SVILUPPO ECO-SOSTENIBILE
E WASTE MANAGEMENT:
PROSPETTIVE E MODELLI PER L’ITALIA
Interesse nazionale
Aprile 2014
A cura di REF-E
per Aspen Institute Italia
© Aspen Institute Italia
1. Introduzione
La Direttiva Quadro dell’Unione Europea del 20081 disegna una strategia chiara per la gestione dei
rifiuti, che pone la prevenzione, ossia la riduzione della quantità di rifiuti prodotti, come priorità,
seguita dal riutilizzo e recupero di materia. Il recupero energetico è posto in posizione superiore
rispetto alle operazioni di smaltimento, cui si dovrebbe ricorrere solo in via residuale.
Alla gerarchia, la normativa europea accompagna obiettivi specifici, in particolare per quanto
concerne la preparazione al recupero di materia e lo smaltimento in discarica della frazione
biodegradabile dei rifiuti.
Gli obiettivi in termini di prevenzione non sono quantificati, ma demandati a piani che ciascuno
Stato membro è tenuto a formulare.
Per il recupero di materia è previsto un obiettivo al 2020 di preparazione per il riutilizzo e
riciclaggio delle principali frazioni riciclabili, pari al 50% complessivamente in termini di peso dei
Rifiuti Solidi Urbani (RSU) e pari al 70% per i rifiuti che derivano da opere di costruzione e
demolizione2.
In riferimento alle operazioni di smaltimento in discarica, è prevista una progressiva riduzione del
conferimento di Rifiuti Urbani Biodegradabili (RUB) con una serie di obiettivi minimi intermedi di
riduzione percentuale rispetto ai livelli 1995 (-25% al 2006, -50% al 2009, -65% al 2016)3.
L’Italia si è data un obiettivo di riduzione dei RSU e dei rifiuti speciali non pericolosi per unità di
PIL del 5% al 2020, rispetto al valore 2010.
Il nostro Paese ha, inoltre, recepito pienamente gli obiettivi europei di recupero di materia al 20204,
e si appresta ad adattare coerentemente i target di raccolta differenziata già in vigore5.
Per quanto riguarda il conferimento in discarica, i target europei sono stati tradotti in soglie limite
di conferimento dei RUB pro-capite che decrescono nel tempo6.
I dati sulla gestione dei rifiuti negli Stati Membri dell’Unione Europea mettono in luce l’esistenza
di sistemi virtuosi, caratterizzati da alti tassi di recupero (di materia e di energia), e sistemi meno
maturi, in cui il ricorso allo smaltimento in discarica è ancora prevalente. In proposito, l’Italia si
classifica in posizione intermedia: esiste peraltro, nel nostro Paese, un divide abbastanza
pronunciato tra le regioni del Nord, per le quali si osservano modelli di gestione simili a quelli
degli Stati virtuosi del Nord Europa, e le regioni del Sud, che ritardano nel “risalire” la scala
gerarchica della gestione dei rifiuti.
1
Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga
alcune direttive (Direttiva Quadro sui Rifiuti). La gerarchia prevede il seguente ordine di attività: prevenzione;
preparazione per il riutilizzo; riciclaggio; recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; smaltimento.
2 Art. 11 della Direttiva Quadro sui Rifiuti.
3
Art. 5 Direttiva 1999/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999 relativa alle discariche di rifiuti.
4
L’articolo 181 Dlgs n. 152 del 3 aprile 2006, Norme in materia ambientale, modificato con Dlgs n. 205 del 3 dicembre
2010, Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre
2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, recepisce la Direttiva Quadro sui Rifiuti e fissa un obiettivo al 2020 di
preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di almeno il 50% dei rifiuti provenienti dai nuclei domestici (o flussi
assimilabili a questi ultimi).
5
Per l’Art. 205 del Dlgs 152/2006, che prevede obiettivi del 35% al 2006, 45% al 2008 e 65% al 2012, sono previste
modifiche in un Ddl collegato alla Legge di Stabilità 2014, presentato lo scorso 12 febbraio 2014: le modifiche avranno
l’effetto di traslare le scadenze per il raggiungimento dei tre target fino al 2020.
6
173 kg al 2008, 115 kg al 2011, 81 kg al 2018. Decreto Legislativo n. 36 del 13 gennaio 2003, Attuazione della direttiva
1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti". © Aspen Institute Italia | Interesse nazionale | Sviluppo eco-sostenibile e waste management: prospettive e modelli per l’Italia
2
L’obiettivo di questo studio è definire il possibile percorso della gestione dei rifiuti in Italia alla
luce dei suddetti obiettivi, con riferimento allo spazio di manovra che si apre oltre i livelli minimi
di recupero di materia, tra riciclaggio e recupero energetico. Ci si concentra perciò sul potenziale di
recupero energetico e, più in particolare di termovalorizzazione.
Il quadro entro cui dovranno essere prese le decisioni di policy è molto complesso, e le politiche
stesse sono in evoluzione. È opportuno che l’Italia replichi i modelli di gestione di maggiore
successo osservati in Europa? Questi stessi modelli sono in evoluzione? Esistono modelli
alternativi, altrettanto efficaci rispetto a quelli esistenti, che possono essere adottati dalle regioni
ritardatarie? Quali sono i fattori che incidono su domanda e offerta di termovalorizzazione, per
determinare un mix di gestione che comprenda in misure diverse il ricorso a questa forma di
recupero energetico? Qual è la domanda potenziale di termovalorizzazione nel medio-lungo
termine? La capacità esistente sarebbe sufficiente a soddisfarla?
Strumenti dell’analisi sono tre scenari disegnati ipotizzando risultati sensibilmente differenti in
termini di gestione di RSU e di rifiuti speciali

Scenario di convergenza di tutte le Regioni italiane con gli obiettivi UE

Scenario di compliance nazionale con gli obiettivi UE ma con performance regionali
diversificate

Scenario di ritardo strutturale nel perseguimento di una gestione virtuosa.
Il lavoro è articolato come segue. La sezione 2 illustra i principali indicatori di gestione dei rifiuti
per l’Italia e per le regioni. La sezione 3 presenta un confronto tra Stati membri della UE, e
considera il ruolo futuro della termovalorizzazione nei Paesi che hanno ridotto al minimo il ricorso
allo smaltimento in discarica. La sezione 4 illustra le principali forze che determinano la domanda
e l’offerta di termovalorizzazione. La sezione 5 presenta i risultati dell’analisi di scenario sulla
domanda potenziale di termovalorizzazione, posta a confronto con l’offerta attuale. La sezione 6
conclude mettendo in evidenza, per i tre diversi scenari, gli aspetti più critici affinché in Italia si
realizzi un modello di gestione efficiente, che possa tradursi in minori costi per l’utente finale.
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3
2. La gestione dei rifiuti in Italia: un Paese a più velocità
2.1 La produzione di rifiuti
La produzione di rifiuti in Italia è stata pari a circa 170 Mt nel 2010 (ISPRA)7 e ha registrato un lieve
incremento rispetto al 2009 senza, tuttavia, tornare ai valori pre-crisi. Il mix di produzione è
caratterizzato da una quota molto importante di rifiuti cosiddetti “speciali” (distinti in pericolosi e
non pericolosi), mentre i RSU costituiscono circa un quinto del totale. I paragrafi successivi
mostrano come questa produzione di rifiuti sia stata gestita a livello nazionale e regionale, ossia
destinata a recupero di materia, trattamento termico8 e smaltimento in discarica.
2.2 La gestione dei rifiuti speciali
I Rifiuti Speciali (RS) prodotti nel 2010 ammontavano a circa 138 Mt, di cui il 93% (circa 130 Mt)
sono Rifiuti Speciali Non Pericolosi (RSNP).
I RSNP rappresentano il 75% della produzione totale di rifiuti del Paese e sono originati, in
larghissima parte, dal settore delle costruzioni e delle demolizioni, dall’industria manifatturiera e
dai processi di trattamento dei rifiuti.
Nonostante l’elevato livello di recupero di materia, più di un quinto dei RSNP è smaltito in
discarica. Inoltre, solo il 2% dei RSNP (circa 2.6 Mt) è sottoposto a recupero di energia
(prevalentemente termovalorizzazione) (Figura 2.1).
Figura 2.1. Gestione Rifiuti Speciali Non Pericolosi in Italia, 2010
Recupero di materia
Trattamento termico
Smaltimento in discarica
22%
2%
76%
Fonte: elaborazioni REF-E su dati ISPRA
Nel 2010 le esportazioni di RSNP sono state pari a circa 5 Mt, mentre l’ammontare di RSNP
importati nello stesso anno è stato di circa 2.5 Mt9.
La maggior parte della produzione di RSNP è concentrata al Centro-Nord con Lombardia, Veneto,
Piemonte, Emilia Romagna e Toscana che assieme producono circa il 60% del totale dei RSNP del
7
Per i RSU sono disponibili dati aggiornati al 2012. Tuttavia, le statistiche sui RS si fermano al 2010.
Come si vedrà in seguito il trattamento termico se accompagnato da produzione di energia può essere classificato come
“recupero energetico” nel caso in cui l’efficienza di conversione superi le soglie minime previste dalla normativa europea
(cosiddetta “formula R1”). Al contrario, se non è prevista la produzione di energia o se l’impianto non raggiunge le
suddette soglie il trattamento termico è classificato come smaltimento.
9
Tra i flussi di rifiuti in entrata nel Paese nel 2010 si contano anche 1.3 Mt di Rifiuti Speciali Pericolosi (RSP).
8
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4
Paese. Queste regioni recuperano nel complesso circa il 70% dei RSNP prodotti in Italia, con la
Lombardia, il Piemonte e il Friuli Venezia Giulia che recuperano una quantità di RSNP superiore
alla propria produzione interna10.
2.3 La gestione dei Rifiuti Solidi Urbani
La produzione di RSU è scesa, nell’ultimo triennio, da 32 Mt (2010), a 31.4 Mt (2011), fino a
raggiungere 30 Mt (2012). Nonostante nell’ultimo decennio ci sia stato un calo significativo del
tasso di smaltimento in discarica, tale modalità di gestione è ancora quella prevalente e, nel 2011,
ha riguardato il 42% (circa 13 Mt) dei flussi di RSU. A recupero di materia sono avviati circa il 38%
dei RSU (circa 12 Mt), mentre il 17% (circa 5.2 Mt) è sottoposto a trattamento termico. I RSU
esportati ammontano a circa l’1% (311 kt) dei RSU prodotti. Questi ultimi, assieme alle perdite di
processo e ad altre forme marginali di gestione dei RSU, sono compresi nella categoria “altro”
(Figura 2.2). I RSU importati ammontano a circa 260 kt11.
Figura 2.2. Gestione dei Rifiuti Solidi Urbani in Italia, 2011
Recupero di materia
Trattamento termico
Smaltimento in discarica
Altro
3%
38%
42%
17%
Fonte: elaborazioni REF-E su dati ISPRA
Con riferimento ai risultati conseguiti dalle singole regioni italiane nella gestione dei Rifiuti Solidi
Urbani (RSU) il panorama si presenta alquanto eterogeneo (Figura 2.3).
10
Le tre regioni hanno recuperato rispettivamente il 103% (Lombardia), il 120% (Piemonte) e il 124% (Friuli Venezia
Giulia) del totale dei RSNP prodotti all’interno di ciascuna regione. Per la Lombardia, si stima che questa quota possa
corrispondere a circa 7.5 Mt.
11
Si tratta per circa l’85% di rifiuti di legno, in gran parte provenienti da Francia e Svizzera e destinati a utilizzo come
materia prima nell’industria del mobile.
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5
Figura 2.3. Gestione dei Rifiuti Solidi Urbani nelle regioni italiane, 2011
Smaltimento in discarica
Compostaggio
Riciclaggio
Sicilia
Calabria
Basilicata
Liguria
Puglia
Lazio
Umbria
Valle Aosta
Marche
Abruzzo
Molise
Toscana
Piemonte
Sardegna
Campania
Trentino AA
Emilia Romagna
Veneto
Friuli
Source: REF‐E elaboration
Lombardia
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Trattamento termico
Fonte: elaborazioni REF-E su dati ISPRA
Seguendo la gerarchia di gestione dei rifiuti introdotta dalla Direttiva Quadro e considerando le
norme nazionali di attuazione, i dati sulla raccolta differenziata mostrano che soltanto tre regioni
del Nord del Paese (Veneto, Trentino Alto Adige e Piemonte) hanno raggiunto livelli vicini agli
obiettivi di raccolta differenziata (RD) e recupero di materia, mentre al Sud/Isole soltanto la
Sardegna vanta risultati di gestione molto positivi12. Nel 2011, il livello di recupero di materia –
ossia riciclaggio e compostaggio – variava tra il 10% della Sicilia e il 61% del Veneto. I percorsi di
miglioramento delle regioni virtuose verso gli obiettivi sono abbastanza simili: si è passati da tassi
di RD compresi tra il 20% e il 25% nel 2000 a tassi compresi tra il 50% e il 60% nel 2011. Per quanto
concerne le regioni della zona Sud/Isole, le serie storiche mostrano un rapido progresso dei
risultati di raccolta/recupero in Campania a partire dal 2008, che segnala come le regioni in ritardo
possano sfruttare soluzioni gestionali ormai consolidate.
Il ricorso diffuso alla termovalorizzazione – con o senza recupero di energia – sembra una
caratteristica prevalente delle regioni del Nord, con Lombardia, Friuli Venezia Giulia ed Emilia
Romagna che presentano i livelli più elevati di ricorso a questa forma di gestione13. Parallelamente,
in regioni come la Valle d’Aosta, la Liguria, l’Umbria e l’Abruzzo non è presente alcun impianto di
termovalorizzazione.
La maggior parte delle regioni italiane non ha finora conseguito gli obiettivi nazionali di
contenimento del Rifiuto Urbano Biodegradabile (RUB) smaltito in discarica Nel 2011, soltanto 10
regioni su 20 hanno raggiunto il target 2008 (173 kg/anno per abitante), e soltanto 8 tra queste
ultime hanno conseguito l’obiettivo 2011 (115 kg/anno per abitante).
Alla luce delle considerazioni sinora presentate ed ispirandosi alla metodologia adottata
dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) nei suoi esercizi di benchmarking sulla gestione dei
rifiuti nei Paesi europei14, si è tentato di suddividere le regioni italiane con l’obiettivo di
identificare 3 gruppi che fossero il più possibilmente omogenei dal punto di vista delle
performance e modalità di gestione dei RSU.
12
ISPRA, Rapporto Rifiuti Urbani; 2013.
Il Molise rappresenta una vistosa eccezione: i livelli di termovalorizzazione in questa regione superano il 55% del
totale dei rifiuti gestiti.
14
AEA, The road from landfilling to recycling: common destination, different routes, 2007.
13
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6
1. Gruppo 1: raggruppa le regioni che hanno raggiunto alti livelli di recupero di materia e che
fanno elevato ricorso al trattamento termico, con tassi di smaltimento in discarica variabili ma
relativamente contenuti.
2. Gruppo 2: la gestione del RSU vede la compresenza di elevati livelli di recupero di materia con
alti tassi di smaltimento in discarica. La termovalorizzazione è l’anello debole della gestione
dei rifiuti in queste regioni. Con poche eccezioni, essa contribuisce ancora poco alla gestione
del RSU, o comunque non è ancora così diffusa come nelle regioni del gruppo 1.
3. Gruppo 3: i livelli di recupero di materia per queste regioni sono ancora molto limitati, mentre
massiccio è il ricorso allo smaltimento in discarica (90% in Sicilia). Per quanto riguarda la
termovalorizzazione, il gruppo 3 presenta i livelli in assoluto più bassi e comprende quelle
regioni nelle quali non è presente nemmeno un impianto.
I risultati della segmentazione appena illustrata sono presentati nella Tabella 2.1.
Tabella 2.1. Gruppi di regioni classificati secondo performance nella gestione dei RSU
Gruppo Regioni
Popolazione 2011 (n. abitanti)
RSU prodotti 2011 (kt)
RSU prodotti 2012 (kt)
1
Pi emonte, Lomba rdi a, Trenti no Al to Adi ge, Veneto, Fri ul i Venezi a Gi ul i a , Emi l i a Roma gna , Sa rdegna
ca 27 mi l i oni
14 100
13 432
2
Va l l e d'Aos ta, Tos ca na , Ma rche, Ca mpa nia
ca 11 mi l i oni 5 913
5 687
3
Li guri a , Umbri a , Lazi o, Abruzzo, Mol i s e, Pugl i a , Bas i l i ca ta , Ca l a bri a , Si ci l ia
ca 21 mi l i oni 11 373
10 844
Fonte: elaborazioni REF-E su dati ISPRA
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3. La gestione dei rifiuti solidi urbani nell’Unione Europea: un solo modello virtuoso?
Il numero di RSU prodotti nell’Unione Europea nel suo complesso (UE27) è stato pari a circa 255
Mt nel 2010 (circa 250 Mt nel 2011).
I risultati della gestione dei RSU negli Stati membri disegnano un quadro molto eterogeneo,
(Figura 3.1): accanto a sistemi virtuosi, che raggiungono livelli elevatissimi di recupero, esistono
gestioni in cui il ricorso allo smaltimento in discarica è ancora nettamente prevalente. La gerarchia
dei rifiuti non trova perciò applicazione con la stessa efficacia in tutti gli Stati membri.
Figura 3.1. Gestione dei RSU nell’EU-27, 2010
Discarica
Trattamento termico
Recupero di materia
Belgio
Germania
Olanda
Svezia
Danimarca
Austria
Lussemburgo
Francia
EU27
Finlandia
Italia
Regno Unito
Irlanda
Spagna
Slovenia
Portogallo
Repubblica Ceca
Ungheria
Estonia
Polonia
Slovacchia
Lituania
Cipro
Grecia
Lettonia
Malta
Bulgaria
Romania
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Fonte: Eurostat
Gli esercizi di benchmarking dell’AEA15 ed Eurostat16 permettono di identificare un gruppo di Stati
virtuosi, un gruppo di Stati in posizione intermedia, e uno di “ritardatari”. La gestione dei RSU in
Italia, osservata nel complesso, colloca il nostro Paese nel secondo dei tre gruppi (tale conclusione
è intuibile anche dalla Figura 3.1).
Ciò che risulta evidente dalle suddette analisi è che, almeno fino a oggi, tutti gli Stati che siano
riusciti a minimizzare il ricorso alle discariche (con tassi prossimi allo zero) abbiano impiegato sia
il recupero di materia, sia il recupero energetico, quest’ultimo principalmente attraverso il
trattamento termico dei rifiuti.
In particolare, gli Stati del centro e del nord dell’Europa (Belgio, Olanda, Germania, Danimarca,
Svezia e Norvegia) hanno sfruttato l’energia termica derivante dalla combustione dei rifiuti per
alimentare estesi sistemi di teleriscaldamento, soprattutto urbano, oltre che per la produzione di
energia elettrica.
A fronte di performance crescenti in termini di recupero di materia, i suddetti Paesi hanno iniziato
tuttavia a fare i conti con un eccesso di capacità di termovalorizzazione (Tabella 3.1). Almeno ove
le tariffe di incenerimento non sono regolate, l’eccesso di offerta ha comportato una diminuzione
15
16
Si veda nota 14.
Eurostat, Generation and treatment of municipal waste – Statistics in focus, 2011.
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dei prezzi per la termovalorizzazione: ne è risultata una maggiore pressione sul recupero di
materia il cui ricorso, al contrario, implica costi marginali crescenti, collegati a sistemi di raccolta e
trattamento sempre più complessi.
Con riferimento alla Germania, l’AEA sottolinea come i tassi di crescita negativi per il recupero di
materia osservati attorno al 2010 siano determinati proprio dal fenomeno appena spiegato17.
Tabella 3.1. Eccesso di capacità nei Paesi del Nord Europa, 2010
Stima Attuale capacità di Eccesso di Eccesso di Combustibile da termovalorizzazione capacità capacità Rifiuto disponibile (Mt)
(Mt)
(%)
(Mt)
Belgio
2.7
2.5
0.2
5%
Ol a nda
7.4
6.3
1.1
15%
Germa ni a
24.4
20.2
4.2
17%
Da ni ma rca
3.5
3
0.5
14%
Svezi a
5.2
4.6
0.6
12%
Norvegi a
1.8
1.5
0.3
16%
Totale
45
38.1
6.9
15%
Fonte: Tolvik, Prognos, Profu 2011
Il possibile problema di trade-off tra efficienza della gestione, intesa come selezione dell’opzione
più economica, e tutela dell’ambiente, ossia scelta di superamento dei livelli minimi di recupero di
materia fissati dalla normativa comunitaria è, almeno per il momento, evitato dai Paesi virtuosi
attraverso l’importazione di volumi di rifiuti da destinare alla termovalorizzazione sempre più
consistenti18.
I Paesi Bassi, ad esempio, hanno liberalizzato lo scambio transfrontaliero di rifiuti non pericolosi
destinati all’incenerimento nel 200719. I dati più recenti a disposizione segnalano una forte crescita
delle importazioni, da circa 144000 tonnellate nel 2010, a più di 350000 nel 201220. La Svezia, nel
2011, ha importato circa il 15% dei rifiuti complessivamente destinati a termovalorizzazione, ossia
circa 850000 tonnellate su 5.5 milioni21; nel Paese si prevede un incremento della capacità di
termovalorizzazione, con l’obiettivo di sostituire i combustibili fossili con rifiuti. La vicina
Norvegia persegue una politica molto simile, che condivide l’obiettivo di potenziamento del parco
di trattamento e generazione.
La Germania rappresenta il maggiore importatore di RSU indifferenziati destinati al trattamento
termico, in termini assoluti. Sul fronte interno, il Paese si è impegnato, già alla fine degli anni ’90, a
raggiungere l’obiettivo di recupero integrale dei rifiuti urbani (compresi i residui del trattamento)
entro il 2020. La legge tedesca di recepimento della Direttiva Quadro sui Rifiuti prevede l’entrata
in vigore di un obbligo di raccolta differenziata di tutta la frazione organica dei rifiuti a partire dal
2015: la norma avrà l’effetto di modificare il sistema di gestione a favore dell’infrastruttura di
riciclo e di digestione anaerobica abbinata a recupero di materia (compostaggio), e perciò dovrebbe
produrre una riduzione della “domanda interna” di termovalorizzazione.
I flussi transfrontalieri di rifiuti destinati alla termovalorizzazione sono, e presumibilmente
continueranno ad essere, determinati dalla complessa interazione di incentivi e disincentivi
17
AEA (EEA – European Environment Agency), Municipal waste management in Germany, 2013
Sebbene la normativa comunitaria sia disegnata con l’obiettivo generale di scoraggiare lo scambio di rifiuti tra Stati
membri, questo è possibile nel caso di materiali oggetto di recupero, che perciò hanno perso la qualifica di rifiuto, e nel
caso di rifiuti urbani indifferenziati destinati all’incenerimento in impianti con elevata efficienza di combustione (si veda
il concetto “R1” più avanti nel testo).
19
OECD, Waste Management Services – Background Paper, 2013.
20
Dutch Waste Management Association, Netherlands imports more waste, 2011
21
Reuters, Sweden turns trash into cash as EU seeks to curb dumping, 2012.
18
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9
introdotti dagli Stati membri, oltre che dalle scelte sul modello di regolazione economica della
gestione. In Germania, ad esempio, né la generazione di energia elettrica, né quella di energia
termica tramite combustione di RSU sono oggetto di incentivazione mentre, come sarà meglio
illustrato in seguito, in Italia vige un sistema di tariffe incentivanti di fatto “onnicomprensive”. In
Svezia, la tassazione energetica e quella del carbonio premiano il trattamento termico dei rifiuti
negli impianti di cogenerazione. La tassazione dello smaltimento in discarica è praticata in gran
parte degli Stati membri, ma i livelli variano significativamente da un ordinamento all’altro. Infine,
in alcuni Stati, come la Svezia, vige un sistema regolato di tariffazione attraverso tariffe al cancello,
mentre in altri, come i Paesi Bassi e la Germania, i prezzi della termovalorizzazione sono “liberi”.
Approfondimento – I modelli di gestione virtuosa dei rifiuti in Italia: il caso
della Regione Emilia Romagna
Le problematiche di ottimizzazione della capacità e di coerenza di incentivi e
disincentivi alle attività di trattamento dei RSU si presentano anche nelle regioni
italiane che hanno raggiunto i migliori livelli prestazionali.
L’Emilia Romagna ha recentemente aggiornato il suo Piano Regionale di Gestione dei
Rifiuti (PRGR) con orizzonte 2020, ponendosi ambiziosi obiettivi di prevenzione (tra il
20% e il 25% di decremento della produzione dei rifiuti rispetto ai livelli 2011),
recupero di materia (70% di RD e 65% di recupero delle principali frazioni riciclabili) e
pianificando i flussi di rifiuto indifferenziato residuo, al cui conferimento presso
impianti di Trattamento Meccanico Biologico (TMB), termovalorizzatori e discariche,
si applicano tariffe al cancello.
La Regione, che produce circa il 10% dei RSU nazionali, parte da un livello di recupero
di materia già elevato (52.9% di RD nel 2011 e 52% di recupero sul totale delle frazioni
riciclabili). Per quanto riguarda il recupero energetico, nel 2011 è stato avviato a
termovalorizzazione più del 25% dei RSU, mentre la quota destinata a digestione
anaerobica è stata molto più contenuta. Lo smaltimento in discarica nel 2011 è stato
pari a circa 500 kt.
In attuazione della normativa regionale, il PRGR seleziona la dotazione impiantistica
necessaria al trattamento dei rifiuti indifferenziati residui, nell’orizzonte temporale di
riferimento. Tale selezione è effettuata a valle di un’analisi del parco impianti che è
stata condotta combinando il criterio della prossimità del trattamento rispetto al luogo
di produzione con valutazioni circa le caratteristiche tecnologiche degli impianti,
l’efficienza logistica e funzionale dei flussi di rifiuti e gli eventuali impatti ambientali e
sanitari.
Secondo le previsioni della Regione, il conseguimento degli obiettivi di Piano
determinerà una progressiva riduzione dei fabbisogni di trattamento e smaltimento
dei rifiuti. Conseguentemente, è prevista nel PRGR una sostanziale riduzione della
capacità di TMB e del numero di discariche. Per quanto riguarda la
termovalorizzazione, il parco impianti non risulta sovradimensionato rispetto alla
quantità di rifiuti di produzione regionale: alla progressiva riduzione dei RSU
avviabili a termovalorizzazione corrisponderà il maggiore sfruttamento di Rifiuti
Speciali (RS) (Figura 3.2).
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10
Figura 3.2. RSU e RS a termovalorizzazione e relativa capacità autorizzata, 2013-2020
(kt/a)
Conferimenti RSU
Conferimenti RS
Capacità autorizzata RSU+RS
1300
1200
1100
1000
900
800
700
600
500
400
300
200
100
2013
2014
2015
2016
2017
2018
2019
2020
Fonte: PRGR Emilia Romagna
L’approccio “pianificato” permette alla Regione di puntare a elevati livelli di recupero
di materia, garantendo al contempo la saturazione dei propri impianti di
termovalorizzazione. Il rischio è quello di incorrere in errori di previsione, che
potrebbero determinare la necessità d’importanti e forse onerose correzioni in itinere.
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11
4. La domanda e l’offerta di termovalorizzazione: i fattori in gioco
La mappatura dei principali fattori che determinano la domanda e l’offerta di termovalorizzazione
in Italia è stata realizzata riconducendo le forze in gioco a tre macro gruppi (Figura 4.1).
Figura 4.1. Fattori che determinano la domanda e l’offerta di termovalorizzazione
Fattori
Politico‐regolatori Fattori
economici
DOMANDA e
OFFERTA di TERMOVALORIZZAZIONE
Fattori
ambientali e sociali Fonte: elaborazione REF-E

Fattori politico-regolatori: obiettivi e norme che hanno effetti diretti sulla domanda e
sull’offerta di termovalorizzazione

Fattori economici: driver che hanno effetti diretti sulla “concorrenza” tra modalità
alternative di gestione dei rifiuti, e conseguentemente sulle scelte di investimento. Gran
parte di questi fattori è comunque riconducibile, in ultima analisi, a decisioni di tipo
regolatorio.

Fattori ambientali e sociali: percezione dell’impatto ambientale delle diverse modalità di
gestione dei rifiuti, accettabilità dei progetti di investimento e problematiche connesse alle
attività illecite.
4.1 La gestione dei Rifiuti Solidi Urbani
I principali fattori politico-regolatori sono sintetizzabili come segue.

Modelli di governance: distribuzione delle competenze tra Stato, regioni e enti
disomogeneità dei modelli regionali, complessità dei processi decisionali.

Obiettivi nazionali e regionali di prevenzione dei rifiuti: decisioni sulla riduzione del
quantitativo di rifiuti in termini assoluti o in relazione agli indicatori di crescita
economica22.
locali,
22
Con il Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti adottato nell’ottobre 2013, l’Italia si è data i seguenti obiettivi
di prevenzione al 2020 rispetto ai valori registrati per il 2010:
 ridurre del 5% per unità di PIL la produzione di rifiuti urbani
 ridurre del 10% per unità di PIL la produzione di rifiuti speciali pericolosi
 ridurre del 5% per unità di PIL la produzione di rifiuti speciali non pericolosi
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12

Obiettivi nazionali e regionali di recupero di materia: decisioni sulle quantità e sulla qualità
della raccolta differenziata e della materia avviata a recupero.

Scelte di policy sulle diverse opzioni di waste to energy: termovalorizzazione, digestione
anaerobica per l’ottenimento di biogas o biometano e co-incenerimento di rifiuti in
cementifici e centrali termoelettriche.

Obiettivi di minimizzazione del ricorso allo smaltimento in discarica: decisioni attuative
dell’obiettivo posto dall’Unione Europea. Fissazione di limiti massimi al ricorso alle
discariche23, e/o tassazione sul conferimento del rifiuto in discarica24, e/o divieti di
smaltimento in discarica di tipologie particolari di rifiuti (i rifiuti non pretrattati, quelli con
un potere calorifico inferiore ad una certa soglia ecc.)25.

Divieto di smaltimento dei RSU non differenziati fuori regione26: aspetto chiave per le
decisioni di dimensionamento e localizzazione geografica delle infrastrutture di
trattamento rifiuti: il vincolo gioca a favore della realizzazione di impianti di taglia mediopiccola. In un contesto di libera circolazione dei RSU le scelte di dimensionamento sinora
condotte sarebbero probabilmente subottimali.

Efficienza energetica degli impianti di termovalorizzazione: la termovalorizzazione è
riconosciuta dall’Unione Europea come forma di recupero energetico, e quindi preferita
allo smaltimento, se essa soddisfa i requisiti di efficienza che la Direttiva Quadro sui Rifiuti
ha sintetizzato nella cosiddetta “formula R1”.

Gestione dei rifiuti attraverso lo strumento della legislazione di emergenza: ricorso
temporaneo a forme speciali di gestione straordinaria dei rifiuti tramite ordinanze, anche in
deroga alle disposizioni di legge vigenti. Il ricorso ripetuto a forme di gestione
straordinaria ha come rischio quello di deresponsabilizzare l’amministratore locale e può
rappresentare, di fatto, un ostacolo alla corretta implementazione di un sistema di gestione
ordinaria dei rifiuti.

Limiti alle emissioni inquinanti: la normativa europea prevede limiti specifici alle emissioni
prodotte dall’incenerimento e co-incenerimento dei rifiuti (ad esempio nei cementifici)27. I
primi sono più restrittivi dei secondi, che a loro volta sono più restrittivi di quelli degli
impianti che utilizzano solo combustibili fossili tradizionali.
Le Regioni sono chiamate a integrare la loro programmazione regionale con le indicazioni contenute nel piano nazionale.
23
È questo il caso dell’Italia. L’articolo 5 del Dlgs 36/2003 stabilisce che la quota di rifiuti biodegradabili smaltiti in
discarica dovrà scendere:
 al di sotto dei 173 kg/anno per abitante entro il 2008;
 al di sotto dei 115 kg/anno per abitante entro il 2011;
 al di sotto degli 81 kg/anno per abitante entro il 2018.
24
In Italia si tratta della cosiddetta “ecotassa”, ossia di un tributo speciale a favore delle regioni per il deposito in
discarica dei rifiuti solidi istituito dall’art. 3 della Legge n. 549 del 28 dicembre 1995, Misure di razionalizzazione della
finanza pubblica.
25
In Italia, l’obbligatorietà di un pre-trattamento adeguato prima del conferimento in discarica è stata chiarita dal
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del mare (MATT) nell’agosto del 2013, a seguito delle
osservazioni formulate dalla Commissione Europea circa la pratica vigente in Italia di sottoporre i rifiuti a sola
tritovagliatura prima dello smaltimento in discarica. Il divieto di invio a discarica di rifiuti con un potere calorifico
superiore ai 13,000 kJ/kg è previsto dal Dlgs 36/2003 ma l’attuazione di tale divieto è stata più volte rimandata. Con il
Decreto Legge n. 150 del 30 dicembre 2013 "Proroga di termini previsti da disposizioni legislative" l’attuazione del
divieto è stata rimandata al 31 dicembre 2014.
26
Le uniche eccezioni previste dalla normativa italiana riguardano eventuali accordi regionali o internazionali e il
trasporto di frazioni oggetto di raccolta differenziata che sono destinate a recupero.
27
Direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull'incenerimento dei rifiuti.
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13
4.2 Fattori economici

I costi e gli incentivi alla termovalorizzazione: l’abbattimento dei costi pieni della
termovalorizzazione di RSU è attualmente promosso da uno schema di tariffe incentivanti
previsto dal DM 6 luglio 201228 per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Le tariffe sono di fatto onnicomprensive, e pertanto garantiscono una remunerazione fissa
dell’energia prodotta impiegando la percentuale di rifiuti considerata per convenzione
organica (51%). L’accesso all’incentivo avviene tuttavia a seguito dell’aggiudicazione di
aste al ribasso, per contingenti di potenza predeterminati.

I costi e gli incentivi al biogas e al biometano: la produzione di biogas tramite digestione
anaerobica dei rifiuti gode dello stesso schema di incentivazione illustrato per la
termovalorizzazione (i livelli di incentivazione possono tuttavia differire) se il gas è
impiegato per la generazione elettrica o la cogenerazione. Nel caso in cui questo sia
trasformato in biometano e immesso in rete per impieghi diversi dalla generazione elettrica
si applicano tariffe incentivanti agli impieghi per riscaldamento, e certificati negoziabili per
il gas utilizzato per autotrazione29.

Domanda di combustibile solido secondario (CSS-Combustibile) da parte del settore
industriale: con l’emanazione della disciplina per la cessazione della qualifica di rifiuto
(“end of waste”) al CSS che rispetta le specifiche previste dalla normativa è assegnato lo
status di “prodotto” (CSS-Combustibile) che ne permette la collocazione sul mercato come
combustibile per i cementifici e per le centrali termoelettriche per la produzione di
energia30.

Costi e praticabilità tecnica del recupero di materia: il raggiungimento di livelli di recupero
di materia elevati determina la crescita del costo marginale del recupero, collegato alla
maggiore complessità delle soluzioni tecniche impiegabili.

Concorrenza della domanda estera: l’estensione della definizione di recupero energetico
attraverso la qualifica R1 permette lo scambio tra Stati membri dei RSU destinati alla
termovalorizzazione negli impianti efficienti31. Come già sottolineato, l’eccesso di capacità
di termovalorizzazione in un numero crescente di Stati membri, combinato a requisiti
stringenti sull’efficienza degli impianti, può esercitare pressione sui prezzi della
termovalorizzazione, cosicché può risultare conveniente trasportare i rifiuti su lunghe
distanze per il trattamento termico con recupero energetico.
 Epoca di costruzione e caratteristiche tecniche degli impianti di termovalorizzazione: le
scelte di impiego rispetto alle tecnologie disponibili e l’epoca in cui tali decisioni sono state
prese hanno un impatto significativo sull’efficienza degli impianti e sui costi del
trattamento termico. In Italia, buona parte degli impianti di termovalorizzazione è stata
realizzata prima degli anni ’80 (24% su un totale di 53 impianti) ed è ancora oggi operativa.
Decreto Ministero dello Sviluppo Economico n. 28 del 6 luglio 2012, Attuazione dell’art. 24 del decreto legislativo n. 28
del 3 marzo 2011, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici.
29
Decreto Ministero dello Sviluppo Economico del 5 dicembre 2013, Modalità di incentivazione del biometano immesso
nella rete del gas naturale. 30
Il CSS è ottenuto dai rifiuti urbani a valle della raccolta differenziata e da rifiuti speciali non pericolosi quali rifiuti da
costruzione e demolizione, da attività manifatturiere e da trattamento dei rifiuti. Il CSS-Combustibile è un sotto lotto di
CSS per il quale è stata emessa una dichiarazione di conformità ai sensi dell’articolo 8 del Decreto Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 22 del 14 febbraio 2013, Regolamento recante disciplina della
cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo
184-ter, comma 2, del decreto legislativo 152/2006 e successive modificazioni, pubblicato nella G.U. n° 62 del 14 marzo
2013.
31
La circolazione è disciplinata dal Regolamento CE n. 1013/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 giugno
2006 relativo alle spedizioni di rifiuti e successive modificazioni.
28
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14
Considerando una vita media di 25-30 anni, gli impianti più datati che non sono stati
sottoposti a revamping potrebbero dover essere dismessi a breve. La maggior parte degli
impianti utilizza la tecnologia dell’incenerimento a griglia (80%) mentre tecnologie di tipo
più avanzato come la gassificazione non sono ancora penetrate nel mercato italiano32. La
capacità media di trattamento dei termovalorizzatori italiani è di circa 15 t/h a confronto
delle circa 40 t/h della Germania e delle circa 70 t/h dei Paesi Bassi33.
4.3 Fattori sociali e ambientali
32
33

Sindrome NIMBY: la termovalorizzazione risente in modo particolare della cosiddetta
sindrome NIMBY (Not In My BackYard), ossia dell’avversione delle comunità locali nei
confronti dei progetti di sviluppo industriale che coinvolgono direttamente i territori sui
quali tali comunità insistono.

Impatto ambientale: l’opposizione alla realizzazione di impianti di termovalorizzazione è
solitamente fondata su timori circa gli impatti ambientali negativi, soprattutto in termini di
emissioni nocive. Da un punto di vista più teorico, le critiche al processo di
termovalorizzazione si basano sul concetto di trasferimento del rifiuto da un corpo ricettore
(suolo) all’altro (aria) e di sfruttamento sub ottimale della materia che potrebbe essere
recuperata invece che incenerita.

Illeciti: la gestione del ciclo dei rifiuti in alcuni contesti specifici è interessata da fenomeni
illeciti e da infiltrazioni di organizzazioni malavitose che finiscono per condizionare in
modo determinante il processo decisionale.
ENEA e Federambiente, Rapporto sul recupero energetico dei rifiuti urbani in Italia 2012.
International Solid Waste Association, Waste to Energy State of The Art Report, 2012.
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15
5. Scenari di gestione e domanda potenziale di termovalorizzazione
Tenendo in considerazione alcuni dei fattori appena esaminati, REF-E ha elaborato tre scenari sulla
possibile evoluzione del mix di gestione dei rifiuti in Italia, al fine di stimare la potenziale
domanda di termovalorizzazione per le regioni italiane e per il Paese nel suo complesso34. Gli
scenari hanno come orizzonte temporale il 202035 e si basano su ipotesi formulate distintamente
per RSNP e RSU.
5.1 Ipotesi
Sono presentati tre scenari, i quali rappresentano possibili outcome delle politiche nazionali e
regionali di gestione dei rifiuti:

Scenario di “convergenza”: le Regioni italiane convergono verso performance simili di
gestione dei rifiuti. Per le regioni meno virtuose, lo scenario prevede il raggiungimento
degli obiettivi minimi di prevenzione, recupero di materia e minimizzazione del ricorso
alla discarica, mentre per le regioni più virtuose è ipotizzato il superamento degli stessi
obiettivi, coerentemente con i risultati già raggiunti al 2010-2011 e con gli ulteriori progressi
che le stesse regioni programmano di conseguire al 2020.

Scenario di “compliance”: rappresenta un outcome forse più probabile rispetto allo scenario
precedente. È previsto il raggiungimento a livello nazionale degli obiettivi di prevenzione,
recupero di materia e minimizzazione del ricorso alla discarica con performance regionali
che sono diversificate: le regioni virtuose superano i suddetti target, mentre le regioni in
ritardo conseguono soltanto gli obiettivi intermedi senza raggiungere quelli finali al 20182020.

Scenario di “ritardo strutturale”: andamento economico e produzione di rifiuti restano
correlati come in passato, a livello nazione il livello di raccolta differenziata e recupero di
materia resta al di sotto degli obiettivi, e il tasso di smaltimento in discarica (per i RSU)
discende più lentamente rispetto agli scenari precedenti.
Per i RSNP le ipotesi sono formulate a livello nazionale, poiché tali flussi di rifiuti non incontrano
divieti alla circolazione extra-regionale. La Tabella 5.1 le riassume con riferimento a ciascuno
scenario36.
34
In questa sede, si è scelto di non operare distinzioni tra la termovalorizzazione che può essere classificata come
“recupero energetico” e quella definita come “smaltimento”, date le numerose difficoltà nello stimare per ciascun
impianto il rispetto del livello di efficienza richiesto dall’applicazione della “Formula R1”.
35
Il 2020 è stato scelto in via preliminare con l’orizzonte temporale degli obiettivi posti dall’Unione Europea sul clima e
sull’energia e dalla Strategia Energetica Nazionale. L’analisi potrebbe essere completata focalizzandosi su un orizzonte
temporale più lungo, coerente con la vita utile dei nuovi investimenti realizzabili.
36
La dimensione regionale è rilevante solo con riferimento alla gestione dei RSU: è per questa ragione che gli scenari
convergenza e compliance differiscono unicamente per le ipotesi sui RSU, mentre queste sono identiche per i RSNP.
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16
Tabella 5.1. Ipotesi gestione RSNP, 2012-2020
Scenario convergenza Scenario compliance
Scenario ritardo strutturale
Prevenzione Disaccoppiamento tra valore aggiunto industria (+0.8% in media sul 2013‐
2020) e produzione RSNP (in lieve decrescita)
Uguale a scenario convergenza Correlazione valore aggiunto industria e produzione di rifiuti come osservata dai dati storici
Recupero di materia
Recupero dell'intera frazione stimata come riciclabile, attualmente destinata a smaltimento (1.9 Mt)
Uguale a scenario convergenza Tasso di recupero di materia stabile
Discarica
Residuale, riguarda le frazioni stimate come non riciclabili e non termovalorizzabili Uguale a scenario convergenza Residuale, riguarda le frazioni stimate come non riciclabili e non termovalorizzabili Fonte: elaborazione REF-E
Le ipotesi di scenario per i RSU sono state formulate in modo differenziato per ciascuno dei
raggruppamenti regionali presentati nella sezione 2.3. Il risultato dell’analisi per ogni gruppo di
regioni è rappresentato dal potenziale addizionale (in termini di tonnellate) di rifiuto prodotto e
destinabile a termovalorizzazione.
La Tabella 5.2 riassume le ipotesi sulla gestione dei RSU formulate per ciascun gruppo di regioni e
per ciascuno scenario.
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17
Tabella 5.2. Ipotesi gestione RSU, 2012-2020
Gruppo
Scenario convergenza
Prevenzione dei rifiuti: disaccoppiamento andamento PIL (+0.8%) ‐ produzione rifiuti (stabile su livello 2012)
1
2
Scenario compliance
Uguale a scenario convergenza
Prevenzione dei rifiuti: correlazione PIL e produzione di rifiuti come osservata dai dati storici
Raccolta differenziata: 70%, corrisponde all'obiettivo che si sono date alcune tra Uguale a scenario convergenza
le regioni più virtuose (Veneto ed Emilia Romagna)
Raccolta differenziata: livello 2012
Discarica: riduzione dello smaltimento di rifiuto urbano biodegradabile a 81 kg/a pro‐capite come da obiettivo nazionale per il 2018 (art. 5, Dlgs 36/2003) o immutato se già più basso Uguale a scenario convergenza
Discarica: nessun decremento in valore assoluto dei RSU smaltiti in discarica Prevenzione dei rifiuti: disaccoppiamento andamento PIL (+0.8%) ‐ produzione rifiuti (stabile su livello 2012)
Uguale a scenario convergenza
Prevenzione dei rifiuti: correlazione PIL e produzione di rifiuti come osservata dai dati storici
Raccolta differenziata: 65%, corriponde all'obiettivo nazionale per il 2012 (art. Uguale a scenario convergenza
205, Dlgs 152/2006)
Raccolta differenziata: 45%, corrisponde all'obiettivo nazionale per il 2008 (art. 205, Dlgs 152/2006)
Discarica: riduzione dello smaltimento di rifiuto urbano biodegradabile a 81 kg/a pro‐capite come da obiettivo nazionale per il 2018 (art. 5, Dlgs 36/2003) Discarica: riduzione dello smaltimento di rifiuto urbano biodegradabile a 115 kg/a pro‐
capite come da obiettivo nazionale per il 2011 (art. 5, Dlgs 36/2003) o immutato se già più basso Discarica: nessun decremento in valore assoluto se lo smaltimento di rifiuto urbano biodegradabile è inferiore a 173 kg/a pro‐capite , come da obiettivo nazionale per il 2008 (art. 5, Dlgs 36/2003)
Prevenzione dei rifiuti: disaccoppiamento andamento PIL (+0.8%) ‐ produzione rifiuti (stabile su livello 2012)
Uguale a scenario convergenza
Prevenzione dei rifiuti: correlazione PIL e produzione di rifiuti come osservata dai dati storici
Raccolta differenziata: 55%, garantisce il Raccolta differenziata: 50%, corrisponde raggiungimento dell'obiettivo di all'obiettivo nazionale 2009 (art. 1108, Legge recupero di materia del 50% al 2020 Finanziaria 2007)
previsto dall'art. 181 del Dlgs 152/2006
3
Scenario ritardo strutturale
Discarica: riduzione dello smaltimento di rifiuto urbano biodegradabile a 81 kg/a pro‐capite come da obiettivo nazionale per il 2018 (art. 5, Dlgs 36/2003) Discarica: riduzione dello smaltimento di rifiuto urbano biodegradabile a 115 kg/a pro‐
capite come da obiettivo nazionale per il 2011 (art. 5, Dlgs 36/2003) Raccolta differenziata: 30%, implica il mancato ragiungimento dell'obiettivo nazionale al 2006 (35% come da art. 205, Dlgs 152/2006)
Discarica: riduzione dello smaltimento di rifiuto urbano biodegradabile a 173 kg/a pro‐
capite , come da obiettivo nazionale per il 2008 (art. 5, Dlgs 36/2003)
Fonte: elaborazione REF-E
5.2 Risultati
5.2.1
Domanda potenziale di termovalorizzazione per i RSNP
I risultati delle stime per i RSNP indicano che la domanda potenziale di termovalorizzazione
potrebbe crescere significativamente in tutti gli scenari con un incremento di 4.7 Mt/anno negli
scenari convergenza e compliance e di 5.1 Mt/anno nello scenario di ritardo strutturale (Figura 5.1).
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18
Figura 5.1. Potenziale di termovalorizzazione per i RSNP: variazioni attese, anni 2015, 2020
(Mt)
Scenari convergenza e compliance
Scenario ritardo strutturale
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
2015
‐1
2020
Fonte: elaborazione REF-E
Rispetto ai dati sul rifiuto avviato a termovalorizzazione nel 2010 (circa 2.6 Mt), gli scenari
indicano chiaramente che il potenziale di RSNP avviabile a termovalorizzazione nel 2020 sarà
rilevante.
5.2.2
Domanda potenziale di termovalorizzazione per i RSU
Le stime sull’ammontare di RSU destinabile a termovalorizzazione presentano risultati divergenti
secondo i tre scenari disegnati.
La Figura 5.2 mostra le variazioni attese al 2015 e al 2020 in termini di quantità di RSU destinabile
a termovalorizzazione per ogni gruppo, per ciascuno scenario.
Figura 5.2. Potenziale di termovalorizzazione per i RSU: variazioni attese, anni 2015, 2020
(Mt) SCENARIO CONVERGENZA
Gruppo 1
Gruppo 2
SCENARIO COMPLIANCE
Gruppo 3
Gruppo 1
Gruppo 2
SCENARIO RITARDO STRUTTURALE
Gruppo 1
Gruppo 3
1.0
1.0
1.0
0.5
0.5
0.5
0.0
0.0
0.0
‐0.5
‐0.5
‐0.5
‐1.0
‐1.0
‐1.0
‐1.5
‐1.5
‐1.5
‐2.0
2015
2015
Fonte: elaborazione REF-E
2020
‐2.0
2015
2020
2020
‐2.0
2015
Gruppo 2
Gruppo 3
2020
Nello scenario convergenza e in quello di compliance le regioni del Gruppo 1 saranno quelle che
soffriranno la perdita maggiore di potenziale di termovalorizzazione (-1.74 Mt/anno al 2020 nel
primo e -1.73 Mt/anno nel secondo). Al contrario, le regioni del Gruppo 3 beneficeranno di un
aumento di potenziale fino a 0.75 Mt/anno nel 2020 nello scenario convergenza e di 0.59 Mt/anno
in quello di compliance. Il saldo complessivo della variazione di domanda è pari a -1 Mt/anno nello
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19
scenario convergenza e -1.4 Mt/anno nello scenario compliance. Nel primo scenario l’impatto sulla
domanda di termovalorizzazione è meno negativo perché è maggiore la quantità di RSU “liberata”
dal minore ricorso alla discarica, anche da parte delle regioni che attualmente vi fanno
ampiamente ricorso e tale quantità più che compensa i minori volumi a disposizione derivanti
dalla migliore performance in termini di prevenzione e recupero di materia.
Lo scenario di ritardo strutturale mostra una crescita di domanda per tutti i gruppi: il Gruppo 1
sperimenterà una crescita di 0.4 Mt/anno, mentre per il Gruppo 2 si tratterà di una crescita
leggermente più alta (+0.5 Mt/anno). Il Gruppo 3, infine, sarà quello che produrrà la maggior
quota di rifiuti destinabili a termovalorizzazione (+0.8 Mt/anno).
Nel complesso, le stime indicano un potenziale futuro per la termovalorizzazione di RSU
principalmente concentrato nelle regioni che oggi si caratterizzano per un sistema di gestione dei
rifiuti poco virtuoso.
La Figura 5.3 illustra le performance di gestione delle Regioni al 2020, con riferimento allo scenario
convergenza
Figura 5.3. Gestione dei Rifiuti Solidi Urbani nelle regioni italiane, 2020, scenario "convergenza"
(Mt) Smaltimento in discarica
Trattamento termico
Riciclaggio e compostaggio
Sicilia
Calabria
Basilicata
Liguria
Puglia
Lazio
Umbria
Valle Aosta
Marche
Abruzzo
Molise
Toscana
Piemonte
Sardegna
Campania
Trentino AA
Emilia Romagna
Friuli
Lombardia
Veneto
Source: REF‐E elaboration
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Fonte: elaborazione REF-E
Si noti ancora una volta che le ipotesi dello scenario convergenza (come quelle degli altri scenari)
assumono gli obiettivi come vincoli per ogni regione: ne deriva che la capacità di
termovalorizzazione rappresenta un risultato. Guardando ai risultati che si determinano a livello
regionale emerge lo “spiazzamento” della termovalorizzazione da parte del recupero di materia,
per un insieme di effetti che dipendono dalla distanza dall’obiettivo di recupero di materia e da
quella rispetto al target di RSU biodegradabile smaltito in discarica. I risultati per regione
suggeriscono, da un lato, che alcune regioni potrebbero ridurre ulteriormente il ricorso alle
discariche utilizzando in misura maggiore la termovalorizzazione (le stime sulla domanda di
termovalorizzazione al 2020 potrebbero essere conservative), dall’altro che il mismatch tra
domanda e offerta (si veda il seguito dell’analisi) non si realizza solo tra regioni di diversi gruppi
ma anche all’interno dei due gruppi.
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20
5.3 Potenziali e capacità di termovalorizzazione a confronto
I potenziali di termovalorizzazione al 2020 individuati per i RSU nello scenario di convergenza, in
quello di compliance e in quello di ritardo strutturale sono stati messi a confronto con i dati
sull’attuale capacità autorizzata dei termovalorizzatori che inceneriscono prevalentemente RSU e
materiali in uscita dagli impianti di Trattamento Meccanico Biologico (TMB) dei RSU37.
I dati sono stati confrontati a livello di singola regione, al fine di verificare quali regioni potrebbero
sperimentare in futuro un eccesso o una carenza di offerta di termovalorizzazione rispetto alla
domanda potenziale da RSU individuata per il 202038.
La Figura 5.4 e la Figura 5.5 e la Figura 5.6 mostrano i risultati dell’analisi, facendo riferimento alla
capacità autorizzata al 2010 per mantenere la coerenza temporale del confronto. Si noti tuttavia che
nel 2013 sono entrati in funzione due nuovi impianti di termovalorizzazione a Torino e Parma che
incrementano le capacità di trattamento regionali rispettivamente di 421 kt/anno e 130 kt/anno,
determinando un totale per il Piemonte di 530 kt/anno e per l’Emilia Romagna di 1.2 Mt/anno.
Inoltre, nei prossimi anni è prevista l’entrata in funzione di quattro termovalorizzatori già
autorizzati e in corso di realizzazione nel centro-sud del Paese: l’impianto di Albano (RM) con una
capacità di 160 kt/anno, l’impianto di Manfredonia (FG) con una capacità di circa 98 kt/anno,
l’impianto di Modugno (BA) con una capacità di circa 80 kt/anno e l’impianto di Gioia Tauro (RC)
con una capacità di 150 kt/anno.
Figura 5.4. Domanda di termovalorizzazione di RSU al 2020 - scenario "convergenza"
(kt/a)
Domanda 2010
Domanda 2020 scenario "convergenza"
Capacità autorizzata 2010
2500
Capacità
autorizzata
2949 kt
2000
1500
1000
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Umbria
Toscana
Emilia R.
Liguria
Friuli VG
Veneto
Trentino AA
Lombardia
V. d'Aosta
Piemonte
0
Marche
500
Fonte: elaborazione REF-E e dati ISPRA
37
Si tratta della Frazione Secca del RSU e del CSS.
Non sono stati ipotizzati flussi di rifiuti di origine urbana destinati a co-incenerimento in cementifici o impianti di
generazione elettrica.
38
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21
Figura 5.5. Domanda di termovalorizzazione di RSU al 2020 - scenario "compliance"
(kt/a)
Domanda 2010
2020 domanda sc. "compliance"
Capacità autorizzata 2010
2500
Capacità
autorizzata
2949 kt
2000
1500
1000
500
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Marche
Umbria
Toscana
Emilia R.
Liguria
Friuli VG
Veneto
Trentino AA
Lombardia
V. d'Aosta
Piemonte
0
Fonte: elaborazione REF-E e dati ISPRA
Figura 5.6. Domanda di termovalorizzazione di RSU al 2020 - scenario "ritardo"
(kt/a) Domanda 2010
2500
2020 domanda sc. "ritardo"
Capacità autorizzata 2010
Capacità
Capacità
autorizzata
autorizzata
2949 kt
2949 kt
2000
1500
1000
500
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Marche
Umbria
Toscana
Emilia R.
Liguria
Friuli VG
Veneto
Trentino AA
Lombardia
V. d'Aosta
Piemonte
0
Fonte: elaborazione REF-E e dati ISPRA
La capacità di trattamento (6.7 Mt/anno, cui si aggiungono 0.55 Mt/anno relative ai nuovi
impianti) appare sottoutilizzata (circa 2.5 Mt/anno in eccesso) e largamente sufficiente a trattare i
RSU trasferiti all’estero.
Negli scenari di convergenza e compliance si verifica una decrescita significativa dell’ammontare di
rifiuti destinabili a termovalorizzazione proprio in quelle regioni dove è concentrata la maggior
parte della capacità (Lombardia, Emilia Romagna, Campania, Sardegna). Nello specifico, la
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domanda di termovalorizzazione di RSU in Lombardia andrebbe a impegnare meno del 40%
dell’attuale capacità di trattamento.
La domanda crescerà principalmente nelle regioni dove la capacità è scarsa o non è presente
(Lazio, Toscana, Puglia e Sicilia). Quest’ultimo effetto è più accentuato nel primo dei due scenari.
Come detto, il possibile ingresso, entro il 2020, di nuova capacità può soddisfare almeno in parte la
crescita della domanda in alcune delle suddette Regioni. Di converso, in Sicilia la domanda di
termovalorizzazione sarebbe molto maggiore rispetto alla capacità attuale, praticamente nulla.
Anche nello scenario di ritardo strutturale l’aumento di domanda potenziale è maggiore nelle
regioni dove è minore la capacità di termovalorizzazione installata. In questo caso, anche se la
capacità di trattamento subisse gli incrementi già indicati, il tasso di utilizzo della stessa non
muterebbe significativamente rispetto all’attuale in Lombardia, mentre in Campania e Sicilia il
parco risulterebbe molto sottodimensionato.
In conclusione, negli scenari virtuosi si osserverebbe una situazione abbastanza generalizzata di
overcapacity, che potrebbe essere solo parzialmente compensata da un ipotetico trasferimento di
RSU (ad oggi oggetto di divieto) dalle regioni in deficit di capacità. Piuttosto, la capacità potrebbe
essere impegnata da maggiori quantità di rifiuti speciali da avviare a trattamento termico.
Nello scenario di ritardo emergerebbe, come nei precedenti, un’asimmetria spaziale tra domanda e
offerta di termovalorizzazione di RSU. Confrontando i valori totali nazionali di domanda e
capacità massima, si osserva tuttavia che la prima, in linea teorica, sarebbe sufficiente a saturare
quasi tutta la capacità. Se si introducesse nel quadro della comparazione appena effettuata la
domanda potenziale per i RSNP al 2020, il potenziale totale di rifiuti avviabile a
termovalorizzazione supererebbe l’attuale capacità, determinando una situazione di scarsità
dell’offerta rispetto alla domanda.
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6. Quale modello per Italia? Quale ruolo per la termovalorizzazione?
L’analisi dei sistemi di gestione dei rifiuti negli Stati membri UE suggerisce che l’obiettivo di
annullamento del ricorso alle discariche non abbia potuto prescindere, finora, dal ricorso alla
valorizzazione energetica, realizzata principalmente attraverso trattamento termico.
È vero, d’altra parte, che i modelli virtuosi dei Paesi del Nord Europa stanno evolvendo: la capacità
di termovalorizzazione eccede in molti casi la domanda “interna” di trattamento, e le azioni di
promozione del recupero di materia modificano la destinazione di una quota abbastanza importante
di rifiuti (la frazione organica) verso impianti che combinano il recupero di materia e quello di
energia. Per i suddetti Paesi si pone in modo netto un problema di coerenza e interazione tra le
diverse leve che il policy maker ha già azionato o ha a disposizione: il trade-off tra incremento dei
rifiuti riciclati e termovalorizzazione è emerso in modo chiaro.
L’Italia è in ritardo nel percorso di abbandono dello smaltimento. In molte aree del nostro Paese il
potenziale di recupero dei rifiuti depositati in discarica è tale da non porre ancora particolari
problemi di sovrapposizione tra gli strumenti che incentivano il recupero di materia e quelli che
supportano le diverse forme di recupero energetico.
Tuttavia, la convergenza con gli obiettivi europei, già realizzata dalle regioni più virtuose, richiederà
politiche attente e coerenti con la gerarchia di gestione, oltre che efficienti e non ridondanti. In altre
parole sarà necessario un quadro politico/normativo certo per gli investitori, che garantisca allo
stesso tempo efficacia ed efficienza nella gestione, a vantaggio dell’utente finale. Il suddetto
problema di coerenza assume anche rilevanza rispetto ai riflessi di lungo termine delle decisioni di
investimento, e al fatto che gli investimenti stessi sono ad alta intensità di capitale.
Lo scenario di convergenza sembra porre anche un problema di mismatch tra domanda e offerta di
termovalorizzazione. Questo vale almeno a capacità di trattamento invariata: occorre valutare
quanta della nuova capacità si renderà disponibile entro l’orizzonte temporale di riferimento, e dove,
e quanti degli impianti esistenti non già “ristrutturati” (un numero piuttosto ridotto) cesseranno di
essere operativi. Il legislatore sembra intenzionato ad effettuare una ricognizione sulle disponibilità
attuali e prevedibili di trattamento (“Collegato ambientale” alla Legge di Stabilità 2014).
Ci si chiede, pensando al citato problema di disallineamento tra domanda e offerta, quanto sia
opportuno mantenere un vincolo sulla movimentazione dei rifiuti indifferenziati rigidamente
ancorato ai confini regionali: quale sarà, nel medio-lungo termine, l’ambito territoriale ottimale per la
gestione dei rifiuti, se si considerano da un lato gli impatti ambientali, e perciò gli effetti della
movimentazione e la distribuzione del carico ambientale in modo equo e ragionato tra le aree del
Paese, sia l’opportunità di garantire una gestione economicamente efficiente a vantaggio dell’utente?
Quanto i rifiuti speciali contribuiranno effettivamente a saturare la capacità nelle Regioni in eccesso,
e a incrementare la domanda, in quelle in deficit?
Le attuali differenze tra modelli regionali di regolazione e di gestione possono costituire un ostacolo
all’eventuale processo di ridisegno o allargamento dell’ambito di gestione. Potrebbe allora essere
opportuno prevedere una regolazione centralizzata della gestione integrata dei rifiuti. Si ritiene che
uno dei possibili vantaggi di un modello più centralizzato possa essere lo sfruttamento delle
economie di scala realizzabili con un numero relativamente basso di impianti di grande taglia.
Infine, lo scenario di ritardo, secondo cui si confermerebbe il ruolo di follower che il nostro Paese ha di
fatto finora esercitato, aggiunge ai già citati problemi di interazione tra strumenti e mismatch tra flussi
di rifiuti quello dei costi della non-compliance. L’Italia è oggetto di numerose procedure di infrazione
che si sono tradotte e rischiano di tradursi in sanzioni economiche. La prospettiva non così remota
d’incremento delle esportazioni di rifiuti destinati alla termovalorizzazione determinerebbe poi la
perdita di opportunità economiche per il Paese, oltre a incrementare l’impatto ambientale del
trattamento dei rifiuti.
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