Questo opuscolo è stato realizzato nell’ambito delle attività di divulgazione
previste dal progetto META - Monitoraggio Estensivo dei boschi della
Toscana a scopi fitosanitari e dal sottoprogetto Alta Versilia
DiBA
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e l’Innovazione nel settore Agricolo-forestale
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LE PRINCIPALI MALATTIE FUNGINE DEL CASTAGNO
Il progetto è finanziato dalla Comunità Europea
Regolamento (CE) n. 1257/99 - Piano di Sviluppo Rurale
della Regione Toscana 2000/2006 - Misura 8 - Selvicoltura
difesa delle foreste
Le principali malattie fungine
del castagno
colorazione scura, si disidrata, si deprime e si
fessura fino a mettere a nudo il legno causando
la morte della parte epigea.
In Toscana il castagno copre una buona parte
del territorio forestale e grazie alla possibilità
di essere coltivato a ceduo o a fustaia ha ben
servito per secoli le esigenze del mondo rurale
e montano, estendendosi sia dalle aree meditterranee dell’isola d’Elba e della Maremma, fino
alle quote più alte dell’Appennino e dell’Amiata.
Nonostante la sua robustezza il castagno ha
subito negli ultimi 100 anni gravi attacchi da parte
di alcuni parassiti fungini, per lo più introdotti da
altri continenti, che hanno inciso in modo notevole sulla sua vitalità riducendone in modo visibile
l’areale di coltivazione.
Attorno alla parte necrotizzata si sviluppano le
fruttificazioni del fungo riconoscibili come piccoli
cuscinetti (circa 1 mm) micelici giallo-rossastri
emergenti dalla corteccia morta. Tali strutture
si sviluppano specialmente durante i periodi
umidi con temperatura mite. All’interno dei
cuscinetti si differenziano i picnidi, da cui
vengono emessi all’esterno i conidio-spore
fusiformi (di 3,5 µm di lunghezza), immerse in
una goccia mucillaginosa o riuniti in cirri.
In condizioni favorevoli di temperatura e umidità
il fungo può continuare il suo ciclo sopra fusti
e rami morti, anche tagliati ma ancora con corteccia, accumulati in cataste.
Le principali malattie fungine di rami e fusti
Alla dispersione dei conidi e delle ascospore
concorrono vari agenti, soprattutto insetti, ma
anche acari, lumache e uccelli che si imbrattano
e trascinano con il loro corpo la mucillaggine.
Cancro corticale
La malattia più pericolosa per il castagno è
costituita dal cancro della corteccia provocato
dal fungo ascomicete Cryphonectria parasitica
(Murr.) Barr. conosciuto un tempo come
Endothia parasitica (Anderson & Anderson).
Questo patogeno, che è di origine asiatica, ma
è giunto in Europa negli anni trenta dal nord
America con il trasporto di materiale infetto, è
responsabile di una grave patologia che per
molti anni ha fatto temere per le sorti del
castagno nel nostro ambiente.
L’azione del fungo sulla corteccia dei giovani
fusti e dei rami provoca delle necrosi (cancri)
che si estendono fino a circondare i rami. La
corteccia degli organi colpiti assume una
Castagneto invernale
Anche l’acqua piovana contribuisce alla diffusione dell’inoculo disperdendolo, in minutissime goccioline o trascinandolo verso il basso,
sulle piante infette. Persino l’uomo, trasportando
da un luogo ad un altro porzioni di piante infette,
o utilizzando utensili contaminati, può diventare
vettore della malattia.
Fortunatamente da oltre mezzo secolo (anni
cinquanta) la malattia, dopo un periodo altamente epidemico, ha cominciato un lento regresso e in alcune zone non è più considerata
un pericolo così devastante. Alcuni ceppi di
Cryphonectria, infatti, sono risultati a loro volta
infettati da particelle virali (un particolare dsRNA invade il citoplasma del micelio) che ne
hanno attenuato la virulenza. Il fenomeno,
studiato in Italia e poi in Francia (BIRAGHI, 1956;
GRENTE, BONFACIO e TURCHETTI), riguarda ormai in
modo più o meno esteso tutti i castagneti della
penisola.
La contemporanea presenza in bosco di ceppi
aggressivi e di ceppi ipo-virulenti e la possibilità
che un ceppo perda nel tempo la sua aggressività, ha fatto sì che l’aspetto sintomatologico
della malattia appaia alquanto articolato.
Tipologie di cancri
Allo stato attuale, nei castagneti della Toscana
si possono trovare tre aspetti sintomatologici:
1 - Cancro normale
Viene così definito quello causato da ceppi
virulenti del patogeno. Si caratterizza per arrossamento della corteccia infetta, imbrunimenti
e depressioni della zona colpita, evidenti fessurazioni e abbondante produzione di picnidi
rossastri. Scortecciando con un coltello la corteccia risulterà necrotizzata anche in profondità,
fino al legno, si potrà osservare inoltre un micelio
feltroso color crema con le estremità che formano dei “ventagli”. Il cancro talvolta è coperto
Le piante colpite dai ceppi ipo-virulenti subiscono
danni attenuati e hanno tempo di reagire all’infezione fungina producendo calli e barriere di sughero che, nel caso di infezioni da ceppi virulenti,
la pianta non aveva il tempo di sviluppare.
I ceppi ipo-virulenti sono generalmente poco
attivi, oltre ad una minore aggressività sviluppano colonie meno appariscenti e producono
un minor numero di fruttificazioni. Fortunatamente però sono in grado di trasmettere il
carattere dell’ipovirulenza (ds-RNA) come un
“contagio” attraverso la formazione di anastomosi tra ife di miceli compatibili, allorché
vengono in contatto con ceppi normalmente
aggressivi.
Cancro normale su polloni di castagno: in evidenza l’area uccisa dal fungo
da un ciuffo di rametti epicormici che si sviluppano, attorno all’area necrotizzata, per la spinta
della linfa ascendente dalla zona ancora viva
della corteccia. Se il danno circonda il fusto o
il ramo, la zona al di sopra dell’infezione può
mostrare il cimale morto.
2 - Cancro anormale
(causato da ceppi di virulenza ridotta)
Si differenzia dal precedente per un evidente
ingrossamento dell’area infetta. In questo caso
l’andamento superficiale del micelio fungino e
la sua ridotta aggressività consentono alla pianta
una reazione, il cambio produce nuovo tessuto
corticale spingendo lo strato di corteccia morta
verso l’esterno. A seconda del grado di
cicatrizzazione, la corteccia apparirà più o meno
scura e sottilmente screpolata. Scortecciando
con un coltello la zona del cancro risulterà
necrotizzata solo superficialmente, difficilmente
si potrà individuare il feltro micelico e il legno
Cancro anormale: il fusto mostra danni superficiali
apparirà coperto da tessuti sani. La presenza di
rametti epicormici risulta per lo più occasionale
e anche quando il cancro circonda il fusto o il
ramo la zona al di sopra dell’infezione resta viva.
3 - Cancro intermedio
Si sviluppa allorché un ceppo virulento ne incontra uno ipo-virulento. Infatti, presenta la
stessa sintomatologia dei cancri normali accompagnata però dalla comparsa di processi di
cicatrizzazione talora vistosi, che bloccano lo
sviluppo delle infezioni. La parte di corteccia
del ramo o del pollone colpita per prima muore
mettendo a nudo, con l’andare del tempo, il legno sottostante, la zona invasa dal ceppo ipovirulento continua invece a vegetare producendo tessuti che riparano e isolano la zona
danneggiata. La produzione di pustole picnidiche
riguarda generalmente la zona invasa dal ceppo
aggressivo così come la produzione di rametti
epicormici.
Cancro intermedio: fusto con parziale cicatrizzazione
Lotta contro il cancro del castagno
Il problema degli innesti
Le osservazioni compiute ormai da decenni, in
differenti comprensori forestali italiani ed
europei, hanno messo in evidenza che la lotta
contro il cancro del castagno può essere effettuata soltanto assecondando il processo
naturale della diffusione dei ceppi ipo-virulenti
a scapito di quelli aggressivi. La diffusione di
questi isolati costituisce un meccanismo di lotta
biologica “spontanea” apparentemente irreversibile, che può essere soltanto incoraggiato,
per assicurare la sopravvivenza del castagno.
Le vie di intervento possono essere varie, dalla
diffusione artificiale degli isolati ipo-virulenti,
operazione che richiede una certa dose di competenze tecniche e di conoscenza della situazione ambientale, alla semplice eliminazione
dei cancri normali, riducendone la possibilità
di diffusione accompagnata dal rilascio di polloni
e fusti colonizzati da ceppi ipo-virulenti con
cancri anormali, in modo da velocizzare la loro
affermazione in natura.
La ferita causata dall’innesto costituisce un
punto particolarmente delicato e suscettibile
alle infezioni fungine. È in questa sede che il
cancro si dimostra particolarmente dannoso,
C. parasitica, infatti, può far fallire l’innesto e
infettare il pollone sia con l’isolato virulento che
con quello ipo-virulento. Per questo motivo è
molto importante che vengano scelti polloni sani, che si effettui il taglio con la massima precisione e con attrezzi puliti. L’innesto dovrà
essere poi protetto con mastici cicatrizzanti (si
consiglia l’uso di quelli biologici), si dovrà poi
cercare di contenere lo sviluppo della marza
per evitare scosciamenti e cretti che possono
favorire le infezioni dell’agente di cancro.
Di fondamentale importanza potrà essere la
considerazione che il patogeno infetta con minore
facilità innesti ben protetti e dove la porzione di
corteccia ferita è limitata. Per questo sarebbero
da preferire, compatibilmente con le esigenze
colturali, innesti su soggetti di piccole dimen-
Saggi di inoculazione artificiale con ceppi ipo-virulenti
Innesto a zufolo
Innesto ben riuscito messo a rischio dallo sviluppo di un cancro alla base
sioni, che prevedono ferite di ampiezza modesta,
o quelli a zufolo o a gemma.
Malattie dell’apparato radicale
certa quantità di umidità durante il periodo
primaverile-estivo permettendo la diffusione di
propaguli del microrganismo (zoospore flagellate). Fino agli anni trenta, periodo dell’inizio
della diffusione del cancro corticale, questo
patogeno è stato considerato la principale causa
di danno dei castagneti. Attualmente danni da
mal dell’inchiostro destano ancora una certa
preoccupazione, specialmente se si tratta di
recupero di castagneti trascurati per un certo
numero di anni e nel caso del recupero dei
cedui e dei castagneti da frutto.
La presenza del mal dell’inchiostro, non è sempre facile da diagnosticare, si manifesta con
necrosi sulla corteccia e fuoriuscita di liquido
nerastro da alcune fessure che si formano alla
base del fusto. Le piante attaccate mostrano
imbrunimenti della corteccia quasi sempre a
forma di fiamma. Nei casi più gravi, dalle piante
ammalate, se sottoposte a scortecciamento,
emana un forte odore tannico.
Mal dell’inchiostro
Il castagno, generalmente considerato pianta
assai rustica, si mostra particolarmente suscettibile ad attacchi dell’apparato radicale
dovuti ad agenti fungini. I danni più gravi sono
causati da Oomiceti del genere Phytophthora
(Phytophthora cambivora (Petri) Buism., P.
cactorum (Leb. E Cohn) Schöeter, e dagli anni
novanta P. cinnamomi Rand) che provocano il
cosiddetto “mal dell’inchiostro”.
Questa malattia diffusasi in Europa alla fine del
ottocento, riguarda il capillizio radicale delle
piante ed è presente nei luoghi in cui il terreno,
per la giacitura, il contenuto di argilla o la presenza di acqua di ruscellamento, trattiene una
Mal dell’inchiostro: necrosi radicale a fiamma
Mal dell’inchiostro: microfillia, intristimento e seccume della chioma
Sintomi secondari della malattia sono deperimento e riduzione di crescita e ingiallimento
progressivo della chioma con disseccamento
degli apici dei rami. Le foglie che appaiono di
dimensioni ridotte, cadono precocemente anche
un mese prima, i rami trattengono a lungo i ricci
che non arrivano a maturità. La malattia è molto
comune sui polloni, specialmente se questi si
sviluppano attorno alle ceppaie di piante malate,
che muoiono rapidamente prima della ripresa
vegetativa primaverile.
La progressione della malattia è in stretta dipendenza con la vigoria e l’età delle piante, ma
può variare anche in relazione alla virulenza del
patogeno. Nei casi peggiori le ceppaie muoiono
in una o due stagioni vegetative. Attualmente
le segnalazioni sulla presenza della malattia
sono in aumento (ANSELMI et al., 2000; TURCHETTI
et al., 2000).
Lotta contro il mal dell’inchiostro
La lotta in pieno campo contro gli organismi del
genere Phytophthora risulta molto difficile da
realizzare, per poter avere qualche risultato
bisognerà agire in modo integrato considerando
interventi di tipo colturale e biologico.
In generale questi funghi appaiono particolarmente sensibili alle basse temperature. A
questo proposito è stato rilevato che la mitezza
degli inverni non ostacola il patogeno, ma anzi
se accompagnata da scarse cure o da parziale
abbandono del castagneto, favorisce la
diffusione del mal dell’inchiostro. Le metodiche
di lotta in questo caso si basano su interventi
colturali di tipo fisico che possono prevedere,
insieme alla rimozione delle cause del ristagno
di umidità, l’esposizione delle ceppaie al freddo
invernale, scalzandone parzialmente i fusti alla
base e sostituendo il terreno con pietre per
favorire il passaggio dell’aria.
Altra caratteristica delle Phytophthorae è che
mal sopportano la concorrenza di altri miceti
del suolo. In questo caso gli interventi di lotta,
di tipo colturale-biologico, consistono per lo più
nella ripresa di tradizioni colturali del passato
dimostratesi ancora oggi estremamente attuali
ed efficaci. Si è notato, infatti, che laddove i castagneti erano sottoposti a pascolo, l’apporto
di sostanza organica favoriva la microflora non
patogena del suolo, stimolava la concorrenza
fra organismi e il contenimento della malattia.
Da prove eseguite in varie località del Mugello,
anche con il contributo tecnico di questa Agenzia, si è potuto rilevare che somministrando alle
piante letame ben maturo, pollina o concimi
biologici (NP + K pellettato), durante la ripresa
vegetativa, si è ottenuta una buona risposta
degli alberi trattati, anche di quelli con sintomi
della malattia, che hanno cominciato a ricostituire le loro chiome, dimostrando così la ritrovata
vitalità dovuta all’apporto di sostanze nutritive,
all’effetto stimolante del concime sulla microflora e al miglioramento della struttura del
terreno.
L’impiego si concimi organici, in dosi variabili
(da 100-150 kg/pianta di letame; 10-30 kg/pianta
di pollina; 5-10 kg/pianta di concime biologico),
sono compatibili con i protocolli di coltivazione
per le aziende in regime biologico o integrato
ed ammessi dal Disciplinare di produzione
integrata di castagno da frutto della Toscana.
di debolezza, consiste essenzialmente nel
seguire le norme di buona pratica colturale,
rimuovendo tutte le cause di sofferenza delle
piante, come quelle dovute a concorrenza per
la luce e per l’acqua, ed eliminando tutte le fonti
di inoculo dovute a ramaglia, polloni, residui e
vegetali morti eventualmente presenti nel
castagneto (TURCHETTI et al., 2003).
Interventi di tipo chimico sono realizzabili invece
soltanto in vivaio con prodotti a base di rame o
antiperonosporici.
Il marciume radicale
Occasionalmente su castagno possono intervenire anche altri patogeni responsabili di
danno, fra tutti merita di essere ricordato il
marciume radicale da Armillaria mellea (Vahl.)
Quél. fungo basidiomicete che produce fruttificazioni eduli (chiodini, famigliole). Si tratta di
un debole parassita che colonizza solitamente
le piante debilitate da infezioni dovute ad altri
patogeni come C. parasitica o P. cambivora.
L’attacco si manifesta con intristimento e morte
della pianta. La presenza del fungo si osserva
scortecciando il fusto alla base e osservando
la presenza di un feltro cotonoso che risale dal
basso nel tessuto sottocorticale. Tale feltro con
il tempo tende a scurire per lasciare il posto
alla formazione di rizomorfe nerastre che si
diffondono nel terreno.
La lotta contro questo, come per altri parassiti
Necrosi corticale a seguito di attacchi di Marciume radicale
Lavoro a cura di Alessandro Guidotti, Gianni Boddi,
Paolo Capretti e Letizia Zamponi.
Le foto non possono essere riprodotte senza il permesso
degli Autori.
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Malattie del Castagno