L a r e s i s t e n z a a l mo t o Cap. 2: I l M o d e l l o s p e r i me n t a l e Parte II: Il Metodo di Froude 1. INTRODUZIONE 2. WILLIAM FROUDE 3. LE ESPERIENZE SULLA CORVETTA "GREYHOUND" 4. I PRINCIPALI FONDAMENTALI DELLA RESISTENZA AL MOTO 5. LA RESISTENZA DELLA LASTRA PIANA: LE ESPERIENZE DI FROUDE 6. IL METODO DI FROUDE 7. LE FORMULE PER IL CALCOLO DELLA RESISTENZA DI ATTRITO DELLA LASTRA PIANA 8. RAPPRESENTAZIONE DEL METODO DI FROUDE 9. CONSIDERAZIONI SUL METODO DI FROUDE 10. VALIDAZIONE SPERIMENTALE DEL METODO DI FROUDE 1. INTRODUZIONE La previsione delle prestazioni propulsive di una nave sono tuttora eseguite utilizzando, mediante opportune procedure, i risultati delle esperienze condotte in vasca su modelli. Molti eminenti scienziati e studiosi si sono occupati dei problemi di fluidodinamica relativi alla definizione delle migliori forme da dare a navi e a corpi in generale, al fine di rendere minima la resistenza incontrata durante il moto in un fluido. Nel XVII secolo, Isaac Newton affrontò lo studio della resistenza con metodi scientifici e moderni. Concetti e considerazioni anche di tipo quantitativo, riportati nella sua opera "Principia" del 1687, furono per molto tempo un fondamentale punto di riferimento. Tuttavia, le uniche guide per le definizioni delle forme delle numerose navi costruite, erano regole geometriche, l’esperienza dei costruttori e, in ultimo, l’ipotesi che la resistenza variasse con il quadrato della velocità. Nel secolo successivo, Bernoulli, Eulero ed altri eminenti studiosi continuarono gli studi sulla resistenza al moto, elaborando altre teorie che non ebbero, purtroppo, applicazione pratica. L’uso di modelli di navi, rimorchiati in acqua per studiarne la resistenza al moto, ha il primo riferimento certo ad alcune esperienze condotte da Leonardo da Vinci (14521519) su tre modelli di carene aventi diverse forme di poppa e prora [1]. Nel 1717 lo svedese Kristoffer Polhem suggeriva [2] all’Accademia Reale Scientifica di Svezia di eseguire esperienze su modelli. Sono da menzionare almeno altri due studiosi svedesi interessati all’argomento. Il primo è lo scienziato, teologo e filosofo Emanuel Swedenborg, che nel 1721 propose l'uso di modelli in scala per la conoscenza della resistenza al moto di una nave. Noto per l'opera filosofica "De coelo et ejus mirabilius, et de Inferno", E. Swedenborg, anche appassionato studioso di meccanica e seguace della teoria newtoniana, formulò i primi concetti di aeroplano e sommergibile. Un bellissimo capitolo è dedicato a Swedenborg da R. W. Emerson nell’opera “Uomini rappresentativi”, pubblicata dai Fratelli Bocca Editori di Milano, nella collana Piccola Biblioteca di Scienze Moderne (1906). Il secondo è Chapman, [2], ammiraglio della Reale Marina Svedese e responsabile del cantiere navale di Karlskrona, nel sud della Svezia. Circa nel 1760, egli costruì presso la sua fattoria una vasca di 68×15×4 piedi e vi provò modelli di carene mossi dalla caduta per gravità di pesi, collegati ad una delle estremità di un cavo, l’altra era attaccata al modello. 1 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 Nel 1756 Bird [3] aveva eseguito esperienze analoghe in Inghilterra, utilizzando una piccola vasca, lunga 30 piedi, probabilmente la prima vasca adibita e attrezzata a questo scopo. Anche Benjamin Franklin si interessò al problema della resistenza al moto delle navi. Nel 1764, al ritorno di un suo viaggio in Olanda, eseguì esperienze su alcuni modelli per verificare l'aumento di resistenza al moto dovuto al fondale basso. Anche Eulero, nel 1773 propose l'uso di modelli per lo studio della resistenza al moto. In Francia, circa nel 1770, d'Alembert, Condorcet e Bossut furono incaricati dall’Accademia di Parigi di studiare la resistenza al moto delle navi avanzanti su fondali bassi e in canale. A tale scopo, nel 1775 essi curarono la costruzione di una vasca navale, lunga circa 32.5 m, larga 17.2 m, con una profondità massima di 2.10 m [4]. Il modello era rimorchiato mediante il sistema detto a gravità, utilizzato dal Chapman. Cronometrando i tempi dei passaggi attraverso porte poste a distanza nota tra loro, si misurava la velocità. Le esperienze furono eseguite con notevole accuratezza e, nell’estesa relazione, fu riportata un’importante conclusione: la legge di variazione della resistenza con il quadrato della velocità era da ritenere accettabile, tuttavia alle alte velocità si richiedeva un esponente di valore maggiore. Nel 1778 Bossut eseguì altre esperienze in un nuovo bacino, avente di dimensioni doppie del precedente. In particolare studiò l’influenza delle forme della prua sulla resistenza [5]. Nel 1787 Romme eseguì un notevole numero di esperienze in un canale largo 40 piedi e profondo da 7 a 8, presso Rochefort, su un modello lungo 12 piedi di una fregata francese. Il grande merito del suo lavoro è, soprattutto, nell’avere evidenziato l’influenza della sezione maestra sulle prestazioni di una carena. Esperimenti del genere cominciarono a moltiplicarsi, specialmente in Gran Bretagna dove, probabilmente, gli effetti delle guerre napoleoniche si facevano sentire. Tra il 1793 ad il 1798, nel Greenland Dock di Londra, Beaufoy condusse una serie di esperimenti su carene di varie forme, su corpi prismatici e lastre piane. Egli determinò una formula per il calcolo della resistenza di attrito, dimostrando che essa variava con la velocità elevata ad un esponente poco minore di due. I risultati completi del suo lavoro furono pubblicati dopo quasi quaranta anni dal figlio [6]. Un interessante e concreto uso della sperimentazione su modelli navali consentì alla società scozzese Alexander Hall di Aberdeen, diretta da James e William Hall, di progettare la prima nave “clipper”. La carena era caratterizzata da forme molto slanciate e adatte per velieri veloci. Le esperienze furono eseguite in una piccola vasca con pareti di vetro, lunga 10 piedi, larga 1 e alta 16 pollici. L’acqua aveva una profondità di 10 pollici; sulla superficie libera fu 2 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 posto uno strato di vernice rossa, spesso 1 pollice e mezzo. I modelli erano tirati da un cavetto con il sistema a gravità. Con lo stesso peso in caduta, furono provate diverse forme di carena e confrontate le loro efficienze valutando le velocità conseguite; l’andamento della vernice sulla superficie della carena consentiva di valutare l’andamento dl flusso. La prima nave costruita fu la Scottish Maid, che raggiunse notevoli velocità e successo. Nell’articolo di W. Hall [7, 8] sono descritte le esperienze e le forme della carena. Da essa hanno avuto origine le classiche prue a clipper, caratterizzate da essere lunghe, affilate, slanciate verso l’esterno appena escono dall’acqua, con angoli di entrata molto piccoli e linee convesse, con corpi poppieri di uscita lunghi e puliti. 3 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 2. WILLIAM FROUDE La prima definizione chiara e precisa riguardante le procedure sperimentali e la legge di trasferimento alla nave dei risultati ottenuti su modello in vasca, fu data da William Froude. Il metodo proposto porta il suo nome ed è ancora oggi utilizzato. William Froude nacque nel 1810 a Dartington, Devonshire, in Inghilterra. Nel 1828 lasciò la Westminster School e si iscrisse all’Oriel College, dove rimase fino al 1835 e conseguì la laurea in Ingegneria civile. Iniziata la professione, nel 1838 fu impegnato nella costruzione della linea ferroviaria tra Bristol e Exter, alle dipendenze di I.K. Brunel, famoso ingegnere ferroviario inglese, che aveva avuto anche un ruolo di grande responsabilità nella costruzione delle navi a vapore Great Western (1835), Great Britain (1838) e Great Eastern (costruzione iniziata nel 1851). Probabilmente, anche il progetto di Burnel di estendere il collegamento agli Stati Uniti con navi a vapore, portò l'interesse di W. Froude ai problemi navali. Le prime esperienze furono eseguite su modelli di eliche navali (1850) e su piccoli modelli di navi autopropulse; le eliche erano azionate da meccanismi ad orologeria costruiti dallo stesso Froude. Nel 1859 si trasferì a Paignton, dove maturò la prima idea di una vasca sperimentale. Mentre era impegnato nella costruzione della sua casa, chiamata Chelston Cross, in località Cockington, presso Torquay, trovò il tempo (1862-1863) di eseguire alcune esperienze su modelli di carena, rimorchiati con il sistema della caduta per gravità di un peso in una ampia vasca in muratura, situata nei pressi, per la raccolta dell’acqua piovana. I risultati non furono considerati soddisfacenti da Froude, in quanto la scarsa tensione del filo e la brevità della corsa, non consentivano al modello di generare una corretta formazione ondosa e quindi una appropriata corrispondente resistenza. Nel 1861, la presentazione presso l’Istitution of Naval Architect del primo articolo sul rollio delle navi, diede a Froude l’opportunità di conoscere scienziati e studiosi dell’Ingegneria navale e, in particolare, Sir Edward Reeds, costruttore capo della Marina Militare Britannica. In quegli anni, le previsioni idrodinamiche di una nave, nonostante i vari e diversi studi teorici e sperimentali, erano eseguite sulla base della Costante dell’Ammiragliato, nelle sue varie forme, e con altri simili metodi empirici. Nell’ambito della British Association for the Advancement of Science, alla quale Froude apprteneva, era diffusa la diffidenza e lo scetticismo sulla sperimentazione con modelli, sia per gli scoraggianti esiti riscontrati nell’applicazione al progetto dei risultati ottenuti sul modello, sia per due fondamentali obiezioni poste al metodo stesso. La prima riguardava il rilievo di una formazione ondosa sul modello più estesa, in proporzione, rispetto a quella della nave; la seconda atteneva agli effetti di quella 4 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 grandezza fisica del fluido, chiamata dal Rankine “rigidità” dell’acqua, successivamente e ora nota come viscosità, che erano tanto maggiori quanto più piccolo era il modello. Aggiungendo a queste riserve, quelle in generale connesse alle difficoltà proprie delle attività sperimentali in laboratorio, ne conseguiva l’opinione, largamente condivisa nell’ambito della British Association for the Advancement of Science, che il metodo migliore per lo studio della resistenza al moto di una nave fosse il ricorso alle esperienze al vero in mare. Nell’autunno del 1867, Froude eseguì presso la foce del River Dart quelle che, tra le prime esperienze, sono considerate le più importanti in quanto portarono alla formulazione della legge di trasferimento dei risultati dal modello alla nave. Furono provate due forme di carene molto diverse, una, allora detta “wave-line type”, caratterizzata da piccoli angoli di entrata e di uscita dei corpi di estremità, con andamenti concavi verso l’esterno dei corrispondenti tratti delle linee d’acqua; l’altra avente forme più arrotondate e tozze alle estremità, soprattutto a prua dove esse erano tali da poter considerare ivi posto un bulbo, che in tal modo trovò, probabilmente, la sua prima applicazione. Le due carene avevano uguali la lunghezza, la forma della sezione maestra e il dislocamento. Di entrambe furono costruiti e provati tre modelli lunghi 12, 6 e 3 piedi; esse furono in seguito note con i nomi Swan e Raven rispettivamente, e i modelli detti lunghi, medi e corti. La loro scelta non fu casuale; in quegli anni si riteneva che le forme più favorevoli per le carene erano quelle “wave-line type”; altri, come Froude, sostenevano che, alle velocità moderate, forme più piene alle estremità fossero vantaggiose nei riguardi della resistenza. I risultati sperimentali confermarono che la della carena Raven, la più sottile, aveva prestazioni superiori alle basse velocità, ma inferiori a quelle moderate e più alte. Dalle note manoscritte del Froude, non pubblicate, si rilevano l’estrema accuratezza e cura nella preparazione ed esecuzione delle esperienze; di esse l’Autore dà una prima informazione a Sir Edward Reeds in un esteso rapporto inviato nell’Aprile del 1868, ove si avanzava anche una prima proposta di costruzione di una vasca navale. Nel dicembre dello stesso anno, Froude preparò ed inviò allo stesso Reeds un memorandum dal titolo “Observations and Suggestions on the Subject of Determining by Experiment the Resistance of Ships” [9]. La proposta riguardante la realizzazione della vasca era descritta nei particolari, ne erano analizzate le motivazioni ed esposti i vantaggi e l’affidabilità delle procedure sperimentali su modelli rispetto alle prove in mare; infine si presentava un dettagliato preventivo di spesa e di tempi: il finanziamento richiesto ammontava a 2000 sterline, nessun compenso era richiesto per il suo lavoro, due anni era il tempo necessario per realizzare l’impianto sperimentale. In allegato 5 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 seguiva un’Appendice contenente una prima formulazione, con fondamentali ed interessanti considerazioni, della legge di trasferimento ("Law of Comparison"): “…Then we can deduce from the diagram the resistance will be experienced at any velocity, by a model of (n) times the dimension, by reading off the velocities as ( n ) times and the corresponding resistance as ( n 3 ) times as great as those expressed by the original scales”. Questa legge era stata già definita dal francese Frederic Reech nel 1844 e riportata nel suo testo “Cours de Meccanique”, (1852), come caso particolare della più generale Legge della Similitudine Meccanica; senza, però, alcun riferimento ad applicazioni pratiche, né a risultati sperimentali ottenuti su modelli. Il testo del memorandum di Froude è riportato in [9]; alla fine di questo paragrafo se ne riporta l’Appendice. Nel 1869, alla sessione della British Association for the Advancement of Science, il comitato che si occupava dei vari aspetti del progetto della nave, raccomandava di eseguire prove sperimentali al vero in mare per ottenere dati utili allo studio ed alla previsione della resistenza al moto delle navi, invitando, altresì, l’Ammiragliato ad organizzare le esperienze. Froude, pur non contrario a tale procedura, era tuttavia convinto e fiducioso della affidabilità e delle potenzialità delle esperienze su modelli e presentò, nella medesima sessione dell’Associazione, una comunicazione, “Mr. Froude’s Explanation”, [10], nella quale, tra l’altro, per manifestare il suo dissenso a quella decisione scriveva: “..I thus find myself somewhat abruptly placed in a position in which I must ask permission to present, as part of our proceedings, a supplementary report explaining the reasons which oblige me to dissent from the recommendations to which I refer.” Nel seguito della nota erano illustrati i risultati ottenuti dalle esperienze eseguite sulle carene Swan e Raven e riportate, in forme più rigorose e precise, alcune considerazioni e concetti, compresa la legge di trasferimento, già scritte nelle precedenti relazioni inviate all’Ammiragliato, a sostegno della sua convinzione della maggiore utilità delle prove su modelli rispetto a quelle al vero. Con lettera del 1 Febbraio 1870, l’Ammiragliato comunicava a Froude l’approvazione del suo progetto di costruzione di una vasca navale e l’assegnazione del finanziamento di 2000 sterline alle condizioni e nelle forme stabilite nel memorandum iviato nel 1868. L’impianto sperimentale fu costruito a Torquay, su un terreno preso in affitto nei pressi della casa di Froude. Tra molta diffidenza e critiche pungenti, i lavori iniziarono nel Giugno del 1870 e nel marzo del 1872 l’impianto era completamente operativo. Il bacino di 278×36×10 piedi fu riempito di acqua il 21 Marzo del 1871. Fu attrezzato con un carro e annessa strumentazione di misura (carro dinamometrico) per il rimorchio 6 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 dei modelli; una macchina a vapore a due cilindri ne consentiva la traslazione ad una velocità massima di 1000 piedi al minuto. Le prove di calibrazione del carro iniziarono il 22 Maggio 1871; quelle per definire la procedura sperimentale, il tipo e le dimensioni delle molle dei dinamometri di resistenza durarono sei mesi. Le prime esperienze di rimorchio furono eseguite il 3 Marzo del 1872 sul modello di una carena modificata del Greyhound; le prime autopropulsioni iniziarono il 15 Agosto 1873 su un modello della corvetta Encounter. Froude, come era stato convenuto, nei due anni previsti per la costruzione dell’impianto, fornì gratuitamente il suo servizio di progettista, anche nella realizzazione di molti strumenti di misura, di sperimentatore nella definizione e messa a punto delle procedure sperimentali. Le attività sperimentali continuano intensamente sotto la sua direzione fino alla fine del 1878, quando, per motivi di salute, partì per un viaggio in Sud Africa; morì a Città del Capo il 4 Maggio 1879. Fu sostituito nella direzione della vasca dal figlio Robert Edmund, che vi rimase fino al 3 Febbraio 1886, quando, scaduto il contratto di locazione del suolo, l’impianto fu smantellato e uno nuovo fu realizzato a Haslar. Un’egregia e viva descrizione storica dell’impianto di Torquay e del ruolo di William Froude, delle attività svolte nei quattordici anni di vita è data da R. W. L. Gawn in un articolo, pubblicato nelle Transactions I.N.A. del 1941, corredato con molte ed interessanti immagini e figure [11]. Il ruolo di William Froude è stato fondamentale in generale per l’Architettura Navale; i tanti contributi dati evidenziano la genialità della sua mente. D. W. Taylor scriveva: “Froude was far ahead of his time, not only as a pioneer of the rolling of ships and propulsion and resistance but as a genius, who with a model Tank which was very crude compared with those of to-day, established methods and quantitative coefficients which served the naval architects for some 50 years”. Nei paragrafi che seguono vengono descritte le esperienze eseguite sul Greyhound ed esaminato il contenuto delle memorie “The fundamental Principles Which Govern the Behaviour of Fluids, with Special Reference to the Resistance of Ships” (1875) e “The Fundamentals Principles of the Resistance of Ships” (1876). 7 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 3. LE ESPERIENZE SULLA CORVETTA “GREYHOUND” Nei mesi di Agosto e Settembre del 1871, al largo di Portsmouth furono eseguite le prove in mare della corvetta “Greyhound”, fissate dai Lord Commissioners dell’Ammiragliato Inglese su richiesta del Committee on Designs of Ships for War. W. Froude e G. P. Bidder, membri del comitato, erano stati nominati responsabili dell’esecuzione delle prove. Il lavoro fu svolto in larga parte da Froude, in quanto ulteriori impegni non consentirono a Mr. Bidder di prestare un’adeguata collaborazione. I risultati furono consegnati all’Ammiragliato il 31 Marzo 1873; di essi Froude pubblicò un articolo sulle Transactions I.N.A. del 1874 [12]. Scopo dell’indagine era determinare la resistenza al moto di una nave, di forme note, al variare della velocità e in diverse condizioni di carico e di assetto, allo scopo di confrontare i risultati con quelli delle prove eseguite su altre navi, di indagare sul comportamento dell’apparato di propulsione e del propulsore ed, infine, di valutare opportuni coefficienti correttivi da applicare ad una formula data da Rankine per la previsione della resistenza al moto di una nave. Una dettagliata descrizione delle prove in mare è riportata in [12]; di esse ci si limiterà a dire che la Greyhound, lunga 172.5 piedi con un dislocamento di 1157 tons, fu opportunamente rimorchiata dalla nave “Active”, di 3078 tons. Nello stesso articolo, con riferimento in generale alle esperienze, Froude scriveva [12, pag. 232]: “They have also an important bearing on another experimental inquiry, which is being carried on by me under the sanction of the Admiralty, namely, the endeavour to determine the resistance of a ship of any given form by the much simpler process of determining those of a sufficiently large model of the ship – a method the value of which depends on the correctness of the scale of comparison by which the resistance of the ship are inferred from those of the model. The scale which has been propounded possesses undoubted prima facie theoretical truth, and some experimental justification, and would be tested completely, and might receive correction by help of the trial of fullsized ship” Infatti, su un modello in scala 1:16, eseguì in vasca misure di resistenza al moto nelle medesime condizioni di dislocamento e assetto della nave alle prove; le velocità della nave e del modelo erano nel rapporto della radice quadrata della scala. Confrontando gli andamenti delle curve di resistenza, Froude scriveva [12, pag. 245]: “….there is a great resemblance in character between the curve of resistance of the model and of the ship.” 8 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 Prima di procedere al calcolo delle resistenza della nave da quella del modello, Froude fece alcune interessanti considerazioni, che, nella sostanza, modificavano la legge di trasferimento, precedentemente enunciata, nella forma oggi nota come Metodo di Froude. In particolare, dopo aver richiamato la legge e il concetto di velocità corrispondenti, nella memoria si legge [12, pag. 245]: “This law would certainly hold good according to the old rule that the resistance varies as the square of the velocity, and again as the area of the surface exposed to resistance, or as that the mid-ship section – a law which has been generally held to express accurately the resistance due to surface friction, and the formation of dead-water eddies, of which the wake of a plane moving at right angles to itself may be regarded as the most perfect example; and, as will be presently seen, there is a great reason to conclude that almost the only element of resistance over and beyond these is that due to the formation of the waves which the passage of the ship creates. These waves are undoubtedly originated by the differences of hydrodynamic pressure inherent in the system of stream line motion which accompanies the ship; and, according to theory, when the originating form are similar, and travel at speeds proportional to the square roots of their respective dimensions, the resulting forces, being as the squares of the speeds, will be such as to create wave configurations precisely similar in every respect. ……………This being so, it follows that the resistance caused to these forms respectively by the development of the waves, would be proportionate to the cubes of the dimensions of the forms, and would therefore strictly follow the law of comparison already quoted. A confirmation of this proposition of the similarity of the waves caused by similar forms travelling at corresponding speed, was incidentally afforded by the experiments made by me for the Admiralty, in July 1872, on the form proposed by Mr. Ramus, in which two similar models of greatly different dimensions were tried out at various speeds.” In queste considerazioni, che vanno lette ricordando anche il contenuto dell’Appendice al Memorandum inviato a Sir Reed, la resistenza al moto è suddivisa nelle tre classiche componenti di attrito, di vortici e di onda; riguardo a quest’ultima e alla formazione ondosa viene chiaramente precisato il significato fisico di velocità corrispondenti. Continuando nella lettura, si noti la precisazione sulla legge di trasferimento: essa è applicabile rigorosamente alla resistenza d’onda. Successivamente si procede all’analisi della resistenza di attrito ed alla sua calcolabilità con la lastra piana. “The law of comparison then, would be absolutely correct if the elementary resistance due to the wave-making, to surface-friction, and to the formation of dead-water eddies, 9 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 constituted the entire resistance, and if, as has been generally believed, it were strictly true of the latter two elements alike that the resistance varies as the squares of the speed and as the area of the surface on which it acts. With reference to dead-water eddies, indeed, this double proposition may be confidently accepted; but the experiments on surface friction, of which a report has been sent in by me to the Admiralty, show that, in regard to this latter element at least, the proposition does not express the exact truth. In fact, in dealing with surface having so great a disparity in length and speed as those of a model and of a ship, a very tangible correction is necessary; but it is one of easy application, and the data afforded by the friction-experiments are so definite that there is practically no room for error in its application, given the nature of the surface of the ship.” Le esperienze sulle resistenza di attrito, alle quali si fa riferimento, sono quelle sulle lastre piane, riportate in [15, 16]; di esse si darà informazione in seguito. Nella nella parte successiva della memoria, sono riportati il trasferimento dei valori della resistenza del modello alla nave e il confronto con i valori rilevati a mare. A tale scopo, i valori delle resistenze utilizzati sono le medie di quelli relativi ai vari assetti. I risultati furono rappresentati in apposita figura che si riporta di seguito. Con riferimento ad essa Froude scriveva: “In Fig. 18 the ordinates of the line AA show the resistance at various speeds, of the model of the Greyhound at normal displacement, being an average of the resistance at different trims. Those of line BB shoe the resistance of the model due to surface-friction alone, calculated from the experiments on the supposition that the quality of the ship’s skin is equivalent to what became a serviceable standard of quality in those components, namely that of smooth shell-lac varnish;* consequently the remainders of the ordinates (i.e. the parts included between the line AA and line BB) express the resistance due to other causes than surface-friction; and to these, it seems certain, the law of comparison correctly applies; hence the portions of the ordinates which are included between the two lines AA and BB, represent correctly, when interpreted by the scales appropriate to the ship, the resistance of the ship without surface-friction. The resistance of the ship due to surface friction, is then calculated in the same way as that of the model; and it is represented by the line CC, measuring the ordinates downwards from the line BB on the appropriate scales. Then the ordinates of the curve AA measured similarly from the curve CC instead from the base, represent the total resistance of the ship as deducible from that of the model. ……………………………….. * For this calculation, the immersed skin was carefully measured, and the resistance due to it determined upon the hypothesis that it is equivalent to that of rectangular surface of equal area, and length (in the line of motion” equal to that of the model, moving at the same speed. I am confident that no sensible 10 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 error arises from this disregarding the small alternate motions in the surrounding water due to streamline action.” Questi riportati sono i fondamenti del metodo di Froude: viene definito il concetto di lastra piana equivalente e le resistenze di attrito della nave e del modello sono calcolati con le formule ricavate dalle sperimentazioni eseguite su di essa; alla nave è trasferita, con il cubo della scala, la differenza tra la resistenze totale e di attrito del modello. Nei paragrafi successivi, Froude corregge i risultati per tenere conto della differenza delle densità tra acqua dolce e acqua di mare e mette a confronto le curve di resistenza della nave ottenute a mare e in vasca. Il grafico è di seguito riportato. Come si osserva, la resistenza a mare risultò essere superiore a quella ricavata dal modello, con differenze percentuali che vanno dal 35% alle velocità più basse al 9% alle più alte. Diverse e interessanti furono le giustificazioni date da Froude a giustificazione di questi scarti; certamente lo stato delle superfici delle carene nave e modello era diverso: il modello aveva la superficie liscia e verniciata, quella della nave era coperta di lastre di rame, con lunga permanenza a mare. Un altro importante fattore che, in seguito, fu evidenziato in una successiva pubblicazione [rif], era la profondità del fondale. Quello della vasca aveva, rispetto al modello, le caratteristiche assimilabili alla profondità infinita; quelle svolte a mare erano proprie dell’avanzamento in basso fondale. Pertanto, furono esguite in avsca esperienze su un fondale rialzato, corrispondente a condizioni più prossime a quelle dela mare e il confronto migliorò sensibilmente. Il risultato ancora più importante fu, tuttavia, l’evidenziare l’influenza del fondale sulla resistenza al moto e l’enunciazione degli elementi fondamentali della resistenza in basso fondale. La conclusione generale del lavoro svolto si può, infine, compendiare nelle parole finali di Froude: “The experiments with the ship, when compared with those tried with her model, substantially verify the law of comparison which has been propound by me as governing the relation between the resistance of ships and their models”. 11 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 Figura tratta dalla memoria [12] 12 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 25000 Esperienze sulla corvetta Greyhound: Resistenza della nave a mare confrontata con quella dedotta dal modello 20000 resistenza della nave (libbre) valori mare valori vasca 15000 10000 5000 0 500 600 700 800 900 1000 velocità della nave (piedi al minuto) 13 13 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 1100 1200 1300 4. I PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA RESISTENZA DELLE NAVI I fondamenti teorici della resistenza al moto erano già stati delineati da Froude nel memorandum inviato all’Ammiragliato nel 1868. Gli studi e le ricerche di eminenti scienziati sui moti fluidi indotti dall’avanzamento di un corpo contribuirono, in maniera significativa, al perfezionamento di concetti e principi alla base della sua teoria, esposta nelle pubblicazioni del 1875 e 1876 [13, 14] con la semplicità e la modestia che è caratteristica degli uomini geniali. In particolare, in entrambe egli riportava in una nota a margine: “I cannot pretend to frame a list of many eminent mathematicians who originated or perfected the stream-line theory; but I must name, from amongst them, Professor Rankine, Sir William Thomson, and Professor Stokes, in order to express my personal indebtedness to them for information and explanations, to which chiefly (however imperfectly utilized) I owe such elementary knowledge of the subject as alone I possess.” Nei due lavori su referenziati, sono presentati i fondamenti teorici della fluidodinamica, allora nota, a giustificazione della suddivisione della resistenza nelle tre componenti di attrito, di vortici e di onda. La chiarezza di esposizione e dei concetti obbligano, ancora una volta, a riportare direttamente il testo dei lavori di Froude, essendo inutili e superflui i tentativi di traduzione e di commento. Con riferimento alla memoria “The Fundamental Principles of the Resistance of Ships” [14, pag. 305], si riporta: “Since then a frictionless fluid would offer no resistance to a submerged body moving through it, we have next to consider what are the real causes of the resistance which such a body experiences when moving through water. The difference between the behaviour of water, and that of frictionless fluid is twofold, as follows: First, the particles of water, unlike those of a frictionless fluid, exert a drag or frictional resistance upon the surface of the body as they glide along it. This action is commonly called surface-friction or skill-friction, and its amount in any given case can be calculated from experimental data. The resistance due to surface-friction of a body such as that which we have been considering is practically the same of a plane surface of the same length and area, moving at the same speed edgeways through the water. The second difference between the behaviour of water, and that of the imaginary frictionless fluid surrounding the moving submerged body, is that the mutual frictional resistance experienced by the particles of water in moving past one another, somewhat hinders the necessity streamline motion, alters their nice adjustment of pressures and 14 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 velocities, defeats the balance of forward and backward forces acting against the surface of the body, and thus induced resistance. ………………..In such a case, the stream-lines, instead of closing in round the stern, as shown in the figures, form a swirl or eddy, ……………….., and thus a very great resistance may result. …………… I call this source of resistance “eddy-making resistance”, and as I have said, it will be imperceptible in forms of fairly easy shape, …………. I have hitherto, throughout the whole of this reasoning, been dealing with submerged bodies only…………….But when we come to the case of a ship, or any other body travelling at or indeed near the surface, we find a new cause of resistance introduced: a cause, the consideration of which is often of most vital importance in the design of the forms of ships, and which renders the question of the form of least resistance for a ship, entirely different from that of the form of least resistance for a submerged body. This new cause of resistance, like the eddy-making resistance, operates by altering the stream-line motions and defeating their balance of forward and backward forces. It arises as follows: Imagine a ship travelling at the surface of the water, and first suppose the surface of the water to be covered with a sheet of rigid ice, and the ship cut off level with her waterline, so as to travel beneath the ice, floating, however, exactly in the same position as before ….As the ship travels along, the stream-line motions will be the same as for a submerged body, of which the may be regarded as the lower half; and the ship will move without resistance, except that due the two causes I have just spoken of, namely surface friction and eddy-making resistance. The stream-line motions being the same in character as those we have been considering, we shall still have at each end an excess of pressure, and along the sides a defect of pressure, which will tend the one to force up the sheet of ice and the other to suck it down..If now we remove the ice, the water will obviously rise in level at each end, in order that excess of hydrostatic head may afford the necessary reaction against the excess of pressure, and the water will sink by the sides, in order that defect of hydrodynamic head may afford reaction against the defect of pressure. The hills and valley which thus commence to be formed in the water are, in a sense, waves, and though originating in the stream-line forces of the body, yet when originated, they come under the dominion of the ordinary laws of wave-motion, and to a large extent behave as independent action they modify the stream-line forces which originated them, and alter the pressures which are acting upon the surface of the ship. ………………………………………………………………………………………………………. It is worth remark that this cause of resistance, “wave-genesis” o “wave-making resistance”, as it has been termed, would be equally a cause of resistance in a frictionless fluid, and it is for this reason than in proving to you just now that a body 15 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 would experience no resistance in moving through a frictionless fluid, I limited the case to that a submerged body. ……………………………………… Having arrived at this point, I think will be useful briefly to review the several cases of motion through fluid, in order to trace where the several causes of resistance we have dealt with, come into operation. Case I – A plane moving edgeways through frictionless fluid. Here there will be no resistance. Case II – A plane moving edgeways through frictional fluid. Here there will be resistance due to surface friction.. Case III – A submerged body moving through frictionless fluid. The inertia of the fluid undergoing stream line motion, causes excess of pressure at the two ends, and defect of pressure along the middle. The forward and backward pressures balance one another, and therefore cause no resistance. Case IV – A submerged body moving through frictional fluid.. Here there is resistance due to surface friction.. Also, if the body is abrupt enough to cause eddies, part of the excess of pressure at the tail-end will be converted by the friction of the particles of fluid into defect of pressure, and so will destroy the balance between the forward and backward pressures, thus causing eddy-making resistance. Case V - A submerged body moving through frictionless fluid, but at or near the surface. The direct pressures on the surface of the body, are altered by the operation of the wave system which has been created, thus destroying the balance between the forward and backward forces, and introducing “wave-making resistance”. Case VI – A submerged body moving through frictional fluid, at or near the surface. Here, surface-friction, eddy-making resistance, and wave-.making resistance will be act in combination, and will together make up the total resistance”. Dopo l’esposizione dei fondamenti della resistenza, nelle memorie si riportano alcune interessanti considerazioni di tipo quantitativo e progettuale, sulla base di risultati di esperienze in vasca su modelli. La resistenza dei vortici è valutata in circa l’otto per cento di quella di attrito della nave; quest’ultima alla basse velocità è l’ottanta, novanta per cento della resistenza totale, e può scendere fino al quaranta per cento alle alte velocità. Fondamentale è la definizione, per una data forma di carena, della velocità oltre la quale la curva di resistenza cambia andamento con un forte aumento della pendenza per effetto del notevole incremento della resistenza d’onda; in queste condizioni la nave sta creando un onda di lunghezza uguale quasi a quella della nave stessa; da questa si fanno seguire altre considerazioni sulla relazione tra la lunghezza, forme e la velocità di progetto di una nave. 16 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 Ancora, viene rilevata l’influenza delle forme sulla resistenza d’onda, evidenziando che allungando i corpi di entrata e di uscita di una carena si può ridurre tale componente della resistenza, evitando corpi cilindrici ed aumentando l’area della sezione maestra per conseguire il voluto dislocamento. In ultimo è da ricordare l’affermazione che navi molto lunghe e strette sono adatte alle alte velocità, in quanto presentano ridotta resistenza d’onda; ma è da tenere presente che l’aumento della lunghezza porta ad una maggiore superficie bagnata e, pertanto, ad una maggiore resistenza di attrito, evidenziando, in tal modo, uno dei problemi progettuali ancora oggi attuale e di fondamentale importanza. 4. LA RESISTENZA DELLA LASTRA PIANA: LE ESPERIENZE DI FROUDE Presso la vasca di Torquay, W. Froude eseguì esperienze di rimorchio su lastre piane di lunghezza variabile da 1 a 50 piedi. Tutte avevano larghezza di 19 pollici e spessore di 3/16 di pollice. Le velocità di prova erano comprese tra i 100 e 650 piedi al minuto per le lastre più lunghe e tra 400 e 850 piedi al minuto per quelle più corte. Per evitare la formazione di onde, le lastre furono immerse ad un profondità di un pollice e mezzo e avevano i bordi di entrata ed uscita opportunamente affilati. Furono inoltre provati diversi tipi di finitura superficiale per valutarne l'influenza sulla resistenza. Il lavoro svolto fu raccolto in due memorie presentate nel 1872 e 1874 alla British Association for the Advancement of Science [15, 16]. I risultati ottenuti furono rappresentati in due gruppi di grafici, dei quali il primo dava le curve di resistenza in funzione della velocità con parametro la lunghezza, per il secondo la variabile indipendente era la lunghezza e la velocità il parametro. Le prime curve erano approssimabili a parabole con la concavità rivolta verso l'alto; analogo risultato fu ottenuto per le curve del secondo gruppo, ma con la concavità era verso il basso. Nel primo caso l'esponente della curva presentava valori non costanti, ma sempre inferiori di poco a due; nel secondo la resistenza presentava un andamento non lineare con la lunghezza a velocità costante. Quest'ultima osservazione portò ad una conclusione molto importante, contraria a quanto all'epoca si riteneva e già sottolineata da Froude: la resistenza per unità di superficie era decrescente con la lunghezza della lastra. Questa conclusione e le altre interessanti e geniali osservazioni contenute nelle memorie, fanno intendere che Froude era molto vicino alla soluzione del calcolo della resistenza di attrito e ai concetti di strato limite e di regimi di moto laminare e turbolento. L'intenso lavoro sperimentale e di analisi dei risultati portò alla formulazione della legge di attrito: R F = f S Vn dove RF = la resistenza in libbre S = la superficie bagnata in piedi quadri V = la velocità in nodi f e n = parametri dati in funzione della lunghezza della lastra e del tipo e della rugosità della superficie La difficoltà principale incontrata, fu, comunque, l'estensione dei risultati ottenuti a lunghezze pari a quelle delle navi, ben maggiori dei cinquanta piedi delle lastre più lunghe. La soluzione data da Froude non fu unica, né molto chiara; le ipotesi essenziali consistevano nel ritenere costanti la resistenza di attrito dei primi cinquanta piedi a prescindere dalla lunghezza e quella per unità di superficie oltre i cinquanta piedi. Si noti infine che una nuova analisi e presentazione dei risultati fu data da la figlio Robert Edmund nel 1888. Un'interessante analisi e discussione delle esperienze e dei risultati di Froude fu eseguita dal Payne e riportata in [17]. Di seguito si riporta la formula adottata dalla Conferenza dei Sovrintendenti delle Vasche Navali tenuta a Parigi nel 1935: R F = f S V1.825 dove il coefficiente f , relativo all'acqua di mare, era dato dalle formule: f = 0. 00871 + 0. 053 ; 8.8 + L f = 0.1392 + 0. 258 2. 68 + L relative alle unità di misura inglesi ed internazionali rispettivamente. In apposite tabelle erano riportai i valori di f per l'acqua dolce. 19 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 6. IL METODO DI FROUDE Si voglia riprodurre su modello in vasca la nave avanzante di moto traslatorio uniforme, con il piano diametrale costantemente verticale e velocità orizzontale e ad esso complanare. Il liquido, inizialmente stagnante, si supponga incomprimibile, orizzontalmente indefinito, di profondità illimitata. Si suppongano, infine, assenti fenomeni di cavitazione, di distacco del fluido e di rottura di onda. Indicati con i pedici M ed S le grandezze relative rispettivamente al modello e alla nave, sia λ = LS L M il rapporto geometrico di scala. La condizione di completa similitudine dinamica dei moti fluidi intorno alle carene del modello e della nave, richiede l'uguaglianza dei numeri di Froude e Reynolds, dal che ne segue quella dei coefficienti di resistenza specifica: FNM = FNS = FN R NM = R NS ⇔C TM (FNM ,R NM )= C TS (FNS ,R NS )= C T (FN ,R N ) (1) = R N Dalle relazioni (1), supposto che la viscosità cinematica ν = µ ρ assuma lo stesso valore per il modello e la nave, conseguono i seguenti rapporti di scala tra le velocità: FNM = FNS = FN ⇔ VM = VS λ (2) R NM = R NS = R N ⇔ VM = VS λ Scende dalle (2) che le condizioni di similitudine dinamica sono completamente soddisfatte unicamente quando λ = 1, vale a dire il modello deve essere uguale alla nave. Si supponga allora di poter scrivere: C T (FN ,R N ) = C W (FN ,R N ) + C V (FN ,R N ) 20 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 (3) dove CW e C V sono rispettivamente i coefficienti di resistenza di onda e viscosa, entrambi funzioni dei numeri di Froude e di Reynolds. Se si considerano gli effetti viscosi confinati nella sottile regione dello strato limite intorno alla carena e si ritiene trascurabile la loro influenza sul campo di pressione del sistema ondoso generato in superficie, si può con approssimazione scrivere: C T (Fn ,R N ) ≅ C W (Fn ) + C V (R N ) (4) dove si è ritenuto la resistenza di onda funzione del solo numero di Froude, e quella viscosa funzione del solo numero di Reynolds. Si supponga ancora che la resistenza viscosa della carena sia uguale a quella R F di una lastra piana di pari lunghezza e superficie bagnata della carena, e, pertanto, calcolabile attraverso il corrispondente coefficiente di resistenza specifica di attrito C F , funzione unicamente del numero di Reynolds. Detta allora resistenza residua R R l'aliquota di resistenza ottenuta sottraendo da quella totale la resistenza di attrito R F , calcolata come sopra detto, si indichi con C R il relativo coefficiente specifico. Questo coefficiente è certamente funzione sia di FN che di R N in quanto contiene in sé l'aliquota della resistenza viscosa dovuta alla forma del corpo, detta anche resistenza viscosa di pressione. Si può, pertanto, scrivere: C R (FN ,R N ) = C T (FN ,R N ) − C F (R N ) (5) Ritenendo infine accettabile l'ipotesi che la resistenza residua sia indipendente dal numero di Reynolds, si può scrivere : C T (FN ,R N ) ≅ C R (FN ) + C F (R N ) 21 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 (6) Se il liquido fosse anche non viscoso, la resistenza al moto di avanzamento della carena sarebbe unicamente quella di onda: C T (FN ) = C W (FN ) ⇔ RT 1 2ρSV = 2 RW 1 2ρSV 2 (7) dove S è una superficie, convenzionalmente assunta uguale a quella bagnata da fermo della carena. Sperimentando su modello a numero di Froude costante, vale a dire con le velocità nel rapporto VS VM = λ , dall'uguaglianza dei coefficienti di resistenza specifica, si trae: FNS = FNM = FN ⇔ C WS (FN ) = C WM (FN ) ⇔ (8) ⇔ R WS 1 2ρ SSS VS2 = R WM 1 2 2ρ M S M VM ⇒ R WS = γ S λ3 R WM essendo γ S il rapporto tra le densità dell'acqua di mare e della vasca navale, . La (8) esprime la legge di trasferimento delle forze di origine gravitazionale, in particolare della resistenza di onda. Si noti ancora che, essendo: ∆S = γ S λ3 ∆M dalla precedente relazione si ricava: 22 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 R WS R WM = ∆S ∆M vale a dire che la resistenza d’onda per dislocamento unitario è costante ed uguale per il modello e la nave. Se si suppone pertanto di potere separare e ritenere indipendenti le componenti di onda e viscosa della resistenza totale, come espresso dalla relazione (4), e si ritiene altresì accettabile la relazione (6 ), si può scrivere: C TM (FN ,R NM ) = C RM (FNM ) + C FM (R NM ) (9) C TS (FN ,R NS ) = C RS (FNS ) + C FS (R NS ) Sperimentando su modello a valori costanti del numero di Froude, si può ritenere: FNM = FNS = FN ⇒ C RM ( FNM ) = C RS ( FNS ) = C R ( FN ) (10) Ne segue che il coefficiente totale di resistenza specifica della nave è dato dalla relazione: C TS (FN ,R NS ) = C R (FN ) + C FS (R NS ) = (11) = C TM (FN ,R NM ) − C FM (R NM ) + C FS (R NS ) Pertanto, misurata la resistenza totale incontrata dal modello, calcolate quelle di attrito, della nave e del modello, con le formule della lastra piana, la (11) consente il calcolo della resistenza totale al moto della nave (vedi figura). 23 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 24 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 Si noti ancora che la relazione (11) esprime il rispetto parziale delle condizioni di similitudine dinamica (similitudine dinamica parziale), non essendo possibile, come segue dalle (2), realizzare una completa similitudine dinamica tra i due campi di moto. I differenti valori assunti dal numero di Reynolds, relativi al modello e alla nave, comportano problemi di effetto scala nel trasferimento vasca-mare dei dati rilevati su modello. In forma dimensionale le stesse relazioni si scrivono: R TM (L M , VM , g, µ M , ρ M ) = R FM (L M , VM , µ M , ρ M ) + R RM (L M , VM , g) R TS (L S , VS , g, µ S , ρ S ) = R FS (L S , VS , µ S , ρ S ) + R RS (L S , VS , g ) Operando secondo le ipotesi di Froude, vale a dire in modo tale che VS VM = λ ⇔ FNM = FNS , si ammette il trasferimento alla nave della sola resistenza residua del modello nel rapporto γ S λ : 3 R RS = γ S λ3 R RM = γ S λ3 (R TM − R FM ) Ne seguono le relazioni: γ S λ3 = R ∆S R ⇒ RS = RM ∆S ∆M ∆M (12) RTS = RRS + RFS = γSλ3RRM + RFS = R = γSλ3(RTM − RFM)+ RFS = γSλ3 RTM − RFM − FS3 γSλ 25 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 dove posto: FD = R FM − R FS 1 2 (C FM − C FS − ∆C F ) = ρ M S M VM 3 2 γ Sλ si ottiene: R TS = γ S λ3 (R TM − FD ) (12’) La relazione (12) indica che il trasferimento alla nave secondo le ipotesi di Froude equivale all’ipotesi di uguaglianza tra il modello e la nave della resistenza residua per unità di dislocamento. Per quanto riguarda la relazione (12’), la quantità positiva FD è detta deduzione di attrito. Essa è un’ipotetica forza che, applicata al modello nel senso del moto, definisce la resistenza ideale R i = R TM − FD , misurata sul modello, trasferibile direttamente alla nave nel rapporto di scala γ S λ . Nelle tradizionali procedure sperimentali per la determinazione della resistenza a rimorchio della nave si opera senza l’azione della forza FD , tenendo conto algebricamente di essa secondo la relazione (12’). 3 In conclusione, costruito nella scala λ il modello geometricamente simile alla nave, portato lo stesso nelle condizioni simili di carico e di assetto, sicché riesca, ad esempio, per i dislocamenti e le immersioni: ∆S T =γ S λ3 ; S = λ; ∆M TM VM = VS / λ e si misura il valore RTM . Dal calcolo analitico della RFM e RFS con le formule della lastra piana equivalente, mediante la (12’) è possibile calcolare il valore RTS della resistenza totale a rimorchio si porta il modello alla velocità della nave. 26 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 7. LE FORMULE PER IL CALCOLO DELLA RESISTENZA DI ATTRITO DELLA LASTRA PIANA Se si applica la formula di Froude al calcolo della resistenza di attrito di due distinte lastre, caratterizzate da uguale valore del numero di Reynolds e si adimensionalizza al solito modo dividendo per i rispettivi valori assunti dalla quantità 1 2ρV S , si ottengono differenti valori del coefficiente CF , circostanza che appare oggi, essere, 2 una palese incongruenza della formula. Occorre, allora, ricordare il particolare carattere sperimentale della formula ricavata e la impossibile conoscenza da parte di Froude delle caratteristiche dei fenomeni viscosi evidenziate da O. Reynolds (1842-1913), che, probabilmente, stava sviluppando i suoi studi quando Froude eseguiva nel 1872 le esperienze in vasca. G.S. Baker fu il primo nel campo navale ad introdurre nel 1915 il numero di Reynolds nel calcolo della resistenza di attrito. Oggi questo calcolo viene eseguito attraverso il coefficiente CF dato da diverse formule unicamente funzioni del numero di Reynods. Alcune di esse sono di seguito riportate. • Formula di Schlichting: CF = dove R N = 0.455 ; R N < 109 ; (log10 R N ) 2.58 VL e si suppone la lastra in regime turbolento su tutta la lunghezza L. Nel ν caso che il flusso non sia turbolento su tutta la lastra, può applicarsi la seguente: • Formula di Prandtl-Schlichting: CF = 0.455 (log10 R N ) 2.58 27 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 − A RN dove A è una costante data in tabella in funzione del numero di Reynolds critico RNXc corrispondente alla posizione del punto di transizione al flusso turbolento. R NXC 3 ⋅ 105 A • 1050 5 ⋅ 105 1700 106 3 ⋅ 106 3300 8700 Formula di Schoenherr: 1 = 4.13 log10 (R N ⋅C F ) CF • Formula di Schultz-Grunow: CF = • 0.427 (log10 R N − 0.407 )2.64 Formula di Hughes: CF = • 0.066 (log10 R N − 2.03)2 Formula ITTC57: CF = 0.075 (log10 R N − 2)2 28 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 8. RAPPRESENTAZIONI DEL METODO DI FROUDE La relazione: C TS ( FN , R NS ) = C R ( FN ) + C FS ( R NS ) = = C TM ( FN , R NM ) − C FM ( R NM ) + C FS ( R NS ) esprime il Metodo di Froude in forma adimensionale mediante i coefficienti di resistenza specifica. La rappresentazione in forma dimensionale è data dalla relazione. R TS = R RS + R FS = γ S λ3 R RM + R FS = γ S λ3 ( R TM − R FM ) + R FS Una terza rappresentazione del Metodo di Froude utilizza le così dette costanti di Froude o cerchiate, cosi definite. Si scriva il numero di Froude rispetto al volume della carena: V g ∇1 3 FN∇ = Dalla condizione di numero di Froude costante tra il modello e la nave segue: VM FNM = FNS = FN ⇒ FN∇M = g ∇1M3 = FN∇S = VS g ∇1S 3 = Introducendo sotto radice il termine 4π , resta definita per il modello e la nave la costante cerchiata: K M = VM = K S= g 13 ∇ 4π M 29 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 VS = K g 13 ∇ 4π S Si noti che g 13 ∇ 4π è la celerità di un'onda regolare sinusoidale in fondale profondo di lunghezza pari alla metà del lato del cubo avente lo stesso volume della carena Nella precedente relazione (12), dividendo il primo e il secondo membro per il dislocamento della nave, si ottiene la relazione adimensionale: R TS R TM R R = − FM + FS ∆S ∆M ∆M ∆S Dividendo i membri di questa ultima per K 2, la relazione diventa funzione della velocità. Moltiplicando ciascun termine per 1000, al fine di ottenere valori aventi ordini di grandezza dell'unità, si perviene alla rappresentazione del metodo di Froude con le costanti cerchiate: C S = C M − FM + FS ⇔ C S − FS = C M − FM = C O =C Avendo posto: C S= C M FM = 1000 ⋅ R TS ∆S K 2 = 1000 ⋅ R TM ∆M K 2 1000 ⋅ R FM ∆M K 2 = Costante cerchiata della nave = Costante cerchiata del modello = Costante di Froude di attrito del modello 30 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 N FS = C 1000 ⋅ R FS ∆S K 2 O = C N = Costante di Froude di attrito della nave = Costante cerchiata netta o di onda La rappresentazione con le costanti cerchiate può essere molto utile nella fase di preliminare di progetto, quando certamente sono noti la velocità e il dislocamento della nave. E' possibile, pertanto, conoscere in funzione di K i valori assunti dalle costanti nette, che possono essere assunte quali parametri di bontà della carena. Stessa funzione può assumere il coefficiente di resistenza residua, per la cui determinazione è necessario, però, conoscere la superficie bagnata della carena, dato certamente non facilmente noto nella fase preliminare del progetto di una nave. Nelle figure di seguito riportate sono rappresentati i tre metodi illustrati. 31 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 33 34 35 9. CONSIDERAZIONI SUL METODO DI FROUDE Le ipotesi fondamentali del Metodo di Froude sono la separabilità e l'indipendenza delle due componenti, viscosa e di onda, della resistenza al moto. Per una definita geometria di carena, caratterizzata da un insieme di parametri di forma {fi } , in termini adimensionali si è scritto: C T ( f i , FN , R N ) = C W ( f i , FN ) + C V ( f i , R N ) (13) Operando sperimentalmente sul modello al numero di Froude della nave, si perviene alla relazione: C TS ( f i , FN , R NS ) = C TM ( f i , FN , R NM ) − C VM ( f i , R NM ) + C VS ( f i , R NS ) (14) I risultati sperimentali consentono di calcolare il coefficiente di resistenza totale del modello; per ottenere il corrispondente valore di quello della nave, è necessario valutare i coefficienti di resistenza viscosa. I valori da essi assunti sono molto diversi, in quanto tali sono i numeri di Reynolds del modello e della nave, come segue dalla relazione: R NS L = S LM 3/ 2 νM R NM ≅ λ3 / 2 R NM νS L'utilizzo delle formule relative alla lastra piana per il calcolo dei termini viscosi, come proposto dal Froude, è la soluzione pratica al problema, tuttora ovunque adottata. Ne conseguono, però, delle implicazioni di natura concettuale molto importanti, certamente note anche al Froude, e attentamente da valutare. Ritenere valida la relazione (13) significa considerare la resistenza viscosa e quella di onda uniche componenti separabili ed indipendenti della resistenza al moto, ritenendo di conseguenza verificate le condizioni di completa aderenza del fluido alla superficie di carena e di formazione ondosa regolare in superficie libera. Per il corpo profondamente immerso la resistenza al moto è la componente nella direzione del moto della risultante degli sforzi viscosi elementari esercitati dal fluido sulla superficie del corpo. Le loro componenti tangenziali e normali consentono di decomporre la resistenza viscosa nella resistenza di attrito superficiale R VF e nella resistenza di forma o di pressione R VP : 36 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 R T = R V = R VF + R VP In termini adimensionali si scrive: C T ( f i , R n ) = C V ( f i , R N ) = C VF ( f i , R N ) + C VP ( f i , R N ) (15) Per la lastra piana essendo la componente R VP = 0, consegue: C V ( f i , R N ) = C VF ( f i , R N ) = C F ( R N ) (16) Per il corpo avviato, profondamente immerso, è usuale considerare il coefficiente totale di resistenza somma del coefficiente C F della lastra piana equivalente e di quello di forma o di pressione C VP , ritenuto, almeno in prima approssimazione, funzione soltanto della forma del corpo, secondo la relazione: C T ( f i , R N ) = C V ( f i , R N ) = C F ( R N ) + C VP ( f i ) ove è certamente una approssimazione calcolare la resistenza di attrito superficiale del corpo con le formule della lastra piana. Quando il corpo si muove sulla superficie libera, è presente una ulteriore componente della resistenza al moto dovuta alla formazione ondosa. Per il fluido non viscoso può scriversi: C T ( f i , FN ) = C W ( f i , FN ) 37 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 (17) In presenza di fluido reale, interviene anche il numero di Reynolds e vale la relazione generale: C T = C T ( f i , FN , R N ) (18) Una possibile espressione della (18) è la (13) che, in accordo con quanto detto, diventa: C T ( fi , R N , FN ) = C V ( fi , R N ) + C W ( fi , FN ) = = C F ( R N ) + C VP ( fi , R N ) + C W ( fi , FN ) (19) ove si ritengono ancora valide le ipotesi di separabilità ed indipendenza degli effetti viscosi e gravitazionali. Nel successivo passaggio alla relazione: C T ( f i , R N , FN ) = C F ( R N ) + C R ( f i , FN ) (20) si introduce l'ulteriore ipotesi di ritenere l'effetto della forma non solo indipendente dal numero di Froude, ma anche dal numero di Reynolds, come si fa per il corpo profondamente immerso. Risulta, pertanto, giustificato inglobare il termine costante della forma nel coefficiente C W e scrivere: C R ( f i , FN ) = C VP ( f i ) + C W ( f i , FN ) (21) La sperimentazione su famiglie di modelli geometricamente simili è un metodo generale per verificare le ipotesi di Froude, in particolare per analizzare e valutare gli effetti derivanti dal parziale rispetto sul modello delle condizioni di similitudine meccanica (effetti scala). 38 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 Nel riferimento C T , FN , R N la (18) è l'equazione di una superficie. Allo stato attuale non si dispone di metodi per la sua determinazione analitica, di essa è soltanto possibile conoscere sperimentalmente i valori assunti in limitati campi di variabilità dei numeri di Froude e di Reynolds. Per quanto riguarda i primi, i valori realizzati in vasca sono quelli della nave; la notevole differenza che sussiste invece tra i corrispondenti valori dei numeri di Reynolds rende centrale il problema dell'estrapolazione della (18) dal modello alla nave. Tra i valori assunti dai numeri di Reynolds e di Froude sussiste, infine, la relazione: R NM = L3M2 g νM FN = FN g 3 2 ⋅ LS λ3 2 ν M Di seguito si riportano i risultati di calcoli eseguiti per evidenziare l'influenza della viscosità e del rapporto di scala geometrica sui numeri di Reynolds della nave e del modello. La viscosità dell'acqua di mare con salinità standard del 3.5% alla temperatura di 15°C è pari a: νS = 1.18831 ⋅ 10 −6 m 2 s ; quella dell'acqua dolce varia con la temperatura secondo i valori riportati in tabella. Temperatura(°C) ν M ( m2 s) ⋅ 10 6 νM νS 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 1.30641 1.26988 1.23945 1.20159 1.16964 1.13902 1.10966 1.08155 1.05456 1.02865 1.00374 1.099 1.068 1.043 1.011 .984 .959 .934 .910 .887 .866 .845 39 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 Se si suppone costante la temperatura dell'acqua della vasca, il rapporto tra i valori del numero di Reynolds della nave e del modello dipende unicamente dalla scala, ed è costante qualunque sia il valore assunto dal numero di Froude. Ad esempio, per una nave avente LS =120 m , supposto che la temperatura dell'acqua della vasca sia di 15°C, la seguente tabella riporta la lunghezza del modello e la variazione del detto rapporto al variare della scala. λ 10 15 20 25 30 35 40 45 50 60 70 80 90 100 110 120 130 LM (m) 12.0 8.0 6.0 4.8 4.0 3.4 3.0 2.7 2.4 2.0 1.7 1.5 1.3 1.2 1.1 1.0 0.9 R NS R NM 30.311 55.685 85.733 119.815 157.501 198.474 242.489 289.348 338.888 445.480 561.369 685.862 818.400 958.521 1105.836 1260.008 1420.747 Dai valori riportati nella tabella, si nota la diversità dei valori assunti dal numero di Reynolds e come le differenze tra il modello e la nave aumentino sensibilmente all'aumentare della scala, vale a dire al diminuire delle dimensioni del modello, ciò comportando certamente maggiori influenze degli effetti dovuti alla scala sulle previsioni delle prestazioni della nave. Si noti, altresì, che modelli di 12 m rappresentano una dimensione limite per le vasche navali. 40 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 10. VALIDAZIONE SPERIMENTALE DEL METODO DI FROUDE La sperimentazione su modelli geometricamente simili certamente estende l'indagine nel campo dei numeri di Reynolds del modello e consente un’analisi più attenta delle procedure di trasferimento vasca-mare, ma non risolve, comunque, il problema dell'estrapolazione dei risultati del modello alla nave in maniera rigorosa e certa. Da un punto di vista scientifico il metodo è valido ed interessante, da un punto di vista pratico, tuttavia, il sensibile aggravio economico non ne consente l'uso nelle ordinarie attività svolte in una vasca navale. Come precedentemente detto, la relazione C T = C T ( f i , FN , R N ) (18) è l'equazione di una superficie. Le sue intersezioni con i piani FN = F N = cos t . sono le curve che nel piano C T , R N danno al variare del numero di Reynolds i valori del coefficiente di resistenza totale: CT = CT ( fi , FN , R N ) (22) Dalla relazione C T ( f i , FN , R N ) = C W ( f i , FN ) + C V ( f i , R N ) (13) segue che le derivati parziali: ∂C T ∂C W = ; ∂FN ∂FN ∂C T ∂C V = ∂R N ∂R N 41 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 (23) dipendono la prima soltanto dal numero di Froude, la seconda dal solo numero di Reynolds. In particolare, le curve ottenute dalla (22) al variare del numero di Froude hanno la pendenza funzione unicamente del numero di Reynolds. Vale a dire che, fissato comunque un suo valore, le tangenti a dette curve dovrebbero avere i coefficienti angolari uguali e pari a quello della curva del coefficiente di resistenza viscosa C V = C V ( fi , R N ) della carena. Assumendo le ipotesi di Froude, si ritiene che la proprietà su detta debba sussistere tra le curve C T = C T ( f i , F N , R N ) e quella della lastra piana C F = C F ( R N ) , ed ancora che il coefficiente di resistenza viscosa della carena sia somma di due termini dei quali il primo C F = C F ( R N ) è funzione del solo numero di Reynolds, il secondo è il coefficiente di resistenza di forma C VP ( f i ) dipendente unicamente dalla forma della carena ed indipendente sia dal numero di Froude che da quello di Reynolds. Pertanto, ne conseguono le relazioni:: FN =F N ; ∀R N : C W (f i , F N ) = CT (f i , F N , R N ) − C V (f i , R N ) = cos t. (24) FN = F N ; ∀ R N : C R ( f i , F N ) = C T ( f i , F N , R N ) − C F ( R N ) = cos t . (25) ∀FN ; ∀R N : C (f , F ) − C (f , F ) = C (f , R ) − C (R ) = C (f ) = cos t W i N V i N F N VP i R i N (26) Le considerazioni teoriche svolte sono rappresentate graficamente nella figura di seguito riportata. Si suppongono verificate tutte le ipotesi poste e note le espressioni analitiche dei coefficienti di resistenza specifica. In particolare la funzione C V = C V ( f i , R N ) è C VP ( fi ) posta pari a quella della lastra piana aumentata della quantità costante k C F (R N ) , pertanto C V = C F (R N ) + k C F (R N ) = (1 + k ) C F (R N ) , dove k è un coefficiente che si dirà fattore di forma della carena. 42 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 Fissate le velocità e, quindi, dei numeri di Froude, in figura sono riportate le curve delle C T = C T (f i ,F N , R N ) per la nave ( λ = 1 ) e per i modelli funzioni geometricamente simili nella scale λ 1 , ......, λ 8 . Per la nave: R NS = FN g νS L3S/ 2 Per il modello: R NM = R NS νS 1 ν M λ3 / 2 Le curve di equazione C T = C T ( f i , F N , R N ) sono il luogo geometrico dei punti delle funzioni C T = C T (f i ,F N , R N ) , individuati dalla scala e dal valore fissato del numero di Froude. Al variare di quest’ultimo, le tangenti ad esse nei punti di intersezione con le rette RN = cost. sono tutte parallele. I segmenti intercettati su queste rette dalle curve dei coefficienti C T e da quelle dei C F e C V sono rispettivamente i coefficienti specifici C R e C W delle resistenze residue e di onda. Assunta C F quale la variabile indipendente e C T quella dipendente , le funzioni: C T = C T (f i , F N , R N ) = (1 + k ) C F (R N ) + C W (f i , F N ) (27) ( ) sono equazioni di rette parallele tra loro con valori dell'intercetta pari a C W f i , F N , variabile con il numero di Froude. Queste sono le fondamentali risultanze teoriche dell'applicazione del metodo esaminato a famiglie di modelli geometricamente simili. I confronti con le analoghe risultanze sperimentali dà la possibilità di validare il metodo di Froude. 43 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 44 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 A tale scopo sono state eseguiti molte esperienze su famiglie di modelli geometricamente simili. L'analisi dei risultati ha portato a conclusioni generali comuni, di seguito illustrate con riferimento ai risultati sperimentali ottenute nelle esperienze eseguite su otto modelli della nave da carico generale "Lucy Ashton ", riportati nella successiva figura tratta da [18]. La lunghezza della nave è di 58 m, quella dei modelli varia da 1.2 m a 9.1 m. Le curve dei coefficienti di resistenza totale a numero di Froude costante, espressi dalle funzioni C T = C T ( f i , F N , R N ) , non sono strettamente parallele tra loro (nel senso teorico prima enunciato); ne consegue la dipendenza della resistenza d'onda dalla viscosità. Tuttavia lo scostamento è tale da ritenere sostanzialmente accettabile le ipotesi alle base del metodo. L'osservazione importante riguarda la tendenza dei dati sperimentali alle velocità molto basse, corrispondenti, in generale, a valori di FN < 0.1 . In tali condizioni la resistenza residua è molto bassa rispetto a quella viscosa, che risulta essere la componente predominante della resistenza totale. Questa circostanza porta ad un'addensamento tale dei valori sperimentali da non poter tracciare le curve C T = C T ( f i , F N , R N ) ai corrispondenti bassi valori di FN . Supponendo che, nelle condizioni dette, la resistenza sia unicamente di tipo viscoso, si fa passare per i punti sperimentali una unica curva che si può ritenere uguale alla resistenza viscosa della carena. Esaminando l'andamento di questa curva rispetto a quella della lastra piana (rappresentata in figura con la formula di Schoenherr), si nota che la distanza tra le due curve non è costante, ma diminuisce all'aumentare del numero di Reynolds. Ne segue, pertanto, che un'ipotesi certamente non verificata è la costanza del valore del coefficiente di resistenza viscosa di pressione C VP ( f i ) e , quindi, del fattore di forma k. Una soluzione pratica è stata, come meglio si dirà nel seguito, quella di adottare linee di attrito della lastra piana più ripide, ai bassi valori di RN rispetto a quella data dalla formula di Schoenherr, quali ad esempio la formula di Hughes e la cosiddetta linea di correlazione ITTC'57. La sperimentazione su modelli geometricamente simili è alla base del metodo suggerito dal Telfer [19]. Utilizzando i risultati sperimentali ottenuti su più modelli di una stessa carena, le curve del coefficiente della resistenza totale, a numero di Froude costante, possono opportunamente essere estrapolate ai valori del numero di Reynolds della nave. In questo modo sono superate le obiezioni e lo stesso metodo di Froude. Concettualmente il metodo è corretto, nella pratica, a parte le difficoltà di tipo economico connesse alla costruzione e sperimentazione di un notevole numero di modelli, l'estrapolazione delle dette curve alla nave è comunque poco agevole e non sicura. 45 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 Figura tratta dalla memoria [18] 46 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 B IB LIO G R A F IA 1. L. Tursini, "Leonardo da Vinci and the Problems of Navigation and Naval Design", Transactions INA, Vol. 95, 1953, pp. 97-102 2. H. Edstrand, "Remarks on Ship Model Testing, Facilities, and Test Results", The Eighth D. W. Taylor Lectures, D. W. Taylor Naval Ship Research Development Center, Bethesda, February, 1984 3. Murray, Supplement to "Shipbuilding and Navigation", 1756 4. d'Alembert, de Condorcet , Bossut, "New experiments on the Resistance of Fluids", Paris, 1777 5. Bossut, "New experiments on the Resistance of Fluids", Mein. de l'Academie Royale des Sciences de Paris, 1778 6. M. G. Beaufoy, "Nautical and Hydraulic Experiments", edited by H. Beaufoy in London, 1834 7. "The World's First Clipper", Body Cable, The Mariners Mirror, April, 1934 8. Howe and Matthews, "American Clipper Ships", The Marine Research Society of Salem, Massachusetts 9. W. Froude, “Observations and Suggestions on the Subject of Determining by Experiment the Resistance of Ships”, The Papers of William Froude, 1810-1879, Transactions INA, 1955, pp. 120-128 10. W. Froude, “Mr. Froude's Explanation", The Papers of William Froude, 1810-1879, Transactions INA, 1955, pp. 129-133 11. R. W. L. Gawn, "Historical Notes on Investigations at The Admiralty Experiment Works, Torquay, Transactions INA, 1941, pp. 80 -116 12. W. Froude, “On Experiments with H.M.S. Greyhound”, The Papers of William Froude, 1810-1879, Transactions INA, 1955, pp. 232-253 13. W. Froude, “The Fundamental Principles Which govern the Behaviour of Fluids, with Special Reference to the Resistance of Ships”, The Papers of William Froude, 1810-1879, Transactions INA, 1955, pp. 267-284 14. W. Froude, “The Fundamental Principles of the Resistance of Ships”, The Papers of William Froude, 1810-1879, Transactions INA, 1955, pp. 298-310 47 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001 15. W. Froude, “Experiments on the Surface-Friction Experinced by a Plane Moving Through Water”, The Papers of William Froude, 1810-1879, Transactions INA, 1955, pp. 138-146 16. W. Froude, “Experiments for thr Determination of the Surface-Frictional Resistance of Water on a Surface under Various Conditions”, The Papers of William Froude, 1810-1879, Transactions INA, 1955, pp. 345-353 17. M. P. Payne, "Historical Note on the Derivation of Froude's Skin Friction Constants", Transactions INA, Vol. 78, 1936 18. L. Troost, A. Zakay, "A New Evaluation of the Lucy Ashton Ship Model and Full Scale Tests", International Shipbuilding Progress, Vol. 1, No. 1, 1954, pp. 5-9. 19. E. V. Telfer, "Ship Resistance Similarity", Transctions INA, Vol. 69, 1927, Vol. 92, 1950, Vol. 93, 1951, Vol. 94, 1952 48 S. MIRANDA, Appunti di Architettura Navale, Dipartimento di Ingegneria Navale Napoli, Ottobre 2001