professional
In collaborazione con Società Optometrica Italiana SOPTI
Il lavoro è un estratto dalla tesi di laurea “Lid Wiper Epitheliopathy: segno clinico da Dry
Eye” (2010), relatore prof. Renzo Colombo, correlatore dott. Paolo Facchin.
Lid Wiper Epitheliopathy:
review sull’efficacia di un test clinico
come segno di occhio secco
Federica Giorio Dottoressa in Ottica e Optometria, Università di Padova.
INTRODUZIONE
Nel corso dell’ultimo mezzo secolo abbiamo assistito
a un buon sviluppo in contattologia, soprattutto per
quanto riguarda il design e i materiali, che, insieme alla
sempre maggiore disponibilità di lenti in commercio,
ha portato a un sensibile incremento della popolazione
dei portatori. Tuttavia, dietro a tanto successo si nasconde un’ombra: numerosi sono i portatori che vanno incontro a drop-out, e la causa maggiore sembra
essere il discomfort. A conferma, un recente articolo
di Pult ne riporta le percentuali: tra tutti i pazienti che
sospendono l’uso di Lac, il 73% negli Stati Uniti e il
52% in Gran Bretagna sono dovuti proprio a sintomatologia da discomfort, e in Germania addirittura il
30% lo fa nell’arco del primo anno. Tra questi, un notevole numero di portatori (circa 30-50%) interrompe
l’uso per un periodo, e almeno la metà lo protrae per
2 anni o più (Pult et al., 2009).
I principali sintomi descritti sono bruciore, sensazione
di corpo estraneo, prurito, fastidio, irritazione, talvolta anche dolore, ovvero sintomi riscontrabili nella sindrome da occhio secco da lenti a contatto, chiamata
anche CLIDE (Contact Lens-Induced Dry Eye). Riuscire a prevedere se il paziente può essere affetto da
CLIDE e selezionare le Lac appropriate porterebbe a
un aumento del comfort, andando così a ridurre il numero dei “drop-out”. Per diagnosticare il dry eye sono
impiegati svariati test clinici e questionari convalidati
per l’interpretazione e la descrizione soggettiva riferita
dal paziente. Nonostante l’ampia batteria di test a disposizione, lo staining della superficie oculare rimane
il metodo clinicamente più conveniente per valutare
l’integrità dell’epitelio corneale e congiuntivale, poiché
40
| PROFESSIONAL OPTOMETRY | FEBBRAIO 2013
mette in evidenza le cellule danneggiate e le relative
tight junctions (Korb, 2002).
Ed è proprio grazie allo staining prodotto dai coloranti
che, nei primi anni del duemila, fu scoperto un possibile ulteriore indicatore utile alla diagnosi dell’occhio
secco: la lid wiper epitheliopathy. Questo termine anglosassone definisce una epiteliopatia che coinvolge
la zona più esterna della congiuntiva marginale della
palpebra superiore, definita appunto con il termine inglese “lid wiper”, letteralmente palpebra tergicristallo. Gli studiosi hanno scelto di usare questo termine
tanto comune quanto appropriato, nel definire quella
funzione di “spazzolamento” operato dalla palpebra
superiore nei confronti della superficie oculare, durante l’atto dell’ammiccamento (Korb et al., 2002; Korb
et al., 2005). Tale sindrome può colpire sia i portatori
di lenti a contatto, sia i non portatori, sia i sintomatici, sia gli asintomatici.
Scopo del mio elaborato è l’analisi approfondita (relativamente alla letteratura reperita) dell’epiteliopatia del lid wiper, per potere capire se l’individuazione
della LWE possa essere un test clinico per la sindrome dell’occhio secco. Per consentire al lettore di comprendere al meglio la patologia descritta, ritengo utile
introdurre l’argomento con una breve trattazione riguardante l’anatomia e l’istologia della struttura interessata, ossia il margine palpebrale, seguita da una
spiegazione sugli agenti di colorazione e il loro utilizzo. Tratterò, poi, la lid wiper epitheliopathy, analizzandone le cause, anche in relazione all’uso di lenti a
contatto, osservando la correlazione con la presenza
di pieghe congiuntivali sulla congiuntiva bulbare, e
dando, infine, qualche indicazione per il trattamento.
professional
Fig. 1. Margine palpebrale in eversione in cui è possibile
notare la varie zone che ne fanno parte.
A
B
Fig. 2.
A) Disegno del margine palpebrale in sezione, con
particolare riferimento al bordo interno.
B) Disegno della palpebra superiore rovesciata per
consentire un’osservazione migliore della localizzazione
della LWE.
42
| PROFESSIONAL OPTOMETRY | FEBBRAIO 2013
ANATOMIA e ISTOLOGIA del MARGINE
PALPEBRALE
Il margine palpebrale (Fig. 1), ossia tutta l’estremità della
palpebra, rappresenta una struttura di notevole importanza per il mantenimento della stabilità delle lacrime.
Ad ogni ammiccamento distribuisce e riforma il sottile
strato lacrimale preoculare, il quale a sua volta aiuta a
preservare l’integrità e la salute della superficie oculare,
oltre a garantire un’interfaccia tessuto-aria otticamente
perfetta (Knop et al, 2011). Tuttavia, come già suggerì
Ehlers nel 1965, non tutto il margine contribuisce alla
distribuzione del film lacrimale, bensì solo una piccola area del bordo interno della palpebra che si trova a
stretto contatto con il globo oculare: il lid wiper (Ehlers,
1965) (Fig. 2). Infatti, è proprio solo questa parte che
“sfrega” contro la superficie oculare durante l’apertura
e la chiusura dell’occhio, mentre la restante congiuntiva
tarsale è separata dalla superficie oculare da uno spazio conosciuto come spazio di Kessing (Kessing, 1967).
Nel 1877 Sattler e nel 1910 Virchow, osservarono un
ispessimento epiteliale in corrispondenza del margine
palpebrale, ma fu solo nel 1965 che si scoprì la funzione di questo ispessimento: Ehlers lo paragonò a una
sorta di tergicristallo utile alla diffusione delle lacrime.
COLORAZIONI VITALI
Per mettere in evidenza la LWE il contattologo si avvale
dell’uso di coloranti vitali, ossia sostanze in grado di colorare o tingere il film lacrimale o parte dei tessuti organici
in vivo. In lingua inglese si parla di agenti di staining: tale
vocabolo significa, infatti, “colorazione, tintura” secondo la traduzione data dal dizionario. Secondo Marx la
terminologia vital staining, introdotta per la prima volta
da Herlich, definisce “la colorazione di una cellula con
una sostanza disciolta, in modo da poterla distinguere
dalle altre, che non sono colorabili” (Pult et al., 2010). I
coloranti vitali utilizzati per mettere in evidenza il LWE
sono essenzialmente due: la fluoresceina sodica e il verde di lissamina. Entrambe sono sostanze relativamente
non invasive, efficienti ed economiche. La fluoresceina
sodica è il primo colorante per la cornea ma nello stesso
tempo risulta essere adeguato anche per la congiuntiva;
il verde di lissamina mostra principalmente lo staining
congiuntivale, mentre mostra scarsa rilevazione dello staining corneale (Korb et al., 2008). Nonostante la buona
professional
efficacia di entrambi i coloranti, Norn notò che per mettere maggiormente in evidenza la LWE è bene usare una
miscela data dal 2% di fluoresceina unita all’1% di verde
di lissamina (Korb et al., 2008).
LID WIPER EPITHELIOPATHY
Evidenziazione e osservazione
Come anticipato appena sopra, la combinazione, data
da uguali volumi di 2% di fluoresceina e 1% di verde
di lissamina, viene utilizzata per evidenziare la patologia epiteliale del lid wiper (Fig. 3).
Fig. 3. Larghezza zona di staining della LWE.
Secondo gli studi di Knop, infatti, questa miscela andrebbe a colorare piccole alterazioni del lid wiper, che consistono in spazi ristretti e fori tra le cellule epiteliali superficiali (Knop et al., 2011). La tecnica ottimale prevede di
instillare per due volte nel sacco congiuntivale di entrambi
gli occhi una quantità pari a 40 µL, aspettando 5 minuti
tra la prima instillazione e la seconda, e raccomandando
al paziente di non toccare o strofinare gli occhi durante
questo intervallo di tempo (Korb et al., 2010). Dopo un
minuto dalla seconda instillazione, si effettua l’eversione
palpebrale, avendo cura di evitare il contatto con la regione del lid wiper (Korb et al., 2002; Korb et al., 2005):
la LWE appare come una larga striscia diffusa di colore
verde, adiacente al margine palpebrale (Fig. 4).
Fig. 4. LWE evidenziata con verde di lissamina: altezza sagittale
di grado 1; lunghezza orizzontale di grado 3. Mediando i 2 valori,
complessivamente la valutazione della gravità è di grado 2.
44
| PROFESSIONAL OPTOMETRY | FEBBRAIO 2013
L’esame della colorazione della congiuntiva marginale
viene eseguito al biomicroscopio della lampada a fessura con un ingrandimento di 16X.
Il contattologo analizza sia la lunghezza, dal puntino
lacrimale superiore al canto esterno, sia l’altezza sagittale, ovvero la larghezza, dalla linea di Marx alle
pieghe sottotarsali. Infatti, secondo la classificazione
di Korb è su questi due parametri che si basa la valutazione sia dello staining fluoresceinico sia di quello
causato dal verde di lissamina (si sceglie di considerare il colorante che ha tinto maggiormente l’epitelio).
Per ogni parametro si ha una scala di gradazione che
va dal grado 0 al grado 3:
Lunghezza orizzontale dello staining
GRADO
< 2 mm
0
2 - 4 mm
1
5 - 9 mm
2
> 10 mm
3
Altezza sagittale (larghezza)
dello staining grado
GRADO
< 25% della larghezza del lid wiper
0
25 - 49% della larghezza del lid wiper
1
50 - 74% della larghezza del lid wiper
2
> 75% della larghezza del lid wiper
3
Mediando questi due, si ottiene la valutazione finale
dell’estensione e della gravità dell’alterazione epiteliale
del lid wiper, la quale va, anche in questo caso, dal grado
0 al grado 3 (Fig. 5 - Korb et al., 2002; Korb et al., 2005).
Fig. 5. Disegno schematico raffigurante la scala di gradazione per
la valutazione del LWE.
professional
È molto importante fare attenzione a distinguere la LWE
dallo staining del verde di lissamina della linea di
Marx, molto prossima al lid wiper (Fig. 6 - Korb et
al, 2002; Korb et al, 2005). Tale distinzione è spiegata tramite la descrizione di Norn, il quale descrisse
la linea di Marx come “la linea che scorre lungo il
margine palpebrale in relazione alla localizzazione
del menisco lacrimale appena dietro agli orifizi delle
ghiandole di Meibomio” e che “forma un’impronta,
come se fosse data dal flusso lacrimale continuo”
(Norn, 1992).
La linea di Marx si trova, infatti, in corrispondenza della giunzione mucocutanea, e forma una striscia di lipidi che, essendo idrofoba, impedisce alle
lacrime di fuoriuscire dalla superficie oculare e di
bagnare la cute palpebrale.
A
B
Fig. 6. Linea di Marx
(A) versus Lid wiper epitheliopathy
(B) è chiaramente visibile la differenza di spessore tra le due
Eziologia
L’epiteliopatia del lid wiper ha iniziato ad attirare
l’interesse degli studiosi dal 2002, quando Korb per
la prima volta ne studiò l’incidenza tra gli abituali
46
| PROFESSIONAL OPTOMETRY | FEBBRAIO 2013
portatori di lenti a contatto: l’80% tra i sintomatici, ossia tra quelli che riferivano sintomi di secchezza oculare, e il 13% tra gli asintomatici riportava staining da LWE (Korb et al., 2002). Grazie a
quest’indagine Korb osservò una correlazione con
la problematica dell’occhio secco e dopo 3 anni
prese in esame pazienti non portatori: tra questi
riscontrò LWE nel 76% del gruppo dei sintomatici
e nel 12% del gruppo degli asintomatici, nonostante l’assenza di segni clinici tipici della sindrome da
occhio secco (Korb et al., 2005).
Infine, tra i soggetti affetti da occhio secco e aventi sia sintomi che segni, emerse che l’epiteliopatia
è presente nell’88%, mentre nel gruppo controllo degli asintomatici è solo nel 16% (Korb et al.,
2010). Come si evince dagli studi precedentemente
citati, la LWE si riscontra in soggetti, portatori e
non portatori di lenti a contatto, e che riferiscono
o non riferiscono sintomi di secchezza oculare, anche in assenza di segni clinici, quali staining corneale, ridotto tempo di rottura del film lacrimale
(BUT), menisco lacrimale insufficiente e bassi valori al test di Schirmer.
La percentuale più elevata si riscontra tra i soggetti
aventi sia sintomi che segni, ma nel caso in cui non
siano presenti condizioni osservabili la sindrome
è presente 6 volte di più tra i soggetti sintomatici,
definendo così la LWE come “l’enigma dei pazienti
sintomatici con assenza di segni evidenti” (Korb et
al., 2005). Dallo studio di Korb del 2005, vengono
stilate varie possibili cause scatenanti la patologia
epiteliale del lid wiper:
• disordini della copertura di protezione aderente all’epitelio del lid wiper
• disordini dell’ammiccamento, ad esempio blefarospasmo
• anomalie della superficie oculare che portano
a un eccessivo trauma del lid wiper
condizioni che portano a infiammazione del lid wiper.
Oltre a queste, la più comune del danneggiamento del tessuto epiteliale del lid wiper risulta essere l’inadeguata lubrificazione tra il lid wiper e la
superficie oculare (congiuntivale e corneale), la
quale va a compromettere la separazione richiesta tra le due superfici necessaria a consentire il
libero scorrimento della palpebra durante l’ammiccamento (Fig. 7).
Fisiologicamente, per mantenere la salute oculare,
sarà richiesto uno strato lubrificante spesso tra le
superfici in questione; invece, una condizione di
secchezza oculare comporta uno strato di lubrificazione sottile.
professional
Fig. 7. Tra la superficie corneale e quella del lid wiper
possono esistere due diversi tipi di condizione: uno dato
da uno strato di lubrificazione più sottile, spesso solo
poche molecole, mentre un altro il cui film lubrificante
è di maggiore spessore, per mantenere la pressione
idrodinamica del fluido lubrificante adeguata a sostenere
il peso e la forza della superficie mobile (il Lid Wiper - Holly
et al., 1994).
Dalle ricerche effettuate, emerge che la diminuzione della lubrificazione avviene essenzialmente
in seguito a diminuzione del volume del film lacrimale, che fornisce uno strato lacrimale insufficiente a separare i due tessuti. La problematica
è, in particolare, a carico dello strato più interno
del liquido lacrimale, poichè sembra sia dovuto a
un’insufficienza dello strato mucinico o un’alterazione della composizione delle mucine che lo
costituiscono (Korb et al., 2005). A conferma di
quest’ultima affermazione, grazie a uno studio sullo strato mucinico di 50 pazienti portatori di Lac,
Berry notò che la diminuzione del livello mucinico
era in relazione con l’aumento della gravità della
LWE (Berry et al., 2008).
Lo strato mucinico è lo strato più interno del film
lacrimale, quello a contatto con l’epitelio della cornea e della congiuntiva. La mucina, secreta principalmente dalle cellule caliciformi, ricopre diverse
funzioni: serve a mantenere un normale strato di
idratazione della superficie oculare, rendendo bagnabile la cornea che è idrofoba; ha un ruolo protettivo, intrappolando ogni corpo estraneo nella sua
struttura reticolare; svolge un’importante funzione
di lubrificazione, consentendo così ai margini palpebrali e alla congiuntiva palpebrale di scivolare
con minima energia e senza attriti durante l’ammiccamento e i movimenti oculari (Rossetti, 2003).
Uno strato mucinico insufficiente o alterato e, quindi, uno strato di lubrificazione insufficiente andrà
a impedire lo scivolamento della palpebra sulla
superficie anteriore della lente o sulla superficie
48
| PROFESSIONAL OPTOMETRY | FEBBRAIO 2013
corneale durante l’apertura e la chiusura. Infatti,
come ovvia conseguenza, aumenterà il coefficiente di attrito tra le due superfici, cosicché la forza esercitata dalla palpebra durante il movimento
provocherà un deterioramento delle cellule epiteliali (Korb et al., 2005; Korb et al., 2010). Inoltre, considerando che la pressione della palpebra
sulla superficie oculare durante l’ammiccamento
è di 8.0 ± 3.4 mm Hg (Shaw et al., 2010), e che il
numero degli ammiccamenti al minuto si aggira
intorno ai 10-20 (Doughty, 2001), per un totale di
10000-15000 volte al giorno, in presenza di un’inadeguata superficie lubrificata il lid wiper è costantemente suscettibile a trauma meccanico (Korb et
al., 2005). Ad ogni ammiccamento, le cellule epiteliali del lid wiper saranno, dunque, sottoposte a
microtrauma e andranno incontro a un fenomeno
di degenerazione e a una reazione infiammatoria;
saranno proprio queste cellule ad “assorbire” la
miscela di colorante instillata per l’individuazione della patologia.
L’insorgenza di una eventuale reazione infiammatoria è confermata dallo studio di Pult, in cui si
riscontra la presenza di iperemia in associazione a
staining, più o meno marcato, del lid wiper (Pult et
al., 2008). L’iperemia si verifica, infatti, come visibile risposta a infiammazione, irritazione e malattie
sistemiche, e risulta da un aumento della quantità
di sangue nella sclera, nella congiuntiva bulbare e
nei vasi limbari.
LWE e lente a contatto
L’epiteliopatia che colpisce il margine superiore
della congiuntiva palpebrale non solo colpisce i
non portatori di lenti a contatto, ma al contrario
interessa in particolar modo i portatori di lenti a
contatto morbide. Korb, infatti, nella sua prima
indagine, trovò una correlazione con la secchezza
oculare proprio grazie allo studio di un gruppo di
portatori di lenti a contatto morbide, in cui registrò un elevata incidenza (Korb et al., 2002). Ciò
fu confermato in seguito da Pult, il quale, andando
per la prima volta a monitorare la LWE in nuovi
portatori di Lac, registrò un aumento significativo, ma comunque all’interno di un livello clinicamente accettabile, durante il periodo iniziale di
adattamento (Pult et al., 2009).
Dal momento che la causa del LWE è dovuta alla
cattiva interazione della palpebra superiore con la
superficie oculare, ponendo una lente a contatto
sarà la superficie di quest’ultima ad essere responsabile dell’interazione con l’epitelio del lid wiper,
professional
anche se idealmente la lente a contatto, una volta
applicata, si colloca fra lo strato lipidico e lo strato mucinico del film lacrimale, restando, quindi,
immersa nello strato acquoso e creando un film
lacrimale pre-lente (strato lipidico ed acquoso)
ed uno strato post-lente (acquoso e mucinico). La
“colpa” può essere attribuibile ai materiali, i quali,
in alcuni casi, possono rendere la superficie della
lente poco lubrificata e rigida, provocando quindi un certo attrito con la palpebra, che, in seguito
al continuo ammiccamento, si riflette appunto in
una degenerazione delle cellule del lid wiper. Infatti, è probabile che il valore di lubrificazione in
primis, la bagnabilità e il modulo di elasticità, i
quali dipendono direttamente dal materiale delle
lenti, siano coinvolti nella formazione di lid wiper
epitheliopathy. Tuttavia, ad oggi non sono state effettuate ricerche che mettano in relazione determinati materiali e incidenza di LWE. Variookity
e i suoi collaboratori si limitarono a studiarne la
presenza tra i portatori di lenti in silicone idrogel,
trovando che 4 soggetti su 38 riportavano staining
del lid wiper (Varikooty et al., 2008).
Trattamento
La causa più probabile di LWE, come precedentemente visto, è una disfunzione o una combinazione
di disfunzioni che compromette il film lacrimale, risultando così in un’alterazione della lubrificazione
tra l’epitelio del lid wiper e la superficie oculare, sia
corneale che congiuntivale.
Per ovvi motivi, il trattamento ideale mira a ristabilire un’adeguata lubrificazione, attraverso il ripristino di un normale film lacrimale.
Per risolvere problematiche di lubrificazione inadeguata è consigliata una cura palliativa, che prevede
l’uso di sostituti lacrimali, al fine di aumentare il
comfort e ridurre eventuali fastidi. Non solo: nello
stesso tempo svolgono una funzione di protezione
nei confronti dell’epitelio danneggiato, così da creare un micro-clima adatto che favorisca la riparazione ed eviti ulteriori danneggiamenti. Si consiglia,
quindi, al paziente l’uso intensivo di lacrime artificiali durante le ore di veglia e pomate oftalmiche al
momento di coricarsi. É stato dimostrato che tale
trattamento fornisce sollievo dai sintomi, riduzione
della LWE e, in alcuni casi, risoluzione della stessa;
tuttavia, se il trattamento viene ridotto o interrotto la sindrome può recidivare (Korb et al., 2010).
Le lacrime artificiali, primo sistema di gestione per
le anomalie del film lacrimale, sono instillate per
coadiuvare l’effetto umidificante delle lacrime. Si
50
| PROFESSIONAL OPTOMETRY | FEBBRAIO 2013
tratta di colliri con formulazione simile alla composizione delle lacrime, essenzialmente costituiti da
fisiologica con sali minerali disciolti; normalmente
sono al 0,9% di NaCl e KCl tamponata a pH 7,28,0 (pH del film lacrimale: 6,8-7,4) e hanno una viscosità di 9 mPs (millipois) (viscosità lacrime naturali: 4mPs). Le pomate hanno la medesima utilità,
con il vantaggio di rimanere più a lungo a contatto
con i tessuti oculari e quindi di consentire una più
prolungata azione del farmaco, anche se il soggetto accusa, per un periodo più o meno prolungato,
un annebbiamento della visione indotto dal sottile
strato epicorneale della pomata stessa.
Qualora il paziente si lamentasse di sintomi significativi, la cura con i lubrificanti può essere accompagnato per un breve periodo iniziale, da 2 a 4 settimane,
dall’uso di corticosteroidi, ossia farmaci antinfiammatori che a quanto pare, accelerano il trattamento
riducendo l’infiammazione associata all’epiteliopatia del lid wiper ed, eventualmente, della superficie
oculare (Herman et al., 2005).
Inoltre, per la buona riuscita del trattamento, è obbligatorio migliorare lo stato funzionale della ghiandole di Meibomio, le quali spesso rappresentano un
fattore importante nell’eziologia del LWE. Le ghiandole di Meibomio sono deputate alla secrezione di
lipidi: dal momento che gli strati lipidici sottili sono
associati con occhio secco, Korb e Blackie trovano
una correlazione tra questi e il LWE sostenendo
che la diminuzione dello spessore dello stato lipidico diminuisce la lubrificazione, con conseguente
maggiore prevalenza di LWE (Korb et al., 2008).
La disfunzione o l’ostruzione delle ghiandole di Meibomio, con conseguente alterazione della loro attività secretive, può essere risolta mediante spremitura
delle ghiandole con leggera pressione e massaggio
con un panno.
CONLUSIONE
La sindrome da occhio secco rappresenta un disturbo di frequente osservazione, con un’incidenza aumentata significativamente negli ultimi anni,
specie nei soggetti che usano il videoterminale,
vivono in ambienti con aria secca o condizionata, oppure in luoghi inquinati da smog o fumo di
sigaretta, hanno un’età avanzata, ricorrono a farmaci o hanno uno scarso apporto di vitamina A.
Step necessario, sia durante la fase applicativa che
nei controlli di feed-back, è lo studio accurato delle caratteristiche del film lacrimale ed il controllo del mantenimento di superfici oculari integre.
La batteria di test usata nella pratica clinica di
professional
routine ha lo scopo di valutare lo stato di salute del
film lacrimale servendosi di metodi quantitativi, che
permettono di valutare la quantità di secrezione, e
test qualitativi, che valutano la funzionabilità e la
stabilità del film. Nonostante la loro buona capacità diagnostica, sono tutti proiettati verso lo studio del liquido lacrimale. Lo staining del lid wiper
valuta, invece, l’effetto dello strato lacrimale sulla
palpebra superiore; infatti, andando a valutare l’interazione tra la palpebra superiore e la superficie
oculare sottostante, evidenzia la presenza di secchezza oculare, anche in assenza di segni clinici e
sintomi. Risulta essere, quindi, un “prezioso indicatore” di occhio secco, ma difficilmente un solo
test sarà in grado di darci una valutazione corretta
ed esauriente della problematica. Il suo uso risulta
essere notevolmente più efficace se affiancato a un
questionario, che ci aiuta a considerare eventuali
sintomi non riportati spontaneamente dal paziente nell’anamnesi iniziale.
Per quanto riguarda la tempistica e la praticità, è
bene sottolineare che l’individuazione della LWE
ha svariati vantaggi: è un test veloce e di facile
esecuzione, è poco invasivo, non richiede l’uso di
strumentazione supplementare ed è visibile immediatamente dopo la rimozione delle lenti.
Grazie alle sue caratteristiche, sia pratiche che diagnostiche, questo test può trovare largo impiego
sia nei vecchi portatori che nei nuovi portatori, al
fine di evitare successivo discomfort e/o drop-out.
Infatti, la presenza o meno di staining del lid wiper, potrebbe indirizzare il contattologo nella scelta del materiale e, quindi, della lente più adeguata:
considerando che la presenza di LWE è correlata
a problemi di lubrificazione, se il paziente risulta positivo al test sarà opportuno prescrivere una
lente che permetta alla palpebra un buon scivolamento sopra la superficie anteriore della lente, di
conseguenza lenti con un basso coefficiente di attrito (elevata lubrificazione).
Per quanto riguarda i vecchi portatori, invece, il
test del lid wiper diventa un valido strumento nelle
valutazioni successive all’applicazione e nel monitoraggio della lente, sia nel caso di pazienti che non
lamentano alcun sintomo sia nel caso di pazienti
che riferiscono sintomi quali bruciore, fastidio,
sensazione di sabbia, appannamenti, ma che non
mostrano segni clinici tipici della sindrome di occhio secco; nel caso in cui si osservi lid wiper epitheliopathy può essere consigliato l’uso di sostituti
lacrimali ad azione lubrificante, che diminuiscano
il coefficiente d’attrito e migliorino la bagnabilità,
al fine di favorire lo scivolamento palpebrale sulla
superficie sottostante.
52
| PROFESSIONAL OPTOMETRY | FEBBRAIO 2013
BIBLIOGRAFIA
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Begley C.G., Ashman M.C., Wring A.R., Malinovky
V.E.: Comparison of rose bengal and lissamine green
conjunctival staining in dry eye patient: Optometry
and Vision Science: 1998: 75(12): pp 62
Berry M., Pult H., Purslow P.J.: Mucin and ocular sign
in symptomatic and asymptomatic contact lens wear: Optometry and Vision Science: Oct 2008: 85(10):
pp 930-038
Bron A.J., Evans V.E., Smith J.A.: Grading of corneal
and conjunctival staining in the contest of dry eye test:
Cornea: Oct 2003: 22(7): pp 640-650
Bucci M.C.: Oftalmologia in: Congiuntiva: Roma, Italia: Società Editrice Universo: 1993 (ristampa 2005):
pp 107-136
Dews: The definition and classification of dry eye disease: report of the Definition and Classification Subcommittee of the International Dry Eye WorkShop:
Ocular Surface: Apr 2007: 5(2): pp 75-92
Dews: Epidemiologia della malattia dell’Occhio Secco in: Rapporto del Sottocomitato Epidemiologia del
Workshop Internazionale dell’Occhio Secco: 2007
Donald C., Hamilton L., Doughty M.J.: A quantitative assessment of the location and width of Marx’s line
along the marginal zone of the human eyelid: Optometry and Vision Science: 2003: 80: pp 564-572
Doughty M.J.: Consideration of three types of spontaneous eye blink in normal humans: during reading
and video display terminal use, in primary gaze, and
while in conversation: Optometry and Vision Science:
2001: 78(10): pp 712-725
Ehlers N.: The precorneal tera film-biomicroscopical,
histological and chemical investigations: Acta Ophtalmologica: 1965: 81: pp 67-75
Efron N.: Conjunctival Staining in: Contact Lens Complications: 2nd ed. London, UK: Butterworth-Heimann: 2004: pp 62-68
Feenstra R.P.G., Tseng S.C.G.: Comparison of fluorescein and rose bengal staining: Ophtalmology: 1992:
99: pp 605-617
Harmah P., Alipour F., Jiang S., Sohn, Foulks G.N.:
Optimizing evaluation of lissamine green parameters
for ocular surface staining: Eye: Aug 2011: pp 1-6
Herman J.P., Korb D.R., Greiner J.V.: Treatment of
lid wiper epitheliopathy with a metastable lipid emulsion or corticosteroid: Investigate Opthalmology Visual Science: 2005: 46: Abstract
Höh H., Schirra F., Kienecker C., Ruprecht K.W.: Lid
parallel conjunctival folds are a sure diagnostic sign of
dry eye: Ophtalmologe: 1995: 92: pp 802-808
Holly F.J., Holly T.F.: Advances in ocular tribology: in:
Lacrimal Gland, Tear Film, and Dry Eye Sindromes: 2nd
ed. New York, USA: Plenum Press: 1994: pp 275-283
Jones M., Fulford G., Please C., McElwain D.L.S.,Collins
M.J.: Elastohydrodynamics of the eyelid wiper: Bulletin
of the Mathematical Biology: 2008: 70(2): pp 323-343
Kessing S.V.: A new division of the conjunctiva on
the basis of x-ray examination: Acta Ophtalmologica:
1967: 45: pp 680-683
Kim J.: The use of vital dyes in corneal disease: Current
Opinion in Ophthalmology: 2000: 11(4): pp 241-247
Kim J., Folks G.N.: Evalutation of the effect of lissamine green and rose bengal on human corneal epithelial
cells: Cornea: May 1999: 18(3): pp 328-332
professional
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
54
Korb D.R.: The Tear Film – its role today and in the
future: in The Tear Film: Structure, Function and clinical Examination: Oxford, UK: Butterworth-Heinemann: 2002: pp126–192
Korb D.R., Blackie C.A.: Meibomian gland diagnostic
expressibility correlation with dry eye symptoms and
gland location: Cornea: Dec 2008: 27(10): pp 1142-1147
Korb D.R., Greiner J.V., Hermann J.P., Hebert E.,
Finnemore V.M., Exford J.M., Glonek T., Olson M.C.:
Lid-wiper epitheliopathy and dry eye symptoms in
contact lens wearers: CLAO Journal: Oct 2002: 28(4):
pp 211-216
Korb D.R., Hermann J.P.: Corneal staining subsequent
to sequential fluorescein instillations: Journal of the
American Optometric Association: Mar 1979: 50(3):
pp 361-367
Korb D.R., Hermann J.P., Blackie C.A., Scaffidi R.C.,
Greiner J.V., Exford J.M., Finnemore V.M.: Prevalence
of lid wiper epitheliopathy in subject with dry eye signs
and symptoms: Cornea: Apr 2010: 29(4): pp 377-383
Korb D.R., Hermann J.P., Finnemore V.M., Exford J.M.,
Blackie C.A.: An evaluation of fluorescein, rose bengal,
lissamine green, and a new mixture for ocular surface
staining: Eye Contact Lens: Jan 2008: 34(1): pp 61-64
Korb D.R., Hermann J.P., Greiner J.V., Scaffidi R.C.,
Finnemore V.M., Exford J.M., Blackie C.A., Douglass
T.: Lid-wiper epitheliopathy and dry eye symptoms:
Eye Contact Lens: Jan 2005: 31(1): pp 2-8
Knop E., Knop Nadia, Zhivov A., Kraak R., Korb D.R.,
Blackie C., Greiner J.V., Guthoff R.: The lid wiper
and muco-cutaneous junction anatomy of the human
eyelid margins: an in vivo confocal and histological
study: Journal of Anatomy: Jan 2011: 218: pp 449-461
Lemp M.A.: Report of the National Eye Institute/Industry workshop on clinical trials in dry eyes: CLAO
Journal: 1995: 21: pp 221–232
Machado L.M., Castro R.S., Fontes B.M.: Staining
patterns in dry eye syndrome: rose bengal versus lissamine green: Cornea: Aug 2009: 28(7): pp 732-734
Manning F, Wehrly S., Foulks G.: Patient tolerance
and ocular surface staining characteristics of lissamine
green versus rose bengal: Ophtalmology: Dec 1995:
102(12): pp 1953-1957
Mc Donnel C.: Lissamine green: Optician: Feb 2010:
pp 26-30
http://www.opticianonline.net/
Meller D., Tseng S.C.: Conjunctivochalasis: literature review and possible pathophysiology: Survey of
Ophthalmology: Nov-Dec 1998: 43 (3): pp 225–232
Midena E.: Cornea: in: Malattie dell’apparato visivo:
Padova, Italia: Cedam: 2006: pp 67-76
Norn M.S.: Vital staining of cornea and conjunctiva:
Acta Ophtalmologica: 1967: 45(3): pp 380-381
Norn M.S.: Lissamine green: vital staining of cornea
and conjunctiva: Acta Ophthalmologica: 1973: 51:
pp 483-491
O’goshi K, Serup J.: Safety of sodium fluorescein for
in vivo study of skin: Skin research and technology:
Official Journal of International Society for Biongineering and the Skin: 2006: 12: pp 155-161
Pult H.: The predictive ability of clinical test for dry
eye in contact lens wear: PhD Thesis. Wales, UK: Cardiff University: 2008
| PROFESSIONAL OPTOMETRY | FEBBRAIO 2013
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Pult H., Korb D.R., Blackie C.A., Knop E.: About
vital staining of the eye and eyelids. I. The anatomy,
physiology, and patology of the eyelid margins and the
lacrimal puncta. by E. Marx: Optometry and Vision
Science: Oct 2010: 87(10): pp 718-724
Pult H., Murphy P.J., Purslow C.: A novel method
to predict the dry eye symptoms in new contact lens
wearers: Optometry and Vision Science: Sep 2009:
86(9): pp 1042-1050
Pult H., Purslow C., Berry M., Murphy P.J.; Clinical
tests for successful contact lens wear: relationship and
predictive potential: Optometry and Vision Science:
Oct 2008: 85(10): pp 924-929
Pult H., Sickenberger W.: LIPCOF and contact lens
wearers: a new tool of forecast subjective dryness and
degree of comfort of contact lens wearers: Contactologia: 2000: 22: pp 74-79
Remington L.A.: Ocular adnexa and lacrimal system:
in: Clinical anatomy of the visual system: 2nd ed. Boston, USA: Elsevier Butterworth Heinemann: 2005:
pp153-176
Rossetti A., Gheller P.: Le lenti a contatto in: Manuale
di Optometria e contattologia: 2° ed. Bologna, Italia:
Zanichelli editore: 2003: pp 363-443
Rossetti A., Gheller P.: Struttura e funzioni del sistema
visivo in: Manuale di Optometria e contattologia: 2°
ed. Bologna, Italia: Zanichelli editore: 2003: pp 44-82
Salton S.: L’uso del verde di lissamina come metodo
d’indagine della superficie oculare nell’applicazione
delle lenti a contatto: 2011 (Tesi di Laurea, Università degli Studi di Padova)
Santodomingo-Rubido J.Wolffsohn J., Gilmartin B.:
Conjunctival epithelial flaps with 18 months of silicone hydrogel contact lens wear: Eye Contact Lens: Jan
2008: 34(1): pp 35-38
Shaw A.J., Collins M.J., Davis B.A., Carney L.G.: Eyelid pressure and contact with the ocular surface: Investigate Opthalmology and Visual Science: Apr 2010:
51(4): pp 1911-1917
Song A., Schmidlap B., Bradley A., et al: Filters for
enhanced viewing of conjunctival staining with rose
bengal, lissamine green and fluorescein: Optometry
and Vision Science: 1999: 76(suppl): pp 231
Thomas M.L., Szeto V.R., Gan C.M., Polse K.A.: Sequential staining the effects of sodium fluorescein, osmolarity, and pH on human corneal epithelium: Optometry and Vision Science: Apr 1997: 74(4): pp 207-210
Tseng S.C.G.: Evaluation of the ocular surface in dry
eye conditions: International Ophtalmology Clinics:
1994: 34(1): pp 57-69
Varikooty J., Srinivasan S., Jones L.: Atypical manifestation of upper lid margin staining in silicone hydrogel lens wearers with symptoms of dry eye: Contact
Lens and Anterior Eye: 2008: 31: pp 44-46
Vaughan D.G.: The contamination of fluorescein solutions: American Journal of Ophthalmology: Jan 1955:
39(1): pp 55-61
Ward K. W.: Superficial punctate fluorescein staining
of the ocular surface: Optometry and Vision Science
: Jan 2008: 85(1): pp 8-16
Watanabe A., Yokoi N., Kinoshita S,. Hino Y,. Tsuchihashi Y.: Clinicopathologic study of conjunctivochalasis: Cornea: Apr 2004: 23 (3): pp 294–298
Scarica

Lid-Wiper-Epitheliopathy_POfebbraio2013