Atti Convegno UNIDI in Expodental: “Promuovere la salute comunicando il dentale ”- Milano 11.10.2003
Dott. PAOLO PEGORARO
(Direttore Editoriale Masson spa)
Perché una Casa editrice che si occupa di comunicazione ai medici (riviste, volumi per la
professione e l’università, prontuari e banca dati e farmaceutici, nonché ben otto testate
odontoiatriche), insomma un editore che finora ha parlato ai medici oggi decide di parlare di
pazienti, ovvero di parlare ai pazienti attraverso il mediatore- medico?
Riviste Odontoiatria
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Perché se è vero che è cambiato il medico, è cambiato anche il profilo dell’editore che parla al
medico. È cambiato il medico perché è cambiata la società e perché è cambiato il paziente, nel
senso che il paziente non è più oggetto passivo di cure: e è un richiedente, è un utente, è un cittadino
consapevole, attento, che chiede delle prestazioni e che è al centro del sistema salute. Si tratta di un
cambiamento che costituisce una vera e propria rivoluzione copernicana del sistema sanitario di cui
ci si comincia a rendere conto in senso piuttosto concreto. Insomma, il medico cambia e
l’odontoiatra, per parte sua, forse cambia anche volentieri, perché tutto sommato tra i professionisti
della salute era quello che soffriva un po’ di una specie di complesso di isolamento, sempre chiuso
nel suo studio e chino sul riunito; comunicare un po’ di più col paziente gli fa bene.
Vediamo ora quali siano quali siano gli strumenti per parlare al paziente; sono molti e sono molto
concreti; scusatemi se userò qualche termine anglosassone o anglofilo in questa presentazione, non
è una mia abitudine né intenzione ma è un fatto che questo tipo di comunicazione al pubblico derivi
da comunicazioni e studi che finora vengono da fuori del nostro paese. Tuttavia, siccome noi siamo
più accorti e creativi di altri, sapremo fare anche di meglio.
La letteratura scientifica anglosassone parla di Patient Education; questa espressione non è tanto
facilmente traducibile, nel senso che ridurla a “informazione al paziente” non basta, la locuzione
messa in questo modo pone il paziente ancora in una situazione troppo passiva; Patient Education
vuole essere un termine ambivalente, bidirezionale: il paziente arriva dall’odontoiatra con delle
richieste di informazione e educazione, l’odontoiatra da parte sua gli fornisce questa informazione
ed educazione. Non traduciamolo allora, lasciamolo così: Patient Education.
Esiste una ricerca eseguita in un importante studio dentistico milanese e che ha un certo valore
statistico significativo, su un campione di 300 pazienti i quali è stato distribuito un questionario in
forma anonima e a cui si chiedeva in tema di customer satisfaction un po’ di tutto, a partire dalla
terapia (se la cura canalare fose riuscita bene, se avesse provato dolore, se il paziente fosse contento
della corona che gli era stata realizzata) fino agli aspetti logistici (se ha trovato parcheggio
facilmente o se ha preferito venire con l’autobus perché lo studio è scomodo). Da questa ricerca
emerge che l’aspettativa prioritaria è e rimane la comunicazione efficace.
Per comunicazione efficace si intende quella che non resta inerte ma produce cambiamenti
comportamentali, insomma raggiunge il proprio scopo. Nella comunicazione al paziente,
l’odontoiatra deve imparare anzitutto che i bisogni che il paziente gli porta (un paziente che è centro
del sistema sanitario, è vero, ma che è ancora parzialmente inconsapevole di tutti i suoi bisogni)
sono la punta di un iceberg di bisogni sommersi. Quindi, uno dei compiti impliciti ma che fanno
parte del bagaglio direi professionale, deontologico se vogliamo, ma anche umanamente morale in
quanto cittadini-curanti è anche quello di andare a trovare i bisogni sommersi.
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I perché della Patient Education
“I bisogni
e le aspettative
del paziente
sono la punta di un
Iceberg
di bisogni sommersi”
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Comunicare è necessario. Comunicare è necessario e comunicando l’odontoiatra ottimizza il tempo,
migliora la relazione col paziente purché le informazioni siano affidabili, utili e pratiche. Il paziente
chiede di comprendere e condividere il percorso diagnostico e terapeutico, per realizzare
quell’alleanza terapeutica, considerata il substrato imprescindibile per un’efficace azione
professionale.
L’alleanza terapeutica è un sistema fantastico per fare bene il proprio mestiere. Anche qui c’è una
ricerca americana, pubblicata sul British Medical Journal che segnala come informare il paziente
faccia bene al paziente ma anche all’odontoia tra, nel senso che gli migliora lo stato di salute.
Banalmente si può dire che diminuisce la tensione, lo stress eccetera.
Le implicazioni dell’alleanza terapeutica sono tante e interessanti. La più pratica e la più terra-terra
è quella di natura medico- legale. Possiamo anche dire che in qualche modo si può identificare col
consenso informato, o che porta al consenso informato. Insomma, se in cartella clinica voi avete
documentato che la comunicazione al paziente è stata fatta con tutti i crismi e il lavoro è stato ben
eseguito anche in questo senso, ebbene, questo è un elemento che in caso di contenzioso può essere
utile.
Si è detto che comunicare al paziente è importante. È importante quindi supportare la domanda di
informazione e di educazione che proviene dal paziente e cominciare a pensare quali siano i
possibili strumenti da fornire all’odontoiatra per gestire le patologie del paziente e il trattamento,
non soltanto da un punto di vista tecnico-clinico, ma rispetto alle richieste di spiegazione – e, ancora
una volta, di comunicazione - che gli vengono poste dal paziente. In altri termini, la gestione di una
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patologia adesso ha due facce: una è quella clinica che ben si conosce, l’altra è la gestione
presentata al paziente all’interno di una relazio ne che è il councelling: altro termine ora molto di
moda e che non posso, e forse non riuscirei neppure a spiegare in poche parole.
C’è una definizione della World Health Organization sul councelling che risale addirittura all’89:
“ il councelling è quel processo che attraverso il dialogo e l’interazione aiuta le persone a risolvere e
a gestire problemi e a prendere decisioni; coinvolge un cliente è un councellor.” Bene, il councellor
in questo caso è l’odontoiatra. Non si può pretendere che l’odontoiatra sia anche psicologo. Io direi,
per farla molto breve, che la base del councelling è la capacità di stare in ascolto, cioè di recepire, di
ascoltare. Prima ancora che il paziente segga in poltrona si sarà l’assistente, l’igienista, l’odontoiatra
- a second a delle funzioni che ciascun componente del team poi in quel momento assolve e del
ruolo che va ad esercitare - ad ascoltare il paziente. Fondamentale è capire che il paziente va
ascoltato. Alla base del councelling è la consapevolezza che occorre dare informazioni specifiche
personalizzate a “quello” specifico paziente: il paziente che ho di fronte è quello e non è uguale a
tutti gli altri, il paziente successivo sarà diverso, quello che c’era prima era diverso ancora.
Certamente l’odontoiatra non è uno psichiatra, non è uno psicologo, non è un assistente sociale, ma
deve imparare a usare quegli strumenti che sono a sua disposizione, e dei quali stiamo parlando, per
potenziare l’azione di comunicazione se usati naturalmente nel modo giusto.
E qui si torna al concetto dell’ottimizzazione del tempo, sul quale ritengo che Carlo Guastamacchia
ci abbia insegnato qualcosa.
Può darsi che l’idea di educare i pazienti in un programma di visite già piuttosto fitto vi appaia
come qualcosa di difficile o impossibile. Tuttavia, proprio per questo motivo, dovreste considerare
qualsiasi momento trascorso con i vostri pazienti come una buona occasione per informarli e
motivarli parlare, soprattutto quando vi accorgete che sono persone disponibili. Si tratta in realtà di
un investimento ottimale del tempo a disposizione che si tradurrà in un risparmio, se non
addirittura in un guadagno di tempo. Informare e motivare significa, infatti, semplificare il rapporto
rendere più efficace il trattamento, ottenere il massimo dei risultati ed evitare incomprensioni e
complicazioni.
L’educazione del paziente è qualcosa di più di un semplice consiglio medico; si tratta di una vera e
propria costruzione di competenze e di responsabilità, una relazione di aiuto per imparare quando e
come, e perfino perché, operare un cambiamento o seguire una specifica raccomandazione.
Il successo dell’educazione, infatti, dipende dal modo in cui valutate i bisogni, le preoccupazioni le
preferenze del vostro paziente. L’educazione del paziente non è quindi di esclusiva pertinenza di
una figura professionale, ma è una competenza che tutti gli operatori sanitari, che si occupano di
assistenza odontoiatrica ai pazienti, possono sviluppare.
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Un concetto molto importante da sottolineare quando si affrontano argomenti di comunicazione è
che quelli che gli anglosassoni chiamano communication skills, non dipendono dalla
predisposizione o dal profilo psicologico del professionista, ma sono capacità che, in maniera non
dissimile alle abilità tecniche, devono essere insegnate e necessitano di tempo e applicazione per
diventare realmente efficaci. Purtroppo i corsi universitari per operatori sanitari e in particolare il
Corso di laurea in odontoiatria, dedicano tuttora uno spazio insufficiente alla formazione nel campo
delle tecniche di comunicazione e anche l’offerta postlaurea sembra poco orientata in questo senso.
Esistono però strumenti che, se non ovviano a carenze comunicative dell’operatore, sono
sicuramente in grado di potenziarne l’azione qualora utilizzati in maniera corretta.
Uno tra i più comuni, soprattutto tra gli operatori sanitari dei paesi anglosassoni, è il leaflet, vale a
dire un opuscolo in cui vengono sintetizzate le informazioni chiave riguardanti una condizione
patologica, piuttosto che un intervento terapeutico o un test diagnostico.
La letteratura scientifica disponibile è ancora molto ampia e per lo più a supporto dell’utilizzo di
questo strumento. Scopo principale del leaflet è di aumentare la capacità del paziente nel ricordare
quanto trasferitogli dal sanitario. Esistono infatti studi che hanno dimostrato che in media i pazienti
Dimenticano circa il 50 per cento delle informazioni ricevute, 5 minuti dopo il temine della visita, a
prescindere dalle competenze comunicative dell’operatore.
Un opuscolo adeguatamente preparato offre invece al paziente il vantaggio di essere consultabile in
momenti diversi e soprattutto in una situazione psicologica più serena rispetto a quella, sempre
stressante, del consulto medico. Anche in questo caso la ricerca ha dimostrato una maggior
soddisfazione del paziente, il quale percepisce il leaflet come un segno di attenzione e interesse nei
suoi confronti.
Sappiamo inoltre che le informazioni riguardanti la malattia e le sue conseguenze o i potenziali
effetti indesiderati delle terapie prescritte non aumentano l’ansia dei pazienti ma anzi migliorano il
rispetto delle istruzioni fornite, accrescono il senso di sicurezza del paziente e di conseguenza
hanno un effetto positivo sulla richiesta di consulti suc cessivi.
Benché esistano dei criteri per stabilire l’adeguatezza di un leaflet va sottolineato che ciò che rende
veramente efficace uno strumento come questo è il modo in cui viene utilizzato. Sappiamo infatti
che i migliori benefici per il paziente si ottengono quando il materiale scritto viene consegnato al
paziente personalmente dall’odontoiatra o dal medico che ne legge e commenta il contenuto nel
corso della visita.
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I mezzi di Patient Education
OPUSCOLI
LEAFLETS
In media i pazienti dimenticano il 50% delle informazioni ricevu te, 5 minuti dopo il termine della visita (Kitching Jb, 1990).
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Questi opuscoli e leaflets devono essere anzitutto credibili. La credibilità ha un link fondamentale
con la fiducia, e il rapporto di fiducia è alla base del rapporto col paziente, da parte di qualsiasi
operatore sanitario, dall’igienista, all’odontoiatra, al medico: se non c’è fiducia cade il rapporto Il
gesto di consegnare direttamente a mano il leaflet o l’opuscolo illustrativo significa: io mi occupo
di te, io ti curo, ti voglio bene, insomma ho un atteggiamento affettivo nei tuoi confronti e in più ti
lascio un ricordo. Anche qui c’è un termine che usano gli psicologi che è ancoraggio - questo non è
anglosassone -; c’è un ancoraggio dell’odontoiatra al proprio paziente e viceversa.
I punti di forza di un progetto di Patient Education sono la validazione, nel senso che non si può
scrivere qualsiasi cosa da parte di chiunque, bisogna che chi scrive sappia quel che dice. Si tratterà
perciò di specialisti, potrà esserci l’egida di una Società scientifica oppure di Associazioni di
pazienti. Altro punto di forza è il disclaimer: è una specie di liberatoria, in cui si dichiara
esplicitamente che il leaflet non sostituisce assolutamente l’opera del medico.
Il leaflet va preso, gestito, letto eccetera, ma qualsiasi informazione suppletiva e qualsiasi cosa si
riferisca alla patologia, va chiesta, discussa e interpretata insieme all’odontoiatra. I leaflets, inoltre,
devono avere un’elevata “consistenza”, il che significa che i prodotti - andando dall’igiene orale
alla parodontologia, all’ortodonzia, all’alitosi piuttosto che all’implantologia - devonoavere
coerenza l’uno rispetto all’altro e un’emivita piuttosto lunga, cioè avere una persistenza nel tempo
che è aiutata anche dal fatto che ci sono dei punti di riconoscibilità di prodotto in prodotto.
Le informazioni efficaci sono quelle “customizzate”, sono quelle fatte apposta per “quel” tipo di
paziente. Se vanno bene per la signora Pina può darsi che non vadano bene per il signor Giuseppe,
quindi ancora una volta il paziente è al centro del sistema comunicativo.
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I contenuti devono essere somministrati in modo scaglionato, con frequenti pause, paragrafi
eccetera, con linguaggio che sia adatto a un pubblico che è diversificato. Talvolta perfino coloro che
hanno un buon grado di istruzione possono fraintendere una spiegazione quando si trovano a vivere
una situazione stressanti o sono affetti da una malattia. Pertanto, è consigliabile usare con tutti i
pazienti un linguaggio piuttosto semplice, scegliere vocaboli e frasi brevi ed evitare la terminologia
medica che potrebbe creare confusione o incomprensione. Il messaggio deve dare serenità,
positività, concretezza anche da un punto di vista grafico.
Quali sono i requisiti e gli indicatori per stabilire l’efficacia dei mezzi di comunicazione di salute
per il pubblico? Anzitutto gli indicatori di trasferimento di conoscenza, cioè quante conoscenze, in
ordine di tempo, vengono trasferite al paziente. Qui, noi, in Italia, non abbiamo studi perché si è
partiti da poco, non sappiamo dire quante conoscenze vengono trasferite e per quanto tempo restano
al paziente; è anche difficile dire per quanto tempo vengono indotte veri cambiamenti di abitudine.
C’è un recente studio del British Dental Journal che ha per oggetto un leaflet sul cancro del cavo
orale, il quale dimostra che il leaflet è stato molto efficace per la prevenzione, nel senso che dopo
averlo ricevuto, un maggior numero di pazienti è andato a farsi controllare. E questo comunque non
causava ansia, nel senso che si è anche verificato, in base a un questionario e a test psicologici, che
la soglia dell’ansia non era più elevata perché si andava a farsi controllare, ma si andava a farsi
controllare perché si era raggiunta una consapevolezza. Quello che manca ancora è di sapere, in
realtà, è per quanto tempo queste informazioni vengono trattenute, perché poi – oltre ai normali
processi di rimozione mnemonica, c’è il bombardamento negativo dei media, giornali, settimanali
generalistici, siti internet, tutti con la massima buona volontà parlano in modo assolutamente
casuale e inesatto di salute
Le scelte grafiche devono comunicare normalità, positività e rassicurazione; devono esserci molte
illustrazioni, e, a seconda del target cui ci si rivolge, le illustrazioni possono essere disegni realistici,
illustrazioni stilizzate o vignette, possono assumere la forma di storie, favole addirittura. E la
dottoressa Giorgetti ci ha raccontato molto bene come ai bambini, probabilmente questo modo di
porgere sia quello migliore.
C’è da approfondire ancora qualcosa sulle illustrazioni. Gli americani hanno la tendenza, per la
Patient Education, ad usare illustrazioni realistiche non particolarmente glamour. In Italia, siamo
abituati siamo ad illustrazioni d’agenzia, fotografie, immagini eleganti e patinate. In realtà, la
riflessione che si è fatta è questa: il paziente in quel momento un minimo d’ansia ce l’ha, non vuole
identificarsi col fotomodello con 360 denti, la casalinga non è detto che si senta una Naomi
Campbell con i denti più bianchi che non si può; quindi, non mettiamo il paziente in uno stato di
inferiorità, facciamogli vedere delle illustrazioni in cui possa identificarsi senza sentirsi sminuito o
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preso in giro. Se il paziente deve fare un impianto, deve soffrire e spendere tanti soldi,
l’illustrazione non deve essere scherzosa o avvilente o troppo ottimistica rispetto alla situazione.
I mezzi di Patient Education
Educational Kit: 600 leaflets divisi in 12 argomenti
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il counselling in breve: “la guida all’uso ” per l’odontoiatra
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Masson ha realizzato un Educational Kit, che non è sponsorizzato ma in libera vendita
all’odontoiatra, in cui un certo numero di argomenti – dodici - vengono proposti in differenti lealets
all’odontoiatra insieme a un fascicolo sul “come si usa”, insomma un fascicolo sul councelling.
Stiamo andando avanti in questo discorso anche in altri settori e in altre specialità; abbiamo
realizzato una serie di leaflets sull’asma bronchiale in collaborazione con Federasma, un altro
ancora riguarda l’allattamento al seno ed è stato studiato con la Asl di Verona; molto altro è in fase
di elaborazione.
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paolo pegoraro