IPAA SCIGLIANO Anno
Scolastico 2013/2014
PROGETTO “Scrittura Creativa”
CORSO SERALE
A CURA DELLE Prof. Sse: Francesca Cerenzia
Paola Zumpano
COLLABORATORE GRAFICO: Vincenzo Garofalo
IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
CORSO SERALE
INDICE
Prefazione ………………………………………………………… pag 1
Attualità e storia ………………………………………………… pag 2
Cinema e lettura, un’esperienza positiva ……………………. pag 8
Tradizioni popolari ……………………………………………….. pag 12
Poesia e racconti ………………………………………………….. pag 20
IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
CORSO SERALE
PREFAZIONE
IL progetto “scrittura creativa”, ogni anno si propone di avvicinare gli studenti del corso
serale dell’IPAA di Scigliano a una produzione scritta che permetta loro di esprimere, idee,
emozioni, punti di vista, usando forme originali e personali mediante una variegata tipologia
di testi : racconti, recensioni, articoli, saggi, poesie.
Questa esperienza didattica si è rivelata interessante e significativa, in un’epoca in cui si
utilizza un codice linguistico omologato e influenzato dai nuovi mezzi di comunicazione, che
sono certamente più veloci, ma meno originali e creativi; ancora una volta il progetto ha
costituito una singolare opportunità per sviluppare “il piacere di scrivere” e per rendere
più motivante il processo di apprendimento, stimolando il pensiero e la curiosità.
La funzione creativa è certamente tra le più importanti del processo di formazione perché stimola l’immaginazione, attiva la fantasia e aiuta ad esprimere liberamente le proprie
doti inventive che l’operatività contribuisce a scoprire, coltivare e sviluppare.
In questa raccolta sono stati inseriti tutti i lavori che gli allievi hanno realizzato, con entusiasmo e impegno, ma soprattutto con la consapevolezza di non essere poeti famosi, giornalisti e scrittori, ma studenti adulti, che hanno accettato la sfida rimettendosi in gioco e
investendo sulla conoscenza. Inoltre, vuol essere una chiara dimostrazione che, nonostante
scrivere non sia facile “imparare a scrivere” si può, al di là della predisposizione, dote naturale, basta capire determinati meccanismi e lasciarsi guidare da quel magico gioco delle parole.
Corso serale
pag 1
IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
ATTUALITA’ E STORIA
Cercasi Fair Play
“L’unione fa la forza” : questo
proverbio si può interamente
rispecchiare nello sport, si è vero,
l’unione è il primo elemento fondamentale che consente di esercitare correttamente le attività
sportive, ma fondamentali risultano essere il rispetto, la solidarietà
e l’onestà. Quest’ ultimi tre principi vengono riassunti in un’unica
espressione inglese, Fair Play, che
letteralmente significa gioco corretto. Attualmente sembra che le
sue regole sono profondamente
cambiate o messe da parte; lo
sport fonte di divertimento e
capace di regalare grandi emozioni agli appassionati ha cambiato la
sua immagine. Basta pensare al
giro di scommesse che gravita
intorno alle vincite delle squadre:
guardare una partita non significa
più seguirla solo perché si è attratti dal fascino generato dalla
gara, ma ciò crea ansia, timore,
agitazione, sperando e desiderando a tutti i costi la vittoria. Altro
parametro da non sottovalutare,
capace di creare conseguenze
serie è la realtà degli stadi. Qui i
tifosi utilizzano insulti nei confronti della squadra avversaria o
dei giocatori di colore alimentando così forme di razzismo e ricorrendo alla violenza.. Ma i giocatori, protagonisti dello sport,
come si comportano? Questa è
una domanda un po’ difficile, visto
che quest’ultimi dovrebbero dare
il buon esempio. Per dare subito
una risposta concreta, basta semplicemente fare un salto nel passato e ritornare precisamente al 9
luglio 2006, giorno in cui si svolse
la finale dei Mondiali di calcio che
vide entrare in campo Italia e
Francia. Il capitano della squadra
francese, Zinédine Zidane, in
seguito ad una discussione, dà un
forte colpo di testa al torace del
difensore della Nazionale italiana ,
Marco Materazzi; questo gesto
bruttissimo e inaspettato, suscitò
molto scalpore in tutto il mondo.
Nonostante ciò bisogna ricordare che far parte di una squadra
sportiva ha molteplici lati positivi:
aiuta a far crescere la propria
autostima, a relazionarsi con i
propri compagni a condividere
una passione, affrontando sconfitte e vittorie.,. Aiuta a guardare
il mondo con occhi pieni di spen-
sieratezza perché nel momento in
cui si rincorre il pallone, non si
pensa ad altro che a concentrarsi
sulla propria forza e determinazione per raggiungere un obiettivo collettivo. Il vero gioco del
calcio si vede nella vita quotidiana, si può scorgere dal vivo senza
recarsi presso gli stadi: basta fare
una passeggiata per le strade o
sulla spiaggia ed incrociare bambini e ragazzi che giocano in modo
pulito e senza avere dalle partite
un riscontro economico. L’unica
corrispondenza che hanno è divertirsi insieme ai propri amici e
ridere come matti sugli errori
commessi rilevati da se stessi e
non da un arbitro, talvolta corrotto.
Damiano Giuditta
Classe III Serale
FAIR PLAY … l’ abbiamo dimenticato?
Impegno, sacrificio, lealtà, collaborazione, sono valori da mettere
in risalto nella pratica sportiva.
Purtroppo, come tutte le attività
umane ciò non sfugge ai rischi
della violenza e della scorrettezza.
Calcio scommesse, doping, corruzioni hanno investito tutti gli
sport, specialmente quello del
calcio. Gli atleti per non deludere le aspettative dei fans, ricorrono a sostanze dopanti al fine di
migliorare le proprie prestazioni.
Come dimenticare Marco Pantani, uno dei grandi campioni del
ciclismo, morto per overdose nel
1999. Nel 1896 il barone Pierre
de Couberten, affermava che
“L’importante è partecipare, non
vincere”, oggi si privilegia, invece,
il risultato finale a discapito del
“come” lo si raggiunge. Non si
rispetta il fair play; l’avversario
Corso serale
deve essere sconfitto a qualunque
costo. Infatti durante le attività
sportive si assiste a risse tra avversari e ad atti violenti molto
gravi. Nelle menti di tutti sono
impresse le violenze messe in
atto da “tifosi”, basta ricordare
quello che si è verificato durante
la partita Italia-Serbia del 12 novembre 2010, nella quale i tifosi
serbi hanno sfruttato l’occasione
per protestare contro il loro
governo, o nella partita JuventusLiverpool del 29 maggio 1985 ,
dove persero la vita moltissimi
giovani. Lo sport ha perso quasi
del tutto il suo vero scopo iniziale, il vero valore, quello che univa,
che non discriminava e che non
aveva prezzo.“Il trattato di Amsterdam” del 12 dicembre 1999,
sottolinea l’importanza sociale
dello sport, in particolare il ruolo
che esso assume nel forgiare
l’identità e nel ravvicinare le persone perché costituisce uno strumento essenziale di integrazione
sociale e di educazione coinvolgendo tutte le classi sociali e tutti
i gruppi di età della popolazione.
Esso riveste una funzione educativa importante, insegna a rispettare determinate regole, a programmare il proprio impegno e
gestire le proprie emozioni. Si
rivolge non solo ai giovani ma
anche agli adulti, anziani e persone diversamente abili; le paraolimpiadi ne sono un esempio
concreto. Si utilizza lo sport non
solo come strumento di riabilitazione fisica, ma come una vera e
propria filosofia che supera il
concetto di menomazione fisica,
come menomazione della persona. Il disabile nella gara con se
stesso impara a superare la fatica,
che è la sensazione dominante nel
periodo della riabilitazione; lentamente con lo sport-terapia scopre che dal suo fisico riesce ad
estrarre energia che non credeva
di avere; impara a gestire, convivere e rispettare il suo corpo. Il
fair play deve riemergere … la
risposta è nei giovani. Per riportare lo sport al suo significato originario è necessario quindi puntare
sulle generazioni future con ragazzi che cercheranno di risalire,
migliorando se stessi e non dimenticando che lo sport è puro
divertimento e voglia di fare squadra. Solo in questo modo la vittoria non sarà qualcosa di astratto,
ma sarà una vittoria veramente
personale.
Classe III
Corso Serale
pag 2
IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
ATTUALITA’
E STORIA
Attualità e storia
ATTUALITA’ E STORIA
Nuvole grigie oscurano il cielo dell’economia italiana. Cosa cela l’orizzonte?
ACQUAZZONE CRISI … I GIOVANI CON L’OMBRELLO
Da una recente indagine statistica
condotta dall’ISTAT sugli sbocchi
lavorativi e il rapporto tra università e lavoro, sono emerse alcune
importanti considerazioni che
coinvolgono il quadro economico
e politico italiano. L’inchiesta è
stata realizzata su un campione di
giovani di età compresa tra i 15 e
i 34 anni. Da essa si evince che
l’ultimo
biennio
ha
visto
l’alternanza di governi politici a
governi tecnici. Anche i vari partiti politici hanno vissuto rinnovamenti e cambiamenti tra le proprie fila, ma non solo, sono stati
anche protagonisti di scissioni
interne. La crisi economica ha
devastato alcuni aspetti e creato
crepe in altri; un problema, che si
associa immediatamente ad essa e
che sta attanagliando l’Europa e
purtroppo la nostra Italia, è quello della disoccupazione giovanile.
La fascia d’età a cui si fa riferimento è quella compresa fra i 15
e 34 anni. Nel triennio che va dal
2008 al 2013, i giovani disoccupati
sono aumentati di un milione
circa. Ma il dato più allarmante e
inquietante è che nell’ultimo anno
la percentuale della disoccupazione giovanile ha superato la soglia
Corso serale
del 40%, cosa rara e drammatica,
anche in passato, che rispecchia la
situazione economica in cui versa
attualmente l’Italia. Un dato che
evidenzia la situazione lavorativa
italiana è quello dell’anzianità
occupazionale, superiore agli altri
paesi europei. Infatti, fra molti
paesi dell’Europa, la maggiore
percentuale di lavoratori impiegati da più di dieci anni nella stessa
azienda è in Italia. Segno di un
mancato ricambio occupazionale
a favore dei giovani. Lo stato
d’animo che oggi aleggia fra i gio-
vani è di sfiducia e sconforto
poiché i lavoratori di età compresa tra i 15 e i 34 anni sono passati
da sette milioni a sei milioni. Precisamente l’11,2% dei giovani di
15-24 anni, e addirittura il 16,7%
di quelli tra 25 e 29 anni, non è
interessato né a lavorare né a
studiare. Mentre la media europea è pari rispettivamente al 3,4% e
all’8,5%. Molti infatti, dopo esiti
negativi ed estenuanti ricerche
occupazionali, hanno rinunciato
del tutto a cercare lavoro. Un
altro tipo di situazione è quella in
cui si lascia la propria terra attuando una “nuova migrazione”,
cioè non spostandosi dal Sud
verso il Nord Italia, ma dall’Italia
verso altri paesi del vecchio continente come Germania o Inghilterra o addirittura oltreoceano
verso il nuovo continente in Canada e Stati Uniti. Questo a volte
determina la triste e famosa fuga
di cervelli. Altro aspetto è
l’accettazione di un qualunque
impiego che possa garantire una
retribuzione tralasciando il proprio percorso didattico e formativo. In parole povere “ci si accontenta di quello che passa il convento”. Ulteriore aspetto po-
trebbe essere un “ritorno al
passato”, rivalutando settori e
attività considerate tramontate e
non conformiste. La crisi economica ha anche una notevole influenza sulle scelte dei giovani riguardo al proprio futuro poiché
molti giovani o per impossibilità
economica, o per mancanza di
ottimismo verso il futuro, non
proseguono gli studi e, se possibile, si dedicano ad una eventuale
attività lavorativa o quantomeno
alla ricerca di un possibile impiego. Sicuramente i dati e la situazione odierna non sono incoraggianti e per nulla tranquillizzanti,
ma la generazione giovanile attuale non deve commettere l’errore
di fossilizzarsi e di sentirsi martire. Da monito è l’affermazione
lanciata da Steve Jobs “Il vostro
tempo è limitato. Non lasciatevi
intrappolare dai dogmi, che vuol
dire vivere con i risultati dei pensieri degli altri. Abbiate il coraggio
di seguire il vostro cuore e la
vostra intuizione”. Ma i dati secondo cui solo il 32,5% dei giovani di 15-35 anni dichiara di voler
mettere su un’attività in proprio,
inferiore a quella degli altri stati
europei, non è incoraggiante,
denotando una progressiva diminuzione, nelle nuove generazioni,
dell’appeal di una delle figure
centrali del nostro tessuto economico, quella dell’imprenditore.
Al giorno d’oggi l’arte del sapersi
“arrangiare” e del far di necessità
virtù, molto comune in passato, si
è affievolita anche a causa
dell’elevato benessere che circola
fra la popolazione. Forse è vero,
progresso vuol dire regresso. E il
sapersi “arrangiare”, il ritorno alle
origini, non è segno di sconfitta o
di fallimento. Con maggiore spirito di iniziativa e umiltà d’animo si
può andare alla ricerca di opportunità e allo stesso tempo non
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ATTUALITA’
E STORIA
Attualità e storia
ATTUALITA’ E STORIA
Nuvole grigie oscurano il cielo dell’economia italiana. Cosa cela l’orizzonte?
ACQUAZZONE CRISI … I GIOVANI CON L’OMBRELLO
fermi in attesa, ma intraprendere
un moto perpetuo come un atomo in attesa degli urti produttivi
ricercati con altri atomi per scatenare un’energia positiva.
Vincenzo Garofalo
Classe III Serale
IL BRIGANTAGGIO: guerra di liberazione
Lo scorso mese di gennaio si è
svolta presso il municipio di Bianchi, organizzata dall'amministrazione comunale, in collaborazione
con la biblioteca nazionale di
Cosenza, una mostra inerente il
Brigantaggio meridionale, in particolar modo, quello nato nella
zona del Savuto, nei comuni posti
tra le due province di Cosenza e
Catanzaro. Bibliografie corredate
da innumerevoli documenti fotografici hanno catturato l'attenzione dei visitatori, documenti inediti, pergamene e atti autentici,
hanno portato l'immaginazione
dello spettatore ad immergersi in
un contesto surreale ed antico,
permeato da un alone di misticismo e sacro, da situazioni fantastiche e storiche. Tutto ciò nasconde, agli occhi del profano, qualcosa di ben più grande di un semplice racconto di cronaca dell'epoca,
ovvero un'unione d'Italia subita e
non voluta che ancora oggi a distanza di 150 anni, risveglia rancori e delusioni cocenti. Tutti i
testi ufficiali di storia narrano di
fatti ed avvenimenti che esaltano
figure epiche di condottieri a cavallo, di re e primi ministri, di
luoghi e circostanze, ma dalla
parte delle popolazioni occupate
tutto ciò' veniva visto come una
Corso serale
quei piccoli dati numerici di due
banche dell'epoca: il Banco di
Sardegna (o Piemonte) ed il Banco di Napoli. Il primo in fase di
bancarotta per i debiti causati
dalla perdita di due guerre di indipendenza contro l'AustriaUngheria, dalla partecipazione
alla guerra di Crimea e dall'acquisto di quegli stessi cannoni a canna rigata (venduti dai francesi)
che fecero strage di civili ed inermi nell'assedio di Gaeta; il secondo con casse piene di denaro e
metallo prezioso a garanzia di una
economia formata da un tessuto
produttivo ,secondo solo a potenze economiche come Francia ed
Inghilterra. Sempre nello stesso
testo, sono riportati dati che fanno
capire la floridezza del meridione
prima di quel fatidico 1861: Induaccozzaglia di furfanti, avventuzioni e spirito patriottico. Nel
stria bellica seconda solo a Franrieri e mercenari al soldo delle
testo di Pino Aprile "Terroni",
cia ed Inghilterra, riconoscimenti
potenze egemoniche dell'epoca e vengono elencati dati a dir poco
di valenza internazionale per la
della massoneria (inglese non a
agghiaccianti, si spazia da meri
produzione di armamenti all'avancaso). I testi in argomento sono
interessi economici a politici e
guardia; un esercito di professiomolteplici, ed anche quando, con- finanziari, conditi da un alone di
nisti senza costrizione, ben equisapevoli della portata delle affer- spartizioni tra piccoli e beceri post paggiati ed addestrati, da far invimazioni, qualcuno ha omesso
feudatari, ancora arroccati a quel dia a tante potenze straniere; una
delle verità' (non si sa quanto
diritto divino che un certo Garimarina mercantile seconda al
volute), si intuisce cosa è verabaldi (animato da grandi e buone mondo ed una militare terza dopo
mente accaduto; le sensazioni
intenzioni) aveva messo in discus- Francia ed Inghilterra; Industria
predominanti che emergono sono sione. Per renderci conto della
metalmeccanica prima in vari
altro che permeate di buone inten- reale situazione basta elaborare
settori come la siderurgia
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ATTUALITA’ E STORIA
Il brigantaggio: guerra di liberazione
(primi a eseguire ponti con funi in
acciaio sospesi come il ponte di
Mongiana VV), eccellenti miniere
ferriere nell'altopiano silano, primi nel riconoscimento dei diritti
dei lavoratori (case in comodato
d'uso per gli operai nelle miniere
e prime pensioni sul lavoro);
10.000 telai solo in Calabria, che
fecero del sud Italia, il secondo
produttore al mondo dopo la Cina,
per produzione di seta; una agricoltura è vero ancora con mezzi
animali, ma comprensiva degli usi
civici, che permetteva a chiunque
di provvedere al proprio sosten-
tamento mediante lo sfruttamento della terra demaniale. E' con la
perdita di tutto ciò, ed in modo
cruento e repentino, che la gente
meridionale si trovò a combattere una guerra ( perché' di questo
si tratta) per i propri diritti, per la
violenza subita, per i massacri e le
fosse comuni, per gli eccidi di
donne e bambini, preti e religiosi,
per l'usurpazione e la negazione
di tutto ciò che uno stato di diritto (il Regno delle Due Sicilie)
aveva concesso ai suoi cittadini.
Questa guerra fu definita con il
termine improprio di brigantaggio
meridionale, questione meridionale o quant'altro di più' dispregiativo esista nel paroliere nordista, ma oggi con una coscienza
priva di pregiudizi viene contraddistinta con altri nomi ed aggettivi, per cui in sintesi può' essere
definita come: guerra di liberazione, se si vuole, partigiana, o comunque guerra di libertà.
Giacomo Magliocchi
Classe IV serale
INTERNET: Una galassia costellata da buchi neri
Internet, i New media e i social
Network sono entrati di forza
nelle nostre case, anche se volessimo estrometterli dal nostro
vivere non sarebbe possibile perché la rete incombe sulla vita di
tutti. Ma questo nuovo mondo
che ha ormai invaso il nostro
secolo sta migliorando o peggiorando le nostre abitudini ? Grazie
ad Internet abbiamo il mondo
nelle nostre mani, basta solo un
click o premere un tasto sul cellulare e si può sapere e fare di tutto: cercare un luogo da visitare,
vedere immagini, scaricare video,
Corso serale
pagare le bollette o prenotare un
biglietto, tutto stando seduti comodi su una poltrona nella propria casa. Internet è stata una
vera e propria innovazione. Con
la sua nascita sono comparsi i
Social Network che permettono
di metterci in contatto con amici
e
parenti distanti chilometri :
vederli e sentirli ogni giorno come se fossero li vicini. Grazie ai
Social Network la reazione di un
singolo consumatore può lanciare
un prodotto o innescare un boicottaggio. Anche gli anziani sono
alle prese con questa nuova tec-
nologia, si chiama banca della
memoria. È un sito internet che
imprigiona le esperienze di vita
raccontate sotto forma di video
intervista da anziani nati prima del
1940, è come un you tube della
terza età. Non tutte le persone
però riescono ad approcciarsi a
queste nuove tecnologie che non
hanno solo lati positivi, ma anche
aspetti negativi, e non solo per le
persone anziane. Navigando su
internet di fatto, può succedere
che si perda di vista la vita reale,
entrando a far parte di un mondo
virtuale; dove avere centinaia di
amici sui vari Social Network e
chattare con loro ore e ore è ben
diverso dall’avere amicizie concrete e dal vivere tangibili e reali
relazioni sociali. Pertanto questo
universo virtuale, cosi apparentemente affollato e movimentato, in
realtà è un ‘arma a doppio taglio
che spesso può portaci ad isolarci
da ciò che ci circonda conducendoci alla solitudine. Internet cela
un’ulteriore pericolo : usando
queste nuove connessioni siamo
costantemente controllati, possono sapere in ogni momento, dove
siamo, con chi stiamo parlando, e
dove ci spostiamo; dunque dove
inizia il nostro potere di connessione inizia il pericolo sulla nostra
libertà personale. E come disse
Zeus a Narciso “ guardati da te
stesso “. Nonostante questa galassia abbia innumerevoli buchi
neri, i benefici che offre sono
nettamente superiori. Essa rappresenta un bene prezioso per la
nostra umanità che è costretta ad
affrontare un vita frenetica e in
continua evoluzione. Se mettessimo su un piatto di bilancia gli
effetti collaterali e sull’altro gli
aspetti positivi che questo universo tecnologico ha apportato alle
nostre vite, di certo la bilancia
penderebbe verso quest’ultimo.
Quindi sicuramente vale la pena
correre qualche rischio per entrare in questa nuova immensa
“GALASSIA VIRTUALE “.
Flavio Scarpino
Classe III Serale
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Attualità e storia
GIOVANI E SOCIETA’: Una sfida per la legalità
Il futuro della nostra società è
purtroppo compromesso dalla
perdita di valori, dalla mancanza
di punti di riferimento e di figure
a cui i giovani possano ispirarsi
per poter diventare uomini e
donne con un adeguato ed equilibrato sviluppo psico-sociale. La
maggior parte dei giovani che
intraprendono la strada della
delinquenza sono soggetti con
vissuti traumatici. Quasi sempre
si tratta di famiglie violente, anaffettive, con genitori che abusano
di alcol o di sostanze stupefacenti,
madri e padri che soffocano la
libertà e l’autodeterminazione dei
figli o genitori che maltrattano e
fanno vivere la propria prole in
un clima di terrore e paura. Non
c’è da stupirsi se giovani cresciuti
in questo tipo di contesti diventino nel tempo pedofili, stupratori, assassini seriali, affiliati alla
criminalità organizzata o uxoricidi.
Inevitabile a questo punto un
riferimento al parenticidio. Che si
tratti di genitoricidio, fratricidio o
family mass murder comunque la
matrice criminale è dovuta ad un
inadeguato contesto familiare
dove trovare conforto e comprensione. I figli che uccidono i
propri genitori in genere sono
spinti da sentimenti di avversione
verso padri opprimenti che tendono ad imporre il proprio dominio, padri anaffettivi e che impedisco l’inevitabile emancipazione dei
figli. I matricidi invece sono dovuti
a figure materne anche questa
volta prive di affetto e attaccamento, donne allusive e seduttive
verso giovani uomini confusi. Un
genitore mentitore, ladro, violento, anomalo più in generale verrà
vissuto dai propri discendenti
come un modello. Non è un luogo comune che i figli dei ladri lo
diventino a loro volta, perché se
Corso serale
qualcuno non spiega loro cosa è
giusto e sbagliato tendono a dare
per buona la condotta di chi li
circonda.
La colpa di mancanza di norme e
di appartenenza ad un determinato contesto sociale non è sicuramente da imputare solo alla famiglia. Tutti questi problemi possono anche essere dovuti in parte a
deficit psichici, ma in questo caso
le soluzioni e le cause vanno rintracciate diversamente. Anche la
personalità di un individuo influisce sul suo sviluppo emotivo e
sociale, ma può essere modificata
o comunque migliorata da modelli
di riferimento adeguati. Il gruppo
dei pari, la scuola, i media svolgono a loro volta un ruolo fondamentale nell’evoluzione dei giovani. Il contesto sociale di appartenenza deve motivare i soggetti ad
aderire e comprendere la legalità
giungendo alla necessaria accettazione delle leggi. I coetanei violenti, la scuola che mantiene eccessivamente marcato il limite fra
insegnare ed educare, i media che
tendono ad etichettare senza
possibilità di riscatto e la mancanza di idonei percorsi formativi e
rieducativi spingono le nuove
generazioni a discostarsi dal cor-
retto comportamento cosi come
si attende la morale comune. I
segnali predittivi sono molteplici e
di diversa natura.
L’avversione verso le regole, la
carenza di concentrazione, scatti
di violenza, tentati suicidi, mancato riconoscimento delle autorità,
abuso di alcol o sostanze stupefacenti, carenza in ambito scolastico e lavorativo sono tutti campanelli d’allarme che dovrebbero
spingere il contesto di appartenenza del soggetto in esame a
trovare delle soluzioni possibili. È
qui che entrano in scena la scuola,
gli amici, le parrocchie, le associazioni con valori socialmente condivisi alla propria base. La prevenzione in realtà è l’unico strumento a nostra disposizione, solo
notando in anticipo i malesseri e
l’inadeguatezza di un giovane si
può incidere positivamente sul
suo corretto inserimento sociale.
Una società che non permette
loro di trovare un posto nel
mondo è una società che spesso li
spinge a divenire “eroi in negativo”, si arriva così ad avere la
delinquenza giovanile e i futuri
criminali di cui la nostra epoca è
piena. Il lavoro e le prospettive di
un futuro possono incentivare i
giovani ad aderire alle norme e ad
interiorizzarle facendole proprie.
La legalità non dovrebbe essere
vissuta come nemica, ma come
un’alleata necessaria per sentirsi
parte di un tutto.
Il mondo dei giovani ha bisogno di
segnali positivi, punti di riferimento e obiettivi raggiungibili. La
società dovrebbe essere attenta e
le famiglie più giuste e più amorevoli verso quel “ materiale umano” che costituirà il futuro del
nostro Paese.
La comprensione, le regole e
l’affetto potrebbero essere i mezzi con cui crescere uomini e donne migliori.
Sirianni Manuela
Classe III Serale
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IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
ATTUALITA’ E STORIA
Sport e Fair Play
Oggi le persone che praticano
attività sportive
sono sempre
più numerose, i medici ne consigliano la pratica per mantenersi
giovani e in salute. Lo sport in
primo luogo migliora l’aspetto
fisico, ma non bisogna trascurare
quello psicologico, infatti, può
servire a scaricare tensioni, a
controllare emozioni e a metterci
in contatto con la natura. Legati
allo sport ci sono anche aspetti
negativi come il doping, il tifo
esasperato che sfocia in fanatismo, la corruzione, l’imbroglio e
la violenza, ma al di là di questi è
bene porre l’attenzione sulle sue
vere f ina l i tà : d iv ert im en to ,socializzazione, benessere
fisico, opportunità di conoscere
se stessi, di esprimersi, di migliorare le proprie capacità tecniche,
di ottenere successi personali, ma
soprattutto sana competizione
cioè rispetto delle regole e degli
avversari. Ultimamente si parla
spesso di Fair Play (gioco corretto) espressione inglese con cui si
designa appunto una serie di regole e comportamenti da tenere
in ambito sportivo. Queste regole
si basano su principi fondamentali
del vivere civile quali: rispetto e
lealtà. Il termine oltre che nel
mondo dello sport viene utilizzato anche in altri ambiti e oggi
assume un maggior significato
visto il degrado del nostro paese,
dove gli sprechi, gli imbrogli e i
privilegi hanno raggiunto livelli
inaccettabili. È importante sensibilizzare, soprattutto i giovani al
Fair Play affinché essi siano portatori di regole e comportamenti
leali non solo nello sport, ma
nella società. Ciò può realizzarsi
con l’aiuto di genitori, dirigenti
sportivi, insegnanti, arbitri e atleti . Tutti, in base alle proprie possibilità, devono far comprendere
ai giovani che ci si può divertire
anche senza essere violenti o
sleali.
Barbetta Giancarlo
Classe IV serale
LO SPORT: non è più solo passione …
Lo sport come qualsiasi aspetto
della nostra società appare in
vesti positive e purtroppo anche
negative. Analizzando i lati migliori che lo sport sta mantenendo si
può dedurre che attualmente è in
perpetuo accrescimento il numero di persone che svolgono una
attività sportiva, è innegabile ormai che un’ adeguata pratica
sportiva influisce positivamente
sul benessere quotidiano di tutte
le persone : ne traggono profitto
i giovani nell’età dello sviluppo, gli
adulti come prevenzione ed equilibrio psico-fisico e gli anziani per
preservarsi in buona salute: “lo
sport fa bene”. Uno tra i molti
aspetti positivi risulta senza dubbio la socializzazione, chiaramente
più comune negli sport di gruppo,
in quanto, si è indirizzati a favorire un legame che comprende gli
appartenenti di una medesima
squadra, apportando una reciproca collaborazione con conseguente fiducia tra compagni :“oltre
che su me stesso posso contare
Corso serale
sugli altri”. Non è detto che una
buona socializzazione non si possa comunque riscontrare anche in
sport individuali, perché praticati
insieme ad estranei costituiscono
uno stimolo ad uscire da se stessi
religiosa visto che venivano celebrate in onore di Zeus: re degli
dei. Ma non è tutto oro ciò che
luccica! Testimonia un proverbio
italiano … Nell’odierna società si
parla di sport, ma esso risulta
favorendo legami interpersonali.
Parlando di sport e di aspetti
positivi possiamo ricordare
l’epoca in cui nascevano i primi
giochi olimpici nell’antica Grecia.
Questi giochi si tenevano ogni 4
anni e durante la manifestazione
venivano sospese le ostilità in
tutta la Grecia. Le Olimpiadi oltretutto avevano anche funzione
sovrastato da ciò che più attira :“i
soldi”. Sarà questo il più grande
stravolgimento che lo sport ha
attraversato nel corso del tempo?
Chi può dirlo, di sicuro questo
rievoca uno degli aspetti più negativi. Mire di fama, l’attrazione del
successo, una grande ricompensa
spingono ad intraprendere anche
strade non eticamente corrette,
spesso illegali. Il fair play? Dov’è
finito … Soffocato dalla voglia di
essere vittoriosi al di la della correttezza e del rispetto. Non è
quindi difficile, se questo è lo
spirito, precipitare in episodi di
violenza, o ricorrere a disoneste
assunzioni di “doping”: altra grande piaga purtroppo reale. Lo
sport ha davvero perso il suo
significato originario è quindi
necessario puntare fortemente
sulle future generazioni vista
l’importanza di ciò che si sta discutendo: “Come disse Nelson
Mandela :“Lo sport può cambiare
il mondo”. Chi ha una passione
per un’attività sportiva, deve coltivarla, praticandola in sintonia
con quelli che sono i veri valori
dello sport, ricordando che divertimento, onestà e rispetto sono
più importanti di qualsiasi vittoria.
Samuele Garofalo
Classe III Serale
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CINEMA E LETTURA, UN’ESPERIENZA POSITIVA
Educazione alla legalità: Un dibattito sempre aperto
La classe III corso serale dell’
IPAA di Scigliano ,insieme a molte
scuole della provincia, ha partecipato ad un importante convegno
sulla legalità, che si è tenuto presso i locali del cinema Citrigno di
Cosenza.
L’incontro ha chiuso il progetto
“La scuola a Cinema”, relativo
all’anno scolastico 2012/13.
In apertura è stato proiettato un
cortometraggio realizzato da
Pasquale Scimeca, dal titolo Convitto Falcone, la pellicola si è
ispirata alla storia di un ragazzo,
proveniente da
una modesta
famiglia siciliana costretto per
motivi economici a lasciare la
casa, gli affetti familiari , il proprio
paese e a trasferirsi in una scuola-convitto di Palermo.
L’inserimento del ragazzino
è
stato problematico , infatti, il
protagonista si è scontrato con
una realtà molto diversa da quella
in cui si era formato; gli episodi
di bullismo diretti alla sua persona
lo inducono ad assumere un atteggiamento ostile, simile a quello espresso dai compagni
dell’Istituto. Egli, facendo violenza
sulla sua persona e sulla sua indole buona, è costretto a modificare
il proprio carattere, in un ambien-
te teso a schiacciare il più debole
e dove solo l’educatore riesce a
leggere il suo profondo disagio.
La sua ascesa negativa sarà arrestata dall’insegnante, che lo persuaderà a indietreggiare e soprattutto a scegliere la legalità,
sull’esempio di un importante
giudice G. Falcone, che nel convitto aveva frequentato le scuole
elementari.
Dopo la proiezione è iniziata la
discussione alla quale hanno partecipato: il magistrato Dr. Ottavio
Sferlazza procuratore capo della
DDA di Reggio Calabria, Arcangelo Badolati capo redattore del
quotidiano Gazzetta del Sud e il
regista del film.
Sono stati affrontati e illustrati
vari argomenti legati alla cultura
della legalità,
sollecitando
l’interesse dei giovani studenti
presenti, che hanno formulato
specifiche domande sulla nostra
realtà regionale.
Il dibattito innescato
ha fatto
capire che fra i giovani, nonostante tutto e diversamente da
quanto talvolta si valuti erratamente, il discorso sulla legalità è
percepito nella sua rilevanza così
delicata.
L’impegno al rispetto delle leggi
deve essere costante e deve coinvolgere l’intera società a partire
dalla famiglia, alla scuola, alla politica, ai media, alle istituzioni.
Il convegno è risultato interessante e ricco di spunti su cui riflettere, in particolare da esso è emerso, che se si ha rispetto delle
leggi sin dall’ età dell’infanzia, il
nostro vivere civile sarà più sicuro.
Giuseppe Mastroianni
Classe III Serale
FILM Coach Carter - Recensione
Ken Carter ex campione di basket viene ingaggiato come allenatore della squadra nella scuola
che lo ha visto atleta di successo.
Lo scenario è Richmond, uno dei
più poveri quartieri di Los Angeles.
Il suo impegno prioritario è quello di dettare regole che azzerino
certi atteggiamenti malsani dei
ragazzi. Da qui un percorso difficile per raggiungere gli obiettivi
che si è prefisso ostacolato anche
Corso serale
da una forte dose di disinteresse
e demotivazione che riscontra
negli stessi docenti della scuola e
nelle famiglie. Alla fine “coach
Carter” con grande soddisfazione
riuscirà ad insegnare ai suoi ragazzi non soltanto le regole e i trucchi del gioco, ma soprattutto il
rispetto di se stessi e degli altri. Il
film vuole essere un richiamo ad
un certo mondo sportivo dove la
conoscenza e il sapere vengono
schiacciate dalla prestanza fisica.
Carmela Vena
Classe III serale
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IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
CINEMA E LETTURA, UN’ESPERIENZA POSITIVA
FILM Coach Carter – Recensione
La squadra di basket del liceo di
Richmond, dopo anni di sconfitte
e campionati anonimi, sale alla
ribalta sotto la guida di coach
Carter, ottenendo ben 13 vittorie
e sempre più partecipazione fra i
sostenitori. A un certo punto lo
stesso allenatore, nonostante i
successi sportivi fino ad allora
ottenuti, decide di chiudere la
palestra negando l’accesso ai suoi
giocatori colpevoli di scarso rendimento scolastico ; tutto ciò
suscita il dissenso fra l’intera comunità: genitori dei cestisti e
organo scolastico. Il film è ispira-
Corso serale
to ad una storia vera nella quale
un suggestivo allenatore richiama
l’interesse della cronaca nazionale
per aver fatto saltare alcune partite alla propria squadra perché
non aveva rispettato gli impegni
scolastici .Coach Carter é determinato ad aiutare i propri atleti a
non intraprendere la facile strada
della delinquenza, ad imparare a
superare gli ostacoli ed a seguire
un percorso di impegno e sacrificio col quale ottenere e meritare
un futuro migliore per poter così
guardare avanti con fiducia. Non
è un film per soli adolescenti, ma
il pubblico di ogni età rimane
colpito dal suo messaggio. Nel
film l’attenzione non è rivolta
solo al lato sportivo, ma si utilizza
lo
sport
per
sottolineare
l’importanza dei rapporti umani.
Infatti un valore a cui tiene
l’allenatore e che pretende dai
propri giocatori è la solidarietà.
Quando decide di chiudere la
palestra , solo pochi atleti non
hanno rispettato il ‘contratto’
stipulato ad inizio campionato, il
quale prevedeva il raggiungimento
di una media dei voti , ma anche
la frequenza assidua delle lezioni
ed il rispetto delle regole comportamentali. Ma dal momento
che lui ha un concetto ed
un’identità chiara di squadra e i
suoi ragazzi fanno parte appunto
di una squadra, il comportamento
dei pochi finisce col danneggiare
tutti. Coach Carter vuole sfatare
il luogo comune dove lo sport é
una via di fuga per lo studio, ma
anzi cerca di creare un tutt’uno
fatto di libri e palloni da basket e
tramite quel contratto vuole
dare maggiori opportunità di vita
ai giocatori, imparando loro ad
assumersi la responsabilità del
proprio futuro e a rispettare se
stessi e i loro compagni di squadra. Richmond è una città con
un alto tasso di disoccupazione e
di criminalità, dove molti giovani
non hanno entrambi i genitori e
dove numerosi dopo il liceo non
proseguono gli studi intraprendendo la via della delinquenza e
trovando spesso la morte.
L’obiettivo di Coach Carter è
quello di offrirgli un mezzo per
riuscire ad orientarsi , fargli capire che c’è qualcuno che crede
in loro. Anche se non diventeranno ricchi e famosi avranno
sicuramente una prospettiva
migliore e un futuro cambiato al
meglio attraverso la cultura
dell’impegno costante. I cambiamenti spesso sono graduali e
non repentini, basta prendere le
decisioni giuste e alla fine si farà
canestro non solo nel basket, ma
anche nella vita.
Vincenzo Garofalo
Classe III Serale
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CINEMA E LETTURA, UN’ESPERIENZA POSITIVA
Il figlio dell’altra
particolarmente movimentata in un ospedale
di confine, due neonati vengono scambiati.
La situazione è sconvolgente: un israeliano
cresce in una famiglia palestinese, un palestinese cresce in una famiglia israeliana.
Il film è una finestra aperta sulla questione
israelo-palestinese, le vicende delle due famiglie fanno riflettere sugli errori e i rancori
accumulati dalla storia.
In un alternarsi di emozioni contrastanti:
sospetto, sfiducia e soprattutto paura di aver
vissuto la vita di un altro, i due protagonisti si
sentono quasi intrusi nelle famiglie e nei luoghi che li hanno visti crescere.
Un ragazzo israeliano, durante la visita di leva Le famiglie si incontrano, ma spesso la politica
scopre di non essere figlio di coloro che lo ha il sopravvento sul buon senso, i due giovahanno cresciuto.
ni si frequentano e vivono al di là di un confiIl titolo trae in inganno, durante una notte ne odioso alimentato dai pregiudizi legati alle
differenze sociali, culturali e politiche.
Un ruolo importantissimo è quello della donna-madre che lasciandosi guidare dal cuore,
accoglie il ”figlio” dell’altra”, dove l’altra non è
una rivale, ma come lei una vittima di una
situazione paradossale.
Carmela Vena
Classe III Serale
L’amore un eterno conflitto
Il libro scritto da Milan Kundera e
che ho letto nell’ambito del Progetto “Leggere che piacere” sembra ruotare su tre concetti chiave: la leggerezza, le coincidenze e
il “Es Muss sein”. L’autore si chiede se realmente la leggerezza sia
Corso serale
meno gravosa della pesantezza,
ma sembra accorgersi di come
ogni qualvolta ci avviciniamo a
qualcosa di inconsistente, impalpabile inevitabilmente questo
qualcosa che ci attrae diviene
insostenibile e pericoloso. Cosi
come pericolose possono essere
le coincidenze, le stesse che permettono ai personaggi di questa
storia di incrociare le proprie vite
e di creare un legame indissolubile, per quanto doloroso. Tutto
ciò accade perché, così come
Tomas ripete a se stesso, Es Muss
sein, deve essere cosi. Così doveva essere la storia di Tomas e
Terenza, una storia forte tanto
quanto dolorosa. I tradimenti di
Tomas rendevano la vita ed i
sogni della compagna amari e
penosi, c’era comunque tanto
amore in quella coppia distrutta
da un sistema corrotto e resa
unica dalla passione. La vita di
Tomas si intreccia a quella di
Sabina, un’amante libera e capace
di rendere leggero il tempo di un
uomo che, per paura dei legami,
aveva detto addio ad un figlio e ad
una famiglia. Anche Franz dice
addio a sua moglie e a sua figlia e
lo fa per Sabine, credeva di trovare in lei passione e conforto. Ma
l’amata era scappata via da quello
che all’inizio le appariva un porto
sicuro, incapace però di capire la
leggerezza e l’emancipazione di
un’artista come lei. Questo romanzo ci mostra come l’amore
possa essere espresso e vissuto in
maniera diversa. Terenza amava
di più Tomas di quanto
quest’ultimo amasse lei? Si può
amare e tradire allo stesso tempo? L’amore può rendere liberi o
diventa una prigione? Quando si
ama si può mettere da parte i
propri ideali e la propria indipendenza? La devozione è una forma
d’amore? Chi è che può rispondere a queste domande? Non amiamo allo stesso modo e Tomas,
Terenza, Sabina e Franz ce lo
dimostrano. In una Praga distrutta
da ideologie malate, corrotta e
resa schiava dal comunismo, sembra quasi che a far più male sia
l’amore. Cos’è che spaventa
dell’amore? Forse la paura
dell’abbandono, il senso di inadeguatezza, l’angoscia di non essere
abbastanza. Kundera sembra quasi spronare il lettore a vivere il
momento, godere delle libertà
che la vita ci regala e amare chi ci
sta accanto così com’è. Perché
trasformare la leggerezza di un
sentimento nella pesante paura di
quello stesso amore?
Manuela Sirianni
Classe III Serale
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CINEMA E LETTURA, UN’ESPERIENZA POSITIVA
Riscoprire il piacere della lettura
In relazione al progetto “ Leggere che piacere” vorrei esprimere la mia opinione,
in
merito alla lettura del libro: “ Il cammino di
DANTE”, scritto da Caterina Misitano.
Il testo descrive in maniera semplice e chiara
tutta la struttura della prima cantica, l’inferno
e in maniera immediata, grazie alla presenza
di piccoli schizzi, introduce, il lettore in questo straordinario viaggio. Tanti sono i personaggi e le tematiche affrontate in modo breve
e utilizzando un linguaggio lineare; questo
aspetto del libro ha consentito anche a me,
che sono una persona adulta e spesso non
più abituata ad una lettura sistematica ad
avvicinarmi e riscoprire l’affascinante mondo
della lettura. Tra i vari incontri fatti da Dante,
quello che mi ha colpito è stato il canto
quinto, quando il poeta incontra i due celebri
lussuriosi: Paolo e Francesca, le loro parole e
le loro riflessioni sull’amore, un sentimento
importante per l’uomo sono secondo me
bellissime.
Ho letto in maniera veloce questo libro,
incuriosita di arrivare alla fine e spero di continuare a coltivare questa mia piccola passione.
Francesca Nigro
Classe i Serale
Studenti dell’IPAA Serale presso Cinema”Citrigno” (Cosenza)
Corso serale
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TRADIZIONI POPOLARI
Il mondo magico delle pietre
Col passar del tempo le tradizioni dei nostri avi stanno scomparendo e si affermano stili di
vita imposti dai mass media, soprattutto nei paesi economicamente più sviluppati. Tra le varie
tradizioni che hanno caratterizzato la nostra cultura, ce n’è una
che certamente risulta appartenere alle più affascinanti : stiamo
parlando delle pietre e della magia
ad esse associata. Il termine pietra, dal latino ”petra”, deriva dal
greco, ma la sua etimologia è
incerta, non si conosce con precisione la genesi di questa parola
che tuttavia è molto frequente nel
linguaggio di tutti i giorni. Spesso
ricorriamo ad allegorie e metafore come: pietra sullo stomaco,
cuore di pietra, sguardo pietrificato, testa dura come una pietra,
metterci una pietra sopra ecc. Le
pietre da sempre hanno affascinato l’uomo ; già nella preistoria
predominava l’idea che esse potessero fecondare le donne sterili, in seguito, se pur modificata, è
sopravvissuta la fede nella virtù
fecondatrice delle pietre. Probabilmente l'importanza attribuitagli
deriva anche dal fatto che esse
non hanno un ciclo vitale: non
nascono, non crescono, non
Corso serale
muoiono... "lapis aeternum”. Se
facciamo un salto nel passato,
possiamo risalire a molteplici
credenze popolari sulla loro magia . Fortuna, poteri curativi, sfortuna sono tutte situazioni legate ai
diversi tipi di pietre: ad esempio
lo smeraldo , oltre ad essere una
pietra sublime e di gran valore,
secondo credenze popolari, ha
anche qualità terapeutiche poiché
in grado di guarire le malattie
degli occhi; il rubino invece si
deperiti e rafforza il cuore; lo
zaffiro guarisce dagli orzaioli degli
occhi e rende buoni e miti. C’è
una leggenda poco conosciuta e
strettamente legata alla realtà
locale che non si riferisce a pietre preziose e fortunate, ma bensì
a una pietra semplice e maledetta.
A Scigliano, piccolo paesino sperduto nella valle del Savuto, posto
in prossimità del fiume Savuto di
fianco al ponte di Annibale , si
trova questa pietra, caratterizza-
Sant’Angelo e il diavolo,
quest’ultimo dopo essere stato
sconfitto, dalla rabbia tirò un
calcio al ponte provocando una
lesione, oggi non più visibile in
quanto riparata nel restauro del
1961. La valle venne chiamata:
“valle del diavolo” poiché si pensava che questo fosse rimasto sul
luogo fino al tempo dei Borboni.
Si crede, inoltre, che le presenti
incavature sulla pietra siano le
impronte lasciate dal diavolo
durante la sua permanenza nella
valle. Da allora, su di essa incombe una maledizione e c’è chi
giurerebbe di aver visto gente
ammalarsi o persino morire dopo
aver toccato questa pietra. Come
ogni leggenda non si sa quanto ci
sia di vero, l’unica certezza è che
“la pietra del diavolo” aumenta il
fascino del luogo e ancora oggi
suscita suggestione, angoscia e
paura.
Garofalo Samuele
Classe III Serale
pensa sia nato da una goccia di ta da particolari incavature. La
sangue vivo per cui dando energia leggenda narra che proprio sul
e vitalità rinvigorisce gli organi posto ci fu uno scontro tra
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IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
TRADIZIONI POPOLARI
La tradizione del maiale
Nella mia contrada, S. Agostino,
frazione di Scigliano, tra la fine di
dicembre e gli inizi di gennaio era
tradizione organizzare in occasio-
un grande contenitore in legno
capovolto “majilla”, legato e tenuto il più fermo possibile da più
persone mentre un esperto, fred-
ne dell’uccisione del maiale e della
sua lavorazione un calendario
programmato con una turnazione
precisa, al fine di usufruire di una
collaborazione reciproca, dal
momento che tutte le famiglie
del rione erano legate da uno
stretto grado di parentela ed
abitavano nella medesima zona.
Attraverso un atto preparatorio,
il maiale , già il giorno prima di
essere ucciso, veniva portato dal
padrone sul luogo dell’esecuzione
come per memorizzarne il percorso. Il giorno dopo, alle prime
luci dell’alba, lo si prelevava dal
luogo dove durante l’anno era
stato rinchiuso e cresciuto “u
vagliu”, tirato da una corda
“rumaniallu”, la quale passava
attorno al muso evitando così che
potesse aprire la bocca e avere la
possibilità di dare morsi. Secondo
gli antichi il maiale era cosciente
di essere sul punto di morte e in
caso di esecuzioni multiple, quelli
successivi al primo né erano ancora più coscienti fiutando quelle
precedenti. Giunti sul luogo
dell’esecuzione veniva adagiato su
do e preciso “scannature” procedeva con un taglio all’altezza della
giugulare mediante un coltellaccio
“u scannatura”. Il sangue fluente e
copioso si raccoglieva in un secchio “catu” , mescolato continuamente per evitare la formazione
di coaguli e usato poi per fare il
sanguinaccio che con l’aggiunta di
ingredienti come zucchero, vino
cotto, uva passa, cioccolato e
noci dava ad esso un sapore simile alla cioccolata densa che si
acquista nei vasetti. Una volta
arrestata la fuoriuscita di sangue,
terminati lo stramazzare e
l’agonia, il maiale ormai morto
veniva conficcato all’altezza dei
tendini delle zampe posteriori
con dei ganci e fissato attraverso
delle catene o corde in posizione
verticale su uno strumento robusto “u gambiallu” dove si procedeva anche a pesarlo. A questo
punto si effettuava un taglio al
ventre quasi per tutta la sua lunghezza per togliere tutti gli organi interni e si decapitava. Inoltre,
utilizzando acqua bollente e coltelli, veniva epilato “pilatu” cioè
Corso serale
privato delle setole “’nzite”. Dopodiché si spaccava in due metà
“menzine” e si depositava su un
tavolo adatto a lavorarlo (dove
veniva “spasciatu/spazzunatu”),
qui si prelevata una parte della
carne per poterla cucinare. Finito
ciò si eseguiva la medesima procedura per eventuali altri maiali,
altrimenti ci si concedeva una
sosta durante la quale si beveva il
vino del padrone del maiale, si
mangiavano polpette di riso e
patate intere con la buccia cotte
nella brace. Poi si procedeva alla
pulizia del luogo dell’esecuzione e
alla messa in ordine degli attrezzi.
Si arrivava così all’ora del pranzo,
preparato dalle donne, in casa
del padrone, a cui partecipava
tutto il gruppo di lavoro. Portate
in genere sempre presenti nel
menù erano pasta con polpettine
di carne e sugo, patate, carne di
maiale bianca e rossa, fegato di
maiale, sanguinaccio, insalata verde, vino , frutta di stagione e
secca. Il pranzo, accompagnato
dai commenti sul lavoro mattutino e sul rispolvero di passate
avventure e vicissitudini, si protraeva fino al tardo pomeriggio
per poi darsi appuntamento al
giorno successivo. Il giorno seguente era dedicato a lavori specifici : alle donne veniva affidato il
compito del lavaggio dell’intestino
del
maiale con l’ausilio di arance per
favorirne l’eliminazione dell’odore
poco gradevole; gli uomini invece
si concentravano sulla carne del
maiale. La carne magra veniva
selezionata, aggiunta con un po’ di
grasso, sale e pepe e impastata a
mano in un contenitore di legno
“a majilla”; dopodiché si immetteva nell’ intestino forato , legato
con spago (“Spacu”) e messo
sotto un peso per 48 ore per un
leggero scolamento, ottenendo
così le cosiddette “sazizze” e
“supressate” da appendere e far
asciugare, con leggero fuoco e
aria. Altra lavorazione era quella
“de corie”, dove la pelle del maiale con lamette subiva rasature
multiple ed energiche al fine di
renderla completamente liscia e
priva di grasso per poi farne dei
rotoli con dentro aglio, prezzemolo e grasso, legati da spago: si
ottenevano così le ” vrasciole”
che si conservavano in genere nel
vaso di grasso. Queste seguivano
lo stesso procedimento di quelle
di carne, variava solo la parte del
maiale utilizzata. Con la parte del
fondoschiena, con l’osso, si modellava “u prisuttu” che doveva
stare per quaranta giorni
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IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
TRADIZIONI POPOLARI
La tradizione del maiale
sotto sale prima di esserne ripulito e appeso a stagionare. Con la
parte corrispondente alla schiena
si modellava “u capeccuallu”, il
quale
era
rivestito
dalla
“pellicchia”, estratta dalle costole
e dalla vescica e con l’aiuto di un
tubo veniva insaccato in una rete
aderente e messo sotto sale. Poi
dopo otto giorni si effettuava un
lavaggio con acqua tiepida e aceto
e rivestito di pepe veniva appeso
a stagionare. Lo stesso procedi-
Corso serale
mento si eseguiva per “a pancetta” che si estraeva dalla zona del
maiale all’altezza delle costole.
Con la parte de “a nuce du cuallu”, invece, si faceva “u vujulu”.
Con le parti, in un certo senso di
scarto, come orecchie, piedi, reni,
cuore, si faceva “u suzzu” che
consisteva nel bollirle, insieme a
parti di carne eventualmente
disossata, in acqua, sale e aceto. Il
tutto, con la gelatina che si formava veniva conservato in vasetti.
Naturalmente la consueta procedura del pranzo in comune effettuata il giorno prima, si ripeteva
anche nel secondo giorno. La sera
poi si preparava “a quadara”, un
grosso pentolone all’interno del
quale si mettevano a bollire per
molte ore, ossa con residui di
carne , grasso e “corie”, ottenendo così nel terzo giorno “i frisuli” e “le frittule”. Era usanza riunirsi per consumarle insieme,
accompagnate a polpette di carne
al sugo rivestite di verza, altre
volte invece se ne portava una
parte alle varie famiglie quando
erano calde appena uscite. Ricordo una frase che gli anziani dicevano sempre :“Du puarcu un se
jetta nente”. Oggi questa tradizione si è affievolita in quanto le
tecniche moderne hanno cambiato alcuni modi di lavorazione. Le
abitudini tese alla condivisione col
passare degli anni si sono sempre
di più perse e la frazione si è
spopolata. Ma anche il modo di
vivere è cambiato, infatti, la vita
rurale sta scomparendo poiché si
preferisce spostarsi nelle città
per motivi di studio o lavoro. Ciò
ha intaccato le usanze antiche,
perché non c’è un ricambio dei
protagonisti di tali tradizioni, in
quanto
le nuove generazioni
inseguono spedite l’evoluzione e
il progresso.
Garofalo Vincenzo
Classe III Serale
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TRADIZIONI POPOLARI
Magia, medicina e religione nella tradizione calabrese
Nella tradizione calabrese la magia è costantemente intrecciata e
spesso confusa con la medicina e
la religione. L’idea che il popolo
aveva della malattia e dei mezzi
attraverso cui curarla determinarono la nascita di quella branca
del folklore definita “medicina
popolare”. I calabresi dello scorso
secolo, come gli abitanti delle
altre regioni, pur apprezzando la
medicina che lentamente progrediva rimanevano basiti e confusi di
fronte al mistero di fenomeni a
loro poco comprensibili. Si faceva
cosi ricorso, per la cura e
l’identificazione del problema, alle
credenze popolari e alla magia
bianca.
La medicina popolare proponeva
riti a metà fra magia e pratica
religiosa e sosteneva che tutte le
patologie potessero essere curate
attraverso l’impiego delle piante.
Nella tradizione popolare sono
diffuse
delle
particolari preghiere che vengono recitate in occasioni specifiche, soprattutto
quando
c’è
bisogno
dell’intercessione dei santi, per
porre rimedio alle cattive condizioni di salute da cui è affetto un
individuo. Il “Malocchio” è una
delle pratiche più conosciute e
più usate. Indica una sorta di preghiera recitata in silenzio, da coloro i quali conoscono questo rito,
per “curare” un soggetto affetto
da malessere psico-fisico generato da invidia e gelosia. I riti contro questo stato di malessere
sono svariati, si tramandano di
generazione in generazione. La
costante di tutte le varianti è
l’unione tra magia e religione, si
invocano infatti i santi e la vergine
Maria, la ripetizione per tre volte
della formula rimanda invece alla
Trinità.
Ripensando a queste tradizioni
non posso fare a meno di ricorCorso serale
dare mio nonno e tutti quei rimedi contro le malattie di cui mi
parlava quando ancora ero piccola e stentavo a comprendere. Mi
piaceva ascoltare le sue parole e i
suoi racconti perché provenivano
da un mondo lontano dal mio che
non avrei mai potuto conoscere a
fondo. Faceva fatica anche lui a
discernere fra magia e religione,
nonostante fosse un fervente
cattolico. Ma la dicotomia fra
sacro e profano era quasi sottovalutata o non tenuta in considerazione.
Riporto di seguito dei racconti
nonché delle formule, che mi
sono state tramandate da lui e
che custodisco gelosamente come un prezioso dono.
“Si narra che un tempo Gesù
Cristo procedeva lungo il suo
cammino e in una notte buia e
tempestosa decise di fermarsi a
chiedere ospitalità ad una famiglia
onesta e generosa. Bussò ad una
porta e lo apri una coppia, non
più giovane, di coniugi spaventati
e perplessi dell’orario con cui il
forestiero bussava alla loro porta.
Gesù chiese un letto per la notte
e si imbatté nella diversità dei due
padroni di casa. L’uomo di gran
cuore avrebbe immediatamente
offerto riparo e ristoro, mentre la
donna restia e superba si imponeva contrariata. Decisero in ultimo
di fare entrare l’estraneo e lo
misero a dormire su un letto
fatto di sotto d’acqua e sopra di
erbacce e legnetti umidi. Il mattino seguente Gesù Cristo ringraziò i due signori e senza rivelare
chi fosse se ne andò. Improvvisamente alla padrona di casa venne
un atroce dolore addominale e fu
così che il marito percepì che il
loro ospite fosse qualcuno a cui
avevano dato poca importanza e
più in generale che l’ospitalità non
era stata rispettata. Subito corse
dietro a Gesù cercando aiuto per
sua moglie e quando lo trovò
questi recitò le seguenti parole.
“Quandu Gesù Cristu caminava
riciattu nun trovava. Trovau nu
buon uomu e na triste donna, u
buon uomu volia e la triste donna
un volia. Sutt’acqua e supra saramianti passa passa dolure de ventre ca u comandu u tena Dio
Onnipotente”.
Quest’ultima formula veniva ripetuta tre volte quando a qualcuno
si
presentava
un
dolore
all’addome e non si trovava rimedio alternativo.
Alle persone che invece manife-
stavano emicrania si recitava,
sempre con la ritualità delle tre
volte e con l’ausilio di una moneta
benedetta apposta sulla fronte, la
seguente formula: “Mingrania
duve si? Alla capu du cristianu.
Alla capu du cristianu un ce stare,
va vatinde arriati mare ca c’è na
vacca corni muzza ti ce nzicchi e
ta mangi tutta”
Chi invece accusava male alla
schiena si doveva rivolgere ad un
guaritore nato da una madre che
avesse avuto un parto gemellare.
Fra i due si svolgeva un dialogo
riparatore.
G: chi tinai?
M: u stirrinatu
G: Cum’è passata a mamma
a cucchiata passa a tie u
stirrinatu
Questa pratica veniva svolta nel
frattempo che il guaritore passava
più volte con i piedi sulla schiena
del malato prostrato a terra.
L’uomo ingenuo e poco colto del
sud si trovava ad avere a che fare
con fenomeni che non erano ai
suoi occhi comprensibili, si affidava cosi alle mani della religione in
cui trovava conforto e alla magia
che gli garantiva a suo dire un
risultato. Nascono da qui i riti e
le pratiche, come quelle sopra
citate, non spetta a noi cancellarle
dal folklore popolare. Credo,
invece, che vadano tramandate
come forma di cultura e di appartenenza ad un territorio. Tocca
alla nostra intelligenza e formazione percepire che si tratta di fenomeni inverosimili e su cui non
contare per problematiche di una
certa rilevanza quali possono
essere le malattie. Con molta
probabilità spesso i malesseri
scompaiono perché la nostra
mente si convince a tal punto che
la pratica sia concretamente risanatrice, da far si che si percepisca
un immediato benessere.
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TRADIZIONI POPOLARI
Magia, medicina e religione nella tradizione calabrese
La cultura e le nuove frontiere
della scienza ci insegnano che a
tutto c’è una spiegazione. Ogni
fenomeno ha un’origine e una
risoluzione. La conoscenza ci
mette in mano tutti gli strumenti
necessari per capire i fenomeni
davanti ai quali ci troviamo. La
religione ci da spiegazioni prive di
fondamento, ma in cui crediamo a
prescindere perché la convinzione da cui si sono generate ci da
serenità e conforto. La magia
invece non ha spiegazioni, non
offre sicurezze, ma alcune volte è
un appiglio a cui aggrapparsi. Tocca a noi scegliere a cosa credere,
a cosa dare importanza. Tocca a
noi decidere se voler mescolare
sacro e profano, oppure lasciare
che le due cose corrano su binari
paralleli che non si incontreranno
mai.
Io sono del parere che nonostante occorra affidarsi alla conoscenza e alla scienza non sia necessario cancellare la tradizione. Bisogna che venga tramandata e che
ad ognuno sia data la possibilità di
scegliere in cosa credere.
Manuela Sirianni
Classe III Serale
Piccole e antiche credenze sciglianesi
Come in ogni comunità, anche a
Scigliano molteplici sono le credenze di origine antichissima,
alcune di esse sono andate perdute, altre sono ancora presenti.
Una delle tante, fa riferimento
agli animali. Si sosteneva che
quest’ultimi una volta l’anno possedevano il dono della parola,
questo dono speciale gli veniva
offerto la notte dell’Epifania, tanto
che contadini e pastori ansiosi
Corso serale
per ciò che poteva accadere,
davano abbondantemente da
mangiare ai loro animali perché
temevano che essi, una volta in
grado di parlare, potevano incolparli di avarizia.
Altre tradizioni sono legate al
Natale, la festa religiosa più importante dell’anno. Si narrava che
ogni famiglia sciglianese alla Vigilia
lasciava la tavola apparecchiata
dopo la cena, ricca di varie pietanze, credendo che dopo mezzanotte scendesse dal cielo la Madonna col bambino per sfamarsi
con i cibi presenti sulla tavola di
ogni singola abitazione. La notte
di Natale era anche quella in cui
si potevano tramandare le parole
delle formule magiche e degli
scongiuri usati contro il malocchio, conosciute anche come “u
carmu”, termine del dialetto locale. Solo se si apprendevano durante questa notte, le formule
magiche successivamente pronunciate nel momento in cui si avvertiva stanchezza, mal di schiena e
mal di testa, riuscivano a scacciare via “l’affascinu”, tradotto in
italiano l’invidia delle persone
cattive, che prendevano di mira
l’aspetto fisico o il modo di essere delle persone interiormente
più deboli e buone. Inoltre, per
salvaguardare l’animo innocente
dei bambini “ dall’affascinu”, era
consuetudine mettere nella culla
delle pietre di sale capaci di tenere lontani i cattivi pensieri. Sempre in riferimento ai bambini, le
anziane del paese raccomandavano assolutamente di non portarli
fuori di casa durante il trascorrere della notte e di non tenere i
loro panni stesi fuori ad asciugare
dopo il tramonto, perché c’era il
rischio che le “ Umbre Pagane”,
cioè le ombre pagane ( spiriti
erranti pagani) si potessero impossessare del corpo del pargolo
o provocargli strane malattie,
come febbri costanti e misteriose.
Altre credenze hanno caratterizzato e condizionato il modo di
fare e la società sciglianese. Tra
queste: quella secondo cui le
lucciole contenevano anime pie e
venivano considerate di buon
augurio; se pioveva il giorno della
Candelora, successivamente pioveva per ben quaranta giorni; se
c’era vento il tre maggio, il giorno
di Santa Croce, tale vento persisteva per quaranta giorni; nel
mese di maggio era sconsigliato
sposarsi perché esisteva un giorno molto sfortunato e nessuno
ne conosceva la data. Ribadisco il
fatto che molteplici sono le credenze locali, c’è chi le prende in
considerazione e chi non ci bada
affatto. A mio avviso, qualcosa in
cui credere a volte ci fa sentire
vivi e tramandare tutto ciò , fa si
che le tradizioni del paese non
muoiano mai.
Giuditta Damiano
Classe III serale
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IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
TRADIZIONI POPOLARI
La tradizione "della mmacuata"
C'è un termine, che forse più di
qualunque altro, solo nel leggerlo
o nel pronunciarlo, ci trasporta
in modo quasi automatico, nel
passato. Questa arcana parola è "
tradizione".
Già l'etimologia del nome ci
proietta indietro nel tempo; essa
deriva dal latino traditio che indica appunto l'atto di "tradere" il
cui significato è " tramandare ai
posteri". In parole povere significa
trasmettere alle generazioni future, gli usi, i costumi, le abitudini e
le cerimonie di un popolo. Quindi
ricordare una tradizione significa
vivere oggi quello che gli antenati
ci hanno tramandato negli anni.
Essa ha comunque sempre una
origine nel tempo, ecco, appunto,
che la memoria ci porta ad attraversare uno spazio temporale. Ad
esempio, la tradizione di mangiare
l'agnello a Pasqua
trae origine
dalle parole che Dio disse a Mosè
durante la schiavitù degli Ebrei in
Egitto e cioè che ogni famiglia,
per la Pasqua, avrebbe dovuto
consumare un agnello. Questa
usanza è stata trasmessa si dalla
Bibbia, ma maggiormente dalle
Corso serale
generazione passate. E’ attraverso
il far rivivere le tradizioni, le quali
non hanno certo la pretesa di
acculturare , perché la loro trasmissione spesso è avvenuta oralmente e senza alcun documento
scritto, che si riesce a capire le
abitudini di un popolo, le aspirazioni, le tendenze e tante altre
informazioni. Sono le tradizione
che spesso e volentieri riescono
ad esprimere con semplicità quello che ha di più intimo l'animo di
un popolo e di una comunità.
Il periodo dell'anno in cui si rinnovano di più le tradizioni è senza
dubbio quello di Natale che inizia
già dal 29 novembre, primo giorno della novena dell'Immacolata.
Molte sono quelle che si rinnovano localmente nelle singole città ,
paesi , addirittura, nelle piccole
borgate o frazioni. In esse comunque il riferimento è sempre al
passato, che spesso è "remoto",
ma può essere anche "passato
prossimo" e trasmetterci una
usanza venutasi a creare in una
piccola comunità, non da tempi
antichissimi, ma che man mano è
andata consolidandosi negli anni
tanto da meritare così, di entrare
a far parte delle tradizioni. È quello che è avvenuto, con la festa
dell’Immacolata, a Rogliano, uno
dei piccoli paesi della valle del
Savuto, anche se va premesso
che essa è vissuta in modo abbastanza intenso anche in altri centri. Tante sono le tradizioni,
legate a questa festa, che ci sono
state tramandate, fra esse ricordiamo
l'usanza detta della
"Jacchèra" che consisteva
nell’accendere, la sera della vigilia
della novena, nove "Stizze", cioè
nove scaglie di legno, tagliate con
l'accetta (appunto "Jaccate" ) da
un tronco resinoso di pino, ognuna rappresentava un giorno di
novena. In alcune zone ne veni-
vano tagliate e accese una per
ogni componente della famiglia e
collocate, come segno benaugurante, sui davanzali delle finestre
o davanti all'uscio delle case. Anche a Rogliano, come già accennato, l'atmosfera natalizia incominciava e tutt'ora incomincia ad
avvertirsi molto presto e ciò
avviene con l'accensione della
tradizionale "focara" alla vigilia
della novena dell'Immacolata. Una
filastrocca popolare recita così:
Sant'Andria portau la nova
ca lu sei è de Nicola
ca lu ottu è de Maria
e lu tridici è de Lucia
allu vinticinque lu veru Messia.
Il novenario è partecipato da tutti
anche perché l'Immacolata Concezione è la Protettrice del paese.
A questo novenario nessuno
doveva (e deve) mancare. Una
volta questa occasione diventava
un pretesto per le giovani
"donzelle" del paese, per poter
uscire di casa anche di sera
(altrimenti dopo l'imbrunire non
era permesso) . Questa rappresentava per loro un' occasione
per farsi corteggiare dai ragazzi
per cui durante questi giorni di
festa
succedevano molti
"innamoramenti". Ma la novena
purtroppo, durava appena nove
giorni è le ragazze erano consapevoli, che per poter avere un'altra occasione dovevano attendere
l'anno successivo! Ecco, allora
che qualche coppia di fidanzati era
costretta a prendere, anche se
frettolosamente, una decisione:
compiere la cosiddetta fujitina e
mettere così i genitori davanti ad
un fatto compiuto. Tutto ciò si
ripeteva negli anni successivi,
infatti, già molti giorni prima della
novena la gente iniziava a porsi
con curiosità un quesito : "chissà
quest'anno a chi tocca!”. Questo
evento è andato sempre di più
consolidandosi nel tempo tanto
da diventare una consuetudine,
fino al punto che oggi, nonostante
le coppiette, definite "dei tempi
moderni", hanno la possibilità di
incontrarsi quando e quanto vogliono, molte di loro aspettano
comunque la novena dell'Immacolata per "mettersi insieme" (cosi
come si dice oggi) perché sono
consapevoli che questo è un periodo beneaugurante per il futuro
della coppia,
Questa tradizione è fra quelle
che si può dire essere nate quasi
per caso, anzi si può tranquillamente affermare che è stata inventata da una piccola comunità,
per poi entrare a far parte, a
pieno titolo , della storia di esse .
Comunque sia, l’importante è
tenere sempre vive le tradizioni ,
le quali, forse più di ogni altra
storia, ci fanno conoscere meglio
le origini di un popolo.
Giuseppe Mastroianni
Classe III Serale
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IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
TRADIZIONI POPOLARI
U fidanzamentu de na vota
Evoluzione e progresso sono due
condizioni essenziali alla sopravvivenza e permettono di migliorare
la qualità della vita, tuttavia esiste,
come sempre, il rovescio della
medaglia: l’avvento dei massmedia, di nuovi mezzi di comunicazione (cellulari e internet),
l’istituzione di nuove attrattive
hanno modificato in maniera significativa gli usi ed i costumi
tipici dei piccoli paesi di provincia,
facendo andare perdute molte
tradizioni. Tra queste, quella legata al fidanzamento, caratterizzata
da rigide regole e riconosciuta
perfino dalle famiglie di classe
agiata (nobiltà e media borghesia).
I giovani e le giovani fanciulle di
un tempo non avevano diritto di
scegliersi, come avviene oggi: i
matrimoni venivano combinati
dalle famiglie, sulla base di precisi
calcoli economici, e il fidanzamento non era un periodo di conoscenza, bensì un preciso rituale.
Assolto il servizio militare, i genitori del ragazzo sceglievano per
lui la futura sposa, che doveva
essere sana e robusta, doveva
possedere una buona dote e qualche pezzo di terra, ma soprattutto doveva essere figlia di una
famiglia onesta e di madre integerrima. Non a caso, la ragazza
veniva scelta generalmente nello
stesso paese, e preferibilmente,
nello stesso rione, per non avere
poi spiacevoli sorprese, visto che
era cresciuta sotto gli occhi della
famiglia del giovane. Diverse potevano essere le modalità attraverso cui la fanciulla veniva “fatta
zita”. Se un giovane mostrava
interesse per una fanciulla, ad
organizzare l’incontro fra i due
poteva essere la “’mmasciata”,
ossia
una
donna
dedita
all’imbasciata e consigliera di famiglia che spesso si rivelava fatale
per la riuscita del fidanzamento
(essa, infatti, poteva, attraverso la
calunnia e sempre con l’aiuto
della famiglia di lui, far fallire o
Corso serale
mandare in porto il fidanzamento
stesso). Un altro metodo di fidanzamento, stavolta senza il coinvolgimento dei diretti interessati, era
quello secondo cui il genitore del
ragazzo andava a porre, davanti
l’abitazione della ragazza, un ceppo di legno. Se entro due giorni i
genitori di lei portavano il ceppo
dentro casa significava che la
proposta di fidanzamento era
stata accettata, in caso contrario
significava che la ragazza aveva
respinto la proposta. Un’altra
tradizionale forma di fidanzamento voleva che il giovane si recasse
a casa della ragazza prescelta
trascinando due grosse travi in
legno (a significare che era pronto
a sposarsi ed in grado di costruire
una dimora dove far vivere la sua
famiglia) e dopo aver chiesto il
consenso ai genitori di lei, se
questi rispondevano positivamente, egli portava le travi dentro
casa, altrimenti continuava il suo
percorso tentando con un’altra
ragazza. E’ evidente come questi
metodi fossero basati solo su
interessi economici e come la
volontà dei futuri sposi fosse del
tutto marginale, totalmente sostituita da quella dei rispettivi genitori. Esisteva, tuttavia, una consuetudine più romantica e che,
sebbene sempre supervisionata
dalle famiglie, vedeva protagonisti
i due giovani e rimane, a mio
avviso, una delle tradizioni più
belle della nostra terra: il giovane
innamorato, per conquistare
l’amore di una ragazza, le cantava
le sue intenzioni amorose, organizzando una serenata in suo
onore. Per alcuni giorni il ragazzo
passeggiava sotto il balcone della
ragazza
prescelta,
finché
quest’ultima non gli rivolgeva lo
sguardo, dimostrandosi, così, non
indifferente al corteggiamento. A
questo punto, il ragazzo sapeva
che era giunto il momento di
compiere il fatidico passo e organizzare la Serenata. Un gioco di
regole, dunque, attraverso il quale
il giovane, che assolutamente non
aveva (e non poteva avere) la
stessa sicurezza e spavalderia dei
giovani d’oggi, vinceva ogni sorta
di timidezza o di contraddizione
e, recandosi in piena notte sotto
il balcone della sua amata incominciava a cantarle tutto il suo
amore, a costo di rischiare di
essere respinto o di subire l’ira
del padre. Era un momento di
trepidazione e ansiosa attesa per
il ragazzo, nel cui animo convivevano per lunghissimi minuti il
timore del rifiuto e il desiderio
che la fanciulla si affacciasse
(segno che aveva accettato il
fidanzamento). Attraverso la Serenata l’amore veniva ufficializzato e corrisposto in un rituale a
cui partecipavano tutti, dai genitori, ai vicini e a tutta la comunità.
La Serenata costituiva, dunque, un
mito oltre che un rito di aggregazione e di garanzia della sopravvivenza del gruppo. Ufficializzata la
promessa, i due giovani non avevano più la possibilità di ripensarci, pena il disonore della donna,
che non avrebbe più avuto corteggiatori. Ma anche il fidanzamento aveva delle regole ben
precise: i promessi sposi si potevano vedere, alla presenza dei
genitori, solo una volta alla settimana e non avevano possibilità di
stare vicini, di scambiarsi confidenze e tantomeno carezze. Persino gli sguardi erano controllati
ed ogni atteggiamento provocatorio veniva poi biasimato e aspramente rimproverato. I rituali si
protraevano, poi, anche nelle fasi
antecedenti la cerimonia del matrimonio e durante la cerimonia
stessa. Qualche giorno prima
delle nozze era, infatti, usanza
comune che il corredo delle future spose venisse portato in corteo per le vie del paese su canestri
e ben esposto alla vista di tutti,
dalla casa della sposa a quella
dello sposo. Le tessitrici portavano in dote il telaio ed un materasso (’u saccunu) riempito con foglie di granturco. Inoltre gli usci di
casa degli sposi venivano adornati
con festoni e fiori, mentre lungo il
tragitto dalla casa alla chiesa si
allestivano archi floreali. Il banchetto nuziale, poi, si teneva in
casa e il pranzo era a base di
maccheroni, carne d’agnello o di
capra, noci, fichi secchi, castagne,
taralli, vino e dolci fatti in casa.
Durante la prima notte di nozze,
infine, il compare d’anello o un
amico fidato dello sposo organizzava un’altra serenata sotto la
casa dei novelli sposi: appuntamento, questo, a cui non ci si
poteva sottrarre nonostante le
fatiche del giorno del matrimonio.
Così, oltre che strumento romantico del corteggiamento da parte
dell’innamorato, la serenata era
anche quella post-matrimoniale
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IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
TRADIZIONI POPOLARI
U fidanzamentu de na vota
allietare gli sposi che accoglievano nella nuova casa gli ospiti,
ricevendoli con tante pietanze e
del buon vino e festeggiando sino
allo spuntar del sole. Oggi tali
rituali sono andati quasi completamente perduti, i giovani scelgono da soli i propri compagni di
vita, senza alcun condizionamento
da parte dei genitori né valutazioni di tipo economico o sociale.
Anche il fidanzamento ufficiale
avviene nel modo più naturale
possibile , ed i fidanzati sono
liberi di incontrarsi e di uscire
insieme. Nello specifico, la tradizione della serenata sopravvive
solo in sparute comunità, dove,
comunque, non ha più il profondo
valore originario. I ragazzi che,
oggi, decidono di dedicare una
serenata alla donna amata sono
dei nostalgici di una tradizione
che ha ormai perso la propria
ragion d’essere, ma che rimane
un baluardo di romanticismo e
attaccamento alle proprie origini.
Tra le Serenate d’autore, come
non citare “A spuntunera” e Garofalicchiu miu. Personalmente
sono molto legato alle tradizioni,
che ritengo vadano conservate
gelosamente come un tesoro
prezioso, come un album di vecchie foto che ci ricordano da
dove veniamo e ci restituiscono,
quel bagaglio di valori che troppo
spesso, risucchiati dal tran tran
quotidiano, finiamo per dimenticare. Usanze d’altri tempi, sì, ma
è da quei tempi che veniamo. Ho
racchiuso queste mie riflessioni in
due canzoni, composte per il film
che ho girato qualche anno fa e
che riguarda proprio il matrimo-
nio di una volta, in particolare la
“fuitina” e che sono, rispettivamente, una serenata e la sigla di
chiusura: “Rapa ssa finestra” e
“Cantu”.
Giuseppe Salfi
Classe III Serale
L’antico mestiere dei “CROZZARI”
Il trascorrere del tempo e soprattutto la modernizzazione hanno
portato lentamente alla scomparsa di antichi mestieri che erano
tramandati da generazione in
generazione. Oggi i mestieri che
un tempo venivano svolti da artigiani che seguivano una tradizione, sono passati completamente
in mano alle industrie che gestiscono rigorosamente tutte le fasi
della lavorazione, a partire dalla
materia prima. Questo processo
di industrializzazione riguarda
anche l’antica arte della produzione della pipa di radica di erica. In
passato la ricerca della materia
prima veniva svolta da persone
umili ed economicamente meno
fortunate, ciò ha portato alla
nascita di un vero e proprio mestiere che, nella nostra terra, era
chiamato dei“ CROZZARI “. In
determinati periodi dell’anno,
compresi tra l’autunno e
l’inverno, i crozzari cercavano di
guadagnare qualche soldo in più
andando tra i boschi alla ricerca
della radica di erica, con la quale
costruivano queste famose pipe.
Il legno richiesto era una parte
particolare dell’erica arborea ,
pianta cespugliosa tipica del mediterraneo, cioè un’ escrescenza
Corso serale
della radica a forma tondeggiante
che ricorda molto la forma di una
testa, per questo detta in dialetto
calabrese “CROZZA “ da cui
deriva il termine CROZZARI.
Questa parte è come un “ diamante vegetale” per il suo elevato
valore, poiché si forma solamente
in piante vecchie di almeno
trent’anni. Una volta estratta i
Crozzari provvedevano a una
prima selezione, scartando le
“Crozze “che presentavano difetti
(esempio nodi), mentre quelle
migliori venivano ripulite, con l
‘aiuto dell’accetta, ottenendone
cosi un primo abbozzo. Questa
fase richiedeva una grande abilità ,
infatti i Crozzari erano dei veri e
propri maestri dell’accetta, anche
se purtroppo quest’ultima sfuggiva andando ad amputare parzialmente o totalmente il pollice
della mano che sorreggeva la
crozza; la mancanza di questo
dito era un segno distintivo, tipico, di chi svolgeva questo mestiere . Dopo averla ripulita veniva
messa a seccare sotto terra per
almeno un anno per evitare che la
stessa si spaccasse durante l'asciugatura . Terminato il periodo di
stagionamento veniva recuperata e venduta agli artigiani specializzati che dovevano completarne
la lavorazione. Ma la Crozza era
ancora lontana dall’essere trasformata in pipa, poiché questi artigiani dovevano provvedere a una
bollitura della radice. Il tempo di
bollitura era un segreto gelosamente custodito, in quanto solo
se era eseguita perfettamente si
poteva ottenere un legno solido e
privo di spaccature. Dopo questa
fase era necessario un secondo
periodo di stagionatura lungo due
o tre anni, alla fine del quale si
procedeva all’intaglio del legno
per formare la pipa. La produzione di questo tipo di pipa viene
ancora fatta, ma senza la figura
del “Crozzaro “ che nel tempo è
andata svanendo, visto che le
grandi aziende provvedono alla
coltivazione e a tutte le fasi di
creazione della pipa di erica.
Flavio Scarpino
Classe III Serale
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IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
POESIA E RACCONTI
A puzza de li voti
‘Za ‘Ntonetta alla putiga l’atru
iurnu m’ha zinnatu
e po fore avanti a porta citu citu
m’ha parratu:
“tegnu a figliumma maruzzu ca
‘ntra lista l’hannu misu
e tu nu votu m’ade dare pe tie
tantu unn e’ nu pisu.”
Ma muglieramma Santina cu nu
tonu disperatu
m’ha gridatu stamatina e m’ha
dittu:” si ‘nciotatu,
pe la secia du comune minti e
parte u San Giuanni,
male tratti a Parmarinu cu canusci
a quarant’anni”.
Quattru passi versu a chiazza e
trovatu a francischina
tutta bella e ‘mprofumata alle
dece da matina
cu li tacchi e lu rossettu , de luntanu un paria illa,
tenia carte de ste liste stritte
stritte alla titilla
Dicia bonu Santinella forse i sensi
E guardannu da stratella, dintru u
bar e Parmerinu,
e notatu ca Cuncetta sta parrannu cu Toninu.
Illa grida a vuce forte se lamenta
du comune:
“manca l’acqua a quattru iurni e
un se vistu mai nessunu”
Intervena Parmarinu :” duna u
votu allu barune
e tranquilla ca de acqua ti ne
inchia lu vallune,
,
aiu perdutu
pe na cosa ca alla fine nente e
bonu m’ha portatu.
E mentre tutti su impegnati le
è avucatu a catanzaru e le leggi e pe si voti a tanti iurni s’ha scorda- stentine a se scippare,
fa cantare
tu u quatrarellu,
chissa puzza de li voti fra tri iurni
su mannamu allu comune tutte e s’ha scordatu u San Giuanni pe lu a de passare.
cose po’ conzare”
votu du barune,
iu c’é dittu ca Iacintu a de ire allu
Chissa cosa un po passare, mo ce comune
dicu puru a mia
Giuseppe Salfi
c’avucatu e catanzaru u lu po vide A studiatu de dutture tantu tantu
Classe III serale
mancu a zia
c’e’ sa fare
è avucatu cu pastette e un è cosa quannu u chiamanu d’urgenza can
de pensare
a vacca a de figliare.
ca alla secia du comune se po jire Parmarinu a de capire ca u lu
ad assettare.
parru propriu e nente
finu a quannu nun capiscia ca u
Parmarinu m’e’ compare m’ha
barune e nu fetente.
battiatu a Pinuzzellu
Non rinunciare mai
Ritornare a scuola ha rappresentato per
me una grande soddisfazione.
Da ragazzo abitavo in montagna, lontano
dai centri urbani in una piccola frazione di
Martirano Lombardo (Cz) priva di servizi di
collegamento con trasporti pubblici, ciò mi
ha impedito di frequentare la scuola e
cosi sono stato costretto a lavorare precocemente, rinunciando forse passivamente alla
possibilità di studiare.
Ricordo l’età adolescenziale con un senso
di amarezza , sono stati anni difficili , avevo
solo sedici anni quando mi sono allontanato
dal mio paese e mi sono trasferito a Falerna
Marina, località dove sorgono diversi hotel, e
Corso serale
dove ho iniziato a lavorare nel periodo estivo e vi sono rimasto per quattro anni fino
alla partenza per il servizio militare.
La vita e il lavoro mi hanno condotto su
altre strade rinunciando alla possibilità di
avere una formazione culturale.
Oggi, ritornare a scuola rappresenta per
me una sfida personale, tornarvi dopo tanti
anni con una famiglia e figli risulta talvolta
difficile e complesso, ma mi riempie di gioia
e di una soddisfazione immensa.
Ritornare a scuola e quindi mettersi in gioco
è straordinario , frequento la seconda classe
del corso serale e vi ho trovato dei compagni
eccezionali, maturi e profondi conoscitori
della vita per i quali nutro il massimo rispetto.
I professori sono fantastici, spiegano in modo semplice e senza metterci in disagio di
fronte alla difficoltà di approccio allo studio.
Ho compreso che nella vita non bisogna rinunciare mai e tutto può essere affrontato
con tenacia e perseveranza.
Tommaso Villella
Classe II Serale
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IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
POESIA E RACCONTI
Rosinella, la bidella
Rosinella, sciglianese
da piu' generazioni
era una donna
non tanto bella
ma con un gran cuore
si sentiva felice
Il tempo passa inesorabilmente
sono pochi i ricordi
che permangono nella mente
ma l'immagine di Rosinella
la custodisco sempre nel
nel mio cuore.
Intelligente e attenta
aveva capito
il vero senso
della vita
Assunta Aragona
Classe II Serale
La sua era stata
una gran sofferenza
orfana e senza soldi,
tra miseria e dispiaceri
cercava di viver dignitosamente
Bombe, fame, distruzione
erano all'ordine del giorno
ma il sorriso
non le spariva mai
Una parola dolce e affettuosa
per tutto il vicinato
e un amore sconfinato
per il fratello prigioniero
I bambini erano la sua passione
non aveva goduto
della gioia d'esser madre
e accudiva
con immenso amore
scolari e nipoti
La mattina era una festa ,
tutti davanti al cancello
la chiamavano a gran voce
"ROSINELLA,ROSINELLA"
e lei per un attimo
Scigliano, ieri e oggi nel mio cuore...
Bella e ricca
è la mia Scigliano,
sole e brava gente
in ogni sua frazione
Tante le sorgenti d’acqua
limpide e cristalline,
fitti boschi di varia natura
e terre coltivate
a mo’ di giardino
Vigneti ricchi di buon vino,
campagne con
animali d’ogni specie,
utili per la mensa
e il lavoro del contadino
Strade costruite con
inerti di cava e
pietre del Savuto
pulite e ben curate,
un tempo molte affollate
Crozzari, pellari, pettinari,
artigiani d’ogni tipo, botteghe
varie,
ventuno chiese, tre conventi,
il Ginnasio,
il Monte dei pegni e dei depositi,
la pretura, il carcere ,
sei sempre stata
un centro di cultura e
d’incontro
per silani e cittadini
Oggi, mia bella Scigliano
sei meno popolata,
molti sono andati via
ma rimani sempre
il paese mio, custode
di ricordi sempre belli
Fernando Perri,
Fernando Talarico
Classe II Serale
Le tue origini sono antiche
risali all’epoca romana
e tant’acqua è passata
dal ponte di Annibale…
Molti i professori, i medici, gli
avvocati
ed esperti d’ogni cosa
che han vissuto
e studiato a Scigliano
Corso serale
pag 21
IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
POESIA E RACCONTI
Ricordi di un tempo lontano
La memoria con il passare del
tempo cancella tanti ricordi scegliendo quelli più vicini, altre volte
il passato lontano rimane impresso in maniera profonda …
Ricordo l’affetto di mia nonna,
dolce e premurosa che mi riservava un piccolo dono: dei fichi.
Nei momenti di paura causati dai
bombardamenti mi spingeva a
correre velocemente al rifugio, lei
camminava con difficoltà ed io
volevo che mi seguisse, ma , mi
rassicurava dicendomi, che la sua
vita era già compiuta e dovevo
pensare solo a me che ero un
bambino.
Un’ immagine
frequente che
ricorre nella mia mente è la corsa verso il forno dove ricevevo la
mia abbondante colazione: una
fetta di pane, morbido e croccante.
e che si poteva mettere nello
stomaco.
Il momento più lieto della mia
infanzia è legato alla vendita dei
gelati, Giacomino il gelataio del
paese consegnava a me e al mio
amico Ugo dei coni da vendere;
noi con dei piccoli accorgimenti
preparavano dei gelati più piccoli
e la rimanente parte la vendevano
nei bicchieri, per avere così un
piccolo guadagno.
Oggi tutto è cambiato: la società,
la famiglia, i rapporti tra le persone, si vive nonostante la crisi, nel
benessere, ma la semplicità di
quei tempi è ormai lontana.
Il menù del pranzo era sempre
sconosciuto: cardoni con patate,
polenta di castagne, frese preparate con farina di lupini e talvolta
pasta e fagioli. Se in casa non vi
era nulla si ricorreva a piccoli
furti: prugne, mele, pere, ciliegie
tutto ciò che la campagna offriva
Fernando Perri
Classe II Serale
Un’altra opportunità
Ho sempre pensato che la scuola
ha un ruolo fondamentale
nell’istruzione dei giovani , sia
perché sono loro che costruiranno il mondo futuro, sia perché
rende gli uomini uguali. In passato
Corso serale
solo chi apparteneva a ceti alti
poteva usufruire dell’istruzione.
Sono molti gli adulti che non
hanno potuto studiare e che sentono un grande bisogno di riscatto. Io sono uno di questi, ho rag-
giunto un’ età adulta e dopo una
lunga interruzione lavorativa,
sono tornato tra i banchi poiché
ho capito che l’istruzione accresce le possibilità professionali e
contribuisce alla lotta contro
l’emarginazione. La nostra società
è soggetta a continui cambiamenti, con diritti minacciati da tutte le
parti, con un divario sempre più
accentuato fra ricchi e poveri. In
questo contesto ci si può salvare
solo acquisendo un’adeguata istruzione e un senso critico che
ci garantiranno la libertà. A questo proposito mi viene in mente il
maestro Manzi che diede il coraggio a milioni di persone, ormai
adulte e libere dagli ostacoli della
vita , di prendere in mano carta e
penna per imparare a leggere e
scrivere. Ho una grande forma di
rispetto per la cultura poiché non
mi è stato permesso di accedere
ad essa e per tutta la vita ho cercato di colmare questo vuoto.
Oggi, iscrivendomi e frequentando il corso serale di questo istituto cerco finalmente di superare
quel senso di inadeguatezza culturale che ha caratterizzato e
condizionato la mia vita.
Mi è stata data un’altra opportunità………
Martini Paolo
Classe IV serale
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IPAA SCIGLIANO Anno Scolastico 2013/2014
POESIA E RACCONTI
Il valore dell’istruzione
L‘importanza di una educazione rivolta ai
giovani deriva dal fatto che attraverso la loro
formazione si può incidere sulla costruzione
della società; a tal fine l’educazione riveste un
ruolo nevralgico per le future generazioni.
“Una educazione affinché sia vera deve corrispondere a ciò che di umano c’è in noi”.
Ho 50 anni e dell’educazione ne ho fatto un
principio di vita, perché tutta l’esistenza
dell’uomo è determinata da essa. La scuola
ha il compito e la responsabilità di aiutare ed
educare i giovani . Per me aver ripreso gli
studi a quest’età significa accettare anche
questa sfida perché l’istruzione non riguarda
solo i giovani, ma tutti coloro che si relazionano con essi , bisogna guardarli e saper
individuare le diverse inclinazioni e i propri
modi d’essere. Per educare occorre proporre
adeguatamente il passato perché senza la sua
conoscenza il giovane cresce disorientato
privo dei valori di riferimento culturali. E’
Abbracciando consapevolmente la conoscenza in ogni sua dimensione che si ha la possibilità di guardare con occhi nuovi la realtà: un
universo da scoprire e valorizzare con l’aiuto
dell’istruzione. La scuola deve proporre ai
giovani il passato attraverso il vissuto contemporaneo; solo così si può sviluppare il
senso critico. Fino a dieci – undici anni, il
bambino può ripetere: ”l’ha detto la mamma,
l’ha detto la maestra”. Per natura, chi ama il
bambino lo educa raccontando quello che di
meglio ha vissuto nella vita, quello che di
meglio ha scelto nella vita. Ma ad un certo
punto il bambino diventa adulto e si trova
con un sacco pieno di tutte le cose che ha
sentito e visto dai più grandi, è costretto cosi
a rovistarci dentro; questo significa crescere
cioè prendere coscienza delle cose , e ciò
non ha un significato negativo. La scuola ha il
compito di far rovistare il giovane dentro il
sacco e con senso critico confrontare quel
che vede dentro di se e poter finalmente
dire : “è vero, non è vero, dubito” , cosi facendo il ragazzo diventa uomo. Senza questi
fattori, passato, presente e senso critico , il
giovane è “foglia frale lungi dal proprio ramo” (“Dove vai tu” di G. Leopardi ), vittima
del vento dominante, della sua mutevolezza,
vittima di un’opinione pubblica generale creata dal potere reale. La scuola ha il compito di
liberare i giovani “dalla schiavitù mentale”,
dalla omologazione che rende dipendenti
dagli altri. Per me fare questa esperienza al
corso serale significa questo.
Francesco Scalise
Classe V Serale
Corso serale
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IPAA Scigliano corso serale - Omnicomprensivo Bianchi