Presentazione opuscolo Il seguente opuscolo nasce nell’ambito del progetto “Recupero storico-culturale-artisticoambientale del Territorio”, fortemente voluto e supportato dal dirigente scolastico, prof. Francesco Spinelli che ha favorito, con determinazione, la stretta connessione della nostra Scuola con il Territorio. Tutto ciò che viene rappresentato si identifica in un valido strumento di trasmissione di conoscenza della storia e della cultura del territorio locale e di quello circostante , affinché possa costituirsi un momento comune di orgoglio, di confronto, di condivisione: requisiti utili a permetterci di lavorare insieme, progettando ed edificando le basi per un futuro migliore. Considerando che il grado di civiltà di un popolo si misura dalla sua crescita culturale e sociale, dall’arricchimento dell’esperienza quotidiana con culture materiali, dal rafforzamento del senso dell’unitarietà, si ritiene opportuno iniziare un itinerario di lavoro, per riportare alla luce testimonianze, segreti, misteri… racchiusi in un antichissimo convento del 1400. Leggere memorie, riscoprire le proprie radici, valorizzare il patrimonio artistico e culturale è sempre motivo di curiosità ma, anche, e soprattutto, di indescrivibili emozioni: partendo da questo presupposto, iniziamo un cammino lungo la via della conoscenza e della trasmissione delle tradizioni e memorie della terra di appartenenza: non si possono, infatti, realizzare appieno le possibilità del presente senza una profonda memoria e condivisione delle radici storiche. Pertanto, riteniamo sia indispensabile una piena valorizzazione dei beni culturali presenti sul territorio provinciale, affinché possiamo arricchire la nostra esperienza con culture materiali, espressioni artistiche, idee, valori che sono il lascito vitale di altri tempi e di altri luoghi. La rappresentazione sul SS. ECCE HOMO è motivo d’incontro tra due vicine realtà territoriali: un incontro, sicuramente, utile al recupero e alla conservazione del Patrimonio artistico e dei beni culturali, alla conoscenza di contesti naturali, sociali, antropologici, in cui ognuno di noi vive ed opera. Vengono ricostruiti linguaggi, credenze, eventi, ambientazioni, con immediatezza e semplicità, con uno stile narrativo sotto forma di dialogo, facendo emergere particolarità e caratteristiche che ci trasporteranno in spazi arcani e suggestivi di un mondo insieme vicino e lontano. Il percorso di lavoro ci riporterà, dunque, indietro nel tempo, in un’epoca lontanissima, e ci permetterà di assaporare l’umiltà di una vita dedicata al Signore e di respirare un’aria ricolma di inestinguibile spiritualità. L’incontro con l’autore dell’opera, Frate Umile Da Petralia e con gli altri frati Riformati del convento di Santa Maria Delle Grazie, in Mesoraca, costituisce un momento di riflessione e di scoperta di una tradizione religiosa, appartenente a due paesi dell’entroterra calabrese: Cutro e Mesoraca; due paesi ai quali un religioso artista, venuto dalla vicina Sicilia, ha dato notorietà per il lascito delle sue produzioni artistico-religiose: il SS. ECCE HOMO e il SS. CROCIFISSO. Tali espressioni rappresentano il simbolo identitario per i cittadini di Cutro e di Mesoraca e , pertanto, costituiscono un esempio di collaborazione positiva e di crescita culturale del nostro Territorio. sullo sfondo Bolla di Martino V 1429 con la quale concedeva, a Fra Giovanni di Sicilia ed altri frati, la chiesa di Santa Maria della Misericordia… Interno del chiostro Edicola nel boschetto ( ieri e oggi ) Se dalla croce pendi, o mio Gesù, lo vedo, per le mie colpe intendi il sangue tuo versar. uel dolce Sangue almeno fa che su me discenda mite lavoro, e freno a nuove iniquità. o che T'offesi e piango, perdonami, Signor. Ah che spietati e rei più dei flagelli, o Dio, furono i falli miei, i miei frequenti error, Ma nel mirarti, sento dentro al mio cuor pentito, come un rintocco lento che dice: non peccar, So che T'offesi e piango, perdonami, Signor. Più che le stelle sono i miei commessi falli; dammi però il perdono, deh non mi discacciar. Tutte le pene e il duolo che ti recai peccando, vorrò lenirti io solo col lungo lagrimar. So che T'offesi e piango, perdonami, Signor. Io T'ho ferito il petto, Ti trapassi le mani, il piede benedetto con empia crudeltà. Ti coronai le tempie con le pungenti spine, con mani crude ed empie Ti flagellai, Signor. So che T'offesi e piango, perdonami, Signor. Ma sono ormai pentito, pietà di me Ti prenda; rendi il mio cuor ferito del tuo perenne amor. Volgi lo sguardo vago dal sommo della Croce sopra di me, già pago se non mi scacci ancor. So che T'offesi e piango, perdonami, Signor. Mira le piaghe e il sangue non ostinarti ancora; il mite corpo esangue contempla, o peccator. E se il dolor non muta codesto ingrato cuore. ahi ch'è per te perduta l'ultima speme alloro So che T'offesi e piango, perdonami, Signor. Versi di P. Pacifico Zaccaro Musica del Sac. Giosuè Macrì Non più tra crudi spasimi S’oda di morte il grido, Gesù, d’amore un cantico suoni per ogni lido. Non di spregiata porpora ma di decor vestito, volgi lo sguardo agli orfani al peccator pentito. Dhe, vieni, o Re Pacifico, trionfa in ogni cuor! Fiere tempeste scuotono ancor la nostra terra, conforta i figli miseri offesi dalla guerra. Cura Gesù benefico, il sangue e le ferite, allevia i nostri triboli con il tuo sguardo mite. Dhe, vieni, o Re Pacifico, trionfa in ogni cuor! Se un dì da la nequizia di sangue fosti asperso, or siedi Re dei secoli, Signor dell’universo. I nostri petti sciolgano gravi e fidenti un coro, per i portenti in numeri che concedesti loro. Dhe, vieni,o Re Pacifico, trionfa in ogni cuor! Al tuo passaggio cadono, oh, gran prodigio! al suolo più di locuste nuvole in un momento solo. Se i forti muri crollano per repentino moto, il tuo devoto popolo proteggi dal tremoto. Dhe, vieni, o Re Pacifico, trionfa in ogni cuor! Al primo prego sgombrano le nuvole dal cielo; le messi già biondeggiano, fiorisce il pesco e il melo. No, coi giudei fedigrafi non griderem giammai; A morte il Re dei secoli! Tu nostro Re sarai. Dhe, vieni, o Re Pacifico, trionfa in ogni cuor! Tu sei terror degli inferi Se scettro anche non hai; se i Farisei t‘irrisero sul mondo regnerai. Dov‘è quel bieco giudice che ti dannò alla morte? dov‘è dei ciechi i barbari la furibonda corte? Dhe, vieni, o Re Pacifico, trionfa in ogni cuor! Anche per voi, o perfidi nuovi tiranni, spira da mano dell‘Altissimo fiera vendetta ed ira. Per tuo dolor perdonaci, tutti peccammo assai; fa che il tuo Sangue inutile scorra per noi giammai. Dhe, vieni, o Re Pacifico, trionfa in ogni cuor! Se un dì la turba perfida crudel, Ti ha flagellato e il tuo capo languido di spine ha incoronato, oh Dio clemente, lagrime sgorgan dagli occhi a noi! Or che tra preghi e cantici Conforti i figli tuoi. Dhe, vieni, o Re Pacifico, trionfa in ogni cuor! ( Versi di Padre Pacifico Zaccaro ) Giovanni Francesco Pintorno nacque tra la fine del 1600 e l’inizio del 1601 in Petralia Soprana ( comune in provincia di Palermo ), al centro delle Madonie, a 1147 metri s.m.; da Giovanni Tommaso Pintorno, originario di Geraci Siculo, “ maestro di legname “ e da Antonia Buongiorno, appartenenti a uno dei casati più agiati di Petralia, i quali ebbero 16 figli dal loro matrimonio. Il giovane Pintorno, dopo aver appreso nella bottega del padre i primi rudimenti di quell’arte così preziosa, andò a studiare in una di quelle tante botteghe di scultura a Palermo, dove visse dal 1611 al 1616. Nel 1616, a causa della morte del padre,ritornò a Petraia, dove abitò presso la famiglia di uno zio. I viaggi da Petralia a Palermo erano occasione di riflessione sulla brevità e sulla futilità della vita, sul creato e sul Creatore del mondo, fattosi uomo e venuto a scontare, attraverso il dolore, i peccati degli uomini. Fu in questo periodo che maturò nel Pintorno la vocazione religiosa, quando ebbe modo di conoscere i frati francescani riformati dell’Osservanza che avevano fondato, nel 1611, il Convento di Santa Maria di Gesù. Sfuggendo di notte, in maniera rocambolesca, al matrimonio combinatogli dai parenti,Giovanni Francesco, per seguire la sua vocazione, diventata sempre più forte, cercò rifugio nel convento dei Francescani di Santa Maria di Gesù di Palermo, dove venne accolto nell’Ordine e dove decise di dedicare la sua esistenza alla preghiera, alla penitenza e alla meditazione : era il 1623. Nonostante questa vita di ininterrotta preghiera, di digiuno e di penitenza, il suo carattere era dolce e allegro. Il resto del suo tempo lo dedicava all’attività scultorea, realizzando pregevoli manufatti in legno, consoni ai modi della spiritualità francescana, che ricalcava la tipologia del Cristo in croce ancora vivo, dal viso sofferente, con la bocca e gli occhi semiaperti, i piedi posti uno sull’altro e bloccati da un solo chiodo. Fu proprio a Petralia Soprana che fece il primo di una gran quantità di crocifissi, quasi tutti scolpiti a grandezza naturale e che lo videro impegnato dall’ ingresso nel suo ordine, nel 1623 fino al 1639, quando il 9 febbraio, alle ore 12, nel primo giorno di Quaresima morì. Pare che egli sia morto per la suppurazione di qualche ferita, forse all’occhio sinistro. Questo spiega la spina che tutti i suoi Crocifissi hanno conficcata nell’occhio sinistro o, a volte, anche in entrambi gli occhi. Il corpo fu esposto in una bara. La notte prima di seppellirlo, salassatolo, si trovò il sangue ancora fresco nelle vene, segno evidente della sua santità. Le spoglie mortali di frate Umile furono sepolte nella fossa comune dei frati della chiesa di S. Antonino di Palermo. Nel 1881 il frate Giuseppe Raccuglia della Torretta, trovandosi nella sepoltura della chiesa, si accorse di una tavoletta posata sopra un mucchio di ossa gettate fra le pietre; dopo averla letta, riconobbe i resti mortali dell’artista petralese. Frate Giuseppe conservò con grande cura le ossa e, due anni dopo, nel 1883, li seppellì ai piedi dell’altare della Cappella del Crocifisso, vicino a quel Crocifisso che fu l’ultimo suo lavoro, realizzato prima di morire, a 38 anni. L’ARTISTA FRATE UMILE L’attività artistica, vera e propria, di Pintorno avrà avuto certamente inizio a Nicosia, durante il periodo del noviziato. A quel tempo, in quel territorio, operava una famiglia di scultori e intagliatori di legno, i Volsi. Ciò potrebbe far supporre che il frate avrà sicuramente avuto modo di approfondire le sue doti artistiche presso quella fiorente bottega, migliorando le sue iniziali qualità di intagliatore. La specialità di frate Umile erano i Crocifissi. Li scolpiva in legno ed imponenti, utilizzando i tronchi degli alberi: ulivi, olmi, cipressi, pioppi, abeti, tigli; tipi di legno morbidi che meglio si prestano all’uso della sgorbia per l’intaglio. Egli lavorava nel chiuso della sua cella, dove se ne stava serrato dentro, intento all’elaborazione del manufatto; con il cuore straziato e le lacrime agli occhi dava mano agli ultimi ritocchi, non prima di essersi confessato e comunicato e non permettendo a nessuno di accedere in quell’angusto luogo di preghiera, raccoglimento e creazione. Quei Cristi uscivano dalle sue mani quasi sempre con gli occhi socchiusi, la bocca semiaperta,la corona di spine intrecciata sulla fronte. Per enfatizzare la drammaticità dei patimenti, li rappresentava con gomiti e ginocchia tumefatti, muscolature scorticate. Il corpo cosparso a fiotti di sangue vermiglio, sgorganti dalle ferite aperte del costato. Per gli effetti particolari, si affidava anche ai trucchi del mestiere dell’epoca: le ceralacche per simulare le gocce di sangue, lo spago e la carta pergamena, abilmente incollate con miscele di colore sulle sculture, per potenziare, ad esempio, l’impatto visivo delle vene e della pelle squarciata. Ma Frate Umile era uno scultore attento alla precisione dei dettagli anatomici, alla cura dei particolari del volto, segnando con profondi tagli la superficie del legno, poi dipinta con colori che rendevano perfettamente le ecchimosi delle percosse subite da Cristo sulla croce o alla colonna. Fu proprio a Petralia Soprana che fece il primo di una quantità di Crocifissi quasi tutti scolpiti a grandezza naturale .Scolpì 33 immagini del Crocifisso di legno, senza contare quelle di Bisignano e di Polla, le uniche firmate e datate, e di quella conservata a Santa Maria Maggiore di Miglionico, in provincia di Matera, davanti alla quale, nell’aprile del 1991, si è prostrato Papa Giovanni Paolo II. Anche se la tradizione gliene attribuisce 33, quanti gli anni di Cristo, sicuramente i Crocifissi scolpiti dal Frate petralese, compresi quelli che andarono perduti o dispersi, furono molti di più. Anche perché ad intagliare un Crocifisso bastavano 6 giorni, più altri 2 per la coloritura. Frate Umile da Petralia scolpì Crocifissi per la maggior parte delle chiese e dei conventi della Sicilia e di mezza Italia, tutti capolavori. Ma indubbiamente, così come affermò Padre Pacifico Zaccaro, il suo capolavoro assoluto Fra Umile l’ha compiuto vivendo una vita intessuta di lavoro, di preghiera e di virtù, titoli validi per diventare santo. Da un umile frate… due grandi opere d’arte Il CROCIFISSO di CUTRO e IL SS.. ECCE HOMO di MESORACA Il venticinque luglio,l’ultima festa, in memoria di grazie e di prodigi s’allesta. Ogni sett’anni, poi, si suol portare la statua a Mesoraca per meglio Cristo venerare. E nella chiesa madre, adorna e festosa, si espone per giorni la statua miracolosa. Coi dolci rintocchi delle liete campane s’elevano al cielo le voci più umane. ( Maria De Filippo) z La voce del cuore… Le poesie di MARIA DE FILIPPO DAVANTI AL SS. ECCE HOMO Perché il tuo santo capo, mio Signore, da spine crude e amare è incoronato? Perché tanto dolore? Perché tanta passione? Ti guardo, o mioSignore, e mi si spezza il cuore! Il mondo iniquo e reo A morte ti ha mandato! Spietato ti ha schernito: un re ha oltraggiato. Perché negli occhi docili, si legge il tuo perdono dal giorno in cui la terra precipitò nel buio e in ciel proruppe il tuono? Sul Tuo santo costato, trafitto e insanguinato, depongo, cauto, schivo… il velo dell’amore ed il perdono imploro per ogni peccatore. Perché il tuo volto mesto, che vengo a contemplare pietoso ancor s’arresta sulle brutture umane e un pianto fa sgorgare? Al ciel s’alza un lamento, poi mille ,in un momento e quella mano chiusa che si percuote il petto la lavi col tuo pianto Signore Benedetto. Perché sulla tua bocca io leggo la bontà, non il disprezzo o l’odio per chi, con cuore ostile, ti ha dato atrocità? ( MARIA DE FILIPPO ) MAGGIO 2011 Preghiera al SS. Crocifisso di Cutro Mi genufletto davanti a Te, mio Crocifisso di un Umile frate; a Te confido tutti i pensieri e i desideri miei più sinceri. Dolce Gesù, la Tua agonia fa rattristare l'anima mia! Questi tuoi chiodi vorrei levare perchè il mio cuore fan sanguinare; queste tue spine pungenti e amare in mille stelle vorrei mutare; queste tue piaghe voglio asciugare e quella lacrima presto rubare! A Te affido le mie preghiere: l'odio più cupo possa tacere ..... e la violenza di cruda guerra non sia dimora su questa terra. Per la salvezza sei stato mandato ma il mondo ostile ti ha rinnegato! Gli occhi innocenti di tanti bambini siano i germogli di verdi giardini; gli animi miti di docili agnelli rendano tutti buoni fratelli ed il sorriso di un cuore duro sia la speranza di un soave futuro. Dolce Gesù, dolce Signore, sulla tua croce depongo il mio cuore. Negli occhi tuoi pietosi e buoni si specchiano chiare le mie emozioni; sui nudi tuoi piedi che vedo tremare con fede più grande io vengo a pregare. Maria De Filippo Il solitario e mistico Convento e Santuario Francescano del SS. Ecce Homo sorse nel 1419, per opera del B. Tommaso da Firenze, sul luogo stesso dove, sin dal secolo IV dopo Cristo, esisteva un monastero di religiosi Basiliani. Il Convento è anche sede del Noviziato dei Frati Minori di Calabria e fra le sue mura fiorirono, in ogni tempo, religiosi santi, dei quali vanno particolarmente ricordati il B. Francesco da Cropani, il B. Pietro da Belcastro, il B. Matteo da Mesoraca, il B. Girolamo pure da Mesoraca e il B. Umile da Bisignano. Il Santuario, di sobrio stile barocco, si presenta ampio, bello e ispirante raccoglimento e devozione. Sopra l‘altare maggiore si venera la Madonna delle Grazie, mirabile statua in marmo, opera del grande artista Antonello Gagina di Messina, scolpita nel 1504 e divenuta famosa, particolarmente dopo che, nel 1610, parlò in modo prodigioso al B. Umile da Bisognano, allora novizio. Una quarantina fra quadri su tela e affreschi e varie altre opere artistiche arricchiscono il Santuario, che è monumento Nazionale. – Fra tutte domina la veneratissima statua del SS. Ecce Homo, scolpita in legno a mezzo busto, custodita in apposita cappella, capolavoro, giustamente chiamato un miracolo di arte e di fede, la cui visione impressiona e commuove ogni cuore. E‘ opera del celebre e santo artista Fra Umile da Petraia, religioso francescano di Sicilia, il quale la eseguì, come vuole una tradizione, con l‘aiuto stesso degli Angeli. Prodigi e grazie di ogni genere, ottenute in ogni tempo dai fedeli, hanno fatto del SS. Ecce Homo un oggetto di singolare pietà e devozione, come ne fa fede la storia del Santuario e come ancora adesso lo attestano le persone che, continuamente, accorrono a sciogliere i loro voti nonchè le testimonianze di riconoscenza, che giungono persino dall‘estero, e i numerosi pellegrinaggi che qui convengono dai vari paesi, soprattutto nelle feste proprie del Santuario, che sono quattro nel corso dell‘anno 1. La festa dell‟ 8 Marzo: a ricordo della prodigiosa protezione del SS. Ecce Homo, nel terremoto del 1832. In tale giorno è, soprattutto, il popolo di Mesoraca che sale, in lunga processione, a ringraziare il suo divino benefattore. 2. La festa del 21 Marzo: è un tributo di riconoscenza, reso ogni anno al SS. Ecce Homo, dopo il terremoto del 1744. In questo giorno sogliono pellegrinare al Santuario i fedeli dei paesi vicini, specialmente di Petilia Policastro, Marcedusa, Belcastro e Petronà. 3. La festa della Quarta domenica di Maggio: preceduta da novena predicata. In tale circostanza ha luogo, anche attorno al Santuario, una pittoresca Fiera, che comincia il venerdì precedente e termina a mezzogiorno di domenica. La festa del 25 luglio: con Novena dei prodigi del SS. Ecce Homo, compiuti in tal giorno nel 1690. Ogni sette anni, poi, si suole portare, in mezzo a grandi festeggiamenti, il SS. Ecce Homo a Mesoraca, dove rimane esposto per un determinato numero di giorni, affinché il popolo possa implorare la sua pietà. 4. …di che se ne celebra solenne festività la quarta domenica di maggio in ogn‟ anno a spese di detta Università con ogne pompa in detto venerabile Convento, nel quale si celebra la fiera… … e fattosi al medesimo SS. Simulacro Ricorso… si degnò concederci la serenità dell‟aria in testimonio di che se ne celebra a ventinque luglio per ogn‟Anno in detto venerabile Convento Solenne festività e fiera… … e à venti cinque Luglio dell‟anno Mille Seicento Novanta per le tante pioggie non si potevano tritare Le Massarie le quali raccolte nell‟aie avevano i manipoli seu fasci delle spiche di bel nuovo per le tante acque prodotto e germogliato il nuovo sementato… SCENETTA_ FRAT’UMILE DA PETRALIA E IL SS. ECCE HOMO VOCE--- Siamo agli inizi del 1600. Nel convento di Santa Maria Delle Grazie,in Mesoraca, sta per Frat‘Umile da Pietralia. I Padri Riformati lo stanno aspettando. arrivare 1° FRATE--- Fratelli, vi devo dare una bella notizia: oggi, in questo nostro convento, arriverà Frat‘Umile Pintorno da Pietralia. 2° FRATE--- Lo scultore siciliano? 1° FRATE--- Si, si, proprio lui! Sapete, i frati Riformati calabresi hanno insistito tanto per avere nella nostra terra questo pio e valoroso artista! 3° FRATE--- Io ne ho sentito parlare: mi è giunta notizia che egli scolpisce sul legno immagini di Gesù! 1°FRATE--- Noi siamo, veramente, felici e onorati di averlo nel nostro convento dei Frati Riformati di Mesoraca! 4° FRATE--- (Guardando fuori..)-Eccolo! Eccolo! Sta arrivando!Andiamogli incontro……. 1°FRATE…..(Inchinandosi con gli altri Frati)- Pace, Fratello e ben arrivato nel nostro convento! FRAT’UMILE--- Pace a voi, fratelli, e grazie per questa gioiosa accoglienza….. 3° FRATE--- Sarete,certamente, stanco! Avete bisogno di qualcosa? FRAT’UMILE--- No, no…..non sono stanco: il Signore mi ha accompagnato nel mio viaggio e mi ha reso piacevole il cammino! FRATI--- (insieme) Sia lodato il Signore! (s‘inchinano e fanno il segno della croce ) FRAT’UMILE--- Però, avrei bisogno di un favore…….. 5° FRATE--- Dite, dite, siamo tutti a vostra disposizione! FRAT’UMILE--- Ho bisogno di una cameretta isolata, lontana dai rumori, possibilmente nel dormitorio inferiore……Ho in mente di effigiare Gesù, in uno dei momenti più affascinanti della sua passione..... 4° FRATE--- Vi sarà messa a disposizione la cameretta che chiedete e tutto ciò che vi servirà per il vostro lavoro. FRAT’UMILE--- Grazie, fratelli! VOCE--- II frati preparano il materiale e lo portano nella cameretta. Frat‘Umile comincia a lavorare, ma non è mai solo:le visite degli altri frati e dei gentiluomini di Mesoraca lo distolgono dalle sue profonde meditazioni.) FRAT’UMILE--- Fratelli, perdonatemi……..ma non riesco proprio a concentrarmi:le visite che ricevo, ogni giorno, durante il lavoro, mi distolgono dalle mie più profonde meditazioni……..Potrei trasferirmi in quell‘ampio sotterraneo della chiesa, davanti l‘altare di San Pasquale? 5° FRATE--- Certo, fratello, trasferiremo tutto il materiale nel sotterraneo…… FRAT’UMILE--- Grazie di cuore! 2° FRATE--- Su, su,sbrighiamoci,non perdiamo tempo! Datemi una mano…Portiamo tutto nel sotterraneo…. FRAT’UMILE--- (mentre ricomincia a lavorare) Finalmente, potrò lavorare in pace! Almeno, sono riuscito ad abbozzare la statua…..(Mettendosi in ginocchio) Ora, comincerò a modellarla su quell‘ esemplare divino che ho sempre nella mente e nel cuore! (Mentre lavora..) Oh, Signore, io ti contemplo,…io ti adoro…(piangendo..)Perdonami, Signore, se depongo, sul tuo capo sacro, questa corona piena di spine! Perdonami , se ho forato il ciglio del tuo occhio e la pupilla, con questa spina molto pungente! Perdonami, se ho legate strette, con queste dure funi, le tue mani che, a motivo di ciò, sono piene di rigonfiamenti e lividure! Signore, perdonami e abbi pietà di me ché sono un peccatore! (piange e si allontana). VOCE--- Il giorno in cui doveva dare gli ultimi tocchi al volto appassionato di Gesù, il religioso si comunicò e scese nel sotterraneo…..Vi rimase l‘intera giornata, pregando in ginocchio. FRAT’UMILE--- (ritoccando la sua opera, in ginocchio) Ma perché, mio Gesù, i tuoi occhi non prendono l‘espressione che io vedo nelle ore della mia meditazione? Oh, Angeli miei tutelari, aiutatemi a compiere quest‘immagine del buon Gesù, ch‘io ,peccatore, ho osato, indegnamente, scolpire! (S‘addormenta). (Arrivano gli Angeli) 1° ANGELO--- Povero frate : si sta disperando così tanto! 2° ANGELO--- Accogliamo la preghiera di questo Sant‘uomo! 3° ANGELO--- Si, diamo l‘espressione divina e bella a questi occhi di Gesù! VOCE--- Gli Angeli ,con movimenti leggiadri, si avvicinano alla statua. Alzano le braccia al cielo e pregano. Poi si posizionano ai lati dell‘ Effigie. Frat‘Umile si sveglia, alza lo sguardo e…… FRAT’UMILE--- Oh, miracolo!I miei Angeli tutelari hanno ascoltato la mia voce, hanno compreso la mia disperazione, hanno letto nel mio cuore, hanno esaudito la mia preghiera. È questa l‘espressione che io volevo per il mio SS .HECCE HOMO : l‘ espressione del Martire che patisce con rassegnazione! 4° ANGELO--- L‘opera è compiuta! Noi, però, resteremo sempre qui: porteremo, sulle nostre candide ali, al PADRE celeste, le preghiere dei fedeli e i canti che tutti effonderanno innanzi questa sacra e miracolosa STATUA del SS. HECCE HOMO! CORO ( entra , cantando) Interno dchiostro Edicola nel boschetto ( ieri e oggi ) Le riprese filmiche e fotografiche Siamo agli inizi del 1600, nel convento di Santa Maria delle Grazie, in Mesoraca. Se avete bisogno, noi siamo a vostra disposizione ! Povero frate, è tanto disperato! ! Benvenuto tra noi, frate Umile! Grazie, fratelli ! Grazie di cuore ! Oh, angeli miei tutelari, aiutatemi a finire questa mia opera ! Grazie fratelli! Adesso però voglio subito iniziare il mio lavoro Finalmente posso lavorare da solo ! Su, dai, accogliamo la preghiera di quest‘uomo ! Miracolo !!! E‘ questa l‘espressione che io volevo per il mio SS. Ecce Homo! IL LASCITO ARTISTICO Alunni, insegnanti e genitori in… l’ arrivo… la salita foto ricordo sul piazzale della chiesa Guida d‟eccezione: il nostro Dirigente … nella chiesa sculture e opere d’arte nel chiostro… l’incontro con Padre Giuseppe Scandinaro che, per tanti anni, è stato nel convento di Cutro nel boschetto … chiare, fresche e dolci acque i saluti e i ringraziamenti al Dirigente… per la lezione magistrale, di carattere storico-culturale- religiosa, tenuta agli alunni della classe 5^ A e ai rispettivi genitori, nonché al gruppo docenti, che hanno partecipato, alla visita didattica, presso il convento del SS. Ecce Homo, in Mesoraca. Il prof. Francesco Spinelli ringrazia e asserisce che questo genere di esperienze, queste spiegazioni servono a far diventare patrimonio comune quelle testimonianze scritte e materiali nascoste negli archivi, nelle biblioteche, nelle opere artistiche. Il D.S. esprime la volontà di voler promuovere nuove iniziative, per il prossimo anno scolastico,presentando un programma ben articolato e strutturato per permettere lo sviluppo delle attività progettuali. il ritorno … Dalle testimonianze degli anziani del nostro Paese… Intervista rilasciata dalla signora Dolce Rosa ( detta ―a Pisciò‖ ) giorno 23 novembre 2011 - Mi chiamo Dolce Rosa e sono nata a Cutro nel 1926. Io sono stata molto devota al SS. Ecce Homo e per 24 anni ho fatto il pellegrinaggio a Mesoraca. Ero proprio io che, ogni anno, nel mese di maggio, organizzavo il viaggio. Prima di partire suonavo una campanella per riunire la gente del mio rione e tutti mi venivano dietro. “Aviavu i vidiri quandu mi mintiva a sunari… Tutti ccu mia vinivanu ! “ Di solito la partenza avveniva verso le ore 13.00 e si arrivava al convento verso la mezzanotte. Eravamo tutte donne, soltanto una volta ho portato mio marito. Ho fatto il pellegrinaggio per ben 24 anni, a piedi – ripete, con una nota di nostalgia, nonna Rosa “ e mo u puazzu mancu caminari, sugnu muscia i du tuttu ! “. Infatti, nonna Rosa deve avere qualche problema alle gambe perché rimane seduta per tutto il tempo dell‘intervista ed è assistita da una badante. A tratti si ferma per riordinare meglio le idee, per ricordare quei momenti bellissimi, come ripete più volte, e nel raccontare le sue esperienze riguardo al pellegrinaggio, accenna, spesso, a dei brevi sorrisi che lasciano intravedere un‘espressione insieme nostalgica e soddisfatta. Poi continua a raccontare, a ritornare al suo passato, a scavare nei suoi ricordi: - Come me organizzava il pellegrinaggio Catirinuzza a bionda ( Caterina Virelli ), però lei si occupava della gente del rione opposto al mio. Partivamo alla stessa ora, ma seguivamo due itinerari diversi. Presso la località Lenza c‘incontravamo: quella era la prima tappa del nostro viaggio. La seconda tappa avveniva al ― ponte di ferro ― e poi ci fermavamo dove capitava e quando ne sentivamo l‘ esigenza. Il viaggio era un po‘ lungo, ma non faticoso perché lo facevamo con gioia, con fede e con lo spirito di chi è giovane e di chi ama stare con gli altri, per condividere l‘allegria, le usanze, il sacrificio. - Nonna Rosa , ogni tanto, fa una piccola pausa, il suo sguardo è assente, la sua voce è pacata: ― Sempi a si cosi pianzu … Era biaddru tandu! Prigavamu e pua n‟ingannava u suannu. Nua eramu ligati assai a lu Sant‟ Acciuamu i Misuraca !”. E‘ commossa nonna Rosa, ma continua a parlare, a scavare nel suo angolo di ricordi: vuole raccontare le sue memorie, vuole tramandare le antiche preghiere e i canti che il gruppo eseguiva in quell‘occasione. E la narrazione continua, sempre con più entusiasmo e più lucidità: - Durante il percorso recitavamo il Santo Rosario ( u Paternuastu ) del SS. Ecce Homo e poi dedicavamo un canto alla Madonna: “ O bella Regina, o Madre d’amore, Tu sei la medicina di ogni dolore. Regina di Pace, vogliamo da Te… vogliamo la pac che in terra non c’è “ Oltre alla preghiera e ai canti c‘era, però, anche il divertimento… Facevamo dei giochi molto semplici ma divertenti: giocavamo a ― cinque e dieci ―, un gioco molto simile a quello della ― campana ―, e al ― gira e mingioca ―, durante il quale dovevamo recitare questa filastrocca: “ Gira e mingioca e mannaia a chi ci joca e ci joca Vittorella ccu lu pizzu i da gunnella “. Questo era un gioco che facevamo anche quando si arrivava a Mesoraca. Gli ultimi tempi, mi ricordo, lo facevamo proprio sotto la caserma e tutta la gente si affacciava alle finestre per osservarci. Il nostro arrivo era molto atteso dagli abitanti di Mesoraca e dai bravi frati del convento che ci accoglievano bene e ci facevano dormire nel convento stesso, dandoci anche delle coperte. Noi facevamo l‘offerta e i monaci ci regalavano i santini ( i ―figureddri” ), le medaglie ( i ― spingulicchi ― ) e le coroncine ( i ―paternuasti‖ ) . Quando entravamo in chiesa c‘inginocchiavamo davanti alla statua del SS. Ecce Homo e, battendoci il petto, recitavamo questa preghiera: “ Grazza Sant‟Acciomu mia Ca si ligatu: scanzami i di peni, i di piccati e di mali intenzionati. Grazza Sant‟Acciomu mia ca t‟haiu truvatu, ca m‟è partutu i luntana via ppi biniri a m‟inginucchiari davanti a Tia. Quando le chiediamo se il viaggio era faticoso e se sentivano stanchezza, nonna Rosa, tranquillamente, risponde: Faticoso no, perché lo facevamo con fede e devozione; io lo facevo ogni anno: avevo fatto il voto per mio marito perché era malato. E poi, ci riposavamo durante il viaggio…bhe, per modo di dire… perché ci mettevamo a giocare, a cantare e a ballare. Ballavamo sempre, tutti i balli e anche la tarantella. Invece, per mangiare ci fermavamo soltanto una volta. Il mattino successivo all‘arrivo, andavamo a comprare il caffè e il panino ― alu cambiu ― di un venditore ambulante.Ritornavamo a casa con il pulman o con qualche altro mezzo di trasporto diretto a Cutro, con tanta gioia nel cuore e con la speranza che il prossimo anno avremmo ancora organizzato quel pellegrinaggio così sentito e tanto atteso da tutto il popolo di Cutro. Mi chiamo Rizza Elisabetta e sono nata a Cutro nel 1926. Prima che mi sposassi ho fatto due volte il pellegrinaggio al SS. Ecce Homo. Anche mia madre, le mie nonne e le mie bisnonne lo facevano: era una tradizione molto sentita nel nostro paese. ( ― Sempi s‟ha custumatu sa festa ! “ ) Io ho un ricordo bellissimo del viaggio a Mesoraca; sono andata a piedi, con la gente che abitava nel mio rione, quello di Santa Chiara. I cutresi ci tenevano tantissimo a fare il pellegrinaggio! Quando si avvicinava la festa del SS. Ecce Homo, mio cognato mi stuzzicava ( ― m‟apprittava ― )… diceva che noi non dovevamo andare alla festa perché i mesorachesi non venivano alla festa del Crocifisso. Naturalmente, la sua affermazione era ironica, perché anche lui era devoto al SS. Ecce Homo. ( ―Tutti i cutrisi ci tinavanu ppi sa festa “ ) Durante il tragitto si cantava, si pregava, si ballava. Ricordo ancora le parole di uno dei tanti canti dedicati al Santo: Sant‟Acciuamu mia di li castagni, i tantu luntanu m‟ha fattu viniri nu ti la puartu „na missa cantata, nu mi la duni „na torcia addrumata. Molti si recavano in pellegrinaggio al convento con il carro ( ― u sciaraballu ―), che veniva addobbato con coperte pesanti lavorate al telaio, nastri colorati, campanelline. Ai lati del carro venivano sistemati quattro bastoni lunghi che servivano per sostenere le coperte e per formare ― a cuanula ―: una copertura a forma di cupola. Naturalmente il trasporto col carro era a pagamento. L‘arrivo al convento avveniva sempre alle prime ore dell‘alba e, appena giunti in chiesa, assistevamo alla celebrazione della Santa Messa: quella, però, non era la messa solenne che, invece, veniva celebrata a mezzogiorno. Dopo la S. Messa andavamo a visitare la fiera, dove potevamo comprare i “ turduni „mpilati “ : castagne affumicate, fatte a collana, morbide e molto saporite; compravamo anche i luppini, il pane di castagna, le olive infornate. La fiera si snodava lungo la salita del convento: nella parte bassa si vendevano coperte e corredo lavorati al telaio; lungo la salita si potevano ammirare tanti oggetti lavorati artigianalmente e tanti contenitori di vimini. Sul lato destro della chiesa veniva allestita la fiera degli animali da soma. ( ― s‟accattavanu u ciucciu a la fera i Misuraca “ ) C‘erano molti curiosi che visitavano questa fiera. I venditori di questi animali erano zingari che esponevano anche utensili in ferro per il caminetto: ― tripuadi, spiti, paletti !!! “. Il pellegrinaggio al convento del SS. Ecce Homo rimane una delle tante esperienze della mia giovinezza: un ― viaggio ― che ripercorro volentieri col pensiero per poter rivivere la gioia, l‘entusiasmo, le emozioni che ho trascorso con amici, parenti e vicini di casa e che rimangono saldamente legati al mio lontano passato. NONNA CATERINA MATTACE DI CUTRO Anni 85 Ho dei ricordi molto belli, legati al pellegrinaggio all’Ecce Homo. Durante il tragitto si pregava, si cantavano canti sia religiosi che popolari, si mangiava e ci si divertiva ad eseguire balli tradizionali. Si partiva nel pomeriggio di sabato e si arrivava al convento, nella mattinata della domenica successiva, verso le ore 5.00 . Il nostro gruppo era formato da 30/40 persone. Con noi c’era sempre una figura maschile. Presso la località “ Lenza “ si faceva la prima tappa, per riposarci. La preghiera che si recitava nel momento in cui entravamo in chiesa era la seguente: Sant‟ Acciuamu mia i Misuraca, i tantu luntanu m‟ha fattu viniri… Ti l‟haiu purtatu „na „ntorcia addrumata, o Sant‟ Acciuamu mia i Misuraca Mi chiamo Gino Le Rose e sono nato a Cutro nel 1930. Il pellegrinaggio, che si faceva ai miei tempi, al convento del SS. Ecce Homo di Mesoraca, è stato a mio avviso, una delle iniziative e delle esperienze più belle del popolo di Cutro. Il mio primo ricordo corre a tanti anni fa, a quando io avevo sette anni: è un ricordo molto nitido e piacevole, perché legato alla figura di mio padre che, ogni anno, nel mese di maggio, organizzava i pellegrinaggi e mi conduceva con sé, essendo io un bambino molto sveglio e desideroso di partecipare alle varie iniziative del mio genitore. Mio padre trasportava i pellegrini sul suo traino: mezzo di trasporto molto grande, che lui utilizzava, solitamente, per la sua attività lavorativa: egli era, infatti, un commerciante e si spostava, frequentemente, per vendere o comprare i prodotti dell‘agricoltura, in molti paesi dell‘entroterra calabrese. In occasione del pellegrinaggio, i muli che trascinavano il traino venivano ― vestiti a festa ―, con campanelline e nastri colorati ( ― i zagareddri ― ). Un altro mezzo di trasporto, a quei tempi, era ― u sciaraballu ―, un carro trainato dai cavalli. Pellegrini in viaggio Ricordo che sul collo di questi animali veniva messo un collare di cuoio, sul quale venivano avvitate delle campanelline di bronzo che, durante il tragitto, emettevano una varietà di suoni allegri, capaci di diffondere nell‘aria una festosa armonia. Anche il carro costituiva un altro mezzo di trasporto, tipico dei miei tempi. Il carro veniva condotto dai buoi ( ― i vua s‟impaiavanu a lu carru ― ) e sul loro collo veniva sistemato il giogo ( ― u juvu ― ). L‘orario della partenza al luogo sacro variava secondo le esigenze dei trasportatori: si partiva, solitamente, alle prime luci dell‘alba, a volte in tarda serata o durante le ore notturne. Non si teneva conto delle condizioni climatiche; anche se pioveva si affrontava, ugualmente, il viaggio: in tal caso si stendeva sopra il carro un telone e si faceva uso di coperte pesanti che venivano disposte in maniera tale da formare un arco ( “ a cuanula ― ) . Il viaggio, che veniva intrapreso durante la notte,era illuminato dalla luce di una lanterna a petrolio ( ― a linterna ― ), che veniva appesa ad una sorta di palo ( ― a furcita ― ), sistemato sul lato sinistro del carro. Alla ― furcita ― veniva appesa anche una bisaccia ( ― a viartula ― ), che conteneva generi di prima necessità. Il viaggio di andata non prevedeva alcuna fermata, quello del ritorno, invece, sì. Alcune volte, sostavamo nel territorio di Petronà, dove ci accampavamo per consumare il nostro pranzo; altre volte, invece, ci fermavamo nei pressi della Sofoma. Devo dire che si mangiava pure bene: pasta al forno, salsicce, soppressate… il tutto accompagnato da un buon bicchiere di vino. L‘orario del ritorno era lo stesso per tutti ( ― ni „ngualavamu tutti ― ) e quella era l‘occasione per fare le ―gare ― : carri e traini si sfidavano con ― i massari ―, i quali avanzavano con “ i paria ―, buoi con legature in cuoio che servivano a fermare il giogo. Ero diventato, ormai, un esperto di pellegrinaggi e non mi fu difficile, da grande, organizzare i viaggi al santuario di Mesoraca. Mi ritorna in mente una scena molto particolare, legata ad uno dei miei tanti pellegrinaggi: un padre, per sciogliere il voto che aveva fatto per il proprio figlioletto, portò la sua creatura legata ( ― „ncurdata ― ) con una cordicella e la tirava come se fosse un cagnolino. Molta gente, per sciogliere i voti, portava dei dolci che rappresentavano le parti del corpo per le quali era stata chiesta la grazia. Dopo aver ascoltato la Santa Messa e pregato il Santissimo, andavamo a visitare le bancarelle e la fiera. C‟è una strana espressione negli occhi di nonno Gino, mentre dà sfogo ai suoi ricordi: l‟espressione sorridente e, allo stesso tempo, malinconica, di chi rievoca un passato caratterizzato dalle esperienze più avvenenti, dai momenti più incantevoli, dai luoghi più fascinosi; l‟espressione di chi ama ritornare in un mondo colorato di semplicità, di essenzialità, di spensieratezza: quel mondo fiabesco e incantato che cattura l‟attenzione di chi ascolta i racconti di uomini che sono stati i protagonisti della storia e della cultura del proprio paese. E‟ bello che queste notizie vengano tramandate alle giovani generazioni – conclude nonno Gino – così anche loro possono conoscere episodi della nostra vita, che sono legati al passato e che, grazie alle nostre testimonianze, non possono essere seppelliti dalla polvere del tempo. Pellegrini nei pressi del convento Gli alunni della Scuola Primaria del CirColo didattiCo di Cutro “ Il Puttino “ ATTRAVERSO LETESTIMONIANZE DEGLI ADULTI scoprono usanze e costumi legati al pellegrinaggio al convento del SS. Ecce Homo, in Mesoraca. LA NONNA Antonietta RACCONTA… Mia nonna mi racconta che quando era pi giovane e il nonno era ancora in vita, insieme ai suoi figli andavano a visitare il SS. Ecce Homo, che si trova a Mesoraca. Partivano presto la mattina, dopo che la nonna aveva preparato un pranzo squisito da consumare a mezzogiorno. La nonna mi racconta che cera anche tanta gente che faceva il pellegrinaggio, cioè andava a piedi da Cutro a Mesoraca partivano la sera intorno alle 22.0o 23.0 e percorrevano tanti chilometri per raggiungere il convento del SS. Ecce Homo. Molta gente faceva il pellegrinaggio perchè aveva fatto un voto e, quando la grazia veniva esaudita si andava a ringraziare il Signore. La statua del SS. Ecce Homo è stata realizzata da frate Umile da Petralia, lo stesso che ha scolpito il Crocifisso di Cutro. Noi cutresi siamo molto devoti al SS. Ecce Homo perchè molti sono i miracoli ricevuti, infatti, depositavano in sagrestia gessi di gambe, braccia e vestiti di adulti e bambini. La nonna mi racconta anche che la mattina c‘era una fiera, che iniziava dal paese fino al santuario. Era un‘allegria quando si arrivava al santuario e lei ricorda con nostalgia quei bei momenti di un passato felice. ( PATRIZIA SARCONE Classe 5^ B ) LA NONNA Lisetta RACCONTA… Un giorno andai dai miei nonni Lisetta e Tommaso per chiedere notizie sul pellegrinaggio al SS. Ecce Homo e sulla fiera che veniva organizzata in occasione della festa. Nonna Lisetta mi racconta che, quando lei era piccola, anche a Cutro questa festa era molto sentita, infatti gran parte della popolazione partecipava all‘evento. Mi diede notizia che i pellegrini partivano a gruppi: alcuni si mettevano in viaggio il giorno prima della festa, per raggiungere il Santuario; altri gruppi li raggiungevano con gli asini e i carri, dove sopra mettevano tutto il necessario che poi utilizzavano per mangiare all‘aperto. Dopo la celebrazione della Messa tutti i cutresi si recavano alla Santa Spina per degustare le pietanze portate; il pomeriggio lo passavano ballando e cantando. La nonna mi disse che nella fiera cerano molti venditori del pane di castagna, un dolce tipico di Mesoraca, fatto con la farina di castagne. La nonna mi riferì che le feste in onore del SS. Ecce Homo erano e sono tuttora quattro: 8 Marzo : In ricordo della protezione del Santo durante il terremoto del 1832, a Mesoraca 21 Marzo :Ricorda il terremoto del 1783 che sconvolse tutta la Calabria. QUARTA DOMENICA DI MAGGIO :In ringraziamento al SS. Ecce Homo per segnalare grazie concesse a Mesoraca e ai paesi vicini nel 1721particolarmente per la cessazione di troppe piogge che rovinavano i raccolti. FESTA SETTENNALE :Ogni sette anni la statua del SS. Ecce Homo viene portata in processione a Mesoraca, dove rimane circa otto giorni durante i quali si svolgono speciali funzioni religiose e predicazioni. Mi raccontò, inoltre, che il Santuario non era così bello e curato come oggi e che i lavori di ristrutturazione vennero eseguiti grazie alle offerte dei fedeli, in particolare della gente di Cutro. Oggi, la festa del SS. Ecce Homo non pi sentita come un tempo, da parte dei cittadini di Cutro. A noi anziani rimane, comunque, un bellissimo ricordo dei diversi pellegrinaggi al convento e delle tante emozioni vissute in seno ad una comunità di gente semplice e buona, che custodiva nel cuore un grande valore: la fede. ( MENNITI FABIOLA classe 5^D ) INTERVISTA ALLA MIA NONNA Amalia Lamanna D. Nonna, da quanti anni sei devota all’Ecce Homo ? R. Sono devota all‘Ecce Homo fin da ragazzina, quando, affascinata dal pellegrinaggio, andai per la prima volta a Mesoraca, rimanendone colpita. D. Quando hai fatto il tuo primo pellegrinaggio ? R. Avevo 12 anni quando andai per la prima volta, ma oggi la salute non me lo permette. D. Questa devozione ti è stata tramandata dalla tua mamma o ti è nata spontaneamente ? R. La fede è una di quelle cose che si possono insegnare, non credo che possa essere tramandata o ereditata. E‘ un bene spirituale che nasce spontaneamente dal cuore. D. Come si sente la tua anima quando ti rivolgi a Lui nella preghiera ? R. Quando prego Gesù , la mia anima si sente in pace. D. Tu sei vicina all’Ecce Homo, ma Lui lo senti vicino a te ? R. Non importa quanto senta la sua vicinanza, credo che ci siano situazioni pi urgenti della mia. Sono una persona fortunata, sono qui a rispondere alle domande di chi ha una vita davanti. Tutto dipende dalla capacità che si ha di accontentare la propria anima. Vedi, quando prego tutto sembra avere un senso e questo mi basta. D. Quando partivi per il pellegrinaggio, eri felice di farlo assieme a tanta gente ? R. Quando facevo il pellegrinaggio ero felice di stare in compagnia di altra gente che pregava. Sapevo che, comunque sarebbe andata, non poteva che essere qualcosa di bello. D. Mi racconti come avveniva ? R. Si partiva a tarda sera, l‘attesa che precedeva la partenza era emozionante, ognuno preparava il necessario per il viaggio e fra canti e preghiere si camminava tutta la notte. Non sempre si seguivano le strade principali, spesso ci si trovava ad attraversare campi e ripide discese le quali rendevano necessario l‘utilizzo di un bastone d‘appoggio, ormai simbolo dei pellegrini. Lungo la strada si passava nelle proprietà dei contadini che attendevano il corteo per aggregarsi. Non era proprio una passeggiata era duro e faticoso, ma era proprio questo il senso della devozione. D. Quando raggiungevate la meta qual era il vostro stato d’animo ? R. Ci sentivamo appagati e felici di aver raggiunto il santuario, che di suo trasmette serenità. L‘incontro con gli altri fedeli rinnovava ogni volta la commozione che si provava nel non sentirsi soli. D. Sentivi di non essere sola, ma che facevi parte di una comunità di gente che aveva i tuoi stessi interessi e le tue stesse speranze ? R. Si, è vero. L‘idea di condividere la fede con altre persone era lo stimolo utile al sacrificio di un pellegrinaggio e alla necessità dell‘anima di trovare conforto, attraverso la buona compagnia e non nella solitudine. D. Nonna, tu preghi solo per te e la tua famiglia o preghi sinceramente anche per tutte le persone del mondo ? R. E‘ solito pensare che la preghiera abbia un indirizzo personale ma quando una persona prega lo fa inconsapevolmente per l‘intera umanità. D. Pensi che l’Ecce Homo sia miracoloso ? R. La tradizione vuole che la credenza sia questa. Io penso che il vero miracolo sia legato alla volontà delle persone. Voglio dire... se una persona vuole, tutto è un miracolo. Anche lo stare insieme e condividere la fede è di per sè un miracolo in un mondo di problemi. Una volta ho sentito qualcuno dire che lo straordinario risiede nel cammino delle persone comuni questo quanto, secondo me, ogni buon pellegrino ha il dovere di osservare. D. Cosa Gli chiederesti in questo momento ? R. In questo momento mi piacerebbe sapere che cosa Lui chiederebbe a me. <<Grazie nonna per le cose meravigliose che mi hai raccontato!>> ( CARLA ARABIA classe 5^ C ) LA NONNA Teresa RACCONTA… La nonna racconta che, quando era piccola, andava con tanta gente del suo paese all‘Ecce Homo, con i carri e i buoi. Addobbavano il carretto con delle coperte e nastri e formavano una specie di “cona “.Portavano i bambini per i quali avevano fatto i voti, ringraziando il Santo per la grazia ricevuta. Arrivati a metà strada si fermavano, mangiavano e poi continuavano il viaggio. Quando giungevano al santuario dell‘Ecce Homo, andavano in chiesa ascoltavano la messa. C‘era pure l‘usanza di comprare dei nastrini di tanti colori, che venivano legati al polso e si chiamavano i zagareddri . Intorno alla chiesa cerano delle bancarelle con le ― mastacciuole” e altri dolci che si chiamavano i ― cumpetti “. ( DILETTO TERESA ) La mamma racconta che quando era ragazza, essendo i suoi genitori molto devoti al SS. Ecce Homo, si recavano ogni anno in pellegrinaggio presso il Santuario di Mesoraca in occasione della festa che ricorre ancora oggi la quarta domenica del mese di maggio. Anche se è trascorso molto tempo da allora, i suoi ricordi di quella giornata sono molto vivi: la pittoresca fiera situata lungo la strada che porta al Santuario, dove le occasioni per acquistare souvenir, oggetti di ogni genere e il prodotto tipico di questa festa, il pane di castagne, erano numerose; la messa che si celebrava puntualmente alle ore 11.00, durante la quale la mamma e i nonni si confessavano e facevano la comunione. Dopo la funzione religiosa la giornata continuava con un pranzo molto ricco di vivande che si consumava sull‘erba, tra le felci, sotto maestosi alberi di castagne, al quale si aggregavano parenti e amici. La giornata si concludeva con canti e scatti di foto ricordo. ( Claudia Pucci classe V sez. B ) LA ZIA Mariella RACCONTA CHE … Mia zia Mariella mi racconta che la festa del SS Ecce Homo si celebra a Mesoraca, nel mese di maggio. Lei ricorda che due giorni prima della festa, sulle alture, i commercianti si posizionavano con le loro bancarelle. La domenica si celebrava la Santa messa e poi a mezzanotte si facevano i fuochi d‘artificio. Circa 2anni fa la popolazione cutrese, e di tanti altri paesi vicini, facevano i pellegrinaggi al Santuario del Santo. Molti fedeli s‘incamminavano a piedi partivano la sera prima per poi arrivare la domenica mattina. Un lieto evento ( Ciampà Luisa 5^D ) E’ il 27 Maggio 1908: Il signor Giuseppe Arcuri, da noi intervistato in data 12 Dicembre 2011, racconta che sua nonna Carmela Barberio, sposata con Fedele Oliverio, è al nono mese di gravidanza e mancano pochi giorni alla data prevista del parto, quando intraprende il pellegrinaggio al convento del SS. Ecce Homo, al quale è molto devota. Affronta il viaggio a piedi, con un gruppo di pellegrini di Cutro, mentre un carro con un altro gruppo li segue a breve distanza. Il viaggio per Carmela è, sicuramente, lungo e faticoso, ma la sua fede, la sua devozione la sostengono e le permettono di arrivare alla periferia di Mesoraca, dove viene colta dalle doglie e dà alla luce una bella bambina, alla quale sarà dato il nome di Anastasia. Carmela viene assistita, prontamente, dalle donne del suo gruppo, in aperta campagna, con i pochi mezzi a disposizione e con la solidarietà e l‘esperienza delle più anziane. Mamma e neonata vengono pulite e disinfettate con il vino, che sarebbe servito per il pranzo. Per asciugarle e coprirle si adoperano strofinacci, tovaglioli e tovaglie che, come di consueto, venivano usati per la ―scampagnata‖. Dopo il parto, Antonietta e Anastasia non potendo, ovviamente, proseguire per il Santuario, vengono riportate a casa sul carro del signor Pasquale Muto, detto ― u Cruciaru ―. Tutto ciò accadde il 27 maggio 1908. La piccola Anastasia fu soprannominata ― Nastasia l‟ Acciuomara “. TESTIMONIANZA DELLA SIGNORA BRUNELLI RAFFAELA Mi chiamo Raffaella, faccio la commessa in un negozio di stoffe, qui sono venuta a sapere dalle mamme che i loro bambini sono impegnati in una rappresentazione ed una ricerca sulle tradizioni religiose dei cutresi in onore del SS. Ecce Homo. Nel discorrere ho vissuto i miei ricordi infantili legati alla figura di mia nonna Giuseppina Crivaro, donna umile e lavoratrice, rimasta giovane vedova devotissima al al SS. Ecce Homo, tanto da fare la tradizionale processione a piedi da Cutro a Mesoraca per più di quaranta anni, avendo fatto voto di farla per una grazia ricevuta fino a quando sentiva la forza. Fra non molto io compirò cinquant‘anni e i miei ricordi di bambina sono legati alla ―zagareddra‖, un nastrino colorato, che lei, portava da Mesoraca e metteva al polso a me, ai miei fratelli e a tutti gli altri nipotini, mentre ai più grandi infilava la medaglia con l‘immagine sacra quando ritornava dalla “ iuta a lu Sant‟Acciuamu “. Ricordo che io e i miei fratelli tenevamo la ―zagareddra”, a segno di protezione sempre fino a quando non si sfilacciava e con tanto orgoglio la facevamo vedere agli amichetti. Portava le figure e il pane di castagna che mia nonna mandava in Germania a mio padre. Ricordo che era avanti negli anni, avrà avuto credo sessantacinque anni, quando si ruppe una gamba. Tolto il gesso, non riusciva a camminare bene, ma lei era solo disperata perché quell‘anno non poteva tener fede al suo voto. Una mattina si alzò e venne da mia madre dicendo che la notte aveva sognato il SS. Ecce Homo arrabbiato con lei perché non voleva andare al pellegrinaggio e tutta presa di paura disse che a costo di morire per strada lei doveva doveva andare a piedi anche quell‘anno. Mia madre e le altre figlie cercarono di farle cambiare idea, ma lei dura, si fece aiutare ad impastare un dolce a forma di gamba da portare ex voto. Così partì con il gruppo e tornò stanca, ma soddisfatta. Si recò ancora al santuario per altri anni. Grazie a lei, nella mia famiglia è rimasta la devozione al SS. Ecce Homo di Mesoraca ed ogni volta che io mi reco al santuario in auto ricordo i sacrifici, la fatica che tante donne di Cutro, dal cuore grande, con le loro piccole storie e nella loro semplice ed umile fede, hanno affrontato per ringraziare Gesù. Queste informazioni sono state raccolte con il metodo della rilevazione diretta con interviste a persone che hanno partecipato la quarta domenica di maggio una o più volte al pellegrinaggio al santuario dell‟Ecce Homo. PRIMA DELLA PARTENZA… Colei che organizzava il viaggio provvedeva a radunare la gente del rione, tramite il suono di un campanaccio. La campana veniva suonata anche durante il viaggio, da un capo gruppo, per evitare che i pellegrini si disperdessero. Tutti i pellegrini, sia gli uomini che le donne, si procuravano un bastone, per aiutarsi nelle salite e anche per potersi difendere da eventuali attacchi di animali. Alcuni si portavano dietro anche uno scanno per sedersi, durante la sosta di riposo. Il pellegrinaggio veniva fatto per devozione al SS. Ecce Homo o per sciogliere una promessa votiva. Molte donne lo facevano scalze. Durante il tragitto si pregava, si recitava il Santo Rosario; si cantavano inni dedicati al Signore e alla Madonna; si ballava la quadriglia e la tarantella; si praticavano giochi molto semplici; si raccontavano storie, episodi di vita. La gente che prometteva il voto si sentiva in dovere di scioglierlo con una certa urgenza, ricordando il vecchio proverbio: “ A li Santi u prumintiri vuti e a li quatrariaddri cuddruriaddri “. Nonna Emanuela Diletto ha raccontato che quando i fedeli andavano a Mesoraca per ringraziare il Santo per le grazie ottenute, scioglievano i loro voti inginocchiandosi proprio sulla porta del convento e procedendo in questa postura, fin sotto l’altare del Santo, con una corona di spine appoggiata sulla testa e con il rosario in mano. I fedeli portavano anche dei dolci che riproducevano le parti del corpo per le quali era stata richiesta la grazia ( la testa, la gamba, il braccio, il piede, ecc.. ) Si preparavano, anche, i “ cuddruriaddri “ un dolce tipico di Cutro, che , poi, i frati offrivano a tutti i fedeli che si trovavano in chiesa, la mattina di domenica. Quando la gente ritornava dal pellegrinaggio portava ai parenti e ai vicini di casa le medagline ( spingulicchi) , i santini ( figureddri ) e i “zagareddri” ( nastrini di raso colorati ) che poi i bambini legavano al polso. Portavano anche il pane di castagna ( un dolce tipico di Mesoraca ). i“ spingulicchi “ i “ figureddri “ IL PELLEGRINAGGIO AL SS. ECCE HOMO DI MESORACA VENIVA ORGANIZZATO NEL MESE DI MAGGIO. PERIODO Quarto sabato di maggio per essere al santuario la domenica mattina, giorno della festa. ITINERARIO Partenza da Cutro verso le ore 15.00 di sabato 1^ TAPPA : Lenza 2^ TAPPA : Ponte ARRIVO AL CONVENTO : Domenica verso le ore 4.00 di ferro PREPARATIVI PER L’ORGANIZZAZIONE DEL VIAGGIO Si preparava il pranzo, che veniva, poi, consumato durante il viaggio o a Mesoraca, in aperta campagna. Sabato mattina, prima della partenza, si preparavano: la pasta, la frittata, la pancetta, la soppressata, il pane, il vino, l’acqua. Alcuni gruppi organizzavano il pellegrinaggio con il carretto ( “u sceraballu“ ) che veniva trainato dai muli o dai buoi. Il carretto veniva utilizzato come mezzo di trasporto per quella gente che non poteva affrontare a piedi un così lungo viaggio. Molte volte, però, il carro serviva per trasportare le verginelle: ragazzine che venivano preparate per accompagnare i voti o perché si doveva ringraziare il Santo per una grazia ricevuta. Per queste ultime occasioni, il carro veniva rivestito con coperte fatte al telaio ( “ a curtina “ ) legate con cordoni e nastri. << Armavano a cuanula ppi jiri a lu Sant‟ Acciuamu >>. Anche i buoi che trainavano i carri erano “ agghindati “ con campanellini e nastri colorati. TESTIMONIANZA DELLA SIGNORA CARMELA MULTARI ( DETTA ― A PAGANA ― ) Mi chiamo Carmela Multari e sono nata a Cutro nel 1934. Nel 1959 , dopo sette figlie è nato Nicola, il mio primo figlio maschio! All‘età di sette anni, mentre giocava sotto casa, vicino ― a jamula ―, Nicola è stato investito da un trattore che lo ha trascinato per oltre cinquanta metri. Il bambino rimase a terra e non si capiva se fosse morto o se fosse ferito gravemente: fatto sta che non dava nessun segno di vita. Non riesco a descrivere il mio stato d‘animo e la mia disperazione quando lo vidi in quella condizione! Mi misi a piangere fragorosamente e ad urlare come una bestia ferita. Avevo il cuore a pezzi e incominciai a strapparmi i capelli. Le vicine, accorsero tempestivamente, sul luogo dell‘incidente, cercando di calmarmi e di confortarmi, ma non c‘erano parole adeguate a tranquillizzare una mamma impotente davanti a un figlio immobile. Sentii, in quella confusione, una mano che mi toccava e una voce che mi sussurrava: - Fra pochi giorni ci sarà la festa del SS Ecce Homo e Lui i miracoli li fa…Chiedigli la grazia di far stare bene tuo figlio. – Quelle parole mi entrarono nel cuore e alleggerirono quel macigno che mi opprimeva. Mi aggrappai alla fede, a quel filo di speranza e, con la voce soffocata dal pianto, implorai: “ Sant‟Acciuamu mia, abbasta u fa stari buanu a figghiuma, tu puartu „ncurdatu e „mbrazza, ccu tridici virgineddri “ ( Santo Ecce Homo mio se farai stare bene mio figlio lo porto da te con le corde ai polsi e in braccio e con tredici vergini ). Nicola fu trasportato in ospedale, e dopo pochi giorni di degenza fu dimesso. Non riportò alcun tipo di danno: né a livello fisico né a livello mentale: era come se quell‘incidente non l‘avesse mai subito! Ovviamente, mantenni la promessa votiva fatta al SS. Ecce Homo. Da Cutro partii con un gruppo di persone e portai il bambino con le mani legate, in braccio, e con noi le tredici verginelle. Lungo il percorso, alcune donne, mosse da profonda umanità e compassione, si offrirono di aiutarmi ma io rifiutai: avevo fatto una promessa ben precisa e dovevo mantenerla! Spettava a me soltanto portare quel peso che, a paragone del dolore che avevo sentito quando Nicola ebbe l‘incidente, era veramente irrisorio. In chiesa i monaci sciolsero il voto, slegando il bambino e benedicendolo. Ci recammo, poi, in aperta campagna dove offrii da mangiare alle tredici verginelle. Sarò sempre devota al SS. Ecce Homo; io so che mio figlio l‘ha salvato Lui. Forse, qualcuno potrebbe dire che si è trattato di una semplice casualità, di una pura coincidenza ma, con tutto il rispetto per quelli che la pensano diversamente, io ho sempre detto e ribadisco che quando una grazia si chiede con vera fede sarà concessa. E poi, bisogna trovarsi in certe situazioni per comprendere l‘animo della gente e la sua buona fede: quella fede che, ancora oggi continua a sostenermi, soprattutto, nei momenti più critici, e a ricordarmi che lassù c‘è Qualcuno che ascolta la nostra voce disperata e le nostre richieste di aiuto. TESTIMONIANZA DELLA MAESTRA Maria Guerrieri INSEGNANTE NEL CIRCOLO DIDATTICO STATALE DI CUTRO. Cogliendo l‘occasione datami dalla scuola, per la ricerca sulle tradizioni popolari religiose di Cutro e Mesoraca, desidero dare testimonianza e ringraziare il SS. Ecce Homo di quanto accaduto nel settembre dell‘anno 1994, per la grazia ricevuta da mio padre Guerrieri bruno, ricoverato presso l‘ospedale San Raffaele di Milano, per essere operato di tumore alla prostata. Nel corso degli accertamenti diagnostici preparatori, i medici riscontrarono una sospetta metastasi al polmone sinistro, perciò dovevano prima intervenire sul polmone ed, in base all‘esito, decidere il da farsi in seguito.La notte prima del giorno fissato per l‘operazione,io sognai di visitare la chiesa del SS. Ecce Homo di Mesoraca e, mentre ero vicina alla sacra statua, mi sembrò di udire una voce affermare che tutto era cambiato. Non diedi peso al sogno perché ero preoccupata e, a dire il vero, io non ero devota alla sacra immagine, al contrario di mio padre, che ogni anno, la domenica della festa, si recava per devozione a Mesoraca, ascoltava la messa e tornava a casa. Il giorno dell‘intervento, verso le ore diciassette, telefonò mio fratello dall‘ospedale, dicendoci che l‘operazione era andata benissimo e che il chirurgo che aveva operato mio padre era rimasto meravigliato perché la sospetta metastasi non era altro che una macchia causata dalla polvere. Al che ho ricordato il sogno e l‘ho raccontato a mio fratello. Insieme ci siamo emozionati e ringraziato il Ss. Ecce Homo. Mio padre si rimise benissimo dall‘operazione e venne operato di prostata. Con questa mia, voglio, innanzi tutto, dare gloria a Gesù per aver lasciato mio padre nella nostra famiglia ancora per un bel po‘ di anni e dare testimonianza per chi ha fede in Lui e non è lasciato mai solo. Voglio complimentarmi con il Dirigente e le colleghe per l‘iniziativa e l‘impegno profuso in questo progetto ricco di semplici testimonianze, che, tuttavia, sono profonde e grandi nel cuore di chi le ha vissute. Una curiosa esperienza… Una sola volta che, mio padre, rimase per vedere la fiera gli rubarono il portafoglio. Egli, che quando era fuori camminava sempre con le mani in tasca, era stato preso dalla voglia di fumare e mentre si accendeva la sigaretta si era sentito toccare,ma naturalmente il ladro era stato più veloce di lui. L‟importante – diceva – che l‟Ecce Homo mi abbia fatto tornare a casa. TESTIMONIANZA DELLA MAESTRA Oliverio Antonietta Mi chiamo Antonietta Oliverio e insegno presso la Scuola Primaria del Circolo di Cutro. Mi sono trovata ad assistere, casualmente, ad alcuni momenti del lavoro organizzato dalle colleghe e sviluppato dagli alunni, impegnati nel Progetto ― Recupero, patrimonio artistico, storico, culturale, ambientale del territorio ― e ho ritenuto anch‘io opportuno dare testimonianza relativamente ad un evento che, tanti anni fa, ha interessato la mia famiglia. Correva l‘anno 1971 e si avvicinava l‘ultima domenica di maggio: giorno tanto atteso da mia madre e dalle mie sorelle che, come tantissimi nostri concittadini si preparavano ad affrontare il viaggio verso Mesoraca, in onore del SS. Ecce Homo. Ma, proprio in quei giorni, mia sorella Elisabetta, che si trovava al nono mese di gravidanza, fu colta, all‘improvviso, dalle doglie e fu sottoposta al taglio cesareo. Dopo l‘intervento, però, fu colpita da una grave forma di peritonite e le sue condizioni di salute apparvero subito disperate. I medici dissero apertamente che a nulla serviva operarla, perché sarebbe morta ― sotto i ferri ―. Fu mio padre che insistette affinché venisse operata e, finalmente, i medici decisero di operarla. Fu operata proprio il giorno della festa in onore del SS. Ecce Homo. Mia madre, molto devota al Santo, con tutta la feda che aveva nel cuore, pregò il Signore affinché le salvasse quella povera sfortunata figlia che non era riuscita a stringere fra le braccia la sua creatura appena nata. Promise al Santissimo che se avesse ascoltato le sue suppliche, si sarebbe recata a piedi a Mesoraca, a pregare davanti al Suo altare. Tutti, ovviamente, ci siamo messi a pregare e a supplicare e il SS. Ecce Homo ascoltò le nostre parole, perché mia sorella , con grande meraviglia dei medici che l‘avevano operata e seguita durante il decorso della malattia, guarì, anche se fu poi sottoposta ad altri quattro interventi e ritornò a casa con le ferite ancora aperte e molto sofferente. Ma la fede aveva vinto sulla medicina e, ancora una volta, il nostro Santo Benefattore aveva ascoltato le nostre richieste d‘aiuto e aveva operato il suo ennesimo miracolo! TESTIMONIANZA DELLA MAESTRA GIUSEPPINA SERGIO INSEGNANTE NEL CIRCOLO DIDATTICO STATALE DI CUTRO. Si avvicinava l‘ultima domenica di maggio. La gente, nel mio paese, si preparava per il pellegrinaggio verso il Convento del SS. Ecce Homo. Mia sorella Elisa, di appena tre anni, stava malissimo. I medici non erano per niente ottimisti, anzi…non avevano dato nessuna speranza di guarigione a mia madre che, disperata, si rivolse con grande fede al SS. Ecce Homo, implorandolo: ― Ohi, Santacciuamu mia, abbasta u ma fa sanari, t‟ha puartu scavuza “. Si sarà trattato, certamente, di un miracolo perché mia sorella guarì e si riprese completamente, nel giro di pochissimi giorni. Mia madre, con grande gioia e profonda venerazione, si preparò per il viaggio santo. Comprò le scarpe nuove alla bambina,dimenticando della promessa fatta al Santissimo: Elisa, infatti, doveva essere portata, al Santuario, scalza. Domenica mattina mia madre cominciò a vestire, con cura, la piccola Elisa, ma non riusciva a trovare le scarpe che le aveva comprato il giorno prima. Tra l‘altro, era pure preoccupata perché non sapeva come giustificarsi con mio padre. Decise, allora, di portarla scalza, ma non ricordava ancora il voto che aveva fatto. Scalza, mia sorella entrò nel convento, dove mia madre la fece benedire e dove si prostrò davanti al SS. Ecce Homo per ringraziarlo della grazia che aveva ricevuto. Al ritorno a casa, con sua grande meraviglia, trovò sulla sedia, così come le aveva sistemate la sera prima, le scarpe della bambina, ancora nella scatola. Solo in quel momento si ricordò della promessa fatta al santo. “ Io sono stata coinvolta in questo episodio e sono felice di raccontarlo per dare testimonianza della grandezza e della potenza del nostro Signore “ PICCOLI ATTORI TRASMETTONO NOTIZIE E INFORMAZIONI SUL PELLEGRINAGGIO; ATTRAVERSO L’INTERPRETAZIONE SCENICA, IN VERNACOLO RECITA IN VERNACOLO “A PEDI A LU SANT’ACCIUAMU” (Alcune comari s‘incontrano per strada e cominciano a scambiarsi notizie su feste, ricorrenze, tradizioni del proprio paese, legate al passato…) LINA---Cummari Titì, duvi sta jiandu ccu tutta sa prescia…E comu si beddra azzizzata! TITINA---Ih, Signuru mia…, sa c‘è a festa ullu sa ca sugnu azzizzata! LINA---Mo daviaru…E comu sta, sta bona? TITINA---E comu staiu: tiagnu su dinuacchiu ca mi sta faciandu passari i peni… LINA---Undi parramu i nenti i di duluri! Mo ni simu tutti chini: giuvini e viacchi! MARIETTA---Beh, comu l‘amu ‗ncampanata: mo s‘hanu misi a parrari i duluri! Cambiamu discursu: ia ullu‘ sapia ca stasira c‘era sa festa. ROSINA---Ha ragiuni: ccu tutti si festi ca fanu u si capiscia cchiù nenti. LINA--- Ih, cum‘è simpatica iddra! Unn‘è miagghiu u fanu festi e no cosi ‗mbalusi! MARIETTA---Moncivò… ROSINA---Allura, cuntatimi buanu: chid‘è sa festa…, duvi si fa? MENA---Ia, cummari Rosì, u ti puazzu rispundiri subba sa cosa: sugnu arrivata propria stamatina i Reggio Emilia e u sugnu ‗mpurmata i nessuna novità. MARIETTA---Dumandulu a Vittorina: iddra va sempri girandu e sa tutti i nutizzi e i fatti ca succedanu ‗nta Cutru… VITTORINA--- Brutta pettegola e scardulera: mi sta cacciandu a numinata ca vaiu sempri girandu!? E vo puri diri ca mi piu l‘accunti i di cristiani! MARIETTA--- Ih, vida cumu capiscia a l‘aliverza chissa! Ia vuagghiu significari ca tu va sempri girandu ppi ti sbrigari i ‗mbasciati i da casa, no ppi ti pijiari l‘accunti i l‘atri! VITTORINA---Va bo, va bo, fatti a ragiuna: tu a pezza a culuri a truavi sempri! ROSINA--- E mo furnitila! Staviamu parrandu i festa e mo s‘imbriganu…Allura, cchi festa c‘è? TITINA---Ih, Signuru mia! C‘è a festa i du Sant‘Antuanu! ROSINA---Cuomu, cuomu, c‘è a festa i du Sant‘Acciuamu? MARIETTA--- Ohi, cummari Ro‘, ancora u ti vo mintiri ‗nta capu ca t‘è cattari l‘apparecchiu! U ci sianti i nenti! ROSINA---Ca cchi mindajiu i fari i l‘apparecchiu…Pianzica haiu i vulari! Mo vidatillu tu: ppì ci fari piaciri ad iddra m‘è mintiri l‘apparecchiu, accussì vulamu ‗nta Merica! VITTORINA--- E cumu l‘amu ‗ncampanata, ojia! Daviaru ni sbolicamu cchiù i su discursu…Vutamu a la festa, ch‘è miagghiu. TITINA---Beh, ca vu cuntu ia cum‘è su discurzu i da festa:l‘atru juarnu è jutu a lu mercatu… VITTORINA---Si, però, u cuntari vita e miraculi! TITINA--- Ih…cum‘è sguaiata! L‘è cuminciari i da capu u discurzu! MARIETTA---E dassala parrari, si l‘appunti sempri arrivamu dumani matina a la festa! VITTORINA---E va bo‘, cunta, cunta… TITINA---Allura vi stavia diciandu…ca l‘atru juarnu, a lu mercatu, è vistu a Maculata a misurachisa… LINA---Era juta a vindiri u pani i castagna? TITINA---No! MENA---Era juta a vindiri l‘uagghiu? TITINA---No! VITTORINA---Era juta a vindiri u riganu? TITINA---No! LINA---Inzomma, ch‘era juta a vindiri a lu mercatu? TITINA---E cchi ni sacciu ia! Mo vida ca vajiu e ci dumandu a li cristiani chira ca fanu e chiro co fanu! In tutti i modi m‘ha dittu: Titine‘, u sa ca a Cutru, u sabatu, fanu a storia i du Sant‘Acciuamu… MENA---Ih, Signuru mia, mo si ca chissà ullu‘ sapia! E chi t‘ha dittu cchiu‘?! Cunta, cunta… TITINA---M‘ha dittu co juarnu i Sant‘Antuanu, a lu Crucifissu i da Riforma, fanu a storia i du Sant‘Acciuamu. ROSINA---Ohi cchi discursu ‗mbolicatu! Ia u ci stajiu capisciandu nenti: Sant‘Antuanu, Sant‘Acciuamu, u Crucifissu… MARIETTA---E mo tutti Santi su e nua avimu d‘aviri fede e devozione. LINA---Moncivo‘…, nua simu divoti a tutti: a lu Signuru, a Sant‘Antuanu, a lu Sant‘Acciuamu… VITTORINA---Ih, Sant‘Acciuamu mia! Ca ia cca mamma e cca nonno‘ mi ‗ndaiu fattu viaggi a Misuraca! E a pedi… ROSINA---Daviaru…‘Navota i cutrisi jivanu tutti a la festa i du Sant‘Acciuamu! Partivanu a la rifriscata ed‘arrivavanu a li matinati e tanti cristiani jivanu puri scavuzi! MARIETTA----Scavuzi? Saladatu u Sant‘Acciuamu, ma comu si fa a jiri scavuzi finu a Misuraca! MENA--- Intantu, i cutrisi ci tinivanu assai ppi sa festa…e pua…si unu avia u votu ullu sa ca si l‘avia di cacciari...Mo, puri ca vanu, vanu cchi machini. VITTORINA---Nua, ‗mbeci, ni ‗ndamu fattu camminati chiri vineddri vineddri! TITINA---E aviati i vidiri a cummari Catirinuzza cchi t‘armava! Mi ricuardu ca sunava na campaneddra e ricugghiva tutti i cristiani i da ruga, i pua si pjava nu bastunu e s‘imbarcavanu tutti a pedi. MARIETTA--- Ih, ca ia u mi ricuardu! E‘ jutu pur‘ia nu pari i voti…E cum‘era biaddru quando partivamu tutti anziame! Jivamu vinti, trenta pirzuni a vota! A prima tappa a faciamu a la Lenza, ppi ni ripusari. I pua ni firmavamu a lu ―ponti i fiarru‖e i pua duvi capitava… ROSINA---A nonna Rosa m‘ha cuntatu ca pur‘iddra organizzava u viaggiu a pedi a lu Sant‘Acciuamu. L‘ha fattu ppi vintiquattr‘anni! LINA---Signuru mia, ppi vintiquattr‘anni! MENA----‗Na vota c‘era cchiù fede e devozione, c‘era chhiù umiltà e sincerità. Mo, i cristiani su tutti chini i ‗mpicci e di pinziari. ROSINA---E su tutti chini i dassami stari! E su puri chiù furbi e maliziusi… MENA---E u fattu qul‘è? Ca simu puri tutti chini i duluri…Va, va a lu Sant‘Acciuamu a pedi…Ca duappu n‘hanu i viniri a ricuagghiri cca barella! MARIETTA---Ohi, cummà, e u si stancavano i fari su viaggiu tantu lungu! TITINA---Si stancavano? Eranu biaddri frischi e ripusati! M‘ha cuntatu a nonnò ca, quandu si firmavanu ppì si ripusari, si mintivanu a cantari e a ballari fin‘anchi a tarantella! LINA---Fuacu mia! E duvi a pijiavanu tutta chir‘energia! ROSINA---‗Na vota avianu a saluti i cristiani. Mo u ‗mbalimu i nenti! Uvì ia…tiagnu l‘artrosi, a cervicali, u colisterolo… VITTORINA--- Ohi, cummari Ro‘, u cuminciari cca litania i di guai ca tiani… MARIETTA---L‘atru juarnu, parrandu ccu zu Ginu, m‘ha dittu ca pur‘iddru organizzava u pellegrinaggiu a Mesoraca: m‘ha cuntatu ca iddru avia u sciarabballu e purtava i cristiani e i virgineddri. VITTORINA---Ih, u vì tu a lu zu Ginu…u m‘ha pinzava ca puriddru si dava da fari! MARIETTA---Allura no…M‘ha dittu ca pijiava quattru pali e li mintiva a li quattru anguli i du carru e i pua i fimmini facianu a cuanula cca curtina. MENA---Ma cchi lingua sta parrandu…u cinese? A curtina…, a cuanula…:è a prima vota ca siantu si paroli! MARIETTA---Ih, comu si sguaiata…Parica tu si nata ‗nta Merica… MENA---Ih, Signuru mia! E‘ daviaru cullì sacciu si cosi! Tu parri comu a nonnò! MARIETTA----In tutti i modi, a curtina e a cuanula eranu fatti ccu cuverti pesanti tissuti a lu tilaru e vinivanu aggiustati comu na tenda. VITTORINA---Ah, è capitu tuttu: inzomma, era ‗na speci i baldacchinu. MARIETTA---Eh…e, si, comu dici tu… MENA---E i pua cchi facivanu? Cunta, cunta, c‘ ammia mi piacia sapiri i cosi ca facivanu ‗na vota! MARIETTA---Allura: pijiavanu i cuverti e li ligavanu a li pali cchi zagareddri e ccu fiarru filatu. I zagareddri e i campanedrri ci ligavanu puri a li muli ca tiravanu u sciaraballu. MENA---Propria comu i zingari, inzomma… VITTORINA---Figurati sa rigina d‘inghilterra u dicia a sua! CChi vo diri ―comu i zingari‖…Chira era l‘usanza i di cutrisi. Ed ogni usanza va rispettata, picchì è a cultura i nu populu. ROSINA---Ha ragiuni Vittorina! E‘ miagghiu mo? Ca stamu faciandu pirdiri tutti l‘usanzi e li tradizioni!? E‘ miagghiu mò ca pinzamu sulu a scardari, a giudicari…o a lavari e a stricari e u consideramu chiri ca su i cosi essenziali i da vita! LINA---Beh, a finiti i cicaliari!? Vidimu u ni sbrigamu…ca sinnò festa undi truvamu! ROSINA---Vittorì, ma almenu tu l‘ha saputu pirchì hanu pinzatu i d‘organizzari sa festa? VITTORINA---IH, ull‘è saputu? MARIETTA----Vi l‘è dittu ca iddra sa tuttu! VITTORINA: Torna u ciucciu a li vruacculi! ROSINA---Ohi ma, miagghiu ‗na pitrata ‗nta n‘uacchiu e no unu u tena accunti ccu ttia! TITINA---BE, furnitila…Ca mo vi spiegu pirchì c‘è sa festa e i pua nind‘iamu. Allura, u Signuru nuastru chini l‘ha fattu? ROSINA---Nu monachiaddru! TITINA--- E comu si chiamava? MENA---Frat‘Umile da Petralia. TITINA---Bavissima! E u Sant‘Acciuamu chin‘è ca l‘ha fattu? MARIETTA---U stessu monacu: Frat‘Umile. U sacciu ca l‘hanu studiatu i niputiaddri mia a la scola. TITINA—E quindi? ROSINA---Ah, mo è capitu: u Signuru i Cutru e u Sant‘Acciuamu i Misuraca su gemelli! TITINA---Ohi, Sant‘Acciuamu mia! Jamu, ja…Jamunindi a sa festa ch‘è miagghiu! PREGHIERA DEL PELLEGRINO AL SS. GESU’ Un umile frate a noi Ti ha presentato: nella Tua sofferenza, nel Tuo sangue, nelle Tue piaghe, nelle Tue spine… Un umile frate a noi Ti ha donato e noi veniamo a Te, per venerarTi, per contemplarTi, per poter riflettere sulla nostra misera esistenza e poter dare, così, più senso e più valore alla nostra terrena dimora. Ogni giorno, pellegrini di una meta santa, fedeli ad un Signore sempre presente, custodi di un insegnamento sempre vivo, a Te il nostro pensiero corre, a Te il nostro cuore si apre, a Te le nostre preci volano. Per questo Tuo nobile Cuore, trafitto dalle spine dei nostri peccati, per questo Tuo Divino Cuore, ferito dalla lancia di un duro nemico, per questo Tuo adorabile Cuore, consumato da tanto amore per noi… concedi a quanti Ti supplicano di cancellare l’odio dal loro animo per far posto all’amore. Nel tuo amabile e santissimo Cuore, noi, umili e devoti pellegrini, vogliamo rifugiarci, per sfuggire a tutte le brutture che contaminano l’umanità. In questo mondo sconvolto e pieno di tensioni, possiamo, noi, essere dei coraggiosi testimoni della carità, della pace, della Tua Verità. Dona, o mio Gesù, a tanti cuori soli e pellegrini, che a Te si prostrano fiduciosi, la serenità dello spirito, la speranza e il conforto, la condivisione degli umani disagi, la gioia di vivere e di far vivere. Ravviva,Tu, i colori di un arcobaleno di pace e di giustizia, fai tacere il vento delle guerre, fai crescere, nei nostri giardini, i germogli della solidarietà e dell’amicizia. Tu, che per tutti noi hai portato la pesante croce, Tu , che sulla croce sei morto per noi, accogli quelli che si accostano a Te, rendili disponibili al servizio del bene comune, guida i loro passi sui sentieri della giustizia. Santissimo Gesù, Agnello docile e mite, perennemente vivo su questo antico altare, sciogli le Tue mani, legate dalle dure funi, e accoglici in un rasserenante abbraccio, perché Tu sei il rifugio di ogni devoto pellegrino, Tu sei l’asilo della nostra sicurezza, Tu sei il risanamento della nostra fragilità. SE, ora, io,il più piccolo dei Tuoi fratelli, non ti recherò dolore, Ti chiedo di aprire la Tua santissima e sanguinante piaga affinché in Essa possa depositare il mio fragile cuore che rimane rapito dal Tuo adorabile e sofferente volto, che trepida davanti alle Tue ferite non rimarginate, che si turba davanti al Tuo sguardo compassionevole. E insieme a tutti, prostrati davanti al Tuo altare, come un gregge spaurito che rincorre il suo pastore, Ti chiediamo di condurci attraverso i pascoli del mondo per far risuonare da un capo all’altro della terra un’unica voce d’AMORE, un unico grido di PACE, un unico respiro D’UMANITA’! CUTRO, 05/03/2012 MARIA DE FILIPPO MESORACA 24 Marzo Danze, coreografie, costumi fanno da cornice alla rappresentazione artistico-teatrale, presso l’Auditorium del Liceo Scientifico di Mesoraca, in occasione della presentazione del libro “Il Santuario del SS. Ecce Homo-Cronologia di una memoria “, a cura del professore Francesco Spinelli. UNITI SOTTO LA BANDIERA DELLA MESORACA 24 Marzo Danze, coreografie, costumi fanno da cornice alla rappresentazione artistico-teatrale, presso l’Auditorium del Liceo Scientifico di Mesoraca, in occasione della presentazione del libro “Il Santuario del SS. Ecce Homo-Cronologia di una memoria “, a cura del professore Francesco Spinelli. UNITI DELLA SOTTO LA BANDIERA IL PELLEGRINAGGIO NELLO SPAZIO SACRO Fin dai tempi più remoti, il pellegrinaggio ha rappresentato uno dei momenti più significativi della vita dei credenti, rivestendo, nelle varie epoche, espressioni culturali diverse. Esso rappresenta un viaggio compiuto per devozione, ricerca spirituale o penitenza, verso un luogo considerato sacro. Nello spazio sacro, il pellegrino ha coscienza di trovare un punto d’incontro con il mistero, con il divino, capace di aiutarlo nella sua vita quotidiana, nel suo comportamento, nelle sue relazioni, nel suo passato carico di errori, nella visione del suo avvenire, nella salute del corpo e dell’anima. BREVI CENNI STORICI La tradizione medievale delle peregrinatio ( dal latino “andare verso il campo” ) si sviluppa fra la seconda metà del 500 e il 600, età della Controriforma. In epoca Barocca diminuisce il numero dei pellegrinaggi isolati, mentre aumenta quello dei viaggi organizzati, per lo più, dalle Confraternite. Durante l’illuminismo, i pellegrinaggi e le pratiche religiose tradizionali sono poco apprezzati, talvolta addirittura derisi e repressi. In età contemporanea, nei secoli XIX e XX, continuano le devozioni popolari e i pellegrinaggi, ma, via via, le mete vengono a modificarsi: ai tradizionali santuari si preferiscono i luoghi in cui vi sono stati apparizioni o miracoli. IL PELLEGRINAGGIO DEL POPOLO CUTRESE AL CONVENTO DEL SS. ECCE HOMO Il pellegrinaggio del popolo di Cutro, al convento del SS. Ecce Homo di Mesoraca, è nato nel 1687.E’ risaputo che i nostri concittadini lo identificavano in un percorso tradizionale, da compiere, ogni anno, per devozione e ricerca spirituale. Dalle varie testimonianze, rilasciate dagli anziani di Cutro, emerge che il viaggio, legato a disagi e sofferenze, si sviluppava attraverso un lungo percorso che presentava tratti, spesso, impervi e pericolosi, condizioni climatiche non del tutto ottimali, digiuni, ferite ai piedi scalzi ( penitenza utile allo scioglimento delle promesse votive ). Per il nostro popolo, però, quel viaggio era particolarmente atteso e santo: santo per i compagni, per le preghiere incessanti, per i digiuni e le astinenze. Quell’esperienza rigenerava, rendeva gli animi lieti, accomunava. In quell’occasione, ogni pellegrino sperimentava la gioia dell’accoglienza, della celebrazione eucaristica, della preghiera collettiva e dell’incontro con altri fratelli. Il santuario, infatti, costituiva l’approdo dell’anima di migliaia di credenti che assaporavano la gioia di un “incontro” nella meta più ambita della devozione cristiana. Si camminava insieme, ci si sosteneva, si condividevano disagi, si creava una rete di solidarietà e, soprattutto, si andava uniti verso la stessa destinazione, verso quel luogo di culto, dove un miracoloso Salvatore e Protettore liberava dalle angosce e dalle sofferenze dello spirito. Queste esperienze, ricche di memorie e tradizioni, ora vengono tramandate alle giovani generazioni le quali, attraverso una ricostruzione scenica, grafica, pittorica e rappresentativa di alcuni fatti, eventi e situazioni, verranno a conoscenza di un “pezzo” di vita del loro popolo, riportando alla luce rimembranze e nostalgie che, sulle ali del tempo, trasportano misticità, avventure bibliche, storie di uomini, di luoghi, di territori, di culture avvolte nel fascino del passato.