IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 PROGETTO “Scrittura Creativa” CORSO SERALE A CURA DELLE Prof. Sse: Francesca Cerenzia Paola Zumpano COLLABORATORE GRAFICO: Vincenzo Garofalo IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 CORSO SERALE INDICE Prefazione ………………………………………………………… pag 1 Attualità e storia ………………………………………………… pag 2 Cinema e lettura, un’esperienza positiva ……………………. pag 8 Tradizioni popolari ……………………………………………….. pag 12 Poesia e racconti ………………………………………………….. pag 20 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 CORSO SERALE PREFAZIONE IL progetto “scrittura creativa”, ogni anno si propone di avvicinare gli studenti del corso serale dell’IPAA di Scigliano a una produzione scritta che permetta loro di esprimere, idee, emozioni, punti di vista, usando forme originali e personali mediante una variegata tipologia di testi : racconti, recensioni, articoli, saggi, poesie. Questa esperienza didattica si è rivelata interessante e significativa, in un’epoca in cui si utilizza un codice linguistico omologato e influenzato dai nuovi mezzi di comunicazione, che sono certamente più veloci, ma meno originali e creativi; ancora una volta il progetto ha costituito una singolare opportunità per sviluppare “il piacere di scrivere” e per rendere più motivante il processo di apprendimento, stimolando il pensiero e la curiosità. La funzione creativa è certamente tra le più importanti del processo di formazione perché stimola l’immaginazione, attiva la fantasia e aiuta ad esprimere liberamente le proprie doti inventive che l’operatività contribuisce a scoprire, coltivare e sviluppare. In questa raccolta sono stati inseriti tutti i lavori che gli allievi hanno realizzato, con entusiasmo e impegno, ma soprattutto con la consapevolezza di non essere poeti famosi, giornalisti e scrittori, ma studenti adulti, che hanno accettato la sfida rimettendosi in gioco e investendo sulla conoscenza. Inoltre, vuol essere una chiara dimostrazione che, nonostante scrivere non sia facile “imparare a scrivere” si può, al di là della predisposizione, dote naturale, basta capire determinati meccanismi e lasciarsi guidare da quel magico gioco delle parole. Corso serale pag 1 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 ATTUALITA’ E STORIA Cercasi Fair Play “L’unione fa la forza” : questo proverbio si può interamente rispecchiare nello sport, si è vero, l’unione è il primo elemento fondamentale che consente di esercitare correttamente le attività sportive, ma fondamentali risultano essere il rispetto, la solidarietà e l’onestà. Quest’ ultimi tre principi vengono riassunti in un’unica espressione inglese, Fair Play, che letteralmente significa gioco corretto. Attualmente sembra che le sue regole sono profondamente cambiate o messe da parte; lo sport fonte di divertimento e capace di regalare grandi emozioni agli appassionati ha cambiato la sua immagine. Basta pensare al giro di scommesse che gravita intorno alle vincite delle squadre: guardare una partita non significa più seguirla solo perché si è attratti dal fascino generato dalla gara, ma ciò crea ansia, timore, agitazione, sperando e desiderando a tutti i costi la vittoria. Altro parametro da non sottovalutare, capace di creare conseguenze serie è la realtà degli stadi. Qui i tifosi utilizzano insulti nei confronti della squadra avversaria o dei giocatori di colore alimentando così forme di razzismo e ricorrendo alla violenza.. Ma i giocatori, protagonisti dello sport, come si comportano? Questa è una domanda un po’ difficile, visto che quest’ultimi dovrebbero dare il buon esempio. Per dare subito una risposta concreta, basta semplicemente fare un salto nel passato e ritornare precisamente al 9 luglio 2006, giorno in cui si svolse la finale dei Mondiali di calcio che vide entrare in campo Italia e Francia. Il capitano della squadra francese, Zinédine Zidane, in seguito ad una discussione, dà un forte colpo di testa al torace del difensore della Nazionale italiana , Marco Materazzi; questo gesto bruttissimo e inaspettato, suscitò molto scalpore in tutto il mondo. Nonostante ciò bisogna ricordare che far parte di una squadra sportiva ha molteplici lati positivi: aiuta a far crescere la propria autostima, a relazionarsi con i propri compagni a condividere una passione, affrontando sconfitte e vittorie.,. Aiuta a guardare il mondo con occhi pieni di spen- sieratezza perché nel momento in cui si rincorre il pallone, non si pensa ad altro che a concentrarsi sulla propria forza e determinazione per raggiungere un obiettivo collettivo. Il vero gioco del calcio si vede nella vita quotidiana, si può scorgere dal vivo senza recarsi presso gli stadi: basta fare una passeggiata per le strade o sulla spiaggia ed incrociare bambini e ragazzi che giocano in modo pulito e senza avere dalle partite un riscontro economico. L’unica corrispondenza che hanno è divertirsi insieme ai propri amici e ridere come matti sugli errori commessi rilevati da se stessi e non da un arbitro, talvolta corrotto. Damiano Giuditta Classe III Serale FAIR PLAY … l’ abbiamo dimenticato? Impegno, sacrificio, lealtà, collaborazione, sono valori da mettere in risalto nella pratica sportiva. Purtroppo, come tutte le attività umane ciò non sfugge ai rischi della violenza e della scorrettezza. Calcio scommesse, doping, corruzioni hanno investito tutti gli sport, specialmente quello del calcio. Gli atleti per non deludere le aspettative dei fans, ricorrono a sostanze dopanti al fine di migliorare le proprie prestazioni. Come dimenticare Marco Pantani, uno dei grandi campioni del ciclismo, morto per overdose nel 1999. Nel 1896 il barone Pierre de Couberten, affermava che “L’importante è partecipare, non vincere”, oggi si privilegia, invece, il risultato finale a discapito del “come” lo si raggiunge. Non si rispetta il fair play; l’avversario Corso serale deve essere sconfitto a qualunque costo. Infatti durante le attività sportive si assiste a risse tra avversari e ad atti violenti molto gravi. Nelle menti di tutti sono impresse le violenze messe in atto da “tifosi”, basta ricordare quello che si è verificato durante la partita Italia-Serbia del 12 novembre 2010, nella quale i tifosi serbi hanno sfruttato l’occasione per protestare contro il loro governo, o nella partita JuventusLiverpool del 29 maggio 1985 , dove persero la vita moltissimi giovani. Lo sport ha perso quasi del tutto il suo vero scopo iniziale, il vero valore, quello che univa, che non discriminava e che non aveva prezzo.“Il trattato di Amsterdam” del 12 dicembre 1999, sottolinea l’importanza sociale dello sport, in particolare il ruolo che esso assume nel forgiare l’identità e nel ravvicinare le persone perché costituisce uno strumento essenziale di integrazione sociale e di educazione coinvolgendo tutte le classi sociali e tutti i gruppi di età della popolazione. Esso riveste una funzione educativa importante, insegna a rispettare determinate regole, a programmare il proprio impegno e gestire le proprie emozioni. Si rivolge non solo ai giovani ma anche agli adulti, anziani e persone diversamente abili; le paraolimpiadi ne sono un esempio concreto. Si utilizza lo sport non solo come strumento di riabilitazione fisica, ma come una vera e propria filosofia che supera il concetto di menomazione fisica, come menomazione della persona. Il disabile nella gara con se stesso impara a superare la fatica, che è la sensazione dominante nel periodo della riabilitazione; lentamente con lo sport-terapia scopre che dal suo fisico riesce ad estrarre energia che non credeva di avere; impara a gestire, convivere e rispettare il suo corpo. Il fair play deve riemergere … la risposta è nei giovani. Per riportare lo sport al suo significato originario è necessario quindi puntare sulle generazioni future con ragazzi che cercheranno di risalire, migliorando se stessi e non dimenticando che lo sport è puro divertimento e voglia di fare squadra. Solo in questo modo la vittoria non sarà qualcosa di astratto, ma sarà una vittoria veramente personale. Classe III Corso Serale pag 2 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 ATTUALITA’ E STORIA Attualità e storia ATTUALITA’ E STORIA Nuvole grigie oscurano il cielo dell’economia italiana. Cosa cela l’orizzonte? ACQUAZZONE CRISI … I GIOVANI CON L’OMBRELLO Da una recente indagine statistica condotta dall’ISTAT sugli sbocchi lavorativi e il rapporto tra università e lavoro, sono emerse alcune importanti considerazioni che coinvolgono il quadro economico e politico italiano. L’inchiesta è stata realizzata su un campione di giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni. Da essa si evince che l’ultimo biennio ha visto l’alternanza di governi politici a governi tecnici. Anche i vari partiti politici hanno vissuto rinnovamenti e cambiamenti tra le proprie fila, ma non solo, sono stati anche protagonisti di scissioni interne. La crisi economica ha devastato alcuni aspetti e creato crepe in altri; un problema, che si associa immediatamente ad essa e che sta attanagliando l’Europa e purtroppo la nostra Italia, è quello della disoccupazione giovanile. La fascia d’età a cui si fa riferimento è quella compresa fra i 15 e 34 anni. Nel triennio che va dal 2008 al 2013, i giovani disoccupati sono aumentati di un milione circa. Ma il dato più allarmante e inquietante è che nell’ultimo anno la percentuale della disoccupazione giovanile ha superato la soglia Corso serale del 40%, cosa rara e drammatica, anche in passato, che rispecchia la situazione economica in cui versa attualmente l’Italia. Un dato che evidenzia la situazione lavorativa italiana è quello dell’anzianità occupazionale, superiore agli altri paesi europei. Infatti, fra molti paesi dell’Europa, la maggiore percentuale di lavoratori impiegati da più di dieci anni nella stessa azienda è in Italia. Segno di un mancato ricambio occupazionale a favore dei giovani. Lo stato d’animo che oggi aleggia fra i gio- vani è di sfiducia e sconforto poiché i lavoratori di età compresa tra i 15 e i 34 anni sono passati da sette milioni a sei milioni. Precisamente l’11,2% dei giovani di 15-24 anni, e addirittura il 16,7% di quelli tra 25 e 29 anni, non è interessato né a lavorare né a studiare. Mentre la media europea è pari rispettivamente al 3,4% e all’8,5%. Molti infatti, dopo esiti negativi ed estenuanti ricerche occupazionali, hanno rinunciato del tutto a cercare lavoro. Un altro tipo di situazione è quella in cui si lascia la propria terra attuando una “nuova migrazione”, cioè non spostandosi dal Sud verso il Nord Italia, ma dall’Italia verso altri paesi del vecchio continente come Germania o Inghilterra o addirittura oltreoceano verso il nuovo continente in Canada e Stati Uniti. Questo a volte determina la triste e famosa fuga di cervelli. Altro aspetto è l’accettazione di un qualunque impiego che possa garantire una retribuzione tralasciando il proprio percorso didattico e formativo. In parole povere “ci si accontenta di quello che passa il convento”. Ulteriore aspetto po- trebbe essere un “ritorno al passato”, rivalutando settori e attività considerate tramontate e non conformiste. La crisi economica ha anche una notevole influenza sulle scelte dei giovani riguardo al proprio futuro poiché molti giovani o per impossibilità economica, o per mancanza di ottimismo verso il futuro, non proseguono gli studi e, se possibile, si dedicano ad una eventuale attività lavorativa o quantomeno alla ricerca di un possibile impiego. Sicuramente i dati e la situazione odierna non sono incoraggianti e per nulla tranquillizzanti, ma la generazione giovanile attuale non deve commettere l’errore di fossilizzarsi e di sentirsi martire. Da monito è l’affermazione lanciata da Steve Jobs “Il vostro tempo è limitato. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere con i risultati dei pensieri degli altri. Abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione”. Ma i dati secondo cui solo il 32,5% dei giovani di 15-35 anni dichiara di voler mettere su un’attività in proprio, inferiore a quella degli altri stati europei, non è incoraggiante, denotando una progressiva diminuzione, nelle nuove generazioni, dell’appeal di una delle figure centrali del nostro tessuto economico, quella dell’imprenditore. Al giorno d’oggi l’arte del sapersi “arrangiare” e del far di necessità virtù, molto comune in passato, si è affievolita anche a causa dell’elevato benessere che circola fra la popolazione. Forse è vero, progresso vuol dire regresso. E il sapersi “arrangiare”, il ritorno alle origini, non è segno di sconfitta o di fallimento. Con maggiore spirito di iniziativa e umiltà d’animo si può andare alla ricerca di opportunità e allo stesso tempo non pag 3 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 ATTUALITA’ E STORIA Attualità e storia ATTUALITA’ E STORIA Nuvole grigie oscurano il cielo dell’economia italiana. Cosa cela l’orizzonte? ACQUAZZONE CRISI … I GIOVANI CON L’OMBRELLO fermi in attesa, ma intraprendere un moto perpetuo come un atomo in attesa degli urti produttivi ricercati con altri atomi per scatenare un’energia positiva. Vincenzo Garofalo Classe III Serale IL BRIGANTAGGIO: guerra di liberazione Lo scorso mese di gennaio si è svolta presso il municipio di Bianchi, organizzata dall'amministrazione comunale, in collaborazione con la biblioteca nazionale di Cosenza, una mostra inerente il Brigantaggio meridionale, in particolar modo, quello nato nella zona del Savuto, nei comuni posti tra le due province di Cosenza e Catanzaro. Bibliografie corredate da innumerevoli documenti fotografici hanno catturato l'attenzione dei visitatori, documenti inediti, pergamene e atti autentici, hanno portato l'immaginazione dello spettatore ad immergersi in un contesto surreale ed antico, permeato da un alone di misticismo e sacro, da situazioni fantastiche e storiche. Tutto ciò nasconde, agli occhi del profano, qualcosa di ben più grande di un semplice racconto di cronaca dell'epoca, ovvero un'unione d'Italia subita e non voluta che ancora oggi a distanza di 150 anni, risveglia rancori e delusioni cocenti. Tutti i testi ufficiali di storia narrano di fatti ed avvenimenti che esaltano figure epiche di condottieri a cavallo, di re e primi ministri, di luoghi e circostanze, ma dalla parte delle popolazioni occupate tutto ciò' veniva visto come una Corso serale quei piccoli dati numerici di due banche dell'epoca: il Banco di Sardegna (o Piemonte) ed il Banco di Napoli. Il primo in fase di bancarotta per i debiti causati dalla perdita di due guerre di indipendenza contro l'AustriaUngheria, dalla partecipazione alla guerra di Crimea e dall'acquisto di quegli stessi cannoni a canna rigata (venduti dai francesi) che fecero strage di civili ed inermi nell'assedio di Gaeta; il secondo con casse piene di denaro e metallo prezioso a garanzia di una economia formata da un tessuto produttivo ,secondo solo a potenze economiche come Francia ed Inghilterra. Sempre nello stesso testo, sono riportati dati che fanno capire la floridezza del meridione prima di quel fatidico 1861: Induaccozzaglia di furfanti, avventuzioni e spirito patriottico. Nel stria bellica seconda solo a Franrieri e mercenari al soldo delle testo di Pino Aprile "Terroni", cia ed Inghilterra, riconoscimenti potenze egemoniche dell'epoca e vengono elencati dati a dir poco di valenza internazionale per la della massoneria (inglese non a agghiaccianti, si spazia da meri produzione di armamenti all'avancaso). I testi in argomento sono interessi economici a politici e guardia; un esercito di professiomolteplici, ed anche quando, con- finanziari, conditi da un alone di nisti senza costrizione, ben equisapevoli della portata delle affer- spartizioni tra piccoli e beceri post paggiati ed addestrati, da far invimazioni, qualcuno ha omesso feudatari, ancora arroccati a quel dia a tante potenze straniere; una delle verità' (non si sa quanto diritto divino che un certo Garimarina mercantile seconda al volute), si intuisce cosa è verabaldi (animato da grandi e buone mondo ed una militare terza dopo mente accaduto; le sensazioni intenzioni) aveva messo in discus- Francia ed Inghilterra; Industria predominanti che emergono sono sione. Per renderci conto della metalmeccanica prima in vari altro che permeate di buone inten- reale situazione basta elaborare settori come la siderurgia pag 4 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 ATTUALITA’ E STORIA Il brigantaggio: guerra di liberazione (primi a eseguire ponti con funi in acciaio sospesi come il ponte di Mongiana VV), eccellenti miniere ferriere nell'altopiano silano, primi nel riconoscimento dei diritti dei lavoratori (case in comodato d'uso per gli operai nelle miniere e prime pensioni sul lavoro); 10.000 telai solo in Calabria, che fecero del sud Italia, il secondo produttore al mondo dopo la Cina, per produzione di seta; una agricoltura è vero ancora con mezzi animali, ma comprensiva degli usi civici, che permetteva a chiunque di provvedere al proprio sosten- tamento mediante lo sfruttamento della terra demaniale. E' con la perdita di tutto ciò, ed in modo cruento e repentino, che la gente meridionale si trovò a combattere una guerra ( perché' di questo si tratta) per i propri diritti, per la violenza subita, per i massacri e le fosse comuni, per gli eccidi di donne e bambini, preti e religiosi, per l'usurpazione e la negazione di tutto ciò che uno stato di diritto (il Regno delle Due Sicilie) aveva concesso ai suoi cittadini. Questa guerra fu definita con il termine improprio di brigantaggio meridionale, questione meridionale o quant'altro di più' dispregiativo esista nel paroliere nordista, ma oggi con una coscienza priva di pregiudizi viene contraddistinta con altri nomi ed aggettivi, per cui in sintesi può' essere definita come: guerra di liberazione, se si vuole, partigiana, o comunque guerra di libertà. Giacomo Magliocchi Classe IV serale INTERNET: Una galassia costellata da buchi neri Internet, i New media e i social Network sono entrati di forza nelle nostre case, anche se volessimo estrometterli dal nostro vivere non sarebbe possibile perché la rete incombe sulla vita di tutti. Ma questo nuovo mondo che ha ormai invaso il nostro secolo sta migliorando o peggiorando le nostre abitudini ? Grazie ad Internet abbiamo il mondo nelle nostre mani, basta solo un click o premere un tasto sul cellulare e si può sapere e fare di tutto: cercare un luogo da visitare, vedere immagini, scaricare video, Corso serale pagare le bollette o prenotare un biglietto, tutto stando seduti comodi su una poltrona nella propria casa. Internet è stata una vera e propria innovazione. Con la sua nascita sono comparsi i Social Network che permettono di metterci in contatto con amici e parenti distanti chilometri : vederli e sentirli ogni giorno come se fossero li vicini. Grazie ai Social Network la reazione di un singolo consumatore può lanciare un prodotto o innescare un boicottaggio. Anche gli anziani sono alle prese con questa nuova tec- nologia, si chiama banca della memoria. È un sito internet che imprigiona le esperienze di vita raccontate sotto forma di video intervista da anziani nati prima del 1940, è come un you tube della terza età. Non tutte le persone però riescono ad approcciarsi a queste nuove tecnologie che non hanno solo lati positivi, ma anche aspetti negativi, e non solo per le persone anziane. Navigando su internet di fatto, può succedere che si perda di vista la vita reale, entrando a far parte di un mondo virtuale; dove avere centinaia di amici sui vari Social Network e chattare con loro ore e ore è ben diverso dall’avere amicizie concrete e dal vivere tangibili e reali relazioni sociali. Pertanto questo universo virtuale, cosi apparentemente affollato e movimentato, in realtà è un ‘arma a doppio taglio che spesso può portaci ad isolarci da ciò che ci circonda conducendoci alla solitudine. Internet cela un’ulteriore pericolo : usando queste nuove connessioni siamo costantemente controllati, possono sapere in ogni momento, dove siamo, con chi stiamo parlando, e dove ci spostiamo; dunque dove inizia il nostro potere di connessione inizia il pericolo sulla nostra libertà personale. E come disse Zeus a Narciso “ guardati da te stesso “. Nonostante questa galassia abbia innumerevoli buchi neri, i benefici che offre sono nettamente superiori. Essa rappresenta un bene prezioso per la nostra umanità che è costretta ad affrontare un vita frenetica e in continua evoluzione. Se mettessimo su un piatto di bilancia gli effetti collaterali e sull’altro gli aspetti positivi che questo universo tecnologico ha apportato alle nostre vite, di certo la bilancia penderebbe verso quest’ultimo. Quindi sicuramente vale la pena correre qualche rischio per entrare in questa nuova immensa “GALASSIA VIRTUALE “. Flavio Scarpino Classe III Serale pag 5 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 Attualità e storia GIOVANI E SOCIETA’: Una sfida per la legalità Il futuro della nostra società è purtroppo compromesso dalla perdita di valori, dalla mancanza di punti di riferimento e di figure a cui i giovani possano ispirarsi per poter diventare uomini e donne con un adeguato ed equilibrato sviluppo psico-sociale. La maggior parte dei giovani che intraprendono la strada della delinquenza sono soggetti con vissuti traumatici. Quasi sempre si tratta di famiglie violente, anaffettive, con genitori che abusano di alcol o di sostanze stupefacenti, madri e padri che soffocano la libertà e l’autodeterminazione dei figli o genitori che maltrattano e fanno vivere la propria prole in un clima di terrore e paura. Non c’è da stupirsi se giovani cresciuti in questo tipo di contesti diventino nel tempo pedofili, stupratori, assassini seriali, affiliati alla criminalità organizzata o uxoricidi. Inevitabile a questo punto un riferimento al parenticidio. Che si tratti di genitoricidio, fratricidio o family mass murder comunque la matrice criminale è dovuta ad un inadeguato contesto familiare dove trovare conforto e comprensione. I figli che uccidono i propri genitori in genere sono spinti da sentimenti di avversione verso padri opprimenti che tendono ad imporre il proprio dominio, padri anaffettivi e che impedisco l’inevitabile emancipazione dei figli. I matricidi invece sono dovuti a figure materne anche questa volta prive di affetto e attaccamento, donne allusive e seduttive verso giovani uomini confusi. Un genitore mentitore, ladro, violento, anomalo più in generale verrà vissuto dai propri discendenti come un modello. Non è un luogo comune che i figli dei ladri lo diventino a loro volta, perché se Corso serale qualcuno non spiega loro cosa è giusto e sbagliato tendono a dare per buona la condotta di chi li circonda. La colpa di mancanza di norme e di appartenenza ad un determinato contesto sociale non è sicuramente da imputare solo alla famiglia. Tutti questi problemi possono anche essere dovuti in parte a deficit psichici, ma in questo caso le soluzioni e le cause vanno rintracciate diversamente. Anche la personalità di un individuo influisce sul suo sviluppo emotivo e sociale, ma può essere modificata o comunque migliorata da modelli di riferimento adeguati. Il gruppo dei pari, la scuola, i media svolgono a loro volta un ruolo fondamentale nell’evoluzione dei giovani. Il contesto sociale di appartenenza deve motivare i soggetti ad aderire e comprendere la legalità giungendo alla necessaria accettazione delle leggi. I coetanei violenti, la scuola che mantiene eccessivamente marcato il limite fra insegnare ed educare, i media che tendono ad etichettare senza possibilità di riscatto e la mancanza di idonei percorsi formativi e rieducativi spingono le nuove generazioni a discostarsi dal cor- retto comportamento cosi come si attende la morale comune. I segnali predittivi sono molteplici e di diversa natura. L’avversione verso le regole, la carenza di concentrazione, scatti di violenza, tentati suicidi, mancato riconoscimento delle autorità, abuso di alcol o sostanze stupefacenti, carenza in ambito scolastico e lavorativo sono tutti campanelli d’allarme che dovrebbero spingere il contesto di appartenenza del soggetto in esame a trovare delle soluzioni possibili. È qui che entrano in scena la scuola, gli amici, le parrocchie, le associazioni con valori socialmente condivisi alla propria base. La prevenzione in realtà è l’unico strumento a nostra disposizione, solo notando in anticipo i malesseri e l’inadeguatezza di un giovane si può incidere positivamente sul suo corretto inserimento sociale. Una società che non permette loro di trovare un posto nel mondo è una società che spesso li spinge a divenire “eroi in negativo”, si arriva così ad avere la delinquenza giovanile e i futuri criminali di cui la nostra epoca è piena. Il lavoro e le prospettive di un futuro possono incentivare i giovani ad aderire alle norme e ad interiorizzarle facendole proprie. La legalità non dovrebbe essere vissuta come nemica, ma come un’alleata necessaria per sentirsi parte di un tutto. Il mondo dei giovani ha bisogno di segnali positivi, punti di riferimento e obiettivi raggiungibili. La società dovrebbe essere attenta e le famiglie più giuste e più amorevoli verso quel “ materiale umano” che costituirà il futuro del nostro Paese. La comprensione, le regole e l’affetto potrebbero essere i mezzi con cui crescere uomini e donne migliori. Sirianni Manuela Classe III Serale pag 6 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 ATTUALITA’ E STORIA Sport e Fair Play Oggi le persone che praticano attività sportive sono sempre più numerose, i medici ne consigliano la pratica per mantenersi giovani e in salute. Lo sport in primo luogo migliora l’aspetto fisico, ma non bisogna trascurare quello psicologico, infatti, può servire a scaricare tensioni, a controllare emozioni e a metterci in contatto con la natura. Legati allo sport ci sono anche aspetti negativi come il doping, il tifo esasperato che sfocia in fanatismo, la corruzione, l’imbroglio e la violenza, ma al di là di questi è bene porre l’attenzione sulle sue vere f ina l i tà : d iv ert im en to ,socializzazione, benessere fisico, opportunità di conoscere se stessi, di esprimersi, di migliorare le proprie capacità tecniche, di ottenere successi personali, ma soprattutto sana competizione cioè rispetto delle regole e degli avversari. Ultimamente si parla spesso di Fair Play (gioco corretto) espressione inglese con cui si designa appunto una serie di regole e comportamenti da tenere in ambito sportivo. Queste regole si basano su principi fondamentali del vivere civile quali: rispetto e lealtà. Il termine oltre che nel mondo dello sport viene utilizzato anche in altri ambiti e oggi assume un maggior significato visto il degrado del nostro paese, dove gli sprechi, gli imbrogli e i privilegi hanno raggiunto livelli inaccettabili. È importante sensibilizzare, soprattutto i giovani al Fair Play affinché essi siano portatori di regole e comportamenti leali non solo nello sport, ma nella società. Ciò può realizzarsi con l’aiuto di genitori, dirigenti sportivi, insegnanti, arbitri e atleti . Tutti, in base alle proprie possibilità, devono far comprendere ai giovani che ci si può divertire anche senza essere violenti o sleali. Barbetta Giancarlo Classe IV serale LO SPORT: non è più solo passione … Lo sport come qualsiasi aspetto della nostra società appare in vesti positive e purtroppo anche negative. Analizzando i lati migliori che lo sport sta mantenendo si può dedurre che attualmente è in perpetuo accrescimento il numero di persone che svolgono una attività sportiva, è innegabile ormai che un’ adeguata pratica sportiva influisce positivamente sul benessere quotidiano di tutte le persone : ne traggono profitto i giovani nell’età dello sviluppo, gli adulti come prevenzione ed equilibrio psico-fisico e gli anziani per preservarsi in buona salute: “lo sport fa bene”. Uno tra i molti aspetti positivi risulta senza dubbio la socializzazione, chiaramente più comune negli sport di gruppo, in quanto, si è indirizzati a favorire un legame che comprende gli appartenenti di una medesima squadra, apportando una reciproca collaborazione con conseguente fiducia tra compagni :“oltre che su me stesso posso contare Corso serale sugli altri”. Non è detto che una buona socializzazione non si possa comunque riscontrare anche in sport individuali, perché praticati insieme ad estranei costituiscono uno stimolo ad uscire da se stessi religiosa visto che venivano celebrate in onore di Zeus: re degli dei. Ma non è tutto oro ciò che luccica! Testimonia un proverbio italiano … Nell’odierna società si parla di sport, ma esso risulta favorendo legami interpersonali. Parlando di sport e di aspetti positivi possiamo ricordare l’epoca in cui nascevano i primi giochi olimpici nell’antica Grecia. Questi giochi si tenevano ogni 4 anni e durante la manifestazione venivano sospese le ostilità in tutta la Grecia. Le Olimpiadi oltretutto avevano anche funzione sovrastato da ciò che più attira :“i soldi”. Sarà questo il più grande stravolgimento che lo sport ha attraversato nel corso del tempo? Chi può dirlo, di sicuro questo rievoca uno degli aspetti più negativi. Mire di fama, l’attrazione del successo, una grande ricompensa spingono ad intraprendere anche strade non eticamente corrette, spesso illegali. Il fair play? Dov’è finito … Soffocato dalla voglia di essere vittoriosi al di la della correttezza e del rispetto. Non è quindi difficile, se questo è lo spirito, precipitare in episodi di violenza, o ricorrere a disoneste assunzioni di “doping”: altra grande piaga purtroppo reale. Lo sport ha davvero perso il suo significato originario è quindi necessario puntare fortemente sulle future generazioni vista l’importanza di ciò che si sta discutendo: “Come disse Nelson Mandela :“Lo sport può cambiare il mondo”. Chi ha una passione per un’attività sportiva, deve coltivarla, praticandola in sintonia con quelli che sono i veri valori dello sport, ricordando che divertimento, onestà e rispetto sono più importanti di qualsiasi vittoria. Samuele Garofalo Classe III Serale pag 7 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 CINEMA E LETTURA, UN’ESPERIENZA POSITIVA Educazione alla legalità: Un dibattito sempre aperto La classe III corso serale dell’ IPAA di Scigliano ,insieme a molte scuole della provincia, ha partecipato ad un importante convegno sulla legalità, che si è tenuto presso i locali del cinema Citrigno di Cosenza. L’incontro ha chiuso il progetto “La scuola a Cinema”, relativo all’anno scolastico 2012/13. In apertura è stato proiettato un cortometraggio realizzato da Pasquale Scimeca, dal titolo Convitto Falcone, la pellicola si è ispirata alla storia di un ragazzo, proveniente da una modesta famiglia siciliana costretto per motivi economici a lasciare la casa, gli affetti familiari , il proprio paese e a trasferirsi in una scuola-convitto di Palermo. L’inserimento del ragazzino è stato problematico , infatti, il protagonista si è scontrato con una realtà molto diversa da quella in cui si era formato; gli episodi di bullismo diretti alla sua persona lo inducono ad assumere un atteggiamento ostile, simile a quello espresso dai compagni dell’Istituto. Egli, facendo violenza sulla sua persona e sulla sua indole buona, è costretto a modificare il proprio carattere, in un ambien- te teso a schiacciare il più debole e dove solo l’educatore riesce a leggere il suo profondo disagio. La sua ascesa negativa sarà arrestata dall’insegnante, che lo persuaderà a indietreggiare e soprattutto a scegliere la legalità, sull’esempio di un importante giudice G. Falcone, che nel convitto aveva frequentato le scuole elementari. Dopo la proiezione è iniziata la discussione alla quale hanno partecipato: il magistrato Dr. Ottavio Sferlazza procuratore capo della DDA di Reggio Calabria, Arcangelo Badolati capo redattore del quotidiano Gazzetta del Sud e il regista del film. Sono stati affrontati e illustrati vari argomenti legati alla cultura della legalità, sollecitando l’interesse dei giovani studenti presenti, che hanno formulato specifiche domande sulla nostra realtà regionale. Il dibattito innescato ha fatto capire che fra i giovani, nonostante tutto e diversamente da quanto talvolta si valuti erratamente, il discorso sulla legalità è percepito nella sua rilevanza così delicata. L’impegno al rispetto delle leggi deve essere costante e deve coinvolgere l’intera società a partire dalla famiglia, alla scuola, alla politica, ai media, alle istituzioni. Il convegno è risultato interessante e ricco di spunti su cui riflettere, in particolare da esso è emerso, che se si ha rispetto delle leggi sin dall’ età dell’infanzia, il nostro vivere civile sarà più sicuro. Giuseppe Mastroianni Classe III Serale FILM Coach Carter - Recensione Ken Carter ex campione di basket viene ingaggiato come allenatore della squadra nella scuola che lo ha visto atleta di successo. Lo scenario è Richmond, uno dei più poveri quartieri di Los Angeles. Il suo impegno prioritario è quello di dettare regole che azzerino certi atteggiamenti malsani dei ragazzi. Da qui un percorso difficile per raggiungere gli obiettivi che si è prefisso ostacolato anche Corso serale da una forte dose di disinteresse e demotivazione che riscontra negli stessi docenti della scuola e nelle famiglie. Alla fine “coach Carter” con grande soddisfazione riuscirà ad insegnare ai suoi ragazzi non soltanto le regole e i trucchi del gioco, ma soprattutto il rispetto di se stessi e degli altri. Il film vuole essere un richiamo ad un certo mondo sportivo dove la conoscenza e il sapere vengono schiacciate dalla prestanza fisica. Carmela Vena Classe III serale pag 8 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 CINEMA E LETTURA, UN’ESPERIENZA POSITIVA FILM Coach Carter – Recensione La squadra di basket del liceo di Richmond, dopo anni di sconfitte e campionati anonimi, sale alla ribalta sotto la guida di coach Carter, ottenendo ben 13 vittorie e sempre più partecipazione fra i sostenitori. A un certo punto lo stesso allenatore, nonostante i successi sportivi fino ad allora ottenuti, decide di chiudere la palestra negando l’accesso ai suoi giocatori colpevoli di scarso rendimento scolastico ; tutto ciò suscita il dissenso fra l’intera comunità: genitori dei cestisti e organo scolastico. Il film è ispira- Corso serale to ad una storia vera nella quale un suggestivo allenatore richiama l’interesse della cronaca nazionale per aver fatto saltare alcune partite alla propria squadra perché non aveva rispettato gli impegni scolastici .Coach Carter é determinato ad aiutare i propri atleti a non intraprendere la facile strada della delinquenza, ad imparare a superare gli ostacoli ed a seguire un percorso di impegno e sacrificio col quale ottenere e meritare un futuro migliore per poter così guardare avanti con fiducia. Non è un film per soli adolescenti, ma il pubblico di ogni età rimane colpito dal suo messaggio. Nel film l’attenzione non è rivolta solo al lato sportivo, ma si utilizza lo sport per sottolineare l’importanza dei rapporti umani. Infatti un valore a cui tiene l’allenatore e che pretende dai propri giocatori è la solidarietà. Quando decide di chiudere la palestra , solo pochi atleti non hanno rispettato il ‘contratto’ stipulato ad inizio campionato, il quale prevedeva il raggiungimento di una media dei voti , ma anche la frequenza assidua delle lezioni ed il rispetto delle regole comportamentali. Ma dal momento che lui ha un concetto ed un’identità chiara di squadra e i suoi ragazzi fanno parte appunto di una squadra, il comportamento dei pochi finisce col danneggiare tutti. Coach Carter vuole sfatare il luogo comune dove lo sport é una via di fuga per lo studio, ma anzi cerca di creare un tutt’uno fatto di libri e palloni da basket e tramite quel contratto vuole dare maggiori opportunità di vita ai giocatori, imparando loro ad assumersi la responsabilità del proprio futuro e a rispettare se stessi e i loro compagni di squadra. Richmond è una città con un alto tasso di disoccupazione e di criminalità, dove molti giovani non hanno entrambi i genitori e dove numerosi dopo il liceo non proseguono gli studi intraprendendo la via della delinquenza e trovando spesso la morte. L’obiettivo di Coach Carter è quello di offrirgli un mezzo per riuscire ad orientarsi , fargli capire che c’è qualcuno che crede in loro. Anche se non diventeranno ricchi e famosi avranno sicuramente una prospettiva migliore e un futuro cambiato al meglio attraverso la cultura dell’impegno costante. I cambiamenti spesso sono graduali e non repentini, basta prendere le decisioni giuste e alla fine si farà canestro non solo nel basket, ma anche nella vita. Vincenzo Garofalo Classe III Serale pag 9 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 CINEMA E LETTURA, UN’ESPERIENZA POSITIVA Il figlio dell’altra particolarmente movimentata in un ospedale di confine, due neonati vengono scambiati. La situazione è sconvolgente: un israeliano cresce in una famiglia palestinese, un palestinese cresce in una famiglia israeliana. Il film è una finestra aperta sulla questione israelo-palestinese, le vicende delle due famiglie fanno riflettere sugli errori e i rancori accumulati dalla storia. In un alternarsi di emozioni contrastanti: sospetto, sfiducia e soprattutto paura di aver vissuto la vita di un altro, i due protagonisti si sentono quasi intrusi nelle famiglie e nei luoghi che li hanno visti crescere. Un ragazzo israeliano, durante la visita di leva Le famiglie si incontrano, ma spesso la politica scopre di non essere figlio di coloro che lo ha il sopravvento sul buon senso, i due giovahanno cresciuto. ni si frequentano e vivono al di là di un confiIl titolo trae in inganno, durante una notte ne odioso alimentato dai pregiudizi legati alle differenze sociali, culturali e politiche. Un ruolo importantissimo è quello della donna-madre che lasciandosi guidare dal cuore, accoglie il ”figlio” dell’altra”, dove l’altra non è una rivale, ma come lei una vittima di una situazione paradossale. Carmela Vena Classe III Serale L’amore un eterno conflitto Il libro scritto da Milan Kundera e che ho letto nell’ambito del Progetto “Leggere che piacere” sembra ruotare su tre concetti chiave: la leggerezza, le coincidenze e il “Es Muss sein”. L’autore si chiede se realmente la leggerezza sia Corso serale meno gravosa della pesantezza, ma sembra accorgersi di come ogni qualvolta ci avviciniamo a qualcosa di inconsistente, impalpabile inevitabilmente questo qualcosa che ci attrae diviene insostenibile e pericoloso. Cosi come pericolose possono essere le coincidenze, le stesse che permettono ai personaggi di questa storia di incrociare le proprie vite e di creare un legame indissolubile, per quanto doloroso. Tutto ciò accade perché, così come Tomas ripete a se stesso, Es Muss sein, deve essere cosi. Così doveva essere la storia di Tomas e Terenza, una storia forte tanto quanto dolorosa. I tradimenti di Tomas rendevano la vita ed i sogni della compagna amari e penosi, c’era comunque tanto amore in quella coppia distrutta da un sistema corrotto e resa unica dalla passione. La vita di Tomas si intreccia a quella di Sabina, un’amante libera e capace di rendere leggero il tempo di un uomo che, per paura dei legami, aveva detto addio ad un figlio e ad una famiglia. Anche Franz dice addio a sua moglie e a sua figlia e lo fa per Sabine, credeva di trovare in lei passione e conforto. Ma l’amata era scappata via da quello che all’inizio le appariva un porto sicuro, incapace però di capire la leggerezza e l’emancipazione di un’artista come lei. Questo romanzo ci mostra come l’amore possa essere espresso e vissuto in maniera diversa. Terenza amava di più Tomas di quanto quest’ultimo amasse lei? Si può amare e tradire allo stesso tempo? L’amore può rendere liberi o diventa una prigione? Quando si ama si può mettere da parte i propri ideali e la propria indipendenza? La devozione è una forma d’amore? Chi è che può rispondere a queste domande? Non amiamo allo stesso modo e Tomas, Terenza, Sabina e Franz ce lo dimostrano. In una Praga distrutta da ideologie malate, corrotta e resa schiava dal comunismo, sembra quasi che a far più male sia l’amore. Cos’è che spaventa dell’amore? Forse la paura dell’abbandono, il senso di inadeguatezza, l’angoscia di non essere abbastanza. Kundera sembra quasi spronare il lettore a vivere il momento, godere delle libertà che la vita ci regala e amare chi ci sta accanto così com’è. Perché trasformare la leggerezza di un sentimento nella pesante paura di quello stesso amore? Manuela Sirianni Classe III Serale pag 10 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 CINEMA E LETTURA, UN’ESPERIENZA POSITIVA Riscoprire il piacere della lettura In relazione al progetto “ Leggere che piacere” vorrei esprimere la mia opinione, in merito alla lettura del libro: “ Il cammino di DANTE”, scritto da Caterina Misitano. Il testo descrive in maniera semplice e chiara tutta la struttura della prima cantica, l’inferno e in maniera immediata, grazie alla presenza di piccoli schizzi, introduce, il lettore in questo straordinario viaggio. Tanti sono i personaggi e le tematiche affrontate in modo breve e utilizzando un linguaggio lineare; questo aspetto del libro ha consentito anche a me, che sono una persona adulta e spesso non più abituata ad una lettura sistematica ad avvicinarmi e riscoprire l’affascinante mondo della lettura. Tra i vari incontri fatti da Dante, quello che mi ha colpito è stato il canto quinto, quando il poeta incontra i due celebri lussuriosi: Paolo e Francesca, le loro parole e le loro riflessioni sull’amore, un sentimento importante per l’uomo sono secondo me bellissime. Ho letto in maniera veloce questo libro, incuriosita di arrivare alla fine e spero di continuare a coltivare questa mia piccola passione. Francesca Nigro Classe i Serale Studenti dell’IPAA Serale presso Cinema”Citrigno” (Cosenza) Corso serale pag 11 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 TRADIZIONI POPOLARI Il mondo magico delle pietre Col passar del tempo le tradizioni dei nostri avi stanno scomparendo e si affermano stili di vita imposti dai mass media, soprattutto nei paesi economicamente più sviluppati. Tra le varie tradizioni che hanno caratterizzato la nostra cultura, ce n’è una che certamente risulta appartenere alle più affascinanti : stiamo parlando delle pietre e della magia ad esse associata. Il termine pietra, dal latino ”petra”, deriva dal greco, ma la sua etimologia è incerta, non si conosce con precisione la genesi di questa parola che tuttavia è molto frequente nel linguaggio di tutti i giorni. Spesso ricorriamo ad allegorie e metafore come: pietra sullo stomaco, cuore di pietra, sguardo pietrificato, testa dura come una pietra, metterci una pietra sopra ecc. Le pietre da sempre hanno affascinato l’uomo ; già nella preistoria predominava l’idea che esse potessero fecondare le donne sterili, in seguito, se pur modificata, è sopravvissuta la fede nella virtù fecondatrice delle pietre. Probabilmente l'importanza attribuitagli deriva anche dal fatto che esse non hanno un ciclo vitale: non nascono, non crescono, non Corso serale muoiono... "lapis aeternum”. Se facciamo un salto nel passato, possiamo risalire a molteplici credenze popolari sulla loro magia . Fortuna, poteri curativi, sfortuna sono tutte situazioni legate ai diversi tipi di pietre: ad esempio lo smeraldo , oltre ad essere una pietra sublime e di gran valore, secondo credenze popolari, ha anche qualità terapeutiche poiché in grado di guarire le malattie degli occhi; il rubino invece si deperiti e rafforza il cuore; lo zaffiro guarisce dagli orzaioli degli occhi e rende buoni e miti. C’è una leggenda poco conosciuta e strettamente legata alla realtà locale che non si riferisce a pietre preziose e fortunate, ma bensì a una pietra semplice e maledetta. A Scigliano, piccolo paesino sperduto nella valle del Savuto, posto in prossimità del fiume Savuto di fianco al ponte di Annibale , si trova questa pietra, caratterizza- Sant’Angelo e il diavolo, quest’ultimo dopo essere stato sconfitto, dalla rabbia tirò un calcio al ponte provocando una lesione, oggi non più visibile in quanto riparata nel restauro del 1961. La valle venne chiamata: “valle del diavolo” poiché si pensava che questo fosse rimasto sul luogo fino al tempo dei Borboni. Si crede, inoltre, che le presenti incavature sulla pietra siano le impronte lasciate dal diavolo durante la sua permanenza nella valle. Da allora, su di essa incombe una maledizione e c’è chi giurerebbe di aver visto gente ammalarsi o persino morire dopo aver toccato questa pietra. Come ogni leggenda non si sa quanto ci sia di vero, l’unica certezza è che “la pietra del diavolo” aumenta il fascino del luogo e ancora oggi suscita suggestione, angoscia e paura. Garofalo Samuele Classe III Serale pensa sia nato da una goccia di ta da particolari incavature. La sangue vivo per cui dando energia leggenda narra che proprio sul e vitalità rinvigorisce gli organi posto ci fu uno scontro tra pag 12 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 TRADIZIONI POPOLARI La tradizione del maiale Nella mia contrada, S. Agostino, frazione di Scigliano, tra la fine di dicembre e gli inizi di gennaio era tradizione organizzare in occasio- un grande contenitore in legno capovolto “majilla”, legato e tenuto il più fermo possibile da più persone mentre un esperto, fred- ne dell’uccisione del maiale e della sua lavorazione un calendario programmato con una turnazione precisa, al fine di usufruire di una collaborazione reciproca, dal momento che tutte le famiglie del rione erano legate da uno stretto grado di parentela ed abitavano nella medesima zona. Attraverso un atto preparatorio, il maiale , già il giorno prima di essere ucciso, veniva portato dal padrone sul luogo dell’esecuzione come per memorizzarne il percorso. Il giorno dopo, alle prime luci dell’alba, lo si prelevava dal luogo dove durante l’anno era stato rinchiuso e cresciuto “u vagliu”, tirato da una corda “rumaniallu”, la quale passava attorno al muso evitando così che potesse aprire la bocca e avere la possibilità di dare morsi. Secondo gli antichi il maiale era cosciente di essere sul punto di morte e in caso di esecuzioni multiple, quelli successivi al primo né erano ancora più coscienti fiutando quelle precedenti. Giunti sul luogo dell’esecuzione veniva adagiato su do e preciso “scannature” procedeva con un taglio all’altezza della giugulare mediante un coltellaccio “u scannatura”. Il sangue fluente e copioso si raccoglieva in un secchio “catu” , mescolato continuamente per evitare la formazione di coaguli e usato poi per fare il sanguinaccio che con l’aggiunta di ingredienti come zucchero, vino cotto, uva passa, cioccolato e noci dava ad esso un sapore simile alla cioccolata densa che si acquista nei vasetti. Una volta arrestata la fuoriuscita di sangue, terminati lo stramazzare e l’agonia, il maiale ormai morto veniva conficcato all’altezza dei tendini delle zampe posteriori con dei ganci e fissato attraverso delle catene o corde in posizione verticale su uno strumento robusto “u gambiallu” dove si procedeva anche a pesarlo. A questo punto si effettuava un taglio al ventre quasi per tutta la sua lunghezza per togliere tutti gli organi interni e si decapitava. Inoltre, utilizzando acqua bollente e coltelli, veniva epilato “pilatu” cioè Corso serale privato delle setole “’nzite”. Dopodiché si spaccava in due metà “menzine” e si depositava su un tavolo adatto a lavorarlo (dove veniva “spasciatu/spazzunatu”), qui si prelevata una parte della carne per poterla cucinare. Finito ciò si eseguiva la medesima procedura per eventuali altri maiali, altrimenti ci si concedeva una sosta durante la quale si beveva il vino del padrone del maiale, si mangiavano polpette di riso e patate intere con la buccia cotte nella brace. Poi si procedeva alla pulizia del luogo dell’esecuzione e alla messa in ordine degli attrezzi. Si arrivava così all’ora del pranzo, preparato dalle donne, in casa del padrone, a cui partecipava tutto il gruppo di lavoro. Portate in genere sempre presenti nel menù erano pasta con polpettine di carne e sugo, patate, carne di maiale bianca e rossa, fegato di maiale, sanguinaccio, insalata verde, vino , frutta di stagione e secca. Il pranzo, accompagnato dai commenti sul lavoro mattutino e sul rispolvero di passate avventure e vicissitudini, si protraeva fino al tardo pomeriggio per poi darsi appuntamento al giorno successivo. Il giorno seguente era dedicato a lavori specifici : alle donne veniva affidato il compito del lavaggio dell’intestino del maiale con l’ausilio di arance per favorirne l’eliminazione dell’odore poco gradevole; gli uomini invece si concentravano sulla carne del maiale. La carne magra veniva selezionata, aggiunta con un po’ di grasso, sale e pepe e impastata a mano in un contenitore di legno “a majilla”; dopodiché si immetteva nell’ intestino forato , legato con spago (“Spacu”) e messo sotto un peso per 48 ore per un leggero scolamento, ottenendo così le cosiddette “sazizze” e “supressate” da appendere e far asciugare, con leggero fuoco e aria. Altra lavorazione era quella “de corie”, dove la pelle del maiale con lamette subiva rasature multiple ed energiche al fine di renderla completamente liscia e priva di grasso per poi farne dei rotoli con dentro aglio, prezzemolo e grasso, legati da spago: si ottenevano così le ” vrasciole” che si conservavano in genere nel vaso di grasso. Queste seguivano lo stesso procedimento di quelle di carne, variava solo la parte del maiale utilizzata. Con la parte del fondoschiena, con l’osso, si modellava “u prisuttu” che doveva stare per quaranta giorni pag13 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 TRADIZIONI POPOLARI La tradizione del maiale sotto sale prima di esserne ripulito e appeso a stagionare. Con la parte corrispondente alla schiena si modellava “u capeccuallu”, il quale era rivestito dalla “pellicchia”, estratta dalle costole e dalla vescica e con l’aiuto di un tubo veniva insaccato in una rete aderente e messo sotto sale. Poi dopo otto giorni si effettuava un lavaggio con acqua tiepida e aceto e rivestito di pepe veniva appeso a stagionare. Lo stesso procedi- Corso serale mento si eseguiva per “a pancetta” che si estraeva dalla zona del maiale all’altezza delle costole. Con la parte de “a nuce du cuallu”, invece, si faceva “u vujulu”. Con le parti, in un certo senso di scarto, come orecchie, piedi, reni, cuore, si faceva “u suzzu” che consisteva nel bollirle, insieme a parti di carne eventualmente disossata, in acqua, sale e aceto. Il tutto, con la gelatina che si formava veniva conservato in vasetti. Naturalmente la consueta procedura del pranzo in comune effettuata il giorno prima, si ripeteva anche nel secondo giorno. La sera poi si preparava “a quadara”, un grosso pentolone all’interno del quale si mettevano a bollire per molte ore, ossa con residui di carne , grasso e “corie”, ottenendo così nel terzo giorno “i frisuli” e “le frittule”. Era usanza riunirsi per consumarle insieme, accompagnate a polpette di carne al sugo rivestite di verza, altre volte invece se ne portava una parte alle varie famiglie quando erano calde appena uscite. Ricordo una frase che gli anziani dicevano sempre :“Du puarcu un se jetta nente”. Oggi questa tradizione si è affievolita in quanto le tecniche moderne hanno cambiato alcuni modi di lavorazione. Le abitudini tese alla condivisione col passare degli anni si sono sempre di più perse e la frazione si è spopolata. Ma anche il modo di vivere è cambiato, infatti, la vita rurale sta scomparendo poiché si preferisce spostarsi nelle città per motivi di studio o lavoro. Ciò ha intaccato le usanze antiche, perché non c’è un ricambio dei protagonisti di tali tradizioni, in quanto le nuove generazioni inseguono spedite l’evoluzione e il progresso. Garofalo Vincenzo Classe III Serale pag 14 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 TRADIZIONI POPOLARI Magia, medicina e religione nella tradizione calabrese Nella tradizione calabrese la magia è costantemente intrecciata e spesso confusa con la medicina e la religione. L’idea che il popolo aveva della malattia e dei mezzi attraverso cui curarla determinarono la nascita di quella branca del folklore definita “medicina popolare”. I calabresi dello scorso secolo, come gli abitanti delle altre regioni, pur apprezzando la medicina che lentamente progrediva rimanevano basiti e confusi di fronte al mistero di fenomeni a loro poco comprensibili. Si faceva cosi ricorso, per la cura e l’identificazione del problema, alle credenze popolari e alla magia bianca. La medicina popolare proponeva riti a metà fra magia e pratica religiosa e sosteneva che tutte le patologie potessero essere curate attraverso l’impiego delle piante. Nella tradizione popolare sono diffuse delle particolari preghiere che vengono recitate in occasioni specifiche, soprattutto quando c’è bisogno dell’intercessione dei santi, per porre rimedio alle cattive condizioni di salute da cui è affetto un individuo. Il “Malocchio” è una delle pratiche più conosciute e più usate. Indica una sorta di preghiera recitata in silenzio, da coloro i quali conoscono questo rito, per “curare” un soggetto affetto da malessere psico-fisico generato da invidia e gelosia. I riti contro questo stato di malessere sono svariati, si tramandano di generazione in generazione. La costante di tutte le varianti è l’unione tra magia e religione, si invocano infatti i santi e la vergine Maria, la ripetizione per tre volte della formula rimanda invece alla Trinità. Ripensando a queste tradizioni non posso fare a meno di ricorCorso serale dare mio nonno e tutti quei rimedi contro le malattie di cui mi parlava quando ancora ero piccola e stentavo a comprendere. Mi piaceva ascoltare le sue parole e i suoi racconti perché provenivano da un mondo lontano dal mio che non avrei mai potuto conoscere a fondo. Faceva fatica anche lui a discernere fra magia e religione, nonostante fosse un fervente cattolico. Ma la dicotomia fra sacro e profano era quasi sottovalutata o non tenuta in considerazione. Riporto di seguito dei racconti nonché delle formule, che mi sono state tramandate da lui e che custodisco gelosamente come un prezioso dono. “Si narra che un tempo Gesù Cristo procedeva lungo il suo cammino e in una notte buia e tempestosa decise di fermarsi a chiedere ospitalità ad una famiglia onesta e generosa. Bussò ad una porta e lo apri una coppia, non più giovane, di coniugi spaventati e perplessi dell’orario con cui il forestiero bussava alla loro porta. Gesù chiese un letto per la notte e si imbatté nella diversità dei due padroni di casa. L’uomo di gran cuore avrebbe immediatamente offerto riparo e ristoro, mentre la donna restia e superba si imponeva contrariata. Decisero in ultimo di fare entrare l’estraneo e lo misero a dormire su un letto fatto di sotto d’acqua e sopra di erbacce e legnetti umidi. Il mattino seguente Gesù Cristo ringraziò i due signori e senza rivelare chi fosse se ne andò. Improvvisamente alla padrona di casa venne un atroce dolore addominale e fu così che il marito percepì che il loro ospite fosse qualcuno a cui avevano dato poca importanza e più in generale che l’ospitalità non era stata rispettata. Subito corse dietro a Gesù cercando aiuto per sua moglie e quando lo trovò questi recitò le seguenti parole. “Quandu Gesù Cristu caminava riciattu nun trovava. Trovau nu buon uomu e na triste donna, u buon uomu volia e la triste donna un volia. Sutt’acqua e supra saramianti passa passa dolure de ventre ca u comandu u tena Dio Onnipotente”. Quest’ultima formula veniva ripetuta tre volte quando a qualcuno si presentava un dolore all’addome e non si trovava rimedio alternativo. Alle persone che invece manife- stavano emicrania si recitava, sempre con la ritualità delle tre volte e con l’ausilio di una moneta benedetta apposta sulla fronte, la seguente formula: “Mingrania duve si? Alla capu du cristianu. Alla capu du cristianu un ce stare, va vatinde arriati mare ca c’è na vacca corni muzza ti ce nzicchi e ta mangi tutta” Chi invece accusava male alla schiena si doveva rivolgere ad un guaritore nato da una madre che avesse avuto un parto gemellare. Fra i due si svolgeva un dialogo riparatore. G: chi tinai? M: u stirrinatu G: Cum’è passata a mamma a cucchiata passa a tie u stirrinatu Questa pratica veniva svolta nel frattempo che il guaritore passava più volte con i piedi sulla schiena del malato prostrato a terra. L’uomo ingenuo e poco colto del sud si trovava ad avere a che fare con fenomeni che non erano ai suoi occhi comprensibili, si affidava cosi alle mani della religione in cui trovava conforto e alla magia che gli garantiva a suo dire un risultato. Nascono da qui i riti e le pratiche, come quelle sopra citate, non spetta a noi cancellarle dal folklore popolare. Credo, invece, che vadano tramandate come forma di cultura e di appartenenza ad un territorio. Tocca alla nostra intelligenza e formazione percepire che si tratta di fenomeni inverosimili e su cui non contare per problematiche di una certa rilevanza quali possono essere le malattie. Con molta probabilità spesso i malesseri scompaiono perché la nostra mente si convince a tal punto che la pratica sia concretamente risanatrice, da far si che si percepisca un immediato benessere. pag 15 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 TRADIZIONI POPOLARI Magia, medicina e religione nella tradizione calabrese La cultura e le nuove frontiere della scienza ci insegnano che a tutto c’è una spiegazione. Ogni fenomeno ha un’origine e una risoluzione. La conoscenza ci mette in mano tutti gli strumenti necessari per capire i fenomeni davanti ai quali ci troviamo. La religione ci da spiegazioni prive di fondamento, ma in cui crediamo a prescindere perché la convinzione da cui si sono generate ci da serenità e conforto. La magia invece non ha spiegazioni, non offre sicurezze, ma alcune volte è un appiglio a cui aggrapparsi. Tocca a noi scegliere a cosa credere, a cosa dare importanza. Tocca a noi decidere se voler mescolare sacro e profano, oppure lasciare che le due cose corrano su binari paralleli che non si incontreranno mai. Io sono del parere che nonostante occorra affidarsi alla conoscenza e alla scienza non sia necessario cancellare la tradizione. Bisogna che venga tramandata e che ad ognuno sia data la possibilità di scegliere in cosa credere. Manuela Sirianni Classe III Serale Piccole e antiche credenze sciglianesi Come in ogni comunità, anche a Scigliano molteplici sono le credenze di origine antichissima, alcune di esse sono andate perdute, altre sono ancora presenti. Una delle tante, fa riferimento agli animali. Si sosteneva che quest’ultimi una volta l’anno possedevano il dono della parola, questo dono speciale gli veniva offerto la notte dell’Epifania, tanto che contadini e pastori ansiosi Corso serale per ciò che poteva accadere, davano abbondantemente da mangiare ai loro animali perché temevano che essi, una volta in grado di parlare, potevano incolparli di avarizia. Altre tradizioni sono legate al Natale, la festa religiosa più importante dell’anno. Si narrava che ogni famiglia sciglianese alla Vigilia lasciava la tavola apparecchiata dopo la cena, ricca di varie pietanze, credendo che dopo mezzanotte scendesse dal cielo la Madonna col bambino per sfamarsi con i cibi presenti sulla tavola di ogni singola abitazione. La notte di Natale era anche quella in cui si potevano tramandare le parole delle formule magiche e degli scongiuri usati contro il malocchio, conosciute anche come “u carmu”, termine del dialetto locale. Solo se si apprendevano durante questa notte, le formule magiche successivamente pronunciate nel momento in cui si avvertiva stanchezza, mal di schiena e mal di testa, riuscivano a scacciare via “l’affascinu”, tradotto in italiano l’invidia delle persone cattive, che prendevano di mira l’aspetto fisico o il modo di essere delle persone interiormente più deboli e buone. Inoltre, per salvaguardare l’animo innocente dei bambini “ dall’affascinu”, era consuetudine mettere nella culla delle pietre di sale capaci di tenere lontani i cattivi pensieri. Sempre in riferimento ai bambini, le anziane del paese raccomandavano assolutamente di non portarli fuori di casa durante il trascorrere della notte e di non tenere i loro panni stesi fuori ad asciugare dopo il tramonto, perché c’era il rischio che le “ Umbre Pagane”, cioè le ombre pagane ( spiriti erranti pagani) si potessero impossessare del corpo del pargolo o provocargli strane malattie, come febbri costanti e misteriose. Altre credenze hanno caratterizzato e condizionato il modo di fare e la società sciglianese. Tra queste: quella secondo cui le lucciole contenevano anime pie e venivano considerate di buon augurio; se pioveva il giorno della Candelora, successivamente pioveva per ben quaranta giorni; se c’era vento il tre maggio, il giorno di Santa Croce, tale vento persisteva per quaranta giorni; nel mese di maggio era sconsigliato sposarsi perché esisteva un giorno molto sfortunato e nessuno ne conosceva la data. Ribadisco il fatto che molteplici sono le credenze locali, c’è chi le prende in considerazione e chi non ci bada affatto. A mio avviso, qualcosa in cui credere a volte ci fa sentire vivi e tramandare tutto ciò , fa si che le tradizioni del paese non muoiano mai. Giuditta Damiano Classe III serale pag 16 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 TRADIZIONI POPOLARI La tradizione "della mmacuata" C'è un termine, che forse più di qualunque altro, solo nel leggerlo o nel pronunciarlo, ci trasporta in modo quasi automatico, nel passato. Questa arcana parola è " tradizione". Già l'etimologia del nome ci proietta indietro nel tempo; essa deriva dal latino traditio che indica appunto l'atto di "tradere" il cui significato è " tramandare ai posteri". In parole povere significa trasmettere alle generazioni future, gli usi, i costumi, le abitudini e le cerimonie di un popolo. Quindi ricordare una tradizione significa vivere oggi quello che gli antenati ci hanno tramandato negli anni. Essa ha comunque sempre una origine nel tempo, ecco, appunto, che la memoria ci porta ad attraversare uno spazio temporale. Ad esempio, la tradizione di mangiare l'agnello a Pasqua trae origine dalle parole che Dio disse a Mosè durante la schiavitù degli Ebrei in Egitto e cioè che ogni famiglia, per la Pasqua, avrebbe dovuto consumare un agnello. Questa usanza è stata trasmessa si dalla Bibbia, ma maggiormente dalle Corso serale generazione passate. E’ attraverso il far rivivere le tradizioni, le quali non hanno certo la pretesa di acculturare , perché la loro trasmissione spesso è avvenuta oralmente e senza alcun documento scritto, che si riesce a capire le abitudini di un popolo, le aspirazioni, le tendenze e tante altre informazioni. Sono le tradizione che spesso e volentieri riescono ad esprimere con semplicità quello che ha di più intimo l'animo di un popolo e di una comunità. Il periodo dell'anno in cui si rinnovano di più le tradizioni è senza dubbio quello di Natale che inizia già dal 29 novembre, primo giorno della novena dell'Immacolata. Molte sono quelle che si rinnovano localmente nelle singole città , paesi , addirittura, nelle piccole borgate o frazioni. In esse comunque il riferimento è sempre al passato, che spesso è "remoto", ma può essere anche "passato prossimo" e trasmetterci una usanza venutasi a creare in una piccola comunità, non da tempi antichissimi, ma che man mano è andata consolidandosi negli anni tanto da meritare così, di entrare a far parte delle tradizioni. È quello che è avvenuto, con la festa dell’Immacolata, a Rogliano, uno dei piccoli paesi della valle del Savuto, anche se va premesso che essa è vissuta in modo abbastanza intenso anche in altri centri. Tante sono le tradizioni, legate a questa festa, che ci sono state tramandate, fra esse ricordiamo l'usanza detta della "Jacchèra" che consisteva nell’accendere, la sera della vigilia della novena, nove "Stizze", cioè nove scaglie di legno, tagliate con l'accetta (appunto "Jaccate" ) da un tronco resinoso di pino, ognuna rappresentava un giorno di novena. In alcune zone ne veni- vano tagliate e accese una per ogni componente della famiglia e collocate, come segno benaugurante, sui davanzali delle finestre o davanti all'uscio delle case. Anche a Rogliano, come già accennato, l'atmosfera natalizia incominciava e tutt'ora incomincia ad avvertirsi molto presto e ciò avviene con l'accensione della tradizionale "focara" alla vigilia della novena dell'Immacolata. Una filastrocca popolare recita così: Sant'Andria portau la nova ca lu sei è de Nicola ca lu ottu è de Maria e lu tridici è de Lucia allu vinticinque lu veru Messia. Il novenario è partecipato da tutti anche perché l'Immacolata Concezione è la Protettrice del paese. A questo novenario nessuno doveva (e deve) mancare. Una volta questa occasione diventava un pretesto per le giovani "donzelle" del paese, per poter uscire di casa anche di sera (altrimenti dopo l'imbrunire non era permesso) . Questa rappresentava per loro un' occasione per farsi corteggiare dai ragazzi per cui durante questi giorni di festa succedevano molti "innamoramenti". Ma la novena purtroppo, durava appena nove giorni è le ragazze erano consapevoli, che per poter avere un'altra occasione dovevano attendere l'anno successivo! Ecco, allora che qualche coppia di fidanzati era costretta a prendere, anche se frettolosamente, una decisione: compiere la cosiddetta fujitina e mettere così i genitori davanti ad un fatto compiuto. Tutto ciò si ripeteva negli anni successivi, infatti, già molti giorni prima della novena la gente iniziava a porsi con curiosità un quesito : "chissà quest'anno a chi tocca!”. Questo evento è andato sempre di più consolidandosi nel tempo tanto da diventare una consuetudine, fino al punto che oggi, nonostante le coppiette, definite "dei tempi moderni", hanno la possibilità di incontrarsi quando e quanto vogliono, molte di loro aspettano comunque la novena dell'Immacolata per "mettersi insieme" (cosi come si dice oggi) perché sono consapevoli che questo è un periodo beneaugurante per il futuro della coppia, Questa tradizione è fra quelle che si può dire essere nate quasi per caso, anzi si può tranquillamente affermare che è stata inventata da una piccola comunità, per poi entrare a far parte, a pieno titolo , della storia di esse . Comunque sia, l’importante è tenere sempre vive le tradizioni , le quali, forse più di ogni altra storia, ci fanno conoscere meglio le origini di un popolo. Giuseppe Mastroianni Classe III Serale pag 17 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 TRADIZIONI POPOLARI U fidanzamentu de na vota Evoluzione e progresso sono due condizioni essenziali alla sopravvivenza e permettono di migliorare la qualità della vita, tuttavia esiste, come sempre, il rovescio della medaglia: l’avvento dei massmedia, di nuovi mezzi di comunicazione (cellulari e internet), l’istituzione di nuove attrattive hanno modificato in maniera significativa gli usi ed i costumi tipici dei piccoli paesi di provincia, facendo andare perdute molte tradizioni. Tra queste, quella legata al fidanzamento, caratterizzata da rigide regole e riconosciuta perfino dalle famiglie di classe agiata (nobiltà e media borghesia). I giovani e le giovani fanciulle di un tempo non avevano diritto di scegliersi, come avviene oggi: i matrimoni venivano combinati dalle famiglie, sulla base di precisi calcoli economici, e il fidanzamento non era un periodo di conoscenza, bensì un preciso rituale. Assolto il servizio militare, i genitori del ragazzo sceglievano per lui la futura sposa, che doveva essere sana e robusta, doveva possedere una buona dote e qualche pezzo di terra, ma soprattutto doveva essere figlia di una famiglia onesta e di madre integerrima. Non a caso, la ragazza veniva scelta generalmente nello stesso paese, e preferibilmente, nello stesso rione, per non avere poi spiacevoli sorprese, visto che era cresciuta sotto gli occhi della famiglia del giovane. Diverse potevano essere le modalità attraverso cui la fanciulla veniva “fatta zita”. Se un giovane mostrava interesse per una fanciulla, ad organizzare l’incontro fra i due poteva essere la “’mmasciata”, ossia una donna dedita all’imbasciata e consigliera di famiglia che spesso si rivelava fatale per la riuscita del fidanzamento (essa, infatti, poteva, attraverso la calunnia e sempre con l’aiuto della famiglia di lui, far fallire o Corso serale mandare in porto il fidanzamento stesso). Un altro metodo di fidanzamento, stavolta senza il coinvolgimento dei diretti interessati, era quello secondo cui il genitore del ragazzo andava a porre, davanti l’abitazione della ragazza, un ceppo di legno. Se entro due giorni i genitori di lei portavano il ceppo dentro casa significava che la proposta di fidanzamento era stata accettata, in caso contrario significava che la ragazza aveva respinto la proposta. Un’altra tradizionale forma di fidanzamento voleva che il giovane si recasse a casa della ragazza prescelta trascinando due grosse travi in legno (a significare che era pronto a sposarsi ed in grado di costruire una dimora dove far vivere la sua famiglia) e dopo aver chiesto il consenso ai genitori di lei, se questi rispondevano positivamente, egli portava le travi dentro casa, altrimenti continuava il suo percorso tentando con un’altra ragazza. E’ evidente come questi metodi fossero basati solo su interessi economici e come la volontà dei futuri sposi fosse del tutto marginale, totalmente sostituita da quella dei rispettivi genitori. Esisteva, tuttavia, una consuetudine più romantica e che, sebbene sempre supervisionata dalle famiglie, vedeva protagonisti i due giovani e rimane, a mio avviso, una delle tradizioni più belle della nostra terra: il giovane innamorato, per conquistare l’amore di una ragazza, le cantava le sue intenzioni amorose, organizzando una serenata in suo onore. Per alcuni giorni il ragazzo passeggiava sotto il balcone della ragazza prescelta, finché quest’ultima non gli rivolgeva lo sguardo, dimostrandosi, così, non indifferente al corteggiamento. A questo punto, il ragazzo sapeva che era giunto il momento di compiere il fatidico passo e organizzare la Serenata. Un gioco di regole, dunque, attraverso il quale il giovane, che assolutamente non aveva (e non poteva avere) la stessa sicurezza e spavalderia dei giovani d’oggi, vinceva ogni sorta di timidezza o di contraddizione e, recandosi in piena notte sotto il balcone della sua amata incominciava a cantarle tutto il suo amore, a costo di rischiare di essere respinto o di subire l’ira del padre. Era un momento di trepidazione e ansiosa attesa per il ragazzo, nel cui animo convivevano per lunghissimi minuti il timore del rifiuto e il desiderio che la fanciulla si affacciasse (segno che aveva accettato il fidanzamento). Attraverso la Serenata l’amore veniva ufficializzato e corrisposto in un rituale a cui partecipavano tutti, dai genitori, ai vicini e a tutta la comunità. La Serenata costituiva, dunque, un mito oltre che un rito di aggregazione e di garanzia della sopravvivenza del gruppo. Ufficializzata la promessa, i due giovani non avevano più la possibilità di ripensarci, pena il disonore della donna, che non avrebbe più avuto corteggiatori. Ma anche il fidanzamento aveva delle regole ben precise: i promessi sposi si potevano vedere, alla presenza dei genitori, solo una volta alla settimana e non avevano possibilità di stare vicini, di scambiarsi confidenze e tantomeno carezze. Persino gli sguardi erano controllati ed ogni atteggiamento provocatorio veniva poi biasimato e aspramente rimproverato. I rituali si protraevano, poi, anche nelle fasi antecedenti la cerimonia del matrimonio e durante la cerimonia stessa. Qualche giorno prima delle nozze era, infatti, usanza comune che il corredo delle future spose venisse portato in corteo per le vie del paese su canestri e ben esposto alla vista di tutti, dalla casa della sposa a quella dello sposo. Le tessitrici portavano in dote il telaio ed un materasso (’u saccunu) riempito con foglie di granturco. Inoltre gli usci di casa degli sposi venivano adornati con festoni e fiori, mentre lungo il tragitto dalla casa alla chiesa si allestivano archi floreali. Il banchetto nuziale, poi, si teneva in casa e il pranzo era a base di maccheroni, carne d’agnello o di capra, noci, fichi secchi, castagne, taralli, vino e dolci fatti in casa. Durante la prima notte di nozze, infine, il compare d’anello o un amico fidato dello sposo organizzava un’altra serenata sotto la casa dei novelli sposi: appuntamento, questo, a cui non ci si poteva sottrarre nonostante le fatiche del giorno del matrimonio. Così, oltre che strumento romantico del corteggiamento da parte dell’innamorato, la serenata era anche quella post-matrimoniale pag 18 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 TRADIZIONI POPOLARI U fidanzamentu de na vota allietare gli sposi che accoglievano nella nuova casa gli ospiti, ricevendoli con tante pietanze e del buon vino e festeggiando sino allo spuntar del sole. Oggi tali rituali sono andati quasi completamente perduti, i giovani scelgono da soli i propri compagni di vita, senza alcun condizionamento da parte dei genitori né valutazioni di tipo economico o sociale. Anche il fidanzamento ufficiale avviene nel modo più naturale possibile , ed i fidanzati sono liberi di incontrarsi e di uscire insieme. Nello specifico, la tradizione della serenata sopravvive solo in sparute comunità, dove, comunque, non ha più il profondo valore originario. I ragazzi che, oggi, decidono di dedicare una serenata alla donna amata sono dei nostalgici di una tradizione che ha ormai perso la propria ragion d’essere, ma che rimane un baluardo di romanticismo e attaccamento alle proprie origini. Tra le Serenate d’autore, come non citare “A spuntunera” e Garofalicchiu miu. Personalmente sono molto legato alle tradizioni, che ritengo vadano conservate gelosamente come un tesoro prezioso, come un album di vecchie foto che ci ricordano da dove veniamo e ci restituiscono, quel bagaglio di valori che troppo spesso, risucchiati dal tran tran quotidiano, finiamo per dimenticare. Usanze d’altri tempi, sì, ma è da quei tempi che veniamo. Ho racchiuso queste mie riflessioni in due canzoni, composte per il film che ho girato qualche anno fa e che riguarda proprio il matrimo- nio di una volta, in particolare la “fuitina” e che sono, rispettivamente, una serenata e la sigla di chiusura: “Rapa ssa finestra” e “Cantu”. Giuseppe Salfi Classe III Serale L’antico mestiere dei “CROZZARI” Il trascorrere del tempo e soprattutto la modernizzazione hanno portato lentamente alla scomparsa di antichi mestieri che erano tramandati da generazione in generazione. Oggi i mestieri che un tempo venivano svolti da artigiani che seguivano una tradizione, sono passati completamente in mano alle industrie che gestiscono rigorosamente tutte le fasi della lavorazione, a partire dalla materia prima. Questo processo di industrializzazione riguarda anche l’antica arte della produzione della pipa di radica di erica. In passato la ricerca della materia prima veniva svolta da persone umili ed economicamente meno fortunate, ciò ha portato alla nascita di un vero e proprio mestiere che, nella nostra terra, era chiamato dei“ CROZZARI “. In determinati periodi dell’anno, compresi tra l’autunno e l’inverno, i crozzari cercavano di guadagnare qualche soldo in più andando tra i boschi alla ricerca della radica di erica, con la quale costruivano queste famose pipe. Il legno richiesto era una parte particolare dell’erica arborea , pianta cespugliosa tipica del mediterraneo, cioè un’ escrescenza Corso serale della radica a forma tondeggiante che ricorda molto la forma di una testa, per questo detta in dialetto calabrese “CROZZA “ da cui deriva il termine CROZZARI. Questa parte è come un “ diamante vegetale” per il suo elevato valore, poiché si forma solamente in piante vecchie di almeno trent’anni. Una volta estratta i Crozzari provvedevano a una prima selezione, scartando le “Crozze “che presentavano difetti (esempio nodi), mentre quelle migliori venivano ripulite, con l ‘aiuto dell’accetta, ottenendone cosi un primo abbozzo. Questa fase richiedeva una grande abilità , infatti i Crozzari erano dei veri e propri maestri dell’accetta, anche se purtroppo quest’ultima sfuggiva andando ad amputare parzialmente o totalmente il pollice della mano che sorreggeva la crozza; la mancanza di questo dito era un segno distintivo, tipico, di chi svolgeva questo mestiere . Dopo averla ripulita veniva messa a seccare sotto terra per almeno un anno per evitare che la stessa si spaccasse durante l'asciugatura . Terminato il periodo di stagionamento veniva recuperata e venduta agli artigiani specializzati che dovevano completarne la lavorazione. Ma la Crozza era ancora lontana dall’essere trasformata in pipa, poiché questi artigiani dovevano provvedere a una bollitura della radice. Il tempo di bollitura era un segreto gelosamente custodito, in quanto solo se era eseguita perfettamente si poteva ottenere un legno solido e privo di spaccature. Dopo questa fase era necessario un secondo periodo di stagionatura lungo due o tre anni, alla fine del quale si procedeva all’intaglio del legno per formare la pipa. La produzione di questo tipo di pipa viene ancora fatta, ma senza la figura del “Crozzaro “ che nel tempo è andata svanendo, visto che le grandi aziende provvedono alla coltivazione e a tutte le fasi di creazione della pipa di erica. Flavio Scarpino Classe III Serale pag 19 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 POESIA E RACCONTI A puzza de li voti ‘Za ‘Ntonetta alla putiga l’atru iurnu m’ha zinnatu e po fore avanti a porta citu citu m’ha parratu: “tegnu a figliumma maruzzu ca ‘ntra lista l’hannu misu e tu nu votu m’ade dare pe tie tantu unn e’ nu pisu.” Ma muglieramma Santina cu nu tonu disperatu m’ha gridatu stamatina e m’ha dittu:” si ‘nciotatu, pe la secia du comune minti e parte u San Giuanni, male tratti a Parmarinu cu canusci a quarant’anni”. Quattru passi versu a chiazza e trovatu a francischina tutta bella e ‘mprofumata alle dece da matina cu li tacchi e lu rossettu , de luntanu un paria illa, tenia carte de ste liste stritte stritte alla titilla Dicia bonu Santinella forse i sensi E guardannu da stratella, dintru u bar e Parmerinu, e notatu ca Cuncetta sta parrannu cu Toninu. Illa grida a vuce forte se lamenta du comune: “manca l’acqua a quattru iurni e un se vistu mai nessunu” Intervena Parmarinu :” duna u votu allu barune e tranquilla ca de acqua ti ne inchia lu vallune, , aiu perdutu pe na cosa ca alla fine nente e bonu m’ha portatu. E mentre tutti su impegnati le è avucatu a catanzaru e le leggi e pe si voti a tanti iurni s’ha scorda- stentine a se scippare, fa cantare tu u quatrarellu, chissa puzza de li voti fra tri iurni su mannamu allu comune tutte e s’ha scordatu u San Giuanni pe lu a de passare. cose po’ conzare” votu du barune, iu c’é dittu ca Iacintu a de ire allu Chissa cosa un po passare, mo ce comune dicu puru a mia Giuseppe Salfi c’avucatu e catanzaru u lu po vide A studiatu de dutture tantu tantu Classe III serale mancu a zia c’e’ sa fare è avucatu cu pastette e un è cosa quannu u chiamanu d’urgenza can de pensare a vacca a de figliare. ca alla secia du comune se po jire Parmarinu a de capire ca u lu ad assettare. parru propriu e nente finu a quannu nun capiscia ca u Parmarinu m’e’ compare m’ha barune e nu fetente. battiatu a Pinuzzellu Non rinunciare mai Ritornare a scuola ha rappresentato per me una grande soddisfazione. Da ragazzo abitavo in montagna, lontano dai centri urbani in una piccola frazione di Martirano Lombardo (Cz) priva di servizi di collegamento con trasporti pubblici, ciò mi ha impedito di frequentare la scuola e cosi sono stato costretto a lavorare precocemente, rinunciando forse passivamente alla possibilità di studiare. Ricordo l’età adolescenziale con un senso di amarezza , sono stati anni difficili , avevo solo sedici anni quando mi sono allontanato dal mio paese e mi sono trasferito a Falerna Marina, località dove sorgono diversi hotel, e Corso serale dove ho iniziato a lavorare nel periodo estivo e vi sono rimasto per quattro anni fino alla partenza per il servizio militare. La vita e il lavoro mi hanno condotto su altre strade rinunciando alla possibilità di avere una formazione culturale. Oggi, ritornare a scuola rappresenta per me una sfida personale, tornarvi dopo tanti anni con una famiglia e figli risulta talvolta difficile e complesso, ma mi riempie di gioia e di una soddisfazione immensa. Ritornare a scuola e quindi mettersi in gioco è straordinario , frequento la seconda classe del corso serale e vi ho trovato dei compagni eccezionali, maturi e profondi conoscitori della vita per i quali nutro il massimo rispetto. I professori sono fantastici, spiegano in modo semplice e senza metterci in disagio di fronte alla difficoltà di approccio allo studio. Ho compreso che nella vita non bisogna rinunciare mai e tutto può essere affrontato con tenacia e perseveranza. Tommaso Villella Classe II Serale pag 20 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 POESIA E RACCONTI Rosinella, la bidella Rosinella, sciglianese da piu' generazioni era una donna non tanto bella ma con un gran cuore si sentiva felice Il tempo passa inesorabilmente sono pochi i ricordi che permangono nella mente ma l'immagine di Rosinella la custodisco sempre nel nel mio cuore. Intelligente e attenta aveva capito il vero senso della vita Assunta Aragona Classe II Serale La sua era stata una gran sofferenza orfana e senza soldi, tra miseria e dispiaceri cercava di viver dignitosamente Bombe, fame, distruzione erano all'ordine del giorno ma il sorriso non le spariva mai Una parola dolce e affettuosa per tutto il vicinato e un amore sconfinato per il fratello prigioniero I bambini erano la sua passione non aveva goduto della gioia d'esser madre e accudiva con immenso amore scolari e nipoti La mattina era una festa , tutti davanti al cancello la chiamavano a gran voce "ROSINELLA,ROSINELLA" e lei per un attimo Scigliano, ieri e oggi nel mio cuore... Bella e ricca è la mia Scigliano, sole e brava gente in ogni sua frazione Tante le sorgenti d’acqua limpide e cristalline, fitti boschi di varia natura e terre coltivate a mo’ di giardino Vigneti ricchi di buon vino, campagne con animali d’ogni specie, utili per la mensa e il lavoro del contadino Strade costruite con inerti di cava e pietre del Savuto pulite e ben curate, un tempo molte affollate Crozzari, pellari, pettinari, artigiani d’ogni tipo, botteghe varie, ventuno chiese, tre conventi, il Ginnasio, il Monte dei pegni e dei depositi, la pretura, il carcere , sei sempre stata un centro di cultura e d’incontro per silani e cittadini Oggi, mia bella Scigliano sei meno popolata, molti sono andati via ma rimani sempre il paese mio, custode di ricordi sempre belli Fernando Perri, Fernando Talarico Classe II Serale Le tue origini sono antiche risali all’epoca romana e tant’acqua è passata dal ponte di Annibale… Molti i professori, i medici, gli avvocati ed esperti d’ogni cosa che han vissuto e studiato a Scigliano Corso serale pag 21 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 POESIA E RACCONTI Ricordi di un tempo lontano La memoria con il passare del tempo cancella tanti ricordi scegliendo quelli più vicini, altre volte il passato lontano rimane impresso in maniera profonda … Ricordo l’affetto di mia nonna, dolce e premurosa che mi riservava un piccolo dono: dei fichi. Nei momenti di paura causati dai bombardamenti mi spingeva a correre velocemente al rifugio, lei camminava con difficoltà ed io volevo che mi seguisse, ma , mi rassicurava dicendomi, che la sua vita era già compiuta e dovevo pensare solo a me che ero un bambino. Un’ immagine frequente che ricorre nella mia mente è la corsa verso il forno dove ricevevo la mia abbondante colazione: una fetta di pane, morbido e croccante. e che si poteva mettere nello stomaco. Il momento più lieto della mia infanzia è legato alla vendita dei gelati, Giacomino il gelataio del paese consegnava a me e al mio amico Ugo dei coni da vendere; noi con dei piccoli accorgimenti preparavano dei gelati più piccoli e la rimanente parte la vendevano nei bicchieri, per avere così un piccolo guadagno. Oggi tutto è cambiato: la società, la famiglia, i rapporti tra le persone, si vive nonostante la crisi, nel benessere, ma la semplicità di quei tempi è ormai lontana. Il menù del pranzo era sempre sconosciuto: cardoni con patate, polenta di castagne, frese preparate con farina di lupini e talvolta pasta e fagioli. Se in casa non vi era nulla si ricorreva a piccoli furti: prugne, mele, pere, ciliegie tutto ciò che la campagna offriva Fernando Perri Classe II Serale Un’altra opportunità Ho sempre pensato che la scuola ha un ruolo fondamentale nell’istruzione dei giovani , sia perché sono loro che costruiranno il mondo futuro, sia perché rende gli uomini uguali. In passato Corso serale solo chi apparteneva a ceti alti poteva usufruire dell’istruzione. Sono molti gli adulti che non hanno potuto studiare e che sentono un grande bisogno di riscatto. Io sono uno di questi, ho rag- giunto un’ età adulta e dopo una lunga interruzione lavorativa, sono tornato tra i banchi poiché ho capito che l’istruzione accresce le possibilità professionali e contribuisce alla lotta contro l’emarginazione. La nostra società è soggetta a continui cambiamenti, con diritti minacciati da tutte le parti, con un divario sempre più accentuato fra ricchi e poveri. In questo contesto ci si può salvare solo acquisendo un’adeguata istruzione e un senso critico che ci garantiranno la libertà. A questo proposito mi viene in mente il maestro Manzi che diede il coraggio a milioni di persone, ormai adulte e libere dagli ostacoli della vita , di prendere in mano carta e penna per imparare a leggere e scrivere. Ho una grande forma di rispetto per la cultura poiché non mi è stato permesso di accedere ad essa e per tutta la vita ho cercato di colmare questo vuoto. Oggi, iscrivendomi e frequentando il corso serale di questo istituto cerco finalmente di superare quel senso di inadeguatezza culturale che ha caratterizzato e condizionato la mia vita. Mi è stata data un’altra opportunità……… Martini Paolo Classe IV serale pag 22 IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014 POESIA E RACCONTI Il valore dell’istruzione L‘importanza di una educazione rivolta ai giovani deriva dal fatto che attraverso la loro formazione si può incidere sulla costruzione della società; a tal fine l’educazione riveste un ruolo nevralgico per le future generazioni. “Una educazione affinché sia vera deve corrispondere a ciò che di umano c’è in noi”. Ho 50 anni e dell’educazione ne ho fatto un principio di vita, perché tutta l’esistenza dell’uomo è determinata da essa. La scuola ha il compito e la responsabilità di aiutare ed educare i giovani . Per me aver ripreso gli studi a quest’età significa accettare anche questa sfida perché l’istruzione non riguarda solo i giovani, ma tutti coloro che si relazionano con essi , bisogna guardarli e saper individuare le diverse inclinazioni e i propri modi d’essere. Per educare occorre proporre adeguatamente il passato perché senza la sua conoscenza il giovane cresce disorientato privo dei valori di riferimento culturali. E’ Abbracciando consapevolmente la conoscenza in ogni sua dimensione che si ha la possibilità di guardare con occhi nuovi la realtà: un universo da scoprire e valorizzare con l’aiuto dell’istruzione. La scuola deve proporre ai giovani il passato attraverso il vissuto contemporaneo; solo così si può sviluppare il senso critico. Fino a dieci – undici anni, il bambino può ripetere: ”l’ha detto la mamma, l’ha detto la maestra”. Per natura, chi ama il bambino lo educa raccontando quello che di meglio ha vissuto nella vita, quello che di meglio ha scelto nella vita. Ma ad un certo punto il bambino diventa adulto e si trova con un sacco pieno di tutte le cose che ha sentito e visto dai più grandi, è costretto cosi a rovistarci dentro; questo significa crescere cioè prendere coscienza delle cose , e ciò non ha un significato negativo. La scuola ha il compito di far rovistare il giovane dentro il sacco e con senso critico confrontare quel che vede dentro di se e poter finalmente dire : “è vero, non è vero, dubito” , cosi facendo il ragazzo diventa uomo. Senza questi fattori, passato, presente e senso critico , il giovane è “foglia frale lungi dal proprio ramo” (“Dove vai tu” di G. Leopardi ), vittima del vento dominante, della sua mutevolezza, vittima di un’opinione pubblica generale creata dal potere reale. La scuola ha il compito di liberare i giovani “dalla schiavitù mentale”, dalla omologazione che rende dipendenti dagli altri. Per me fare questa esperienza al corso serale significa questo. Francesco Scalise Classe V Serale Corso serale pag 23