Per i 150 Anni dell’Unità d’Italia
Musical
“Tutto iniziò con un grido: Libertà!”
Percorsi di scrittura creativa e musicale sui valori risorgimentali
Laboratorio Musicale
MusicLAB 2010 III Edizione
Esperto Musicale:Tommaso Scarabino
Referente: prof.ssa Rosanna Falco
Laboratorio di Scrittura Ceativa
Referente: prof. Claudio Maria Rocco
Il Dirigente Scolastico
Prof.ssa Caterina MONTARULI
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Presentazione
Tra l’1 e il 2 luglio del 1820 ha inizio a Nola, nel Regno delle Due Sicilie, il moto napoletano
guidato dalla carboneria e da alcuni ufficiali che molti anni prima avevano aderito all’esperienza del
regno napoletano di Gioacchino Murat, cognato di napoleone Bonaparte.
Nel Centocinquantenario dell’Unità d’Italia abbiamo voluto ripercorrere questi avvenimenti che
riguardano il Mezzogiorno d’Italia e che furono il primo tentativo rivoluzionario di grandi
dimensioni attuato nel nostro Paese da quando il Congresso di Vienna gli aveva dato un nuovo
assetto geo-politico egemonizzato dall’Impero asburgico.
Tra i dieci Stati in cui fu suddivisa l’Italia, il Regno delle Due Sicilie era il più grande
territorialmente e anche uno dei più potenti.
La ribellione che lo attraversò fu provocata dal clima di persecuzione poliziesca instaurato dal
governo napoletano ostile a ogni richiesta di maggiori libertà civili. La rivolta si rafforzò poi del
diffuso malcontento popolare nei confronti di un regime che poco si curava delle condizioni di vita
dei più poveri.
Il suo sviluppo fu rapido e impetuoso ma anche non unitario come dimostrò l’insurrezione
separatista di Palermo del 15 luglio.
Dopo Nola insorse Avellino e il 9 luglio i rivoluzionari con il generale Guglielmo Pepe, il
colonnello Lorenzo De Concilj, i sottotenenti Michele Morelli e Giuseppe Silvati e il sacerdote
carbonaro Luigi Minichini, entrarono nella capitale. Il 13 luglio Re Ferdinando I dovette giurare
sulla Costituzione mentre si formava un governo liberale con patrioti come Giuseppe Poerio. Il 13
dicembre, però, il Re venne autorizzato dal governo a recarsi a Lubiana dov’era riunito il Congresso
delle grandi potenze europee, e in quella sede chiederà l’intervento austriaco contro il proprio
popolo. Il 7 marzo 1821 i napoletani verranno sconfitti nei pressi di Rieti e il 24 i soldati austriaci
entreranno a Napoli. E’ la fine della rivoluzione. Poco più di un anno dopo, il 12 settembre 1822 le
prime condanne a morte colpiranno i rivoluzionari.
Coniugando parole e musica lo spettacolo che proponiamo ha cercato di dar conto degli
avvenimenti storici riguardanti i fatti di Napoli, senza trattare della rivolta siciliana.
I personaggi sono quelli reali ma i dialoghi sono inventati anche se sulla base di una ricerca di
verosimiglianza storica; alcune battute pronunciate dai personaggi sono documentate. Abbiamo
introdotto un personaggio nuovo, quello di Angela Pagano che vive una storia d’amore e di lotta
con Michele Morelli. Al personaggio di Angela abbiamo affidato il compito di dar voce alle tante
donne protagoniste del nostro Risorgimento troppo spesso trascurate o dimenticate.
Gli arrangiamenti e le musiche, tutte inedite e originali, sono state realizzate dal Laboratorio
musicale “MusicLAB” condotto dal maestro Tommaso Scarabino e dalla prof.ssa Rosanna Falco
con gli studenti dell’Istituto.
I testi sono stati prodotti dagli alunni del Laboratorio di Scrittura Creativa guidato dal prof.
Claudio Maria Rocco.
Ringraziamo il Dirigente Scolastico prof.ssa Caterina Montaruli che ha reso possibile la
realizzazione di questa rappresentazione.
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“Tutto iniziò con un grido: Libertà!”
I moti di Napoli del 1820-21
Nove scene in musica per celebrare i Centocinquanta anni dell’Unità d’Italia
Parte Prima
Tutti i tentativi di provocare la sommossa nel Regno delle Due Sicilie per ottenere una Costituzione
come quella spagnola del 1812 - che i rivoltosi di Cadice avevano strappato al sovrano di Spagna a
gennaio - erano falliti. In primavera il reparto dei dragoni di Aversa, in partenza, fu fermato dal
governo che aveva saputo delle intenzioni dell’ufficiale che lo guidava di unirsi ai carbonari.
Una riunione di cospiratori a Napoli stabilì di sequestrare il re e di obbligarlo a concedere la
Costituzione, e a maggio una terza riunione fissò per la notte dal 29 al 30 lo scoppio della
rivoluzione ma uno dei cospiratori rivelò il complotto alla polizia. Seguirono numerosi arresti e il
moto fu di nuovo rimandato. Altri arresti avvennero in giugno a Salerno dove i carbonari si erano
incontrati sperando nell’azione del più rinomato tra di essi, il generale Guglielmo Pepe. Quelli che
riuscirono a scappare si ritrovarono ad Avellino con il generale, dove stabilirono la data
dell’insurrezione per il 4 luglio. Qualche giorno dopo Pepe era tornato a Napoli e un prete
carbonaro, l’abate Luigi Minichini, che si trovava a Nola, per impedire che anche quella data
venisse rinviata sparse la voce che Avellino era insorta. Così, nella notte tra il 1 e il 2 luglio 1820,
insieme ai sottotenenti Michele Morelli di 30 anni, di Monteleone Galasso nel Foggiano e Giuseppe
Silvati di Napoli, entrambi del Real Borbone Cavalleria, reggimento di stanza a Nola che fu
chiamato squadrone della morte, si mise a capo del movimento insurrezionale. In tutto disertarono
circa 130 soldati e 20 ufficiali. Con loro erano i carbonari Domenico Gentile da Nola; Antonio
Montano da Napoli, caffettiere; Camillo Sepe da Nola, farmacista; Giovanni Rossi da Nola,
studente; Giuseppe Papa da Santa Maria a Vico, scrivano; Arcangelo De Simone, caporale degli
Armigeri; Carlo Molinaro, armigero; Giuseppe Sallustro da San Giovanni a Teduccio,
commerciante; Giovanni Siciliano, armiere; Raffaele Raiola, bettoliere; Mario Caruso, industriale;
Cristoforo Balsamo, sarto; Luigi Del Vecchio ed Aniello Giugliano, da Pozzo Ceravolo; Michele
Giugliano, da Piazzolla di Nola, benestante; Vincenzo Girolamo, Michele Chiappetta e Gaetano
Giannone, massari, tutti da Piazzolla di Nola, Francesco Pesce, negoziante di Nola e Andrea
Rosati, proprietario, da Saviano.
[NOLA, NOTTE DELL’1 LUGLIO 1820, FESTA DI SAN TEOBALDO, PATRONO DELLA CARBONERIA. PIAZZA COLMA
DI GENTE. TUTTA LA GUARNIGIONE DELLA CAVALLERIA BORBONICA PRESENTE NELLA CITTADINA È USCITA
DALLA CASERMA SOTTO LA GUIDA DEI SOTTOTENENTI MICHELE MORELLI E GIUSEPPE SILVATI; CON ESSA I
POCHI ABITANTI DI QUEL LUOGO E ALCUNI CARBONARI CON DON LUIGI MINICHINI: INSIEME CHIEDONO A
GRAN VOCE LA COSTITUZIONE SPAGNOLA DEL 1812 E SVENTOLANO LE BANDIERE DELLA CARBONERIA.]
VOCI (urlando) :
DON LUIGI MINICHINI:
MICHELE MORELLI
DON LUIGI MINICHINI:
MICHELE MORELLI:
Viva la Costituzione spagnola! Viva la Carboneria! Viva la libertà!
Viva il re costituzionale!
E...viva Dio, soldati, gridate: viva Dio e viva la Costituzione!
Luigi! Non dimentichi mai di essere un prete, vero?
Si...di una specie ancora poco conosciuta: un prete carbonaro, ma
sempre un prete.
Caro Michele sono le scelte che facciamo a limitare la nostra libertà.
Dio ci ha dato il libero arbitrio.
Di libertà sentivo parlare come un sorriso strappato dagli altri, ma è
già nella natura e noi non dobbiamo far altro che liberarla...
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DON LUIGI MINICHINI:
MICHELE MORELLI:
ANGELA PAGANO:
DON LUIGI MINICHINI:
ANGELA PAGANO:
MICHELE MORELLI:
ANGELA PAGANO:
DON LUIGI MINICHINI:
GIUSEPPE SILVATI:
Vedo che ti occupi di filosofia ma non è il momento per fermarsi a
riflettere. Ne so qualcosa io che non trovo più il tempo di pregare.
Fai bene prete, bisogna agire.
Don Luigi! Don Luigi! L'ho sognato, ho sognato tutto!
Calmati Angela. Hai sognato cosa?
Ho visto la folla, la confusione, le urla, gli spari. Ho visto tuttoprima
che accada.
Che ci fa qui questa ragazza?
Mi chiamo Angela Pagano.
Angela ci porta la conferma che questa è la strada...
...e non si può più tornare indietro, amici miei.
“E’ l’ora di partire” (Morelli)
È l'ora di partire
e i grandi spazi che ci circondano
parlan di libertà,
parlan di libertà.
Non mi pento di quanto ho sofferto,
non mi pentirò mai.
Ma quanto costa ‘sta libertà,
questa libertà.
Le mie medaglie son cicatrici
e sono su di me.
Io sarò libero come il vento,
io sarò libero
Il vento accende ceneri spente,
spettina gli alberi.
Ulula il lupo dall’alba del sole
al tramonto della luna
Non finisce
Va sempre avanti
Il sole brucia la pelle
Su questi monti e giù verso il mare
Continua a respirare
E ogni giorno
è controvento
nasce il sentimento.
È l’ora di partire, è l’ora di partir
ANGELA PAGANO:
Quante volte mi sono sentita piccola e insignificante, anche per la mia
famiglia non sono che due braccia e basta. Lasciatemi venire con voi.
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“I miei perché” (Angela)
Nella mia stanza ero in un angolo da sola
ombre di lacrime velavano i miei occhi
il coraggio non avevo
di riuscire a far parlare il mio dolore.
Sentivo un peso insopportabile sul cuore,
intrappolata ero nella mia paura,
il tempo che scorreva
inesorabile portava i miei perchè.
Rit. Poi all'improvviso tutto è stato chiaro
piangere per chi non era più
ha sciolto tutti i nodi
e il mio sentimento
si libera nel mondo intorno a me.
Adesso finalmente posso urlare
godere dei colori e della vita
di tutte le emozioni, di tutte le ambizioni
che scoppiano nel cuore e dentro me.
MICHELE MORELLI:
GIUSEPPE SILVATI:
DON LUIGI MINICHINI:
MICHELE MORELLI:
DON LUIGI MINICHINI:
Parlavi di braccia, Angela, e la libertà ha bisogno di braccia.Verrai con
noi.
Ma le braccia da sole non fanno giustizia.
Non è questo il momento per discutere. Qualcuno porti la bandiera.
Già si dice che il generale Pepe si unirà a noi e noi ne saremo
all’altezza.
Ma il Generale è un uomo di Ferdinando, non ricorda più di aver
combattuto per la repubblica!
Taci mascalzone (in tono ironico). Il Generale ha dovuto scegliere il
male minore ma ti assicuro che è dei nostri, bisognerà attendere solo il
momento in cui deciderà di guidarci.
“La città del sole” (don Luigi Minichini)
Io sarò un apostolo
della libertà
e la mia esistenza
brilla per lei
Fonte della vita
di felicità
ti difenderò
io ti seguirò
Vivi, corri, combatti
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Rit. Ingrosseremo le nostre fila
il vento soffia sulla bandiera della carboneria
salirà in alto
e la vedranno a Napoli
sarà la città del sole
E Gerusalemme
nuova sarà
il popolo il suo Cristo
ritroverà
La storia è in questi volti
così si farà
e la nostra forza
salverà le città
Il re si piegherà
Rit. Ingrosseremo le nostre fila
il vento soffia sulla bandiera della carboneria
salirà in alto
e la vedranno a Napoli
sarà la città del sole
Uno dopo l'altro, uno dopo l'altro
li vedi quegli occhi? Guardano i tuoi
le senti le loro voci? Ti chiamano
non temono di spegnersi e i loro passi li senti?
Marciano con te
Marciano con te
A Napoli aspettano noi
Rit. Ingrosseremo le nostre fila
il vento soffia sulla bandiera della carboneria
salirà in alto
e la vedranno a Napoli
sarà la città del sole
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Parte Seconda
SCENA I
Morelli e Silvati procedevano verso Avellino con le loro truppe e a soli sei chilometri dalla città
incontrarono un tenente dei gendarmi mandato dal colonnello Lorenzo De Concilj, autorità militare
del luogo e capo di stato maggiore del generale Pepe. Il gendarme era incaricato di pregarli di non
entrare quel giorno in Avellino per evitare disordini, e di indurli a fermarsi a Monteforte. Morelli
annunciò invece il suo prossimo arrivo e ritornò per il momento a Monteforte.
Non avendo notizie di Pepe, il liberale colonnello De Concilj aveva ritenuto di fermare l’avanzata
degli insorti andando loro incontro ma una parte dei suoi uomini era passata con Morelli. Così,
quando alle 11 del mattino del 3 luglio Morelli, Silvati e Minichini fecero il loro ingresso ad
Avellino, Lorenzo De Concilj decise di non attendere oltre e di sostenere la rivolta. Nelle sue mani
Morelli rimise i poteri.
[SALA INTERNA DEL PALAZZO MUNICIPALE DI AVELLINO. ENTRA MORELLI.]
MICHELE MORELLI:
Colonello De Concilj, vi porto i miei uomini, tutta la guarnigione di
Nola...e anche qualche cafone. Io sono il sottotenente Morelli, sono ai
vostri ordini. (Pausa) A condizione che vogliate darmi gli ordini
giusti.
LORENZO DE CONCILJ: Non sia insolente Morelli! Ho ricevuto la vostra lettera...belle parole,
non c’è che dire.
LORENZO DE CONCILJ: Ecco quello che mi avete scritto
“Noi veniamo per primi, ma non siamo soli. Vogliamo un governo
libero. Se voi, colonello ci aiuterete, darete gloria eterna al vostro
nome”...Gloria eterna! Non aspiro a tanto. Tradire i Borboni e
schierare Avellino con la rivoluzione. Mi chiedete di rischiare tutto, e
per cosa? Un obiettivo tanto giusto quanto incerto. Rischiare la testa, i
gradi e l'onore per la libertà e la costituzione che gli spagnoli
strapparono nel '12, (Pausa e con entusiasmo) non c'è niente di meglio
per rischiare tutto.
“Sui campi di battaglia” (De Concilj)
I campi di battaglia del Re
mi hanno dato i gradi di Colonnello,
ma il coraggio l'ho trovato guardando i miei soldati.
E l'onore?
Anche quello è seppellito nei campi di battaglia.
Forse lo troverò combattendo per un sovrano più nobile: la libertà.
La testa?
Quella posso pure perderla
se non riuscissi più a pensare come un uomo libero.
I miei soldati come erano dinanzi alla morte sui campi di battaglia?
Il loro ardore giovanile per il mio,
dinanzi alla morte, noi e Dio.
Sui campi di battaglia, liberi di morire.
Tutti noi murattiani e carbonari della prima ora,
tutti noi con la libertà incisa sull'uniforme
ed ora è qui, di nuovo, con tutti quei ragazzi,
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come farai a negarla?
Come potrò rifiutarla?
Nessuno di quei ragazzi la rinnegò.
Per loro e con loro ho già fatto la mia scelta.
MICHELE MORELLI:
Metto al vostro servizio questa rivoluzione che non è mia e tornerò a
prestarvi obbedienza come vostro subordinato, ma vi chiedo di
mettervi alla nostra guida.
LORENZO DE CONCILJ: Porterò alla vittoria questa folla di soldati e cafoni, Morelli. Fino a
Napoli. In fondo, non faremo che realizzare il nostro destino: la libertà.
SCENA II
[AVELLINO. IN UN VICOLO VICINO AL MERCATO. MORELLI E ANGELA.]
MORELLI:
ANGELA PAGANO:
MORELLI:
MORELLI:
Allora, come stai?
Ci conosciamo per caso?
Dai Angela, cerca di capire. Non possiamo far sapere a tutti che ci
amiamo. Non adesso, almeno. Credi che gli altri non abbiano lasciato
nessuno a casa? Noi non dobbiamo lasciarci andare...sarebbe ingiusto.
Perchè? Perchè dovrebbe essere ingiusto rivelare il nostro amore?
Si, Angela. Credo proprio che sia così, ingiusto. Nella situazione che
stiamo vivendo nessuno può permettersi di fare il sentimentale.
Vuoi negare che quello che stiamo facendo lo facciamo per passione?
Lo facciamo per amore, non lo senti? È lo stesso amore che ci lega a
tutti loro...se non amassi saresti qui?
Angela, Angela...io non posso permettere che il nostro legame
distrugga quello che stiamo costruendo insieme a tutta questa gente.
No, no. Tu non vuoi evadere dalla tua prigione interiore: ama l'amore
combattente che è in te e ama me.
Non distrarmi con i bei discorsi. Le tue parole mi soffocano.
Credi davvero a quello che dici? Sicuramente stai soffocando il nostro
amore.
E sia. La rivoluzione non può fermarsi.
MORELLI:
ANGELA PAGANO:
MORELLI:
Angela...non volevo ferirti.
Sei come un gattino cieco e io volevo solo continuare a starti vicino.
No, tu confondi l’amore con il dovere.
ANGELA PAGANO:
MORELLI:
ANGELA PAGANO:
MORELLI:
ANGELA PAGANO:
MORELLI:
ANGELA PAGANO:
“Cammineremo insieme” (Angela e Morelli)
Abbattiamo questo muro
che ti tiene prigioniero
e ti allontana giorno per giorno
da me.
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La tua passione per la libertà
E’ così forte e così libera
E io vorrei
Che fosse anche per me
Rit. Sul piano cammineremo insieme
le mani strette in un unico pugno
strette dall'unica passione
che ci unisce, che ci dà forza
Tu dici amami
ma io ti amo già
è un sentimento che mi soffoca
e che uccide la libertà.
Soffoca come un incendio,
divampa e brucia nel mio cuore
io non mi fermo
vivo per la libertà
Rit. Sul piano cammineremo insieme
le mani strette in un unico pugno
strette dall'unica passione
che ci unisce, che ci dà forza
ANGELA PAGANO:
Ma non distruggerà quel che abbiamo costruito con gli altri. Sono solo
una donna ma mi sento forte come te, e forse lo sono di più.
E adesso voglio parlare alle donne!
III SCENA
[MERCATO. GENTE AFFACCENDATA INTORNO ALLE BANCARELLE.]
ANGELA PAGANO:
DONNA 1:
DONNA 2:
ANGELA PAGANO:
DONNA 2:
ANGELA PAGANO:
DONNA 1:
ANGELA PAGANO:
DONNA 2:
Donne ascoltatemi!
Chi sei?
Cosa vuoi da noi?
Cosa voglio da voi? Che vi svegliate!Libertà, unione, lotta, non vi
dicono niente queste parole? Io sono una di voi, vengo da Nola e
voglio portarvi con me a Napoli. Andremo dal Re. E ci faremo
ascoltare.
Ma che libertà? Che unione? Pane vogliamo, e lavoro!
Si ma solo la lotta ve li darà. La carboneria sarà la fede che ci unirà.
Che succede? Tu sai che succede?
Nobili, preti, soldati, lottano tutti per la Costituzione; questa è la
nostra causa comune, manchiamo solo noi.
La Costituzione? Ma che cos’è? Siamo stufe di carte che non
sappiamo leggere.
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La nostra Costituzione (Angela e donne)
(Angela) È la catena che ci unisce
Vuoi sempre far decidere i tuoi compagni per te?
I tuoi vestiti chi li ha scelti?
Chi conta le ore della tua giornata?
Quante volte hai voluto imparare ma non hai mai potuto farlo?
È questa la Costituzione!
La libertà di essere padroni di se stessi
Il nostro destino già segnato non dovrà essere quello delle nostre figlie
(Voce di donna) Cosa vuol dire essere donna?
Guarda queste braccia sono più grosse di quelle di un uomo.
(Angela) E allora perché non le usi per renderti libera?
Avete braccia così forti per piantare l’albero della libertà dentro la sala del trono?
(In coro) Si.
( Angela) Non vi piacerebbe un giorno guardare le stelle e sentire che tutto va bene?
Le stelle ci guardano
È il tempo di alzare lo sguardo fin là su
A Napoli! A Napoli!
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Parte Terza
Pietro Colletta racconta che nella notte tra il 5 e il 6 luglio “cinque settari andarono agli
appartamenti del re, dicendo apertamente ai custodi e alle guardie di essere ambasciatori di causa
pubblica venuti a parlare al re o a qualche grande di Corte. Altra volta quell’ora, quel discorso e la
sola audacia dell’ingresso sarebbero state colte, e punite, ma le cose eran mutate, sicché un servo
frettolosamente portò l’ambasciata”. Non c’era tempo da perdere: Ferdinando doveva concedere la
Costituzione.
E la Costituzione di Cadice, sul modello di quella spagnola del ’12, appariva ai rivoluzionari la più
adatta a limitare i poteri regi, a garantire il decentramento con una Deputazione elettiva in ogni
provincia, come organo per i ricorsi amministrativi, e infine a rappresentare democraticamente lo
Stato attraverso un’unica Camera titolare del potere legislativo. Alla scelta della rappresentanza
potevano concorrere tutti i cittadini maschi che avessero compiuto 21 anni d’età e non fossero
servi. Veniva garantita inoltre la libertà di stampa.
[NOTTE TRA IL 5 E IL 6 LUGLIO: CINQUE CARBONARI TRA CUI MINICHINI, PEPE E MORELLI, ENTRANO NELLA
REGGIA DI NAPOLI PER INCONTRARE RE FERDINANDO I. CHE E’ ACCOMPAGNATO DAL MINISTRO DI POLIZIA
PRINCIPE DI CANOSA E DA MONSIGNORE.]
DON LUIGI MINICHINI: Maestà, siamo qui per la Costituzione, sono giorni che marciamo e che
lottiamo. Le nostre mani sono sporche di sangue. I soldati che ci avete
mandato addosso li abbiamo messi in fuga e ora siamo dinanzi a Voi.
MICHELE MORELLI:
Le nostre donne e i nostri bambini combattono al nostro fianco per
questo. Se l’abbiamo svegliata nella notte, Maestà, è perché non c’è
più tempo da perdere. Sarete il sovrano di una monarchia
costituzionale.
GUGLIELMO PEPE:
Non negherete più a nessuno la liberta, poiché per essa siamo in tanti
disposti a morire e ad uccidere. Questo bravo ufficiale al mio fianco ha
detto che sarete un monarca costituzionale...non avete alternative,
dovrete esserlo (in tono minaccioso). Presto giurerete sulla
Costituzione.
MONSIGNORE:
(Rivolgendosi a Minichini con il braccio teso) Io ti conosco! Tu sei
Minichini! Un giacobino! Sei solo un seguace di quel folle cospiratore
di Buonarroti!
DON LUIGI MINICHINI: E Voi?! Voi cosa siete?! Siete un persecutore di cristiani, solo un
novello Tigellino! Come potete essere cristiano se dimenticate che
Cristo è morto per il suo popolo!
PRINCIPE DI CANOSA: Signori! Siete davanti ad un Re!
FERDINANDO I:
No, no! Lassa sta! C’hanno ragione e nuje stamm cà pe fall cuntent.
Solo che…ci vuole tempo…la Costituzione è na robba seria e nuje è
tant tiemp ca ce penzavam! Non siamo sorpresi dalla vostra richiesta.
GUGLIELMO PEPE:
É un’ora dopo mezzanotte, alle tre la Costituzione sarà pubblicata!
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Il tormento del mio Paese (Guglielmo Pepe)
Sento dentro di me il tormento del mio Paese, non sono più io è la lotta di questa gente che parla
dalle mie labbra.
Sento la durezza della lotta, sento che è forte la volontà di schiacciarla.
Ma si può reprimere la libertà di un uomo e di un popolo?
Libertà per un Paese che potremo finalmente chiamare patria!
Come volete che ci facciano paura la prigione, la tortura?
Se ci fosse un buon Re che sostenesse la volontà e la speranza del suo popolo che vuole grande il
proprio Paese!!
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Parte Quarta
Il 9 luglio Guglielmo Pepe con Morelli, Silvati, De Concilj e don Luigi Minichini entra a Napoli
von le truppe rivoluzionarie, accolto dalla folla festante. Ai balconi della Reggia si affacciano i
Reali per salutare anch’essi i costituzionalisti, facendo buon viso a cattiva sorte. Il 13 luglio
Ferdinando I giurerà sulla Costituzione mentre un nuovo governo liberale entrerà nelle sue
funzioni.
[10 LUGLIO 1820. PIAZZA DI NAPOLI ADIBITA AD INFERMIERIA DA CAMPO.]
MORELLI:
ANGELA PAGANO:
MORELLI:
ANGELA PAGANO:
MORELLI:
Sarai stanca, lascia fare a me, va’ a riposare.
No, no, sto bene. E poi qui hanno bisogno di me.
Ma sembri distrutta. Fermati un momento.
Qui siamo tutti sfiniti ma se molliamo...Devo andare alla fontana a
prendere dell'acqua e mi servono altre pezze per tamponare le perdite
di sangue di questi poveri disgraziati. Ce ne sono tanti in condizioni
terribili. E gli altri? Quelli che non riusciamo a portare qui?
Testarda e coraggiosa.
ANGELA PAGANO:
MORELLI:
ANGELA PAGANO:
MORELLI:
Cos’hai al braccio? Sei ferito? Ti fa male?
Sta’ calma. Non è niente. È solo un taglio superficiale.
Dove te lo sei fatto?
Tornando dalla reggia un proiettile mi ha colpito il braccio. Una mira
scarsa se il bersaglio ero io e comunque c’è chi sta decisamente peggio
di me.
ANGELA PAGANO:
Già. Non faccio altro che stupirmi del coraggio di questi ragazzi. Così
forti, eppure così fragili. Ma cosa ci fanno qui? Dovrebbero giocare,
non preoccuparsi di arrivare la sera ancora interi.
Come ti chiami giovanotto?
Shh. Lascialo stare. È meglio che riposi un po’. Appena fuori
Marigliano, sulla via per Napoli, lui e gli altri sono stati sorpresi da
alcune guardie dietro una svolta della via sulla collina. L'hanno colpito
con un colpo di baionetta. È riuscito a spiegarmelo tra uno svenimento
e l'altro. Povero ragazzo...ha perso molto sangue.
Sembri sua madre.
Ne sarei stata orgogliosa. Però la realtà è un’altra: non sono sua
madre, io non sono madre.
Cosa c’è Angela?
Riusciremo mai a diventare una famiglia tu e io?
Sarebbe bellissimo ma è una pazzia pensarlo nella situazione in cui
siamo.
MORELLI:
ANGELA PAGANO:
MORELLI:
ANGELA PAGANO:
MORELLI:
ANGELA PAGANO:
MORELLI:
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Come gocce di rugiada (Morelli e Angela)
Era impossibile la rivoluzione
ma l'abbiamo fatta.
Era impossibile la libertà
ma stiamo riprendendo nelle mani la nostra vita.
Anche amarsi era impossibile
ma tutto questo è realtà
perchè l'abbiam voluto
perchè l'abbiam voluto.
Rit. Un giorno tu ed io
coroneremo il nostro amore
che non più impossibile sarà.
I nostri sogni dipingono la realtà,
si scioglie il gelo fra di noi
e siamo fragili come gocce di rugiada.
Arriva il giorno
e illumina la bandiera
la luce si avvererà nei volti
sarà l'alba del nostro respiro
sarà l'alba del nostro respiro.
Rit. Un giorno tu ed io
coroneremo il nostro amore
che non più impossibile sarà.
I nostri sogni dipingono la realtà,
si scioglie il gelo fra di noi
e siamo fragili come gocce di rugiada.
ANGELA PAGANO:
MICHELE MORELLI:
ANGELA PAGANO:
MICHELE MORELLI:
ANGELA PAGANO:
Allora, non mi hai ancora detto com’è andata alla reggia. Cosa è
successo?
Siamo entrati in cinque. È bastato che si presentasse il generale Pepe e
nessuno ci ha più fermato. Siamo arrivati al cospetto di Ferdinando,
dovevi vedere l’espressione del suo volto pallido e incipriato: tra
stupefatto e ironico, anche in quel frangente mi è parso che si stesse
prendendo gioco di noi. Accanto a lui c’era il Principe di Canosa,
quell’infame. Vedere lui e le teste che ha fatto tagliare è stato tutt’uno.
E un po’ ho pensato anche alla mia.
Vorrei mangiargli il cuore.
Il suo sguardo vitreo era più affilato di una lama, ma nessuno di noi ha
abbassato gli occhi dinanzi a lui. E alla fine il Re ha dovuto cedere,
anzi ha avuto anche il coraggio di dire che la Costituzione era già nei
suoi pensieri.
Non mi fido...ho paura...ci tradirà?
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PARTE QUINTA
Giuseppe Poerio aveva 45 anni quando, da leader murattiano, partecipò ai moti di Napoli assieme
ai figli Alessandro e Carlo, destinati entrambi a diventare patrioti di primo piano nella storia
d’Italia. Giuseppe era tornato a Napoli dall’esilio nel ’19 ed era stato eletto nel Parlamento
costituzionale di cui fu tra i maggiori animatori. Dopo la sconfitta dei rivoluzionari guidati dal
generale Pepe ad Antrodoco, nei pressi di Rieti -tra di essi c’era Alessandro Poerio-, il 7 marzo
1821 ad opera degli austriaci del generale Johann Maria Frimont scesi nel Mezzogiorno su
richiesta di Ferdinando I delle due Sicilie, Giuseppe Poerio riunì quel che restava del Parlamento
per protestare contro l’intervento straniero. Ciò non fermò Frimont che il 24 marzo entrò a Napoli
e chiuse il Parlamento. Poerio fu arrestato ed esiliato con la famiglia a Trieste e quindi a Gratz.
Dopo un nuovo esilio poté tornare a Napoli nel ’33 dove morì dieci anni dopo.
[18 MARZO 1821. E’ TRASCORSO QUASI UN ANNO DALL’INIZIO DELLA SOLLEVAZIONE. AULA DEL PARLAMENTO
NAPOLETANO.]
GIUSEPPE POERIO:
Amici, siamo soltanto in ventisei qui nel nostro Parlamento
Costituzionale. Gli austriaci sono ormai alle porte di Napoli. Il 7
Marzo il generale Pepe è stato sconfitto vicino Rieti e i nostri sono
dispersi. Vi propongo di votare questa risoluzione a difesa della nostra
Costituzione del 7 Luglio 1820.
Noi abbiamo esercitato le nostre funzioni conformemente ai nostri
poteri, ai giuramenti del re e ai nostri. Ma la presenza nel regno di un
esercito straniero ci mette nella necessità di sospenderle, e ciò
soprattutto perchè dopo gli ultimi disastri che hanno reso impossibile
unire l'Esecutivo, il Parlamento non potrebbe essere in attività senza il
suo concorso.
Annunziando questa dolorosa circostanza, noi protestiamo contro la
violazione del diritto delle genti, intendiamo conservare saldi i diritti
della nazione e rimettiamo la causa del trono e dell'indipendenza
nazionale nelle mani di quel Dio che regge i destini dei monarchi e dei
popoli.Viva la patria!
PARLAMENTARI (In coro): Viva la patria!
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PARTE SESTA
SCENA I
Alla fine della primavera del 1821 re Ferdinando I revocò la Costituzione e il ministro di polizia,
principe di Canosa, si mise sulle tracce di quanti erano sospettati di cospirazione. L’abate
Minichini aveva lasciato Napoli nel marzo del 1821, diretto a Barcellona. In carcere erano già i
generali Colletta, Pedrinelli, Arcovito, Colonna, Costa, Russo, Begani; i deputati Borelli, Poerio,
Piccolellis, Gabriele Pepe; i consiglieri di Stato Rossi, Bruno e Bozzelli. Alla pubblicazione del
decreto del re tornato a Napoli il 15 maggio, che prometteva perdono, seguirono in un sol giorno
sessantasei arresti. Il generale Guglielmo Pepe, il colonnello Lorenzo De Concilj avevano trovato
rifugio in Spagna.
Il 10 aprile Morelli e Silvati riuscirono a imbarcarsi per l’Albania ma furono costretti da una
tempesta a prendere terra a Ragusa. Di lì raggiunsero la Bosnia. Poi si divisero e Morelli tornò in
Italia. In Abruzzo venne assalito da banditi che lo derubarono. Arrivato al primo paese in cerca di
aiuto, si arrese ai gendarmi. Fu portato a Foggia e l’11 agosto fu poi rinchiuso nel Forte dell’Ovo
a Napoli dove incontrò Silvati catturato giorni prima.
Accusati di “misfatto di cospirazione”, i due vennero processati nel maggio 1822, presso la Gran
Corte Speciale di Napoli, nella Vicarìa di Castel Capuano.
[19 SETTEMBRE 1822. PIAZZA DI NAPOLI AFFOLLATA PER L'ESECUZIONE DI MICHELE MORELLI E GIUSEPPE
SILVATI]
FUNZIONARIO REGIO:
Sugli atti dell'inquisizione criminale della commissione speciale in
Napoli per il delitto d'alto tradimento contro gli imputati: 1)
Guglielmo, generale Pepe di Napoli, 2) Michele, sottotenente Morelli
di Napoli, detenuto, 3) Giuseppe, sottotenente Silvati di Napoli,
detenuto, 4) Luigi, sacerdote Minichini di Nola, 5) Ludovico,
colonnello De Concilj di Avellino, tutti imputati del delitto di alto
tradimento, vista la sentenza della detta commissione del 10 Marzo
1822...
POPOLO:
A morte i Carbonari! A morte i nemici del popolo!
1° PATRIOTA:
Saranno contenti. Così li uccidono due volte! Dov'è finita la folla che
li portava in trionfo? Questi non sono che cani feroci.
Quel vigliacco del re, che si diceva costituzionale, ha restituito la
guida della Polizia di Stato a quel boia del Principe di Canosa e questa
esecuzione è frutto della sua crudeltà.
E noi che restiamo qui cosa faremo? Forse ad Antrodoco potevamo
metterli in rotta gli austriaci.
Avevamo tutto dalla nostra parte, tutto quello che bastava per vincere.
I fucili erano pochi ma la determinazione era tanta.
E c'era con noi il generale Pepe: lo ricordi mentre lui e Michele
Morelli cercavano l'uscita dalla gola dove c'eravamo infilati?
Non lo dimenticherò mai. Per fortuna Pepe ce l'ha fatta a fuggire e
Minichini è da mesi in Calabria e stai sicuro che il nostro prete sta già
riunendo i dispersi.
2° PATRIOTA:
1° PATRIOTA:
2° PATRIOTA:
1° PATRIOTA:
2° PATRIOTA:
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FUNZIONARIO REGIO:
Sua maestà il re, cui furono subordinati gli atti e la sentenza relativa,
ha stabilito doversi eseguire per i cinque imputati la pena di morte
mediante impiccagione e, quanto agli imputati Pepe, De Concilj e
Minichini, doversi procedere in contumacia. Oggi 19 Settembre 1822
in Napoli si dà esecuzione alla sentenza. Vengano condotti i
condannati.
SCENA II
[ENTRA ANGELA PAGANO]
ANGELA PAGANO:
1° PATRIOTA:
ANGELA PAGANO:
2° PATRIOTA:
Noooo!
Fermati Angela! Cosa vuoi fare?
Lasciatemi! Michele! Devo andare! Lasciatemi andare da lui.
È morto da uomo. Non ha emesso un grido. Non ha chiesto pietà.
Sentirai con le mie mani (Angela)
Non ti chiedo di guardarmi,
non mi troveresti più.
La mia anima è scomparsa
credo sia con te.
Non ti chiedo di ascoltarmi
ti hanno strappato dal tuo corpo
e ora sei nel mio.
Non ti chiedo di amarmi
la morte invidiosa ha portato via
via da me e via da te.
Sono cullata da ogni tuo sussurro,
sono corteggiata dal tuo essere
e porto con me
il ricordo dei giorni vissuti.
.
Lo sappiamo, io e te,
che non siamo mortali
e non sarà la tua fine
a cancellare il nostro inizio.
Sei stato mandato lì,
ora puoi chiedere aiuto
e io in silenzio lo griderò
sì lo griderò.
Vedrai con i miei occhi
Il coraggio che verrà.
Sentirai con le mie mani
Il peso dei fucili.
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Io vivrò per farti riposare
nel mio cuore
il giorno della vittoria.
Sono cullata da ogni tuo sussurro,
sono corteggiata dal tuo essere
e porto con me
il ricordo dei giorni vissuti.
VOCE:
La condanna a morte dei sottotenenti Michele Morelli e Giuseppe Silvati fu eseguita il
12 settembre 1822. Il corpo di Morelli, che aveva rifiutato i conforti religiosi, fu gettato in
una fossa di calce viva.
FINE
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