
l’assicurazione sui cristalli!
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Come aquiloni… o quasi.
F come Fantastici, Fenomenali:
in tutti i sensi... sia pensando che sono dei “fenomeni” naturali
dovuti il più delle volte a mutazioni genetiche casuali (sì, proprio
quei “fenomeni” cui si fa risalire l’evoluzione dell’uomo!), che
alla natura delle reazioni cui una qualsiasi anche banale
espressione di umanità è in grado di generare… tutto elevato
all’ennesima potenza: la gioia, il dolore, il pianto, il riso… effetto
di una sensibilità accresciuta dalla loro stessa presenza nella vita di
chi gli vive accanto, percorre un tratto di cammino insieme a loro…
o a volte solamente li incrocia distrattamente.
Fantastici perché nemmeno la fantasia più fervida riuscirebbe ad
immaginare i sorrisi, le soddisfazioni, i risultati, le conquiste… che
le persone con sindrome di down possono raggiungere, senza
conoscerne alcuna… come del resto difficilmente riuscirebbe a
“sentire” l’intensità dei sentimenti… belli o brutti, buoni o cattivi,
che albergano nel cuore di chi li ha “generati” (vai alla lettera G)
E rimanendo sul tema … F come Fecondi? La scienza medica
(e l’esperienza) dicono con altissima probabilità un “no” per i
maschi, mentre sono più possibiliste per le femmine … almeno da
un punto di vista strettamente biologico (anche se il desiderio di
essere padri e madri è lo stesso!)… ma tutti noi sappiamo che la
vera fecondità non è “solo” questa…
Fraterni: solo a volte. Spesso se nati per primi sono infatti
abbastanza despoti da impedire ai genitori di concepire un
secondogenito… (per preoccupazione, sensi di colpa… o
solamente… perché non arriva!); altre volte capaci di innescare una
caccia al fratellino praticamente immediata per “rimediare”
all’errore commesso e per fornire materiale educativo e riabilitativo
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Come aquiloni… o quasi.
al primogenito. Se nasce in tarda età dei genitori… l’utilizzo
dell’attributo dipende solo dalla fortuna di essere stato o no
preceduto da qualcun altro nel grembo materno, perché generalmente
in questo caso il negozio chiude per cessata attività!
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Come aquiloni… o quasi.
Dario: Il Derby del cuore...
Dario ha sempre avuto la passione per il calcio... una
passione sua, una delle poche che non gli sono state
trasmesse per “osmosi” dall'ambiente famigliare (in famiglia si
tifava per “tradizione”... io avevo qualche trascorso, direi più
che altro qualche bel ricordo di bambino e di domeniche
serene passate allo stadio una volta ogni tanto, con tutta la
famiglia... ma niente di più), per cui non è certo stato spirito
di emulazione quello che gli ha fatto nascere e coltivare negli
anni una cura quasi maniacale per i campionati di tutte le
serie, e per le partite di ogni genere ed importanza... più da
“tifoso” o da “spettatore” stavolta... che non da “giocatore”
(con mia grande soddisfazione, in quanto credo che
difficilmente uno sport come il calcio, se praticato al giorno
d'oggi, possa “passare” dei contenuti educativi e tantomeno
far sperimentare dei vissuti “positivi”... non per lo sport in sè
intendiamoci... ma per tutto quello che “sottintende”, e che
spesso si percepisce anche nelle squadrette d'oratorio, e
nell'invadente e diseducativa presenza di genitori e/o tecnici
che più di una preoccupazione educativa nei confronti dei
ragazzi, sembrano “mettere in campo” le frustrazioni di una
vita, di tifosi ma forse più in generale... anche di uomini).
Ogni domenica (ma anche martedì, mercoledì e giovedì o
sabato, a seconda del calendario settimanale dei vari tornei...
campionati, coppe etc) Dario si connette al televideo e, partita
dopo partita, “tira giù” sul proprio quadernetto, risultati,
classifiche, marcatori di ogni partita etc etc... con una
precisione e sistematicità che veramente alcune volte mi sono
sembrate al limite della patologia...
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Come aquiloni… o quasi.
Ma che ci volete fare... ci si attacca a tutto, ed allora anche
questa sua passione è divenuta una piccola molla... per
“allenare la memoria” innazitutto (provate a chiedergli
qualsiasi cosa sull'argomento ;-)... per esercitarsi nella scrittura
(anche se non certo nella grammatica o nell'analisi logica ;-) ),
infine per utilizzare un piccolo programma costruito in excel
in cui inserire tutte le domeniche i risultati, e ricavare
classifiche e statistiche...
In tutto questo la scelta della squadra per cui tifare... è
l'unica cosa in cui sicuramente la famiglia ha avuto un peso
determinante.
Come una buona fetta dei genitori di questo forum (sarà
un caso? :shock: :? )... e dopo un periodo in cui da piccolo
diceva di tenere ad almeno 4 squadre diverse in una sorta di
universalismo del cuore, che forse non voleva accettare la
presenza della sconfitta come possibile eventualità della vita...
all'età di 8-9 anni la scelta è stata definitiva e il suo cuore di
tifoso ha fatto la sua scelta, che almeno in questo non poteva
non essere quella... del resto della famiglia, pur se
“annacquata” rispetto a quella che sarebbe stata l'intensità del
suo “vissuto”: Inter.
Diciamo che... come tutti noi tifosi interisti sappiamo per
aver sperimentato più volte nella vita... da allora il tifo è
divenuto per Dario metafora e “parabola” di una vita piena di
sconfitte e di esperienze frustranti... del “vorrei ma non
posso”... ma anche e proprio grazie a queste continue e
frequenti esperienze negative, un allenamento a comprendere
ed a gestire frustrazioni di ben altra “portata” ed importanza
per la sua vita. Ed in questo il suo vissuto è stato decisamente
“diverso” (anche questo! :? ) dal mio di ragazzino, e da quello
di chi come me è abbastanza “vecchietto” da aver vissuto e
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
costruito i propri ricordi calcistici sulla “grande Inter” della
serie :”Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Giubertoni, Picchi,
Domenghini, Jair (un giocatore straniero e pure di colore
negli anni '60: incredibile ;-) ) Mazzola, Suarez, Boninsegna,
Corso...
Addirittura due invasioni di campo “pacifiche” (con tutta
la famiglia... un ricordo bellissimo! ) in occasione di uno
scudetto vinto con due giornate di anticipo nella memorabile
partita “Inter-Foggia 5-0” (quella per intendersi di quella
spettacolare rovesciata di Boninsegna dal limite dell'area dopo
discesa sulla sinistra dell'allora terzino sinistro Giacinto
Facchetti, ora Presidente dell'Inter, che appena possono
fanno rivedere spesso come uno dei goal più belli mai
realizzati in un Campionato di calcio...). Insomma, in ogni
caso bei ricordi di preadolescente che acuiscono la sofferenza
del vedere questa “fetta” dell'esperienza sportiva mancare a
Dario nonostante il suo esagerato attaccamento alla squadra
del cuore... ben superiore al mio di un tempo e di oggi.
In tutto questo... ieri abbiamo mantenuto una promessa:
in un impeto di masochismo oltre
ogni limite di
ragionevolezza, forse simbolo di una speranza che non vuole
mai “spegnersi”... avevamo deciso di “regalare” a Dario
un'altra volta la possibilità di andare a vedere un “Derby”
(aveva già assistito l'anno scorso all'ennesima sconfitta nella
“stracittadina”... della tradizionalmente ”aristocratica” Inter...
anche se mi sa che ultimamente... i valori si sono un po',
diciamo così, invertiti... contro l' “operaia” Milan). E' stata
Paola ad insistere... nella sua lungimiranza, rafforzata in
questa sua intenzione anche dal desiderio di sfruttare
l'occasione per incontrare un comune amico milanista (che
c'era anche l'anno scorso) che magari invitato sarebbe venuto
a trovarci...
L'amico non ha potuto, purtroppo ( o per fortuna?) e le
nuove norme di sicurezza per gli stadi ci hanno costretto
(dopo funanboliche acrobazie per il reperimento dei biglietti,
che hanno coinvolto persino... il cugino del parroco) anche ad
altrettanto complicate operazioni per il cambio del
nominativo presente sul biglietto.
Alla fine, alle 18 di ieri partivamo: io, Dario (il cui unico
“sintomo” della sua “fede” calcistica... era una sciarpa dai
classici colori nerazzurri) Luca, un suo amico... cui non è
parso vero di potersi aggregare all'ultimo momento in
sostituzione dell'amico romano che non ci ha potuto
raggiungere... e Angelo, il cugino di dario (unico milanista
della “combriccola”.
Mezz'ora di metropolitana, un'ora di controlli fuori dai
cancelli in coda :shock: finalmente ci sediamo al nostro posto
alle 20,17... esattamente 13 minuti prima dell'inizio della
partita.
Lo stadio di S.Siro è bellissimo in queste circostanze (un
derby e di sera)... colori e suoni sono di quelli che ti “lasciano
il segno” anche se non sei tifoso... e così è stato anche ieri
sera.
Siamo in una zona “mista” (tifosi di fede “variabile”
mescolati fra di loro senza soluzione di continuità)... e
perciò... la “dialettica” abbonda (sia quella di tipo “civile”
della serie “No scusa, guarda che anche se il fallo di mano era
involontario, ma se ha dato un vantaggio a chi l'ha fatto, va
fischiato, è inutile che ti arrabbi”... detta dal sottoscritto
:ridere: allo sfegatato milanista seduto al mio fianco che
inveiva contro l'arbitro, peraltro in serata decisamente
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
infelice... sia quella decisamente “incivile” ed irripetibile in un
posto
come
questo...
che
Dario
puntualmente
“stigmatizzava” con delle espressioni più che evidenti di
disappunto, da ragazzo educato che abborrisce il turpiloquio
quale lui è).
Beh, della partita non vi parlo... tutta l'italia sportiva e
calcistica non fa altro il giorno dopo... solo un breve
“riassunto” degli episodi più significativi. Inter in vantaggio
su rigore (inesistente) e Milan al pareggio pochi minuti dopo
(su rigore altrettanto inesistente)...ma giochiamo meglio noi,
fine primo tempo.
Al rientro in campo l'inter tira nella porta “vicina” a noi...
è più bello quindi vedere il 2-1 così bene... poi ci si illude per
un bel po', fino a quando a 5 minuti dalla fine, come troppo
spesso capita nelle partite e nella vita... la squadra avversaria
pareggia.
E' stato bello vedere Dario esultare di gioia per i due goal
della squadra del cuore, è stato forse altrettanto bello vederlo
applaudire anche quando il Milan ha pareggiato dicendo una
parola che sembrava definitiva sull'esito della partita.
Ma come Dario mi ha detto una volta usciti dallo stadio
:”Nel calcio non sì è mai sicuri di niente, papà!” (altra
“metafora” della vita?)... al secondo dei tre minuti di
recupero...uno dei suoi “miti” calcistici, Adriano, riesce a
segnare il terzo goal... e l'Inter vince (meritatamente) il Derby.
La gioia è grande, finalmente siamo riusciti a far vivere a
Dario una esperienza “calcistica” da tifoso per certi versi
“memorabile” (alla fine, per come si è “svolta” la partita, e
naturalmente per l'esito finale del campo... mi sono
veramente entusiasmato anch'io)... ma l'immagine più bella
che mi rimane negli occhi della serata è quella dell'abbraccio
spontaneo, pieno di gioia... e “vuoto” di qualsiasi altra cosa...
dei tifosi “vicini” a Dario, che nell'impeto delle sensazioni
“forti” vissute durante la serata, hanno condiviso la loro
felicità con Dario (e lui con loro)... senza alcuna “barriera”,
imbarazzo, menata di nessun genere... tifoso fra i tifosi... uno
come tanti.
Al di là di alcune “esagerazioni” e forzature...tipo tifosi
che “piangono” vere lacrime per una partita, vinta o persa che
sia... non posso fare a meno di pensare guardando Dario
saltare di gioia abbracciato a persone “sconosciute” fino a
pochi minuti prima ed ora unite da un “vissuto”
emotivamente forte anche se sicuramente “banale” nella
sostanza: “E se questa fosse la vera integrazione? Se la gente e
Dario si lasciassero andare in questo modo così naturale ed
immediato, senza troppe complicazioni e ragionamenti...
senza quei falsi muri di pudore che spesso denunciamo, e che
una stupida partita di calcio è riuscita, seppur
temporaneamente, ad abbattere?” Quanto sarebbe tutto più
semplice...
Lo sguardo incrocia per un attimo la sciarpa che Dario
sventola al cielo, facendola roteare in aria mentre salta
abbracciato ai suoi nuovi amici... e si ferma a leggere la scritta
gialla che ora, alla luce dei miei “pensieri improvvisi” sembra
assumere un significato diverso, quasi “universale”:
“ESSERCI, DA PROTAGONISTI”... e una lacrima
inumidisce anche i miei occhi di tifoso... tifoso di mio figlio.
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p.s.: da quel giorno sono passati altri sei anni… l’Inter ne ha
fatta di “strada”… e Dario pure. E le soddisfazioni, umane e
sportive che vanno di pari passo, pur tra le inevitabili
difficoltà, stanno lì ad indicare che la strada percorsa è quella
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
giusta… e che se anche per qualche motivo non lo fosse
(come dice Gino Paoli in una sua bella canzone)... “basta non
essere certi… mai!”.
un altro posto, di fare un pezzo di cammino (anzi di “strada”)
insieme… di ritrovarsi sul traghetto che ti riporta verso la
realtà quotidiana…
Nella vita non si fanno più o meno le stesse cose? (e
pensate anche al “nostro” forum) Consigli, esperienze,
condivisione… acconti, sogni dei prossimi “viaggi” ed
obiettivi… camminando a volte per un pezzo di strada
insieme, incontrandosi, incrociandosi e lasciandosi
casualmente o volontariamente in funzione degli avvenimenti
che la vita ci pone davanti con più o meno preavviso,
programmati o meno… con la naturale predisposizione a
dare e ricevere aiuto tipica di chi condivide un’esperienza
comune.
Fra camperisti però bisogna ammettere che si fanno anche
“confronti”, a volte benevoli, a volte un po’ meno…: si
guardano i mezzi nuovi ed efficienti con un po’ di invidia,
pensando alla povertà del proprio… si fantastica su
improbabili acquisti di inutili “optional” individuati sul
camper del vicino od ostentati con una certa vanità dal suo
tronfio proprietario… si commenta con malignità il numero
degli “stemmini” da collezione dei posti visitati appiccicati da
molti sul retro del proprio mezzo (abitudine un po’ “retrò”
ma ancora in voga presso molti viaggiatori)… sottintendendo
che nemmeno in 3 vite sarebbe possibile raccoglierne tanti …
oppure ci si adopera per “giudicare” i colleghi dai pochi
dettagli che mettono in mostra. Un esempio: non ho potuto
fare a meno di sorridere con benevolenza ma anche con un
po’ di “compassione” di fronte all’evidente cartello incollato
al finestrino da una coppia di non più giovani camperisti
romagnoli che recitava più o meno “Io dormo qui”…
nuvoletta da fumetto che usciva dalla bocca di un feroce cane
Simone:
La vita è un camper… o l’unghia di un dito?
Di ritorno dalle bellissime vacanze in Corsica, girate in
lungo ed in largo con il camper (tutta la costa più un paio di
puntate nello stupendo entroterra…) mi veniva di
condividere alcuni “pensieri improvvisi” di questa bella
esperienza.
Mi è spesso capitato di pensare che la vita assomiglia
proprio ad un viaggio in camper… programmata quanto
basta, ma in modo sufficientemente elastico da potere in ogni
momento, volontariamente oppure costretti dagli eventi,
cambiare programma, in seguito a fatti improvvisi ed
inaspettati, a cambiamenti di umore, anche solo a causa di
incontri piacevoli di persone, luoghi o dei capricci del
tempo…
Viaggiando in camper spesso ci si “incontra” con altre
persone, spesso altri camperisti, con cui ci si scambia
esperienze, consigli per il viaggio, informazioni su questa o
quella strada, spiaggia, monumento da visitare, sul come
arrivarci meglio, su dove parcheggiare e dove dormire, ci si
racconta anche di altri viaggi ed altre avventure (fatti o
solamente “sognati”)… con una sorta di naturale e spontanea
solidarietà, che sicuramente “nasce” dal fatto di condividere la
comune realtà di essere … “in viaggio”. Spesso addirittura
capita di ritrovarsi a distanza di giorni dal primo incontro in
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
lupo stampato al computer … il tutto accompagnato da una
grandissima museruola “distrattamente” abbandonata sul
cruscotto… ma ben visibile al di fuori degli scuri anti
riscaldamento che si montano sui vetri anteriori quando fa
caldo; beh che c’è di strano direte voi? Niente, se non fosse
che quella coppia un cane non ce l’aveva affatto, e che
evidentemente si serviva di quell’infantile stratagemma
(nonché sicuramente inutile, visto che l’ho “capito” anch’io!)
per tentare di “scoraggiare” i potenziali assalitori di case su
ruote di cui ogni camperista che si rispetti può raccontare di
aver subito almeno una volta le ferali attenzioni…
Quante autodifese spesso inutili mettiamo in atto per non
“mostrarci” come siamo… per difenderci da pericoli più o
meno reali, con fantasia ma con l’ingenuità di chi non si rende
conto di essere facilmente “smascherabile” in questi suoi
piccoli trucchi da bambino…
Noi famiglie “speciali” in questo siamo altrettanto “bravi” a
relazionarci reciprocamente fra “equipaggi” e con le famiglie
“normali”: confronti con il “camper” (famiglia) del vicino…
con le abilità dei nostri figli, commenti e giudizi (benevoli e
non) sul “mezzo”, i suoi “optional”, i suoi occupanti, gli
“stemmini” (abilità) ostentati, sulle “strategie” di autodifesa…
sì mi pare che sia proprio così!
E poi c’è la “composizione” degli equipaggi: ormai la
tendenza è avere un mezzo sempre più grande riempito da
sempre meno persone (fanno eccezione le coppie di giovani
fidanzatini tedeschi con il wolkswagen).
L’equipaggio medio del camper è formato da un lui ed
una lei (la conoscenza superficiale e sfuggevole spesso non
consente di sapere se sono marito-moglie oppure
conviventi…) su di un mezzo di non meno di sei metri.
E più il mezzo è bello, accessoriato ed efficiente, più la
vacanza è “stanziale”… (tre-quattro giorni fermi nello stesso
posto… un vero “spreco”).
Al massimo magari sul camper si intravede un figlio …
Certo non è dato di sapere a volte se i figli quella coppia non
ce li ha… oppure semplicemente se li ha “mollati” (in questo
caso sarebbe probabilmente più vero… il contrario pensando
alla probabile presenza di figli adolescenti nel nucleo
famigliare)… però è anche vero che sembra un po’ di
intravedere in questa tendenza l’immagine dell’evoluzione
della famiglia moderna: una famiglia “piccola”, efficiente,
riempita dalle “cose”… e poco dalla sostanza…
Ed in questo “universo”, piccolo spaccato per certi versi
statisticamente significativo del mondo reale… il nostro
camper certo “stonava” un po’: 5 persone su un mezzo non
certo “immenso”, un po’ “vetusto” nella carrozzeria e negli
optional (anche se per noi più che sufficiente) … in cui anche
gli stessi “viaggiatori” avevano delle “particolarità” non certo
all’insegna dell’efficienza totale… sempre in movimento… in
cammino alla scoperta di posti nuovi (praticamente mai due
notti consecutive nello stesso posto) e “visitabili” (con un
camper ed una famiglia come la nostra mica si può andare in
tutti i posti).
Ad esclusione dei primi giorni (in cui dovevamo
“riposare” un poco dalle fatiche accumulate nel quotidiano e
far riposare Simone dopo la crisi epilettica avuta la seconda
notte), una volta sola in questa vacanza da quando abbiamo
cominciato il viaggio ci siamo fermati a dormire nello stesso
posto… proprio in cima al “dito” della Corsica, parcheggiati
di fronte al mare (a non più di due metri dall’acqua), nel
punto più settentrionale dell’isola… piccola “unghia”
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
temporaneamente posizionata su quello scherzo (?) della
natura che fa sì che l’isola stessa assomigli in pianta ad una
mano sinistra che punta l’indice perfettamente verso nord,
quasi ad indicare una via da seguire, una direzione da
intraprendere. Al tramonto, mentre guardavo il nostro
camper proteso verso nord… appendice inutile ma evidente
di quella mano indicante… con sullo sfondo il rosso degli
ultimi bagliori dell’ennesima giornata di bel tempo … non ho
potuto fare a meno di pensare se quel nostro essere “unghia”
di un dito così importante… non fosse in qualche modo
significativo di uno scopo, di un “disegno” … (quante volte ci
facciamo senza certezza di risposta alcuna questo genere di
domande eh?)… se il nostro essere quella famiglia semplice
ed un po’ particolare che sicuramente siamo in questo mondo
che sembra in qualche modo determinato da un misterioso
“caos ordinato” non dovesse essere in un certo senso
“degno” di far parte di quel disegno, di avere uno scopo
preciso, anche se misterioso ed insondabile.
La stanchezza della giornata e l’ubriacatura da sole-ventomare che ha sempre un effetto devastante sulle mie energie
(insieme agli effetti di un buon bicchiere di vermentino corso
naturalmente!)… hanno sopraffatto presto le mie ambizioni
filosofiche, con il sopraggiungere del sonno …
Al mattino ci alziamo, più o meno nel solito “ordine”: il
genitore “di turno” con Simone, che è il più mattutino, poi il
secondo genitore non appena chiama Marialetizia …Dario
per ultimo, dopo aver preso le desiderate “coccolesollecitazioni” dalla sorellina.
Una rapida (?!?) colazione… un giretto nel piccolo borgo
nel quale eravamo parcheggiati (una trentina di casette in gran
parte disabitate, senza un negozio od un bar)… per scoprire
che di fronte a noi, durante la notte… avevano cominciato a
“spiaggiare” diecine di meduse violette… tanto belle quanto
temute dai bagnanti.
Decidiamo di spostarci per il bagno in una spiaggia a due
km più ad est, sperando di “evitare” il problema per il bagno
della mattinata. In effetti quando arriviamo là, sembra così,
ma ad una attenta “ispezione” preliminare del sottoscritto,
scopriamo che in effetti le meduse ci sono anche qui, anche
se in numero decisamente più ridotto, grazie al misterioso
gioco delle correnti e alla conformazione della costa rispetto
ai venti dominanti di quel giorno.
Rischiamo il bagno, con circospezione, dopo aver
opportunamente istruito Dario a non allontanarsi troppo
stavolta dalla zona “controllata”, a guardarsi sempre intorno
ed a non nuotare per quel giorno a dorso … per il resto
facciamo “cerchio” intorno ai “piccoli” controllando il
limitato settore di mare in cui ci immergiamo per il bagno.
Tutto va per il meglio anche su questa bella spiaggetta,
animata da un piccolo chiosco e popolata da una quindicina
di gruppuscoli famigliari o di amici, dispersi su una superficie
molto ampia per chi è abituato alle coste italiane …(ricordo
ancora con terrore il rimprovero di un bagnino in Liguria che
venne a sgridarci perché Dario, a 4-5 anni, aveva scavato una
buca … nella sabbia del vicino di sdraio).
Mentre ci concediamo un gelato o una birra (a voi
indovinare a chi l’uno e a chi l’altra!) sentiamo un forte urlo,
seguito da un pianto disperato ed inarrestabile: guardiamo
verso la direzione da cui quell’urlo proveniva, e scopriamo
che il bambino di dieci anni che avevamo conosciuto pochi
minuti prima, parlando con la sua mamma della presenza
delle meduse in acqua veniva portato in braccio di corsa dalla
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
mamma, dopo essere stato “beccato” da uno di quei
bellissimi quanto pericolosi e dolorosi celenterati.
Il bambino viene portato sotto l’ombrellone, ma la sua
sofferenza deve essere veramente grande perché il pianto è di
quelli che non scherzano …e non si placa minimamente: è
stato preso al piede ed alla gamba, ed anche la mamma
sembra “segnata”…
Il tempo di raccontare a Paola quel poco che so sui
possibili rimedi al dolore da ustione di medusa (fra cui
cospargere la zona urticata con dell’urina, che contiene
sostanze antiorticanti specifiche proprio per queste ustioni…
e di cui noi abbiamo anche una versione “portatile” travestita
da pannolino di Simone) e lei, non prima di avere in fretta
estratto dalla sempre troppo pesante borsa al seguito (come in
una sorta di magia da prestigiatore con cilindro) un paio di
supposte di tachipirina… è già vicina a quella famiglia in quel
momento sofferente, insieme a Marialetizia e a Dario che
mettendosi a parlare con il bimbo lo distraggono un po’
dall’ascolto del suo dolore …
Io rimango in disparte con Simone, sia per non “assalire”
il malcapitato con troppe attenzioni, sia perché quel piangere
disperato e fortissimo infastidisce Simone, che mal sopporta
questa manifestazione della sofferenza altrui, specie se di un
bambino… e manifesta a sua volta un certo disagio…
Ma in questo nostro approcciarci con semplicità alla
sofferenza altrui… non posso non notare che non solo
nessun altro (fra le pur poche persone presenti in quel
momento in spiaggia) si è “mosso”, ma nemmeno ha girato lo
sguardo o interrotto le proprie probabilmente troppo
importanti “attività” balneari …, nemmeno i proprietari del
chiosco presso il quale eravamo seduti, che mi immagino
avessero sicuramente precedenti “esperienze” (e perciò
probabilmente “rimedi” adatti a risolvere il problema) di
simili episodi.
Salutandoci, quella famiglia incontrata per caso in un
posto così lontano da quello in cui viviamo normalmente, ci
ringrazia con sincerità per l’aiuto… e non posso fare a meno
di pensare che, forse, proprio questo episodio mi ha rivelato
una piccola parte del nostro essere “unghia”… di quel
disegno che ci vede in ogni caso famiglia sensibile alla
sofferenza altrui (anche proprio per averla “provata” in varie
forme ed intensità) e capace di portare, con umile semplicità il
proprio piccolo ma significativo aiuto…
La prima notte abbiamo dormito da soli su quel luogo...
unghia del dito; il giorno dopo (ma si sa... i camperisti
seguono sempre l'esempio di qualche avventato...) i camper
erano sette. Chissà se anche in altre cose più importanti
possiamo essere almeno un po' di esempio...
E questo pensiero mi consola…
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Marialetizia: La... gelosia dei down!
Weekend intenso questo... con Dario che si è recato a
trovare la sua ragazza... stando fuori a dormire, e Marialetizia
con il saggio di danza oggi pomeriggio fra un paio d'ore.
Ieri sera spettacolo natalizio in teatro dell'oratorio...
chiedono a Dario di scrivere una sua testimonianza e di
leggerla .. ma lui... ha già un impegno, per cui la scrive e la
lascia a noi da leggere. A tavola prima di andare a teatro, la
leggiamo... in un paio di passi Dario, oltre che alle sue
"imprese" sportive e alpinistiche... accenna alla bellezza
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
dell'amicizia... della gioia di vivere (con indicazioni "precise"
per chi sta "aspettando" un figlio down...) ed ai suoi sogni per
il futuro, che comprendono la possibilità di continuare a fare
sport, quella ancora più importante di poter lavorare come
cuoco... ma soprattutto quella di avere una vita felice insieme
alla sua famiglia... ai suoi amici... e... alla sua ragazza.
Ed è a questo punto che Marialetizia, sorellina
affezionatissima di sei anni, si alza con quel muso un po'
offeso ed un po' arrabbiato che solamente i bambini di quella
età sanno fare genuinamente e splendidamente... senza freni
inibitori... e con una mimica altrettanto disinibita sbuffa: "La
mia ragazza... la mia ragazza... la mia ragazza... uffa! parla
sempre della sua ragazza!"... e accenna persino... ad una
lacrimuccia...
Ebbene sì... si può tranquillamente essere "gelosi" del
proprio fratellone down, con tutti i suoi evidenti limiti e
difetti, ma anche pregi... specialmente se questi è affettuoso e
gentile... e vuole bene a sua sorella in un modo veramente
incredibile, ed incredibilmente ne è ricambiato allo stesso
modo. E questo consola... specialmente quando pochi minuti
fa... Dario senza sapere nulla dell'attacco di gelosia della
sorella... telefona a casa per farle un sincero "in bocca al lupo"
per il suo saggio.
come sono cambiato dopo la nascita dei miei figli... e sulla
ricerca del senso che tutto questo può avere... L'occasione
questa volta è stata un week-end in montagna, con la scusa di
partecipare ad una festa di solidarietà in una valle bresciana, la
valle dove la squadra di Dario si allena tutti i sabati invernali
per lo sci... e che ci ha "adottato" invitandoci a partecipare a
questa giornata con il nostro "stand", anche se gente di
pianura, come realtà "degna" di presenziare a questa iniziativa
pur prettamente "locale" (potenza dell'entusiasmo che i nostri
raga sanno creare anche nella rude gente di montagna).
Con la scusa del caldo e dell'afa che imperversano in
questi giorni nella bassa pianura... partiamo il giorno prima (la
festa era domenica) e ci rechiamo sui campi... da sci!
(ovviamente ricoperti di uno splendido verde estivo
punteggiato di quei bellissimi e variegati colori che solo la
fioritura di Luglio in montagna riesce a creare...).
Prendiamo il primo tronco della seggiovia, che viene
messa in moto proprio per noi... (già questo mi mette di buon
umore... troveremo poca gente!) dopo essere stati
"riconosciuti" dall'addetto agli impianti nonostante il nostro
abbigliamento non sia proprio quello con cui ci vede
normalmente (ma d'altra parte, evidentemente... ha notato
qualche altro... particolare)... che per l'occasione ci fa pure un
"mega-sconto" (8 euro in 5!), con grande rabbia di Dario, che
con un po' di sano amoro proprio... non sopporta di pagare
"ridotto" (ha quasi 18 anni lui!).
Una volta giunti ai 1200 m dove ha termine il primo tratto
(il secondo, quello che porta a 1700 m in cima al M.te
Altissimo era chiuso per rifacimento degli impianti)... anche
con la "scusa" della giornata dal tempo incerto...e grazie ai
soldi appena "risparmiati" ci infiliamo nella baita-ristorante
Il
Pensatoio:
La presuntuosa
l’ambiziosa presunzione
ambizione…
Come spesso mi capita, e come a volte cerco di
condividere con voi, nella vita accade che alcuni episodi
apparentemente banali, mi facciano riflettere su me stesso, su
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
appena sotto l'arrivo della seggiovia dove gustiamo le
prelibatezze della cucina casereccia delle prealpi lombarde,
grazie anche all'allettante proposta di un menù "degustazione"
che ci consente di assaggiare 3 primi, tre secondi, due
contorni dolce caffè e ammazzacaffè... alla modica cifra di 18
Euro. Inutile dire che Dario si ritiene "consolato" della
precedente "discriminazione" (quella di non aver potuto
pagare il biglietto) dalla abbondante e gratificante abbuffata!.
Mentre siamo seduti a tavola il tempo migliora... quando
perciò usciamo dalla baita propongo a Dario di salire fin dove
riusciamo verso la cima del M.te Altissimo, intanto che
Marialetizia gioca con nuovi amici trovati in loco... e mamma
e Simone si rilassano sul prato (Simone ama tantissimo il
contatto con la soffice erba dei prati di montagna).
Ci diamo un tempo: "al massimo in due ore siamo qui"
dico alla mamma, e così decidiamo che dopo un'ora e un
quarto di cammino, dovunque saremo... torneremo indietro,
per non mancare all'impegno preso...
Parto di buona lena, pur senza alcun tipo di allenamento,
Dario mi segue senza apparente fatica (ma già lui al contrario
di me... è allenatissimo!)... saliamo diritti per il ripido pendio
della pista nera da sci sulla quale Dario in questi ultimi due
inverni si allena e si diverte...
In poco più di 40 minuti riusciamo a percorrere i 500m di
dislivello che ci separavano dalla vetta della nostra ipotetica
meta... (una prestazione veramente notevole mi viene da
pensare, anche se non da "sky-runner"). Mi complimento con
Dario, e mentre ci gustiamo il panorama della cima, ci
concediamo 10 minuti di meritato riposo, grazie anche al
grande anticipo che la nostra andatura ci ha consentito di
accumulare sulla tabella di marcia!... e comincio a pensare...
E la mente torna agli anni di gioventù, quelli in cui le mie
ambizioni alpinistiche (come forse sapete già) erano di ben
altra natura... insieme con l'ambizione generale di una vita
"piena" e di una serie incredibile di progetti e di sogni da
realizzare, quelli che normalmente riempiono la testa ed il
cuore di ogni adolescente in cerca di un proprio posto al
sole... di una sua identità... con l'equivoco strisciante ed allora
incompreso (anzi forse "incomprensibile") che la qualità della
vita sarebbe stata misurabile in relazione agli "obiettivi"
raggiunti... (alpinistici e non...) ed ai successi personali
realizzati...
Quando nacque Dario, con quel suo (fortunatamente
temporaneo) difetto al cuore... e ci dissero che non sarebbe
mai potuto andare in montagna oltre i mille metri di quota...
forse per reazione, forse appunto per ambiziosa
presunzione... dedicai dapprima ancora maggiori energie alla
mia passione per la montagna e le ascensioni (sono dei primi
tre anni di vita di Dario le mie scalate più "difficili"!).
Poi più o meno inconsciamente trasferii anche su di lui
questa passione, ridisegnando gli obiettivi per adattarli alle sue
potenzialità certo... ma pur sempre mantenendo una certa
ambizione... (piccole ascensioni sulle montagne di casa, le
Grigne, lunghe passeggiate... fino all'exploit ormai noto a tutti
di aver raggiunto i 4223 m del Castore quando aveva 13 anni,
dopo averci provato senza successo già due anni prima). Mi
viene spontaneo pensare per un attimo che, forse la nascita di
dario è stato un "freno", messo dal destino o da chi lo
determina sul mio cammino... per rallentare la mia ambizione,
per smussare la mia presunzione, quella che mi faceva
affrontare la vita ed i suoi problemi con quella sensazione di
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
"invincibilità" che tutti prima o poii nella vita abbiamo
provato, e di cui conosciamo per esperienza la pericolosità...
Ma nonostante questo "freno" messo sulla mia strada da
questa potente (o "prepotente") entità... io ho continuato a
coltivare la mia ambizione (la montagna mi serve solo da
esempio!)... prima su di me (le ascensioni più difficili) poi
sugli altri (quando ho coinvolto Dario in questa "scalata" al
successo).
Ed allora... ecco Simone... il "freno" definitivo alle mie già
minate ambizioni... la parola definitiva detta alla mia
presunzione... prima che fosse troppo tardi... (per cosa poi?).
Attorcigliato in questi pensieri (sarà la fatica appena fatta?)
riesco tuttavia a rendermi conto della loro stupidità... (e alla
mia età è già un successo): felice di poter dare in un certo
senso la "colpa" di alcuni obiettivi mancati nella mia vita alla
presenza dei miei figli... "palle al piede" con cui ho dovuto
fare i conti... mi accorgo di provare pure una certa
soddisfazione (ci si accontenta di quel che si ha!) nel pensare
(alla fine di questo contorto ragionamento) che in un certo
senso questi figli speciali sono stati un "messaggio" mandato
a me... perchè "capissi" determinate cose...
E' solo un attimo! Quanta presunzione c'è in questo
pensiero... (ancora!) quanta arroganza ed egocentrismo nel
pensare che anche queste persone... che sono altro da me...
sono state in qualche modo "pensate" per me...mi sono
messo ancora una volta... al "centro del mondo”!
Sorrido di me stesso con un briciolo di compatimento...
mentre guardo mio figlio stanco ma felice che fa fotografie
dalla cima della montagna! Chissà che pensieri prova lui in
questo momento... chissà se è felice di aver accompagnato
quel mollacchione del suo papà in questa piccola avventura...
Torniamo giù quasi di corsa... la mamma si sorprende
incredula e sorride orgogliosa nel sapere che anche se è
passata solo un'ora e un quarto da quando siamo partiti,
siamo riusciti ad arrivare alla meta che ci eravamo prefissi ed
a tornare indietro... festeggiamo con una coca-cola... e poi
ripartiamo verso valle (a piedi però questa volta).
Prendo sulle spalle il mio secondo "freno"... quei 30 kg di
voglia di vivere e di struggente tenerezza che sono il mio
Simone... e comincio a scendere, felice e "scarico" come
sempre succede dopo un bello "sfogo" fisico... con l'aiuto
non indifferente della forza di gravità.
Durante il ritorno verso valle... ritorno anche sui miei
pensieri... obbligato in questo dall'evidente differenza di
"prestazioni" che il mio fisico mostra nella circostanza
attuale... rispetto ad un'ora fa quando, pur con una "palla al
piede" al seguito, correvo in salita in una sorta di nostalgico
revival di gioventù.
Quando, finalmente giunti a valle, ci riposiamo giocando a
frisbee nel piazzale semideserto del parcheggio della
seggiovia... mentre guardo Dario che corre senza sosta dietro
all'attrezzo maldestramente scagliato dalla sorella ancora
inesperta... penso che in fondo questo pomeriggio mi ha
insegnato qualcosa e mi lascerà sicuramente una certezza...
che cresce lentamente ma inesorabilmente dentro di me: un
sottile ma inevitabile dolore alle gambe ed alle spalle!
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Come aquiloni… o quasi.
G come Generati:
Come aquiloni… o quasi.
Dario: la prima volta...
uso qui questo termine (prendendo spunto dalle ultime righe della
lettera F) proprio di tutti gli esseri umani e addirittura di tutti gli
esseri viventi… quindi non specifico delle persone con sdd… in
quanto questo fatto prevede intrinsecamente la presenza di…
Genitori … con tutto ciò che questo comporta in termini di
Gioiosa felicità per la nascita del proprio figlio/a e di dolorosa
sofferenza per la sua condizione non certo ideale… con tutti i sensi
di colpa che nascono (insieme al figlio) per ignoranza, paura, o
semplicemente per amore… con tutte le preoccupazioni che in
maniera immediata riempiono la vita di chi queste persone, le ha
appunto generate… quasi sempre come gesto d’amore e di
apertura alla vita e al suo mistero.
Accettare tutte queste cose è difficile… ma necessario e possibile,
non per negarne l’esistenza… ma per trasformarle piano piano in
risorse a servizio della crescita proprio figlio.
Tornando ad aggettivi più “specifici”… si dice che i down siano
tutti Grassi; niente di più falso. Al giorno d’oggi, se si escludono
problemi di metabolismo che comunque possono essere tenuti sotto
controllo, e se si segue una corretta alimentazione in rapporto al
dispendio calorico proprio di ognuno… i problemi di obesità sono
gli stessi che si presentano per la popolazione “media”. Gentili lo
sono spesso… anche se a volte avrebbero tutte le ragioni per non
esserlo, Grati sicuramente… ogni volta che sappiamo sorprenderli
con qualche piccolo regalo, anche se infinitamente più piccolo di
quelli che loro ci fanno quotidianamente.
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Quante "prime volte" ci sono nella vita... più o meno
importanti, più o meno fondamentali...
Una di queste... almeno per quanto mi riguarda... è
abbastanza "radicata" nei miei ricordi di ultra-quarantenne
(per dirla ottimisticamente)... anche se molto lontana nel
tempo... e ormai per certi versi fra i giovani .. un po'... fuori
moda!
E' la prima volta che, dopo aver compiuto 18 anni... ho
potuto "votare"... esprimere in modo formale ed "efficace"... i
miei pensieri e le mie convinzioni politiche... nel senso buono
del termine... quello collegato a quella radice etimologica della
parola..."polis" che significa "relazione tra uomini che vivono
in comunità"... e che perciò esprimono attraverso il voto la
loro idea e volontà di singoli riguardo alle modalità sperate di
relazione tra singoli nella società civile.
E oggi... Dario, per la prima volta nella sua vita... ha
votato... ha espresso in modo sicuramente cosciente anche se
forse parziale... il proprio desiderio di relazione... la propria
aspirazione ad una vita di serie A... pari fra i pari... perchè
Dario attualmente e nella nostra fiduciosa speranza per il
futuro... non ha "limitazioni" ai suoi diritti di cittadino
italiano... anche se vissuti in modo "semplice" (sapete vero
che interdizione, inabilitazione e/o amministrazione di
sostegno a volte... possono togliere questo diritto ai nostri
ragazzi... che già poche occasioni hanno di "dire la loro" e di
essere ascoltati...?).
L'attesa era tanta... ho provato più volte durante i giorni
scorsi ad affrontare l'argomento... per curiosità... per
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
inconscio (mica tanto) desiderio di "guidare"... o "plagiare" le
scelte di preferenze di Dario... ma le risposte sono sempre
state molto "evasive"!
"Ne abbiamo parlato al gruppo in oratorio..." era la
risposta che da buon adolescente con sane e giuste aspirazioni
all'autodeterminazione mi rifilava il novellino elettore... ben
mi sta!
Diverse volte abbiamo affrontato il tema... cercando di
discutere sui programmi dei due schieramenti, in modo
semplice certo... ma che mettesse in luce le cose
fondamentali... con particolare riferimento alle "cose di
handicap”... che lo riguardano direttamente... e che potevano
in qualche modo condizionare il suo futuro...
Oggi però... con la scusa di controllare che sapesse come
comportarsi in cabina elettorale... abbiamo preso un facsimile
e gli abbiamo chiesto se sapeva riconoscere il "simbolo" su
cui apporre la sua preferenza attraverso un semplice segno...
una croce (in questo... se volete la nuova legge elettorale...
favorisce in un certo senso i nostri ragazzi... senza costringerli
anche ad assurde ed astratte scelte di candidati
sconosciuti...anche se questo obbliga a scegliere su base
puramente teorica di programmi spesso nella realtà poi
"disattesi"... e non invece sulla base della fiducia personale...)
e con piacevole sorpresa ho scoperto di avere... idee
politiche… simili a quelle di mio figlio.
Dario era visibilmente emozionato... da giorni andava
pubblicizzando questo nuovo traguardo della sua vita... anche
se solo... "anagrafico"... e oggi non è stato da meno.
Usciti dalla S.Messa domenicale (per gli esperti di liturgia...
non sarà difficile collegare questa giornata quaresimale, la
domenica antecedente quella di Pasqua... alla pubblicità
elettorale "occulta" che tantissime persone... noi compresi...
hanno anche se magari inconsciamente messo in atto nei
seggi... ostentando quel ramoscello di ulivo appena preso in
chiesa dopo la benedizione… però nessuno ci ha detto
niente!)... ci siamo subito recati alla prossima scuola
elementare di Marialetizia... seggio n°59.
Con il suo documento ed il suo "immacolato" certificato
elettorale si è presentato al seggio... l'emozione è stata
accresciuta dal fatto che abbiamo dovuto attendere un quarto
d'ora fuori dal seggio, per un problema su una persona non
iscritta nelle liste... che invece giustamente voleva esprimere il
proprio diritto-dovere al voto...
Durante questo tempo di attesa... visto che eravamo al
gran completo.... con anche Simone e Marialetizia al seguito...
Dario, con il fare da navigato "esperto"... ha "mostrato" a sua
sorella sulle liste elettorali il partito per il quale avrebbe
votato... (prontamente "richiamato" dal padre... in virtù della
"segretezza" del voto!)... nonostante appunto, memore di
"leggende metropolitane" ascoltate sul voto alle persone
down... gli avessi detto che se qualcuno gli avesse chiesto
quale partito intendeva votare... non doveva assolutamente
rispondere! (qualcuno raccontava che un Presidente di seggio
usò questo stratagemma per cercare di impedire ad una
ragazza down di votare... ottenendone come risposta un
secco... "NON TE LO DICO: IL VOTO E' SEGRETO!").
Quando la situazione si è "sbloccata" siamo andati
insieme al registro elettori... Dario per primo... con navigata
naturalezza ha consegnato il suo certificato ed il suo
documento... salutato con naturalezza e senza problemi da
scrutatori giovani e senza apparenti pregiudizi per la sua
apparente provenienza... "centro-asiatica". Io lo osservavo da
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Come aquiloni… o quasi.
dietro... senza intervenire... in una consapevole e discreta
lontananza... di padre con il cosciente desiderio per il prorpio
figlio... di adulta "normalità".
Il Presidente di seggio ha chiesto conferma agli scrutatori
addetti al registro... solo per essere sicuro di consegnare a
Dario la sola scheda per la camera... (beh... vabbeh che le
persone down spesso dimostrano più anni di quelli che hanno
però...), e poi ha consegnato la scheda, la matita...
aggiungendo semplicemente :"Cabina 1".
Dario si è recato nella cabina... senza esitazione... io dopo
di lui, nella "2"... ho votato in fretta, con l'ansia di uscire per
vedere come se l'era cavata Dario... consegno le mie schede...
dario è ancora dentro... mannaggia, speriamo non abbia
difficoltà... di nessun tipo... mi dispiacerebbe molto che
questa apparente normalità si trasformasse in imbarazzante
"caso"... pochi, interminabili secondi... e Dario esce... fa
vedere la scheda alla Presidente di seggio... che senza
nemmeno prenderla gli dice subito un netto ma gentile "Non
va bene, l'hai piegata in modo sbagliato... si deve vedere
l'intestazione con la scritta all'esterno..." (lo sapevo lo
sapevo... penso subito... me la sono proprio cercata questa...
erano settimane che andavo in giro a dire che temevo molto
la "piegatura"). Dario senza perdere la calma... ritorna nella
sua cabina elettorale .. la "1"... si sofferma un po'... con grande
apprensione del sottoscritto... poi esce visibilmente
soddisfatto... mostra la scheda piegata correttamente al
Presidente di seggio ottenendone in risposta un semplice
"perfetto!"... e poi con la navigata tranquillità di un elettore
espertissimo... senza neppure porsi il dubbio di chi doveva
fare cosa (mentre io mi rendevo conto improvvisamente che
non avevamo mai parlato di chi doveva "imbucare" la
scheda... ed in quale "urna"... e mi prefiguravo terrificanti
scene di annullamento per "imbuco sbagliato" con tutte le
seguenti pesanti conseguenze...) metteva la sua "prima"
scheda elettorale... nell'urna corretta... fra lo sguardo fiero... di
tutta la famiglia, che lo aspettava un po' in disparte in un
angolo della stanza.
Dario per tutto il giorno ha raccontato con orgoglio
questa sua ennesima "prima volta"... e io mi "arrendo" con
dolcezza alla sua gioia... assaporando con semplicità una gioia
"di riflesso"... ma non per questo meno vera...
Per chi ha votato mi chiederete?...
Ma dai... non lo sapete che il voto è segreto?
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... e la seconda!
Già... ormai ci abbiamo preso gusto... e Dario ieri è
tornato a votare, stavolta sicuramente più semplice in teoria la
scelta, tra un SI e un NO, rispetto alle politiche precedenti...
ma identiche le complicazioni relative all'unica vera difficoltà
che aveva incontrato la volta scorsa... e cioè la "piegatura"
della scheda... che certo non è stata "progettata" a misura di
disabile intellettivo!
Ed ecco allora che la mia raccomandazione, che credevo...
"sufficiente"... è stata quella di ricordare a Dario che
l'intestazione della scheda, alla fine della piegatura... doveva
rimanere all'esterno della scheda stessa.
Gliel'ho spiegato così, perchè so per esperienza che se a
volte si danno "istruzioni" troppo precise... e poi la scheda
non è proprio come quella descritta... si fa nella loro mente
più danno che altro, generando confusione ed insicurezza
derivanti dal fatto che seguendo alla lettera le istruzioni
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
ricevute... non si ottiene il risultato dovuto... e questo è fonte
di frustrazione ulteriore.
Ed in effetti, con il senno del poi... è andata bene così.
Dario è entrato, ha votato senza problemi la sua
preferenza... poi si è... diciamo "trattenuto" un po' troppo a
lungo per pensare che tutto stesse procedendo per il meglio.
Così dopo circa 2-3 interminabili minuti... mi sono recato dal
Presidente del Seggio spiegandogli che forse stava
incontrando qualche problema nella piegatura della scheda, e
se si poteva trovare il modo eventualmente di aiutarlo...
Lui abbastanza prontamente mi risponde..."Non si
potrebbe... però, se passa prima fuori la matita... poi qualcuno
può eventualmente entrare"... comprensivo perciò.
Il tempo di avvicinarci alla cabina... e vediamo Dario
uscire sorridente con la sua scheda, perfettamente e
correttamente piegata!
Usciti dalla scuola quindi gli chiedo come mai ci avesse
messo tanto, e lui :" Non riuscivo a piegare bene la scheda...
ho votato, poi chiudevo e piegavo, ma la scritta non era mai
fuori come mi avevi detto tu!".... " e allora alla fine... ho girato
la scheda in giù (con la parte votata verso il basso)... e ho
iniziato a piegare... tenendo sempre fuori la scritta!"
Due brevi considerazioni: innanzitutto la lieve delusione
per l'indubbia "difficoltà" incontrata da Dario a svolgere
un'azione in teoria relativamente "semplice", pur nella
complicazione della piegatura, che prevedeva di "immaginare"
2-3 passaggi successivi per prevedere il risultato della scritta
"fuori"... ma nel contempo, la soddisfazione di aver
constatato che di fronte alla difficoltà incontrata non si è
perso d'animo, ed ha elaborato una "sua" strategia originale,
che nessuno gli aveva suggerito (capovolgere la scheda e
piegarla mantenendo sempre "fuori" la scritta ad ogni
passaggio).
Certo, nel segreto della cabina elettorale... c'è il tempo e la
calma per affrontare il problema, senza nessuno che
"incalzi"... (e meno male che sono arrivato... in ritardo a
preoccuparmi!)... mentre alle volte nella vita reale questo
tempo non c'è. Però, dove possiamo permettercelo... forse
basta... "concederglielo".
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Simone: 4P-..... o 7P+ ?
Un episodio simpatico... un po' "fuori dalle righe"... ma
non troppo!
Ieri, come tutti i mercoledì pomeriggio, mi reco in piscina
a Carugate, per prendere Dario che fa una delle sue sedute di
allenamento, accompagnato là da amici disponibili...
guadagnandoci un'ora in meno di lavoro, e qualche coda di
più in tangenziale.
Arrivo giusto in tempo per vedere Dario completare
l'ultima vasca ed uscire dall'acqua con un quarto d'ora di
anticipo sui soliti orari. Mentre si cambia il Tecnico esce un
attimo dalla piscina e mi spiega che oggi ha fatto lavorare i
ragazzi un po' di meno perchè ai regionali di settimana
scorsa... sono andati tutti "troppo forte"... e non vuole che si
perda il picco della forma prima dei Giochi Nazionali di
Luglio (ebbene sì! E' vero che fanno sport per divertimento...
ma è anche vero che sono allenati e guidati con attenzione e
professionalità degne di veri atleti, quali loro in effetti sono!).
Ad accellerare ulteriormente il previsto ritorno a casa (di
solito arriviamo verso le 20 in questa occasione)... si aggiunge
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
una "prestazione" da record di Dario negli spogliatoi, che in
meno di dieci minuti (grazie anche al taglio di capelli ormai in
"configurazione" estiva) si fa trovare pronto di tutto punto.
Un rapido saluto agli amici e VIA!!! Ce ne andiamo verso
casa, contenti di poter arrivare un po' prima e di fare una
sorpresa alla mamma...
Il ritorno in macchina del mercoledì è sempre un
momento molto bello: Dario non so per quale strano
meccanismo, forse solo per il fatto che "sente" che io sono lì
per lui, e solo per lui) mi parla in continuazione,
raccontandomi tutto quello che gli capita nella giornata e
anche altro... nella mezz'oretta di viaggio che ci separa da
casa.
All'ingresso di Monza, dopo lo stadio, di fronte al
cimitero... su una bella strada a doppia carreggiata con 4
corsie, complice anche la "smania" di arrivare a casa una volta
tanto presto... la macchina corre ad una velocità non proprio
"regolare" per un area urbana...
Ma proprio perchè è così presto forse... i vigili urbani non
hanno ancora "smontato"... li vedo da lontano, almeno 200m,
hanno già fermato due macchine e perciò freno subito la mia
velocità, rallentando in modo graduale per non dare troppo
nell'occhio... ma troppo tardi! Ben prima di arrivare vicino a
questo imprevisto "posto di blocco" vedo il vigile uscire sulla
carreggiata e farmi segno di accostare... la frittata è fatta! E io
che mi sono sempre vantato di essere fortunato in queste
circostanze... e di non essere mai stato "beccato" in tutte le
volte che (sfido chiunque a dire che non supera MAI i limiti
di velocità!) mi capita di andare più forte del consentito...
Vabbeh pazienza... prima o poi doveva capitare anche a me...
certo che i punti in meno alla patente... quelli mi dispiacciono
un po'.
Mi accorgo con terrore che non ho neanche la cintura di
sicurezza allacciata (Dario sì lui è molto più bravo di me!).
Accosto al marciapiede una diecina di metri oltre la
pattuglia (come se frenando "piano" potessi dare
l'impressione che non andavo poi così forte!), e mentre vedo
nello specchietto retrovisore l'agente avvicinarsi alla
macchina... tento miseramente di elaborare una strategia.
Preparo i documenti, assumo una faccia contrita modello "so
di avere sbagliato" e mi preparo così a cercare di limitare i
danni, conquistandomi se non la simpatia almeno la
compassione del vigile.
La voce rude e decisa mi fa capire che sarà dura:
"Favorisca patente e libretto" (frase tanto temuta da ogni
automobilista quanto cortese e formale nella sua costruzione
grammaticale!)... mentre glieli porgo farfuglio qualcosa di
sicuramente poco dignitoso... in coerenza con la linea
strategica adottata...
Mentre controlla la patente il vigile subito affonda "Lei ha
per caso l'esenzione per non mettere la cintura di
sicurezza?"... "No, rispondo con un sorriso imbarazzato...
sono proprio in torto marcio eh?"...
"E poi non l'ha neanche firmata! (la patente)"... "ah sì?"
rispondo io... "perchè... anche questi moderni tesserini vanno
firmati?"
La situazione sta per precipitare con l'arrivo del "capo"
(ovviamente donna... le Amministrazioni Comunali hanno da
tempo capito che sono molto più adatte loro a fare questo
tipo di lavoro, perchè non si inteneriscono di fronte a
niente...) che reca in mano il "referto" dell'ultimo ritrovato
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
della tecnica per smascherare gli automobilisti indisciplinati
come me...
Dopo la patente... viene il momento del controllo del
libretto di circolazione... mentre lo aprono per vedere se
possono ulteriormente infierire con qualche altra "infrazione"
(ma almeno qui mi sento tranquillo, perchè so di essere in
regola... ho addirittura esposto due gg fa il tagliando
dell'assicurazione!)... il "capo" dice: "Ma lo sa Sig. Mosconi
che lei viaggiava a 71 Km orari in un area urbana?"
"Così veloce?" rispondo io malcelando un sospiro di
sollievo, dopo aver facilmente verificato mentalmente che
non rischio la sospensione della patente in quanto rientro nei
limiti di una normale ammenda (da 137.55 a 513 Euro per la
velocità + altri 68.25 per le cinture) con detrazione di due
punti per la v e 5 per la cintura!
E qui succede il miracolo! Di colpo, inaspettatamente, i
due "mastini" cambiano espressione... e la vigilessa dice:
"Beh, Sig. Mosconi... almeno glielo abbiamo detto!
Vediamo di comportarci meglio la prossima volta!".
Saluto basito, ringraziando per tanta generosità... risistemo
i documenti con nonchalance per non mostrare fretta nello
scappare da lì... e naturalmente prima di ripartire mi allaccio la
cintura di sicurezza!
Pochi metri dopo mi sfiora il dubbio... che diventa
certezza subito dopo aver controllato il Libretto di
Circolazione della mia Punto di ormai sei anni.
In calce ai dati di immatricolazione c'è segnata la modifica
al telaio fatta per adattare il veicolo per il trasporto di persone
disabili, nella fattispecie la piattaforma girevole del sedile
anteriore dx (quello su cui era sistemato Dario)... prevista a
favore di Simone sia per favorirne effettivamente le
operazioni di carico e scarico... sia molto più onestamente in
quanto sei anni fa erano previste le agevolazioni per l'acquisto
dell'autoveicolo solamente in presenza di adattamenti per
persone incapaci di deambulare (per i disabili intellettivi,
quindi senza necessità di modifiche, con accompagnamento è
stata approvata solo due anni più tardi).
Decisamente sollevato dal fatto che la Sindrome di
Simone (4P-) mi abbia così sfacciatamente favorito
permettendomi di non prendere una multa sicuramente salata
(minimo 200 Euro, ma fino a 570!) ma soprattutto di non
farmi decurtare 7 punti dalla patente... (ecco il 7P+ del
titolo)... non posso fare a meno di sorridere pensando a cosa
avranno immaginato i due vigili di Dario (scalatore ed atleta...
"non deambulante"? vedendolo seduto sul sedile "adattato"
)... e di vergognarmi un pochino per aver ricevuto questo
immeritato "regalo"...
Per un attimo mi assale il dubbio di assumermi le mie
responsabilità, rivendicare il diritto alla uguale dignità delle
persone, tornare indietro e pretendere la mia giusta
punizione... ma è solo un attimo!
Comunque... l'episodio mi fa riflettere...
Qualche giorno dopo... mi vedo recapitare a casa una
raccomandata... Comando di Polizia Comuni riuniti di
Marostica... preoccupante!
E in effetti all'apertura della busta... i sospetti trovano
conferma: verbale di contestazione infrazione... passato con il
rosso (non ci credo! non lo faccio mai) alle 22,19 con il
camper, fotografato da uno di quei terribili marchingegni
automatici... 147 Euro di multa... e 6 punti in meno (6p-) sulla
patente...e se per caso mi ribeccassero nei prossimi due anni
nella stessa infrazione... sospensione della patente. Il posto
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
corrisponde... ero lì quel giorno con il camper, l'ora no... ero
altrove da almeno 1,30 ore...
Poi penso a come cavolo abbia fatto a passare con il
rosso... davvero non lo faccio mai nemmeno quando sono da
solo in macchina, figuriamoci in camper... con tutta la
famiglia al seguito!
L'unica cosa che mi viene in mente è che in quella strada,
probabilmente proprio a quell'incrocio, mi devo essere
fermato in mezzo, attardandomi nel tentativo di leggere i
nomi delle vie (stavamo cercando casa di amici...)
Ma in questo caso la fredda e spietata macchinetta... non
ha avuto compassione alcuna... al contrario dell'altrettanto
fredda e spietata vigilessa dell'episodio precedente...
In fondo, avere a che fare con gli uomini...con la loro
crudeltà, ma anche con il loro "cuore"... ha i suoi vantaggi!
Marialetizia, per la consegna dell'agognato giudizio e un
parere su come è andato questo primo periodo scolastico.
Come credo ormai tutti quanti sapete... Marialetizia è l'unica
figlia a corredo cromosomico normale (almeno fino a ieri sera
lo credevo!), per cui tra il fatto di essere terzogenita e questa
complicazione in meno... la preoccupazione per la
circostanza, lo ammetto... non era certo delle più intense.
In una sorta di roulette russa delle circostanze della vita (e
delle liste degli insegnanti al Provveditorato... ma questa è
un'altra storia!) che ben poco sembra a volte determinata dal
caso... a marialetizia è "toccata" come insegnante di ruolo per
le materie umanistiche... la maestra di sostegno che Dario ha
avuto in prima elementare, dodici anni fa...
I saluti sono perciò ben poco formali... quando dopo più
di un'ora di attesa fuori dall'aula, viene finalmente il nostro
turno di entrare per sentire cosa ne pensano le maestre... del
piccolo genio della famiglia!.
Dopo i saluti... ognuno al suo "ruolo"... le maestre dietro
la cattedra comodamente sedute sulle loro sedie... e noi
genitori... "sprofondati" o meglio quasi "accovacciati" direi...
praticamente a livello terra sulle seggioline normalmente
occupate dai bambini sui banchi di scuola!
Da questa posizione... credo sarà difficilissimo "opporsi"
ai giudizi delle insegnanti... che dall'altra parte della cattedra ci
guardano sorridenti... ma pronte a "sentenziare" i loro giudizi
"dall'alto in basso", in una posizione di netto ed esagerato
vantaggio
strategico!
Credo non sia facile ribellarsi, obiettare... se il tuo "ruolo" è in
ogni caso "inferiore"... la tua voce più bassa... le tue energie
decisamente più deboli...
La morale? PUNTIAMO SUI SENTIMENTI! Sono la
parte migliore! E lasciamo perdere tutto quanto è asettico e...
imparziale" (comprese le "tabelline di crescita", quelle di
"raggiungimento abilità" etc etc, che sono come delle
macchinette che "fotografano" la realtà... dei nostri figli senza
"mediarla" attraverso la ragione ed il cuore...e
"condannandoli" senza possibilità di appello)... Di sicuro...
abbiamo solo da guadagnarci!
Marialetizia: Il piccolo genio
E' tempo di pagelle... e ieri sera mi sono recato per la
prima volta a colloquio dalle maestre di prima elementare di
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Mentre la mia mente "elabora" questi pensieri, forse
nostalgicamente legata a ricordi personali da studente in
periodi scolastici in cui il "prof" era in ogni caso... un
"nemico"... le due maestre cominciano cordialmente a
parlare... "Ora leggiamo insieme la pagella, con i voti ed il
giudizio... poi lo commentiamo insieme". Demagogia penso...
questa gentilezza di forma, vediamo la sostanza!
E la sostanza non si fa attendere...
Italiano:
OTTIMO
Inglese:
OTTIMO
Storia:
DISTINTO
......
......
... e così via di questo passo, con una "monotonia" al limite
della noia, che continua anche durante la lettura del giudizio e
il successivo commento delle due insegnanti... che sfiora
momenti di entusiasmo quasi esagerato nella descrizione delle
capacità e delle doti personali della figlia prediletta (è
l'unica!!!). Riesco a malapena ad intervenire con un paio di
commenti tra il serio ed il faceto... giusto per sdrammatizzare
un po' e per ridare una dimensione per lo meno quasi
"umana" al quadro che mi è appena stato tracciato di
Marialetizia, lo stesso fa la mamma... prima di venire entrambi
"archiviati" per lasciar posto alle prossime "vittime".
La sensazione comunque rimane quella di un forte
"imbarazzo" nel sentire e ricevere tutti quei complimenti per
la sua bravura, senza che nemmeno una piccola nota stonata,
una sottolineatura in controtendenza... un piccolo appunto,
venga a "macchiare" un immagine così incredibilmente
positiva.
Quando usciamo... guardo incredulo quella pagella, che
sicuramente avrei potuto invidiare da studente... ripenso alle
belle parole spese dalle maestre anche per le doti "umane"
che Marialetizia ha saputo dimostrare... e pur nella gioia mista
a "orgoglio di papà" che mi riempie (e che non aveva certo
bisogno di questa piccola "riprova")... mi rendo conto di non
essre mica "abituato" a questo genere di situazioni... non più
da "ultimo" della classe... ma da "primo". una prospettiva
strana, inusuale... che mi coglie decisamente "impreparato"...
tutto troppo semplice, troppo "liscio" troppo bello!
Rivoglio la mia vita complicata!!!!
Arrivo a casa... e mentre le faccio i complimenti del caso...
guardo il volto di Marialetizia, i suoi occhi vispi ed espressivi,
con le lunghe ciglia ricurve... quasi da "signorinella"... che con
malizioso pudore sprizzano gioia ed orgoglio incontenibili... e
improvvisamente mi rendo conto... che crescerà in fretta...
moooolto in fretta... e che la complicazione cui tanto aspiro...
non si farà di certo attendere per molto!
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Il Pensatoio: Ma i down non muoiono mai?
Dice una leggenda metropolitana milanese... che i cinesi
non muoiono mai... perchè da circa trent'anni non ci sono
funerali di persone di quella provenienza residenti in Italia...
Infatti la stessa leggenda afferma che al momento
"opportuno" i vegliardi trapassati vengono fatti "sparire" e
prontamente sostituiti in vita (e ringiovaniti naturalmente) da
nuovi immigrati (ovviamente clandestini) che ne assumono
l'identità senza bisogno di complicate ed incerte pratiche di
immigrazione...
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Oggi mi ha sfiorato il dubbio che qualcosa del genere
debba succedere anche per le persone down... vi spiego cosa
mi ha portato a questa "certezza".
In occasione della S.Pasqua abbiamo fatto il "giro" dei
famigliari: i nonni materni, mia sorella, mia mamma e la zia...
e poi anche i parenti... quelli "scomparsi"!
Una visita al cimitero... i bisnonni, mio papà, alcuni amici,
tra i quali il ginecologo che ha fatto nascere Marialetizia... un
caro amico che ha deciso che essere di aiuto alle famiglie per
far nascere i loro figli... non gli bastava più...
E' grande il cimitero di una città di 130.000 abitanti
(molto più "abitata" che la città dei vivi), con tombe moderne
e vetuste, mi ricordo di averne viste alcune del 1820 almeno....
Lo frequento con una certa periodicità lungo percorsi soliti
certo... ma che spesso purtroppo si arricchiscono di nuove
deviazioni... segno di una vita che sta piano piano
"cambiando" la sua prospettiva, dopo aver "scollinato" quel
momento simbolico così noto a tutti gli studenti italiani come
"il mezzo del cammin di nostra vita...".
Mentre ci avviamo verso l'uscita improvvisamente mi
assale un pensiero: ma è mai possibile che in tutte queste
tombe, colombari, etc... non abbia mai notato la fotografia di
una persona down?
A dire il vero non mi ricordo neanche una foto di una
persona "evidentemente" disabile intellettuale...
Eppure la mia vita è piena di queste persone... che sono
tante... molte di più del numero che statisticamente mi
impedirebbe in percentuale di identificarle sulle foto su cui il
mio sguardo si posa lungo il mio percorso abituale in
cimitero...
Eppure... sulle migliaia di foto che ricordo e che ora il mio
sguardo riinterroga con attenzione quasi morbosa... nessun
indizio di cromosomi in più... sono meravigliato.
Può essere che per uno strano caso del destino il mio
tragitto sia un po' come il 53 sulla ruota di Venezia fino a
qualche settimana fa? Può darsi... ma la spiegazione non è di
per sè convincente!
Cambio strada... spinto anche da Dario che mi dice che lui
si ricorda di averla vista nel campo nuovo la fotografia di una
persona down... (naturalmente avevo "ragionato" a voce
alta!)... ma anche lì di occhi a mandorla... nessuna traccia.
Eppure ne nasce una ogni 700 persone... e poi? Dove
sono qui... dove tutti giungono alla fine del loro cammino su
questa terra?
La mente cerca di immaginare una spiegazione: forse fino
ad un po' di anni fa la gente oltre che vergognarsene in vita...
se ne vergognava pure dopo la morte... e lasciava i loro corpi
ed i loro nomi senza un volto... ma non sono convinto che
questa giustificazione sia sufficiente a spiegare questo strano
fenomeno... al giorno d'oggi non può reggere!
Dario interrompe i miei pensieri dicendo con voce decisa:
"Io vivrò fino a mille anni!"...
Ma allora... non è che forse le persone down non
muoiono mai?
O che... in questa vigilia di Pasqua... io abbia fatto la figura
del discepolo incredulo di fronte ad un sepolcro vuoto?
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Uscendo un po’ dal “racconto”… è chiaro che non ho
passato la mia giornata al cimitero... come è chiaro che questo
piccolo ma significativo episodio è stato per me solamente il
pretesto per... "buttare lì" una sorta di provocazione su un
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
argomento un po' off-limits... anche per noi come per gli altri
abitanti di questo mondo... pur se senza cromosomi in più!
Un mondo che esorcizza la sua più grande paura... la
morte... negandola attraverso i meccanismi più disparati: dal
"silenzio"
assoluto
al
paradosso
opposto
della
spettacolarizzazione...
Certo che la mia ipersensibilità è un pretesto per osservare
il mondo "in funzione" della diversità dei miei figli. Del resto
chi di noi può dire di non usare la propria "esperienza" come
"filtro" di lettura della realtà? Ma questo è, oltre che
inevitabile, anche giusto e bello!
E proprio per questo penso che parlare di queste cose nel
modo che ad ognuno pare più opportuno (serio, scherzoso o
anche parzialmente "romanzato" come ho fatto io...) sia una
cosa importante ma doverosa allo stesso tempo... per dirci
semplicemente... per dire agli altri... per dire ai nostri figli
soprattutto quando ce lo chiederanno... che la morte c'è,
esiste, ed è un passaggio inevitabile ma naturale del nostro
cammino di uomini... che può arrivare in qualsiasi momento,
senza una logica precisa, anzi senza una logica di nessun
genere... e che grazie alla coscienza della sua "esistenza" ci è
dato di assaporare giorno per giorno, attimo dopo attimo... la
bellezza della nostra quotidianità e di adoperarci, perchè in
questa quotidianità si realizzi quanto di più bello speriamo e
desideriamo per noi e per i nostri figli…
E che la morte può essere la fine, un nuovo inizio... o
chissà che altro... questo è solo in funzione di ciò in cui
crediamo o speriamo... ma di sicuro è una delle poche
"certezze" della nostra vita... una certezza su cui stavolta mi è
parso simpatico "scherzare" (anche se a modo mio)... in
modo da renderne meno "pesante" la presenza.
Scusate se non sono riuscito nel mio intento di
trasmettervi quello che era la mia reale riflessione... cioè che:
Non esiste la vita, senza la morte... e la "memoria" delle
persone "scomparse" (cioè "che non si vedono più" non "che
non ci sono più"), anche se destinata a stemperarsi nel
tempo... è parte integrante di un unico cammino... di cui
anche noi ed i nostri figli facciamo parte... e di cui sono certo
un giorno ci sarà dato anche di riconoscere quale sia stato il
nostro ruolo.
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E su questo tema… vi racconto qui l'aneddoto-riflessione
di oggi... 19 aprile 2005. Parte da un funerale... quello del
"nonno" Felice (il nostro "vicino" nella casetta che affittiamo
ormai da otto anni in Val di Gressoney)... 87 anni dedicati alla
montagna (non come la intendo io... ma quella vera, vissuta,...
negli alpeggi con il bestiame etc etc) con una breve parentesi
durante la 2° guerra mondiale... in Albania ed in Russia... fra i
pochi ritornati...
Per il resto... la famiglia, le bestie... al ritmo monotono ma
sempre amato delle mungiture alle 4 del mattino, dei parti dei
vitelli un giorno su due nelle fredde notti invernali... amato ed
amante nel silenzio privo di parole inutili e straripante di
piccoli gesti ripetitivi ma sempre pieni di significato...
Una vita “nascosta” quindi… non da “primadonna”… ma
certamente importante (e questo mi piace e mi consola!)
Prima di "mollare" nonno Felice ha visto morire due
figli... ed ha continuato la sua vita con pazienza... senza
lamentarsi più di tanto con Dio e senza maledire il destino...
Se n'è andato improvvisamente... per una emorragia
interna dopo un intervento ad un dito del piede... in silenzio
come tutta la sua vita...
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Al suo funerale... l'intero paese (almeno 500 persone)... i
negozi chiusi per lutto... al cimitero la processione di tutti per
gettare uno per uno la loro manciata di terra come estremo
saluto sulla bara ormai interrata... vicino a quella del figlio
morto solo due anni fa...
Ma prima di questo ultimo saluto... su... in alto, nella
piccola frazione dove abitava... con le "sue" mucche... ed i
"suoi" cani da pastore... quelli che tutti i giorni lo
accompagnavano al pascolo (fino all'anno scorso le bestie le
portava lui) ha ricevuto da questi ultimi un saluto forse più
"gradito"...
Fino a quel momento silenziosi... i tre cani da pastore,
quando il corteo ha cominciato ad incamminarsi verso la
chiesa del paese giù in fondo alla valle, con la bara di Felice
portata a spalle da 4 amici... la bandiera dell'associazione excombattenti davanti al corteo... hanno cominciato ad ululare e
guaire... tutti e tre contemporaneamente... fino a quando il
corteo è scomparso nel vallone del torrente, scavato dietro al
piccolo gruppetto di baite...
Sono sicuro che nella bara o in cielo... dovunque fosse...
nonno Felice avrà sorriso...
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
H come… come… ah già: Handicappati!
Dario: playback theatre... e sentimenti
Ci ho dovuto pensare un bel po’ prima di riuscire a trovare un
attributo che iniziasse con la H, non volendo lasciare questa
“casella” tristemente vuota, incredibile eh?!. E questo si potrebbe
prestare a diverse interpretazioni.
O il termine comincia davvero a cadere in disuso, oppure vivo
un’innegabile, decisa ed inconscia negazione della disabilità …
Sul significato di tale attributo, visto che ci siamo, e lasciando
l’interpretazione di cui sopra ai professionisti, viene solo da
sottolineare come l’uomo sia stato capace di trasformare un termine
che sottende una realtà in sé positiva (handicap come saprete deriva
dall’ippica, in quelle gare dove ai cavalli più forti viene data una
distanza più lunga da percorrere per arrivare al traguardo, per
mettere più o meno tutti allo stesso piano)… in una fortemente
connotata in modo negativo. Ma essendo opera del “senso
comune”… o in altre parole del sentire dell’”uomo medio” (sì…
quello chiamato “normale” solo perché più frequente in natura…),
è difficile, oltre che superfluo per i motivi linguistici di cui al secondo
punto della lettera A, controbatterne se non l’uso… almeno il
significato con cui viene utilizzato.
Ieri sera... ore 21,00 nella Sala Comunale della Biblioteca
di Lissone, si esibisce una compagnia teatrale un po'
particolare, nei "modi" e nei "contenuti"...
La tecnica è quella del "playback theatre", teatro di
improvvisazione su base di input che vengono dal cosiddetto
"pubblico".. che qui tanto pubblico non è... ed i contenuti,
evidenti dal titolo della serata ("Diversi da chi...?")... erano
incentrati sulla diversità e sulla disabilità.
Fra gli attori... una nostra cara... (stavo per dire "vecchia"
ma poi magari si offende) conoscenza... Cristina
Acquistapace… una delle persone down più “famose”
d’Italia… (per il fatto di essere stata la prima persona a 47
cromosomi entrata a pieno titolo in un ordine religioso) in
una delle attività che preferisce... e che vi posso garantire,
svolge con professionalità, dedizione e capacità al di sopra di
ogni possibile immaginazione, pensando alla difficoltà ed alle
competenze necessarie a questa forma di teatro di
improvvisazione...
La serata inizia con una "presentazione"... cercando di
riconoscere i vari "tipi" di pubblico presenti ed interessati ad
una serata come questa... Genitori, disabili, operatori sociali,
insegnanti, studenti, amministratori pubblici... c'è un po' di
tutto e tanti motivi per essere incuriositi da questa
"performance".
Una voce "facilita" il coinvolgimento del pubblico...
facendo domande, dando spiegazioni sullo svolgimento della
serata... introducendo la prima "attività": nella stanza sono
sparse un po' ovunque una serie di bellissime fotografie... in
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Come aquiloni… o quasi.
B&N... ci viene chiesto di guardarle tutte... sono decine e
decine... e di sceglierne una da portare al proprio posto, che ci
"dice" qualcosa sul nostro sentirsi o essersi sentiti qualche
volta "diversi"...
Tutti si alzano, girano per la stanza... si accalcano, si
urtano... è subito caos, un caos di quelli "belli" però... che
rompe l'imbarazzo e costringe la gente confrontarsi con se
stessi e con gli altri... io me ne torno al posto con una foto in
cui si vedono due persone che viaggiano sullo stesso
pulman... e che guardano fuori da due finestrini diversi... lo
stesso viaggio, lo stesso panorama... diverse solitudini... mi
colpisce.
La "voce" chiede se qualcuno vuole esprimere cosa vede
in quella immagine che ha scelto... 4-5 persone si alternano
descrivendo emozioni o episodi di vita... che poi vengono
"riproposti" attraverso una rappresentazione sintetica in
diverse forme (Tableaux, scultura dinamica... e non so che
altro...) dai 4 attori, che senza "mettersi d'accordo"...
improvvisano delle bellissime rappresentazioni dei sentimenti
raccontati dal pubblico, accompagnati da musica altrettanto
improvvisata e varia che un fantasioso esecutore esegue con
l'aiuto di strumenti (veri o "improvvisati" anch'essi) a corda ,
fiato o percussione. (per la gioia di Simone... seduto proprio
vicino a lui, che diventa "matto" per la musica, e si "fa
sentire".
Dopo un po' la cosa si fa un po' più "intensa"... viene
chiesto al pubblico se qualcuno ha voglia di "raccontare" una
storia di diversità: dopo un attimo di naturale imbarazzo si
presenta una ragazza, che, dopo essersi seduta al fianco della
scena, sulla sedia del "narratore"... racconta della sua difficoltà
di instaurare un rapporto con il nonno, a causa della diversità
totale di vedute... e come questo la faccia soffrire, visto
l'affetto che in ogni caso la lega a quella persona.
Alla fine della rappresentazione da parte degli attori (tutti
vestiti di nero)... che stavolta dura molto di più... ed è fatta di
mimica, parole, gesti... e ha... una "trama", che si snoda su di
un palcoscenico inesistente... perchè a livello del pubblico
ovviamente e con scenografie scarne ed essenziali (4 cubi di
legno, un po' di stoffe... ), il "messaggio" è arrivato chiaro al
pubblico, e talmente chiaro alla ragazza che l'aveva proposto,
che a stento trattiene le lacrime.
Dopo un inizio così... difficile che si ripresenti qualcuno
per il prossimo "episodio" penso... ed invece in rapida
successione, si presentano due ragazze disabili... che
raccontano della loro gioia di essere diverse con episodi
particolari... il rapporto d'amore con i cavalli, ed il rapporto
privilegiato con la mamma, in alcuni momenti specifici
(stendere i panni!). Sorprende che la seconda ragazza, un
OCM a 47 cromosomi... scelga fra gli attori per essere
impersonificata (veniva sempre chiesto a chi si sedeva su
quella sedia) proprio Cristina... proveniente dallo stesso
"pianeta”!
"C'è tempo ancora per un'ultima storia..." dice la voce
rivolta al pubblico... mentre gira in sala cercando uno sguardo
desideroso di raccontare... incrocia il mio, e quello di Simone
che da un po' di tempo tenevo in braccio.
Mi siedo sulla sedia del narratore... e racconto Simone, la
sua "diversità"... che si esprime principalmente attraverso la
sua voglia ed incapacità di "comunicare" attraverso i canali a
noi più famigliari... per farlo gli presto la mia voce... che beffa
eh?!
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
E racconto poi della mia diversità nei suoi confronti, o
almeno di quel solito aspetto che mi vede "sensibile" al
quadrato... a tutto ciò che riguarda gioie e dolori connessi alla
vita dei miei figli...
Simone "sceglie" con le mani... chi dovrà impersonificarlo
nella rappresentazione... sceglie due donne... saranno
bravissime.
Io sono "raccontato" dall'unico uomo del gruppo...
Cristina fa .. "la paura".
La rappresentazione dura più di dieci minuti credo...
molto intensa e toccante... decisamente "vera"... anche se per
forza di cose parziale. Simone non ne perde un secondo...
sembra quasi capire che si parla di lui.... le "due" Simone mi
"dicevano"... "vorrei dirti papà... ma non posso"... "vorrei
dirti grazie... ma non riesco"... e in quel momento... oltre a
due lacrime sulle mie guance... ho sentito tutto l'amore che
avevo nel cuore... amore dato e amore ricevuto...
Alla fine dirò .. "Simone ha comunicato questa sera...
anche grazie a voi...alle vostre parole ed alla vostra mimica...
forse ho imparato un metodo".
Ritorniamo al nostro posto fra gli applausi della sala... che
volutamente prolungo facendo "camminare" Simone fino al
suo posto... "Sì Simone .. questo applauso è per te... perchè
qui stasera eri tu il protagonista!".
Appena arrivati... Dario si avvicina a Simone, gli occhi
lucidi, lo abbraccia, lo bacia... e poi scoppia in un pianto
irrefrenabile, in un singhiozzare quasi disperato... la sala si
commuove.
Lo prendo... lo abbraccio stretto, lo accarezzo per lunghi
interminabili attimi... fino a quando si tranquillizza...
Ma alla "voce", nonostante dopo di me non avrebbe
dovuto esserci nessuno... non può sfuggire questa
"emozione"... e allora subito si avvicina a Dario e gli chiede
"Vuoi venire anche tu a raccontarci qualcosa?"
Dario dice subito di sì... gli occhi ancora rigati di lacrime...
ma vuole che la mamma lo accompagni... si siederà accanto a
lui, ma non dovrà mai intervenire durante il suo racconto... la
sua presenza è sufficiente ad infondergli sicurezza e coraggio.
E allora parla... e parla del suo sogno più grande... quello
di potere un giorno diventare cuoco, ed avere una famiglia
tutta sua e, se possibile (dice proprio così..."non so se sarà
possibile... perchè noi... " )... dei figli. Parla di amore... e parla
di amicizia...
E quando deve scegliere il suo "alter ego" sul palco...
incredibilmente anche lui sceglie Cristina... rispecchiandosi
più nel numero dei cromosomi che nel sesso.
La rappresentazione è bellissima, come tutte le altre...
Alla fine della serata, tutti se ne tornano a casa con la
sensazione di aver dato e ricevuto qualcosa... e questo è già un
piccolo miracolo...
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Simone:
L’acqua della piscina… è come neve al sole
Durante la scorsa settimana a Pinzolo, dove come al solito
quando ci si riesce la famiglia al gran completo ha seguito
Dario nella sua trasferta per i Giochi Nazionali Invernali
Special Olympics… è successo un episodio che mi ha fatto
riflettere.
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Le gare si svolgevano durante la mattinata… poi pranzo
presso gli impianti e premiazioni… infine tutti a valle, intorno
alle 15,30. Nell’albergo c’era una piccola ma invitante piscina,
con tanto di idromassaggio, sauna, bagno turco e chi più ne
ha più ne metta… come non pensare perciò di portare
Simone a rilassarsi ed anche a divertirsi in uno dei suoi
“ambienti” preferiti, l’acqua?
Ed ecco allora che ci “tuffiamo” insieme nell’insperata
piscina, dove tutti i presenti possono ben presto “apprezzare”
… il livello di divertimento, no che dico … di felicità allo
stato puro che Simone riceve da questa esperienza, grazie ai
suoi sorrisi e dalle sue “grida” di gioia, che non risparmia
durante questo momento per lui così “magico”.
Quando, dopo un’ora, usciamo dall’acqua, ci sediamo su
una sdraio al bordo della piscina.
In fianco a noi una giovane mamma con il suo bimbo di
pochi mesi, viene presto “accalappiata” da Simone, che
subito, come sempre fa con chi sta vicino a lui, cerca il
contatto fisico con lo sguardo e prendendole le mani per
fargliele battere…
I due si “parlano” a lungo in questo modo… fino a
quando alla sdraio arriva anche la sorellina di 6 anni, appena
uscita dall’acqua.
La mamma la invita subito con un sorriso a prendere le
mani di Simone, per fare amicizia … ma la bimba, con un
misto di timore e di imbarazzo che fortunatamente solo i
bambini non sanno nascondere, si ritrae subito, accucciandosi
sulla sdraio… con lo sguardo che lascia intravedere un
indubbio turbamento…
“Ecco” mi vien da pensare… “un altro esempio di
difficoltà che nascono dalla non conoscenza… ecco come
verrà trattato Simone da tutti, quando non ci sarà più chi lo
potrà e vorrà difendere, mediando la sua presenza
imbarazzante e scomoda ai più… per renderlo meno
sgradevole al contatto, alla vita di relazione…“
Sarà che anch’io sono un po’ come un bambino, e fatico a
“nascondere” le mie sensazioni… sarà che questa mamma
per forza di cose doveva essere un po’ speciale… sarà anche
per la sua recente maternità, che sempre accresce la
sensibilità… fatto sta che mediando il mio sguardo pieno di
struggimento con la tenerezza che lei sicuramente stava
provando nei confronti di Simone… uesta giovane mamma
non ha “desistito” come spesso capita in circostanze simili (e
come sarebbe naturale per “difendere” i propri bambini da
esperienze in ogni caso imbarazzanti e perciò dolorose) …
ma ha continuato, cercando di “spiegare” di “far parlare” la
bimba, di farle capire, raccontare … cosa la spingeva ad
allontanarsi da Simone …
Certo che per una persona disposta a superare imbarazzo
e disagio di una situazione comunque non “bella” … quante
altre si sarebbero tirate indietro con mille pretesti più o meno
validi?
Quando il giorno dopo, al momento del nostro ritorno a
casa ci siamo salutati … questa signora mi ha raccontato che
la bimba una volta tornata in camera le ha spiegato con
semplicità, ma con fatica, quasi piangendo …che “aveva
paura di fare male” a Simone … per quello non aveva voluto
prendergli le sue manine così evidentemente fragili e
“diverse”…
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
E in quello stesso momento una bellissima bambina
bionda si avvicina alla sedia a rotelle di Simone (ancora più
problematico se volete, perché seduto su quello che è lo
status-symbol della disabilità…) e lo saluta con un
tenerissimo bacio …
Solo grazie all’incontro di tre sensibilità …quella della
bimba, della mamma, ed anche della mia (che non ho saputovoluto nascondere i miei sentimenti di fronte all’episodio)…
un mattoncino di quel piccolo-grande muro di imbarazzo che
spesso ingiustificatamente esiste tra il disabile ed il “resto del
mondo”… è stato tolto.
Non scappiamo di fronte alle difficoltà, non chiudiamo il
nostro cuore... ma diamo la possibilità a chi sta “dall’altra
parte del muro”… di capire almeno attraverso i nostri
sentimenti… il bene ed il male che possono fare a noi ed ai
nostri figli con atteggiamenti sbagliati, … o anche solo
inopportuni
anche
se
perfettamente
naturali
e
comprensibili… e viviamo con empatia queste situazioni,
mettendoci al loro posto… e provando a pensare a come
avremmo reagito noi nella stessa circostanza…
probabilmente tanti problemi si scioglierebbero… come neve
al sole.
pronunciata, a tavola, mentre si cenava e immancabilmente si
creava con lei qualche "discussione" sull'opportunità, prima di
passare alla portata "successiva" ed evidentemente più
"gradita", di terminare quanto stazionava ormai da troppo
tempo nel piatto... in attesa di essere infilato in una bocca
troppo "onesta" per non ribadire dopo l'ennesimo
incoraggiamento in tal senso con un certo piglio di
rimprovero e con quella mimica da bimba arrabbiata ma
comprensiva che saprebbe sciogliere il più duro dei papà...:
"Beato Simone... che può mangiare ancora, anche se non finisce tutto
quello che ha nel piatto!"
Non ha detto "... E allora perchè lui può?!?" (perchè la
risposta a questa domanda sono convinto che la sa anche lei!)
o una delle sue possibili varianti da sana invidia e gelosia...
no... c'era qualcosa in più in come era costruita quella frase...
c'era la consapevolezza di una differenza tra lei e suo fratello,
una differenza profonda... che non era invidiabile in sè, e
quindi non poteva generare in lei rancore... ma che
sicuramente invece generava dei piccoli, per lei forse
incomprensibili, vantaggi... al limite del privilegio.
Inutile dire... che sul tema specifico, dopo una sana e
doverosa risata che ha "smorzato" un po' il clima di tensione
che stava montando... ho dovuto ammettere che non aveva
tutti i torti, anche se ovviamente... e giù a spiegare che lui ha
bisogno di mangiare per crescere etc etc... e che poi non è che
si potesse proprio invidiare il suo stato di "beatitudine"... ma
in fondo, ero convintissimo che lei in quel momento, con una
capacità di analisi al limite della crudeltà, non aveva fatto altro
che evidenziare una percezione che credo prima o poi tutti i
nostri figli "normali" provano e con la quale sono costretti in
qualche modo a misurarsi, guardando al comportamento
Marialetizia: La nona beatitudine.
Otto sono le meraviglie del mondo... e otto sono le
beatitudini evangeliche... quelle enunciate nel famoso
"Discorso della montagna"...
Ma dall'altro ieri... ne esiste una nona, di beatitudine...
almeno per "l'enfasi" con la quale Marialetizia l'ha
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
"differenziato" dei genitori nei confronti dei propri figli,
variabile a seconda sì delle necessità oggettive, ma anche, e
certo meno giustificatamente, solo in base allo "status" e all'
"efficienza" dei singoli.
Un piccolo doveroso richiamo... ad un comportamento
meno sperequativo... da parte di una bimba che sta crescendo
in fretta, ma credo e spero... nel modo... "giusto". Grazie
Marialetizia.
E Dario? Beh... lui sul mangiare, ha solo il problema
di...smettere!
Io ovviamente non ne facevo però solo un problema di
sana gelosia fraterna... ma di percezione della diversità, e della
capacità di rielaborazione che già a pochi anni i nostri figli
possono avere nei confronti dell'esperienza della disabilità,
pur essendone così emotivamente coinvolti. Credo che in
certe cose dovremmo proprio imparare dai bambini... non
nelle soluzioni (le loro capacità non sono ancora
sufficientemente sviluppate da permettere loro di elaborare
soluzioni "complesse"..), ma negli atteggiamenti interiori e
nella semplicità con cui è opportuno manifestarli... per
trovarle queste soluzioni... questo sì.
avere nè gli uni nè gli altri... però, a volte, mi capita di pensare con
rimpianto al mio prima e quindi di chiedermi se davvero oltre a questa
vita non ci fosse stato niente altro di meglio o di peggio, per me. Lo so che
questo non aggiunge alcun valore alla mia esistenza, anzi... ma davvero
a voi non capita mai di pensare a come sarebbe stato senza questi figli...
a come sarebbe stato se, anzichè prendere quella porta, ne aveste presa
un'altra? Davvero riuscite serenamente a sostenere e credere che questo
era il meglio che vi poteva capitare? Che questo vi ha resi migliori, che
siete felici di questa esperienza formativa, ecc.? Io spesso ci credo a tutto
questo, me lo dico che probabilmente ho avuto l'opportunità di essere
madre nel vero senso della parola, mi sento anche superiore di fronte a
certe miserie dell'animo umano... ma altre volte è difficile crederlo,
aggrapparsi a questa idea... mi sembra così consolatorio, una favola triste
cui dover per forza credere per non sprofondare oltre.
E, quando sono particolarmente scoraggiata, ci penso, ho qualche
rimpianto: so di sicuro, di non essere stata il meglio (anche se cerco di
esserlo) che poteva capitare a Francesca e non credo quindi, di esser stata
la sua miglior opportunità... ma lei, lo è stata la mia miglior
opportunità? Io non ero preparata a questa eventualità, io so che mi
sarebbe riuscito molto meglio essere la mamma di una bambina
normale... senza i dottori, gli specialisti, le terapie, i controlli, la paura
che tutto possa peggiorare... insomma, una mamma con meno patemi,
con meno dolore, con meno fatica, con meno seghe mentali...con meno
struggimento per questa figlia trovata dietro quella porta scorrevole, in
quel piano intermedio... dentro a quel ripostiglio nascosto e dimenticato.
Non sto parlando di scelte di avere un figlio, di genitorialità responsabile
e tutto il resto, non voglio neppure affrontare il discorso dell'accettazione
o della rassegnazione... vorrei solo parlare di noi, della nostra parte
egoistica, di quello che era il nostro il sogno, di ciò che avremmo voluto e
non di sogni impossibili: probabilmente mi sarebbe bastato un lavoro, un
compagno, una casa con il giardino e un paio di bambine a rincorrercisi
Il pensatoio:
Oltre a questa vita (porte scorrevoli)
Scrive Milena, mamma di Francesca, bimba down di dieci
anni:
C'è chi dice, nel caso, che sia meglio vivere di rimpianti, piuttosto che di
rimorsi ed io sono d'accordo, anche se, logicamente, sarebbe meglio non
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
dentro, una o due vacanze all'anno... e pure una cabriolet dentro al
garage!
Invece, no... quella volta ho preso un'altra porta e mi sono trovata su un
altro ascensore... cos'è che mi ha guidato quel giorno... cosa mi ha spinto
ad intraprendere quel difficile percorso?
sacrificano ferie e famiglia alla ricerca di sempre nuove e più
ambiziose "conquiste"... dispensandone poi a piene mani (e
lingua) i relativi resoconti a persone per nulla interessate... mai
soddisfatti e sempre inquieti, senza la capacità di godere dei
traguardi appena raggiunti...
Vedo adulti ormai intristiti dal sacrificio di anni di studio
ed applicazione spesi per trasformare in lavoro la giovanile
passione (anche mia) per la musica... quella stessa musica da
cui ora si sentono in qualche modo "traditi", perchè ad essa
hanno dovuto sacrificare tutta una serie di prospettive... senza
riceverne in cambio ciò che speravano, e ciò che l'entusiasmo
giovanile faceva loro sognare...
La disillusione, il disincanto, fanno parte del nostro
destino, del cammino "normale" di ogni persona che abbia
avuto dei sogni, e li abbia cullati per un po' di tempo nella sua
mente e nel suo cuore, con almeno un briciolo di segreta
speranza che un giorno questi sogni si sarebbero potuti
realizzare.
Ma qua non stiamo parlando di questo ovviamente,
almeno non solo... stiamo parlando di una realtà molto più
"violenta", per come è entrata nella nostra vita e per le
conseguenze che ha portato in essa... di una porta scorrevole
che si richiude alle nostre spalle non appena abbiamo varcato
la sua soglia... nel mio caso di più porte... una più stretta
dell'altra, con delle scale sempre più ripide da salire... (ma
già... non mi piaceva "salire" verso la cima delle montagne?).
I due punti che soli sono un passaggio “obbligato” della
nostra esistenza… l’inizio e la fine, la nascita e la morte...
quelli che stanno agli estremi della linea della nostra vita...
hanno un'infinità di percorsi in grado di congiungerli... ed in
ogni momento nuove porte si chiudono dietro di noi e nuove
Quando ho letto questo scritto di Milena… Beh... mi è
venuto da pensare: pensa se dietro quella porta scorrevole al
posto di un ascensore trovavi solo delle lunghe scale senza
fine!
La battuta serve a sdrammatizzare il probabilmente
serioso-palloso discorso che sto per scrivere (lo dico
"preventivamente", di getto, senza sapere in realtà ancora che
cosa scriverò)... perchè di sicuro sarà così!
Anch'io certo mi sono chiesto cosa sarebbe stata la mia
vita senza questi figli speciali, anch'io mi sarei "accontentato"
di non essere "migliore"... avevo tante ambizioni egoisticonarcisistiche che sono state irrimediabilmente frustrate
dall'evoluzione dei fatti reali... ma avevo anche tante
aspirazioni magari più "nobili" a cui anche ho dovuto
ugualmente rinunciare...
Lo dico spesso... non lo so come sarei adesso... forse non
mi interessa nemmeno saperlo... e quelle poche volte che mi
viene voglia di scoprirlo provo a immaginarmelo
guardandomi intorno alla ricerca di persone che sembrano
aver realizzato quelli che erano i miei sogni e le mie
aspirazioni di un tempo (ormai moooolto lontano!).
E ti posso assicurare che questo esercizio non è solamente
consolatorio... a volte è anche "istruttivo"... perchè (solo per
fare un esempio..) vedo magari giovani ultraquarantenni con
la mia stessa ancestrale passione per la montagna che
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
si aprono davanti a noi ad indicarci il cammino che ancora ci
resta da fare...
In questa miriade di possibilità, alla fine, uno ed uno
soltanto sarà il percorso... e questo percorso sarà fatto di
scelte, ma anche di casualità, di destino... e noi continueremo
a chiederci sempre di fronte alle cose belle o brutte che ci
capitano... "come sarebbe stato se...." perchè intuiamo nel
nostro intimo di aver perso ( o preso) l'occasione giusta, di
essere stati "vittime" nel bene o nel male di strane circostanze
per noi inspiegabili... e in definitiva... ci scopriamo giorno
dopo giorno "diversi" da come ci siamo sempre immaginati...
Non so se Francesca poteva avere una mamma migliore...
come non so se Milena poteva avere una figlia “migliore” di
lei... ma so, e lo ripeto a scapito di sembrare scemo ed
addirittura "cattivo"... che il senso delle cose sta solamente
nell'uso che ne facciamo, il senso degli avvenimenti sta
essenzialmente in come essi ci trasformano, per nostra scelta
o per inevitabile adattamento... e in come questi cambiamenti
diventino risorsa o disperazione, per noi e per gli altri... per
chi ci passa accanto in uno di quegli atri pieni di porte in cui
le nostre vite si incrociano, magari infilandosi dietro di noi
nella porta "sbagliata" (ma esiste una porta sbagliata?) ed
essendo costretto a condividere con noi parte del cammino...
nel bene e nel male...
In questo senso dico spesso... "e mi va bene così"...
perchè in questa semplice verità io trovo non la
"consolazione"... ma la vera "ragione" di una vita così
complicata ma sicuramente ricca, probabilmente utile... spero
felice, per me e per i miei cari.
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Come aquiloni… o quasi.
I come… Idiota mongolo:
forse non tutti sanno che il nostro caro Dr. L.Down così aveva
classificato la condizione morfometrica (da misure del cranio, del
palato e da fotografie) delle persone con sdd (eravamo ben lungi
dallo scoprirne le cause genetiche!). Eravamo a metà dell ‘800, e
credo quindi che gli potremmo perdonare questa “leggerezza”
linguistica … tuttavia fa un po’ specie pensare che quei termini che
tanto offendono i nostri ragazzi oggi… siano proprio stati coniati
da chi ne ha per la prima volta descritto la condizione (e che quindi
hanno un fondamento scientifico! ), e che sono rimasti nel
vocabolario scientifico oltre che nel linguaggio comune fino a quando
(meno di 50 anni fa!!!) venne proposta la dizione attualmente in
auge… “Sindrome di Down”. Ma anche se ogni tempo ha la sua
terminologia… sembra che alcune sensazioni attraversino i secoli
senza grandi mutamenti… se leggiamo le motivazioni che hanno
spinto il Dr.Down (che ne dite… ci sarebbe stata una serie
televisiva di successo?)… a dedicare la propria vita agli “idioti
mongoli” … e che lui stesso scrive di suo pugno parlando del perché
ha deciso di iscriversi alla facoltà di medicina prima e di concentrare
poi i propri sforzi di medico allo studio della sindrome:
“Incontrai una ragazza con una debole mentalità, rimasi così
colpito da lei che per lungo tempo mi perseguitò una domanda: nulla
si può fare per lei? Così decisi di diventare studente di medicina. Il
ricordo di quella ragazza mi si è ripresentato ed io ho voluto fare
qualcosa per la sua natura”
Che per un genitore un bimbo con sdd non sia il figlio Ideale è
quasi banale dirlo…anche perché con la I iniziano poi tutti gli
aggettivi che esprimono il suo non-essere … e quindi la negatività
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Come aquiloni… o quasi.
della sua condizione … ne cito solo qualcuno a titolo di esempio…
lasciando alla vostra fantasia la possibilità di sbizzarrirvi: Incapace, In-adatto, In-abile, In-decente, In-desiderabile, Inconscio… Im-perfetto (davanti alla “p” ci va sempre la “m”) e via
di questo passo. Ci sarebbe anche poi… Intelligente, ma questa
è un’altra storia… per tanti… In-credibile!
Altri tre aggettivi che iniziano con questa lettera assumono
significati specifici anche se tecnici per cui di difficile interpretazione
concreta… Integrati da integrazione, Inseriti da inserimento,
Inclusi da inclusione. Tutti questi termini però sottintendono in
maniera più o meno evidente che le persone down debbano essere
messe “dentro” qualcosa di già esistente, adattandovisi, senza poter
partecipare attivamente alla sua definizione, progettazione,
realizzazione. Meglio sarebbe con la stessa lettera… utilizzare un
piccolo avverbio tanto banale quanto difficile da mettere in pratica,
specie da parte di chi parte da posizioni di superiorità…
Insieme!
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Come aquiloni… o quasi.
Dario: Cose... "dell'altro mondo"!
Non credo potrò mai scrivere un brano più pieno di gioia
di quello che sto per scrivere ora... sull'onda di ciò che mi è
capitato sabato pomeriggio al ritorno dalla piscina, dove
avevo accompagnato Dario per gli allenamenti in vasca
olimpionica. E non credo di averne in passato mai scritto uno
simile... intriso di gioia "vera"... non da "beatoni", nonostante
il mio ottimismo, e la mia natura di sognatore... anche se pur
sempre coi piedi per terra. Ed è per questo che penso sia
giusto e bello condividere questo piccolo-grande episodio di
vita, che per me ha rappresentato una sorta di "rivelazione"...
Sabato pomeriggio: finita la stagione degli sport invernali
che vedevano Dario impegnato per tutta la penultima
giornata della settimana, si riprendono nel pomeriggio gli
allenamenti di nuoto in vasca olimpionica... in un paese a
venti minuti di macchina da casa... perchè a Monza una
piscina olimpionica purtroppo... non c'è!
Ma come a volte capita nella vita... le cose "brutte"
possono trasformarsi in occasioni... opportunità, e perciò
questa volta... complice l'assenza del compagno di viaggio di
Dario che normalmente si unisce a noi in questa circostanza...
il tragitto di ritorno mi riserverà... una bella sorpresa!
La piscina era clamorosamente vuota... impegni,
indisposizioni... chissà che altro avevano tenuto lontano
dall'allenamento la stragrande maggioranza degli atleti... e
perciò, non avendo con me nulla da leggere... decido di
impiegare la mia oretta di tempo in un modo che pur essendo
"gettonatissimo" dall' "uomo a quattroruote" tipo... è a me
quasi completamente estraneo!
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Come aquiloni… o quasi.
Ma l'assenza prolungata di pioggia, il colore blu oltremare
della macchina... ed il fatto che in due giorni consecutivi
entrambe le autovetture della famiglia abbiano manifestato
problemi di efficienza... mi convincono ad un rapido lavaggio
in uno di quei self-service a gettoni dove la stragrande
maggioranza della gente credo abbia un abbonamento
settimanale... almeno a giudicare dalle code assurde cui
usualmente si assiste al loro ingresso! Chissà che così magari...
le auto, sentendosi trattate un pochino meglio... non mi
lascino a piedi ancora come è capitato proprio il giorno
precedente a questo...
Ragionamento ovviamente stupido... ma quante volte le
nostre piccole scelte sono "solamente"... logiche? Credo quasi
mai!
E così il tempo vola... e quando mi ripresento davanti alla
piscina con una macchina decisamente originale come look,
per lo standard degli automezzi che mi appartengono... Dario
esce quasi subito... e naturalmente non si accorge della
metamorfosi del mezzo, rinforzandomi nella convinzione che
lavare le auto... è un'attività perfettamente inutile, oltre che
costosa in termini di soldi, tempo ed energie!
Si riparte verso casa... finalmente; sono in giro per piscine
dalle 8,30 di questa mattina e sono ormai le 16,30... visto che i
tre figli, appartenendo a tre "categorie" diverse (normodotati,
disabili agonisti e disabili in riabilitazione)... sono utenti
presso tre impianti diversi!!!
E non vedo perciò l'ora di rilassarmi un attimo.
Durante il tragitto mi fermo in una rivendita di vino
sfuso... assaggio il loro bianco delle Marche... ; è "fermo",
abbastanza secco... mi convince. E siccome è anche
abbastanza conveniente ne compro dieci litri. Durante questa
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
operazione, che mi prende qualche minuto, Dario rimane in
auto... ed è in questo momento che riaccende il cellulare e
legge gli sms che gli sono arrivati nel periodo in cui era
rimasto spento causa attività in acqua.
Quando ritorno in macchina con la faccia soddisfatta di
chi ha fatto una cosa "bella"... mi sorprende di notare che sul
suo volto sembra aleggiare una soddisfazione ancora più
grande della mia! Ma Dario non beve vino... non più di tanto
almeno! E la vera ragione di questa sua malcelata felicità non
tarda perciò a manifestarsi...
"Sai papà..."... mi dice infatti pochi secondi dopo che
siamo ripartiti... "... penso che sto facendo proprio una
con una signora con cui condivide a volte la fermata del bus
(nemmeno il tragitto!) questa un giorno le racconti di avere
perso il lavoro... (era governante in una villa)... e di essere in
seria dificoltà.
E lui che fa? A meno di un mese dalla sua possibile
assunzione nell'Hotel più lussuoso di Monza (cosa che spero
a breve di potervi confermare!)... prende, va dal suo datore di
lavoro... gli racconta la cosa e gli chiede se può fare il suo
nome a questa signora... (!!!)
Gli dicono sì... la signora telefona, non c'é la possibilità di
un posto in questo momento, ma il proprietario dell'Hotel
desidera conoscerla lo stesso (chissà se anche solo per la
particolarità della "raccomandazione")... venerdì si incontrano
per un colloquio... si parlano, si piacciono sembra... tanto che
si lasciano con un comunque prezioso ed insperato accordo
di chiamata per le sostituzioni (ferie e malattia)! Dario solo
oggi, dopo aver letto il "lieto fine" contenuto nel messaggio
appena ricevuto... a "cose fatte" quindi... mi racconta tutta la
storia e mi fa leggere i messaggi di affetto e gratitudine di
questa donna riconoscente... a lui... “povero” ragazzo down...
che ha sofferto empaticamente della sua situazione, se ne è
fatto carico per quanto era nelle sue possibilità, ha assunto
iniziative personali anche "rischiose"... mettendo in gioco in
prima persona se stesso e le sue "limitate" capacità... e così
facendo probabilmente le ha trovato un lavoro...e magari
cambiato la vita.
Cerco di trattenermi almeno un poco... ma sono
profondamente commosso...
Lo ammetto: questo supera... e di molto, ogni mia
possibile immaginazione e speranza. Rileggo con un poco di
orgoglio i messaggi di stima scritti al mio ragazzo, ma
bella cosa!"
E alla mia inevitabile e prevedibile risposta da papà
curioso... "Cosa?" (accompagnata credo dal pregiudizio di
chi ha la presunzione conoscendo il proprio figlio... di sapere
già più o meno il tipo di argomento dove andrà a parare...
visto che spesso i suoi argomenti di conversazione sono
abbastanza... diciamo... monotoni)...
Dario inizia a snocciolarmi una storia che ha
dell'incredibile, che perciò sulle prime mi pare abbastanza
improbabile... ma che mano a mano al racconto si
aggiungono particolari... assume al contrario una parvenza di
plausibilità, confermata infine dai testi degli sms che mi fa
leggere.
E così vengo a scoprire che Dario ha un mondo... un suo
mondo... (l' "altro mondo" del titolo) un mondo che io non
conosco e nemmeno immagino... di cui solo percepisco
l'esistenza. E in questo mondo nel quale il papà non esiste e
non ha alcuna influenza nè importanza... Dario conosce
gente, fa amicizie... e può anche capitare che confidandosi
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
soprattutto con l'intima gioia di questa scoperta, che davvero
per me assume i contorni di una meravigliosa rivelazione:
Dario è diventato "grande", è un uomo ormai... e questo
quasi a mia insaputa, e "nonostante" me.
E questa nuova ed inaspettata coscienza mi dona una
gioia profonda e sincera... per la grossa fortuna capitatami in
mezzo a tante sfortune... quella di avere un figlio dal cuore
buono... e, cosa non da poco in questo momento,... un figlio
con una vita "sua"... non solo nelle banalità, ma anche nelle
cose importanti... in scelte ed episodi che nonostante il mio
ottimismo sul tema mai avrei creduto possibili...
Un figlio che, come recita il titolo del libro di Pontiggia
"Nati due volte" anche se in un senso diverso, ma con ugual
significato... si sta apprestando a "lasciare il nido"... quasi un
secondo parto insomma!!!
Ed anche se questa gioia dovesse essere momentanea...
fugace... anzi... proprio per paura che rimandando il
racconto... magari passi, o si attenui... offuscata dalle mille pur
presenti difficoltà e negatività... l'ho raccontata subito
fermando su carta il mio vissuto ed i miei sentimenti, con la
semplicità con cui li sento vivi nell'anima. Spero possa donare
anche a voi un briciolo di quella felicità che ha donato a me.
dalla speranza... che i nostri ragazzi possono aspirare ad uno
dei livelli più alti di "autonomia" (uso il virgolettato non a
caso), che a mio parere è proprio quella capacità "personale"
di iniziativa (che è già un grande obiettivo in chi comunque
deve fare i conti con il ritardo mentale) che non si limita ad
agire su di sè (organizzarsi il tempo, lo spazio, le attività, i
desideri, i sentimenti)... ma che è capace grazie alla profondità
della coscienza pur semplice di sè... anche di generare
"relazione"... empatia, partecipazione intima e totale alla vita
di un'altra persona (che non sia... un famigliare! E in ambiente
non "protetto") con un livello di interazione che permette ad
entrambi di trarre giovamento dalla presenza dell'altro. E'
evidente infatti che oltre alla "beneficiaria" dell'iniziativa del
mio ragazzo... resa possibile solamente da un rapporto già
comunque non "a senso unico" come spesso invece sono i
rapporti del mondo "normo" con i nostri figli... anche Dario,
è indubbio... ci ha guadagnato (e molto!) in questo episodio,
in termini di conferme personali, autostima e autocoscienza,
amicizia e riconoscenza... etc.
Questa è la riflessione più importante credo... e cioè che
"insieme è possibile", senza pregiudizi, senza compassione...
ognuno con le proprie capacità ovvio... ma in un rapporto alla
pari, dal quale ognuno riesca a ricevere beneficio... dando
contemporaneamente il proprio contributo al benessere
dell'altro. Una piccola anticipazione di quella realtà che a volte
amiamo chiamare "cultura della non-diversità", che tanto
spesso ci pare così lontana dal realizzarsi nella quotidianità
della vita reale.
E sul piano poi... diciamo caratteriale-etico... per
riassumere il tutto in uno slogan, direi che c’è anche da
sottolineare il fatto che in questo episodio esiste comunque
E a mente fredda, qualche giorno dopo, quando c’è stata
anche la conferma che la signora “raccomandata” da Dario ha
già avuto una prima possibilità di lavorare per una settimana
per una sostituzione… tiro le fila di questo episodio che è
stato a mio parere “illuminante” e ha dimostrato una
prospettiva "possibile".
Per ciò che riguarda la sindrome l'aver "toccato con
mano", e non solo nell'intimità del proprio cuore sorretto
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
una spinta dettata da sentimenti "positivi"... "buoni", che
investono una sfera che poco ha a che fare con la sindrome,
ma che è aspirazione credo generica di ogni genitore che ha il
desiderio e la pretesa di "educare" i propri figli. Per questo
credo di essere "solamente" felice come genitore..., mentre
del primo punto... lo sono specificatamente... come "genitore
down".
alzarsi e terminare la sua ormai troppo frequentemente
disturbata notte (è un periodo in cui fa veramente fatica a
riposare adeguatamente :? ); Poi colazione, i piccoli giocano
(da quest'anno "conviviamo" nella nostra casetta in affitto
con un'altra famiglia con due bimbi (geneticamente
normodotati, ma comportamentalmente mica tanto ;-) ) di 4 e
3 anni, Dario fa qualche compito, Paola il bucato... io e
Simone scendiamo a piedi in paese a fare la spesa (Simone è
insofferente ad ogni attività "stanziale" ;-) ).
Entriamo nel piccolo supermercatino del paese: 800
anime in tutto, ormai tutti ci conoscono visto che facciamo
vacanze lì da 10 anni... e non si può fare niente che subito
tutto il paese non lo venga a sapere... e la voce "ritorni" al
mittente ;-)... con tanto di commenti e per certi versi
piacevole sorpresa, visto che raramente il "parlare" degli altri
è accompagnato da malizia ed assume quel fastidioso look da
sterile pettegolezzo sovrapposto a quella indifferenza di
fondo cui troppo spesso siamo abituati nella nostra
quotidianità di cittadini.
Ma in estate i turisti sono tanti... e la gestione famigliare
del supermercatino, unita alla naturale tranquillità di questo
popolo di montanari, fatica a soddisfare le esigenze di turisti
abituati a ritmi frenetici che le vacanze sempre troppo brevi
non riescono a stemperare assimilandoli a ritmi più "umani" e
naturali...
Perciò la coda al banco "servito" (pane, salumi, formaggi)
è veramente notevole... e la mancanza di semplici ed usuali
mezzi tecnologici che aiutano la gestione dell'aggressività
tipica dell’animale metropolitano (il biglietto della coda tanto
per intendersi) mi costringe a chiedere chi è l'ultimo della
Simone: Del filone e dell’ipocrita tolleranza…
Siamo tornati ormai da una settimana dalle vacanze estive,
ed il silenzio che prende piano piano il sopravvento
sull'iperattività vacanziera (grazie anche ai ritmi della
quotidianita lavorativa, che si impongono nello scandire il
passare delle ore nelle nostre giornate), aiuta a rivisitare il
periodo di serenità e riposo (della mente più che del corpo)
appena trascorso... riscoprendo episodi significativi che
meritano di essere raccontati e condivisi... eccone uno.
Siamo io e Simone, quindi niente sdd, ma la riflessione
che a mio parere ne scaturisce... ha in un certo qual modo una
valenza "universale" nel mondo della disabilità... perciò ve la
propongo.
Una tranquilla mattinata di sole, dopo aver passato i due
giorni precedenti in gita, dormendo in un rifugio a 2800m di
altezza con tutta la famiglia, per la prima volta dopo la nascita
di Marialetizia quasi 5 anni fa (già...sennò come facevamo a
portare tutto il "necessaire"? ).Ci si alza con calma (gli altri
ovviamente)... mentre il genitore di turno è "costretto" ad
interrompere il proprio e frammentario sonno notturno alle
prime luci dell'alba, per l'insistente desiderio di Simone di
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
coda... per evitare problemi di qualsiasi natura... di fare o
subire "torti" a chichessia...
Ma la spesa non prevede solamente merci al banco...
anche detersivi, sacchi della pattumiera, vino... insomma, un
bel po' di cose che mi costringerebbero a "perdere il turno" se
mi allontanassi anche per poco tempo dalla coda... in
esplorazione nelle sconosciute e troppo "piene" corsie del
piccolo supermercatino.
Ecco allora il lampo di genio: "lascio" Simone nel suo
passeggino... a "tenere il posto" dopo avergli naturalmente
detto i motivi del mio temporaneo e sicuramente breve
allontanamento, e mi precipito nelle corsi e sugli scaffali... in
frenetica caccia delle categorie merceologiche cui
appartengono i vari elementi puntigliosamente appuntati sulla
lista della spesa da Dario poco prima...
Il tutto non dura più di 3-4 minuti... il tempo appena
sufficiente forse per una persona in meno al banco... ma
l'operazione mi fa sicuramente guadagnare almeno tre posti,
di persone appena entrate e subito accodatesi in ordinato
disordine intorno al troppo lentamente servito banco.
Mentre mi avvicino... vedo con un certo terrore ed una
discreta apprensione la sagoma di Simone innaturalmente
"protesa" al di fuori del suo passeggino (spesso lo fa...
specialmente per cercare il contatto con le mani delle persone
più vicine)... questa volta abbarbicato con voluttuosa
morbosità sul "filone" di pane francese che emerge da un
sacchetto depositato in carrello alla sua "portata"... quando
arrivo è troppo tardi! Il filone è ormai composto da due ben
visibili settori: uno, il più basso, tradizionalmente colorato di
pane e di farina che solo a vederlo ricorda alle papille
gustative quella meravigliosa fragranza che da esso si
sprigiona al momento in cui viene spezzato... l'altro, quello
superiore, ormai privo del tipico colore bianco che deriva
dalla copertura di farina che rende il pane francese così
caratteristico e riconoscibile... e anche ad occhio con una
consistenza che sa di "molliccio" e ricorda il:
“panedellaserainunagiornataumidainPianuraPadana"
(disgustosamente umido e "tira_e_molla")... e Simone che
con la sua bocca troppo piccola non riuscendo a "mordere" il
croccante oggetto del desiderio... era da chissà quanto tempo
passato all'approccio... "morbido" e aveva "leccato"
accuratamente tutta la parte superiore di sicotanto ed
inaspettato ben di Dio!. Accelero il passo, cercando di
individuare tra i presenti... il proprietario del carrello
incriminato (che non c'era credo quando ho "abbandonato"
incautamente Simone per un compito non adatto a lui!)
vergognandomi un poco, anche se non tanto in effetti... in
quanto ripensando a quei momenti credo di essere arrivato
ansimante ma divertito a rimproverare bonariamente
Simone...
Dopo la ramanzina d'obbligo... comincio le indagini e
scopro che, non solo ed incredibilmente... nessuno rivendica
la proprietà del carrello stesso che è stato oggetto del
libidinoso appetito di Simone (seppi poi che la signora aveva
scelto la mia stessa strategia per la spesa e, non disponendo di
un figlio disabile in carrozzina impossibilitato a muoversi per
"occupare" il posto... aveva lasciato solo... il carrello!)... ma
soprattutto nessuno delle almeno 15 persone ferme ed
ammassate nello stretto spazio prospiciente il piccolo banco,
pur avendo assistito alla scena, si è sentito in dovere di
"interrompere" la losca attività del mio affamato e
probabilmente annoiato figlio.
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Vabbeh... sono abituato all'indifferenza... e perciò vado
oltre: tolgo il filone dal sacchetto e dico alla Signora che si
appresta con calma a servirmi (era nel frattempo arrivato il
mio turno) che naturalmente comprerò io quel filone e di
darmene un altro simile da inserire nel sacchetto dell'altra
ignara protagonista di questa imbarazzante vicenda.
E qui... il "capolavoro"! La signora mi dice senza mezzi
termini di lasciar perdere, che tanto l'ha solo leccato un po' e
che non c'è problema (!!!).
Ovviamente insisto ed ottengo che la malefatta venga
rimediata da copione secondo i miei intendimenti,... ma non
posso fare a meno ovviamente di notare che i presenti,
vedendo la disabilità di Simone, non solo non si sono sentiti
di intervenire per interrompere un gesto di evidente e un po'
disgustaosa maleducazione... ma anche di fronte alla mia
naturale disposizione a "rimediare"... hanno addirittura
tentato di giustificare la situazione (forse, col senno del poi,
più imbarazzati di me... che sono ormai da anni abituato a
rapportarmi quotidianamente con la saliva di Simone ed i
danni che può provocare...).
sua vita un integerrimo moralista e moralizzatore della natura
umana... si trasforma in una circostanza come questa in un
imbarazzato ipocrita, inopportuno ed innaturale "tollerante"...
contro ogni logica, contro ogni ragionevolezza.
Eppure i nostri figli avrebbero bisogno anche di questo...
coerenza dell'ambiente che li circonda, dei messaggi che
giungono o non giungono a fronte di loro comportamenti
inadeguati ed inopportuni...
Ancora una volta mi rendo conto che venire a contatto
con la disabilità... dovrebbe essere un esame "obbligatorio”
nell’Università della vita.
Spesso parliamo di sguardi indiscreti ed indagatori nei
confronti dei nostri figli... portatori di evidenti stigmate che
ne caratterizzano la condizione di disabilità, meno spesso
almeno per quanto mi riguarda, mi è capitato di incontrare
persone così ipocritamente imbarazzate dalla presenza di una
persona non inquadrabile sotto il profilo comportamentale
nei classici canoni del Bon-Ton da non comportarsi nel più
naturale e logico dei modi...
Ma come succede da sempre... la diversità spiazza, rompe
schemi e convinzioni... e chi è magari nella quotidianità della
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Marialetizia: montagne, fiori... e stambecchi
Da tanto tempo la piccola della famiglia, Marialetizia di 6
anni e mezzo (46xx)... mi chiedeva di andare ad arrampicare
in montagna... dopo aver provato "l'ebbrezza" della corda in
una piccola palestra d'arrampicata per bambini nel fondovalle
di dove siamo stati in vacanza la scorsa estate.
Beh ... il tempo manca sempre... e tra impegni (più dei figli
in realtà) e cose da fare ... siamo arrivati a domenica scorsa
quando, finite ormai le scuole, e prima che iniziasse le
"febbre" delle vacanze ... si è presentata finalmente
l'occasione di accontentarla, nonostante che io uscissi da una
settimana di mal di schiena abbastanza fastidioso e non
ancora scomparso del tutto. Ma se avessi lasciato perdere...
credo che non si sarebbe ripresentata un'altra occasione così
favorevole prima della fine dell'estate, ed allora si è deciso di
provarci. Per l'occasione, per il battesimo della roccia, ho
pensato di portare la mia piccolina su una vera e "storica"
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
montagna... la Grignetta, la stessa dove tanti anni fa io
muovevo i miei primi passi di alpinista in erba guidato da mio
padre... la stessa dove anche Dario ha compiuto la sua prima
ascensione "importante" (a 8 anni... vedi le foto qui sotto...
incredibile... mi accorgo adesso dalle foto, che Dario portava
gli scarponcini... che domenica ha messo Marialetizia, che
bello!), in una sorta di "continuità" che è consolante e che
concede al cuore l'illusione che in questa "storia" fugace che è
la nostra vita in questo mondo... c'è una logica, un filo
conduttore che lega fatti e persone, e che da' un senso ed una
"durevolezza" al nostro agitarsi vitale, più o meno scomposto,
più o meno guidato da istinto, ragione, sentimenti... o
dall'insieme inestricabile di tutte queste cose...
roccia? Una volta fatto i conti quindi con la sua attuale e
pedante indolenza, peraltro naturalmente presente sotto il
profilo puramente statistico in qualunque ragazzo della sua
età (e perciò vi devo confessare .... nemmeno tanto "sgradita"
da parte mia), la meta e la composizione della spedizione...
sono decise! Si salirà verso la cima della Grignetta, una
bellissima montagna di aspetto dolomitico alta all’incirca
2200m, attraverso una via non molto frequentata perché non
banale, il “Canalone Porta”, una aspro e scosceso canalone
roccioso la cui salita presenta diversi tratti di 1° e 2° grado di
difficoltà, e che con un dislivello di quasi 800m porta dai
Piani Resinelli fino alla cima della Grignetta stessa.
Domenica mattina perciò sveglia all'alba; questo era in
effetti uno dei motivi naturalmente per cui Dario non voleva
venire! con noi, mentre per Marialetizia lo stesso fatto,
rappresentando invece un sintomo della straordinarietà
dell'impresa che si stava accingendo ad affrontare, la riempiva
al contrario di entusiasmo ... e per il sottoscritto infine … era
normale quotidianità, visto che tutti i giorni la sveglia... (non
quell'elettrodomestico dalle più svariate forme, colori... e
suoni, che tradizionalmente servono a buttare giù dal letto di
cattivo umore già dal mattino presto il suo malcapitato
possessore, bensì quella molto più "precisa" e contro la quale
non puoi nemmeno "inveire", che "suona" tutte le mattine
addirittura nella stanza a fianco … senza riuscire a discernere
i giorni della settimana sul calendario... che di nome fa
Simone)... si attiva più o meno al solito orario!
Un’ora… poco più, di strada ci portano alla base della
nostra montagna… zaino in spalla… e via!
Dopo un breve avvicinamento… iniziano le prime
difficoltà, tiro fuori il breve spezzone di corda che ho portato
E cosa c'era allora di più semplice che proporre anche a
Dario di "rivivere" quei momenti, accompagnando me e sua
sorella, la sua amatissima sorella, nel suo "battesimo" sulla
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
con me… e lego la “matricola”, mentre Dario … da buon
“veterano”, decido che può tranquillamente “cavarsela” senza
alcuna assicurazione da parte del sottoscritto. Anzi… per dare
importanza al suo “ruolo” di fratello maggiore (scusate…
“fratellone”) e guida, gli chiedo di farci strada sulle ripide
placche del canalone… con risultati direi migliori di quanto
mostrato poco prima sul sentiero di avvicinamento (che lo
vedevano notevolmente… “svogliato”, niente di più subdolo
come “vendetta” verso il padre che lo aveva diciamo…
“convinto” a seguirlo in un’impresa non al top delle sue
preferenze per i programmi domenicali!); ma si sa… a volte le
responsabilità “schiacciano” .. ma spesso sono anche di
stimolo e attivano risorse insospettabili in chi le riceve
(specialmente appunto se il verbo di cui sono soggetto è
questo… “ricevere” e non il suo succedaneo dal significato
però profondamente diverso… “subire”).
Bella l’arrampicata, di cui vi allego qualche foto… bella la
decisione (e la voglia) di Marialetizia di continuare, quando a
metà dislivello circa (dopo quasi 3 ore di arrampicata), si
poteva scegliere se puntare alla cima o al… fondovalle,
usando un sentiero che si incrociava appena fuori dal
canalone, bella la soddisfazione dei figli (e mia!) di essere
insieme sulla cima di questa bella montagna, dopo aver
condiviso tante ore di “cammino” e di difficoltà. Bello poter
mandare dalla cima grazie alle moderne diavolerie
comunicative… sms a chi ci pensava con apprensione… a
livello del mare. Bello vedere e sentire Dario che dava consigli
a sua sorella su dove passare, come mettere mani e piedi…
ma bello anche vedere Marialetizia “incoraggiare” Dario
nell’unico punto un po’ più difficile, dove ho dovuto legarlo
perché si è un po’… “bloccato”, salvo poi scoprire che la
soluzione per superare quel difficile passaggio era semplice…
bastava ascoltare papà …
Bello vedere le facce sorprese e sorridenti delle poche
persone che ci hanno incrociato o superato… che venivano
prima “attirate” dalla straordinarietà della presenza di una
bimba di sei anni in quei luoghi inospitali… salvo poi…
stupirsi ulteriormente notando i tratti ”orientaleggianti” di
quel ragazzone che la accompagnava, e sciogliersi in
complimenti ad entrambi che ovviamente inorgoglivano il
loro papà… mentre questi, facendo finta di nulla, come se
simili momenti facessero parte della loro normale quotidianità
… recuperava la corda, al cui capo estremo saliva veloce e
sicura come uno stambecco, senza paura ma con prudenza …
la sua piccola e provetta alpinista!
Bello condividere i pochi viveri portati per non appesantire la
mia schiena… razionando a piccoli ma sufficienti bocconi le
due focaccine con la coppa, il salame ed il formaggio… e
bevendo acqua, aranciata… e un buon bicchier di vino, unico
sostentamento nelle dieci ore in cui siamo stati impegnati.
Bello vedere fratello e sorella riposarsi (anche se per non più
di cinque minuti, abbracciati affettuosamente alla fine delle
loro fatiche.
Bello scoprire, riscoprire anzi, grazie anche all’andatura
non troppo da “sky runner” della nostra cordata che la
bellezza della montagna è fatta anche degli animali che la
abitano, o che ne costituiscono lo “scheletro” come fossili
nelle sue rocce... e dei fiori che ne rivestono le pendici…
diversi, più o meno belli e rari (pensate… addirittura una
stella alpina abbiamo visto dopo anni che non mi capitava…
forse andavo troppo di corsa?) … ma che solo grazie alla loro
presenza contemporanea rendono stupendi e colorati i prati e
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
necessariamente più bell ... più sono "preziosi" e "protetti", e
nessuno osa pensare che non siano "normali").
Meno bella la discesa sulla via normale… un lungo,
malagevole e faticoso sentiero tutto terra e sassi mobili … che
ha messo a dura prova il fisico dei figli … e la pazienza del
papà, facendoci poi tornare a casa oltre il tempo stabilito, con
conseguente, inevitabile e sicuramente almeno in parte giusta
arrabbiatura della mamma (solo con me ovviamente... verso i
figli era orgoglio puro), per l’orario di rientro (le nove di sera)
e per la “esagerazione” del sottoscritto nel voler fare una cosa
forse… fuori portata… dimenticandomi oltretutto, di portare
nello zaino… una qualsiasi crema solare protettiva.
Ma bellissimi sono stati soprattutto l’entusiasmo e l’affetto
che mi hanno donato i miei figli in questa giornata… bello il
loro orgoglio nel sentirsi “importanti” anche grazie all’idea e
all’incoraggiamento dell’esperto papà (almeno in questo…)
…Bello per me pensare che un giorno quando parlando ai
loro amici delle loro prime esperienze in montagna, alle quali
forse allora potranno guardare con simpatia e “sufficienza”…
diranno come io ho detto oggi all’inizio di questo mio
brano…"il primo uomo che mi ha portato in montagna a
scalare è stato il mio papà" … e magari lo diranno con affetto
e nostalgia…
E a due giorni di distanza dalla nostra memorabile gita…
l’unico che si sta spellando la fronte … e con un po’ di mal di
gambe… indovinate chi è?!?
le rocce (e vai di metafora!: pensate... un fiore o un animale...
più sono "rari", diversi in un certo senso, anche se non
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Come aquiloni… o quasi.
Il Pensatoio: La cascata.
Ho voluto andare a salutarla… la cascata. Già… perché
nella baraonda di ricordi che si sono accumulati in tanti anni
passati tra queste montagne… lei ha avuto un ruolo
particolare per me… direi quasi simbolico… capace di
riassumere nel suo perenne, immutabile ed al tempo stesso
sempre diverso moto, la coscienza di un’anima… la mia, e la
contrapposizione tra ciò che si desidererebbe che succeda... e
ciò che, invece, succede.
E’ stato ieri… un giorno... un po' diverso dal solito... di
saluti e di svuotamento armadi da vestiti ma soprattutto
ricordi… dopo tredici anni passati in quella bellissima casetta
in montagna con la quale al primo incontro era stato subito…
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Come aquiloni… o quasi.
amore a prima vista!. L’amore non è venuto meno… ma la
convivenza sì, proprio ieri, al termine dell’ennesimo periodo
di affitto… per tanti motivi che ora non è importante
raccontare.
Tredici anni trascorsi in un luogo, seppure
saltuariamente... Fanno sì che tu un poco faccia parte della
sua "storia"... quella che i muri di quella casa ricorderanno,
insieme alle altre persone che tra di essi vi erano state accolte:
fino a dieci in una stanza … qualche anno fa, quando l’unico
locale di allora (oggi ci sono tre stanze due bagni, una cucina
ed un soggiorno!) faceva da soggiorno, camera da letto,
cucina… mentre gli spazi più ampi, al piano di sotto e di
sopra, venivano riservati rispettivamente agli ospiti più
importanti per la sopravvivenza di quel nucleo famigliare in
un luogo comunque inospitale, ed al fieno per il loro
sostentamento durante il freddo e lungo inverno … la piccola
mandria di mucche che da sola era capace di dare a tutti
nutrimento e calore… insieme con la speranza di un futuro,
alla numerosa famiglia la quale poco più di cinquanta anni fa
abitava in quella casetta che insieme ad altre tre costruzioni
costituiva la piccola frazione di Rickurt, affacciandosi sulla
caratteristica piazzetta chiusa verso nord da una bellissima
cappellina.
In questa frazione dove quando abbiamo iniziato ad
affittare… vivevano non più di venti persone... Ne ho viste
morire sei, anche giovani a volte... E nascere altrettante...
quasi a sottolineare che la vita continua… oltre ed anche
attraverso la morte, e che per ogni vita che si spegne, un’altra
… nello stesso istante e nello stesso luogo o magari anche in
un luogo lontano da qui ma in qualche modo ad esso
misteriosamente collegato… inizia, ereditando magari dal
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
vecchietto novantenne che ha dedicato la sua vita ai suoi
animali ed ai suoi figli… il significato di un nome forse fin
troppo esplicito… Felice Fortunato. Ho visto gente in
armonia litigare per un'eredità, giungendo a fare carte false
per escludere i propri fratelli dall’asse ereditario del papà... E
gente invece che non si parlava da anni (letteralmente! Nel
senso che proprio non si rivolgeva la parola!) per problemi di
confini di proprietà... aiutarsi come se niente fosse durante
l'alluvione del 2000... quanto fanno pensare questi due episodi
… bene che genera male… male che genera bene, chissà…
forse non è un caso…
Ho visto persone economicamente messe a terra da
malattie capaci di uccidere tutto il bestiame della stalla (un
capo "naturalmente"... gli altri "abbattuti" dai veterinari)...
non per causa di incuria o imperizia nell’allevamento… ma
per il morso di un cinghiale infetto… accettare l’ineluttabilità
degli eventi e della sfortuna senza recriminare ma con
un’operosità dovuta ed al tempo stesso saggia… ma
soprattutto persone piene di dignità vivere la propria vita
quotidiana e quindi anche le sue inevitabili tragedie con la
semplicità che è data solo alla gente di montagna...
Siamo stati trattati come "gente di qua"... ma "fino a un
certo punto"... fino a quel sottile ma netto limite stabilito
comunque tra la gente che appartiene a questi luoghi, da
sempre.... e gli "altri" .
Ho amato e amo questo luogo, che mi piace per la
bellezza della natura aspra e ancora un po’ selvaggia non
appena ci si allontana dai luoghi più frequentati … che si
riflette nei suoi abitanti, e nutrendoli ne assorbe il carattere,
rinforzandosi… e che mette a nudo anche in me questo
evidente lato del mio animo, un po’ orso e solitario … amo
tuttavia questi luoghi anche perché mi hanno visto trascorrere
tante belle vacanze in amicizia...
E hanno anche assistito tra le altre cose alla mia
"parabola" di alpinista... Dalle “grandi” imprese (si fa per dire!
Salite però di un certo livello su quasi tutte le cime dei
dintorni, prime tra tutte naturalmente … le numerose vette
oltre i 4000 m che formano la catena del M.te Rosa), alle
imprese meno impegnative ma pur sempre “importanti” per
la natura dei partecipanti insieme a Dario, comunque ricche di
soddisfazioni (come la salita sul Castore e sul Breithorn... che
tanta “celebrità” gli hanno dato… e che ora, età di doverosa
indolenza e di interessi diversi… non si sognerebbe di
ripetere nemmeno … a calci nel sedere!) … Alle passeggiate
sempre meno lunghe ed impegnative con un fardello che
anno dopo anno …. Giorno dopo giorno diventava sempre
più pesante ed intrasportabile sulle spalle …di nome
Simone... (che faceva da “contrappeso” e “contrappasso” ad
una pancia gradualmente ma inesorabilmente sempre più
pesante, la mia! O forse … era il contrario?), fino a quando,
circa due anni fa… ho dovuto rinunciare al piacere ed alla
fatica di caricarmi sulle spalle il mio raghino, sempre felice di
essere trasportato in posti così belli in groppa a papà… per
sopravvenuti limiti di lunghezza, peso, età… Alle gite infine
per ora solo "sognate" e pianificate in cima al Monte Rosa
insieme alla mia piccola... Che su queste montagne... ci è
nata... E che comunque come da suo desiderio tenteremo di
realizzare negli anni a venire... Quando sarà il giusto
momento per lei (e per me!)quindi né troppo presto, né
troppo tardi.
Ma queste montagne hanno conosciuto in me anche
un'anima inquieta... innamorata della vita e perciò anche delle
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Come aquiloni… o quasi.
gioie e tormenti che essa comunque racchiude... E perciò
hanno visto felicità , dolore, leggerezza e pesantezza... In
un'alternanza in cui l'unico legame... O "legante"... Era
l’intima speranza di poter conoscere un giorno finalmente il
"senso" del proprio destino... Forse irraggiungibile, ma non
per questo meno vero. Oggi lascio questo posto... Non tutto
ciò che esso significa per me...
Lui continuerà ad esistere… nonostante la mia assenza…
compresa la cascata. Già… perché della cascata vi dovevo
parlare…. Di quel “cadere di acqua” … dall’esplicito idioma
anglosassone “waterfall” … il cui fascino e la cui capacità di
ammaliare
l’osservatore
quasi
ipnotizzandolo
e
costringendolo a non distogliere lo sguardo… è eguagliato
solamente dalle fantasiose e repentine traiettorie disegnate
nell’aria dalle fiamme di un fuoco che arde… acqua che cade,
fredda… fuoco che sale e brucia… due opposti, che come
spesso succede… si “annullano” a vicenda (il fuoco fa
evaporare l'acqua... ma l'acqua può spegnere il primo) … ma
che in fondo, pur così diversi, hanno effetti in tutto e per
tutto simili in chi li osserva.
Saranno cinquanta metri in tutto… il dislivello che il
torrente che scende dal vallone di San Grato .. a volte
impetuoso, a volte quasi inesistente a seconda delle stagioni e
della loro piovosità, compie con tre ripidi salti successivi…
quando ormai prossimo all’abitato si tuffa in una piccola ma
profonda conca naturale, scavata pazientemente nei millenni
che hanno seguito il ritiro dei ghiacciai, nella quale l’ingegno e
la necessità dell’uomo hanno saputo individuare prima e
realizzare poi … la possibilità di portare acqua potabile
attraverso un piccolo acquedotto ai mille abitanti del paese
sottostante.
A queste quote… circa 1000 metri s.l.m., nonostante
l’esposizione a Nord, la cascata ghiaccia raramente in modo
completo e totale… e anche d’inverno perciò avvicinandosi è
possibile scorgere sotto ad un primo pur spesso strato di
ghiaccio, rivoli d’acqua che colano verso il basso… resi
evidenti dalle bolle d’aria in essi imprigionati … e sentirne il
rumore, a volte quasi un fragore… altre volte solo un leggero
gorgoglio… in funzione del volume di acqua ancora “libera”
di scorrere… come sarebbe nella sua natura… cercando la via
migliore, a volte la più breve, ma non necessariamente… per
giungere fino al mare.
Mi è sempre piaciuta la determinazione e la semplicità
della goccia d’acqua che cade in cima ai monti… diventa
ruscello, torrente, fiume … con l’unico scopo di fondersi
nell’immensità dell’oceano. L’ho sempre ritenuta un simbolo
della naturalezza dell’Amore… un’immagine che è descritta in
maniera stupenda in una canzone di Giorgio Gaber:
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Quando saro' capace d'amare
mi piacerebbe un amore
che non avesse alcun appuntamento
col dovere
un amore senza sensi di colpa
senza alcun rimorso
egoista e naturale come un fiume
che fa il suo corso.
Senza cattive o buone azioni
senza altre strane deviazioni
che se anche il fiume le potesse avere
andrebbe sempre al mare.
Cosi' vorrei amare.
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Come aquiloni… o quasi.
Per diversi anni ho perciò inevitabilmente e
“naturalmente” coltivato il sogno di salire su quella cascata,
(sconosciuta ai moderni cultori di questo “genere” perché
“defilata”… e difficilmente appunto in condizione di essere
“salita”, oltre che comunque non “estrema”)…
arrampicandomi con ramponi e piccozze lungo i suoi tre
arditi salti… e spesso durante l’inverno andavo perciò a
vederla… per controllare lo stato e lo spessore del ghiaccio, e
valutare la possibilità di rendere concreto il mio sogno, un
sogno che se ci penso... mi appartiene da sempre. Ho
desiderato risalire la sua corrente nel verso che porta alla
Sorgente … con la stessa naturalezza con la quale lei…
cercava nel medesimo istante la via verso il mare…
C’è stato un momento in cui le condizioni erano quasi
ideali… me lo ricordo ancora bene… erano i primi giorni di
gennaio del 2006… un inverno molto freddo, che mi ha
portato molto vicino alla realizzazione del mio sogno…
molto, molto vicino… ma non abbastanza.
Conservo le foto della cascata in quei giorni… della quale
avevo anche catturato con il telefonino il suono provocato
dall’acqua residua ancora in movimento…
L’ultima settimana di quel gennaio è stata quella in cui la
cascata si poteva salire… quella in cui il sogno sembrava
potersi realizzare… ma io non abitavo in quei luoghi. Ero
altrove…
Ora, dopo tredici anni, mi rendo conto di lasciare su quei
monti … un poco anche simbolo di una vita incompleta…
un sogno irrealizzato, un sogno banale direte voi… se
paragonato ad altri, ma io vi dico che nessun sogno vero lo
è…
213
Come aquiloni… o quasi.
Lo lascio non per l’impossibilità reale di realizzarlo … ma
per mancanza dell’occasione …ideale… e per non essere
stato nel posto giusto al momento giusto…
Ma lasciare per me non vuol dire “abbandonare” … i
sogni non si abbandonano mai… restano sempre dentro di
noi… magari irrealizzabili, anche se non per questo meno
veri e meritevoli di dignità, ma sostenuti da una speranza
spesso irragionevole ed anche per questo motivo
meravigliosamente inevitabile ….
Così...vorrei sognare! …
Con l'operosa speranza contraria ad ogni logica... che “il”
sogno … un giorno finalmente si possa realizzare.
Con questo pensiero mi avvicino alla cascata… lungo il
sentiero che porta alla sua base… per un “saluto”… un
arrivederci nel mio intento di uomo “testardo”… ma è tarda
primavera, una calda primavera che segue un inverno
particolarmente ricco di precipitazioni nevose... e
l'avvallamento che mi divide dal suo affascinante fragore…
insignificante rigagnolo in estate avanzata, sottile lastra di
ghiaccio in inverno… oggi è torrente impetuoso che percorre
il suo naturale cammino verso il mare, un cammino nel quale
non è previsto che alcuno gli si opponga risalendo lungo la
sua corrente…
E non mi lascia passare …
214
Come aquiloni… o quasi.
L come Lavoratori:
Come aquiloni… o quasi.
Longevi infatti… nonostante la speranza di vita si sia alzata
Certo… Lavoratori non è un aggettivo…, ma meglio del suo
corrispondente attributo che potrebbe essere Laboriosi, esprime la
realtà e la sfida dei ragazzi down giovani oggi e adulti domani… e
cioè la possibilità di svolgere con profitto un lavoro, adeguato alle
loro possibilità e capacità in termini di difficoltà e di durata, ma
non per questo meno dignitoso. Ad oggi sembra che solo il 10%
delle persone con sdd adulte abbiano una occupazione lavorativa,
comprendendo in questa percentuale anche l’impiego in cooperative
protette. Ma i tempi sono maturi per una piccola rivoluzione in
questo campo, perché oltre la logica del profitto immediato, datori di
lavoro lungimiranti riescono a volte ad apprezzare oltre alle
usuali capacità del lavoratore… anche delle doti difficilmente
riscontrabili in altri lavoratori. L’entusiamo, l’onestà, la capacità
da fungere da fulcro per costruire quello spirito di gruppo tanto
importante per il raggiungimento di obiettivi e risultati sfidanti al
giorno d’oggi… e per dare corpo a parole altrimenti solo abusate a
scopo strumentale nel loro significato più vero quali “Responsabilità
Sociale d’Impresa”. Chi tra queste persone ha la fortuna-merito di
lavorare, sa essere felice come nessun lavoratore “medio” è… a
riprova della veridicità di quella famosa massima ormai da tanti di
noi dimenticata… che afferma che “Il lavoro nobilita l’Uomo” …
Già… con la U maiuscola!
Lenti… indubbiamente … ma non per questo meno meritevoli
… nel raggiungere gli obbiettivi che normalmente le persone
raggiungono (in tutto, nel gattonare, camminare, parlare, leggere,
scrivere… tranne che … nel morire)…
215
tantissimo negli ultimi decenni per loro … non lo sono ancora come
la media dell’umanità… ma questo credo sia un problema
insormontabile…, almeno per ora…
216
Come aquiloni… o quasi.
Dario: La chiave... della felicità?!?
La chiave della felicità?!? Ieri era una giornata tanto attesa
… perché era teoricamente per Dario il primo giorno del suo
contratto lavorativo a tempo determinato… un anno,
secondo gli accordi presi con il proprietario dell’Hotel, dopo
tanta fatica da parte di tutti i personaggi coinvolti (Dario in
primis, il suo potenziale datore di lavoro, il Servizio di
Inserimento Lavorativo del Comune… noi genitori)… ma
non è andata così, ed ora vi spiegherò perché…
Come tutti i lunedì da ormai quasi un anno a questa
parte… Dario si è presentato al lavoro, puntuale… ha
salutato quelle che chiama “le sue donne” (il personale
rigorosamente femminile incaricato del riordino delle camere
e della lavanderia)… e si è recato negli spogliatoi, per mettersi
la divisa da cuoco (giacca, cappello, pantaloni, grembiule,
zoccoli e torcione (un triangolo di cotone bianco dagli usi
immaginari più svariati e misteriosi a noi profani), dopodiché
si è presentato in cucina allo chef Roberto, il suo
Responsabile. Ad un certo punto della mattinata è stato
chiamato insieme a lui in Direzione dell’Hotel, dove si
aspettava di firmare il contratto previsto, discusso e ormai
dato per “scontato” (cosa che non ho ancora imparato a non
fare!!!), e dove invece gli è stata fatta firmare una carta con dei
contenuti decisamente diversi! Ha poi continuato a lavorare
fino alla fine dell’orario della giornata… e poi, dopo essere
ripassato dagli spogliatoi, è tornato a casa.
Quando nel primo pomeriggio l’ho sentito al telefono,
ansioso di liberarmi dalla tensione di una mattinata priva di
notizie… non sono proprio riuscito a capacitarmi di ciò che
217
Come aquiloni… o quasi.
mi raccontava… e al suo sintetico racconto di ciò che era
avvenuto in quella stanza non ho saputo far altro che
contrapporre frasi sterili del tipo…”Ma vedrai che ti sbagli
Dario!”… “Non è possibile che sia andata come dici tu…
eravamo d’accordo!”… “ Ne sei proprio sicuro???”… E così
via…
Solo una volta giunto a casa intorno alle sette e un
quarto… ed avere atteso per una buona mezz’ora il ritorno di
Dario dalla piscina, non senza aver prima esaminato con
attenzione quel foglio di carta che gli era stato consegnato in
mattinata, leggendolo e rileggendolo più volte alla vana
ricerca di qualcosa che potesse finalmente dimostrare che ciò
che lui mi aveva anticipato al telefono non corrispondeva a
realtà… ho incontrato i suoi occhi, brillanti come sempre…
anzi, un po’ di più a causa delle lacrime che li inumidivano. E
mentre abbracciava commosso prima la mamma e poi me…
ci mostrava una chiave… una delle tante che porta appese al
collo assieme al cellulare… una nuova… con un nastro verde
fluorescente… la chiave di un armadietto degli spogliatoi…
che da oggi rimarrà lì, insieme ad altri simboli importanti (le
chiavi di casa)… a ricordargli per sempre quelle due parole su
quel foglio di carta che non lasciavano adito a nessun tipo di
dubbio, e che nemmeno io potevo più negare dopo averle
lette.
E mentre a mia volta lo abbracciavo forte forte gli dicevo:
“Avevi ragione tu Dario… avevi ragione tu!
Mannaggia!!!” … e preso in mano quel foglio che ieri gli
ha cambiato la vita… l’ho letto insieme a lui…
218
Come aquiloni… o quasi.
Un mese dopo … potevo scrivere:
“Qui comincia l'avventura... del signor…”
Chi di voi si ricorda della famosa “striscia” a fumetti che
per decenni è comparsa sul..”corriere dei Piccoli”, allegato al
più blasonato “corriere della Sera” prima, e venduto come
rivista a sé poi?
E tutte iniziavano immancabilmente con il versetto... “Qui
comincia l’avventura del signor Bonaventura…”
Come dice la più utilizzata e moderna enciclopedia online:
Il Signor Bonaventura, casacca e cappello rossi, pantaloni bianchi e
inseparabile bassotto giallo al seguito, è stato a partire dal 1917 il
protagonista di migliaia di storie dal meccanismo narrativo semplice e
geniale, che attraverso innumerevoli variazioni funziona come un
congegno a orologeria: qualsiasi cosa faccia (o non faccia), Bonaventura si
trova a dover affrontare una situazione difficile che però,
inaspettatamente e casualmente, grazie lui, si risolve sempre a favore di
qualcuno. Per questo suo benefico ancorché involontario intervento,
Bonaventura viene premiato con un umoristico simbolo di smisuratezza:
il milione.
219
Come aquiloni… o quasi.
Bonaventura è portatore quindi di una carica positiva che attrae
magneticamente i colpi della fortuna: una carica fatta soprattutto di
un’innata gentilezza, o meglio, di una totale assenza di aggressività. Il
tema centrale di Bonaventura non è però la fortuna o il guadagno.
All'inizio di ogni storia, Bonaventura non è ricco: non si sa se e come
abbia perduto il milione guadagnato nell'avventura precedente ma questo
non ha importanza perché il milione è un milione per finta, un milione
di carta dipinta, una ricompensa simbolica, un gesto di apprezzamento e
di gratitudine che gli viene fatto da chi ha beneficiato della buona sorte.
Di fronte alle aggressioni della vita, Bonaventura si rivela imprendibile e
atemporale scivolando via grazie ai suoi strumenti di difesa: l’ironia e
l’eleganza. Bonaventura si diverte insomma a mescolare le carte
invitandoci a non prendersi troppo sul serio.
E come non ricordarsi istantaneamente di questo signore
un po’ ingenuo e semplice, ma al tempo stesso buono,
educato e portatore di valori positivi quasi fosse una sua
caratteristica “innata”…, quando tornando a casa ieri sera
dopo il lavoro, mi sono trovato davanti il mio ragazzo… con
in mano un bell’assegno bancario la cui cifra espressa in Euro
e rivalutata al suo potere di acquisto attuale certo non era il
“milione” di Bonaventura degli anni venti… ma rappresenta
comunque un meraviglioso lieto fine “mensile” per una
“striscia” che nonostante qualche difficoltà e disavventura (o
forse, come per il protagonista del famoso fumetto… proprio
“grazie” ad esse…) si è felicemente conclusa con l’assunzione
di Dario?
No scusate… perché “conclusa”?… E’ molto più giusto
ed appropriato dire in questo caso…
“Qui comincia l’avventura……..”
220
Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
E proprio perché questa avventura di umanità se la è
giocata passo dopo passo Dario, con tenacia e
determinazione… mi è sembrato giusto chiedere a lui di
scrivere le sue sensazioni in merito. Eccole:
Ho una straordinaria notizia da raccontare a tutti voi: ho saputo
venerdì in una riunione al mio posto di lavoro con i miei proprietari che
mi hanno assunto e sono la prima persona down che è riuscita ad avere
un lavoro a Monza, all’Hotel de la Ville. Per me è speciale aver trovato
un posto di lavoro che speravo ed era il mio sogno. Infatti quando si è
realizzato di questa notizia sono rimasto molto emozionato perché è un
traguardo
che
ci
tenevo
moltissimo.
Ma ci sono state anche delle difficoltà che ho avuto e quindi ad un certo
punto del tirocinio si pensava che non riuscivo, ma poi con l’aiuto dei
miei genitori che mi vogliono bene, dei proprietari, dell’assistente sociale e
anche dallo chef … mi hanno fatto assumere. Le mie emozioni e
sentimenti sono molto profondi perché l’impegno che metto mi ha aiutato
tantissimo e ho imparato, mi sono migliorato di molto e ora che mi scade
il contratto di borsa lavoro pagato dal Comune hanno deciso di
assumermi. Per me lavorare in questo albergo è qualcosa di speciale, mi
dà tanta gioia e sono felicissimo.
Stare a lavorare là è una emozione indimenticabile per me, è un sogno.
Con i miei pregi e difetti sono stato accettato e il modo della loro
accoglienza mi ha aiutato tantissimo ad imparare e quest’anno mi sono
migliorato. Il lavoro è la cosa più bella che c’è e vi auguro con il tutto il
cuore che potrete aiutare moltissimo i vostri figli ad avere stimoli e
obbiettivi, vi auguro un cammino pieno, di farli crescere con amore e
sarebbe bello che si realizzi in un futuro anche per loro. Io sono
felicissimo di questa notizia che vi mando e vi do un fortissimo abbraccio,
Dario
p.s.: se volete vedere dove lavoro... visitate questo sito:
www.hoteldelaville.com
221
Simone: Questa volta sarà dura...
1 Luglio 2007
Già... domani accompagneremo Simone in un bellissimo
albergo a quattro stelle sull'appennino toscano, ma una volta
arrivati là... lo "abbandoneremo"...per la prima volta nella sua
e nostra vita, per nove lunghissimi giorni.
Un'esperienza cercata, voluta, desiderata... per fargli
provare l'ebbrezza del "volo"... anche se limitato, "durante
noi" e non solo "dopo di noi"... ma anche temuta, vissuta con
ansia e paura... (almeno da me!)...perchè Simone in 15 anni
quasi di vita... non ha mai dormito senza mamma o papà
almeno nella stanza in fianco... perchè se soffrirà (e non sto
222
Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
parlando di sofferenza fisica, per quella ci saranno educatori
per accudirlo e farlo divertire e medici per controllarlo)... se
soffrirà per la mancanza di tutti i suoi affetti più cari e del suo
ambiente... non ha modo di far capire questa sua sofferenza...
di trasmettere questo suo sentire... così come non ha avuto
modo di "scegliere" di vivere questa esperienza, che di fatto
subirà... come tutto quello che viene deciso per lui... senza
poter "sentire" il suo parere.
Perchè comunicare con Simone... è possibile solamente o
a livello molto elementare (vuoi questo o quello con degli
oggetti concreti... oppure "vuoi andare a passeggio?"... " in
piscina?"...) e riceverne in risposta una scelta diretta o dei
segni o dei vocalizzi che solo per lui e noi hanno un
significato... oppure con Simone è possibile la forma più alta
di comunicazione... che è quella di due persone che, senza
parole... si guardano negli occhi, si prendono le mani ed
attraverso questi contatti pieni di amore... si "vedono" nel
profondo e si dicono "tutto" quello che è necessario dirsi...
ma questo... non è per tutti.
Accompagnate Simone con il pensiero durante questa
settimana... se volete esserci amici...
da golf con annessa scuola... insomma un posto quasi da
sogno tanto era perfetto... nel quale i nostri raghini
sicuramente un po' "imperfetti" di sicuro "stonavano"
leggermente, insieme con una piccola e malandata cappellina
piena di crepe ed un po' sporca... metafora di una scala di
valori che di sicuro privilegia in questo luogo l'apparenza...
mettendo in secondo piano la sostanza.
Certo le schiere di golfisti in erba che si allenavano sul
campo da golf di fronte alla hall, non avrebbero mai pensato
prenotando la vacanza in una simile struttura... di trovarsi
nella condizione di dover condividere i preziosi spazi a
disposizione con una dozzina di esserini un po'
"mostriciattoli" , geneticamente modificati... e dal
comportamento diciamo... usualmente non proprio "socially
correct"...
Ma si sa... a volte le cose non previste possono anche
risultare utili... e chissà che i nostri compagni di vacanza non
se ne tornino a casa magari felici di aver incontrato e
conosciuto una fetta di vera umanità... di quelle che
normalmente non si incontrano in tutta la loro pienezza... sui
campi da golf!
Certo... il management dell'albergo, di larghe vedute (ma
non "sprovveduto" completamente)... ha fatto in modo che i
"contatti" fra i due mondi non fossero proprio all'insegna
della promiscuità totale... e perciò i "mostri"... oops... volevo
dire "nostri"... sono stati sì alloggiati nelle camere dello stesso
fabbricato... ma mangiano... in un locale a parte, per esigenze
di menu, di servizio... e di... "opportunità", aggiungo io con
un po' di sano realismo.
Ma non è di questo che mi premeva parlare... bensì di
come ho vissuto questo primo importante distacco... di
2 Luglio 2007
Eccomi qui... a raccontare di un bellissimo e lussuosissimo
albergo a quattro stelle perduto nelle verdi colline toscane...
una struttura modernissima ed appena aperta, ovviamente
accessibilissima di quelle ipertecnologiche ma con
discrezione, con la ventilazione negli spessi muri doppi in
pietra per il condizionamento della temperatura, con
fotocellule che accendono e spengono le luci quando si entra
o esce da un locale... con una bellissima piscina... un campo
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Simone... nelle poche ore passate lì in sua compagnia prima, e
poi dopo che ci siamo salutati, al mare prima, e poi il giorno
dopo, tornando a casa...
I saluti prima... con i discorsi d'obbligo: il primo a Simone,
come si fa tra uomini... guardandolo dritto negli occhi... e
cercando di trasmettergli con lo sguardo e con la mimica ed il
tono della voce... ciò che sicuramente non poteva
comprendere pienamente solo dalle parole dette... cercando di
spiegargli che lo avremmo lasciato lì, per un tempo molto
lungo, per lui, per noi... per il bene di entrambi... che si
sarebbe divertito con gli altri amici e con il suo educatore, ma
senza mamma, papà, i suoi fratelli la sua casa e i suoi affetti...
e che saremmo tornati fra nove giorni a riprenderlo... "Sei
contento Simone?". E Simone, in tutta risposta mi guarda...
mi sorride... e batte le mani, in uno dei suoi modi più "felici"
di dire "sì"... mi piace pensare e credere che mi abbia
veramente compreso, e che mi abbia voluto esprimere la sua
felicità nell'iniziare questa esperienza.
Il secondo discorso è per Riccardo, l'educatore di
riferimento, conosciuto già da alcuni mesi, ma al quale in
questa circostanza non ho potuto fare a meno di ricordare
con parole e sguardi... che con un atto di fiducia al limite del
ragionevole... gli stavo affidando una delle persone più
preziose per me... il figlio più "indifeso" e perciò forse più
"coccolato" (stavo per scrivere "amato" .. ma non sarebbe
vero)... e la fiducia bisogna meritarsela!
I saluti al pomeriggio sono veloci... quasi "indolori"...
tanto per rendere il distacco meno "violento"... andremo al
mare qua vicino la sera del sabato, quasi che 60 o 200 km
possano fare realmente la differenza tra serenità ed ansia... ma
in effetti forse un po' sarà così, ed il distacco "vero" lo sentirò
forse di più quando sulla via del ritorno il giorno successivo,
ripasseremo a poche centinaia di metri dal luogo dove
avevamo "abbandonato" Simone, oltrepassandolo... e
cominciando ad allontanarci da esso... verso la "normalità"
della vita quotidiana.
Al mare... ci siamo andati perciò... con la scusa di far fare
qualche bagno ancora a Marialetizia ma... intanto siamo
rimasti in zona..sai mai!, Ed anche io ne ho approfittato per
cercare tra mare e cielo quel silenzio che poteva aiutarmi a
"leggere" i sentimenti presenti nel mio cuore... e così ho fatto,
solo che per trovare questo silenzio nel chiasso della spiaggia
dei weekend di luglio... ho dovuto nuotare al largo, a trecento
metri dalla riva... modello "commissario Montalbano" per
intendersi!.
Ma il giorno dopo... oltrepassato il grande albergo senza
nemmeno fermarsi (regole da lager nazista, no va beh... da
colonia delle suore... che più o meno... prevedono una sola
telefonata serale al giorno... e pensare che è un codice di
autoregolamentazione che ci siamo dati da soli!)... sono
iniziati i primi "sintomi" preoccupanti.
Più volte ho guardato durante il viaggio verso il seggiolino
di Simone, in fianco al posto di guida... per vedere se era
seduto bene, se la cintura di sicurezza era allacciata
correttamente... per capire perchè non aveva ancora tentato di
allungare la mano per "cambiare marcia"...
Alla terza volta mi dico :"Adesso basta... un po' di dignità,
smettila di preoccuparti per nulla!"... e la cosa sembra
funzionare... fino a quando, arrivati a casa... apparecchio la
tavola per la cena... con 5 coperti!.
Nelle telefonate serali di queste sere l'educatore ci riporta
un Simone sereno, a volte felice (in piscina ad esempio, dove
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226
Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
va due volte al giorno!)... sempre all'aria aperta, tranne che
nelle ore più calde dove si divertono con attività di
laboratorio... che mangia volentieri e di tutto... a volte certo
un po' meno contento quando si annoia un po'... ma in
genere.. sembra stia andando tutto bene (ma ci dovrò
credere?). Solo la notte l'educatore sottolinea :"Si sveglia ogni
due ore almeno.. anche se la musica è accesa tutta notte!"...
"Lo fa da quindici anni" rispondo io stroncando sul nascere
ogni suo tentativo di essere consolato (eh eh, giusta punizione
per chi ha la "pretesa" e magari pure il desiderio sincero di
occuparsi dell nostro Simone in questa vita al posto mio). A
parte gli scherzi... questa prima esperienza sembra procedere
per il meglio... ed è già... quasi mercoledì.
Tra l'altro il caldo e l'afa di settimana scorsa... hanno un
po' "mollato"... si sta meglio anche di notte... ed allora...
perchè alle cinque di mattina mi alzo senza più riuscire a
dormire?
10 Luglio 2007
Scusate il ritardo... ma era per accrescere un po' la
"suspence"... e soprattutto anche per far coincidere questo
post... con una giornata... importante. Oggi Simone infatti
compie 15 anni!
E con il senno del poi... credo di poter dire che questa
vacanza, è stato il nostro regalo di compleanno per lui... un
regalo sofferto e non facile sicuramente da "fare", ma di certo
opportuno a questo punto della sua vita.
Quindici anni fa Simone era un piccolo esserino che ha
fatto esplodere il sorriso di mamma e papà... e Dario
(...insieme a qualche doverosa e non piccola
preoccupazione)... , oggi il nome “Simone” allarga un sorriso
sul viso di tante altre persone che gli vogliono bene o che
solamente incrociano la sua vita per pochi momenti… se non
è crescere questo!
E proprio per questo suo "crescere" allora la scelta di
questa vacanza è stata fatta... è stata vissuta, è stata "digerita".
Non sappiamo moltissimo di come Simone ha passato le
sue giornate... al telefono non ha quasi mai nemmeno voluto
"sentirci" (ma questo è un problema di idiosincrasia con
determinati cellulari, il cui suono metallico lo infastidisce.. o
almeno... speriamo!), sappiamo solo che tornati a casa non ha
certo mangiato i cereali al cioccolato per colazione, come
invece ci è stato venduto... eh eh, ma sappiamo anche che
abbiamo ritrovato un "raghino" in discreta salute... che si
"rapportava" a modo suo con i suoi "compagni di avventura",
gli educatori, i medici... ed il personale dell'albergo... tutti lo
conoscevano e gli parlavano... e non mancavano di sorridergli
mentre gli servivano le varie portate (che ha imparato a
mangiare più in autonomia... avendo a disposizione più
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
tempo per i pasti, di quello che normalmente si riesce a
"ricavare" tra gli impegni della routine quotidiana). Al
momento del nostro incontro con lui... Dario e Marialetizia
(che al mattino si è svegliata gridando "Simo.. Simo") glisono
corsi incontro con impazienza, lo hanno abbracciato e
"spatusciato" fortissimo, fino a farlo ridere...
Arrivato il nostro "turno" di genitori... ci siamo fatti avanti
con gioia... ma, come previsto (per averlo sperimentato altre
volte durante le mie assenze da casa per lavoro...) con noi
Simone è stato... "vendicativo"... a me non ha guardato negli
occhi nonostante gli parlassi per almeno mezz'ora... ed il
primo sorriso me lo ha regalato più di un'ora dopo che ci
siamo incontrati (beh... del resto io l'avevo "abbandonato"
per 9 giorni!!!).
A parte questa sua doverosa "ritorsione"... poi l'affetto è
naturalmente esploso, in braccio, stringendomi forte e
accarezzandomi la barba... e ci siamo finalmente..."capiti".
Di questi giorni mi rimane la sensazione struggente di
un'assenza... un'assenza importante... la mia dalla sua vita, la
sua dalla mia... e dalla nostra famiglia... (che si sente... e come
se si sente!!!)... mi rimane anche il sonno che avrei potuto
recuperare non dovendomi alzare più volte la notte per
girarlo nel letto e che invece ho perso... un certo
"nervosismo" che ha caratterizzato la vita famigliare al posto
della prevedibile rilassatezza... la certezza di aver fatto
un'esperienza che può solo essere la "prima" di tante altre che
dovranno necessariamente seguire... per accompagnarlo sulla
via del "dopo di noi"... e la contemporanea un po' triste
coscienza che l'esperienza vissuta è stata però un' "isola", non
paragonabile per durata, intensità, qualità e "costo"... a ciò che
aspetta Simone in un futuro senza genitori...
Una mano che tenta di cambiare marcia sul camper... mi
richiama alla realtà dai miei pensieri... guardo il seggiolino in
fianco a me... non è più vuoto, ma pieno del sorriso di due
occhi che parlano in modo semplice ma molto chiaro... e
sorrido anch'io... felice del presente.
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p.s.: Dario invece... quando gli ho chiesto di scattare qualche
foto al momento del nostro incontro dopo tanti giorni... mi
ha risposto con decisione e quasi offeso: "Sandro... prima di
fare le foto voglio salutare il mio fratellino, che è molto più
importante delle foto... e ci metterò taaaaanto tempo!"
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Come aquiloni… o quasi.
Marialetizia:
Supermercati, Centri commerciali, disabilità & Co
Ora vi racconto due piccoli episodi che non hanno nulla
in comune, se non le cose elencate nel titolo:
Supermercati, Centri commerciali, disabilità & Co.
Il primo mi è capitato sabato di due settimane fa...
Il sabato è da sempre giornata di piscine... per Simone,
motricità in acqua alle 9, per Marialetizia... corso di nuoto alle
10, per Dario... allenamenti agonistici alle 14 (tranne che nella
stagione invernale quando al sabato si sovrappongono gli
allenamenti di sci). Beh... alla già complicata sequenza di
orari... si unisce e si somma il fatto che... tutti e tre effettuano
le loro relative attività... in tre piscine differenti, di cui due a
Monza (Simone e Marialetizia) e una a Varedo, la più vicina
piscina olimpionica coperta per gli allenamenti di dario in
vasca lunga.
Con l'aiuto di amici disponibili, genitori di un'amichetta di
Marialetizia
che
frequenta
lo
stesso
corso,
l'accompagnamento in piscina della piccola viene evitato...ma
bisogna andarla a prendere all'uscita, intorno alle 11. Quindi,
dopo che Simone ha terminato la sua ora scarsa di nuoto,
bisogna asciugarlo e vestirlo... e in macchina recarsi all'altro
impianto per "ritirare" la sorella all'uscita. Quel giorno c'era
anche la necessità di un po' di spesa... niente di clamoroso
intendiamo (chissà perchè poi si esce comunque con un
carrello quasi pieno!) e allora decido di "incastrare" la spesa
tra l'uscita di Simone e quella di Marialetizia. Con estrema
dinamicità preparo simone, lo carico in macchina e mi fiondo
al Super, al secondo piano del parcheggio seminterrato...
posto disabili vicino all'ascensore. Mentre faccio per
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Come aquiloni… o quasi.
scendere... mi accorgo con terrore che non c'è moneta nel
portacenere della macchina... e di avere con me solamente...
carte di credito, utilissime per pagare la spesa, ma
assolutamente inadatte per munirsi di un carrello dove poter
caricare Simone (in barba agli avvertimenti riportati sui
seggiolini rossi pieghevoli dei carelli :Max 15 Kg... lui ne pesa
quasi 30) e portarsi a livello del Supermercato. E anche se me
lo portassi in braccio due piani più sopra... senza soldi da
cambiare... come me la caverei? Ma a volte la fortuna aiuta... e
nel parcheggio semideserto (vanno tutti al "-1")...compare
un'auto che, guarda caso parcheggia nel posto disabili in
fianco al mio... il contrassegno ben esposto sul cruscotto.
dall'auto escono non senza difficoltà due vecchietti la cui
somma di età sicuramente superava il secolo e mezzo... che
con grande fatica accennano a dirigersi verso gli ascensori lì
vicino (dimostrando nei fatti il loro "diritto" al contrassegno,
quando spesso capita di incontrare persone trentenni con 4-5
borse della spesa arrivare di corsa e da soli alla macchina
"contrassegnata" e partire poi in un battibaleno, da fare
invidia ad un pit-stop della Ferrari!). Cosa c'è di meglio? Mi
precipito verso di loro e gli chiedo in prestito la famigerata
monetina... raccontandogli in poche parole la situazione, e
promettendo loro che l'avrebbero ritrovata al loro ritorno in
macchina, sul parabrezza appoggiata al tergicristalli.
Non so se mi hanno creduto (da lì si intravedeva appena
Simone sul sedile anteriore della macchina e non si vedeva la
sedia a rotelle nel baule), ma comunque, dopo un "rimbalzo"
di responsabilità tra moglie e marito della serie... "io no... non
ho moneta... e tu?" "Nemmeno io... " "Ma dai, guarda bene...
" "Ah ecco... me ne era rimasta una qui, nascosta...", lo scopo
è raggiunto! Velocemente mi impadronisco del carrello, ci
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
carico Simone, salgo al piano terra... supero i due vecchietti
indaffarati a discutere sulla scelta della verdura... e in meno di
20 minuti (cassa compresa, al sabato mattina è una specie di
record mondiale... quasi un "miracolo") sono di nuovo
all'ascensore per ridiscendere al parcheggio... al piano "-2". E
mentre scendo penso tra me: "Spero tanto che nessuno si
sogni di raccattare l'euro dal parabrezza di quei poveri
vecchietti disabili così impediti nei movimenti". Ma c'è tanta
gente disonesta e cafona a questo mondo!
Immaginatevi la mia sorpresa nello scoprire che il posto
accanto al mio... era ..VUOTO, e che i poveri vecchietti
disabili impediti etc... se ne erano già andati dopo aver fatto
un "tempo" migliore del mio sul percorso spesa, e magari
avere anche aspettato invano quell'uomo di mezza età un po'
casinaro... commentando "Vedi?! Te lo avevo detto io che era
un approfittatore!" "La prossima volta che mi capita col
cavolo che gli do' la monetina!". Morale? Solo una: mai
sentirsi troppo sicuri delle proprie forze e giudicare
inadeguate quelle degli altri (in particolare nel nostro
variegato "mondo")... si rischiano delle figuracce pazzesche!!!!
molto comune nei nostri stagni e fossati, passando per varie
pizzerie-rosticcerie-friggitorie e chi più ne ha ne metta).
Caratteristica abbastanza carina di questo centro...
un'attrazione per bambini (oltre al patinoire su ghiaccio
"gratuito" che c'è sul tetto d'inverno): un bellissimo trenino su
ruote che facendo lo slalom tra i carrelli, percorre tutto
l'intricato dedalo di corridoi del secondo piano del Centro...
per la gioia di bimbi... e mamme, che si possono così
concedere qualche minuto di shopping senza l'assillo dei
piccoli!
Mentre mangiamo un boccone.. Marialetizia ad un certo
punto mi chiede "Papà, dopo posso fare un giro sul trenino?".
"Certo" rispondo prontamente "di sicuro tu e Simone lo
farete un giro dopo" (Simone letteralmente "impazzisce" sui
trenini di questo tipo, e ogni volta che se ne trova uno è quasi
un "obbligo" portarcelo... a parziale compensazione di tutte le
gioie della vita che gli sono negate!).
E Marialetizia per tutta risposta mi guarda subito con
un'aria meravigliata ma che sottintendeva senza ombra di
dubbio alcuno un'iniezione di autostima che non era
assolutamente nelle mie intenzioni farle (visto che io pensavo
di accompagnarli sul trenino per "contenere" l'incredibile e
scoordinata vivacità che Simone manifesta in queste
circostanze... al punto da rischiare di fare male a chi gli sta
vicino con involontari pugni e gomitate in faccia!) e mi dice
con quel visetto dolce e sorridente al quale già di per sè è
difficile rispondere no... figuriamoci in questa circostanza,
dopo il..."malinteso": "Solo io con Simone papà?"
Colto di sorpresa... temporeggio un attimo, e dopo
doveroso consulto famigliare... rispondo "Se tu te la senti
Secondo episodio, il sabato dopo. Questa volta al grande
Centro Commerciale ci si va dopo la piscina di Marialetizia...
ma non perchè ho fatto tesoro dell'esperienza precedente,
solo perchè si approfitta tutti per fare un paio d'ore di saldi e
mangiare qualcosa... senza cucinare, in uno dei tanti fast-food
presenti nel centro (Dalle rinomate catene di hamburger
precotti alle più nostrane "tortellinerie" che servono piatti
espressi aventi come base comune la vasta gamma di ravioli di
una famosa marca nazionale che ha per nome... un anfibio
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Come aquiloni… o quasi.
Marialetizia, di stare con Simone per tutto il tempo del
viaggio... lo sai vero quanto si agita!'".
Il suo sorriso è la prima risposta... molto più veloce delle
parole che seguono: "Certo papà... lo so! Per me va bene!"
Li accomodiamo nel... carrello del carbone, senza altri
passeggeri... limitando così il rischio di denunce per lesioni
allo stretto ambito famigliare, e poi... VIA! (anche se, lo
ammetto... seguiti "a distanza")
Il giro va benissimo, Marialetizia è dolce e decisa nello
stesso tempo nel contenere suo fratello... e credo che ben più
del giro in treno, l'esperienza di averlo accompagnato "da
sola" la renda felice di quel sorriso "da grande" che le vedo
dipinto sul volto da lontano, quando il trenino si riavvicina
alla stazione di partenza... nonostante Simone si sia un po'...
lasciato scivolare sulla panca negli ultimi metri.
"Ciao!!! E' stato bello? Vi siete divertiti?"... e poi, rivolto
alla mia "signorina": "Come è andata Marialetizia? E' stata
dura?"... "Tutto bene papà!, anche se... insomma!" detto con
quell'espressione che vuole sottolineare ancora di più
l'importanza di quel momento e di quel piccolo passo... e
vuole che gli altri glielo riconoscano...
La abbraccio forte mentre scende dal treno... e le dico
solo tra il sorriso ed il pianto: "GRAZIE!"
Come aquiloni… o quasi.
Il Pensatoio: Qualche riflessione... sul lavoro.
Lavoro… un'altra conquista … un percorso difficile e
pieno di insidie … ma ora è venuto finalmente il momento
della gioia…
Già, perché Dario è stato assunto… un anno a tempo
determinato per ora (come tutti del resto no?!). Ancora non si
sa con quale inquadramento, ma certo non è nemmeno
questo aspetto che preoccupa in questo momento. Però
credo sia anche giusto a questo punto raccontarvi come si è
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
potuti arrivare fino a qui… per “capire” dove sono i maggiori
problemi, gli ostacoli da superare… e quali sono le condizioni
necessarie affinché questi traguardi (che in realtà spero siano
solo ennesimi “punti di partenza”) possano essere raggiunti
da sempre più persone con la sindrome di Down.
Dario ha iniziato ad avere rapporti con l’hotel che ora lo
assumerà, a partire dal 2005, due periodi di stage istituzionale
di quindici giorni ciascuno, come attività curricolare prevista
nell’ambito del piano di studi dell’Istituto alberghiero che ha
frequentato dal 2002 al 2006, su sua precisa scelta. I
proprietari dell’hotel infatti sono persone estremamente
squisite e rispettose, con una certa inclinazione anche
all’impegno nel sociale, per cui di certo i presupposti si
presentavano favorevolmente.
In questo hotel tuttavia non avevano mai avuto un
tirocinante down… e lo scoprire che al contrario di quello
che in modo probabilmente preconcetto pensavano, Dario
metteva molto impegno in ciò che faceva, riuscendo anche a
“produrre”, li ha convinti che forse aveva delle potenzialità e
quindi a tentare alla fine del corso di studi (da settembre del
2006) un’esperienza di tirocinio lavorativo nell’ambito dei
servizi di inserimento lavorativo del Comune, dichiarando da
subito apertamente la possibilità di assunzione al termine del
periodo. A questo naturalmente si univano le doti umane di
Dario, che da subito si è integrato molto bene nel “gruppo”,
che di conseguenza lo ha accolto con disponibilità in quella
specie di “famiglia” (perché in fondo questa è l’impressione
che si ha vedendo quell’ambiente di lavoro) che è l’insieme di
chi lavora in quell’hotel. Ovviamente allora la felicità era
talmente grande che ci ha un poco “accecati”, impedendoci di
mettere in atto tutte quelle “precauzioni” indispensabili in
questi casi… quelli in cui “tutto va troppo bene” per essere
vero! Ed è stato così che ad un mese circa dalla fine del
periodo di tirocinio, dopo che tutti i feedback che ci
arrivavano dalle varie “fonti” (Assistente Sociale responsabile
del SIL, proprietari dell’hotel etc) erano comunque positivi (a
parte qualche piccola considerazione sui tempi di
concentrazione non costanti), ci è arrivata addosso… una
terribile, tanto più perché inaspettata, “doccia fredda”,
riassunta in poche, crudelissime parole pronunciate al
telefono, e che hanno assunto il significato di una definitiva
sentenza di condanna: “Inadatto all’attività lavorativa”.
Come… ma se fino ad ora andava tutto bene… e adesso?
Quali prospettive potevano esserci allora? “Nessuna” ci è
stato detto tra le righe da chi per professione era abituata
probabilmente a scornarsi con problemi di questo tipo … e
che in tanti anni di lavoro non era riuscita a finalizzare
nemmeno un contratto lavorativo per una persona disabile
intellettiva, nonostante il costante e qualificato impegno.
Tutt’al più, ci siamo sentiti dire… avrebbe potuto fare
ancora un periodo di tirocinio in qualche altra realtà… ma
corto, visto che l’obiettivo inserimento lavorativo sembrava
irrimediabilmente compromesso, e poi magari prestare la sua
opera a livello di volontariato in qualche mensa. Il sogno
sembrava svanito… anzi… improvvisamente sembrava che il
sogno ce lo fossimo proprio… “sognato” senza nemmeno
avere il “diritto” di farlo… come era possibile? Sarebbe stato
facile e naturale “mollare”… ma in quella circostanza non ci è
sembrato giusto. E allora prima siamo riusciti a strappare un
prolungamento di due mesi dello stage, per fare da “ponte”
almeno fino all’inizio della scorsa estate… (con relativo
“lavaggio del cervello” a Dario affinché desse il meglio di sé
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
in questo periodo), e poi dopo aver approfondito alcuni
aspetti relativi alla legislazione, alle agevolazioni, e al
trattamento contrattuale, anche grazie alla disponibilità di
persone amiche cui stava a cuore il futuro di Dario, abbiamo
deciso di scrivere una lettera alla direzione dell’albergo in cui
raccontare anche la “nostra” verità, senza paura di apparire
ridicoli, ma con la fermezza di chi “chiede” (perché questo
stavamo facendo, indubbiamente) … ma con dignità. Questa
lettera, che vi riporto qua sotto, credo abbia segnato un “giro
di boa” importante, una svolta … non tanto per quanto ci
stava scritto, ma forse più perché ha permesso di “guardare”
il problema anche da un altro punto di vista (anche a me).
Credo che leggerla (come del resto scriverla) abbia fatto
riflettere le persone a cui era destinata, che va detto, erano già
allora molto affezionate a Dario, in termini comunque non
propriamente utilitaristici… per cui un giorno uno dei due
fratelli ha sollevato la cornetta del telefono, ci ha chiamato…
ci si è chiariti apertamente, con cortesia ma al tempo stesso
senza ambiguità. Ed è stato così che insieme si è deciso di
fare un ulteriore tentativo, meno “ambizioso” forse (nel
mansionario e nell’orario di lavoro, che non avrebbe previsto
la presenza di Dario nei momenti di massima intensità
lavorativa, e al tempo stesso sarebbe stato ridotto da 6 a 4 ore
giornaliere). Insomma si è cercato anche di fare quel lavoro di
“incrocio” tra esigenze lavorative e capacità del lavoratore
disabile che forse un po’ tutti abbastanza ingenuamente
avevamo dato per scontato, rischiando di rovinare tutto. E la
cosa ha funzionato. Dario, lavorando non sotto massimo
stress rende ovviamente meglio, e lavorando meno … anche
con maggiore continuità. I colleghi ora hanno maggiore
coscienza delle sue possibilità, nel senso di ciò che “può”
fare… e di ciò che invece in questo momento “non può”
arrivare a fare… e si è ristabilito un equilibrio… profittevole
per tutti.
E quindi è partito un ulteriore periodo di tirocinio… cui
ne è seguito un altro (quello che si concluderà al 30 aprile
prossimo) in ottica di “convenzione” (quella prevista dalla
legge 68/99) finalizzata all’inserimento lavorativo in azienda.
(ma che a questo punto non ha ricevuto alcuna
“pubblicità”… scottati come eravamo rimasti dall’esperienza
iniziale). Quando dopo l’ennesimo incontro a “quattro”
(Imprenditore, Dario, Assistente Sociale e genitori)… ci è
stata manifestata ormai sei mesi fa l’intenzione di procedere
ad assunzione con il mese di maggio (mese nel quale scadeva
“l’obbligo” per la quota obbligatoria collocamento mirato)
noi siamo stati scaramanticamente zitti fino all’annuncio
ufficiale di settimana scorsa, mentre l’Assistente Sociale del
Comune è corsa dal responsabile del Servizio a raccontare
felice la novità … abbandonando in strada l’auto e
facendosela così portare via con il carro attrezzi dai propri
colleghi della polizia municipale (e quando ce l’ha
raccontato… l’ha fatto ridendo! Immaginatevi che gioia deve
essere stata per lei… venire a sapere di questa notizia, dopo
tanti anni di impegno e di frustranti insuccessi, contrassegnati
dall’impotenza…; già, perché a un imprenditore che ti dice
“Sì, … ma non rende, perché dovrei prendere un down se
posso assolvere l’obbligo assumendo, che so… un disabile
fisico produttivo al 100% su una determinata mansione?”…
mica puoi dire nulla! ). Ma questa volta è andata: Dario potrà
iniziare a lavorare non appena la Provincia avrà rilasciato il
nulla osta alla fine dello stage (sarà circa metà maggio ci
dicono), grazie ad una serie di circostanze che hanno
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
concorso a far sì che questo sogno si trasformasse in realtà: la
disponibilità del datore di lavoro innanzitutto, a non ragionare
esclusivamente in termini produttivi (senza di questa… non ci
sarebbe stata alcuna speranza), la presenza di un ambiente di
lavoro qualificato ma non esasperatamente competitivo, dove
il clima che si respira è comunque quello di una piacevole
armonia, …il competente anche se un po’ “disilluso”
appoggio dei Servizi di inserimento lavorativo del Comune, il
desiderio di noi genitori di vedere riconosciuta a Dario la
possibilità di una vita almeno in questo aspetto “normale”e
possibilmente felice, la tenacia con cui Dario ha saputo
mostrare le sue doti ed i propri difetti, facendosi accettare e
benvolere da tutti.
Una parola definitiva su quest’ultima cosa … che ora mi
risulta molto chiara, e che (fatta salva l’originalità delle
persone, di cui siamo noi genitori down i primi, accaniti
“sostenitori”) mi conferma che le scelte fatte negli anni
passati, ma soprattutto le priorità date nell’accompagnare
Dario nella sua crescita… sono state magari non “giuste”…
ma almeno sicuramente “opportune”. Se Dario il mese
prossimo firmerà il suo (spero “primo”) contratto di lavoro…
non lo deve principalmente alle proprie abilità (che sono
comunque limitate se confrontate a quelle di chiunque altro
che potrebbe rivestire quel ruolo di aiuto-cuoco in cucina),
ma soprattutto alle sue doti umane, che hanno fatto sì che
intorno a lui si creasse comunque una realtà capace di
“apprezzarlo” per ciò che è, pur senza dimenticare ciò che un
lavoratore “deve essere”. Ripeto… so che i nostri figli sono
tutti diversi… ma se posso dare un consiglio sincero… non
investite troppe energie nel raggiungimento di “competenze”,
di abilità (che sono importanti certo… ma in un certo senso
comunque “senza speranza” in un mondo competitivo come
quello del lavoro), ma fate in modo se possibile che queste
competenze siano accompagnate di pari passo (e se non è
possibile, cercate tutt’al più di privilegiare piuttosto queste
ultime!) da un’umanità ricca, piena anche se magari sofferta, e
dal desiderio e la capacità di relazione … di dare e di ricevere
da chi si incontra. Credo di non sbagliarmi dicendo che senza
queste doti… la gioia di questi giorni… non sarebbe stata
possibile.
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Gent.mi fratelli xxxx
Siamo Paola e Alessandro Mosconi, i genitori di Dario.
Abbiamo pensato a lungo se era opportuno scrivere questa lettera,
ma dopo aver riflettuto con onestà, ed anche dopo un colloquio
che ci ha chiarito un po’ passato presente e futuro dell’esperienza
di inserimento lavorativo di nostro figlio, abbiamo deciso che ne
valeva sicuramente la pena, per una serie di motivi.
Il primo è sicuramente quello di volervi ringraziare per
l’opportunità e la fiducia data a Dario in questi mesi di tirocinio
lavorativo presso il vostro Hotel, che hanno seguito i precedenti
periodi di stage effettuati durante il periodo scolastico. Una fiducia
che ha sorpreso noi, prima di tutti, che ben conosciamo pregi e
difetti del nostro ragazzo, ed anche gli “addetti ai lavori” degli
uffici comunali preposti all’inserimento lavorativo delle persone
con disabilità.
Ci ha sorpreso perché non poteva non colpire il fatto che a fronte
di una forse non approfondita conoscenza del mondo
dell’handicap e di chi ne fa parte, i Vs. giudizi iniziali hanno avuto
bisogno di “inventare” valutazioni nemmeno previste sullo schema
di valutazione (degli “ottimo” quando il massimo previsto era
“buono”). E ci immaginiamo che a fronte di questa vostra
“scoperta”, sia stato facile entusiasmarvi come noi facciamo
quotidianamente per le potenzialità di quella persona umanamente
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
così “bella” e ricca che è Dario, con il suo modo spontaneo e
diretto di giocare la propria umanità relazionandosi con chi ha
intorno a sé.
E ci immaginiamo anche che sia stato altrettanto deludente
scoprire che i margini di miglioramento che credevate possibili,
grazie all’entusiasmo ed all’impegno che Dario mette in tutto ciò
che fa, non erano probabilmente così elevati come vi sareste
aspettati, e come desideravate, al fine di un suo possibile
inserimento in azienda. E la stessa delusione credo l’abbiano
provata gli operatori del servizio comunale, che erano stati così
favorevolmente colpiti da Dario e dalle sue potenzialità relazionali,
da credere che le oggettive difficoltà sul piano professionale (anche
se relative … nel suo “mondo”), si sarebbero potute superare con
il tempo.
Anche noi ci scontriamo quotidianamente con questa realtà,
ovviamente, e siamo ben consapevoli delle pesanti limitazioni di
carattere manuale ma anche di costanza di rendimento che
ostacolano e si oppongono alla “voglia di fare” di Dario, rendendo
poco visibili i suoi miglioramenti, e minando l’ottimismo di chi ha
fiducia in lui.
Ma crediamo fermamente che anche lui, come tutti, meriti
un’opportunità nella vita, un’opportunità che sia certo collegata a
ciò che in grado di dimostrare e di far valere rispetto alle proprie
capacità, ma ovviamente, non solo … perché se no, sarebbe
inevitabilmente perdente in partenza, in una società così
sfrenatamente competitiva come quella in cui viviamo.Ma il
mercato ed il mondo del lavoro ovviamente a questa competizione
in un certo senso non si possono sottrarre. E cosa potrebbe “dare”
Dario quindi, da meritare di essere “assunto” da un qualsiasi datore
di lavoro, visto che la sua produttività non potrà mai raggiungere
quella di una persona normodotata, e nemmeno quella di un
disabile con problemi tali da non comprometterne l’efficienza
rispetto ad una determinata mansione?
Anche se esiste la legge 68/99 sull’inserimento lavorativo mirato
infatti, un disabile intellettivo è chiaramente penalizzato di fronte
all’esigenza di un datore di lavoro pur armato di buona volontà e
determinato ad assolvere gli obblighi di legge, che comunque deve
fare i conti con l’efficienza e la produttività. Ma forse… è possibile
guardare un po’ “oltre”, forse è possibile intravedere, tra le pieghe
della apparente crudeltà di una situazione che non sembra far
“incontrare” le giuste aspirazioni dei disabili intellettivi con quelle
del mondo del lavoro, dei vantaggi “reali” ed in parte anche
quantificabili che la presenza di una persona come Dario potrebbe
portare nella realtà da voi gestita. Proviamo, umilmente, a
suggerirvene alcuni, nel caso non vi foste soffermati su di essi.
Il più importante crediamo sia sicuramente un fatto culturale,
quello di aiutare a trasformare il modo di lavorare, da solo ed unico
mezzo di profitto, a strumento di realizzazione delle persone,
nell’ottica di quella Responsabilità Sociale di Impresa di cui tutti al
giorno d’oggi intuiscono l’importanza, spesso se ne riempiono
magari la bocca, ma faticano a trasformare in azioni concrete e
virtuose.
Beneficenza quindi? Siamo fermamente convinti di no! Prima di
tutto perché siamo certi che la presenza di Dario nell’ambiente di
lavoro sia stata vissuta da tutti coloro che in qualche modo hanno
avuto a che fare con lui in modo positivo e credo arricchente
anche per loro, quantomeno sotto il profilo umano; e questo,
anche se non è una caratteristica professionale… di certo “aiuta” a
creare un clima sereno, collaborativo, dove lavorare è comunque
piacevole, per tutti … ripercuotendosi positivamente anche sulle
prestazioni dei singoli e quindi sulla produttività generale.
Ma questo non credo sia sufficiente… c’è sicuramente di più! C’è il
fatto che un Hotel a quattro stelle (speriamo cinque nel prossimo
futuro, come da vostro desiderio) che decidesse di assumere un
ragazzo Down fra il suo personale, darebbe una dimostrazione di
volontà di innovazione così elevata, da averne un ritorno
pubblicitario dirompente sotto il profilo dell’immagine, che
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
andrebbe ben al di là in termini meramente economici dello sforzo
fatto per compensare una prestazione solo in parte corrispondente
al salario a lui dedicato (sicuramente avrete anche fatto i vostri
conti, e sapete che Dario vi “costerebbe” circa xxxx Euro all’anno,
tutto compreso … con un contratto a 21 ore settimanali, a cui
potreste anche detrarre la quota corrispondente alla fiscalizzazione
degli oneri per i primi anni di lavoro).
Di questo siamo sicuri, perché abbiamo la sensibilità per capire che
un gesto di questo tipo in questo preciso momento storico…
avrebbe una risonanza notevole su tutti i media, nazionali ed anche
internazionali… dalla stampa (quotidiani, settimanali e periodici in
genere…) al mezzo televisivo (reti locali e nazionali) al mondo
associativo, che ha potenzialità comunicative enormi (sia a
carattere nazionale che internazionale), al mondo virtuale della
Rete, il mezzo che sicuramente in futuro sarà irrinunciabile e
garantirà probabilmente la maggior visibilità ed il maggior flusso di
nuovi clienti per realtà come la vostra.
Dario in questo senso parte da una buona base… è “conosciuto”
già attraverso internet per il suo sito, e noto alla stampa e alla
televisione per le sue imprese sportive, e per aver vinto un
concorso organizzato da una nota multinazionale di abbigliamento
sportivo, portandolo alla ribalta un po’ in tutto il mondo…
Ma questa sua “fama” rappresenta forse più un’opportunità per
voi, che non per lui, e noi vi chiediamo sinceramente di verificare
se non valga la pena di “sfruttarla” …
Da parte sua, Dario non ci “guadagnerebbe” nulla sotto il profilo
economico… perché lavorando perderebbe il diritto alla pensione
di invalidità, ma ne riceverebbe in cambio una iniezione di
autostima che davvero potrebbe cambiare il corso della sua vita, e
di quella delle persone che vivono in fianco a lui, percorrendo e
condividendo magari anche solo una piccola parte del suo
cammino.
Dario la sua vera opportunità nella vita, l’avrebbe proprio se
potesse realizzare il suo vero e più profondo desiderio, quello di
avere un lavoro suo… una propria famiglia, una vita “normale”
cioè, con le stesse opportunità di essere felice o infelice che
vengono offerte a chiunque altro decida di giocare nel mondo la
propria umanità.
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Ringraziandovi ancora, oltre che per la comunque bellissima
esperienza (che comunque resterà per sempre come un ricordo
prezioso per Dario), anche per l’ulteriore sforzo che vi abbiamo
chiesto nel leggere questa lettera e confrontarvi con i suoi
contenuti, Vi salutiamo cordialmente.
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
M come Mongoloidi :
Dario: Un weekend da...(s)ballo!
(senza parole)
Sì... proprio un weekend da (s)ballo quello appena
terminato... innanzitutto perchè "centrato" sul saggio di danza
natalizio della ballerina della famiglia, e secondo perchè
questa occasione ha comunque scatenato una ridda di
emozioni forti e variegate, che hanno coinvolto in qualche
modo anche i membri OCM della famiglia (ricordo ai
"neofiti"
che
l'acronimo
sta
per
"Organismi
Cromosomicamente Modificati").
La prima, forte, naturale emozione è stata naturalmente
quella di aver ammirato Marialetizia esibirsi su di un palco...
con tutto quello che questo aveva comportato per lei nella
giornata antistante e nelle ore immediatamente precedenti lo
spettacolo. Lei, persona indubbiamente abile e capace nella
specifica attività... ma incredibilmente vulnerabile alle
emozioni, già dal giorno prima manifestava apertamente un
sacco di "disturbi" fisici... ed un umore diciamo così... non
proprio ideale, cose di cui era peraltro cosciente ("ho male di
qui... ho male di là... però lo voglio fare il saggio"); unendo
questo fatto alla sua ricerca... non dico della perfezione... ma
della mancanza di errori sì, sommata alla coscienza (e
autocoscienza dei propri limiti) che ben difficilmente questa
circostanza si sarebbe potuta realizzare in questa occasione...
(balletto preparato in poco più di due mesi con 20 bimbe)... il
risultato è stato che ha sì ballato "bene"... (anche se lei
"rivedendosi" nella registrazione era mortificatissima ogni
volta che vedeva eseguito un passo non come avrebbe
dovuto), ma con la tensione "scritta" su un volto quasi mai
sorridente, come invece credo dovrebbe essere il viso di un
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
bambino che fa una cosa che gli piace, e che nel farla (e a casa
quando lo fa... senza pubblico... è proprio così!) si diverte.
Comunque dopo quasi due ore di spettacolo durante il
quale si sono alternate sul palco bimbe dai cinque anni in su...
dalle tenerissime "novizie" fino a navigatissime ballerine di
danza moderna sicuramente molto in gamba... e nel quale
Marialetizia ha eseguito in gruppo delle coreografie sulle
musiche di Flashdance, Winks, Fiesta (Sì...quella della Carrà!)
e Titanic... è iniziato l'ultimo brano... composto da una
semplice coreografia di due ballerine cui alla fine si sono
aggiunte tutte le protagoniste del pomeriggio per il saluto
finale.
Non so se è stato il commento fatto dal presentatore
all'inizio del brano, che ha un poco "anticipato" il significato
della coreorafia... e soprattutto il suo finale, ma so che ho
iniziato a guardarlo con una certa apprensione... decidendo
anche di filmarlo con la videocamera, nonostante in esso non
avrebbe "recitato"... la più bella ballerina del corpo di ballo.
Questo è quello che ho "registrato":
E' buio. Su un palco deserto, ad eccezione di tre pacchi
dono infiocchettati al centro della scena... solo una marionetta
(una bravissima bimba di una decina d'anni) giace immobile,
abbandonata senza alcun tono nè vita, in una di quelle
posizioni così innaturali e scoordinate che solamente le
marionette (e qualche esserino di nostra conoscenza) possono
assumere, grazie alla mancanza di legamenti e di tono
muscolare. Dietro di lei tutto a un tratto compare un'altra
ballerina, più grande... che con fare delicato si avvicina a
questo fagottino ammonticchiato disordinatamente per terra
contro le leggi della fisica e della biologia... e tirando gli
immaginari fili che si dipartono dagli arti, dalla testa e dal
corpo... inizia piano piano a "districarla"... e a farle compiere
dapprima dei semplici movimenti (immaginate la scena... lei
che tira su il braccio con in mano un immaginario filo
collegato alla gamba sinistra della marionetta... che si muove
in sincronia..., poi la testa... poi un braccio... e così via), poi
piano piano, movimenti sempre più complessi... sino a
prenderla in braccio, tirarla in piedi... ed aiutarla a scoprire
movimenti armonici anche se rudimentali... per poi "liberarla"
completamente dai fili e lasciarla danzare libera e felice da
sola, sul "suo" palco... il tutto accompagnato da un crescendo
di musica e di luci che sanno di ottimismo... di gioia... di
speranza...
Fino al momento in cui... qualcosa si rompe... e nel giro di
poche, brevi, inesorabili e crudeli battute... la marionetta
perde armonia, capacità... tono muscolare, equilibrio... e con
essi perde la gioia, l'ottimismo e la speranza... forse la vita... e
ripiomba nell'esatta posizione e nel punto esatto in qui si
trovava quando si è aperto il sipario...
Una metafora che ai miei occhi di papà un po' "malato"
(lo ammetto!) ha subito ricordato mio figlio Simone... le sue
difficoltà di movimento, il suo tono quasi inesistente, la
disarticolazione dovuta alla estrema lassità dei legamenti... che
gli consente di assumere posizioni da "marionetta"... gli sforzi
fatti per cercare di aiutarlo a raggiungere qualche abilità in
più... metterlo in piedi... le operazioni ai piedi... i tutori, il
tavolo da statica, la fisioterapia, il girello... tutto con lo spettro
dell'epilessia che a volte si materializza con una crisi che lo fa
regredire per un po'... e che lo rende per alcune ore
"esattamente" come quella marionetta disarticolata
abbandonata sul palco... e poi viene il peggioramento, la
displasia dell'anca... l'impossibilità di stare in piedi su uno
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Come aquiloni… o quasi.
scheletro deforme che non glielo consente più... la decisione
per ora definitiva di non operare ancora e di più, inseguendo
a prezzo di sofferenze troppo pesanti per Simone, orizzonti
che probabilmente non gli appartengono e che non è
opportuno nemmeno "sperare"... la prima sedia a rotelle...
con tutto ciò che questo comporta in termini di "status
symbol"... ma non solo, visto che anche solo il fatto di stare
sempre seduti aggrava problemi "banali" (per noi quando ci
capita)... quali un intestino già di per sè pigro... portando
nuovi problemi nella gestione della quotidianità... e così via...
E sull'onda di questi pensieri forieri di disillusione mi
lascio un po' trasportare ed ascolto le ferite dell'anima... e mi
commuovo un po'.
L'applauso di fine spettacolo e le luci accese in platea
giungono repentine a distogliermi dai miei pensieri... spengo
la telecamera, e dal fondo del teatro, dove mi ero recato per
riprendere indisturbato e...senza disturbare, comodamente in
piedi, come a volte non riusciamo nemmeno ad apprezzare
quanto questa possibilità valga (sigh), mi riporto a metà della
sala... dove il resto dei "fan" di Marialetizia erano assiepati per
tributarle il giusto omaggio!
Mentre mi avvicino scorgo che Dario si è spostato dal suo
posto al centro della fila, verso il corridoio centrale, dove
stava abbracciando suo fratello Simone, che seduto sulla sua
sedia a rotelle (beh... questo in effetti, è un privilegio!)... ha
potuto "gustare" meglio di chiunque altro visto la visuale
libera... lo spettacolo. Mi avvicino...
"Ciao Dario, tutto bene? piaciuto lo spettacolo?".
Dario si gira, lo sguardo da "pesce lesso" che conosco
ormai fin troppo bene... e mi dice:
"Sì, bello papà... Papà, hai filmato vero l'ultimo balletto... quello della
marionetta?".
Forse ho bisogno di conferme alla sensazione che sento
comunque già intima certezza in me di una sensibilità
condivisa... ma non posso fare a meno di rispondere con
un'altra domanda
"Sì Dario... perchè me lo chiedi?"
E lui... guardando prima me con uno sguardo intriso di
ineluttabile tenerezza, bagnato da lacrime recenti, e poi
spostando lo stesso sguardo su suo fratello mentre lo
abbraccia di nuovo con tutta la delicatezza e l'affetto che si
possono immaginare in un essere umano, e con un briciolo di
rimprovero nel tono della voce... mi dice... semplicemente:
"Tu lo sai... papà"
251
Già... io "lo so" Dario, Grazie.
252
Come aquiloni… o quasi.
Simone: Dio fece l'uomo a sua immagine e
somiglianza, da lievi a gravissimi, anche i disabili?!?
Beh... è vero, probabilmente siamo tutti rigorosamente
autografati come dice qualcuno, però... il problema è che ci
sono alcune piccole differenze da digerire tra l'esempio del
grande Pittore che tutto può nella sua immensa bravura... e le
nostre tele "schizzate".
La prima, fondamentale differenza, è che le nostre tele
non vengono mediamente… "apprezzate" e valorizzate, in
quanto probabilmente non viene riconosciuto adeguato
valore all'artista che le ha dipinte.
E quand'anche se ne riconosca il valore, spesso si ha la
tentazione di non riconoscerne... la "paternità",
considerandolo un "falso", attraverso i nostri inevitabili
sentimenti di ribellione e la nostra sofferenza... che si
uniscono e si sovrappongono in maniera inestricabile al
contesto culturale e sociale in cui siamo inseriti... venendone
determinati e determinandolo al contempo, almeno in parte.
Perchè troppo spesso tutti (anche noi certo!) ragioniamo
come dei critici d'arte, pretendendo di dare valore alle cose e
alle persone secondo criteri che sono... irrimediabilmente...
solo "nostri", soggettivi, e perciò naturalmente... discutibili e
non assoluti.
E così facendo magari non "riconosciamo" un'opera
d'arte importante, o molto più facilmente scambiamo una
"patacca" per un capolavoro. Ve la ricordate la famosa "testa"
di Modigliani, quell'incredibile goliardata di tre giovinastri in
vena di scherzi che riuscì ad ingannare i critici più esperti?
253
Come aquiloni… o quasi.
Beh... non c'è niente di più facile fuori di metafora che
dare valore a cose e persone insulse, basandosi solamente
sulla loro apparenza... e sulla propria presupponenza.
Fatti ad immagine di Dio? Ma come... e dove starebbe il
Dio potente, onnipotente... che può tutto, quando i nostri
figli spesso non possono "nulla"? Dove il Dio buono e
misericordioso, quando in loro non c'è traccia della bontà e
della misericordia del suo... "pennello"? Eppure a volte...
quando il dolore per la condizione di questi nostri figli tanto
amati è meno forte... oppure proprio nel momento della sua
massima espressione... si riesce ad intravedere nello sguardo
sereno o anche assente, in un movimento impercettibile delle
palpebre di un disabile gravissimo o nel grido sgraziato di chi
è costretto in un corpo che non sa "esprimere" ciò che lui è
nel profondo... la presenza di un Dio non potente, ma
debole... quel Dio che dicono abbia comunque deciso di
"provare" ad essere uomo, e di provarlo in modo
drammatico. Per quel che ne sappiamo non nella malattia del
corpo, che ha sempre "combattuto" negli altri, anche a volte
con segni miracolosi durante la sua vita, ma nell'esperienza
della morte accompagnata dalla sofferenza più totale... quella
fisica, ma soprattutto quella del sentirsi e dell'essere
completamente abbandonato... anche da chi pochi minuti
prima diceva di amarlo… dai suoi amici più veri, per dire
all'Uomo che comunque sia la sua condizione, qualunque sia
la situazione in cui si snoda il percorso della sua vita... una
speranza c'è, se si vive pienamente e fino in fondo la propria
umanità.
Io almeno... credo sia questa "l'immagine e somiglianza"
più probabile... quella della debolezza e dell'impotenza...
254
Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
quella della sofferenza che dona speranza... quella della
serenità... "nonostante".
Rimane tuttavia una sottile... ma immensa differenza... e
cioè che i nostri figli la loro condizione di debolezza non
l'hanno "scelta"... ma se la sono ritrovata addosso... come una
condanna, o come un vestito... e sono costretti a "sceglierla"
giorno dopo giorno... e a trovare in essa le ragioni di vivere e
di sperare... per sè prima di tutto... e poi magari anche per gli
altri. Questa coscienza non credo sia facile da acquisire... da
chi non ha strumenti per farlo... e qui entra in gioco credo il
mistero più grande, quello che si arrende di fronte a ciò che
non capisce e non può capire... perchè non "risponde" ai
criteri con cui normalmente noi siamo capaci di guardare e
giudicare la realtà. C'è un passaggio che racconta anche
esplicitamente questa incomprensibile verità nella Bibbia... mi
piace ricordarlo, anche se io stesso non lo "capisco"
appieno... perchè non è "umano", ed è crudelmente illogico:
“Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i
sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere
i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è
nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono”
Un Dio che ama solo gli stolti e gli esclusi allora? Non
credo... credo piuttosto in un Dio che ama la relazione...
l'essere in relazione con... tanto da aver deciso di non voler
rimanere "solo" (nient'altro che questo sarebbe la
"creazione") e questo, sapienti e potenti (leggendo in queste
parole non chissà che, ma la semplice "sazietà" di una
persona "normale"... ) spesso non lo desiderano... al contrario
di chi, a causa della sua disabilità, ne è spesso escluso. Uno
spunto... un piccolo spunto per suggerire a me stesso prima di
tutto, che questa somiglianza... forse... potrebbe anche
esistere.
Ovviamente non è che Dio, nel concetto di creazione, "si
sentisse" solo... ma direi che Dio ha tanto amore in sè da non
poterlo tenere tutto... e perciò ha donato vita... è la stessa
esperienza che fanno tutti gli innamorati che arrivano a
decidere di donare la vita a qualcuno, qualcuno che non
conoscono e sul cui futuro sono disposti a rischiare, come
abbiamo fatto tutti noi... una vita... che nasce attraverso noi
stessi, ma che è altro da noi... tutto qui. Anche lui, come noi...
condivide l'esperienza di generare vita... imperfetta (perchè
questo è l'uomo... decisamente imperfetto, basta vedere come
si comporta!), e credo che se Dio esiste... condivida con noi
anche l'esperienza del dolore di questa genesi imperfetta, e la
speranza di un futuro nel quale anche questa imperfezione
sarà in qualche modo "superata". Questo è Dio nella mia
percezione... un compagno di cammino, che anche potendo
farlo, non si è comunque risparmiato le esperienze più dure
che ci è dato di vivere come uomini (che tra l'altro non credo
siano quelle di cui siamo qui a parlare, sarete d'accordo no?!)...
E’ l'unica immagine a mio parere ragionevolmente
accettabile, nelle nostre condizioni.
Alcune volte si sente dire che se va tutto bene è per
merito di Dio che tutto può e tiene le «mani in pasta»
dappertutto, mentre se va tutto male è colpa del libero
arbitrio di cui siamo dotati... ma non può esistere un Dio che
premia, così come non può esistere un Dio che castiga...
Ed infatti sicuramente non esiste!
Pensate solo a quanto è presuntuoso pensare che Dio
abbia voluto premiare o castigare..."ME", utilizzando per
mandarmi questo messaggio... una qualsiasi fortuna o
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
disgrazia. In quanto amore per definizione, perchè se esiste
non può essere altro che questo, se no non varrebbe la pena
nemmeno di sperare che esista, Dio non può far del male a
chicchessia... figuriamoci poi per soddisfare il mio
"egocentrismo" (perchè di questo si tratta in fondo...
interpretare tutto ciò che ci accade solo in funzione di noi
stessi!). Volenti o nolenti, noi non siamo il centro
dell'universo... e il senso di ciò che ci accade... nel bene e nel
male… lo dobbiamo cercare altrove!
“trasportabile” a spalla, e Dario soffre sicuramente di
“indolenza” da giovinezza incipiente. Ma un giro lungo il
torrente con la consolazione di vedere Dario andare in bici
insieme a sua sorella, mentre io “inseguo” con le
“quattroruote” di Simone, il gusto di mettersi tutti insieme
intorno ad un tavolo a preparare prima una semplice cena,
ognuno preparando un “pezzetto”, e dando il suo
contributo… e a consumarla poi… con la fiera
consapevolezza di esserne stati protagonisti… oppure a
giocare insieme qualche mano di scala quaranta (beh… solo
Simone non gioca… ma si diverte tantissimo a guardare gli
altri che giocano a carte)… beh dicevo… sono momenti
comunque indimenticabili, nella loro disarmante semplicità.
In tutto questo, stamattina al ritorno dalla nostra
passeggiata nell’alta valle, dove ci eravamo spostati in auto…
sono riuscito a rovinare in parte la fiancata della macchina
nuova, stringendo troppo una curva su una stradina
strettissima, e prendendo un muretto di sassi che la delimitava
a monte. Loro l’hanno capito, che non era improbabile che la
mia guida fosse stata in qualche modo “disturbata” dai
discorsi deliranti sulle ultime amichevoli di calcio estivo lette
in diretta sull’ultima gazzetta dello sport da chi sedeva al mio
fianco, e dalle contemporanee domande sulla “Pagina della
sfinge” da parte della piccola intellettuale della famiglia, e
vedendo la mia rabbia per la disattenzione, sono arrivati
anche a chiedermi scusa se era anche colpa loro! Ovviamente
li ho tranquillizzati in proposito, assumendomi in toto e
doverosamente le mie responsabilità di pilota “inetto”, ma mi
ha comunque fatto piacere che si fossero posti il problema e
avessero tentato in qualche modo di “condividere” una
Marialetizia: La “scelta"
Sono in vacanza da quasi una settimana… e di solito non
mi faccio vivo dalle sperdute montagne dove sono solito
cercare di riposare il corpo e lo spirito per qualche settimana
… anche dal forum, perché no? Ma ci sono cose, episodi,
piccoli “segni” che ti piombano addosso con la potenza di
una rivelazione, che non possono essere taciuti, non
completamente almeno.
Sto per terminare qualche giorno di vacanza da “ragazzo
padre”… con la mamma a casa a lavorare ed io in vacanza
con tutta la prole… giornate sicuramente ricche e piacevoli,
durante le quali sono probabilmente riuscito a “recuperare”
almeno parzialmente un po’ di “gradimento” da parte dei miei
figli, grazie e per colpa della convivenza forzata che
comunque oltre ad accentuare i piccoli dissidi, aiuta a creare
un clima di complicità difficilmente ricreabile nella
quotidianità “normale”. Niente di che … la composizione del
nucleo famigliare non consente chissà quali “acrobazie”…
specialmente da quest’anno, in cui Simone non è più
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258
Come aquiloni… o quasi.
responsabilità… invece di “fuggire” e additare il colpevole di
turno, come normalmente usa nel mondo moderno.
Ma la cosa che più mi ha fatto riflettere oggi è stato un
colloquio di poche battute avuto con la mia bimba … appena
dopo pranzo. Stavo cambiando Simone… quel gesto così
“normale” eppure così terribilmente “anormale” per un
ragazzo di ormai diciassette anni… ed improvvisamente la
piccola della famiglia, sulle cui gambe avevo adagiato il capo
di Simone per il cambio, se ne esce con questa “crudele” ma
semplicissima domanda: “Papà, Simone quindi (quindi che?
chissà quanti “sottintesi” c’erano in quel “quindi”) “non sarà
mai padre?” Già un bel colpo per un papà… sentire la
precoce e sofferta coscienza della propria figlia riguardo a suo
fratello, tanto da sentirmi in dovere di raccontarle anche
un’altra verità… “Sì patata… non sarà mai padre, come
molto probabilmente non lo potrà nemmeno essere il vostro
fratellone… (e giù di spiegazioni…), ma in fondo se ci pensi,
non è mica necessario essere genitori nella vita… guarda la zia
ad esempio (84 anni… nonna adottata) …” e mentre ancora
parlo per cercare di spiegarle che ci sono tanti modi per
cercare di essere felici o quantomeno sereni nella propria
vita… lei mi interrompe, e con una saggezza profonda e
disarmante… mi dice la “sua” verità… che non posso che
accettare come “assoluta”: “Lo so papà… ma lei… ha potuto
scegliere!”
Pochi istanti senza parole… guardandola negli occhi…
fino a quando ancora lei mi richiama alla realtà dicendomi:
“Papà… perché stai piangendo?” …
Già… perché?!?
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Come aquiloni… o quasi.
Il pensatoio:
Mia sorella ha cinquant'anni... e i traumi infantili
Mia sorella ha cinquant'anni... da ieri.
Per cui ieri sera ci siamo tutti fiondati (la sua famiglia, la
mia, la mamma e la zia)... in un ristorante cinese vicino a casa
per festeggiare in modo adeguato la ricorrenza!
Una bella serata... non capita spesso di sedersi tutti
intorno ad un tavolo, pur se abitiamo tutti nel raggio di un
km scarso... divisi più dal tempo che manca sempre, che non
dalla distanza fisica delle nostre abitazioni...
L'occasione è privilegiata per un tuffo nel passato... per
cui tra un involtino primavera e un won-ton, uno spaghetto di
soja in salsa chili ed un riso alla cantonese... un'anatra alla
pechinese ed una puntina di maiale fritto, un manzo con
cipolle ed uno spiedino di pesce... abbondantemente
annaffiati di un buon... pinot grigio (?!?)... la discussione
"scivola" velocemente sui ricordi, e si concentra abbastanza
peculiarmente su quel particolare tipo di ricordi... che siamo
soliti chiamare... "traumi", per la loro "forza", per la chiarezza
con cui ce li ricordiamo a distanza di decenni... per i risvolti di
vissuto "negativo" che sottintendono... traumi relazionali tra
fratelli, tra figlio e madre, madre e figlia etc etc...
E dopo aver passato una piacevolissima oretta a
raccontarsi fra l'ilarità generale episodi spesso esilaranti per il
contesto e per la storia stessa... spesso insignificante nella
sostanza, ma con effetti "devastanti" sulla propria
personalità... non ho potuto fare a meno di riflettere su una
cosa che è apparsa subito clamorosamente evidente: episodi
che hanno lasciato un segno anche "drammatico" come
vissuto di sentimenti e sensazioni in una persona... non sono
260
Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
quasi mai nemmeno "ricordati" dagli altri... che pur hanno
vissuto, magari con un "ruolo" diverso... la stessa situazione...
e naturalmente viceversa. Così è stato per esempio per due
episodi che io ricordo con "terrore"... vissuti da me con mia
mamma, che lei non rammenta minimamente e che anzi... si
rifiuta di avvallare come suoi "comportamenti" sulla base del
racconto che le ho fatto... ma così è anche per esempio
quando mia sorella mi ha chiesto se mi ricordavo tutti i morsi
che mi dava di nascosto da mamma e papà, quando per
qualche motivo era arrabbiata con me... traumi che sono stati
tali per lei... ma non per me...
E ritornando al mio ruolo attuale di genitore... e di
genitore down in particolare non posso fare a meno a questo
punto nemmeno di pensare, al di là del fatto che in ogni caso
questi piccoli episodi ci hanno "segnato" o "insegnato"
qualcosa... rimanendo come tracce indelebili nella nostra
mente... , che forse quell'incomunicabilità che percepiamo
spesso fra i nostri due pianeti... su orbite parallele che non si
incontrano mai pienamente... non è altro che la semplice
"coscienza" di una realtà che in fondo non è solo "nostra"...
di noi genitori con figli speciali... non appartiene solo alle
realtà cromosomicamente modificate..., ma in realtà permea
tutta l'universo dei rapporti interpersonali... dove la sintonia
totale, di sentimenti, sensazioni, vissuto e ricordi...
rappresenta l'eccezione... e non certo la regola.
E penso a Dario... a Simone... alle tante volte che non ho
"compreso" pienamente un loro modo di fare, di essere, una
reazione imprevista... e mi consolo.
E nel far questo sorrido, arrendendomi alla
consapevolezza di essere genitore... inutile, che può mostrare
un cammino, e camminare insieme al proprio figlio... ma di
sicuro non può scegliere per lui... da che parte andare, nè può
determinare la sua futura felicità o infelicità.
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262
Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Normali… attributo usato in vario modo a seconda di chi lo
N come Nati
Beh… se siamo qui a parlarne… è evidente che questo aggettivo
appartiene loro… al contrario di tanti loro simili, cui per tanti
motivi, sia naturali (la famosa “selezione” che colpirebbe con
maggiore frequenza in utero gli “errori” genetici) che no … (aborto
terapeutico),l'aggettivo non si applica. Chi ha scelto per la nascita, o
senza scegliere si è ritrovato la sorpresa di questo cromosoma in
più… il più delle volte (e dopo un percorso di accettazione variabile
da pochi istanti a tutta la vita…) è o quantomeno si dice contento
della scelta fatta… chi ha scelto diversamente, non è dato di saperlo
in genere, perché o si disinteressa al “problema” in quanto non lo
reputa tale… oppure, in caso contrario e per ovvi motivi… lo
rimuove. Tra i rari casi che non rientrano in quanto descritto… e
che perciò ne parlano, c’è chi si dice convinto di aver fatto la scelta
giusta… e chi si macera nel rimorso…
L’unica certezza quindi è che pare impossibile sapere o anche solo
prevedere con sufficiente ragionevolezza a priori a quale categoria
tra tutte quelle citate si apparterrà, una volta che la sdd, in un
modo o nell’altro… sarà comunque entrata nella propria vita.
Ah… parlavo dei genitori ovviamente. Infatti sembra che la stessa
domanda (posta nella variante “sei felice di essere Nato?”) rivolta
alle persone con sindrome di down abbia un’unica possibile
risposta… che è un deciso “SI”! Uno strano caso statistico… sul
quale del resto non possiamo avere la controprova scientifica perché
non sappiamo e non potremo mai sapere cosa ne pensano quelli che
per i sopraccitati motivi invece… Nati non sono.
263
pronuncia; se è un genitore generalmente con spirito
rivendicatorio… anche se con significato statisticamente scorretto. Se
in fatti Normale è chi rientra nella distribuzione media della
maggioranza della popolazione… guardando determinate
caratteristiche … le persone down Normali… proprio non lo
sono! Una volta preso coscienza di questo fatto si abbandona il
termine e lo spirito rivendicativo … e si rilancia in “positivo”
dicendo che ne persone down non sono Normali perché sono …
“Speciali”! (vedi lettera S)
264
Come aquiloni… o quasi.
Dario: Il colore del Presidente
Chi non lo sa? Chi non ha sentito "la notizia che
sconvolgerà il mondo"? Oggi per la prima volta nella storia è
stato eletto negli USA un Presidente "di colore"... anzi "nero"
(perchè anche il bianco in fondo è un colore no?!? E allora
perchè chiamare solo il "nero" se presente sulla pelle...
"colore"?). E la notizia è ancora più "notizia", visto che in
fondo non è stato eletto... per questa sua particolare
caratteristica... ma probabilmente "solo" perchè i contenuti
del suo programma... hanno convinto di più il popolo
americano.
Non vi preoccupate... e non pensate che stia violando le
semplici regole della imparzialità di questo testo... non mi
importa qui commentare la sua vision più o meno progressista
o conservatrice... così come non me ne importava quando ieri
sera ne ho parlato con i miei figli (Dario e Marialetizia...
Simone non si interessa di politica!). Però l'occasione per
parlare di cambiamenti culturali comunque importanti non
l'ho lasciata cadere... ed in termini pur semplici ne ho
approfittato per disquisire con loro di schiavitù, dignità
umana, uguaglianza... e del fatto che comunque questo fatto
dopo tanti anni di accanimento razziale che fonda le sue
origini nel colonialismo e nell'estirpazione fisica e culturale di
generazioni di africani per essere "trapiantati" nel "nuovo
mondo"... poteva rappresentare almeno in teoria un simbolo
di grande rinnovamento culturale nei confronti della
diversità... in questa sua "forma" particolare che da sempre ha
rappresentato e purtroppo ancora oggi rappresenta uno degli
ostacoli più difficili da superare.
265
Come aquiloni… o quasi.
Una volta resi coscienti i miei figli di avere il privilegio di
poter assistere a questo evento comunque "storico", ho
chiesto loro cosa ne pensavano... e loro con semplicità ma
coerenza mi hanno esposto le loro esperienze e i loro punti di
vista in merito. Dario, dal canto suo... mi ha detto che lui non
ha mai avuto problemi a relazionarsi con i "neri" (falso... c'è
stato un periodo che li "temeva" per qualche evidente motivo
di percezione della diversità... che lui esprimeva con
semplicità attraverso un sincero ma evidente rifiuto del
rapporto, al contrario noi esseri normo-pensanti che magari
rivestiamo il nostro rifiuto di contenuti molto più subdoli ed
elaborati) e che addirittura ha tre amici negri, con cui spesso
discute sul pullman mentre va al lavoro (sì... sempre "quel"
pulman... quello dove succede di tutto e di più!). E poi ha
aggiunto: "Non parlano per niente bene... ma ci capiamo lo
stesso!"
Pensando alle indubbie difficoltà espressive che Dario
manifesta nel linguaggio parlato... non ho potuto fare a meno
di sorridere a questa immagine... tre negri e un down che con
il loro italiano stentato pur se per diversi motivi discutono su
un pulman (di cosa... non sono riuscito a farmelo spiegare!)
scherzandoci sopra anche con lui ("Parlerai bene tu eh!?!")... e
di pensare che i nostri ragazzi per le loro "doti" potrebbero
tranquillamente svolgere il ruolo di "mediatori culturali"...
almeno in questo periodo di transizione... fino alle prossime
elezioni... quando hai visto mai che dopo Obama il prossimo
presidente si possa distinguere... non per il colore... ma per il
taglio degli occhi?!?
Il "sogno americano"... è anche questo!
266
Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Beh... che dire su questo tema... proprio oggi che è il
compleanno di Dario e che nel biglietto di auguri che troverà
al rientro a casa dal lavoro (riportata qui di seguito) si parla di
sogni realizzati e di sogni ancora da realizzare? Credo che io
debba dire che... sognare non solo "si può"... ma "si deve"... e
molto probabilmente "serve".
Già, perchè Dario ha sempre inseguito il sogno di
diventare cuoco... e di "esercitare" la sua professione in
quell'Hotel.
E' diventato "aiuto cuoco"... e lavora part-time nell'hotel
che desiderava... ma in fondo... la sua adultità è quella di
"uomo semplice"... e quindi va più che bene così, non
credete?
Ci sono tantissimi altri sogni con cui si è confrontato... da
quando ha iniziato a sognarli... e ovviamente in tanti casi... li
ha dovuti (come nel caso del sogno realizzato del resto)
ridimensionare... con fatica e sofferenza certo, ma senza
perdere la speranza che almeno in parte si potessero
realizzare. E' un cammino lungo... ma indispensabile per la
serenità dei nostri figli, quello di confrontare desideri e
possibilita' reali... un cammino che è di tutti nella vita, ma che
per loro è particolarmente importante e significativo... che
può portare non ad abbandonare i propri sogni (non sarebbe
giusto, io non lo faccio mai...) ma ad essere comunque
"abbastanza" contenti di ciò che si riesce a vivere nella realtà.
Come da sempre dico a Dario (e a me stesso
probabilmente...) "tu mira in alto... e fa ciò che puoi..."
i tuoi fratelli. cerca di impegnarti a terminare bene i tuoi studi, per
riuscire un giorno ad avere un lavoro tuo... e la possibilità di crearti una
tua famiglia o di vivere dignitosamente da "single"... coltiva le tue
passioni ed i tuoi hobby, tieni sempre fede ai tuoi impegni.[...]
29 ottobre 2008
[...]Cerca nel futuro le cose importanti, e concentrati su quelle:
l'amicizia, l'amore, la solidarietà verso chi è più sfortunato, l'affetto verso
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Te le ricordi queste parole Dario? Te le abbiamo scritte
tre anni fa... per farti i nostri auguri per i tuoi diciotto anni.
Eri abbastanza lontano da alcuni obiettivi della tua vita...
stavi ancora studiando... e ancora non sapevamo cosa ti
avrebbe riservato il futuro in questi anni.
Oggi, nel giorno del tuo ventunesimo compleanno...
rileggendole... possiamo insieme capire quanto importante sia
avere fiducia nel futuro... e impegnarsi con tutte le proprie
energie per inseguire i propri sogni. Uno di questi sogni oggi
è diventato già realtà... hai un lavoro, uno stipendio, puoi
pensare con più concretezza alla tua vita da "adulto"... puoi
essere fiero di quello che hai fatto, con il nostro aiuto
ovviamente, ma l'importante è che questo non ti fermi
dall'inseguire gli altri sogni che hai per la tua vita. Alcuni di
essi sono anch'essi scritti in quelle righe... ma non è detto che
siano i soli... tu puoi scegliere in quali credere e per quali
impegnarti... e quali invece non fanno per te.
Fallo con decisione... fallo nel rispetto e con l'aiuto di chi
ti vuole bene... mamma prima di tutto, papà, Simone e
Marialetizia. Noi tutti saremo sempre al tuo fianco, aiutandoti
se avrai bisogno di noi... solo guardandoti con gioia se ce la
farai da solo.
Però crediamo che oggi sia giusto che tu guardi un attimo
indietro... al cammino che hai fatto... alle tante persone che ti
hanno aiutato a diventare la persona in gamba che sei... con
268
Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
gratitudine... perchè questo fanno i grandi uomini...
riconoscono che senza gli altri, non sarebbero ciò che sono.
E tu ormai... sei un uomo Dario... un uomo "semplice"...
tanto che a volte facciamo finta che sei ancora il nostro
bambino.
E per ricordare anche a te che stai “crescendo”… ti
rialleghiamo qua sotto per intero la lettera che ti abbiamo
scritto per i tuoi 18 anni
Ti vogliamo bene
Ora sei nell’età che i genitori stanno cominciando a diventare un “peso”
… figure un po’ scomode a volte, a volte invece ancora “cercate” e
desiderate nel futuro che immagini per la tua vita …
Diciotto anni in realtà è un giorno come tanti altri, non è che oggi diventi
diverso da come sei stato fino ad ora, solo la società ha deciso che 18 è
una specie di numero magico, in cui le persone possono essere considerate
“mature” per avere il diritto di scegliere cosa fare nella propria vita; tu
sai che noi ti abbiamo sempre educato a questo, a scegliere … aiutandoti
certo, ma lasciando a te la responsabilità delle tue azioni… devi solo
continuare a farlo, con la stessa “prudenza” che ti ha sempre
accompagnato, con la stessa passione per le cose e soprattutto per le
persone, con la stessa “semplicità” di uomo a 47 cromosomi… Già
perché se non fosse così, se tu non fossi un ragazzo “down”… mica
saresti così Dario, saresti un’altra persona, e noi proprio non riusciamo
a pensarti diverso … perché ti vogliamo bene così come sei.
Ti promettiamo che saremo sempre al tuo fianco nei momenti importanti,
belli o brutti della tua vita, anche se magari da oggi … un po’ più “da
lontano” … perché forse da oggi la tua voglia di essere “indipendente”
aumenterà un po’ … ed è giusto e bello che sia così. Vai incontro al tuo
futuro con gioia e fiducia, ed il futuro ti sorriderà …
Cerca nel futuro le cose importanti, e concentrati su quelle: l’amicizia,
l’amore, la solidarietà verso chi è più sfortunato, l’affetto verso i tuoi
fratelli, cerca di impegnarti a terminare bene i tuoi studi, per riuscire un
giorno ad avere un lavoro tuo … e la possibilità di crearti una tua
famiglia o di vivere dignitosamente da “single”… coltiva le tue passioni
ed i tuoi hobby, tieni sempre fede ai tuoi impegni.
Attacchiamo a questi nostri semplici auguri la canzone che papà aveva
scritto per te prima ancora di conoscerti, quando eri ancora nella pancia
della mamma, e non sapevamo che eri un maschietto, non sapevamo che
avevi i capelli biondi, non sapevamo che avevi la sindrome di down …
Dario, carissimo figlio … ormai grande
Oggi sono 18 anni che sei nato, diciotto lunghissimi anni passati
(almeno per noi) in un attimo.
Diciotto anni in cui ti abbiamo visto nascere, crescere, diventare
bambino, ragazzo, adolescente … quasi uomo ormai.
Ci sono tantissime cose che vorremmo dirti in questo momento… ma le
parole ci sembrano tutte vuote e non adatte ad esprimere la ricchezza di
questi anni passati … da papà e da mamma.
Già perché tu sei stato il nostro primo “figlio”, quello che ci ha guidato
nell’esperienza di imparare il mestiere di “madre” e di “padre”, giorno
dopo giorno, insegnandoci con pazienza a rispettare i tuoi tempi, senza
chiederti troppo o troppo poco rispetto a quelle che erano le tue possibilità
(una cosa che ci è venuta utilissima anche dopo, quando sono nati i tuoi
fratelli… ) ma soprattutto educando il nostro cuore all’amore …
E se sei cresciuto bene, quel ragazzo così “in gamba” che tutti conoscono,
non tanto per le cose che “fai” ma per come “sei” di dentro, nel tuo cuore
… lo devi forse un pochino anche a mamma e papà (soprattutto
mamma, che ha dedicato a te tantissimo tempo, attenzione, amore) …
ma soprattutto a te stesso ed al tuo desiderio di essere una persona con
una vita piena di cose e di significati.
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Come aquiloni… o quasi.
non sapevamo niente di te insomma, se non che ti volevamo già allora un
bene incredibile… lo stesso che ti vogliamo oggi.
Auguri Dario … e GRAZIE di esistere
Il tuo “papà Sandro” e la tua “mamma Paola”
LETTERA A DARIO
Il trenta di marzo di qualche anno fa è nata una stella
nessuno però l'ha mai vista brillare:
è nata, è caduta, ha cambiato universo
adesso nel cuore risplende una luce
che è quasi più dolce di un'eternità....
e tu, bambino mio, ricordati che
una stella caduta è una stella che c'è!
la luce non muore, però non appare...
finche il suo raggio nel cielo buio
un altro uomo incontrerà.
Ti affacci alla vita con l'ingenuità
che al cuore, da oggi
il mondo contorto vorrà strappar via
parlandoti di gloria e di vanità.
Resisti sereno e credi con noi:
la vita è più sempice se tu lo vuoi!
e tu, bambino mio, ricordati che
una vita più bella di questa non c'è!
Sorridi felice e piangi se vuoi, ma credi
al mondo ed al futuro: dipende anche da noi
Se devi lottare non cedere mai
271
Come aquiloni… o quasi.
raccogli le forze per la verità
e se perdi coraggio e non ce la fai...
tu mira più in alto e... fa ciò che puoi.
Ricorda che anche se un giorno tu avrai
la tua religione, la tua ideologia...
soltanto una cosa ti potrà salvare:
giocare nel mondo la tua umanità!
Simone: La Giralda... lezione di vita.
La Giralda, per chi non lo sapesse (come me fino a
settimana scorsa!)... è la bellissima ed altissima torre affiancata
alla cattedrale di Siviglia, in Andalusia, dove ci siamo recati
con la famiglia "allargata" comprendente tre nonni
ultrasettantacinquenni settimana scorsa per qualche giorno di
vacanza.
Come in quasi tutti i monumenti importanti di questa
bellissima regione, la sua funzione (e conseguentemente
anche la sua "forma") sono variati nel tempo, passando
dall'originale funzione di minareto islamico a quella di
campanile e torre campanaria dell'odierna cattedrale cattolica,
famosa anche perchè in essa vi è la tomba di... Cristoforo
Colombo. In essa perciò vi sono rappresentati diversi stili... in
un armonia che mi piace pensare possa simboleggiare già oggi
la speranza di un futuro di convivenza pacifica e
reciprocamente arricchente anche per le persone che di
queste religioni sono sinceramente fedeli. Ovviamente il
risultato odierno non è frutto di "contaminazione" culturale...
ma di lotte e di scontri violentissimi e di volontà di
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
sopraffazione reciproca che spesso si esprimeva proprio nella
distruzione o nello stravolgimento artistico delle altrui fatiche.
Chissà che il bellissimo risultato finale che noi vediamo oggi
non sia invece al contrario davvero un auspicio di difficile ma
possibile fraternità...
A parte questi "pensieri improvvisi"... appena ha visto la
Giralda da lontano, Marialetizia, che da me ha ereditato la
passione per le "altezze" ha manifestato il desiderio di salire
sul terrazzo più alto (pensate... a ben 93m di altezza dal
suolo!)... ed io le ho naturalmente promesso che al termine
della visita della Cattedrale sicuramente l'avrei accontentata
(anche perchè naturalmente... era anche un mio desiderio
vedere come si presentava quella bella città vista dall'alto!).
Ma la vacanza volgeva già al termine... ed io ero
sufficientemente stanco di portare la mia "zavorra" (leggi...
"Simone")... e la sua "appendice" altrimenti conosciuta con il
nome comune di "sedia a rotelle" (di peso analogo)... su e giù
per torri, palazzi, ponti, scale, scalette, gradinate e
marciapiedi... e così pensando al fatto che comunque
probabilmente lui non avrebbe goduto più di tanto del
panorama pur bello visibile da lassù... e memore della natura
normalmente ripida ed angusta delle scale che portano in
cima a simili manufatti... ho approfittato della presenza degli
affaticati nonnetti (e della loro disponibilità) per organizzare
una spedizione "leggera" alla conquista della cima della torre...
cioè, famiglia al completo ma senza l'uomo a quattro ruote. In
questo naturalmente ha pesato anche il fatto che più gradini si
fanno a mano... più si alza la probabilità di un inciampo, una
manopola che sfugge... etc etc... e di conseguenza anche il
rischio di far del male al "trasportato".
Potete immaginare la mia sorpresa quando... entrato nella
torre, dopo aver abbandonato la parte di comitiva destinata a
rimanere "a terra"... mi sono ritrovato a percorrere una serie
di 37 larghe, agevolissime (ed accessibilissime!!!) e nemmeno
troppo ripide rampe che con percorso a "spirale quadrata" ci
hanno portato fino in cima al terrazzo (tranne una decina di
gradini sulla rampa finale), meta della nostra ascensione
panoramica! Rampe sulle quali le frotte di persone che
salivano e scendevano non facevano alcuna fatica ad
incrociarsi, e lungo le quali non avrei avuto problemi a
trasportare anche Simone sulla sua carrozzina... con un sicuro
divertimento da parte sua... più che per la meta... proprio per
il viaggio stesso (come quasi sempre è del resto). Bello il
panorama da lassù... ma mi è rimasto il dispiacere di non
averci portato Simone, per un mio errato pregiudizio... legato
ad ignoranza dettata da "luoghi comuni". E quando alla sera
ho ripensato a questo episodio, e al di poco successivo
ribaltamento della sedia a rotelle, del quale sono stato
involontariamente responsabile insieme al grosso bernoccolo
del suo occupante per aver dimenticato di mettere il freno
mentre tranquillamente seduti lungo la riva del Guadalquivir
sorseggiavamo un bicchiere di sangrìa... non ho potuto fare a
meno di darmi doppiamente dello stupido... per aver
rinunciato ad una "opportunità" alla portata (col senno del
poi) senza provare... senza lottare... e per aver colpevolmente
causato del male a mio figlio... proprio nel momento in cui lo
pensavo più protetto da tutti i pericoli...
Giralda... piccola-grande scuola di vita da non dimenticare
per il futuro!
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Come aquiloni… o quasi.
Marialetizia: Compiti delle vacanze: Tema
Anche se non ci fosse stato il nome nel titolo penso che si
capisca subito che in questo brano non parlerò di Dario (lui
lavora... e i "compiti delle vacanze" sono per lui ormai un
lontano ricordo!)... nè di Simone del resto, che di compiti
delle vacanze... non ne ha mai fatti in vita sua. Piccola
protagonista di questo episodio ancora una volta sarà
l'intellettuale della famiglia, la piccola Marialetizia, che si
appresta lunedì ad iniziare la terza elementare.
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Come aquiloni… o quasi.
E proprio per questo, dopo aver trascorso delle belle
vacanze all'insegna del "più si sta fuori casa meglio è"... in
quest'ultima settimana che precede il ritorno a scuola... ha
dovuto fare... una piccola "volata", per recuperare sul tema
"compiti"... ed arrivare a lunedì senza "conti in sospeso".
Tra i sospesi appunto, c'era un tema (non riuscirò mai ad
imparare ed utilizzare i nuovi, fantasiosi e complicati nomi...
tipo "elaborazione testo" o similari che i moderni insegnanti
danno a questa attività particolare che prevede di tradurre su
carta pensieri personali, componendoli in uno svolgimento
logico, completo e comprensibile a chi legge), il cui titolo era,
per fortuna senza alcuno sfoggio di fantasia in questo caso,...
"Descrivi il tuo/la tua migliore amico/a".
La "scelta" di Marialetizia è stata "obbligata": Michela, una
sua compagna di scuola materna con la quale, grazie anche
all'amicizia che lega due famiglie... ha continuato ad avere un
rapporto molto intenso, sia per frequentazione che per
"intensità", anche non essendo andate poi nemmeno alla
stessa scuola elementare.
Ma attività extra-scolastiche, qualche pomeriggio, sera...
ed anche qualche giorno di vacanza le hanno viste spesso
insieme, con loro grande gioia, permettendo che la loro
amicizia si nutrisse e si rafforzasse, trasformandosi piano
piano, per adeguarsi alla loro età in evoluzione.
Dopo aver terminato di scrivere... Marialetizia mi dice:
"papà, vuoi leggere?"
Va detto che io cerco di stare normalmente il più lontano
possibile dai "compiti", convinto come sono che comunque...
essi siano una "faccenda" che riguarda essenzialmente discenti
e docenti, sia perchè metterci il becco al giorno d'oggi (in cui i
metodi didattici cambiano con la velocità della luce... e non
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
sono più "fissi ed immutabili" come ai miei tempi!) può
ingenerare confusioni di proporzioni catastrofiche, che
soprattutto perchè se un bambino arriva sempre a scuola con
i compiti fatti (magari dai genitori senza che lui abbia avuto la
possibilità di "capire")... gli insegnanti non potranno mai
avere una corretta visione nè dei limiti di apprendimento del
bambino e della classe, nè dell'efficacia del proprio sforzo
educativo. E per queste mie convinzioni (e magari anche per
un briciolo di pigrizia... ma questa è un'altra storia)
normalmente "intervengo" come genitore in queste attività
solamente "dietro richiesta" dell'interessato (magari in caso di
difficoltà di comprrensione)... o se volete usare una moderna
definizione internazionale... "on demand".
Ma questa volta ero comunque incuriosito di vedere se i
pensieri scritti dalla mia bimba sul tema coincidevano con
l'immagine che appare a chi può vederla giocare con la sua
amica e spesso anche litigare per poi rappacificarsi pochi
minuti dopo, con una spontaneità che solo a quell'età credo
possibile e sincera. Insomma... tutta questa spataffiata per
dirvi... che alla sua domanda ho risposto prontamente:
"Lo leggo volentieri Marialetizia!".
Nel breve testo c'era ovviamente un po' di tutto... dalla
descrizione fisica abbastanza dettagliata di Michela... alla
descrizione anche dei suoi lati caratteriali, pregi e difetti (e
sono stato contento di trovare una descrizione così
"approfondita" e non solo superficiale). E così mi sono anche
potuto confermare nella mia convinzione di stare alla larga
dai compiti. Solo, mentre leggevo la descrizione fisica di
Michela... "E' molto alta per la sua età, ha capelli castani a
caschetto, e occhi marroni e rotondi..." mi è venuto da
correggerla dicendole: "ma dai Marialetizia! Tutti hanno gli
occhi rotondi! Hai scritto una cosa inutile... che non serve a
capire come è fatta la tua amica... perchè è comune a tutte le
persone!"
Da manuale l'immediata risposta che ho ricevuto, che non
si è fatta attendere per più di una frazione di secondo
(denotando e dimostrando il fatto che quella frase era stata
proprio..."pensata" così come poi era stata scritta),
pronunciata con il piglio e l'orgoglio di chi sa di essere dalla
parte della ragione e con quel "pizzico" di crudele ma innocua
cattiveria che deriva da questa coscienza (ben esprimibile con
il molto usato emoticon) :
"No papà! Per esempio Dario ha gli occhi a mandorla!".
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Divido il mio breve commento a questo episodio dal suo
racconto, per non appesantirne la freschezza.
La riflessione immediata e che mi è scaturita da dentro
con duplice effetto di imbarazzo e consolazione è stata:
"Hai proprio ragione Marialetizia... per me forse il mondo è fatto
ancora di <persone con gli occhi rotondi> (normali)... e degli <altri>,
mentre tu, nella tua fortuna-sfortuna di sibling che ha fatto tanta
esperienza di disabilità nella sua pur ancora breve vita (sia dentro che
fuori dall'ambito famigliare), hai già interiorizzato che la <diversità> è
<normalità>... e che le persone... non hanno tutte gli occhi rotondi...
possono averli anche a mandorla o di qualsiasi altra, originale, rara ed
inopportuna forma... ed è normale che sia così. E l'hai capito così
profondamente bene, da essere obbligata a dire con naturalezza... per
descrivere in modo efficace e completo la tua migliore amica... ciò che per
la maggioranza di noi... grandi e probabilmente disillusi, è un dato
superfluo, "normale"... e perciò in fondo... strumento di sottile ed
inconsapevole discriminazione."
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Come aquiloni… o quasi.
Avevo presuntuosamente già la gomma nella mano pronta a
cancellare quell'inutile parola... quando mi è arrivata come una
freccia la risposta saggia e pungente di Marialetizia alla mia
osservazione...
La mano si è fermata, la gomma si è posata sul tavolo... le
labbra sorridendo hanno pronunciato stupite poche, semplici
parole:
“E' vero, hai ancora ragione tu Marialetizia... grazie!"
delimitano una forra altissima con sotto un torrente
impetuoso... ma potrebbe essere benissimo un qualsiasi altro
ambiente... basta che sia... "alto"... molto alto!)... e
l'imperativo irrinunciabile ed improcastinabile di doverlo
percorrere interamente... con i soli nostri mezzi... con la
nostra incapacità ed impreparazione... ma anche con la
coscienza che andare dall'altra parte... "si deve", e che
"quella"... si proprio quella... è l'unica strada possibile!
Sulle spalle... abbiamo un piccolo (o grande) fardello... un
figlio, che in questo pezzo di cammino non può farcela da
solo, e che perciò abbiamo il dovere ed il desiderio... di
accompagnare dall'altro lato...
E qui .. le differenze! Sul filo ci si può cimentare come un
normale equilibrista fa... stando in piedi... (vogliamo
schematizzare .. gli "ottimisti"?)... e magari aiutandosi con un
bilanciere (quella lunga pertica orizzontale che aiuta a trovare
equilibrio... e che non è "necessaria"... perchè alcuni bravi
equilibristi possono anche farne a meno...), che
metaforicamente potrebbe rappresentare o la fede, o anche
solo la propria fiducia nel futuro... o nelle capacità dei propri
figli...o nelle persone intorno a noi che sapranno aiutarci in
questo cammino... insomma tutto quanto in qualche modo
"fuori" da noi, pur essendo parte di noi stessi, "corpo unico"
col nostro essere equilibristi in questo mondo ed in questo
momento... ci aiuta a camminare nella giusta direzione...
Ma non è l'unico modo di "attraversare"... ci si può anche
"appendere" per le mani... e spostarsi in questo modo lungo il
filo... (nella crudele e parziale schematizzazione... i
"pessimisti"?) Un modo di "camminare" certamente più
faticoso... meno propenso per certi versi all'"aiuto" esterno
(mica si può usare il bilancere in questo modo!) e più centrato
Il pensatoio: "perchè la vita è tutto un equilibrio
sopra la follia”
Oggi non sono in vena di disquisizioni profonde che
scaturiscano dal mio animo... e mi voglio perciò servire di
un’immagine per dire la mia opinione su un tema
particolare… quella della classificazione dei genitori “speciali”
in “ottimisti” e “pessimisti”. L’immagine mi è saltata alla
mente... leggendo dei diversi "approcci" che ognuno di noi, in
modo più o meno consapevole e sistematico, o a seconda
degli stati d'animo del momento, mette in pratica o anche
semplicemente sperimenta nella propria vita... in riferimento
al proprio essere genitori di una persona disabile.
A volte un'immagine può valere più di tante parole... e
questo esercizio più o meno cosciente di "visualizzazione"
può servire a chiarirci molte cose che mente e cuore da soli,
nella loro spesso disperata incapacità di comunicare
pienamente... non riescono a mettere a fuoco con nitidezza.
E questa immagine per me è questa:
Un lungo filo da equilibrista... teso fra due altissimi
sostegni (a me vengono in mente le pareti scoscese che
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
forse (condizionale d'obbligo naturalmente) sulla propria
forza e capacità di farcela...
Una variante? Mani e piedi abbarbicati a quella fune... a
schiena in giù (senza perciò potere guardare verso il basso)...
ottimizzando le proprie energie e riducendo al minimo (si fa
per dire naturalmente... vista la situazione!) l'impatto emotivo
dell'attraversamento.
Ma due cose fondamentali sono "comuni" a tutti... il
"percorso".. inteso come punto di partenza e punto di arrivo
ed il fatto che un "passo falso"... avrebbe la stessa
conseguenza, al di là di quale sia stato l'approccio, la tecnica
scelta per l'attraversamento... una caduta... la cui "diversità"
tra lo stare "sopra" il filo o "sotto" non farebbe alcuna
differenza sull'esito della stessa... (fatto salvo naturalmente
che stupidi non siamo... e che a quella benedetta fune... ci si
può anche "assicurare"... e a voi l'esercizio metaforico di
immaginare cosa possa rappresentare inquesto cammino
"reale" una valida assicurazione ).
E allora, con molta semplicità e tanta forza di volontà...
bisogna semplicemente... attraversare... come ne siamo capaci
o come ci sentiamo di fare... senza fermarci troppo a pensare
per non perdere le forze, ma senza nemmeno muoverci in
modo avventato...
Ci potremo riposare ogni tanto... magari anche "cambiare
tecnica"... partire in piedi e continuare con la sola forza delle
braccia (o viceversa) con o senza bilancere... perchè questo
potrebbe anche "sfuggirci" di mano... a quattro zampe...
insomma, l'importante non è il "come" arrivare dall'altra
parte... ma è arrivare, perchè è là che dobbiamo
accompagnare i nostri figli. E una volta giunti "là"... potremo
anche scoprire di non avere più la forza oppure il coraggio
per un altro attraversamento, il prossimo... quello che
naturalmente "scopriremo" non appena posato i piedi su
"terreno solido".
E allora, potremo anche decidere di fermarci... contenti di
essere arrivati lì, dove la vita ci indicava imperativamente di
arrivare...
Genitori più forti o solo più abili di noi, forti anche delle
nostre esperienze e del nostro cammino, che ha chiaramente
mostrato loro che attraversare... è possibile... potrebbero
raggiungerci, se sono gentili ringraziarci (come noi avremmo
dovuto fare con tutti quelliche abbiamo..."superato")... e poi
senza indugio proseguire... fino alla prossima meta.
Questo è il nostro cammino... che sia un cammino
interiore o concreto di cose da fare... poco importa... va
percorso, con il nostro originale carattere ed il nostro
personale e momentaneo stato d'animo, fino a quando
stanchi e magari sfiduciati oppure sereni di aver fatto tutto il
possibile...e di non poter andare più oltre... alzando lo
sguardo un attimo, vedremo nostro figlio salutarci... dal
mezzo della prossima fune...
E' il mio augurio per tutti noi genitori... al di là del
significato che diamo a quel "pacco" (nome che in
riferimento al "tema" di questo scritto può assumere il doppio
significato di "dono" o anche di... “pacco” vero e proprio!!!)
che ci è stato in qualche modo affidato e che “riassumo” con
le parole emblematiche di un doverosamente ambiguo
"oracolo" (visto il tema) della modernità (Vasco Rossi) che
dice in una sua canzone:
"Perchè la vita è un brivido che vola via... è tutto un equilibrio sopra la
follia..."
Buon cammino!
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Come aquiloni… o quasi.
O come Ostinati, Oppositivi:
Su questo sembra che siamo tutti d’accordo: la loro ostinazione è
pari solamente a quella … della loro oppositività. Ai genitori di
bimbi piccoli che se ne meravigliano e che considerano (giustamente!)
la prima come una risorsa e la seconda come una prova evidente del
desiderio di affermazione della propria personalità… auguro di
mantenere lo stesso parere… una volta che queste caratteristiche
così positive … si sommeranno amplificandone gli effetti più
deleteri… con le stesse peculiarietà, nella loro versione tipicamente
pre-adolescenziale e adolescenziale: da esaurimento nervoso!
O anche come Ossessivi-(compulsivi): soggetti spesso a
bombardamenti eccessivi di stimoli, voluti o non voluti,
sistematicamente pianificati da genitori iperattivi in preda ad ansia
da prestazione… o dalla semplice velocità troppo elevata del mondo
che gira intorno a loro… loro, che sono esseri a “bassa velocità”…
a volte sentono il desiderio di “staccare la spina”, chiudendosi in un
loro mondo privato… fatto di atteggiamenti e gesti ripetitivi…
rituali, spesso al limite dei tic… decisamente defaticanti per la loro
mente probabilmente sovraccarica.
Molteplici e fantasiose le soluzioni adottate… dalle macchinine
rovesciate e fatte girare sul tetto, al colloquio serio e personale con
foglie, bastoncini e ramoscelli… il tutto protratto per diverso tempo
e senza che venga permesso ad alcuno di interferire o interrompere:
alieni.
A questo a volte si aggiungono poi anche veri atteggiamenti al limite
dell’ossessione, o della cura maniacale… quali ad esempio il rifiuto
irragionevole di un determinato tipo di tovagliolo, o la manìa per la
disposizione precisa degli oggetti, delle bottiglie che devono sempre
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Come aquiloni… o quasi.
essere tappate, degli sportelli e dei cassetti sempre chiusi… e vi
assicuro che non è amore dell’ordine! (proprio no!) E’ più che altro
una analoga forma di auto-rassicurazione sulla realtà che li
circonda attraverso la codifica di alcuni punti fermi… certezze, una
sorta di esorcismo del disordine e della disorganizzazione che
probabilmente regnano incontrastati nelle loro menti troppo piene.
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Come aquiloni… o quasi.
Dario: La carezza e il papa…
“Una carezza particolare… data dal papa a tutti i bambini affetti da
sindrome di down”.
Così, con un chiaro “richiamo” ad un’altra famosa carezza
di un papa a tutti i bambini (chissà quanti vecchietti se lo
ricordano il discorso di Giovanni XXIII) ha esordito la
giornalista che annunciava il servizio mandato in onda da
Canale 5 al TG delle 13 di ieri, 7 ottobre, infilando in rapida
successione, anche se sicuramente in perfetta buona fede, una
serie di “strafalcioni” e “luoghi comuni”.
Il tutto direi… nato da … poca conoscenza della realtà
della sindrome e di ciò che è successo ieri, durante l’udienza
in cui papa Benedetto XVI e Dario si sono incontrati, su
desiderio esplicito del primo, che aveva chiesto di incontrare
un ragazzo grande con la sdd, e grazie ad una serie di
coincidenze-casualità (di cui tutti noi siamo del resto
particolarmente… esperti!) che hanno fatto sì che la proposta
fosse fatta proprio al secondo, accompagnato da me in qualità
di papà (con la minuscola iniziale e l’accento finale), e di
rappresentante dell’associazione PianetaDown. Già… perché
a rappresentare i “bambini” sul sagrato di S.Pietro c’era un
ragazzo di quasi 22 anni, che non era “affetto” da niente, se
non dalla sindrome bulimica che lo accompagna da quando è
entrato nell’età dell’adolescenza, e che lo avrebbe colto di lì a
poco in uno dei suoi più acuti ed incontrollabili attacchi,
esprimendosi in tutta la sua potenza al self-service dove
abbiamo mangiato in compagnia di qualche altro abitante del
pianeta al termine dell’udienza!
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Come aquiloni… o quasi.
Ma a parte questo inizio poco promettente, su cui mi
piace scherzare un poco non perché lo creda realmente
importante, ma solo per creare un briciolo di “atmosfera”,
devo dire che il servizio mandato in onda su Canale 5 non è
stato poi così male…
Sì, è vero… Dario era stato intervistato a lungo e di lui
hanno trasmesso solo poche battute, e dei dieci minuti di
intervista fatta al sottoscritto, nella quale tra l’altro il “pezzo
forte” era la pubblicità al Concorso per le scuole, in corso in
queste settimane, con la locandina dello stesso retto da una
valletta d’eccezione di nome Marialetizia, sono stati trasmessi
solamente due brani che rientravano nel messaggio che il
servizio voleva lanciare.
Ed è invece stata esclusa la parte in cui parlavo della
nostra Associazione, descrivendola come una realtà
aconfessionale, per scelta obbligata che deriva dalla natura
stessa della disabilità, “democratica” per definizione… che
colpisce persone di ogni razza, sesso, ceto, credo politico e
religioso… infischiandosene delle loro differenze e creando
tra loro unità… come ben poche altre realtà sono in grado di
fare.
Ma il servizio era comunque ben fatto, se si pensa che
nell'arco di circa un minuto... citava l’Associazione, Dario ed
il suo lavoro, la foto che ha regalato al papa con un'immagine
della sua famiglia ed una della sua ragazza… e la promessa di
una preghiera per la missione del papa in cambio di un simile
interessamento degli “alti vertici” per le persone a lui care…
con particolare riferimento al raghino in carrozzina che tra
non molto dovrà subire un intervento ad entrambe le gambe.
Citava anche le mie parole sulla realtà italiana in tema di
disabilità, che volevano fare riferimento sia al fatto
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
documentabile che la nostra legislazione è “veramente”
all’avanguardia, che all’indubbia considerazione che le vere
difficoltà che si incontrano nel quotidiano sono dovute alla
ancora scarsa o imperfetta applicazione di queste leggi ed alle
barriere di carattere culturale che si frappongono tra i disabili
ed il “resto del mondo”. E mostrava anche la tessera di Socio
Onorario che non senza discussione il Direttivo ha deciso di
donare a Benedetto XVI in occasione di questo incontro,
nonostante il suo ruolo chiaramente confessionale in qualità
di guida della Chiesa cattolica, pensando al suo
coinvolgimento nel mondo della disabilità e dei dolori ad esso
collegati (ben più grandi di quelli “toccati" a noi… visto che
ai tempi in cui Joseph Ratzinger era un giovane… suo cugino
down venne ucciso nell’ambito del programma di sterminio
delle persone disabili intellettive denominato T4), ed
all’universalità dei valori di cui comunque è portavoce, con
particolare riferimento al riconoscimento della dignità
dell’esistenza, in qualsiasi “forma” essa si presenti.
L’udienza è stata una bella esperienza per Dario, che
sicuramente conserverà questo ricordo per tutta la vita… e
nonostante il tantissimo tempo passato ad ascoltare l’elenco
di tutte le parrocchie – diocesi – istituti – seminari –
associazioni - sposi etc , rappresentate tra le circa 30000
persone presenti in piazza S.Pietro (cosa che tra l’altro ha
permesso a “pianetadown” di essere citata ben due volte,
anche dal papa in persona), con relative “esibizioni” canore,
slogan, improbabili urletti da fans di rock star all’indirizzo del
papa e così via… alla fine intorno alle dodici e un quarto
(dopo tre ore passate sotto un imprevedibile solo cocente di
inizio ottobre… con più di 30°, reso ancor più caldo dai
riflessi del marmo bianco che riveste basilica e sagrato!),
abbiamo avuto finalmente la possibilità di parlare per alcuni
istanti con Benedetto XVI, e di porgergli i nostri doni (Dario
la foto, ed io a nome dell’Associazione, in rapida
successione… la tessera di Socio, il libro, l’opuscolo, e la
locandina del concorso!), prima di riunirci alla fine
dell’udienza con Cristina, squisita "ospite" della nostra "notte
romana" (e venuta ovviamente solo ad udienza terminata),
Giampaolo, principale artefice della realizzazione di questa
bella opportunità per Dario ed il Pianeta... e la famiglia di
Lucia al gran completo, che aveva tenuto con sè anche
Marialetizia per tutta la calda mattinata, e che è stata capace di
lanciare un urlo al nome "pianetadown" pronunciato dal
papa, che è risuonato fortissimo in piazza... senza nulla da
invidiare a quello lanciato dalle duecento sorelle della
congregazione di Maria Immacolata nel mondo. Ah... unica
originalità della sopracitata famiglia... non si sa se per reale
"tifo", confusione mentale o semplicemente per mancanza di
conoscenza del protocollo... quando il papa ha abbracciato
Dario... al posto del tradizionale "Viva il papa!" gridato dai
sostenitori e conoscenti dell'associazione di turno... credo di
aver sentito in quel momento abbastanza chiaramente... Lucia
gridare da dietro le transenne: "Viva Dario!"
Ma ritornando all’introduzione del servizio… e alle
piccole manchevolezze sottolineate scherzosamente… c’è un
solo vero errore in quelle poche parole … pensando a quella
carezza, data da un uomo ad un altro uomo… da un uomo
“forte” ad uno debole… oltretutto decisamente provato a
due ore di udienza durante la quale si era parlato in 8 lingue
della vita del patrono dei farmacisti … data da un uomo che
quando ha visto l’altro, con il suo incedere un po’ incerto e
certamente un po’ buffo venirgli incontro sorridendo non ha
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mostrato alcun imbarazzo ed ha deciso di non rispettare
l’etichetta… accarezzando quel viso … unico tra tutti i
partecipanti al “baciamano”, con un gesto di infinita
tenerezza… un gesto che il papa… ha ricambiato di cuore …
contemporaneamente… e con un sorriso che solo a Dario ha
donato in mezzo a tante persone…
Perché in quel momento non si sono incontrati il papa e
Dario… ma due uomini, amanti della vita, pari tra pari…
accomunati dall’esperienza pur diversa di disabilità
riconosciuta nel volto dell’altro... e specchio della propria…
che altro non è che l’impossibilità di fare… ciò che si
desidererebbe con tutto se stessi.
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Simone: "Black Horse"
"Black Horse"... Cavallo Nero... beh, ai cinquantenni
come me l'immagine che salta subito in mente a queste
parole... è quella di "Furia, il cavallo del west"... e di un
pomatato "Mal, dei Primitives" che con il suo inconfondibile
accento anglosassone cantava quella fortunatissima canzone,
sigla di una serie di telefilm di successo per ragazzi e non...
che è sopravvissuta al tempo e alle mode, per essere cantata
ancora adesso... utilizzando spesso... lo stesso accento del suo
interprete originale.
Che tenerezza ricordare frasi "improbabili" tipo:
"Furia il cavallo del west, che beve solo caffè, per mantenere
il suo pelo il più nero che c'è!" oppure "Viva la furia del west,
cintura di Karate" e l'ancora più singolare "Furia cavallo del
west che lava i denti col seltz per poi sorridere bene in fondo
e' sul set". Frasi talmente "assurde" nel loro significato
letterale quanto "immortali" nel loro destino, insieme alla
semplice melodia che fa loro da sfondo... noi uomini siamo
fatti anche così!
Ben diversa la musica e le parole che si possono ascoltare
(no scusate... che si "devono" ascoltare, visto che il loro
volume in decibel è in grado di impedirti di "ascoltare" altro...
anche se "gridato" nelle orecchie dal vicino!) al "Black
Horse", Pub con musica dal vivo abbastanza in voga nel
panorama delle "proposte" ludico-ricreative-culturali per il
mondo giovanile delle province di Milano-Como-Lecco...
Hard-rock (molto hard!) con qualche vago e raro
ammiccamento all'Heavy metal da una parte e al rock classico
dall'altra, era la tendenza dei vari pezzi che i convenuti più o
meno consapevoli potevano ascoltare ieri sera nel suddetto
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
locale, da parte dei due gruppi che si sono esibiti i "Makie
328" e i "Mister No".
<Più o meno consapevoli>... perchè a parte la stragrande
maggioranza della "fauna" di abitudinari e "coloriti" (non nei
vestiti, praticamente quasi tutti rigorosamente "black"...o
"dark" (?) frequentatori del locale... ieri sera nella penombra
tipica del "Black Horse" si potevano intravedere
distintamente alcune figure sicuramente "atipiche"...
difficilmente incontrabili in simili luoghi, per età, stato di vita,
condizione genetica, professione e, non ultimo, gusti musicali.
Ed è così che in un lato del frequentatissimo pub (a
partire dalle 23,00... prima era quasi deserto) può capitare di
incontrare tre strani personaggi un po' buffi, con i loro
lineamenti delicati ma così distintivi... da ricordare un po' i
"vulcaniani" di "Star Trek" (se non fosse per l'aspettativa di
vita certo inferiore, al pari del Quoziente Intelletivo, e per il
fatto che per alcuni di loro... l'unico "teletrasporto" possibile,
è quello cui sono "obbligati" da chi conduce la sedia a rotelle
su cui sono inchiodati)... sono Silvia, Tiziano, Simone.
E al loro fianco è possibile distinguere altrettanto
improbabili "quarantenni-cinquantenni-sessantenni" in veste
di loro genitori-accompagnatori... (uno, a riprova del suo
scarso entusiasmo verso l'iniziativa... cui è stato più o meno
"trascinato" suo malgrado presentatosi addirittura in giacca,
poi tempestivamente nascosta dietro la panca!) insieme a
genitori che invece in quel luogo si sentivano perfettamente a
loro agio (i genitori del vulcaniano Tiziano … perché la
disabilità è “democratica”… e colpisce indifferentemente
gente di tutte le… “tendenze” culturali).
Per non parlare poi di una persona rigorosamente in
incognito, mimetizzata nell'angolo in fondo a sinistra... ma
facilmente riconoscibile come sacerdote della parrocchia di
un paese vicino... che non pareva tuttavia avere alcuna
intenzione di svolgere azione di proselitismo in quella "terra
di frontiera". Da un lato poi si potevano evidenziare un
gruppetto di giovani dal fisico prestante, ma nello stesso
tempo atletico e longilineo, facilmente individuabili come i
giocatori di una squadra di calcio dal pallone autografato che
avevano sul tavolo cui sedevano… e più precisamente del
Como (come si è potuto dedurre poi dalla maglia e dal
gagliardetto che di lì a poco avrebbero regalato in segno di
pace ed amicizia agli ospiti extraterrestri vulcaniani). Ah…
dimenticavo un dettaglio importante… c’era anche un
abitante della Mongolia… appassionatissimo di calcio, che è
stato quasi subito “adottato” dalla squadra.
E questo variegato spicchio di umanità, comunque
percentualmente poco significativo nel complesso, si univa
agli almeno trecento frequentatori abituali del locale, con un
apparente disarmonia che solo la semi-oscurità rendeva
possibile e priva di reciproco imbarazzo.
Eppure in un ambiente come quello appena descritto… si
è potuto vedere i giocatori fraternizzare con i vulcaniani, e
mettere mano al portafogli per aiutare l’associazione che
pretende di “integrarli” sul pianeta terra, ci si è potuti stupire
che il gestore del locale abbia dato la disponibilità a versare il
50% dell’incasso della serata per la stessa causa…
E si è arrivati addirittura al punto che l’applauso più
grande ed entusiasticamente sincero della serata è stato rivolto
non a questo o quel pezzo suonato pur magistralmente dai
gruppi presenti, bensì alle parole dell’ “improbabile
cinquantenne”… che dopo strani e abbastanza improvvisati
(vista l’inaspettata platea) discorsi su “aquiloni e fili da lasciare
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
volare liberi o da tirare a vita… perché imperfetti…” (chi può
capire… capisca), fatti nell’intervallo tra l’esibizione del primo
e del secondo gruppo … ha detto più o meno “Grazie per la
vostra presenza allegra e gioiosa, per la vostra voglia di stare
insieme… che genererà altra gioia in chi come voi ha gli stessi
desideri e la stessa voglia di amicizia… di vivere… mi piace
pensare che questa sera anche voi prendiate idealmente in
mano il filo dei nostri aquiloni e possiate correre insieme a
noi genitori per permettere loro di alzarsi un po’ in volo… mi
piacerebbe che vogliate far sentire che questa sera… siete qui
“anche” per loro… per Silvia, per Tiziano, per Simone…”.
Ed è stato bello e consolante… un’ora dopo, quasi a
mezzanotte, mentre “teletrasportavo” il piccolo Simone (che,
per inciso, era stato uno dei più felici "invasati" tra il pubblico
durante il concerto!) verso l’uscita del locale sulla sua sedia a
rotelle, dopo che il resto della famiglia, Marialetizia in testa,
aveva allargato un varco tra le centinaia di ragazzi in piedi con
un bicchiere in mano… nessuno di loro abbia girato la
testa… o negato un saluto, o una carezza… oltre ai cinque
euro che aveva dovuto tirar fuori dalle tasche per poter
partecipare a quell’insolita serata.
L’incontro tra i mondi… anche se così apparentemente
diversi… è forse veramente possibile. Dopo ieri sera... lo
credo un po' di più...
che ha visto protagonista insieme a me la (piccola)
Marialetizia nel fine settimana. L’attributo “piccola” è
volutamente e doverosamente messo tra parentesi perché
dopo averla vista danzare sabato pomeriggio al saggio di
Natale eseguendo movimenti difficili e devo ammettere non
proprio “innocui” nel mio immaginario … con una
naturalezza stupefacente se paragonata alla sua natura
comunque abbastanza “riservata” … ho avuto una delle
solite, improvvise, e terribili prese di coscienza di
“padredimezzaetà” … immaginandomi improvvisamente
“catapultato” nel mio ruolo di genitore di una figlia
preadolescente prima (fatto ormai alle porte nonostante i suoi
poco più che otto anni!), adolescente e donna subito dopo …
spaventandomi all’idea della mia attuale inadeguatezza ad
elaborare strategie adeguate al doveroso contenimentocontrollo e soprattutto … a reggere l’impatto emotivo di un
simile ciclone! Questa impressione è sicuramente “aggravata”
da banali episodi di “emulazione” della mia firma (non si
capisce a che scopo! …o forse lei… lo sa già?!?)… messi in
atto con una maestria ed una sfacciataggine (della serie che mi
chiede: “papà, qual è tra queste che somiglia di più?”), che lasciano
esterrefatti. Se a queste ataviche ed istintive paure aggiungo
poi il fatto che anche sul piano intellettuale presto sarò
“superato” dalla sua cultura, essendo lei sicuramente il
piccolo “genio” della famiglia, ed io in rapida decadenza
biologica… quel periodo in cui i neuroni bruciati ad ogni
istante cominciano a … non passare più inosservati anche ad
una superficiale ma sincera autoanalisi... ecco che la frittata... è
fatta!
A parte le previsioni … ironiche ma non troppo sul
tumultuoso futuro che mi attende a breve, l’esistenza di
Marialetizia: Resistenza “grattugiata” … e memoria
storica
Solo per gettare un sorriso capace comunque di far
sorgere delle riflessioni, vi racconto questo semplice episodio
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Come aquiloni… o quasi.
Marialetizia è oggi fortunatamente ancora caratterizzata da
molti tratti tipici di una sana e per certi versi ancora ingenua
infanzia (fiuuu!).
Ed è così allora che l’altro giorno mi ha chiesto…”Dai
papà… cantiamo qualcosa?”. Dopo qualche canzone di varia
estrazione, tra le quali figuravano anche alcuni titoli in inglese,
cantati con una pronuncia esemplare senza ovviamente
conoscere né il significato, né la forma scritta del testo …
Marialetizia mi ha proposto di cantare “Bella ciao”,
canzone simbolo della Resistenza italiana che tutti noi
conosciamo, icona di un retaggio culturale e storico che
evidentemente (non avendogliela insegnata io) viene ancora
proposto nelle scuole come strumento di memoria civile…
per non dimenticare, anche in questi periodi nei quali sembra
che alcuni valori stiano perdendo se non di importanza
teorica… almeno di scontatezza di “seguito” e consenso.
Visto che anche lei conosce le parole… io attacco a cantare, e
lei mi “viene dietro”. Questo il risultato…
Agli inevitabili sorrisi e spiegazioni che subito sono
ovviamente seguiti… non ho potuto fare a meno di affiancare
anche una semplice… proprio semplice riflessione personale:
se per Marialetizia, con tutti gli “strumenti” e le abilità
intellettive che ha a disposizione, è stato così difficile astrarre
un concetto, o meglio un vocabolo a lei sconosciuto, (il
“partigiano”) utilizzando al suo posto nella canzone il
sicuramente a lei meglio noto … formaggio da grattugiare …
che fatica assurda devono fare i nostri figli “superdotati” ad
utilizzare nella pratica quotidiana dello studio e della vita…
concetti che “sfuggono” alla sfera della semplice
“esperienza”?
Tante volte durante gli anni di studio di Dario è tornato
fuori il concetto della necessità di legare l’apprendimento alla
concretezza dell’esperienza, e confermo che per lui è stato un
binomio inscindibile per ottenere dei discreti risultati
scolastici, anche se proporzionati alle sue potenzialità. Ma al
di fuori di quell’esperienza “strutturata” che è quella
scolastica… quante volte magari io da genitore mi
“dimentico” di questo suo indiscutibile “limite”… e pretendo
magari da lui… che “capisca” cose per me forse “scontate”
… senza capire che strani meccanismi mentali di assonanza o
analogia … rendono probabilmente più semplice per lui…
trasformare una realtà di cui lui non ha esperienza … anche
se tanto importante da aver cambiato la storia di ognuno di
noi … in un buonissimo “formaggio da grattugiare”? E mi
interrogo sulla mia superficialità di genitore…
“Questa mattina mi son svegliato
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
questa mattina mi son svegliato
e ho trovato l'invasor.
Oh parmigiano, portami via
oh bella ciao, bella ….”
“Eh no! Marialetizia… partigiano si dice con la “t” …
non con la “m”!!!”
“No papà…" è la sua risposta fiera e convinta... come
solo i bambini della sua età sanno essere... "si dice parmigiano!”
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Il Pensatoio: Vita sfrenata?
Capita a volte di sentire genitori che si “ribellano” alla
sfortuna di una vita non preventivata e certo poco
desiderabile, lasciandosi andare a degli “eccessi”… positivi e
negativi.
Riflettendo su questo tema mi è venuto in mente un
quadro:
Su questo famoso quadro si legge sull'Enciclopedia online
Wikipedia:
Campo di grano con corvi è un dipinto ad olio su tela di cm 50,5
x 103 realizzato nel 1890 dal pittore Vincent Van Gogh. È
conservato al Van Gogh Museum di Amsterdam.
Questo è uno degli ultimi quadri che Vincent dipinse prima di
suicidarsi.
In qualche modo, questo quadro traccia una sorta di testamento per
Van Gogh, è tangibile, osservando il cielo turbolento e il volo minaccioso
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dei corvi, il tormento e la pateticità della vita dell'artista. Inoltre il
dipinto è ricco di forti simboli, prima di tutto il grano, che indica la
fertilità, e quindi la vita. Poi la stradina, così tortuosa, proprio come è
stata la vita del pittore. In fondo, il cielo minaccioso di tempesta ed i
corvi neri, funerei portatori di morte che avanzano verso il pittore (e chi
osserva).
Notevole è, quindi, la forte contrapposizione dei colori,
violentemente riportati sulla tela, che non possono non
tramutarsi, in parole, nella contrapposizione della vita
con la morte.
Al di là dei toni volutamente "provocatori" del quadro
prescelto (l'ultimo quadro dipinto quando ormai era
completamente fuori di sè e prossimo al suicidio) per dire la
mia su questo tema, proprio questa è l'impressione che mi ha
fatto leggere i discorsi incoerenti ed altalenanti, di tanti
genitori “speciali” (me compreso!) spesso in balia di
sentimenti e comportamenti estremi ed opposti. Un quadro di
Van Gogh, dai toni forti e dagli accostamenti cromatici un po'
sfacciati, tanto distanti da sembrare in contrapposizione...
oltre che decisamente "improbabili", formati da tratti semplici
e decisi che presi singolarmente non sembrano dire nulla
(provate a guardare solo un piccolo pezzetto del quadro..
questo è quello che "capireste") ma che se "guardati" nel loro
insieme sono così unici ed irripetibili nella "sintesi" dei
risultati e nelle sensazioni che sanno comunicare e addirittura
"generare" in chi osserva (si chiameranno per qualche motivo
"impressionisti" no?!).
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Come aquiloni… o quasi.
Nei "quadri" della nostra vita di genitori "speciali" c'è un
po' di tutto... e spesso nella semplicità dei singoli elementi
privi in sè di un significato, tutto è "estremizzato" nelle sue
manifestazioni, per intensità e forza. Dalla depressione alla
voglia di vita... In tutti i suoi aspetti.
Se c'é una cosa che ho sempre detto dei nostri figli
speciali... è proprio quella che ci fanno vivere delle vite se così
si può dire "fuori dalle righe", di un intensità non
paragonabile con niente altro... eccessive, nel bene e nel
male... dove la gioia è più gioia ed il dolore più dolore...
Proviamo a "leggere" in quest'ottica i nostri... "eccessi", in
un senso e nell'altro, magari ci "ritroveremo" in questo
quadro dai toni forti e dai colori un po' sfacciati (al limite
della pazzia?) che è la nostra vita, ma la cui difficile armonia
reciproca può dare dei risultati... davvero unici ed
ineguagliabili.
L'importante probabilmente è riuscire a mantenere quel
difficile e sottile equilibrio... tra intensità del proprio vissuto
esteriore ed interiore... e follia, che spesso sono divise da un
limite impercettibilmente sfumato e a volte addirittura non
riconoscibile.
A volte i nostri comportamenti sono così diversi (in
funzione dei nostri stati d’animo ma anche degli ambienti in
cui ci troviamo… in particolare in “assenza” dei nostri figli!)
da sembrare delle maschere.
Beh... su quest’ultima frase.... non c'è molto da dire.
Sì... potremmo anche passare tutta la giornata a ridere e a
divertirci, e magari ci sarà anche utile oltre che bello, ma una
volta tornati a casa troveremo i nostri figli… così come sono,
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spesso senza nessuna capacità di "fingere" di essere diversi da
ciò che sono, senza filtri, senza maschere.
Non dico che magari si rischi di essere “falsi” quando
siamo fuori casa... , con una maschera indosso... dico che
bisognerebbe imparare piano piano a portare a casa ciò che
siamo... quelle persone comunque allegre e piene di vita che
spesso riscopriamo lontano dalla oggettiva tristezza di alcune
situazioni... anche all'eccesso se vogliamo, anche in quella
situazione dove l'allegria sembra non abitare... perchè inadatta
ad esprimere i nostri sentimenti più profondi. Se ci pensiamo,
in fondo l’essere "eccessivi" fuori da luogo dove siamo spesso
tristi e preoccupati (come magari non siamo mai stati)... dalla
situazione che ci fa soffrire “qui ed oggi”, non è anche
implicitamente riconoscere che essere "diversi" si può? Da
come eravamo prima... e da come saremo domani?
Prendiamo allora i piccoli tasselli di questo mosaico (per
riprendere la metafora del quadro)... apparentemente privi di
significato ed armonia... e mettiamoli al posto giusto nella
cornice della nostra vita (l'unico "limite" che ci viene dato... è
la "cornice"!), e credo che tutto si ricomporrà armonicamente
e sorprendentemente...
... forse!
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Come aquiloni… o quasi.
P come Pigri
Dario: La prima volta al lavoro .. da papà!
Pigri lo sono sicuramente … di una pigrizia che definirei
Dario aspettava da tempo questa occasione...
I miei scarni ed incomprensibili resoconti della mia
giornata lavorativa, piena di problemi ai più incomprensibili
(non certo per la complessità, ma per la particolarità delle
"dinamiche " che stanno dietro ad ogni singola azionereazione in ogni ambiente di lavoro, specialmente se svolto in
una grande azienda e articolato come il mio...) lo dovevano
aver incuriosito oltre misura.
Chissà come passerà papà il suo tempo in ufficio, cosa
farà, come è l'ambiente dove lavora... dove "spreca" così
tanto tempo della sua vita sottraendolo a noi figli, che pure
tanto ama...
Mi immagino siano stati questi i pensieri che hanno fato
da "molla" alla sua curiosità, e che lo spingevano a chiedermi
con sempre più insistenza di venire a trovarmi al lavoro. Del
resto anche io ho un ricordo molto "forte" di quando per la
prima volta a circa 12 anni misi piede nella "BANCA",
quell'entità misteriosa dove lavorava mio papà...
Ma nel palazzo dove lavoro io possono entrare per ragioni
di sicurezza solo maggiorenni... e così questa occasione era
stata per forza di cose rimandata.
Da quando ha compiuto 18 anni dario è tornato
prontamente alla carica, ricordandosi (e ricordandomi ..
almeno una volta al giorno!) che avrebbe voluto al più presto
venire a vedere dove lavoravo.
Ho resistito "solo" 12 giorni a questa "tortura" e poi,
complice un'influenza di Simone che mi ha visto "di servizio"
al mattino a casa, e una professoressa assenteista alla scuola di
tuttavia… decisamente selettiva. In questo non sono sicuramente
diversi dai loro coetanei! Anzi a volte si distinguono per la loro
operosità e buona volontà… che compaiono non appena si rendono
conto (non sono mica stupidi!)… che nella perenne competizione con
il mondo che li circonda (vedi lettera Q)… possono sfruttare a volte
la pigrizia congenita degli altri “competitors” … per trarne
vantaggi per sé… ed una volta tanto risultare vincitori in qualche
competizione magari “minore”… ricavandone comunque benefici
effetti sul proprio livello di autostima. La pigrizia infantile…
quella che spesso viene nominata dai fisioterapisti o dai logopedisti
per giustificare il mancato successo del loro intervento a causa della
mancata collaborazione del soggetto pigro… oppure da mamme e
nonne accomodanti desiderose di trovare un motivo il più possibile
“innocuo” al ritardo motorio o linguistico o scolastico che si va
sempre più allargando mano a mano che l’età aumenta… è una
emerita invenzione! Se non camminano prima infatti…
generalmente è perché non sono pronti per farlo quando sono pronti
i bambini “normali” … a causa della lassità legamentare
congenita… se non parlano, è perché hanno difficoltà ad articolare
suoni a causa della lingua troppo grossa e dello sviluppo più lento
dell’area dedicata nel cervello… e così via...
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dario che gli ha consentito di uscire un'ora prima da scuola...
l'ho accontentato.
Venerdì scorso perciò, alle 13,15 passavo da scuola a
prenderlo ed insieme, mangiando allegramente un panino col
salame in macchina (il bicchiere di vino relativo me lo ero
bevuto "preventivamente" prima di uscire di casa!) e
percorrevo la sorprendentemente deserta (se paragonata a
come si presenta negli orari in cui viene frequentata dal
pendolare medio) tangenziale milanese, che percorro tutti i
giorni con dispendio di tempo, benzina.... e pazienza.
All'arrivo Dario è contentissimo; gli mostro l'ingresso
"visitatori", dicendogli che avrebbe dovuto preparare un
documento, aspettare in coda il suo turno, e quando si fosse
avvicinato alla receptionist, dire che doveva andare dal Dr.
Mosconi (non vi dico la sua faccia nel pronunciare e nel
sentire che suo "papà sandro" veniva chiamato così in quel
luogo!).
Quando lo fece... con una professionalità incredibile,
aggiunse anche però: "E' mio padre, lui!", indicandomi con il
dito!
La gentilissima receptionist, una ragazza inglese
veramente disponibile, ha parlato con lui in modo
professionale ma anche molto amichevole concludendo :"E
cosa scrivo come motivo della visita? Meeting? In fondo non
è una bugia... andare a trovare papà sul posto di lavoro .. è
pur sempre un incontro no?" e nel dire queste parole gli
schiacciava l'occhiolino con simpatica e gradita complicità...
Siamo saliti al mio ufficio, nel dedalo di corridoi, scale ed
ascensori di questo palazzo ultramoderno ma sicuramente di
difficile "orientamento"... siamo entrati nel mio ufficio.
Lì ho mostrato a Dario dove lavoro, dove scrivo, ho fatto
un paio di telefonate. Poi gli ho chiesto :"vuoi conoscere i
miei colleghi?". Ha risposto con un sì entusiasta...
Tutti conoscono Dario dalla foto che tengo in ufficio, dai
miei racconti mai esagerati, ma nemmeno "risicati"... fra
colleghi c'è un certo riserbo a parlare di realtà intime
famigliari, pur senza nascondere le cose importanti (io sono,
anche sul lavoro... una persona "semplice").
Perciò il momento era sicuramente "delicato"... siamo
andati in fondo al corridoio, prima dalla segretaria, poi da
tutti gli altri colleghi..."Volevo presentarvi mio figlio Dario" le
semplici parole con cui lo introducevo normalmente...
Un'accoglienza veramente spontanea, senza imbarazzo e
senza smancierie... una stretta di mano... qualche domanda di
rito dettatta dalla conoscenza di lui che era arrivata ai colleghi
dalle mie descrizioni... una sincera cordialità che mi ha fatto
un immenso piacere, perchè ha significato che nè da una
parte nè dall'altra si era creato imbarazzo nell'incontrarsi... il
che non è poco!
Tanto che dopo pochi minuti... la cordialità lascia il posto
ai... soliti problemi di lavoro! Eh già... ero pure stato assente
durante la mattinata che pretendevo?
Dopo una pausa di lavoro, un giro turistico per il palazzo
alla ricerca di vecchi amici e conoscenti (reali o anche solo
"virtuali") di Dario.
Rispondo a qualche e-mail, faccio un paio di telefonate...
mentre Dario legge un libro su Schumacher che si è portato
per passare un po' il tempo, insieme con una ricerca su
Shakespeare su cui sottolineare i passaggi importanti...
Alla sera, uscendo, ritroviamo la gentilissima receptionist,
che alla professionalità dell'atteggiamento abituale ha aggiunto
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per l'occasione sicuramente qualcosa di personale... e chiede
perciò a Dario come è andata, se gli è piaciuto etc etc; io li
guardo attraverso le vetrate verdi, rese più trasparenti
dall'oscurità esterna e dall'illuminazione dei locali (io come
dipendente ero uscito da un'altra porta)... e non posso fare a
meno di pensare che basterebbe poco, ma veramente poco...
per fare "integrazione"... solo un po' di spontaneità e di
conoscenza reciproca.
E la felicità di Dario all'uscita me lo conferma...
responsabilità sociale, se si è imprenditori. Ripenso un’ultima
volta a quel pomeriggio di cinque anni fa… al fatto che nella
nostra storia ogni avvenimento, anche se apparentemente
piccolo, ha un suo significato, che spesso lascia un segno
importante nelle nostre e altrui vite…
E ringrazio…
p.s.: sono passati quasi cinque anni da quel pomeriggio, Dario
ora ha un “suo” lavoro; inaspettatamente ed incredibilmente
ha saputo giocare la sua umanità di uomo semplice per
conquistare con tenacia e determinazione il suo posto nel
mondo… come aiuto-cuoco nell’Hotel più lussuoso della
nostra città, ormai da quasi tre anni. Con la stessa naturale
determinazione ha dimostrato, al di là di qualsiasi
considerazione sugli obblighi di legge esistenti in Italia per i
datori di lavoro riguardo all’assunzione delle cosiddette
“categorie protette”, a chi ha avuto la lungimiranza di capirne
le potenzialità … che una presenza magari non “efficiente” al
pari di altre sul piano produttivo… può “dare” molto ad un
ambiente di lavoro, favorendo lo spirito di squadra,
richiamando tutti all’essenzialità delle cose veramente
importanti, donando agli altri per contagio un sorriso che non
sempre a noi “normodotati” viene naturale… ricordando a
tutti con la sua gioia, il suo impegno ed entusiasmo sul
lavoro… che il lavoro stesso è un “bene”: è una fortuna
averlo, è bello svolgerlo… ed è un sacro dovere rispettarlo.
Sia impegnandosi nel proprio ruolo di lavoratore, qualunque
esso sia… che promuovendone la dignità con senso di
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Simone: “Figlio per sempre”
Sapevo da sempre che questo momento sarebbe
arrivato… lo sapevo e nell’intimo me ne crucciavo,
allontanandolo dalla mente e dalla vita attraverso un’elaborata
forma di oblio, o meglio… attraverso quella strategìa ancora
più sottile che ci permette di avere ben presenti le cose non
belle da fare, anche se necessarie… ma di accantonarle
temporaneamente, mettendole da parte in attesa che non ci
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potesse più essere tempo per pensare, per rimuginare… per
soffrire. Ed è stato così che sette dei dodici mesi a
disposizione se ne sono andati velocemente.
Ma verso fine febbraio… quando mancavano “solo”
cinque mesi alla scadenza della domanda (che può essere fatta
solamente in quest'anno particolare), dovendo misurarsi con
la proverbiale lentezza della burocrazia nazionale… si è agito,
con freddezza inaspettata, con precisione, con apparente
crudeltà direi, accompagnata da un inevitabile e perciò non
certo meritevole ed impavido coraggio.
Ho
raccolto
informazioni,
documentazione,
modulistica… insieme a Paola abbiamo steso il testo della
domanda, ancora più crudele nei suoi contenuti che non nella
forma in sè… il tutto con calma… quasi a voler comunque
procrastinare ancora un po’ lo stato attuale delle cose.
Poi, con la scusa di non avere tempo ed occasione per
passare dalla posta, si è incaricato il nonno di spedire la
raccomandata … è sciocco, ma almeno non sono stati i
genitori a compiere questo atto “senza ritorno”… al contrario
della “ricevuta… di ritorno” che puntualmente è comparsa
nella cassetta delle lettere pochi giorni dopo. E nel giro di
brevissimo tempo… a sottolineare l’inevitabilita’ degli
eventi… e l'impossibilità di ripensamenti... la visita a casa
dell’Ufficiale Giudiziario… la convocazione in Tribunale…
27 Aprile... ore 10,30… Questa è la data che ricorderò in
futuro come il giorno in cui Simone sarà diventato “figlio per
sempre”… non solo per il mio cuore di genitore… ma anche
per la legge, che ratificherà prima del compimento del 18°
anno di vita che la sua “maggiore età” non è tale… e che
dovrà continuare ad avere qualcuno che si occupi e preoccupi
per lui... e per lui prenda decisioni, banali ed anche
importanti, senza avere il “diritto” (oltre che la possibilità) di
farlo da solo.
“Io… genitore di… chiedo che mio figlio venga interdetto”: questa
è la crudelissima formula che permetterà al Giudice Minorile
di sancire in maniera ufficiale l’incapacità di Simone a
provvedere ai propri interessi morali e materiali.
“Interdizione”… strumento inadeguato per fortuna alla
quasi totalità dei nostri ragazzi a 47 cromosomi, che al più
potrebbero avvalersi in caso di necessità (magari solo
temporaneamente), della relativamente nuova figura
dell’Amministratore di Sostegno … ma adeguato e giusto per
Simone … che come sapete ha una forma di handicap che in
gergo tecnico altrettanto crudele si può definire "graveprofondo"...
Simone … a cui non sarà sufficiente per garantirgli un
futuro sereno … affiancare un “Amministratore” (che si
chiama così non a caso, nonostante lo spirito della legge, visto
che si preoccupa il più delle volte essenzialmente di
intervenire su indicazione del Giudice sui piani delicati della
gestione patrimoniale), ma per il quale sarà necessario un
“Tutore” … una persona che gli fornisca la necessaria
“tutela” appunto… sia riguardo alle problematiche
amministrative, ma soprattutto per quanto riguarda
l’interpretazione delle sue necessità (pensate solo al consenso
informato per ragioni sanitarie … fra tre mesi potrebbe in
teoria aver bisogno di un operazione e non potendo dare il
consenso informato per operarlo sarebbe necessaria
un’azione del Giudice) … dei suoi desideri e delle sue
aspettative sulla propria qualità di vita…
Di un genitore insomma (spero due)… che non
potendolo rendere autonomo a sufficienza da … “tagliare il
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filo dell’aquilone e lasciarlo volare in alto solo, libero e felice”
… si prenda la responsabilità ed il compito di correre ancora
finchè avrà fiato, per permettergli almeno dei brevi voli …
anche se portati a termine non con le proprie forze… ma
grazie all’amore di chi gli sta accanto.
Così abbiamo spiegato a Dario e Marialetizia questo atto
che andremo a compiere … (a cui per fortuna non dovranno
presenziare, anche se Dario in qualità di parente prossimo ha
doverosamente ricevuto anche lui l’invito a comparire davanti
al Giudice se avesse avuto qualcosa in contrario alla domanda
effettuata dai genitori) … un atto formale durante il quale si
dirà che pur diventando maggiorenne per l’anagrafe…
Simone non lo diventerà come “stato di fatto”… e non avrà
diritto di tagliare il filo che lo lega a noi… perché non ha la
capacità di volare da solo… e neppure quella relativamente
semplice di tagliarlo quel filo…
“Figlio per sempre” perciò … non è solo ciò che succede
a tutti… grazie al rapporto che lega genitori e figli in una
relazione perenne che va “oltre” il nostro stato e la nostra
autonomia e maturità… che però ha la caratteristica di potersi
evolvere e trasformare… fino a giungere magari all’estremo
della sua parabola... all’inversione dei ruoli … ma sono anche
le parole che fissano questi ruoli in modo definitivo,
inappellabile. Non una condanna… ma una sentenza
sicuramente sì…
Un atto d’amore… che personalmente mi sarei aspettato
molto più doloroso… reso relativamente sereno solo dalla
dolcezza del rapporto che mi lega a te, Simone … io papà…
tu figlio… per sempre.
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Come aquiloni… o quasi.
Marialetizia: La “nostra” terra?
La “nostra” terra? Senza le virgolette ed il punto di
domanda finale… è il titolo di uno spettacolare documentario
in programmazione in queste settimane in tutti i cinema
italiani… un film il cui trailer ha subito affascinato
Marialetizia, che per età e “passione” per gli animali non
poteva non rimanere “contagiata” dalle bellissime immagini
che l’anteprima prometteva.
E così… in questo weekend piovoso e freddo, quale
migliore occasione si poteva presentare ad un padre per
accontentare un suo desiderio, e guadagnare qualche “punto”
… da papà “latitante” quale sono normalmente (almeno in
termini di “quantità” di tempo trascorsa con i miei figli?), e
vedere rivolto nei miei confronti quel meraviglioso sorriso
che solo i propri figli sanno donare ai genitori con sincera
gratitudine… e con un pizzico di altrettanta sincera …
ruffianeria?
Internet, grande risorsa, mi permette di trovare il cinema
più vicino con il film in programma nel pomeriggio di
domenica… è a un quarto d’ora di macchina da casa… una di
quelle multisale galattiche con 11 sale di proiezione che vanno
di moda oggi e che hanno quasi del tutto soppiantato il
cinema nei centri cittadini, dove i ragazzi potevano anche
andare a piedi, e magari farsi un gelato per strada.
C’è anche il n° verde per la prenotazione … detto fatto,
alzo la cornetta e dopo le informazioni di rito sul costo della
chiamata (che strano… oltre il cinema e un euro per la
prenotazione, devo anche pagare la telefonata!), una
gentilissima operatrice risponde alle mie domande.
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
“Vorrei prenotare tre biglietti per lo spettacolo delle tre e venti”…
(mamma e Dario erano impegnati diversamente per il
pomeriggio) … “un adulto, una bimba di otto anni, e un ragazzo
disabile in sedia a rotelle” dico serenamente… e la voce mi
risponde un po’ imbarazzata, ma sempre estremamente
genitle: “Vedo che i due posti disabili in quella sala che è un po’
piccola, sono messi in prima fila in posizione scomoda per la visione del
film” … e continua “le consiglierei di recarsi direttamente sul posto un
quarto d’ora prima dell’inizio dello spettacolo e farsi assegnare posti
diversi..:”. Ringrazio per la schiettezza… concordando con il
fatto che Simone non potrebbe seguire un film di quasi due
ore… seduto a non più di tre metri da uno schermo gigante il
cui bordo inferiore non arriva nemmeno all’altezza dei suoi
occhi… lui, che sulla sua sedia a rotelle assume normalmente
una posizione un po’ curva… quasi ingobbita, a causa
probabilmente dei dolori alla gamba ed alla schiena che gli
derivano dalla posizione seduta e fissa…
Quando è il momento, sotto un mezzo diluvio che poco
ricorda la stagione corrente… ci rechiamo al cinema…
parcheggiando fortunatamente nell’unico posto disabili libero
di fronte all’entrata (su sei… ai disabili piace molto andare al
cinema!) … e bagnandoci solo “il giusto” riusciamo ad
entrare nel complesso… Marialetizia con il morale alle stelle!
Qui cominciano le prime sorprese… già, perché tutti i
clienti… quelli con le gambe che funzionano intendo…
salgono da una comodissima scala mobile al piano superiore,
dove ci sono le casse e l’ingresso alle sale… mentre il solo
cliente in sedia a rotelle (non abbiamo visto gli altri cinque…
ma c’era tanta gente!) … si deve “accontentare” di farsi “a
mano” 35 gradini di una ripida scalinata per raggiungere lo
stesso luogo… perché sull’ascensore previsto dalle normative
sull’accessibilità un cartello che sembra lì da un paio di
settimane almeno recita laconicamente “Ci scusiamo per il
disagio ma l’ascensore oggi non è funzionante”. Ma quel disabile
fortunatamente ha un padre ancora sufficientemente in forze
per non arrendersi di fronte alla prima difficoltà … e lo porta
al piano superiore senza (quasi) fatica. Lo stesso padre mentre
gradino dopo gradino sale con prudenza e circospezione
meditando sulla scarsa sicurezza di una simile manovra (un
inciampo, una manopola sfuggita… uno stesso gesto
avventato di Simone potrebbero essere rischiosissimi!) …
non può tuttavia fare a meno di notare che … un disabile
senza accompagnatore, o anche solo un po’ più “pesante” di
Simone… questa scala sarebbe stata un ostacolo
insormontabile… alla faccia della suddetta normativa!
Ma noi in cima siamo arrivati … ora inizia la coda, dove
prendiamo diligentemente il nostro posto … dietro alle
decine di persone che ovviamente ci hanno precedute,
superandoci grazie alle gambe … e alla scala mobile.
Venti minuti… tanto dura la fila a quelle casse… ma
l’attesa si sa… aumenta il piacere del vivere il momento
atteso… per cui io, Simone e Marialetizia li passiamo
piacevolmente chiacchierando del più e del meno tra di noi e
con i nostri compagni di “avventura”.
Quando arriviamo finalmente alla cassa (eravamo partiti
con largo anticipo, e mancava ancora una buona mezz’ora
all’inizio della proiezione) … riformulo la mia richiesta…
specificando quanto discusso con l’operatrice del call-center
per la prenotazione.
Qui, complice forse il rapporto diretto con il pubblico
che, si sa, logora… la gentilezza è su livelli un poco inferiori a
quella incontrata al telefono (non sarà per caso anche a causa
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
di quella carrozzina che pone un problema… di non ovvia
soluzione?) … e la risposta secca e senza possibilità di replica
è: “Mi dispiace ma devo prenotarle per forza il posto in prima
fila… è un problema di sicurezza”. Avendo già incontrato in
precedenti esperienze espressioni un po’ becere di pedissequa
applicazione della legge senza raziocinio alcuno (ad esempio
non si capisce perché un bambino che non è ancora capace di
camminare… in barba alle normative sulla sicurezza… può
andare in posizione centrale in ottava fila… il posto migliore
… e Simone invece deve rimanere in un posto dove oltre a
non vedere il film se gli va bene uscirà con la cervicale in
aggiunta ai suoi soliti dolori!) … e conoscendo la suddetta
legge per ragioni professionali (che non dice che il disabile
deve avere lo schermo in faccia… ma dice solo che deve
esserci una persona responsabile in caso di evacuazione!) …
mi permetto di insistere… coinvolgendo dapprima la collega
più esperta nella fila a fianco … dopodichè… avendo
incontrato un altro istruitissimo “muro di gomma” … su loro
stesso suggerimento … facendo chiamare il Direttore per i
chiarimenti del caso.
Nel frattempo i 49 posti residui erano scesi a 40… poi,
mentre consumavamo la nostra pazienza in attesa a fianco
della fila dello zelante Direttore (saranno alla fine altri venti
minuti… e faranno 40!) 35, 30, 25 …e ad ogni numero che
cambia vedo gradualmente scomparire il sorriso dal volto di
Marialetizia… per lasciare posto ad altri sentimenti, che solo
posso immaginare.
Allora riprendo la parola non solo per chiedere per
l’ennesima volta se il Dir. Sta arrivando… ma anche per
chiedere che mi vengano almeno “bloccati” tre biglietti…
prima dell’esaurimento dei posti.
Detto fatto… i tre posti sono prenotati… e l’attesa può
proseguire più serena.
Solo quando a meno di cinque minuti dall’inizio dello
spettacolo sullo schermo compare la scritta “posti disponibili:
0”…
Marialetizia mi guarda con lo sguardo triste e una piccola
lacrimuccia che le scende sulla guancia. A quel punto è
evidente che il Direttore non arriverà in tempo, allora chiedo
arrendendomi (ma con il proposito di riprendere il discorso
all’uscita) … di darmi i tre biglietti riservati in prima fila e …
sorpresa… non ci sono più, anche se le cassiere non si
capacitano di come sia potuto succedere. “Se vuole le prenoto dei
posti per lo spettacolo delle 17,30” è l’unica cosa che mi sanno
dire.
E’ veramente troppo anche per un tipo “mite” come il
sottoscritto, che di fronte alla palese ingiustizia e alla
possibilità di vedere l’infelicità sul volto della figlia “anche”
per causa mia e del fratello… da il “peggio” di sé … e alza la
voce, pretendendo di avere i posti cui aveva diritto, essendo
stato lì ad attendere per quasi mezz’ora un direttore
latitante… e senza biglietto a causa della incapacità di due
cassiere. Devo essere veramente sbottato… perché una
cassiera a quel punto chiude la cassa (nonostante la fila ancora
notevole) e corre a “prendere” il Direttore… che arrivato
prontamente dopo discorsi di rito sulla sicurezza, la
responsabilità, i vigili del fuoco, etc…, capito che con me non
avrebbe trovato una persona arrendevole, senza neanche che
dovessi tirar fuori l’asso nella manica dell’ascensore guasto…
decide che è meglio che si arrenda lui… tre posti spuntano
miracolosamente in sesta fila… e, ulteriore miracolo … “per
farci perdonare del nostro disservizio e sostenere il buon nome della
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nostra struttura”… sono addirittura “gratuiti” nonostante la mia
insistenza a voler pagare il dovuto… così come “dovuto” è il
loro servizio. Non c’è modo… 21 euro risparmiati. Ci
accompagnano, anzi ci “scortano” ai nostri posti a pochi
secondi dall’inizio dello spettacolo… “E il pop-corn?” fa
Marialetizia “Dopo!” rispondo affrettando il passo (all’uscita
dopo aver letto il prezzo di 7,60 Euro per pop-corn e Coca…
vi lascio immaginare come sia finita: nella gelateria fuori casa
ovviamente).
Da quella posizione il cinema Simone lo gusta bene… la
testa diritta, la giusta distanza… Marialetizia è felice sia per il
film, che per aver imparato forse che a volte vale la pena di
"lottare" per ottenere ciò che si crede sia giusto... io "carico"
ma felice di aver "difeso i miei cuccioli.
Il documentario è molto bello e quasi subito le bellissime
immagini mi fanno calare l’adrenalina e mi riconciliano con il
mondo. Dopo meno di mezz’ora di proiezione … la
cinepresa riprende delle bellissime dune al tramonto… è
l’unica ripresa del deserto del Sahara di tutto il film … ed è
accompagnata da queste parole (più o meno… recito a
memoria!):
“In questo ambiente così ostile pochi esseri viventi riescono a
sopravvivere… e sono creature davvero mooolto speciali!”.
Sorrido pensando ai nostri pinguini (così spesso noi
genitori di “PianetaDown” chiamiamo i nostri figli), ai
genitori che li accompagnano in questo deserto… agli
ascensori e alle scale mobili.
Quando dopo un ora e quaranta di immagini mozzafiato,
riprese stupende di natura e animali… il padre orso bianco (in
cui un po’ inevitabilmente mi sono immedesimato durante la
proiezione) ferito ed incapace di nutrirsi… si lascia morire,
stremato dalla fatica del ritorno sulla terraferma dopo essersi
allontanato per cacciare oltre il “punto-del-non-ritorno” …
ed essersi perciò ritrovato in acqua quando i ghiacci,
repentinamente ed in anticipo, si sono sciolti… la cosa non
mi stupisce poi più di tanto…
Ma la frase di commento che conclude il film … parlando
dei due cuccioli di orso che sono sopravvissuti all’inverno
almeno lascia un briciolo di speranza e di consolazione:
“Lo spirito di loro padre vive nei loro cuori… perché i figli sono la
speranza ed il futuro di questo mondo… che certo a volte è molto duro e
faticoso… ma altre volte è un vero Paradiso!”
Dopo una notte agitata… per conto mio, e anche grazie
alla “preziosa” collaborazione di Simone che ci mette del suo,
svegliandosi diverse volte durante il mio periodo di sonno che
a causa dell’età già di per sé dura ormai sempre meno… mi
desto con questa frase un po’ banale ma comunque segno di
speranza … che ancora mi risuona nel cuore e nella mente,
pensando che “oggi è un altro giorno … e sarà sicuramente
migliore”…
Con questa coscienza mi alzo, tranquillo, senza la solita
fretta che mi accompagna quotidianamente a causa
dell’obbligo di uscire presto per andare al lavoro evitando il
traffico della tangenziale … Già, perché oggi alle dieci e
mezza ho un appuntamento in tribunale: devo andare a far
interdire mio figlio …
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Il Pensatoio: Etilometro e autocoscienza
Da tempo ero rimasto incuriosito da questo piccolo tool
tascabile, che si può incontrare sui banconi delle farmacie
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
come nei negozi dei distributori di benzina in autostrada e nei
bazar cittadini. L'etilometro, piccolo strumento tascabile a
pile, commercializzato in svariate fogge e colori, sportivo,
elegante, griffato, vezzoso, anche monouso... insomma, un
vero
nuovo
"oggetto-che-non-deve-mancare-mai-inmacchina-a-nessuno".
Perciò questa mattina, complice la mia ben nota passione
per l'alcool, unita alla indispensabilità di utilizzo di mezzo
semovente a quattroruote (l'evoluzione moderna delle...
quattro zampe, passando per le due gambe, questa sì che è
evoluzione!) per recarmi al lavoro e altrove, quando mi sono
portato alla cassa del distributore per pagare l'ennesimo obolo
all'inevitabile (e inarrestabile!) progresso dell'umanità, mi sono
lasciato tentare da questo propagandato strumento salva-vita
e... salva-patente, più per la curiosità di verificare che le mie
sensazioni di coscienza quando mi metto al volante dopo una
buona mangiata e bevuta corrispondano a realtà, che non per
la sua reale indispensabilità.
Già, perchè se da un lato io ero certo di non aver mai
guidato in condizioni che potessero mettere in pericolo la mia
e l'altrui sicurezza (con particolare riferimento ovviamente...
ai preziosissimi trasportati!), mi sarebbe piaciuto verificare se
la mia percezione soggettiva di ciò che il mio corpo "sente",
potesse essere considerata anche valida da un punto di vista
"oggettivo", strumentale (leggi: sei sicuro che se ti ferma una
volante non ti ritirano la patente?).
Detto fatto perciò... entravo in ufficio con il mio nuovo
acquisto, deciso naturalmente (dopotutto sempre scienziato
sono!) a testarne subito l'effettiva validità attraverso una
rigorosa fase di sperimentazione condotta su base scientifica e
su una popolazione statisticamente rappresentativa.
E l'occasione ideale mi si è subito presentata! Ieri infatti
era il primo giorno di lavoro dopo la conferma in servizio con
assunzione a tempo indeterminato che seguiva 18 mesi di
inserimento lavorativo di uno degli ultimi acquisti del mio
piccolo gruppetto di lavoro... con ovviamente obbligo oggi...
di adeguati festeggiamenti (ci si accontenta di poco qui... un
po' di buon salame, qualche pizzetta, due dolcetti... e due
bottiglie di buon vino!). Ed è stato così che, seguendo
rigorosamente le istruzioni allegate, e dopo adeguata
libagione, tutti a turno abbiamo sperimentato l'infernale
marchingegno... prima subito dopo bevuto (giusto per vedere
se "leggeva" l'alcool rimasto in bocca: esito positivo!), e poi
dopo circa venti minuti, quando l'alcool è entrato tutto in
circolo, per cui la lettura sul display dell'etilometro dovrebbe
corrispondere proprio alla percentuale di alcool presente nel
sangue, e perciò, potenzialmente pericolosa per le attività che
richiedono attenzione e prontezza di riflessi.
Beh... a parte il verificare con mano che la stessa quantità
di alcool ingurgitata da persone diverse (abbiamo fatto le
parti..."precise-precise") produce % di assorbimento anche
molto diverse tra di loro, da 0,1 g/l a 0,5 g/l per due bicchieri
di plastica, uno riempito di rosso piceno e l'altro di un buon
cartizze, mi è stato di molto conforto scoprire che le mie
sensazioni in seguito al consumo di alcoolici corrispondevano
a realtà. Due bicchieri di vino infatti su di me... mettevano in
circolo 0,1g/l di alcool, ben lontano sia dallo 0,2 che viene
indicato come soglia di attenzione... che soprattutto da quello
0,5 che viene indicato dalla legislazione italiana e dal codice
della strada come limite di pericolosità, e perciò sanzionabile
con multe, arresto, e sospensione della patente... fino all' 1,8
che ha come conseguenza la detenzione fino ad un anno ed il
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Come aquiloni… o quasi.
ritiro immediato della patente. Ora so di poter essere
tranquillo se in viaggio mi permetto un bel quartino di vino...
unito magari ad un caffè corretto. Ma tutto questo cosa
c'entra in questo libro, direte voi?
Beh... probabilmente niente, se non per il fatto che a volte
le sensazioni che proviamo dentro noi stessi sono talmente
amplificate... (quante volte abbiamo parlato della nostra
sensibilità esagerata!), che può sorgere il ragionevole dubbio
che siano falsate, artificiosamente ingigantite dal nostro modo
di vivere e poi "percepire"... sentimenti e situazioni... un po'
come fa l'abuso di alcool (od altro) sulla nostra coscienza,
amplificata nella sua ricettività e allo stesso tempo diminuita
nella sua onestà e capacità di agire. Se anche avessi avuto il
minimo dubbio prima di questo test... ora che mi sono messo
alla prova su un campo così delicato come quello appunto...
degli effetti da sostanze che danno dipendenza... posso
affermare senza esitazione che tutto ciò che "sento" in
riferimento a come sono "dentro"... non è un'invenzione del
mio inconscio... e nemmeno una "scusa" costruita ad arte per
giustificare magari determinati comportamenti. E' tutto,
genuinamente, ineluttabilmente vero ciò che sento di
provare... non c'è finzione nè inganno, nè calcolo, nè
convenienza, nè masochismo... e l'etilometro che mi è da
testimone lo dimostra!
Dopo aver riletto quanto appena scritto ed essermi reso
conto che sicuramente non sono riuscito a far capire appieno
ciò che realmente intendevo dirvi con questo post... mi
rimane solamente un unico, amletico, dubbio: non sarà che
per caso... ho bevuto un po' troppo?
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Come aquiloni… o quasi.
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Q come Quarti:
Dario: I Primi amori ed il segreto della felicità
In un mondo dove lo spirito competitivo è portato all’eccesso in ogni
sua forma ed in ogni ambiente, a partire sin dalla più tenera età
per arrivare al mondo della scuola, dello sport e del lavoro … la
“medaglia di legno”, quel posto comunque “giù” (down) dal
podio… Quarti appunto… (per non dire “ultimi”… tanto
contano solo i primi tre!) …lontani dai riflettori e dal successo… è
sempre il massimo a cui normalmente possono aspirare… e ne
soffrono; molto… da piccoli, quando ancora sono costretti ad
interrogarsi sul “perchè” questo succede… e doversi magari porre
problemi tipo … “è colpa mia, non sarò mai degno dei miei
genitori, di mio fratello/sorella”… e così via… senza avere gli
“strumenti” per districarsi adeguatamente in questi labirinti
dell’anima… ; un po’ meno da grandi, quando la consapevolezza
della loro condizione… che si identifica in un nome preciso…
“Sindrome di Down”, ed il conseguente e difficoltoso cammino di
accettazione che ne sarà seguito… avrà permesso loro almeno di
riconciliarsi con i propri dubbi e sensi di colpa… senza che questo
tuttavia significhi mai poter essere pienamente sereni ed in pace con
se stessi… perché comunque la disabilità, intesa come nonpossibilità di fare ciò che si desidererebbe con tutto se stessi…
rappresenta una sconfitta ed una mancanza di senso senza
giustificazione… e se ci pensate è così per tutti noi quando la
sperimentiamo nella vita.
Alla faccia degli stereotipi diffusi fino a non molti anni
fa... forse addirittura anche adesso?)... le persone con
Sindrome di Down se ne hanno l’occasione concreta e
vengono incoraggiati a farlo… "escono" abbastanza presto
dalla stretta cerchia dei rapporti famigliari e cominciano ad
interessarsi "al resto" del mondo.
E' un passaggio importante, perchè è proprio in queste
prime esperienze che cominciano a capire e a sperimentare
sulla propria pelle le gioie ed i dolori di questa nuova realtà,
che già complicata per tutti i preadolescenti... per i nostri figli
assume dei connotati ancora più "drammatici" perchè
"aggiunge" alcune problematiche che non tutti sono costretti
ad affrontare.
Dando per scontata ed acquisita per i nostri figli la
consapevolezza della possibilità e del diritto ad una vita
affettiva ed anche sessuale soddisfacente (ci sono libri interi
su questo argomento, scritti da autori ben più “autorevoli” di
me!), e tutti gli assiomi che stanno alla sua base… volevo con
voi discutere solo un aspetto particolare di questa
problematica, uno solo... il più banale ma anche per certi versi
il più "dirompente" per ciò che significa non solo per i nostri
figli ma anche e soprattutto per noi!
"Ma perchè dovrebbe per forza innamorarsi, fidanzarsi, anche
sposarsi... con una persona down?"
Quante volte lo abbiamo pensato, detto, preteso... con
quel misto malcelato di rabbia e risentimento che spesso ci
capita di ascoltare anche negli altri genitori “down”?
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Due considerazioni, che forse non vi aspettereste da uno
spirito romantico come me: la prima è che secondo me è
giusto e naturale che in un rapporto di amore fra due persone
ci sia la possibilità di essere "alla pari"... in ciò che ognuno da
e prende (o più romanticamente "dona" e "riceve").
Spiegando in altre parole: un rapporto nel quale una
persona dona solamente... o al contrario riceve solamente...
non può nè durare nè essere costruttivo... e a mio parere non
dovrebbe perciò essere "desiderabile". Sinceramente... io non
vedrei proprio di buon occhio una fidanzata "normodotata"
per Dario... perchè non sarebbe una persona completamente
"a posto".
E quando noi "desideriamo" per i nostri figli... un
fidanzato/a normodotato... commettiamo questo errore,
insieme con il peccato di presunzione di credere che mio
figlio/a... forse se lo “merita”...
Senza considerare che quando diciamo così non pensiamo
certo ad una persona che sia solo senza un cromosoma... ma
ovviamente che sia in aggiunta bella... sensibile... gentile… e
soprattutto il vero sottinteso è che sia "intelligente"!
E questo è il nocciolo della questione per quanto riguarda
noi genitori.
Vi siete mai chiesti perchè noi, che pretendiamo sempre
che i nostri figli vengano considerati per ciò che sono, delle
persone complete, con delle potenzialità incredibili in tutti i
campi delle abilità umane e della sfera emotiva-affettivarelazionale... noi che vogliamo loro bene per ciò che sono,
oltre ogni limite ed oltre ogni loro innegabile debolezza...
tutto sommato non "gradiremmo" per loro un fidanzato/a
con gli occhi a mandorla? Quando lo facciamo, dimostrando
tutta la nostra ipocrita incoerenza, credo sia un sintomo
abbastanza evidente che il nostro cammino di accettazione... è
ancora lontano dal concludersi.
Desideriamo piuttosto per i nostri figli... una persona che
sappia e possa volergli bene essendone ricambiata... una
persona che abbia interessi comuni ed aspirazioni di vita
comune realizzabili...
I nostri figli capiscono questo molto prima di noi... e non
"cercano" improbabili amori al di fuori di questi limiti
"reali"... e se avviene è quasi sempre perchè "percepiscono"
che dietro di loro ci sono dei genitori che ancora non hanno
accettato il loro cromosoma in più... anche se vogliono loro
bene come persone.
Scusate la mia schiettezza... per certi versi quasi crudele...
ma parlo con il cuore in mano, e con l'esperienza di "esserci
passato", e di sperimentare nel contempo di "riflesso"
l'incredibile e coinvolgente intensità e tenerezza dei
sentimenti che Dario prova nei confronti della sua "ragazza".
Poi ci sono i problemi "concreti" … ben altra cosa... (e
spero di non sembrarvi troppo pragmatico nel dirvi ciò!).
Le persone con cui può avvenire questo "magico"
incontro... sono poche... mal distribuite... e la concorrenza è
spietata!... e Dario nella sua pur breve vita ne sa già qualcosa!
E se i nostri figli "normali" si possono permettere qualche
esperienza non "a buon fine"... i down con due o tre
esperienze (ammesso di riuscire ad “accumularle”!) rischiano
di essersi bruciati tutto il "mercato" (già perché se
semplificando all’estremo le persone down sono 60000 in
tutta Italia… su 60 milioni di abitanti… quante pensate che ce
ne possano essere… a portata di “tacchinaggio” (per età,
residenza, e ovviamente non ultimo… per “affinità”?
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Considerando anche la scarsa possibilità di lunghi
spostamenti autonomi? Essendo fortunati ed abitando, che ne
so, a Milano… Senza tener conto poi delle problematiche
aggiuntive… esattamente cinquantamila volte di meno di
quelle a disposizione di qualsiasi altra persona normodotata!
Forse per questo Dario… alla sua terza esperienza… ha
dovuto imparare a muoversi autonomamente in treno?!
A parte la battuta, Dario mi ha sempre stupito per la
“serietà” con cui ha sempre vissuto la sua dimensione
affettiva e sessuale, pur in mezzo alle tante difficoltà oggettive
riconducibili alla sua condizione genetica, ed a quelle di
“contesto”, dovute alle difficoltà “concrete” di coltivare un
rapporto. Ma su questo aspetto si è ingegnato… scrive delle
bellissime lettere d’amore alla sua ragazza, fa lunghissime
telefonate, sms, e-mail… ha imparato ad andare da solo a casa
sua che dista un’ora di treno con un cambio a metà strada…
insomma, ci tiene e si impegna per risolvere almeno gli aspetti
concreti… appoggiandosi magari a volte alla sua psicologa di
fiducia (la persona che lo ha aiutato durante la preadolescenza
a maturare una più consapevole coscienza di sé) quando ha
bisogno di “capire” qualcosa di ciò che gli sta succedendo…
(in questo periodo giustamente come per tutti… i genitori
non sono un grande punto di riferimento).
Ma tornando al problema della felicità possibile…
Accontentarsi per essere felici quindi? In amore come
nella vita? C'è del vero in questa frase, che però contiene
anche il rischio di un'implicita arrendevolezza... e so per
esperienza quanto sia facile questo... in particolare per noi
genitori provati dalla sofferenza...
Parlavo ieri con un'amica... sul perchè spesso la sorte si
accanisce su determinate persone...
Tanti di noi credo abbiano almeno per una volta provato
questa sensazione su di sè... e questo fatto è coinciso spesso
in modo "viscerale" anche se "irragionevole" con due altri
sentimenti: la ricerca senza speranza di quel "perchè" che
darebbe ragione delle nostre sfortune (anche se la spiegazione
più semplicistica che riusciamo a darci è poi in genere uno
stupido ed immotivato senso di colpa) e la conseguente
impressione di una possibile felicità che ci sfugge di mano...
A questo proposito mi viene solo da aggiungere che in
fondo probabilmente noi siamo tanti piccoli Giobbe
(conoscete la sua storia?) che gridiamo e ci ribelliamo (con
tutto il diritto di farlo)... perchè in qualche modo il dolore si è
accanito contro di noi, incompresi da chi ci sta intorno... ma
credo anche che se riusciamo a toglierci di dosso quel senso
di colpa istintivo che sempre accompagna irragionevolmente
nel nostro cuore la sensazione di essere "sfortunati" e che in
noi ha radici molto profonde... la prospettiva cambia, ed il
cuore si rasserena... e ci viene donata la possibilità di essere
felici, di una felicità senza paragoni... per intensità e maturità...
quella felicità che noi cerchiamo con insistenza e "senza
accontentarci" di ciò che viviamo... perchè è giusto che sia
così.
Come fare? Non lo so sinceramente: credo che ognuno
abbia però il diritto-dovere di provarci... ad essere felice,
nonostante tutto... e forse proprio "grazie" ad esso...
E per far questo non bisogna assolutamente rinunciare ai
propri sogni, ai propri progetti... bisogna coltivarli, crederci
con forza... con l'unica attenzione che questi non si
sostituiscano naturalmente mai alla realtà, facendoci perdere
di vista la bellezza di quanto ci è Direi perciò che se c’è un
segreto per essere felici… si potrebbe riassumere così:
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“Impariamo ad ESSERE CONTENTI di quello che
abbiamo... SENZA ACCONTENTARCI MAI”.
Per me almeno è così... lo è in questo momento... spero lo
sarà per sempre.
Un altro aspetto importante è notare come per noi
genitori “disabili” in particolare... la parola "felicità" assuma
una valenza di fondamentale "dipendenza" dalla felicità dei
nostri figli..., la cui nascita ha completamente "rivoluzionato"
le nostre prospettive (dovrebbe succedere a tutti... ma
sicuramente per noi... è più facile!) trasformandoci
radicalmente nel profondo... e costringendoci a togliere un
pezzo importante del nostro io... dal "centro del mondo".
A chi in modo scettico sostiene tuttavia con pretese di
universalità che non ci sia spazio per la felicità nel mondo…
posso solo dire che la felicità ESISTE... come esistono tutte
le cose di cui abbiamo "esperienza" anche se parziale.
Solo perchè non siamo o non siamo mai stati
"completamente" felici... dobbiamo pensare che la felicità non
esiste? Allora non esistono neanche il dolore, l'infelicità, la
disperazione... perchè neanche di queste abbiamo
un'esperienza "totale".
Perché la felicità non è come siamo tentati a volte di
pensare... uno "stato di grazia" indipendente dalla nostra
volontà (o almeno... non è "solo" quello!), ma è anche un
cammino, spesso faticoso, che richiede una scelta libera e
consapevole.
Questo mi lega ai miei figli!
A Dario, ma anche a Simone con tutti i suoi problemi e
Marialetizia con meno(?!) mi lega lo struggente desiderio di
una vita felice: la mia, la loro, la nostra.
Non credo che importi altro: e quando dico felice non
intendo da beatoni (non si sa mai... magari qualcuno poi mi
mette in qualche categoria), ma intendo piena, realizzata,
aperta al dono di sè agli altri, perchè l’irripetibile ricchezza di
ognuno venga condivisa per il bene di tutti.
Se bisogna sognare.... meglio sognare in grande! Il come si
realizzerà tutto questo... credo saremo gli ultimi a saperlo.
Non è forse vero che le cose più stravolgenti e
fondamentali della nostra vita ci sono sempre "piombate
addosso" senza che noi, inguaribili e presuntuosi pianificatori,
avessimo potuto nè prevederle nè tantomeno programmarle?
Scusate la poca apparente concretezza di questa
affermazione (il desiderio di felicità), che peraltro credo
condivisibile da tutti, ma di cui spesso si fa fatica a parlare:
forse per paura, pessimismo, pudore o solo per...
scaramanzia?!
Proviamo un attimo solo a riflettere su cosa è che nella
nostra esperienza ci ricordiamo di più dei nostri figli e del
nostro essere genitori: una tappa raggiunta o un momento di
felicità? Non c'è dubbio nel mio caso a dire che il secondo è
sicuramente più importante, e lo è ancora di più per i nostri
ragazzi: quante volte nel ricordare un'esperienza vissuta
assieme l'accento di Dario cade sul lato piacevole, quello che
lo ha reso felice, piuttosto che sull'obiettivo raggiunto.
Certo che garantire a loro una vita felice.... può essere
ancora più difficile che garantire una vita "normale"...
Ma questo… è un altro discorso…
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328
Come aquiloni… o quasi.
Simone: Mezzi uomini … sulla via degli asini.
La via degli asini… è una strada sopraelevata al primo
piano delle case del caratteristico borgo antico di Brisighella, il
bellissimo Comune della Romagna dove si è appena concluso
l’ultimo Meeting del Pianeta, e che riceve luce dalle
caratteristiche finestre ad arco, di diversa ampiezza. Costruita
probabilmente nel sec. XIV, rappresenta il più antico
baluardo difensivo a protezione del borgo. In un primo
tempo scoperta, la strada era camminamento di ronda e via di
comunicazione, poi fu coperta e inglobata nelle abitazioni
quando perdette la sua funzione di difesa. In seguito in
questo quartiere abitavano i birocciai, che trasportavano il
gesso dalle cave sovrastanti il paese, servendosi di asinelli, da
cui il nome “Via degli Asini”. (modificato dal sito del
Comune di Brisighella)
329
Come aquiloni… o quasi.
Per quanto riguarda i “mezzi uomini” richiamati nel
titolo … beh, lascio alla vostra fervida fantasia risalire a chi mi
riferisco, escludendo ovviamente gli Hobbit di Tolkien
raccontati mirabilmente nella famosa saga de “Il Signore degli
anelli”, e noti ai più essenzialmente per gli spettacolari film
(ben tre per un unico romanzo!) che ne sono scaturiti.
Ovviamente lo strano accostamento presente nel titolo del
thread… tra questi e il nome della via, dedicata a quei
particolari animali dotati di luuunghe orecchie,
particolarmente ostinati e che nell’ immaginario collettivo
grazie anche ad un retaggio culturale di Collodiana memoria
sono essenzialmente legati a prestazioni non propriamente
“brillanti” in campo scolastico, e ad un’innata e spiccata
assenza di senso critico … non è assolutamente casuale!
Strana tra l’altro è anche questa cosa delle orecchie lunghe …
del famosissimo “cappello” da asino di cui vengono
omaggiati gli studenti non adeguatamente preparati … se
confrontati con il più tradizionale dei gesti augurali che tutti
spesso ci scambiamo nella ricorrenza personale più festeggiata
… il compleanno. Ci si tirano le orecchie infatti (vi siete mai
chiesti perché non… la lingua ad esempio?)… come simbolo
ed augurio di un loro “allungamento” (anche se … verso il
basso) … a sottolineare come il naturale trascorrere degli anni
debba aumentare la capacità di ascolto (tante più “tirate”
quanto più sono gli anni), che sicuramente è la caratteristica
principale di una persona … “saggia”.
Ma io ne ho in mente uno particolare questa volta… di
mezzo uomo. Me l’ha mostrato con chiarezza quasi violenta
una delle immagini scattate da Dario durante la passeggiata
che abbiamo fatto sulla citata via il sabato mattina con chi si
330
Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
era premunito di arrivare con largo anticipo al luogo del
ritrovo... Questa:
relazionarsi ad esso … aumentando la percezione prevalente
del suo “lato oscuro” in chi lo guarda, anche se animato dalle
migliori intenzioni (figuriamoci nel caso contrario!).
Ma anni di esperienza professionale (e recenti battute al
meeting sulla potenza del fotoritocco, peraltro molto più
economico e meno rischioso della chirurgia estetica per
correggere i segni dell’età che avanza manifestandosi in modi
variegati e diversi a seconda del sesso e dell'età) mi hanno
insegnato che le informazioni contenute in un immagine sono
spesso molte di più di quelle che è dato di vedere di primo
acchito, o guardando solo superficialmente…
Si può infatti giocare sulla luminosità, sul contrasto, sulle
curve di saturazione dei canali dei colori principali … e così
facendo si può cercare di “accedere” a delle informazioni che
gli automatismi di bilanciamento della rappresentazione
fotografica potrebbero aver occultato, nascosto, per
permettere alla foto di raggiungere il massimo dell’espressività
e dell’incisività per i colori che contiene, a prescindere dalla
solo apparentemente scontata considerazione di dove essi
siano distribuiti.
Ed è così che per esempio ho provato a “valorizzare”
maggiormente il lato oscuro di Simone, facendo “emergere”
dall’ombra particolari, lineamenti, dettagli… che permettono
forse di ridonare espressività al suo viso, insieme
all’impressione di una maggiore potenzialità comunicativa.
Ma per far questo bisogna pagare un prezzo… la fotografia
perde di incisività, l’appiattimento di contrasto e l’aumento di
luminosità rivestono tutto di una patina grigia… quasi triste,
rivelando oltretutto che il lato destro delle labbra di Simone
… come il sinistro, non sorride … e togliendo perciò oltre
che un po’ di mistero, anche una possibile speranza... o forse
Un uomo a metà, simboleggiato in maniera così evidente
dal suo viso metà in luce e metà in ombra catturato e fermato
per sempre dallo scatto, e così risultato dalle condizioni di
illuminazione a contorno … a metà perché con un lato
oscuro… invisibile, impenetrabile, fatto di insondabili
profondità e di impossibilità di relazione, che si contrappone
ad un lato luminoso, anche se in questa particolare foto non
sorridente … il tutto in apparente e forte contrasto con uno
sfondo (sia l’arco in muratura all’interno del quale Simone
stava seduto, che la casa di fronte) ricchissimo di particolari,
magari non significativi come l’espressione di un volto e
nemmeno così intrinsecamente e potenzialmente “ricchi”, ma
sicuramente meglio “comprensibili” grazie alla miriade di
dettagli, a volte importanti (il disegno delle tende ad una
finestra) altre volte assolutamente insignificanti (tutte le
screziature della volta dell’arco). Così è in un certo senso la
vita di Simone… inserita in un mondo pieno di colori “forti”,
saturi, ed anche di “rumore”, di caos… di dettagli che
distolgono dalle realtà veramente importanti… e che
ostacolano ancor di più la sua già scarsa capacità di
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
solo illusione. Tra l’altro questa diminuzione di contrasto tra i
due lati del volto di Simone provoca la perdita di dettaglio nel
“contorno”… che diventa meno definito (i ricami delle tende
alla finestra di fronte non sono più riconoscibili ad
esempio…) lasciando il dubbio che così facendo si
rischierebbe di “perdere” qualche altra cosa fondamentale.
relazione e di armonia. Senza nulla togliere all’inevitabilità e
alla bellezza di un mistero che è intima essenza per ogni
persona … anche e a maggior ragione … per i “mezzi
uomini”. E credo sia giusto e bello così…
Peccato che la vita… non si possa “disegnare” o
"modificare"... con Photoshop…
Ecco perché credo che la foto migliore… sia una via di
mezzo, un compromesso (brutta parola questa,
probabilmente ingiustamente, nel nostro immaginario… ma
altrettanto fondamentale nella nostra vita ed in quella delle
persone che dipendono da noi e dal nostro modo di agire…).
Il contorno è preservato, con quasi tutti i suoi dettagli…
pur a prezzo di una diminuzione di incisività globale
dell’immagine … e il lato oscuro di Simone “rivela” qualche
particolare… “parla” di sé, pur rimanendo immerso
parzialmente nell’ombra del mistero… quello stesso mistero
che appartiene in fondo ad ognuno di noi.
In altre parole la vita si adatta ad una situazione di
illuminazione difficile, non prevista… e senza fare violenza
né alla persona né al contesto… trova una dimensione dove
entrambi sono valorizzati e, almeno parzialmente, capaci di
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Marialetizia: Una vita… "senza problemi"?
E’ appena terminato un finesettimana un po’ particolare
per me, rimasto a casa con Simone e Marialetizia mentre la
mamma e Dario da venerdì erano a sciare sulle nevi del Passo
334
Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
del Tonale in occasione dei Giochi Regionali Special
Olympics.
Un finesettimana che come sempre succede in questi
casi… ad un uomo che appartenendo a questa categoria non
è per definizione “multitask” (e quindi non riesce a fare più di
15 cose contemporaneamente) è stato capace di mostrarmi
quanto complessa sia la gestione in solitudine della vita
famigliare nei suoi aspetti quotidiani (anche se non li ho
comunque affrontati tutti), cosa che normalmente il genitore
di sesso femminile affronta invece con apparente
“naturalezza” … e sicuramente molta più … efficienza, senza
peraltro adeguati “riconoscimenti”.
Ma trovandomi a dover trascorrere qualche ora più del
normale con un paio dei miei figli… per far sì che il ricordo
di questa circostanza fosse comunque per loro piacevole, ho
approntato (come in altre circostanze analoghe passate) un
“programma” che potesse appunto renderla tale… in modo
che se si fossero ripresentate in futuro altre occasioni del
genere, non ci sarebbero stati scrupoli di nessun tipo a
ripetere l’esperienza.
Detto fatto… si parte il venerdì pomeriggio con il “ritiro”
dei figli al centro diurno e a scuola…: ognuno a modo suo mi
ha mostrato l’emozione collegata all’eccezionalità della cosa…
Marialetizia con una corsa e un grande abbraccio… Simone
con un sorriso timidamente nascosto dietro uno sguardo che
volontariamente non incrociava il mio quando mi ha visto
arrivare a prenderlo (ovviamente appena in tempo prima che
me lo buttassero fuori sulla strada!), dopo che i suoi amici se
ne erano già tutti andati a casa!
Il tempo di passare da casa a “buttare” i bagagli
contenenti quintali di “cultura” … o salviette e pannoloni (a
ognuno il suo!)… e poco dopo eravamo già in macchina per
recarci al vicino Centro Commerciale, dove ci aspettava in
rapida successione… una spesa di sopravvivenza per noi…
una per Macchia e Poldo (le due cavie che da qualche mese
abitano in casa nostra)… ed una cena al ristorante giapponese
self-service …una cosa da “sballo” per i bimbi: i tavoli sono
disposti intorno ad un nastro trasportatore modello bagagli in
aeroporto tanto per intendersi… sul quale scorrono
ininterrottamente monoporzioni di ogni ben di dio…
consumabili senza limite a prezzo fisso. Il divertimento
ovviamente non sta tanto nel mangiare… quanto nel
“sistema” … e nella capacità di fregare distrattamente con
misurata crudeltà l’ultima porzione delle ricercatissime cozze
marinate… al vicino che viene subito dopo di te nel tavolo
dietro… magari dicendogli mentre lui cerca di dissimulare
rabbia e delusione… “Oh, mi dispiace, le voleva prendere lei?
Sa, è per il ragazzino … e poi gli ho già messo dentro il
pollice… però se a lei non importa …”
E poi alla sera cinema sul divano… per concludere con un
po’ di sana complicità la prima giornata “da soli”. Complicità
che ritornerà in tanti piccoli gesti, quotidiani e non… durante
queste giornate, nelle quali a volte Marialetizia ricorda con
sottolineature ad hoc… lo status temporaneo e particolare
della circostanza. Bellissimo è quando per esprimere un po’ di
nostalgia comunque presente a colazione improvvisamente si
ferma e mi dice: “Sai papà… quando c’è Dario la colazione è
più bella! Mi fa sempre ridere!”
Il giorno dopo il programma è altrettanto ricco… gita sul
lago a visitare un castello medioevale dove c’è un allevamento
di rapaci… con relativa dimostrazione di volo e di
addestramento… bello!
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
E faticoso anche… visto che mi devo “scarrozzare” (nel
vero senso della parola) Simone su e giù per improbabili
sentieri, ponti elevatoi e ripidissime scalinate su torri e
bastioni (queste in braccio ovviamente!).
Il tutto inframezzato da cose ovviamente molto più
“normali”… compiti, pranzi e cene rigorosamente a casa,
dopo aver sdegnosamente rifiutato inviti da suoceri o da
amici compassionevoli … anzi invitando nonna e zia
domenica a pranzo, feste di compleanno, bagni, svuotamenti
"aiutati" di intestino di raghino "pigro"...una doverosa visita
in cimitero… con l’occasione che oggi, ormai trenta anni fa
… è morto il mio papà.
Ho sempre parlato a Marialetizia in maniera serena della
morte, come un evento inevitabile ma naturale…
rispondendo a tutte le sue domande… che come a tutti i
bimbi di quell’età nascono da dentro con un misto di curiosità
e paura; ed è perciò con un briciolo di stupore che mi accorgo
delle sue lacrime di fronte alla tomba di papà (dove è sepolta
anche Maria, la sua “cuginetta” più “grande” morta ventisette
anni fa nella pancia della mamma a pochi giorni dal parto,
senza una spiegazione precisa). Una tomba peraltro visitata
tante altre volte… per cui in effetti mi colgono di sorpresa
quelle lacrime, non nascoste… forse anche teneramente e un
po’ maliziosamente “accentuate” come solo una bimba di
questa età è capace di fare …per lanciarmi un messaggio.
Cerco allora di coglierlo: “Cosa c’è bimba mia?” le
chiedo… “perché piangi? Raccontami…”
“Papà… anche la mamma ha perso un bimbo nella pancia vero?”
mi dice…“Sì Marialetizia, lo sai no?… ne abbiamo parlato altre
volte. Però era molto più piccolo di Maria… quasi non si vedeva ancora,
al terzo mese di gravidanza; per quello non c'è una tomba per
ricordarlo...”
“Mi dispiace tanto papà! Perché se fosse nato magari non ero l’unica
figlia della famiglia senza problemi!”
Preoccupazione per noi genitori? Per i propri fratelli? Per
sé ed il proprio futuro di “doppia” sibling? Probabilmente un
miscuglione di tutte queste cose… e perciò di tutte queste
cose abbiamo parlato un po’ dopo queste sue lacrime…
tranquillamente, e con apparente serenità, anche se dentro di
me ero lacerato dal pensiero di quella piccola testolina e di
quel grande cuore così straboccanti di pensieri e sentimenti
insondabili…
E che consolazione ieri sera… quando il suo fratellone
tornato per cena le ha regalato un mazzo di carte con
rappresentati i cuccioli di tanti animali … vederla corrergli
incontro ed abbracciarlo stretto stretto senza parlare per due,
lunghissimi minuti, che sono sembrate ore… dicendogli
così… senza parole se non un semplice “grazie” ripetuto più
volte… e nell’unico modo in cui certe cose si possono
raccontare veramente… tutto quello che a volte merita di
essere detto…
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Il Pensatoio: A volte ritornano (chirurgia estetica)
E' secondo me abbastanza semplice commentare la
notizia che sistematicamente ogni tanto torna sulla prima
pagina di qualche giornale... con riferimento all’opportunità di
correggere chirurgicamente i tratti somatici tipici della
Sindrome di Down, con la scusa di evitare l’effetto
discriminatorio derivante dal riconoscimento della condizione
338
Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
genetica dell’individuo. Perché appunto… “a volte
ritornano”… e la situazione ricalca sempre dei tratti simili...
Famiglia benestante... (guarda caso nell’ultima
circostanza papà chirurgo estetico) con mamma definita
"bellissima".
Problema "anticipato"… in quanto queste “uscite”
sono quasi sempre di genitori “giovani”... che spesso
comunque sanno che fino ai 18 anni non si può effettuare
alcuna operazione definitiva... perchè quella è l'età la crescita
si interrompe per cui è possibile intervenire.
Quindi in ultima analisi attualmente "problema" solo ed
esclusivamente dei genitori, non certo della piccola bimba
di poco più di due anni (come nell’ultimo caso sollevato) o
giù di lì.
Levata di scudi delle Associazioni di settore... della
serie "accettate voi per primi i vostri figli per ciò che sono" e
non per ciò che appaiono... etc etc.
Intervento immediato del Chirurgo estetico italiano
che dichiara... "Noi siamo pronti!"
Sembra la fiera delle paure... dei problemi e dei tabù
inespressi (e degli interessi collegati).
Senza giudicare le persone (chi le conosce?)… giudico
però l'atteggiamento, questo sì, di chi pretende di "capire"
ora... i problemi della propria figlia tra sedici anni... (ridicolo!),
ben sapendo tra l'altro, che i maggiori problemi riguardanti la
"partita" dell'accettazione... (che sono quelli dell'autostima,
della capacità di avere una coscienza reale di sè come persona
e come persona "in relazione"...) si giocheranno sicuramente
"prima" di quei diciott'anni. E che quindi con molta umiltà (e
senza sensazionalismi) un genitore dovrebbe "rimandare" a
quell'età... lavorando nel quotidiano su ben altri piani... e
soprattutto delegando simili scelte alla persona che
eventualmente potrà decidere autonomamente se sottoporsi
ad intervento estetico per stare "meglio con se stessa" in
primis (a questo secondo me serve la chirurgia estetica, ben
più che a stare meglio con gli altri, che è solo una
conseguenza della prima motivazione!).
Ed anche le risposte "gridate"... che urlano allo scandalo,
da parte delle Associazioni, che si basano essenzialmente sul
fatto che non è togliendo le “stigmate” della Sindrome che si
agisce sui problemi ben più importanti e non totalmente
eliminabili (quali il ritardo intellettivo ad esempio… con tutto
ciò che comporta socialmente il “non-riconoscere” una
persona con dei problemi intellettivi-relazionali), le ritengo
decisamente fuori luogo (ovviamente in funzione del
"tono")... in quanto appunto secondo me anch'esse non sono
attente al problema delle persone down come individui... ma
molto di più alla nostra percezione o preoccupazione verso di
esse... un'altra volta un problema "nostro".
Il grande ma doveroso salto di qualità... sarà quindi
quando smetteremo di preoccuparci o di scandalizzarci per
problemi di questo genere... che non possono essere
generalizzati ad una categoria... nè sensazionalizzati.
Non parliamo poi di chi "approfitta" di queste situazioni
sensazionalistiche... per farsi pubblicità perorando la causa
dell'integrazione... non meritano alcun commento
approfondito.
Comunque... Se avere gli occhi a mandorla (o il naso
aquilino! o i rotoli di grasso) sarà un giorno un problema
insormontabile per mio figlio... tanto da impedirgli di
accettarsi per quello che è ed avvitarsi su se stesso... lo aiuterò
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
a riflettere sulla realtà, e a vedere se le soluzioni che la
chirurgia propone sono "adatte" a risolvere il suo problema...
Altrimenti... lo incoraggerò e continuerò insieme con lui,
in silenzio nascosto, a lavorare nella quotidianità affinchè lui
possa sempre apprezzarsi e farsi apprezzare per ciò che è
veramente... "operazione" solo metaforica che facciamo tutti
quotidianamente... e che, alla prova dei fatti, è molto più
complicata ma certamente anche più efficace ai fini dello
scopo che tutti noi ci prefiggiamo.
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Come aquiloni… o quasi.
R come Ritardati mentali:
Attributo decisamente meno elegante di definizioni più “politically
correct” come “disabili intellettivi-relazionali”, ma incredibilmente
più “efficace” ed immaginifico rispetto ad essi, nella descrizione
della nuda e cruda realtà dei fatti. Parlare di “ritardo” a volte ha
una spiegazione addirittura fisiologica… fisica; lo vedo nettamente
in quel “ritardato” di Simone per esempio… che se lo chiamo a
voce alta ci mette circa due-tre secondi a “sentire la mia voce,
riconoscerla, decodificare l’insieme dei suoni riconoscendovi il proprio
nome, elaborare i volumi ed i tempi di ricezione del suono dalle due
orecchie per capire da dove questo suono arriva, acquisire la
coscienza di essere stato perciò chiamato da me da una certa
posizione… e poi dire alla testa di girarsi verso la direzione da cui
provenivano quei suoni… alzare gli occhi ad altezza d’uomo (non
mezzo-uomo-in-sedia-a-rotelle), dire alla bocca di sorridere… e fare
concretamente tutti questi solo apparentemente semplici gesti“,
mentre io, nel frattempo, uomo ad alta velocità irrispettoso dei tempi
altrui per superbia o troppe cose da fare… potrei già essermene
andato via…
Se per le persone down questo fenomeno non è di certo così
marcatamente evidente… quantomeno a livelli così elementari… di
sicuro deve avere un suo fondamento ed un espressione su piani più
complessi, dove i neuroni coinvolti ed il numero di collegamenti tra
sinapsi da attraversare è elevatissimo ed i collegamenti stessi magari
poco “rodati”. Pensiamoci… quando a volte pretendiamo troppo
dai nostri figli… perché anche, e soprattutto in questo meritano di
essere… Rispettati!
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Come aquiloni… o quasi.
Dario: Cellulari, Operatori telefonici … e i down…
Dario ha sempre avuto uno strano rapporto con il
cellulare, da quando naturalmente ha deciso di servirsene…
ma forse in fondo non è poi così strano per un ragazzo della
sua età.
Quando è in giro infatti… lo accende solamente per
chiamare o mandare messaggi, dopodiché lo spegne
istantaneamente… per non consumare la batteria diceva una
volta, o molto più onestamente (come in seguito ad un
episodio capitato di recente nel quale avendo bisogno di dirgli
una cosa non eravamo riusciti a rintracciarlo) affermando ….
“così non mi controllate sempre!”
Ed anche l’uso degli sms è abbastanza “particolare”…
Lungi dall’essere sintetico e conciso… sull’onda di
quell’essenzialità che lo strumento prevederebbe e che ha
fatto sì che tra i suoi fan si creasse addirittura tutta una serie
di abbreviazioni ed acronimi spesso impossibili a decifrarsi
per i “matusa” come me… Dario è estremamente “prolisso”
nell’utilizzo degli Short Messages (lo direbbe anche il nome
che sono “corti”!)… con notevole dispendio di tempo… (e di
credito), ma questa cosa l’ho sempre tollerata bene… perché,
comunque sia, è uno dei pochi esercizi di “manualità fine” cui
si sottopone volentieri senza bisogno di stimoli. A parte gli
scherzi, è comunque evidente il grandissimo vantaggio che
deriva sia a loro che a noi genitori dall’esistenza e dall’utilizzo
di queste tecnologie. Ci si può fidare anche a “buttarli” allo
sbaraglio con un po’ più di azzardo di quello che la fiducia
“meritata sul campo” consentirebbe… perché comunque,
attraverso quello strumento… un modo di chiedere aiuto è
sempre a disposizione… (anche se, a volte a fronte di
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
necessità… non è stato usato … ma questo è un altro
discorso!). E così si può a cuor leggero (quasi) permettersi di
regalare loro più occasioni di “autonomia”… quella vera…
quella senza “alito sul collo”… quella in cui si mettono alla
prova e godono della libertà tipica degli adolescenti, senza
ruoli di contorno-controllo alle calcagna… come ad esempio
sabato quando dario è uscito al pub con alcuni colleghi di
lavoro, ed è tornato alle tre di notte.
Tutto questo per dire che, comunque… i nostri figli
vivono in un periodo fortunato… e pieno di risorse che
possono essere utili alla loro crescita, se ben valorizzate…
come ad esempio è successo quest’estate.
Scenario: Vacanza dei giovani dell’oratorio a Sass-fee,
Svizzera, Agosto 2007
Problema: dare la possibilità a Dario di comunicare con i
suoi “contatti” non presenti alla vacanza… senza spendere un
patrimonio.
Soluzione: individuata da papà dopo accuratissime
ricerche tra le promozioni del suo operatore telefonico.
Una clamorosa promozione che con 5 Euro di attivazione
consentiva di parlare per un mese attingendo al credito della
scheda ricaricabile, ma che alla scadenza del mese avrebbe
riaccreditato tutto l’importo speso ( e senza scadenza) … a
patto che le chiamate venissero effettuate con il cosiddetto
“Roaming *123* “.
Questo “Roaming *123*” per chi come me è ignorante su
questi temi… è una strana modalità di chiamata, che consiste
nel fatto che il n° da contattare (comprensivo di prefisso
internazionale) va preceduto appunto dai caratteri *123* … e
non appena una gentile voce avvisa che è stata presa la linea
bisogna riagganciare, e si viene richiamati da un operatore,
che provvede a metterti in contatto con il numero desiderato.
Abbastanza complicato a dire il vero, ma in fondo… ne
valeva la pena; Dario avrebbe potuto sbizzarrirsi in chiamate
anche kilometriche … dettate dalla nostalgia di persone a lui
care (e non parlo di genitori!)… senza che per questo
avremmo dovuto preoccuparci del consumo … se non per il
fatto di “caricarlo” a dovere prima della partenza.
Prima di attivare la promozione… controllo sul sito
internet dell’operatore che la Svizzera risulti nell’elenco dei
Paesi dai quali è possibile effettuare questo famoso “Roaming
*123*” … ed una volta verificato che è così… faccio a Dario
una mega-ricarica da 80 Euro per i dieci giorni di vacanza …
tanto… me li avrebbero ridati tutti!
Ovviamente c’è stata in seguito la fase di “addestramento”
del proprietario del telefonino … che non avrebbe dovuto
utilizzare i soliti contatti preregistrati in rubrica per
chiamare… ma quelli modificati ad hoc per l’occasione… e
che suonavano tipo “mamma-svizzera” … o similari.
Detto fatto … dopo 7 dei dieci giorni di vacanza… il
credito era esaurito! e con pochissime telefonate verso
numeri… afferenti alla stretta cerchia dei famigliari … ma
comunque, nonostante tutto… l’obiettivo era raggiunto e
Dario era stato contento di aver potuto rimanere in contatto
con chi desiderava.
lla fine del periodo di promozione (il 25 di agosto), entro
48 ore Dario avrebbe dovuto ricevere un accredito
corrispondente a quanto speso in chiamate voce durante la
sua vacanza in Svizzera.
Ma il tempo passava… e niente succedeva, ed allora,
spinto in questo anche da Paola, molto più attenta di me alla
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
gestione delle cose concrete… ho iniziato ad interessarmi alla
questione del rimborso, telefonando al famoso… numero
unico, per verificare se c’era qualche problema… e se magari
per qualche motivo Dario non fosse riuscito a “gestire”
questa abbastanza semplice “variante” alla normale routine,
sbagliando magari le modalità di chiamata o qualcosa di
simile.
Beh… sulle prime gli operatori hanno controllato sui
tabulati che effettivamente le chiamate fossero state
effettuate, e secondo le modalità previste (bravo Dario)…
poi, una volta verificato questo requisito avviavano le pratiche
di comunicazione interna per l’espletamento dei passi
necessari al rimborso, specificando che quella promozione
aveva avuto una serie di intoppi e malfunzionamenti, per cui
c’era un ritardo “cronico” negli accrediti.
Quando al trascorrere dei mesi senza che “il dovuto”
venisse riaccreditato sulla scheda di Dario le mie telefonate si
sono fatte più insistenti ed anche cattive…, gli operatori, oltre
a controllare lo stato della pratica e l’iter che aveva subito fino
a quel momento (e riferirmi che mancava solo uno dei tre
livelli autorizzativi previsti per rimborsi superiori ai 50 Euro)
mi hanno anche consigliato di mandare un sollecito anche via
fax, per accelerare la pratica.
Ed io naturalmente ero sempre più contrariato dal fatto
che oltre a non vedere esaudito un mio “diritto”, mi dovevo
scontrare con una burocrazia becera ed inefficiente, per non
dire magari in malafede … visto che se non mi fossi
attivato… magari la compagnia si sarebbe intascata i miei
soldi senza aprir bocca.
Venerdì, finalmente, la “svolta decisiva della storia infinita
durata praticamente tre mesi al posto delle promesse 48 ore:
alla mia ennesima telefonata, per un errore il call-center mi
dirotta su un operatore che si occupa di utenze “business”,
non private … e perciò, dopo l’ennesima spiegazione del
problema… mi tocca di riavvolgere e ricominciare daccapo
con la gentile signorina con la quale il penultimo operatore mi
ha messo in contatto direttamente… senza passare dal
centralino-con-musichetta-digita1sevuoi…-digita2seinvece…digita3se… etc etc. Questa mossa casuale (cosa mi
ricorda questa parola?) si rivelerà “vincente”. Non solo infatti
la tipa riuscirà a capire quasi subito dove stava l’inghippo
(prendendosi anche diversi improperi da parte mia che, non
credendo subito a ciò che mi dice, la accuso più o meno
esplicitamente di disonestà)… ma si prodigherà anche per
risolvere la situazione su due piedi, e così sarà alla fine della
telefonata, durata più di venti minuti … che ci vedrà salutarci
con una cortesia ed una gentilezza “insospettabili” dal tono
che la conversazione aveva assunto dopo pochi attimi.
Beh… volete sapere come stavano le cose? Avevo
sbagliato io!!!
Avevo sbagliato perché la lista dei Paesi dove era attivo il
servizio *123*Roaming … non era uguale a quella dove era
attiva la promozione *123*FreeRoaming al momento che io
avevo aderito … ed io avevo equivocato … (ed ora non
potevo nemmeno più controllare naturalmente perché sul sito
non c’era più!)
E per quello naturalmente mi sono arrabbiato inizialmente
con la “tipa” che al primo controllo aveva avuto la
presunzione di “smascherare” il mio errore (cosa che io
interpretavo come un ulteriore tentativo di insabbiare la
cosa)… tentando di dirmi che forse avevo letto “Switzerland”
al posto del più improbabile “Swaziland” (la promozione in
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
effetti era attiva solamente in improbabili ed esotici Paesi dei
quali credo 8 persone su dieci ignorano pure l’esistenza) ma
che professionalmente e molto pazientemente devo dire…
(oltre che doverosamente) mi ha fornito tutti gli elementi
necessari per arrendermi all’evidenza di essere io stesso
responsabile dei miei errori.
Ma al mio errore iniziale… si sono sommati … tre mesi di
errori degli operatori del call-center (e qui si apre un capitolo
a parte su questo strumento, che come mi ha detto la “tipa”
con disappunto e reale mortificazione… e come tutti noi ben
sappiamo per esperienza diretta… è gestito normalmente da
operatori assunti come lavoratori interinali e buttati nella
mischia senza aver il tempo di acquisire le necessarie
competenze), e questo fortunatamente non è stato ignorato
da chi tentava comunque di restituire alla Società che la
stipendiava un’immagine di credibilità ed efficienza (tentativo
direi, riuscito almeno in parte).
Per cui alla fine… non ho ovviamente riavuto i miei 80
Euro (in soldi “veri” mi hanno solo restituito i 5 euro di
attivazione della promozione… mai utilizzati)… ma forse di
più come valore in equivalenti promozioni attivate
gratuitamente … e nella possibilità di chiamare gratuitamente
per tre mesi dal numero di Dario, che ovviamente sarà un
numero “rovente” nel prossimo trimestre!!!!
C’è una piccola morale in questa storia a lieto fine, che
personalmente reputo oltre che divertente anche un po’
“istruttiva”.
Dei tre “attori” di questa vicenda … un laureato papà con
l’ambizione di risolvere problemi al figlio risparmiando dei
soldi, uno dei colossi della telefonia mobile italiana, ed un
ragazzo down di (allora) diciannove anni… l’unico che non
ha … “sbagliato nulla” (e che ci ha guadagnato!)… è stato
proprio quest’ultimo.
Meditate gente… io, almeno… sono stato costretto dagli
eventi a farlo!
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Simone: Walt Disney era un plagio…
La morte ha sempre avuto un ruolo determinante nei film
animati di Walt Disney… anche se spesso era riservata
implicitamente all’immancabile “cattivo” della trama, e si
limitava a “sfiorare” con i suoi artigli… i protagonisti
buoni… tanto che a volte non di morte si parla… ma di
sonno (pensate a Biancaneve e alla mela avvelenata). …
La ritroviamo quasi sempre sconfitta, la morte (se si
esclude forse uno dei film che per questo ci paiono tanto
tristi… “Bambi”… dove comunque forse non a caso di
animali si tratta… e non di umani), sia appunto nel film
appena citato, che ne “La Bella addormentata”, più
recentemente anche in “La bella e la Bestia”… e ancora in
altre occasioni… ma sconfitta da chi, da che cosa?
Dall’Amore… , ma non un amore astratto… l’amore
concreto di una persona (una volta spesso uomo, e
principe… più recentemente anche donna…. E pure povera,
grazie al “politically correct”, all’emancipazione femminile e
alla necessità di mettere in pratica in ogni campo del vivere
civile il discusso e al tempo stesso indiscutibile concetto di
“pari opportunità” … trasferendolo in prassi attraverso una
specie di “quote rosa” della celluloide, in fatto di numero di
“eroi ed eroine” rappresentati sul megaschermo).
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Un amore che generalmente è anche espresso attraverso
un gesto fisico molto “scontato” nella sua normalità, ma per
noi umani altamente simbolico… il bacio… che riesce a
“rompere” il muro del “sonno eterno” (come vedete … Walt
Disney era un plagio facendo “addormentare” i suoi
protagonisti)… fino all’apoteosi del film più moderno di
quelli citati, “La bella e la bestia”… (qui al bacio vengono
associate le lacrime) dove, contrariamente al fatto che
generalmente nel tempo moderno le “favole” tendono ad
essere “sminuite” nella loro potenzialità di esprimere
possibilità reali… non solo la Bestia, morta, viene
resuscitata… ma addirittura nello stesso istante…
trasformata… affermando contro ogni logica appartenente a
chiunque sia in grado di guardarsi in giro con i propri occhi
con un briciolo di senso critico… lo strapotere dell’amore e
del bene… sul male e sulla morte.
Ed è proprio grazie a questo messaggio positivo,
improbabile ma pieno di insostenibile e leggera speranza…
che comunque questi film ci piacciono tanto!
Forse per questo domenica scorsa durante la Messa sono
stato felice di incrociare per caso, o per empatica intuizione
(?), Dario con lo sguardo (lui si siede nelle panche centrali, da
solo …più o meno dove fino a poco più di trent’anni fa circa
sedeva Ludovico… “il primo mongoloide” … ricordate? Ed
io con Simone siamo “defilati” lateralmente per non
“disturbare” troppo), mentre dal pulpito il sacerdote
proclamava il Vangelo, leggendo una antica “favola”, cui
spesso, per onestà, disincanto, o forse solo per mancanza di
fede facciamo tutti fatica a credere molto più che ai film di
Walt Disney…
E alle parole :“Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina
non è morta, ma dorme.” (altro plagio disneyano) “Ed essi lo
deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre
della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina.
Presa la mano della bambina, le disse: “Talità Kum”, che significa:
“Fanciulla, io ti dico, alzati!”... Dario, girandosi verso Simone
con gli occhi pieni di lacrime… ma con il sorriso sulle
labbra…, non so quanto pienamente cosciente degli
"insegnamenti" disneyani sul tema che vi ho appena
raccontato... o solamente spinto da un moto proprio della sua
anima piena d'amore per il fratello... gli ha mandato un lungo,
tenero... bacio.
Forse questo è il miracolo…
Forse si può continuare a sperare…
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Marialetizia: Il colore del verde
Il verde è da sempre il colore della speranza, un colore
importante. Lo è perchè, oltre ad essere insieme al rosso ed al
blu uno dei tre colori fondamentali (cioè quei colori che
combinati in varia maniera possono dare origine a tutti gli
altri colori che conosciamo) per qualche ragione chimicofisica che ha a che fare con la lunghezza d'onda dello spettro
elettromagnetico che lo caratterizza (per il verde pari a 546,1
nm) e la percettività dell'occhio umano... è un colore
"morbido", piacevole, riposante... è il colore dei prati, degli
alberi nel pieno rigoglio dell'estate e in salute (il verde delle
foglie che viene meno è il primo e universalmente
riconosciuto indizio di problemi di "salute" della pianta) ma
anche nelle prime espressioni della primavera che ogni anno,
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Come aquiloni… o quasi.
nonostante rigidi e grigi inverni, torna a riscaldare il corpo e
l'anima. Ha quindi anche un forte impatto simbolico sul
nostro vissuto, tanto da essere capace di trasformare a volte
anche la nostra percezione della realtà attraverso
impercettibili modificazioni della nostra predisposizione
verso di essa, che si traduce in cambiamenti positivi del
nostro umore.
Sarà per questo forse, sull'onda della coscienza degli
effetti psicologici della percezione cromatica sull'uomo (che
poi è alla base di discipline moderne più o meno praticate e/o
credute quali la cromoterapia) che da sempre il verde è anche
uno dei colori più utilizzati dove ci sia la mano dell'uomo, in
presenza di situazioni che richiedono serenità e
"buon"umore. Pensate ai colori pastello degli ospedali, ma
anche ai colori per esempio di tanti uffici pubblici (o anche
del palazzo dove lavoro io!)... a tanti campi da "gioco" (calcio,
calcetto, tennis, golf) per cui per definizione in teoria sereni
(chissà che succederebbe allora se le partite di calcio si
giocassero su campi che so... rosso scarlatto!?!)... Insomma,
comunque un colore che difficilmente non "piace", qualsiasi
siano le nostre preferenze cromatiche. Il verde tra l'altro, se
pensiamo al mondo animale più prossimo alla nostra
esperienza (cani e gatti), è un colore specificatamente
"umano". I nostri amici più intimi del mondo animale infatti,
per ragioni fisiche non sono in grado di distinguerlo dal
rosso,
confondendo
spesso
i
due
colori.
Sarà anche per tutti i motivi sopra elencati che il verde è da
sempre anche uno dei due colori normalmente utilizzati
(insieme al beige-marroncino, di cui mi sfugge tuttavia il
significato psicologico) come sfondo di quel documento che
negli anni assume denominazioni più o meno disparate e
fantasiose (credo che ora si chiami "Scheda personale
dell'alunno..."), ma che per chi ne è il destinatario finale... è e
sarà sempre (giustamente)... "la pagella".
E pagella è stata, ieri, rigorosamente "verde" (nel colore e
nel... contenuto) anche per l'ultima arrivata della famiglia...
alias "il piccolo genio", che nonostante una ovvia coscienza
delle proprie abilità, in senso relativo, ma anche in senso
assoluto... ha vissuto con una certa ansia la troppo lunga
attesa (tre settimane dalla chiusura delle scuole!) dei risultati
dei suoi sforzi di alunna di terza elementare (oops... scusate...
di terza primaria), tanto da descrivere se stessa a pochi minuti
dall'entrata in classe (ha voluto essere presente alla
"consegna")... come una bambina "angosciata". Il risultato è
stato un inevitabile crollo di tensione all'uscita dalla scuola...
quando tutte le sue irragionevoli paure si sono sciolte di
fronte al sorriso delle maestre prima...e alla lettura del
lusinghiero giudizio finale poi, accompagnato da voti (sì...
sono tornati anche loro, dopo anni di oblìo!) tutti a... due
cifre, tranne uno, giusto per affermare il sano e sempre valido
principio che... si può sempre migliorare!
Agli elogi delle maestre, accompagnati anche da un paio di
consigli su come affrontare senza troppa ansia lo studio che
diventerà sempre più impegnativo (la conoscono bene), si
sono ovviamente uniti subito dopo quelli dei genitori... pieni
di volutamente malcelato orgoglio per i risultati ottenuti, ma
soprattutto per l'impegno messo per raggiungerli. Del resto...
come non essere fiero di lei? (si lo so... ho ben altri motivi per
esserlo... ma diciamo che anche questo... non guasta!).
Mentre rientriamo in casa chiaccherando del più e del
meno... cioè dell'eventualità di un "regalo promozione"... e
della sua natura (non ha chiesto qualcosa... ha chiesto "una
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Come aquiloni… o quasi.
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sorpresa"... forse influenzata in questo dal fatto che le
"sorprese" in famiglia... sono la "regola"?), Paola mi fa notare
le due buste sul tavolo della sala, consegnate oggi da un
ufficiale giudiziario...identiche, indirizzate una a me ed una a
lei. Leggo direttamente il contenuto del foglio della sua... già
aperta. Parla di Sindrome, di Paralisi cerebrale, di invalidità, di
impossibilità a compiere gli atti quotidiani, di necessità di
assistenza continua, di conferma visiva delle prove
documentali, di sentenza confermata... sì... di interdizione, di
trasmissione della documentazione al giudice tutelare per la
nomina del tutore... parla di Simone. Che combinazione che
dopo due mesi dall'udienza... la sentenza sia stata notificata
proprio oggi... giorno di "pagelle". Con questo pensiero in
testa prendo in mano la busta indirizzata a me, con
l'intenzione di aprirla per verificare che anche lì dentro ci
siano scritte le stesse cose... perchè forse quel giudice
"impietoso" ha scritto altro nella mia lettera... forse...
Ma dopo aver osservato l'involucro della missiva,
rigirandolo per qualche secondo tra le mani, lo depongo di
nuovo sul tavolo... senza poter evitare un sorriso
malinconico... indirizzato all'ironia della circostanza... ed al
dualismo un po' ambiguo che mi giunge dal brillante colore
della busta... Ovviamente... verde.
A Napoli ho fatto 4 mesi di militare... conosco abbastanza
poi l'interno campano e i suoi abitanti per motivi di lavoro...
ma non ero mai stato in quei luoghicon la famiglia... e farlo
mi ha dato spunto per una piccola riflessione.
Napoli e in generale la Campania... sono zone sicuramente
"disagiate" per chi come noi si muove con una sedia a rotelle
"occupata" al seguito..., molto più che le moderne città del
nord... dove l'accessibilità media di mezzi pubblici, locali,
strade e marciapiedi, musei e chiese etc etc... è ben al di sopra
del livello massimo riscontrabile nelle situazioni più fortunate
incontrate durante questa settimana.
Ma pur in mezzo alla difficoltà di dover affrontare mezzi
pubblici inadeguati e accessi difficoltosi... non ho mai
affrontato una scala, o un pulman... senza che almeno una
persona, e nemmeno magari "passante"... ma solo perchè si
era accorta della situazione... non si avvicinasse e mi chiedesse
se avevo bisogno di una mano...
Senza parlare poi degli incredibili "sconti" (normalmente
io dico che è meglio pagare e ricevere un servizio... ma in
assenza del servizio .. ci si può anche accontentare!)... che i
vari "addetti" si prodigavano ad elargirci, facendoci
risparmiare non pochi soldi, tanto da "permetterci" anche il
lusso un giorno, di prendere un taxi al posto degli
"improbabili" mezzi pubblici per ritornare dal porto al
campeggio... taxi che non ha esitato a sorprenderci pure lui,
quando, senza che io gli chiedessi nulla, mi ha "scontato" 7
euro sulla tariffa segnata dal tassametro... solo perchè a causa
del traffico aveva "sfondato" la previsione di spesa che mi
aveva fatto a mia precisa richiesta prima di decidere di
concederci questo "lusso".
Il pensatoio: Cromosomi... e latitudine!
Torniamo da una settimana di vacanza... itinerante, ma
incentrata sul Golfo di Napoli, con un paio di puntate verso
Est ad incontrare degli amici nell’entroterra campano e sulla
costa adriatica della Puglia.
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E sul pullman e per strada... tanta gente chiedeva di Dario
e di Simone... si informavano addirittura sulle loro
"patologie", magari stupendosi poi che li portassimo in gita a
Capri piuttosto che in terapia all'ospedale, quasi sempre una
parola gentile, una carezza... qualche minuto a giocare con le
mani...
Insomma... cose che a Milano... se non incontri persone
più che conosciute, te le scordi proprio!
E allora l'interrogativo è spontaneo... è solamente una
questione di cultura, di "popolo"... della sua latitudine e del
suo carattere... o è anche la presenza e l'abitudine al disagio...
che crea la solidarietà? E se fosse così... è giusto che si
inseguano a tutti i costi modelli di accessibilità totale che
"deresponsabilizzano" i singoli dal dovere della solidarietà?
A voi la risposta!
Oppure... molto più semplicemente... i "passanti"
venivano colpiti da tre fratelli un po' variegati che però
indossavano la stessa maglietta con la scritta: " Il nostro più
grande errore è quello di cercare negli altri le qualità che non
hanno invece di esaltare quelle che possiedono"?
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S come Semplici:
sopra.
Semplici … di quella semplicità che è un misto tra quella di
più spesso di quanto anche noi facciamo, probabilmente però con le
stesse motivazioni. Altre volte… vi sono costretti, dall’indifferenza
delle persone… e dai loro pregiudizi.
Solitari: a volte lo sono… perché preferiscono isolarsi… un po’
francescana memoria, e quindi scelta, voluta… e quella imposta
dalla natura … che deriva quindi dall’impossibilità di essere più
complicati di come sono… così, semplicemente!
Sportivi: certamente alcuni di loro lo sono moooolto più da tanti
di noi! Io e Dario ne siamo l’esempio vivente: fisico da urlo (lui) …
e capacità di nuotare per un tempo indefinito senza stancarsi… o
di scendere con gli sci da piste azzurre, rosse e nere senza alcuna
preoccupazione… (sempre lui!), senza disdegnare ore di televisione e
computer passate come sportivi “passivi” a segnare tutti i
marcatori delle Serie A, B e C … ed a copiare improbabili articoli
della Gazzetta dello Sport su altrettanto improbabili documenti
word di cui il computer di casa trabocca! (sempre lui!) E io? Io
respiro… e ingrasso! E penso ai tempi andati.
Super (o Superiori): razza di down a performance elevate,
spesso oscuro oggetto del desiderio di rivalsa da parte di genitori
frustrati dalla delusione di avere avuto un figlio imperfetto… altre
volte semplice eccezione statistica alla “normalità” delle persone con
sdd (già… anche loro hanno una “loro” normalità!). A rischio di
depressione (sia i genitori che i down stessi) … a volte anche di
autismo.
P.s.: Ok l’avete capito… sono invidioso!
Speciali: usato sovente come contrapposizione positiva al banale
attributo “Normali” (vedi lettera N), utilizzato per la maggior
parte delle persone. Di effetto consolatorio… sia rispetto alla
mancata “normalità”… che rispetto alla mancata appartenenza
nell’ambito della popolazione down … alla categoria Super di cui
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Dario: (A volte)... l'onestà paga!
La "Regola dello sforzo onesto". Così si chiama il piccolo
stratagemma che sta alla base del delicato equilibrio sul quale
si fonda la filosofia della pratica sportiva in Special Olympics.
Che cos'è? Ve lo spiego subito...
Il principio a cui si ispira l'attività sportiva in questa
organizzazione appositamente dedicata ai disabili intellettivirelazionali, fondata da Eunice Kennedy Shriver (sorella del
più famosi JFK, morta nell’agosto del 2009) è quello che
ognuno di noi deve avere la possibilità di misurarsi attraverso
la competizione, con persone di pari abilità, dove cioè la
differenza la può fare veramente l'impegno costante,
l'allenamento... e dove se oggi perdo, so che impegnandomi
ancora di più domani potrò anche vincere (non come nella
vita quotidiana dove i ns. raga sono "perdenti" in partenza...
anche se si impegnano fino allo sfinimento!).
Vincere, perdere... misurarsi con se stessi e con gli altri...
migliorarsi... sono esperienze fisicamente ed emotivamente
coinvolgenti... capaci di scatenare tutta una serie di energie
positive che generano autostima e fiducia in se stessi... cose
preziosissime per i nostri figli... da utilizzare poi in ogni
ambito dell'umana esperienza.
Ma come si fa a far gareggiare persone di pari abilità?
Abbastanza semplice in teoria: prima di ogni gara... si effettua
una prova cronometrata per tutti... una batteria di "qualifica"
(uno slalom gigante nello sci, una batteria specifica nel nuoto
per ogni specialità)... sulla base dei risultati della quale,
vengono composte tante finali (cui partecipano da 3 a 8
atleti), in funzione della similitudine dei tempi ottenuti. Per
ognuna di queste finali viene poi assegnata una medaglia
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Come aquiloni… o quasi.
d'oro, una d'argento, una di bronzo, e medaglie di
partecipazione a chi non riesce a salire sul podio. Problema
risolto?
Naaaaa, ad opporsi a questa linearità... ci sono una serie di
problemi, fondamentalmente riconducibili all'ambizione
umana capace di rovinare ogni cosa... anche le esperienze più
belle.
Ed è così che una volta "capito" il meccanismo (il più
delle volte perchè "imbeccati" da "cosiddetti" allenatori, in
realtà probabilmente persone frustrate ed incapaci di lavorare
per il "bene" dei ragazzi) può capitare che alcuni atleti nei
"preliminari"... nuotano piano… o scendono lentamente... in
modo da essere assegnati a delle finali dove con facilità
potranno sbaragliare la concorrenza dando il meglio di sè!
E qui entra in gioco la regola dello sforzo onesto... che
mette a confronto i tempi ottenuti nelle qualifiche con quello
ottenuto nelle finali. Dove lo scarto (in meno ovviamente) è
superiore al 15%... l'atleta viene automaticamente squalificato
e retrocesso all'ultimo posto... per comportamento
antisportivo e disonesto.
Sia io che i tecnici della squadra dove Dario gareggia
abbiamo sempre cercato di insegnargli il valore della
correttezza sportiva, che è rispetto degli altri, gli "avversari"...
ma anche e soprattutto di sè. E Dario si è sempre comportato
di conseguenza. Anche sabato e domenica scorsi... quando
dopo una combattuta finale dei 50 m stile libero si è piazzato
"solo" al terzo posto... in una gara dove sperava sicuramente
di andare un pochino meglio...
E sicuramente in quell'occasione gli saranno sfuggite
parole come quelle del "labiale" (neologismo da moviola del
calcio che ormai ha invaso anche la privacy degli atleti,
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Come aquiloni… o quasi.
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impossibilitati anche a dire una "sana" parolaccia senza essere
analizzati, giudicati e psicanalizzati) registrato il giorno
precedente dalla videocamera con cui sono solito riprendere
le sue gare per fargliele rivedere poi la sera (un discreto amor
proprio il ragazzo) che tradiva una certa delusione unita a
volontà autoconsolatoria con quel "Va bene così!" ripetuto a
se stesso più di una volta mentre era ancora in acqua, dopo
una prestazione non esaltante.
E che bello deve essere stato per lui lasciar esplodere la
sua felicità quando alcuni minuti dopo, durante le premiazioni
si è sentito chiamare così dallo speaker della manifestazione :
"Primo classificato, e medaglia d'oro con il tempo di 49
secondi netti... Dario Mosconi!"
I primi due infatti... avevano barato... dopo aver nuotato
lentamente nelle qualifiche del giorno prima... in finale
ovviamente presi dalla coscienza agonistica dell'occasione...
avevano dato il meglio di sè "migliorandosi" oltre il limite
consentito (vi assicuro che per "atleti" come i nostri... come
per tutti i veri atleti... migliorarsi di tanto è veramente
impossibile!) ed erano stati perciò giustamente squalificati!
Secondo me questo modo di fare è bello, giusto ed
educativo… sia per chi… vince onestamente … sia per chi
viene squalificato per aver gareggiato in modo disonesto…
E' per questo che quando domenica mattina a casa (io ero
"di servizio" con il resto della prole) mi è arrivato un sms con
su scritto "Dario oro... i primi due squalificati"... ho risposto
così: "Fai a Dario i miei più grandi complimenti... per il
risultato, ma soprattutto per la sua onestà!". A volte l'onestà...
paga, oltre che far crescere.
Un solo piccolo, strisciante dubbio mi sfiora: "E se fosse
che si comporta così solo perchè <<non ci arriva>> a
<<fare il furbo>> come alcuni fanno?"... ma un attimo dopo
mi ha già abbandonato... lasciandomi solo l'orgoglio paterno
verso una persona sulle cui doti a questo riguardo... nutro una
totale, incondizionata fiducia.
...E sorrido!
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Simone: “Dello zainetto e dell’utilitaria”
Che differenza c’è tra uno zainetto e un’utilitaria? Se ci
pensate in effetti sono entrambi mezzi di trasporto. Nel
primo il trasportato (rigorosamente uno solo!) viene portato a
spalla, generalmente andando dove non vorrebbe; spesso si
addormenta e questo non comporta alcun rischio per la sua
salute. Nella seconda (l’utilitaria) i trasportati possono anche
essere più di uno… e vengono portati dal mezzo
generalmente dove vuole chi si siede al volante, dopo
consultazione tra gli occupanti e decisione più o meno
democratica; anche qui è possibile dormire, ma i rischi e le
conseguenze per la salute dei trasportati varia (e di molto!) a
seconda del ruolo di colui che si addormenta… altissimo se a
cullarsi tra le braccia di Morfeo è chi, sedendosi al “posto di
guida”, viene comunemente indicato come il “conducente”.
Nello zainetto conducente e trasportato hanno generalmente
la stessa visuale… guardano nella stessa direzione senza
impedimenti od ostacoli alla visione, sono esposti alla stesse
condizioni di illuminazione e temperatura … nell’utilitaria no!
A seconda del fatto di essere seduti davanti o dietro, a
destra, sinistra o al centro… la visione cambia a volte
drasticamente (tanto che non è infrequente udire tra gli
occupanti scambi di battute tipo “Guarda che bello!” …
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Come aquiloni… o quasi.
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“Dove???” … “Ormai è troppo tardi, è passato” … “Uffa!”,
oppure assistere a litigi furibondi per la corretta regolazione
del condizionamento… dato per scontato ovviamente che
come immancabilmente succede chi è più caloroso sarà
sempre seduto dalla parte dove picchia il sole, e viceversa!).
Lo zainetto, mezzo a propulsione totalmente naturale,
permette a trasportante e trasportato ritmi lenti, con indubbi
e numerosi vantaggi: possibilità (e necessità) di fermarsi
spesso per ammirare qualsiasi cosa meriti la nostra attenzione
lungo il percorso, utilizzo su qualsiasi tipo di percorso,
specialmente fuoristrada, senza alcun tipo di abilitazione, né
quindi necessità di periodi di studio e pratica (con
conseguente aggravio economico) per conseguirla; a ciò si
aggiunge una guida economica, totalmente ecologica… e
sicura. In più, alla fine del viaggio generalmente (o anche
durante…) sarà possibile soffermarsi in trattorie, rifugi, o
anche solo su un prato o in riva ad un laghetto… per gustare
cibo genuino ed abbondante, senza prestare troppa
attenzione alla quantità di grassi, proteine etc ingeriti (anche
se una buona base di zuccheri è sempre una buona norma,
visto l’elevato consumo energetico che richiede il trasporto al
“conducente”), in riferimento ai rischi di aumento ponderale;
un mezzo di trasporto salutare quindi… oltre per chi
conduce, anche per chi è trasportato… se paragonato come è
in fondo abbastanza naturale … ad un fantino che cavalca un
purosangue. Così non è viaggiando su un’utilitaria, dove ogni
grammo di grassi e di contenuto proteico si trasforma
miracolosamente in un paio d’etti di accrescimento
ponderale… aumentando nel contempo esponenzialmente e
pericolosamente il rischio di colpi di sonno del conducente
(vedi il primo punto citato in questa discussione!); il viaggio
inoltre, oltre ad essere spesso sorgente di malumori per i più
svariati motivi (qui mi piace ricordare con nostalgia le
furibonde litigate tra “pilota” e “navigatore”… generalmente
scelto con estrema cura tra chi non riesce su una cartina
nemmeno a capire se il nord è sopra o sotto … oggi
soppiantate inesorabilmente dalla rassicurante voce sintetica
di un “tom-tom”) …non è economico (tra benzina,
autostrada, ammortamento dell’acquisto del mezzo, bollo ed
assicurazione … riparazioni e manutenzioni varie con
un’utilitaria di piccola cilindrata si spende all’incira 1 Euro
ogni due km percorsi!), e decisamente poco ecologico,
essendo attualmente uno dei principali motivi di
inquinamento del nostro pianeta… con particolare
riferimento alle città, dove non si capisce perché questi mezzi
amano concentrarsi su strade spesso completamente intasate,
con grave compromissione dell’unico vero vantaggio teorico
della “quattroruote” (la velocità di spostamento). A corollario
del punto precedente in cui si parlava di cibo, va altresì
sottolineato che per il “conducente” dell’utilitaria non è
possibile consumare alcolici prima di mettersi al volante, con
evidenti ricadute sulla velocità di digestione in caso di pranzo
lungo il viaggio… che aumenta il già più volte citato rischio di
sonnolenza. Non va dimenticato infine che le utilitarie
possono viaggiare esclusivamente su appositi nastri d’asfalto
(molto più raramente su altri tipi di pavimentazioni e fondi)
comunemente denominati “strade”, e che la loro circolazione
è regolamentata da tutta una serie di norme e di divieti, spesso
causa per il conducente di sanzioni amministrative (che a
parte il danno economico lo costringono a volte anche a
complicatissime macchinazioni a danno del nonno
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
ultrasettantenne per impedire la decurtazione dei “punti”
dalla patente), a volte addirittura di carattere penale.
Pur esistendo poi in teoria tra gli occupanti dell’utilitaria,
la preziosa opportunità di approfondire la propria conoscenza
dialogando dei più svariati argomenti… generalmente questa
opportunità fatica a realizzarsi, a causa o dell’inevitabile
sonno dei trasportati, o in alternativa del volume
dell’autoradio (l’unico impianto stereo sul quale il livello dei
bassi trasmessi dal subwoofer, deve necessariamente essere
regolato al massimo previsto per il modello di cui il mezzo è
equipaggiato!) , che impedisce qualsiasi efficace scambio
interpersonale; con lo zainetto al contrario… si instaura
generalmente un rapporto di dialogo tra trasportante e
trasportato che arriva al limite della simbiosi (tanto che i
modelli più piccoli si chiamano "marsupi"), e che non è fatto
solamente di suoni (in particolare sotto questo aspetto il
conducente di solito non ha fiato per poter parlare, e limita
perciò il suo contributo all’eventuale conversazione allo
stretto indispensabile)… ma anche di gesti e di vicinanza
fisica, di sudore e di fatica di uno … che sono divertimento e
riposo per l’altro, il tutto compensato comunque da reciproca
tenerezza.
Ulteriore vantaggio, la leggerezza e la "trasportabilità"...
per essere usato solamente... quando serve, al contrario di un
automobile, che è sempre e comunque solo "mezzo di
trasporto"... mai "trasportabile" (se si escludono "mezzi"
ancora più grandi quali treni o traghetti).
Qualche controindicazione?!? Beh… con lo zainetto non
ci puoi portare a spasso la ragazza dove vuoi tu … ma questa
è un’altra storia, sei costretto a limitare il tuo raggio d’azione
in funzione del tempo e delle energie a disposizione, sempre
insufficienti se paragonati a ciò che realmente servirebbe… è
un mezzo che limita l’autonomia, invece di favorirla …
teoricamente.
Sono inoltre disponibili sul mercato pochi modelli, con
particolare riferimento alle peculiarietà del “trasportato”…
ma con un po’ di pazienza qualcosa si riesce anche a trovare.
E io di pazienza ne ho tanta…
Ho deciso! Per i diciott’anni di mio figlio Simone, non gli
regalerò … una banale utilitaria!
Gli regalerò un raro oggetto “cult” per veri intenditori:
uno zainetto omologato per reggere il suo peso… insieme
con le mie spalle per sostenerlo… finchè avrò il desiderio di
farlo … e la forza per poterlo fare…
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p.s.: Sono stato incerto sino all’ultimo momento sullo “stile”
da dare a questo brano… se amaro-malinconico oppure
scherzoso-ironico…
Infine ho deciso, pur con tanti dubbi e ripensamenti, per
quest’ultimo, perché credo che più facilmente del primo (che
pur rappresenta una bella “fetta” del mio sentire in questa
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
circostanza) … possa riuscire ad essere compreso dai più
come portatore di un messaggio non completamente
“negativo”. Semmai … potrò sempre “integrarlo” in futuro…
con un “ode” agli indubbi vantaggi delle quattroruote! (e
ovviamente non sto parlando di sedie a rotelle!!!)
rientra
a
casa.
c) Tutte le possibili varianti sul tema... a partire dalle soluzioni
"a" e "b".
Si affronta il discorso a tavola, sviscerandolo nei suoi pro
e contro, di natura concreta (la lunghezza e fatica di un
viaggio non banale nel caso a) ma anche "di principio" (la
bellezza di poter festeggiare tutti insieme i diciott'anni del
nostro raghino), senza trovare una soluzione definitiva.
Dopo un po'... Marialetizia mi si avvicina e con un po' di
timidezza mista a pudore... masufficientemente decisa da
superare la vergogna.. mi dice più o meno così, con semplicità
disarmante:
"Lo so papà che tu preferiresti che io venga a prendere Simone,
perchè domenica è il suo compleanno, e mi dispiace tanto... ma a me
piacerebbe proprio andare al mare con Michela sabato e fare il viaggio
con loro...."
La breve... forse per lei troppo lunga pausa che precede la
mia risposta le fa aggiungere quasi istantaneamente:
"Ti ho deluso papà?!" con quella voce mista... ansiosoruffianesca... e quello sguardo da cocker bastonato con il
muso leggermente inclinato da un lato, le orecchie basse e gli
occhioni lucidi rivolti dal basso verso l'alto... verso i tuoi... che
intenerirebbe anche il più crudele ed insensibile degli umani.
"No piccola mia... non mi hai per niente deluso... anzi!" è stata la
mia risposta. "Sono contento e fiero di te... perchè ti sei posta il
problema, hai capito che non potevi scegliere entrambe le cose cui
comunque tenevi... e hai scelto quella che ritenevi più giusta...<<per
te>>, senza lasciarti influenzare dai nostri discorsi... nè comunque dal
desiderio anche tuo di rivedere tuo fratello per festeggiare insieme il suo
compleanno, cosa che comunque faremo al tuo ritorno dal mare. Quindi
Marialetizia: Mare o montagna?
Da sempre questo interrogativo ha rappresentato un
perno su cui si sono dipanate o anche arenate tante
discussioni famigliari... quando è stato il momento di parlare
di vacanze. E così è stato anche a casa Mosconi in settimana...
anche se in un modo tutto... particolare.
Questo lo "scenario":
+ Simone in vacanza da una settimana da solo in mezzamontagna sull'appennino toscano (già... mezzi-uomini...
mezza-montagna...) da andare a prendere sabato mattina.
+ Marialetizia invitata a passare una settimana al mare sulla
riviera romagnola insieme a Michela, la sua amichetta del
cuore, ed alla sua famiglia.
Corollario:
+ Domenica è una data abbastanza importante... Simone
diventa maggiorenne.
Le possibili soluzioni "pratiche" prevedono:
a) Si va tutti a prendere Simone al sabato, poi la sera si porta
Marialetizia al mare, dove domenica insieme agli amici si può
festeggiare Simone prima di affrontare il ferale rientro dalla
riviera
romagnola
b) Marialetizia parte sabato con gli amici, il resto della
famiglia va in giornata a prendere Simone in Toscana, e
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
se per te va bene così... sono contento anch'io! " (per tutta settimana
ha detto di avere avuto nostalgìa di Simone).
E aggiungo qua... "e sono fiero di te, anche perchè non ti
sei fatta bloccare dai tuoi sensi di colpa... tanto evidenti ai
miei occhi di papà mentre mi ponevi la domanda... non hai
"annullato" i tuoi desideri giusti e naturali... ma hai "lottato"
con decisione ed anche educazione... per affermare il tuo
diritto a determinarti, pur alla tua giovane età di bambina di
otto anni e mezzo, nella tua dignità di persona. E lo hai fatto
con tutte le armi (potentissime) a tua disposizione... senza che
questo dovesse significare volere meno bene a tuo fratello,
pur se persona sfortunata e bisognosa di tutto. Sì... piccolagrande Marialetizia... sibling (doppia) per sempre... oggi hai
fatto un grande passo verso la "tua"... autonomia.... Vai avanti
così...!"
differenza tra "autorità" ed "autoritarismo" non credo siano
discutibili con argomentazioni ragionevoli.
E dicendo questo non sto parlando solamente di efficacia
comportamentale e di educazione "assoluta", ma anche di più
banali e bieche motivazioni di "convenienza" educativa.
Mi spiego con un esempio molto semplice. Se è innegabile
che il gesto violento non fa altro che affermare la "legge del
più forte" e non certo di "quello che ha ragione", due sono i
piani di motivazione per cui bisognerebbe evitare a mio
parere il "ceffone" (e questo... "a prescindere" da tutte le
considerazioni di carattere psicologico-evolutivo sulla
percezione di sè e la perdita di autostima conseguente
all'umiliazione subita, tanto care alla psicologia moderna). Il
primo si fonda sulla logica del fatto che non esiste
corrispondenza biunivoca tra l'uso della forza e possesso della
ragione. Spesso nel mondo si assiste invece all'equazione
contraria... tanto che la saggezza popolare è solita decretare
che anche se uno "ha ragione" nel momento in cui usa la
violenza "passa dalla parte del torto". Chi ha vero interesse a
convincere, mostrare ragioni, motivare al cambiamento,
perciò in una parola "educare", ha a sua disposizione
strumenti molto più "efficaci" per farlo: dialogo,
rafforzamento dei comportamenti positivi, esempio, castigo
anche (inteso come "assunzione di responsabilità in
conseguenza alle proprie azioni"...perchè no?). Tutte queste
cose richiedono ovviamente molte più energie... ma sono
infinitamente più efficaci al fine educativo, dove questa parola
non vuol dire trovare la via più breve ad esempio per
"stroncare" un capriccio (a volte necessario!) ma costruire
piano piano le condizioni affinchè i capricci un giorno non
vengano più utilizzati come modalità comunicativa e di
p.s.: "Oh! non troppo in fretta però!!!"
Pensavo di utilizzare a tale scopo (su stesso suggerimento
della diretta interessata che un giorno di qualche mese fa ha
detto... che Dario e Simone sarebbero state per lei la garanzia
che chi le avrebbe fatto la corte la amava veramente!!!!)... due
"paladini" guardiani un po'... particolari! usarli come
"dissuasori" e, se non dovesse essere sufficiente, glieli faccio
trovare impacchettati come regalo di fidanzamento! Cosa non
farebbero questi padri per tenersi le figlie tutte per sè!
Il Pensatoio: Educazione e ceffoni
Io sono di quelli che credono che la punizione violenta
non sia assolutamente educativa, oltre che sicuramente priva
di efficacia. I motivi, che segnano la sottile ma netta
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
rapporto tra le persone (e quanti adulti non ne sono mai
usciti!!!).
C'è poi un altro piano importante a mio parere che è
specifico dell'educazione di figli disabili. Loro infatti, essendo
persone che in quanto a "rapporti di forza" sono perdenti in
partenza (e non sto dicendo ovviamente nei confronti dei
genitori, per tutti i figli è così, almeno fino ad una certa età...
ma nei confronti del "resto del mondo"), hanno la necessità
di sviluppare delle strategie comunque diverse per affermare
efficacemente le proprie ragioni... che non possono essere per
ovvi motivi nè la violenza (fisica o verbale, non fa alcuna
differenza), nè del resto la "logica e la dialettica", di cui per
natura sono generalmente altrettanto sprovvisti. Ed allora
cosa c'è di meglio che insegnargli a puntare sulle proprie
qualità migliori? Quella famosa "intelligenza emotiva" che
comunque è spesso in grado di creare comunicazione efficace
anche se non verbale, capace di modificare radicalmente fino
a ribaltarli i "rapporti di forza" fra i soggetti dell'eventuale
contendere? Questo, unito al dialogo portato ai massimi livelli
"sopportabili" da una mente comunque semplice, è secondo
me il modo migliore di aiutarli a crescere sviluppando una
personalità equilibrata in grado di rapportarsi con buone
possibilità a quella "giungla" feroce ma piena di potenzialità
inespresse che è il "resto del mondo". Questa è la "teoria".
Nella pratica quotidiana sono tuttavia fermamente
convinto di una cosa altrettanto importante... e cioè che è
molto meglio un "ceffone sincero"... che un "discorso
bugiardo". Credo faccia più danno da un punto di vista
educativo (ed anche a se stessi!) un messaggio contraddittorio,
una falsa calma, un comportamento forzatamente
"trattenuto"... quando tutto in noi stessi dice che quello
schiaffo deve essere dato o quella voce grossa deve essere
fatta. Certo il destinatario di questi messaggi (a maggior
ragione chi come i nostri figli "capisce" più con il cuore e con
la pancia che con la testa)... saprà capire e discernere cosa c'è
dietro di esso, se questo non è "la regola", ma solo
l'inevitabile eccezione (anche in questo i proverbi ci vengono
in aiuto!). E allora... con il dovuto e necessario esercizio di
moderazione che ad ogni adulto maturo è indispensabilmente
richiesto... riconciliamoci con le nostre debolezze umane e di
genitori... e se qualche volta ci scappa un comportamento non
proprio "da manuale" (siamo uomini e donne anche noi, con i
nostri umori storti, le nostre giornate sempre piene di
problemi etc etc!)... non facciamocene più di tanto un
problema, nè sensi di colpa esagerati, che poi (per
"recuperare")
ci
costringerebbero
ad
assumere
comportamenti
nell'immediatezza
decisamente
più
contraddittori e dannosi... di quel lieve rossore lasciato dalle
nostre dita in varie parti del corpo dei nostri "monelli".
Vi chiederete a questo punto e giustamente quanti schiaffi
ho dato ai miei figli.
Uno solo, a Dario... a 18 anni! (mentre al "debole" Simone
e alla "donnina" Marialetizia nessuno). Ma se lo chiedete a lui
vi risponderà... 5! E ve li elencherà uno per uno, nelle
circostanze e nelle motivazioni... (a causa di un ovviamente
diversa percezione del limite tra "buffetto" e "ceffone")
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
T come Testoni, Testardi, Teste di… rapa, etc:
Dario: Festa del papà?
Da sempre una delle caratteristiche universalmente riconosciute
(specialmente da genitori ed insegnanti) come caratteristiche della
sindrome. Non si capisce in realtà quanto di questi attributi sia
proprio dei soggetti cromosomicamente superdotati… e quanto delle
persone che si interfacciano con loro, pretendendo da loro a volte
troppo, a volte troppo poco… quasi mai quel “appena un po’ di
più” di ciò che potrebbero… che li aiuterebbe a crescere… ed a
farlo serenamente, riconciliandosi con la vita… (e con la scuola, la
fisioterapia, la musicoterapia, la logopedia, lo sport etc etc). Una
soluzione intermedia e di onesto compromesso sembrerebbe indicare
nel “concorso di colpa” la presenza di questa testardaggine… in
parte sicuramente “innata”… in parte certamente “indotta”.
Per compensare questo lato spigoloso del carattere… spesso
notevolmente Teneri, di una tenerezza inspiegabile se paragonata
a quella di cui noi “normali” siamo capaci… ed al “credito”
aperto con una sorte che se ragionassero come noi li dovrebbe vedere
perennemente arrabbiati con il mondo intero.
Cosa ci può essere di bello in queste feste così
commerciali nella loro natura, anche se non nella volontà di
chi le intende festeggiare? Cosa... in una giornata come tutte
le altre che oltretutto è legata nella mia storia personale anche
a ricordi particolarmente tristi?
Forse arrivare al lavoro al mattino presto dopo tre quarti
d'ora di viaggio in tangenziale... e appena seduto alla
scrivania... sentire la vibrazione del cellulare, scorgere un
nome tanto amato sul display... e poi leggere un sms come
questo scritto da un altro uomo che si sta recando in bus sul
proprio posto di lavoro:
Auguri ad un papà davvero davvero fantastico e speciale e che fa
sorridere la vita, ha un cuore, l'anima d'oro ed è giovane dentro di sè. Ti
voglio bene Dario
Sì... credo che oggi sarà una bella giornata!
Simone: Lettera a Simone per i suoi 18 anni
Cosa si può scrivere ad un ragazzo come te Simone, che oggi compi 18
anni, secondo tra i figli, raghino... ma allo stesso tempo "ultimo" per età
non solamente anagrafica? Non certo raccomandazioni, non auguri per
una vita autonoma cui non potrai mai aspirare... cosa allora? Forse
solamente un grazie... grazie per aver riempito di tenerezza la nostra
vita... con la tua sola presenza, la tua voglia di vivere..."a prescindere"...
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Grazie per averci permesso dopo quanto "appreso" sul campo nella
nostra prima esperienza di genitori... con il tuo amato fratellone Dario (e
con lui abbiamo imparato tanto... proprio tanto!) che di imparare non si
finisce mai... specialmente nel "mestiere" di genitori, e che ogni figlio che
attraverso i suoi genitori viene al mondo, è un miracolo irripetibile,
combinazione originale di caratteristiche che nessun altra persona al
mondo possiede... di doti e difetti, di fortune e sfortune... variamente
bilanciati, o nel tuo caso... diciamo un po' troppo "sbilanciati".
E così alla tua nascita, e ancor di più quando pochi mesi dopo sono sorti
i primi, gravi problemi di salute... ancor prima di una diagnosi... ci
siamo dovuti rimettere in gioco dall'inizio... senza certezze o punti fermi
se si esclude il grande amore che ci lega a te, nonostante pensassimo... di
conoscere tutto, o quasi... della professione genitoriale (in forza del fatto
che già una volta eravamo stati costretti a rimetterci in discussione).
Non ti montare la testa però... anche nonostante i tuoi insegnamenti...
quando è nata la tua amata sorellina... è stata ancora una volta...
rivoluzione... il terzo inizio, la terza volta in cui abbiamo sperimentato
nostro malgrado... e nonostante la nostra buona volontà...
l'inadeguatezza e l'inutilità dell'esperienza.
Comunque hai insegnato tanto anche ai tuoi fratelli, che si uniscono
perciò al nostro grazie... due cose tra le tante... a Dario, da subito, che
nonostante le difficoltà con le quali molto presto ha cominciato a
confrontarsi nella sua vita, anche lui poteva "dare"... e dare molto...
tanto evidenti e grandi erano i tuoi "bisogni" ed il tuo desiderio di essere
amato... e a Marialetizia permettendole di crescere con l'attenzione
sempre rivolta alle realtà "veramente" importanti... capace perciò di
guardare con il necessario entusiasmo ma anche con il giusto "distacco"...
alle dolci frivolezze del mondo e dell'infanzia, e con straordinaria e
spontanea “normalità” … alla condizione che determina la tua qualità
di vita, ed alle conseguenze che questa condizione comporta. Siamo sicuri
che questi insegnamenti rimarranno con loro per sempre, al di là delle
scelte di vita che ciascuno farà... grazie alla tua presenza oggi nella loro
vita... che ricambiano quotidianamente con la loro presenza, per te
altrettanto preziosa e sicuramente insostituibile. E come a loro… anche
a tantissime altre persone hai donato tanto… lo si vede dal semplice
fatto che sai raccogliere intorno a te tanta gente e tanto sincero affetto…
come nessuno “sa” fare, o dal fatto che le persone si ricordano di te anche
se ti vedono pochissimo… la tua apparente “dis-umanità” … è capace
di tirar fuori l’umanità che spesso rimane inespressa in tante persone… e
forse questo non è un caso.
Grazie anche per averci aiutato a percepire ed apprezzare il mondo a
bassa velocità (quasi fermo a dire il vero, e che a volte torna anche
indietro)... il "tuo" mondo, quello che sta dentro di te e intorno a te... e
grazie per averci accettato in esso... noi che spesso corriamo troppo e
troppo forte. Se hai deciso (o chi per te l'ha fatto...) che rimarrai figlio
per sempre... noi saremo per sempre per te mamma, papà, fratello e
sorella... anche se non i migliori che avresti potuto avere, anche noi con i
nostri tanti difetti e non-abilità. Grazie anche perché con la tua presenza
misteriosa e imperscrutabile… insegni l’importanza dei sogni, la loro
immensa dignità, la necessità di lottare per renderli concreti, la capacità
di mantenerli vivi nel cuore pur non potendoli vedere oggi realizzati a
causa delle tante circostanze che lo impediscono…
E' bello per noi venirti a prendere domani alla fine della tua settimana
di vacanza da solo... il giorno prima del tuo compleanno… è bello
anche… non esserci (fisicamente) tutti... perchè comunque ognuno ha la
sua vita che è giusto e naturale che viva.
Il piccolo regalo che ti facciamo oggi... ha a che fare con il cammino... un
cammino particolare… il tuo cammino: il cammino di chi non può
camminare da solo, e ha bisogno di ruote o di spalle... il cammino che
incontra ostacoli che devono essere superati... a volte con l'aiuto di chi può
farlo per e insieme a te... piccoli ostacoli intendiamoci (papà non ce la fa
proprio più a portare per molto tempo il suo enorme peso, oltre ai tuoi
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
35kg sulle spalle)... ma comunque significativi del nostro desiderio di
camminare insieme a te... fino a quando e dove... sarà possibile farlo. E'
il nostro augurio ed il nostro semplice regalo. Ti vogliamo bene Simone
Mamma Paola, papà Sandro, Dario, Marialetizia
Un primo tentativo lo ha fatto a Natale, regalando a
Marialetizia un bellissimo libro fotografico con tante
meravigliose foto di ogni razza canina possibile ed
immaginabile... che ha ovviamente avuto l'unico effetto di
accrescere il desiderio nella sorella... e l'effetto collaterale per
noi genitori (a prescindere dalle nostre "posizioni" personali
sull'argomento cane... variegate e non concordanti) di dover
elaborare tutta una serie di strategie per convincere
Marialetizia che il cane comunque più adatto a lei non era
certo il pastore maremmano che le piaceva tanto, nè il golden
retriever o l'alano... che seguivano a breve distanza nella
graduatoria delle sue preferenze.
Grande aiuto dopo la precedente azione di lavaggio del
cervello con cui ero riuscita a convincerla che una razza ideale
per la vita in appartamento (che non avesse comunque le
dimensioni di un... coniglio)... era il Cavalier King (Lilli...
dell'omonimo film "Lilli e il vagabondo" per intendersi!) ci è
stato fornito a tal proposito dal parere di Cristina... sì, la
"nostra" Cristina Acquistapace, che siamo passati a trovare
qualche giorno fa... e che ha manifestato lo stesso desiderio...
e la stessa preferenza di razza, convincendo Marialetizia della
genuinità e della fondatezza dei miei suggerimenti!
Un paio di gorni di silenzio sul tema da parte di Dario...
con il quale parlando si era comunque detto che l'eventuale
decisione di tenere un cucciolo doveva essere una scelta
condivisa da tutti i membri della famiglia, perchè comunque
oltre ad essere un fatto di responsabilità, rivestiva anche una
valenza di rispettosa considerazione del desiderio di uno dei
suoi membri, che al di là di quello che si sarebbe deciso
insieme... era giusto non scartare a priori.
Poi... ieri pomeriggio... ricevo al lavoro questo sms:
Marialetizia: Figli, Cani, affetti e autonomia...
Tre figli... due cavie... e per ora solo il desiderio di un
cucciolo di cane da parte di due dei tre appartenenti alla prima
categoria citata.
I due in questione sono Marialetizia... che esprime il suo
desiderio in tutti i modi possibili e con tutte le strategie di cui
solo una bimba della sua età è capace... e, ovviamente,
Simone... per il quale il rapporto con gli animali (quelli in
grado di rapportarsi ovviamente) è sempre stato fonte di una
grande gioiosità... e non a caso la "pet therapy" ha delle
potenzialità notevoli per persone come lui. Ma Dario è
sempre stato abbastanza... diciamo... riluttante... all'idea, visto
che lui ha con il mondo canino un rapporto molto
conflittuale, da quando all'età di circa otto-nove anni, non
ricordo con precisione, è stato morso su uno zigomo pur
senza riportare altri traumi se non quello psicologico, da un
rappresentante della categoria.
Quindi lui un cane per casa proprio non ce lo vorrebbe!
Ma siccome Dario è comunque una persona sensibile...
deve essersi chiesto come fare allora a conciliare questa sua
paura con il desiderio così evidentemente manifesto della
tanto amata sorella e con quello più nascosto ed inespresso
ma sicuramente presente dell'altrettanto amato fratello...
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Come aquiloni… o quasi.
“Oggi al lavoro tutto benissimo, e ho preso lo stipendio
di XXX,XX Euro (omessa la cifra per il fisco, sai mai!). Così
tanti non li ho mai avuti (conguaglio irpef) per prendere la
mia casa X la mia autonomia quando comprate il cane X
mia sorella. 1 bacio dario”
Che dire?!?
Il Pensatoio: Chi ce l'ha... e chi no... (la fede)
Quante volte mi sono sentito dire frasi di questo tipo:
“...la fede è un grande dono...stringila forte…”
Oppure:
“Si vede che avete una grande fede!”
O ancora… similmente:
“Sicuramente la fede vi aiuta a sopportare tutto questo…”
Vorrei qui sgomberare il campo da ciò che invece a mio
parere può rappresentare per tanti un piccolo-grande
"equivoco"... e diventare forse anche un problema...!
So che nella ortodossia della dottrina cattolica la fede è
descritta come un "dono"... ma credo personalmente che tale
definizione sia... difficilmente sostenibile in questa sede (un
libro che parla in maniera assolutamente aconfessionale della
disabilità e della sindrome di down).
I motivi sono molteplici, e cercherò di spiegarli così come
io li percepisco.
Vi sono innanzitutto delle ragioni di opportunità... Se è un
dono, ed è così utile a "leggere" ed interpretare gli
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Come aquiloni… o quasi.
accadimenti della vita, per accettarli e trasformarli
positivamente... perchè "a te sì e a me no?" Perchè a qualcuno
cui è stato dato il dolore di avere un figlio down è stata
donata anche la consolazione-forza di una fede incrollabile
capace di trasformare questo dolore in gioia e ad altri no,
oppure peggio, è stata "tolta" la blanda fede che magari aveva
e conservava in un angolo della sua anima, aggiungendo
disperazione a dolore? E perchè io che ne sono
ipoteticamente fortunato possessore mi devo sentire in
dovere di mostrarlo a tutti, se comunque questo dono io non
lo posso condividere? Non è un po' come andare ad un
raduno di cinquecento mostrando la propria ferrari
fiammante dicendo "Se anche tu avessi la ferrari... andresti
sicuramente più forte!"? Già... ma quelle ferrari... non si
possono comperare... le regalano solamente! E non serve
chiederle... perchè solo Luca Cordero di Montezemolo (nome
abbastanza altisonante da poter svolgere il "ruolo"
nell'esempio banalizzante) può decidere a chi e quando
regalarla.
Paragone sciocco... lo so... fatto apposta in modo
eclatante per colpire con la potenza dell' "immagine".
Perdonatemi credenti... (mi permetto di sottolineare
queste cose solo perchè forse posso dirmi umilmente
appartenente alla "categoria")... ma se noi a volte ci possiamo
permettere di scandalizzarci quando sentiamo qualcuno
maledire Dio... (e non sto parlando di "bestemmie"... che in
bocca a chi non crede sono in fondo parole come tutte le
altre)... persone che in modo legittimo e logico, non avendo
fede "sufficiente"... non riescono ad accettare il concetto che
il dolore (specialmente quello degli "altri"... concetto
abbastanza insopportabile anche per me) sia strumento
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
perchè "noi" possiamo capire e compiere la nostra missione
nel mondo (quanto egocentrismo c'è nell'interpretare tutto
ciò che accade... in funzione dell'"io"?)... perchè "loro"... non
dovrebbero scandalizzarsi dell'ostentazione di una fede che
tutto giustifica e tutto può... e che, guarda che ulteriore
sf***... non gli appartiene?! Se fosse una scelta... la cosa
sarebbe almeno decisamente differente!
E tornando all'interpretazione di tutto ciò che accade in
funzione dell' "io"... chi si sentirebbe di credere in un Dio che
fa del male ad una persona (nel caso specifico i nostri figli)...
che si "serve" di loro, per far capire qualcosa a "me"? Io no
grazie. Se Dio esiste... non può altro che essere Amore... di
questo sono convinto, per cui i miei figli imperfetti certo non
sono dei messaggi mandati a me affinchè io capisca la mia
strada nel mondo (e lo stesso si potrebbe dire per “il
mondo”)! Sarebbe incompatibile con la stessa essenza del
divino inteso come Amore cui noi occidentali decadenti una
volta tanto in questo all’avanguardia… siamo così legati.
I nostri figli "sono"... niente di più, come io "sono"...
come tutti noi "siamo"... e ognuno di noi ha l'umana
responsabilità di giocare al meglio la propria umanità nella
comune casa che è il mondo.
Sono fermamente convinto che "credere", di fronte agli
avvenimenti anche dolorosi della vita, sia una scelta, non un
dono... una scelta "complessa", certamente non solo
razionale, ma fatta di tanti altre componenti... culturali,
emotive, educazionali, istintuali... e come tale dovrebbe essere
presentata, se proprio la si vuole evidenziare come una parte
importante della propria esistenza, e quindi pure del proprio
essere genitori "down".
Diversamente per chi non ne può beneficiare sarebbe
solamente un’inutile vetrina di panacee impossibili, che oltre a
non servire a nulla... contribuirebbe probabilmente ad
allontanare ulteriormente dalla possibilità di sperimentare
un'esperienza simile... chi la fede in questo momento non ce
l'ha o l'ha in modo "fragile"... ed anche dal confronto con chi
invece la fede dichiara di averla.
Penso che uno possa dire: "ho scelto di credere anche di
fronte a questa cosa... per questo e questo motivo" (e penso
che di motivi se ne possano trovare se si "legge" onestamente
dentro noi stessi e nella realtà che ci circonda) oppure
parimenti "io non credo per questo e questo motivo" (e
ripeto... non stiamo parlano di motivi logici che possono
essere soggetti a dialettica)...
Ed è solo per questo che penso sia possibile e lecito
accennare a questo argomento così personale e soggettivo in
questo libro... se fatto con rispetto e discrezione. Se così non
fosse, credo che andrebbe impedito. Così come andrebbe
impedito il parlare maledicendo Dio o il destino per le nostre
(ma soprattutto altrui!) sventure, perchè se non fosse una
"scelta"... non ci sarebbe possibilità di confronto.
Perchè credo sia giusto creare uno spazio di confronto
che possa essere il più possibile rispettoso di qualsiasi
"sentire"... di qualsiasi "pensiero"... di qualsiasi "credo"
politico o religioso. Perchè in fondo... "credo" che
l'esperienza che porta tante persone accomunate
dall’esperienza della disabilità nella propria esistenza a
raccontarsi, leggere e confrontarsi con intensità... ci dimostra
quotidianamente che ci sono molte più cose che "uniscono"
persone a volte radicalmente diverse nel loro modo di porsi di
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fronte alle cose del mondo... rispetto a quelle che le
"dividono".
E’ uno degli indiscutibili “meriti” della disabilità. Non
credete?
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U come Unici:
A differenza di quanto comunemente detto e spesso anche creduto
… i down non sono tutti Uguali, né fisicamente… nè da un
punto di vista caratteriale… anzi! Certo, lo sono … alla stessa
stregua di tutti i senegalesi… o di tutti i coreani per un italiano!
Senza contare che difficilmente distingueremmo un Coreano da un
Tailandese o da un Vietnamita! E questo (la difficoltà di
riconoscere “differenze” in chi è “diverso” da noi) ci dovrebbe
insegnare a non ragionare per “razze” e per “tribù”, come spesso
invece facciamo… ma a guardare invece alla sostanza… che in
questo caso è l’indubbia originalità di ogni persona… Unica,
irripetibile, anche se a volte non riusciamo a coglierne le doti ed i
difetti che la caratterizzano.
Ultimi … lo sono spesso, se partecipano a competizioni miste
(non solo tra down), sportive o di altro tipo… con conseguenti
frustrazioni e perdita di autostima; unica soluzione … permettere
loro a volte di vincere… non “barando” e lasciandoli vincere… ma
consentendo loro di misurarsi tra “pari”… in condizioni cioè dove
l’impegno e lo sforzo (oltre che la fortuna e le altre normali
variabili) e non i cromosomi fanno la differenza tra una vittoria ed
una sconfitta. Un esempio? La legge sul collocamento mirato…
dove i disabili “corrono” a parte (almeno in teoria… nel senso di
… “se le Aziende tenute al rispetto della legge assumessero le quote
a loro assegnate…"); se poi per l’iscrizione a questa “gara a sé”
non si fa differenza tra disabili fisici ed intellettivi… il risultato…
non cambia!
Se infine i disabili o i loro genitori tentano quantomeno di usare
questo attributo in senso “evangelico”… fiduciosi in quel famoso…
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“gli ultimi saranno i primi” di consolatoria memoria … vengono
subito disillusi in quanto nella ideale classifica delle sfighe si
ritrovano scandalosamente in basso, superati da tutta una serie di
disgrazie decisamente più invalidanti… magari beffardamente
presenti all’interno della stessa famiglia!
A volte... anzi forse un po' troppo spesso... Usati (vedi talk-show,
ma anche più normalmente prestazioni ambulatoriali di
Associazioni ed Enti convenzionati etc etc).
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Come aquiloni… o quasi.
Dario: Ragionare... con i piedi?
Beh... "ragionare con i piedi"... è un'espressione
abbastanza "forte"... me ne rendo conto... però quante volte
si ha la tentazione di usarla con un ragazzo in piena crisi di
ribellione adolescenziale verso i genitori... che si rifiuta di dare
per scontato le cose anche più banali se "proposte" proprio
da quelle persone... nel caso specifico... il papà... dalla quale
proprio cerca con tutte le proprie energie di "distinguersi" alla
ricerca di una propria identità e originalità nel mondo reale?
Chi non ricorda le discussioni avute a quell'età con i
propri genitori... e per certi versi non ne sorride in modo
consapevole ed autoironico... riconoscendo le proprie
responsabilità nell' eterno sempre uguale e al contempo
sempre diverso conflitto tra genitori e figli? Io me lo ricordo
molto bene... perchè proprio nel momento in cui quasi stavo
per riuscire a "superare" la soggettività della situazione, e
riconoscere i valori e le ragioni oggettive di ognuno dei due
"belligeranti"... mio papà ha pensato bene di lasciare questo
mondo... quando avevo vent'anni... lasciando congelata in me
l'immagine di un rapporto che dopo una crisi profonda ed
esistenziale stava per rivalutarsi con prospettive incredibili...
ma che non ha potuto realizzarsi... insieme alla netta
sensazione di una "somiglianza" sempre più evidente con il
passare degli anni, caratteriale e addirittura "fisica" tra
l'immagine che ho impressa nella mia mente e nel mio cuore
del papà (mio papà è morto a cinquant'anni...) e la persona
che sono diventato io... che a grandi anche se impercettibili
passi mi sono avvicinato a quell'età "decisiva" che per certi
versi ovviamente mi spaventava... e che ora ho da poco
389
Come aquiloni… o quasi.
superato con indubbio sollievo, ma anche che una strana
sensazione di ingiustizia.
E allora... cosa c'entra tutto questo con i miei problemi
quotidiani con un adolescente ribelle la cui testardaggine è
acuita dal quarantasettesimo cromosoma? Niente... se non per
il fatto che dopo milioni di discussioni... sul valore di stare
attento alle piccole cose, a prendersi cura del proprio denaro...
delle proprie cose... etc etc... questa mattina, dopo che alle
6,30 lo avevo accompagnato all'appuntamento dove lo
aspettavano i suoi compagni di squadra per andare a sciare...
dopo aver preso in fretta e furia il materiale da sci in cantina...
ed avergli chiesto con tono inquisitorio... "hai preso i guanti?
E il casco? e il cappello? e... e...?"... Dario tre ore dopo... si
è ritrovato sui campi da sci... con gli scarponi da sci della
mamma... l'unica cosa che gli avevo preparato io (che
oltretutto mi sono dimenticato di portare i soldi per il saldo
della quota di partecipazione alla stagione invernale)!
E allora... chi è che ragiona... con i piedi?
E mentre lui comunque rimediava al guaio causato dal
disastroso papà… facendosi sistemare gli attacchi degli sci
sulla misura degli scarponi di mamma (per fortuna il n° di
piede era simile!) io andavo con Simone in libreria in centro, a
comperare qualche libro, per me e per fare qualche regalo di
Natale.
E’ lì che abbiamo conosciuto Antonello.
Antonello è un ragazzo down di 27 anni, che si è accodato
dietro di noi alla lunghissima fila alle casse della mega-libreria,
dove una trentina di persone attendevano pazientemente ed
ordinatamente di poter pagare i loro acquisti.
Antonello, mio "vicino" di fila, dopo essere stato
"tampinato" dal mio raghino, a causa degli angusti spazi in cui
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
tutti noi vittime della frenesia natalizia eravamo "costretti e
compressi" (e che gli permettevano di cercare il contatto con
tante mani... spesso per lui troppo lontane ed indifferenti...)
chiede subito a Simone come si chiama, a differenza di tante
altre persone, che si ritraggono imbarazzate o senza il
desiderio di entrare in contatto con un essere così...
extraterrestre... (per non parlare della reazione delle giovani
donne cui Simone tocca a volte con delicatezza il lato B
attratto dalla morbidezza e ariosità dei tessuti che lo
ricoprono… oppure lo stesso lato ma di genere maschile…
specie se ricoperti da velluto a coste… la sua passione
“tattile”… che tuttavia ingenera spesso sguardi indagatori e di
rimprovero verso quel padre che sembra aver addestrato il
figlio disabile a rubare i portafogli dalle tasche posteriori!).
Ma Antonello no... lui entra subito in contatto, con le
mani... e con la voce... senza alcun pregiudizio, senza alcuna
barriera inibitrice.
Quando gli dico che Simone non sa parlare... subito mi
chiede: "ma capisce?". Ed io... "sì certo, alcune parole le
capisce, anche se gli devi parlare in modo molto, molto
semplice". E allora Antonello inizia a presentarsi... "Ciao
Simone, sono Antonello, sono nato a... il... , lavoro in una
cooperativa e tengo all'inter".
Un grande comunicatore!
Trascorriamo piacevolmente il tempo che ci separa dalla
cassa... chiaccherando del più e del meno... fino a quando una
signora sessantenne di belle speranze... tenta un rozzissimo...
aggiramento della coda presentandosi con uno "svolazzo
laterale"... direttamente alla cassa! (certo che ci vuole una bella
faccia tosta...per farlo davanti a persone che sono lì da più di
un quarto d'ora!).
Il signore davanti a noi di un paio di posizioni (un
cinquantenne evidentemente esasperato da una vita di
pendolarismo sulla tangenziale milanese)... subito sbotta... e la
rissa subito degenera con toni che non è proprio il caso di
riportare qui, non propriamente diciamo... in clima natalizio.
Ed ecco che Antonello... con molta calma... ferma il
signore con la mano... e gli dice... "Non se la prenda così...
evidentemente la signora... non capisce!". Il signore lo
guarda... il colorito paonazzo si schiarisce subito, ed il volto
indurito dall'ira... si rilassa subito in un sorriso... paga il suo cd
e risponde ad Antonello... "Hai proprio ragione... vedi su se
riesci a fare capire a questa signora che bisogna rispettare gli
altri... io, con la mia rabbia... non ci sono riuscito!". E la
signora? Impietrita... rimane lì ad aspettare... senza più avere il
coraggio nè di passare a vanti,... nè di chiedere, nè di mettersi
in coda... forse... è ancora là che sta meditando sui suoi
errori... e sulla figuraccia che ha fatto.
Piccoli episodi di vita quotidiana... in cui i nostri raga, per
carattere, indole, ma probabilmente (per non dare troppo
"peso" ai soliti stereoitipi) anche per mancata schiavitù del
tempo e delle cose... mostrano una saggezza, che spesso a
noi... manca.
Forse... possiamo imparare?!?
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Simone: Come un libro… chiuso.
Giornata tranquilla ieri… dopo il caos organizzativo del
sabato che aveva visto due dei tre figli andare a sciare,
naturalmente verso mete diverse, uno con la sua squadra per
gli allenamenti in vista degli ormai prossimi Giochi Nazionali
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
di fine mese, e l’altra per il corso del Club Alpino cittadino
che per il secondo anno consecutivo frequenta insieme alla
sua amica del cuore. Giornata in cui i due “atleti” si sono
goduti perciò volentieri la tranquillità delle mura domestiche
dopo le fatiche del giorno precedente…
Ma il terzo figlio… quello che di “atletico” ha ben poco
per intendersi … se non le conseguenze cui costringe il
trasportatore di turno per spostarlo dal divano o dal sedile
dell’auto, la vasca da bagno o la tazza … alla sedia a rotelle e
viceversa, e che non aveva nemmeno avuto la fortuna di una
bella gita fuori porta in mezzo al sole, la neve e la natura il
giorno precedente… mal sopportava un’intera giornata
casalinga (se si esclude la breve uscita mattutina per recarsi
alla messa domenicale… dove apprezza i canti del coro ma
anche dove però riesce benissimo a mostrare se non il suo
scarso interesse… che solo ipotizzo, sicuramente la sua gioia
manifesta non appena finiscono la predica prima, e la
celebrazione poi sicuramente… con degli inequivocabili
gridolini ad alta frequenza accompagnati da grandi sorrisi di
una naturalezza estrema e privi di qualsiasi freno inibitorio…
e con un certo inevitabile e conseguente orgoglioso
imbarazzo dell’usuale accompagnatore).
Ed è per questo che all’ennesima manifestazione di noia
avuta durante il lungo pomeriggio, su suggerimento della
mamma in quel momento impegnata in un’amena attività che
ricorda così da vicino in una famiglia di cinque persone il
mito omerico della tela di Penelope … quella che non finiva
mai (il riordino della casa… che per qualche magico motivo
non riesce ad essere mai raggiunto… a volte nemmeno…
avvicinato, perché mentre l’attività è in corso … gli altri
elementi si occupano e preoccupano di fare… il suo esatto
contrario!)… ho “mollato” la mia altrettanto importante
attività, che consisteva nel dipingere insieme alla figlia minore
con le tempere e la vernice fosforescente un modellino in
scala del sistema solare da appendere al lampadario della
camera di Marialetizia (rovesciando colori sul tavolo bello
della sala e sul pavimento, riempiendo il soggiorno di scatole,
pezzi di plastica, fili, pennelli ed utensili vari… e
abbandonando in ogni dove irriconoscibili ed originali pianeti
dai colori improbabili con la scusa che “devono asciugare
bene!”) e mi sono apprestato a preparare il piccolo despota
per una passeggiata nel freddo, nebbioso e ormai buio
pomeriggio cittadino.
Passeggio sempre volentieri con mio figlio,
intendiamoci… anche se diversi anni fa sarei inorridito
pensando di “sprecare” così il mio tempo… a zonzo senza
meta e né scopo evidente per le via della città, al posto di
essere impegnato … che ne so, in qualche ascensione in
montagna o altra attività più remunerativa…
Ma questo era… una vita fa (no anzi … tre!), e
fortunatamente a volte si cresce e si riescono ad apprezzare
anche le cose più semplici; anche ieri perciò sono uscito con il
sorriso sulle labbra… come sempre faccio, spesso anche
fischiettando (che sia una manifestazione paragonabile ai
gridolini di Simone del mattino… derivante dalla coscienza di
aver evitato di essere coinvolto… nella “tessitura” della “tela
di Penelope” nostrana?), incurante del grigiore meteorologico
che ci avvolgeva.
La domenica pomeriggio il “passeggio” per le vie della
città è molto intenso… la gente si riversa tutta in poche e ben
selezionate vie (la cosiddetta “vasca”, isola pedonale), al di
fuori delle quali solo i percorsi di “accesso” alle stesse godono
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
di una certa frequentazione… mentre se ci si sposta anche
solo sulla via parallela… sembra di essere in una metropoli
deserta il giorno di ferragosto (non fosse che per … la
temperatura!). Io e Simone percorriamo a tratti le une, a tratti
le altre… con eguale piacere.
E quando siamo in mezzo alla gente… in condizioni in
cui non è proprio possibile passare “inosservati”… mi viene
spontaneo a mia volta “osservare”, ed imparare dagli sguardi
della gente che ci incrocia.
L’ho sempre fatto (e se devo basarmi sui tanti racconti
similari scritti su questo forum… lo facciamo un po’ tutti non
è vero?!)… e credo che sia comunque molto istruttivo… per
conoscere gli altri, per conoscere se stessi. E poi… è una
attività sempre nuova e diversa! Già… perché la percezione
delle reazioni che le persone hanno di fronte a quella sedia a
rotelle su cui siede, un po’ ingobbito, il mio fortunatamente
piccolo raghino ormai più che maggiorenne… non è mai
uguale a se stessa… e si è evoluta nel tempo, in maniera che
ieri mi è sembrata improvvisamente molto netta.
Agli sguardi di compassione mista a tenerezza ed
imbarazzo che ne hanno con alterne vicende caratterizzato
l’infanzia prolungata … o quantomeno la sua apparenza,
accompagnati sempre da una certa simpatia, che si è spesso
manifestata con sorrisi, parole, gesti… che creavano
comunicazione e relazione, pur se "di base"… ieri per trequattro volte consecutive si è aggiunto un nuovo tipo di
sguardo-non sguardo … che ripetendosi in maniera così
sistematica mi ha fatto riflettere.
E’ capitato infatti che incrociando persone indubbiamente
allegre e spensierate… al limite della felicità se viste da
fuori… queste diventassero di colpo serie alla vista non
evitabile di quell’essere in sedia a rotelle che manifestava in
maniera evidente tutta la sua fragilità ed i suoi limiti umani…
Sorrisi che scomparivano… chiacchere che si
interrompevano… volti che si “spegnevano”… con una
velocità tale che non permetteva di ipotizzare che dietro a
quelle reazioni ci fosse la benché minima “volontarietà” …
troppo istantaneo quel mutare d'espressione per essere frutto
di un ragionamento... O anche solo di un pensiero fugace che
inducesse a smorzare la propria spensieratezza per rispetto di
chi era evidentemente più sfortunato.. O anche solo per non
rischiare di offendere.
No... Quel lampo immediato che assale gli sguardi e li
trasforma... Assomiglia molto di più alla paura... Paura di
perdere la propria felicità... Che pure si sa essere fugace...
all’angoscia di chi vede vanificato in un attimo il delicato e
lungo lavoro di costruzione della propria... serena “ingenuità”.
Un'ingenuità che è il mezzo ed al tempo stesso il risultato
di un'opera di sistematica esorcizzazione del dolore e della
morte, che alla fine convince i più non a far finta che non
esistano... ma proprio ad esserne convinti, se si escludono le
loro lontane e perciò per certi versi "rassicuranti"
manifestazioni... quali catastrofi naturali, carestie, attentati,
guerre ed affini...
Già... Simone in questo senso è uno scandalo, piccolo se
si vuole, ma reale... inevitabile quando lo incroci per strada...
che impedisce alle coscienze di stordirsi, anestetizzandosi con
la gioia... quella a buon mercato soprattutto… ma anche
quella vera, della quale tutti vorremmo piene le nostre vite.
Con questa coscienza sono entrato nella libreria più
grande della città… come spesso faccio, anche se non devo
comprare nulla… perché credo che le librerie siano in
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
assoluto i negozi più belli che esistano… ed anche uno dei
luoghi più affascinanti dell’universo cittadino: un fascino che
deriva dall’incredibile ricchezza ed umanità contenuta negli
scaffali, all’interno di singoli libri, in ognuno nei quali è
racchiuso un mondo di storie, esperienze, messaggi…
impegnati o leggeri, tragici o ironici… che in fondo sono ciò
che rendono questa nostra vita degna di essere vissuta, e che
fanno scaturire il desiderio… di tramandarne in qualche
modo il “senso”… attraverso i gesti, le opere, i figli… ed
anche attraverso le parole.
E lì, mentre io e simone giravamo silenziosi tra li
scaffali...mi è venuta in mente un'immagine... bella e terribile...
che racchiude in poche parole l’essenza della tragedia umana
di Simone… e della mia di padre suo …: "Come un libro
chiuso"...
C’era un mondo di parole in quella libreria... Parole che
raccontano di vita, di gioia, sofferenza... sogni, storia... di
tutto; una incommensurabile ricchezza che può essere
trasmessa solamente se viene aperto e letto il libro che di
volta in volta ne parla...
Se non succede… quella ricchezza rimane lì, sprecata …
ed il libro che la racchiude resta inutile e beffardamente
“vuoto”... se paragonato allo scopo con il quale sicuramente è
stato prima pensato e poi scritto.
Simone... contrariamente a chi, trasparente per carattere e
per abilità … come recita un esplicito modo di dire… “è
come un libro aperto” … è invece un libro che nessuno
leggerà mai... addirittura nessuno quasi aprirà... un "libro
chiuso"... di cui nessuno possiede la chiave... né quella reale
del lucchetto che serra i due estremi della copertina che
racchiudono le pagine scritte (come quei vecchi e romantici
diari in cui una volta usavamo scrivere i nostri "segreti" o
anche solo ricordi di bambini e adolescenti... senza doverli
proteggere con le moderne "password")... né quella
metaforica, la "chiave di lettura"... che dopo aver separato con
il tagliacarte tutte le pagine (già… perché è per giunta un libro
stampato … in sedicesimi… come una volta!) permetterebbe
di decifrare quegli strani geroglifici che formano l’alfabeto di
quella originale e sconosciuta lingua di cui ogni pagina sembra
piena.
Se la gente che ci incrocia per strada sapesse quanta
umanità è racchiusa in quelle pagine … forse non si
rattristerebbe così, penso…
Io lo so... e perciò sono andato oltre… perché io vorrei
proprio poter ridere e piangere insieme a Simone la mia
immensa gioia ed il mio insondabile dolore per la sua
umanità, e umanità violata… ed ho perciò da tempo forzato
quel lucchetto e tagliato con pazienza le singole pagine per
separarle le une dalle altre… ma dopo anni di vani e
presuntuosi sforzi fatti nel tentativo di decifrare i geroglifici
che alla fine vi ho trovato… forse anch’io mi sto arrendendo
al fatto che il mistero di Simone, pur affascinante, è davvero
impenetrabile… e la sua incomprensibile umanità,
definitivamente inaccessibile…
… “come un libro chiuso”.
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Marialetizia:
Canali, piste ciclabili… ed indifferenza…
Vi racconto un piccolo episodio che mi ha fatto
pensare…
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Domenica scorsa, dopo aver trascorso una giornata
abbastanza tranquilla, causa contemporanea presenza di
tempo perturbato e … malanni famigliari, verso le cinque di
pomeriggio se ne esce un inaspettato e caldo sole. Cosa c’è di
meglio allora che tirar fuori dal garage la bicicletta per andare
come da programma con la mia “piccolina” (?!?) a vedere la
partita di pallavolo della locale squadra, in testa al campionato
di Serie B, ed ultima “passione” di Marialetizia, anche grazie
ad una serie di “gadgets” promozionali (in rapida successione:
biro, pallone e maglietta della squadra) che possono essere
“conquistati” collezionando timbri di presenza e relativi
autografi degli atleti?
Certo… se avessimo guardato con un briciolo di
attenzione al calendario degli incontri… ci saremmo subito
accorti che gli “ospiti” di questa settimana… ennesime
potenziali vittime della squadra più forte del campionato,
venivano da Olbia, in Sardegna… e quindi, stante il blocco
totale dei voli daeruzione vulcanica, non sarebbero potuti
giungere sin qui... nella terra lombarda.
Ci saremmo evitati così però… (perché è proprio vero
che “non tutto il male vien per nuocere!”…) la bellissima
pedalata di circa 6-7 km tra andata e ritorno… che ci ha
portati dapprima al palazzetto dove doveva svolgersi
l’incontro, percorrendo la “via diretta” lungo le strade
trafficate della città (eravamo abbastanza in ritardo)… e poi
dopo aver vissuto la piccola delusione dell’incontro
rinviato… e della palestra chiusa… di nuovo verso casa, ma
stavolta attraverso il più lungo percorso delineato dalle
ciclabili cittadine che per gran parte costeggiano il Canale
Villoresi, l'importante opera idraulica ideata e poi realizzata
verso la fine del 18° secolo a scopo irriguo da un omonimo
ingegnere lombardo, che durante il suo percorso dal Fiume
Ticino al fiume Adda lambisce ed in parte attraversa anche la
nostra città. Quante volte sono passato su quella pista
ciclabile realizzata alcuni anni orsono… a spese della miriade
di orti abusivi che proliferavano sulle sponde del canale…
nella “terra di nessuno” (del resto… era o non era un canale
irriguo???)! Eppure mai mi ero fermato a leggere con
attenzione quella lapide…
Una tra le tante in realtà… perché purtroppo nel canale
spesso i giovani una volta usavano fare il bagno nelle torride e
afose giornate estive… ma la corrente è forte, l’acqua fredda e
le vittime, per malore o incapacità… sono state negli anni
numerose.
Ma in effetti “quella” lapide… colpiva per la sua
“diversità”.
Era grande… con uno scritto abbastanza lungo… non
solo una data triste che seguiva quella felice della nascita… e
doveva perciò aver colpito in precedenti occasioni in cui
eravamo passati di lì Marialetizia e la sua vivace
immaginazione…
E’ stato per quello probabilmente che ben prima di
arrivarvi vicino (non eravamo nemmeno in vista!) mi ha
detto:
“Papà… posso fermarmi a leggere cosa c’è scritto sulla lapide?”
“Certo, se vuoi Marialetizia”
E così, una volta giunti in prossimità della lapide, ci siamo
fermati di fronte ad essa ed abbiamo letto queste parole:
“Carla, ti hanno tolto la vita e gettata in queste gelide acque per sottrarti
anche al nostro ricordo, ma tu vivi ancora in quelli che amavi. Carla
Zacchi Colaianni 1956-1983”.
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Ho spiegato con delicatezza a Marialetizia cosa volevano
probabilmente sottintendere quelle parole, con il disincanto
dell’età di chi guardando alla foto di quella bella e giovane
ragazza, immaginava per quella scena svoltasi ormai 27 anni
fa (per uno strano scherzo del destino coincidenti con l’età di
Carla al momento della sua morte)… i delitti peggiori… poi
le ho detto:
“Se vuoi, quando torniamo a casa proviamo a cercare su internet se
troviamo la storia di questa ragazza”, anche se a quel tempo… la
Rete delle Reti era ancora inesistente, “tu ricordati il nome e la
data”.
Non appena arrivati a casa Marialetizia mi ha ricordato la
promessa fatta (ed il nome della ragazza, che io … con il mio
praticamente inesistente quantitativo di neuroni “liberi”…
avevo già dimenticato nel quarto d’ora che era trascorso dalle
poche battute scambiate con lei), e così ci siamo messi alla
ricerca di notizie ed informazioni su di lei.. su Carla.
Ed è stato grazie a questa ricerca peraltro velocissima che
siamo venuti a conoscenza che Carla era stata violentata,
uccisa e gettata nel canale, per aver rifiutato le avances
sessuali di un amico di suo marito.
Una persona che dopo essere stata condannata per quel
delitto a 25 anni di reclusione, è uscita dal carcere in regime di
semilibertà dopo "soli" 13 anni… ed ha poi ucciso
probabilmente altre tre volte… di cui una addirittura la sua
padrona di casa… tanto da essere poi soprannominato “Il
mostro di Milano”.
Su google poche posizioni sotto alla pagina che descrive le
“imprese” del serial killer.. si trova un link ad una pagina di
un giornale locale… di tre anni fa… che racconta di una
lapide divelta da un muro e gettata nel lavatoio del canale
(ancora!!!!), perché la sua posizione impediva la realizzazione
di una porta scorrevole sull’immobile su cui era stata
cementata… chiedendosi alla fine dell’articolo:
“Così, nell'indifferenza totale, la targa è stata tolta. Ma, invece di
spostarla qualche metro più in là, è stata gettata nel vicino lavatoio del
Canale Villoresi. E lì giace ancora. Nella fioriera ci sono gli ultimi fiori
che qualcuno aveva portato alla ragazza. C'è anche la foto di Carla,
anche se è uscita dal porta-fotografia. La lapide verrà lasciata lì,
abbandonata? O verrà rimessa al suo posto? Costa tanto avere pietà per
una ragazza morta in modo tragico?”
Ripenso all’indifferenza di chi deve aver divelto quella
lapide… alla sua mancanza di rispetto e di memoria… che
hanno permesso che quel delitto orribile in qualche modo si
ripetesse… ripenso alla leggerezza ed all’indifferenza di chi ha
di fatto consentito ad un criminale di uccidere ancora… non
una.. ma tre volte… poi ripenso anche alla mia non meno
colpevole indifferenza nel passare per tante volte davanti a
quel “segno” senza coglierne nè la tragicità… né il monito
che la sua presenza racchiude e racconta.
Poi guardo a Marialetizia… alla sua freschezza ed alla sua
curiosità… che sono l’esatto contrario dell’indifferenza, del
disinteresse, e dell’oblìo… i mali più gravi del mondo di oggi,
insieme all’egoismo… (pensatelo anche... nell’ottica del
rapporto del mondo con la disabilità); una freschezza ed una
curiosità che le hanno permesso, passando a fianco di quel
segno, di coglierne il significato più vero… e di rammentarlo
anche a chi quelle qualità forse non aveva più… il suo papà,
imbevuto di disincanto ed ubriaco di indifferenza di fronte
alla “normalità” della cattiveria umana…
E sorrido… con il cuore gonfio di gratitudine…
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Il Pensatoio: Come vengono scelte le madri dei figli
Non darà mai per certa una parola.
Non considererà mai che un passo sia un fatto comune.
Quando il bambino dirà ‘mamma’ per la prima volta,
lei sarà testimone di un miracolo e ne sarà consapevole.
Quando descriverà un albero o un tramonto al suo bambino cieco, lo
vedrà come poche persone sanno vedere le mie creazioni.
Le consentirò di vedere chiaramente le cose che vedo io
–ignoranza, crudeltà, pregiudizio – le concederò di levarsi al di sopra di
esse.
Non sarà mai sola.
Io sarò al suo fianco ogni minuto di ogni giorno della sua vita,
poiché starà facendo il mio lavoro infallibilmente come se fosse al mio
fianco”.
“E per il santo patrono?”, chiede l’angelo, tenendo la penna sollevata a
mezz’aria.
Dio sorride…. “Basterà uno specchio”.
(Erma Bombeck)
portatori di handicap?
Vi è mai capitato di chiedervi come vengono scelte le madri dei figli
portatori di handicap?
In qualche maniera riesco a raffigurarmi Dio che dà istruzioni agli
angeli,che prendono nota in un registro gigantesco.
“Armostrong Beth, figlio. Santo patrono Matteo”.
“Forest Marjorie, figlia. Santa patrona Cecilia”.
“Rutledge Carne, gemelli. Santo patrono…. diamo Gerardo.
E’ abituato alla scarsa religiosità”.
Finalmente, passa un nome ad un angelo e …. sorride:
“A questa, diamole un figlio handicappato”.
L’angelo è curioso. “ Dio, perché a questa qui? E’ così felice”.
“Esattamente”, risponde Dio sorridendo.
“Potrei mai dare un figlio handicappato a una donna che non conosce
l’allegria?
Sarebbe una cosa crudele”.
“Ma ha pazienza?”, chiede l’angelo.
“Non voglio che abbia troppa pazienza, altrimenti affogherà in un mare
di autocommiserazione e pena.
Una volta superati lo shock e il risentimento, di sicuro ce la farà”. “Ma,
Signore, penso che quella donna non creda nemmeno in Te”. Dio sorride.
“Non importa. Posso provvedere.
Quella donna è perfetta. E’ dotata del giusto egoismo”.
L’angelo resta senza fiato. “Egoismo? E’ una virtù?”.
Dio annuisce. “Se non sarà capace di separarsi ogni tanto dal figlio non
sopravvivrà mai.
Sì, ecco la donna cui darò la benedizione di un figlio meno che perfetto.
Ancora non se ne rende conto, ma sarà da invidiare.
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Quella qui sopra riportata è una delle letture più
“gettonate” dalle mamme di figli disabili… con commenti
tipo:
“Infatti la penso allo stesso modo ed e' bello pensare che Dio affida
questi bimbi stupendi alle mamme allegre e felici !!!!”
E migliaia di varianti sul tema, dall’evidente ma al tempo
stesso un po’ triste sapore autoconsolatorio.
Perché lo sapete tutti vero... che la Sindrome di Down... è
clamorosamente "democratica"? (insieme a molte altri
sindromi di varia natura e gravità!). E che la sua distribuzione
non sembra rispondere a criteri deterministici basati sulle
caratteristiche materne quali allegria, felicità, bontà etc... ma
più che altro statistici e semmai... su base geografica? Che una
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
volta (vista la nota correlazione del rischio con l'età) questa
"responsabilità" veniva data alle mamme più "mature" e
perciò tendenzialmente sagge certo (tanto che appena
l'amniocentesi intesa come “prevenzione” è diventata
routine... hanno usato mediamente in modo diverso della loro
saggezza)... ma che oggi tende ad essere sempre più distribuita
tra le mamme "giovani" (solo perchè non fanno
l'amniocentesi come protocollo!)? Che tanti bambini down
nascono anche in famiglie disgraziate, con mamme (e papà,
chissà perchè il papà non viene mai citato in questi racconti
edificanti) che farebbero di tutto pur di liberarsi di loro... e
che vivranno arrabbiati per tutta la vita, se saranno costretti a
tenerseli...? Che tanti nascono in famiglie così povere che il
sorriso l'hanno perso da sempre... o forse non l'hanno mai
avuto? Che tanti bimbi vengono abbandonati... che molti di
più non vengono fatti nascere, se appena c'è la conferma della
"malformazione"... etc etc? Insomma... può anche far bene
credere che questa "favola buona" abbia un fondamento
reale... che le mamme "prescelte" siano quindi tutte in odore
di santità... ma per crederci dovremmo anche accettare che
altrettanto spesso Colui che sceglie la famiglia in cui far
nascere questi bimbi tanto speciali... prenda delle grosse
cantonate… o quantomeno sopravvaluti la virtuosità, il
coraggio, e le situazioni a contorno... prima di fare "atterrare"
questi "angeli" (?!?)
Ma non credete sarebbe decisamente meglio arrendersi
all'evidenza della statistica, ammettere la propria sfortuna in
questo particolare aspetto della vita... ringraziando il cielo
semmai che i nostri figli hanno avuto la grossa fortuna di
essere nati in condizioni quantomeno non svantaggiate sotto
altri punti di vista altrettanto o maggiormente limitanti
(mancanza di cibo, acqua, istruzione, sanità e chi più ne
ha...)... e, semplicemente, darsi da fare per trasformare questa
originale sfortuna in una "risorsa"... per noi stessi, per i nostri
figli… e per gli insaziabili ed i temerari… anche per il mondo
intero?
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Così... vuole solo essere una piccola provocazione in
mezzo a tanta apparente serenità che nasce e si nutre
dall'orgoglio di essere dei "prescelti"... da parte di chi come
me, forse disilluso, forse solo più oggettivamente realista, non
è convinto di essere stato scelto (due volte poi!!! dovrei già
avere l'aureola in testa, e vi assicuro che non è così, nè in
senso reale... nè metaforicamente!), perchè pur confidando
che esista un senso nelle cose che ci accadono... di certo
questo è ben lungi dal poter essere compreso... figuriamoci
poi interpretato... prendendosi la licenza di "pensare" dalla
parte di Chi lo dovrebbe aver ideato...
406
Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Veloci… è il contrario di lenti, a cui si rimanda per un’adeguata
V come Vistosi:
Attributo decisamente strano ed incomprensibile. Incredibilmente
Vistosi infatti da piccoli (con particolare riferimento alle
caratteristiche tipiche della sindrome) per i genitori agli occhi degli
altri …mentre gli altri al contrario generalmente non si accorgono
di nulla… tranne che nel caso da tutti sperimentato in cui un
signore maturo o una vecchietta sorridente si avvicinano dicendo…
“Sa… anch’io ho avuto un bambino .. così!” Così come?!? Sguardi
insistenti o sfuggenti indicano entrambi la presenza indubbia di
questo attributo… oppure l’avvicinarsi del genitore a grandi
falcate... all’esaurimento nervoso.
Con l’avanzare dell’età (nido-materna… inizio elementari) la
vistosità scompare temporaneamente… in specialmodo tra i coetanei
che non sembrano particolarmente turbati da quei tratti
orientaleggianti e dalle difficoltà di linguaggio (con tutti ‘sti
extracomunitari del resto!) … per poi ricomparire improvvisamente
nella preadolescenza … dove è anche possibile qualche episodio di
crudeltà e bullismo nei confronti della persona down, riconosciuta
come il più debole e ostracizzata dal gruppo.
Nella “maturità” giovanile questa vistosità spesso scompare del
tutto… nel senso che i giovani proprio sembrano non accorgersi
della presenza delle persone down coetanee nel mondo… e,
semplicemente, le ignorano.
Fortunatamente entrambi diventeranno insieme adulti… e si
ritroveranno, magari quando al down di turno toccherà pure di
consolare un neogenitore… cui contro ogni realistica possibilità
(capita sempre agli altri!) sarà nato un bambino down.
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trattazione del tema.
Veri: spesso incapaci di mentire… o più precisamente di farlo con
malizia e senza essere scoperti… quindi… per scelta o
semplicemente… per incapacità di essere falsi.
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Dario: La consapevolezza dell’essere (down)
Leggevo proprio ieri, guarda caso, l'esperienza di un papà
più "grande" di me, con un raga (!!! segno di vecchiaia
chiamare così i trentenni) di 35 anni. Raccontava di come al
momento della nascita di suo figlio un illustre luminare
francese, incontrato in peregrinazioni tanto faticose quanto
inutili gli avesse assicurato che la felicità delle persone down
era assicurata, perchè tanto il loro handicap era
sufficientemente grave che gli avrebbe in ogni caso impedito
di raggiungere la piena coscienza dei propri limiti. E questo
padre "d'altri tempi" vi aveva creduto, basando tutta la
propria azione di genitore su questo effimero castello di carte,
fino al giorno in cui il figlio, ormai ventenne gli disse
chiaramente:"papà, io sono un ritardato mentale"!!!
La consapevolezza c'è eccome, ma all'inizio è solo una
consapevolezza di divario nelle abilità che nasce dal
confronto quotidiano con i coetanei, di percezioni certe ma
prive di significato (nonostante i tempi anche i nostri figli si
sentono dire a volte "mongoloide" o derivati...., e capiscono
che c'è qualche realtà dietro a quelle parole, anche se ad essa
non riescono a dare un significato preciso).
La percezione c'è, e la reazione ad essa è differente, come
normalmente accade in risposta ad eventi simili da parte di
persone differenti, nel carattere e nello spirito: c'è chi si
chiude in se stesso, c'è chi ha degli accessi di "delirio di
onnipotenza" (e Dario è stato uno di questi, a suo tempo,
rifiutando nei fatti per diverso tempo la realtà dei fatti,
pretendendo di essere nato "imparato", non accettando regole
nè consigli perchè lui sapeva fare tutto...), c'è chi regredisce al
tempo delle sue maggiori certezze, c'è chi accenna a reazioni
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Come aquiloni… o quasi.
anche violente (in senso metaforico e non...) ma state sicuri
che tutti i nostri ragazzi, prima o poi, dovranno confrontarsi
con questa realtà....
La soluzione (e qui parlo ovviamente per Dario, non
potendo generalizzare...., ma credo di non sbagliare di molto
se dico che spesso dietro a mancati superamenti di
problematiche di cui sopra c'è una coscienza un po' distorta,
magari indotta....), è semplice come il problema: c'è una
ragione per queste differenze, per questa diversità, ed ha un
nome ed una connotazione biologica ben precisa, si chiama
Sindrome di Down. Una volta resosi conto di questo fatto,
una volta capito che "non era colpa sua", Dario ha superato
gli atteggiamenti poco ortodossi, si è dato una ragione ad una
cosa che probabilmente meditava da molto tempo nel suo
cuore, ed ha trasferito le problematiche esistenziali su altri
piani, meno difficili da esprimere. Le sue domande
diventavano ora infatti:"ma siete stati voi a volere che
nascessi Down?", e "... e se non nascevo Down mi volevate lo
stesso?", e, naturalmente il conseguente "... ma perchè a me?"
e poi "ma allora morirò presto?", ce n’è da spaventare
qualsiasi genitore.... (pensando alla profondità degli
interrogativi a cui deve rispondere), ma anche da consolarlo
(pensando che questi sono né più né meno gli interrogativi
che ogni persona normale si pone nella sua vita, e che noi
genitori in qualche modo ci siamo posti alla nascita dei nostri
figli). Ore ed ore alla sera, quando al momento di dormire...
Dario mi chiamava e mi diceva : "papà, ho bisogno di
parlarti...."
E' comunque più facile tirare fuori questi interrogativi,
perchè sono "fuori" appunto da sè, mentre il primo (il
"perchè sono così?") è dentro di sè, fa sorgere nei nostri
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ragazzi meccanismi noti a tutti noi quali sensi di colpa,
inadeguatezza, vergogna, paura del giudizio altrui,
specialmente quello dei genitori, che potrebbero essere delusi
dalla nostra pochezza.... il tutto all'ennesima potenza rispetto
a quanto ogni figlio "normale" vive nei confronti dei propri
genitori. Determinante può essere in questo senso l'aiuto di
una buona psicologa, "altro" rispetto alla famiglia, che in
qualche modo possa permettere al problema di "uscire" allo
scoperto, perchè "terzo" non coinvolto nei sentimenti
sopradescritti: per Dario è stata importante l'incontro con una
persona che in modo appropriato (non pensate a lettini da
psicanalista....) gli facesse imparare a confrontarsi con i suoi
atteggiamenti sbagliati (ad esempio, la negazione assoluta di
poter "perdere" ad un gioco, o l'incapacità stessa di giocare, se
guidato dalla pretesa di conoscere già un gioco nuovo...
Non solo noi, perciò; a volte nella crescita dei nostri raga,
sarà importante e determinante l'aiuto di qualcun altro.
Comunque credo che le persone Down abbiano sempre
"saputo", al massimo non gli conveniva sollevare il problema,
o i segnali che lanciavano per farlo cogliere, non venivano
raccolti ma etichettati come comportamenti non ortodossi.
E' meglio "sapere" o "non sapere" quindi? O più in
generale in riferimento ad ognuno di noi… è meglio
conoscere cosa ci può aspettare nel futuro, andando incontro
ad esso con la consapevolezza delle varie possibilità del bello
e del brutto, oppure è meglio rimanere nella serena
beatitudine di chi è convinto che nulla di brutto gli può
capitare o nell'angoscia di chi si convince che tutto gli
piomberà sulla testa? L'esempio fin troppo facile in
riferimento alla disabilità secondo me è quello del "saperlo in
gravidanza" oppure no... poiché è vero che saperlo in
gravidanza (ascoltando chi ha avuto questa esperienza) ti fa
vivere con angoscia i mesi di attesa che ti separano dal parto...
ma d'altro canto ti aiuta anche a giungere a quel momento
con una maggior consapevolezza, in modo graduale, senza
essere scaraventato improvvisamente in un mondo
sconosciuto e terribile. E' vero che "saperlo prima" ti obbliga
a confrontarti con delle scelte... scelte che magari cozzano
contro le nostre più radicate convinzioni, ma è altrettanto
vero che almeno quelle scelte le potrai fare... dopo aver
soppesato tutto. E allora, perchè dovremmo preferire
"chiudere gli occhi" e non guardare a cosa ci aspetta, nel bene
e nel male, con la scusa di "vivere meglio"? I problemi se ci
sono.. vengono comunque fuori... (come dice una bella
canzone di Biagio Antonacci… “I problemi si risolvono…
non si dissolvono mai”) e sapere che questo potrà succedere
almeno aiuta a non trovarsi "impreparati" di fronte al loro
irrompere nella nostra e altrui esistenza.
Questa è anche la coscienza di sè che credo sia
desiderabile per i nostri figli... consapevolezza di essere ciò
che sono, delle persone semplici, con dei limiti oggettivi, ma
con la possibilità di giocarsi il proprio futuro e la propria
felicità... o meglio serenità (nessuno può giocarsi la propria
felicità credo...) non da inconsapevoli beatoni, ma nella
coscienza precisa dei propri pregi e difetti.
Il lato "caratteriale" di come questa consapevolezza si
realizzi... non ha molta importanza... Ottimisti, pessimisti,
nichilisti o "mugnai" (usando la metafora di una straordinaria
ed improbabile famiglia felice della pubblicità che abita in un
"mulino"): l'importante è che ognuno faccia il proprio
cammino, nel rispetto della propria storia, carattere,
peculiarietà... e considerando le diversità di vedute e di
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approccio... quella “diversità” che tanto vogliamo combattere
salvo poi crearne sempre nuove forme e categorie… non
come un ostacolo, ma come una risorsa cui attingere quando
magari capita di ritrovarsi in un determinato momento del
cammino, in situazioni che mai ci saremmo aspettati.
Perchè sono certo comunque che questa diversità non è
solo... tra persona e persona... ma anche dentro ognuno di
noi, in perenne e continua evoluzione nel tempo... ottimisti
oggi, pessimisti domani, sereni dopodomani e magari
disperati il giorno dopo. E’ la vita.
A me interessa qui oggi raccontare... del Carnevale, e della
fortuna che esso ha rappresentato per una mamma in crisi di
argomenti... o forse con troppa fantasia.
E' successo sabato, quando con Simone e Marialetizia
siamo andati in centro, in piazza... lei vestita da Zorro, con un
vestito "fatto in casa" con materiale di risulta, e tanto di prode
destriero rappresentato da un altrettanto nero... monopattino
fornito pure di regolamentare sacchetto per la biada pieno di
coriandoli... mentre Simone quest'anno, visto che ormai è
maggiorenne... senza alcun vestito o maschera...ma felice di
girare sulla sua sedia a rotelle per la caotica e ressosa piazza
brulicante di festose mascherine e sorrisi di grandi e piccini...
tra i quali poteva facilmente "accalappiare" ogni tanto qualche
mano da accarezzare, qualche sguardo da incrociare... qualche
persona con cui "parlare" insomma.
Dopo un'oretta di immersione totale in questo fragoroso
ma spensierato caos (non avrei resistito di più), durante la
quale ho potuto verificare con un briciolo di
apprensione/terrore che nonostante il nero travestimento ed i
baffi e la barba finte disegnate abilmente dal sottoscritto...
marialetizia era ugualmete presa di mira dalle bande di
coetanei maschiacci-con-schiuma-da-barba in cerca di prede
del sesso opposto... ci siamo allontanati per andare a fare gli
auguri ad un amico che abitava a meno di un km da lì.
Ed è stato appena fuori dalla piazza che, in assenza del
soverchiante rumore delle folle chiacchericce... ho potuto
ascoltare la domanda che il piccolo ennesimo uomo-ragno
indicando Simone e forse invidiando il suo originale mezzo di
locomozione ha rivolto alla sua mamma (perchè sembra che il
mondo a carnevale sia popolato soltanto da uomini-ragno,
Simone: Grazie a Dio è... Carnevale.
Carnevale... dicono in una delle interpretazioni più
popolari sull'origine del nome che il significato del termine
derivi dall'unione delle parole "carne-levare"... con
riferimento al fatto che per i successivi 40 giorni del periodo
quaresimale (una volta! ora è solo nei venerdì e oggi, il giorno
del "mercoledì delle ceneri") a chi decide di prepararsi con la
penitenza alle feste pasquali, viene richiesto di astenersi
dall'assunzione di proteine animali attraverso il consumo
dell'elemento principe che le contiene, la carne, appunto.
Svariate interpretazioni formali di questa norma che in
realtà avrebbe la pretesa di educare l'uomo attraverso
l'esercizio della rinuncia... vedono perciò di buon grado
l'avvento della quaresima come occasione per incrementare la
frequenza peraltro pretenziosamente salutistica delle uscite al
ristorante per consumare pantagruelici pranzi e cene a base di
pesce, uova, formaggi... ma questa è un'altra storia.
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zorro, pirati, clown, diavoli e principesse... più pochi altri
esemplari isolati di razze inferiori).
"Mamma, mamma! Perchè quel bambino è così?"
"Perchè a carnevale ognuno si veste come vuole!" è stata la pronta
risposta!
Una risposta di comodo? Un'occasione mancata? Al
momento, forte anche di decenni di esperienza sulle variegate
spiegazioni che le mamme sono spesso costrette ad inventare
arrampicandosi su terreni lisci e pericolosi ho sorriso del
candore del bambino così come dell'opportunismo della
mamma... che ha potuto sfruttare l'occasione del Carnevale
per evitare di impegnarsi troppo in spiegazioni complicate ed
imbarazzanti cui probabilmente non si sentiva in quel
momento preparata... o forse solo nello spirito di fare...
Però... dopo essere tornato a casa ed aver atteso la fine dei
festeggiamenti ieri... a scanso di equivoci... ho ricordato a
Simone... che stava per iniziare la Quaresima. Sai mai che
decida di togliersi il costume!
anche i fantasmi sospetto siano in un certo senso…
maschilisti).
Forse perché l’immagine della morte è nella memoria di
tutti legata comunque alle ultime “immagini” che abbiamo
delle persone che ci lasciano… distese a letto su candide e
profumate lenzuola (al femminile)? E’ probabile che sia così,
secondo me…
Così come è probabile, anzi sicuro, che il “fantasma” più
famoso del mondo… ed al tempo stesso il “lenzuolo” che è
apparso più volte nella recente storia dell’umanità… e che
diversi milioni di persone possono dire di aver visto almeno
una volta nella loro vita… abbia avuto un simile “utilizzo” in
un non meglio precisato momento storico… la cui precisa
collocazione temporale è tuttavia ancora oggetto di serio ed
acceso dibattito scientifico… senza esclusione di colpi!
E che ovviamente è tornato alla ribalta in queste
settimane… durante le quali altre centinaia di migliaia di
persone possono affermare di averlo visto… il fantasmalenzuolo…
Io pure l’ho visto… ieri, insieme a tutta la mia famiglia…
suoceri compresi.
L’apparizione è durata poco… in un ambiente lugubre,
ovviamente tetro e buio… (sono le uniche condizioni in
effetti in cui di solito i fantasmi si manifestano… anche
perché se no la troppa luce li maschererebbe ai nostri occhi)
ma a parte un leggero mancamento di mio suocero… nessun
altro ha avuto particolari reazioni di paura o scompenso.
Forse perché sapevamo cosa ci aspettava… forse perché
sapevamo anche cosa “non” aspettarci…
Non mi interessa partecipare al dibattito scientifico sopra
menzionato… né del resto disquisire sul perché questo sia
Marialetizia: Fantasmi… e lenzuoli.
Chissà perché nella tradizione letteraria e filmografica…
nonchè nell’immaginario collettivo (sarà nata prima
quest’ultima… o le sue espressioni artistiche?) i fantasmi sono
spesso rappresentati da figure che hanno veramente poco di
umano… completamente ricoperti come sono (o è proprio…
la loro sostanza ectoplasmatica che assume quella forma?) da
candidi e sempre stirati o quantomeno morbidissimi lenzuoli
(volutamente scritto non al femminile… “lenzuola”… perché
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uno dei pochi fantasmi-lenzuoli al mondo che la gente
desidera vedere.. anche a costo di una serie di sacrifici…
perché in ogni caso il segno e l’eredità che quella persona ha
lasciato da vivo nel mondo, cambiando la storia
dell’umanità… nel bene e nel male… è ben più importante
della sbiadita immagine che si intravede grazie al lenzuolo che
la “materializza” anche dopo morta ormai da millenni… ma
mi interessa solo raccontare e descrivere… in maniera magari
un po’ faceta… la storia della sua “apparizione” di ieri… a
Marialetizia (è sua la “colpa” di questa avventura…. visto che
è stata sua l’idea di recarsi in quel luogo) ed a tutti i suoi
accompagnatori.
Il luogo era Torino… ed il fantasma in forma di lenzuolo
(probabilmente proprio il “capostipite” del genere, al quale
tutti i successivi fantasmi aventi questa “forma” si sono
successivamente ispirati), ovviamente l’avrete già capito, la
Sindone.
Al nome mi permetto di togliere l’attributo “sacra” che
normalmente l’accompagna, per rispetto del già citato
dibattito sulla sua possibile o improbabile autenticità… e delle
persone che spero con uguale onestà e dignità ne sostengono
le opposte posizioni.
Da tempo Marialetizia, complice probabilmente
l’imminenza della sua prima Comunione, ci chiedeva di avere
la possibilità di andare a vedere questo famoso lenzuolo… e
ieri l’abbiamo accontentata (nonostante io non fossi proprio
entusiasta dell’idea), dopo averla preventivamente ed
accuratamente “indottrinata” su cosa si sarebbe dovuta
aspettare di vedere… e sul significato “relativo” da dare alla
vista di ciò che, comunque, è e rimarrà sempre e solo a mio
parere… un oggetto, e niente di più.
Ma deciso che andava fatto… siamo partiti. E dopo aver
rinunciato alla comodità di una prenotazione attraverso il call
center per i disabili… che da una parte è vero, ci avrebbe
consentito di evitare le code all’ingresso, ma dall’altra ci
avrebbe dato l’impressione di “consumare” qualcosa… così
come si vede un film, o uno spettacolo di cabaret…
svuotando la visita anche di quel minimo di significato che
comunque aveva… ci siamo prenotati una “normale” visita
con tanto di orario di ingresso, confortati in questa scelta
anche dall’operatore che al telefono ci ha detto che così
facendo avremmo comunque potuto godere del “percorso di
preparazione” che ci avrebbe portato dall’ingresso dei
Giardini di Viale Margherita… sin dentro al duomo, dove
c’era il clou dell’evento.
Tutto bene il viaggio, all’una non c’è nessuno in
tangenziale… e il nostro ingresso è schedulato per le cinque
pomeridiane, c’è tutto il tempo per fare le cose con calma.
Passo da casa… un veloce panino, accompagnato
dall’immancabile bicchiere di vino… e poi dopo essere passati
a prendere Marialetizia a scuola (ovviamente felice di saltare
un pomeriggio per una sua… personale iniziativa che
coinvolge la famiglia intera)… ci si dirige verso il capoluogo
piemontese.
Nessun navigatore… solo un paio di mappette stampate
da google ci permettono di arrivare a disetinazione senza
alcun intoppo…con largo anticipo sulla tabella di marcia. Ai
vigili presenti all’ingresso dei giardini chiediamo dove sia
possibile parcheggiare con il tagliando… e loro, dopo aver
verificato che fossimo in possesso del tagliando per la libera
circolazione e della prenotazione… con estrema ed
incredibile gentilezza (ultimamente sono abituato ad altri tipi
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di “relazioni” diciamo con la categoria), ci dicono che
possiamo entrare nella zona riservata a loro ed al caricoscarico dei numerosissimi pullman stipati di gente comune e
di pellegrini ansiosi di mettersi in coda per l’agognata visita
(mi sono sempre chiesto se l’etimologia di questo vocabolo
derivi proprio dal significato dei due termini inglesi di cui è
composto … “pull=tirare” e “man=uomo”… non era forse
meglio e più onesto chiamarli “pushman”… da “spingere”?).
Parcheggiamo perciò davanti all’ingresso dei giardini …
cosa da non disdegnare, vista la composizione della scalcinata
compagnia… che vede due disabili, una stampellata, e due
persone con altre difficoltà varie di deambulazione (e siamo
solo in sette).
All’ingresso ci viene spiegato di presentarci mezz’ora
prima del nostro orario di prenotazione al cancello di
controllo… dopo un caffè ed un panino al vicino bar
improvvisato sotto un tendone… decidiamo di contravvenire
alle indicazioni ricevute e di anticipare di un’altra mezzora…
vista la fila che sta aumentando minuto dopo minuto. Per
fortuna… il controllo è abbastanza elastico… e l’ora di
differenza rispetto alla prenotazione è tollerata… un’ora e
mezza no; perciò passiamo… e ci accodiamo ad un numeroso
gruppo di pellegrini di una diocesi del nord-Italia
contrassegnati da un foularino giallo al collo…(avevano forse
paura di perdersi?) tipo boy-scout… guidati da … un
ombrellino rosso che si intravede a distanza… e che rimarrà
insieme a molti altri ombrellini chiusi, incredibilmente issato a
mo’ di monito e guida per tutta la durata della coda… come
se ci fosse stato il pericolo che qualcuno in quel fiume umano
delimitato da transenne potesse prendere una direzione
sbagliata!
Fortunatamente sarà l’unico utilizzo di quei preziosi
accessori durante l’intero pomeriggio… viste le iniziali
premesse meteo… con un cielo inizialmente plumbeo e
minaccioso che si è gradualmente trasformato fino a
diventare azzurro al termine della nostra “processione”. Non
oso pensare a cosa sarebbe successo in caso di pioggia
battente!
La coda avanza lentamente… ed il disagio è subito
evidente nei partecipanti. E quando è così… di solito le
persone sanno tirar fuori il meglio ed il peggio di sè.
Si può così assistere agli sbuffi incontrollati di Dario per
l’imprevista situazione (sono o non sono “genuini” i
down?)… e contemporaneamente alla noncurante insolenza
con la quale alcune persone senza porsi il benché minimo
scrupolo sorpassano la coda non appena lo spazio lo
consente… per assestarsi nella nuova posizione in attesa dello
slargo successivo.
Marialetizia ovviamente non può dire nulla … mentre
Simone dal canto suo è contento di stare in mezzo alla
gente… e per di più all’aria aperta. Per questo motivo quando
ogni tanto qualche volontario ci passa accanto stupito
spingendo la sedia a rotelle di turno… possiamo permetterci
di rifiutare il suo invito a seguirlo bypassando quelle migliaia
di pellegrini sfortunati, che non potendo vantare alcun
handicap… e nemmeno la sfacciataggine dei più insolenti…
sono costretti a rimanere ordinatamente al loro posto come
pecore di un gregge.
Ed in questo modo, oltre a fare la figura di chi non
approfitta della sua condizione per ottenere dei vantaggi…
riusciamo quasi anche a passare per dei veri pellegrini, che
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vivono la dimensione dell’attesa come un momento
importante quanto quella dell’evento atteso.
Ma al quarto invito in pochi minuti, ricevuto
dall’ennesimo volontario-volonteroso… la suocera, che in
quel momento guidava la sedia a rotelle di Simone… e si
riposava anche un poco appoggiandosi sulle sue manopole…
non “resiste”… e lanciandomi a mo’ di giustificazione un
improbabile ed imbarazzato ma deciso “Non sono io…me lo
ha detto lui!”… mette la freccia e parte determinata
superando l’ingorgo!
Insofferente un po’ come sono di questo genere di cose…
(se poi le fa la suocera… quale occasione migliore?)… ed
incredulo di fronte all’ “effetto-croce-rossa-in-tangenzialeintasata” che la manovra ha subito innescato in un nutrito
manipolo di ardimentosi millantatori, che simulando di
appartenere alla comitiva… si “infilano” subito dietro
alla…”carrozzina-crocerossa”… intimo dopo pochi metri alla
suocera di fermarsi e di rientrare nei ranghi. Lo faccio a voce
alta… spiegandone anche le motivazioni… in modo che i
personaggi si vergognino del loro “tentativo”… che li
costringe ad un imbarazzato silenzio nella nuova posizione…
mentre ad occhi bassi attendono il passaggio… della prossima
crocerossa! Incredibile certa gente… davvero!
Ad un certo punto Dario esce dalla fila… e mentre già
temo che si voglia aggiungere alla schiera dei furbi con
qualche ardita manovra… si piazza con tutta la sua prestanza
di atleta di traverso dicendo: “Adesso vediamo se passano
ancora!”… Grande Dario! Fatto sta che finchè è rimasto lì…
nessuno ha più osato effettuare sorpassi illeciti!
L’episodio mi da comunque da pensare… quanta gente,
sia tra chi ne è… “affetta” ma, ancor più grave, anche tra chi
non ne è coinvolta in modo personale… fa della disabilità un
pretesto, sfruttandola per i propri fini ed a proprio vantaggio?
Gli esempi, lo sappiamo, sono tanti e variegati… a volte
addirittura istituzionalizzati… ma è chiaro che se anche nelle
piccole cose siamo capaci di “usare” dei disabili per ottenere
piccoli privilegi… non possiamo scandalizzarci se poi dove gli
interessi in gioco sono più grossi… ci si scontra con analoghi
atteggiamenti!
Quando finalmente un’ora e mezza dopo, e dopo aver
assistito a molti altri episodi più o meno simili… riusciamo a
fermarci per un paio di minuti di silenzio davanti a quel telo
di lino che rappresentando la meta del nostro essere in coda
avrebbe dovuto anche forse ricordarci lo “stile” di quella
persona che alcuni affermano abbia un giorno avvolto, …
Simone disdegna il “privilegio” di essere stato fatto transitare
nella prima delle quattro corsie in qualità di disabile, e durante
quei pochi attimi non fa altro che girarsi dalla parte opposta
rispetto alla Sindone per guardare la gente… la sua vera
passione…
Mi sono inginocchiato in fianco al mio raghino … unico
tra tutti i presenti … ma solo per permettere ai bambini che
stavano appena dietro di me (loro erano nella seconda corsia,
compresa Marialetizia) di guardare con curiosità alle tracce
visibili sulla trama di quel tessuto ingiallito sul quale
spiccavano evidenti solo le bruciature degli incendi subiti nel
tempo … e mentre non potevo fare a meno di pensare che in
fondo Simone nella sua infinita e disarmante semplicità ci
stava insegnando dove veramente stavano in quella chiesa …
le realtà importanti… le persone… ho alzato per un attimo
anch’io lo sguardo a quell’icona simbolica e ho chiesto:
“E tu… caro il mio lenzuolo-fantasma… cosa ne pensi?”
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Immediatamente nella mia tasca sinistra è vibrato il
cellulare... che per ovvi motivi avevo reso silenzioso; appena
fuori perciò, incuriosito… mi affretto a leggere il messaggio
che mi era stato inviato, forse in risposta alla mia domanda:
"Hai meno di 30 anni?Con l'incentivo statale a soli 59Euro
chiavetta 7.2Mb e 5 mesi di internet inclusi. Bonus limitati, chiama o
corri nei negozi XXXXX"
Non c’è che dire: un fantasma moderno... al passo coi
tempi!
è stato facile raggiungere il posto di lavoro… perché il vero
problema non è la quantità di neve caduta, ma la troppa gente
che circola normalmente su quattro ruote, tra le quali poi,
immancabilmente a causa delle leggi di distribuzione statistica
dell’incompetenza umana, si trova in queste circostanze chi
tenta di muoversi senza strumenti adeguati (leggi “catene” o
“pneumatici da neve”) salvo poi impantanarsi al primo
cavalcavia, su quelle “ripidissime” pendenze che tolgono
aderenza alle ruote… o schiantarsi ad un incrocio, dopo il
primo tocco di freno. E che dire poi di chi (e sono ancora
tanti!) monta le catene con immensa fatica… non sulle ruote
motrici, ma su quelle altre due… quelle che così non solo non
gireranno mai… ma addirittura si trasformeranno in un
ulteriore ostacolo che si opporrà alle già scarse probabilità di
presa delle loro compagne collegate tramite l’albero di
trasmissione al motore?
Come sempre … l’ostacolo maggiore (come del resto le
potenzialità per superarlo!) non è “fuori” di noi… ma
“dentro” di noi. E la possibilità di superare un momento di
difficoltà … non sta principalmente nell’eccezionalità di un
evento, ma nello spirito e nelle risorse che possiamo e siamo
disposti a mettere in gioco in prima persona per superare una
situazione di certo non favorevole…
Già… perché se a fronte di un cammino che si presenta
improvvisamente irto di difficoltà e pericoli … a volte
imprevedibilmente, altre volte no … si “improvvisano”
soluzioni… con incompetenza, o peggio ancora con
inettitudine… si possono fare danni, non solo a noi stessi, ma
anche a chi è in cammino con noi o semplicemente a chi
incrociamo sul nostro percorso.
Il pensatoio: La nevicata dell’85
Gennaio 2009
Chi se la ricorda… la nevicata dell’85? Allora non erano
stati “solo” 40 cm di neve, come è successo tra il giorno della
befana e ieri pomeriggio in Lombardia, prima che la neve
trasformata in pioggia, causasse la metamorfosi di quel soffice
ed asciutto manto… gioia per i bimbi ed i grandini … in un
pesantissimo (e bagnatissimo) materasso ad acqua senza
consistenza. Allora… i cm erano stati quasi 80, il doppio… e
alla neve non era seguita acqua… ma il gelo… e la neve
caduta anche allora in gennaio, spalata ed accumulata in grossi
mucchi nei cortili e sulle strade era rimasta a testimonianza
dell’eccezionalità di quell’evento, fino quasi all’inizio della
primavera.
Per
questo
ai
toni
eccessivamente
tragici
dell’informazione-comunicazione che ha imperversato in
questi giorni sui media (“lombardia in ginocchio” etc etc )
posso tranquillamente replicare che mai come in questi giorni
(come del resto nei giorni della famosa nevicata di 24 anni fa!)
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Pensate solo per esempio a quell’uomo ucciso in questa
circostanza sul marciapiede… da una macchina che è
scivolata senza possibilità di controllo su una lastra di neve…
storie diverse, diversi “approcci” al problema (“vado a
piedi”… “prendo la macchina!”)… e l’errore di uno si
trasforma in tragica fatalità per l’altro. Le nostre vite sono
comunque collegate ed in relazione… ed i nostri destini
spesso intrecciati in modo misterioso ed ineluttabile. Per
questo bisogna essere … almeno… “preparati” per le
difficolta’ che si devono affrontare nel cammino della vita,
senza “improvvisare”… per questo la prima cosa che tutti noi
genitori “speciali” sentiamo come “esigenza” alla nascita dei
nostri figli imperfetti è quella di “informarsi”… raccogliere
tutta la conoscenza possibile su una realtà inattesa e per i più
sconosciuta… per “guardare in faccia” il problema ed
affrontarlo nel modo migliore… per noi, ma soprattutto …
per “loro”.
Per questo la prudenza di affrontare un cammino con i
giusti mezzi… equipaggiati nel modo corretto, è
indispensabile… almeno come l’altrettanto importante
necessità di non “sovradimensionare” le misure di sicurezza
(non si tengono montate le catene sull’asfalto pulito per km
… “per prudenza”, come già ieri sera o stamattina ho potuto
verificare in tanti improvvisati automobilisti… si rovinano le
gomme, si va piano, e si crea disagio, oltre che a se stessi,
anche agli altri). Andare alla giusta velocità è importante…
sulla neve come per i nostri figli speciali… non troppo
forte… non troppo piano… usare i giusti “mezzi” è il
metodo… non improvvisare, ma nemmeno esagerare con le
“sovrastrutture” …
Riflessioni originali sulla circolazione e la disabilità indotte
da una nevicata di mezzo inverno.
Con la coscienza di tutto questo… ieri pomeriggio ho
interrotto alle sedici la mia giornata lavorativa, per evitare di
rimanere imbottigliato nel traffico del rientro a causa
dell’incrocio con qualcuno degli elementi sopracitati. E ho
viaggiato benissimo, con la mia auto a metano provvista di
pneumatici da neve, senza alcun problema, mettendoci meno
del solito a tornare a casa… e dando anche un passaggio ad
un collega che in mattinata (dopo un bellicoso tentativo di
usare l’auto sprovvista di strumenti adeguati alla circostanza,
finito al primo incrocio dopo un “liscio” fortunatamente
senza conseguenze) aveva impiegato due ore e mezza per
compiere con i mezzi pubblici un tragitto di 22 km.
Così come l’impreparazione mette a rischio noi stessi e gli
altri … essere preparati alle difficoltà … aiuta a superarle, ed
aiuta a volte anche gli altri … non adeguatamente “attrezzati”.
Ed al mio arrivo a casa… in una sorta di fantozziana
sfortuna, con quell’ineluttabilità che da anni la scienza ha
scoperto e descritto come l’insieme delle “leggi di Murphy”…
quelle che fanno sì che se una cosa può andare storta…
sicuramente lo farà … ecco un’altra piccola “tragedia”, del
resto già preannunciata via sms e telefono dalla moglie: il
computer di casa… non va! Che sarà mai, si sarebbe detto
nell’85? Anzi… per la verità si sarebbe detto “E cos’è mai un
<<Personal Computer>>… o in lingua domestica molto
meno misteriosa e poetica (chissà perché in italiano tante
parole perdono il loro “fascino”?)…<<Calcolatore
Personale>>?
Ebbene sì, giovanissimi lettori che leggete questo libro (se
mai ci siete!)… “allora” i personal computer non esistevano,
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
esistevano solo i giganteschi mainframe programmabili con le
schede perforate e poco altro… forse solo i famosi
Commodore 64… siiiii 64 sta per kilobyte di RAM, contro i 4
Gigabyte di un normale pc attuale… più di cinquantamila
volte di più!). Ma nel 2009 l’assenza di un pc in casa è molto
più grave della rottura della lavastoviglie … lo è per la moglie
che cura attraverso la mail famigliare le comunicazioni
riguardanti gli impegni di tutti, nonché la gestione di base
economica… lo è per Dario, che attraverso di esso può
mantenere la sua miriade di contatti, sfogare la sua maniacale
e logorroica passione per la scrittura (da chi mai avrà preso?)
e tenersi aggiornato sugli avvenimenti ed i pettegolezzi
sportivi dell’ultima ora attraverso internet, che ha sostituito
(per fortuna) le tonnellate di carta da giornale rosa che
riempivano ogni più piccolo anfratto della sua camera, lo è
per Marialetizia che usa il pc per giocare… sia con i suoi
giochi preferiti… che su quelli sempre nuovi che compaiono
su internet nei siti specializzati, ma anche per fare ricerche e
“disegnare” con “paint” (difficilissimo secondo me, ma a lei
viene benissimo e soprattutto naturale!)… lo è anche per
Simone, che tra i suoi passatempi preferiti annovera lo
“scorrere” sullo schermo del pc delle centinaia di fotografie
scattate dai suoi fratelli in amabile competizione fraterna. Ed
allora, non ho potuto fare a meno di “affrontare” subito il
problema… potendo disporre ancora di un paio d’ore di
tempo, prima della potenziale chiusura dei negozi.
Un’attenta analisi dell’hardware (tramite “auscultazione”,
mica sono un esperto io!), mi ha consentito quasi
immediatamente di riconoscere ed isolare il possibile
problema. Già… perché il pc non faceva il “solito” rumore…
era silenzioso, ma dopo pochi minuti (o secondi) di
funzionamento… si bloccava completamente… e si spegneva
senza più riaccendersi per un po’.
E cosa fa rumore in un pc? Le ventole di
raffreddamento!!! Dopo una prudenziale telefonata ad un
figlio di amici esperto del settore per confermare che il
problema poteva effettivamente essere quello (nato, come
Dario… due anni dopo la famosa nevicata dell’85) … apro lo
chassis, verifico che effettivamente il problema è lì… la
ventola del dissipatore di calore del processore non va… (per
cui per proteggere l’integrità del processore stesso, quando
raggiunge una determinata temperatura… il pc si autospegne)
e con attenzione smonto il pezzo e “parto” alla ricerca di un
suo omologo nel negozio più fornito della città, affrontando
ancora una volta i pericoli del traffico (inesistente) connessi
all’abbondante nevicata! Ma già… probabilmente non sono
l’unico ad aver fatto il ragionamento “vado a casa presto”,
perché trovo il negozio chiuso. Con decisione effettuo il
periplo della città alla ricerca del pezzo da sostituire …
girando gli altri quattro negozi (aperti), senza riuscire nel mio
intento. O “è esaurito”, o “non esiste proprio” come pezzo di
ricambio… oppure “dovrebbe arrivare tra qualche
settimana”! Già… facile a dirsi… e io che faccio nel
frattempo??? Qualcuno addirittura al posto di fornirmi il
pezzo richiesto (di valore commerciale intorno ai 30-40 euro
al massimo) mi propone e tenta di vendermi un nuovo pc in
sostituzione del mio, come unica soluzione possibile al mio
gravissimo problema (nonchè come panacea per il “suo”
portafogli). Anche qui… l’incompetenza la fa da padrone… e
i titolari dei negozi che vendono i prodotti in teoria più
“tecnologici”… si dimostrano solamente degli (abili)
commercianti senza approfondite conoscenze specifiche.
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Ma forte e debole della mia di ignoranza… non posso fare
a meno che tornarmene a casa con le pive nel sacco, e senza
dissipatore di riserva!
Preso dallo sconforto… e conscio della figura che
comunque stavo facendo, con inevitabile ricaduta sul livello
del mio indice di gradimento casalingo… già del resto
scandalosamente basso … gioco un’ultima carta… quella
della disperazione: smonto la ventola e con l’ausilio di un
pennellino gentilmente fornito dalla figlia minore e dell’aria
compressa (fornita dal soffio dei miei polmoni), pulisco al
meglio la ventola e le alette metalliche del dissipatore,
ottenendone una quantità insospettabile di “catrame”
formato da grumi di polveri sottili lì depositate in neri e
abbastanza repellenti agglomerati … accumulate e perciò
sottratte alle analisi della qualità dell’aria della metropoli …
nei tre anni di utilizzo intensivo del pc.
Senza troppe speranze… e con la dovuta cautela (mai
stato un mago del bricolage … figuriamoci in questo genere
di operazioni delicate!), rimonto il pezzo sulla scheda madre
del pc… riaccendo e… miracolo… la ventola parte, e il pc
con lei, senza dare problemi per tutta la serata!
Il mio indice di gradimento sale (temporaneamente) in
maniera vertiginosa, tanto che mia figlia addirittura mi “paga”
la riparazione con tutte le sue mance (restituite con gli
interessi dopo cena).
senza pezzi di ricambio o gestiti da incompetenti mi avesse
fornito il pezzo… ci avrei comunque perso dei soldi!
- Il pezzo più umile (una piccola ventola) all’interno di quel
mondo variegato e misterioso che è un pc “aperto”, si è
dimostrato comunque il più importante per il suo
funzionamento, o quantomeno ha pari dignità con i più
blasonati, tecnologici e costosi componenti (scheda madre,
processore,
scheda
grafica
etc
etc)
- Meglio una buona massaia che 5 falsi tecnologi! Della serie,
riportando l’esempio del punto precedente sul piano
prettamente umano, … ogni lavoro, ogni persona ha una sua
fondamentale dignità… nell’insieme!
Meglio essere “ventola” o “processore” allora? Credo non
abbia molta importanza, se ognuno è umilmente cosciente…
che non può fare a meno degli altri … “pezzi”. E questa
coscienza è sicuramente più “semplice”… per chi, come i
nostri figli, per forza di cose e non per scelta … non è
superbo. Mentre chi, tronfio della propria “superiorità”, sia
essa fisica od intellettuale, snobba i componenti più umili …
rischia il fallimento totale… e la personale inutilità.
Sempre che… il mondo sia come un pc!
La morale… per ciò che riguarda più strettamente ciò di
cui parliamo in questo volume? Schematizzo in punti:
- Non tutte le disgrazie vengono per nuocere (lo so… non è
originale, ma pensate se uno dei negozi, quello chiuso o quelli
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Un mese dopo quanto raccontato sopra... un doveroso, e
abbastanza "triste" aggiornamento della situazione. La ventola
sporca e ripulita che solo poco tempo prima mi aveva
consentito di guadagnare reputazione e riflettere sul senso
della vita (nonchè di condividere con voi i miei pensieri)... ieri
sera ha ceduto nuovamente... probabilmente in modo
definitivo.
Mi sono chiesto allora: cambia forse qualcosa questo
nuovo avvenimento... nella sua "dignità"? No, non credo
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
almeno... mostra solamente che la fragilità di alcuni
"componenti" va tenuta in seria considerazione... e che più
alto forse deve essere il livello di tutela nei loro confronti, per
evitare che la "polvere accumulata" li possa danneggiare in
maniera seria, compromettendo la loro funzionalità... e quella
dell'intero universo a loro collegato... e da loro comunque
dipendente...
La ventola... l'ho dovuta cambiare alla fine... era troppo
"compromessa"... ma ne ho presa una che, naturalmente,
nonostante le assicurazioni del venditore... mica andava
proprio a pennello .
Ed allora mi sono dovuto improvvisare anche... artigiano,
e con pazienza e fantasia ho trovato il modo di "adattare" il
pezzo al contesto costruendo un attacco che andasse bene
per la scheda madre del mio pc...
Ventole e schede infatti... non è che si "attacchino" (o "si
parlino") in maniera banale... sono due oggetti troppo
diversi... uno di alta tecnologia elettronica, l'altro
fondamentalmente
meccanico...
però
il
secondo
indispensabile al primo, che senza di esso non potrebbe
funzionare, come ampiamente dimostrato da questo
racconto.
E la fantasia usata per riuscire a metterli in contatto nel
modo corretto... anche con l'aiuto di una "pasta termica" che
può aiutare a trasferire il "calore"... mi ha suggerito l'ultima
considerazione di questa pretenziosa metafora tecnologica: il
mondo dei "super" (o "normali"... i pezzi tecnologici)... e
quello dei "disabili" (le "ventole")... per incontrarsi ed unirsi
in modo efficace... hanno bisogno di una mediazione...
fantasia di artigiano e/o pasta termica che sia... perchè
l'incontro non è proprio..."naturale"... e va aiutato. Quante
volte nella nostra vita lo abbiamo sperimentato?!? Ed è
proprio così!
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P.s.: Con una certa malcelata "soddisfazione" consolatoria (in
riferimento all'età che avanza)... spero di non essere l'unico a
potermi ricordare di certi eventi metereologici di straordinaria
portata... quali la nevicata dell’85!
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Dario: Dei figli down... e dei sensi di colpa.
Z come Zotico:
Termine spesso usato da insegnanti cui potrebbe tranquillamente
essere affibbiato… in riferimento alle difficoltà di apprendimento di
un alunno a loro affidato per essere aiutato a crescere e ad
imparare; in questo senso indubbiamente gli alunni down sono tutti
dei gran Zoticoni… ma nessuno si sognerebbe mai di dirglielo
apertamente in faccia, perché verrebbe immediatamente tacciato di
razzismo; ecco il motivo per cui gli insegnanti poi si sfogano con i
loro alunni “normali”, con i quali si sentono più tranquilli se
qualche volta si lasciano sfuggire con soddisfazione qualche epiteto
non proprio opportuno…. Raro esempio di discriminazione al
contrario
Zelante: contrario di pigro … per la sua discussione vedi lettera
G.
Zuzzurellone: riportato qui solo per riaffermare ancora una
volta la possibile normalità delle persone con sdd… in quanto in
riferimento ad essi possono venire usate tutte le parole e gli aggettivi
presenti nel vocabolario della lingua italiana… compreso,
appunto… Zuzzurellone, che è l’ultima parola dell'ultima
lettera dell’ultima pagina, e che spesso, guarda caso… si adatta
proprio bene alle persone con sdd… tanto da far venire il dubbio
che sia stata creata apposta per loro!
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Giornata di "saudade" domenica... nel senso
sudamericano del termine, che non possiede un sinonimo
completo nella lingua italiana. Saudade infatti significa
contemporaneamente nostalgia, malinconia, ricordo di luoghi
e situazioni felici... e questo sicuramente ha rappresentato in
parte per me tornare nei luoghi di montagna dove abbiamo
trascorso 13 anni delle nostre vacanze estive ed invernali,
incontrando persone... vedendo luoghi e panorami
famigliari... anche se in una veloce puntata "mordi e fuggi"
con partenza alle nove di mattina e rientro previsto per cena.
Forse per questo, quando dopo aver accettato anche se devo
ammettere senza particolare entusiasmo di recarmi là ieri... mi
sono abbastanza arrabbiato quando Dario ha manifestato la
sua intenzione di non seguire la famiglia e di rimanere a casa
da solo. Sapevo bene cosa significava quella richiesta...
riguardante una giornata in cui normalmente tiene alla messa
domenicale con gli amici, ma soprattutto immaginavo... alla
contemporanea presenza di un GP di formula 1 e dei
mondiali di calcio...
Conoscendo la sua proverbiale pigrizia davanti al
teleschermo (una volta si chiamava "piccolo"... ora viste le
dimensioni medie dei moderni televisori direi che potremmo
tranquillamente soprassedere su questo attributo) quando la
programmazione prevede allettanti eventi sportivi... sono
perciò sbottato la sera del sabato... cercando di mettere in atto
tutta una serie di "manovre"... che partendo da proposte
allettanti, arrivavano alla minaccia diretta... non senza prima
essere passate per il sottile e subdolo ricatto.... che potessero
dissuadere Dario dai suoi pretestuosi intenti di indipendenza.
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Ovviamente... ho fallito! Ed è stato così che
(giustamente!) siamo partiti solamente in quattro... ed
abbiamo trascorso la nostra giornata di sole e di montagna
senza l'ingombrante, piacevole, indisponente, divertente,
irritante, affettuosa e indolente presenza del superdotato di
famiglia. Il quale... con fiero cipiglio ha dapprima difeso la
propria scelta... salvo poi mandare un sms al mattino di
tutt'altro tono... e telefonare nel pomeriggio chiedendo
informazioni sul nostro rientro... visto che doveva uscire dalle
sei alle sette.
Non c'è un grande pendolarismo da finesettimana verso i
luoghi di montagna... di solito la gente cerca più facilmente la
frescura nelle acque salate del mare più vicino... ma è bastata
tuttavia una galleria chiusa per lavori... per causare un grande
ingorgo che ha ritardato alla sera il nostro arrivo, previsto per
ora di cena... visto che Simone comunque necessitava di una
cena "normale" e abbastanza "precoce"... dopo il picnic di
mezzogiorno a panini e scatolette... che non riescono di solito
a "soddisfarlo" appieno.
Quando finalmente intorno alle 20,45 siamo arrivati a casa
(di solito noi si cena presto... 19-19,30)... questo è lo
"spettacolo" che ci siamo ritrovati approntato a mo' di
sorpresa in sala: tavola apparecchiata, e cena completa
preparata dall'antipasto al secondo. Questo il menu:
antipasto (allestito nei piatti) con salame di Varzi, prosciutto
cotto e patè
primo piatto: ravioli di carne al burro e salvia
secondo piatto: spiedini di tacchino alla piastra
contorno: insalata di soncino e pomodori con crescenza
Non ci è restato che... sederci a tavola, consumare la lauta
cena senza ulteriori perdite di tempo... ed assaporare, insieme
ai prelibati manicaretti... il sorriso malizioso ma anche un po'
tenero di Dario... che guidato dal suo orgoglio, dalla
circostanza, dalle sue abilità e disabilità professionali...
dall'affetto e dal desiderio di sentirsi ed essere utile... e
dimostrare che (a parte l'immancabile kebab consumato a
mezzogiorno) può cavarsela da solo e può anche occuparsi di
altri (vedi sogni futuri di una sua famiglia) .. ma... anche
spinto e motivato dal senso di colpa per aver (giustamente!)
declinato l'invito a trascorrrere una giornata in famiglia... per
affermare la sua volontà di indipendenza... ci ha "messo in
tavola".
Una bella serata di normalità...
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Simone: L'elemosina
L'elemosina... Difficile dare un giudizio morale a questa
parola... e più ancora a questa pratica, una volta sicuramente
virtuosa, al giorno d'oggi impregnata di molteplici dubbi, vista
l'infiltrazione di organizzazioni non proprio a fin di bene nel
mondo della povertà... quella vera ai margini delle strade, dei
semafori, dei bambini mutilati e sfruttati per produrre
reddito... e chi più ne ha più ne metta.
Persino andando nei Paesi del terzo mondo al giorno
d'oggi... dopo che la contaminazione del mondo occidentale
ha agito ormai per decenni sulle realtà locali... il consiglio di
chi opera localmente per la reale promozione della
popolazione è quello di non dare denaro, anche se poco,
perchè questo ha un effetto dirompente sull'equilibrio
delicato di certe situazioni personali e sociali...
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Ed allora di solito quando si vuole donare parte delle
nostre "superflue" risorse... si cercano dei "canali" ufficiali...
realtà governative, ONG, Onlus in grado di garantire
sull'utilizzo dei fondi, adozioni a distanza, o avendo la fortuna
di conoscere personalmente qualcuno che opera in realtà
disagiate... donandole direttamente a loro.
Chi di noi non ha provato disagio qualche volta di fronte
all'ostentazione della povertà, magari elevata all'ennesima
potenza dalla disabilità, il tutto con una presenza invadente e
scandalizzante fuori dal finestrino della nostra auto... mentre
noi, spesso senza nemmeno la cortesia di uno sguardo, un
sorriso, un saluto... facevamo di tutto per allontanarci, magari
guadagnando un metro nella fila immobile delle auto... o
anche solo "sperando" che il verde arrivasse... prima di quello
storpio che passava in rassegna tutte le macchine davanti alla
nostra?!?
Eppure una volta l'elemosina era una pratica "normale",
priva di giudizi e pregiudizi... era semplicemente... un gesto
naturale di chi disponendo di qualcosa, sentiva il dovere
morale di condividerlo... senza sensi di colpa, senza vergogna
o imbarazzo... semplicemente perchè... era giusto così.
Sarà stato per quello che oggi, mentre vestito in modo
stranamente elegante per essere sabato (che vuol dire
semplicemente che avevo un pile firmato Sergio Tacchini e
delle puma scamosciate ai piedi) passeggiavo in centro
insieme a Simone sulla sua lussuosissima sedia arotelle con i
pipistrelli sui copriruota... sulle sponde del Lambro, ormai
ripulito dalla chiazza di petrolio che tanto ha allarmato tutto il
Nord-Italia settimana scorsa, ho notato quella giovane donna
in abiti modesti... che si apprestava ad attraversare il ponte a
poca distanza da noi... di provenienza evidentemente dell'Est
europeo... come sempre più spesso capita di incontrare nelle
nostre città, e purtroppo, anche nelle nostre periferie. L'ho
vista rallentare prima di attraversare il ponte che porta al
mercato... tirare fuori dalla tasca un vecchio borsellino... e
guardarvi dentro, forse per verificare quanti soldi aveva a
disposizione per la spesa quotidiana, per nutrire chissà quale
numerosa famiglia.
E cinque minuti dopo, quando anch'io ho attraversato
quel ponte dopo essermi soffermato per tutto il tempo a
guardare insieme a Simone le anatre che felici nuotavano nelle
acque del fiume, ormai finalmente limpide (beh... quasi)... mi
sono meravigliato di rivederla ancora la, ferma alla fine del
ponte... che guardava nella nostra direzione... no, ci stava
venendo incontro.
E appena giunta a pochi passi da Simone... si è chinata
verso di lui... e gli ha regalato 4 Euro... dicendo "sono per
te"... con un accento che confermava inequivocabilmente la
mia analisi sulle sue origini... ma che ha stravolto in un attimo
il "gioco delle parti"... mettendomi improvvisamente ed
inaspettatamente in un ruolo cui non ero abituato... e che,
ovviamente, mi ha imbarazzato.
Ma non a tal punto da rifiutare, dopo un primo naturale e
imbarazzato tentativo, quel gesto inaspettato e sincero...
dietro il quale si nascondevano chissà quale cultura,
sensibilità... storia e mistero... che non avevo diritto di
giudicare... nè la fortuna di poter conoscere.
Per la prima volta però oggi ho anche se solo da lontano...
"intuito" cosa vuol dire veramente... elemosina. E ringrazio il
destino per questo incontro fugace e al tempo stesso così...
sconvolgente.
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Come aquiloni… o quasi.
Marialetizia: Ofidiofilìa?
Domenica scorsa con l’intera famiglia (circostanza
abbastanza rara ultimamente, vista la variegata
frammentazione degli interessi dei singoli, che è spesso causa
di incompatibilità temporali da “sovrapposizione” di
impegni), ci siamo recati nel primo pomeriggio in una amena
località al confine con il Piemonte, sulle sponde del Lago
Maggiore, dove questo si restringe fino a diventare fiume…
con la scusa di accompagnare Dario ad una gara di nuoto.
In queste circostanze tuttavia è difficile resistere più di
tanto nella ressosa e accaldata piscina… non avendo il
privilegio di vestire il solo costume da bagno, e di potersi ogni
tanto immergere nelle fresche e limpide acque dell’impianto,
pur se con la foga agonistica dell’atleta alla ricerca del
superamento del proprio limite… ed allora (usando gli "altri
figli” come scusa, lo ammetto), ne ho approfittato per andare
a fare quattro passi sulle sponde del lago insieme a Simone e
Marialetizia… e passare così un po’ il tempo… godendo della
bella giornata di sole che, come spesso capita in primavera,
nei fatti contraddiceva a sorpresa le teoriche … e pessime…
previsioni del tempo per quella zona, consultate a casa prima
di partire.
Durante la nostra passeggiata ne abbiamo approfittato per
giocare un po’ a frisbee in un piccolo giardino pubblico…
prendere un gelato… e sfidarci a “quanti-salti-riesci-a-farecon-un-sasso-lanciato-nel-lago”… uno dei pochi campi ormai
dove la mia superiorità paterna nei confronti di Marialetizia è
ancora evidente (anche se non so per quanto ancora!), e nei
quali perciò posso ancora recitare il ruolo così gratificante di
“mentore” che insegna trucchi e spiega fenomeni (dalla forma
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Come aquiloni… o quasi.
ideale del sasso… al motivo per cui diminuendo l’angolo di
incidenza ed aumentando velocità lineare e di rotazione si ha
maggiore probabilità di rimbalzo… alla posizione migliore di
lancio, al momento opportuno di lanciarlo… per arrivare al
sofisticatissimo effetto di controgiro inferto dal dito indice sul
bordo di quella pietruzza… fino a pochi istanti prima inutile
ed ignaro sasso… ora icona della immensa dignità di ogni
oggetto del creato… come possibile strumento di formazione
e crescita culturale… oltre che ultima “spiaggia” della mia già
citata e decadente supremazia di adulto), generando stupore
ed ammirazione… in chi ha la curiosità di imparare… e
l’umiltà di riconoscersi nella necessità di farlo… (che sia
questo che distingue veramente le “grandi persone”… dai
“piccoli uomini”?). Simone intanto ci guardava divertito…
partecipando alla nostra sfida con i suoi gridolini ed il suo
scomposto agitarsi sulla sedia a rotelle, in risposta ai miei 12
salti radenti… o al tonfo senza rimbalzo che quasi
immancabilmente seguiva il lancio di Marialetizia.
Ed è stato su quella spiaggia… mentre tirando sassi
riflettevo sul senso della vita e contemporaneamente infierivo
su chi la affrontava con onestà… che abbiamo poco dopo
incrociato un piccolo circo da strada famigliare in
allestimento… che di lì ad un ora circa avrebbe presentato il
suo spettacolo.
Pur conscio dell’impossibilità che lo spettacolo fosse di
livello stratosferico… ho acconsentito volentieri al desiderio
di Marialetizia di fermarsi per assistervi… tanto più che era
gratis … e che l’unico eventuale contributo richiesto (su base
esclusivamente volontaria!) per ripagare delle spese la famiglia
circense e dare loro modo di sopravvivere insieme alla loro
“arte”… era l’acquisto di una confezione di pop-corn o
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
zucchero filato alla modica cifra di due euro… oppure di un
contributo di cinque euro per una “foto con il serpente” da
effettuarsi a fine spettacolo.
Quando è stato il momento dello spettacolo…
Marialetizia si è seduta in prima fila… io e Simone più defilati
in fondo alla spiaggia. Perciò ho dato a lei gli unici soldi che
avevo in tasca (dopo il gelato ed il caffè… dai dieci euro
iniziali me ne erano rimasti solo sette…) responsabilizzandola
sul loro utilizzo.
Detto fatto… due euro se ne sono andati istantaneamente
per un pacchetto di pop-corn fatto in casa che lo stesso
clown che presentava lo spettacolo ha confessato essere stati
confezionati almeno un mese prima (trasformando le possibili
critiche in simpatici e divertiti commenti)… ma era giusto
così.
Quando poi a metà del mediocre ma divertente show…
(durante il quale tutti i bambini presenti mi hanno confermato
con la loro capacità di divertirsi e di stupirsi… quanto
sottolineato sopra riguardo al … “lancio dei sassi”)… è stata
lanciata una lotteria con in palio dei giganteschi peluche… ho
temuto per un’istante che Marialetizia “investisse” il resto del
capitale per tentare di vincere uno di quegli oggetti tanto belli
quanto ingombranti ed inutili… terrore di ogni genitore con
una casa la cui ampiezza non superasse i 350 mq!
Ma Marialetizia, con mio grande sollievo, non ha ceduto
alla tentazione di far proprio “il Labrador interista” … e
nemmeno il gigantesco “Pingu” (di almeno 1 metro e mezzo
di altezza!), che spiccavano tra la decina di possibili vincite di
quell’improbabile lotteria; potevo dirmi fiero di lei.
Forse anche per questa ragione non mi aspettavo proprio
che appena finito lo spettacolo… lei si sarebbe precipitata in
pista con i suoi 5 euro in mano… per farsi mettere sulle spalle
un pitone albino (era giallo in realtà) di due metri e mezzo di
lunghezza e 35 kg di peso… e farsi immortalare … per di più
divertita e sorridente … contrariamente ai pochi bambini che
hanno avuto poi il coraggio di imitarla seguendola.
Ma come… i serpenti non sono una delle più grandi fobìe
di grandi e bambini? L’ofidiofobìa… così si chiama in gergo
scientifico il terrore dei serpenti, che affonda le sue radici
sicuramente nei racconti dell’Antico Testamento ma anche
nella paura del morso velenoso o delle potenti spire capaci di
stritolare qualunque animale o uomo… e nella diversità così
evidente tra esseri viventi appartenenti a diversi “phylum”
(mammiferi e rettili), non dovrebbe colpire maggiormente poi
donne e bambini? E Marialetizia non era… entrambe le cose?
Evidentemente no!
Abbiamo atteso poi per cinque minuti che la fotografia
digitale venisse scaricata e stampata… ed il risultato mi ha
confermato la straordinaria tranquillità di Marialetizia nel
momento dello scatto; ho cercato di riprendere quella foto a
mia volta con il telefonino… per tenermela come ricordo
della mia impavida bambina… ma si sa, il cellulare non è fatto
per fotografare da vicino… e questo purtroppo è stato il
risultato, molto sfuocato… ma sufficiente forse a rendere
l’idea.
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Mentre scorrevo le foto sul cellulare per visionare se uno
dei tentativi fatti fosse meglio degli altri… mi sono imbattuto
in un'altra foto, scattata poco prima… mentre di fronte al
lago filosofeggiavo sui sassi e sulla vita… e non ho potuto
fare a meno di notare nell’espressione di Marialetizia lo stesso
sorriso… lo stesso malcelato orgoglio… quasi la medesima
espressione addirittura… mentre posava al fianco di una sedia
a rotelle con dei pipistrelli sopra i copriruota (ricordandomi
che il giorno prima mi aveva fatto vedere su Focus-Junior dei
cuccioli di quell’animale dicendomi “Guarda che carini
papà!”)… su cui sedeva un po’ afflosciato un altro piccolo
“mostriciattolo” giallo.
Il pensiero che la consuetudine alla diversità ed anche per
certi versi al ribrezzo ed alla paura fosse la causa anche della
sua “ofidio-filìa” (… da “paura”, fobìa… ad “amore”.. filìa…
per i serpenti) è stato immediato e naturale nella mia mente…
grazie al potere evocativo delle due immagini per certi versi
così “simili”. A conferma di questa mia impressione si può
anche rammentare che se uno cerca sul vocabolario la parola
"fobìa"... trova suggerimenti di questo tipo: Spesso, la paura è
causata da una mancanza di informazioni. Si raccomanda, quindi, di
impegnarsi per conoscere meglio l'oggetto della fobia e, perché no, di
andare ad osservarlo nel suo ambiente naturale. Attraverso terapie
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
cognitivo-comportamentali e alcune tecniche di rilassamento e di gestione
dell'angoscia, si può imparare a gestire meglio le proprie paure.
Ma, conscio del mio temperamento contorto e del mio
modo spesso emotivo di guardare alla realtà delle cose… ho
utilizzato al meglio le mie residue capacità logiche
costringendomi subito a ridimensionare questo pensiero…
perché non tutto può essere necessariamente ricondotto
all’esperienza della disabilità nella nostra vita ed in
quella di chi, come i nostri figli “normodotati”, vive a
stretto contatto di essa; non è assolutamente detto che
questa realtà pur importante debba fare quasi da
“sfondo” alla nostra vita, condizionandola nel bene e nel
male in tutti i suoi aspetti!
Riconciliato quindi con la normalità della realtà… ho
rifotografato, una volta giunto a casa (stavolta con mezzi più
adeguati) la famigerata foto, per conservare anch’io un
ricordo di quei momenti e di quelle sensazioni.
E che sorpresa, quando sullo “sfondo” (sì… proprio lo
“sfondo”) della foto… reso evidente dalla elevata risoluzione
della ripresa digitale… è comparso, in mezzo ad altri… un
particolare inquietante… e non trascurabile… !
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Come aquiloni… o quasi.
Il Pensatoio: Non voglio mica la luna!
''Questo e' un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per
l'umanita'''.
Pronunciando queste parole l'astronauta Neil Armstrong
poso' piede sulla Luna il 20 luglio del 1969, ormai più di 40
anni fa.
Parole probabilmente studiate a tavolino da politici e
strateghi della comunicazione… che dovevano affermare in
quel momento oltre la sua solennità, anche il fatto che a
compiere quel grande passo, nella frenetica corsa alla
conquista dello spazio tra le due superpotenze, era stato un
uomo appartenente ad una nazione la cui bandiera è
normalmente descritta come “a stelle e strisce” … poco
prima di piantarla, quella bandiera, con ingenua quanto
assurda presunzione di possesso, sul polveroso suolo del
nostro unico satellite.
Andavo per gli undici anni io a quel tempo… ed ero in
vacanza al mare, in colonia dalle suore, che non si sa se per
spirito filo-americano o per l’eccezionalità dell’evento
riunirono tutti i 400 bambini-ragazzini che soggiornavano
presso quella struttura nella sala tv (che era praticamente un
piccolo teatro), per assistere in diretta alla trasmissione dello
sbarco sulla luna. Cosa non meno eccezionale di questo
evento, è che lo fecero… promiscuamente (eh sì, a quei tempi
usava ancora dividere i maschi dalle femmine, ed io stavo
anche un mese in quel luogo senza incontrare mia sorella, che
stava dall’altra parte di un muro!).
La colonia (già… guarda caso ha lo stesso nome delle aree
soggette al dominio dei regimi colonialisti!) era infatti più
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Come aquiloni… o quasi.
somigliante ad un campo di detenzione forzata che ad una
casa per vacanze, sia per l’organizzazione degli spazi nella
struttura, che per la qualità del vitto, ma soprattutto per come
veniva “gestita” dalle zelanti consorelle di un ordine francese
ormai in via di estinzione, una specie di “pinguini” anche
loro, ma più protetta credo, “stile” che veniva poi
inevitabilmente applicato tout-court nei rapporti tra pari (noi
detenuti) con vari ed originali gradi di soprusi ed angherie…
una sorta di iniziazione a quanto avremmo dovuto affrontare
di lì a poco (come vittime e/o aguzzini) durante il servizio
militare (altra strana usanza caduta in disuso, fortunatamente)
e che da un punto di vista fenomenologico oggi si è trasferito
in altri ambiti, ed è descritto con toni spesso ipocritamente
scandalizzati come “bullismo”.
Di quel periodo ricordo la mia finora più bruciante
umiliazione, una punizione corporale (uno schiaffo sulla
guancia), comminata dalla madre superiora a titolo di castigo
esemplare, in modo “pubblico” di fronte agli altri 396
detenuti, a me e ad altri tre mariuoli colpevoli di aver rubato
(o “colto”… potenza del significato delle parole), alcuni
limoni acerbi da una pianta del giardino privato dell’Istituto,
durante un’incursione notturna, pianificata con la scusa della
fame, ma in realtà naturalmente concepita e realizzata come
piccolo gesto di ribellione al regime despota di quella micronazione in cui venivano negati i più elementari diritti umani.
Ricordo ancora la vergogna di quello schiaffo, ricevuto di
fronte a tanti ragazzini (e ragazzine), agli occhi dei quali
comunque vista la nostra età da “grandi”, rappresentavamo
tutto sommato dei piccoli eroi romantici.
Non voglio giudicare se fu un bene o un male riceverlo,
quello schiaffo… (anche se sono convinto che certamente fu
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
un male... darlo!) ma certo aprì nella mia anima una piccolagrande ferita che non si è mai rimarginata, e che ricordo ben
più di quelle sbiadite e sfuocate immagini in bianco e nero
che giungevano sul piccolo schermo televisivo (una volta le tv
erano in B&N e misuravano al massimo 24” … incredibile
eh?!?), da centinaia di migliaia di km di distanza (384.400 per
la precisione)… oppure da qualche studio cinematografico
della molto più vicina Hollywood, come in tanti hanno
affermato e cercato di dimostrare in tempi recenti
argomentando le loro teorie con varie motivazioni e prove.
Ma allora per noi, giovani ingenui ed indifesi che per di
più crescevamo respirando il mito della tecnologia e del
progresso come una sorta di nuova religione (ah già, ma
questo non è che sia cambiato più di tanto oggi), quella verità
non era assolutamente discutibile… e così assistemmo tutti
con trepidazione ed un po’ di paura certo, a quegli ultimi
minuti che precedevano l’allunaggio del LEM, fragile ragno
metallico che ha dominato le fantasie di generazioni di
bambini sognatori (chi in quegli anni non ha mai detto … “da
grande farò l’astronauta”?) staccatosi poco prima dal modulo
apollo… ben sapendo che non sarebbe stato poi così
scontato ritornarci…
Già… la tecnologia con cui si andò sulla luna nel 1969, fa
oggi sorridere e scandalizzare, tanto era improbabile… quasi
“primordiale”. Il computer di bordo non si allontanava di
molto come prestazioni da quelle del “mitico” Commodore64
(dove 64 sta per Kbyte di memoria, cioè 64.000 byte, contro i
normali 4.000.000.000, presenti come minimo in un odierno
pc domestico … o “personal”) che sarebbe comparso poco
più di 10 anni dopo in poche, selezionate case italiane.
Poche risorse quindi… ma grandi obiettivi, forti
motivazioni e smisurata determinazione insieme ad una forte
componente di competizione erano state il “cocktail”
vincente che aveva permesso all’uomo di arrivare a realizzare
il suo sogno di quegli anni (più o meno romantico, a seconda
di chi lo viveva, ma questa è un’altra storia!). Non a caso i
desideri irrealizzabili spesso vengono etichettati come “volere
la luna” … ed al contrario quelli da noi ritenuti come a
portata vengono accompagnati da parole come … “Non
voglio mica la luna!”.
Non vi ricorda nulla tutto ciò? Poche risorse… grandi
traguardi, motivazioni, determinazione, volere o non volere la
luna… è facile per me abbozzare il parallelismo tra quella
sfida, affrontata e vinta contro ogni ragionevolezza se
guardata con il senno del poi, e le ambiziose sfide che si
presentano davanti al futuro vicino o lontano dei nostri figli,
che alla pochezza dei loro mezzi possono affiancare le stesse
qualità volitive (loro, e nostre!) che spesso consentono di
raggiungere risultati straordinari ed insperati.
Allora forse è vero che più che i mezzi, la loro quantità e
qualità, conta il desiderio di raggiungere gli obiettivi, di
realizzare i sogni, forse siamo sulla strada giusta quando ci
danniamo anima e corpo per permettere ai nostri figli di dare
il meglio di sé fino a posare i loro piedi su qualche metaforico
“satellite” della loro e dell’altrui esistenza.
Mentre rifletto su queste profonde verità la mente fa un
piccolo scatto in avanti… e dal 1969 si posiziona poco meno
di un anno dopo, nell’aprile del 1970, l’anno della missione di
Apollo13, nota a tutti (anche ai giovani che non l’hanno
vissuta) per il film che l’ha descritta.
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Come aquiloni… o quasi.
“Houston: we have a problem”…la frase che diventò da allora
molto più famosa di quella pronunciata da Amstrong il 20
luglio ‘69 e citata all’inizio di questo brano. Quella frase venne
pronunciata nel momento in cui gli astronauti si resero conto
che probabilmente non sarebbero mai più arrivati sulla luna, e
che il loro reale problema… era un altro… tornare sulla terra.
Ecco, è vero che l’uomo è andato sulla luna 40 anni fa… è
vero che ci è ritornato altre 5 volte dopo la prima (fino al
1972)… ma è altresì vero che dopo quello “schiaffo”
pubblico, che ebbe una dimensione mediatica inimmaginabile
per l’epoca, andare sulla luna non interessò più come prima…
e dopo poco, infatti, il sogno non fu più tale per nessuno: da
37 anni nessuno mette più piede sulla luna.
Dalla conquista dello spazio, la mia mente si riposiziona
attraverso l’ardito parallelismo che aveva osato poco prima
tra astronauti e pinguini … su questi ultimi: un attimo di
silenzio è sufficiente perché il dubbio mi assalga, un dubbio
che si trasforma in sottile paura… ed in angosciante
inquietudine:
“E se non ne fosse valsa la pena….?!?”
Come aquiloni… o quasi.
Già… “E se non ne fosse valsa la pena….?!?”
Credo sia giusto finire con questo interrogativo questo
mio libro fatto di episodi apparentemente slegati tra loro, se
non nella mia mente e nella mia storia difficilmente
condivisibile “in toto”), … perché è giusto che un libro
“senza capo né coda”… resti anche senza una “morale”.
Ognuno di voi, se ha avuto la pazienza ed il coraggio di
arrivare fino a qui… trarrà la sua. E magari in questa morale
avrà anche la tentazione di definirmi un autore-padre
pessimista, ottimista, oppure semplicemente… realista.
In verità anche questa operazione è soggettiva e destinata
all’insuccesso … perché la vecchia diatriba della
classificazione tra pessimisti-ottimisti-realisti che sempre
circola tra noi genitori un po’ “particolari”… non è altro che
il risultato di intrecci inestricabili… tra gli stati d’animo di chi
legge, nel momento in cui legge, oltre che quelli
naturalmente… di chi scrive, nel momento in cui ha scritto.
Anche per queste definizioni... vige la regola valida per
tutte le schematizzazioni di realtà complesse... e cioè che in
quanto semplificazioni arbitrarie della realtà sono parziali,
mistificanti, e prive di significato già nel presente...
figuriamoci nel passato e nel futuro, visto che sono
comunque "provvisorie" e si evolvono insieme a noi... alla
stregua di una sorta di "bioritmo dell'anima". Quindi, per
favore... se volete commentare questa “opera buffa” …
limitatevi ad un tollerante e magari benevolo …”cavoli!”.
E se da oggi in poi nella vita penserete che le capacità che
ognuno di noi possiede nella propria esistenza dipendono da
circostanze oggettive, soggettive... e da casualità... in un senso
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Come aquiloni… o quasi.
o nell'altro dell'alterna e capricciosa variabile che solitamente
chiamiamo "fortuna", e perciò non "abdicherete" alla parte di
"soggettività" che concorre a costruire questo quadro
(educazione, contesto, ambiente, esperienza, atteggiamenti
positivi etc...) pur arrendendovi come ho fatto io con serenità
alla consapevolezza che tutti gli sforzi fatti per migliorare e
migliorarsi non rappresentano che "una" parte dell'insieme
che un giorno concorrerà a determinare il nostro futuro... con
molte più domande che risposte, in perenne equilibrio sopra
la follìa…
… e se per caso la prossima volta che incontrerete per strada
un personaggio un po’ strano, un OCM (Organismo
Cromosomicamente Modificato) come quelli descritti in
queste pagine, non sarete subito sopraffatti dal desiderio di
voltare lo sguardo, non per disprezzo, ma per semplice
incapacità di sapere e capire cosa fare, cosa dire…
… e se anche solo sorriderete in quella circostanza senza
imbarazzo a lui/lei … e a chi magari lo accompagna… o
addirittura scambierete due chiacchiere senza pregiudizi né
buonismi e compatimento…
Ecco, allora questo libro avrà avuto anche per voi un
significato, così come lo ha avuto per me… che ora mi giro
verso i miei figli… tutti coautori e veri protagonisti di queste
pagine… e sorrido loro, e alla misteriosa potenza della vita.
Grazie
Come aquiloni… o quasi.
EPILOGO
Con la stessa ciclicità che così spesso contraddistingue lo
scorrere della nostra vita, riproponendo momenti e sensazioni
già vissute, anche se modificate dal tempo che passa… finisco
così come ho iniziato… parlando di aquiloni, con una piccola
canzone scritta e regalata al momento della sua nascita a
Marco, aquilone “perfetto” e figlio di una carissima amica che
dopo aver sperimentato sulla sua pelle la paura di doversi
confrontare quotidianamente con la realtà dell’handicap… ed
esserne stata “risparmiata” dal Destino/Fato/Caso/Dio… ha
deciso comunque di provare almeno ad educare tutti i propri
figli nella serena e consapevole tenerezza di chi
riconoscendosi fortunato decide di condividere senza
superbia i propri doni, spesso per tanti scontati, con chi
questa fortuna non l’ha avuta.
E Marco, volentieri, attraverso la sua mamma Susanna…
la condivide con tutti voi… augurio per tutti i nostri aquiloni,
di qualsiasi “modello” essi siano.
L’aquilone
Bambino mio ti voglio raccontare di una storia che non hai sentito
ancora
Perciò apri orecchie e cuore questa sera, a questo mio canto che sembra
una preghiera:
Ti ho donato la vita, ma a che serve
se le mancherà la voglia di stupirsi…
No, non dico oggi che per te ogni cosa è novità
ma se l’abitudine ti invecchierà.
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Come aquiloni… o quasi.
Ti ho donato poi un corpo ma che importa
se userai della sua forza solamente
per restare il primo, il più bello, e non per servire chi
ultimo, di forte e bello non ha niente?
Ti ho donato anche un cuore ma perchè
se non danzerai al ritmo del suo battito…
No, non quello che fa sì che il sangue scorra nelle vene,
Intendo il ritmo quotidiano del coraggio.
Ti ho donato anche due braccia e poi due gambe
per sbrigarti ad afferrare ciò che vuoi
ma non la saggezza di guardarti dentro per scoprire
che con esse puoi “andare incontro” e “dare”.
Come aquiloni… o quasi.
di qualcuno che non sia tu stesso … ma di più.
Poi da ultimo ti ho dato anche una lingua;
Sì lo so che è ancora presto per parlare… ma
spero che tu impari a usare alcune semplici parole:
Grazie, scusa, ti perdono, aiuto, Amore
Dio buono so …. per te non è cosa nuova, ma se esisti e come dicono tu
sei,
prendi in braccio il mio bambino e poi stasera ascolta il canto di questa
mia preghiera…
E se vorrai, dagli ali per volare, come un aquilone libero nel vento
senza fili che lo tengano legato… a me … che soffrirò, felice del suo
volo.
Bambino mio…
Bambino mio ti voglio raccontare di una storia che non hai vissuto
ancora
Perciò apri orecchie e cuore questa sera, a questo mio canto che si fa
preghiera:
Ti ho donato occhi, orecchie, naso e bocca
per godere di tutto ciò che è bello
per sorridere e per piangere, ma spero anche perchè
siano sempre “porte” aperte a tuo fratello.
Ti ho donato poi un cervello ed una pancia
ma non l’armonia che può legarle insieme.
Sì: ragione, istinto e calcolo, paura e sentimento,
in un miracolo d’amore e libertà
Ti ho donato un sesso, solamente uno
anche se lo scoprirai che sono due,
perchè (non adesso) possa un giorno innamorarti di…
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
Appendice: AbbeceDario (s)ragionato sulla Sindrome di
Down e la disabilità in genere
combattere, in quanto eliminando all’origine la possibilità per le
persone cui sono riferiti di pensare e fare il male (peraltro molto
reale!) … si giustifica la famosa “destinazione Paradiso” di default
per tutti gli organismi superdotati cromosomicamente… togliendo
di fatto loro quel “libero arbitrio” che rappresenta il vero carattere
distintivo dell’essere umano, e perciò discriminandoli in modo
estremamente subdolo: da evitare, a meno che non corrispondano
ad una reale caratteristica personale di uno specifico individuo.
A volte… Balbuzienti, caso particolare delle frequenti difficoltà
espressivo-linguistiche derivanti da un misto di fattori patologici
(ad es. macroglossia) e fisiologici (incapacità di riprodurre vocaboli
alla velocità con i quali vengono pensati e trasmessi alle
“periferiche” addette alla comunicazione).
Si dice che siano anche Bassi… e questo, nonostante un deciso
innalzamento negli ultimi anni dell’altezza media della popolazione
down… è una volta tanto sicuramente vero.
A come Affettuosi:
la persona con sindrome di down è risaputamente Affettuosa,
Allegra, Amorevole, Amichevole, (Appiccicaticcia?!?), …. Etc
Sebbene in queste definizioni ci siano degli indubbi tratti di
pregiudizialità e di stereotipìa… genitori esperti e ravveduti
asseriscono che in realtà questo noto stereotipo non è poi proprio
del tutto basato sul nulla… mannaggia alla saggezza popolare…!
Cambiando tema… le persone con sdd sono spesso descritte nel
linguaggio comune come “Affette” dalla Sindrome. Anche se non
è una malattia (infatti dalla sdd non si guarisce!), e quindi il termine
è usato impropriamente… il consiglio è quello di non concentrare
troppi sforzi sulle questioni linguistiche per conservare le poche
residue energie genitoriali a questioni più sostanziali… e per non
offendere troppo e demotivare chi in modo magari non
perfettamente politically correct, comunque si occupa e preoccupa
dei “diversi”…
Con maggiore frequenza rispetto ai bambini normodotati, i piccoli
con sdd sono definiti “Angeli” (sostantivo più usato della forma
aggettivata “Angelici”); si rimanda alla lettera B per il commento
ragionato ed esaustivo di questa definizione.
B come Benevoli, Buoni:
la persona con sdd è per sua natura incapace di cattiveria. Questo
assioma, che altro non è che un corollario degli attributi derivanti
dal primo punto della lettera precedente… è raramente soggetto a
discussione. A mio modesto parere questi (vedi “angeli” della
lettera A) sono invece alcuni degli attributi più pericolosi e da
457
C come Castrati:
nell’immaginario collettivo le persone con sdd non sono abilitate al
libero esercizio della sessualità, né probabilmente ne trarrebbero
alcun beneficio. Questa definizione non si applica solo alla sfera
della genitalità, ma anche a quella molto più vasta ed
omnicomprensiva dell’affettività, e della capacità quindi di provare
sentimenti. E’ mia profonda convinzione che questo sarà,
ovvviamente, uno dei muri più difficili da abbattere, sia sotto il
profilo culturale che, naturalmente, sotto quello più terra-terra
delle pari opportunità e delle tante difficoltà che oggettivamente
esistono per le persone con sdd, e che si frappongono tra il
desiderio di una sessualità gratificante e la possibilità che questa si
possa realizzare concretamente nella quotidianità, trasformandosi
in scelte di vita. Sebbene alcune eccezioni si comincino a
presentare sulla scena sociale … la negazione di questo aggettivo
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
rappresenta un obiettivo sfidante… da affrontare in massa da parte
delle prossime generazioni.
Ma C anche come Coscienti, della propria disabilità e del proprio
status, un tabù da non molto superato che fino ad alcuni decenni
fa era tanto radicato da far pensare che il loro scarso livello di
coscienza li rendesse esenti dal rischio di infelicità (“tanto non si
renderanno mai conto…”).
quella decisamente più vasta e variegata dei cosiddetti Diversi.
Potenzialmente anche Diabolici (da “diavolo”, vedi lettere A e B)
D come Down … oppure Daun:
nonostante ormai dovrebbe essere noto a tutti che la Sindrome di
Down si chiami così perché fu descritta per la prima volta in modo
sistematico dal medico inglese Langdon Down a metà del XVII
secolo, schiere innumerevoli di persone (compresi molti genitori!)
si ostinano a credere che il termine abbia un significato
intrinsecamente legato alla sua traduzione dall’inglese “giù”…
forse per associazione mentale con il livello sotto la media delle
prestazioni individuali di tali persone… oppure con i frequenti e
pesanti periodi di umore nero che accompagnano la loro presenza
all’interno della comunità famigliare, comunque essa risulti
composta. Daun invece sembra legato oltre che ad una probabile
non perfetta padronanza della lingua inglese… al desiderio di
distaccarsi da tale significato (giù), correndo tuttavia il rischio di far
credere che le persone a 47 cromosomi siano tutte originarie della
Daunia (regione geografico-culturale di epoca ellenica centrata
essenzialmente sulla Puglia centro-settentrionale… dove
comunque da studi statistici recenti sembrerebbe esserci una
densità di Daun leggermente superiore alla media). Come
sottoprodotto di errori interpretativi, educativi e riabilitativi… che
si innestano su un terreno comunque già “Difficile” … possono
divenire spesso dei Disadattati.
Ah sì… anche a causa di questo sono a volte anche descritti
come… Disabili intellettivi-relazionali, una categoria particolare di
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E come Eterni bambini:
al pari di quanto succede per molte altre disabilità (in genere tutte
quelle che prevedono una compromissione anche lieve delle
performance intellettive), vista la necessità da parte delle persone
nel (pieno) possesso delle loro facoltà intellettive (?!?), di
“omologazione” in categorie più semplici di realtà complesse …
alle persone con sdd viene normalmente attribuito di diritto lo
status di “infanzia senza fine”; una testimonianza evidente di
questo fatto è che qualsiasi sia l’età della persona down cui ci si
rivolge… il 99% delle persone gli darà sempre del “tu”, anche a
prescindere dalla propria età, magari di molto più bassa. In realtà le
persone con sdd (e insieme a loro molte altre persone con
disabilità anche molto più invalidanti!) di eterno non hanno
assolutamente nulla (tantomeno l’infanzia!)… e si evolvono e
crescono al pari di tutti gli altri sotto il profilo sia fisico (che anzi è
a volte più veloce in alcuni aspetti della crescita e del decadimento),
che emotivo-affettivo, limitandosi a presentare per ognuno di
questi aspetti … un approccio “essenziale”, tale da permettere di
definirle “uomini e donne semplici” (vedi lettera S).
Le persone con sindrome di down sono inoltre generalmente
molto Emotive, a causa della percezione delle proprie difficoltà;
questo si traduce nella realtà sia in un problema, quando impedisce
alle risorse personali di esprimersi in tutta la loro potenzialità, a
causa di una scarsa capacità di gestione dell’ansia… che in una
risorsa al servizio dei rapporti interpersonali,quando si esprime
attraverso quell’”intelligenza Emotiva” così peculiare e capace di
creare empatia (empatici) con chi hanno di fronte, insegnandogli
un nuovo modo di guardare alla realtà.
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
F come Fantastici, Fenomenali:
G come Generati:
in tutti i sensi... sia pensando che sono dei “fenomeni” naturali
dovuti il più delle volte a mutazioni genetiche casuali (sì, proprio
quei “fenomeni” cui si fa risalire l’evoluzione dell’uomo!), che alla
natura delle reazioni cui una qualsiasi anche banale espressione di
umanità è in grado di generare… tutto elevato all’ennesima
potenza: la gioia, il dolore, il pianto, il riso… effetto di una
sensibilità accresciuta dalla loro stessa presenza nella vita di chi gli
vive accanto, percorre un tratto di cammino insieme a loro… o a
volte solamente li incrocia distrattamente.
Fantastici perché nemmeno la fantasia più fervida riuscirebbe ad
immaginare i sorrisi, le soddisfazioni, i risultati, le conquiste… che
le persone con sindrome di down possono raggiungere, senza
conoscerne alcuna… come del resto difficilmente riuscirebbe a
“sentire” l’intensità dei sentimenti… belli o brutti, buoni o cattivi,
che albergano nel cuore di chi li ha “generati” (vai alla lettera G)
E rimanendo sul tema … F come Fecondi? La scienza medica (e
l’esperienza) dicono con altissima probabilità un “no” per i maschi,
mentre sono più possibiliste per le femmine … almeno da un
punto di vista strettamente biologico (anche se il desiderio di
essere padri e madri è lo stesso!)… ma tutti noi sappiamo che la
vera fecondità non è “solo” questa…
Fraterni: solo a volte. Spesso se nati per primi sono infatti
abbastanza despoti da impedire ai genitori di concepire un
secondogenito… (per preoccupazione, sensi di colpa… o
solamente… perché non arriva!); altre volte capaci di innescare una
caccia al fratellino praticamente immediata per “rimediare”
all’errore commesso e per fornire materiale educativo e riabilitativo
al primogenito. Se nasce in tarda età dei genitori… l’utilizzo
dell’attributo dipende solo dalla fortuna di essere stato o no
preceduto da qualcun altro nel grembo materno… perché
generalmente in questo caso… il negozio chiude per cessata
attività!
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uso qui questo termine (prendendo spunto dalle ultime righe della
lettera F) proprio di tutti gli esseri umani e addirittura di tutti gli
esseri viventi… quindi non specifico delle persone con sdd… in
quanto questo fatto prevede intrinsecamente la presenza di…
Genitori … con tutto ciò che questo comporta in termini di
Gioiosa felicità per la nascita del proprio figlio/a e di dolorosa
sofferenza per la sua condizione non certo ideale… con tutti i
sensi di colpa che nascono (insieme al figlio) per ignoranza, paura,
o semplicemente per amore… con tutte le preoccupazioni che in
maniera immediata riempiono la vita di chi queste persone, le ha
appunto generate… quasi sempre come gesto d’amore e di
apertura alla vita e al suo mistero.
Accettare tutte queste cose è difficile… ma necessario e possibile,
non per negarne l’esistenza… ma per trasformarle piano piano in
risorse a servizio della crescita proprio figlio.
Tornando ad aggettivi più “specifici”… si dice che i down siano
tutti Grassi; niente di più falso. Al giorno d’oggi, se si escludono
problemi di metabolismo che comunque possono essere tenuti
sotto controllo, e se si segue una corretta alimentazione in
rapporto al dispendio calorico proprio di ognuno… i problemi di
obesità sono gli stessi che si presentano per la popolazione
“media”. Gentili lo sono spesso… anche se a volte avrebbero
tutte le ragioni per non esserlo, Grati sicuramente… ogni volta che
sappiamo sorprenderli con qualche piccolo regalo, anche se
infinitamente più piccolo di quelli che loro ci fanno
quotidianamente.
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Come aquiloni… o quasi.
H come… come… ah già: Handicappati!
Ci ho dovuto pensare un bel po’ prima di riuscire a trovare un
attributo che iniziasse con la H, non volendo lasciare questa
“casella” tristemente vuota, incredibile eh?!. E questo si potrebbe
prestare a diverse interpretazioni.
O il termine comincia davvero a cadere in disuso, oppure vivo
un’innegabile, decisa ed inconscia negazione della disabilità …
Sul significato di tale attributo, visto che ci siamo, e lasciando
l’interpretazione di cui sopra ai professionisti, viene solo da
sottolineare come l’uomo sia stato capace di trasformare un
termine che sottende una realtà in sé positiva (handicap come
saprete deriva dall’ippica, in quelle gare dove ai cavalli più forti
viene data una distanza più lunga da percorrere per arrivare al
traguardo, per mettere più o meno tutti allo stesso piano)… in una
fortemente connotata in modo negativo. Ma essendo opera del
“senso comune”… o in altre parole del sentire dell’”uomo medio”
(sì… quello chiamato “normale” solo perché più frequente in
natura…), è difficile, oltre che superfluo per i motivi linguistici di
cui al secondo punto della lettera A, controbatterne se non l’uso…
almeno il significato con cui viene utilizzato.
I come… Idiota mongolo:
forse non tutti sanno che il nostro caro Dr. L.Down così aveva
classificato la condizione morfometrica (da misure del cranio, del
palato e da fotografie) delle persone con sdd (eravamo ben lungi
dallo scoprirne le cause genetiche!). Eravamo a metà dell ‘800, e
credo quindi che gli potremmo perdonare questa “leggerezza”
linguistica … tuttavia fa un po’ specie pensare che quei termini che
tanto offendono i nostri ragazzi oggi… siano proprio stati coniati
da chi ne ha per la prima volta descritto la condizione (e che quindi
hanno un fondamento scientifico! ), e che sono rimasti nel
463
Come aquiloni… o quasi.
vocabolario scientifico oltre che nel linguaggio comune fino a
quando (meno di 50 anni fa!!!) venne proposta la dizione
attualmente in auge… “Sindrome di Down”. Ma anche se ogni
tempo ha la sua terminologia… sembra che alcune sensazioni
attraversino i secoli senza grandi mutamenti… se leggiamo le
motivazioni che hanno spinto il Dr.Down (che ne dite… ci
sarebbe stata una serie televisiva di successo?)… a dedicare la
propria vita agli “idioti mongoli” … e che lui stesso scrive di suo
pugno parlando del perché ha deciso di iscriversi alla facoltà di
medicina prima e di concentrare poi i propri sforzi di medico allo
studio della sindrome:
“Incontrai una ragazza con una debole mentalità, rimasi così colpito da lei che
per lungo tempo mi perseguitò una domanda: nulla si può fare per lei? Così
decisi di diventare studente di medicina. Il ricordo di quella ragazza mi si è
ripresentato ed io ho voluto fare qualcosa per la sua natura”
Che per un genitore un bimbo con sdd non sia il figlio Ideale è
quasi banale dirlo …anche perché con la I iniziano poi tutti gli
aggettivi che esprimono il suo non-essere … e quindi la negatività
della sua condizione … ne cito solo qualcuno a titolo di
esempio… lasciando alla vostra fantasia la possibilità di
sbizzarrirvi: In-capace, In-adatto, In-abile, In-decente, Indesiderabile, In-conscio… Im-perfetto (davanti alla “p” ci va
sempre la “m”) e via di questo passo. Ci sarebbe anche poi …
Intelligente, ma questa è un’altra storia … per tanti … Incredibile!
Altri tre aggettivi che iniziano con questa lettera assumono
significati specifici anche se tecnici per cui di difficile
interpretazione concreta… Integrati da integrazione, Inseriti da
inserimento, Inclusi da inclusione. Tutti questi termini però
sottintendono in maniera più o meno evidente che le persone
down debbano essere messe “dentro” qualcosa di già esistente,
adattandovisi, senza poter partecipare attivamente alla sua
definizione, progettazione, realizzazione. Meglio sarebbe con la
stessa lettera… utilizzare un piccolo avverbio tanto banale quanto
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
difficile da mettere in pratica, specie da parte di chi parte da
posizioni di superiorità … Insieme!
come la media dell’umanità… ma questo credo sia un problema
insormontabile…, almeno per ora…
L come Lavoratori:
M come Mongoloidi :
Certo… Lavoratori non è un aggettivo…, ma meglio del suo
corrispondente attributo che potrebbe essere Laboriosi, esprime
la realtà e la sfida dei ragazzi down giovani oggi e adulti domani…
e cioè la possibilità di svolgere con profitto un lavoro, adeguato
alle loro possibilità e capacità in termini di difficoltà e di durata, ma
non per questo meno dignitoso. Ad oggi sembra che solo il 10%
delle persone con sdd adulte abbiano una occupazione lavorativa,
comprendendo in questa percentuale anche l’impiego in
cooperative protette. Ma i tempi sono maturi per una piccola
rivoluzione in questo campo, perché oltre la logica del profitto
immediato, datori di lavoro lungimiranti riescono a volte ad
apprezzare oltre alle usuali capacità del lavoratore… anche delle
doti difficilmente riscontrabili in altri lavoratori. L’entusiamo,
l’onestà, la capacità da fungere da fulcro per costruire quello spirito
di gruppo tanto importante per il raggiungimento di obiettivi e
risultati sfidanti al giorno d’oggi… e per dare corpo a parole
altrimenti solo abusate a scopo strumentale nel loro significato più
vero quali “Responsabilità Sociale d’Impresa”. Chi tra queste
persone ha la fortuna-merito di lavorare, sa essere felice come
nessun lavoratore “medio” è… a riprova della veridicità di quella
famosa massima ormai da tanti di noi dimenticata… che afferma
che “Il lavoro nobilita l’Uomo” … Già… con la U maiuscola!
Lenti… indubbiamente … ma non per questo meno meritevoli …
nel raggiungere gli obbiettivi che normalmente le persone
raggiungono (in tutto, nel gattonare, camminare, parlare, leggere,
scrivere… tranne che … nel morire)…
Longevi infatti… nonostante la speranza di vita si sia alzata
tantissimo negli ultimi decenni per loro … non lo sono ancora
(senza parole)
465
N come Nati
Beh… se siamo qui a parlarne… è evidente che questo aggettivo
appartiene loro… al contrario di tanti loro simili, cui per tanti
motivi, sia naturali (la famosa “selezione” che colpirebbe con
maggiore frequenza in utero gli “errori” genetici) che no …
(aborto terapeutico),l'aggettivo non si applica. Chi ha scelto per la
nascita, o senza scegliere si è ritrovato la sorpresa di questo
cromosoma in più… il più delle volte (e dopo un percorso di
accettazione variabile da pochi istanti a tutta la vita…) è o
quantomeno si dice contento della scelta fatta… chi ha scelto
diversamente, non è dato di saperlo in genere, perché o si
disinteressa al “problema” in quanto non lo reputa tale… oppure,
in caso contrario e per ovvi motivi… lo rimuove. Tra i rari casi che
non rientrano in quanto descritto… e che perciò ne parlano, c’è
chi si dice convinto di aver fatto la scelta giusta… e chi si macera
nel rimorso…
L’unica certezza quindi è che pare impossibile sapere o anche solo
prevedere con sufficiente ragionevolezza a priori a quale categoria
tra tutte quelle citate si apparterrà, una volta che la sdd, in un
modo o nell’altro… sarà comunque entrata nella propria vita.
Ah… parlavo dei genitori ovviamente. Infatti sembra che la stessa
domanda (posta nella variante “sei felice di essere Nato?”) rivolta
alle persone con sindrome di down abbia un’unica possibile
risposta … che è un deciso “SI”! Uno strano caso statistico… sul
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
quale del resto non possiamo avere la controprova scientifica
perché non sappiamo e non potremo mai sapere cosa ne pensano
quelli che per i sopraccitati motivi invece… Nati non sono.
Normali… attributo usato in vario modo a seconda di chi lo
pronuncia; se è un genitore generalmente con spirito
rivendicatorio… anche se con significato statisticamente scorretto.
Se in fatti Normale è chi rientra nella distribuzione media della
maggioranza della popolazione… guardando determinate
caratteristiche … le persone down Normali… proprio non lo
sono! Una volta preso coscienza di questo fatto si abbandona il
termine e lo spirito rivendicativo … e si rilancia in “positivo”
dicendo che ne persone down non sono Normali perché sono …
“Speciali”! (vedi lettera S)
gesti ripetitivi… rituali, spesso al limite dei tic… decisamente
defaticanti per la loro mente probabilmente sovraccarica.
Molteplici e fantasiose le soluzioni adottate… dalle macchinine
rovesciate e fatte girare sul tetto, al colloquio serio e personale con
foglie, bastoncini e ramoscelli… il tutto protratto per diverso
tempo e senza che venga permesso ad alcuno di interferire o
interrompere: alieni.
A questo a volte si aggiungono poi anche veri atteggiamenti al
limite dell’ossessione, o della cura maniacale… quali ad esempio il
rifiuto irragionevole di un determinato tipo di tovagliolo, o la
manìa per la disposizione precisa degli oggetti, delle bottiglie che
devono sempre essere tappate, degli sportelli e dei cassetti sempre
chiusi… e vi assicuro che non è amore dell’ordine! (proprio no!) E’
più che altro una analoga forma di auto-rassicurazione sulla realtà
che li circonda attraverso la codifica di alcuni punti fermi…
certezze, una sorta di esorcismo del disordine e della
disorganizzazione che probabilmente regnano incontrastati nelle
loro menti troppo piene.
O come Ostinati, Oppositivi:
Su questo sembra che siamo tutti d’accordo: la loro ostinazione è
pari solamente a quella … della loro oppositività. Ai genitori di
bimbi piccoli che se ne meravigliano e che considerano
(giustamente!) la prima come una risorsa e la seconda come una
prova evidente del desiderio di affermazione della propria
personalità… auguro di mantenere lo stesso parere… una volta
che queste caratteristiche così positive … si sommeranno
amplificandone gli effetti più deleteri… con le stesse peculiarietà,
nella loro versione tipicamente pre-adolescenziale e adolescenziale:
da esaurimento nervoso!
O anche come Ossessivi-(compulsivi): soggetti spesso a
bombardamenti eccessivi di stimoli, voluti o non voluti,
sistematicamente pianificati da genitori iperattivi in preda ad ansia
da prestazione… o dalla semplice velocità troppo elevata del
mondo che gira intorno a loro… loro, che sono esseri a “bassa
velocità”… a volte sentono il desiderio di “staccare la spina”,
chiudendosi in un loro mondo privato… fatto di atteggiamenti e
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P come Pigri
Pigri lo sono sicuramente … di una pigrizia che definirei
tuttavia… decisamente selettiva. In questo non sono sicuramente
diversi dai loro coetanei! Anzi a volte si distinguono per la loro
operosità e buona volontà… che compaiono non appena si
rendono conto (non sono mica stupidi!)… che nella perenne
competizione con il mondo che li circonda (vedi lettera Q)…
possono sfruttare a volte la pigrizia congenita degli altri
“competitors” … per trarne vantaggi per sé… ed una volta tanto
risultare vincitori in qualche competizione magari “minore”…
ricavandone comunque benefici effetti sul proprio livello di
autostima. La pigrizia infantile… quella che spesso viene nominata
dai fisioterapisti o dai logopedisti per giustificare il mancato
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
successo del loro intervento a causa della mancata collaborazione
del soggetto pigro… oppure da mamme e nonne accomodanti
desiderose di trovare un motivo il più possibile “innocuo” al
ritardo motorio o linguistico o scolastico che si va sempre più
allargando mano a mano che l’età aumenta… è una emerita
invenzione! Se non camminano prima infatti… generalmente è
perché non sono pronti per farlo quando sono pronti i bambini
“normali” … a causa della lassità legamentare congenita… se non
parlano, è perché hanno difficoltà ad articolare suoni a causa della
lingua troppo grossa e dello sviluppo più lento dell’area dedicata
nel cervello… e così via...
possibilità di fare ciò che si desidererebbe con tutto se stessi…
rappresenta una sconfitta ed una mancanza di senso senza
giustificazione … e se ci pensate è così per tutti noi quando la
sperimentiamo nella vita.
Q come Quarti:
In un mondo dove lo spirito competitivo è portato all’eccesso in
ogni sua forma ed in ogni ambiente, a partire sin dalla più tenera
età per arrivare al mondo della scuola, dello sport e del lavoro … la
“medaglia di legno”, quel posto comunque “giù” (down) dal
podio… Quarti appunto… (per non dire “ultimi”… tanto
contano solo i primi tre!) …lontani dai riflettori e dal successo… è
sempre il massimo a cui normalmente possono aspirare… e ne
soffrono; molto… da piccoli, quando ancora sono costretti ad
interrogarsi sul “perchè” questo succede… e doversi magari porre
problemi tipo … “è colpa mia, non sarò mai degno dei miei
genitori, di mio fratello/sorella”… e così via… senza avere gli
“strumenti” per districarsi adeguatamente in questi labirinti
dell’anima… ; un po’ meno da grandi, quando la consapevolezza
della loro condizione… che si identifica in un nome preciso…
“Sindrome di Down”, ed il conseguente e difficoltoso cammino di
accettazione che ne sarà seguito… avrà permesso loro almeno di
riconciliarsi con i propri dubbi e sensi di colpa… senza che questo
tuttavia significhi mai poter essere pienamente sereni ed in pace
con se stessi… perché comunque la disabilità, intesa come non469
R come Ritardati mentali:
Attributo decisamente meno elegante di definizioni più “politically
correct” come “disabili intellettivi-relazionali” … ma
incredibilmente più “efficace” ed immaginifico rispetto ad essi…
nella descrizione della nuda e cruda realtà dei fatti. Credo infatti
che parlare di “ritardo” a volte abbia una spiegazione addirittura
fisiologica… fisica; lo vedo nettamente in quel “ritardato” di
Simone per esempio… che se lo chiamo a voce alta… ci mette
circa due-tre secondi a “sentire la mia voce, riconoscerla, decodificare
l’insieme dei suoni riconoscendovi il proprio nome, elaborare i volumi ed i tempi
di ricezione del suono dalle due orecchie per capire da dove questo suono arriva,
acquisire la coscienza di essere stato perciò chiamato da me da una certa
posizione… e poi dire alla testa di girarsi verso la direzione da cui
provenivano quei suoni… alzare gli occhi ad altezza d’uomo (non mezzouomo- in-sedia-a-rotelle), dire alla bocca di sorridere… e fare concretamente
tutti questi solo apparentemente semplici gesti… “… mentre io, nel
frattempo, uomo ad alta velocità irrispettoso dei tempi altrui per
superbia o troppe cose da fare … potrei già essermene andato
via…
Se per le persone down questo fenomeno non è di certo così
marcatamente evidente… quantomeno a livelli così elementari…
di sicuro deve avere un suo fondamento ed un espressione su piani
più complessi, dove i neuroni coinvolti ed il numero di
collegamenti tra sinapsi da attraversare è elevatissimo ed i
collegamenti stessi magari poco “rodati”… Pensiamoci… quando
a volte pretendiamo troppo dai nostri figli… perché anche, e
soprattutto in questo meritano di essere… Rispettati!
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
S come Semplici:
T come Testoni, Testardi, Teste di… rapa, etc:
Semplici … di quella semplicità che è un misto tra quella di
francescana memoria, e quindi scelta, voluta… e quella imposta
dalla natura … che deriva quindi dall’impossibilità di essere più
complicati di come sono… così, semplicemente!
Sportivi: certamente alcuni di loro lo sono moooolto più da tanti
di noi! Io e Dario ne siamo l’esempio vivente: fisico da urlo (lui) …
e capacità di nuotare per un tempo indefinito senza stancarsi… o
di scendere con gli sci da piste azzurre, rosse e nere senza alcuna
preoccupazione… (sempre lui!), senza disdegnare ore di televisione
e computer passate come sportivi “passivi” a segnare tutti i
marcatori delle Serie A, B e C … ed a copiare improbabili articoli
della Gazzetta dello Sport su altrettanto improbabili documenti
word di cui il computer di casa trabocca! (sempre lui!) E io? Io
respiro… e ingrasso! E penso ai tempi andati.
Super (o Superiori): razza di down a performance elevate, spesso
oscuro oggetto del desiderio di rivalsa da parte di genitori frustrati
dalla delusione di avere avuto un figlio imperfetto… altre volte
semplice eccezione statistica alla “normalità” delle persone con sdd
(già… anche loro hanno una “loro” normalità!). A rischio di
depressione (sia i genitori che i down stessi) … a volte anche di
autismo.
P.s.: Ok l’avete capito… sono invidioso!
Speciali: usato sovente come contrapposizione positiva al banale
attributo “Normali” (vedi lettera N), utilizzato per la maggior parte
delle persone. Di effetto consolatorio… sia rispetto alla mancata
“normalità”… che rispetto alla mancata appartenenza nell’ambito
della popolazione down … alla categoria Super di cui sopra.
Solitari: a volte lo sono… perché preferiscono isolarsi… un po’
più spesso di quanto anche noi facciamo, probabilmente però con
le stesse motivazioni. Altre volte… vi sono costretti,
dall’indifferenza delle persone… e dai loro pregiudizi.
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Da sempre una delle caratteristiche universalmente riconosciute
(specialmente da genitori ed insegnanti) come caratteristiche della
sindrome. Non si capisce in realtà quanto di questi attributi sia
proprio dei soggetti cromosomicamente superdotati… e quanto
delle persone che si interfacciano con loro, pretendendo da loro a
volte troppo, a volte troppo poco… quasi mai quel “appena un po’
di più” di ciò che potrebbero… che li aiuterebbe a crescere… ed a
farlo serenamente, riconciliandosi con la vita… (e con la scuola, la
fisioterapia, la musicoterapia, la logopedia, lo sport etc etc). Una
soluzione intermedia e di onesto compromesso sembrerebbe
indicare nel “concorso di colpa” la presenza di questa
testardaggine… in parte sicuramente “innata”… in parte
certamente “indotta”.
Per compensare questo lato spigoloso del carattere… spesso
notevolmente Teneri, di una tenerezza inspiegabile se paragonata
a quella di cui noi “normali” siamo capaci… ed al “credito” aperto
con una sorte che se ragionassero come noi li dovrebbe vedere
perennemente arrabbiati con il mondo intero.
U come Unici:
A differenza di quanto comunemente detto e spesso anche creduto
… i down non sono tutti Uguali, né fisicamente… nè da un punto
di vista caratteriale… anzi! Certo, lo sono … alla stessa stregua di
tutti i senegalesi… o di tutti i coreani per un italiano! Senza contare
che difficilmente distingueremmo un Coreano da un Tailandese o
da un Vietnamita! E questo (la difficoltà di riconoscere
“differenze” in chi è “diverso” da noi) ci dovrebbe insegnare a non
ragionare per “razze” e per “tribù”, come spesso invece
facciamo… ma a guardare invece alla sostanza… che in questo
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
caso è l’indubbia originalità di ogni persona… Unica, irripetibile,
anche se a volte non riusciamo a coglierne le doti ed i difetti che la
caratterizzano.
Ultimi … lo sono spesso, se partecipano a competizioni miste
(non solo tra down), sportive o di altro tipo… con conseguenti
frustrazioni e perdita di autostima; unica soluzione … permettere
loro a volte di vincere… non “barando” e lasciandoli vincere… ma
consentendo loro di misurarsi tra “pari”… in condizioni cioè dove
l’impegno e lo sforzo (oltre che la fortuna e le altre normali
variabili) e non i cromosomi fanno la differenza tra una vittoria ed
una sconfitta. Un esempio? La legge sul collocamento mirato…
dove i disabili “corrono” a parte (almeno in teoria… nel senso di
… “se le Aziende tenute al rispetto della legge assumessero le
quote a loro assegnate…"); se poi per l’iscrizione a questa “gara a
sé” non si fa differenza tra disabili fisici ed intellettivi… il
risultato… non cambia!
Se infine i disabili o i loro genitori tentano quantomeno di usare
questo attributo in senso “evangelico”… fiduciosi in quel
famoso… “gli ultimi saranno i primi” di consolatoria memoria …
vengono subito disillusi in quanto nella ideale classifica delle sfighe
si ritrovano scandalosamente in basso, superati da tutta una serie di
disgrazie decisamente più invalidanti… magari beffardamente
presenti all’interno della stessa famiglia!
A volte... anzi forse un po' troppo spesso... Usati (vedi talk-show,
ma anche più normalmente prestazioni ambulatoriali di
Associazioni ed Enti convenzionati etc etc).
di nulla… tranne che nel caso da tutti sperimentato in cui un
signore maturo o una vecchietta sorridente si avvicinano
dicendo… “Sa… anch’io ho avuto un bambino .. così!” Così
come?!? Sguardi insistenti o sfuggenti indicano entrambi la
presenza indubbia di questo attributo… oppure l’avvicinarsi del
genitore a grandi falcate... all’esaurimento nervoso.
Con l’avanzare dell’età (nido-materna… inizio elementari) la
vistosità scompare temporaneamente… in specialmodo tra i
coetanei che non sembrano particolarmente turbati da quei tratti
orientaleggianti e dalle difficoltà di linguaggio (con tutti ‘sti
extracomunitari del resto!) … per poi ricomparire
improvvisamente nella preadolescenza … dove è anche possibile
qualche episodio di crudeltà e bullismo nei confronti della persona
down, riconosciuta come il più debole e ostracizzata dal gruppo.
Nella “maturità” giovanile questa vistosità spesso scompare del
tutto… nel senso che i giovani proprio sembrano non accorgersi
della presenza delle persone down coetanee nel mondo… e,
semplicemente, le ignorano.
Fortunatamente entrambi diventeranno insieme adulti… e si
ritroveranno, magari quando al down di turno toccherà pure di
consolare un neogenitore… cui contro ogni realistica possibilità
(capita sempre agli altri!) sarà nato un bambino down.
Veloci… è il contrario di lenti, a cui si rimanda per un’adeguata
trattazione del tema.
Veri: spesso incapaci di mentire… o più precisamente di farlo con
malizia e senza essere scoperti… quindi… per scelta o
semplicemente… per incapacità di essere falsi.
V come Vistosi:
Z come Zotico:
Attributo decisamente strano ed incomprensibile. Incredibilmente
Vistosi infatti da piccoli (con particolare riferimento alle
caratteristiche tipiche della sindrome) per i genitori agli occhi degli
altri …mentre gli altri al contrario generalmente non si accorgono
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Termine spesso usato da insegnanti cui potrebbe tranquillamente
essere affibbiato… in riferimento alle difficoltà di apprendimento
di un alunno a loro affidato per essere aiutato a crescere e ad
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Come aquiloni… o quasi.
Come aquiloni… o quasi.
imparare; in questo senso indubbiamente gli alunni down sono
tutti dei gran Zoticoni… ma nessuno si sognerebbe mai di
dirglielo apertamente in faccia, perché verrebbe immediatamente
tacciato di razzismo; ecco il motivo per cui gli insegnanti poi si
sfogano con i loro alunni “normali”, con i quali si sentono più
tranquilli se qualche volta si lasciano sfuggire con soddisfazione
qualche epiteto non proprio opportuno…. Raro esempio di
discriminazione al contrario
Zelante: contrario di pigro … per la sua discussione vedi lettera G.
Zuzzurellone: riportato qui solo per riaffermare ancora una volta
la possibile normalità delle persone con sdd… in quanto in
riferimento ad essi possono venire usate tutte le parole e gli
aggettivi presenti nel vocabolario della lingua italiana… compreso,
appunto… Zuzzurellone, che è l’ultima parola dell'ultima lettera
dell’ultima pagina, e che spesso, guarda caso… si adatta proprio
bene alle persone con sdd… tanto da far venire il dubbio che sia
stata creata apposta per loro!
L’abbeceDario termina qui… non è ovviamente completo nè
esaustivo, e come avrete capito nemmeno animato da alcun
intento o presunzione… se non quello di invitarvi a riflettere
un poco … ma soprattutto a sorridere, gioiosamente … o a
volte magari anche amaramente… di noi e dei nostri figli …
e, se ne abbiamo voglia … di farlo insieme a loro.
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Il presente volume è stato pubblicato in collaborazione con l’Associazione
Pianeta Down (www.pianetadown.org) a cui andranno tutti i proventi
ricavati dalla vendita.
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I figli sono come gli aquiloni, passi la vita a cercare