La Rivista del Consiglio
Diritto europeo e internazionale
n. 2/2011
DIRITTO EUROPEO
E INTERNAZIONALE
I PADRI DELL’EUROPA
Da Carlo Magno ad Altiero Spinelli
Sintesi di una lezione tenuta dagli avvocati Pinto e Dozzo
per la UTE Lions e per Casa d’Europa di Milano ‘‘Antonio Pinto’’
La lezione è stata tenuta il 30 novembre 2010 a Palazzo Dugnani
Il processo che ha portato l’Europa a divenire Unione Europea è stato travagliato e non a caso Robert Schuman nel corso della sua famosa ‘‘dichiarazione’’ del 9 Maggio 1950 affermò che: ‘‘L’Europa non si fara` in un solo momento,
ne´ con una costruzione d’insieme: si fara` invece attraverso delle realizzazioni concrete, creando prima di tutto una solidarieta` di fatto’’.La storia conferma l’assunto di Schuman.
Faremo un breve excursus sui più significativi ‘‘padri dell’Europa’’. Dopo
Carlo Magno parleremo di Konrad Adenauer per la Germania; di Jean Monnet e Robert Schuman per la Francia, di Paul-Henri SPAAK per il Belgio ed
infine, per l’Italia, di Luigi Einaudi, Alcide De Gasperi ed Altiero Spinelli, il
vero ‘‘padre’’ della Costituzione Europea.
Carlo Magno
Eginardo, il biografo di Carlo Magno, ha tramandato che l’Imperatore morı̀
nel gennaio 814 ‘‘nel settantaduesimo anno di vita e nel quarantasettesimo di
regno’’.
Carlo nacque nel 742 e salı̀ al trono nel 767 (secondo altri nel 768)alla
morte del padre Pipino il Breve.
Dell’impero di Carlo Magno possiamo ricordare che, oltre alla moneta unica
(dominica moneta), introdusse un sistema uniforme di pesi e misure in tutto
l’impero.
Introdusse una procedura civile e penale uguale in tutto l’impero, lasciando
ai suoi sudditi il diritto di far applicare la norma sostanziale del loro popolo
d’origine. Comunque, si attribuisce a suo padre il capitolo (oggi si direbbe un
decreto legge) che stabiliva come tutti gli uomini dovessero essere soggetti alla
loro legge, sia i Romani sia i Salici, e chi giungeva da un’altra terra avrebbe
potuto vivere secondo la legge del suo popolo.
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Infine, strinse stabili relazioni diplomatiche con Harun al-Rashid, califfo di
Bagdad dal 786 all’809, definito dagli storici franchi ‘‘Aaron rex Persarum’’ e
noto in occidente per essere stato tra i protagonisti delle Mille e una notte.
Ecco svelati i motivi per cui, ancor oggi, possiamo, definirlo Karolus rex pater Europae.
Konrad ADENAUER
Konrad Herman Josef Adenauer (Colonia, 5 Gennaio 1876 - Bad Honnef,
19 Aprile 1967) è stato politico e statista tedesco ed uno del padri dell’Europa
come la conosciamo oggi.
Entrò in politica, militando nel Partito di Centro (Zentrum), nel 1906 fu
eletto al consiglio comunale di Colonia e nel 1909 ne divenne Vice Sindaco,
infine Sindaco dal 1917 al 1933.
L’avvento del nazismo lo portò in carcere, seppur per un breve periodo.O
ttenuta la libertà, fu costretto a vivere nell’ombra sino al 1944, anno in cui
viene nuovamente arrestato con l’accusa di aver partecipato all’attentato ad Hitler.
Adenauer, dal canto suo, era convinto che quell’attentato non fosse la soluzione dei problemi della Germania, ragion per cui non vi aveva partecipato.
Venne quindi nuovamente rimesso in libertà.
Alla fine della guerra si dedicò alla costituzione di un nuovo partito politico,
l’Unione Cristiano-Democratica (CDU), erede del Partito Cattolico di Centro.
Nel Gennaio 1946 divenne l’indiscusso leader di questa nuova formazione politica dedicandosi al suo rafforzamento.
Nel 1948, quale leader della CDU fu eletto presidente del Consiglio Parlamentare, incaricato di redigere una costituzione da applicare nelle tre aree di
competenza occidentale (Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti d’America).
Nell’anno successivo (16 Settembre 1949) il primo Cancelliere e pertanto
capo del governo, della Germania post-nazista, Capo dello Stato venne eletto
Theodor Heuss.
Dall’elezione a Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca al positivo accoglimento della proposta di Robert Schuman passarono solo pochi mesi.
Nelle sue Memorie (Konrad Adenauer Erinnerungen, 1955-1959, Stuttgart
1967) Adenauer lasciò scritto: ‘‘La riunificazione dell’Europa era divenuta una
necessita` assoluta. Privi di un’unita` politica, i popoli dell’Europa sarebbero stati
infatti asserviti dalle superpotenze’’.
E’straordinario pensare che due uomini cosı̀ diversi per formazione e militanza politica, quali Adenauer e Spinelli, avessero chiaro il ruolo dell’Europa
nel superamento della politica dei due blocchi.. Ma la profonda fede di Ade54
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nauer per una Europa unita ed in pace aveva fatto si che nella costituzione
della repubblica Federale Tedesca fosse introdotto un principio in forza del
quale ‘‘mediante il ricorso ad una semplice legge, sarebbe stato possibile cedere a
una comunità europea porzioni della nostra sovranita`’’.
La sintesi del pensiero di Adenauer può essere racchiusa nella sua affermazione: ‘‘L’obiettivo era il conseguimento, passo dopo passo, di una autentica unita` europea: in primo luogo attraverso un’integrazione economica, per poi estendere il principio unitario a un livello politico e infine militare ... Noi in Germania abbiamo dovuto riconoscere, in un passato ancora prossimo, a cosa conduce una politica privata
del fondamento della liberta`. E` un dovere per noi impegnarci a fondo, a fianco dei
nostri popoli amici, nello sforzo di mantenere in vita i valori dell’Europa’’.
Jean MONNET
Jean Omer Marie Gabriel Monnet (Cognac, 9 Novembre 1888 - Parigi, 16
Marzo 1979) è stato l’uomo politico francese che, assieme a Robert Schuman,
si è maggiormente adoperato per creare quella che è oggi l’Unione Europea.
Alla fine della Prima Guerra Mondiale, (non vi aveva partecipato per motivi
di salute), viene nominato Segretario Generale Aggiunto della Società delle
Nazioni (1919).
Dal 1923 allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale tornò ad occuparsi
dell’impresa di famiglia. Nel 1940 venne inviato negli Stati Uniti.
Il 5 Agosto 1943 ad Algeri, territorio d’oltremare della Francia Libera, aderı̀
al Comitato Nazionale di Liberazione. In quella occasione sintetizzò il suo
pensiero sul futuro dell’Europa:
‘‘Non ci sara` mai pace in Europa se gli stati si ricostituiranno su una base di
sovranita` nazionale ... cio` presuppone che gli stati d’Europa formino una federazione o una entita` europea che ne faccia una comune unita` economica’’.
Dopo la liberazione venne incaricato dal generale Charles de Gaulle di elaborare e realizzare un piano di modernizzazione e rilancio dell’economia francese, uscita praticamente distrutta dalla Seconda Guerra Mondiale.
Ma Jean Monnet guardava oltre: è lui, infatti, l’ispiratore e coautore della
famosa ‘‘Dichiarazione Schuman’’. Si racconta che fece recapitare la bozza al
suo amico Robert alla stazione di Parigi.
Nel 1952 divenne il primo presidente della Comunità Europea del Carbone
e dell’Acciaio (CECA). Nel 1976 il Consiglio dell’Unione Europea gli conferisce il titolo di Cittadino d’onore dell’Europa.
Robert SCHUMAN
Robert Schuman (Clausen, Lussemburgo, 29 Giugno 1886 - Scy-Chazelles,
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4 Settembre 1963) è universalmente considerato un padre dell’Europa che tutti ricordano grazie alla Dichiarazione che, come abbiamo visto, non era proprio tutta farina del suo sacco.
Robert Schuman nacque in Lussemburgo, allora appartenente alla Germania, da una famiglia che proveniva dalla Lorena. Fu per questa ragione che si
laureò in legge all’Università di Berlino e nel 1912 aprı̀ uno studio legale a
Metz.
Alla fine della guerra Alsazia e Lorena tornarono alla Francia e Schuman iniziò la sua carriera politica in quel Paese.
Nel 1919 venne eletto al Parlamento sino a quando venne arrestato dalla
Gestapo ed imprigionato nel carcere di Metz da dove, dopo circa un anno,
riuscı̀ a fuggire e si unı̀ alla Resistenza.
Cessata la guerra, iniziò la sua carriera politica. Dal 1947 al 1948 ricoprı̀ la
carica di Primo Ministro della Repubblica Francese e successivamente divenne
Ministro degli Affari Esteri dal 1948 al 1952. Egli ne fu il principale negoziatore dei più importanti trattati che vennero firmati dopo la fine della Seconda
Guerra Mondiale: Consiglio d’Europa, Patto Atlantico, CECA ed EURATOM.
La Dichiarazione Schuman del 9 Maggio 1950 ha gettato le basi di quella
che in breve tempo sarebbe diventata la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio ma, non a torto, è considerata il punto di partenza di quel processo
che ha portato alla costituzione della Comunità Economica Europea ed all’attuale Unione Europea.
Dal 1958 al 1960 è stato il primo presidente del Parlamento Europeoe, ed
è stato nominato, al termine del mandato, padre dell’Europa.
Paul-Henri SPAAK
Paul-Henri Spaak (Schaerbeek, 25 Gennaio 1899 - Braine l’Alleud, 31 Luglio 1972) uomo politico belga, è stato assieme a Jean Monnet uno dei principali artefici del Mercato Comune Europeo.
Deputato (1932) e ministro degli Esteri (1936) si batté allo scoppio della
Seconda Guerra Mondiale per la neutralità del Belgio. Durante l’occupazione
nazista riparò a Londra. Rientrato in Belgio alla fine della guerra ebbe un ruolo rilevante nella vita politica del suo paese e, per quanto attiene alla nostra
materia, fu primo presidente della assemblea della CECA che tenne la sua prima sessione a Strasburgo nel Settembre 1952.
Fu uno dei creatori del Benelux (Unione tra Belgio, Olanda e Lussemburgo). Ebbe una influenza decisiva nella Conferenza di Messina che sancı̀ la na56
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scita del Mercato Comune Europeo, consacrato nel Trattato firmato a Roma
il 25 Marzo 1957.
Alcide DE GASPERI
(Pieve Tesino, 3 Aprile 1881 - Borgo Valsugana, 19 Agosto 1954) è stato
l’uomo politico italiano che, con Luigi Einaudi ed Altiero Spinelli, si è maggiormente adoperato per l’unificazione dell’Europa postbellica.
De Gasperi era italiano ma era nato quando la provincia di Trento era ancora sotto il dominio austro-ungarico: per questo studiò a Vienna e ad Insbruck,
laureandosi in lettere e filosofia.
Nel 1905 entrò a far parte della redazione del giornale Il Nuovo Trentino
nel quale, divenutone direttore, scrisse una serie di articoli rivendicando l’italianità e l’autonomia culturale del Trentino.
Nel 1911 venne eletto deputato e successivamente presidente del gruppo
dei deputati italiani al Parlamento di Vienna, il Reichsrat.
Dopo la fine della Grande Guerra, nel 1919 partecipò alla fondazione del
Partito Popolare Italiano di Don Luigi Sturzo e fu eletto deputato, carica riconfermata nelle elezioni del 1921.
Anche De Gasperi patı̀ il carcere durante il Fascismo e venne aiutato dall’allora Vescovo di Trento, Mons. Celestino Endici, che, nel 1929, subito dopo
la firma dei Patti Lateranensi, lo fece assumere alla Biblioteca Vaticana.
Nel periodo 1942/43, in piena Seconda Guerra Mondiale, compose assieme
ad altri, e diede alle stampe l’opuscolo dal titolo Le idee ricostruttive della Democrazia Cristiana.
Entrò quindi nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) in rappresentanza del predetto neo costituito partito della Democrazia Cristiana.
Finita la guerra, nel 1945 venne nominato Presidente del Consiglio dei Ministri e guidò il primo governo dell’Italia libera sino al 1948.
Le elezioni del 18 Aprile 1948 videro una schiacciante vittoria del partito di
De Gasperi che venne riconfermato nell’incarico di Presidente del Consiglio
dei Ministri, che mantenne sino al mese di Agosto 1953, quando fu costretto
a dimettersi a causa del fallimento della legge elettorale, da lui fortemente voluta, e nota come legge truffa.
Alcide De Gasperi ebbe numerosi contatti con il suo omologo Konrad Adenauer dopo il 9 Maggio 1950 ed entrambi si trovarono in sintonia nell’accettare la proposta di Robert Schuman.
Forse è un caso ma entrambi erano tra i fondatori e militavano in due partiti che si definivano democratici e cristiani.
Volendo esaminare i prodromi della c.d. ‘‘Dichiarazione Schuman’’ del 9
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Maggio 1950, di cui abbiamo trattato sopra, non si può, in Italia, prescindere
da due figure fondamentali del pensiero politico favorevoli ad un’Europa unita: Luigi Einaudi ed Altiero Spinelli.
Luigi EINAUDI
(Carrù, 24 Marzo 1874 - Roma, 30 ottobre 1961), professore di economia
politica presso l’Università Luigi Bocconi di Milano e del Politecnico di Torino, (di cui diventerà rettore nel 1943), governatore della Banca d’Italia dal 25
Gennaio 1945 e primo Presidente della Repubblica Italiana (11 Maggio
1948), ipotizzò una ‘‘moneta unica’’ nel noto saggio ‘‘Teoria della moneta immaginaria dal tempo di Carlo Magno alla Rivoluzione Francese’’ (Rivista di
Storia Economica, I, n.1, 1936, pp.1 - 35).
Se sostituiamo al termine ‘‘immaginario’’ quello‘‘unico’’, possiamo vedere
come Einaudi, commentando la grande intuizione dell’imperatore Carlo Magno, riteneva che, (citando lo storico nummario francese Le Blanc): ‘‘la moneta immaginaria o numeraria, quasi in ogni luogo chiamata lira, `
e qualcosa ‘‘qui
ne ch’ange jamais de valeur, car depuis le temps de Charlemagne que nous nous
en servons, elle a toùjours valu 20 sols et le sol 12 deniers’’.
Se non si parla ancora di Euro il paragone con l’Ecu calza perfettamente!
Il suo pensiero politico, era orientato ad una sorta di federalismo europeo:
una sola politica economica, un forte esercito europeo in grado di tenere a bada le pressioni provenienti da oriente ed in grado di confrontarsi pariteticamente con gli Stati Uniti d’America, non attraverso i singoli Stati, ma tramite
una federazione europea, dotata di varie libertà, non solo in campo politico,
ma anche economico.
Altiero SPINELLI
(1907 - 1986).
Passiamo alla più nota figura dell’europeismo italiano.
Il ‘‘Manifesto di Ventotene’’ redatto nel 1941 da Spinelli ed Ernesto Rossi,
unitamente ad Eugenio Colorni ed Ursula Hirschmann (tutti al confino perché antifascisti), è il documento che rappresenta le linee guida di quello che,
in poco più di cinquanta anni, diventerà il Trattato di Lisbona.
Nel Manifesto di Ventotene, di fatto, si auspica che, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, si sarebbe dovuta fondare una forza soprannazionale
europea: le ricchezze avrebbero dovuto essere redistribuite ed il governo sarebbe stato scelto sulla base di libere elezioni a suffragio universale. Un ordinamento di questa forza avrebbe dovuto basarsi su una ‘‘terza via’’, economico58
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politica, che avrebbe evitato gli errori di capitalismo e comunismo e che avrebbe permesso la realizzazione di un’autentica democrazia.
Non a caso ‘‘I COMPITI DEL DOPO GUERRA: LA RIFORMA DELLA
SOCIETÀ’’, Spinelli suggerisce che ‘‘la proprieta` privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa, caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio’’.
All’epoca in cui Spinelli scriveva, era ancora in vigore lo Statuto Albertino
(4 Marzo 1848) che, in relazione alla proprietà privata, all’art. 25 cosı̀ disponeva:
Tutte le proprieta`, senza nessuna eccezione, sono inviolabili. Tuttavia, quando
l’interesse pubblico legalmente accertato lo esiga, si puo` essere tenuti a cederle in
tutto od in parte, mediante una giusta indennita` conformemente alle leggi.
La Costituzione della Repubblica Italiana, all’art. 41, dispone che:
La proprieta` e` pubblica e privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad
enti o a privati.
La proprieta` privata e` riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i
modi d’acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprieta` privata puo` essere, nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo,
espropriata per motivi di interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria
e i diritti dello Stato sulle eredita`.
Da ultimo, in ordine di tempo, il Trattato di Lisbona prevede che:
1. Ogni persona ha diritto di godere della proprieta` dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredita`. Nessuna persona puo` essere
privata della proprieta` se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi
previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennita`
per la perdita della stessa. L’uso dei beni puo` essere regolato dalla legge nei termini
imposti dall’interesse generale.
2. La liberta` intellettuale `
e protetta.
La Costituzione Europea, purtroppo non realizzata, è stata fortemente voluta da Spinelli che, a proposito delle istituzioni europee, sosteneva che ‘‘...gli
affari di interesse comune possono essere gestiti validamente solo da un potere veramente comune’’.
Riferendosi al Parlamento Europeo sosteneva che ‘‘... deve avere la consapevolezza chiara, precisa e fiera di essere la sola istanza europea in cui sono legittimamente rappresentati i cittadini d’Europa in quanto tali ...’’ e di conseguenza il
Parlamento Europeo è ‘‘ .. la sola istanza europea capace di elaborare un progetto di costituzione senza perdere di vista la prospettiva europea e con la partecipazione delle forze politiche di tutti i paesi membri’’.
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Quest’ultima citazione è tratta dal discorso tenuto da Spinelli al Parlamento
Europeo il 14 febbraio 1984.
Isetta Pinto e Manlio Dozzo
Avvocati in Milano
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Il Trattato di Lisbona al Congresso Nazionale dell’A.D.G.I.
Congresso Nazionale Milano 24-25 settembre 2010
Il diritto dell’Unione europea incide e inciderà sempre di più sugli ordinamenti degli Stati membri. Per questo l’Associazione Donne Giuriste Italia
(A.D.G.I.) ha scelto come tema per il proprio Congresso Nazionale, svoltosi a
Milano il 24-25 settembre 2010, il Trattato di Lisbona. Entrato in vigore il 1º
dicembre 2009, dopo la ratifica di tutti e ventisette gli Stati membri, il Trattato
di Lisbona ha apportato cambiamenti significativi al sistema dell’Unione europea messi in evidenza nel corso delle due giornate di lavoro, l’una dedicata ai
profili istituzionali, l’altra agli aspetti processuali e alle politiche. L’obiettivo che
si era proposto era quello di stimolare l’attenzione su questi temi perché divenissero finalmente parte del patrimonio culturale di ogni avvocato. L’ordinamento
che siamo tenuti a conoscere come professionisti del diritto non è più solamente
quello interno, ma comprende anche quello dell’Unione europea che in molti
casi risulta direttamente applicabile. La grande affluenza all’evento, non solo da
parte delle associate provenienti da tutta Italia, ma anche da parte di avvocati
del Foro di Milano, unita alla ricchezza delle trattazioni svolte dai relatori rappresentano per noi la dimostrazione del buon esito dell’iniziativa.
Per sollevare lo sguardo verso l’orizzonte non lontano, come invece spesso si
è soliti ritenere, rappresentato dal diritto dell’Unione europea, abbiamo potuto
contare su esperti della materia che hanno saputo fornirci importanti elementi
di approfondimento.
La costruzione di una pace duratura e la creazione di uno spazio democratico e giuridico comune in Europa rappresentano elementi caratterizzanti di due
entità distinte: il Consiglio d’Europa e le Comunità europee. I traguardi raggiunti per la protezione dei diritti fondamentali nell’ambito dell’Europa a 47
sono stati oggetto dell’approfondita analisi della Dott.ssa Paola Accardo, magistrato distaccato presso la rappresentanza dell’Italia al Consiglio d’Europa, la
quale ha evidenziato il ruolo significativo svolto dalla Corte di Strasburgo, interprete suprema della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Rispetto al Consiglio d’Europa, le Comunità europee rappresentano un’organizzazione internazionale sui generis le cui peculiarità sono state efficacemente e dettagliatamente analizzate dal Prof. Alberto Santa Maria. Nella sua relazione egli ha posto l’accento sulle tappe più significative di quel processo di
integrazione sovranazionale che ha caratterizzato le Comunità europee prima e
l’Unione europea poi, fino all’ultima riforma, quella di Lisbona che ha visto la
sostituzione e la successione dell’Unione alla Comunità europea.
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Il nuovo equilibrio istituzionale è stato oggetto della relazione della Prof.ssa
Lucia Serena Rossi la quale ha sottolineato come il metodo comunitario e il
metodo intergovernativo non siano stati superati, l’uno in favore dell’altro, ma
continuino a caratterizzare il sistema dell’UE. L’equilibrio istituzionale complessivo non appare dunque mutato. Se infatti risultano indeboliti il Consiglio
dell’UE e la Commissione europea, dall’altro appaiono rafforzati il Consiglio
europeo e il Parlamento europeo. Se quest’ultimo saprà sfruttare politicamente
al meglio il ruolo di co-legislatore che gli è stato attribuito dal Trattato di Lisbona, grazie alla previsione della procedura di co-decisione come procedura
legislativa ordinaria, si potrà parlare di un effettivo bilanciamento rispetto al
potere di individuare le grandi decisioni politiche attribuito al Consiglio europeo. In questo nuovo equilibrio istituzionale un ruolo significativo sarà giocato
dalla Corte di giustizia, che anche grazie all’attribuzione alla Carta dei diritti
fondamentali di valore giuridico vincolante, tenderà ad assumere il ruolo di
corte costituzionale dell’ordinamento dell’UE.
Quest’ultima riflessione è stata ulteriormente approfondita dalla Dott.ssa
Valeria Piccone, magistrato distaccato presso UNICRI, la quale ha messo in
evidenza come il nuovo tessuto costituzionale del Trattato di Lisbona sia proprio rappresentato dalla Carta dei diritti fondamentali. Ha richiamato la recente sentenza della Corte di giustizia nel caso Kücükdeveci, ritenuta l’emblema
di un sistema di giustizia costituzionale perché l’attenzione si incentra su un
sindacato europeo diffuso di legittimità comunitaria. Nel considerare il ruolo
dei giudici nazionali, la Dott.ssa Piccone ha richiamato il principio di primazia
del diritto dell’UE e di disapplicazione della norma nazionale in contrasto,
non senza porre l’accento sull’altrettanto importante strumento dell’interpretazione conforme al diritto dell’UE.
I principi e i valori su cui si fonda l’UE sono stati oggetto della relazione
della Prof.ssa Marilisa D’Amico la quale ha analizzato gli artt. 2 e ss. del
Trattato sull’Unione ad essi dedicati, non senza aver evidenziato che la recente
riforma è solo una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre
più stretta tra i popoli dell’Europa, cosı̀ come enunciato all’art. 1 del Trattato
sull’Unione. La Prof.ssa D’Amico si è poi soffermata sui rapporti tra le Corti
nella tutela multilivello dei diritti (UE, CEDU, nazionale), prendendo in considerazione in particolare le recenti sentenze della Corte costituzionale italiana
e le pronunce del Consiglio di Stato e del Tar del Lazio sul ruolo da attribuire
CEDU nel nostro ordinamento data la nuova formulazione dell’art. 6 del
Trattato sull’UE che prevede l’adesione dell’UE alla CEDU.
Su quest’ultimo tema si è concentrata la relazione del Dott. Vladimiro Zagrebelsky, già giudice alla Corte europea dei diritti umani, il quale ha posto in
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evidenza la progressiva attenzione dell’Unione europea sui diritti fondamentali.
Ne è l’espressione il nuovo art. 6 del Trattato sull’UE che oltre ad attribuire
valore giuridico vincolante alla Carta dei diritti fondamentali, prevede l’adesione dell’UE alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). I negoziati sono ancora in corso e risultano complicati data la necessità che non vengano snaturate le caratteristiche del sistema giurisdizionale dell’UE. Sicuramente
l’accettazione da parte dell’UE di un controllo esterno svolto dalla Corte europea di Strasburgo rappresenta un passo importante che merita attenzione.
I lavori sono proseguiti nella seconda giornata affrontando le politiche e gli
aspetti processuali.
L’Avv. Cossar, socia della sez. di Milano dell’A.D.G.I., ha sviluppato il tema del diritto di famiglia nell’ambito del diritto dell’Unione europea. Pur non
rientrando tra le competenze esclusive dell’Unione, il diritto internazionale privato e processuale della famiglia è stato oggetto di alcuni importanti atti adottati dalle istituzioni comunitarie, vincolanti per gli Stati membri (es. Regolamento 1347/2000 poi modificato dal Regolamento 2201/2003). Il Trattato di
Lisbona non ha esteso la procedura legislativa ordinaria al settore del diritto di
famiglia, quindi per l’adozione di atti in tale materia continuerà ad essere necessario il voto all’unanimità. Ciò tuttavia non esclude la possibilità di cooperazioni rafforzate tra gli Stati membri che intendono proseguire in un’integrazione più stretta.
La relazione del Dott. Giacinto Bisogni, Consigliere della Corte di Cassazione, si è concentrata sugli sviluppi straordinariamente intensi nell’ultimo decennio della cooperazione giudiziaria civile che porteranno, come è presumibile, al completamento di un sistema di norme europee sulla determinazione del
giudice nazionale competente, sulla legge applicabile e sul riconoscimento e
l’esecuzione delle decisioni giudiziarie. Il legislatore ha già adottato specifici regolamenti in materia, ma ha introdotto anche appositi procedimenti di fonte
comunitaria, come l’ingiunzione europea di pagamento, le small claims, il titolo esecutivo europeo, destinati ad essere applicati in controversie transnazionali. A livello di diritto sostanziale, il Dott. Bisogni ha sottolineato come negli
ultimi anni si sia intrapreso un processo di riflessione sul panorama complessivo del diritto civile che presumibilmente porterà alla creazione di un quadro
di principi generali del diritto contrattuale europeo. Inoltre, sono stati adottati
importanti misure ed istituti in materia di accesso alla giustizia, risoluzione alternativa dei conflitti e sostegno alla formazione professionale. Occorre proseguire su questa strada e sviluppare una cultura giuridica comune.
In materia di politica sociale, è intervenuto il Dott. Giuseppe Bronzini,
Consigliere di Cassazione, evidenziando come le novità apportate dal Trattato
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di Lisbona, pur non apparendo nel complesso spettacolari, sono comunque di
una certa rilevanza e il loro impatto, anche se ancora difficile da valutare, non
può certo essere minimizzato. Sul piano dei valori fondanti dell’Unione, la recente riforma ha indicato l’uguaglianza, la non discriminazione, la solidarietà e
la parità tra uomini e donne. Lo sviluppo economico è qualificato come sostenibile e un’economia sociale di mercato deve essere perseguita, mirando alla
piena occupazione e al progresso sociale. Si specifica che l’Unione combatte
l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione
sociale, la coesione economica e la solidarietà tra gli Stati membri. Senza dubbio la Carta dei diritti fondamentali potrà avere una forte incidenza in questo
settore, dal momento che la sua funzione non è solo quella di introdurre la
giustiziabilità dei suoi diritti, ma anche di indirizzare l’attività legislativa e amministrativa delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri.
Dopo le politiche dell’UE relative alla materia civile e del lavoro, l’attenzione è stata rivolta alla cooperazione giudiziaria in materia penale. Nella propria
relazione l’Avv. Valentina Bazzocchi, socia della sez. di Bologna dell’A.D.G.I.,
ha dapprima evidenziato come nello spazio giudiziario europeo lo sbilanciamento a favore dell’aspetto repressivo a scapito di quello legato alla tutela delle
garanzie processuali, che ha caratterizzato gli ultimi dieci anni, non potesse
conciliarsi con l’attribuzione di valore giuridico vincolante alla Carta dei diritti
fondamentali. Tra le principali novità apportate dalla riforma di Lisbona, dettagliatamente analizzate, rientrano l’applicazione della procedura legislativa ordinaria con voto a maggioranza qualificata (che renderà più semplice l’adozione degli atti), l’applicazione a tali atti del principio del primato del diritto dell’UE e degli effetti diretti e il riconoscimento alla Corte di giustizia di una giurisdizione piena trascorso il periodo transitorio di cinque anni dall’entrata in
vigore del Trattato. Il prezzo che però è stato pagato è rappresentato dalla possibilità per il Regno Unito e l’Irlanda di partecipare, solo se lo richiedono, all’adozione di atti in materia di visti, asilo, immigrazione, cooperazione civile,
cooperazione giudiziaria penale e di polizia, queste ultime precedentemente
escluse. Si tratta di una scelta politica che si è resa necessaria, ma che può portare ad una frammentazione della disciplina, dal momento che la partecipazione disomogenea di questi due Stati può creare confusione e certamente non risponde a quell’esigenza di semplificazione alla base della riforma di Lisbona.
I lavori si sono conclusi con l’intervenuto del Dott. Marco Borraccetti, ricercatore dell’Università di Bologna, il quale ha messo in rilievo le innovazioni
apportate dal Trattato di Lisbona al principale strumento di dialogo tra Corte
di giustizia e giudici nazionali, rappresentato dal rinvio pregiudiziale. Il Dott.
Borraccetti ha sottolineato che l’avere condotto sotto un unico strumento la
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possibilità, per il giudice nazionale, di richiedere una pronuncia sull’interpretazione e sulla validità degli atti di diritto dell’Unione europea, ha semplificato
il sistema e lo ha reso uniforme. La tutela di chi è soggetto a misure restrittive
della libertà personale risulta rafforzata dalla previsione secondo cui la Corte di
giustizia può decidere nel minore tempo possibile, in base al procedimento
pregiudiziale d’urgenza; il Dott. Borraccetti ha evidenziato che - almeno potenzialmente - l’utilizzo della pregiudiziale d’urgenza è stato esteso a tutto il
diritto UE e questo comporterà un indiscusso aumento dei soggetti beneficiati,
dal momento che a venire in rilievo per la sua applicazione non è tanto l’ambito di applicazione materiale, quanto piuttosto la situazione soggettiva dell’interessato.
Il Congresso Nazionale si è concluso con l’auspicio, da parte della Presidente nazionale, Avv. Pia Cirillo, di proseguire nell’opera di sensibilizzazione e di
formazione sugli aspetti legati al diritto dell’UE di cui l’A.D.G.I. ha saputo,
tra le prime, farsi promotrice.
Pia Cirillo
Avvocato in Milano
Valentina Bazzocchi
Avvocato in Bologna
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Diritto europeo e internazionale
La Rivista del Consiglio
n. 2/2011
‘‘FARE L’ITALIA’’
Il processo di costruzione dello Stato unitario e l’Europa
I caposaldi del nuovo Stato italiano furono stabiliti nel volgere di poco più di
una fatidica settimana nella seconda metà del marzo 1861. Il giorno 17 infatti
fu promulgata la legge ( approvata poco prima dal Senato con 192 voti contro
2 e dalla Camera per acclamazione) che nel suo unico articolo recitava: ‘‘Il re
Vittorio Emanuele assume per sé e i suoi successori il titolo di re d’Italia’’ (1). Lo
Statuto albertino, la costituzione promulgata da Carlo Alberto nel marzo del
1848, rimase comunque la carta fondamentale del nuovo Regno e Vittorio
Emanuele II non cambiò il numero d’ordine del suo nome, a sottolineare la
continuità dinastica con il Regno di Sardegna. E Cavour di lı̀ a pochi giorni, in
un discorso alla Camera il 25 marzo, ribadı̀ energicamente che solo Roma poteva essere la capitale d’Italia e che essa era necessaria per cementare l’unità nazionale, pur prendendo immediatamente le distanze dai democratici riguardo al
metodo con cui si sarebbe dovuto raggiungere questo obiettivo. Egli respinse comunque le argomentazioni di quei moderati, come Massimo d’Azeglio, che si
opponevano all’idea di Roma capitale e fece propria in modo definitivo una tesi
di cui Mazzini era stato uno dei più convinti e appassionati sostenitori (2).
Quella Italia dunque, sprezzantemente liquidata come semplice ‘‘espressione
geografica’’ dal principe di Metternich durante Congresso di Vienna in cui,
nel 1815, alla fine dell’età napoleonica, si era ridisegnato l’assetto geopolitico
dell’Europa, si era al fine unificata politicamente. Con la formazione dello Stato unitario giungeva cosı̀ a conclusione il Risorgimento, il lungo e complesso
percorso nel quale si intrecciarono molti fili, e in cui principalmente operarono, in una sorta di concordia discors, le due grandi correnti ideali e politiche
dei liberal moderati e dei democratici, che ebbero in Mazzini e Garibaldi i loro capi carismatici: quel processo tuttavia non si sarebbe compiuto senza la
forza di uno Stato, il Piemonte di Cavour. L’unità fu raggiunta in Italia con
l’aiuto francese e sulla base di un ‘‘compromesso’’ tra le aspirazioni di una
espansione territoriale della dinastia sabauda, l’azione dei moderati guidati da
Cavour e l’iniziativa dei democratici raccolti attorno a Mazzini e a Garibaldi (3).
(1) Anche la legge per l’intestazione degli atti di governo, che conteneva la dicitura ‘‘per grazia di Dio
e volontà della nazione re d’Italia’’ fu approvata dal Senato il 20 marzo con 74 voti su 75 votanti, e dalla
Camera il 17 aprile con 174 contro 58. G. Candeloro, Storia dell’Italia moderna, vol. V, La costruzione
dello Stato unitario (1860-1871), Milano, Feltrinelli, 1994, p. 139.
(2) Ibidem, pp.98-99.
(3) G. Turi, Il nostro mondo. Dalle grandi rivoluzioni all’11 settembre, Roma-Bari, Laterza, 2006, p.
94.
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La ricorrenza del 150º anniversario dell’unificazione ha acceso i riflettori sulla vicenda risorgimentale e sul difficile e contrastato processo di costruzione
dello Stato nazionale. All’immagine di un Risorgimento finito nel dimenticatoio dell’insegnamento scolastico, e spesso rievocato nella divulgazione storica
secondo i canoni di una obsoleta e convenzionale oleografia, una rinnovata
stagione di studi ha contrapposto quella di un processo al quale parteciparono
‘‘molti uomini e molte donne, non necessariamente tutti e tutte di primo piano, non necessariamente tutti e tutte autorevoli e potenti, ma capaci, con la
loro partecipazione, di far[ne] un movimento ampio, ricco, complesso, contraddittorio, e [...] ancora oggi straordinariamente affascinante e degno di essere attentamente studiato, piuttosto che acriticamente giudicato, enfaticamente
esaltato o liquidato senza appello’’ (4). Tuttavia, mentre qualcuno, con una critica superciliosa, si è persino spinto a spregiare la rinascita dell’interesse e il crescendo delle iniziative definendoli una ‘‘baldoria di italianità’’, alla ripresa del
lavoro storiografico si è venuta contrapponendo una profluvie di volumi e saggi antirisorgimentali e antiunitari, immessi quasi a getto continuo in un mercato editoriale pronto ad approfittare della favorevole congiuntura (5).
Uno degli aspetti forse oggi meno rivisitati della vicenda risorgimentale, sebbene tra i più significativi e importanti, è il suo rapporto con l’Europa, nei
termini di circolazione delle idee e di legami politici. Secondo un’interpretazione ormai largamente condivisa, il Risorgimento prese le mosse dal diffondersi
in Italia delle idee della Rivoluzione francese, condensate nei principi di ‘‘libertà, eguaglianza, fratellanza’’, che fecero maturare nel corso del triennio repubblicano e nel successivo periodo napoleonico il movimento nazionale, già presente in uno stadio embrionale nel corso del XVIII secolo. Le esperienze di
quel periodo trasfusero in concrete scelte politiche ‘‘una tradizione e un atteggiamento ancora essenzialmente culturali’’, trasformando cosı̀ l’idea dell’Italia
da mito essenzialmente letterario e poetico in una forza in grado di mobilitare
(4) A.M. Banti, Dell’uso pubblico del Risorgimento, e di un’antologia di documenti, in A.M. Banti (a cura di), Nel nome dell’Italia. Il Risorgimento nelle testimonianze, nei documenti e nelle immagini, Roma-Bari,
Laterza, 2010, p. XVII.
(5) Si è cosı̀ rinfocolato un filone di revisionismo storico risorgimentale di cui è stato uno degli antesignani il volume pubblicato nel 2000 da Angela Pellicciari, L’altro Risorgimento : una guerra di religione
dimenticata, Casale Monferrato, Piemme, 2000. Tra le molte, più recenti pubblicazioni cfr. G. B. Guerri, Il sangue del Sud. Antistoria del Risorgimento e del brigantaggio, 2010; P. Aprile, Terroni. Tutto quello
che e` stato fatto perche´ gli italiani del Sud diventassero meridionali; R. Bracalini, Brandelli d’Italia. Centocinquant’anni di conflitti Nord-Sud; M. Viglione, 1861. Identita` nazionale, unificazione, guerra civile,
Ares, 2011, che attacca il Risorgimento da una prospettiva cattolica tradizionalista.
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avanguardie risolute sul terreno della militanza, al fine di modificare le strutture politico-istituzionali radicate nell’antico regime (6).
Al di là dei confini dello Stato sabaudo guardò costantemente il genio politico di Cavour, uomo dalle straordinarie doti intellettuali e di larghissima cultura europea, grazie al quale dopo il 1848 il Piemonte cambiò volto e assunse la
funzione egemonica nel processo di direzione del Risorgimento italiano. Motivato inizialmente a estendere il dominio piemontese su tutta l’Italia settentrionale, e ancora convinto alla metà degli anni Cinquanta che l’unità fosse una
‘‘corbelleria’’, egli sfruttò la situazione venutasi a creare nel quadrante internazionale con la guerra di Crimea, scoppiata nel 1854. Mirando a ottenere l’appoggio di altre potenze in funzione antiaustriaca, seppe abilmente inserirsi nel
grande gioco diplomatico inviando un corpo di spedizione piemontese a fianco della Francia e della Gran Bretagna, alleate della Turchia contro la Russia,
che voleva sottrarre all’impero ottomano i principati di Moldavia e Valacchia,
e sollevando nella successiva conferenza di pace a Parigi il problema dell’assetto
politico della Penisola. L’ intensificarsi della trama diplomatica, nel segno di
una comune politica antiaustriaca, condusse all’alleanza franco piemontese in
virtù della quale, nella seconda guerra d’indipendenza, fu liberata dal dominio
austriaco la Lombardia, poi annessa al Regno di Sardegna.
Cavour si è detto ‘‘l’unico uomo veramente europeo del Risorgimento italiano’’ (7), perché il suo progetto di inserire uno Stato italiano modernamente ordinato nel circuito dell’Europa del progresso, della nuova ‘‘Europa vivente’’ (8),
come la chiamava in quegli anni Carlo Cattaneo (9), aveva affondato le radici
nella cultura politica ed economica che egli si era formato nel clima liberale
delle grandi capitali europee, da Ginevra a Parigi, da Londra a Bruxelles, ove
aveva soggiornato negli anni giovanili.
La stessa apertura verso gli orizzonti della moderna civiltà europea caratterizzò l’impegno culturale e politico di Carlo Cattaneo, studioso dagli interessi
tanto vasti, quanto difficili da ricondurre a unitarietà, come testimonia, nel va(6) F. Della Peruta, Risorgimento e identita` nazionale italiana, in Id., Politica e societa` nell’Italia dell’Ottocento. Problemi, vicende e personaggi, Milano, Franco Angeli, 1999, p. 11.
(7) G. De Ruggiero, Storia del liberalismo europeo, Bari, 19412, p. 328.
(8) C. Cattaneo, Notizie naturali e civili su la Lombardia, in Id., Scritti storici e geografici, a cura di G.
Salvemini e E. Sestan, vol. I, Firenze, 1957, p.414. In questo scritto del 1844 Cattaneo si riferiva al Ducato di Milano, che all’inizio del XVIII secolo ‘‘si era finalmente distaccato dal cadavere spagnolo, e ricongiunto all’Europa vivente’’.
(9) Cfr. L. Cafagna, Cavour, Bologna, Il Mulino, 1999, passim. Rimane fondamentale la biografia di
R. Romeo, Cavour e il suo tempo, Bari, 1969. Recentissimo lo studio di A. Viarengo, Cavour, Roma,
2010.
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sto ambito delle sue pubblicazioni, ‘‘Il Politecnico’’, il periodico da lui diretto
tra il 1839 e il 1844, ‘‘repertorio mensile di studj applicati alla prosperità e
coltura sociale’’, inteso a promuovere un sapere che, spaziando in un ampio
arco tematico, dalla storia alla filosofia, dall’economia alle scienze, dalla letteratura alle arti, potesse farsi leva di progresso civile. Protagonista delle Cinque
giornate di Milano e poi costretto a lasciare la Lombardia, egli maturò il suo
federalismo politico, come alternativa alle sopraffazioni del centralismo burocratico, non solo dalla riflessione sull’esperienza del 1848, ma anche dallo studio della ‘‘natura municipale e federale dell’Italia’’ profondamente radicata nella storia plurisecolare della Penisola (10). In una prospettiva sovranazionale, poiché - sosteneva - ‘‘l’Italia non può esser libera che in seno a una libera Europa’’, guardando con ammirazione al modello politico della Svizzera e degli Stati Uniti d’America, Cattaneo auspicò l’avvento di un giorno in cui ‘‘l’Europa
potesse, per consenso repentino farsi tutta simile alla Svizzera, tutta simile all’America’’, onde potersi ‘‘scrivere in fronte: Stati Uniti d’Europa’’ (11).
Una particolare declinazione del rapporto tra Italia ed Europa rivestı̀ l’azione
di Giuseppe Mazzini, non solo uomo di pensiero e animatore della lotta, ma
anche organizzatore culturale e politico di grande tempra. Ispirato da una sorta
di religione umanitaria pervasa di ideali romantici - il concetto di popolo, il
culto della nazione, il senso del sacrificio, la fede mistica in una propria missione - il Genovese fu mosso dall’intento di ‘‘creare un movimento cospirativo
più moderno, e dal respiro risolutamente nazionale, che ponesse al centro dell’opera di propaganda e di educazione il tema dell’unità repubblicana dell’Italia
e fosse in grado di sollecitare lo sviluppo della cultura, dell’associazionismo e
dei sentimenti patriottici dei lavoratori urbani’’ (12). Ma la Giovine Italia, costituitasi tra il 1831 e il 1832, avrebbe dovuto comunque prendere l’iniziativa rivoluzionaria in Europa, quell’iniziativa che la Francia sembrava ormai aver abbandonato. All’Europa francese Mazzini voleva infatti contrapporre l’Europa
degli europei, convinto che l’iniziativa della fondazione della Santa Alleanza
dei popoli non toccasse a quanti di essi già formavano una nazione, come i
francesi, ma a quelli che ancora non lo erano, come i polacchi, gli italiani, i
tedeschi e altri ancora. Dopo la disgregazione della Giovine Italia, con l’arresto
(10) C. Cattaneo, La citta` considerata come principio ideale delle istorie italiane, in ‘‘Il Crepuscolo’’, ottobre e dicembre 1858. Cfr. F. Della Peruta, Carlo Cattaneo politico, Milano, Franco Angeli, 2001, pp.
109-112.
(11) C. Cattaneo, Considerazioni sulle cose d’Italia nel 1848, in Id., Scritti storici e geografici, a cura di
G. Salvemini e E. Sestan, vol. II, Firenze, 1957, pp. 177-178.
(12) F. Della Peruta, L’Ottocento e il Novecento, Firenze, Le Monnier, 1992, p. 157.
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di molti suoi affiliati, incarcerati e sottoposti a processo, Mazzini - espulso dalla Francia e trasferitosi nel 1833 in Svizzera - tentò di dare vita a una sorta di
‘‘internazionale’’ democratica, fondando a Berna l’associazione della Giovine
Europa, che ebbe molti seguaci nell’emigrazione politica polacca e tedesca.
‘‘Il volto europeo e moderno del Risorgimento’’ come compartecipe del
grande dibattito politico-culturale allora in corso in Europa e in America sui
temi della nazione, della libertà e della democrazia emerse anche nel circuito
degli italiani che presero la via dell’esilio, non di rado per battersi per le idee
liberali e nazionali nei paesi ove ripararono (13). Le prime ondate di esuli politici
italiani, iniziate nel 1815 e intensificatesi dopo le rivoluzioni del 1820-21 e
del 1831, si diressero principalmente verso alcuni paesi europei: l’Inghilterra,
il Belgio, la Francia, la Spagna. Dopo gli eventi rivoluzionari del 1848, a Londra, in particolare, affluı̀ un’emigrazione costituita per la gran parte di democratici, di estrazione piccolo-borghese e di idee repubblicane, e dall’inizio del
decennio Cinquanta vi andò crescendo la simpatia per la causa dell’indipendenza italiana, anche a seguito dello scalpore suscitato dalla pubblicazione delle
lettere di Gladstone a Lord Aberdeen, in cui si denunciava la drammatica situazione nel Regno delle Due Sicilie come ‘‘negazione di Dio eretta a sistema
di governo’’. E sono noti i fattori che alimentarono il sostegno dei britannici
al susseguirsi delle vicende della Penisola: riaffiorati gli antichi timori per l’espansionismo napoleonico, nell’estate 1860, nell’appoggio a Garibaldi e alla
sua impresa nel Mezzogiorno d’Italia si fusero l’entusiasmo per la carismatica
figura del condottiero e il pragmatico calcolo politico.
Mentre sono in corso le celebrazioni del centocinquantenario dell’Unità, sono riaffiorati alcuni interrogativi già emersi, in un clima di indifferenza e non
senza polemiche, nella fase del loro faticoso avvio: davvero, come qualcuno ha
detto, la nostra nazione si può definire ‘‘un processo in corso’’, segnato da storiche fratture tali da impedirle di trasformarsi compiutamente da ‘‘nominale’’
in ‘‘sostanziale’’? L’Italia sarebbe ancora una ‘‘una nazione in corso d’essere,
un semenzaio di nazioni che continuano a cercare faticose convergenze’’? Ed è
vero che ‘‘l’indebolimento fortissimo subito dall’idea di unità, dall’idea dell’Italia nella sfera pubblica, nelle parole e nelle pratiche ad essa connesse’’, nell’ambito di quella che si è definita ‘‘una perversa diseducazione civica dall’alto’’,
può indurre alla sconsolata conclusione che la bandiera dell’Unità sia ormai
ammainata, e che di essa rimanga soltanto una pallida traccia nella coscienza
(13) Cfr. M. Isabella, Risorgimento in Exile. Italian E´migre´s and the Liberal International in the PostNapoleonic era, Oxford New York, 2009.
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civile? (14) Non si può che condividere, al riguardo, la chiara e perentoria confutazione di Giuseppe Galasso, il quale ha sostenuto che la memoria e il buon
senso dei popoli sono spesso più tenaci delle omissioni e degli oblii dei politici. Se è vero dunque che l’idea d’Italia si è affievolita nella sfera pubblica, non
è accaduto altrettanto nella mente e nei cuori degli italiani, consapevoli, in larga maggioranza, del fatto che lo Stato unitario, nell’ultimo secolo e mezzo, ha
contribuito alla loro libertà, al loro progresso materiale, alla formazione della
loro coscienza civile (15). Nella ricorrenza del primo centenario dell’Unità, il presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy, in un discorso pronunciato il 16
marzo 1961 al Dipartimento di Stato, individuò ‘‘nella tradizione di Mazzini,
Cavour, Garibaldi, come di Lincoln e di Washington il riferimento possibile
per un nuovo Risorgimento internazionale’’ (16). Quelle parole sollecitano ancora oggi a un impegno, difficile ma necessario, per costruire un futuro diverso,
nel quale il sentimento nazionale non si alimenti soltanto delle vestigia della
nazione, ma si proietti in una più ampia dimensione comune, che non può
non essere quella europea.
Maria Luisa Betri
Professore di storia del risorgimento e contemporanea
Università degli Studi di Milano
La relazione della Prof.ssa Betri `
e stata offerta dai soci ed amici del Freeday Club (presidente
Alberto Sandoli) e della Casa d’Europa (presidente l’Avv. Isetta Pinto). Il programma della serata (21 marzo 2011) presso l’Hotel ‘‘NH President’’ di Milano preceduto da un’eccellente
‘‘viaggio’’ musicale (Associazione Amici della Scala). Dopo l’introduzione dell’Avv. Pinto ha
preso la parola la Prof.ssa Betri calorosamente applaudita.
(14) E. Galli della Loggia, L’Italia dimenticata, in ‘‘Corriere della sera’’, 31 luglio 2009.
(15) E. Galli della Loggia, L’Italia dimenticata, cit.
(16) G. Crainz, Dov’e` finita la vergogna, in ‘‘La Repubblica’’, 20 gennaio 2011.
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