S
Waste Strategy
Annual Report 2014
L’industria italiana del waste
management e del riciclo tra strategie
aziendali e politiche di sistema
Sintesi dei risultati
In cooperation with:
L’industria italiana del waste management e del riciclo
tra strategie aziendali e politiche di sistema
Direttore scientifico:
Alessandro Marangoni
Team:
Dario Struia
Alessandra Bogni
In cooperation with:
Si ringraziano per la preziosa collaborazione i partner del rapporto che hanno contribuito con
informazioni, idee e suggerimenti. Si intende che la responsabilità circa i contenuti, le valutazioni e le
tesi sostenuti rimane a totale carico dell’Autore.
Annual Report 2014
S Waste Strategy
Indice
1. Obiettivi e sintesi
2. La gestione dei rifiuti urbani in Italia
3. Lo scenario competitivo:
i maggiori player e gli investimenti
4. Le tendenze strategiche e i modelli prevalenti
5. Gli effetti della gestione dei rifiuti sul sistema Paese
6. Quali politiche per la gestione dei rifiuti in Italia?
S Waste Strategy
Annual Report 2014
Annual Report 2014
S Waste Strategy
1. Obiettivi e sintesi
Lo scopo di questo documento è riassumere i principali risultati del WAS
Annual Report 2014, fornendo un quadro d'insieme dell’industria italiana
del waste management e del riciclo. Il settore sta attraversando una fase di
profondo cambiamento, sia dal punto di vista normativo-regolatorio, sia da
quello degli assetti strategici e industriali. Ugualmente stanno mutando le
interazioni con gli altri settori industriali e dei servizi, oltre che quelle con i
cittadini-utenti e gli altri stakeholder. Lo studio si articola in cinque aree:
- il quadro generale della gestione dei rifiuti urbani in Italia, dell'assetto
infrastrutturale e dell’evoluzione normativa nazionale e comunitaria;
- lo scenario competitivo, individuando i maggiori operatori lungo la
filiera, analizzandone i principali dati operativi, economici e l’andamento
degli investimenti nel triennio 2011-2013;
- la mappatura delle operazioni straordinarie più rilevanti messe in atto
dagli operatori, al fine di delineare le tendenze strategiche prevalenti;
- la valutazione economica dei possibili impatti delle diverse politiche di
gestione dei rifiuti, calcolati su due scenari di sviluppo al 2025 e al 2030
elaborati sulla base degli obiettivi europei in discussione;
- la definizione di alcuni indirizzi di policy emersi dalle precedenti analisi.
Nel corso degli ultimi anni l’Italia è migliorata nella gestione dei rifiuti
urbani (RU), con il calo della produzione e l’aumento della raccolta
differenziata. Tuttavia, l'obiettivo di decoupling rifiuti-PIL è ancora lontano,
dato che la riduzione dei RU degli ultimi anni è da attribuire più alla
recessione che a cambiamenti strutturali. Il nostro Paese dipende ancora
troppo dalle discariche e non riesce a colmare il deficit di impianti di
termovalorizzazione. I Paesi europei che già hanno un ridotto o pressochè
nullo uso della discarica presentano contemporaneamente un alto tasso di
riciclo e di incenerimento. Parrebbe dunque andare nella giusta direzione la
norma prevista nel Decreto “Sblocca Italia” per semplificare l’iter per
realizzare nuovi impianti di smaltimento e recupero e gestire in maniera
più efficiente la capacità esistente. La revisione delle principali direttive UE
che regolano il settore fisserà obiettivi al 2030 molto sfidanti, come
l’aumento del riciclo al 70% e l’eliminazione delle discariche. Cogliere tali
obiettivi richiederà l’industrializzazione e il consolidamento del settore, che
ad oggi continua ad essere molto frammentato.
L'industria del waste management e del riciclo riunisce una molteplicità di
operatori molto eterogenei per dimensioni, aree di business e risultati.
L'analisi dei 70 maggiori player (rappresentativi di oltre metà del settore)
evidenzia come le performance migliori siano delle imprese di grandi
dimensioni e più integrate (Grandi Mulitutility), le uniche a riuscire a
presidiare l’intera filiera. Nel 2013 tali operatori hanno realizzato circa il
50% degli investimenti e conseguito un rapporto medio Ebitda/Ricavi più
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S Waste Strategy
Annual Report 2014
che doppio (32,2%) rispetto a quello degli altri. Gli investimenti dei Top 70
hanno sfiorato il miliardo di euro nel triennio, destinati soprattutto alla
manutenzione e all’ammodernamento degli impianti. La strategia di
rafforzamento della dotazione infrastrutturale è stata però frenata dai
ritardi e dalle incoerenze della pianificazione regionale, dalle incertezze dei
sistemi di finanziamento, dalla mancanza di chiarezza nella normativa
nazionale e dalle opposizioni locali alla costruzione degli impianti.
Nel 2013 sono state mappate 42 operazioni straordinarie, avvenute in
prevalenza nel Nord Italia. Le aggregazioni sono il 73% delle operazioni e
hanno coinvolto realtà medio-piccole, assorbite dai player maggiori.
Emergono due tendenze strategiche: una crescita dimensionale attraverso
aggregazioni e l’avvio di processi di riorganizzazione delle attività per
ottimizzare la gestione. Si delineano, inoltre, due modelli strategici: uno
“large scale”, basato su una forte dotazione impiantistica di recupero
energetico a complemento della raccolta differenziata, capital intensive e
con ampi bacini serviti. L’altro, un modello "light”, tipico di aziende mediopiccole, che mira a ridurre la necessità di smaltimento puntando molto su
raccolta differenziata e riciclo. E' anche in atto una convergenza tra mercati
diversi, con operatori dei RU che entrano nel segmento degli speciali e
viceversa. Potenziali di crescita vi sono poi nelle aree di più recente
sviluppo quali, ad esempio, i RAEE, i PFU, le pile e le batterie, etc.
La gestione dei rifiuti comporta anche una serie di ricadute per il sistema
Paese. Lo studio ha stimato gli effetti ambientali, economici e sociali di
diversi scenari futuri. Il raggiungimento degli obiettivi previsti al 2030 dalle
revisioni delle direttive UE (70% di riciclo totale) comporterebbe benefici
potenziali netti per l'Italia fino a 15 miliardi di euro circa.
L'azione dei policy maker sarà tuttavia determinante affinchè tali benefici
possano concretizzarsi. Innanzitutto, il settore necessita di maggior chiarezza e stabilità normativa, in modo da ridurre l’incertezza e consentire piani e
investimenti di medio-lungo periodo. Servono sistemi di finanziamento che
perseguano al contempo efficienza e sostenibilità economica ed ambientale.
Bisogna favorire il consolidamento del settore, attraverso l'unicità della
gestione in ambiti territoriali minimi e le aggregazioni. L'ottimizzazione
nella gestione e prevenzione dei rifiuti richiede anche una stretta cooperazione lungo l'intera filiera, attraverso una equilibrata distribuzione di
responsabilità ed oneri tra i vari anelli della catena del valore. Ugualmente è
essenziale la coerenza tra norme che toccano industrie diverse ma che
concorrono ai medesimi obiettivi ambientali. Si deve ridurre la frammentazione di competenze e responsabilità, prevedendo anche l’eventuale
introduzione di un soggetto unico nazionale di regolazione del settore. In
conclusione, è necessaria una vera e propria strategia nazionale per i rifiuti,
chiara e di lungo periodo, che sappia valorizzare le competenze e le risorse
industriali italiane.
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2. La gestione dei rifiuti urbani in Italia
Il quadro attuale
Negli ultimi anni la produzione di rifiuti urbani (RU) in Italia ha subito un
lento ma costante calo, passando da 31,4 milioni di tonnellate nel 2011 a
poco meno di 29,6 nel 2013. Tale diminuzione è imputabile prevalentemente alla riduzione dei consumi dovuta alla recessione, piuttosto che a cambiamenti strutturali. L’obiettivo del decoupling, ossia il disaccoppiamento
della produzione di rifiuti dalla crescita del PIL, non è ancora stato raggiun- Decoupling
to, malgrado qualche segnale tra il 2010 e il 2011 (Fig. 1). Si è però modifirifiuti-PIL
cato il mix di gestione dei rifiuti, con un aumento della raccolta differenziata
(+4,6% nel triennio), con incrementi nelle quantità avviate a recupero di ancora lontano
materia (riciclo +1,3%, compostaggio +1,9%) e di energia (+1,3%), mentre
è diminuito lo smaltimento in discarica (-5,2%, Fig. 2).
Fig. 2 – Mix di gestione RU in Italia
Fig. 1 – Andamento PIL e RU 2009-2013
Produzione pro-capite di rifiuti urbani (kg/ab)
PIL pro-capite (k€/ab)
540
530
23,6
100%
23,5
90%
23,4
80%
23,3
23,2
23,1
510
23,0
500
490
480
2009
2010
2011
2012
Recupero di materia
70%
k€/ab
kg/ab
520
60%
Compostaggio e
digestione anaerobica
50%
Termovalorizzazione
22,9
40%
22,8
30%
22,7
20%
22,6
10%
22,5
0%
2013
Elaborazione Althesys su dati ISPRA e ISTAT
Discarica
Esportazioni e altro
2011
2012
2013
Elaborazione Althesys su dati ISPRA
Il mix di gestione italiano rimane tuttavia troppo sbilanciato sulle discariche, che in alcune aree del Paese sono la destinazione finale di oltre il 70%
dei RU prodotti. Se confrontato con quello europeo, il quadro italiano mostra valori solo lievemente peggiori della media, non discostandosi troppo
da quelli di Paesi paragonabili per popolazione e contesto economico, come
Francia e Regno Unito (Fig. 3). Restano ancora molto distanti, invece, i Paesi
del Nord Europa, che nel corso degli anni sono riusciti a ridurre drasticamente, se non addirittura ad azzerare, l'utilizzo della discarica. La principale differenza risiede in un maggior ricorso all’incenerimento (con e senza
recupero di energia). In tali Paesi, infatti, la termovalorizzazione non rappresenta un’alternativa al riciclo (che ha sistematicamente valori più alti
che nel resto d’Europa), bensì uno strumento complementare nel raggiungimento dell’obiettivo “discarica zero”. Tale opzione è stata resa economicamente vantaggiosa anche dalla possibilità di sfruttare il calore recuperato
nelle reti di teleriscaldamento, dato il clima del Nord Europa.
Discarica: Nord
Europa meglio
dell'Italia
solo grazie a
incenerimento
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Fig. 3 – Mix di gestione dei rifiuti urbani in alcuni Paesi UE nel 2012
100%
90%
Recupero di materia
80%
70%
60%
50%
Compostaggio e digestione
anaerobica
40%
Termovalorizzazione
30%
20%
Incenerimento senza recupero
energetico
10%
0%
Discarica
Elaborazione Althesys su dati ISPRA e EUROSTAT
La situazione infrastrutturale
Sinergia
tra riciclo e
termovalorizzatori
per ridurre
le discariche
Una delle principali criticità in Italia è la carenza di infrastrutture. Vi è ancora una forte dipendenza dalle discariche, che in alcune regioni sono
l’unica soluzione. Ad aggravare la situazione contribuisce il progressivo esaurimento delle capacità residue delle discariche: a livello nazionale, con
conferimenti allineati a quelli dell’ultimo anno, si stima una vita residua inferiore ai due anni. Per rendere più sostenibile la situazione bisogna agire
simultaneamente su due fronti. Da un lato aumentare le percentuali di raccolta differenziata (RD) e il recupero di materia per ridurre i flussi destinati
a smaltimento; dall’altro poter disporre di adeguate capacità di termovalorizzazione per le quantità residue di rifiuti indifferenziati. Le regioni hanno
differenti livelli di indipendenza dalle discariche. Questi sono indicati dal
diverso livello di RD e dal rapporto tra la capacità di incenerimento autorizzata e la produzione annua di rifiuti indifferenziati (Fig. 4). Le regioni meno
dotate di impianti sono anche quelle con i livelli di RD più bassi e che maggiormente necessiterebbero di investimenti. Di tale situazione non sembrano essere del tutto consapevoli alcuni policy maker. Analizzando i Piani Regionali emerge la tendenza a continuare a puntare sulle discariche o, addirittura, a non prevedere soluzioni per lo smaltimento. Ciò porta, tra l’altro,
Fig. 4 – Regioni italiane per % di RD e indipendenza dalle discariche
Capacità di incenerimento
autorizzata/produzione rifuti indifferenziati
150%
Lombardia
140%
130%
regioni in overcapacity
120%
110%
100%
Emilia Romagna
Molise
90%
Friuli Venezia Giulia
80%
Trentino Alto Adige
Sardegna
70%
60%
intermedie
50%
Basilicata
regioni critiche
40%
Toscana
Calabria
20%
10%
Liguria
0%
0%
5%
10%
15%
20%
Marche
regioni recycling-oriented
Puglia
Sicilia
Veneto
Campania
Lazio
30%
equilibrate
Piemonte
25%
30%
35%
Abruzzo VdA Umbria
40%
45%
50%
55%
60%
65%
70%
75%
80%
% raccolta differenziata 2013
Elaborazione Althesys su dati ISPRA
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ad un crescente invio dei rifiuti all’estero. Anche qualora previsti, i termovalorizzatori raramente giungono a costruzione: della capacità totale previ- Piani Regionali
sta dagli ultimi Piani Regionali disponibili (~2,5 mln ton per 16 regioni al talora inadeguati
2013) ne è stata realizzata meno del 20%. Un’attenta politica impiantistica e disattesi
è necessaria anche per le fasi di valorizzazione e riciclo dei materiali.
L’evoluzione normativa
Il quadro normativo in materia di rifiuti urbani sta attraversando una fase
evolutiva, sia a livello comunitario che nazionale. In particolare, sono in
corso le revisioni delle principali Direttive europee che disciplinano il settore: la Direttiva Quadro sui Rifiuti (2008/98/CE), la Direttiva Imballaggi
(1994/62/CE) e la Direttiva Discariche (1999/31/CE).
Le principali novità introdotte nella bozza di Direttiva Quadro riguardano
gli obiettivi di riciclo, confermati al 50% per il 2020 e previsti al 70% al
2030. Diventano però più stringenti le modalità di calcolo, poiché saranno
considerati riciclati solo i rifiuti sottoposti ad un processo di preparazione
per il riutilizzo o di riciclaggio, al netto dei materiali scartati durante questo
processo. Novità sono previste in tema di prevenzione, con l’introduzione di
un obiettivo di riduzione della produzione di rifiuti alimentari del 30% entro il 2025. Più stringenti dovrebbero divenire anche le norme sulla responsabilità estesa del produttore, introducendo delle condizioni minime che gli
Stati membri devono prevedere in materia. Queste disposizioni potrebbero
impattare notevolmente sull'industria, oltre che sui consumatori, comportando cambi nelle strategie e nei business model. La sfida sarà anche la
compatibilità tra prescrizioni potenzialmente configgenti, come ad esempio
la riduzione degli sprechi alimentari e la riciclabilità degli imballaggi.
Per gli imballaggi sono stati innalzati i target di riciclo, sia complessivi
(60% al 2020, 70% al 2025 e 80% al 2030) che per materiale. Anche in
questo caso cambiano le modalità di calcolo, considerando non più le quantità avviate a riciclo ma quelle effettivamente riciclate al netto degli scarti.
Vengono inoltre eliminati gli obiettivi di recupero energetico, perché considerati non in linea con la gerarchia dei rifiuti. Per le discariche, infine, sono
previsti diversi step di riduzione: fino al 2025 divieto di introdurre rifiuti
non pericolosi riciclabili; dal 2025 limite massimo al 25% di tutti i RU prodotti ed entro il 2030 conferimento dei soli rifiuti residui, ossia degli scarti
non recuperabili per un quantitativo non superiore al 5% dei RU prodotti.
In Italia, per fare fronte al deficit di infrastrutture, il Decreto “Sblocca Italia”
prevede la realizzazione di una rete nazionale degli impianti di recupero e
smaltimento. La norma semplifica le procedure per l’individuazione dei siti
e la realizzazione dei nuovi impianti, permettendo alle strutture esistenti di
trattare anche rifiuti extra bacino fino alla saturazione della capacità tecnica. Questo cambia le possibilità di impiego del parco impianti esistente e il
fabbisogno di nuovi investimenti, modificando le strategie dei vari operatori del waste management nel nostro Paese.
Riciclo effettivo
al 70% nel 2030
Rifiuti alimentari
e responsabilità
estesa del
produttore
cambieranno
le strategie
dell'industria
Verso una rete
nazionale per
gli impianti
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3. Lo scenario competitivo: i maggiori player e gli investimenti
Gli operatori e la filiera
Il comparto della gestione dei rifiuti è caratterizzato da una miriade di
attori, molto eterogenei tra loro, sia per dimensione che per presenza lungo
la filiera, dalla raccolta fino allo smaltimento. La realtà italiana è ancora
molto frammentata: sono pochi i gestori che presidiano l’intera catena del
valore, mentre la maggior parte tende a focalizzarsi su una o poche fasi.
E' possibile schematizzare la struttura del settore definendo alcuni raggruppamenti strategici o cluster che, seppur con approssimazione, riflettono le
diverse caratteristiche dimensionali, le aree di business, le strategie e le
performance delle aziende (Fig. 5). Si individuano quindi i seguenti gruppi:
Fig. 5 – Il posizionamento dei raggruppamenti strategici
Settore ancora
frammentato
ma in via di
consolidamento
Filiera
Raccolta
Selezione
Trattamento
/Riciclo
Regionale
Metropolitana
Provinciale
Compostaggio
Discarica
Tmz
Grandi Multiutility
Operatori
Metropolitani
Piccole-medie
Monoutility
Sub-provinciale
Piccole-medie
Multiutility
Comunale
Op.
Marginali
Aziende di
selezione/riciclo
Piccole-medie
Monoutility
Piccole-medie
Multiutility
Op. Privati Trattamento
Area geografica
- Grandi Multiutility, gruppi attivi in più segmenti dei servizi pubblici locali,
con una presenza significativa e sovra-regionale nei rifiuti; è l’unico cluster presente, almeno in parte, in tutte le fasi della filiera;
- Operatori Metropolitani, aziende (pubbliche) focalizzate sui servizi di igiene ambientale, soprattutto raccolta, operanti in grandi città;
- Piccole e medie Monoutility, che gestiscono, in tutto o in parte, il ciclo dei
rifiuti urbani a livello comunale o provinciale;
- Piccole e medie Multiutility, società multiservizi operanti nell’area locale,
presenti nella raccolta e talora nelle fasi di trattamento e smaltimento;
- Operatori Privati, imprese a capitale prevalentemente privato attive in
una o più fasi della filiera, talvolta non solo RU, in diversi ambiti territoriali. Coesistono piccole imprese, presenti soprattutto nella raccolta (Operatori Marginali), con altre di maggiori dimensioni che operano anche
nel trattamento e smaltimento;
- Aziende di selezione, trattamento, riciclo, in prevalenza private (talora
miste) e di piccole dimensioni, specializzate nella selezione e recupero
dei vari materiali. Sono diverse anche per ambiti di business e territoriali,
operando come piattaforme di selezione, riciclatori, compostatori, trader
di materie prime seconde, etc.
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Fig. 6 – Il quadro dei 70 maggiori operatori (2013)
Aziende mappate
70
Popolazione servita
Operatori pubblici e privati
30,9 (mln abitanti)
Ricavi
6,0 (mld €)
Rifiuti raccolti
51% popolazione ITALIA
58% ricavi raccolta rifiuti ITALIA
16,1 (mln ton)
54% RU raccolti in ITALIA
Le numerose aziende del settore (4.761 quelle autorizzate alla raccolta e al
trasporto di RU secondo l’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali) sono in
maggior parte di piccole dimensioni. Il mercato, tuttavia, è relativamente
concentrato, sebbene in misura minore rispetto ai Paesi più avanzati. I 70
maggiori operatori, pubblici e privati, coprono infatti il 58% dei ricavi e il
54% dei RU raccolti, servendo oltre la metà della popolazione (Fig. 6).
Queste imprese si distinguono per dimensioni, caratteristiche industriali, Raggruppamenti
strategie e performance. In particolare, i profili economico-finanziari nel strategici diversi
periodo 2011-2013 mostrano sensibili differenze (Fig. 7 e Fig. 8).
Fig. 7 – I raggruppamenti strategici nel settore rifiuti urbani (2013)
Cluster
Grandi Multiutility
Presenza
Ricavi
N. Aziende
Pop. Servita
territoriale
complessivi
Quantità
raccolte
Nord Italia
6
2,4 mld €
8,2 mln
5,0 mln ton
Italia
7
1,4 mld €
7,5 mln
3,8 mln ton
Operatori
Metropolitani
Piccole e medie
Monoutility
Piccole e medie
Multiutility
Italia
28
0,9 mld €
5,5 mln
2,8 mln ton
Nord e
Centro Italia
21
0,5 mld €
3,6 mln
1,6 mln ton
Operatori Privati
Italia
8
0,8 mld €
5,9 mln
2,8 mln ton
per dimensioni
e risultati
Dal confronto dei ricavi ed Ebitda medi per ogni cluster pare evidente che:
- le aziende che hanno adottato il modello Multiutility sono più redditizie:
le Piccole e medie Multiutility, pur avendo ricavi medi più bassi, hanno
un rapporto Ebitda/ricavi migliore delle Monoutility, mentre le Grandi
Multiutility hanno una redditività nettamente superiore a tutte le altre;
- gli Operatori Metropolitani hanno risultati intermedi, grazie all'aumento
dell’Ebitda, passato nel 2013 al 15,71% rispetto all’11,05% del 2012;
- gli Operatori Privati paiono meno profittevoli, con un rapporto tra Ebitda
e ricavi dell’8,2% nel 2013.
I migliori risultati dei grandi gruppi sono dovuti anche alla loro più ampia
presenza lungo la filiera, in particolare nelle attività a maggior valore
aggiunto, rispetto alle aziende minori attive nella sola fase di raccolta.
Fig. 8 – Profili economico-finanziari dei cluster dei 70 maggiori operatori (2013)
Cluster
Ricavi medi
Ebitda medio
Ebitda/Ricavi
Grandi Multiutility
444,9 mln €
143,2 mln €
32,2%
207,3 mln €
32,6 mln €
15,7%
33,8 mln €
4,6 mln €
13,7%
30,5 mln €
4,5 mln €
14,7%
100,3 mln €
8,2 mln €
8,2%
Operatori
Metropolitani
Piccole e medie
Monoutility
Piccole e medie
Multiutility
Operatori Privati
Le grandi
multiutility
sono le più
performanti
Per le multiutility si considerano i dati della sola area ambientale
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Gli investimenti: aree e tendenze
Investimenti
2011-13:
1 miliardo €,
5,7% sui ricavi
Nel triennio 2011-2013 i 70 Top Player hanno investito complessivamente
circa 1 miliardo di euro, di cui 342,9 milioni nel 2013, pari a circa il 5,7%
del fatturato totale. L’area geografica di destinazione della maggior parte
degli investimenti è il Nord-Est in tutti e tre gli anni, data la presenza di
Grandi Multiutility, i maggiori investitori in termini assoluti (anche perché
sono quelli che hanno la maggiore dotazione impiantistica). La ripartizione
per cluster si propone pressoché invariata in tutti e tre gli anni, con più
della metà degli investimenti attribuibili alle Grandi Multiutility. Nel 2013
tale quota ammonta al 50%, laddove gli Operatori Metropolitani raggiungono il 14% così come le Piccole e Medie Monoutility, mentre le Piccole e
Medie Multiutility arrivano al 12%; gli Operatori Privati coprono il 10%.
Fig. 9 – Ripartizione investimenti per cluster e per area geografica 2013
Sud Italia
3% 2%
Privati
10%
Piccole-medie
Multiutility
12%
Grandi
Multiutility
50%
Piccole-medie
Monoutility
14%
Operatori
Metropolitani
14%
Centro
29%
Nord-Est
42%
Nord-Ovest
24%
Un’adeguata valutazione degli investimenti deve, peraltro, considerare un
arco pluriennale. Esaminando i dati del triennio 2011-2013 (Fig. 10), il
trend degli investimenti è in lieve crescita, con il 2012 che pare un anno
particolarmente attivo. Il dato 2013 per le Grandi Multiutility e gli
Operatori Metropolitani è in lieve diminuzione principalmente per la
conclusione di rilevanti interventi di ammodernamento su grandi impianti.
Il cluster degli Operatori Privati, invece, è in controtendenza. Confrontando
l’incidenza degli investimenti sul fatturato dei cluster, la fotografia cambia.
Se le Grandi Multiutility investono comunque in modo consistente (9,7%
nel 2013), sono gli Operatori Privati che in percentuale investono di più
(11,6%) nel 2013. Seguono le Piccole e Medie Multiutility (8,2%), le Piccole
e Medie Monoutility (5,4%) e gli Operatori Metropolitani con solo il 2,6%.
Fig. 10 – Investimenti relativi per cluster
14,00%
Fig. 11 – Tipologia di investimenti 2013
Ampliamento
Discarica
6%
Nuova
Discarica
1%
2%
12,00%
Investimenti/Ricavi
Manutenzione e
ammodernamento
degli impianti
10,00%
8,00%
Manutenzione
impianti
42%
6,00%
4,00%
2,00%
0,00%
2011
2012
2013
10
Nuovi impianti
6%
Grandi
Multiutility
11,30%
13,12%
9,69%
Operatori
Metropolitani
2,78%
3,87%
2,60%
Piccole-medie
Monoutility
3,78%
4,10%
5,38%
Piccole-medie
Multiutility
6,68%
6,02%
8,20%
Privati
7,29%
7,69%
11,64%
Attrezzatura e
mezzi
44%
Annual Report 2014
Gli investimenti hanno riguardato soprattutto la manutenzione
straordinaria e l'ammodernamento degli impianti, nel quadro di una
strategia di rafforzamento della dotazione infrastrutturale. L'analisi
(compatibilmente con la disponibilità di informazioni di bilancio delle
aziende) ha individuato cinque macro-categorie: “Attrezzatura e mezzi” e
“Manutenzione impianti” sono le voci più significative nel 2013
(rispettivamente 44% e 42% del totale). La categoria “Nuovi impianti”,
invece, raggiunge solo il 6%, in calo rispetto al biennio 2011-2012 a causa
dell’assenza di investimenti in termovalorizzazione (Fig. 11). Gli interventi
hanno riguardato la costruzione di impianti di valorizzazione e selezione
dei materiali provenienti da RD, che, seppur comportino investimenti
inferiori rispetto ai termovalorizzatori, sono strategici per l’industria del
riciclo. Le discariche, infine, tra nuove ed ampliamenti raggiungono l’8%,
nonostante le note limitazioni.
L'andamento degli investimenti in un settore peculiare come quello del
waste management risente, tuttavia, di una molteplicità di fattori: le
incertezze circa i sistemi di finanziamento dei servizi ambientali da parte
degli enti locali; i ritardi e le incoerenze della pianificazione regionale; la
mancanza di chiarezza nella normativa nazionale; le opposizioni locali alla
costruzione degli impianti, soprattutto termovalorizzatori. In tale quadro,
segnato anche da non facili situazioni emergenziali, il settore ha compiuto
tuttavia sforzi non modesti di efficientamento e di investimento. Le
imprese, anche a fronte di una diminuzione costante della produzione di
RU, stanno rivalutando i propri assetti impiantistici e i futuri piani di
investimento. Il trend dei nuovi impianti realizzati nell’ultimo triennio
evidenzia un interesse crescente verso le fasi di selezione e trattamento
finalizzate al riciclo e al recupero di rifiuti provenienti dalla RD.
S Waste Strategy
Investimenti
frenati dal
contesto
normativo
e sociale
Gli operatori della selezione-trattamento-riciclo
L'evoluzione del settore ha quindi visto una significativa crescita delle fasi
di selezione e trattamento dei rifiuti, non solo urbani, finalizzate al recupero
di materia. Si sono sviluppati molti operatori specializzati, così come alcune
utility hanno investito in questo ambito. Questo segmento della filiera è
però quello più frammentato e disomogeneo, comprendendo operatori
storici del recupero (come quelli dediti ai maceri cartari o ai rottami
ferrosi), player attivi integrati dalla selezione al riciclo dei materiali (ad
esempio nelle plastiche), aziende facenti capo a grandi gruppi industriali,
riciclatori focalizzati su uno o più materiali, business unit o società
appartenenti a utility o multiutility. Negli ultimi anni si sono anche
sviluppati operatori in ambiti diversi dai RU, come ad esempio i RAEE, gli
pneumatici a fine vita (PFU), pile e batterie. Le piattaforme che trattano i
principali materiali di imballaggio (carta, plastica e vetro, che da soli
rappresentano il 44,7% della RD nel 2013) sono 782 (fonte: Conai). Ancora
più frammentati e dai confini meno definiti, i segmenti del trattamento e
avvio a riciclo del legno (400 piattaforme) e dei rottami metallici (371).
Assai difficoltoso, quindi, rendere un quadro economico completo e preciso
di questa parte della filiera. Limitando l'analisi solo agli operatori dei
materiali da rifiuti di imballaggio con fatturato superiore ai 5 milioni di
Nel trattamento
e riciclo crescono
nuovi business,
anche in segmenti
diversi dai RU
11
S Waste Strategy
Annual Report 2014
Fig. 12 – I maggiori operatori nella selezione-trattamento
Classi di fatturato
5-10 mln
10-20 mln
20-40 mln
>40 mln
Tipologia di materiale
Carta Plastica Vetro Metalli Legno
42
34
21
25
23
24
20
15
17
10
10
8
8
9
6
4
4
2
2
2
euro, si sono mappate 95 imprese. Queste sono attive nel trattare uno o più
materiali (Fig. 12) e realizzano ricavi totali per 1,4 miliardi di euro.
La maggior parte delle aziende gestisce le fasi di selezione e trattamento
della carta (84%) e della plastica (69%). A seguire ci sono i metalli (56%), il
vetro (48%) e il legno (43%). Il maggior numero di imprese si concentra
nelle classi tra i 5 e i 10 milioni di euro di fatturato e tra i 10 e i 20 milioni,
confermando che sono poche le aziende di grandi dimensioni in queste
attività. Il modello strategico prevalente è multimateriale; nell'insieme sono
poche le imprese che si dedicano al recupero di un solo materiale
(solitamente carta o vetro) e rientrano prevalentemente nella classe di
fatturato più bassa. RAEE e PFU, invece, coinvolgono nel complesso quasi
300 operatori a livello nazionale, attivi non solo nel trattamento ma anche
in altre fasi della filiera (raccolta, trasporto, stoccaggio, ecc…).
4. Le tendenze strategiche e i modelli prevalenti
Le operazioni straordinarie
Nel 2013
42 operazioni
straordinarie per
un fatturato di 2,7
miliardi euro
L’andamento degli investimenti raffigura solo in parte l'evoluzione in corso
nel settore. L’esame delle operazioni straordinarie, attuate tra il 2011 e il
primo semestre 2014, restituisce un quadro più completo (Fig. 13 e Fig. 14).
Nel 2013 sono state mappate 42 operazioni straordinare, il 77% delle quali
sono avvenute in Nord Italia, mentre il 23% ha interessato il Centro. Il
volume d’affari complessivo delle aziende coinvolte ammonta a 2,7 miliardi
di euro, pari al 45,4% del fatturato totale dei 70 Top Player e al 25,9% del
fatturato dell’intero settore. Nel complesso le aggregazioni (la somma di
Fusione, Acquisizione/Cessione quote e Acquisizione di rami d’azienda)
sono il 59% delle operazioni mappate e hanno movimentato il 13,2% del
volume d’affari (quest’ultimo dato si riferisce al fatturato delle sole aziende
target). Dunque, molte operazioni ma di taglia medio-piccola, ad indicare
l'aggregazione di realtà di dimensioni non grandi da parte dei player
maggiori. Nel complesso le operazioni straordinarie denotano due tendenze
Fig. 13 – Operazioni straordinarie 2013 Fig. 14 – Trend operazioni (2011-2014)
Acquisizione
rami d'azienda
7%
Aumento
capitale sociale
2%
Liquidazione
partecipata
7%
Fusioni
7%
Cessione rami d'azienda
Acquisizione rami d'azienda
Ristrutturazione
aziendale
22%
2014
Costituzione controllata
Costituzione
controllata
10%
2013
Cessione quote
2012
Acquisizione quote
2011
Ristrutturazione aziendale
Cessione quote
14%
Acquisizione
quote
31%
12
Aumento capitale sociale
Fusioni
0
2
4
6
8
10
12
14
S Waste Strategy
Annual Report 2014
strategiche di fondo. Da un lato, una strategia di crescita dimensionale
attraverso aggregazioni. Dall'altro, l'avvio di processi di riorganizzazione Aggregazioni e
delle attività in una logica di ottimizzazione della gestione, ridisegnando la riorganizzazioni
struttura e i perimetri dei gruppi, cedendo o acquisendo rami o quote
d’azienda, rivedendo le logiche di business e d'investimento. In particolare,
i grandi gruppi tendono a separare gli asset dalle attività relative ai servizi.
Le esigenze finanziarie e gestionali di queste due aree sono, infatti,
differenti, ma vi è il rischio di perdere parte dei vantaggi di un modello
integrato verticalmente. Sugli effetti di queste scelte, peraltro, potrà
incidere anche l'orientamente legislativo e regolatorio in materia di
affidamento dei servizi e delle attività di trattamento e smaltimento.
In conclusione, i dati indicano che è in atto un processo di consolidamento: i
grandi gruppi tendono a incorporare piccole realtà specializzate, mentre le
aziende di dimensioni minori ricorrono a collaborazioni con altri operatori,
a costituire reti d’impresa o a riunirsi in realtà sovracomunali o provinciali.
I business model prevalenti
In questo quadro si stanno delineando diversi approcci strategici. In
particolare, paiono emergere due modelli di riferimento: uno basato su una
forte dotazione impiantistica, soprattutto termovalorizzazione a comple- Verso nuovi
mento della raccolta differenziata, capital intensive, con ampi bacini serviti.
modelli di
E' tipico delle aziende più grandi e si potrebbe definire modello "large
scale". L'altro punta a ridurre il più possibile la necessità di capacità di business
smaltimento, spingendo il più possibile il recupero dei materiali e
dell'organico e investendo in tecnologie di separazione e trattamento. E'
meno capital intensive ed è in genere caratteristico di utility medie e
medio-piccole; si potrebbe definire modello "light". Naturalmente sono due
schemi di massima, che possono trovare differente applicazione nelle
diverse realtà aziendali e territoriali. Entrambi presentano alcuni punti di
forza e di debolezza e non è possibile definire a priori quale sia il modello
migliore a prescindere dallo specifico contesto (Fig. 15).
Il quadro del settore, come si è visto, è caratterizzato da realtà assai
differenziate, sia per dimensioni e risultati, sia per ambito di attività. La
definizione del perimetro di business è, tra l’altro, uno degli elementi al
centro del ripensamento delle strategie. Ciò non solo per quanto riguarda la
presenza lungo le diverse fasi della filiera dei RU, ma anche la possibile
Fig. 15 – Sintesi di vantaggi e svantaggi di entrambi i modelli organizzativi
MODELLO “LARGE SCALE”
VANTAGGI
SVANTAGGI
• Integrazione ciclo dei rifiuti
• Maggiore redditività impianti
• Maggiore «autosufficienza»
e «prossimità»
• Capacità di gestione a
medio/lungo termine
•
•
•
•
Capital intensive
Grado di rigidità più elevato
Minore accettabilità sociale
Compatibilità antitrust (?)
MODELLO “LIGHT”
Minori investimenti in impianti
Maggiore grado di flessibilità
Maggiori percentuali di RD
Riduzione necessità di
capacità di smaltimento
• Maggiore accettabilità sociale
•
•
•
•
• Minori margini di sicurezza
sullo smaltimento
• Maggiori costi RD e selezione
• Maggior esposizione a
congiuntura mercati MP e MPS
13
S Waste Strategy
Convergenza
tra segmenti
e sviluppo di
nuovi mercati
Annual Report 2014
espansione in mercati contigui, come ad esempio quello dei rifiuti speciali.
Per alcune imprese, infatti, pare in atto una convergenza tra diversi settori,
con operatori dei RU che sono entrati nel mercato degli speciali e player di
questo comparto che stanno seguendo il percorso inverso.
5. Gli effetti della gestione dei rifiuti sul sistema Paese
Diverse politiche di gestione dei rifiuti implicano differenti ricadute per il
Paese nel suo complesso in termini ambientali, economici e sociali. Per
valutare gli effetti delle diverse modalità di gestione (riciclo, compostaggio e
termovalorizzazione) è stata condotta un’analisi costi-benefici per ciascuna
di queste rispetto alla soluzione in fondo alla gerarchia dei rifiuti, cioè lo
smaltimento in discarica. Sono stati elaborati, quindi, due scenari di
sviluppo relativi al mix di gestione dei rifiuti urbani secondo gli
orientamenti previsti dalle Direttive europee al 2025 e al 2030 (Fig. 16).
Fig. 16 – Scenari di sviluppo del mix di gestione dei RU al 2025 e al 2030
100%
90%
Scenari di
gestione dei RU
al 2025 e 2030
24%
30%
80%
70%
42%
60%
50%
20%
20%
40%
Recupero di materia
28%
25%
30%
20%
Esportazioni e altro
16%
Compostaggio e
digestione anaerobica
Termovalorizzazione
38%
25%
25%
10%
Discarica
5%
0%
Italia 2013
Direttiva UE 2025
Direttiva UE 2030
Elaborazione Althesys su dati ISPRA
Nello scenario intermedio al 2025, riciclo e compostaggio raggiungono nel
complesso il 50%, mentre la discarica si riduce al 25% e la quota residuale è
ipotizzata a termovalorizzazione. Al 2030, invece, è pressoché eliminato il
ricorso alla discarica (5%) con aumenti di riciclo e compostaggio (70%
totale), mentre rimane invariata la quota a incenerimento. Per stimare le
quantità di rifiuti prodotti nei due scenari sono state considerate le
previsioni sulla crescita della popolazione (fonte Istat) e sono state fatte
due diverse ipotesi sulla produzione pro-capite di rifiuti urbani. La prima
prevede un calo della produzione seguendo il trend degli ultimi dieci anni,
mentre l’altra considera una produzione in linea con quella registrata nel
2013. Ciò si traduce in una riduzione dei flussi in discarica tra 3 e 4 milioni
Al 2030 fino a di tonnellate al 2025 e di oltre 9 milioni al 2030 in entrambi gli scenari. Ad
14,9 miliardi di aumentare è soprattutto la quantità di rifiuti inviati a recupero di materia o
benefici dalla a compostaggio, per un totale compreso tra 2,2 e 4,4 milioni di tonnellate al
2025 (scenario bassa e alta produzione) e tra 6,9 e 11 milioni al 2030.
gestione dei rifiuti
14
L’analisi costi-benefici del riciclo comprende i flussi di rifiuti di plastica,
carta, vetro, metalli, legno e RAEE evidenziando benefici netti unitari
diversi, ma positivi per tutti. Il calcolo considera diverse voci quali i costi
incrementali di raccolta, trasporto e trattamento, i costi di smaltimento
evitati, i benefici ambientali, il valore delle MPS generate e l’indotto. Con un
Annual Report 2014
S Waste Strategy
approccio metodologico simile, le analisi costi-benefici di compostaggio e
termovalorizzazione hanno evidenziato benefici netti positivi anche per
queste soluzioni. Applicando tali benefici netti ai flussi di rifiuti delineati
negli scenari si stimano benefici netti per il Paese compresi tra 3,5 e 6,6
miliardi di euro al 2025 e tra 8,2 e 14,9 miliardi al 2030.
Questi scenari considerano soltanto i flussi di RU. Benefici ancora maggiori
sarebbero ottenibili valutando anche quei rifiuti che, pur non rientrando
nel computo degli urbani (e avendo anch'essi già realizzato significativi
progressi), hanno ancora un ampio potenziale di sviluppo come, ad
esempio, i PFU, le batterie e le pile, gli oli esausti, etc.
6. Quali politiche per la gestione dei rifiuti in Italia?
Alla luce del quadro strategico del settore e delle ricadute per il Paese di
differenti assetti di gestione, emergono indicazioni circa le evoluzioni
future e alcuni possibili indirizzi di policy.
- Innanzitutto, al settore serve maggior chiarezza e stabilità normativa, in
modo da ridurre l’incertezza e consentire la definizione di obiettivi e piani di medio-lungo periodo. È necessaria un’armonizzazione legislativa,
evitando la frammentazione delle competenze e superando le attuali incongruenze e difficoltà delle pianificazioni regionali. Le complessità Stabilità
normative creano barriere all’entrata e ostacoli agli investimenti.
normativa è
- Devono essere definiti sistemi di finanziamento dei servizi ambientali
che perseguano al contempo la stabilità economico-finanziaria delle imprese, l'efficienza e la sostenibilità ambientale. Sono da preferire meccanismi che incentivino la raccolta differenziata e il riciclo. Bisogna attuare
la tariffa puntuale, con un approccio che la renda applicabile ovunque
prescindendo dalle caratteristiche del territorio e dalle modalità di raccolta. Il ritorno a un sistema di pura tassazione da uno tariffario pare
dunque un passo indietro, sia nella modernizzazione del settore che nel
perseguimento dei criteri ambientali europei (Polluter Pays Principle).
chiave per
pianificare e
finanziare gli
investimenti
- Politiche per le infrastrutture e gli impianti sono prioritarie. Il rispetto
degli obiettivi UE, sia a breve che a medio-lungo termine, richiede di pianificare adeguatamente gli investimenti ma anche di ottimizzare la gestione delle capacità di trattamento e smaltimento esistenti.
- E' opportuna una revisione delle politiche fiscali che incentivi le soluzioni
in cima alla gerarchia di gestione dei rifiuti. Riduzione dell'imposizione
indiretta sui prodotti riciclati, crediti d'imposta per gli investimenti in
innovazione, possono essere sostenuti con maggiori oneri sulle modalità
più impattanti come la discarica, a carico fiscale complessivo invariato.
- Tutti gli operatori, sia della raccolta, del trattamento che del riciclo, devono raggiungere un’adeguata massa critica, superando l’attuale fram- Superare la
mentazione, in modo da poter ottimizzare la gestione e realizzare gli op- frammentazione
portuni investimenti. L’introduzione del concetto di unicità della gestione del settore
in ambiti territoriali minimi potrebbe favorire questo processo. Sono
quindi da perseguire politiche che sostengano la spinta verso le aggrega15
S Waste Strategy
Annual Report 2014
zioni e il consolidamento del settore già in corso. Le norme in gestazione
nella Legge di Stabilità parrebbero andare in questa direzione. È necessario, quindi, sviluppare una visione industriale del settore, superando i limiti storici dei servizi pubblici locali. Il waste management e il riciclo, infatti, costituiscono fattori chiave per la competitività di diversi settori industriali italiani, in particolare quelli basati sul recupero delle MPS.
Gestione rifiuti
e riciclo fattori
chiave per la
competitività - Sono auspicabili maggiori sinergie tra le varie fasi della filiera, non solo
del waste management, ma anche i comparti a monte e a valle, promuovendo una più stretta collaborazione con il settore industriale e commerciale. L'ottimizzazione nella gestione e prevenzione dei rifiuti richiede,
infatti, una cooperazione lungo l'intera catena del valore, attraverso una
equilibrata distribuzione di responsabilità ed oneri tra i suoi vari anelli.
Ugualmente è essenziale la coerenza tra norme che toccano industrie
diverse ma che concorrono ai medesimi obiettivi ambientali.
- Specifica attenzione andrà dedicata alla prevenzione e alle modalità di effettiva attuazione del concetto di responsabilità estesa del produttore.
Prevenzione e
L’evoluzione normativa indotta dai cambiamenti nelle Direttive europee
sinergie lungo
richiederà un ripensamento nelle strategie delle imprese di molti settori
la filiera
industriali. L'introduzione di più stringenti prescrizioni sul packaging,
parallelamente a obiettivi di contenimento dei rifiuti (ad esempio, in
comparti come l’agroalimentare dove sono previsti target specifici), impatteranno da un lato sulle strategie di prodotto e di processo
dell’industria, dall’altro sulle soluzioni adottate dalle imprese di waste
management. L’attuazione di queste politiche dovrà avvenire in modo
progressivo ed equilibrato senza aggravi di costi per i consumatori e per
il sistema nel suo complesso. Un ruolo rilevante dovrebbe essere svolto
anche dalle Green Procurement Policies, sia pubbliche che private.
- Il disegno di opportune politiche per la gestione dei rifiuti richiede la disponibilità di più ampie e approfondite conoscenze e di opportune e affidabili basi quantitative. È quindi necessario definire standard e direttive
unitarie e coerenti con i principi europei, sia per le rilevazioni statistiche
che per la redazione di Piani regionali o territoriali in modo da disporre
di informazioni e dati omogenei.
- Per dare stabilità e univocità alla regolazione del comparto, sia a beneficio delle imprese di waste management che degli altri settori industriali e
dei servizi, nonché dei cittadini, si potrebbe prevedere l’introduzione di
Serve una
un soggetto unico nazionale di regolazione del settore. Ciò permetterebbe di superare l'attuale frammentazione di competenze e responsabilità.
strategia
nazionale Molti progressi sono stati fatti negli ultimi anni, ma vi sono ancora enormi
per i rifiuti potenzialità da sviluppare. Mentre alcuni comparti merceologici e zone
geografiche sono prossimi o hanno già raggiunto gli obiettivi, altre aree
hanno ancora opportunità di crescita da sfruttare. Le peculiarità dell’industria del waste management e del riciclo richiedono, d’altra parte, che il
funzionamento del mercato sia affiancato da politiche che permettano di
ottimizzare i risultati a livello di sistema Paese. In conclusione, serve una
vera e propria strategia nazionale per i rifiuti, chiara e di lungo periodo, che
sappia valorizzare le competenze e le risorse industriali italiane.
16
Alessandro Marangoni
Economista aziendale, è esperto di strategia e finanza nei settori energia e ambiente,
sia a livello accademico che professionale.
Docente e consulente con una vasta esperienza in diversi settori industriali e dei
servizi, è autore di numerose pubblicazioni di strategia e di gestione aziendale.
Il presente documento è una sintesi del più ampio studio “L’industria italiana del waste management e del
riciclo tra strategie aziendali e politiche di sistema”.
Le informazioni contenute in questo rapporto provengono da fonti aperte. La ricerca si basa su informazioni
e dati divulgati dalle società esaminate, da istituti di ricerca, dai media e da istituzioni.
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unicamente allo scopo di presentare il quadro e l’evoluzione del settore in esame.
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giudizio su persone o società citate.
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L`industria italiana del waste management e del riciclo tra strategie