Marzo 2008
Rapporto n. 4
AFGHANISTAN:
LA NECESSITÀ DI UN
CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
ARGO
Analisi e Ricerche Geopolitiche sull’Oriente
Osservatorio sull’Asia minore, centrale e meridionale
www.argoriente.it
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
EXECUTIVE SUMMARY
Oltre sei anni fa, nel dicembre 2001, la Conferenza di Bonn apriva una nuova pagina nella
tormentata storia dell‟Afghanistan, chiamando l‟intera comunità internazionale a uno sforzo
collettivo di aiuto alla ricostruzione del Paese, dopo la rapida, forse frettolosa, sconfitta dei taliban.
Era chiaro a tutti che in ballo c‟era molto di più dell‟assistenza a un popolo che usciva da una
situazione di conflitto, come nel decennio precedente era successo in molti casi nell‟ondata sismica
conseguente alla caduta del muro di Berlino. In Afghanistan era in gioco la stabilità mondiale,
minacciata da un nuovo nemico senza scrupoli, che aveva dimostrato di essere capace di colpire il
cuore della civiltà occidentale, e che in quel Paese aveva trovato un rifugio sicuro, protetto
dall‟isolamento internazionale a cui i taliban l‟avevano condotto.
Molti Paesi e organizzazioni straniere risposero a quell‟appello, investendo risorse finanziarie
e umane su un‟impresa che, pur se appariva rischiosa, sembrava destinata a un successo certo,
considerata la compattezza e la determinazione del fronte internazionale. A questo faceva da
riscontro la volontà del popolo afghano di mettere fine a quasi tre decenni di guerre, di uscire
dall‟arretratezza e dalla miseria e di conquistare un proprio posto nella comunità dei Paesi
democratici. Diversamente da altre situazioni in cui l‟intervento internazionale aveva dato luogo a
“protettorati” tesi a guidare la transizione, la Conferenza di Bonn ebbe il merito di restituire da
subito la sovranità del Paese ai suoi rappresentanti, prefigurando un percorso di ricostruzione
istituzionale che lo avrebbe ricondotto nei solchi democratici tracciati dai sovrani illuminati
Amanullah e Zahir.
A Bonn non ci si limitò solo a restituire la sovranità al popolo afghano, ma fu predisposto
anche un ambizioso meccanismo di sostegno e di coordinamento di tale sostegno. Memore delle
difficoltà e dei fallimenti sperimentati nei suoi decenni di esistenza, l‟ONU decise di applicare in
Afghanistan il frutto del lavoro di riflessione condotto alla fine degli anni ‟90 da una commissione
guidata da Lakhdar Brahimi. Fu così istituita la missione UNAMA, inizialmente guidata dallo
stesso Brahimi1, con il compito di assistere il processo di ricostruzione istituzionale e di coordinare
l‟attività delle numerose agenzie e programmi ONU coinvolti.
Fu contestualmente avviata una missione di assistenza militare, ISAF, all‟inizio in ambito
ONU e dal 2003 passata sotto il comando della NATO, che per la prima volta usciva dalla
tradizionale area geografica di interesse in applicazione della nuova dottrina strategica adottata nel
1999 al fine di recuperare un‟identità post guerra fredda. ISAF venne dislocata inizialmente nella
sola capitale afghana e quindi si espanse gradualmente ai quattro settori in cui era stato diviso il
Paese, sostituendosi, e in parte affiancandosi, all‟attività di Enduring Freedom. Mentre ISAF era
incaricata di garantire la sicurezza del territorio e di sostenere l‟espansione dell‟autorità centrale alle
zone periferiche dell‟Afghanistan, Enduring Freedom aveva il compito di combattere il terrorismo.
1
Lakhdar Brahimi, Presidente del Panel sulle operazioni di pace dell‟ONU, ha guidato UNAMA sino al gennaio 2004.
i
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Tuttavia, con l‟espansione di ISAF alle regioni più inquiete del Paese, le differenze iniziali nei
mandati delle due missioni sono andate sfumandosi.
Non vi è dubbio che, soprattutto nei primi quattro anni della nuova fase, l‟Afghanistan abbia
realizzato passi importanti. È stata adottata una Costituzione che racchiudeva principi voluti dalla
comunità internazionale senza però mettere in discussione i valori di fondo del popolo afghano.
Sono state svolte elezioni presidenziali, nell‟ottobre 2004, nonché politiche e amministrative, nel
settembre 2005, in un clima di fiducia e di relativa calma. Progressi significativi si sono ottenuti
anche nei campi dell‟istruzione e della sanità.
Ma proprio quando la Conferenza di Londra, all‟inizio del 2006, lanciava una nuova fase di
sviluppo per il Paese, dichiarando chiusa quella dell‟emergenza e della transizione politica,
cominciavano a emergere segnali preoccupanti di un deterioramento della situazione di sicurezza.
Sono progressivamente aumentati attacchi, attentati e rapimenti e la recrudescenza dell‟attività
terroristica ha assunto dimensioni allarmanti. Al tempo stesso la produzione di oppio continuava a
crescere, raggiungendo il record nel 2007. Emergeva altresì l‟esistenza di una corruzione rampante,
diffusa a tutti i livelli dell‟amministrazione del giovane Stato, mentre i warlord che si erano
macchiati di gravi crimini durante la guerra civile rialzavano la testa, protetti da una sempre più
consolidata cultura dell‟impunità. La curva delle aspettative e delle speranze della popolazione
afghana cominciava a prendere una direzione calante.
Se l‟Afghanistan ha rappresentato sin dal 2001 il tassello più importante della guerra al
terrorismo, non si può certo dire che la campagna afghana sia stata un successo, vista la ripresa
delle attività dei taliban e la loro espansione al vicino Pakistan, da dove i loro vertici, insieme a
quelli di al-Qaida, continuano a pianificare il jihad.
Semmai sembrerebbe che in questi anni i movimenti estremisti islamici abbiano imparato a
confrontarsi con l‟occidente, trasformando il loro modus operandi e acquisendo competenze
tecnologiche assai avanzate, consapevoli che il fattore tempo gioca a loro favore. Nonostante le
ingenti perdite subite nei combattimenti, sono riusciti a condurre numerosi attacchi e a provocare un
alto numero di vittime tra le forze di sicurezza nazionali e i militari di ISAF/Enduring Freedom.
Inoltre, hanno reso più difficile, e più costosa, la ricostruzione del Paese, riuscendo a terrorizzare
l‟opulenta macchina dell‟aiuto internazionale persino nella capitale, con l‟attacco all‟hotel Serena
all‟inizio del 2008. I drammatici ritardi nel processo di ricostruzione che ne derivano stanno
facendo crescere la disaffezione del popolo afghano verso le istituzioni nazionali e quelle
internazionali che le sostengono, e rischiano di far scivolare di nuovo l‟Afghanistan verso quella
situazione di isolamento e illegalità che rappresenta il terreno di coltura ideale per terrorismo e
narcotraffico.
Nel frattempo, la determinazione iniziale del fronte di Paesi e organizzazioni internazionali è
andata sbiadendo, sensibile al disamore crescente nelle opinioni pubbliche nazionali verso un
impegno di cui non si vedono risultati positivi né sul piano della sicurezza né su quello dello
sviluppo. Anche all‟interno di ISAF si sono create divisioni tra i Paesi che mandano i propri
contingenti a svolgere operazioni di counterinsurgency e quelli, come la Germania e l‟Italia, che
mantengono fede all‟impostazione iniziale. Ma quasi tutti sono sordi agli appelli degli USA e della
ii
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
NATO ad aumentare l‟impegno, in termini di uomini e mezzi. Anche i Paesi in prima linea
lamentano il limitato peso decisionale nell‟Alleanza, detenuto in gran parte da Washington.
Oggi, a oltre sei anni dalla Conferenza di Bonn, il dibattito sull‟Afghanistan ruota attorno alla
domanda: cosa fare per impedire che il Paese scivoli nuovamente verso la condizione di “failed
state”? Questo Rapporto cerca di dare una risposta attraverso una dettagliata analisi dei molteplici
aspetti della ricostruzione dell‟Afghanistan, mettendo in evidenza i successi e i fallimenti
dell‟ambizioso progetto internazionale e individuando alcune azioni-chiave necessarie a cambiare
l‟andamento delle cose.
In particolare, si sottolinea che, per contrastare la recrudescenza dell‟attività terroristica,
favorire la stabilizzazione del Paese, consolidare le strutture statuali e dare nuovo slancio ai
programmi di ricostruzione economica e morale, la comunità internazionale, e in primo luogo i
Paesi occidentali, debbono agire su più livelli:
- definire una nuova strategia che affronti nella loro globalità tutti i problemi del Paese e dia un
ruolo centrale agli interventi nel settore civile, che devono essere integrati con quelli militari e
non essere necessariamente ad essi subordinati. Infatti, l‟azione militare è ancora importante,
in molte zone indispensabile, ma da sola non è in grado di creare le condizioni per il successo
dell‟impegno internazionale;
- aumentare l‟assistenza militare alle forze di sicurezza afghane sia nel settore addestrativo,
incrementando il numero degli OMLT (Operational Mentoring and Liaison Teams), sia in
quello logistico;
- incrementare gli aiuti finanziari, portandoli al livello di quelli concessi ad altri Paesi
travagliati da eventi bellici, e migliorare la trasparenza della loro gestione. Inoltre, è
necessario stabilire parametri di base che indichino l‟efficacia degli interventi rapportata agli
obiettivi fissati dalle autorità governative e dalla comunità internazionale;
- sostenere il processo di democratizzazione del Paese nell‟attuale periodo pre-elettorale
evitando atteggiamenti discriminatori nei confronti di candidati e partiti che abbiano assunto
posizioni critiche sul ruolo politico e militare occidentale, purché da parte loro si manifestino
integrità e chiare convinzioni democratiche;
- sollecitare l‟attribuzione di ampi poteri all‟inviato speciale del Segretario generale dell‟ONU,
che dovrebbe avere una reale capacità di coordinamento e controllo dell‟assistenza
internazionale, evitando duplicazioni, incongruenze e sprechi di risorse;
- premere sulle autorità di Kabul, fornendo loro l‟assistenza di cui hanno bisogno, perché sia
accelerato il processo di state building e migliorata la governance, mediante la riforma
dell‟apparato burocratico dello Stato, il potenziamento delle capacità di progettazione e di
gestione dell‟amministrazione centrale e periferica e la lotta alla corruzione;
- monitorare l‟efficacia degli aiuti tramite un‟apposita commissione posta sotto l‟autorità
dell‟inviato speciale del Segretario Generale dell‟ONU e che abbia il potere di sanzionare, con
una riduzione o un blocco dei finanziamenti, errori, sprechi e distrazione di fondi da parte
degli organismi governativi, delle ditte appaltatrici e delle ONG;
iii
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
- promuovere una maggiore cooperazione tra i Paesi della regione, in particolare Iran, India e
Pakistan, perché superino diffidenze e sospetti e si impegnino concretamente per la
normalizzazione dell‟Afghanistan e il successo nella lotta contro l‟estremismo e il
narcotraffico, da cui anche loro sono minacciati;
- sostenere, fornendo assistenza nei settori di intelligence e militare, l‟impegno delle autorità
pakistane per debellare i gruppi estremisti che dal territorio nazionale conducono attacchi
contro obiettivi governativi e stranieri in Afghanistan. Nello stesso tempo è necessario
finanziare i programmi di sviluppo delle aree tribali per ridurre i margini di consenso nei
confronti dei movimenti più radicali.
iv
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
INDICE
Executive Summary. ..................................................................................................
Indice....................................................................................................................................
Dati di base ...............................................................................................................
i
v
vii
1. La sconfitta dei taliban e l‟avvio del processo di democratizzazione ...........
1
2. L‟Afghanistan Compact: troppe attese deluse ..............................................
6
3. La situazione di sicurezza: una vittoria possibile ma ancora lontana ...........
11
4. Le dinamiche politiche interne: equilibri di potere ancora instabili..............
22
5. La situazione economica e sociale: significativi progressi e gravi ritardi.....
32
6. Istruzione, sanità e corruzione: successi e sconfitte del Governo .................
6.1. Istruzione ...............................................................................................
6.2. Sanità .....................................................................................................
6.3. Corruzione .............................................................................................
38
38
39
41
7. Diritti umani: poche luci e molte ombre .......................................................
7.1. Responsabilità di magistratura e forze di sicurezza ..............................
7.2. Transitional Justice ...............................................................................
7.3. La libertà d‟espressione .........................................................................
7.4. I soggetti più a rischio: le donne e i bambini.........................................
45
45
47
50
51
8. Lotta alla droga: una strategia da rivedere ....................................................
55
9. Questioni regionali: la pedina afghana nel gioco dei Paesi vicini.................
9.1. Iran: ambiguità e generoso sostegno alla ricostruzione .........................
9.2. Pakistan: la ricerca della profondità strategica ......................................
9.3. India: un alleato molto interessato .........................................................
9.4. Russia e Cina: un ruolo minore, ma significativo .................................
65
65
70
75
77
10. L‟assistenza internazionale: forti squilibri ed assenza di coordinamento .....
10.1. La missione ISAF .................................................................................
10.2. Gli aiuti per la ricostruzione e lo sviluppo ...........................................
79
79
86
11. L‟assistenza italiana: tanto impegno ma pochi mezzi ...................................
11.1. La cooperazione militare ......................................................................
11.2. La cooperazione civile .........................................................................
11.3. La riforma della giustizia .....................................................................
92
93
95
96
12. Conclusioni....................................................................................................
98
v
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Allegati:
I
Composizione del Governo ................................................................
105
II
Costituzione – aspetti principali .........................................................
106
III
Afghanistan Compact – scadenze .......................................................
108
IV
Partiti politici ......................................................................................
110
V
Biografie .............................................................................................
115
VI
Nazioni contribuenti alla missione ISAF ...........................................
126
VII
Cronologia della missione ISAF ........................................................
127
VIII Cronologia generale............................................................................
129
IX
134
Acronimi .............................................................................................
vi
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
DATI DI BASE2
Confini
Cina (76 km), Iran (936 km), Pakistan (2.430 km), Tagikistan (1.206 km),
Turkmenistan (744 km), Uzbekistan (137 km)
Dimensioni
647.500 kmq
Popolazione
26,6 milioni
Aspettativa di vita
43,77 anni (uomini 43.5, donne 44)
Tasso di fertilità
6,64 bambini per donna
Reddito annuo pro capite
306 USD
PIL per settore
agricoltura 38%, industria 24%, terziario 38%3
Indice di Sviluppo Umano (HDI)
0,345 – 174° su 178 Paesi
Gruppi etnici
pashtun 42%, tagiki 27%, hazara 9%, uzbeki 9%, aimaki 4%, turkmeni 3%,
beluchi 2%, altri 4%
Religioni
musulmani sunniti 80%, musulmani sciiti 19%, altro 1%
Alfabetizzazione
28% (uomini 43%, donne 13%)
Nome del Paese
Repubblica Islamica dell‟Afghanistan
Divisione amministrativa
capitale: Kabul. 34 province: Badakhshan, Badghis, Baghlan, Balkh, Bamian,
Daykondi, Farah, Faryab, Ghazni, Ghowr, Helmand, Herat, Jowzjan, Kabul,
Kandahar, Kapisa, Khost, Konar, Kunduz, Laghman, Lowgar, Nangarhar,
Nimruz, Nuristan, Paktia, Paktika, Panjshir, Parwan, Samangan, Sar-e Pol,
Takhar, Uruzgan, Wardak, Zabul
Forma di Stato
repubblica islamica
Forma di governo
presidenziale
Costituzione attuale
26 gennaio 2004
Indipendenza
19 agosto 1919, dal controllo del Regno Unito sulla politica estera
Suffragio
universale a 18 anni d‟età
Capo di Stato
Hamid KARZAI, dal 7 dicembre 2004
Capo del Governo
Hamid KARZAI, dal 7 dicembre 2004
Membri del Governo
25 Ministri nominati dal Presidente con l‟approvazione dell‟Assemblea
Nazionale
Parlamento
bicamerale: Meshrano Jirga o Camera degli Anziani (102 membri, 1/3 eletti
dai consigli provinciali, 1/3 eletti dai consigli locali dei distretti e 1/3 nominati
dal Presidente); Wolesi Jirga o Camera del Popolo (249 membri)
Ultime elezioni
presidenziali: 9 ottobre 2004
politiche: 18 settembre 2005
2
Dati tratti da: Banca Asiatica per lo Sviluppo, Banca Mondiale, BBC country profiles, CIA World Factbook, Dipartimento di Stato americano,
UNDP. Le cifre dei dati sono state arrotondate.
3
È esclusa dai dati la produzione di oppio.
vii
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
1. La sconfitta dei taliban e l’avvio del processo di democratizzazione
Il 18 settembre 2001, a una settimana dagli attacchi alle Torri gemelle, il Presidente USA
George W. Bush ha ufficialmente dichiarato guerra al terrorismo internazionale e a tutti gli Stati che
lo sostenevano, anche solo economicamente (definiti “stati canaglia”), e ha avviato la preparazione
delle operazioni militari contro il regime taliban al potere in Afghanistan. Questo Paese ospitava,
infatti, i vertici4 e le strutture addestrative e logistiche di al-Qaida, accusata di essere responsabile
degli attentati dell‟11 settembre negli USA. Visto il rifiuto dei taliban di accogliere le richieste di
Washington di consegnare o espellere Osama bin Laden e la dirigenza di al-Qaida, il 7 ottobre 2001
ha avuto inizio con bombardamenti aerei e missilistici l‟Operazione Enduring Freedom5, messa in
atto da una coalizione guidata dagli Stati Uniti e che si appoggiava sul terreno alle milizie afghane
facenti capo al Fronte Islamico Unito per la Salvezza dell'Afghanistan (conosciuto anche come
Alleanza del Nord)6.
Il 13 novembre è stata conquistata Kabul e nelle settimane successive tutto il resto del Paese è
passato sotto il controllo delle forze della Coalizione.
Era necessario a questo punto affrontare il problema dell‟assetto istituzionale da dare al nuovo
Afghanistan, che emergeva da quasi 30 anni di sanguinose guerre civili e di rivolgimenti che
avevano visto il Paese passare dalla monarchia alla repubblica, dal regime comunista a quello dei
mujahiddin, prima, e dei taliban, poi, in un susseguirsi di sistemi di governo e filosofie molto
distanti tra di loro e, per lo più, dal sentire popolare.
Passaggio fondamentale del processo di ricostruzione dell‟identità istituzionale afghana è stata
la Conferenza di Bonn, tenutasi sotto l‟egida dell‟ONU dal 26 novembre al 5 dicembre 2001, con la
partecipazione dei leader dell‟opposizione armata al regime taliban, della diaspora afghana 7 e di
delegazioni dei principali Paesi e Istituzioni internazionali interessati alle vicende afghane. Al
4
Osama bin Laden si era rifugiato in Afghanistan nel 1996.
In questo Rapporto, le definizioni Enduring Freedom e Coalizione internazionale sono utilizzate come sinonimi.
6
In precedenza Washington aveva ottenuto la collaborazione del Pakistan, che aveva autorizzato il sorvolo del proprio
territorio da parte dei velivoli impiegati in Afghanistan e l‟uso di basi aeree. Secondo quanto riferisce lo stesso
Presidente Pervez Musharraf nelle sue memorie (In the line of fire, Free Press, 2006.), il 12 settembre 2001 il leader
pakistano aveva ricevuto una telefonata dall‟allora Segretario di Stato USA, Colin Powell, che gli intimava “O siete con
noi o contro di noi”. Il giorno successivo, da una telefonata con il Direttore Generale dell'Inter Service Intelligence
(ISI), Mahmoud Ahmad (che si trovava a Washington), Musharraf aveva appreso che il vice di Powell, Richard
Armitage, era stato ancora più esplicito e aveva minacciato di “rispedire il Pakistan all'età della pietra a furia di
bombardamenti” se Islamabad avesse deciso di schierarsi con i terroristi.
7
In particolare erano presenti, oltre agli esponenti dell‟Alleanza del Nord, i rappresentanti del “Gruppo di Roma”,
composto da personalità rifugiatesi in occidente che facevano capo all'ex re Mohammed Zahir Shah (da molti anni in
esilio a Roma), della “Delegazione di Peshawar”, che rappresentava i rifugiati afghani in Pakistan, e della “Delegazione
di Cipro”, formata soprattutto da elementi della diaspora afghana ospitati in Iran.
5
1
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
termine dei lavori è stato approvato il testo dell‟Accordo di Bonn 8, sottoscritto dai partecipanti il 5
dicembre 2001 e fatto proprio dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 7 dicembre, che
conteneva le linee guida nel processo di nation building che sarebbe poi stato realizzato in
Afghanistan.
L‟Accordo di Bonn ha definito le coordinate giuridiche per il Paese governato dall‟Autorità ad
interim, rappresentando una sorta di costituzione transitoria. Esso infatti ha restituito vigore alla
Costituzione del 1964, tranne che per la scelta della repubblica invece della monarchia, e in quanto
non in contrasto con le previsioni contenute nell‟Accordo stesso; ha confermato la legislazione
vigente, anch‟essa entro i limiti della conformità con l‟Accordo di Bonn, con i trattati internazionali
di cui l‟Afghanistan è parte9, nonché con la Costituzione del 1964.
L‟Accordo affidava da subito la sovranità sull‟Afghanistan e i conseguenti poteri all‟Autorità
ad interim (AIA), articolata in Amministrazione ad interim composta da 30 membri con lo status di
ministri e guidata da un Presidente, Commissione indipendente speciale, incaricata di convocare
entro sei mesi una Loya Jirga10 di emergenza (LJE), e Corte suprema.
L'Accordo di Bonn non costituiva un accordo internazionale in senso stretto, ma piuttosto
un‟enunciazione degli impegni presi dai partecipanti riguardo la creazione di nuove istituzioni in
Afghanistan. Esso ricalcava le proposte avanzate da Lakhdar Brahimi, Rappresentante speciale del
Segretario generale ONU per l'Afghanistan, il 13 novembre 2001 al Consiglio di Sicurezza.
L‟Accordo comprendeva anche tre allegati. Nel primo, i rappresentanti afghani chiedevano al
Consiglio di Sicurezza l‟invio di una forza internazionale che doveva in un primo tempo garantire la
sicurezza della capitale Kabul, per poi essere estesa ad altre aree del Paese 11. Il secondo allegato
attribuiva alle Nazioni Unite un ruolo di vigilanza sul rispetto dei diritti umani e al Rappresentante
speciale la possibilità di intervenire, attraverso i suoi “buoni uffici”, nel caso di contrasti fra gli
organi della AIA. L‟ultimo allegato conteneva una serie di principi riguardanti, fra l‟altro, la
garanzia dell‟integrità e dell‟unità del Paese, l‟aiuto economico per la ricostruzione, il reinserimento
dei combattenti (mujahiddin).
Il 22 dicembre 2001 Hamid Karzai, di etnia pashtun, è stato nominato Presidente della
Amministrazione ad interim, superando Abdul Sattar Sirat, uzbeko, capo del Gruppo di Roma, che
sembrava favorito. La designazione di Karzai è stata voluta dagli USA anche per bilanciare il peso
della componente tagika dell‟Alleanza del Nord nelle nuove istituzioni. Infatti, l‟Amministrazione
8
Agreement on provisional arrangements in Afghanistan pending the re-establishment of permanent government
institutions, Bonn, 5 dicembre 2001
9
La norma si riferisce a tutti i trattati internazionali sottoscritti dall‟Afghanistan fino ad allora, ed in particolare: the Genocide
Convention of 1948 (acceded 1956), the Geneva Convention of 1949, the Convention of on Non-Applicability of Statutory
Limitations to War Crimes and Crimes Against Humanity of 1968 (acceded 1983), the Convention on the Elimination of All Forms
of Discrimination Against Women of 1979 (acceded 1980), the International Covenant on Civil and Political Rights of 1966 (acceded
1983), the Convention on Elimination of All Forms of Racial Discrimination of 1966 (acceded 1983), the Convention Against
Torture and Other Cruel, Inhuman Degrading Treatment or Punishment Rights of the Child of 1989 (ratified 1994).
10
11
“Grande Assemblea” in lingua pashtun.
Tale richiesta è alla base del successivo schieramento dell‟International Security Assistance Force (ISAF).
2
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
ad interim era formata da 11 esponenti pashtun, 8 tagiki, 5 hazara, 3 uzbeki e 3 provenienti dalle
tribù e dai gruppi religiosi minori12.
La Loya Jirga di emergenza (LJE) aveva il compito di eleggere il Presidente dell‟Autorità
transitoria afghana (ATA), incaricato di governare il Paese fino alle elezioni presidenziali e
politiche. Essa doveva inoltre nominare i membri di una Commissione per la revisione
costituzionale con il mandato di redigere il testo della nuova Costituzione. Le elezioni per i 1.051
membri della LJE hanno avuto luogo tra il maggio e il giugno del 2002. La Commissione
indipendente ha poi nominato altri 600 rappresentanti che dovevano integrare quelli espressi tramite
le consultazioni, in modo da garantire una sorta di bilanciamento in termini di sesso, etnia, opinione
politica e provenienza.
L‟11 giugno 2002, la LJE ha eletto, a scrutinio segreto, Karzai Presidente della ATA con
1.295 voti su 1.575 espressi; il 19 giugno sono stati approvati i componenti del Consiglio di
gabinetto dell‟ATA13, che ha preso il posto dell‟AIA. Nel nuovo esecutivo è diminuito il peso della
componente tagika, evidenziato in particolare dallo spostamento di Yunis Qanuni dal dicastero
dell‟interno a quello dell‟istruzione, meno rilevante per gli equilibri di potere.
Nell'ottobre dello stesso anno è stata istituita la Commissione per la stesura della Costituzione,
presieduta dal Vice Presidente Shahrani e composta da nove membri. La Commissione ha avviato i
propri lavori nel novembre del 2002 e ha completato una bozza della Costituzione nell'aprile del
2003. Il documento è stato sottoposto all‟esame di tutte le strutture politiche, sociali ed etniche del
Paese e nonché delle comunità dei profughi afghani in Pakistan e in Iran; tenendo conto delle
proposte da loro avanzate è stata elaborata la bozza finale della Costituzione resa pubblica il 3
novembre successivo.
La fase finale del processo di approvazione della nuova Carta fondamentale dell‟Afghanistan
ha avuto inizio con i lavori della Loja Jirga Costituente, avviata il 14 dicembre 2003 e formata da
450 delegati eletti attraverso consultazioni a livello provinciale e 52 nominati dal Presidente Karzai.
Era garantita la rappresentanza di tutte le componenti del Paese, incluse le donne, i rifugiati
all'estero, i profughi interni, le popolazioni nomadi (kuchi) e le minoranze, tra cui gli indù e i sikh.
Il testo della Costituzione, composto da 162 articoli, è stato approvato il 4 gennaio del 2004 ed
è stato promulgato dal Presidente dello Stato transitorio islamico dell‟Afghanistan il 26 gennaio
successivo.
Gli aspetti più qualificanti della nuova Costituzione afghana, che sulla carta è una delle più
avanzate e liberali tra quelle in vigore nei Paesi del Continente, riguardano soprattutto la forma di
12
I dicasteri più importanti furono affidati a Mohammad Qasim Fahim Khan (difesa), Yunis Qanuni (interno), Abdullah
Abdullah (esteri), Mohammad Mohaqqeq (pianificazione) e Sayed Mustafa Kazemi (commercio).
13
Le figure più rappresentative erano Mohammad Qasim Fahim Khan (Vice Presidente e Ministro della difesa), Abdul
Qadir (Vice Presidente e Ministro della ricostruzione), Nematullah Shahrani (Vice Presidente), Hedayat Amin Arsala
(Vice Presidente), Mohammad Abdul Karim Khalili (Vice Presidente), Abdullah Abdullah (esteri), Ashraf Ghani
Amadzai (finanze), Taji Wardak (interno, sostituito nel mese di gennaio 2003 da Ali Ahmed Jalali), Mohammad
Mohaqqeq (pianificazione), Sayed Mustafa Kazemi (commercio).
3
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Stato, i diritti e i doveri dei cittadini, la tutela delle minoranze, i poteri del Presidente, del Governo e
del Parlamento ed il loro reciproco bilanciamento14.
La Costituzione conferisce al Presidente poteri più ampi di quelli previsti generalmente nelle
repubbliche presidenziali del mondo occidentale, solo parzialmente bilanciati dai poteri attribuiti al
Parlamento. Tale squilibrio sta creando un clima di confronto tra il potere esecutivo e quello
legislativo e sta alimentando le spinte di alcuni settori politici verso una modifica della Costituzione
che porti ad una repubblica di tipo parlamentare. Essi sottolineano che il regime presidenziale non è
adatto per un Paese, come l‟Afghanistan, dove per tradizione sono molto radicate le divisioni
etniche e tribali. Alla luce dei primi anni di applicazione, appare inoltre necessario rafforzare il
potere degli organi locali, in particolare conferendo competenze reali agli organi elettivi anzichè a
quelli di nomina presidenziale che attualmente lo detengono, in modo da rafforzare la fiducia dei
cittadini nelle istituzioni, che può esistere solo laddove esiste una reale capacità di controllo.
Per contro appare efficace la divisione delle responsabilità tra la Wolesi Jirga e la Meshrano
Jirga, con una significativa prevalenza della prima che ha tra l‟altro l‟autorità di mettere in stato di
accusa il Presidente.
Altro aspetto da rilevare è il ruolo centrale riconosciuto all‟Islam, i cui principi non devono
essere contraddetti dalle leggi dello Stato e persino dai trattati internazionali. Ai credenti di altre
fedi viene lasciata la libertà di professare la loro religione, ma nei limiti delle disposizioni di legge.
Sul piano politico, i momenti più importanti del processo avviato con l‟Accordo di Bonn sono
state le consultazioni presidenziali, tenute il 9 ottobre 2004, e quelle per la Wolesi Jirga e i consigli
provinciali, svoltesi il 18 settembre del 2005. Alla Presidenza è stato eletto Hamid Karzai 15 con il
54,4% dei voti, seguito da Yunis Qanuni (tagiko, 16,3% dei consensi), da Mohammad Mohaqqeq
(hazara) e Abdul Rashid Dostum (uzbeko), che hanno ottenuto rispettivamente l‟11,7% e il 10%
delle preferenze. Le operazioni di voto si sono svolte in un clima di relativa sicurezza, nonostante le
minacce dei gruppi eversivi, e hanno visto una notevole partecipazione popolare, soprattutto alle
consultazioni presidenziali. Queste hanno rappresentato per gran parte della popolazione afghana
una presa di coscienza, anche se talvolta abbastanza confusa, dei propri diritti e delle proprie
possibilità di influire sui destini del Paese. Milioni di persone hanno aspettato pazientemente, anche
per ore, davanti ai seggi per diventare protagonisti di un evento che nelle attese avrebbe dovuto
cambiare la loro vita e quella dei loro figli. Tuttavia, le promesse non sono state mantenute e la
fiducia della popolazione verso la nuova dirigenza ha cominciato a diminuire, come indicato anche
dalla minore partecipazione alle elezioni politiche e amministrative del 2005.
Con il tempo, l‟azione del Governo si è rivelata inadeguata ad affrontare le sfide che il Paese
era chiamato ad affrontare, a causa dell‟inesperienza dei Ministri e del prevalere di interessi di parte
(di carattere economico, etnico o regionale) su quelli generali. Il Presidente Karzai non è stato
capace di imporre la propria autorità sui comandanti delle milizie che avevano combattuto contro le
forze sovietiche e il regime taliban e che rivendicavano un proprio ruolo istituzionale. Egli ha
14
Si veda l‟Allegato II, a pag. 106.
Insieme a Karzai sono stati eletti Ahmad Zia Massud (tagiko, primo Vice Presidente) e Mohammad Abdul Karim
Khalili (hazara, secondo Vice Presidente).
15
4
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
quindi cominciato a scendere a compromessi con costoro, inglobandone alcuni nel governo e
affidando ad altri cariche importanti in ambito locale o nell‟apparto di difesa e sicurezza. Si sono
così riprodotte nelle istituzioni democratiche alcune dinamiche che avevano connotato la guerra
civile, con gruppi di potere in lotta tra loro per ampliare la propria sfera di influenza, che spesso
significa anche il controllo di una quota dei finanziamenti affluiti dalla comunità internazionale. In
alcuni casi i contrasti hanno assunto forma violenta, come nel caso dell‟assassinio, nel febbraio
2002, del Ministro dell‟aviazione civile e del turismo, Abdul Rahman, molto vicino all‟ex Re Zahir
Shah, e del Vice Presidente e Ministro della ricostruzione, Haji Abdul Qadir, nel luglio dello stesso
anno. Mentre per il secondo episodio si è sospettata una responsabilità dei taliban, peraltro non
confermata, il primo è stato considerato un tentativo di alcuni settori della dirigenza mirato a
scoraggiare l‟ex Monarca dal rientro in patria16.
La compattezza del Governo e l‟efficacia della sua azione non sono migliorate in modo
significativo con gli avvicendamenti che si sono succeduti nel tempo, in particolare con la
sostituzione dei titolari dei dicasteri dell‟interno, Ali Ahmed Jalali, dimessosi, e degli esteri,
Abdullah Abdullah, rimosso, sostituti rispettivamente da Ahmad Zarar Moqbel e da Rangin Dadfar
Spanta, e con l‟attribuzione della guida del Ministero per l‟energia e le risorse idriche a Ismail
Khan.
16
Zahir Shah è tornato in Afghanistan il 18 aprile 2002.
5
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
2.
L’Afghanistan Compact: troppe attese deluse
Il processo di state building e di ricostruzione delle strutture economiche dell‟Afghanistan si è
sviluppato in questi anni attraverso meccanismi che vedono direttamente coinvolta la comunità
internazionale, impegnata a fornire alle autorità afghane, oltre ai finanziamenti, l‟assistenza tecnica
e il sostegno politico e militare indispensabili per il successo dei programmi.
Le linee guida dei processi destinati a trasformare radicalmente il Paese sono state definite nel
corso di conferenze e incontri che, sulla base dei risultati conseguiti, hanno continuamente
aggiornato obiettivi ed esigenze finanziarie. In tale quadro ha avuto particolare rilievo l‟impegno
assunto, nel corso dell‟Afghanistan Development Forum dell‟aprile 2005, per lo sviluppo
dell‟Afghanistan National Development Strategy (ANDS). Si tratta di una strategia che dovrà
definire, entro il 2008, gli strumenti e i piani operativi per il consolidamento del processo
democratico e delle istituzioni nazionali e per il miglioramento delle condizioni sociali della
popolazione. Il documento dovrà stabilire le priorità e le azioni necessarie per raggiungere i livelli
di sviluppo che il Governo di Kabul si propone di realizzare con una strategia di ampio respiro e
servirà anche come Poverty Reduction Paper.
Nel mese di dicembre 2005 le autorità afghane hanno preparato un progetto provvisorio,
definito interim ANDS (I-ANDS), che è stato presentato, insieme all‟Afghanistan Compact, alla
Conferenza di Londra, svoltasi dal 31 gennaio al 1° febbraio 2006. Ai lavori hanno partecipato oltre
200 delegati, appartenenti a 75 Paesi e organizzazioni internazionali, che hanno approvato i due
progetti e preso atto della disponibilità dei governi stranieri a concorrere alla copertura degli oneri
di spesa necessari per la ricostruzione e la stabilizzazione dell‟Afghanistan con una somma pari a
10,5 miliardi di dollari nel successivo quinquennio17.
L‟approvazione dell‟Afghanistan Compact ha rappresentato l‟avvio di una nuova fase nella
rinascita dell‟Afghanistan dopo che si erano completate le previsioni dell‟Accordo di Bonn con lo
svolgimento delle elezioni politiche e amministrative del settembre 2005. Il Compact crea un
meccanismo per il coordinamento degli sforzi delle autorità afghane e dei governi/enti
internazionali, diretti a conseguire gli obiettivi definiti nell‟Afghanistan Millennium Development
Goals Country Report 2005 – Vision 2020. In tale quadro, il documento identifica tre aree critiche e
interdipendenti di attività: sicurezza; governance, principio di legalità e diritti umani; sviluppo
economico e sociale. Contestualmente ribadisce l‟impegno per la lotta alla produzione e al traffico
di droga, che rappresenta una grave minaccia non solo per l‟Afghanistan ma anche per gli altri
Paesi. Il processo di trasformazione si deve sviluppare secondo le linee guida e i principi di seguito
definiti.
17
Nel corso della riunione di Berlino (31 marzo-1° aprile 2004) tali oneri erano stati quantificati in 27,4 miliardi di
dollari in sette anni; una somma molto più alta di quella concordata nella riunione ministeriale di Tokyo (21-22 gennaio
2002), pari a 15 miliardi di dollari in 10 anni.
6
ARGO

AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
La sicurezza costituisce condizione fondamentale per la stabilità e lo sviluppo del Paese. Essa
non può essere raggiunta solo con i mezzi militari ma richiede una buona governance, una
giustizia efficace, una legislazione aderente ai principi costituzionali. È necessario inoltre il
supporto di ISAF, di Enduring Freedom e dei Paesi che stanno partecipando alla riforma
degli organismi preposti, così come vanno ricercati il dialogo e la cooperazione con i Paesi
vicini, ma nel pieno rispetto della sovranità dell‟Afghanistan.

Una governance democratica e la protezione dei diritti umani sono la pietra angolare del
progresso politico sostenibile in Afghanistan. Il Governo intende aumentare rapidamente la
sua capacità di garantire i servizi di base a tutta la popolazione e a tal fine assumerà
nell‟apparato burocratico professionisti competenti e affidabili, scelti in base al merito; creerà
un sistema amministrativo efficace e trasparente; attuerà miglioramenti significativi nella
lotta alla corruzione; sosterrà l‟applicazione della giustizia e la supremazia della legge e
promuoverà il rispetto dei diritti umani. Di conseguenza sarà data priorità alla costituzione in
ogni provincia di istituzioni funzionali, comprendenti amministrazione civile, forze di
polizia, prigioni e organi giudiziari. Particolare importanza riveste, in merito, la riforma della
giustizia che deve garantire un equo accesso a tutti i cittadini, basato su codici scritti e
strutture efficienti, con personale preparato. Il Governo si impegna anche a proteggere e a
promuovere i diritti previsti dalla Costituzione e dalle norme internazionali e adotterà un
Action Plan on Peace, Justice and Reconciliation18 per ricostruire la fiducia tra coloro che
hanno visto le loro vite sconvolte dalle vicende belliche.

Verrà fatto ogni sforzo per una crescita economica sostenibile, allo scopo di ridurre la fame,
la povertà e la disoccupazione, mediante lo sviluppo del settore privato, accanto a quello
pubblico e non-profit, la lotta alla droga e la valorizzazione delle potenzialità fisiche, sociali
e umane del Paese. Gli investimenti pubblici saranno strutturati intorno ai sei settori chiave
dello sviluppo economico e sociale: infrastrutture e risorse naturali, istruzione, sanità,
agricoltura e sviluppo rurale, protezione sociale, governance economica e sviluppo del
settore privato.

Uno degli obiettivi principali del Governo afghano e della comunità internazionale è il
contrasto alla minaccia che l‟industria della droga rappresenta sia in ambito nazionale che
regionale e internazionale. Lo scopo è quello di ottenere una significativa riduzione della
produzione e del traffico di sostanze stupefacenti per arrivare, in tempi successivi, a una
completa eliminazione. Gli elementi essenziali di questa strategia sono il potenziamento delle
capacità operative degli organi investigativi e giudiziari, una migliore cooperazione con i
Paesi vicini, l‟individuazione e la realizzazione di soluzioni alternative per i contadini e i
salariati agricoli, l‟adozione di una politica di tolleranza-zero nei confronti della corruzione,
la riduzione della domanda di oppiacei.
18
Si veda il paragrafo sulla transitional justice a pag. 47.
7
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
L‟Afghanistan Compact definisce anche scadenze precise, o benchmark, per il
conseguimento degli obiettivi indicati nel documento19.
Nel corso dei lavori sono stati discussi anche i meccanismi idonei a migliorare l‟efficacia
degli aiuti internazionali all‟Afghanistan e si è concordato nell‟uniformare le azioni di tutte le parti
interessate al rispetto di due principi base: ownership del Governo di Kabul nella definizione delle
priorità e delle strategie; trasparenza e responsabilità da parte sia delle autorità locali che dei Paesi
donatori. In particolare, questi ultimi si sono impegnati ad aumentare la percentuale di aiuti che
affluirà direttamente al bilancio dello Stato o di altre istituzioni delle quali il Governo afghano fa
parte, quali l‟Afghanistan Reconstruction Trust Fund (ARTF), il Law and Order Trust Fund for
Afghanistan (LOFTA) e il Counter Narcotics Trust Fund (CNTF). Nello stesso tempo, considerata
l‟importanza di rafforzare le capacità del Paese, anche gli aiuti forniti al di fuori del bilancio
saranno impiegati in modo da accrescere questa capacità sia nell‟ambito del governo che nel settore
privato e in quello non-profit.
La versione definitiva dell‟ANDS, che Karzai ha definito il blueprint per lo sviluppo
dell‟Afghanistan, dovrebbe essere presentata prossimamente20. Essa coprirà il periodo 2008-2012 e
prevede spese complessive per 41,4 miliardi di dollari21. Le entrate di bilancio dovrebbero essere
pari a 6,8 miliardi di dollari mentre i Paesi donatori si sono impegnati a fornire 24,6 miliardi di
dollari, di cui 10,9 miliardi destinati alla sicurezza. Pertanto, nei prossimi cinque anni sono
necessari altri 10 miliardi di dollari22. Per reperirli, sarà organizzata a Parigi, all‟inizio dell‟estate
2008, una conferenza dei principali Paesi donatori.
Come si vede, l‟ammontare delle spese per la sicurezza è assai rilevante ed è ancora molto
maggiore se si considerano anche gli oneri sostenuti dai Paesi che partecipano alle missioni di ISAF
ed Enduring Freedom per il mantenimento dei propri contingenti in Afghanistan. Quello della
sicurezza è un settore prioritario, al momento, ma che sottrae risorse molto importanti da destinare
allo sviluppo economico e sociale e alla ricostruzione delle strutture dello Stato. Di conseguenza è
indispensabile che gli interventi in questi settori siano inquadrati in una strategia organica e
coerente con le reali esigenze e siano improntati all‟ottimizzazione del rapporto costo/efficacia.
Il successo dell‟Afghanistan Compact dipende dall‟impegno di tutte le parti interessate a
raggiungere gli obiettivi prefissati entro le scadenze previste e dalla messa a punto di un efficace
meccanismo di controllo. Tale compito è stato affidato al Joint Coordination and Monitoring Board
(JCMB), formato da esponenti del Governo afghano e della comunità internazionale, che si avvale
di un segretariato e tiene riunioni periodiche e, quando necessario, sessioni speciali per esaminare
l‟attuazione del Compact e suggerire eventuali azioni correttive. Considerato che il JCMB è formato
da rappresentanti di 23 fra Paesi ed enti internazionali, si è dato vita a un organo più ristretto,
19
Si veda l‟Allegato III, pag. 108.
Lo ha annunciato il Ministro delle finanze afghano, Anwar al-Haq Ahady, nel corso di una conferenza internazionale
sull‟Afghanistan svoltasi a Tokyo nel periodo 5-6 febbraio 2008.
21
I principali settori di spesa sono: sicurezza (34%), infrastrutture e approvvigionamento idrico (27%), istruzione
(10%), agricoltura e sviluppo rurale (9%), governance e principio di legalità (6%), sanità (5%), protezione sociale
(3,3%), governance economica e sviluppo del settore privato (2,5%).
22
Il Ministro Ahady ha anche lamentato che, contrariamente agli impegni presi nel corso della Conferenza di Londra, la
percentuale di finanziamenti affluiti al bilancio nazionale è ancora ben al di sotto della quota del 50% del totale.
20
8
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
chiamato tea club, del quale fanno parte UNAMA (United Nations Assistance Mission in
Afghanistan), l‟Unione Europea e la Commissione Europea, gli Stati Uniti, il Regno Unito, il
Giappone, la Germania, il Canada, la Spagna e l‟Italia.
Benché manchino ancora tre anni al termine delle scadenze fissate per i conseguimento dei
principali obiettivi, sembra difficile che si possano realizzare quelle trasformazioni necessarie per il
consolidamento delle istituzioni, la stabilizzazione del quadro interno e lo sviluppo economico e
sociale del Paese previste dall‟Afghanistan Compact. Come sarà evidenziato nei capitoli seguenti,
progressi significativi sono stati fatti soprattutto nel settore dell‟istruzione primaria e in quello della
sanità mentre lo scioglimento dei gruppi armati illegali, che avrebbe dovuto essere completato entro
la fine del 2007, è ancora lontano dall‟essere concluso. Forti ritardi si registrano in tutte e tre le aree
critiche di attività del Compact, in particolare per quanto attiene alla governance, al rispetto del
principio di legalità e allo sviluppo sociale. Inoltre, saranno necessari più anni di quelli previsti
prima che l‟apparato di sicurezza sia in grado di assolvere pienamente ai suoi compiti istituzionali e
il settore giudiziario consegua i livelli di efficienza e imparzialità che i cittadini chiedono. Appare
condivisibile, pertanto la denuncia dell‟ONG britannica Oxfam, che il 31 gennaio scorso
sottolineava come a due anni dall‟approvazione dell‟Afghanistan Compact molti degli obiettivi non
siano stati raggiunti e troppe promesse non siano stati mantenute.
Sono apparsi sin qui carenti, in particolare, l‟impegno e la determinazione tanto del governo di
Kabul quanto della comunità internazionale ad avviare e a sostenere le riforme radicali
indispensabili per il successo del progetto. Al riguardo, va accolta positivamente, anche se tardiva,
la costituzione (il 30 agosto 2007) della Direzione indipendente per la local governance, alla quale è
stata affidata la supervisione dell‟attività dei governatori provinciali e degli altri organi
amministrativi periferici, creando meccanismi di collegamento tra il governo centrale e gli organi di
potere locali.
La situazione inoltre è stata resa più difficile dal deterioramento delle condizioni di sicurezza,
non previsto al momento della elaborazione del Compact, che distoglie energie e risorse e rende
impossibile lavorare in molte aree del Paese. Contestualmente sono cresciute le spinte per soluzioni
affrettate, al di fuori di un piano organico, che non eliminano le cause dei fattori di crisi ma ne
riducono solo l‟incidenza degli effetti. Per di più, molti degli obiettivi prefissati sono troppo
ambiziosi e neanche nelle condizioni più favorevoli avrebbero potuto essere raggiunti entro i tempi
stabiliti. Si corre pertanto il rischio che si cerchi di arrivare a un rispetto puramente formale del
Compact, senza che a ciò corrispondano effettive trasformazioni delle strutture pubbliche, delle
condizioni di vita della popolazione e dei rapporti tra istituzioni e cittadini.
Di conseguenza appare prioritario concentrare gli sforzi sull‟eliminazione della cultura
dell‟impunità, sul miglioramento delle capacità dell‟amministrazione dello Stato, sia a livello
centrale che periferico, sulla creazione di un clima di fiducia e di rispetto tra il potere esecutivo e
quello legislativo, in modo che quest‟ultimo sia più direttamente coinvolto nella governance23.
23
International Crisis Group, Afghanistan Endangered Compact, 29 gennaio 2007.
9
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Il compito che il Governo Karzai deve affrontare è molto difficile anche perché il processo di
state-building non può prescindere da una profonda “moralizzazione” della dirigenza per
allontanare gli esponenti corrotti o collusi con sodalizi criminali e quelli che hanno avuto un ruolo
di primo piano in episodi di violazione dei diritti umani. Molti di essi occupano ancora incarichi di
responsabilità sia in ambito governativo che legislativo e giudiziario. Il Governo non può rimuoverli
tutti in pochi mesi, anche per non rompere i delicati equilibri che si sono creati nel tempo, ma deve
dare una prova convincente della propria volontà di emarginarli quali che siano i meriti storici
vantati e i rapporti che li legano alle alte cariche dello Stato.
È indispensabile, pertanto, che Kabul possa contare sul sostegno della comunità
internazionale. Questa tuttavia deve essere anche pronta a ricorrere a pressioni e alla minaccia di
interruzione o di riduzione dell‟assistenza finanziaria per indurre le autorità afghane a prendere
decisioni ardue ma indispensabili per il successo del Compact e il futuro del Paese.
10
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
3. La situazione di sicurezza: una vittoria possibile ma ancora lontana
Dopo la caduta del regime islamico guidato dal mullah Mohammad Omar, nel dicembre 2001,
i miliziani taliban sopravvissuti ai combattimenti hanno abbandonato le loro formazioni e sono
tornati nei loro villaggi. Mentre una parte ha cercato di reinserirsi nella vita civile sfruttando le
nuove opportunità che i cambiamenti del quadro interno aprivano, molti sono rimasti in attesa degli
ordini dei loro capi che, per sfuggire alla cattura, si erano rifugiati in Pakistan grazie all‟appoggio
fornito dalle popolazioni e dai leader locali nonché alle connivenze di settori dell‟apparato di
sicurezza pakistani. Sul territorio afghano, alcuni comandanti locali hanno continuato ad
organizzare la lotta alle forze straniere e a quelle del nuovo Governo di Kabul, con attacchi e
attentati di portata limitata, concentrati prevalentemente nelle aree periferiche delle province
meridionali ed orientali e senza alcun coordinamento.
Nell‟estate 2002 è iniziata la ricostituzione di una struttura di comando e controllo taliban,
inizialmente a livello provinciale e regionale e, successivamente, con responsabilità nazionali. Tale
processo si è concretizzato con la formazione, nel giugno 2003, della rahbari shura (consiglio
supremo), con base a Quetta (in Pakistan, provincia del Beluchistan), diretta dal mullah Omar.
Contestualmente alla riattivazione della catena di comando e controllo è iniziata la creazione di una
nuova struttura di supporto che utilizzava prevalentemente basi situate nelle aree di confine
pakistane. Tali sforzi hanno avuto ben presto riflessi anche in ambito operativo con una progressiva
intensificazione dell‟attività eversiva, che ha evidenziato la crescente capacità militare dei gruppi
armati, sostenuta da una rete logistica articolata e coesa e da strutture sempre più sofisticate di
information warfare.
La riorganizzazione è stata anche favorita dai ritardi nella comprensione dei segnali di
minaccia e nella predisposizione di un efficiente dispositivo di contrasto da parte dei Paesi
occidentali e soprattutto degli USA, le cui priorità si stavano nel frattempo spostando
dall‟Afghanistan all‟Iraq. Il deterioramento della situazione di sicurezza è evidenziato
dall‟andamento delle perdite subite da ISAF/Enduring Freedom, che sono state di 69 uomini nel
2002, 57 nel 2003, 58 nel 2004, 130 nel 2005 e 191 nel 200624. Complessivamente, sono rimasti
uccisi nel periodo in esame 505 militari, dei quali 346 statunitensi. Dal 2005 i ribelli hanno fatto
crescente ricorso ad attentati suicidi, che sono saliti da 3 nel 2004 a 25 nel 2005 e 140 nel 2006.
Proprio il 2006 può essere considerato un anno di svolta perché ha visto i gruppi eversivi
afghani acquisire la convinzione delle proprie capacità e della presunta debolezza degli avversari e
mirare a successi militari in grado di condizionare pesantemente l‟evoluzione del conflitto. Nella
seconda metà dell‟anno, i taliban hanno concentrato nell‟area di Panjwayi, nella provincia di
Kandahar, parecchie centinaia di miliziani per una prova di forza, che si è però rivelata un
fallimento perché molti di essi sono morti nei bombardamenti occidentali. Nonostante le perdite
24
iCasualties.org. Il bilancio comprende anche i decessi per cause diverse da quelle belliche.
11
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
subite, i dirigenti taliban hanno minacciato una nuova offensiva a partire dalla primavera del
200725, che avrebbe dovuto portare all‟isolamento di Kandahar. Invece, essi hanno subito gli
attacchi preventivi di ISAF/Enduring Freedom che hanno disarticolato in parte il loro dispositivo e
neutralizzato esponenti di primo piano, quali il mullah Dadullah26. Tali sconfitte hanno costretto i
taliban a cambiare i loro piani e a riorganizzare le forze riducendo l‟intensità delle operazioni nelle
province meridionali e orientali, dove maggiore è la presenza di ISAF/Coalizione internazionale,
ma estendendole anche alle province settentrionali, considerate sino ad allora relativamente sicure.
Nello stesso tempo, sono cambiati i concetti di impiego con il ricorso prioritario ad attacchi
cosiddetti di tipo asimmetrico (attentati suicidi o mediante ordigni esplosivi improvvisati,
eventualmente attivati con comandi a distanza). I taliban operano prevalentemente in piccoli nuclei,
per sfuggire all‟osservazione e agli attacchi aerei, ma sono anche in grado di raggrupparsi
velocemente per condurre operazioni più rilevanti. Tale strategia non sembra in grado di portare a
successi di grande impatto mediatico e di grande rilevanza operativa, come l‟acquisizione del
controllo di parti significative del territorio nazionale; ma nel lungo periodo potrebbe risultare
vincente per i taliban, provocando un deterioramento generale della cornice di sicurezza del Paese
anche in aree dove la presenza delle cellule eversive era quasi irrilevante.
La gravità della situazione è evidenziata dal forte incremento delle vittime in episodi di
matrice terroristica e in scontri a fuoco tra gruppi eversivi e forze di sicurezza nazionali e straniere,
che sarebbero state nel 2007 oltre 6.500 (tra cui 4.300-4500 ribelli), a fronte di circa 4.000 nel
200627. Anche se indicativo, il bilancio delle vittime contribuisce a delineare un quadro assai
preoccupante che evidenzia quanto sia ancora lontano dalla conclusione il processo di
stabilizzazione del Paese. Tale considerazione è avvalorata anche dall‟aumento, rispetto al 2006, del
numero degli attacchi e attentati (cresciuto di oltre il 33%) 28 e dei caduti tra le forze di
ISAF/Coalizione internazionale, che sono stati 232 (+21 % sull‟anno precedente), dei quali 117
statunitensi e 115 di altri Paesi. Di conseguenza, mentre in Iraq si è registrata nel corso del 2007
una diminuzione delle perdite della Coalizione, scese da 126 del mese di maggio a 23 di dicembre,
in Afghanistan si è avuto un netto incremento del numero dei caduti. Il Comando ISAF ha fatto
rilevare che il 70% degli episodi eversivi si è verificato nel 10% dei distretti, ove risiede il 6% della
popolazione. Tuttavia, si è contestualmente registrato un preoccupante aumento degli attacchi anche
nella parte settentrionale ed occidentale del Paese e nelle province centrali, contigue a quella di
Kabul.
La forma di lotta usata dai gruppi eversivi afghani che sta suscitando le maggiori
preoccupazioni nel Paese e nella comunità internazionale è rappresentata dagli attentati suicidi. Nel
25
Il 25 aprile 2007 il portavoce dei taliban, Qari Yousuf Ahmadi, ha precisato che l‟operazione sarebbe stata
denominata Ghazawatul Badr.
26
Il mullah Dadullah, membro del consiglio supremo, era noto in Italia per il ruolo svolto nel rapimento del giornalista
Daniele Mastrogiacomo. È stato ucciso il 12 maggio 2007, nella provincia di Helmand, in un‟azione di commando delle
forze britanniche e statunitensi.
27
Sul numero delle vittime esistono dati contrastanti a causa delle difficoltà di verifiche indipendenti e della scarsa
affidabilità delle segnalazioni da parte delle autorità locali e della popolazione. Secondo il rappostro semestrale del
Consiglio di Sicurezza dell‟ONU, diffuso il 6 marzo 2008, sarebbero state oltre 8.000, inclusi 1.500 civili.
28
Nel 2007, è stata registrata una media di 566 episodi al mese, mentre nel 2006 sono stati 425.
12
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
2007 ne sono stati compiuti 132, che avrebbero provocato 523 morti29, senza tener conto dei decessi
avvenuti successivamente a causa delle ferite riportate, e un numero assai più elevato di feriti. Si è
registrata una leggera diminuzione degli episodi rispetto al 2006, quando erano stati 140, poiché i
taliban, come ha dichiarato uno dei loro portavoce, Zabihullah Mujahid, avrebbero dato priorità ad
altre forme di lotta, come imboscate e attentati a mezzo di ordigni esplosivi improvvisati attivati
con comando a distanza (RCIED)30, per colpire più selettivamente i nemici e risparmiare i propri
miliziani. È probabile, tuttavia, che tale scelta sia stata imposta dalla difficoltà a reperire aspiranti
attentatori suicidi. Infatti, non sempre gli esecutori sono elementi fortemente motivati sul piano
ideologico e ben preparati tecnicamente; al contrario, in più occasioni è emerso che si trattava di
individui reclutati tra le classi più povere o addirittura tra le persone con gravi turbe psichiche o con
problemi di alcolismo e di tossicodipendenza, che vedevano nel loro sacrificio un mezzo per
redimersi e ridare l‟onore alle loro famiglie. Inoltre, in alcune aree sono stati arruolati ragazzi di 1114 anni e persino bambini inconsapevoli. Proprio da tali fattori deriverebbe il basso livello di
letalità delle azioni suicide, che in quasi la metà dei casi si sono concluse con la morte del solo
esecutore materiale. L‟esame dell‟organizzazione e dell‟esecuzione degli attentati suicidi in
Afghanistan evidenzia uno scambio di esperienze con i gruppi jihadisti iracheni e, soprattutto, con
quelli attivi in Pakistan. Questi ultimi, legati al movimento del mullah Omar da rapporti di
collaborazione molto stretti sia sul piano logistico e addestrativo che operativo, hanno fatto ricorso
ad azioni suicide prima che esse facessero la loro comparsa sul teatro iracheno.
L‟attentato più grave del 2007 è stato compiuto nei pressi di Pul-e Khumri (capoluogo della
provincia settentrionale di Baghlan) e ha causato 77 vittime tra le quali 52 studenti delle scuole
locali, cinque insegnanti e sei parlamentari che facevano parte di una delegazione in visita a uno
zuccherificio della città e che costituiva verosimilmente l‟obiettivo dell‟attacco. L‟episodio ha
suscitato molte polemiche poiché tra deputati uccisi vi era anche Sayed Mustafa Kazimi, sciita di
etnia hazara, dirigente del partito Hezb-e Wahdat e portavoce del Fronte Nazionale Unito (Jabheye-Motahed-e-Milli), principale coalizione di opposizione al Presidente Karzai. Nonostante una
inchiesta condotta dal National Directorate for Security (NDS) abbia attribuito la responsabilità
dell‟attentato a una cellula taliban formata da 2 elementi della provincia di Baghlan e 2 di quella di
Samangan, gli interrogativi sulla matrice dell‟attentato non sono ancora stati chiariti. Alcuni hanno
ipotizzato una faida interna al Fronte o una manovra di ambienti governativi diretta a eliminare un
avversario influente; altri invece hanno accusato l‟intelligence pakistana (ISI), che si sarebbe servita
di elementi legati al partito radicale Hezb-i Islami di Gulbuddin Hekmatyar, ben radicato nell‟area.
Non si può escludere neanche che si sia trattato di un‟azione di al-Qaida nel quadro di una nuova
strategia diretta a provocare un conflitto di tipo confessionale, tra sunniti e sciiti, come successo in
Iraq e, per certi aspetti, in alcune aree del Pakistan. È da rilevare, peraltro, che molte vittime sono
state uccise da colpi sparati subito dopo l‟attentato dalle guardie del corpo dei parlamentari e dai
poliziotti, incapaci di individuare la provenienza della minaccia.
29
In particolare, 13 militari di ISAF/Coalizione internazionale, 180 effettivi delle forze di sicurezza afghane, 23 guardie
delle compagnia di sicurezza private, 307 civili.
30
Remote Control Improvised Esplosive Device (RCIED).
13
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Anche se generalmente hanno un impatto emotivo e mediatico inferiore a quello prodotto
dagli attentati suicidi, sono stati gli attacchi mediante RCIED che hanno provocato le perdite più
gravi tra i militari occidentali. Negli ultimi mesi ha inoltre suscitato preoccupazione il rinvenimento
in alcune aree del Paese (a Kabul e nella zona di Herat) di ordigni del tipo explosively formed
projectiles, più sofisticati di quelli impiegati normalmente, che sarebbero stati forniti ai gruppi
eversivi da ambienti dell‟apparato di sicurezza iraniano. Infine, i taliban hanno anche utilizzato
cadaveri per occultare ordigni esplosivi31.
Per evidenziare il grave deterioramento subito nel corso degli ultimi anni dalla cornice di
sicurezza dell‟Afghanistan basta ricordare l‟incremento registrato tra il 2004 e il 2007 dal numero
complessivo degli episodi di violenza e degli attacchi con RCIED, saliti, rispettivamente da 900 a
8.950 e da 325 a 1.469. Nello stesso periodo, le missioni di appoggio aereo ravvicinato (CAS)
eseguite dai velivoli della base aerea statunitense di Bagram, a nord di Kabul, sono aumentate da
6.495 a 12.775 mentre quelle di bombardamento da 86 a 2.92632.
Per quanto riguarda gli obiettivi delle attività dei taliban, essi sono stati prioritariamente gli
elementi delle forze di sicurezza nazionali e di quelle straniere, amministratori locali, dirigenti e
funzionari governativi, studenti, insegnanti, edifici scolastici, dipendenti di compagnie di sicurezza
private33, esponenti religiosi non legati ai settori radicali, dipendenti di ONG, convogli umanitari. I
risultati dell‟attività eversiva nel corso del 2007 possono essere illustrati con alcuni dati ed episodi,
che delineano con chiarezza la drammaticità della situazione interna del Paese. In particolare:
 sono stati uccisi 925 agenti della polizia nazionale afghana (ANP), che è l‟anello più debole
dell‟apparato di difesa e sicurezza del Paese a causa degli scarsi livelli di motivazione e di
preparazione del personale. Essa inoltre opera su tutto il territorio nazionale, spesso in zone
isolate, con nuclei di pochi uomini privi di mezzi di collegamento o di trasporto per chiedere
rinforzi o sottrarsi agli attacchi;
 sono state distrutte 98 scuole e altre 590 sono state chiuse per motivi di sicurezza. Nello
stesso periodo sono stati uccisi 147 tra insegnanti, studenti e dirigenti scolastici34;
 sono state decapitate circa 100 presunte spie, mentre altre sono state impiccate o fucilate e i
loro cadaveri sono stati lasciati esposti per giorni in luoghi pubblici per costituire un
avvertimento per la popolazione locale35;
 in oltre 130 attacchi sono stati uccisi 40 dipendenti, sia afghani che stranieri, di ONG e altri
organismi umanitari e altri 89 sono stati rapiti, di cui un terzo ad opera di gruppi criminali, il
31
Episodi di questo tipo (booby-trapped body) sono stati registrati il 21 dicembre 2007, quando un ordigno collocato sul
corpo di un uomo decapitato è esploso nei pressi di un cimitero uccidendo due persone, e il 23 dicembre, quando un
altro ordigno nascosto in un cadavere è esploso, ma senza provocare vittime.
32
Washington Post, 17 dicembre 2007, e Bloomberg, 11 febbraio 2008.
33
Il 18 dicembre, nel distretto di Bala Buluk (provincia di Farah), alcuni miliziani taliban hanno attaccato un convoglio
di autocisterne che trasportavano carburante per una base militare di ISAF/Coalizione internazionale, uccidendo almeno
15 guardie di scorta, appartenenti alla compagnia di sicurezza USPI (statunitense), e ferendone altre nove.
34
Associated Press, 12 febbraio 2008.
35
Nel solo mese di dicembre 2007 sono avvenuti tre episodi che hanno commosso l‟opinione pubblica: l‟uccisione di
un ragazzo di 12 anni nel distretto di Sangin (provincia di Kandahar), di una donna di 60 anni e del nipote di 17 nel
distretto di Deh Rawood (provincia di Uruzgan) e di due giovani nel distretto di Kajaki (provincia di Helmand).
14
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
resto dei ribelli36. La maggior parte degli stranieri sarebbe stata rilasciata dopo uno-due mesi
dietro il pagamento di un riscatto di circa un milione di dollari. Secondo l‟ONU quasi tutte
le aree pashtun delle province meridionali e orientali sono considerate a rischio high o
extreme, così come sacche di territorio nella regione settentrionale37. In particolare,
sarebbero 78 i distretti delle province meridionali ai quali le agenzie delle Nazioni Unite non
avrebbero accesso a causa della precarietà della situazione di sicurezza;

sono stati saccheggiati oltre 40 convogli che trasportavano aiuti per conto del World Food
Programme (WFO). Le Nazioni Unite si sono appellate ai gruppi eversivi e a quelli
criminali affinché interrompano i loro attacchi, consentendo agli operatori umanitari di
svolgere il proprio lavoro e aiutare la popolazione.
Sono state effettuate inoltre azioni dimostrative, con l‟impiego di centinaia di uomini, che
hanno portato alla cattura di alcune località38, tornate generalmente sotto il controllo delle forze
governative dopo poche ore o al massimo giorni. In linea generale, lo scopo di episodi di questo
tipo è quello di dimostrare alla popolazione la debolezza del governo centrale e condizionare
l‟attività degli amministratori dei distretti, costretti ad operare nel timore di attacchi in forze.
Contestualmente, i taliban intendono diventare una sorta di potere parallelo nella prospettiva di
formare loro amministrazioni autonome, alternative a quelle ufficiali. Il 12 dicembre 2007, il
portavoce del Ministero della difesa di Kabul ha affermato che i taliban controllano ancora, nella
provincia di Helmand, i distretti di Washer, Naw Zad e Baghran. Tuttavia, la situazione è più grave
di quanto ufficialmente ammesso. Infatti, il 28 febbraio il direttore del National Intelligence USA,
Mike McConnell, ha dichiarato in una audizione di fronte al Committee on Armed Forces del
Senato che il governo di Kabul controlla il 30-31% del territorio nazionale, i taliban il 10-11% e i
leader tribali il resto. Una valutazione sostanzialmente analoga si trova anche nel citato rapporto
semestrale del Consiglio di Sicurezza dell‟ONU: 36 distretti su 376 rimangono “largely
inaccessibile to Afghan officials and aid workers”.
Per contro, il 10 dicembre, le forze afghane e quelle di ISAF/Enduring Freedom hanno ripreso
il controllo del distretto di Musa Qala, nella provincia di Helmand, caduto nelle mani nei taliban
agli inizi di febbraio 2007.
Il deterioramento della situazione di sicurezza ha avuto conseguenze pesanti anche sul piano
economico e sociale, soprattutto nella regione meridionale. In particolare, sono stati bloccati, o
procedono con grande ritardo, numerosi progetti di ricostruzione e di sviluppo mentre per quelli in
corso sono stati registrati sensibili aumenti nei costi per la necessità di garantire una adeguata
36
In una intervista ad al-Jazeera, il mullah Dadullah, aveva sottolineato che il rapimento di cittadini stranieri è diretto a
danneggiare il Governo Karzai e quello USA che lo appoggia, dimostrando che non hanno il controllo del territorio.
Egli aveva anche aggiunto che le Agenzie dell‟ONU sono considerate simili alle organizzazioni governative statunitensi
e pertanto i loro dipendenti costituiscono un obiettivo per i gruppi taliban.
37
The Times, 5 dicembre 2007.
38
In particolare i distretti di Bakwa (29 ottobre), Gulistan (31 ottobre) e Kak-i Safid (6 novembre), tutti nella provincia
di Farah, nonché quelli di Arghandab (provincia di Kandahar, 30 ottobre) e Karyan (provincia di Daykundi, 5
novembre).
15
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
protezione al personale ricorrendo alle compagnie private di sicurezza, sia nazionali che straniere39.
Alti livelli di rischio si riscontrano anche nelle grandi vie di comunicazione, in particolare lungo la
principale arteria del Paese, che collega Kabul, Kandahar e Herat, dove attacchi e attentati si
succedono con frequenza. Tale situazione è una delle cause dell‟aumento della produzione di oppio:
i contadini preferiscono infatti coltivare papavero, il cui raccolto viene prelevato direttamente dai
narcotrafficanti, invece di altri prodotti che poi avrebbero difficoltà a far giungere sui mercati.
L‟intensificazione dell‟attività eversiva e il conseguente incremento del numero degli scontri
hanno provocato un aumento del numero delle vittime civili, che nel 200640 sono state 230 a causa
di operazioni militari di ISAF/Coalizione internazionale e 669 riconducibili a episodi di violenza di
matrice terroristica, di cui 273 per attentati suicidi. La situazione si è aggravata nel corso nel 2007,
in cui i civili morti sarebbero stati oltre 1.000, dei quali almeno 400 nel corso di operazioni condotte
dalle forze occidentali41.
Non sempre è possibile accertare le dinamiche e le responsabilità di ogni singolo episodio.
Esiste il rischio, infatti, che gli episodi vengano strumentalizzati per tutelare interessi personali o
per denunciare colpe presunte o reali degli stranieri. Di conseguenza, è possibile che le
dichiarazioni di potenziali testimoni siano influenzate da pressioni ricevute in ambito locale. D‟altro
canto, appare improbabile che i familiari delle vittime ammettano che queste fossero legate a gruppi
eversivi o che stessero partecipando ad attacchi contro le forze straniere e governative. Inoltre,
l‟uccisione di civili in combattimento non sempre è ascrivibile solo a errori di valutazione da parte
dei militari sul campo o dei Comandi, ma anche alle condizioni tattiche e operative che
caratterizzano il conflitto afghano. I gruppi eversivi, infatti, non rispettano alcuna regola:
combattono senza uniformi e si mescolano alla popolazione.
Di fatto, tuttavia, è successo in più occasioni che le operazioni di ISAF/Coalizione
internazionale abbiano provocato vittime tra i civili. L‟emozione provocata dalle notizie acuisce
l‟ostilità della popolazione verso le forze occidentali e alimenta la sfiducia dei cittadini nei confronti
del Governo, accusato di non sapere o volere proteggere i propri connazionali. Il Presidente Karzai
ha più volte protestato per lo scarso peso che verrebbe attribuito alla vita dei cittadini afghani,
preziosa quanto quella dei militari stranieri, e ha chiesto maggior coordinamento nella
pianificazione e nell‟esecuzione delle operazioni militari.
Gli eventi di questo genere sono sfruttati dai taliban che stanno conducendo una campagna
mediatica per esasperare il risentimento della popolazione nei confronti delle “forze di
occupazione”, minacciando di punire i responsabili. Con tale azione propagandistica essi mirano
anche a far dimenticare le loro responsabilità. Infatti, anche se generalmente non sembrano essere
obiettivo principale dell‟azione, molti civili sono stati uccisi nel corso di attentati terroristici contro
i militari stranieri; inoltre, i taliban si servono spesso di civili come scudi o si nascondono nelle loro
39
In particolare i taliban sono riusciti a ritardare, se non a bloccare, i lavori per il potenziamento della diga di Kajaki
(provincia di Helmand) che dovrebbe fornire energia elettrica per due milioni di persone, consentire l‟irrigazione di
migliaia di ettari facilitando lo sviluppo di colture alternative al papavero da oppio e dare lavoro a circa due mila
persone.
40
Fonte: Human Rights Wacth.
41
Le vittime civili sarebbero state circa 500 secondo un rapporto dell‟Agenzia Reuters del 24 gennaio 2008.
16
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
case per sottrarsi alla cattura dopo gli attacchi. In alcuni casi, tali comportamenti hanno provocato la
reazione degli abitanti dei villaggi, che hanno preso le armi per allontanare i miliziani; il più delle
volte, tuttavia, non vengono denunciati apertamente dalla popolazione locale per il timore di
ritorsioni.
Attualmente la lotta contro le forze afghane e quelle dei Paesi alleati è condotta
prevalentemente dai taliban, mentre gli altri gruppi eversivi attivi in Afghanistan, come il partito
radicale Hezb-i Islami di Gulbuddin Hekmatyar e al-Qaida, svolgono un ruolo più circoscritto. In
particolare, le milizie di Hekmatyar operano principalmente in alcune province orientali, quali
quelle di Nangarhar, Kunar, Nuristan e in alcuni distretti della provincia di Kabul; i combattenti di
Osama bin Laden forniscono soprattutto supporto tecnico e addestrativo e nel settore della
information warfare. Raramente prendono parte alle azioni, anche se nelle ultime settimane sono
emersi segnali di una riorganizzazione delle strutture operative della rete, guidate dall‟egiziano
Mustafa al-Yazid, che ha sostituito lo scorso anno Abd al-Hadi al-Libi, catturato dalle forze
statunitensi. Anche se hanno più volte ribadito il loro impegno a ricercare uno stretto
coordinamento, definendo strategie comuni, i tre gruppi non sono riusciti sinora a costituire una
struttura di comando unificata, in grado di pianificare e condurre operazioni congiunte su tutto il
territorio nazionale. La collaborazione si realizza invece a livello locale, spesso per iniziativa dei
singoli comandanti, con scambio di informazioni e sostegno tecnico e logistico.
Nonostante il carisma che circonda ancora la figura del mullah Omar, il movimento taliban
non va considerato un‟organizzazione omogenea, con una struttura gerarchica rigida e un
accentramento di tutte le funzioni direttive. Infatti, con il tempo si sono accentuate le differenze tra
il tier one, formato da fanatici islamici che pianificano e dirigono le operazioni e il tier two,
comprendente elementi locali arruolati con la promessa di denaro, per lealtà tribale o con le
minacce. Esiste anche un tier three costitutivo da membri delle comunità locali ostili alla presenza
degli occidentali perché appoggiano un governo corrotto e incapace di risolvere i loro problemi
oppure desiderosi di vendetta per controversie che durano da tempo. Non è possibile adottare
un‟unica strategia ma questa deve essere diversificata e non deve prevedere solo l‟uso delle armi
bensì anche il dialogo per convincere soprattutto il tier three ad abbandonare la lotta armata42.
Le attuali capacità operative del movimento taliban e la possibilità di continuare anche nel
medio-lungo termine la lotta contro il Governo di Kabul e le forze straniere schierate nel Paese, si
basano soprattutto su tre fattori:
-
42
sostegno popolare, ottenuto sia con un‟efficace propaganda, sfruttando anche il malcontento
della popolazione per i ritardi nell‟opera di ricostruzione e la corruzione dell‟apparato
governativo, sia con l‟intimidazione. Al momento la percentuale della popolazione che
appoggia in maniera convinta il movimento taliban è generalmente contenuta, anche nelle
province meridionali. Tuttavia esiste una fascia piuttosto ampia che ha un atteggiamento
RFE/RL, 19 settembre.
17
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
neutrale, evitando di schierarsi con o contro il Governo in attesa di vedere chi ha maggiori
probabilità di vittoria43;
-
alleanza con i narcotrafficanti, rafforzatasi negli ultimi anni. I taliban proteggono i contadini
durante la semina del papavero e il raccolto dell‟oppio e tengono impegnate le forze
governative impedendo loro di condurre, con il concorso di quelle straniere, un‟efficace
campagna di eradicazione e di lotta al narcotraffico. In cambio, ricevono supporto logistico, in
particolare armi e veicoli, e finanziamenti, valutati per il 2007 a circa 100 milioni di dollari;
-
cooperazione con i gruppi taliban pakistani, attivi soprattutto nelle Federally Admistered
Tribal Areas (FATA) e nella North Western Frontier Province (NWFP), che vedono nel
mullah Omar un riferimento ideologico e una fonte di ispirazione. Grazie al loro sostegno, i
taliban afghani possono disporre di basi, centri addestrativi e strutture di comando nelle aree
di confine pakistane. Lo stesso mullah Omar e molti esponenti della rahbari shura sarebbero
stati visti più volte nell‟area di Quetta. Tale cooperazione appare destinata a durare. Infatti, il
14 dicembre 2007, 40 comandanti dei gruppi taliban pakistani delle aree tribali e di alcuni
distretti della NWFP, riuniti in una località non nota del Sud Waziristan, hanno deciso la
costituzione di un organo centralizzato, denominato Tehrik Taliban-i-Pakistani (Movimento
dei taliban in Pakistan), per dirigere e coordinare la lotta contro le forze statunitensi e quelle
NATO in Afghanistan e ha nominato Baitullah Mehsud Emiro centrale. Altri scopi del
movimento sono la condotta di un jihad difensivo contro le truppe pakistane e l‟imposizione
della sharia nelle aree sotto il proprio controllo44. Al momento non è nota la consistenza dei
militanti che Baitullah Mehsud è in grado di mobilitare, ma essi potrebbero essere anche
alcune migliaia, bene armati e molto motivati ideologicamente.
L‟arrivo dell‟inverno, con le abbondanti nevicate, ha portato in molti casi all‟interruzione
delle linee di collegamento che, attraverso valichi montani secondari, consentono ai gruppi taliban
di far arrivare dal Pakistan volontari e rifornimenti ma non ha influito in maniera significativa
sull‟andamento dell‟attività eversiva che dall‟inizio del 2008 si sta sviluppando secondo le linee
emerse nel corso del 2007. Nel periodo 1 gennaio - 22 marzo sono stati compiuti 21 attentati suicidi
e sono morti 35 militari di ISAF/Coalizione internazionale (13 statunitensi e 22 di altri Paesi). Gli
episodi più gravi, per le implicazioni che possono avere, si sono verificati il 14 gennaio a Kabul e il
17 febbraio ad Arghandab (provincia di Kandahar). A Kabul, un commando terrorista formato da
quattro elementi, uno dei quali un attentatore suicida, ha attaccato l‟hotel Serena, con standard
qualitativi vicini ai migliori hotel occidentali e considerato sicuro anche perché si trova in una zona
della capitale fortemente protetta. Nell‟azione sono rimaste uccise otto persone, tra le quali due
elementi del commando e due stranieri (uno statunitense e un norvegese). L‟attacco, colpendo uno
dei simboli della ricostruzione del Paese, ha confermato la vulnerabilità della capitale e ha
contribuito ad acuire il senso di insicurezza del personale straniero in Afghanistan e pertanto
potrebbe avere riflessi negativi anche sul piano economico, scoraggiando operatori e investitori
43
Un recente sondaggio evidenzia, pur con i limiti che hanno le ricerche demoscopiche condotte in Afghanistan, anche
una forte diminuzione del consenso verso l‟operato delle forze USA, sceso dal 68% del 2005 al 57% del 2006 e al 42%
del 2007.
44
Dawn, 14 dicembre 2007. Per approfondimenti si vedano i Rapporti di ARGO sul Pakistan nn. 1, 2 e 3.
18
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
stranieri. Ad Arghandab un attentatore suicida si è fatto esplodere in mezzo alla folla che stava
assistendo a combattimenti tra cani, vietati durante il regime taliban, provocando la morte di oltre
100 persone mentre altrettanti sarebbero i feriti. Sembra che obiettivo dell‟attacco fosse Abdul
Hakim Jan, capo della polizia ausiliaria del distretto, deceduto con 35 dei suoi uomini. Abdul
Hakim Jan si era sempre opposto, insieme al mullah Naquib, leader della tribù degli Alokzai, morto
di infarto l‟11 ottobre scorso, ai tentativi dei taliban di prendere il controllo del distretto, vitale in
vista di azioni contro il capoluogo provinciale Kandahar.
La volontà dei taliban di continuare la lotta anche nel periodo invernale, quando si registra
normalmente una stasi nelle operazioni, era stata ribadita dallo stesso mullah Omar in un messaggio
in occasione della festa dell‟Eid al-Adha, in cui ricordava anche che nessun Paese straniero ha mai
conquistato l‟Afghanistan. Tuttavia, i recenti episodi indicano che all‟interno del movimento sta
emergendo una nuova generazione di combattenti, legati allo jahadismo internazionale e decisi a
elevare i livelli dello scontro ignorando le raccomandazioni, che sarebbero giunte dallo stesso
mullah Omar, di evitare per quanto possibile di provocare vittime tra la popolazione civile. Negli
ultimi attentati, inoltre, è stato fatto uso uso di esplosivo al plastico C4 mescolato con sfere di
cuscinetti per aumentarne l‟effetto letale. È una tecnica che non risulta sia stata utilizzata in
precedenza in Afghanistan e che è stata mutuata da altri teatri.
Con l‟arrivo della primavera è da attendersi un‟ulteriore intensificazione degli attentati e degli
attacchi che potrebbero trasformarsi in un‟offensiva su larga scala per destabilizzare il Paese
paralizzando le vie di comunicazione nella regione meridionale, soprattutto intorno a Kandahar, e
acuendo la pressione su Kabul45. L‟obiettivo dell‟offensiva sarebbe quello di indebolire l‟azione del
Governo e minare la fiducia della popolazione nelle nuove istituzioni e nei Paesi che le appoggiano,
ostacolando il processo di ricostruzione. Contemporaneamente potrebbero aumentare gli attacchi,
sia in Afghanistan che nelle aree di frontiera pakistane, contro i convogli che dai porti dell‟Oceano
indiano trasportano rifornimenti alle unità di ISAF/Coalizione internazionale. In tale quadro, il
territorio pakistano e soprattutto le aree contigue al confine rivestono importanza strategica sia
come base di partenza per gli attacchi contro obiettivi in Afghanistan sia come teatro di attacchi
contro le linee di rifornimento alle forze straniere in questo Paese46.
Proprio per contrastare questa minaccia, il Pentagono ha deciso di inviare nelle province
meridionali afghane unità dei marines mentre i Comandi britannici hanno avviato la costituzione di
milizie tribali (arbakai) che dovrebbero difendere i villaggi dagli attacchi dei taliban. L‟iniziativa ha
incontrato le critiche degli statunitensi che sono scettici, anche sulla base dei risultati emersi da un
45
I piani di attacco nella regione meridionale potrebbero cambiare a seguito dell‟uccisione, da parte delle forze afghane
e di quelle britanniche, di tre importanti comandanti taliban nella provincia di Helmand (mullah Abdul Bari, mullah
Abdul Matin e mullah Karim Agha), avvenuta nella seconda decade del mese di febbraio 2008.
46
Appare significativo al riguardo l‟intervento del mullah Omar sui comandanti dei gruppi taliban pakistani e
soprattutto su Baitullah Mehsud perché accettino l‟avvio di trattative con il Governo di Islamabad per accordi di pace
che, portando alla fine dei combattimenti e al ridimensionamento del dispositivo militare pakistano nelle FATA, lascino
ai taliban una sostanziale libertà di azione. Nell‟occasione il mullah Omar avrebbe ribadito che per il momento lo jihad
deve essere condotto prioritariamente in Afghansitan. Di fatto, da alcune settimane i combattimenti tra le milizie
pakistane filo-taliban e le forze governative si sono fortemente ridotti e le trattative sarebbero in una fase assai avanzata.
Nel Nord Waziristan hanno già portato ad un accordo di pace che in sostanza ripristina quello firmato nel mese di
settembre 2006 e denunciato dai militanti nell‟estate 2007.
19
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
tentativo analogo (la formazione della polizia ausiliaria), sull‟affidabilità e sulla disciplina dei
membri delle nuove milizie, che sarebbero più fedeli ai loro capi che al Governo. Nello stesso
contesto, ha suscitato le riserve della dirigenza di Kabul un altro progetto britannico che, a quanto
riferito da alcuni organi di informazione, prevedeva l‟impiego dei taliban disposti a lasciare il
movimento del mullah Omar, chiamati Community Defence Volunteers, per combattere i ribelli
irriducibili. Per tale scopo era allo studio la costruzione nell‟area di Musa Qala di un campo di
addestramento per 1.800 miliziani e 200 comandanti a livello basso. Il piano faceva parte di un
pacchetto di misure e incentivi per ottenere la fiducia e l‟appoggio dei taliban moderati. Di fatto,
anche se riprendono le linee guida del progetto attuato dagli statunitensi nella provincia irachena di
Anbar e considerato generalmente un successo, le iniziative britanniche sono state accolte con
cautela anche da altri esperti militari e diplomatici stranieri a Kabul che hanno definito più
importante il rafforzamento delle capacità operative delle forze di sicurezza governative, in
particolare della polizia, rispetto alla costituzione di nuovi corpi armati che potrebbe sottrarsi al
controllo delle autorità.
Dall‟analisi dell‟attività del movimento taliban e degli altri gruppi eversivi afghani e delle
potenzialità dell‟organizzazione di comando e delle strutture logistiche e addestrative da essi messe
in atto, raffrontate all‟attuale quadro politico del Paese e al contesto geostrategico internazionale,
emergono alcuni punti fermi:
-
i taliban non saranno in grado di ottenere successi militari significativi sino a quando
rimarranno nel Paese le forze di ISAF/Coalizione internazionale; tuttavia, sono capaci di
condurre attentati e attacchi su quasi tutto il territorio nazionale. Di conseguenza, non potendo
sconfiggere sul campo i contingenti stranieri, mirano a logorarli e, nel contempo, a fiaccare la
volontà dei governi occidentali di partecipare ad operazioni militari in Afghanistan;
-
essi dispongono di basi anche nelle vicinanze di Kabul e possono pertanto condizionare la vita
della capitale costituendo una minaccia continua per le istituzioni governative e straniere;
-
hanno acquisito il controllo solo di alcuni distretti nelle aree periferiche del Paese e non sono
in grado di impadronirsi dei capoluoghi provinciali né di porsi alla testa di un movimento
popolare di rivolta contro il Governo; tuttavia, essi hanno una presenza più o meno forte in
molte province, terrorizzando la popolazione o influenzandone i comportamenti;
-
i vertici militari taliban hanno buone capacità di pianificazione e una elevata preparazione per
le tecniche di guerriglia. Infatti, nei primi mesi del 2007, hanno saputo modificare i loro
concetti di impiego adattandoli alle mutate situazioni del terreno e ai nuovi rapporti di forza e
hanno adottato una maggiore decentralizzazione del sistema di comando e controllo, che
affida alle cellule locali un‟ampia autonomia nella scelta di tempi e modalità di attacchi;
-
sono convinti che il fattore tempo giochi a loro favore e, pur non potendo contare sull‟apporto
di una parte consistente della popolazione afghana, cercano di sfruttare a loro favore la
crescente insofferenza che questa mostra verso il Governo ed i Paesi che lo sostengono;
20
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
-
le forze di ISAF/Coalizione internazionale hanno vinto tutte le battaglie e conservano ancora
l‟appoggio della maggioranza della popolazione. Tuttavia, l‟attività dei gruppi eversivi
continua a crescere e si sta espandendo anche ad aree prima considerate abbastanza sicure;
-
almeno a breve termine non è prevedibile una diminuzione dell‟appoggio che i taliban
ricevono dai narco-trafficanti e dai gruppi estremisti pakistani;
-
la mancanza di omogeneità del movimento taliban può compromettere la capacità del mullah
Omar di tenere unite le varie componenti, favorendo l‟emergere di fazioni contrapposte e
alimentando le ambizioni di alcuni comandanti che aspirano a posizioni di vertice. La
situazione può essere sfruttata dal Governo afghano per avviare contatti con gli esponenti
moderati, presenti ai livelli medio-bassi, e convincerli a rinunciare alla lotta armata in cambio
di un reinserimento nella vita del Paese;
-
al momento, la guida del movimento taliban e del partito Hezb-i Islami è ancora saldamente
nelle mani degli esponenti dell‟ala dura, legati ad al-Qaida e ostili a ogni ipotesi di accordo
con il Governo che non si traduca, di fatto, in una ammissione di sconfitta da parte di
quest‟ultimo;
-
la guerra del terrorismo internazionale contro l‟Occidente è iniziata dall‟Afghanistan e in
Afghanistan può essere vinta. Tale Paese rappresenta al momento il fronte principale nella
lotta all‟estremismo e al fondamentalismo di matrice islamica. Tuttavia, per vincere, i Paesi
occidentali e il Governo di Kabul devono cercare di trasformare sin da quest‟anno i successi
militari in progresso economico e stabilità, portando lo sviluppo anche nelle aree più remote e
tra le fasce della popolazione che sinora non ne hanno beneficiato.
21
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
4. Le dinamiche politiche interne: equilibri di potere ancora instabili
La trasformazione politica del Paese, avviata con l‟Accordo di Bonn del dicembre 2001 47 e
proseguita con l‟approvazione della nuova Costituzione, con le elezioni presidenziali del 9 ottobre
2004 e con quelle politiche e amministrative del 18 settembre dell‟anno successivo, ha
rappresentato un processo di portata storica. Essa ha infatti permesso di rilanciare, pur con notevoli
limitazioni e serie difficoltà, il percorso di affermazione dei principi della democrazia avviato nel
1923 dal re Amanullah, che si era interrotto nel 1973 con il colpo di stato di Daoud. Gli eventi
bellici degli ultimi decenni hanno determinato il riemergere delle antiche e radicate usanze e regole
tribali, favorito dall‟assenza dello Stato centrale. Non va inoltre dimenticato che il Paese ha subito,
dal 1996 al 2001, l‟imposizione della sharia nella sua interpretazione più rigida e violenta.
L‟Afghanistan dispone ora di istituzioni democratiche, scelte dal popolo, e di un sistema di
governo che prevede formalmente la separazione tra i vari poteri dello Stato (esecutivo, legislativo e
giudiziario). I cambiamenti sono stati accolti con grande favore dalla maggioranza della
popolazione che, pur senza comprendere i concetti e i meccanismi posti alla base di uno Stato di
diritto, nutriva speranze di miglioramenti significativi delle proprie condizioni di vita e di un futuro
diverso per i propri figli. Tuttavia, le attese sono state in gran parte deluse e stanno
progressivamente aumentando in tutto il Paese sentimenti di sfiducia verso le nuove istituzioni e la
dirigenza che le rappresenta.
Gli aspetti più significativi della crisi politica che, insieme al deterioramento della situazione
di sicurezza, rischia di compromettere lo sviluppo della democrazia in Afghanistan sono
l‟indebolimento della posizione del Presidente Karzai e la radicalizzazione dello scontro tra gli
schieramenti contrapposti, poco inclini alla collaborazione. Il Presidente Karzai, che sembrava aver
recuperato credibilità e prestigio dopo la conclusione della Joint Peace Jirga svolta il 9-12 agosto
200748, deve far fronte a critiche sempre più aspre al suo operato, provenienti non solo dagli
ambienti politici nazionali e da settori sempre più larghi della popolazione ma anche da organismi
internazionali e Paesi stranieri, inclusi gli USA, che sinora sono stati sempre al suo fianco. Al leader
afghano viene contestata una lunga lista di insuccessi, tra i quali i risultati insoddisfacenti della lotta
ai gruppi eversivi e alla criminalità, i gravi ritardi nei progetti di ricostruzione, la precarietà delle
condizioni di vita di molti ceti sociali rimasti esclusi dai benefici portati dal flusso di aiuti, la
mancanza di risultati significativi nel processo di state building, l‟incapacità ad avviare una efficace
lotta alla corruzione e al narcotraffico, il prevalere di logiche tribali nelle scelte di politica interna,
nonché l‟assenza di una visione strategica che sappia coniugare sviluppo del Paese, equilibri di
47
Si veda il cap. 1, a pag. 1 di questo rapporto.
La Jirga si è riunita a Kabul e ha visto la partecipazione di circa 700 delegati di Afghanistan e Pakistan, in
rappresentanza delle tribù pashtun che vivono ai due lati del confine e degli ambienti politici dei due Paesi. Nel corso
dei lavori sono stati affrontati temi relativi alla sicurezza e allo sviluppo.
48
22
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
potere interni e cooperazione regionale. Nelle ultime settimane, inoltre, alcune iniziative del
Presidente hanno provocato tensioni nei rapporti con i principali Paesi alleati.
Una delle conseguenze dell‟indebolimento della posizione del Presidente è l‟aumento delle
spinte centrifughe nelle province settentrionali, alimentate da warlord locali, prevalentemente di
etnia tagika e uzbeka, che si sono sottratti al programma di disarmo delle milizie irregolari (DIAG)
e cercano di conservare o acquisire una propria autonomia per gestire attività illecite e costituire un
potere parallelo a quello ufficiale. Essi giustificano le loro azioni accusando lo Stato di disinteresse
verso le province settentrionali a vantaggio di quelle meridionali, con il richiamo alla necessità di
mantenere una capacità di difesa per opporsi ai tentativi taliban di rioccupare il Paese e con la
denuncia dell‟emarginazione dei mujahiddin dell‟Alleanza del Nord che hanno liberato
l‟Afghanistan dal regime taliban. Il 23 novembre 2007, circa 200 ex comandanti delle province
nord-orientali si sono riuniti nella provincia di Takhar e hanno minacciato il Governo di
conseguenze negative se non sarà riconosciuto il diritto dei mujahiddin a svolgere un ruolo di primo
piano, con incarichi adeguati, nella vita del Paese. Essi hanno sottolineato che il loro
allontanamento da posizioni di responsabilità è coinciso con un peggioramento della situazione
generale di sicurezza. È stato costituito un consiglio del popolo (da khalko shura) che si riunirà una
volta al mese49. Tali iniziative destano preoccupazione perché potrebbero contribuire a creare un
clima di rinnovata contrapposizione etnica, suscettibile di minacciare la convivenza pacifica tra
pashtun50 ed altre etnie.
La polarizzazione della vita politica, che aveva cominciato a emergere nel corso dei lavori
della Loja Jirga costituzionale (14 dicembre 2003 - 4 gennaio 2004), si è accentuata durante le
elezioni presidenziali e, soprattutto, quelle politiche. Queste ultime hanno visto contrapposti due
schieramenti principali: uno riconducibile al Presidente Karzai e comprendente soprattutto
esponenti dell‟etnia pashtun e l‟altro, molto più eterogeneo, che ha come figura più rappresentativa
l‟attuale Presidente della Wolesi Jirga, Yunis Qanuni. Questi è stato tra i principali promotori della
formazione, il 3 aprile 2007, del Fronte Nazionale Unito (Jabhe-ye-Motahed-e-Milli), al quale
hanno aderito personalità dell‟Alleanza del Nord, ex comunisti, leader locali e appartenenti a
famiglie che hanno svolto un ruolo importante nella storia del Paese, quali Mustafa Zahir, nipote
dell‟ex Re Zahir Shah51 ed ex ambasciatore a Roma. L‟etnia prevalente è quella tagika, benché
siano presenti anche esponenti uzbeki, hazara e pashtun. Va peraltro sottolineato che altre
49
Pajhwok, 23 novembre 2007.
I pashtun costituiscono il principale gruppo etnico, benché non maggioritario. Essi comprendono, secondo alcune
stime, il 42% della popolazione; il secondo gruppo etnico è quello tagiko, con il 27% della popolazione.
51
Tra i principali esponenti figurano anche Burhanuddin Rabbani, tagiko, ex Presidente dell‟Afghanistan e leader del
Partito Jamiat-e Islami; Ahmad Zia Massud, tagiko, fratello del Comandante Ahmad Shah Massud e attualmente primo
Vice Presidente dell‟Afghanistan; Maresciallo Mohammad Qasim Fahim Khan, tagiko, ex Vice Presidente
dell‟Afghanistan nonché ex Ministro della difesa; Ismail Khan, tagiko, ex governatore della provincia di Herat e attuale
Ministro dell‟energia e delle risorse idriche; Abdul Rashid Dostum, uzbeko, Capo di stato maggiore dell‟alto comando
delle Forze armate (di recente sospeso dall‟incarico, che peraltro è di fatto privo di reali poteri) e fondatore del Partito
Junbesh-e Milli-e Islami; Sayed Mohammad Gulabzoi, pashtun, ex Ministro dell‟interno durante il regime comunista,
deputato; Nur-ul Haq Olumi, pashtun, Comandante del Corpo d‟armata di Kandahar durante il periodo comunista,
presidente della Commissione difesa della Wolesi Jirga.
50
23
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
importanti personalità dell‟Alleanza del Nord appoggiano Karzai 52. Il programma del Fronte
prevede, tra i punti più qualificanti, la trasformazione della forma di governo da presidenziale in
parlamentare, con l‟istituzione della figura del primo ministro.
Le differenze tra i due schieramenti sono spesso assai sfumate, perché raramente riguardano
aspetti ideologici o dottrinali, peraltro sconosciuti a gran parte degli esponenti politici. In linea di
massima, lo schieramento che si richiama a Karzai è favorevole a un sistema di governo
centralizzato e al mantenimento di relazioni privilegiate con gli USA, pur nella ricerca di rapporti di
collaborazione anche con gli altri Paesi occidentali e con quelli confinanti. Per contro, il Fronte
Nazionale Unito chiede di superare il concetto etnocratico, con chiaro riferimento alla prevalenza
che i pashutn hanno sempre avuto nella vita del Paese, per rafforzare il senso di identità nazionale
ed è più sospettoso nei confronti della politica di Washington. In ogni caso, la composizione dei due
blocchi è soggetta a frequenti trasformazioni, poiché la maggior parte dei deputati non ha vincoli di
partito e si lascia guidare più che da affinità ideologiche da interessi personali, legami etnici e di
clan, sentimenti di amicizia o spirito di vendetta nei confronti di rivali. Inoltre un peso
considerevole avrebbero anche le interferenze, con richiami ai valori comuni o erogazione di
finanziamenti, da parte di Paesi interessati a influenzare le scelte di politica interna e estera
dell‟Afghanistan
Tali contrapposizioni sono all‟origine del conflitto tra il potere esecutivo e quello legislativo,
che sta condizionando la vita politica del Paese impedendo o ritardando l‟attuazione di
provvedimenti sempre più urgenti. Sono particolarmente seri, al riguardo, i contrasti tra la Wolesi
Jirga e il governo, alimentati nello scorso anno dal rifiuto del Presidente di sostituire il Ministro
degli esteri, Rangin Dadfar Spanta53; di abolire l‟Amministrazione indipendente per la lotta alla
corruzione in quanto la sua attività interferirebbe con le attribuzioni del Ministero della Giustizia;
nonché di sospendere i responsabili della provincia settentrionale di Baghlan accusati di negligenza
per non aver impedito l‟attentato suicida del 6 novembre scorso che ha provocato 77 morti, tra i
quali sei deputati della Wolesi Jirga54.
Inoltre, lo scorso anno la Wolesi Jirga ha approvato un emendamento alla legge sulla
composizione del Governo, che affida al Parlamento il controllo sulle Commissioni indipendenti.
Secondo alcuni osservatori, l‟iniziativa mirerebbe principalmente a ridurre l‟autonomia della
52
Tra questi, Mohammad Mohaqqeq e Mohammad Karim Khalili (entrambi hazara) e Abdul Rasul Sayyaf (pashtun).
Il 12 maggio 2007 la Wolesi Jirga aveva votato la sfiducia nei confronti del Ministro per non essere riuscito a
impedire l‟espulsione in massa dall‟Iran dei profughi afghani residenti illegalmente nel Paese (iniziata il 21 aprile
precedente). La Camera continua a insistere nella richiesta nonostante la Corte suprema abbia riconosciuto irregolarità
nel voto di sfiducia.
54
In merito a quest‟ultima vicenda, è da rilevare che, il 26 novembre 2007, Yunis Qanuni ha abbandonato i lavori
parlamentari, insieme a circa 80 deputati, minacciando di non riprenderli sino a quando il governo non avesse accolto le
richieste della Wolesi Jirga. L‟iniziativa è stata criticata dagli altri parlamentari che, pur condividendone le motivazioni,
l‟hanno giudicata inopportuna e dettata da ambizioni personali. Tuttavia, il giorno seguente, il Ministro degli interni,
Zarar Ahmad Muqbil, ha ammesso negligenze e incuria da parte di funzionari dello Stato e ha promesso che i
responsabili saranno sostituiti ed eventualmente perseguiti penalmente.
53
24
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Commissione indipendente per i diritti umani (AIHRC)55, presieduta da Sima Samar, che ha preso
più volte posizione contro i responsabili di crimini di guerra. In merito, Abdul Rasul Sayyaf,
presidente della Commissione affari esteri della Camera, ha sollecitato la presenza nella AIHRC di
esponenti religiosi che possano orientarne l‟attività sulla base del rispetto dei principi della sharia.
Di fatto, si vorrebbe condizionare l‟operato di Sima Simar, molto sensibile riguardo il problema dei
diritti umani perché l‟etnia alla quale appartiene (hazara) è quella che ha subito le violenze più
gravi, spesso assimilabili a operazioni di “pulizia etnica”. Agli inizi dello scorso mese di dicembre,
la Wolesi Jirga ha presentato al Presidente la bozza di un piano di sicurezza nazionale che
prevedeva il potenziamento dell‟ANA e della Polizia, una maggiore attenzione alle ipotesi di
riconciliazione con gli elementi anti-governativi e il miglioramento della coordinazione tra le forze
di sicurezza nazionali e quelle di ISAF/Coalizione internazionale. Al momento, tali
raccomandazioni non hanno avuto ancora risposta.
Le tensioni si sono ulteriormente acuite all‟inizio del 2008 con la convocazione, da parte della
Wolesi Jirga, dei Ministri considerati responsabili del mancato intervento a favore delle popolazioni
colpite dal freddo molto intenso che ha caratterizzato la stagione invernale e provocato oltre 1.000
morti. Alcuni hanno dovuto anche difendersi dalle accuse di non aver saputo contrastare il brusco
incremento dei prezzi dei prodotti petroliferi e dei generi di prima necessità56. Le critiche più forti
sono state mosse nei confronti dei titolari dei dicasteri della sanità, dell‟economia, del commercio,
delle finanze, dell‟agricoltura e dello sviluppo urbano nonché al Presidente della Afghan National
Disaster Management Authority. A seguito delle contestazioni al suo operato, il Ministro della
sanità Sayed Muhammad Amin Fatimi ha presentate le dimissioni dall‟incarico (11 febbraio), non
ancora accolte dal Presidente Karzai. Il risentimento della Wolesi Jirga nei confronti del governo è
stato ribadito da Yunis Qanuni che già il 7 dicembre, denunciando l‟assenteismo dei deputati, lo
aveva attribuito anche alla demotivazione provocata dalla mancata applicazione, da parte
dell‟Esecutivo, delle leggi approvate dal Parlamento. Il 16 febbraio Qanuni ha stigmatizzato la
mancata commemorazione dell‟anniversario del ritiro delle forze sovietiche dall‟Afghanistan, il 15
febbraio, chiesta con una risoluzione approvata dalla Camera bassa e disattesa da Karzai.
Difficoltà si sono riscontrate anche nei rapporti tra Karzai e la Meshrano Jirga, o Senato,
presieduta da Sibghatullah Mujaddidi, le cui iniziative hanno in più occasioni creato imbarazzi al
Governo, soprattutto nei rapporti con gli alleati occidentali. In particolare, il 10 novembre 2007,
Sibghatullah Mujaddidi ha criticato aspramente le forze inglesi che operano nella provincia di
Helmand, accusandole di non voler portare la sicurezza nell‟area. La dichiarazione ha fatto seguito
alla presentazione di un rapporto, a cura di un senatore locale, Abdullah Karezwal, che accusava i
militari britannici di eseguire perquisizioni di abitazioni in maniera culturalmente irrispettosa, di
bombardare villaggi e di uccidere civili, tra cui bambini. A giudizio di alcuni abitanti della
55
Afghan Independent Human Rights Commission. La Commissione, istituita con l‟articolo 58 della Costituzione e
regolamentata con legge del maggio 2005, ha tra i propri mandati anche quello di investigare sui crimini commessi
durante la guerra civile, ma le sue iniziative hanno ricevuto un sostegno molto limitato dalle altre istituzioni. In
particolare, nel 2007 il Parlamento ha approvato una legge che garantisce una sostanziale impunità ai responsabili dei
crimini di guerra. Per ulteriori approfondimenti si veda: http://www.aihrc.org.af/.
56
Dal mese di novembre 2007 il prezzo del pane è aumentato del 90%, con riflessi molto seri in un Paese in cui la metà
della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. (IRIN, 21 febbraio 2008)
25
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
provincia i militari inglesi conducono una guerra contro i pashtun per vendicarsi delle sconfitte
subite durante il periodo coloniale.
Nelle ultime settimane, il contenzioso tra Governo e Parlamento si è arricchito di nuovi
elementi, relativi in particolare alla data delle prossime consultazioni presidenziali e politiche
(previste rispettivamente per il 2009 e il 2010) e all‟approvazione della legge elettorale e della
normativa attinente a struttura, compiti e responsabilità della Commissione elettorale indipendente
afghana. Il Presidente sembra favorevole all‟accorpamento delle due consultazioni in un‟unica data
(nel 2009 o nel 2010), anche per ridurre le spese e ottimizzare l‟impiego delle risorse tecniche e
umane disponibili, ma la Wolesi Jirga ha votato il 13 febbraio scorso, sulla base di considerazioni di
carattere legale e costituzionale, una risoluzione che chiede di tenere le elezioni in periodi diversi.
Al momento la Meshrano Jirga non ha preso ancora una posizione al riguardo.
Più complesso risulta il confronto sulla legge elettorale. Nel novembre 2007, il Governo aveva
sottoposto all‟esame della Wolesi Jirga una poposta di legge in materia che sta avendo un iter
travagliato. Infatti molti deputati, in particolare quelli legati al Fronte Nazionale Unito, chiedono
l‟adozione del sistema proporzionale per liste di partito, al posto di quello vigente basato sul single
non-transferable vote, che non assegna alcun ruolo ai partiti politici. Come soluzione di
compromesso è stato anche proposto un sistema misto: maggioritario (40%) e proporzionale (60%).
Il 9 marzo successivo, numerosi movimenti politici hanno organizzato a Kabul una manifestazione
a sostegno di queste proposte, accusando il Governo di preferire l‟attuale sistema di voto per
emarginare i partiti e impedire al parlamento di rafforzarsi.
Un altro argomento di dibattito politico, e sul quale si riscontrano divisioni trasversali ai due
schieramenti, è quello relativo all‟opportunità di aprire un negoziato con i gruppi eversivi per
avviare un vero processo di pacificazione del Paese. L‟invito rivolto dal Presidente Karzai ai vertici
del movimento taliban e del partito di Gulbuddin Hekmatyar a prendere parte alle trattative e la sua
disponibilità ad accoglierli nel governo hanno disorientato sia le forze politiche afghane e i Governi
dei Paesi alleati che i potenziali interlocutori. Ne è conferma la contraddittoria reazione dei dirigenti
taliban. Inizialmente, infatti, il portavoce del movimento aveva manifestato una certa apertura ma
poco dopo ha posto pre-condizioni che il Governo di Kabul non può accettare: ritiro delle forze
straniere dal Paese e accordo di massima per una riforma istituzionale che parta dall‟abrogazione
dell‟attuale Costituzione57. Pur appoggiando l‟iniziativa del Presidente, l‟Amministrazione USA ha
tenuto a ribadire che nessun accordo sarà possibile con gli elementi dell‟ala dura, legati ad al-Qaida.
L‟eventualità di un negoziato di pace ha allarmato molti esponenti delle etnie minoritarie, in
particolare di quella tagika, preoccupati sia per il rischio di un ritorno al potere di esponenti taliban
sia per le prospettive di un rafforzamento elettorale del Presidente, che potrebbe raccogliere il voto
dei settori della popolazione pashtun più vicini al movimento del mullah Omar.
La disponibilità di Karzai non ha portato a risultati importanti anche per la difficoltà di
individuare all‟interno del movimento taliban, che non è più una struttura omogenea, figure di
57
Il ritiro delle forze straniere quale condizione per l‟avvio di una collaborazione con il governo è stato ribadito anche
dal mullah Berader, membro della rahbari shura taliban, in un intervista a un sito web jahdista. (Reuters, 2 marzo 2008)
26
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
primo piano, dotate di largo seguito tra i miliziani e disposte a dissociarsi dal mullah Omar.
L‟attuale contesto di sicurezza vede i gruppi eversivi all‟offensiva su gran parte del territorio
nazionale58. I vertici taliban e del partito diretto da Hekmatyar non hanno pertanto molto interesse a
partecipare a trattative di pace a meno che queste non preludano ad una resa da parte del Governo.
Merita attenzione, al riguardo, la posizione del deputato della Wolesi Jirga per la provincia di
Zabul ed ex comandante taliban, mullah Abdul Salam Rakiti. Questi ha dichiarato che solo i
negoziati possono portare la pace e la stabilità, ma ha aggiunto che il Governo non dovrebbe
accettare pre-condizioni, soprattutto quella relativa al ritiro delle forze straniere; se ciò accadesse, il
Paese potrebbe nuovamente precipitare nella guerra civile. Le unità straniere dovrebbero rimanere
in Afghanistan sino a quando le forze di sicurezza nazionali non saranno in grado di assolvere ai
compiti istituzionali loro assegnati59.
Non appare casuale, in tale quadro, il passaggio ai giornali, alla fine dello scorso mese di
settembre, del testo della costituzione dell‟emirato islamico dell‟Afghanistan, approvata dalla
rahbari shura nel 2005. Il documento, di 23 pagine divise in 10 capitoli, contiene 110 articoli. Tra
gli aspetti principali: le donne hanno diritto all‟istruzione, ma solo entro i limiti della sharia; sono
ignorati i diritti umani quando sono contrari all‟Islam; il jihad è un dovere di tutti i musulmani e
ogni altra costituzione è priva di valore. La diffusione del documento e il suo contenuto sembrano
indicare che i vertici taliban non hanno abbandonato l‟obiettivo della restaurazione di un regime
fondamentalista islamico in Afghanistan e cercheranno di raggiungere questo obiettivo sia con la
lotta armata sia con il negoziato.
Per contro, si sono avute conferme dell‟interesse nei confronti dell‟appello del Governo, da
parte di gruppi di miliziani e di alcuni comandanti di livello medio-basso attivi nelle province
meridionali e appartenenti alle tribù locali. Tale interesse nascerebbe dalla stanchezza per i molti
anni di guerra e dal desiderio di tornare liberamente dalle famiglie e di potersi reinserire nella vita
sociale. In merito è da rilevare che il successo dell‟operazione che ha portato in pochi giorni alla
conquista di Musa Qala60 è dovuto in gran parte anche alla decisione di un importante leader tribale,
Abdul Salaam, di dissociarsi dal movimento del mullah Omar accogliendo l‟invito e le “offerte” dei
comandi britannici e delle autorità di Kabul, che dopo il ritiro delle milizie dall‟area lo hanno
nominato governatore del distretto.
Tali dinamiche vanno seguite con attenzione e sostenute con incentivi adeguati perché, anche
se non possono portare in tempi rapidi alla fine del conflitto, possono minare la compattezza dei
gruppi eversivi, indebolire le loro capacità operative e privarli gradualmente del sostegno della
popolazione locale. In tal modo si creerebbero le condizioni per provocare fratture all‟interno dei
vertici, dove gli esponenti più moderati potrebbero decidere di rinunciare alla lotta armata e
troncare ogni legame con la rete di Osama bin Laden accettando le offerte di pace del Governo e
impegnandosi a rispettare la nuova Costituzione afghana.
58
Si veda il cap. 4, pag. 22.
Toronto Star, 19 settembre 2007.
60
Il distretto di Musa Qala, nella provincia meridionale di Helmand, era stato occupato nel febbraio 2007 dai taliban
che in tal modo hanno violato un accordo concluso con le forze britanniche e gli anziani locali. È stato riconquistato
dalle forze afghane e da quelle di ISAF/Enduring Freedom il 10 dicembre successivo.
59
27
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Sulle modalità e le condizioni delle trattative con i taliban sono emersi seri contrasti tra il
Presidente Karzai e i Paesi occidentali, evidenziati dall‟espulsione dall‟Afghanistan, alla fine del
dicembre 2007, di due importanti diplomatici europei: Michael Semple, facente funzioni del
Rappresentante speciale della UE, e Merwin Patterson, alto funzionario di UNAMA. Essi sono stati
accusati di aver avuto contatti con esponenti taliban della provincia di Helmand, d‟accordo con gli
organismi da cui dipendevano e con il Comando del contingente britannico ivi schierato ma senza
informare preventivamente il governatore provinciale, Asadullah Wafa, e Kabul. Secondo varie
fonti sarebbero stati proprio i contatti avviati dai due diplomatici che hanno portato al cambiamento
di posizione da parte di Abdul Salaam. Inoltre essi avrebbero discusso la possibilità di impiegare i
miliziani dissociatisi dall‟ala dura del movimento del mullah Omar nella difesa dei loro villaggi. La
reazione di Karzai è da attribuire anche al malessere delle autorità di Kabul per il diffondersi di
voci, spesso considerate attendibili, su comportamenti spregiudicati dell‟intelligence britannica che
avrebbe avviato trattative con esponenti taliban offrendo grosse somme di denaro in cambio della
rinuncia alla lotta armata. Secondo i dirigenti afghani, tali iniziative indeboliscono l‟autorità del
Governo e ne delegittimano l‟azione, quindi lo danneggiano, anche se ufficialmente mirano ad
aiutarlo. I pagamenti di grosse somme di denaro possono portare benefici provvisori, riducendo
temporaneamente la conflittualità in una zona, ma non garantiscono una stabilità di lungo periodo.
L‟episodio ha avuto riflessi negativi sui rapporti tra Kabul e Londra facendo venire alla luce la
presenza, tra la classe politica e la popolazione afghane, di diffusi sentimenti anti-britannici
riconducibili alle passate vicende coloniali. Ne sono stata ulteriore conferma il rifiuto di Karzai ad
accettare la nomina di Lord Ashdown a inviato speciale del Segretario generale dell‟ONU con
poteri molto più ampi di quelli previsti in precedenza per tale incarico, e le dichiarazioni rilasciate
dal leader afghano nel corso della Conferenza di Davos, il 24 gennaio, fortemente critiche nei
confronti delle forze britanniche impegnate nella provincia di Helmand.
Per quanto riguarda la nomina di Lord Ashdown, come ammesso anche da ambienti del
Ministero degli esteri di Kabul, il rifiuto non è nato dalla mancanza di fiducia nella sua persona o
nelle sue capacità ma dal timore che con i suoi poteri egli potesse offuscare il ruolo del Presidente
delegittimandolo di fronte al popolo afghano, peraltro sempre diffidente nei confronti dell‟ex
potenza coloniale.
Le critiche all‟operato delle forze britanniche sono apparse ingenerose perché attribuiscono a
esse la recrudescenza dell‟attività dei taliban nella provincia, ignorando le gravi perdite subite e
dimenticando che il fenomeno interessa tutta la regione meridionale del Paese. Karzai inoltre
rimprovera britannici e statunitensi di averlo “costretto” a destituire, nel dicembre 2005, il
governatore della provincia, Sher Mohammad Akhundzada, che sino ad allora era riuscito a tenere
sotto controllo la situazione di sicurezza. Di fatto, tuttavia, gli unici meriti di Akhundzada, di cui è
noto il coinvolgimento nel narcotraffico61, sembrano essere i rapporti di amicizia che lo legano a
Karzai e a suo fratello Ahmed Wali, di cui ha sposato una cognata.
61
Nel 2005, agenti della DEA e delle unità antidroga afghane hanno trovato nove tonnellate di oppio negli uffici di Sher
Moahammad Akhundzada. International Herald Tribune, 15 maggio 2007.
28
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
La crisi nei rapporti bilaterali è stata gestita con grande cautela da Londra, che ha evitato di
alzare i toni della polemica adoperandosi per un chiarimento. Per contro, la stampa britannica si è
lasciata andare a reazioni molto pesanti accusando Karzai di cedimento ai gruppi di pressione
pashtun (narcotrafficanti, esponenti tribali e warlord) dal cui sostegno egli dipende sempre più dopo
aver perso l‟appoggio dell‟Alleanza del Nord62. Pochi di essi hanno serie credenziali in materia di
governance. La loro influenza toglie credibilità all‟impegno del Presidente di combattere la
corruzione e avvelena i suoi rapporti con la Coalizione. Un articolo apparso sul sito on line di
Financial Times63 riferisce che alcuni lo descrivono come un brillante comunicatore ma come un
amministratore meno che abile. Altri sottolineano che egli è stressato dall‟eccessivo carico di lavoro
anche perché non ha mai preso un periodo di riposo. Inoltre è caotico nella sua attività e non
dispone di collaboratori in grado di consigliarlo per il meglio. Egli cercherebbe di affermare la
propria indipendenza dai suoi paymaster occidentali per l‟approssimarsi delle elezioni, nel tentativo
di riguadagnare il rispetto dell‟elettorato64.
Molto negativi sono stati anche alcuni articoli apparsi sui mass media statunitensi. In
particolare, una giornalista con una profonda conoscenza delle problematiche afghane, Anne
Marlowe, scrive che gli USA si illudono che Karzai sia un buon Presidente e che si preoccupi di
tutelare gli interessi statunitensi, ma ciò è falso. Karzai agisce sotto la spinta del panico, in un clima
di diffusa corruzione e senza una visione. Egli rischia di far fallire gli sforzi per costruire la
democrazia e creare una società civile schierandosi ripetutamente con i fondamentalisti contro i
progressisti. È un‟illusione che Karzai sia un baluardo contro i taliban e i conflitti militari. È più
probabile l‟opposto. Egli ha combattuto contro i taliban solo per un mese. La sua principale
preoccupazione è quella di vincere le prossime elezioni e pertanto si appoggia ai peggiori alleati tra
i pashtun. È per questo che ha proposto l‟avvio di negoziati con il mullah Omar e con Gulbuddin
Hekmatyar65.
In generale, stanno aumentando i dubbi sulla capacità di Karzai di interpretare i sentimenti e le
aspirazioni di tutta la popolazione afghana, non solo di quella pashtun, e di avviare concretamente
la ricostruzione morale ed economica del Paese. Sinora la sua azione è stata condizionata da
eccessivi tatticismi che gli hanno consentito di superare momenti di difficoltà ma non di eliminare
le cause che li avevano generati. In più occasioni egli ha affidato incarichi a personalità molto
discusse, ma influenti in ambito locale, per ottenere il loro appoggio o indebolire i potenziali
avversari. Con tale politica egli ha garantito momentaneamente la stabilità evitando un inasprimento
delle situazioni di conflitto ma ha impedito il consolidamento delle istituzioni e l‟affermarsi del
principio di legalità. Egli è ancora un Presidente dotato di poteri assai limitati, incapace di
allontanare i corrotti che stanno portando alla rovina l‟Afghanistan e costretto a subire i ricatti di
62
The Guardian, 29 gennaio 2008.
FT.COM, 29 gennaio 2008.
64
Da parte sua, Lord Ashdown ha dichiarato che il veto alla sua nomina è dovuto a ragioni di politica interna e in
particolare alla volontà di Karzai di essere riconfermato alla Presidenza. Il leader afghano, distanziandosi da UK e USA,
cerca il consenso della popolazione pashtun. Lord Ashdown ha aggiunto che, attualmente, la maggioranza della
popolazione è favorevole alla presenza di truppe straniere ma “that majority is sliding and once that graph begins to dip
it is very, very difficult to turn around”.
65
The Washington Post, 11 febbraio 2008.
63
29
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
personalità che da tempo avrebbero dovuto essere deferite a una Corte di giustizia per crimini di
guerra.
L‟indebolimento del ruolo di Karzai potrebbe rappresentare una minaccia per il futuro
dell‟Afghanistan e sta preoccupando anche i suoi sostenitori, sia all‟interno che all‟estero. Alcuni si
chiedono se sia opportuna una sua conferma nell‟incarico, alla sua scadenza nel 2009, o se non sia
preferibile cercare un altro candidato alla massima carica dello Stato. Come già successo altre volte
in passato, quando in occasione di periodi di difficoltà di Karzai sono emerse ipotesi fantasiose
quali quella di sue dimissioni e di una sostituzione con l‟ex Ministro dell‟interno Ali Ahmad Jalali,
anche in queste settimane sono circolate voci su possibili aspiranti alla presidenza. Una, ripresa in
più occasioni dalla stampa USA, considera possibile la candidatura di Zalmay Khalilzad 66, che
potrebbe rinunciare alla cittadinanza statunitense per concorrere all‟incarico. Tale eventualità,
peraltro smentita dall‟interessato, non tiene conto della crescente insofferenza della popolazione di
fronte a ogni influenza, vera o presunta, dei Paesi stranieri67. È proprio perché conosce lo stato
d‟animo dei suoi compatrioti che Karzai ha incominciato a prendere le distanze dai suoi “protettori”
per non compromettere le sue possibilità di successo alle prossime elezioni, alle quali appare
determinato a partecipare. Nonostante i limiti della sua azione politica e la carenza di progettualità
più volte dimostrata egli è tuttora una delle poche personalità in grado di tenere unito il Paese
evitando che le tensioni etniche, sociali e politiche portino a una situazione di conflittualità
suscettibile di destabilizzare tutta le regione.
Per i prossimi mesi è da aspettarsi un‟intensificazione dell‟attività di partiti e coalizioni che
cercheranno di mettere a punto strutture e programmi in vista delle consultazioni presidenziali e
politiche. Al momento permane l‟incertezza sulla possibilità del Fronte Nazionale Unito di
diventare una forza politica coesa, in grado di aspirare alla guida del Paese. Sinora il Fronte ha
tenuto un atteggiamento di basso profilo, mostrando mancanza di progettualità politica, a causa sia
della difficoltà di definire un piano di azione comune tra le differenti componenti sia dei contrasti
tra i vari esponenti. Sull‟azione del Fronte peserà, almeno nel breve periodo, anche la scomparsa del
suo portavoce, Kazimi deceduto nell‟attentato suicida a Baghlan del 6 novembre 200768.
Considerato una personalità di grande equilibrio, era tra i pochi capace di mediare tra le opposte
posizioni evitando che i contrasti interni potessero portare a rotture insanabili. Se entro breve tempo
non sarà in grado di esprimere una linea unitaria e di presentare un programma credibile, la nuova
coalizione perderà la sua capacità propositiva e si rivelerà, nei fatti, solo un tentativo attuato da
personalità di estrazione e ispirazione diversa di costituire un gruppo di pressione in grado di
negoziare posizioni di potere con il Presidente Karzai. La situazione appare in movimento e agli
inizi di marzo si è avuto notizia della decisione di alcune formazioni politiche minori di aderire al
66
Rappresentante degli USA all‟ONU, Zalmay Khalilzad, di origine afghana, è stato Ambasciatore a Kabul, dove era
definito il “Presidente ombra” dell‟Afghanistan.
67
È interessante rilevare al riguardo quanto ha scritto di recente il quotidiano governativo Anis, che accusa Karzai di
agire sotto l‟influenza degli stranieri e chiede alla NATO e agli USA di fissare una data per il ritiro delle proprie truppe
dall‟Afghanistan. Il giornale definisce l‟attuale Governo un protettorato e sottolinea che la nazione deve discutere il
problema della propria sovranità con gli stranieri, prima delle elezioni presidenziali.
68
È stato sostituito da Sayed Fazil Sancharaki, ex Vice Ministro dell‟informazione.
30
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Fronte, che avrebbe quindi rafforzato la propria capacità di aggregazione e starebbe per inglobare
anche altri movimenti politici.
Il processo di definizione di nuovi e più stabili equilibri di potere è ancora molto lontano dalla
conclusione e rimane soggetto a condizionamenti, sia interni che esterni, che potrebbero rallentarne
il cammino. Tuttavia, anche se separate da odi radicati nel tempo e acuiti dalla diversa appartenenza
a etnie, tribù e clan, le varie fazioni politiche sembrano impegnate a conseguire i propri obiettivi
con gli strumenti della democrazia, rinunciando al ricorso alle armi che era stata una caratteristica
della lotta per il potere fino al recente passato. Per alcuni, tale rinuncia non sembra frutto di un
profondo convincimento ma una scelta di necessità, vista la presenza nel Paese dei contingenti
internazionali. In ogni caso, si tratta di un passo importante verso la stabilizzazione del Paese.
31
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
5. La situazione economica e sociale: significativi progressi e gravi ritardi
L‟economia afghana è ancora fortemente dipendente dagli aiuti internazionali ed è seriamente
distorta dalla quota assai rilevante dei redditi provenienti da attività illegali connesse con la
produzione e il traffico di sostanze stupefacenti, nonché con il contrabbando di merci in duty free
provenienti dal Pakistan e dall‟Iran. Ciononostante, nei settori “ufficiali” sono stati registrati
progressi considerevoli, anche se nell‟anno fiscale 2006, che è terminato il 20 marzo 2007, la
crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) è rallentata attestandosi all‟8% a fronte del 14% del 2005,
a causa soprattutto della siccità che ha colpito l‟agricoltura. Per contro, negli ultimi anni il tasso di
inflazione e il rapporto di cambio della moneta nazionale (afghani) sono rimasti sostanzialmente
stabili.
Tali progressi hanno spinto il Fondo monetario internazionale e l‟Associazione per lo sviluppo
internazionale della Banca mondiale a ritenere, il 9 luglio 2007, che l‟Afghanistan abbia soddisfatto
le condizioni per godere dei benefici previsti dalla Heavily Indebited Poor Countries Iniziative. Nel
successivo mese di agosto, la Russia ha annullato il 90% del debito, pari a 11,3 miliardi di dollari,
maturato dall‟Afghanistan con l‟ex URSS, eliminando in tal modo gli ostacoli che condizionavano i
programmi di assistenza di Mosca a Kabul. Nel corso dell‟anno sono anche continuati gli sforzi del
governo e della comunità internazionale per rafforzare il ruolo dei privati nell‟economia. Dal 6 al 7
giugno si è svolta a Kabul la Enabling Environment Conference, durante la quale dirigenti afghani,
rappresentanti dei Paesi donatori, personalità del mondo economico e della società civile hanno
concordato un piano di misure finalizzate allo sviluppo del settore privato.
Per l‟attuale anno fiscale 2007 la crescita dovrebbe essere stata pari a circa il 13,5%, grazie
soprattutto alla ripersa dell‟agricoltura che ha approfittato delle favorevoli condizioni
meteorologiche. La raccolta del grano ha raggiunto infatti livelli record, con 4,5 milioni di
tonnellate, pari al 92% del fabbisogno nazionale. Ugualmente positiva è la tendenza riscontrata nel
settore della frutta, con un aumento delle esportazioni di alcuni prodotti tradizionali, quali i
melograni, verso i Paesi vicini e quelli del Golfo. Secondo le stime, l‟inflazione dovrebbe rimanere
ferma al 5%. Anche nel 2008 si dovrebbero registrare risultati analoghi.
I successi conseguiti dall‟Afghanistan riguardano principalmente il settore macro-economico e
sono dovuti soprattutto all‟impegno dei Paesi donatori che hanno cercato di assistere le nuove
istituzioni nella ricostruzione di tutte le strutture economiche, distrutte da quasi tre decenni di
guerre. Nel 2003, Kabul, grazie all‟importante aiuto di Giappone, Regno Unito, Svezia, Norvegia e
Italia, è stata in grado di ripianare i suoi debiti con la Banca mondiale. Altri fondi, erogati
dall‟Afghanistan Reconstruction Trust Fund (ARTF), in cui vengono convogliati i finanziamenti dei
Paesi donatori e che è gestito dalla Banca mondiale, hanno consentito di azzerare i debiti residui
permettendo al Paese di poter accedere a nuovi prestiti. Nel tempo, l‟ARTF è diventato uno degli
32
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
strumenti principali per finanziare le spese di bilancio e i progetti di investimento; sinora ha speso
circa 1,37 miliardi di dollari, forniti da 24 Paesi69.
Le iniziative del Governo per lo sviluppo e la ricostruzione si realizzano mediante organismi
specifici, che si avvalgono di finanziamenti e competenze tecniche messi a disposizione dalla
comunità internazionale. Tra i più importanti figurano il National Solidarity Program (NSP) e il
National Emergency Employment Program (NEEP). Il primo si propone di migliorare la rete
infrastrutturale a livello locale e ha finanziato oltre 16.000 progetti in circa 11.000 villaggi, relativi
in particolare alla costruzione di strade, sistemi di irrigazione, pozzi per l‟acqua e linee elettriche.
Sono progetti di grande importanza per lo sviluppo dell‟economia rurale, che danno lavoro a circa
l‟80% della popolazione, e la stabilizzazione del Paese. Il secondo programma è finalizzato
all‟incremento dell‟occupazione, che rimane tuttora uno dei settori in cui la crisi è più acuta. In
materia, è stato costituito anche l‟Afghanistan Microfinance Support for Poverty Reduction Project
che sinora ha distribuito prestiti a 325.000 persone, di cui il 70% donne, in 22 province.
Uno dei principali settori in rapida crescita è quello bancario che evidenzia un elevato livello
di competizione, anche se svolge ancora un ruolo marginale: i suoi assetti sono pari a meno del 9%
del PIL. Una situazione analoga si registra per quanto attiene alle entrate di bilancio, che hanno
subito un forte incremento (oltre il 500% rispetto al 2003), ma sono tuttora molto basse e del tutto
inadeguate a coprire le spese. Tuttavia, la razionalizzazione e l‟ammodernamento del sistema di
riscossione di tasse e imposte, che ha visto tra l‟altro l‟introduzione dell‟Automated System for
Customs Data, dovrebbero consentire un miglioramento della capacità di autofinanziamento dello
Stato. Peraltro, risultati significativi si potranno acquisire solo dopo una profonda riforma della
burocrazia, che attualmente occupa l‟1,3% della popolazione. Oltre che da carenze organiche, bassi
salari e inadeguatezza della normativa e degli strumenti tecnici, il settore del pubblico impiego è
caratterizzato anche da una grave mancanza di motivazione e professionalità, che favorisce la
diffusione della corruzione e ritarda la realizzazione di ogni progetto
Né l‟assistenza tecnica e finanziaria dei Paesi donatori e degli Istituti di credito internazionale,
né le riforme strutturali adottate dal Governo sono riuscite sinora a creare le condizioni per una
crescita sostenuta, l‟aumento dell‟occupazione e la riduzione della povertà. La situazione è resa
ancora più grave dal livello di arretratezza in cui è caduto il Paese a causa degli eventi bellici, che
hanno provocato anche gravi squilibri sociali. La situazione afghana può essere rappresentata con
alcuni dati di base:
-
solo il 13% delle abitazioni dispone di acqua potabile, il 12% è collegato a un sistema
fognario e il 6% alla rete elettrica;
-
il 34-42% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e, nonostante l‟aumento
della produzione agricola, il rischio della denutrizione rimane concreto70;
69
World Bank - Afghanistan Country Overview 2006.
33
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
-
l‟aspettativa di vita è 43,77 anni, rispetto a 59 negli altri Paesi a basso reddito71;
-
il 44,6% degli abitanti è di età inferiore a 14 anni mentre solo il 2,4% ha più di 65 anni;
-
la mortalità infantile è pari a 135 per 1.000 nati vivi, la più alta al mondo, così come il tasso di
mortalità delle donne durante il parto;
-
il tasso di alfabetizzazione è pari al 28,1% (43,1% per gli uomini e 12,6% per le donne), anche
se la situazione sta rapidamente migliorando;
-
l‟agricoltura concorre alla formazione del PIL per il 38% mentre l‟industria per il 24% e i
servizi per il 38%;
-
il PIL pro-capite annuo è pari a 306 dollari USA;
-
il tasso di disoccupazione è superiore al 40%. Molti sono i sottooccupati o i lavoratori
stagionali.
Un rapporto diffuso il 18 novembre 2007 ed elaborato dal Centre for Policy and Human
Development dell‟Università di Kabul con l‟aiuto dell‟UNDP colloca l‟Afghanistan al quint‟ultimo
posto, in un elenco di 178 Paesi, di una graduatoria basata sui livelli di istruzione, durata della vita e
sviluppo economico. È seguito solo da Niger (in ultima posizione), Sierra Leone, Mali e Burkina
Faso.
La maggior parte degli interventi di ricostruzione è stata eseguita nei principali centri urbani,
sulla base di scelte dettate dalla disponibilità di mezzi/risorse e non dalle necessità. Le comunità
locali non hanno visto miglioramenti significativi anche per la mancanza di organi decisionali a
livello distrettuale, in quanto quelli elettivi non sono stati ancora nominati e le shura/jirga sono
prive di cornice giuridica che affidi loro un ruolo effettivo e competenze specifiche. Lo stato di
grave arretratezza di molte aree periferiche è emerso con grande evidenza in occasione della recente
ondata di freddo quando la popolazione, anche a causa del fortissimo ritardi nei soccorsi, si è
trovata del tutto impreparata ad affrontare l‟emergenza. In alcune aree, è stata costretta a cibarsi di
erba e di vegetali normalmente usati per l‟alimentazione degli animali72. Anche a Kabul, dove sono
più evidenti i segnali di sviluppo e persino del lusso proveniente per lo più dal narcotraffico, la
maggioranza della popolazione vive in condizioni di grande precarietà, soprattutto per la gravissima
carenza di alloggi e l‟inadeguatezza dei servizi. Solo pochi possono permettersi di pagare affitti di
200-400 dollari al mese nelle aree residenziali e anche di 7.000 dollari nei quartieri di Wazir
Akhbar Khan e Shar-e-Now73, dove risiede la gran parte degli operatori internazionali.
70
Al momento, circa 1,4 milioni di persone che vivono nelle aree rurali e altrettante residenti in quelle urbane sono in
una condizione di “high-risk food insecurity”. (IRIN, 21 febbraio 2008)
71
Il 22 febbraio scorso, il Ministro della sanità ha riferito che l‟aspettativa di vita è ora di 45 anni ma tale dato non è
stato ancora recepito dagli organismi internazionali.
72
IRIN, 10 marzo 2008.
73
World Politic Review, 20 ottobre 2007.
34
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
La povertà che affligge molte aree del Paese sta abbassando, nelle zone più arretrate, l‟età
media in cui le ragazze contraggono matrimonio poiché le famiglie ottengono dal promesso sposo
una somma che può essere pari al reddito familiare di un anno. Secondo una ricerca dell‟UNICEF,
il 16% delle ragazze si sposa prima di raggiungere i 15 anni e alcune anche a tre anni; talvolta i
matrimoni sono combinati prima ancora della nascita74. La differenza di età influisce negativamente
sui rapporti della coppia e il marito spesso prende una seconda moglie, con situazioni di soprusi e
violenze ben descritte da una vasta letteratura75.
Il permanere di elevati livelli di povertà è dovuto principalmente al mancato sviluppo
dell‟imprenditoria privata, che potrebbe svolgere un ruolo essenziale per il rilancio delle attività
produttive. Prima dell‟invasione sovietica il settore privato era molto vitale, con una lunga
tradizione di imprenditorialità, attivo principalmente nell‟agricoltura, nell‟industria leggera e nel
commercio. Durante il periodo comunista molte industrie vennero nazionalizzate mentre una parte
di quelle manifatturiere, in particolare le fabbriche di tappeti, si trasferì nei Paesi vicini. Di
conseguenza si registrò un forte calo della produzione, aggravatosi durante gli anni della guerra
civile e dopo l‟avvento al potere dei taliban. Attualmente l‟attività del settore privato è concentrata
soprattutto nelle costruzioni e nei servizi (commercio, trasporti e, più recentemente,
telecomunicazioni e banche), in crescita grazie all‟afflusso dei finanziamenti stranieri e dei proventi
del narcotraffico. È da rilevare, al riguardo, lo sviluppo dei settori del trasporto aereo, con la
creazione di tre compagnie aeree private (Kam Air, Safi Airways e Pamir Airways), e della
telefonia mobile, in cui si confrontano cinque operatori, con la compagnia Roshan che controlla il
50% del mercato76. L‟industria manifatturiera è basata principalmente sulla produzione di tappeti e
di frutta secca e, in maniera minore, sulla fabbricazione di tessuti e la lavorazione di pietre semipreziose, marmi e pelli. Generalmente, gli impianti sono di piccola dimensione. Gli ostacoli allo
sviluppo dell‟industria privata sono rappresentati dalla precarietà della situazione di sicurezza, dalla
mancanza di infrastrutture adeguate, dalla inadeguatezza dei servizi (in particolare energia elettrica
e acqua), dalla difficoltà di accesso ai finanziamenti e ai mercati e dalla corruzione77.
La produzione di tappeti potrebbe avere un forte rilancio grazie all‟assistenza che esperti
statunitensi stanno fornendo sugli strumenti di penetrazione nei mercati stranieri, quali normative,
catene commerciali, gusti dei clienti. Lo scorso anno l‟Afghanistan ha prodotto 2 milioni di metri
quadrati di tappeti ma il 90% è stato venduto all‟estero come “prodotto pakistano”. Lo scorso anno,
le entrate dello Stato provenienti dal settore sono state pari a 50 milioni di dollari ma in futuro
potrebbero salire a 4 miliardi78.
Notevoli speranze sono riposte anche sullo sviluppo del settore minerario, sino ad ora poco
sfruttato. Le riserve accertate di gas (concentrate soprattutto nelle province settentrionali di Jawzjan
74
Legalmente, l‟età minima per contrarre matrimonio è di 16 anni per le ragazze e di 18 anni per i ragazzi.
In particolare il romanzo Mille splendidi soli di Khaled Hosseini.
76
Le altre società sono Afghanistan Wireless Communications Company, Areeba, Afghanistan Telecom Company e
Etisalat. I telefoni cellulari in uso sono oltre 2,5 milioni.
77
Dati informativi tratti in gran parte da Afghanistan, Outlook 2007 della Asian Development Bank.
78
Pajhwok, 7 maggio 2007.
75
35
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
e di Faryab) sono pari a 120 miliardi di metri cubi mentre quelle stimate raggiungerebbero i mille
miliardi di metri cubi. Sino al 1988 ne venivano estratti 3 miliardi di metri cubi l‟anno, esportati
nell‟ex Unione Sovietica attraverso un gasdotto che conduceva a Dushanbe, nel Tagikistan. Nel
2004 un consorzio guidato dalla società francese Sofregaz ha effettuato una ricerca sulle
potenzialità dei giacimenti di gas afghani e ha avanzato proposte operative che non si sono ancora
tradotte in iniziative concrete. Elevate sarebbero anche le riserve di ferro, petrolio (300 milioni di
tonnellate) e carbone. Inoltre sono presenti, in quantità non calcolate ma spesso ritenute consistenti,
zinco, piombo, argento, oro, marmo e pietre preziose. In questo contesto, riveste grande interesse il
coinvolgimento della società cinese China Metallurgical Group nello sfruttamento della miniera di
rame di Aynak nella provincia di Lowgar, con una potenzialità di 13 milioni di tonnellate. Il
progetto prevede investimenti per 3 miliardi di dollari e dovrebbe assicurare al Governo di Kabul
entrate per 400 milioni di dollari annui. Una volta a pieno regime, darà lavoro, compreso l‟indotto, a
circa 10.000 persone. Il China Metallurgical Group costruirà una centrale elettrica, alimentata a
carbone, con una potenza di 400 MW; la metà di essa sarà utilizzata per il funzionamento della
miniera e l‟altra per fornire energia alle province di Lowgar e di Kabul. Sarà anche costruita una
linea ferroviaria tra il porto fluviale di Hairaton, nel nord del Paese, e la città di Torkham, al confine
con il Pakistan.
Tuttavia, la possibilità di concretizzazione del progetto dipende molto dall‟evoluzione della
situazione di sicurezza, che sinora ha ostacolato l‟afflusso di investimenti stranieri nel Paese.
Questi, infatti, nel 2007 sono diminuiti del 50% rispetto al 2006, scendendo da un miliardo di
dollari a 500 milioni (erano stati 570 milioni nel 2005). Si prevede, tuttavia, un forte aumento nel
2008 proprio per l‟avvio dei lavori di sfruttamento della miniera di Aynak.
Sta subendo invece ritardi il piano per la costruzione di un gasdotto, lungo 1.680 km e con una
potenzialità di 30 miliardi di metri cubi l‟anno, che deve collegare i giacimenti turkmeni di
Daulatabad al Pakistan attraverso l‟Afghanistan (TAP). Al progetto potrebbe essere associata anche
l‟India. I primi studi sono stati fatti nella metà degli anni ‟90 dalla compagnia petrolifera USA
UNOCAL, ma sono stati abbandonati nel periodo successivo anche perché l‟isolamento
internazionale del regime taliban escludeva la possibilità di finanziamenti esteri. Il piano è stato
ripreso nel 2002 dal Governo Karzai, che vede nell‟opera uno strumento per soddisfare le sue
esigenze energetiche e ricavare entrate mediante i diritti di transito, stimati in 150 milioni di dollari
l‟anno. Sono stati organizzati numerosi incontri tra i dirigenti dei Paesi interessati, che hanno
ribadito in più occasioni il loro impegno a realizzare la condotta nonostante i problemi di sicurezza
che essa comportava e le difficoltà connesse con la natura accidentata del terreno.
Tuttavia, in seguito il Governo turkmeno è apparso maggiormente interessato ad altri progetti,
meno rischiosi e più remunerativi, quali i gasdotti verso la Cina, con una capacità di 30 miliardi di
metri cubi di gas l‟anno, e verso l‟Europa passando lungo la costa settentrionale del Mar Caspio (20
miliardi di metri cubi di gas annui). Inoltre, il 1° dicembre 2007 ha firmato un accordo con la
società russa GAZPROM per la fornitura di 50 miliardi di meri cubi di gas all‟anno, al prezzo di
36
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
130 dollari per 1.000 metri cubi nel 2008 e 150 dollari per 1.000 metri cubi nel 200979. Peraltro, di
recente si avuta notizia che il 22-23 aprile prossimo si svolgerà a Islamabad una riunione, promossa
dalla Asian Development Bank, per rilanciare il progetto relativo alla costruzione del gasdotto. In
questa occasione la delegazione turkmena dovrebbe presentare una certificazione, da parte di una
agenzia indipendente, sull‟entità delle riserve dei giacimenti di Daulatabad.
La povertà ha un diretto impatto sulla situazione di sicurezza in quanto crea opportunità di
arruolamento per i taliban e i sodalizi criminali, soprattutto quelli dediti al narcotraffico. Questi
offrono ai giovani privi di lavoro e senza risorse per mantenere le famiglie guadagni superiori di
gran lunga a quelli dei dipendenti pubblici. Le altre alternative sono l‟attesa umiliante di un lavoro
occasionale, insicuro e sfruttato, o l‟emigrazione nei Paesi vicini, dove però gli afghani sono trattati
spesso come cittadini di terza classe.
Gravi difficoltà stanno incontrando i profughi tornati dall‟Iran e dal Pakistan con la promessa
di un‟occupazione e di un alloggio. Essi non hanno ricevuto né l‟una né l‟altro e sono costretti
generalmente a vivere in condizioni di povertà peggiori di quelle esistenti nei campi profughi in cui
hanno vissuto per anni. Non è da meravigliarsi, pertanto, se durante il periodo del raccolto
dell‟oppio, migliaia di persone affluiscano nelle province dove i livelli di coltivazione del papavero
sono più elevati, spinte dalla possibilità di guadagnare in poco tempo il necessario per alcuni mesi.
Infatti, ognuno di essi può ricavare dal lavoro nei campi, per un turno di 15 giorni, anche 10.00012.000 afghani (200-240 dollari), cifra rilevante se si considera che il salario giornaliero, per un
operaio, è pari a 1-3 dollari. Inoltre, molti lavorano per due o tre turni, spostandosi da un‟area
all‟altra, guadagnando fino a 600 dollari.
79
Le riserve di gas turkmene ammonterebbero a 2,9 trilioni di metri cubi.
37
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
6. Istruzione, sanità e corruzione: successi e sconfitte del Governo
6.1.
Istruzione
Nel settore dell‟istruzione si rilevano i progressi più incoraggianti del processo di
ricostruzione dell‟Afghanistan. Confermando una tendenza in atto dalla caduta del regime taliban,
nell‟attuale anno scolastico gli studenti iscritti sono saliti a circa sei milioni, dei quali 2.170.000
sono ragazze. Inoltre dal 2002 sono state aperte 3.500 nuove scuole.
Accanto a questi risultati molto positivi emergono tuttavia difficoltà e carenze che riguardano
tutti i settori dell‟attività scolastica e che derivano sia dalla inadeguatezza dei fondi e dai ritardi
nella formazione degli insegnanti e nell‟adeguamento delle normative sia dal deterioramento della
sicurezza, soprattutto nella regione meridionale del Paese. In particolare, meno del 30% delle
ragazze in età scolastica frequenta le lezioni. Il rapporto tra ragazzi e ragazze è di due a uno nelle
scuole primarie ma in quelle secondarie scende a quattro a uno e solo il 10% di esse raggiunge il
diploma. Nell‟80% dei distretti rurali non vi sono ragazze nelle scuole secondarie. Per incoraggiare
le famiglie a inviare le figlie a scuola viene distribuita ad esse, alla fine di ogni mese, una razione di
olio e farina. Per quanto riguarda le infrastrutture, meno della metà delle scuole dispone di edifici in
muratura; la maggior parte è sistemata in tende collocate all‟aperto o sotto l‟ombra degli alberi. Ciò
influisce molto sulla partecipazione delle ragazze perché le famiglie non vogliono che le loro figlie
frequentino luoghi dove possono essere viste da estranei e sprovvisti di servizi igienici riservati.
Il Ministro dell‟istruzione, Hanif Atmar, ha valutato in 2,5 miliardi di dollari i finanziamenti
necessari nei prossimi cinque anni per coprire le esigenze più urgenti, quali pagamento degli
stipendi, stampa di libri scolastici e costruzione di 73.000 classi, anche in tende, ma quest‟anno
sono stati assegnati solo 282 milioni. Occorre anche considerare che le famiglie pretendono che le
loro figlie abbiano docenti donne, e al momento solo il 28% lo sono80. Gli stipendi degli insegnanti
variano da 50 a 75 dollari al mese e pertanto non rendono attraente tale lavoro per i giovani laureati,
che preferiscono cercare un‟occupazione nel settore privato o negli uffici delle organizzazioni
internazionali. Di conseguenza solo il 20% degli insegnanti è preparato sul piano professionale. Di
fatto, a causa della carenza di infrastrutture adeguate e di personale insegnante qualificato,
specialmente di sesso femminile, circa due milioni di ragazzi, 1,3 milioni dei quali ragazze, sono
esclusi dal sistema scolastico. Molti inoltre rimangono privi di istruzione perché costretti a lavorare,
o a mendicare, per contribuire a mantenere le famiglie.
A partire dal 2006 le strutture scolastiche sono diventate obiettivi prioritari dell‟attività dei
gruppi eversivi, contrari da sempre all‟istruzione femminile, che i taliban ammettono in linea di
80
Due ricercatori dell‟Institute of International Education dell‟Università di Stoccolma hanno dedotto, sulla base di uno
studio condotto in due villaggi afghani, che le principali cause dello scarso livello di istruzione delle donne afghane
sono da attribuire alla mancanza di insegnanti donna e al dilemma delle famiglie nel dover scegliere, per le figlie, tra
un‟educazione di tipo islamico o meno.
38
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
principio solo in determinate condizioni, e critici verso i programmi di insegnamento che
considerano non-islamici. Essi mirano anche a spingere le famiglie che vogliono fornire
un‟istruzione ai figli a inviarli nelle scuole coraniche (madrasse), soprattutto in quelle nelle aree
tribali pakistane gestite molto spesso da religiosi legati ai gruppi fondamentalisti ed estremisti81. In
tali scuole i ragazzi ricevono un‟istruzione che privilegia il rispetto della sharia e l‟obbligo per i
musulmani di partecipare allo jihad e quindi possono essere più facilmente arruolati per le
campagne terroristiche.
Dal marzo 2007 il numero di studenti che non possono frequentare le scuole per motivi di
sicurezza è salito a 300.000 rispetto a 200.000 dello scorso anno, con un aumento del 50%, mentre
le scuole chiuse sono salite da 350 a 590. Gli attacchi agli edifici scolastici negli ultimi dieci mesi
sono stati 98 rispetto ai 187 dello stesso periodo nel 2006, grazie soprattutto alla predisposizione di
strutture di autodifesa da parte delle comunità locali82. Tuttavia, i taliban colpiscono ora studenti,
insegnanti e elementi dei ruoli direttivo ed esecutivo, spesso nel percorso da e per la scuola. Dalla
metà di marzo 2007 ne sono stati uccisi 146 rispetto ai 46 dell‟anno precedente83. La maggior parte
delle scuole chiuse si trova nella regione meridionale, in particolare nella provincia di Helmand
(177) e in quella di Kandahar (150). Dei 13 distretti della provincia di Helmand, sette non hanno più
scuole in funzione.
6.2.
Sanità
Progressi molto significativi sono stati compiuti anche nel settore sanitario, con un fortissimo
incremento della fascia della popolazione che può avere accesso ai servizi di base84. Gli interventi
sono pianificati e organizzati in conformità al Basic Package of Health Care Services (BPHS) e
realizzati principalmente dalle ONG e da altri soggetti internazionali sotto la supervisione del
Ministero della sanità. Il livello dei servizi forniti varia da provincia a provincia poiché è
condizionato dalla situazione di sicurezza esistente nelle varie regioni85 e dall‟atteggiamento delle
autorità locali, che non sempre si mostrano sensibili al diritto della popolazione di ricevere cure
mediche adeguate.
81
Per rispondere alle richieste dei genitori che vogliono dare un‟istruzione religiosa ai figli e che sono stati costretti,
sinora, a inviarli nelle scuole pakistane, il Governo di Kabul sta attuando un piano che prevede la costruzione di
madrasse legate alla rete Darl al-Aloum. Il curriculum comprende per il 40% materie religiose, per il 40% matematica e
scienze e per il 20% inglese e informatica. Anche per la realizzazione di tale progetto, tuttavia, viene lamentata una
grave carenza di risorse; mancano libri, computer e insegnanti qualificati. Inoltre, gli edifici sono in pessime condizioni.
Attualmente sono circa 91.000 gli studenti (pari al 2% del totale) che frequentano le 336 madrasse afghane.
82
Alcuni esponenti locali hanno sottolineato che gli attacchi sarebbero diretti prioritariamente contro le scuole che sono
state costruite o ammodernate dalle forze internazionali o che riportano logo, bandiere e targhe di organizzazioni
internazionali. Tale valutazione è stata tuttavia contestata dai Comandi ISAF/Enduring Freedom e dalle associazione
che raggruppano le ONG.
83
Tra i 146 morti sono compresi 52 studenti e cinque insegnanti vittime dell‟attentato suicida compiuto il 6 novembre
scorso nella provincia di Baghlan.
84
Il 30 aprile 2007 il Ministro della sanità, Mohammad Amin Fatimi, ha annunciato che entro due anni verranno
costruiti nel Paese 630 centri medici, che si aggiungeranno ai 1.200 già attivi (erano 200 nel periodo taliban). Ha anche
reso noto che il 30% della popolazione ha accesso ai servizi medici avanzati e l‟80% a quelli di base.
85
Nel 2005 gli operatori sanitari potevano raggiungere 15 dei 17 distretti della provincia di Kandahar; attualmente solo
12. (IRIN, 9 settembre)
39
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Pesa, d‟altronde, l‟inadeguatezza delle risorse disponibili: gli stanziamenti governativi per il
settore sono meno dell‟1% del PIL e coprono circa il 10% delle spese complessive; il resto è
sostenuto da Paesi/enti donatori. Per tali motivi, pertanto, l‟ottimismo per i miglioramenti ottenuti
non può nascondere le gravissime difficoltà che l‟intero comparto deve ancora affrontare.
Negli ultimi cinque anni il tasso di mortalità infantile è diminuito del 25%, ma tuttora un
bambino su cinque muore prima di arrivare ai cinque anni. Per contro ha avuto successo la
campagna di vaccinazione anti-polio: nei primi sette mesi del 2007 sono stati registrati solo 9 casi
confermati (di cui 7 nelle province meridionali), rispetto ai 19 dello stesso periodo del 2006. La
situazione dovrebbe migliorare ulteriormente in futuro. Infatti nel settembre 2007 si è chiusa una
campagna anti-polio che per la prima volta ha interessato anche le aree della regione meridionale
(ad eccezione del distretto di Maywand, nella provincia di Kandahar) in cui più minacciosa è la
presenza taliban, dopo che il portavoce del movimento del mullah Omar, Qazi Yousuf Armadi,
aveva garantito l‟incolumità per gli operatori. Secondo l‟Organizzazione Mondiale della Sanità, la
polio potrebbe essere debellata in Afghanistan prima che negli altri tre Paesi in cui è ancora
presente, India, Pakistan e Nigeria. Per contro, rimane alto il numero delle morti a causa della
tubercolosi, pari a circa 12.000 ogni anno.
Dopo la caduta del regime taliban è migliorata considerevolmente l‟assistenza garantita alle
madri prima del parto, persino nelle zone rurali, anche se il tasso di mortalità materna continua ad
essere tra i più alti al mondo, 1.600 decessi ogni 100.000 nati86. Secondo un rapporto dello United
Nations Population Fund (UNFPA) fino al 70% delle donne in stato interessante non riceve
“medical attention” e il 40% non ha accesso a “emergency obstetric cure”87.
Il sistema sanitario afghano manifesta ancora una grave inadeguatezza nella cura di particolari
patologie, quali la tossicodipendenza e la depressione, che colpisce soprattutto le donne. Secondo
stime considerate molto attendibili, il numero delle persone che fanno uso di sostanze stupefacenti
sarebbe pari a circa un milione ma le cliniche e i centri per la disintossicazione possono accogliere
solo poche centinaia di pazienti. La situazione sta peggiorando anche a causa del continuo
incremento della produzione di oppio che rende accessibile il prodotto a prezzi relativamente
contenuti. L‟oppio viene utilizzato come analgesico e per alleviare il peso di lavori ripetitivi e
stancanti, quali, ad esempio, la fabbricazione di tappeti; inoltre, nelle zone più arretrate viene
somministrato anche a bambini, creando forme di dipendenza minorile. Negli ultimi tempi si è
diffuso anche il consumo di eroina, sia perché sono tornati milioni di rifugiati dal Pakistan e
dall‟Iran, dove la sostanza è più comune, sia perché i laboratori per la sua produzione, prima situati
nei Paesi vicini, sono stati trasferiti in Afghanistan.
Benché l‟uso dell‟eroina per endovena sia molto raro e venga preferita quella in polvere, che
viene fumata, aumentano i casi di HIV. Il 1° dicembre 2007 le autorità sanitarie hanno comunicato
che dall‟inizio dell‟anno erano stati registrati 266 nuovi casi, due terzi dei quali relativi a individui
che si iniettano droga. Tuttavia, secondo esperti internazionali, l‟incidenza del fenomeno è molto
più alta e le persone affette dal virus sarebbero migliaia. Nel 2005 è stato costituito il Dipartimento
86
87
Nella provincia del Badakhshan tale tasso è pari a 6.500 per 100.000.
IRIN, 8 marzo 3008.
40
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
per il controllo dell‟AIDS che può contare sugli aiuti forniti dalla comunità internazionale, ma le
sue strutture e potenzialità appaiono sottodimensionate rispetto alle esigenze.
Gravi carenze sono emerse anche per quanto riguarda la capacità del sistema sanitario del
Paese di far fronte alle emergenze. Infatti, nelle ultime settimane, caratterizzate da condizioni
climatiche molto rigide e forti nevicate anche in zone normalmente caratterizzate da un clima mite,
sono stati segnalati i decessi di centinaia di persone affette da malattie dell‟apparato respiratorio88.
Inoltre, del distretto di Musa Qala sono morti decine di bambini affetti da morbillo.
6.3.
Corruzione
La diffusione del fenomeno in tutti i settori dello Stato, sia a livello centrale che periferico, è
sempre più considerata un elemento di rischio per la stabilità del Paese. Infatti, oltre ad alimentare
la sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, favorisce la propaganda taliban che ha fatto
della lotta alla corruzione uno dei suoi punti di forza.
Un‟indagine demoscopica condotta da Integrity Watch Afghanistan, e resa nota nel marzo
2007, ha evidenziato che il 50% degli intervistati ha pagato “bustarelle” (bakhshish), in media pari a
circa 100 dollari per famiglia. Secondo il 60% delle persone contattate, l‟amministrazione Karzai è
più corrotta di quella taliban o di quelle mujahiddin e comunista. I settori dove tali pratiche sono più
diffuse sono i tribunali, seguiti da Ministero dell‟interno (polizia), amministrazioni locali, Ministero
delle finanze e National Directorate for Security che è il principale servizio di intelligence del
Paese. In un altro rapporto diffuso nel dicembre successivo, Integrity Watch sottolinea che la
corruzione è un pericolo per la stabilità e la sicurezza dell‟Afghanistan, considerato uno dei 10
Paesi più corrotti al mondo. Si è creata una “economia da bazar” in cui ogni incarico, ogni favore,
ogni servizio può essere venduto o comperato.
Il Governo Karzai ha adottato alcune misure tese a moralizzare gli apparati dello Stato, che,
tuttavia, non hanno dato i risultati sperati. Tra queste figurano l‟istituzione, nel 2004,
dell‟Amministrazione indipendente per la lotta alla corruzione, che ha uno staff di 83 persone;
l‟approvazione della legge contro la corruzione amministrativa, sempre nel 2004; la firma, ancora
nel 2004, della Convenzione ONU contro la corruzione (2004), che però la Wolesi Jirga ha
approvato solo nell‟agosto 200789; e l‟istituzione del Comitato anti-corruzione nel settembre 2006.
Il Paese inoltre dispone dell‟Ufficio per il controllo e la revisione dei conti, con un organico di
315 dipendenti, che verifica la regolarità delle spese dello Stato e riferisce solamente al Presidente.
È stato osservato che spesso le iniziative adottate erano dirette più a convincere la comunità
internazionale sulla serietà dell‟impegno delle istituzioni di Kabul che a facilitare concretamente il
contrasto alla corruzione. Infatti, l‟attività di questi organi non è riuscita sinora a imprimere una
88
Tale fenomeno ha avuto anche ricadute politiche che hanno portato alle dimissioni del Ministro della sanità. Si veda il
cap. 4, pag. 25.
89
Attualmente varie Agenzie dell‟ONU, in particolare lo United Nations Development Programme (UNDP) e lo United
Nations Office on Drugs and Crime (UNODC), stanno fornendo assistenza tecnica per accelerare l‟elaborazione del
quadro normativo e la definizione degli strumenti tecnici necessari per l‟attuazione dei principi della Convenzione.
41
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
svolta alla lotta alla corruzione per la mancanza di unitarietà di indirizzi e guida politica e per le
carenze delle strutture amministrative, investigative e giudiziarie, che ne sono il braccio operativo.
Ad inficiare la loro azione sono state anche alcune decisioni del Presidente, quali la nomina a
capo dell‟Amministrazione indipendente per la lotta alla corruzione di Izzatullah Wasifi, la cui
storia personale è stata spesso al centro dell‟attenzione dei mass media afghani e di quelli stranieri.
Egli infatti è stato arrestato nel 1987 a Las Vegas per spaccio di eroina e ha trascorso alcuni anni in
una prigione del Nevada. Appare pertanto poco indicato a dirigere un organismo di contrasto alla
corruzione. A suo favore hanno pesato i legami di amicizia tra il Presidente e suo padre, Azizullah,
uno dei principali esponenti della tribù degli Alokzai, il cui supporto è indispensabile per la stabilità
della situazione di sicurezza nella provincia di Kandahar.
Alcuni risultati si sono incominciati a vedere solo dalla fine del 2006, con la nomina alla
carica di Procuratore generale di Abdul Jabar Sabit, il qaule ha avviato numerose inchieste, peraltro
prevalentemente nei riguardi di funzionari e dirigenti di livello medio-basso. Inoltre, spesso gli
accusati riescono a sfuggire alla condanna grazie agli appoggi di personalità ai vertici dello Stato. È
anche da rilevare che le sentenze, quando vengono emesse, sono generalmente lievi e che è assai
difficile ottenere il sequestro dei proventi delle attività illegali.
L‟ampiezza del fenomeno emerge da molti articoli dei mass media occidentali, che delineano
un quadro scoraggiante. Il 24 novembre 2007 il quotidiano londinese The Times scrive che intorno a
Karzai si è creata una narco-cleptocrazia che lo isola dal resto del Paese e indebolisce il suo ruolo e
la sua autorità90. La corruzione raggiunge i livelli più alti nel Ministero dell‟interno. Le 34 province
del Paese sono state divise in tre categorie (A, B, C), come una sorta di tariffario, a seconda dei
profitti che possono dare le collusioni e le connivenze con il narcotraffico. Per ottenere il comando
della polizia di una provincia di categoria A occorre pagare sino a 300.000 dollari, ma il profitto è
sicuro e di molto superiore. Anche incarichi di livello minore costano; ad esempio per essere
nominato detective di un distretto con un alto livello di produzione di droga bisogna pagare sino a
10.000 dollari. Anche nella Magistratura la corruzione è molto diffusa; si verifica, infatti, che i
narcotrafficanti arrestati vengano subito scarcerati dopo aver pagato tangenti.
La corruzione, benché abbia radici endemiche nell‟economia informale del Paese, è un
fenomeno incentivato dagli occidentali, che durante la guerra del 2001 hanno pagato ingenti somme
per convincere numerosi gruppi locali a ribellarsi al regime taliban 91. Inoltre, la comunità
internazionale è giunta a Kabul carica di dollari e ha creato figure intoccabili, osservando senza
reagire la costruzione di residenze molto lussuose (narcotettura) costruite con i proventi dei traffici
di sostanze stupefacenti, spesso affittate per abitazioni ed uffici di organizzazioni internazionali a
prezzi oltraggiosi.
Altri organi di informazione92 hanno riportato dichiarazioni di esponenti taliban che hanno
ammesso di aver corrotto funzionari di polizia e dell‟NDS, con somme che variano da alcune
centinaia di dollari a oltre 15.000, per farsi scarcerare dopo essere stati arrestati dalle forze di
90
Anche il fratello di Karzai, Wali, è molto “chiacchierato”.
Secondo un detto popolare, la lealtà di un afghano non si compra, ma si può affittare.
92
BBC, 8 gennaio e Newsweek, 2 febbraio 2008.
91
42
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
sicurezza. In particolare mullah Sorkh Naqaibullah ha precisato di essere stato arrestato tre volte,
nel 2004, nel 2005 e nel 2007, e di essere sempre riuscito a farsi rilasciare pagando somme di
denaro. Nelle varie province i responsabili taliban avrebbero costituito un fondo speciale per
“pagare” la liberazione dei miliziani arrestati o rimborsare le famiglie che hanno provveduto
direttamente. Per contro è più difficile corrompere i militari dell‟esercito perché essi operano in
stretto contatto con gli statunitensi e pertanto sono sotto il loro controllo.
Con il tempo si è diffuso un senso di impunità che spinge molti, anche nell‟apparato dello
Stato, a dedicarsi ad attività illecite, incluso il traffico della droga. La situazione è più grave nella
polizia, anche perché i ritardi nella riforma del dicastero dell‟interno hanno impedito l‟attivazione di
seri meccanismi di controllo sul personale, in grado di recidere ogni tipo di contatto con gli
ambienti criminali. Le pressioni della comunità internazionale sono riuscite a imporre la
sostituzione di alcuni ufficiali corrotti o coinvolti in crimini di guerra, ma le “coperture” tra i vari
dipartimenti del Ministero ancora continuano. La tolleranza nei confronti degli episodi di
corruzione ha avuto un effetto deleterio sulla fiducia dei cittadini nei confronti della polizia e, di
conseguenza, dello Stato, la cui presenza si manifesta, in molte comunità, attraverso la divisa di un
agente.
Uno degli strumenti più efficaci per combattere la corruzione è la creazione di
un‟amministrazione pubblica formata da dipendenti motivati, preparati e adeguatamente retribuiti.
Con l‟Afghanistan Compact il Governo si è impegnato ad adottare procedure chiare e applicate su
tutto il territorio nazionale per le nomine a livello dirigenziale, ma i risultati ottenuti sinora sono
stati scarsi, anche perché il panel creato appositamente non ha ancora approvato le procedure che
garantiscano trasparenza e imparzialità. Per contro, per i livelli più bassi, è stato approvato un piano
generale di riforma che definisce anche gli importi delle retribuzioni (da 80 a 650 dollari al mese).
Tuttavia, il piano sarà attuato in un periodo di quattro anni e pertanto non potrà avere effetti
significativi sulla riduzione della corruzione in tempi brevi. Appare più interessante, di
conseguenza, il progetto per la prevenzione della corruzione nella gestione del bilancio dello Stato,
presentato il 4 novembre 2007 dal Ministro delle finanze, Anwarul Haq Ahady, e dal Direttore per
l‟Afghanistan della Banca mondiale, Alastair McKechnie. Il programma prevede, tra le altre cose,
un‟intensificazione dei controlli, attuati con strumenti informatici, sulla trasparenza delle operazioni
e incentivi per premiare i dipendenti che agiscono con correttezza.
La gravità della situazione è stata denunciata, il 13 novembre 2007, anche dal Rappresentante
degli USA all‟ONU, Zalmay Khalilzad. Il diplomatico ha dichiarato che Washington è preoccupata
per l‟inaccettabile livello di corruzione e il deterioramento della situazione di sicurezza, che
ostacolano lo sviluppo e la ricostruzione. Ha pertanto chiesto misure concrete da parte di Karzai,
indicando tra i problemi del Paese anche l‟eccessiva polarizzazione delle forze politiche, l‟aumento
della produzione di oppio e l‟alto tasso di disoccupazione. Le riforme da attuare devono interessare
prioritariamente la revisione dei criteri di nomina di funzionari e dirigenti, privilegiando il merito e
non l‟appartenenza etnica o i legami familiari, l‟intensificazione della lotta alla corruzione, il
rafforzamento del principio di legalità, l‟estensione dell‟autorità dello Stato a tutto il territorio
nazionale, il miglioramento della governance a livello di provincia e distretto.
43
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
La diffusione della corruzione tra i dipendenti pubblici e le autorità dello Stato è stata
ammessa lo stesso giorno, con grande franchezza, anche dal Presidente Karzai nel corso di un
incontro con gli anziani di un villaggio della periferia di Kabul. Egli ha riconosciuto che il Paese ha
visto molta miseria nel corso della sua storia, ma che ancora non ha tratto una lezione dagli errori
commessi e ha aggiunto che gli appartamenti e gli edifici lussuosi che stanno sorgendo a Kabul
appartengono o a personale del governo o a membri del Parlamento. Ha quindi dichiarato di
condividere pienamente quanto affermato da uno dei presenti: gli esponenti della dirigenza stanno
succhiando il sangue della popolazione innocente.
L‟intervento di Karzai ha suscitato scalpore negli ambienti politici e ha dato nuova forza alle
voci su un imminente rimpasto governativo, peraltro più volte annunciato in passato, e su un
profondo rinnovamento tra i vertici dell‟amministrazione pubblica e delle forze di sicurezza, allo
scopo di allontanare gli esponenti più corrotti. Sinora, tuttavia, non si sono registrate iniziative
concrete e appare difficile che, nell‟attuale posizione di debolezza, il Presidente possa iniziare
un‟azione incisiva di contrasto alla corruzione, che dovrebbe coinvolgere verosimilmente anche
personalità a lui molto vicine, inclusi membri della sua famiglia. Infatti, in una recente intervista 93 il
leader afghano sottolinea che la corruzione è la conseguenza della debolezza di tutto il sistema
afghano e dell‟arrivo di molto denaro portato dalle ONG e dai partner occidentali. Non è possibile
contrastare la corruzione come se fosse solo un fenomeno criminale ma bisogna elevare gli standard
della governance migliorando l‟efficacia e l‟affidabilità di tutto l‟apparato dello Stato
(amministrazione pubblica, polizia e Magistratura) e incrementando le risorse disponibili. In altre
parole, la società deve crescere – in tutti gli aspetti – passando in futuro dalla presente situazione di
debolezza a una situazione più forte; solo allora sarà possibile porre fine alla corruzione.
Sembrano parole di rassegnazione che non inducono certo all‟ottimismo per il futuro.
93
Washington Post, 26 gennaio 2008.
44
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
7. Diritti umani: poche luci e molte ombre
Con la caduta del regime taliban gli afghani hanno vissuto un momento di grande euforia, per
la speranza che la fine dell‟oppressione portasse rapidamente un sensibile miglioramento delle
condizioni di vita. Di fatto, in molte aree si sono manifestati segnali di ripresa economica e di
incremento dell‟occupazione, sono state aperte nuove scuole, le donne hanno iniziato a prendere
parte alla vita pubblica, sono state create emittenti televisive, che accanto a programmi tradizionali
dedicano largo spazio anche all‟intrattenimento. Soprattutto, nell‟ottobre 2004, i cittadini hanno
potuto partecipare alle elezioni presidenziali sentendosi per la prima volta davvero protagonisti
delle scelte sul futuro del proprio Paese.
Tuttavia, gran parte delle attese non è stata esaudita e un‟ampia maggioranza della
popolazione è costretta tuttora a vivere in condizioni di grande disagio, spesso al limite della
sopravvivenza, senza poter godere dei diritti che una società moderna garantisce. Si è
progressivamente intensificata l‟attività dei gruppi eversivi, che nelle zone sotto il loro controllo
instaurano un clima di terrore, bloccano i lavori di ricostruzione, ostacolano lo sviluppo economico
e reintroducono il rigido rispetto della legge islamica.
Sulla situazione dei diritti umani influiscono anche le pressioni degli ambienti religiosi,
sempre più influenzati dai settori conservatori. Il 4 dicembre scorso, in un incontro con il Presidente
Karzai, il Consiglio islamico dell‟Afghanistan, formato da esponenti religiosi e ulema, ha espresso
preoccupazione per l‟attività delle organizzazioni missionarie e atee, definita contraria alla sharia e
alla Costituzione, ritenendo che, se essa non verrà contrastata, provocherà una catastrofe che non
destabilizzerà solo l‟Afghanistan, ma l‟intera regione e il mondo. I missionari stranieri avrebbero
uffici non solo a Kabul ma anche nelle province; inoltre, per convertire gli afghani 94 alcune ONG
starebbero distribuendo copie della Bibbia e prometterebbero aiuti per lasciare il Paese. Il Consiglio
ha inoltre chiesto a Karzai di proibire la trasmissione di soap opera e di film indiani che mostrano
oscenità e immagini che minacciano la società. Infine ha sollecitato il ritorno alle esecuzioni
pubbliche per gli omicidi e alla repressione della corruzione95.
7.1. Responsabilità di Magistratura e forze di sicurezza
Oltre che al deterioramento della cornice di sicurezza, la precarietà della situazione dei diritti
umani in Afghanistan è dovuta anche al mancato consolidamento degli strumenti dello stato di
diritto, in particolare la Magistratura e le forze dell‟ordine. La Corte suprema, il Ministero della
94
In Afghanistan l‟apostasia della religione musulmana rischia di venire punita ancora con la pena di morte, come
successe nel 2006 a Abdul Rehman. Il suo caso fu poi risolto con l‟autorizzazione del Presidente Karzai a lasciare il
Paese per venire in Italia, dove gli era stato offerto asilo politico.
95
Reuters, 5 gennaio 2008.
45
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
giustizia e l‟Ufficio del Procuratore generale soffrono di una grave mancanza di risorse
professionali e finanziarie, peraltro comune a tutte le altre istituzioni96. Si registra inoltre una seria
carenza negli organici, mentre l‟assunzione di nuovi magistrati si presenta difficile per gli alti rischi
che l‟esercizio della funzione giudiziaria comporta, evidenziati anche da recenti episodi
terroristici97, e per il basso livello delle retribuzioni mensili pari, in media, a 60 dollari per un
procuratore e a 100 dollari per un giudice. La situazione favorisce la diffusione della corruzione,
che interessa tutti i livelli, e alimenta la sfiducia dei cittadini nel sistema giudiziario98.
Appaiono inoltre inadeguate le procedure per le nomina e l‟avanzamento nelle carriere e i
meccanismi per il controllo della professionalità, della disciplina e della condotta etica del
personale, anche se negli ultimi tempi sono stati realizzati progressi significativi. Essi riguardano la
formazione dei giudici, grazie alla frequenza di corsi di aggiornamento, anche all‟estero, e la
trasparenza delle assunzioni allo scopo di evitare nepotismo e corruzione. In particolare, un giudice
della Corte suprema deve essere presente in ogni Commissione di selezione; contestualmente, altri
giudici controllano l‟attività delle Corti di livello inferiore di in una delle aree di giurisdizione
giudiziaria in cui il Paese è diviso.
I magistrati subiscono fortemente i condizionamenti esterni, non solo da parte dei gruppi
eversivi, che minacciano di morte i giudici che emettono condanne nei confronti di terroristi, ma,
soprattutto nelle regioni settentrionali, anche dai warlord. In una recente intervista99, il Procuratore
generale Abdul Jabar Sabit ha ammesso che è difficile applicare la giustizia sia nelle province
meridionali, dove è in atto una situazione di guerra, sia in molti altri distretti situati in aree dove la
supremazia delle legge non viene garantita.
Esiste inoltre il problema del mancato rispetto delle garanzie della difesa, dovuto sia alla
scarsa preparazione dei giudici sia alla mancanza di avvocati, il cui numero è del tutto inadeguato
rispetto alle cause da trattare, e all‟impossibilità di molti imputati di pagare i loro onorari.
A causa dell‟inefficienza e della mancanza di credibilità del sistema giudiziario, si stima che
oltre l‟80% dei casi, inclusi quelli penali, venga risolto con i sistemi tradizionali, legittimati dal
consenso generale, attraverso shura o jirga formate dagli anziani delle tribù. Benché questi fori
tradizionali concorrano all‟ordine sociale ed alla soluzione delle controversie, spesso applicano
pratiche fortemente lesive dei diritti umani, specialmente nei confronti delle donne. In alcune aree
del sud sono i taliban che amministrano la giustizia attraverso le loro corti, con verdetti che
prevedono anche la pena di morte e l‟amputazione degli arti.
96
Nel corso della Conferenza sulla giustizia, svoltasi a Roma il 2-3 luglio 2007, i Paesi donatori hanno deciso lo
stanziamento di 360 milioni di dollari, in cinque anni, per la formazione dei magistrati, la costruzione di nuove prigioni
e altre misure finalizzate a migliorare il sistema giudiziario del Paese e rafforzare il predominio della legge.
97
Il 13 novembre 2007 è stato ucciso un giudice dell‟Alta Corte di giustizia della provincia di Ghazni.
98
Il 6 settembre 2007, il Ministro per lo sviluppo urbano, pashtun, ha denunciato l‟appropriazione illegale di aree da
parte di warlord e personalità locali e ha sottolineato che le proteste dei legittimi proprietari hanno poche possibilità di
essere accolte dai tribunali a causa della corruzione dei magistrati. Quelli più onesti devono subire le intimidazioni da
parte dei nuovi “proprietari”.
99
Radio Free Afghanistan, 6 febbraio 2008.
46
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Le organizzazioni internazionali e la AIHRC100 ricevono continuamente segnalazioni su
arresti arbitrari e illegali, spesso prorogati molto oltre la scadenza della condanna, sulla violazione
delle garanzie di difesa degli imputati e sul ricorso alla tortura per estorcere confessioni. Queste
pratiche sono a conoscenza anche del Presidente Karzai che, in un incontro con ufficiali di polizia,
nel novembre 2007, ha rivolto un appello ad evitare ogni forma di tortura nei confronti delle
persone arrestate, anche di coloro che abbiano compiuto crimini gravissimi.
Il fenomeno resta tuttavia molto diffuso e Amnesty International ha invitato i Paesi di ISAF a
non consegnare i miliziani catturati alle forze di sicurezza afghane perché esiste il rischio che essi
vengano torturati. L‟appello è rivolto in particolare ai Governi di Belgio, Regno Unito, Canada,
Norvegia e Olanda, che hanno firmato specifici accordi con Kabul 101. Tali accuse sono state
smentite con forza dall‟NDS e, con meno convinzione, anche da ISAF, il cui portavoce ha
dichiarato che non esistono prove su un ricorso sistematico alla tortura nei confronti dei detenuti
consegnati alle autorità afghane. Tuttavia, il Comando del contingente canadese schierato nella
provincia di Kandahar aveva disposto, nel novembre 2007, la sospensione delle consegne dei
presunti terroristi arrestati dai propri militari alle autorità di sicurezza locali dopo che erano state
raccolte denunce su abusi e torture inflitte ai detenuti. Alla fine di febbraio il Governo di Ottawa ha
deciso di riprenedere il trasferimento dei detenuti, ma caso per caso e dopo che le autorità afghane
hanno preso provvedimenti per migliorare la situazione nelle carceri e disposto la sospensione o
l‟arresto di funzionari dell‟NDS responsabili di abusi102.
7.2. Transitional Justice
Un altro fattore che impedisce di soddisfare le attese di giustizia dei cittadini è il mancato
appoggio da parte della classe politica alla transitional justice. Sono così definiti quei percorsi
intrapresi da Paesi che escono da conflitti sanguinosi che hanno comportato genocidi e gravi
violazioni dei diritti umani. Tali percorsi mirano a stabilire una “verità” condivisa da istituzioni e
cittadinanza, nonché a individuare e punire i responsabili delle atrocità commesse, ponendo così le
premesse per la riconciliazione ed il ritorno alla normalità. Essi possono assumere forme molto
diverse, come illustrato da esperienze storiche diverse quali il processo di Norimberga, i Tribunali
speciali dell‟ONU per la ex Jugoslavia ed il Ruanda, il processo di riconciliazione del Sud Africa e
quello di diversi Paesi latino-americani.
100
L‟istituzione dell‟Afghanistan Independent Human Rights Commission (AIHRC) è prevista dalla Costituzione del
2004 ed è disciplinata con legge. Si veda la pagina http://www.aihrc.org.af/
101
In realtà tali accordi mirano ad aggirare la previsione del Protocollo alla Convezione sui diritti umani del Consiglio
d‟Europa, che vieta di estradare prigionieri che rischiano la pena di morte. L‟Italia non ha potuto concludere un simile
accordo a causa di una sentenza della Corte Costituzionale in materia che lo vieta. Altri Paesi, come il Regno Unito,
evitano il problema affiancando alle loro unità un poliziotto afghano che effettua gli arresti.
102
La decisione è stata contestata da alcune organizzazioni per la difesa dei diritti umani che hanno chiesto a una Corte
federale di bloccare temporaneamente i trasferimenti dei prigionieri sino a quando non sarà esaminata un‟istanza per il
blocco permanente.
47
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Nei decenni di guerre che si sono succedute in Afghanistan hanno perso la vita oltre un
milione di persone, molte delle quali a causa delle faide interetniche. Moltissime famiglie hanno
perso almeno un membro e la memoria delle atrocità è ancora molto viva, come pure la domanda di
giustizia. Tale stato di cose è stato tenuto ben presente sin dall‟Accordo di Bonn, che ha previsto
l‟istituzione della AIHRC. Tuttavia, nonostante l‟attivismo di tale organismo nell‟indagare e
denunciare i crimini commessi e nel proporre un percorso di riconciliazione, la problematica è stata
trattata con molta freddezza dal Governo, che nel dicembre 2006 ha adottato l‟Action Plan for
Peace, Reconciliation and Justice (APPRJ) in una versione molto edulcorata rispetto alla proposta
originaria. Il piano, che rientra negli impegni dell‟Afghanistan Compact, indica tra i suoi obiettivi la
fine dell‟impunità per i criminali di guerra.
Il motivo dell‟esitazione a intraprendere con decisione tale percorso va ricercato nel fatto che
la Coalizione internazionale giunta in Afghanistan nel 2001 per mettere fine al regime dei taliban ha
dovuto appoggiarsi ad alcuni dei gruppi di miliziani che avevano avuto gravi responsabilità nei
pregressi crimini. Inoltre, anche al fine di reintegrare il maggior numero possibile di combattenti e
potentati locali, sin dall‟Accordo di Bonn è stata data molta enfasi al ruolo da questi svolto durante
la resistenza all‟occupazione sovietica, definendola come “giusto jihad”. Molti protagonisti delle
vicende belliche passate si sono così ritrovati la qualifica di eroi e sono stati pienamente reintegrati
in funzioni di alta responsabilità, rendendo in tal modo più difficile l‟accertamento delle atrocità
commesse.
In tale contesto, nel marzo 2007 è entrata in vigore la Legge di riconciliazione nazionale che
di fatto concede l‟amnistia per i responsabili dei crimini di guerra. Il provvedimento ha avuto un iter
travagliato, anche se piuttosto breve, perché il Presidente Karzai ha chiesto alle due Camere di
apportare modifiche a un testo di legge da loro approvato in precedenza103 e che era stato criticato
dall‟ONU, da molti Paesi stranieri e dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Il
documento definiva privi di credibilità i rapporti dell‟ONG statunitense Human Rights Watch che
avevano accusato molti esponenti del jihad, incluse figure tuttora in posizioni di primo piano delle
istituzioni, di crimini di guerra. Esso conteneva inoltre i seguenti elementi qualificanti: tutti coloro
che hanno partecipato al jihad, alla resistenza e a tutte le lotte giuste per difendere la religione e il
Paese devono essere onorati e non essere oggetto di animosità; tutti i partiti e i gruppi armati che si
sono combattuti in passato devono essere inclusi nel processo di riconciliazione nazionale e non
saranno perseguiti sul piano legale e giudiziario; i gruppi armati che combattono attualmente contro
la Repubblica islamica dell‟Afghanistan sono invitati ad unirsi al programma di pacificazione.
Tra le critiche a tale provvedimento vanno sottolineate quelle dell‟Alto commissario per i
diritti umani dell‟ONU, Louise Arbour. Ella ha ribadito che i responsabili delle violazioni devono
rispondere alla giustizia del loro operato, evidenziando che la legge è in contrasto con l‟APPRJ.
Alcuni funzionari di UNAMA hanno sottolineato che la legge internazionale non contempla
l‟amnistia per i crimini di guerra e per le serie violazioni dei diritti umani. Una posizione analoga è
stata sostenuta, in un‟intervista all‟Agenzia Reuters (20 febbraio 2007), dal Ministro degli esteri
103
Il 31 gennaio dalla Wolesi Jirga e il 20 febbraio dalla Meshrano Jirga.
48
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Rangin Dadfar Spanta104, secondo il quale in base alla legge internazionale i crimini contro
l‟umanità e gli episodi di violazione sistematica dei diritti umani non possono essere oggetto di
amnistia.
L‟iniziativa legislativa del Parlamento ha costretto Karzai a una difficile mediazione tra le
posizioni della comunità internazionale, dei settori più liberali della società afghana e quelle dei
leader del jihad, convinti che sia giunto il momento di perdonare gli errori del passato per rafforzare
l‟unità e la coesione nazionale e che sia meglio concentrarsi sulla ricostruzione piuttosto che cercare
vendette e sollevare questioni che dividono la società. Molto attento a non compromettere i delicati
equilibri etnici e politici sui quali si reggono le istituzioni afghane, il Presidente ha imposto alcune
restrizioni all‟amnistia prevista nella legge approvata dalle due Camere, ma di fatto ha risparmiato a
molte delle principali personalità del Paese l‟“onta” e i rischi di un processo.
Il provvedimento promulgato stabilisce infatti (articolo 3) che tutti i partiti e i gruppi coinvolti
in qualche modo nei combattimenti verificatisi prima della caduta del regime taliban possono
beneficiare del programma di riconciliazione nazionale e di amnistia ed esercitare i loro diritti senza
essere perseguiti sul piano giudiziario. Gli stessi benefici si applicano a coloro che combattono
tuttora contro lo Stato afghano purché rinuncino alla lotta armata e si impegnino a rispettare la
Costituzione. La legge tuttavia non pregiudica il diritto di una persona di chiedere giustizia per i
crimini compiuti da un‟altra persona, ma su base individuale. Di conseguenza, anche se in linea di
principio, è possibile perseguire per via giudiziaria i responsabili di crimini di guerra, però ciò può
avvenire solo su richiesta individuale, da parte di uno dei sopravvissuti o delle loro famiglie. Visto
lo stato della giustizia in Afghanistan e l‟influenza ancora esercitata sulle istituzioni dai warlord,
che hanno ottenuto questo status per il ruolo avuto nelle guerre che hanno travagliato il Paese negli
ultimi decenni, è assai improbabile che la Magistratura o la polizia si impegnino a trovare le prove
delle accuse. Saranno quindi le vittime a doversi accollare l‟onere di dimostrare la colpevolezza
degli imputati e appare estremamente difficile che possano riuscire a farlo.
I gravi ritardi nell‟attuazione dell‟APPRJ, che dovrebbe essere portato a termine entro il 2008,
sono stati più volte denunciati dalla AIHRC e dalle organizzazioni internazionali. Nel novembre
2007, al temine di una visita di una settimana in Afghanistan, Louise Arbour si è detta molto
dispiaciuta per la mancanza di progressi nel conseguimento degli obiettivi stabiliti dal Governo con
l‟appoggio della comunità internazionale e ha ricordato che la transitional justice è un concetto
molto articolato, basato sia sui diritti delle vittime alla verità, al risarcimento, alla riabilitazione, che
sulla punizione dei responsabili. Ha quindi denunciato lo scarso impegno della comunità
internazionale e degli altri soggetti istituzionali nell‟attuazione del Piano, invitandoli a fornire
maggiore assistenza al Governo afghano, e ha sollecitato un allargamento del dibattito e del
confronto su questa materia, nonché una riconsiderazione degli obiettivi visto che essi non potranno
essere raggiunti nei tempi inizialmente stabiliti.
104
Di etnia tagika ma non legato alle altre personalità dello stesso gruppo etnico favorevoli al provvedimento.
49
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
7.3. Libertà d’espressione
Uno dei diritti che negli ultimi mesi è apparso sempre più compromesso è quello della libertà
di espressione, che negli anni successivi alla caduta del regime taliban aveva goduto di notevoli
garanzie, favorendo la nascita di nuove testate giornalistiche e di numerose emittenti televisive e
radiofoniche, sia nazionali che locali105. Ora, invece, i mass media stanno subendo le pressioni del
Governo, dei taliban e dei gruppi di potere, con un sensibile incremento degli episodi di violenza a
danno degli operatori dell‟informazione, saliti dai 50 del 2006 ai 70 del 2007, e con crescenti
difficoltà ad accedere alle notizie. È evidente il rischio che i giornalisti adottino forme di
autocensura per poter continuare a svolgere il loro lavoro senza correre pericoli eccessivi.
Sul piano legislativo, la libertà di stampa è sancita dalla Costituzione e la legge sui mezzi di
informazione è una delle più avanzate della regione, per quanto il Parlamento abbia approvato di
recente alcuni emendamenti che pongono limiti, anche di carattere psicologico, al suo esercizio106.
Tuttavia, la Media Complaints Commission, costituita nell‟ambito del Ministero dell‟informazione
e della cultura, manca di autonomia ed è soggetta alle interferenze dei politici. Per di più, molti
commissari sembrano convinti che, nell‟attuale situazione interna e di sicurezza del Paese, una
qualche forma di censura sia necessaria nonché auspicabile. È anche da aggiungere che nel
novembre 2007 il Ministero per l‟informazione e la cultura ha emanato una circolare in cui si chiede
ai mass media elettronici di asternersi dal trasmettere programmi che possano “disturbare il
pubblico”.
Tra gli episodi più gravi della repressione nei confronti della stampa è la condanna a morte per
blasfemia, decisa il 22 gennaio 2008 dalla Corte provinciale di Balkh, nei confronti di uno studente
di giornalismo dell‟Università di Mazar-e Sharif, Sayed Perwez Kambakhsh, di 23 anni. Il giovane,
in stato di arresto dal 27 ottobre 2007, è accusato di aver messo in circolazione un articolo, tratto da
internet, che riportava versetti del Corano definiti discriminatori nei riguardi delle donne 107. La
sentenza sarebbe stata emessa senza che all‟imputato fossero garantiti i diritti di difesa, ma il
Procuratore della provincia di Balkh, Hafizullah Khaliqyar, ha sostenuto che il processo è stato
equo perché condotto “in una maniera molto islamica”. In precedenza egli aveva minacciato di
arrestare i giornalisti che avessero preso le difese di Perwez Kambakhsh. Una punizione esemplare
nei confronti di costui era stata chiesta dal consiglio degli ulema della provincia di Balkh, mentre
approvazione per la condanna a morte è stata espressa dagli ulema delle province di Takhar e di
Parwan, da uno dei portavoce taliban e da alcuni parlamentari. Tuttavia, molti considerano la
condanna a morte di Sayed Perwez Kambakhsh una ritorsione nei confronti del fratello, Dayed
Yaqub Ibrahimi, giornalista di The Institute for War & Peace Reporting, un‟organizzazione nonprofit con base a Londra, il quale in molti suoi articoli ha criticato le violenze e i soprusi compiuti
dai warlord nelle province settentrionali del Paese.
105
Negli ultimi anni in Afghanistan si è assistito a uno sviluppo impressionante del settore dei mass media; attualmente
esistono nel Paese sette emittenti televisive a diffusione nazionale (sei private), 40 emittenti radio private e circa 300
giornali e periodici.
106
La legge, approvata dalle due Camere, è stata respinta dal Presdiente Karzai perché troppo restrittiva.
107
L‟articolo sarebbe stato prelevato dal sito blog di un giornalista iraniano, Arash Bikhoda, residente in Europa.
50
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Nei mesi precedenti, infatti, erano stati registrati molti casi di arresti arbitrari, uccisioni,
aggressioni e intimidazioni di giornalisti. Per quanto riguarda gli arresti, hanno suscitato le proteste
delle associazioni di categoria quelli di Ghows Zalmay, avvenuto alla fine di novembre 2007, per
aver pubblicato una traduzione del Corano in dari; l‟arresto di un inviato della Ariana TV, agli inizi
dello stesso mese, per aver visitato insieme a due colleghi il distretto di Musa Qala, in quel periodo
sotto il controllo dei taliban; quello di sei redattori di Cheragh, anch‟essi a novembre, perché il
giornale aveva pubblicato una lettera al direttore in cui si alludeva alla complicità del Governo
nell‟attentato suicida compiuto alcuni giorni prima nella provincia di Baghlan; del direttore di
kabulpress.org, Kamran Mir Hazar, arrestato due volte, nei mesi di luglio e agosto, per aver scritto
articoli dal contenuto fortemente critico nei confronti del Governo; di Mohammad Asif Nang, in
luglio, per aver pubblicato sulla rivista che dirige un capitolo del libro “Wars and globalism: who
benefits from September 11” che descrive Karzai come un fantoccio degli USA. In generale, per la
maggior parte di essi lo stato di detenzione è durato pochi giorni o alcune settimane. È anche da
segnalare il caso del giornalista Tawaz Niazi, arrestato all‟inizio del 2007 e condannato a un anno di
carcere per aver avuto contatti con i taliban.
Altri episodi emblematici sono stati lo schiaffo dato dal segretario del Vice Presidente della
Wolesi Jirga a un corrispondente della Ariana TV (26 aprile 2007) e, pochi giorni prima, l‟irruzione
della polizia nella sede della TOLO TV. L‟intervento era stato ordinato dal Procuratore generale
Sabit che aveva giudicato inaccurato e superficiale un servizio televisivo che riportava alcune sue
dichiarazioni.
I giornalisti rimasti uccisi nel 2007 in episodi di cui non sempre è stato possibile individuare
la matrice sono stati Abdul Munir, il 28 dicembre, ucciso mentre si stava recando dalla provincia di
Jawzjan agli uffici della radio-televisione afghana a Kunduz, dove lavorava; Zakia Zaki,
proprietaria e amministratrice di Peace Radio, il 5 giugno; Shakiba Saanga Amay, corrispondente
dell‟emittente televisiva Shamshat TV, il 31 maggio; Ajmal Naqshbandi, giornalista e interprete di
Daniele Mastrogiacomo, ucciso l‟8 aprile dagli uomini di mullah Dadullah.
Non desta sorpresa pertanto se l‟Afghanistan è al 130° posto (su 168 Paesi) nella graduatoria
preparata da Reporters sans frontières sul rispetto della libertà di stampa. Evidentemente è scarso il
potere deterrente della risoluzione 1738 adottata nel 2006 dal Consiglio di Sicurezza dell‟ONU, che
definisce un “crimine di guerra” la violenza contro i giornalisti.
7.4. I soggetti più a rischio: le donne e i bambini
L‟obiettivo del pieno rispetto dei diritti umani è dunque ancora lontano dall‟essere conseguito
e i soggetti che maggiormente risentono di tale situazione sono le donne e i bambini, anche se
emergono segnali incoraggianti di cambiamento. In particolare, è significativa la presenza delle
donne in Parlamento, dove la Costituzione assegna loro una forte rappresentatività108, e negli altri
108
L‟Afghasnistan è al 27° posto (in un elenco di 88 Paesi), per numero di rappresentanti femminili in Parlamento
(27,7% alla Wolesi Jirga e 21,6% alla Meshrano Jirga).
51
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
consigli elettivi; mentre ha ancora un profilo minore il loro ruolo nell‟ambito del governo, delle
amministrazioni locali109 e dell‟apparato burocratico. Progressi molto importanti sono stati
compiuti, specialmente se rapportati alla situazione di totale emarginazione esistente durante il
regime taliban, nell‟accesso alla salute, all‟istruzione e al lavoro, favorito quest‟ultimo anche da
progetti di micro-finanza.
Il Governo ha completato lo sviluppo del National Action Plan for the Women of Afghanistan,
frutto di consultazioni molto estese che hanno interessato i rappresentanti dell‟amministrazione
pubblica e della società civile di 26 province. Il Piano prevede un approccio globale e
interministeriale al miglioramento della condizione della donna. Deve essere rafforzata ora la
capacità del Ministero degli affari femminili di guidare, coordinare e monitorare la sua attuazione.
Al riguardo, nell‟ottobre 2007 il Ministero del lavoro ha reso noto che è stato sottoposto
all‟approvazione del Parlamento un progetto di legge per tutelare la figura femminile, soprattutto le
madri, nei luoghi di lavoro. Iniziative in questo settore appaiono improcrastinabili se si considerano
le informazioni riportate da vari organi d‟informazione. In particolare, un rapporto di IRIN denuncia
che in quattro fabbriche di Herat che producono capi in pelle e in lana lavorano, in una situazione di
grande precarietà, 1.500 donne che ricevono un salario pari a 6 dollari la settimana (per 48 ore di
lavoro).
Secondo Norine MacDonald, dirigente del Senlis Council, il Governo Karzai sta rispettando le
attese della comunità internazionale riguardo al miglioramento della condizione femminile in
Afghanistan. Ad ogni modo, malgrado i progressi e le conquiste ottenute a favore delle donne
afghane, esse continuano a doversi confrontare con una situazione di grave discriminazione ed
emarginazione110. Sono ancora seri gli ostacoli che devono superare nella ricerca di un lavoro,
anche nell‟amministrazione dello Stato111, e nel conseguimento di un buon livello di istruzione. In
molte situazioni, tra l‟altro, la ragione di ciò è da attribuire alla mentalità delle famiglie di
provenienza, che per timore di critiche a parte degli ambienti più conservatori e di ritorsioni da
parte dei gruppi estremisti o per convenzione ed ignoranza scelgono di emarginare le mogli, le
sorelle e le figlie dalla vita sociale.
Inoltre sono molto numerosi gli episodi di violenza nei confronti delle donne, soprattutto
all‟interno dello loro famiglie; nel 2007 sono addirittura aumentati del 40%, ma verosimilmente
perché sono maggiori le possibilità di denunciarli. Arrivano frequentemente segnalazioni di suicidi
da parte di donne vittime di violenze domestiche o spinte dalla disperazione per la mancanza di
prospettive e l‟impossibilità di mantenere i figli 112 e sugli omicidi di onore, che le autorità non
109
Su 34 province solo una (quella di Bamiyan) è guidata da una donna, Habiba Surabi, di etnia hazara, nominata nel
marzo 2005.
110
Nel marzo 2007, tre donne, membri del Consiglio provinciale di Kunar, hanno rassegnato le dimissioni per protesta
contro i toni aggressivi e volgari usati nei loro confronti da un esponente maschile dello stesso Consiglio, Haji Aleem
Gul. Il Governatore della provincia, Shalizai Didar, ha costituito un comitato incaricato di risolvere in via amichevole i
contrasti, spingendo Haji Aleem Gul a chiedere scusa per il suo comportamento.
111
Ad esempio quello di agente di polizia, malgrado i dati del Governo parlino di un aumento del numero delle donne
poliziotto.
112
Lo scorso anno sono stati registrati 626 tentativi di suicidio, 130 dei quali con esito letale.
52
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
riescono a punire con la dovuta fermezza113. Generalmente drammatica è la condizione delle
vedove, che in Afghanistan, secondo alcune stime, sarebbero circa 1,5 milioni; il 90% di esse ha
figli (la maggior parte più di quattro). Le associazioni per la difesa dei diritti delle donne accusano
lo Stato e la comunità internazionale di fare molto poco per loro.
Sono ancora molto frequenti i matrimoni combinati che riguardano ragazze minorenni, spesso
con persone molto più anziane. Nel marzo 2007 la Corte suprema ha approvato il testo del nuovo
contratto di matrimonio (Nikah Nama) che dovrebbe contribuire a frenare la pratica dei matrimoni
forzati nel Paese (60-80% secondo la AIHRC). Le nuove disposizioni impongono anche agli uomini
che intendono sposarsi di accertare che la promessa sposa abbia almeno 16 anni, altrimenti non
verranno concessi i certificati di matrimonio. Tuttavia, è da rilevare che normalmente la grande
maggioranza delle coppie non chiede alcuna registrazione.
Pratiche particolarmente odiose nei confronti delle donne e dei bambini sono ancora comuni
nelle aree periferiche del Paese, dove la giustizia viene amministrata da organi (jirga o shura),
composti dagli anziani. Tra queste vi è la pratica di dare in sposa una donna, o cedere un bambino,
della famiglia di un omicida a quella della vittima al fine di compensare il crimine commesso.
Benché la Costituzione del 2004 abbia stabilito la parità dei sessi riconoscendo formalmente per la
prima volta alle donne il diritto di voto, gran parte della popolazione non è consapevole neppure
della sua esistenza e continua ad applicare le consuetudini. In molte aree le donne, private
dell‟opportunità di lavorare e quindi di guadagnare, sia perché hanno la necessità di accudire i
figli114 che per la mentalità prevalente ancora fortemente maschilista, sono considerate un peso,
soprattutto nelle famiglie più povere, e pertanto sono ancora più emarginate e vulnerabili.
Tuttavia, anche se lentamente, l‟atteggiamento della società nei confronti delle donne sta
cambiando. Un sondaggio effettuato da ABC News nell‟ottobre 2006 ha rilevato che l‟80% degli
intervistati è favorevole alla presenza delle donne in Parlamento; ancora più alta è la percentuale di
coloro che sono favorevoli all‟istruzione femminile. Tale situazione spiega un altro risultato del
sondaggio: il supporto nei confronti del movimento taliban, limitato tra gli uomini, è quasi
inesistente tra le donne. Tuttavia, tradizioni e costumi ancora resistono; il 55% degli intervistati
ritiene che le donne debbano indossare il burka e il 60% non vuole che le donne abbiano uomini alle
proprie dipendenze.
In Afghanistan, come denuncia il rappresentante statunitense presso l‟UNICEF, Martin Bell,
anche la condizione del fanciullo non viene salvaguardata e non ha garanzie. Malgrado i progressi
conseguiti nei settori della sanità e dell‟istruzione, i bambini sono sempre vulnerabili; l‟accesso alle
strutture scolastiche rimane in molti casi interdetto o limitato e i bambini sono spesso tra le vittime
degli attentati terroristici e delle mine anti-uomo115. Secondo il Ministero dell‟istruzione, circa un
113
Un rapporto dell‟organizzazione internazionale Womankhind Worldwide sottolinea che l‟Afghanistan è uno dei Paesi
con il tasso più alto di violenze domestiche e di mortalità al momento del parto; inoltre è uno dei pochi in cui i suicidi
sono più frequenti tra le donne che tra gli uomini. (BBC, 25 febbraio 2008)
114
In media, una donna afghana partorisce 6-7 figli.
115
L‟UNICEF ha stanziato 50.000 dollari per la cura e il trattamento psicologico dei bambini rimasti traumatizzati a
causa dell‟attentato del 6 novembre 2007 nella provincia di Laghman. Tuttavia, nelle province meridionali, dove il
livello della violenza è più alto, interventi del genere non possono essere attuati per motivi di sicurezza.
53
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
quarto dei minori di età da sette a 14 anni è costretto a lavorare per contribuire a mantenere le
famiglie116. In tutto il Paese, i gruppi criminali sono coinvolti nel traffico di bambini, rapiti o
“venduti” da genitori in gravi difficoltà economiche, verso il Medio Oriente e il Nord Africa, dove
vengono immessi nel mercato del lavoro o in quello del sesso o, addirittura, sarebbero utilizzati
come donatori di organi in cliniche clandestine.
Ad ogni modo, la condizione più critica rimane quella delle bambine, le quali, nella maggior
parte dei casi, non hanno la possibilità di crescere con le medesime, seppur poche, opportunità dei
coetanei maschi.
116
Sarebbero circa 5.000 i minori che lavorano, in condizioni estremamente pesanti, nelle fabbriche di mattoni della
provincia di Nangarhar.
54
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
8.
Lotta alla droga: una strategia da rivedere
Mentre in alcune aree del Paese i coltivatori già si preparano per la raccolta di oppio, che
inizierà agli inizi di aprile per concludersi entro la fine di luglio, le previsioni indicano anche per il
2008 una produzione su livelli molto elevati, pur non raggiungendo il record registrato nel 2007
grazie a condizioni meteorologiche eccezionalmente favorevoli.
Nei giorni scorsi, infatti, lo United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC) ha diffuso
l‟Afghanistan - Opium winter rapid assessment survey 2008 da cui emerge che il totale della
superficie coltivata a papavero da oppio appare essere sostanzialmente uguale o solo leggermente
inferiore a quella del 2007. Tuttavia, si accentua la dicotomia del Paese in due vaste regioni: il
centro-nord che si avvicina a diventare, sia pure con qualche contraddizione, poppy-free e il sudovest con una economia sempre più legata alla droga. Infatti, la superficie coltivata è aumentata
fortemente nella provincia di Nimruz e in misura meno accentuata in quelle di Badghis, Farah,
Ghowr, Kandahar, Samamgan117 e Uruzgan; per contro è diminuita nelle province di Badakshan,
Baghlan, Herat, Kabul, Kapisa, Kunar, Laghman e, in misura maggiore, Faryab, Jawzjan e
Nangarhar. D‟altra parte risulta in forte crescita la coltivazione di cannabis, con una accentuazione
della tendenza già emersa nello scorso anno. Per quanto riguarda la produzione, si prevede, rispetto
al 2007, una leggera diminuzione che tuttavia potrebbe accentuarsi in caso di condizioni
meteorologiche avverse in primavera e di successo della campagna di distruzione delle coltivazioni
che il governo, con l‟appoggio di alcuni Paesi stranieri e organismi internazionali, ha già avviato.
Lo studio evidenzia anche una stretta correlazione tra coltivazione del papavero e situazione di
sicurezza, fornendo indicazioni molto interessanti. La percentuale dei villaggi ove si coltiva la
droga è del 70% nelle aree in cui la sicurezza è precaria e del 63% in quelle ove la sicurezza è molto
precaria; al contrario, nelle aree ove la situazione di sicurezza è buona o molto buona, la percentuale
è, rispettivamente, del 26% e del 10%. Il survey mette anche in evidenza che la maggioranza dei
coltivatori ha ammesso di pagare una “tassa” (usher), pari al 10% dei ricavi, a vari soggetti quali
funzionari amministrativi e di sicurezza corrotti o gruppi eversivi118.
Il quadro che emerge conferma il fallimento della campagna antidroga che ha portato nel 2007
a un raccolto record, stimato in circa 8.200 tonnellate di oppio, pari al 93% della produzione
mondiale, con un aumento del 34% sul 2006119. La superficie coltivata aveva raggiunto i 193.000
ettari, a fronte di 165.000 dell‟anno precedente, con una crescita quindi del 17%120. Dopo la caduta
del regime taliban la produzione ha mostrato una tendenza quasi constante all‟aumento passando da
3.400 tonnellate del 2002 a 3.600 del 2003, 4.200 del 2004, 4.100 del 2005 e 6.100 del 2006.
117
Nel 2007 la provincia settentrionale di Samangan era stata classificata “poppy-free”.
I taliban dovrebbero ricavarne circa 100 milioni di dollari.
119
Il 70% è prodotto in cinque province, confinanti con il Pakistan.
120
La resa per ettaro è stata di 42,5 kg nel 2007 e di 37 kg nel 2006.
118
55
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
In tale quadro è di poco conforto l‟incremento delle province poppy-free da 6 a 13 (Balkh,
Bamyan, Ghazni, Khowst, Kunduz, Lowgar, Nuristan, Paktika, Paktia, Panshir, Parwan, Samangan
e Wardak) anche perché, nello stesso periodo, in quelle aree si è registrato un forte incremento della
coltivazione di cannabis, salita da 50.000 ettari a 70.000121. La scelta non dipende da ragioni
economiche perché i ricavi sono molto simili. Infatti, se il prezzo della cannabis al produttore nel
2007 è stato pari a 48-61 dollari al kg, rispetto a 86 dollari per l‟oppio grezzo e a 122 dollari per
quello raffinato, la resa per ettaro della cannabis è doppia rispetto a quella del papavero e i costi
sono minori. Molti contadini si sono dedicati alla coltivazione della cannabis perché più tollerata
dalle Autorità e perché sono meno forti, nei suoi confronti, le motivazioni religiose che condannano
la produzione di oppio.
L‟Afghanistan Opium Survey 2007, diffuso da UNODC lo scorso mese di ottobre, fornisce un
quadro molto dettagliato del fenomeno droga in Afghanistan e della sua incidenza sulla vita
economica e sociale del Paese. In particolare sottolinea che:
-
il valore dell‟oppio e dell‟eroina esportati potrebbe raggiungere 4 miliardi di dollari (+29%
rispetto al 2006), pari al 53% del PIL afghano. Il valore della droga aumenta più volte prima
di arrivare ai consumatori finali nelle strade dei Paesi occidentali, lasciando quindi la gran
parte del profitto alle reti di narcotrafficanti internazionali;
-
le famiglie impegnate nella coltivazione del papavero sarebbero state 509.000, con oltre 3,3
milioni di persone, e ne avrebbero ricavato proventi per circa un miliardo di dollari (+32% sul
2006), con un introito medio per famiglia pari a 1.965 dollari. Sarebbero state spinte a
dedicarsi a tale tipo di coltura soprattutto dal desiderio di uscire dalla povertà e dagli alti
guadagni;
-
il 98% dei coltivatori si dice disposto ad abbandonare tale attività purché siano garantiti posti
di lavoro in altri settori (27,7%), coltivazioni alternative ma con redditi analoghi (22,7%),
crediti (12,4%) ed accesso ai mercati (10,1%);
-
le esportazioni di eroina e morfina potrebbero raggiungere nel 2007 le 660 tonnellate, a fronte
di una domanda dei mercati mondiali pari a circa 450 tonnellate;
-
sono stati distrutti 19.047 ettari di coltivazioni, a fronte di 15.300 nel 2006. I sistemi più usati
sono stati quelli manuali (4%), aratri trainati da animali (19%) e mezzi trainati da trattori
(77%).
Il dato più significativo riguarda tuttavia la differenza tra il ricavato della coltivazione di
papavero rispetto a quella di grano: le rese per ettaro sono pari, rispettivamente, a 5.200 dollari e a
546 dollari. Inoltre il papavero è una pianta molto robusta, che cresce anche in condizioni
climatiche difficili e in terreni ove il frumento avrebbe difficoltà a svilupparsi. Va anche tenuto
presente che i produttori di papavero non hanno grossi problemi per la vendita del prodotto, spesso
acquistato direttamente sul campo dai narcotrafficanti, né sulla sua conservazione perché, visto il
poco volume occupato, non richiede grandi locali né attrezzature particolari.
121
La cannabis è coltivata in 18 delle 34 province del Paese.
56
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Le ragioni del sostanziale fallimento della campagna anti-droga condotta nel 2007122 sono
molteplici, ma principalmente vanno ricondotte alla corruzione diffusa tra il personale degli organi
di potere centrali e periferici, all‟inadeguatezza degli interventi per lo sviluppo delle coltivazioni
alternative, nonché al deterioramento della cornice di sicurezza.
Come descritto altrove in questo rapporto123, la corruzione è diffusa capillarmente nel Paese e
soprattutto in quelle aree dove sono più alti i livelli delle attività illecite e pertanto crescono le
possibilità di guadagno per i funzionari disonesti. Le dimensioni del fenomeno possono essere
dedotte dalle dichiarazioni rilasciate ad organi di informazione afghani e stranieri da personalità
locali e comuni cittadini. In particolare, è stato segnalato che centinaia di uomini inviati da Kabul
nella provincia di Helmand per la distruzione delle coltivazioni di papavero hanno accettato
tangenti fino a 20.000 dollari ciascuno, pagati dai contadini che in tal modo hanno potuto salvare il
raccolto. Coltivatori e trafficanti della stessa provincia hanno riferito che i pagamenti avvengono sia
in denaro sia in natura, attraverso la cessione di pasta d‟oppio. Inoltre, i piccoli commercianti, che
mettono in vendita l‟oppio nei loro negozi al bazar, devono pagare alla polizia una somma da 2.000
a 6.000 afghani al mese (da 40 a 120 dollari) per poter operare tranquillamente.
I finanziamenti a disposizione per lo sviluppo di coltivazioni alternative sono stati del tutto
inadeguati, perché la maggior parte delle risorse destinate dalla comunità internazionale alla lotta
alla droga è stata spesa per esigenze di sicurezza. Inoltre i fondi sono soggetti a criteri di
assegnazione discutibili124. In più casi, i contadini hanno denunciato di non avere ricevuto che in
minima parte gli aiuti promessi, soprattutto quelli in denaro, finiti nella mani di dipendenti corrotti a
livello centrale e periferico. Di conseguenza, la coltivazione del papavero è rimasta una scelta quasi
obbligata per molti coltivatori che non avrebbero altra possibilità per mantenere le famiglie.
È interessante quanto dichiarato in proposto dal comandante della polizia del distretto di
Maywand (provincia di Kandahar): la principale fonte di reddito per la popolazione locale (100.000
persone) è la coltivazione del papavero in quanto non c‟è acqua a sufficienza per irrigare i campi e
produrre grano, anche perché il carburante per il funzionamento delle pompe costa troppo. Una
situazione analoga si riscontra in molte altre zone delle province meridionali e, per certi aspetti,
anche di quelle occidentali.
Di conseguenza il programma di distruzione forzata delle coltivazioni promosso dal Governo
ha provocato proteste e malcontento tra la popolazione, priva di opportunità di lavoro alternative.
Molti pertanto sono sensibili agli appelli dei narcotrafficanti perché vedono in essi l‟unica via per
uscire dalla povertà e guadagnare quanto serve per le famiglie.
122
L‟ex Ambasciatore di Washington alle Nazioni Unite, Richard Holbrooke, scrive che il programma per la lotta alla
droga in Afghanistan, pari a circa un miliardo di dollari l‟anno per gli USA, può essere considerato il programma più
inefficace nella storia della politica estera degli USA.
123
Si veda il paragrafo 6.3., pag. 41.
124
È emblematica al riguardo la decisione di USAID di negare, perché l‟iniziativa avrebbe danneggiato i coltivatori
USA, un finanziamento di 1,3 milioni di dollari per un progetto messo a punto da due fratelli afghano-statunitensi che
prevedeva incentivi per la produzione di cotone nella provincia di Kandahar e aveva già raccolto un largo consenso
nell‟area.
57
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Il grave deterioramento della sicurezza a partire dai primi mesi del 2006 anche in aree prima
considerate relativamente sicure ha fatto emergere una crescente collaborazione tra i gruppi eversivi
e i narcotrafficanti, entrambi interessati a mantenere alto il livello di instabilità nel Paese per
indebolire il Governo centrale sottraendogli il controllo di settori sempre più ampi del territorio. I
narcotrafficanti hanno fornito sostegno logistico e finanziario ai taliban, ricevendo in cambio
protezione per la loro attività. Ciò ha permesso ai taliban di allargare la loro base di consenso
accreditandosi quali difensori delle giuste esigenze della popolazione locale, che ha nella
coltivazione del papavero la principale fonte di reddito, e facendo così fallire la campagna antidroga
promossa dal governo Karzai, additato come “fantoccio dell‟America”.
La minaccia derivante dalla recrudescenza degli attacchi ha contribuito a convincere, qualora
ce ne fosse stato bisogno, la polizia locale a “chiudere un occhio” di fronte alle coltivazioni di
papavero. Ha inoltre costretto le forze di ISAF/Enduring Freedom a concentrasi sulla lotta al
terrorismo lasciando in secondo piano quella alla droga, nell‟assunto che non si possano vincere due
guerre contemporaneamente. La contrarietà dei comandi NATO a una partecipazione diretta alla
campagna antidroga è stata confermata il 5 giugno 2007 dal Generale Dan McNeill, Comandante di
ISAF, durante un colloquio con alcuni giornalisti. Il Generale ha dichiarato di non voler essere
coinvolto nell‟attività di distruzione delle coltivazioni poiché “noi non siamo addestrati, non siamo
equipaggiati, non disponiamo del numero di elicotteri e di uomini necessari per farlo”. È
interessante segnalare, in merito, che, secondo organi di stampa USA, nella fase iniziale
dell‟Operazione Enduring Freedom il Pentagono aveva tolto dall‟elenco degli obiettivi dei
bombardamenti aerei i depositi e i laboratori per la produzione di eroina, sulla cui dislocazione
possedeva precise informazioni
L‟annuncio della possibilità di un altro raccolto molto elevato di oppio anche per il 2008 è
destinato a riaccendere il dibattito sulla strategia della lotta alla droga, focalizzato principalmente
sulla ricerca di mezzi più efficienti per la distruzione delle coltivazioni, visto che quelli attualmente
utilizzati non riescono a dare i risultati attesi, e sulla individuazione di misure in grado di indurre i
contadini a dedicarsi a colture alternative al papavero o di sottrarre la coltivazione al controllo dei
narcotrafficanti. Per quanto attiene al primo aspetto, è da attendersi una pressione crescente di
Washington sul Governo di Kabul affinché autorizzi l‟impiego di erbicidi, diffusi in forma spray a
mezzo vettori aerei, per distruggere le coltivazioni125. Una richiesta del genere era stata avanzata sin
dal 2006, ma è stata sempre respinta perché considerata pericolosa per la salute delle persone e
degli animali. Infatti, gli erbicidi inquinerebbero i corsi d‟acqua e le altre coltivazioni, base
dell‟alimentazione umana e animale. Uno strenuo sostenitore dell‟impiego di tali tecniche è
l‟Ambasciatore statunitense a Kabul, William Wood, che precedentemente aveva guidato la
rappresentanza diplomatica USA in Colombia ed era stato tra i promotori del cosiddetto Plan
Columbia, finalizzato alla distruzione delle coltivazioni di coca con erbicidi diffusi in forma spray.
L‟Ambasciatore Wood, soprannominato negli ambienti diplomatici della capitale afghana “Bill il
125
Nell„ottobre 2007 è giunto a Kabul un esperto del Dipartimento di Stato USA, Charles S. Helling, che ha incontrato
esponenti del Governo e tecnici per illustrare i vantaggi dell‟impiego di una sostanza in forma spray (il glyfosato) che
non avrebbe effetti collaterali.
58
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
chimico”, avrebbe anche prospettato, nel corso di incontri con personalità del Governo, la
possibilità di tagli agli aiuti se non verrà attuata la politica da lui proposta126.
Tuttavia, tali pressioni non sono ancora riuscite a superare le resistenze delle autorità di Kabul
e di molti Paesi occidentali. Anche recentemente, il portavoce del Presidente Karzai, Humayun
Hamidzada, ha ribadito con fermezza l‟opposizione del Governo all‟impiego di erbicidi per la
distruzione delle coltivazione di papavero. Kabul persegue una soluzione globale che prevede, tra
l‟altro, lo sviluppo di colture alternative, la costruzione di strade per collegare le campagne ai
mercati e la lotta al narcotraffico. Inoltre, il 12 dicembre 2007, in un intervento alla Camera dei
comuni, il Primo Ministro britannico, Gordon Brown, ha sottolineato l‟importanza di un piano di
sviluppo “expanded” nelle aree dove è più diffusa la coltivazione di papavero.
Obiezioni all‟impiego di erbicidi provengono anche da parte statunitense127. Infatti, il
Pentagono è cauto sull‟opportunità di distruzione generalizzata dei campi di papavero in aree dove
il controllo del Governo è molto debole e non vi sono alternative immediate. Lo stesso Segretario
alla difesa Robert Gates avrebbe dichiarato che l‟uso di erbicidi non è una strategia a lungo termine,
come potrebbe esserlo quella di convincere i contadini a trovare alternative al papavero.
Considerata la situazione in cui si trova l‟Afghanistan, appare più importante per il momento
tagliare le collusioni tra apparato governativo e trafficanti e impedire che il Paese diventi un narcostato in grado di finanziare il terrorismo internazionale. Le campagne di distruzione delle
coltivazioni hanno ottenuto sinora risultati controproducenti perché hanno avuto un carattere
esclusivamente repressivo e non hanno affrontato i fattori economici, sociali e culturali che sono
alla base della decisione dei contadini di coltivare il papavero. Nello stesso tempo, è mancata una
decisa azione di contrasto ai narcotrafficanti, ai quali va la maggior parte dei guadagni collegati alla
produzione e al traffico della droga e che sono tra i principali finanziatori dei gruppi eversivi.
In particolare, lo Stato è apparso impotente di fronte ai capi dei 25-30 sodalizi criminali che
controllano il traffico di droga in tutto il Paese e che, in collegamento con organizzazioni straniere,
avviano gli stupefacenti verso i mercati di sbocco, soprattutto europei, attraverso l‟Iran, il Pakistan e
i Paesi dell‟Asia centrale. In tale quadro, viene osservato, distruggere le coltivazioni senza fornire ai
contadini altri mezzi di sostentamento significa acuire le già gravi tensioni sociali e spingere molti
uomini ad unirsi alle milizie taliban per guadagnare uno stipendio, contribuendo a un ulteriore
deterioramento della situazione di sicurezza. Molti afghani, infatti, vedrebbero negli “stranieri” dei
nemici che fanno la guerra ai poveri e non degli alleati che cercano di aiutare il Paese ad uscire dal
sottosviluppo e dall‟instabilità. Inoltre, una riduzione della produzione provocherebbe un aumento
dei prezzi a tutto vantaggio dei narcotrafficanti, che nei loro depositi clandestini hanno ammassato
quantità notevoli di droga.
126
The Washington Post, 23 dicembre 2007.
I critici contestano anche i risultati del “Plan Columbia” che, nonostante la spesa di oltre cinque miliardi di dollari e
la determinazione del Presidente Uribe nella lotta alla corruzione, non avrebbe affatto inciso su prezzo, qualità e
disponibilità di cocaina sul mercato statunitense. Al contrario, nel 2006 il raccolto di coca sarebbe stato il più alto degli
ultimi 20 anni. Le coltivazioni sono state infatti ridistribuite in appezzamenti più piccoli, situati in aree difficilmente
accessibili, dove anche i mezzi aerei hanno difficoltà a operare. Il sostanziale disinteresse per il sostegno all‟economia
contadina, prima basato sulla coltivazione della coca, ha provocato spostamenti in massa della popolazione creando le
condizioni per una cronica instabilità.
127
59
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Nonostante tali resistenze, nell‟ottobre 2007 il Governo afghano ha approvato, nell‟ambito del
Policy Advisory Group (PAG)128, un piano per la distruzione, nel 2008, di 50.000 ettari di
coltivazioni di papavero da oppio129. Tale campagna dovrebbe far parte di una strategia integrata
che comprenda anche lo sviluppo di coltivazioni alternative, un contrasto mirato ai trafficanti e la
lotta alla corruzione. Tuttavia esistono dubbi sulla possibilità di conseguire i risultati prestabiliti.
Infatti, il governo aveva deciso di schierare due battaglioni dell‟ANA a protezione delle operazioni
di distruzione delle coltivazioni ma il Ministero della difesa ha espresso riserve su tale impiego e le
divergenze non sembrano ancora superate.
D‟altro canto, ancora più dannosa e inefficace appare la soluzione proposta da alcuni
organismi internazionali, soprattutto dal Senlis Council, che suggeriscono la legalizzazione della
produzione di oppio da destinare a scopi medici e principalmente alla produzione di morfina. Al
riguardo, l‟Ambasciatore Thomas Schweich, coordinatore USA per la lotta al narcotraffico e la
riforma della giustizia in Afghanistan, ha dichiarato di recente che un provvedimento del genere
sarebbe disastroso poiché Kabul non è in grado al momento di impedire che l‟oppio prodotto
legalmente venga venduto nei mercati illegali, finanziando in tal modo l‟attività dei gruppi eversivi.
Ha citato, in proposito, la decisione del Governo indiano di ridurre da 21.000 a 8.000 ettari la
superficie coltivata legalmente a papavero perché New Delhi, pur disponendo di istituzioni ben
consolidate e di una polizia molto più efficiente e affidabile di quella afghana, non riesce a impedire
che l‟oppio vada a finire nelle mani dei narcotrafficanti130. Le obiezioni alla legalizzazione sono
molto serie e tutte assai concrete131. Infatti:
-
il provvedimento non eliminerebbe la produzione illecita di oppio poiché in molte aree del
Paese la precarietà della situazione di sicurezza non consentirebbe al Governo di esercitare un
efficace controllo sul programma. Inoltre, l‟oppio prodotto legalmente viene pagato
normalmente a un prezzo nettamente inferiore a quello praticato sul mercato clandestino e ciò
spingerebbe molti contadini a continuare la coltivazione di oppio da vendere ai
narcotrafficanti;
-
l‟aumento della domanda e la convinzione che si tratti di una attività legale porterebbe a un
aumento della superficie coltivata a papavero che attualmente copre circa il 4% del totale dei
terreni agricoli;
-
la legalizzazione comprometterebbe il successo della campagna contro la droga condotta dal
Governo e dalle istituzioni internazionali, anche con l‟aiuto dei mullah che hanno più volte
definito produzione, vendita e assunzione di stupefacenti contrarie ai principi islamici;
128
Il PAG è stato costituito nel 2008 dal Governo di Kabul con la collaborazione di USA, Regno Unito, Canada,
Olanda, ISAF e UNAMA per affrontare i problemi più critici delle province di Kandahar, Helmand, Farah, Nimruz,
Zabul e Uruzgan.
129
Nella provincia di Helmand, dove viene prodotto circa il 50% dell‟oppio afghano, la distruzione delle coltivazioni è
iniziata alla fine del gennaio 2008, nel villaggio di Bolan, distante due km dal capoluogo Laskhar Gah.
130
Si stima che il 30% dell‟oppio prodotto legalmente in India finisca sul mercato nero.
131
Oxfam, “Development Assistance in Insecure Environments: Afghanistan”, dicembre 2007.
60
ARGO
-
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
è difficile che la morfina eventualmente prodotta in Afghanistan abbia uno sbocco sui mercati
mondiali sia a causa dei costi, superiori a quelli praticati da altri Paesi, quali l‟Australia, sia
perché la disponibilità di tale sostanza copre già le esigenze dell‟industria medica.
Tra tutti i soggetti interessati si sta rafforzando la convinzione che, per aver successo, la lotta
alla droga deve essere condotta con una serie di misure strutturali, che investano le cause e le
conseguenze del fenomeno. Per essere credibile, tale lotta deve inoltre vedere coinvolte in prima
persona le massime autorità afghane, condizione indispensabile affinché tutte le strutture
amministrative, giudiziarie e di sicurezza svolgano il loro ruolo con serietà a determinazione.
Occorre altresì un‟attuazione più rigorosa e nel contempo più equilibrata della National Drug
Control Strategy, approvata nel 2003 e aggiornata nel gennaio 2006. Il documento identifica quattro
priorità che rappresentano, al momento, gli strumenti migliori per conseguire progressi duraturi
nella lotta alla droga. Esse sono, nell‟ordine:
-
distruggere il commercio delle sostanze stupefacenti colpendo i trafficanti e i loro sostenitori;
-
accrescere e diversificare i mezzi di sostentamento nelle aree rurali;
-
ridurre la domanda di droga e assicurare la cura e riabilitazione dei consumatori;
-
rafforzare le istituzioni statali sia al centro che in periferia.
Sulla base delle quattro priorità la strategia definisce otto pilastri di attività che devono
guidare l‟opera del Governo e riguardano i seguenti settori: informazione ed educazione
dell‟opinione pubblica, cooperazione internazionale e regionale, sviluppo di mezzi di sostentamento
alternativi, riduzione della domanda, applicazione della legge, giustizia, distruzione delle colture e
rafforzamento delle istituzioni.
Per quanto attiene alla distruzione delle colture, il documento sottolinea che non è questo il
primo obiettivo della politica governativa di contrasto alla droga. Tuttavia, laddove esistano mezzi
di sostentamento legali, una minaccia credibile di distruzione forzata è necessaria per indurre i
contadini ad abbandonare la coltivazione di papavero.
Nell‟attuale contesto appare necessario, pertanto, concentrare gli sforzi sul miglioramento
delle condizioni di vita nelle campagne, sia creando nuove opportunità di lavoro sia sviluppando
colture alternative e ampliando la rete commerciale per permettere la collocazione dei prodotti sui
mercati e assicurare ai contadini, in tal modo, redditi sufficienti a mantenere le loro famiglie. La
World Bank e il britannico Department for International Development (DFID) hanno preparato, al
riguardo, un rapporto132 che delinea un programma pluriennale di interventi i cui aspetti prioritari
sono: accelerare lo sviluppo rurale mediante progetti che coinvolgano le comunità locali; espandere
la superficie coltivabile con il potenziamento dei sistemi di irrigazione; aumentare la disponibilità
dei mezzi di sostentamento per le fasce più deboli della popolazione; favorire la crescita delle
imprese agricole; incoraggiare i partner stranieri che operano nel Paese ad acquistare prodotti locali
e ad assumere dipendenti afghani133; promuovere lo sviluppo dell‟industria della trasformazione dei
132
133
Afghanistan: Economic incentives and development initiatives to reduce opium production, febbraio 2008.
Attualmente, meno del 10% dell‟importo dei progetti di ricostruzione viene speso in Afghanistan.
61
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
prodotti agricoli. Il successo di tali iniziative è strettamente legato, in quanto ne rappresenta causa
ed effetto, al miglioramento della situazione di sicurezza che veda, soprattutto nelle province
meridionali ed orientali, progressivamente ridotta la presenza di cellule eversive e rafforzato il
controllo dello Stato e dei suoi organismi.
Senza questi interventi, la mera distruzione delle coltivazioni di papavero difficilmente porterà
a risultati concreti nella lotta alla droga, anzi, contribuirà verosimilmente ad aggravare i livelli di
instabilità e disaffezione allo Stato nelle aree dove la produzione di oppio viene ancora considerata
l‟unica fonte di reddito.
Al momento, più delle campagne di distruzione forzata, appaiono necessarie per il successo
della strategia di lotta alla droga azioni coordinate tra le forze di sicurezza nazionali e quelle di
ISAF/Enduring Freedom, mirate alla cattura dei capi dei sodalizi criminali dediti al narcotraffico134,
alla distruzione dei depositi e laboratori clandestini di sostanze stupefacenti e al sequestro dei
convogli che trasportano la droga e i prodotti chimici necessari per la trasformazione di oppio in
eroina nelle centinaia di laboratori costruiti in tutto il Paese. Azioni in tal senso sono state messe in
atto con successo nei Paesi che confinano con l‟Afghanistan e ad esse le istituzioni afghane
potrebbero ricollegarsi una volta raggiunta una sufficiente affidabilità.
Occorre inoltre avviare con grande determinazione una vera riforma dei Ministeri dell‟interno
e della giustizia, della magistratura e delle altre strutture dello Stato interessate al fenomeno, al fine
di migliorarne l‟efficienza e allontanare dai loro posti dirigenti e funzionari corrotti.
Contestualmente devono essere studiati programmi di informazione della popolazione per
diffondere, richiamandosi anche a valori religiosi, tradizionali, morali e sociali, sentimenti di rifiuto
e di condanna nei confronti della droga. Tale azione deve essere indirizzata inizialmente nei
confronti degli esponenti del clero, degli anziani delle tribù e dei capi villaggio per la forte
influenza che hanno in ambito locale.
Importanti per un esito positivo della lotta alla produzione e al traffico di droga sono anche:
-
la cooperazione con i Paesi confinanti, sul cui territorio si sviluppano le rotte del commercio
degli stupefacenti prodotti in Afghanistan. Essi non sono solo aree di transito, ma stanno
diventando anche aree di consumo, con un rapido incremento del numero dei
tossicodipendenti e di connesse malattie tra la loro popolazione. Peraltro, le autorità di questi
Paesi continuano a diffidare della dirigenza di Kabul e a sostenere piuttosto la necessità di
creare una “cintura di sicurezza” intorno all‟Afghanistan;
-
un più attento impiego degli aiuti internazionali, che per quanto possibile devono essere
destinati prioritariamente alle aree o ai settori i cui responsabili non sono coinvolti in attività
illegali, in particolare quelle legate alla produzione e al traffico di stupefacenti, e non sono
corrotti. Al riguardo, è da segnalare che il 7 giugno 2007 la Camera dei rappresentanti USA ha
approvato a larga maggioranza (406 voti a favore e 10 contrari) una legge che stanzia 6,4
134
Nella prigione di Pol-e Charkhi, alla periferia orientale di Kabul, è stata costruita un‟ala di massima sicurezza,
realizzata da UNODC e finanziata dal Regno Unito con 1,1 milioni di sterline, destinata ad accogliere i principali
esponenti dei gruppi criminali dediti al narcotraffico; sinora, tuttavia, nessuno di questi è stato arrestato.
62
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
miliardi di dollari per gli aiuti all‟Afghanistan sino al 2010. I deputati, tuttavia, hanno
stabilito, nonostante il parere contrario della Casa Bianca, che gli aiuti non possono essere
impiegati nelle aree i cui amministratori sono collusi con gruppi eversivi e sodalizi criminali
dediti al narcotraffico;
-
l‟avvio di seri programmi di disintossicazione. Come già riferito, le persone che fanno uso di
droga sarebbero in Afghanistan oltre un milione, ma la maggior parte di esse non può
accedere a centri di cura specializzati e spesso non può servirsi neanche di un‟assistenza
medica di base per l‟inesperienza del personale sanitario. La dipendenza dalla droga può
essere provocata anche dall‟esposizione a vapori di oppio nel periodo della raccolta e
dall‟impiego di oppio quale analgesico nelle aree più povere e isolate del Paese, dove non
esistono strutture sanitarie.
Trovare soluzioni non è facile, anche perché bisogna tenere conto dello stato di arretratezza
del Paese e della mancanza di infrastrutture di ogni tipo, in particolare strade, reti elettriche e centri
di commercio/stoccaggio dei prodotti agricoli135. Segnali positivi al riguardo stanno già emergendo,
in particolare nella provincia di Nangarhar, con il miglioramento delle possibilità di accesso dei
prodotti ortofrutticoli ai mercati, e in quella del Badakhshan, dove è in forte ripresa l‟allevamento
del bestiame, prima ostacolato dagli eventi bellici, e si sta parallelamente riducendo la superficie
coltivata a papavero.
Superare le carenze strutturali richiede investimenti ingenti e molto tempo; spesso, tuttavia, i
Paesi donatori pretendono, per loro ragioni di politica interna, risultati immediati e cercano di
aggirare le difficoltà con interventi che di fatto incidono solo minimamente sul fenomeno quando,
addirittura, non ne ritardano la soluzione. Bisogna pertanto rinunciare alla speranza di risultati
decisivi in tempi brevi136.
Inoltre, il problema della droga sarà risolto solo quando gli USA e gli altri Paesi occidentali
saranno capaci di ridurre la domanda interna di sostanze stupefacenti e di rafforzare le capacità di
contrasto delle proprie forze di sicurezza, che attualmente riescono a sequestrare meno del 20%
della droga importata annualmente. Secondo gli esperti, solo se i sequestri supereranno il 60% della
produzione si ridurranno fortemente i margini di guadagno dei narcotrafficanti che potrebbero così
essere costretti ad abbandonare tale attività.
È improbabile anche che la distruzione delle coltivazioni di papavero possa eliminare uno dei
principali canali di finanziamento dei gruppi eversivi; anzi, anche in caso di successo delle
campagne antidroga, i taliban potrebbero continuare a ricevere ancora per anni finanziamenti dai
sodalizi dediti al traffico di stupefacenti. Infatti, l‟esame dell‟andamento del mercato e
dell‟evoluzione del rapporto produzione/consumo indica che i narcotrafficanti stanno
135
Nelle zone dove il terreno e il clima favoriscono la coltivazione di frumento mancano generalmente i silos in cui
immagazzinarlo dopo il raccolto; di conseguenza, i contadini sono costretti a venderlo ai commercianti subito dopo la
trebbiatura a prezzi più bassi di quelli che potrebbero ottenere in un secondo momento. Nello stesso contesto, è stato
rilevato che nelle aree più adatte alla coltivazione di alberi da frutta non esistono impianti frigoriferi per la
conservazione prolungata dei prodotti.
136
In Thailandia il Governo ha avviato la distruzione delle coltivazioni 15 anni dopo aver sconfitto la guerriglia ed
introdotto coltivazioni alternative.
63
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
verosimilmente costituendo grandi scorte di droga con cui far fronte ad eventuali forti riduzioni
della produzione, continuando a guadagnare somme molto rilevanti grazie all‟incremento dei
prezzi, conseguente alla ridotta offerta, e a finanziare i gruppi eversivi. Nonostante l‟attuale
sovrapproduzione137, infatti, i prezzi hanno subito una flessione contenuta a conferma che non tutto
l‟oppio viene immesso nei mercati, ma una parte rilevante viene accantonata per far fronte a una
eventuale minore disponibilità in futuro.
137
Stime molto attendibili fissano in circa 4.500 tonnellate la domanda mondiale di oppio ma nel 2006 solo la
produzione afghana ha raggiunto 6.100 tonnellate, con un surplus di circa 1.600 tonnellate.
64
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
9. Questioni regionali: la pedina afghana nel gioco dei Paesi vicini
A causa della sua posizione geostrategica, tra l‟Asia centrale e quella meridionale,
l‟Afghanistan ha suscitato sempre, nel corso della sua storia, l‟interesse dei Paesi vicini e delle
grandi potenze e negli ultimi due secoli ha dovuto difendere la propria indipendenza dalle mire
dell‟impero britannico e di quello sovietico.
Dopo il dramma della guerra civile e della presa del potere da parte dei taliban, Kabul sta
cercando faticosamente di riacquistare una propria collocazione nella comunità internazionale, ma
deve contrastare i tentativi di ingerenza degli altri Paesi della regione, spesso mascherati con offerte
di assistenza allo sviluppo economico e sociale. È utile esaminare, in questo contesto, la politica che
nei confronti dell‟Afghanistan stanno seguendo l‟Iran, il Pakistan e l‟India. Ciascuno di essi è
impegnato ad acquisire o a rafforzare una propria capacità di influenzare l‟evoluzione della
situazione afghana e, nello stesso tempo, a monitorare attentamente le iniziative degli altri Paesi per
cercare di contrastarle qualora danneggino gli interessi nazionali. È significativo, in proposito,
l‟apparato diplomatico da essi attivato in Afghanistan e che per tutti e tre è articolato, in maniera
quasi speculare, in una ambasciata a Kabul e in consolati nelle città di Herat, Kandahar, Jalalabad e
Mazar-e Sharif. L‟Iran ha anche una rappresentanza consolare a Bamiyan.
9.1.
Iran: ambiguità e generoso sostegno alla ricostruzione
Negli ultimi decenni, Teheran non ha mai cercato di imporre in maniera aggressiva un proprio
progetto di politica interna ed estera all‟Afghanistan ma si è adoperata generalmente per conseguire
obiettivi più limitati, senza tuttavia perdere di vista i propri interessi nella regione. Ne è conferma
l‟assistenza e l‟ospitalità offerte, durante il regime comunista e a seguito dell‟ascesa al potere dei
taliban, a Ismail Khan, che comandava le milizie tagike nella regione occidentale del Paese, e, in
seguito, ad Abdul Rashid Dostum (uzbeko), a Karim Khalili (hazara) e a Gulbuddin Hekmatyar
(pashtun), dopo che questi erano stati costretti a lasciare il Paese dalle forze del mullah Omar. Nei
confronti di quest‟ultimo, espressione del radicalismo sunnita, l‟atteggiamento del Governo
iraniano, portabandiera dello schieramento sciita, è stato sempre di opposizione, più o meno ferma.
Tale atteggiamento è stato ricambiato dai dirigenti taliban di Kabul, che hanno sempre affermato di
odiare gli sciiti più dei cristiani138. Il confronto ha rischiato di precipitare in conflitto aperto,
soprattutto a seguito dei ripetuti massacri ai danni della popolazione di etnia hazara, di confessione
sciita, e dell‟uccisione di 11 cittadini iraniani (diplomatici, funzionari dell‟intelligence e un
giornalista), catturati all‟interno del consolato di Mazar-e Sharif, nell‟agosto 1998, dagli uomini di
Dost Mohammad, che avrebbe agito sulla base di ordini giunti direttamente dal mullah Omar.
138
Il 2 giugno 1997 i taliban avevano fatto chiudere l‟Ambasciata iraniana di Kabul.
65
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Negli anni successici, Teheran ha continuato a fornire aiuti logistici e finanziari alle milizie
dell‟Alleanza del Nord, e soprattutto a quelle hazara, che contrastavano l‟espansione dei taliban
all‟intero Paese.
La caduta del regime taliban è stata quindi accolta con favore dalle autorità iraniane che, per
quanto escluse dalla partecipazione alla Conferenza di Bonn, hanno promesso ai nuovi dirigenti
afghani il loro appoggio, ribadito anche nella visita compiuta a Kabul nel mese di agosto 2002
dall‟allora Presidente Mohammed Khatami.
Negli ultimi anni Teheran ha finanziato numerosi progetti industriali e infrastrutturali in
Afghanistan, in particolare nelle province occidentali del Paese, dove la penetrazione economica
iraniana è più evidente. Tali iniziative hanno lo scopo di contribuire alla ricostruzione e allo
sviluppo dell‟Afghanistan, creando uno sbocco commerciale per i prodotti iraniani e favorendo il
ritorno in patria dei milioni di profughi afghani rifugiatisi in Iran. I progetti sono stati accompagnati
da numerosi interventi nel settore sociale, scolastico e religioso, che spesso privilegiano la comunità
hazara.
Si sono intensificati inoltre i contatti tra diplomatici iraniani (e verosimilmente anche
funzionari dell‟intelligence) ed esponenti della dirigenza e della classe politica afghane, soprattutto
di etnia tagika e hazara, allo scopo di attivare una rete di contatti utili per conoscere
tempestivamente l‟evoluzione della situazione del Paese e cercare, eventualmente, di influenzarne
gli sviluppi. Tuttavia, al riguardo è da rilevare che Teheran non ha fatto nulla per impedire la
rimozione dall‟incarico di Governatore della Provincia di Herat (settembre 2004) di Ismail Khan, da
molti considerato, in maniera poco generosa vista la sua storia personale, uno strumento della
politica estera iraniana in Afghanistan. La contestuale nomina di Ismail Khan a Ministro
dell‟energia e delle risorse idriche può, peraltro, essere stata vista con favore da Teheran.
La crisi nei rapporti tra USA e Iran, a causa della volontà di questo Paese di acquisire una
propria capacità nucleare nel settore civile, ma con possibili implicazioni anche in quello militare,
ha acuito la preoccupazione di Teheran per il rafforzamento della presenza statunitense in
Afghanistan e, soprattutto, per la possibilità che basi afghane vengano utilizzate per condurre
attacchi contro il proprio territorio. Tale preoccupazione non si è mai manifestata a livello formale
nelle relazioni ufficiali con Kabul, anche se traspare da molte prese di posizione, e non sta influendo
sul livello dell‟assistenza fornito da Teheran, ancora molto significativo; tuttavia, potrebbe
condizionare le iniziative di alcuni settori dell‟apparato istituzionale iraniano, che talvolta si
sottraggono al controllo delle autorità.
In sostanza, gli obiettivi principali della politica estera iraniana nei confronti dell‟Afghanistan
sarebbero quelli di contribuire alla stabilizzazione del Paese, rafforzare la propria penetrazione
economica e politica nella regione occidentale, nonché contrastare l‟influenza di Washington sul
Governo di Kabul. Sono obiettivi poco coerenti e che talvolta determinano iniziative in
contraddizione tra di loro anche perché prese da soggetti che agiscono sulla base di motivazioni e di
spinte non coordinate a livello istituzionale. In particolare, sono in contrasto con l‟obiettivo di
stabilizzazione dell‟Afghanistan l‟espulsione di centinaia di migliaia di profughi residenti
66
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
illegalmente in Iran, pur sapendo che Kabul non è in grado di assicurare loro una sistemazione
adeguata, e la fornitura di armi ai gruppi taliban.
Infatti, per quanto riguarda il primo aspetto, nella seconda metà del mese di aprile 2007
Teheran ha dato via al rimpatrio forzato di circa un milione di afghani senza un regolare permesso
di soggiorno139. I provvedimenti sono stati eseguiti spesso con il ricorso alla violenza e senza alcun
preavviso, rendendo ancor più difficile la situazione per le persone coinvolte che, al loro arrivo in
Afghanistan, sono state generalmente alloggiate in campi di accoglienza privi dei servizi di base. La
vicenda ha provocato manifestazioni di protesta in tutto il Paese e ha avuto anche immediati riflessi
sul piano politico, provocando un voto di sfiducia della Wolesi Jirga nei confronti dei Ministri per i
rifugiati, Ustad Mohammad Akbar (di etnia pashtun), e degli esteri, Rangin Dadfar Spanta
(tagiko)140, accusati di non aver saputo, da un lato, negoziare con Teheran un rimpatrio graduale e
ordinato dei connazionali e, dall‟altro, organizzare un‟accoglienza dignitosa per le persone costrette
a lasciare l‟Iran. Le espulsioni sono continuate per tutto l‟anno, sia pure a ritmi meno elevati che nei
primi mesi141. All‟inizio del 2008 il Governo di Kabul è intervenuto su quello di Teheran perché
sospendesse i rimpatri nel periodo invernale. Benché il Presidente Ahmadinejad abbia accolto la
richiesta (il 16 gennaio), le espulsioni sono continuate anche successivamente; secondo dati diffusi
dal Ministero per i rifugiati alla metà di febbraio, dall‟inizio dell‟anno hanno dovuto lasciare l‟Iran
17.000 profughi afghani, dei quali 7.000 dopo il 17 gennaio142. I dirigenti iraniani hanno inoltre
ribadito l‟intenzione di espellere dal Paese tutti i profughi illegali anche se si sono detti disposti a
negoziare con Kabul i termini di un accordo che preveda la concessione di 300.000 visti temporanei
per motivi di lavoro a cittadini afghani.
In ogni caso, la crisi umanitaria sarebbe solo rinviata perché le autorità afghane non hanno la
capacità di offrire sistemazioni dignitose, inclusi alloggio, posto di lavoro, assistenza sanitaria e
istruzione, ai propri connazionali che nei prossimi anni dovranno ritornare in patria sia dall‟Iran sia
dal Pakistan143. In tale quadro, appare concreto il rischio che la miseria e la mancanza di prospettive
possano spingere molti di essi ad unirsi ai gruppi terroristici o ai sodalizi criminali in grado di
garantire i mezzi con cui mantenere le famiglie.
La decisione di espellere affrettatamente centinaia di migliaia di residenti afghani illegali ha
suscitato sorpresa perché sembra rappresentare un cambiamento sostanziale nella politica seguita
dall‟Iran nei rapporti con l‟Afghanistan. Teheran ha sempre cercato di mantenere a un buon livello i
rapporti con Kabul evitando, almeno apertamente, ingerenze nelle vicende interne del Paese e
accettando, di fatto, la collocazione filo-occidentale e soprattutto filo-USA del Governo Karzai. I
motivi che hanno spinto Teheran a una decisione di cui non poteva ignorare le conseguenze sul
139
Secondo alcuni calcoli, i profughi illegali sarebbero in realtà quasi 1,5 milioni mentre quelli legali circa 900.000.
La sfiducia a Spanta, dovuta probabilmente a motivazioni di altra natura (si veda pag. 24), ha acceso uno scontro
istituzionale tra la Wolesi Jirga e il Presidente Karzai che non si è ancora risolto.
141
Complessivamente, nel 2007 sarebbero state espulse 363.000 persone non registrate, mentre i rimpatri volontari sono
stati solo 7.054.
142
IRIN, 17 febbraio 2008.
143
Si stima che in Pakistan i profughi afghani siano ancora 2,4 milioni. Le dimensioni del fenomeno sono evidenziate
anche dai dati relativi ai rimpatri nel periodo 2002 al 2006: 3,7 milioni di persone, di cui 2,87 milioni dal Pakistan e
837.800 dall‟Iran.
140
67
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
piano umanitario e politico possono essere di carattere sia interno che esterno. Tra i primi, vi può
essere stata la volontà di acquisire il consenso delle classi più deboli della popolazione iraniana,
ostili agli immigrati afghani considerati pericolosi concorrenti nella ricerca di un posto di lavoro.
Tra i secondi potrebbero avere avuto un peso rilevante i contrasti sul completamento di una diga
nella provincia di Herat, poiché ridurrebbe la portata del fiume nel tratto che attraversa il territorio
iraniano144, e la preoccupazione che la base aerea di Shindand (nella provincia di Herat), dove sono
in corso lavori di potenziamento, possa essere utilizzata dalle forze statunitensi per eventuali
operazioni contro il territorio nazionale. Di conseguenza, l‟espulsione dei profughi potrebbe
rappresentare, da un lato, una forma di pressione sulle autorità afghane perché rivedano il progetto
della diga e, dall‟altro, un avvertimento, sia a Kabul che a Washington, per dimostrare che Teheran
dispone di “armi” in grado di destabilizzare il Paese e che è nell‟interesse di tutti evitare iniziative
che possano far precipitare la situazione. D‟altra parte, le espulsioni riguardano soprattutto cittadini
di etnia hazara e tagika, che costituiscono la grande maggioranza dei profughi afghani, e pertanto
potrebbere alienare a Teheran il sostegno di tali etnie, generalmente più vicine all‟Iran di quella
pashtun.
Nel corso del 2007, l‟attenzione dei Paesi che partecipano alle missioni ISAF e Enduring
Freedom si è concentrata anche sul rinvenimento in varie province afghane di armi e munizioni di
produzione iraniana, dirette o già in possesso dei gruppi ribelli145. Una parte di questi sistemi
verrebbe venduta ai gruppi taliban da sodalizi criminali con base nelle province settentrionali
dell‟Afghanistan. Altre volte, invece, sono stati sequestrati ordigni di tipo moderno (Explosively
Formed Projectiles), simili, anche se tecnologicamente inferiori, a quelli impiegati nel teatro
iracheno per attentati con effetti devastanti contro i mezzi corazzati della Coalizione. Sono state
segnalate anche consegne di missili contraerei portatili del tipo SA-7, come quello che sarebbe stato
lanciato, nel luglio 2007, contro un C-130 britannico in volo nella provincia di Nimruz. L‟attacco è
fallito perché il pilota ha effettuato una serie di brusche manovre evasive e ha attivato le
contromisure elettroniche.
Al momento, tuttavia, non è possibile stabilire se la fornitura di armi sia stata autorizzata dal
Governo di Teheran oppure rappresenti una iniziativa isolata di settori dell‟apparato di intelligence
e di difesa, quali la Qud Force delle Guardie rivoluzionarie iraniane, che sfuggono al controllo delle
autorità. Non può essere esclusa, d‟altro canto, una responsabilità dei narcotrafficanti iraniani che
pagano con la consegna di armi procurate sul mercato nero o ricevute da elementi corrotti delle
forze armate le partite di droga acquistate in Afghanistan con la mediazione di esponenti taliban, i
quali sarebbero i principali beneficiari delle transazioni. La lunghezza del confine (oltre 900 km) e
la natura spesso accidentata o desertica del terreno su cui si snoda rendono assai difficili i controlli
lungo la frontiera, che peraltro possono essere aggirati corrompendo il personale responsabile.
144
I lavori, per un importo di 80 milioni di dollari, sono eseguiti dalla società indiana WAPCOS Ltd. e dovrebbero
essere ultimati nel 2008.
145
In alcuni casi si è trattato di armi e munizioni che potrebbero costituire i residui degli equipaggiamenti forniti
durante la seconda metà degli anni ‟90 da Teheran all‟Alleanza del Nord. Dall‟Iran sono giunte anche grandi quantità di
mine, spesso copia di modelli occidentali, che nelle mani dei gruppi terroristici rappresentano ancora un serio pericolo.
68
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Sul sequestro di armi di produzione iraniana sul territorio afghano si sono manifestate reazioni
di segno diverso da parte di Kabul e Washington. Infatti il Presidente Karzai ha usato toni molto
smussati, rimandando ogni volta la valutazione al completamento delle verifiche sull‟attendibilità
dei rapporti. Nello stesso tempo ha ricordato l‟aiuto fornito da Teheran per la ricostruzione e per la
lotta al terrorismo e al narcotraffico. Verosimilmente, il leader afghano, già in difficoltà a gestire i
difficili rapporti con il Pakistan, non vuole aprire un contenzioso con un Paese, come l‟Iran,
dimostratosi sinora finanziariamente molto generoso.
Da parte sua, l‟amministrazione USA ha denunciato l‟ambiguità dell‟atteggiamento di
Teheran, che da un lato arma i gruppi eversivi attivi in Afghanistan e dall‟altro sostiene la rinascita
economica del Paese. Ha anche sottolineato che, viste le dimensioni delle forniture, è impossibile
che la dirigenza iraniana non ne sia informata146.
Le accuse e le insinuazioni statunitensi sono state respinte con forza dai dirigenti iraniani. In
particolare, in occasione di una visita di stato a Kabul (14 agosto), il Presidente Ahmadinejad ha
negato che il suo Paese stia cedendo armi ai taliban ed ha sottolineato la necessità di combattere le
radici del terrorismo prima dei sintomi. Successivamente, per smentire ogni ipotesi di sostegno
diretto o indiretto al movimento del mullah Omar, il Ministro degli esteri iraniano, Manouchehr
Mottaki, ha criticato le disponibilità a negoziati con i taliban da parte del Governo di Kabul e di
quello di Londra.
L‟espulsione dei profughi afghani e le notizie sulla consegna di armi ai gruppi eversivi
meritano grande attenzione e devono essere monitorate continuamente per individuare
tempestivamente eventuali segnali di un cambiamento della politica di Teheran nei confronti di
Kabul. Al momento, tuttavia, le autorità iraniane sembrano ancora interessate a perseguire il
consolidamento in Afghanistan di un regime moderato, legato al mondo musulmano e quindi con
una limitata influenza occidentale, nel quale la comunità hazara sia rispettata e abbia la possibilità
di partecipare alla gestione del potere. Un regime capace inoltre di condurre con determinazione
una lotta a tutto campo contro la produzione e il traffico della droga, che sta avendo serie
ripercussioni sul piano sociale anche per l‟Iran.
Pertanto, Teheran sarebbe contraria sia all‟insediamento a Kabul di un regime radicale
sunnita, quale era quello taliban, sia a un pericoloso indebolimento delle istituzioni del Paese, che
provocherebbe insicurezza e anarchia. Contestualmente, le autorità iraniane mirano a tenere
occupate le forze straniere schierate in Afghanistan per impedire che esse possano essere impiegate
in eventuali operazioni contro il proprio territorio.
La situazione potrebbe cambiare radicalmente in caso di operazioni militari occidentali
(statunitensi) contro il territorio iraniano e soprattutto contro gli impianti nucleari. In una ipotesi del
genere, la reazione di Teheran sarebbe commisurata alla percezione della minaccia e potrebbe
comprendere iniziative dirette alla destabilizzazione dell‟Afghanistan allo scopo di creare un altro
146
Nel corso di una audizione di fronte allo House Armed Forces Committee, il 12 dicembre 2007, il Segretario alla
difesa Robert Gates ha ribadito l‟esistenza di informazioni attendibili sulla fornitura di armi e addestramento da parte
iraniana ai taliban ma ha sottolineato che le prove al riguardo sono meno voluminose di quelle disponibili per il teatro
iracheno e ha aggiunto che il ruolo di Teheran non è comunque decisivo.
69
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
fronte per le forze statunitensi. Alcuni giornali inglesi hanno segnalato la possibilità che l‟Iran
fornisca ai taliban sistemi d‟arma contraerei di tipo moderno, in grado di cambiare il corso del
conflitto. Al momento tale ipotesi appare remota e pertanto continueranno i contatti tra Teheran e
Kabul per la realizzazione dei grandi progetti industriali e infrastrutturali allo studio o già
finalizzati, quali lo sfruttamento dei giacimenti di minerali ferrosi nella provincia di Herat, la
costruzione di gasdotti, di una ferrovia tra Sangan Khaf e Herat e di una strada tra Farah e Mailak.
Inoltre Teheran è impegnata, insieme ai Governi di Tashkent e di Kabul, per l‟avvio dei lavori del
corridoio trans-afghano che dovrebbe collegare Termez a Mazar-e Sharif e Herat e quindi ai porti
iraniani di Bandar Abbas e di Chok Bakon, ponendo fine all‟isolamento dell‟Uzbekistan
9.2.
Pakistan: la ricerca della profondità strategica
L‟atteggiamento mostrato nel corso degli ultimi decenni dal Pakistan nei confronti
dell‟Afghanistan risente della convinzione della classe dirigente di Islamabad di essere l‟erede della
politica di potenza seguita dall‟impero britannico verso questo Paese, sul quale accampa un naturale
diritto di controllo e di influenza, richiamandosi oltre che a ragioni storiche anche ad affinità etniche
e religiose e a interessi economici comuni. Tale volontà si è rafforzata nei periodi più acuti del
confronto militare con New Delhi in quanto per i vertici della difesa pakistani un Afghanistan
amico ed alleato può fornire la profondità strategica necessaria per la manovra delle proprie forze
armate in caso di attacco da parte dell‟India147.
Più volte in passato le relazioni bilaterali tra Pakistan ed Afghanistan hanno conosciuto
momenti di forte tensione. Infatti, Kabul ha votato contro l‟ammissione del Pakistan all‟ONU
sostenendo che con la sua nascita perdeva validità il trattato firmato con l‟Inghilterra per la
definizione della frontiera comune (la cosiddetta “Linea Durand”)148. Per contro, proponeva la
costituzione di un nuovo Stato, il “Pashtunistan”, comprendente le regioni abitate dalle tribù
pashtun afghane e pakistane; inoltre, ventilava la possibilità di un altro Stato abitato dalle
popolazioni beluchi pakistane, iraniane e afghane149. I rapporti diplomatici tra l‟Afghanistan e il
Pakistan sono stati temporaneamente sospesi nel 1955 e nel 1962.
I tentativi di ingerenza pakistana nelle vicende interne afghane si sono cominciati a
manifestare apertamente intorno al 1975 con l‟aiuto fornito dalle agenzie di intelligence e di
sicurezza pakistane ai gruppi islamici che combattevano contro il Governo sempre più
marcatamente filo-comunista di Kabul. Tali gruppi erano riconducibili al movimento Jamiat-e
Islami Afghanistan, costituito nel 1972 da Burhanuddin Rabbani e fortemente influenzato dal
Jamiat-e Islami pakistano.
147
Approfondimenti sul Pakistan sono reperibili nei Rapporti ARGO nn. 1, 2 e 3.
Nel 1893 il Re afghano (Emiro) Abdul Rahman Khan e Sir Henry Mortimer Durand, Sottosegretario agli esteri
britannico in India, hanno firmato un trattato che delimitava il confine tra il Raj britannico e l‟Afghanistan che da allora
è conosciuto come “Linea Durand”.
149
Husain Haqqani, Afghanistan’s islamist groups, in Current trends in islamist ideology, volume 5, Hudson Institute,
2007.
148
70
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
A seguito delle misure repressive adottate dal Presidente afghano Mohammad Daoud Khan150,
molti esponenti islamici sono stati costretti a lasciare il Paese e a rifugiarsi in Pakistan, ove hanno
allacciato rapporti più solidi con il Jamaat-e Islami e hanno ricevuto appoggio logistico e
finanziario dall‟ISI, la principale agenzia di intelligence pakistana.
Con l‟occupazione dell‟Afghanistan da parte delle forze sovietiche, il Generale Zia-ul-Haq,
che aveva preso il potere in Pakistan con un colpo di stato il 4 luglio 1977, ha potuto disporre di
miliardi di dollari di aiuti finanziari, forniti sia dagli USA sia dai Paesi del Medio Oriente e del
Golfo, utilizzati per sostenere lo jihad in Afghanistan e, al tempo stesso, rafforzare l‟islamizzazione
del Pakistan. Lo strumento di questa strategia sono stati i partiti e i movimenti religiosi, che con il
finanziamento dell‟ISI, hanno aperto nelle aree al confine con l‟Afghanistan una rete molto estesa
di campi di accoglienza, dove dare una sistemazione ai profughi, e di madrasse, ove fornire
addestramento militare e preparazione ideologica ai mujahiddin inviati a combattere contro le forze
sovietiche e quelle governative di Kabul.
Inoltre, nel periodo 1982-1992 sono giunti in Pakistan circa 35.000 musulmani da 43 Paesi,
accolti dall‟ISI e distribuiti tra i vari gruppi di mujahiddin. Altre decine di migliaia di volontari
stranieri hanno frequentato le madrasse che sono diventate centri di formazione e di diffusione
dell‟estremismo islamico.
I legami tra settori governativi pakistani, in particolare ambienti militari e dell‟intelligence, e
partiti/gruppi religiosi radicali non si sono interrotti con il ritiro delle forze sovietiche
dall‟Afghanistan, nel 1989, e la caduta del regime filo-comunista di Najibullah, nel 1992, ma sono
continuati anche negli anni successivi e, per alcuni aspetti, continuano tuttora. I movimenti religiosi
estremisti sono diventati uno strumento della politica estera e interna, utilizzato dai regimi militari
pakistani (e dai governi civili, condizionati dai militari) per difendere gli interessi politici ed
economici di Islamabad in Afghanistan, così come per contrastare il controllo di New Delhi sullo
Stato dello Jammu e Kashmir, nel quadro del confronto strategico con l‟India.
La principale conferma di tale politica è costituita dal sostegno fornito al movimento taliban
che ha ricevuto materiali per 30 milioni di dollari nel periodo 1997-1998, comprendenti generi
alimentari, carburanti e altri prodotti petroliferi, armi, munizioni e parti di ricambio. Nel solo 1998
sono stati erogati finanziamenti per 6 milioni di dollari, destinati al pagamento degli stipendi dei
dirigenti. Inoltre Islamabad ha concesso aiuti e assistenza al regime taliban nei settori dell‟industria
e del commercio, del trasporto stradale ed aereo, delle telecomunicazioni e dell‟energia. Ufficiali
pakistani hanno addestrato i miliziani taliban all‟impiego delle armi e talvolta avrebbero preso parte
direttamente ai combattimenti contro le forze tagike di Ahmad Shah Massud, al comando di
battaglioni di carri e di altre unità specializzate.
Tuttavia, mentre negli anni del jihad, la politica pakistana verso l‟Afghanistan era gestita, di
fatto, dall‟ISI grazie al sostegno tecnico e finanziario della CIA, nel periodo 1995-2000 è stato il
Ministero dell‟interno a coordinare gli aiuti “ufficiali” al regime taliban, attraverso la Afghan Trade
150
Giunto al potere il 17 luglio 1973, dopo aver destituito con un colpo di stato il Re Zahir Shah (che era anche suo
cugino), è stato assassinato il 27 aprile 1978, durante la rivoluzione promossa dal Partito democratico del popolo
dell‟Afghanistan.
71
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Development Cell. Contemporaneamente, tuttavia, i taliban mantenevano rapporti con altri soggetti
istituzionali pakistani nonché con partiti politici, associazioni di madrasse, ambienti industriali e
sodalizi criminali (in particolare, la cosiddetta “mafia di Quetta”) e si sottraevano pertanto ad ogni
tentativo di condizionamento da parte di Islamabad; al contrario, furono essi che finirono per
influenzare a loro favore la politica del Paese confinante. Infatti, nonostante le pressioni, si
rifiutarono di riconoscere la Linea Durand e di rinunciare a rivendicare parti della NWFP, diedero
ospitalità ai gruppi estremisti pakistani e si dichiararono a favore di un rovesciamento della
dirigenza pakistana filo-occidentale attraverso una rivoluzione islamica. Pesanti danni sono stati
inoltre subiti da Islamabad sul piano economico e commerciale a causa dell‟afflusso massiccio di
merci di contrabbando provenienti dall‟Afghanistan, dove erano giunte senza pagare i diritti di
dogana grazie all‟Afghan Transit Trade (ATT).
Tuttavia, la ripercussione più grave è stata l‟avvio, sin dalla fine degli anni ‟90, di un processo
di radicalizzazione islamica del Pakistan, il cui potenziale destabilizzante sta pienamente
emergendo oggi. L‟opera di islamizzazione ha portato, nelle aree pashtun, alla perdita di potere
delle tradizionali strutture tribali a favore degli esponenti più radicali del clero e all‟emarginazione
dei partiti nazionalisti in favore di quelli religiosi151. Inoltre, i giovani pashtun che hanno
abbracciato i principi del fondamentalismo islamico e si sono uniti al movimento taliban o ad alQaida si considerano parte dello jihad globale e pertanto non si sentono limitati da confini
territoriali o da codici di condotta tribali.
Nonostante tutto, Islamabad ha continuato a sottovalutare i rischi rappresentati per la sicurezza
interna e per l‟immagine internazionale del Paese dal sostegno fornito al movimento taliban nella
convinzione, ancora oggi condivisa da ambienti politici e della difesa, che con il suo aiuto possa
insediarsi in Afghanistan un governo amico ed alleato, disposto a garantire al Pakistan l‟uso del
proprio territorio in caso di guerra con l‟India. Tali ambienti sono convinti che entro pochi anni le
forze straniere si ritireranno dall‟Afghanistan, a causa della pressione dell‟opinione pubblica nei
loro Paesi; di conseguenza si formerà a Kabul, almeno nella fase iniziale, un esecutivo di coalizione
fortemente condizionato dalla presenza di esponenti taliban. Questi, infatti, non sono considerati
una minaccia per gli interessi nazionali pakistani perché sono fondamentalisti religiosi e non
nazionalisti pashtun. Pertanto, la loro ascesa al potere in Afghanistan è uno sbocco accettabile per
Islamabad, che preferirebbe, in alternativa, trovarsi di fronte a un Afghanistan debole e instabile
piuttosto che guidato da esponenti tagiki dell‟ex Alleanza del Nord.
L‟ambiguità dell‟atteggiamento pakistano nei confronti dell‟Afghanistan è dimostrata anche
dalla mancanza di controlli seri ed efficaci sui campi profughi, che spesso sono diventati basi di
addestramento per terroristi o centri di traffici illeciti. La situazione è stata favorita anche dalla
politica dell‟Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), che ha non ha mai
disposto la costituzione di database strutturati attraverso i quali monitorare le presenze nei campi
sotto la supervisione di propri Security Officers, lasciando il controllo ai rappresentanti locali delle
realtà tribali, spesso legati ai gruppi estremisti. Inoltre, molti profughi afghani fuggiti durante
151
Tale tendenza ha avuto una significativa inversione nelle elezioni del 18 febbraio 2008, vinte nella North West
Frontier Province dall‟Awami National Party, di ispirazione secolare.
72
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
l‟invasione sovietica e rifugiatisi nelle aree di Peshawar e Quetta sono ben presto entrati al servizio
dei warlord delle aree tribali e per conto di costoro hanno gestito, fino all‟11 settembre 2001, i
traffici illeciti verso l‟Estremo Oriente e, passando da Karachi, verso l‟Occidente.
Il sostegno fornito da settori dell‟apparato statale pakistano ai gruppi eversivi attivi in
Afghanistan è stato all‟origine della tensione che ha caratterizzato i rapporti tra i due Paesi dopo la
caduta dei taliban. Il Governo di Kabul e lo stesso Presidente Karzai hanno ripetutamente accusato
Islamabad di complicità con i gruppi eversivi, che possono disporre di basi logistiche e addestrative
e di strutture di comando nelle aree in prossimità del confine comune. È stato più volte segnalato, in
proposito, che i vertici taliban hanno trovato ospitalità nelle zone di Quetta e di Peshawar e che le
cellule terroristiche utilizzano le FATA, e in parte anche la NWFP e il Beluchistan, come base per
organizzare e condurre attacchi in territorio afghano o come rifugio sicuro per sottrarsi
all‟inseguimento delle forze governative e di quelle di ISAF/Enduring Freedom. L‟intelligence
afghana avrebbe consegnato a quella pakistana elementi informativi precisi sulla localizzazione del
mullah Omar e di altre personalità di primo piano del movimento, senza che quasi mai tale aiuto
portasse ad azioni concrete per il loro arresto. Da parte loro, i dirigenti pakistani hanno sempre
negato la presenza sul territorio nazionale di esponenti taliban ed hanno accusato il Governo di
Kabul di essere incapace di garantire la sicurezza dei propri cittadini da una minaccia che è
essenzialmente interna, ricordando di aver schierato circa 100.000 uomini delle forze armate e delle
forze paramilitari nelle aree a ridosso del confine per impedire il movimento di nuclei terroristi.
Ad inasprire le relazioni bilaterali sono state anche le accuse a Islamabad, da parte di Kabul,
di ostacolare gli scambi commerciali afghani ponendo restrizioni al traffico di merci che devono
necessariamente utilizzare le vie di comunicazione in territorio pakistano 152. Per contro, il Pakistan
non ha mai nascosto le sue preoccupazioni per il rifiuto dell‟Afghanistan di riconoscere
formalmente la Linea Durand e di limitare l‟attivismo della diplomazia e dell‟intelligence indiana
sul proprio territorio. Il 24 gennaio scorso, il Ministro per l‟informazione e la radiodiffusione, Nisar
A. Memon, ha chiesto all‟India di chiudere i centri di informazione (una dozzina) costituti in
Afghanistan perché essi diffondono disinformazione sul Pakistan e potrebbero essere implicati in
attività terroristiche. Alcuni sospettano un ruolo dell‟intelligence pakistana negli attacchi compiuti,
anche recentemente, dai taliban contro le compagnie indiane che hanno in appalto i lavori di
ricostruzione in Afghanistan e che hanno provocato la morte di molti dipendenti153.
Accuse e sospetti hanno caratterizzato anche la prima parte dei lavori della Joint Peace Jirga,
svoltasi a Kabul dal 9 al 12 agosto 2007 con la partecipazione di circa 700 delegati dei due Paesi, in
gran parte appartenenti all‟etnia pashtun che abita ai due lati della frontiera. L‟evento, tuttavia, si è
chiuso in un clima di collaborazione e di fiducia che peraltro non ha ancora dato risultati concreti
152
Il 21 giugno 2007, operatori economici e dirigenti della Camera Internazionale di Commercio afghana hanno
incontrato diplomatici di Islamabad e di New Delhi per denunciare gli ostacoli posti ai traffici commerciali diretti verso
i mercati indiani. In particolare, hanno lamentato che le Autorità pakistane consentono solo a cinque autocarri
provenienti dall‟Afghanistan di varcare, ogni settimana, il confine con l‟India. Gli altri sono costretti a fermarsi a circa
30 metri dalla linea di confine e devono scaricare le merci con carretti a mano per trasbordarle poi su altri autocarri al di
là del valico di frontiera, con un aggravio dei costi e perdita di tempo.
153
In un attentato suicida compiuto il 3 gennaio 2008 nella provincia di Nimruz contro personale della Border Roads
Organization (BRO) sono morti due ingegneri indiani e 11 guardie di sicurezza afghane.
73
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
verso il superamento dei contenziosi anche perché l‟attenzione del governo di Islamabad è stata
completamente assorbita dalla crisi politica interna e dal grave deterioramento della condizioni di
sicurezza nel Paese. La Jirga si è conclusa con l‟approvazione di una Dichiarazione in cui si
sottolinea, tra l‟altro, che il terrorismo è una comune minaccia per Afghanistan e Pakistan; pertanto
la guerra a tale fenomeno dovrebbe continuare ad essere una parte integrante delle politiche
nazionali e delle strategie di sicurezza.
Acquista particolare interesse, in tale quadro, il discorso pronunciato alla chiusura dei lavori
dal Presidente Musharraf, che aveva disertato la cerimonia di apertura adducendo problemi urgenti
di carattere interno e si era fatto sostituire dal Primo Ministro Shaukat Aziz. Musharraf ha
riconosciuto, per la prima volta dopo averlo sempre negato in precedenza, che i gruppi terroristi
attivi in Afghanistan dispongono di appoggi in territorio pakistano aggiungendo, rivolto alla
delegazione afghana, che “il problema che voi avete deriva anche da questo appoggio”.
Contestualmente, tuttavia, ha ribadito che il suo Governo sta facendo quanto in suo potere per porre
fine a ogni forma di sostegno transfrontaliero al terrorismo, aggiungendo che il Pakistan vuole un
Afghanistan forte, pacifico e stabile. Egli ha anche sottolineato che l‟instabilità nelle aree tribali è
anche una conseguenza dello jihad combattuto in Afghanistan contro le forze sovietiche e della
guerra civile che è seguita al ritiro delle truppe di Mosca. Di conseguenza, i due Paesi, legati da
forti vincoli religiosi, culturali, etnici e storici, devono rafforzare la fiducia reciproca se vogliono
vincere la guerra ai gruppi eversivi, che non solo compiono atti di violenza contro la popolazione
civile e il personale governativo, ma stanno ostacolando la crescita economica e la prosperità sia del
Pakistan che dell‟Afghanistan. Musharraf ha infine ricordato che in questa guerra devono essere
esercitate contemporaneamente sia l‟opzione militare che quella politica, in particolare
impegnandosi a migliorare il tenore di vita e a vincere il senso di alienazione della popolazione
delle aree che danno ospitalità a gruppi estremisti. Ha anche precisato che i taliban sono una
componente della società afghana; molti di essi sono ignoranti e malguidati ma ciò non significa
che tutti siano militanti fanatici e irriducibili, che sfidano anche i valori fondamentali dell‟islam. Da
parte sua, Karzai ha ribadito il desiderio del suo Paese per relazioni fraterne, cordiali e collaborative
con il Pakistan assicurando l‟impegno del Governo di Kabul a contribuire a uno sforzo congiunto
per combattere il terrorismo.
Sono state in tal modo superate alcune “provocazioni” e asprezze che avevano contrassegnato
il dibattito, quale l‟iniziativa di alcuni delegati pakistani, che hanno proposto la chiusura dei
consolati indiani di Kandahar e Jalalabad e la sostituzione dei militari di ISAF/Enduring Freedom
con altri provenienti dai Paesi musulmani. Le richieste sono state respinte perché riguardanti aspetti
strettamente attinenti alla politica estera e di sicurezza afghana. Nello stesso contesto non ha
suscitato strascichi l‟intervento del Primo Ministro pakistano, Shaukat Aziz, il quale ha ribadito che
l‟Afghanistan deve confrontarsi con un problema interno e non può pertanto attribuire ai Paesi
vicini la colpa di eventuali fallimenti. Non bisogna dimenticare, infatti, che i taliban sono afghani.
Egli ha anche aggiunto che mentre le azioni di al-Qaida devono essere contrastate con
determinazione, utilizzando principalmente la forza, il problema taliban deve essere affrontato
ricorrendo, come prima opzione, a strumenti politici.
74
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Da parte sua, il Presidente della Meshrano Jirga, Sibghatullah Mujaddidi, ha sottolineato che i
terroristi non si infiltrano in Afghanistan dalla Cina, dall‟Iran, dal Tagikistan o dall‟Uzbekistan, ma
dal Pakistan, dove hanno rifugi sicuri. Essi non sono appoggiati dal Governo di Islamabad ma da
gruppi che si oppongono alla pace e alla collaborazione tra i due Paesi. Ha quindi auspicato che gli
esponenti della Muttahida Majlis-i Amal (MMA), coalizione di sei Partiti religiosi pakistani di
orientamento radicale) si impegnino per eliminare le radici del terrorismo.
Altri aspetti interessanti emersi nel corso dei lavori o recepiti nelle conclusioni sono, da un
lato, la consapevolezza mostrata dalla maggioranza dei delegati dell‟esistenza di minacce comuni,
costituite dal terrorismo e dalla produzione e traffico di droga e, dall‟altro lato, la definizione di
meccanismi che, attraverso una Jirga ristretta, dovrebbero portare avanti lo sforzo iniziato con la
Joint Peace Jirga, coinvolgendo sempre più direttamente le popolazioni pashtun nella lotta al
terrorismo e al narcotraffico.
Dopo la Joint Peace Jirga sono venuti meno i toni aspri che hanno spesso caratterizzato i
rapporti tra Pakistan e Afghanistan. La dirigenza di Kabul continua a denunciare la presenza in
territorio pakistano di rifugi sicuri per i gruppi eversivi, ma cerca di evitare accuse di connivenza e
complicità nei confronti della dirigenza o dell‟apparato di sicurezza di Islamabad. D‟altronde, il
sensibile incremento registrato in Pakistan, nel corso del 2007, degli attentati contro esponenti
governativi, funzionari delle agenzie di intelligence e reparti militari sembra costituire un segnale
della rottura di quei rapporti di collaborazione che si erano consolidati nel corso dei decenni tra
gruppi estremisti e settori dell‟apparato dello Stato e che sono sempre stati denunciati da Kabul.
Nello stesso contesto i partiti religiosi pakistani, sconfitti nelle elezioni del 18 febbraio 2008, stanno
prendendo le distanze dai gruppi terroristici condannano forme di lotta definite dannose per
l‟immagine dell‟islam; è quindi improbabile che vogliano continuare ad essere il braccio politico
del movimento armato.
La piena normalizzazione dei rapporti bilaterali si potrà avere solo con un miglioramento della
situazione di sicurezza nei due Paesi, che eliminerebbe molti elementi di tensione, e con la rinuncia
convinta di Islamabad a ogni pretesa egemonica sull‟Afghanistan. Da parte sua, Kabul dovrà
riconsiderare il rifiuto al riconoscimento della Linea Durand, che è stata sancita dalla storia e
pertanto potrà subire solo aggiustamenti minimi e condivisi, inoltre, dovrà resistere alla tentazione
di sfruttare a proprio vantaggio la rivalità tra i Paesi confinanti che aspirano ad allargare la propria
sfera di influenza in ambito regionale.
9.3.
India: un alleato molto interessato
New Delhi ha mostrato sempre grande attenzione agli sviluppi interni in Afghanistan ma la
sua politica nei confronti di Kabul non ha avuto quasi mai il carattere intrusivo di quella di Teheran
e, specialmente, di Islamabad ed è stata finalizzata soprattutto a contrastare la penetrazione nel
Paese da parte del Pakistan, salvaguardando nel contempo il quadro di alleanze internazionali
costruito nel corso dei decenni. Tale obiettivo è stato conseguito principalmente con strumenti
finanziari pur lasciando spazio anche alle attività delle agenzie di intelligence.
75
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
L‟India è stato tra i pochi Paesi del continente ad appoggiare l‟invasione sovietica
dell‟Afghanistan: si è trattato di una scelta quasi obbligata visti i rapporti che al tempo la legavano a
Mosca e il ruolo che stava svolgendo il Pakistan nel sostegno al jihad contro gli occupanti. Dopo la
comparsa sulla scena afghana dei taliban, New Delhi ha dato il suo sostegno agli esponenti
governativi che in seguito avrebbero dato vita all‟Alleanza del Nord, fornendo loro, in maniera non
ufficiale, aiuti logistici e finanziamenti. Tale appoggio si è fatto più rilevante e palese dopo l‟ascesa
al potere del movimento del mullah Omar e dopo il sequestro, da parte di un gruppo di estremisti
islamici, di un aereo della India Airlines in volo da Kathmandu a New Delhi (24 dicembre 1999),
dirottato su Kandahar. In quell‟occasione il regime taliban ha chiesto il riconoscimento diplomatico
da parte di New Delhi in cambio dell‟aiuto nei negoziati con i sequestratori, ma la richiesta è stata
respinta154.
In seguito si sono intensificate le consegne di armi e materiali ai mujahiddin del comandante
Ahmad Shah Massud, utilizzando una base area tagika messa a disposizione dal Governo di
Dushanbe. Con il suo sostegno la dirigenza indiana voleva impedire il consolidamento a Kabul di
un regime di ispirazione fondamentalista che, oltre ad essere strettamente legato al Pakistan, dava
ospitalità a gruppi terroristici, in particolare ad al-Qaida, impegnati in attività eversive nello Jammu
e Kashmir.
New Delhi, pertanto, ha accolto con favore la sconfitta delle milizie taliban e l‟insediamento
delle nuove istituzioni, guidate da una personalità, Hamed Karzai, che tra l‟altro aveva studiato in
una università indiana. L‟India si è subito impegnata a sostenere il processo di ricostruzione con il
finanziamento di opere di grande rilievo quali strade, dighe, scuole e ospedali. Molti di questi
progetti vengono realizzati dalla Border Road Organization, un‟impresa di costruzioni che lavora
principalmente per le forze armate indiane. Per proteggere i dipendenti, oggetti di continui attentati
da parte dei taliban e degli altri gruppi terroristici, New Delhi ha inviato in Afghanistan, nel mese di
marzo 2006, una unità della Indo Tibetan Border Police, formata da 200 uomini.
L‟India vede con preoccupazione l‟apertura di spazi negoziali tra le autorità afghane e la
comunità internazionale, da una parte, e i taliban, dall‟altra. Qualora tali ipotesi si concretizzassero
il Governo di New delhi potrebbe rivedere la sua politica nei confronti di Kabul in quanto è
convinta che un eventuale accordo porterebbe benefici solo al Pakistan. Islamabad, infatti, potrebbe
ritrovare, tramite l‟ISI, la sua influenza sull‟Afghanistan allo scopo di recuperare la “profondità
strategica” di cui le proprie forze armate hanno bisogno. Nello stesso tempo, tuttavia, all‟interno
della dirigenza indiana si sarebbe aperto un confronto sull‟opportunità di rafforzare i rapporti con
elementi nazionalisti della etnia pashtun.
L‟interesse di New Delhi per l‟Afghanistan rientra in una strategia di grande respiro e
continuerà anche dopo un‟eventuale normalizzazione dei rapporti con il Pakistan. I dirigenti indiani
sono consapevoli, infatti, che chi controlla l‟Afghanistan controlla anche le vie di comunicazioni
terrestri tra il sub-continente asiatico e l‟Asia centrale ricca di petrolio e di risorse minerarie.
Inoltre, i lavori di ricostruzione in Afghanistan, anche se al momento rallentati per le precarie
154
Passeggeri ed equipaggio sono stati liberati il 31 dicembre successivo dopo la scarcerazione di tre terroristi detenuti
nelle prigioni indiane.
76
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
condizioni di sicurezza, offrono alle imprese indiane, tecnologicamente avanzate e gestite con
notevole spregiudicatezza, la possibilità di aggiudicarsi contratti molto vantaggiosi finanziati dalla
comunità internazionale.
9.4.
Russia e Cina: un ruolo minore, ma significativo
Tra gli altri Paesi più direttamente interessati all‟evoluzione della situazione afghana,
meritano attenzione la Russia e la Cina che, per le loro potenzialità economiche e le loro aspirazioni
di potenza, cercano di rafforzare la propria presenza nel Paese anche per meglio monitorare le
iniziative reciproche nonché quelle statunitensi.
Dopo il ritiro delle proprie truppe nel 1989, Mosca ha continuato ad appoggiare il Governo
diretto da Najibullah ma alla sua caduta ha rinunciato ad ogni tentativo di influenzare le vicende
interne del Paese, sconvolto dalla guerra civile. A seguito della conquista di Kabul da parte delle
milizie taliban e dell‟inizio delle offensive per prendere il controllo anche delle regioni
settentrionali del Paese, Mosca è tornata ad occuparsi dell‟Afghanistan per il timore che l‟arrivo al
potere di un regime fondamentalista favorisse la diffusione del radicalismo anche tra le popolazioni
musulmane dell‟Asia centrale ex-sovietica e delle Repubbliche russe del Caucaso. Ha quindi
iniziato a fornire aiuti all‟Alleanza del Nord, vista come un baluardo contro l‟arrivo delle milizie
islamiche ai confini asiatici dell‟ex URSS. In tale periodo la Russia ha stretto rapporti di
collaborazione con gli esponenti tagiki raccolti intorno a Massud e Rabbani, che tuttora continuano
ad essere gli interlocutori privilegiati della diplomazia russa nell‟ambito delle nuove istituzioni
afghane, per quanto Mosca abbia relazioni molto amichevoli anche con Karzai. Questi, del resto,
secondo alcuni ambienti politici di Kabul, starebbe cercando di rafforzare la cooperazione con la
Russia quale opzione alternativa in caso di disimpegno degli USA, peraltro al momento poco
probabile. Da parte sua, il Cremlino mira a riempire un eventuale vuoto lasciato da Washington e a
contrastare un possibile ritorno al potere dei taliban.
Sull‟atteggiamento di Mosca verso l‟Afghanistan incide anche l‟attuale raffreddamento delle
sue relazioni con l‟Amministrazione Bush. Infatti, il 19 settembre 2007 il rappresentante russo
all‟ONU si è astenuto nella votazione del Consiglio di Sicurezza che prorogava la missione di
ISAF, poiché la risoluzione conteneva una frase, assente in quelle precedenti, con cui si esprimeva
apprezzamento per il contributo fornito dai vari Paesi, tra il quali il Giappone con la sua maritime
interdiction component. Nell‟occasione, il rappresentante cinese ha sollevato obiezioni ma ha votato
a favore. Ciononostante, Mosca ha mostrato disponibilità a negoziare con la NATO la concessione
di un corridoio terrestre per il trasporto di rifornimenti (non militari) alle forze di ISAF/Enduring
Freedom. Nell‟intesa verrebbero coinvolti anche alcuni Paesi dell‟Asia centrale che fanno parte
dell‟Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva. L‟apertura di questa nuova linea di
comunicazione permetterebbe di ridurre la dipendenza dalle rotabili che attraversano il territorio
pakistano, sulle quali si sta accentuando la minaccia dei gruppi eversivi.
Nel periodo 2002-2005 la Russia ha fornito all‟Afghanistan aiuti militari per un valore di circa
200 milioni di dollari. A seguito della recrudescenza dell‟attività eversiva, Kabul ha chiesto, ed
77
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
ottenuto, la ripresa delle forniture. Nell‟agosto 2007, la Russia ha annullato il 90% del debito, pari a
11,3 miliardi di dollari, maturato dall‟Afghanistan con l‟ex URSS e ha ripreso i programmi di
assistenza a Kabul privilegiando la cooperazione in campo economico e nel settore della lotta alla
droga. Al riguardo, Mosca ha assicurato l‟addestramento di personale delle strutture impegnate nel
contrasto al narcotraffico.
Il ruolo della Cina si manifesta principalmente sul piano economico ed è diretto a rafforzare la
stabilità del Paese anche per evitare che si consolidino i collegamenti tra i gruppi eversivi attivi in
Afghanistan e i nazionalisti uighuri, di religione musulmana, dello Xinjang, che Pechino considera
terroristi. Di recente, il Ministro degli esteri cinese ha promesso sbocchi commerciali sul mercato
interno per i prodotti afghani; inoltre, durante le Conferenze di Tokyo e di Londra, Pechino ha
concesso a Kabul finanziamenti per 160 milioni di dollari.
La presenza economica cinese è destinata ad aumentare in maniera significativa nei prossimi
anni poiché la compagnia China Metallurgical Group ha vinto un contratto per lo sfruttamento della
miniera di rame di Aynak (nella provincia di Lowgar), che prevede investimenti per 3 miliardi di
dollari e darà lavoro, compreso l‟indotto, a circa 10.000 dipendenti. Il contratto, il più importante
firmato sinora da Kabul, offre a Pechino anche notevoli opportunità di penetrazione politica,
soprattutto se riuscirà a trasformare in tempi brevi la situazione sociale delle popolazioni della
provincia di Lowgar e di quelle contigue.
78
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
10. L’assistenza internazionale: forti squilibri ed assenza di coordinamento
10.1.
La missione ISAF
Dall‟inizio del 2002, è operativa in Afghanistan la missione ISAF, autorizzata il 20 dicembre
2001 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione 1386 che ha recepito la
proposta contenuta nell‟Allegato 1 dell‟Accordo di Bonn155. Tale missione ha lo scopo di assistere
le autorità afghane a garantire un ambiente sicuro per tutti i soggetti, nazionali ed internazionali,
impegnati nella soluzione della crisi e nella ricostruzione del Paese.
Secondo il par. 1 della risoluzione citata, infatti, il Consiglio di Sicurezza ha disposto, ai sensi
del cap. VII della Carta ONU, «…l’istituzione di una forza armata multinazionale con un mandato
della durata di sei mesi, incaricata di assistere l’Autorità ad interim afghana a ristabilire e
mantenere la sicurezza a Kabul e nelle aree limitrofe, affinché sia le autorità afghane che il
personale delle Nazioni Unite possano operare in un ambiente sicuro». La risoluzione ha
disciplinato i caratteri generali della missione156. Il Consiglio ha richiamato tutti i Paesi membri
«…a contribuire alla missione mettendo a disposizione il proprio personale militare,
l’equipaggiamento e le altre risorse necessarie alla formazione della Forza internazionale di
sicurezza…» (par. 2); ha autorizzato gli Stati partecipanti ad ISAF «…ad utilizzare tutte le misure
reputate necessarie per svolgere il mandato ricevuto» (par. 3), lasciando in tal modo alle Nazioni
aderenti ampio margine di decisione nella scelta degli strumenti da impiegare; ha altresì chiesto al
personale di ISAF «…di operare in stretta consultazione con l’Autorità provvisoria afghana e con
il Rappresentante Speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per l’Afghanistan» (par. 4) e
di assistere le nuove istituzioni di Kabul “.. nella formazione e preparazione delle nuove forze
armate e di sicurezza nazionali» (par. 10). Il mandato di ISAF è stato successivamente prorogato
dal Consiglio di Sicurezza dell‟ONU alle sue scadenze semestrali e, in seguito, annuali.
Inizialmente lo schieramento della missione è stato limitato alla sola area di Kabul mediante
l‟impiego di 5 mila uomini forniti da 18 Paesi. Attualmente ISAF opera con oltre 43.000 militari
messi a disposizione da 40 Stati e dislocati su tutto il territorio afghano157.
Mentre i primi tre mandati di ISAF sono stati diretti dal Consiglio di Sicurezza dell‟ONU che
ne ha affidato la guida, rispettivamente, a Regno Unito, Turchia e comando del Corpo d‟Armata
combinato tedesco-olandese, a partire dall‟aprile del 2003 il comando è stato assunto dalla NATO,
in seguita ad una esplicita richiesta in tal senso del Governo ad interim afghano. Nell‟ottobre dello
stesso anno, mediante la risoluzione 1510(2003), il Consiglio di Sicurezza ha autorizzato
l‟espansione del mandato della missione al resto del Paese. Tale processo si è sviluppato secondo
l‟Operational Plan NATO n. 10302 che prevedeva quattro stage. Le truppe di ISAF si sono
155
Si veda il capitolo 1, pag. 1.
Gli aspetti prettamente operativi sono stati specificati con l‟Accordo tecnico militare, firmato il 4 gennaio 2002 dal
Comandante di ISAF, il Gen. John McColl, e il Ministro degli esteri afghano, Abdullah Abdullah.
157
Si veda la scheda in allegato VI, pag. 126.
156
79
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
schierate dapprima, nell‟ottobre 2004, nelle province settentrionali (stage 1); successivamente, nel
settembre 2005, nella regione occidentale (stage 2); nel luglio 2006 nelle province meridionali
(stage 3) e, nell‟ottobre dello stesso anno, in quelle orientali (stage 4).
Nel momento in cui i contingenti della Forza di sicurezza internazionale sono avanzati nel
territorio afghano, essi si sono sostituiti e, per certi aspetti affiancati, a quelli impegnati
nell‟Operazione Enduring Freedom. A differenza di ISAF, quest‟ultima è una coalizione ad hoc di
Stati istituita senza l‟autorizzazione del Consiglio di Sicurezza, ma per volontà del Governo degli
Stati Uniti al fine di esercitare il proprio diritto di legittima difesa, sancito dall‟art. 51 della Carta
ONU, all‟indomani degli attentati dell‟11 settembre 2001. Difatti, il 7 ottobre 2001 le forze
impegnate nell‟Operazione Enduring Freedom hanno iniziato la loro offensiva in Afghanistan,
supportate inizialmente dalle milizie dell‟Alleanza del Nord e in seguito da quelle pashtun delle
province meridionali, con l‟obiettivo di abbattere il regime taliban ed eliminare ogni presenza
terrorista dal Paese. Attualmente l‟Operazione Enduring Freedom continua con l‟impiego di circa
12.000 militari, principalmente statunitensi, che conducono attività di counterinsurgency nelle aree
dove la minaccia terroristica è più forte, cioè soprattutto nelle province meridionali e in quelle
orientali al confine con il Pakistan.
Durante le prime due fasi dell‟espansione del suo mandato, ISAF ha contributo a garantire un
buon livello di sicurezza e di stabilità, tanto da consentire lo svolgimento delle elezioni
presidenziali, nell‟ottobre 2004, e di quelle per la Camera bassa (Wolesi Jirga) e i 34 Consigli
provinciali, nel settembre 2005. Il successo ottenuto è stato possibile anche grazie all‟impiego delle
Squadre di ricostruzione provinciale (Provincial Reconstruction Team - PRT), formate da personale
militare e civile, che lavorano per garantire sicurezza alle attività di aiuto internazionali, per
contribuire alle operazioni di assistenza umanitaria e ai compiti di ricostruzione e per favorire
l‟espansione a livello provinciale dell‟autorità dello Stato. I PRT sono operativi già dal gennaio
2003 e sinora ne sono stati costituiti 25, dislocati su tutto il territorio afghano. Dal 2006, a seguito
della recrudescenza dell‟attività terroristica conseguente alla riorganizzazione dei gruppi eversivi, i
PRT hanno dovuto impegnarsi anche alle attività di contrasto riducendo l‟impegno a favore della
ricostruzione e del supporto allo state building.
L‟aggravarsi della situazione di sicurezza in Afghanistan è coinciso con l‟espansione del
mandato di ISAF verso le province meridionali al confine con il Pakistan, dove è più forte la
presenza di cellule eversive. In previsione dell‟attuazione degli stage 3 e 4, nel dicembre 2005 i
vertici dell‟Alleanza Atlantica hanno modificato i piani operativi relativi alla missione. Essi erano
consapevoli del fatto che, al fine di perseguire il mandato nelle regioni a sud e ad est, le forze di
ISAF avrebbero dovuto essere impiegate anche in operazioni di combattimento; per tale motivo
hanno iniziato ad esortare gli Stati membri ad autorizzare i propri contingenti a condurre azioni che
richiedevano un uso della forza maggiore e più rischioso di quanto fosse stato necessario nelle
prime fasi di espansione, ad aumentare il numero dei militari e dei mezzi in teatro, ad eliminare, o
quantomeno a ridurre, i caveat (restrizioni) posti sull‟impiego delle loro truppe, per consentire al
Comandante di ISAF (COMISAF) di dislocarle, in caso di emergenza, su tutto il territorio.
80
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
La necessità di modificare l‟approccio alla missione, insieme all‟aggravarsi del livello di
sicurezza in tutto il Paese e all‟aumento dei rischi, hanno ridotto il consenso dell‟opinione pubblica
occidentale nei riguardi dell‟intervento militare in Afghanistan e creato divisioni tra gli Stati
membri della NATO riguardo al rispettivo contributo alle operazioni. Infatti, al momento di
completare l‟espansione del mandato nelle province meridionali ed orientali, alcuni Stati, tra i quali
il Canada, l‟Olanda, la Polonia, il Regno Unito e gli USA, insieme ad altri Paesi non membri, cioè
l‟Australia e la Nuova Zelanda, hanno risposto agli appelli e preso parte alle operazioni Medusa e
Mountain Fury, condotte, rispettivamente, a sud e ad est. Altre Nazioni, invece, quali la Francia, la
Germania, l‟Italia e la Spagna, non hanno incrementato in maniera significativa i propri contingenti
e si sono anche rifiutate di eliminare i caveat e di autorizzare il trasferimento di reparti dalle aree in
cui sono dislocati a quelle dove è più elevato il livello di conflittualità. A supporto di tale
atteggiamento è stato sottolineato il fatto che, in base alla Risoluzione 1386 (2001), ISAF
opererebbe in Afghanistan con un mero mandato di stabilizzazione e non di counterinsurgency o
relativo alla conduzione di operazioni di combattimento; attività che invece sono peculiari
dell‟operazione Enduring Freedom.
I contrasti in merito al contributo dei vari Paesi e al profilo della missione dei rispettivi
contingenti non hanno trovato soluzione durante le occasioni di confronto susseguitesi dopo il
completamento dell‟estensione ad est dell‟area di responsabilità di ISAF, quale, ad esempio, il
Vertice di Riga del 28 e 29 novembre 2006. Al contrario, le tensioni sono aumentate. È stata
emblematica, sotto questo aspetto, la riunione dei Ministri della difesa dei Paesi NATO tenutasi a
Noordwijk, in Olanda, tra il 24 e il 25 ottobre 2007, in cui la maggior parte degli Stati membri
dell‟Alleanza si è mostrata indisponibile a rafforzare i propri contingenti in Afghanistan. Durante il
meeting, infatti, tale posizione è stata ribadita non solo dai Paesi che mantengono i caveat, ma
anche da diverse Nazioni impegnate in prima linea nelle aree a sud e ad est del Paese, le quali hanno
manifestato la volontà di non inviare nuovi reparti perlomeno finché non aumenterà in contributo di
tutti gli altri Stati. In ogni caso, i contributi annunciati da alcuni Governi hanno un carattere
prevalentemente simbolico, dal momento che la quantità delle risorse promesse è insufficiente per
perseguire gli scopi della missione. In Olanda, come già in precedenti occasioni, il Segretario alla
difesa statunitense, Robert Gates, ha esortato gli alleati europei a un maggiore impegno militare in
Afghanistan e ha ribadito il proprio disappunto per il fatto che, mentre gli Stati Uniti da soli
forniscono oltre la metà delle truppe straniere presenti nel Paese, le Nazioni europee contribuiscono
solamente per il 31%.
Durante l‟incontro di ottobre, inoltre, i Ministri olandese e canadese hanno sottolineato la
possibilità di un ritiro dei propri contingenti dall‟Afghanistan a causa delle pressioni delle rispettive
opinioni pubbliche. Tale eventualità è stata parzialmente scongiurata dagli eventi successivi. Infatti,
il 18 dicembre successivo il Parlamento olandese ha prorogato la durata della missione sino al mese
di luglio 2010; inoltre, quello canadese ha approvato a larga maggioranza, il 14 marzo, la proposta
del Governo di estendere sino alla fine del 2011 la missione del proprio contingente nella provincia
di Kandahar, subordinandola, tuttavia, all‟afflusso nell‟area, entro il 2008, di rinforzi in uomini e
mezzi da parte di altri Paesi di ISAF.
81
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Nel meeting di Noordwijk le uniche dichiarazioni positive sono state rilasciate dai vertici della
NATO: secondo il Segretario generale Jaap de Hoop Scheffer, infatti, in Afghanistan è stato
determinante il contributo di ciascuno Stato membro per conseguire i notevoli progressi raggiunti
dalla missione ISAF. In linea con quanto affermato, il Segretario generale ha altresì smentito il fatto
che l‟Alleanza Atlantica stia attraversando una fase di crisi.
Tuttavia, la realtà è ben diversa. Negli ultimi due anni, le divisioni tra i Paesi NATO stanno
incidendo negativamente sull‟andamento delle operazioni di ISAF, che non è riuscita a conseguire
gli obiettivi preposti, sia di natura politica che di carattere prettamente militare ed operativo. Infatti,
le forze messe a disposizione dagli Stati membri non consentono di condurre azioni più incisive su
tutto il territorio afghano e di mantenere saldamente il controllo delle zone sottratte ai gruppi
eversivi. Di conseguenza i contingenti di ISAF non sono stati in grado di stabilizzare le aree di crisi
a sud e ad est del Paese, subendo, al contrario, le iniziative militari dei ribelli anche in province
considerate in precedenza relativamente sicure.
In tale quadro, la riconquista, avvenuta il 10 dicembre 2007, del distretto di Musa Qala (nella
provincia di Helmand), che dal febbraio precedente era sotto il controllo dei taliban, pur
rappresentando un importante successo in campo tattico non costituisce ancora un segnale che la
guerra contro il terrorismo stia per essere vinta. Inoltre, a causa dell‟elevato numero di vittime civili
provocate dai bombardamenti delle forze di sicurezza internazionali, si stanno rafforzando tra la
popolazione afghana i sentimenti di avversione e di intolleranza per la presenza dei militari
stranieri.
Allo stato attuale, ISAF quantifica l‟esigenza di rinforzi in tre battaglioni di fanteria, 3.000
istruttori e 20 elicotteri, per complessivi 7.200 uomini, ma appare difficile che tali carenze possano
essere completamente superate in breve tempo, anche se Washington ha deciso l‟invio di teatro,
entro la primavera, di 3.200 marines, di cui 2.200 da impegnare nelle province meridionali per la
lotta ai gruppi terroristi e 1.000 per l‟addestramento delle forze di sicurezza afghane. Con tale
decisione, l‟Amministrazione USA ha preso atto dell‟indisponibilità degli altri Paesi NATO ad
aumentare in modo significativo i propri contingenti. Tuttavia, la frustrazione del Pentagono per la
scarsa attenzione degli alleati alle esigenze di ISAF si è manifestata in una intervista concessa da
Robert Gates al Los Angeles Times, in cui egli ha espresso la propria preoccupazione perché la
NATO sta schierando in Afghanistan consiglieri militari e reparti non addestrati alle operazioni di
counterinsurgency. Inoltre, in una audizione al Senate Armed Services Committee (6 febbraio
2008), Gates ha dichiarato di temere la trasformazione della NATO “into a two-tiered alliance”: da
una parte i Paesi che sono disposti a combattere e a morire, dall‟altra quelli che non lo sono. Tali
critiche appaiono in parte fondate. Infatti, i livelli di forza e gli stanziamenti per la difesa in gran
parte dei Paesi dell‟Alleanza sono bassi e molti Governi hanno fornito unità poco adatte a
operazioni di combattimento; inoltre, incontrano difficoltà a convincere le forze politiche e
l‟opinione pubblica sulla necessità di un diverso profilo della missione, che preveda chiaramente la
possibilità di essere coinvolti in azioni di contrasto al terrorismo. Di recente, tuttavia, si è avuta
82
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
conferma che il governo francese sta riconsiderando la propria politica afghana e potrebbe decidere
l‟invio di alcuni reparti nelle province sud-orientali del Paese, al confine con il Pakistan158.
Tuttavia, anche gli USA hanno fatto i loro errori, in particolare riducendo affrettatamente il
loro impegno in Afghanistan per attaccare l‟Iraq. Inoltre, anche se essi forniscono circa la metà dei
militari di ISAF/Enduring Freedom, sono il Regno Unito, il Canada e l‟Olanda che sostengono il
peso maggiore dei combattimenti. In particolare, il tasso di perdite canadesi, in rapporto al numero
dei militari impiegati, è più alto di quello subito dalle forze statunitensi.
In tale quadro, molti osservatori ritengono che dopo l‟uscita di scena di Bush dovrebbero
essere superate le incomprensioni tra l‟Amministrazione di Washington e gli altri Paesi NATO,
grazie anche allo schieramento in Afghanistan di unità destinate all‟impiego sul terreno iracheno,
che non sarebbe più prioritario.
In alcuni momenti è stata ventilata la possibilità rafforzare il dispositivo militare in
Afghanistan schierando nel Paese la NATO Response Force (NRF), ma tale soluzione non sembra
poter risolvere le attuali difficoltà159. Infatti, come dichiarato il 19 settembre scorso dal portavoce
dell‟Alleanza Atlantica, James Apparthurai, a causa degli alti costi di gestione e di organizzazione,
per salvaguardare il progetto della NRF l‟Alleanza si vedrà costretta a ridurne la consistenza, con
conseguenti riflessi negativi sulle sue capacità di intervento.
I problemi derivanti dall‟inadeguatezza del dispositivo di ISAF, almeno sul piano quantitativo,
possono essere superati con il miglioramento della capacità operativa delle forze di sicurezza
afghane, al momento ancora insoddisfacente e inoltre poco omogenea fra le varie componenti. Tra
queste, è la polizia che manifesta le carenze più gravi; i suoi effettivi appaiono spesso scarsamente
motivati, anche a causa dei ritardi nel pagamento delle retribuzioni, peraltro molto basse, e mancano
di addestramento, equipaggiamenti e supporto logistico adeguati. Essi si sono dimostrati incapaci di
presidiare le aree sottratte al controllo dei gruppi taliban, che quindi, in poco tempo, hanno potuto
recuperare le posizioni perdute.
Inoltre, sono molto frequenti le denunce dei cittadini per i soprusi e le violenze che subiscono
da agenti e ufficiali così come è largamente diffusa la convinzione che la polizia sia l‟organismo più
corrotto di tutto lo Stato. In più occasioni sono stati inoltre segnalati episodi di connivenza con i
gruppi eversivi o i sodalizi criminali, a conferma di livelli di affidabilità assai problematici160. La
situazione è ben nota al Governo di Kabul, ma i provvedimenti allo studio e quelli già attuati, in
particolare un incremento delle retribuzioni e una maggiore severità nell‟arruolamento, non sono
158
Lo scorso anno Parigi ha ritirato 200 uomini delle forze speciali, che combattevano sotto il Comando di Enduring
Freedom, lasciandone 50 per l‟addestramento delle forze speciali afghane.
159
La NRF, dichiarata formalmente operativa nel 2006 anche se il progetto è stato approvato in occasione del Vertice di
Praga del 2002, è un raggruppamento di forze ad elevato livello di prontezza e dotate di equipaggiamenti
tecnologicamente avanzati, costituita da componenti terrestri, navali ed aeree (per un totale di 25.000 uomini) in grado
di essere schierate in tempi brevi (5 giorni) ovunque ve ne sia la necessità e con una autonomia logistica di 30 giorni. La
NRF rappresenta l‟aspetto più qualificante della nuova dottrina strategica adottata dalla NATO nel 1999, la quale
presuppone che l‟Alleanza Atlantica ricopra, nel nuovo ordine internazionale, il ruolo di organizzazione difensiva
capace di intervenire a livello globale e in qualunque scenario di crisi.
160
Il 20 febbraio scorso i taliban hanno attaccato un check point della polizia nella provincia di Lowgar e si sono
impadroniti, senza sparare un colpo, di armi, munizioni ed apparati vari grazie alla complicità dei 10 agenti di servizio.
83
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
ancora sufficienti. È necessario inoltre un maggiore impegno dei Paesi stranieri per il
miglioramento dei livelli di addestramento del personale e delle dotazioni di equipaggiamenti. Per
quanto riguarda il primo aspetto, è ancora inadeguato il numero degli istruttori messi a disposizione,
che peraltro non sempre hanno i requisiti necessari di esperienza e professionalità. Di conseguenza,
saranno limitati i benefici che porterà il completamento dello schieramento sul territorio afghano,
entro il prossimo mese di aprile, della European Union Police Mission in Afghanistan (EUPOL
Afghanistan), formata da soli 195 uomini. Risultati più significativi potranno giungere da un
aumento dell‟organico, annunciato ma non ancora definito161. In futuro, tuttavia, le esigenze
cresceranno poiché il 1° maggio 2007 il Joint Coordination and Monitoring Board ha deciso
l‟aumento dei livelli di forza dai circa 60.000 uomini attuali a 82.000, dei quali 18.000 per la polizia
di frontiera, 11.271 per la polizia ausiliaria e 4.995 per la Afghanistan National Civil Order Police.
Ad ogni modo, senza un adeguato addestramento e una forte motivazione i nuovi effettivi non
miglioreranno il contributo della polizia al mantenimento dell‟ordine e della sicurezza, ma
rappresenteranno, invece, un ulteriore fattore di instabilità.
Per quanto in misura minore, carenze si registrano in tutte le componenti del sistema di
scurezza afghano. Infatti, anche l‟Afghanistan National Army (ANA), nonostante le dichiarazioni
ottimistiche dei vertici e i buoni risultati conseguiti, ha livelli di capacità operativa complessiva
ancora inadeguati a causa soprattutto della carenza di equipaggiamenti moderni, artiglieria e
velivoli162. Inoltre, sono state riscontrate lacune nel settore addestrativo perché molti effettivi hanno
un basso livello d‟istruzione (quando non sono totalmente analfabeti) e pertanto incontrano
difficoltà nell‟apprendere l‟uso di apparati moderni o la condotta di procedure tattiche complesse.
Inoltre, per quanto la motivazione sia superiore a quella della polizia, si registrano ancora numerose
diserzioni. Di conseguenza, anche se gli effettivi dovrebbero raggiungere i 70.000 uomini entro
breve termine (per arrivare successivamente a 86.000), solo poco più della metà di essi può essere
impiegata in azioni di combattimento. Negli ultimi mesi, tuttavia, l‟ANA è stata in grado di
condurre operazioni autonome a livello di battaglione e sta migliorando progressivamente la sua
capacità di comando e controllo163. Le unità sono affiancate da Operational Mentor and Liaision
Team (OMLT)164, con un organico di 20-30 uomini ciascuno, ma il loro numero è fortemente
inadeguato rispetto alle necessità (ne servirebbero almeno 100)165. Una volta completato il processo
di costituzione, la componente terrestre dell‟ANA sarà formata da 13 brighate di fanteria leggera,
una brigata meccanizzata e una brigata commando, inquadrate in cinque Corpi d‟armata.
Il numero dei militari impiegati da ISAF resta, in generale, insufficiente a condurre le
operazioni che la situazione di sicurezza richiederebbe; oltretutto, i caveat nazionali limitano la
capacità di comando e controllo di COMISAF facendo mancare alle unità schierate nelle aree dove
161
Il Governo tedesco ha comunicato che raddoppierà il numero dei propri funzionari di polizia assegnati all‟EUPOL
(attualmente 60) se anche altre Nazioni faranno lo stesso.
162
Il Corpo d‟armata aereo dovrebbe raggiungere la piena operatività nel 2015, con un organico di 7.400 militari
(attualmente sono 1.950) e 112 velivoli di vario tipo.
163
Alla fine del febbraio 2008 un battaglione commando dell‟ANA ha condotto con successo un‟operazione nel
distretto di Kajaki (provincia di Helmand), denominata “Selab” (Inondazione), che ha previsto l‟immissione notturna
dei reparti nell‟area a mezzo elicotteri.
164
Erano 26 nel settembre 2007.
165
RFE/RL, 22 settembre 2007.
84
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
il livello di conflittualità è più elevato il supporto dei reparti che operano in province dove la
situazione di sicurezza è assai meno precaria. A riguardo, in più occasioni e specialmente tra la fine
del 2005 e i primi mesi del 2006, in vista dell‟allargamento dell‟area di responsabilità di ISAF alle
province meridionali ed orientali, l‟amministrazione Bush, attraverso l‟allora Segretario alla difesa
Donald Rumsfeld, ha proposto di estendere l‟autorità del comando di Enduring Freedom alle forze
di ISAF che sarebbero state impegnate nelle province meridionali, al fine di migliorare il
coordinamento delle operazioni in tali aree. Tuttavia, il passaggio di alcune unità di ISAF sotto il
comando di Enduring Freedom comporterebbe per esse l‟adozione di concetti operativi e filosofe di
impiego dettati dai comandi militari statunitensi, accentuando, in tal modo, le divisioni interne alla
NATO. Finora le due operazioni militari sono rimaste separate, anche se il comandante della
Combined Joint Task Force - 82, che da Bagram guida le forze statunitensi in Afghanistan e che
quindi dipende direttamente dallo US Central Command, è anche il responsabile del Regional
Command - East di ISAF.
I vertici NATO sottolineano che un maggiore impegno militare di tutte le Nazioni rimane
condizione imprescindibile per ripristinare la sicurezza nel Paese e garantire la stabilità dell‟intera
regione. Se questo non dovesse accadere, malgrado l‟ampio consenso di cui gode ancora
l‟intervento militare sia a livello internazionale che da parte del Paese ospitante, l‟Alleanza perderà
la guerra per la stabilizzazione dell‟Afghanistan, pur continuando a vincere le battaglie, come
sottolineato anche dal Ministro della difesa australiano, Joel Fitzgibbon, in occasione di un incontro
informale con i colleghi di sette Paesi NATO le cui forze sono impegnate nelle province
meridionali dell‟Afghanistan (USA, Regno Unito, Olanda, Canada, Danimarca, Romania, Estonia ),
tenutosi ad Edimburgo, in Scozia, il 14 dicembre 2007.
Il fallimento della missione avrebbe conseguenze disastrose sia per la popolazione afghana,
che vedrebbe svanire le speranze di pace e di sviluppo economico e sociale, sia per la stessa
Alleanza Atlantica, che non potrebbe più aspirare a svolgere il ruolo stabilito nella dottrina
strategica del 1999. In tale quadro, ha avuto grande rilievo l‟impegno assunto dai sette Paesi NATO
nel citato vertice di Edimburgo di elaborare un master plan per una strategia a tre-cinque anni che
definisca gli obiettivi e i parametri della missione ISAF. Il ripensamento della missione investe tutta
la NATO e sarà al centro del dibattito in occasione del prossimo vertice dei Ministri della difesa,
che si terrà a Bucarest nella prima settimana di aprile.
È da sottolineare al riguardo che la soluzione della crisi afghana non dipende tanto dalla
consistenza del dispositivo militare messo sul campo quanto dal tipo di unità impiegate e dai
compiti ad esse assegnati. Occorrono inoltre un migliore coordinamento tra i comandi e i reparti a
tutti i livelli, e in particolare tra quelli di ISAF e di Enduring Freedom, nonché un maggiore
coinvolgimento delle forze afghane che devono assumere gradualmente, ma in tempi brevi, l‟onere
di garantire la difesa e la sicurezza del Paese, sia pure con il supporto tecnico e finanziario
internazionale. È indispensabile, inoltre, elaborare un piano generale di interventi, sia militari che
civili, che nel rispetto dei diversi ambiti di competenza eviti inutili sovrapposizioni e rilanci l‟opera
di ricostruzione e di sviluppo. Solo così sarà possibile conquistare veramente i cuori e le menti della
85
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
popolazione afghana, riducendo gradualmente i margini di consenso di cui i taliban ancora godono
in alcuni strati della società, specialmente nelle province meridionali e orientali del Paese.
10.2.
Gli aiuti per la ricostruzione e lo sviluppo
L‟intervento militare in Afghanistan è stato accompagnato da un piano di assistenza che ha
visto Governi stranieri e organismi internazionali assumersi responsabilità e impegni di spesa per
una somma ingente (oltre 20 miliardi di dollari), benché inferiore a quella messa a disposizione di
altri Paesi usciti da conflitti e crisi, come quelli della regione balcanica166.
Sinora sono stati erogati effettivamente oltre 15 miliardi di dollari che tuttavia sono stati
utilizzati con modalità e criteri rivelatisi inadeguati o inefficienti. In particolare, il principale
contribuente, la USAID assegna quasi la metà dei fondi a cinque grandi contractor statunitensi e
pertanto una quota significativa dei finanziamenti è assorbita dai profitti delle compagnie e dei subcontractor, dai costi per l‟utilizzo di materiali di importazione, dalle retribuzioni di tecnici e esperti
stranieri e dalle spese per il loro alloggio e sicurezza. Di fatto, ogni consulente straniero può costare
sino a 500.000 dollari l‟anno167.
Inoltre, a causa della insufficiente capacità di Kabul nella progettazione, esecuzione e
controllo degli interventi di ricostruzione, dovuta anche allo scarso impegno della comunità
internazionale per il potenziamento dell‟apparato tecnico e burocratico statale, solo un terzo degli
aiuti USA è destinato direttamente al Governo centrale o alle amministrazioni periferiche. Tale
prassi compromette la credibilità delle nuove istituzioni afghane di fronte alla popolazione e porta
all‟esecuzione di opere al di fuori di un quadro organico di programmazione e in più casi senza
tenere conto delle situazioni locali e delle reali esigenze della popolazione. Si tratta, in sostanza, di
interventi imposti dall‟alto, che riflettono talvolta più gli interessi e gli obiettivi, non sempre
trasparenti, dei Paesi donatori che le aspettative dei destinatari.
Per contro, altri governi assegnano i loro finanziamenti attraverso l‟Afghan Reconstruction
Trust Fund (ARTF), costituito nell‟aprile 2002 come un meccanismo per coordinare il trasferimento
di fondi dai Paesi donatori al Governo afghano. Amministrato dalla Banca mondiale sotto la
supervisione di un Comitato di gestione formato da Asian Development Bank, Islamic Development
Bank e UNDP, l‟ARTF finanzia sia il deficit di bilancio, che assorbe la parte principale dei fondi a
disposizione, che i progetti di investimento. Durante il suo primo anno fiscale (2002-2003) ha
ricevuto 185 milioni di dollari, che sono aumentati progressivamente negli esercizi successivi. Al
21 luglio 2007 il totale dei finanziamenti promessi era pari a 2,27 miliardi di dollari, dei quali 1,83
miliardi già messi a disposizione. Alla stessa data, erano stati erogati al Governo di Kabul 1,1
miliardi di dollari mentre altri 368 milioni erano stati spesi per progetti di investimento. Le autorità
afghane incoraggiano i Paesi donatori a canalizzare i finanziamenti attraverso l‟ARTF invece che le
ONG e gli altri enti, perché il Fondo garantisce migliore tracciabilità e coordinamento degli aiuti,
aumenta la trasparenza e conferisce una veste ”nazionale” al processo di ricostruzione.
166
Il numero dei militari impiegati e l‟entità dei finanziamenti assegnati all‟Afghanistan sono pari, qualora rapportati al
numero degli abitanti, rispettivamente al 4% e al 2% di quelli destinati alla Bosnia.
167
Oxfam, Development Assistance in Insecure Environment: Afghanistan. Overview of Priorities, dicembre 2007.
86
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Tra le cause del limitato successo dell‟aiuto internazionale sono da rilevare inoltre la carenza
di direzione e di supporto fornito dalle Agenzie dell‟ONU, in particolare UNAMA 168, e dal Joint
Coordination and Monitoring Board (JCMB)169 e l‟insufficiente coordinamento tra gli Stati
donatori e il Governo afghano. Infatti, solo il 10% dei progetti di assistenza tecnica, che costituisce
circa il 25% di tutti gli aiuti al Paese, viene coordinato con le autorità di Kabul.
Esiste poi una forte sproporzione tra i finanziamenti stanziati per lo sviluppo e quelli, molto
più ingenti, per l‟intervento militare. Per quanto riguarda in particolare gli USA, questi ultimi
ammontano a 35 miliardi di dollari nel 2007, pari a circa 65.000 dollari al minuto 170. Inoltre, molti
fondi destinati alla ricostruzione vengono spesi a supporto delle operazioni militari: l‟USAID
concentra più della metà del suo bilancio nelle quattro province meridionali, dove il livello di
instabilità è più alto, mentre il britannico Department for International Development (DFID)
utilizza un quinto dei fondi a disposizione nella provincia di Helmand, che costituisce area di
responsabilità operativa del contingente nazionale. La gravitazione degli sforzi nella regione
meridionale risponde a una logica sostanzialmente condivisibile, diretta ad acquistare la fiducia
delle popolazioni più vulnerabili alla propaganda dei gruppi eversivi e in particolare di quello
taliban; tuttavia, trascurare le altre province provoca una diffusione dell‟instabilità anche ad aree
che in precedenza erano abbastanza sicure.
Un‟attenzione particolare merita il ricorso all‟opera delle ONG, che svolgono spesso una
funzione insostituibile di promozione e di sostegno, in particolare nella distribuzione degli aiuti
umanitari, nell‟erogazione dei servizi essenziali e nello sviluppo delle capacità professionali
necessarie a livello individuale e di comunità di base (villaggio) per mantenere le famiglie e
organizzare la vita sociale. Tuttavia, l‟impegno delle ONG è visto con diffidenza da alcuni Paesi
donatori o accettato solamente come aiuto nell‟emergenza da altri, mentre viene apertamente
osteggiato da settori importanti delle forze politiche e della popolazione afghane 171. Le attività di
alcune ONG, società straniere e agenzie internazionali hanno causato grande risentimento anche per
i benefici limitati che hanno apportato. Al contrario, esse hanno contribuito ad elevare il livello dei
prezzi degli immobili a valori che sono fuori della portata dei cittadini medi; inoltre il modo di vita
dei loro dipendenti, soprattutto stranieri, è offensivo per molti. I principali beneficiari di tali attività
sono stati esponenti locali con i giusti contatti, spesso ex warlord che agiscono come subcontractor
o dirigono compagnie private di sicurezza specializzate nella protezione del personale straniero.
168
United Nations Assistance Mission in Afghanistan. Alla missione, istituita nel marzo 2002 con la risoluzione 1401
del Consiglio di Sicurezza, è stato attribuito un mandato molto ampio che include il coordinamento di tutte le Agenzie
ONU che operano in Afghanistan. UNAMA ha rappresentato l‟attuazione della “riforma Brahimi” della fine degli anni
‟90.
169
Si veda il cap. 2, pagg. 6 sgg.
170
Dal 2001 sono stati spesi per l‟Afghanistan 163 miliardi di dollari, il 93% dei quali destinato alla difesa (Bloomberg,
11 febbraio 2008).
171
In una intervista pubblicata dal sito web Afgha.com, l‟accademico Abdulkader H. Sinno si dichiara polemicamente
sorpreso di come miliardi di dollari in aiuti siano stati sprecati dalle compagnie occidentali e dalle ONG in alti salari,
pratiche corrotte e inefficienti, sicurezza per personale straniero non necessario, progetti ridondanti e di prestigio ma di
scarso impatto, infrastrutture molto lussuose in un Paese impoverito, profitti elevati ai danni degli afghani che vivono in
condizioni di grande precarietà, opere dirette a sostenere la lotta al terrorismo piuttosto che ad elevare il benessere della
popolazione.
87
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
In particolare, è apparso negativo il messaggio portato dalle ONG e dagli altri organismi
internazionali nei primi mesi del 2002, quando si sono calati in una realtà per certi aspetti ancora
“medievale” ostentando tecnologie, risorse e sistema di vita impensabili per un popolo che a stento
conosceva l‟utilizzo dell‟energia elettrica, peraltro limitato ad alcune zone centrali della capitale e
dei principali capoluoghi di provincia. È stata una dimostrazione improvvisa, ma spesso fugace,
dell‟esistenza di realtà del tutto diverse. Inoltre, molte ONG erano interessate solo ad individuare
“bisogni” che potessero giustificare progetti fini a se stessi, senza un seguito concreto. In questo
modo una parte della popolazione ha avuto la possibilità di conoscere tenori di vita più dignitosi per
poi essere costretta a tornare ai precedenti livelli di arretratezza e di miseria una volta terminati i
lavori.
Un altro fattore da considerare nell‟attività delle ONG, dei Comandi militari stranieri e di
molti altri soggetti pubblici e privati che operano in Afghanistan è il ruolo da essi avuto sia nella
diffusione della corruzione sia nello sviluppo di dinamiche salariali che penalizzano le strutture
governative a livello centrale e periferico. In merito al primo aspetto, in più occasioni è emerso che
gli accordi o la collaborazione da parte delle istituzioni locali sono stati favoriti dal pagamento di
tangenti a dirigenti o funzionari. Tale pratica sarebbe piuttosto comune e interesserebbe molti
aspetti. Un significativo esempio è quello relativo alla fornitura di energia elettrica, la cui
disponibilità è gravemente carente persino nella capitale, dove generalmente viene erogata per tre
ore al giorno, dalle 19.00 alle 22.00. Risulta che molti utenti stranieri paghino tangenti da 200 a
1.000 dollari al mese agli operatori per usufruire della corrente per tutta la giornata grazie a linee
speciali stese tra le centrali e le loro abitazioni/uffici172. Quello dell‟energia elettrica è stato il primo
vero “business” di tecnici e funzionari corrotti, che continuano a raccogliere tangenti dagli stranieri
sin da quando questi sono arrivati nel Paese, nel gennaio 2002.
Per quanto riguarda le dinamiche salariali, è a tutti noto, a Kabul e nel resto dell‟Afghanistan,
che gli enti e le organizzazioni straniere pagano, in valuta pregiata, stipendi pari anche a 20 volte la
media di quelli dei dipendenti statali. Di conseguenza, i giovani più istruiti e meglio preparati
cercano un‟occupazione con tali enti/organizzazioni, privando l‟apparato burocratico dello Stato di
un contributo insostituibile di esperienza tecnica e capacità intellettuali. In questo contesto, la
comunità internazionale, e in particolare ISAF e UNAMA, hanno compiuto un errore molto grave
trascurando di fissare un “tetto” per le retribuzioni del personale locale, calcolato sulla base delle
sue professionalità e delle condizioni di vita del resto della popolazione, così come fatto con grande
efficacia in Bosnia Erzegovina dalle Nazioni Unite dopo gli accordi di Dayton.
Critiche all‟operato delle ONG sono di frequente alimentate da esponenti politici in ambito
nazionale e locale, che aspirano ad essere i principali destinatari dei finanziamenti stranieri senza
peraltro possedere credenziali di adeguate capacità di pianificazione e controllo degli investimenti.
In tale quadro, le accuse alle organizzazioni straniere, sfruttando la delusione della popolazione per
i gravi ritardi nello sviluppo economico e sociale, diventano un alibi per la propria inefficienza e
uno strumento di affermazione del proprio ruolo. Indubbiamente, tali manovre sono favorite dai
comportamenti di alcune ONG che non dispongono di specifiche capacità nel settore dell‟assistenza
172
Associated Press, 10 gennaio 2008.
88
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
umanitaria, specie alla luce della drammatica situazione afghana, o utilizzano i finanziamenti
ricevuti più per il proprio benessere che per quello della popolazione locale173.
La situazione favorisce la propaganda dei gruppi eversivi che cercano di sminuire
l‟importanza dell‟assistenza internazionale, specialmente se proveniente dai Paesi occidentali, e
identificano spesso i dipendenti delle organizzazioni straniere con il personale delle agenzie
governative statunitensi, da sempre tra gli obiettivi prioritari dei loro attacchi. Di fronte a tali rischi
molte ONG hanno reagito con una campagna diretta a riaffermare la specificità del proprio ruolo,
che non può essere collegato a nessuna delle parti in lotta, e hanno criticato il crescente
coinvolgimento di ISAF, attraverso i Provincial Reconstruction Team, nell‟opera di ricostruzione e
di aiuto allo sviluppo economico e sociale. Tale coinvolgimento provocherebbe tra la popolazione
afghana una pericolosa confusione sui compiti delle strutture militari e di quelle umanitarie,
impedendo a queste ultime di operare senza rischi rilevanti in tutto il Paese in quanto espressione di
un impegno diretto esclusivamente all‟assistenza, senza alcuna finalità nel campo della sicurezza. In
alcuni casi la polemica ha assunto toni accesi, rendendo più difficile un clima di collaborazione che,
nel rispetto della missione di ognuna delle due parti, armonizzi gli interventi con il solo obiettivo di
fare uscire al più presto l‟Afghanistan dalla situazione di instabilità e di arretratezza.
In tale quadro è opportuno che tutte le ONG ritrovino le ragioni spirituali e morali della loro
esistenza, dedicando la loro opera a beneficio degli altri e non alla ricerca di visibilità e vantaggi
economici. La comunità internazionale e le autorità afghane devono avere la forza e la volontà di
allontanare dal Paese quelle organizzazioni che non rispettano queste condizioni. D‟altro canto,
ISAF deve limitare il suo impegno nel settore umanitario ai casi in cui sia reso indispensabile da
eventi naturali (terremoti o altre avversità) o da ragioni di sicurezza, lasciando il ruolo di
protagonista alle organizzazioni civili, alle ditte appaltatrici e, soprattutto, alle istituzioni locali. in
sostanza, si deve arrivare al rispetto reciproco dei ruoli, senza la ricerca esasperata di una visibilità
che spesso è solo fittizia, allo scopo di realizzare in teatro una effettiva collaborazione tra enti
militari e civili. È inoltre necessario che i PRT evitino di ingerirsi negli affari politici e
amministrativi locali e modulino i loro progetti secondo i piani approvati dal governo di Kabul e
non sulla base di interessi strategici e di immagine dei loro Paesi.
Quanto ai finanziamenti dei Paesi donatori, i maggiori contributi sono stati forniti dagli USA
che, attraverso lo USAID, nel periodo 2002-2006 ha stanziato 4,394 miliardi di dollari mentre per
gli anni fiscali 2007-2008 sono stati richiesti complessivamente altri 2,586 miliardi di dollari. Dopo
gli USA, i principali Paesi donatori sono il Giappone, con circa 1,3 miliardi di dollari dalla caduta
del regime taliban, e il Regno Unito, con oltre 100 milioni di sterline l‟anno dal 2006, più di un
miliardo di dollari dal 2002. La Germania ha stanziato 680 milioni di euro nel periodo 2002-2007 e
prevede di arrivare a un miliardo entro la fine del 2010.
Tra i Paesi della regione è rilevante il ruolo svolto da India e Iran174. Sinora New Delhi ha
stanziato 750 milioni di dollari per l‟Afghanistan, utilizzati tra l‟altro per la costruzione di una linea
173
Il 7 febbraio scorso, il Ministero della sanità ha invitato le ONG che operano nel settore (34, sia locali che straniere)
a uniformarsi entro sei mesi agli standard qualitativi stabiliti dal dicastero, altrimenti si vedranno annullare i contratti e
saranno deferite alla Magistratura.
89
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
elettrica tra Pul-e Khumri e Kabul per la costruzione di una diga nella provincia di Herat e della
relativa centrale elettrica. Inoltre, il 13 dicembre dello scorso anno è stato approvato un
finanziamento di 180 milioni di dollari per l‟ammodernamento della rotabile Zaranj-Delaram, che
collegherà l‟Afghanistan ai porti iraniani liberandolo dalla dipendenza assoluta dalle vie di
comunicazioni pakistane e consentendo anche all‟India di disporre di una via alternativa per
accedere ai mercati afghani. Da parte sua Teheran ha concesso oltre 560 milioni di dollari, dei quali
254 a fondo perduto, spesi principalmente nelle province occidentali del Paese, sia nel settore
sociale che in quello delle infrastrutture (linee elettriche, strade).
Per il superamento dei ritardi che ancora affliggono il Paese è indispensabile una revisione
completa dei programmi di assistenza che canalizzi le risorse verso le istituzioni afghane e
attribuisca priorità ai settori in cui i progressi sono stati sinora meno sensibili. Al riguardo è da
evidenziare la grave sottovalutazione delle esigenze dell‟agricoltura che, direttamente e
indirettamente, garantisce il mantenimento o l‟occupazione dell‟80% della popolazione. Negli
ultimi anni, a causa degli eventi bellici e della cattiva gestione delle risorse si è avuto un grave
decadimento delle sue potenzialità, con una riduzione del 50% della produzione annua e la
conseguente grave carenza dei prodotti alimentari di base. La scarsa redditività dei lavori agricoli è
una delle cause che spingono i contadini a coltivare papavero da oppio o cannabis. Nonostante il
peso che l‟agricoltura ha sulla vita economica e sociale del Paese, gli aiuti internazionali sono stati
molto limitati, circa 400 milioni di dollari spesi direttamente in progetti agricoli negli ultimi sei
anni. In particolare, nel periodo 2002-2006 l‟USAID ha destinato all‟agricoltura meno del 4% dei
finanziamenti per l‟Afghanistan e tale percentuale è rimasta sostanzialmente invariata nel 2007 e
nel 2008. Il risultato è un livello di disoccupazione superiore al 50%, che spinge un numero molto
alto di giovani a cercare lavoro nei Paesi vicini (soprattutto in Iran) affrontando i rischi e le
privazioni che l‟immigrazione clandestina comporta. La situazione è aggravata in molte aree
dall‟incertezza sui diritti di proprietà delle terre, che è di ostacolo agli investimenti migliorativi da
parte dei tenutari degli appezzamenti di terreno. Contestualmente appaiono inadeguati gli sforzi
compiuti per migliorare il livello dei servizi di base (strade, acqua, elettricità, sanità) per le
popolazioni che vivono nelle aree rurali, anche se il National Solidarity Programme è riuscito a
distribuire risorse ai Community Development Council, organi elettivi che rappresentano oltre
25.000 villaggi. Tuttavia, la scarsità dei finanziamenti disponibili e la mancanza di professionalità
da parte degli uffici tecnici e amministrativi locali, unite all‟eccessiva burocratizzazione delle
procedure, alla poca trasparenza e alle disparità nella distribuzione dei fondi, troppo spesso legata a
ragioni di tipo clientelare, hanno influito sui risultati complessivi raggiunti, che sono ancora del
tutto insoddisfacenti.
Le responsabilità che competono ai Paesi donatori e alle istituzioni internazionali sono
evidenti e riguardano sia l‟entità degli aiuti finanziari, che devono essere commisurati alle esigenze
drammatiche dell‟Afghanistan e portati al livello di quelli concessi ad altri Paesi travagliati da
eventi bellici, sia la loro gestione. In merito a quest‟ultimo aspetto appare necessario migliorare la
trasparenza, fornendo informazioni dettagliate sulle modalità di appalto e sub-appalto,
174
Si veda il cap. 9, pagg. 65 sgg.
90
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
sull‟utilizzazione di risorse locali, sui livelli delle retribuzioni e sui margini di profitto. Potrebbe
essere molto utile altresì definire alcuni parametri di base che indichino l‟efficacia degli aiuti
rapportata agli obiettivi fissati dalle autorità governative e dalla comunità internazionale. Inoltre,
l‟approvazione dei vari progetti dovrebbe essere preceduta da una verifica sulla possibilità e sulla
capacità della struttura governativa interessata di controllare la loro esecuzione e di gestirli una
volta completati. Ciò anche allo scopo di prevedere misure di sostegno in campo tecnico ed
organizzativo. L‟efficacia degli aiuti potrebbe essere valutata da una commissione indipendente,
che operi sotto la giurisdizione del Consiglio di Sicurezza dell‟ONU o delle agenzie da tale
organismo delegate, e abbia l‟autorevolezza e il prestigio per pretendere cambiamenti della politica
seguita in materia dai Paesi donatori. Tale risultato potrebbe essere ottenuto con l‟ampliamento dei
poteri dell‟inviato speciale del Segretario generale dell‟ONU e con il potenziamento di quelle
strutture, quali il Joint Coordination and Monitoring Board, incaricate di coordinare le attività di
sostegno allo sviluppo economico e sociale del Paese e di garantire una più equa distribuzione delle
risorse tra i vari gruppi etnici e le province dell‟Afghanistan.
L‟esigenza di nominare una sorta di “super inviato” ha visto d‟accordo, in linea di principio,
molti Paesi e in particolare gli USA e il Regno Unito che avevano proposto per tale incarico Lord
Ashdown, britannico, distintosi per i risultati ottenuti in un ruolo analogo in Bosnia. Alla nomina di
Lord Ashdown si è tuttavia opposto il Governo di Kabul, che l‟11 marzo 2008 ha accettato la
designazione del diplomatico norvegese Kai Eide. La scelta di un inviato speciale dotato di ampi
poteri deve essere finalizzata oltre che a un migliore coordinamento tra tutte le organizzazioni e i
Paesi impegnati a sostenere il processo di ricostruzione dell‟Afghanistan, a mettere in condizioni il
Governo di Kabul di svolgere un ruolo di crescente responsabilità in tale processo in modo da
rafforzare la sua autorevolezza e il suo prestigio e conquistare la fiducia della popolazione. In tale
quadro, è essenziale che la comunità internazionale non si sostituisca alle autorità afghane ma ne
sostenga e integri l‟azione.
Il compito è difficile e richiede tempo perché il livello della governance nel Paese è ancora del
tutto insoddisfacente. In particolare, occorre molta determinazione da parte dei dirigenti di Kabul
per dotarsi di strutture amministrative e tecniche affidabili ed efficienti, rivedere e adeguare le
norme di legge e le procedure operative e di gestione ed emarginare gli esponenti corrotti, presenti
in tutti i settori dell‟apparato dello Stato175. Più volte in passato gli impegni presi in questo settore
non sono stati rispettati dalle autorità afghane, prigioniere di logiche di distribuzione del potere che
favoriscono i legami etnici, tribali e familiari oppure la difesa di interessi assai poco legittimi o di
posizioni conseguite con mezzi illeciti o non più ammessi in uno Stato moderno. Di conseguenza, la
comunità internazionale deve disporre di strumenti di monitoraggio per controllare l‟impiego delle
risorse messe a disposizione delle autorità e intervenire tempestivamente con grande decisione
qualora non vengano conseguiti gli obiettivi previsti, con impegni di assistenza per superare
difficoltà tecniche e gestionali o con misure di sospensione degli aiuti in caso di gravi errori,
sperperi o distrazione dei fondi.
175
Si veda il paragrafo 6.3 a pag. 41.
91
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
11. L’assistenza italiana: tanto impegno ma pochi mezzi
L‟Italia è stata presente nelle vicende dell‟Afghanistan post-taliban sin dall‟inizio, quando ha
partecipato con propri rappresentanti alla Conferenza di Bonn176, impegnandosi sia sul piano civile
che su quello militare. Tra le ragioni di tale partecipazione vi è il fatto che due sovrani afghani,
Amanullah prima e Zahir Shah poi, hanno trascorso il loro esilio in Italia, che è quindi divenuta un
punto di riferimento per l‟entourage della famiglia reale.
La sua precoce e assidua presenza, benché connotata da un limitato impegno finanziario, ha
garantito all‟Italia l‟accesso, e in seguito la permanenza, ad un ristretto gruppo di attori
internazionali che, in cambio del proprio rilevante impegno, giocano un ruolo di primo piano nei
rapporti con le istituzioni afghane. È in tale contesto che all‟Italia è stata attribuita la responsabilità
della riforma del settore della giustizia, daaprima in qualità di lead nation e, dopo la Conferenza di
Londra del 2006, di key partner. Del citato gruppo ristretto fanno oggi parte le Nazioni Unite,
attraverso UNAMA, l‟Unione Europea, che partecipa con il proprio Rappresentante speciale per
l‟Afghanistan e con una Delegazione della Commissione Europea, gli Stati Uniti, il Regno Unito, il
Giappone, la Germania, il Canada, la Spagna e l‟Italia.
Nonostante la riduzione, dall‟inizio degli anni ‟90, degli stanziamenti in bilancio per la
cooperazione allo sviluppo, l‟Italia non si è tirata indietro di fronte alla sfida globale che la
ricostruzione dell‟Afghanistan rappresentava, partecipando con finanziamenti limitati ma costanti.
Inoltre, benché l‟Afghanistan non faccia parte di un‟area geografica di interesse prioritario per il
Governo italiano, esso si è situato al primo posto tra i Paesi beneficiari della cooperazione italiana.
Le ragioni che hanno determinato tale scelta, così come il parallelo impegno militare, sembrano
derivare più dalla collocazione dell‟Italia nel quadro delle alleanze di cui è parte che da una
profonda convinzione dell‟esistenza di un interesse strategico nazionale. Questo fatto, insieme al
clamore suscitato dalle vittime italiane, militari e civili, di rapimenti ed attentati terroristici 177, ha
influenzato una crescente disaffezione dell‟opinione pubblica verso l‟impegno italiano.
Peraltro, nonostante il sostegno bi-partisan della classe politica a tale impegno, esso è stato
spesso condizionato da dinamiche di politica interna che ne hanno diminuito l‟efficacia e la
credibilità rispetto ai partner internazionali. L‟Italia del resto non è l‟unico Paese a risentire di
questo problema e negli ultimi anni l‟Afghanistan si è spesso trovato a dover fare i conti con
problematiche che gli erano del tutto estranee.
176
Si veda il cap. 1, pagg. 1 e sgg.
Dal 2001, in Afghanistan sono morti 12 militari e 4 civili italiani; nel periodo 2005-2007 i gruppi ribelli hanno
sequestrato 4 persone, tutte liberate in un secondo momento.
177
92
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
È interessante notare come da ciò abbia saputo trarre vantaggio l‟ultima generazione di taliban
che, mentre nella loro versione originaria osteggiavano qualunque mezzo tecnologico, sono oggi
all‟avanguardia nel saper sfruttare le comunicazioni globali178. In più occasioni, infatti, essi hanno
dimostrato di saper mettere in atto operazioni mirate a influenzare l‟opinione pubblica dei Paesi
partecipanti ad ISAF al fine di ottenere il ritiro dei relativi contingenti.
11.1.
La cooperazione militare
L‟Italia ha aderito all‟operazione militare in Afghanistan fin dal 9 ottobre 2001, con l‟invio di
un Gruppo navale d‟altura nell‟ambito dello schieramento della flotta NATO nel Mediterraneo
orientale, con il compito di monitorare il flusso di traffico navale nell‟area e di fornire supporto
logistico alla missione Enduring Freedom179. Il successivo 1° dicembre il Governo ha adottato il
decreto-legge n. 421180, con il quale autorizzava la partecipazione all‟Operazione Enduring
Freedom stanziando, per il solo mese di dicembre 2001, circa 30 milioni di euro181.
Poco dopo, il 28 dicembre, un nuovo decreto-legge, il n. 451182, prorogava fino al 31 marzo
2002 l‟autorizzazione alla partecipazione a Enduring Freedom e la estendeva al “connesso”
intervento ISAF. In realtà le due missioni avranno sin dall‟inizio un carattere molto diverso; la
prima, a guida USA, tesa a combattere i fenomeni terroristici, la seconda, istituita dal Consiglio di
Sicurezza ONU e passata nel 2003 sotto guida NATO, a sostenere la sicurezza territoriale e ad
estendere alle province afghane l‟autorità dello Stato.
Le due missioni continueranno ad essere prorogate e finanziate da successivi provvedimenti
legislativi183 a cadenza semestrale, fino al decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 4, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 marzo 2007, n. 38 che ha coperto l‟intero anno 2007.
La spesa per le missioni militari in Afghanistan non è di agevole lettura, soprattutto perché,
fino al 2004, le leggi di autorizzazione accorpavano gli oneri di tutte le missioni militari in corso.
Dal 2004, invece, la legge ha quantificato gli stanziamenti per le singole missioni e se ne desume
che, per quelle relative all‟Afghanistan, l‟Italia ha sostenuto una spesa che si aggira intorno ai 300
milioni di euro annui, con un impegno crescente nella missione ISAF e decrescente in quella
Enduring Freedom, come risulta dalla seguente tabella:
178
Come si osserva a pag. 11, queste capacità tecniche sembrano derivare dalla cooperazione con al-Qaida.
Gli AV8B della Marina hanno anche effettuato missioni in Afghanistan, ad esempio illuminando i bersagli da colpire
con bombe laser lanciate da altri aerei.
180
Convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 2002, n. 6.
181
Lo stanziamento era previsto in lire, e per la precisione 71.682 milioni.
182
Convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 15.
183
DL 16 aprile 2002, n. 64 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 116; DL 20 gennaio 2003, n.
4, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 2003, n. 42; Legge 11 agosto 2003, n. 231; DL 20 gennaio 2004,
n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 marzo 2004, n. 68; Legge 30 luglio 2004, n. 208; Legge 21 marzo
2005, n. 39; DL 28 giugno 2005, n. 111 convertito dalla legge 31 luglio 2005, n.157; DL 30 dicembre 2005 convertito,
con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, art. 39 vicies semel; Legge 4 agosto 2006, n. 247.
179
93
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Legge
Periodo
Enduring Freedom
ISAF
Totale
208/2004
Luglio/dic 2004
41.529.254
74.405.479
115.934.733
39/2005
Gen/giugno 2005
30.564.931
74.436.206
105.001.137
157/2005
Luglio/dic 2005
16.235.103
138.262.283
154.497.386
51/2006
Gen/giugno 2006
13.437.521
148.935.976
162.373.497
247/2006
Luglio/dic 2006
25.569.180
135.583.381
161.152.561
38/2007
Gen/dic 2007
8.174.817
310.084.996
318.259.813
L‟andamento è confermato dal provvedimento relativo al 2008184, che stanzia 337.695.621
euro per la missione ISAF185 e non menziona affatto l‟impegno in Enduring Freedom, terminato nel
2005 con il ritiro degli alpini/paracadutisti da Khost. I fondi stanziati successivamente a quella data
erano destinati al finanziamento dei liaison officer al CENTCOM di Tampa e al Gruppo navale
della Marina.
Tuttavia, occorre tener presente che tali quantificazioni riguardano prevalentemente le spese
per stipendi e indennità, mentre risulta impossibile quantificare ulteriori oneri, come quelli relativi
alla manutenzione di mezzi e armamenti che vengono utilizzati in varie missioni all‟estero. D‟altra
parte, va tenuto conto che la spesa complessiva comprende anche le attività di ricostruzione e
sostegno umanitario svolte dai militari in ambito CIMIC (Civil and Military Cooperation).
L‟Italia ha svolto un ruolo di rilievo all‟interno di ISAF, soprattutto nel periodo dall‟agosto
2005 al maggio 2006, quando ha tenuto il comando dell‟intera operazione (ISAF VIII), garantendo
una relativa tranquillità del Paese anche nel turbolento periodo delle elezioni politiche dell‟ottobre
2005.
Inoltre, dal 2005 l‟Italia ha la responsabilità di uno dei cinque comandi regionali (Nord, Sud,
Est, Ovest e Capitale), quello occidentale con centro ad Herat, oltre a gestire il Provincial
Reconstruction Team (PRT) nella stessa Herat. Dal dicembre 2007 l‟Italia ha altresì assunto la
responsabilità del comando regionale della Capitale, che durerà fino ad agosto 2008 e che ha
comportato l‟impiego di altri 250 uomini, portando il numero complessivo dei militari impegnati in
Afghanistan (inclusi i carabinieri) a 2.550 unità.
184
185
DDL 8 del 2008, la cui legge di conversione è stata approvata definitivamente il 26 febbraio 2008.
La cifra comprende anche gli oneri per la partecipazione alla missione di polizia EUPOL.
94
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
In precedenza (maggio 2007), il Ministro della difesa Arturo Parisi186 aveva annunciato l‟invio
in Afghanistan di 5 elicotteri A-129 Mangusta, 8 velivoli corazzati Dardo e 10 veicoli blindati
Lince, accompagnati da 145 militari di supporto tecnico e logistico.
La presenza militare italiana in Afghanistan, pur essendo stata fortemente apprezzata sia dalla
popolazione e dalle autorità locali sia dai partner internazionali, ha subito critiche a causa dei
“caveat” che limitano l‟impiego delle forze187. L‟Italia è il quarto contribuente di truppe nell‟ambito
della missione ISAF.
11.2.
La cooperazione civile
Per quanto riguarda l‟assistenza alla ricostruzione economica, politica e sociale, l‟Italia ha
reagito con rapidità agli sviluppi successivi all‟11 settembre 2001 e nel 2005, secondo i dati OCSE,
era al nono posto tra i donatori bilaterali. Gli stanziamenti annuali, dal 2001 al 2007, hanno avuto
una dimensione media intorno ai 40 milioni di euro per un totale nei 7 anni di intervento di circa
300 milioni di euro188. Va comunque rilevato che, a fronte del citato stanziamento, l‟effettivo
ammontare erogato è stato pari a circa 268 milioni, a causa delle difficoltà sia delle capacità di
assorbimento del sistema afghano sia di quelle di delivery del sistema italiano.
Peraltro, la maggioranza dei fondi stanziati, oltre il 62%, è stata affidata al canale
multilaterale, ossia a organismi internazionali incaricati di realizzare progetti, in linea con
l‟approccio seguito in generale dalla cooperazione italiana. Inoltre, il 45 % dei fondi è stato diretto a
fronteggiare l‟emergenza e all‟aiuto alimentare, attraverso il supporto a progetti di agenzie quali
l‟UNICEF, il PAM, l‟OMS, l‟UNHCR e l‟UNFPA che, soprattutto nelle prime fasi dell‟intervento,
hanno fornito sostegno alle fasce più deboli della popolazione e al rientro dei profughi. Consistenti
finanziamenti189 sono inoltre stati canalizzati attraverso il fondo istituito dalla Banca mondiale
(l‟ARTF) e, in quantità inferiori, ai fondi LOFTA e CNTF rivolti, rispettivamente, al supporto delle
forze di polizia nonchè al settore anti-narcotici e al disarmo delle milizie irregolari. L‟Italia ha
altresì contribuito alla ricostruzione istituzionale attraverso il sostegno delle elezioni presidenziali
nel 2004 (5 milioni di euro) e parlamentari nel 2005 (6 milioni di euro), nonché partecipando (con 1
milione di euro e attraverso la cooperazione con la Camera dei deputati) al progetto SEAL
dell‟UNDP per la ricostruzione del Parlamento afghano.
Quanto al canale bilaterale, oltre ad una serie di attività nei settori sanitario e scolastico, un
consistente impegno è quello che riguarda l‟ammodernamento della strada che collega Kabul a
Bamiyan, di circa 140 chilometri. Il finanziamento al progetto è stato approvato nell‟ottobre del
2003 per un ammontare di 12 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2003 al 2005, oltre a 1,9
186
Riunione delle Commissioni riunite Esteri e Difesa del Senato e della Camera, 15 maggio 2007.
Si veda il rapporto di International Crisis Group, Endangered Compact, gennaio 2007.
188
Queste cifre comprendono il sostegno al settore giustizia, di cui si parlerà nel paragrafo successivo.
189
17 milioni di euro nel 2002, 5 milioni nel 2004, 7 milioni nel 2006 e 6 milioni nel 2007.
187
95
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
milioni di assistenza tecnica. In realtà i lavori sono andati molto a rilento e solo nel 2007 è stata
erogata la seconda tranche del finanziamento.
Nel corso del 2007, inoltre, la cooperazione italiana in Afghanistan ha registrato due
importanti novità:

la separazione della cooperazione civile da quella militare nella provincia di Herat190;

l‟apertura di una Unità tecnica locale (UTL) a Kabul con compiti di coordinamento di tutta
l‟attività di assistenza, guidata dall‟Ingegner Di Calisto.
11.3.
La riforma della giustizia
Nel quadro dell‟Accordo di Bonn l‟Italia ha assunto il ruolo di Nazione guida nella
ricostituzione del sistema giudiziario afghano e ha successivamente istituito, nel 2003, l‟Ufficio
italiano giustizia (IJPO) a Kabul. Così come gli altri donatori impegnati nella ricostruzione di altri
settori della sicurezza afghana, l‟Italia si è trovata a far fronte a un‟pera di enormi proporzioni,
considerata la devastazione provocata nelle istituzioni afghane da decenni di guerra civile. Basti
dire che il primo impegno dell‟IJPO è stato quello di recuperare le gazzette ufficiali per ricostruire il
corpo normativo pregresso, dovendole cercare negli scantinati del Ministero della giustizia dove
erano state ammassate, in disuso, nel periodo dei taliban. Gli stessi tribunali e uffici giudiziari erano
stati abbandonati e sostituiti dalle corti della sharia. Drammatica era anche la situazione culturale e
professionale degli operatori nel settore giudiziario.
Inoltre, nei decenni della frammentazione statuale, erano riemersi i tradizionali meccanismi di
autogoverno e composizione delle controversie a livello locale, jirga e shura, che ancora oggi si
stima che affrontino oltre l‟80% dei casi giudiziari. Tali meccanismi, pur utili nel sopperire alle
carenza della giustizia formale, fanno riferimento ad un insieme di regole tribali alcune delle quali
violano pesantemente gli standard dei diritti umani e la stessa legge islamica.
I settori in cui si è concentrato l‟intervento italiano sono stati quelli delle riforme legislative,
con la predisposizione di alcuni strumenti fondamentali nel settore penale come il Codice di
procedura penale, la legge penitenziaria e il Codice minorile; la riabilitazione e costruzione delle
infrastrutture giudiziarie (tribunali, uffici, prigioni); la formazione di giudici, procuratori e
funzionari del settore; la fornitura di strumenti e attrezzature di lavoro. È inoltre spettato all‟IJPO il
compito di negoziare con le autorità locali e di coordinare i vari attori internazionali impegnati nella
riforma della giustizia, da ultimo attraverso l‟organizzazione della Conferenza sullo stato di diritto
in Afghanistan, svoltasi a Roma il 2 e 3 luglio 2007191.
190
191
Si veda in merito il rapporto http://wws.princeton.edu/research/pwreports_f07/wws591b.pdf.
Si veda la pagina web http://www.rolafghanistan.esteri.it/ConferenceRol.
96
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Il programma di sostegno alla giustizia afghana si avvale dei fondi della cooperazione allo
sviluppo di cui al paragrafo precedente. Le dimensioni dell‟aiuto si sono aggirate intorno ai 10
milioni di euro l‟anno nel periodo 2003-2007. Come per gli altri interventi di questa natura, la
concreta realizzazione dei progetti è affidata per lo più al canale multilaterale e solo in misura
minore a quello bilaterale. Per quanto riguarda il multilaterale, le allocazioni più significative (circa
13 milioni di euro) sono state destinate all‟IDLO (International Development Law Organization)192,
un‟organizzazione internazionale con sede a Roma che si è fatta carico di interventi soprattutto nel
campo della formazione degli operatori giudiziari. Sono inoltre stati finanziati progetti dell‟UNDP,
rivolti soprattutto alla riforma delle istituzioni; dell‟UNODC, che avrebbero dovuto costruire
prigioni e formare gli operatori penitenziari; dell‟UNICEF, per l‟attuazione della riforma nel settore
minorile e la costruzione di centri per minori; dell‟UNIFEM per il sostegno delle donne nel settore
giustizia.
Circa il canale bilaterale, gli stanziamenti hanno riguardato la gestione dell‟Ufficio a Kabul e
del relativo personale nazionale ed estero, nonché lo svolgimento di un progetto di formazione nelle
province effettuato con i fondi in loco dall‟organizzazione non governativa ISISC con sede a
Siracusa.
L‟IJPO è stato diretto nel 2004 dal presidente Di Gennaro e dalla fine del 2004 al settembre
2006 dall‟Ambasciatore Brunetti. Successivamente non è stato nominato alcun coordinatore e le
relative responsabilità politiche sono state affidate all‟ambasciata di Kabul.
Con l‟apertura dell‟UTL ed il tramonto dell‟IJPO, gli aiuti italiani al settore giudiziario sono
stati ricomposti nel Programma giustizia, che è divenuto uno dei diversi programmi gestiti dalla
cooperazione in loco. Tale soluzione ha consentito la ripresa della gestione tecnica del programma e
il controllo sull‟amministrazione dei progetti finanziati.
Attualmente l‟Italia finanzia 3 dei 15 quick impact project presentati dalle autorità afghane
alla Conferenza di Roma, mentre è in corso una valutazione dei progetti da finanziare nel 2008
basata sui risultati degli anni precedenti. Il Governo afghano ha inoltre portato a termine, benché
con ritardo rispetto ai tempi stabiliti a Roma, la strategia di sviluppo del settore giustizia 193, che
verrà realizzata attraverso un National Justice Programme (NJP), in fase di completamento.
Quest‟ultimo sarà finanziato principalmente attraverso l‟ARTF e, in misura minore, con attività
bilaterali o il sostegno diretto al bilancio afghano.
Al momento le attività di cooperazione sostenute dall‟Italia riguardano l‟avvio dei corsi di
formazione nell‟ambito del National Legal Training Center (NLTC) ed il sostegno al sistema
penale minorile.
192
193
www.idlo.int.
National Justice Sector Strategy - NJSS
97
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
12. Conclusioni
L‟esame della situazione interna afghana, così come emerge dai capitoli precedenti, non
induce all‟ottimismo sulla possibilità di una rapida stabilizzazione del Paese e di un‟accelerazione
dello sviluppo economico e sociale. Nello stesso contesto, tuttavia, gli ostacoli e le difficoltà che
stanno impedendo la realizzazione degli obiettivi annunciati dall‟Afghanistan Compact e dagli
Action plan successivi non devono essere considerati insormontabili. È indispensabile però che la
comunità internazionale da una parte, in primo luogo l‟ONU, la NATO, l‟Unione Europea e i Paesi
della regione, e la dirigenza di Kabul dall‟altra rivedano le loro politiche e accettino di definire
congiuntamente una nuova strategia. Questa deve affrontare tutti i problemi e riflettere le esigenze
reali dell‟Afghanistan e non gli interessi dei gruppi di pressione interni, preoccupati solo di
salvaguardare i propri interessi, né quelli dei soggetti internazionali guidati da propositi di
ingerenza.
La recrudescenza dell‟attività terroristica, che minaccia oramai tutto il territorio nazionale,
anche se con livelli di intensità assai diversi, il diffondersi di un uso della violenza strumentale alla
lotta politica sul piano locale e il gravissimo ritardo nell‟attuazione dei progetti di ricostruzione
stanno alienando il sostegno popolare alle nuove istituzioni dando slancio alle forze che vogliono un
Afghanistan debole, instabile ed emarginato dal contesto internazionale. Il consenso nei confronti
della presenza militare straniera è ancora prevalente nel Paese, ma le sue dimensioni si stanno
progressivamente erodendo e ci si sta avvicinando a una soglia oltre la quale il successo dei gruppi
estremisti, oggi considerato “possibile”, potrebbe diventare “probabile”.
In altre parole, la guerra di Kabul e dei Paesi occidentali per conquistare “i cuori e le menti”
degli afghani non è ancora perduta, ma occorre eliminare le cause della diffusione della violenza e
adottare rapidamente un nuovo approccio.
Nello stesso contesto, nei Paesi occidentali cresce la pressione dei settori dell‟opinione
pubblica, che nutrono dubbi sull‟impegno militare nel teatro afghano, soprattutto in mancanza di
risultati evidenti sul piano della sicurezza e dello sviluppo. Per contro, i gruppi estremisti, endogeni
ed esogeni, non devono rispondere a condizionamenti di questo tipo poiché il fattore tempo gioca a
loro favore.
Come ha ribadito recentemente il Segretario generale della NATO, Jaap De Hoop Scheffer 194,
l‟Afghanistan è la linea del fronte nella guerra contro il terrorismo; ciò che sta accadendo
nell‟Hindu Kush interessa tutti perché se il terrorismo non è vinto in Afghanistan le conseguenze
non saranno avvertite solo in questo Paese e nella regione, ma anche in Europa. Di conseguenza, i
Governi dei Paesi che hanno inviato contingenti militari in Afghanistan dovrebbero impegnarsi in
una attenta analisi e in una riflessione strategica che, pur tenendo conto degli orientamenti
prevalenti tra le rispettive forze politiche e tra la popolazione, miri a una maggiore condivisione
194
BBC, 8 febbraio 2008.
98
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
delle responsabilità e degli oneri che l‟impegno nel Paese comporta, non solo sul piano militare.
Nello stesso tempo deve essere ricercata una maggiore partecipazione di tutta la comunità
internazionale, specialmente di quei Paesi che aspirano a ruoli di potenza regionale, all‟opera di
ricostruzione e di sviluppo, che necessita di flussi di finanziamenti, soprattutto in alcuni settori,
molto più ingenti di quelli messi a disposizione sinora.
La necessità di definire una nuova strategia è percepita con chiarezza dai Governi occidentali
e, in misura minore, anche da quello di Kabul, che stenta tuttavia a capirne l‟urgenza; infatti, sinora
non sono state promosse iniziative concrete per accelerare il suo sviluppo, che deve essere sottratto
a ogni tentativo di difendere interessi di parte o logiche di potenza. Tuttavia, alcuni Centri Studi
hanno presentato proposte intelligenti che possono aiutare i Governi a rielaborare la loro politica per
l‟Afghanistan armonizzandola con quella di tutti gli enti/soggetti coinvolti.
Uno dei punti fermi di tale processo deve essere la consapevolezza che l‟azione militare è
ancora importante, e in molte zone indispensabile, ma che da sola non è in grado di creare le
condizioni per il successo dell‟impegno internazionale. Di conseguenza, prima di quantificare
l‟entità dei rinforzi necessari a ISAF occorre definire nuovi criteri di intervento e nuove forme di
coordinamento, a tutti i livelli, per ottimizzare l‟impiego delle risorse disponibili e ridurre gli effetti
collaterali (vittime civili). In tale quadro, va superata l‟“incomunicabilità”, denunciata da molti
esperti, esistente tra le forze speciali USA e le altre unità, anche statunitensi, ospitate nelle stesse
infrastrutture, che in più occasioni ha avuto riflessi negativi sul piano operativo e inasprito
l‟opposizione delle comunità locali nei confronti degli stranieri.
Deve inoltre essere affrontato il problema di un effettivo coordinamento, prima, e di una
unificazione, dopo, tra la missione di ISAF e quella di Enduring Freedom, con la fine di
quest‟ultima. Al momento, ragioni politiche e differenze di approccio ne rendono difficile
l‟attuazione. In particolare, alcuni ambienti politici e militari europei mostrano una forte riluttanza
ad affrontare il tema dell‟unificazione del comando perché temono che, quando tutte le operazioni
di counterinsurgency passeranno sotto il comando di ISAF, sarà più difficile per i vari contingenti
evitare di essere coinvolti.
Ogni operazione militare deve essere inoltre integrata in un contesto più ampio, che veda un
pronto intervento delle strutture civili, come ONG e agenzie governative, oppure militari (CIMIC),
per ripristinare i servizi di base e dare assistenza alla popolazione. Solo in questo modo si potrà
convincere gli afghani che gli stranieri non sono nel Paese solo per fare la guerra ma anche per
sostenere la ricostruzione. Ad esempio, la battaglia per sottrarre ai taliban il distretto di Musa Qala,
conclusa vittoriosamente nel dicembre 2007 senza gravi perdite e distruzioni rilevanti, non è stata
seguita da tempestivi interventi di carattere umanitario, lasciando per parecchi giorni la popolazione
locale in condizioni di precarietà maggiori di quelle in cui viveva quando erano presenti le milizie
del mullah Omar.
Uno dei settori in cui è apparso più evidente il fallimento degli sforzi delle autorità locali e
della comunità internazionale in Afghanistan è quello dello state building e della governance, le cui
gravi carenze compromettono la legittimità e la credibilità delle istituzioni e alimentano la
propaganda dei gruppi eversivi. Come descritto nei precedenti capitoli, non si tratta solo di un
problema di inefficienza e incompetenza ma, soprattutto, di corruzione, le cui forme sono
99
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
estremamente pervasive e colpiscono tutti i cittadini, inclusi quelli delle fasce più povere. Anche se
non è possibile aspettarsi miglioramenti significativi in tempi rapidi, occorre dare chiari segnali di
svolta con il completamento della riorganizzazione della pubblica amministrazione, l‟attuazione di
misure draconiane di lotta alla corruzione, l‟accelerazione della riforma dei settori giustizia e
sicurezza.
Gli enti internazionali e i Paesi che operano in Afghanistan con proprie strutture militari e
civili devono agire con maggiore coerenza, rinunciando a uno sterile protagonismo ed esercitando,
viceversa, una decisa azione di sostegno, evitando quei comportamenti che sinora non hanno
favorito il consolidamento delle istituzioni locali e l‟affermazione del prestigio e del ruolo dello
Stato. Nello stesso tempo, tuttavia, essi devono premere sulla dirigenza di Kabul perché si impegni
con grande determinazione, anche a rischio di compromettere gli equilibri di potere esistenti, per
migliorare le capacità operative e il livello di moralità di tutte le istituzioni pubbliche. Devono
essere allontanate le figure corrotte o incapaci, anche se legate ai massimi vertici dello Stato o se
occupano posizioni di grande rilievo, e nelle nomine deve essere data priorità alla competenza e
all‟affidabilità, in base a criteri il più possibile oggettivi. Ogni inadempienza al riguardo deve essere
stigmatizzata con forza e portare a una sospensione o a una riduzione dei finanziamenti.
Se, dopo oltre sei anni dalla caduta del regime taliban, l‟Afghanistan non è ancora uscito dalla
situazione di instabilità, che anzi si sta aggravando ulteriormente, la causa non va ricercata tanto
nell‟inadeguatezza della risposta militare di ISAF/Enduring Freedom o nell‟attivismo dei gruppi
eversivi, quanto piuttosto nella mancanza di risposta da parte dello Stato afghano alle richieste della
popolazione, che ha visto deluse le proprie aspettative di sviluppo economico e sociale, di giustizia
e sicurezza.
Il Governo di Kabul e i Paesi alleati devono definire un progetto comune per la gestione dei
contatti con gli esponenti e i settori dei gruppi eversivi che mostrano interesse alle offerte di
reinserimento e di partecipazione alla vita sociale e politica. In una recente intervista, il diplomatico
irlandese Michael Semple, espulso nel dicembre 2007 dal Paese proprio per l‟accusa di aver
incontrato esponenti taliban, ha ribadito di essere fermamente convinto che, con una buona gestione
delle trattative, è possibile convincere i due terzi dei ribelli a staccarsi dal nucleo degli irriducibili.
Questa opportunità va esplorata con grande convinzione, evitando iniziative unilaterali e fughe in
avanti dirette alla ricerca di visibilità o di vantaggi immediati che il più delle volte risultano
controproducenti. È opportuno che i soggetti internazionali che operano in Afghanistan si attengano
al “percorso” concordato con le autorità di Kabul, alle quali va lasciata la responsabilità nella
gestione delle trattative. In caso contrario le loro iniziative rischiano di essere strumentalizzate o di
provocare tensioni e contrasti che i dirigenti taliban e i loro consiglieri stranieri (arabi e pakistani)
sono molto abili a sfruttare, anche ai fini mediatici.
Il successo degli sforzi per la stabilizzazione del Paese favorirà inevitabilmente un circolo
virtuoso utile anche alla lotta alla produzione e al traffico di droga, impedendo all‟Afghanistan di
diventare un “narco-stato”. Anche in questo campo occorrono intelligenza, determinazione e
pazienza, rifuggendo da progetti come l‟impiego di erbicidi diffusi in forma spray da vettori aerei,
che non solo non eliminano le cause del fenomeno, ma aggravano la situazione di insicurezza in cui
il narcotraffico prospera. I contrasti esistenti al riguardo tra gli USA e quasi tutti gli altri Paesi
100
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
impegnati in Afghanistan devono essere superati a favore di un approccio “non ideologico” al
problema e di soluzioni che subordinino o affianchino la minaccia di distruzione delle coltivazioni a
interventi concreti e di rapido effetto per il miglioramento delle condizioni di vita dei contadini.
Anche in questo campo l‟esperienza degli ultimi anni ha insegnato che non possono essere
perseguite iniziative unilaterali, poiché i problemi del Paese sono così complessi e radicati che
richiedono un impegno coordinato e sistematico.
Tra le misure che risultano prioritarie in un quadro di approccio strategico onnicomprensivo
alla crisi afghana vi è l‟attribuzione all‟inviato speciale del Segretario generale dell‟ONU di più
ampi poteri, in modo da conferirgli una reale capacità di coordinamento, indirizzo e controllo
dell‟attività di tutti gli organismi stranieri attivi in Afghanistan. Egli deve rappresentare, inoltre, il
principale interlocutore delle autorità afghane, con una forza di “persuasione” sufficiente a guidarne
le scelte, allineandole agli impegni presi.
È altresì essenziale il coinvolgimento dei Paesi della regione, soprattutto India, Iran e
Pakistan, nel fornire un efficace contributo al miglioramento della situazione economica, sociale e
di sicurezza dell‟Afghanistan, evitando interventi destabilizzanti. Potrebbe essere utile, in questo
contesto, promuovere una conferenza regionale, con la partecipazione anche di rappresentanti delle
principali istituzioni internazionali e di altre Nazioni a vario titolo interessate all‟evoluzione delle
dinamiche interne afghane. Il confronto deve servire a superare incomprensioni e sospetti, che
impediscono un‟azione coordinata, e a convincere gli Stati della regione che la normalizzazione
dell‟Afghanistan è essenziale per la loro stabilità poiché crea le condizioni per il successo nella lotta
al terrorismo e al narcotraffico. In questa sede, in cambio del loro impegno potrebbero essere fornite
concrete contropartite, come ad esempio garanzie, all‟Iran, che in nessun caso Washington userà
basi afghane per attacchi contro il suo territorio, e, al Pakistan, che Kabul non metterà in
discussione la Linea Durand e non cercherà di sfruttare eventuali rivendicazioni della popolazione
pashtun della North West Frontier Province e delle aree tribali per condizionare le scelte di
Islamabad.
La creazione di un clima di fiducia tra Afghanistan e Pakistan è la condizione indispensabile
affinché i due Paesi perseguano un‟azione coordinata diretta a impedire ai gruppi terroristici di
utilizzare le aree pakistane di confine come rifugi e come basi di partenza per attacchi contro le
forze fedeli al Governo di Kabul e quelle di ISAF/Enduring Freedom. Infatti, la vittoria contro
l‟estremismo di matrice islamica sarà assai difficile fino a quando le cellule terroristiche potranno
agire con sostanziale tranquillità in settori importanti del territorio pakistano per riorganizzarsi e per
addestrare alla guerriglia e alle azioni suicide i volontari reclutati nelle madrasse locali. Al
momento, tuttavia, i due Paesi non sono in grado, da soli, di far fronte a questa minaccia, ma hanno
bisogno dell‟assistenza militare e di intelligence degli USA e della NATO, soprattutto per la
localizzazione dei centri di comando e dei rifugi dei vertici dei movimenti eversivi e per
l‟individuazione delle rotte attraverso cui giungono in Afghanistan uomini e mezzi. Nello stesso
tempo, l‟assistenza militare occidentale deve essere accompagnata da un piano di interventi di
carattere finanziario per favorire lo sviluppo economico e sociale delle arre tribali la cui
popolazione vive, generalmente, in condizioni di arretratezza e di precarietà assai più gravi di quelle
riscontrate nel resto del Pakistan. Il miglioramento del tenore di vita e dei livelli di istruzione è una
101
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
delle armi più efficaci per contrastare la propaganda anti-governativa e anti-occidentale dei settori
più estremisti del clero.
In questa fase che precede le principali scadenze elettorali afghane, con le consultazioni
presidenziali e parlamentari previste rispettivamente nel 2009 e nel 2010, ma che potrebbero essere
accorpate per ridurre le spese, grande attenzione deve essere dedicata ai rapporti con le forze
politiche locali, per non suscitare l‟impressione che i Paesi occidentali o alcuni di essi appoggino
l‟uno o l‟altro dei candidati. Questo errore è stato fatto in passato, quando buona parte dei
diplomatici europei si è allineata alle posizioni dell‟ex Ambasciatore statunitense a Kabul, Zalmay
Khalilzad, schieratosi apertamente a fianco di Karzai. Ciò ha spinto molti esponenti degli altri
gruppi etnici a cercare il sostegno politico, che per molti è stato anche un sostegno finanziario, della
Russia e dell‟Iran. I Paesi NATO dovrebbero svolgere un‟azione di promozione della democrazia
nei confronti di tutti i partiti e dei loro dirigenti, soprattutto di quelli onesti, che risultano più
svantaggiati in quanto privi dei mezzi economici derivanti dal narcotraffico.
Nello stesso tempo, tuttavia, è necessario interrogarsi per comprendere a fondo le ragioni dei
comportamenti, anche quando possono sembrare ostili agli interessi occidentali, perché non bisogna
sottovalutare il peso delle dinamiche e delle logiche di potere locali. In tale quadro sono apparse
eccessive le critiche rivolte da ambienti politici inglesi e statunitensi nei confronti del Presidente
Karzai, colpevole di essersi opposto al conferimento di pieni poteri a Lord Ashdown. In
Afghanistan, i lutti provocati dalle campagne di conquista dell‟impero britannico pesano ancora
nella memoria popolare, nonostante siano passati molti decenni. È inopportuno pertanto ignorarli
anche se vanno condannati e contrastati i tentativi di strumentalizzarli, come alcune forze politiche
afghane, anche vicine a Karzai, stanno cercando di fare per accrescere il loro “leverage” sulla
comunità dei donatori.
L‟Afghanistan continua a essere un tema cruciale nel dibattito politico italiano, per la ferma
opposizione di una parte delle forze politiche alla presenza di contingenti militari nazionali nel
Paese. Nello stesso contesto, è prevedibile che dopo le prossime elezioni Washington chiederà al
nuovo Governo, come sta facendo con quelli di molti Paesi europei e della Turchia, un aumento del
dispositivo militare in Afghanistan e la revoca dei caveat, che sinora ne hanno di fatto impedito
l‟impiego nelle province meridionali in attività di counterinsurgency. È una richiesta destinata a
dividere gli schieramenti politici ma che non può essere elusa, anche se potrebbe essere ricordato a
Washington che gran parte della responsabilità per l‟attuale situazione di instabilità in Afghanistan
è da attribuire alla decisione dell‟Amministrazione Bush, prima, di attaccare l‟Iraq e, in seguito, di
mantenervi il grosso delle forze statunitensi. In ogni caso, di fronte ad eventuali resistenze da parte
del nostro Governo, Washington e i Vertici NATO potrebbero anche considerare soddisfacente un
aumento del contributo italiano nei settori logistico ed aereo (sia per missioni di trasporto che di
combattimento), che comportano meno rischi per i nostri militari e quindi meno problemi in sede di
approvazione parlamentare. Qualora invece lo ritenesse politicamente inopportuno o, comunque,
non percorribile un rifiuto, il Governo italiano dovrebbe pretendere un maggior potere decisionale
nella pianificazione delle operazioni, allo scopo di garantire per quanto possibile adeguate
condizioni di sicurezza per il contingente nazionale e insistere sulla necessità di un maggiore
coordinamento tra tutti gli attori coinvolti.
102
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Inoltre, un eventuale impegno in aree a rischio dovrebbe avvenire secondo un profilo
operativo più attento a evitare perdite tra i civili e che preveda un impiego crescente delle forze di
sicurezza locali, specialmente dell‟ANA, la cui presenza è più accettata dalla popolazione afghana.
Nello stesso contesto, l‟azione militare dovrebbe essere inserita in un piano integrato di interventi
che coinvolga enti e organizzazioni civili, nazionali e stranieri, a favore dello sviluppo economico e
sociale delle realtà locali. Inoltre, i Comandi militari e i rappresentanti diplomatici italiani
dovrebbero assumere un atteggiamento molto risoluto nei confronti dei responsabili amministrativi
e di sicurezza provinciali perché evitino iniziative e comportamenti che mettano a rischio la
realizzazione dei progetti e alimentino la sfiducia dei cittadini nello Stato, punendo con severità
ogni violazione da parte dei dipendenti195. Nell‟ambito di queste scelte, le autorità italiane
dovrebbero, da un lato, migliorare la preparazione e l‟equipaggiamento dei nostri militari,
specialmente per quanto riguarda la dotazione di veicoli in grado di resistere all‟esplosione di
ordigni improvvisati, anche di grossa potenza, e, dall‟altro, mettere a disposizione istruttori
qualificati per l‟addestramento dell‟ANA e della polizia afghana. Contestualmente dovrebbe essere
attivato nelle nuove aree di impiego un dispositivo intelligence in grado di acquisire
tempestivamente, in cooordinamento con le analoghe strutture afghane e con quelle degli altri Paesi
che partecipano alle missioni ISAF/Enduring Freedom, tutti gli elementi utili a individuare sia
l‟emergere di nuovi fattori di rischio sia l‟evoluzione delle dinamiche etniche, sociali e tribali locali.
Sul piano politico, sarebbe opportuna una campagna di informazione, perché l‟opinione pubblica
italiana prenda piena conoscenza delle ragioni del nostro impegno in Afghanistan e delle
conseguenze che un ritiro delle unità NATO poterebbe avere sul futuro di quel Paese e sulla
sicurezza di tutto l‟occidente.
In sostanza, per contrastare la recrudescenza dell‟attività terroristica, favorire la
stabilizzazione dell‟Afghanistan, consolidare le strutture statuali e dare nuovo slancio ai programmi
di ricostruzione economica e morale, la comunità internazionale, e in primo luogo i Paesi
occidentali, devono agire su più livelli; in particolare:
- definire una nuova strategia che affronti nella loro globalità tutti i problemi del Paese e dia
un ruolo centrale agli interventi nel settore civile, che devono essere integrati con quelli militari e
non necessariamente a essi subordinati;
- aumentare l‟assistenza militare alle forze di sicurezza afghane sia nel settore addestrativo,
incrementando il numero degli OMLT, sia in quello logistico;
- incrementare gli aiuti finanziari, portandoli al livello di quelli concessi ad altri Paesi
travagliati da eventi bellici, e migliorare la trasparenza della loro gestione. Inoltre, è necessario
stabilire parametri di base che indichino l‟efficacia degli interventi rapportata agli obiettivi fissati
dalle autorità governative e dalla comunità internazionale;
- sostenere il processo di democratizzazione del Paese nell‟attuale periodo pre-elettorale
evitando atteggiamenti discriminatori nei confronti di candidati e partiti che hanno assunto posizioni
195
In tale quadro, è facile immaginare che gli abitanti di Herat, di fronte al crescente attivismo della criminalità comune
e organizzata nell‟area, si aspettano un contributo più decisivo dei Comandi italiani per migliorare l‟efficacia e
l‟affidabilità delle forze dell‟ordine locali.
103
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
critiche sul ruolo politico e militare occidentale, purché da parte loro si manifestino integrità e
chiare convinzioni democratiche;
- sollecitare l‟attribuzione di ampi poteri all‟inviato speciale del Segretario generale
dell‟ONU, che dovrebbe avere una reale capacità di coordinamento e controllo dell‟assistenza
internazionale, evitando duplicazioni, incongruenze e sprechi di risorse;
- premere sulle autorità di Kabul, fornendo loro l‟assistenza di cui hanno bisogno, perché sia
accelerato il processo di state building e migliorata la governance, mediante la riforma
dell‟apparato burocratico dello Stato, il potenziamento delle capacità di progettazione e di gestione
dell‟amministrazione centrale e periferica e la lotta alla corruzione;
- monitorare l‟efficacia degli aiuti tramite un‟apposita commissione posta sotto l‟autorità
dell‟inviato speciale del Segretario generale dell‟ONU e che abbia il potere di sanzionare, con una
riduzione o un blocco dei finanziamenti, errori, sprechi e distrazione di fondi da parte degli
organismi governativi, delle ditte appaltatrici e delle ONG;
- promuovere una maggiore cooperazione tra i Paesi della regione, in particolare Iran, India e
Pakistan, perché superino diffidenze e sospetti e si impegnino concretamente per la normalizzazione
dell‟Afghanistan e il successo nella lotta contro l‟estremismo e il narcotraffico, da cui anche loro
sono minacciati;
- sostenere, fornendo assistenza nei settori intelligence e militare, l‟impegno delle autorità
pakistane contro i gruppi estremisti che dal territorio nazionale conducono attacchi contro obiettivi
governativi e stranieri in Afghanistan. Contestualmente è necessario finanziare i programmi di
sviluppo delle aree tribali e della NWFP per ridurre i margini di consenso nei confronti dei
movimenti più radicali.
104
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Allegato I
COMPOSIZIONE DEL GOVERNO
(marzo 2008)
Presidente: HAMED KARZAI (pashtun)
1° Vice Presidente: AHMAD ZIA MASSUD (tagiko)
2° Vice Presidente: KARIM KHALILI (hazara)
Ministro della difesa: ABDUL RAHIM WARDAK (pashtun)
Ministro degli affari esteri: RANGIN DADFAR SPANTA (tagiko)
Ministro dell‟interno: AHMAD ZARAR MUQBIL (tagiko)
Ministro delle finanze: ANWARUL HAQ AHADY (pashtun)
Ministro dell‟economia: MOHAMMAD JALIL SHAMS (tagiko)
Ministro del commercio: MOHAMMAD AMIN FARHANG (pashtun)
Ministro dell‟istruzione: MOHAMMAD HANIF ATMAR (pashtun)
Ministro dell‟energia e delle risorse idriche: ISMAIL KHAN (tagiko)
Ministro dei trasporti: HAMIDULLAH QADERI (etnia sconosciuta)
Ministro delle comunicazioni: AMIR ZAI SANGIN (pashtun)
Ministro delle miniere e delle industrie: MOHAMMAD IBRAHIM ADEL (hazara)
Ministro dei lavori pubblici: SUHRAB ALI SAFARI (hazara)
Ministro dello sviluppo urbano: YUSUF PASHTUN (pashtun)
Ministro della riabilitazione rurale e dello sviluppo: MOHAMMAD EHSAN ZIA (tagiko)
Ministro dell‟agricoltura e dell‟alimentazione: OBAIDULLAH RAMIN (tagiko)
Ministro della giustizia: SARWAR DANISH (hazara)
Ministro della sanità: Sayed Mohammad Amin Fatimi (tagiko)
Ministro dell‟istruzione superiore: MOHAMMA AZAM DADFAR (uzbeko)
Ministro della cultura e dell‟informazione: MOHAMMAD KARIM KHURAM (etnia sconosciuta)
Ministro dei pellegrinaggi e degli affari religiosi: NEMATULLAH SHARANI (uzbeko)
Ministro delle frontiere e gli affari tribali: ABDUL KARIM BRAHUI (beluchi)
Ministro degli affari femminili: HASAN BANU GHAZANDAR (uzbeka)
Ministro per i disabili, martiri, affari sociali e lavoro: NUR MOHAMMED QARQIN (turkmeno)
Ministro dei rifugiati: SHER MOHAMMAD ETEBARI (pashtun?)
Ministro per la lotta alla droga: KHODAIDAD (tagiko?)
Consigliere per la sicurezza nazionale: ZALMAI RASSOUL (pashtun)
Ministro senza portafoglio: HEDAYAT AMIN ARZALA (pashtun)
105
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Allegato II
COSTITUZIONE - ASPETTI PRINCIPALI
Gli aspetti più qualificanti della nuova Costituzione afghana, che sulla carta è una delle più avanzate
e liberali tra quelle in vigore nei Paesi del continente, riguardano soprattutto la forma di Stato, i
diritti e i doveri dei cittadini, la tutela delle minoranze, i poteri del Presidente, del Governo e del
Parlamento ed il loro reciproco bilanciamento.

Lo Stato. L‟Afghanistan è una repubblica islamica indipendente; la religione di Stato è la “sacra
religione dell‟Islam”. Nessuna legge può essere contraria ai principi e ai precetti dell‟Islam; lo
Stato si attiene alla Carta delle Nazioni Unite, ai trattati e alle convenzioni internazionali
sottoscritte dall‟Afghanistan e alla Dichiarazione universale dei Diritti dell‟Uomo; il pashtu e il
dari sono le lingue ufficiali dello Stato, mentre le lingue delle altre minoranze lo sono nelle zone
abitate in prevalenza dalle minoranze stesse.

I diritti fondamentali e i doveri dei cittadini. È proibito ogni tipo di privilegio o di
discriminazione. I cittadini dell‟Afghanistan - uomini o donne - hanno pari diritti e doveri di
fronte alla legge; la libertà e la dignità dell‟uomo sono inviolabili; è tutelata la presunzione
originaria di innocenza; la tortura è proibita; la libertà di espressione è inviolabile; i cittadini
stranieri non hanno diritto di possedere beni immobili in Afghanistan; l‟istruzione è un diritto di
tutti i cittadini dell‟Afghanistan; lo Stato istituisce la Commissione indipendente per i diritti
umani allo scopo di verificare e garantire il rispetto dei diritti umani nel Paese e promuoverne
l‟estensione e la protezione.

Il Presidente. È Capo dello Stato e Capo del governo e ha autorità sul potere esecutivo, nonché
forme di controllo sui poteri legislativo e giudiziario in conformità con le disposizioni della
Costituzione; è affiancato da due Vice Presidenti: il primo e il secondo; è eletto con la
maggioranza assoluta dei voti attraverso elezioni universali dirette a scrutinio segreto. Il
candidato alla carica di Presidente deve essere cittadino dell‟Afghanistan, musulmano e nato da
genitori afghani e non deve avere la cittadinanza di altri Paesi. Nessuno può essere eletto
Presidente per più di due mandati. Il Presidente nomina i Ministri, il Procuratore generale, il
Governatore della Banca centrale, il Capo della Direzione nazionale della sicurezza, il Capo e i
membri della Corte suprema; tutte queste nomine devono essere confermate dalla Wolesi Jirga;
può essere messo in stato d‟accusa su richiesta di 1/3 dei membri della Wolesi Jirga per crimini
contro l‟umanità, alto tradimento o crimini contro la nazione.

Il Governo. È composto dai Ministri, che operano sotto la direzione del Presidente e possono
essere scelti tra i membri del Parlamento o all‟esterno di esso; tra le funzioni del Governo vi
sono quelle di difendere l‟indipendenza e l‟integrità territoriale, assicurare l‟ordine pubblico,
eliminare la corruzione, definire il bilancio dello Stato, stabilire e porre in atto programmi per il
progresso sociale, culturale, economico e tecnologico.

Il Parlamento. O Assemblea nazionale, è il più alto organo legislativo ed espressione della
volontà popolare e rappresenta l‟interna nazione; è composto da due Camere: Wolesi Jirga
106
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
(Assemblea del popolo, paragonabile alla Camera dei deputati) e Meshrano Jirga (Assemblea
degli anziani o Senato); i membri della Wolesi Jirga, che non possono essere più di 250196,
vengono eletti attraverso consultazioni universali con voto segreto e rimangono in carica cinque
anni. Ognuna delle 34 province deve eleggere almeno due donne, istituendo così una presenza
femminile pari almeno ad oltre un quarto dei deputati. I membri della Meshrano Jirga (102)
sono eletti per due terzi dai Consigli provinciali e distrettuali197 e per un terzo dal Presidente con
un mandato di cinque anni. La quota di nomina presidenziale deve prevedere almeno il 50% di
donne, garantendo così anche nel Senato una rilevante presenza femminile. L‟attività legislativa
compete al Governo, a ciascun membro delle Camere e, per le questioni riguardanti la giustizia,
alla Corte suprema, che la esercita attraverso il Governo. L‟iniziativa di legge sul bilancio e le
finanze dello Stato è riservata al Governo; nessun membro del Parlamento è perseguibile per i
voti e le opinioni espresse nell‟esercizio delle sue funzioni.

La Loya Jirga. È la più alta espressione della volontà del popolo dell‟Afghanistan. È composta
dai membri del Parlamento e dai presidenti dei Consigli provinciali e distrettuali ed è convocata
per deliberare su questioni relative all‟indipendenza, alla sovranità nazionale, all‟integrità
territoriale e agli interessi supremi della Nazione; per approvare emendamenti alla Costituzione;
per deliberare sulla messa in stato di accusa del Presidente.

Il potere giudiziario. La Magistratura è un potere indipendente dello Stato afghano. Il suo
ordinamento comprende la Corte suprema, le Corti di appello e le Corti di prima istanza; la
Corte suprema è composta da nove membri nominati dal Presidente e approvati dalla Wolesi
Jirga; la nomina, il trasferimento, la promozione, le sanzioni e le proposte di destituzione dei
giudici sono di competenza della Corte suprema in conformità con le disposizioni di legge. Ad
essa spettano inoltre competenze sulla legittimità costituzionale delle leggi, nonché l‟ultimo
grado di giudizio.
196
Attualmente i deputati sono 249.
Non essendosi ancora svolte le elezioni dei Consigli distrettuali, i relativi rappresentanti sono stati temporaneamente
eletti dai Consigli provinciali.
197
107
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Allegato III
AFGHANISTAN COMPACT - SCADENZE
L‟Afghanistan Compact costituisce un progetto di grande impegno, che riguarda tutti gli aspetti
della costituzione dello Stato e della vita dei cittadini e si sviluppa in un periodo di cinque anni. Di
conseguenza, entro il 2010 devono essere conseguiti i principali obiettivi e in particolare:
- Sicurezza: completamento della costituzione dell‟Afghan National Army (ANA), con un
organico di 70.000 uomini come stabilito nell‟Accordo di Bonn. L‟ANA deve essere un
organismo affidabile, professionale, etnicamente bilanciato e preparato per fare fronte alle
esigenze di sicurezza del Paese; ultimazione del processo di formazione della Afghan National
Police (ANP) e della Border Police (BP), con una forza complessiva di 62.000 uomini;
acquisizione di una elevata capacità di contrasto alla produzione e al traffico di sostanze
stupefacenti, con conseguente significativo aumento annuale del quantitativo di droga sequestrata
e distrutta e delle raffinerie smantellate; riduzione del 70% delle aree contaminate da mine e da
altri ordigni inesplosi;
- Governance, principio di legalità e diritti umani: razionalizzazione dell‟apparato dello Stato e
riforma della burocrazia, con una più chiara individuazione delle funzioni e delle
responsabilità198; piena attuazione del National Action Plan for Women e rafforzamento della
presenza femminile in tutti gli organi dello Stato, inclusi quelli elettivi; completamento del
quadro giuridico in materia di giustizia con la promulgazione delle nome di legge previste dalla
Costituzione, inclusi i codici civili, penali e commerciali; avvio delle riforme per il
miglioramento della professionalità e dell‟integrità di tutte le istituzioni del settore della
giustizia, incluso il Ministero dell‟interno e la Direzione nazionale per la sicurezza (NDS);
ammodernamento delle infrastrutture del settore giudiziario con la costruzione di reparti separati
per le donne e i minori in tutte le prigioni; rafforzamento della capacità del Governo di garantire
il rispetto dei diritti umani. Dovranno essere adottate misure adeguate per prevenire i casi di
arresto e detenzioni arbitrari, tortura ed espropriazione illegale delle proprietà e sarà
maggiormente garantita la libertà di stampa. Il rispetto dei diritti umani verrà monitorato dal
Governo e dalla Afghan Independent Human Rights Commssion (AIHRC);
- Sviluppo economico e sociale: completamento dell‟ammodernamento della ring road199 e delle
strade che da essa conducono ai Paesi vicini; piena operatività, nel rispetto delle norme previste
dalla International Civil Aviation Organisation, degli aeroporti internazionali di Kabul e di
Herat, mentre gli scali di Mazar-e Sharif, Jalalabad e Kandahar saranno potenziati con
l‟ammodernamento delle piste e degli apparati di navigazione e di soccorso; estensione della rete
198
Al riguardo, l‟Afghanistan Compact prevedeva che entro sei mesi dalla sua approvazione (1 febbraio 2006) doveva
essere predisposto un meccanismo chiaro e trasparente per l‟assegnazione degli incarichi negli organi pubblici, sia a
livello centrale che locale, da attuare completamente entro 24 mesi. Inoltre, a partire dal 2007 doveva essere condotta
una valutazione annuale dell‟operato di tutti i dirigenti di livello più alto, mentre dalla fine del 2010 la valutazione
interesserà tutti i dipendenti.
199
Si tratta della strada statale n. 1 che, con un percorso circolare, collega gran parte delle principali città del Paese.
Sono stati ammodernati dapprima il tratto che collega Kabul a Kandahar e, successivamente, quello che da Kandahar
conduce a Herat.
108
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
elettrica, che dovrà raggiungere almeno il 65% delle abitazioni e il 90% degli utenti non
residenziali nelle principali aree urbane e il 20% delle case nelle zone rurali; creazione delle
condizioni normative e infrastrutturali per attrarre investimenti nazionali e stranieri nel settore
minerario e delle risorse naturali; aumento della frequenza nelle scuole primarie, che dovrà
essere pari ad almeno il 60% per le ragazze e al 75% per i ragazzi, mentre il numero degli
studenti universitari raggiungerà le 100.000 unità; estensione al 90% della popolazione dei
servizi sanitari di base (Basic Package of Health Services), riduzione al 15% del tasso di
mortalità da parto e piena copertura immunitaria per i bambini sotto i cinque anni di età in modo
da ridurre il loro tasso di mortalità al 20%; miglioramento delle condizioni di vita di 19 milioni
di persone che vivono in oltre 38.000 villaggi attraverso la realizzazione di piani di sviluppo
rurale e l‟estensione della rete idrica, fognaria e stradale; diminuzione del 3% ogni anno del
numero delle persone che vivono con meno di un dollaro al giorno e del 5% ogni anno di quelle
che soffrono la fame; aumento dell‟assistenza ai disabili e ai mutilati e miglioramento delle
opportunità occupazionali per i giovani e i soldati smobilitati; riduzione del 20% del numero
delle famiglie cronicamente povere con a capo una donna; aumento delle entrate di bilancio
all‟8% del PIL e della percentuale (dal 28% al 58%) delle spese coperte dalle entrate.
Scadenze più ravvicinate sono state fissate per lo smantellamento dei gruppi armati illegali (fine
2007) e per la ratifica della Convenzione dell‟ONU sulla lotta contro la corruzione (fine 2006),
mentre la legislazione nazionale in materia dovrà essere adottata entro la fine del 2007 e un sistema
di controllo sulla sua attuazione dovrà essere messo in atto entro la fine del 2008.
109
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Allegato IV
PARTITI POLITICI200
200
NOME DEL PARTITO
LEADER DEL PARTITO
PARTITO DEL TRATTATO DEL POPOLO DELL‟AFGHANISTAN
(Afghanistan Peoples' Treaty Party - Hizb-e-Wolesi
Tarhun Afghanistan)
Sayyed Amir TAHSIN
ORGANIZZAZIONE DELLE MISSIONE ISLAMICA
DELL‟AFGHANISTAN (Afghanistan's Islamic Mission
Organization - Tanzim Daawat-e-Islami-e-Afghanistan)
Abdul Rasul SAYYAF
PARTITO DELLA NAZIONE ISLAMICA DELL‟AFGHANISTAN
(Afghanistan's Islamic Nation Party - Hezb-e-Umat-eIslam-e-Afghanistan)
Toran Nur Aqa AHMADZAI
PARTITO NAZIONALE ISLAMICO DELL‟AFGHANISTAN
(Afghanistan's National Islamic Party - Hezb-e-Mili
Islami-e-Afghanistan)
Rohullah LOUDIN
PARTITO AFGANO PER IL WELFARE (Afghanistan's
Welfare Party - Hezb-e-Refah-e-Afghanistan)
Mir Asef ZAIFI
PARTITO DEMOCRATICO SOCIALE AFHGANO (Afghan
Social Democratic Party - Hezb-e-Afghan Melat)
Anwar al-Haq AHADI
SOCIETÀ AFGHANA PER IL RICHIAMO AL CORANO E ALLA
SUNNA(Afghan Society for the Call to the Koran and
Sunna - Hezb-e-Jamahat-ul-Dawat ilal Quran-wa-Sunate-Afghanistan)
Mawlawi Samiullah NAJIBI
PARTITO DEL GRANDE MOVIMENTO DELLA DEMOCRAZIA
E DELLO SVILUPPO DELL‟AFGHANISTAN(Comprehensive
Movement of Democracy and Development of
Afghanistan Party - Hizb-e-Nahzat Faragir Democracy
wa Taraqi-e-Afghanistan)
Sher Mohammad BAZGAR
PARTITO DEMOCRATICO DELL‟AFGHANISTAN
(Democratic Party of Afghanistan - Hezb-e-Democracy
Afghanistan)
Tawos ARAB
PARTITO DEMOCRATICO DELL‟AFGHANISTAN
(Democratic Party of Afghanistan - Hezb-e-Domcrat-eAfghanistan)
Abdul Kabir RANJBAR
PARTITO DELL‟ELITES POPOLARE DELL‟AFGHANISTAN
(Elites People of Afghanistan Party - Hezb-eNakhbagan-e-Mardom-e-Afghanistan)
Abdul Hamid JAWAD]
MOVIMENTO PER LA LIBERTÀ E LA DEMOCRAZIA
DELL‟AFGHANISTAN (Freedom and Democracy
Movement of Afghanistan - Hezb-e-Nahzat-e-Aazadee
Wa Democracy-e-Afghanistan)
Abdul Raqib Jawed KOHISTANI
PARTITO AFGHANO DELLA LIBERTÀ (Freedom Party of
Afghanistan – Hezb-e-Azadee-e-Afghanistan)
Ilaj Abdul MALIK
PARTITO AFGHANO DELLA LIBERTÀ (Freedom Party of
Afghanistan – Hezb-e-Isteqlal-e-Afghanistan)
Dr. Ghulam Faruq NEJRABI
Hizullah-e-Afghanistan
Qari Ahmad ALI
Sono riportati solo i partiti politici approvati dal Ministero della giustizia. I dati sono tratti da CIA World Factbook, Afghanistan.
110
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
PARTITO AFGHANO PER LA PROTEZIONE DEI DIRITTI
UMANI E LO SVILUPPO (Human Rights Protection and
Development Party of Afghanistan – Hezb-e-Ifazat Az
Uqooq-e-Bashar Wa Inkishaf-e-Afghanistan)
Baryalai NASRATI
PARTITO AFGHANO DELLA GIUSTIZIA ISLAMICA (Islamic
Justice Party of Afghanistan – Hezb-e-Adalat-e-Islami
Afghanistan)
Mohammad Kabir MARZBAN
MOVIMENTO ISLAMICO DELL‟AFGHANISATN (Islamic
Movement of Afghanistan – Hezb-e Harakat-e-Islami-eAfghanistan)
Mohammad Ali JAWID
PARTITO DEL MOVIMENTO ISLAMICO AFGHANO (Islamic
Movement of Afghanistan Party – Hizb-e-Nahzat-eMelli Islami Afghanistan)
Mohammad Mukhtar MUFLEH
PARTITO ISLAMICO DELL‟AFGHANISTAN (Islamic Party of
Afghanistan – Hizb-e-Islami Afghanistan)
Mohammad Khalid FARUQI
PARTITO ISLAMICO DELLA TERRA AFGHANA (Islamic
Party of the Afghan Land – De Afghan Watan Islami
Gond)
Mohammad Hassan FEROZKHEL
MOVIMENTO DEL POPOLO ISLAMICO DELL‟AFGHANISTAN
(Islamic People's Movement of Afghanistan – Hezb-eHarakat-e-Islami Mardom-e-Afghanistan)
Al-Hajj Sayyed Hussain ANWARI
SOCIETÀ ISLAMICA DELL‟AFGHANISTAN (Islamic Society
of Afghanistan – Hezb-e Jamihat-e-Islami)
Ustad RABBANI
PARTITO DELL‟UNITÀ ISLAMICA DELLA NAZIONE
AFGANA (Islamic Unity of the Nation of Afghanistan
Party – Hezb-e-Wahdat-e-Islami-e-Melat-e-Afghanistan)
Qurban Ali URFANI
PARTITO AFGHANO DELL‟UNITÀ ISLAMICA (Islamic
Unity Party of Afghanistan – Hezb-e-Wahdat-e-Islami-eAfghanistan)
Mohammad Karim KHALILI
PARTITO DELL‟UNITÀ ISLAMICA DEL POPOLO AFGHANO
(Islamic Unity Party of the People of Afghanistan –
Hezb-e-Wahdat-e-Islami Mardom-e-Afghanistan)
Ustad Mohammad MOHAQQEQ
PARTITO DEL LAVORO E DEL PROGRESSO
DELL‟AFGHANISTAN (Labor and Progress of Afghanistan
Party – Hezb-e-Kar Wa Tawsiha-e-Afghanistan)
Zulfiqar OMID
PARTITO DELLA POPOLAZIONE MUSULMANA
DELL‟AFGHANISTAN (Muslim People of Afghanistan
Party – Hezb-e-Mardom-e-Mosalman-e-Afghanistan)
Besmellah JOYAN
PARTITO AFGHANO DEL MOVIMENTO DELL‟UNITÀ
MUSULMANA (Muslim Unity Movement Party of
Afghanistan – Hezb-e-Tahreek Wahdat-ul-Musimeen
Afghanistan)
Wazir Mohammad WAHDAT
PARTITO AFGHANO DEL MOVIMENTO PER LA SOVRANITÀ
NAZIONALE ED ISLAMICA (National and Islamic
Sovereignty Movement Party of Afghanistan – Hizb-eEqtedar-e-Melli wa Islami Afghanistan)
Ahmad Shah AHMADZAI
PARTITO AFGHANO DEL CONGRESSO NAZIONALE
(National Congress Party of Afghanistan – Hezb-eKangra-e-Mili-e-Afghanistan)
Abdul Latif PEDRAM
PARTITO DELLO STATO NAZIONALE (National Country
Party - Hezb-e-Mili Heward)
Ghulam MOHAMMAD
PARTITO AFGHANO PER LO SVILUPPO NAZIONALE
Dr. Aref BAKTASH
111
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
(National Development Party of Afghanistan – Hezb-eTaraqee Mili Afghanistan)
PARTITO NAZIONALE DI COLORO CHE RICERCANO LA
LIBERTÀ (National Freedom Seekers Party – Hezb-eAazaadi Khwahan Maihan)
Abdul Hadi DABIR
PARTITO AFGHANO PER L‟INDIPENDENZA NAZIONALE
(National Independence Party of Afghanistan – Hezb-e
Esteqlal-e-Mili Afghanistan)
Taj Mohammad WARDAK
PARTITO AFGHANO NAZIONALE DEI COMBATTENTI
ISLAMICI (National Islamic Fighters Party of Afghanistan
– De Afghanistan De Mili Mubarizeeno Islami Gond)
Amanat NINGARHARI
FRONTE NAZIONALE ISLAMICO DELL‟AFGHANISTAN
(National Islamic Front of Afghanistan – Mahaz-e-Mili
Islami Afghanistan)
Sayyad Ahmad GAILANI
PARTITO NAZIONALE AFGHANO DELLA MODERAZIONE
ISLAMICA (National Islamic Moderation Party of
Afghanistan – Hezb-e-Eatedal-e-Mili Islami-eAfghanistan)
Qara Bik Eized YAAR
MOVIMENTO NAZIONALE ISLAMICO DELL‟AFGHANISTAN
(National Islamic Movement of Afghanistan - Hezb-eJunbish Mili Islami-e-Afghanistan)
Sayyad NURULLAH
PARTITO NAZIONALE AFGANO DELL‟UNITÀ ISLAMICA
(National Islamic Unity Party of Afghanistan – Hezb-eWahdat-e-Mili Islami-e-Afghanistan)
Mohammad AKBARI
MOVIMENTO NAZIONALE AFGHANO (National Movement
of Afghanistan – Nahzat-e-Mili Afghanistan)
Ahmad Wali MASSUD
PARTITO NAZIONALE AFGHANO (National Party of
Afghanistan – Hezb-e-Mili Afghanistan)
Abdul Rashid ARYAN
PARTITO PER L‟UNITÀ NAZIONALE DELL‟AFGHANISTAN
(NATIONAL PATCH OF AFGHANISTAN PARTY – Hezb-e
Paiwand Mihahani Afghanistan)
Sayyad Kamal SADAT
PARTITO NAZIONALE AFGHANO PER LA PACE ISLAMICA
(National Peace Islamic Party of Afghanistan – De
Afghanistan De Solay Mili Islami Gond)
Shah Mohammud POPALZAI
PARTITO NAZIONALE DELLE TRIBÙ DELL‟AFGHANISTAN
PER LA PACE E L‟ISLAM (National Peace & Islamic Party
of the Tribes of Afghanistan – Hezb-e-Sulh-e-Mili Islami
Aqwam-e-Afghanistan)
Abdul Qaher SHARIATI
PARTITO NAZIONALE AFGHANO PER LA PACE E L‟UNITÀ
(National Peace & Unity Party of Afghanistan – Hezb-eSulh Wa Wahdat-e-Mili-e-Afghanistan)
Abdul Qader IMAMI
PARTITO NAZIONALE AFGHANO PER LA PROSPERITÀ E
L‟ISLAM (National Prosperity and Islamic Party of
Afghanistan – Hezb-e-Sahadat-e-Mili Islami-eAfghanistan)
Mohammad Osman SALEKZADA
PARTITO NAZIONALE PER LA PROSPERITÀ (National
Prosperity Party – Hezb-e-Refah-e-Mili Afghanistan)
Mohammad Hassan JAHFARI
MOVIMENTO NAZIONALE AFGHANO PER LA
PROSPERITÀ (National Solidarity Movement of
Afghanistan – Hezb-e-Nahzat-e-Hambastagee Mili-eAfghanistan)
Pir Sayyad Ishaq GAILANI
PARTITO NAZIONALE AFGHANO PER LA
Sayyad Mansur NADRII
112
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
SOLIDARIETÀ (National Solidarity Party of
Afghanistan – Hezb-e-Paiwand Mili Afghanistan)
PARTITO PER LA SOVRANITÀ NAZIONALE
(National Sovereignty Party – Hezb-e-Eqtedar-e-Mili)
Sayyad Mustafa KAZEMI
PARTITO PER LA STABILITÀ NAZIONALE
(National Stability Party – Hezb-e-Subat-e-Mili Islami-eAfghanistan)
Mohammad Same KHAROTI
PARTITO NAZIONALISTA (National Stance Party –
Hizb-e-Melli Dareez)
Habibullah JANEBDAR
PARTITO NAZIONALE ISLAMICO AFGHANO PER
L‟UNITÀ TRIBALE (National Tribal Unity Islamic
Party of Afghanistan – Hezb-e-Mili-Wahdat-e-Aqwame-Islami-e-Afghanistan)
Mohammad Shah KHUGYANI
MOVIMENTO PER L‟UNITÀ NAZIONALE (National
Unity Movement – Hezb-e-Tahreek Wahdat-e-Mili-eAfghanistan)
Sultan Mohammad GHAZI
MOVIMENTO AFGHANO PER L‟UNITÀ
NAZIONALE (National Unity Movement of
Afghanistan – Hezb-e-Harakat-e-Mili Wahdat-eAfghanistan)
Mohammad Nadir ATASH
PARTITO AFGHANO PER L‟UNITÀ NAZIONALE
(National Unity Party of Afghanistan – Hezb-e-Wahdate-Mili Afghanistan)
Abdul Rashid JALILI
PARTITO DEL NUOVO AFGHANISTAN (New
Afghanistan Party – Hezb-e-Afghanistan-e-Naween)
Mohammad Yunis QANUNI
SOCIETÀ DEGLI ATTIVISTI PER LA PACE E IL
BENESSERE NAZIONALE (Peace and National
Welfare Activists Society – Hezb-e-Majmeh Mili FaleenSulh-e-Afghanistan)
Shamsul Haq Nur SHAMS
MOVIMENTO PER LA PACE (Peace Movement – De
Afghanistan De Solay Ghorzang Gond)
Shahnawaz TANAI
PARTITO AFGHANO DELLE ASPIRAZIONI DEL
POPOLO (People's Aspirations Party of Afghanistan –
Hezb-e-Aarman-e-Mardom-e-Afghanistan)
Ilhaj Saraj-u-din ZAFARI
PARTITO AFGHANO PER LA RICERCA DELLA
LIBERTÀ DEL POPOLO (People's Freedom Seekers
Party of Afghanistan – Hezb-e-Aazadee Khwahan
Mardom-e-Afghanistan)
Feda Mohammad IHSAS
PARTITO AFGHANO PER LA RICERCA DELLA
LIBERTÀ DEL POPOLO (People's Liberal Freedom
Seekers Party of Afghanistan – Hezb-e-Lebral-eAazadee Khwa-e-Afghanistan)
Ajmal SUHAIL
PARTITO AFGHANO DEL MESSAGGIO DEL
POPOLO (People's Message Party of Afghanistan –
Hezb-e-Resalat-e-Mardom-e-Afghanistan)
Nur Aqa WAINI
MOVIMENTO POPOLARE DELL‟UNITÀ
NAZIONALE DELL‟AFGHANISTAN (People's
Movement of the National Unity of Afghanistan – De
Afghanistan De Mili Wahdat Wolesi Tahreek)
Abdul Hakim NURZAI
PARTITO AFGHANO DEL POPOLO (People's Party of
Afghanistan – Hezb-e-Mardom-e-Afghanistan)
Ahmad Shah ASAR
PARTITO AFGHANO PER LA PROSPERITÀ DEL
Ustad Mohammad ZARIF
113
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
POPOLO (People's Prosperity Party of Afghanistan –
Hezb-e-Falah-e-Mardom-e-Afghanistan)
MOVIMENTO AFGHANO PER LA SOVRANITÀ
POPOLARE (People's Sovereignty Movement of
Afghanistan – Nahzat-e-Hakemyat-e-Mardom-eAfghanistan)
Hayatullah SUBHANI
PARTITO AFGHANO PER LA RISCOSSA DEL
POPOLO (People's Uprising Party of Afghanistan –
Hezb-e-Rastakhaiz-e-Mardom-e-Afghanistan)
Sayyad Zahir Qayed Omul BELADI
PARTITO AFGHANO PER IL BENESSERE DEL
POPOLO (People's Welfare Party of Afghanistan –
Hezb-e-Refah-e-Mardom-e-Afghanistan)
Miagul WASIQ
PARTITO AFGHANO PER IL BENESSERE DEL
POPOLO (People's Welfare Party of Afghanistan –
Hezb-e-Sahadat-e-Mardom-e-Afghanistan)
Mohammad Zubair PAYROZ
PARTITO AFGHANO DEMOCRATICO
PROGRESSISTA (Progressive Democratic Party of
Afghanistan – Hezb-e-Taraqee Democrat Afghanistan)
Wali ARYA
PARTITO REPUBBLICANO (Republican Party –
Hezb-e-Jamhoree Khwahane-Afghanistan)
Sebghatullah SANJAR
PARTITO AFGANO DELLA SOLIDARIETÀ
(Solidarity Party of Afghanistan – Hezb-e-Hambastageee-Afghanistan)
Abdul Khaleq NEMAT
MOVIMENTO DELL‟UNITÀ DELLA NAZIONE
ISLAMICA COMBATTENTE DELL‟
AFGHANISTAN (The Afghanistan's Mujahid Nation's
Islamic Unity Movement – Da Afghanistan Mujahid
Woles Yaowaali Islami Tahreek)
Saidullah SAID
MOVIMENTO DEMOCRATICO DEL POPOLO
DELL‟AFGHANISTAN (The People of Afghanistan's
Democratic Movement – Hezb-e-Junbish Democracy
Mardom-e-Afghanistan)
Sharif NAZARI
PARTITO AFGHANO DELLA SOLIDARIETÀ
TRIBALE (Tribes Solidarity Party of Afghanistan –
Hezb-e Hambastagee Mili Aqwam-e-Afghanistan)
Mohammad Zarif NASERI
PARTITO AFGHANO PER LA CONOSCENZA E LA
DEMOCRAZIA (Understanding and Democracy Party
of Afghanistan – Hezb-e-Tafahum Wa Democracy-eAfghanistan)
Ahamad SHAHIN
PARTITO DELL‟AFGHANISTAN UNITO (United
Afghanistan Party – Hezb-e-Afghanistan-e-Wahid)
Mohammad Wasil RAHIMI
PARTITO AFGHANO DELL‟ISLAM UNITO (United
Islamic Party of Afghanistan – Hizb-e-Mutahed Islami
Afghanistan)
Wahidullah SABAWUN
ORGANIZZAZIONE ISLAMICA DEL GIOVANE
AFGHANISTAN (Young Afghanistan's Islamic
Organization – Hezb-e-Islami-e-Afghanistan-e-Jawan)
Sayyad Jawad HUSSINI
PARTITO AFGHANO DELLA SOLIDARIETÀ DEI
GIOVANI (Youth Solidarity Party of Afghanistan –
Hezb-e-Hambastagee Mili Jawanan-e-Afghanistan)
Mohammad Jamil KARZAI
114
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Allegato V
BIOGRAFIE201
HAMID KARZAI - Presidente dell’Afghanistan
Hamid Karzai è nato il 24 dicembre 1957 a Karz, nella provincia di Kandahar, pochi kilometri a sud
del capoluogo. Suo padre, Abdul Ahmed, era il capo tribù dei Popolzai, di etnia Pashtun Durrani, ed è stato
Vice Presidente del Parlamento afghano. Dopo aver frequentato le scuole superiori a Kabul ha studiato
Scienze politiche e relazioni internazionali in India, all‟università di Shimla, dove è rimasto sino al 1982.
Nello stesso anno ha aderito al partito Jahba-e Melli-e Nihat Afghanistan diretto da Pir Sibghatullah
Mojaddidi ove gli vennero assegnati incarichi nel settore dell‟informazione. Dopo la caduta del regime filocomunista di Najibullah (1992), è entrato nel Governo Rabbani come Vice Ministro degli esteri. Alla fine del
1993 è stato arrestato da funzionari del Servizio Segreto (KhAD), diretto da Fahim Khan, per essere
interrogato. Poco dopo è riuscito a fuggire in Pakistan da cui è tornato poi a Kabul. Agli inizi del 1994 ha
raggiunto Kandahar dove ha appoggiato inizialmente il movimento taliban condividendone l‟obiettivo di
lottare contro i warlord. Successivamente se ne è distaccato perché non accettava più la loro ideologia
estremista e ha svolto un ruolo attivo tra i movimenti di opposizione con base in Pakistan.
Contemporaneamente ha seguito un suo percorso professionale lavorando, dal 1996 al 1999, come
consulente della compagnia petrolifera statunitense UNOCAL. In tale attività ha collaborato con Zalmay
Khalilzad, uno statunitense di origine afghana, attuale rappresentante di Washington all‟ONU e in
precedenza Ambasciatore a Kabul e a Baghdad. All‟epoca la UNOCAL era impegnata, tra l‟altro, in un
progetto per la costruzione di un gasdotto dal Turkmenistan al Pakistan attraverso l‟Afghanistan.
Alla morte di suo padre, ucciso da agenti taliban nel mese di luglio 1999 a Quetta, è diventato il capo
della tribù dei Popolai e ha assunto un più deciso ruolo di opposizione al regime del mullah Omar. Dopo gli
attentati dell‟11 settembre 2001, è tornato clandestinamente in Afghanistan su incarico dei Comandi
statunitensi per sollevare le tribù pashtun contro il governo e in seguito ha guidato la lotta contro le milizie
taliban nella Provincia di Kandahar. Al termine dei lavori della Conferenza di Bonn (26 novembre – 5
dicembre) è stato designato Presidente della Autorità ad Interim, superando Abdul Sattar Sirat (uzbeko) che
sembrava favorito, e ha assunto formalmente l‟incarico il 21 dicembre dello stesso anno. La designazione di
Karzai è stata voluta dagli USA anche per bilanciare il peso della componente tagika dell‟Alleanza del Nord
nelle nuove Istituzioni. A suo favore ha pesato anche l‟amicizia con Zalmay Khalilzad. L‟11 giugno 2002, la
Loja Jirga d‟emergenza ha nominato Karzai Presidente dell‟Autorità Transitoria Afghana.
Il 9 ottobre 2004 è stato eletto Presidente della Repubblica Islamica dell‟Afghanistan, con le prime
elezioni a suffragio universale.
Karzai si è costantemente adoperato per ottenere l‟aiuto internazionale indispensabile per la
ricostruzione dell‟Afghanistan e ha cercato di consolidare le fragili istituzioni del suo Paese mediando tra i
diversi gruppi di potere, ma senza opporsi direttamente ai warlord. Ha seguito anche una politica della mano
tesa con i taliban e i seguaci di Gulbuddin Hektmayar offrendo loro la possibilità di un reinserimento nella
vita civile purché essi siano disposti a riconoscere i principi stabiliti nella Costituzione e ad accettare il
Governo democraticamente eletto. Negli ultimi tempi il suo ruolo si è indebolito a causa del deterioramento
della situazione di sicurezza e della perdita progressiva del consenso popolare per i gravi ritardi nel processo
di ricostruzione del Paese.
201
Per ulteriori dettagli e per le note biografiche di altre personalità afghane si può consultare il sito
http://www.bassirat.net.
115
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Nel 1999 ha sposato Zinat Quraishi, dottoressa, da cui nel gennaio 2007 ha avuto un figlio. Parla sei
lingue (pashtu, dari, inglese, urdu, hindi e francese).
YUNIS QANUNI - Presidente della Wolesi Jirga
Yunis Qanuni, di etnia tagika, è nato nel 1954 nel villaggio di Rokha, nella valle del Panshir, che al
tempo si trovava nella provincia di Parwan. Nel 1981, dopo la laurea in diritto islamico all‟Università di
Kabul, si è unito alla resistenza contro le forze sovietiche aderendo al partito Jamiat-e-Islami diretto da
Burhanuddin Rabbani. Nel 1985 Amhad Shah Massud ha costituito lo Shura-e Nazar (Consiglio dei
Comandanti) e ha scelto Qanuni come direttore dell‟ufficio politico di Peshawar e portavoce del Consiglio,
carica che ha conservato anche sotto il governo Rabbani insediatosi nel 1992. Nel 1993 Rabbani, per venire
incontro alle richieste di Pakistan, Iran e Arabia Saudita, e creare le condizioni per la collaborazione con
Gulbuddin Hekmatyar (leader di Hezb-e Islami), ha accettato gli Accordi di Peshawar e sacrificato Massud,
rimuovendolo dall‟incarico di Ministro della difesa. Il Dicastero è stato allora affidato a due personalità
appartenenti allo Hezb-e Islami e allo Jamiat-e Islami (Qanuni) che agivano come co-Ministri. In questo
periodo Qanuni ha subito un attentato a Kabul, attribuito a Hektmayar, ed è riuscito a salvarsi grazie anche
alle cure ricevute in un ospedale francese dove era stato ricoverato, ma da allora è costretto a camminare
aiutandosi con un bastone.
Dopo la conquista del potere da parte dei taliban, ha svolto un ruolo attivo nei negoziati tra i vari
movimenti di opposizione per trovare una strategia comune di lotta al regime diretto dal mullah Omar. Nel
mese di ottobre 1996 ha collaborato, sotto la guida del Comandante Massud, alla costituzione del Consiglio
Supremo per la Difesa della Patria, con capitale a Mazar-e Sharif, e, l‟anno successivo, alla formazione del
Fronte Islamico Unito per la Salvezza dell‟Afghanistan, meglio conosciuto come Alleanza del Nord, di cui è
diventato presidente alla scomparsa di Massud. Negli anni successivi compie numerosi viaggi in Europa e
anche a Roma per incontrare i rappresentanti della diaspora afghana. Nel dicembre 2001, dopo l‟Accordo di
Bonn, è stato nominato Ministro dell‟interno, conservando incarico solo sino al giugno del 2002 quando gli è
stata affidata la guida del dicastero dell‟istruzione, meno importante ai fini della definizione degli equilibri di
potere nel Paese. Nel 2003 è accusato, insieme ad altre eminenti personalità, di essersi appropriato di terreni
edificabili nella capitale ma si è difeso dalle accuse affermando che gli erano stati regalati.
Nell‟ottobre del 2004 si è candidato alle elezioni presidenziali e ha ottenuto il 16,3 % dei voti,
risultando secondo dietro a Karzai. Nel mese di settembre 2005 è stato eletto deputato della Wolesi Jirga per
la provincia di Kabul e il 21 dicembre successivo è stato nominato Presidente della Camera, superando
Abdul Rasul Sayyaf, di etnia pashtun e sostenuto dal Presidente Karzai. Nell‟aprile 2007 è stato tra i
principali promotori della formazione del Fronte Nazionale Unito (Jabhe-ye-Motahed-e-Milli), al quale
hanno aderito personalità dell‟ex Alleanza del Nord, ex comunisti, leader locali e appartenenti a famiglie che
hanno svolto un ruolo importante nella storia del Paese, quali Mustafa Zahir, nipote dell‟ex Re Zahir Shah.
Yunis Qanuni è un politico preparato, di orientamento moderato e dotato di una cultura molto
profonda. Non fa mistero delle sue ambizioni politiche ed è accusato dagli avversari di servirsi della sua
attuale posizione per creare una propria base di potere e proporsi come alternativa al Presidente Karzai o
come Primo Ministro in caso di trasformazione dell‟ordinamento dello Stato da Repubblica presidenziale in
Repubblica parlamentare.
È sposato e ha tre figlie e tre figli. Parla l‟arabo, l‟urdu e l‟inglese.
116
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
GULBUDDIN HEKMATYAR - Leader di Hezb-e Islami
Gulbuddin Hektmatyar è nato nel 1947 a Imam Sahib, nella provincia di Kunduz 202. Appartiene alla
tribù dei Kharuti, del clan Ahmazdai, della confederazione pashtun Ghilzai.
Dal 1970 al 1972 ha frequentato la facoltà di ingegneria a Kabul e, grazie al suo carisma, è emerso ben
presti negli ambienti universitari della capitale come uno degli esponenti islamici più radicali, guidando
numerose manifestazioni studentesche. Nel 1972 è stato arrestato con l‟accusa di aver ucciso un giovane
comunista. Dopo il suo rilascio dalla prigione, nel 1974, si è rifugiato Pakistan, dove ha partecipato con
Burhanuddin Rabbani, Ahmad Shah Massud e il loro partito Jamiat-e Islami al tentativo di sollevazione
contro il regime di Daoud (1975) in Afghanistan. A seguito del fallimento dell‟iniziativa, si è allontanato
dallo Jamiat-e Islami e ha fondato il suo partito, Hezb-e Islami (1976).
Durante l‟invasione sovietica è diventato uno dei principali protagonisti della lotta di resistenza, anche
perché i suoi legami con i servizi segreti pakistani ne hanno fatto il principale destinatario degli aiuti
occidentali e dei Paesi arabi moderati. Tuttavia, il suo impegno è stato diretto più a eliminare gli altri gruppi
di mujahiddin che si opponevano al suo disegno di assumere la guida del jihad che a combattere contro le
truppe di Mosca.
Il 6 marzo 1990, dopo la ritirata sovietica, ha appoggiato il fallito colpo di stato del Generale
comunista Shanawaz Tanai. Alla caduta di Najibullah (1992), è stato preceduto nella marcia verso Kabul da
Massud e da Abdul Rashid Dostum e, a dispetto degli accordi di spartizione del potere che gli destinavano la
carica di Primo Ministro, ha fatto bombardare la capitale dalle sue forze attestate nei distretti a sud della
città, dando il via alla guerra civile che è durata sino all‟ascesa al potere del mullah Omar. Dopo le sconfitte
subite dalle sue milizie nei combattimenti contro quelle taliban, prima a Chahar Asiab (1995) poi a Surobi
(1996), ha lasciato l‟Afghanistan rifugiandosi in Iran. Nel 2002 è stato espulso dal Paese ed è ritornato in
patria per prendere parte alla lotta contro le forze governative e quelle di ISAF/Enduring Freedom. In questi
ultimi anni è stato abbandonato dall‟ala moderata del partito, che ha accolto l‟invito del Presidente Karzai a
partecipare alla vita politica del Paese. Attualmente, il suo ruolo fra gli altri gruppi eversivi attivi in
Afghanistan è marginale anche se può contare su alcuni comandanti di indubbie capacità, tra i quali Kashmir
Khan.
Gulbuddin Hekmatyar è una personalità estremamente ambiziosa, disposta ad allearsi anche con gli
avversari per raggiungere il proprio obiettivo, che è la costituzione in Afghanistan di un governo islamico
sotto la sua guida. Per la sua crudeltà, la mancanza di scrupoli e la rigidità dei principi ideologici ai quali si
ispira è guardato con sospetto anche dalle forze che lottano contro il governo Karzai e i suoi sostenitori.
Ha due mogli (una vivrebbe in Iran, mentre l‟altra nel campo profughi di Shamshato, in Pakistan), sei
figlie e tre figli. Parla pashtu, dari (farsi), inglese, urdu e arabo.
MULLAH MOHAMMAD OMAR – Leader del movimento taliban
Mohammad Omar è nato tra il 1959 e il 1961 in una famiglia di poveri contadini nel villaggio di
Nodeh, nel distretto di Panjwayi (provincia di Kandahar)203. È un pasthun Ghilzai della tribù degli Hotak. Si
è trasferito prima a Deh Rawood nella provincia di Uruzgan, poi, restato orfano di padre in giovane età, nel
villaggio di Singesar (distretto di Maywand, provincia di Kandahar) di cui è diventato il mullah. Dopo
l‟invasione sovietica, ha partecipato alla resistenza militando in varie formazioni sino ad unirsi al
202
Suo padre, Ghulam Qader, era originario della provincia di Ghazni.
Sulla biografia del mullah Omar esistono molte incertezze, che riguardano non solo la data ma anche il luogo della
nascita.
203
117
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
comandante Nek Mohammad di Hezb-e Islami, fazione Khalis204. È stato ferito quattro volte e nel 1989 ha
perso l‟occhio destro per l‟esplosione di un razzo.
Dopo la guerra, è tornato a Singesar ove ha diretto una madrassa (scuola coranica) per aiutare la
famiglia. Nel 1994 ha fondato il movimento taliban per lottare contro i soprusi e le violenze dei warlord che
controllavano la provincia di Kandahar. Secondo alcune versioni, nella primavera di quell‟anno il mullah
Omar si è posto alla guida di un gruppo di circa 30 studenti delle scuole coraniche (taliban) per liberare due
ragazze rapite e violentate da un comandante locale. in seguito a ciò la sua fama si è diffusa rapidamente e il
movimento ha ottenuto l‟appoggio di settori sempre più ampi della popolazione, di esponenti tribali e di
gruppi economici e sociali, che volevano la fine del clima di insicurezza in cui erano costretti a vivere e ad
operare. A suo fianco si sono schierati anche i sodalizi criminali dediti al narcotraffico interessati a liberarsi
dei warlord che, taglieggiando gli automezzi in transito nelle aree da essi controllate, ostacolavano il traffico
di sostanze stupefacenti. Nel novembre 1994 i taliban si sono impadroniti di Kandahar, nel settembre 1995 di
Herat e quindi di Kabul (settembre 1996) e di Mazar-e Sharif (agosto1998). Nel 2001 solo il 15% del
territorio afghano, corrispondente principalmente alla provincia nord-orientale del Badakhshan, era fuori del
controllo del Governo taliban. Nell‟ottobre 1997 l‟Afghanistan è diventato l‟Emirato Islamico
dell‟Afghanistan, governato sulla base della shariah, nella sua interpretazione più rigida. Nel 1996 il mullah
Omar è stato designato da un migliaio di religiosi afghani convenuti a Kandahar Amir-ul-Mominin,
Comandante dei Credenti205.
Durante il regime taliban ha guidato l‟Afghanistan da Kandahar, che ha lasciato solo raramente206. Egli
si vantava di non aver mai compiuto un viaggio in aereo e di essersi recato a Kabul sono una volta. Durante
il suo governo ha consolidato i rapporti con Osama bin Laden, che si era rifugiato in Afghanistan nel 1996 e
che lo aveva sostenuto con uomini e finanziamenti nella lotta per il potere. Dopo gli attentati dell‟11
settembre 2001 si è rifiutato di accogliere le richieste di Washington di consegnare o di espellere il leader di
al-Qaida, subendo l‟offensiva delle forze della coalizione internazionale guidata dagli USA e di quelle
dell‟Alleanza del Nord. Dopo la caduta del regime si è rifugiato in Pakistan, verosimilmente nell‟area di
Quetta, da dove, a partire dal 2003, ha riorganizzato il movimento taliban costituendo la “Rahbari shura”
(consiglio supremo). Su di lui il Governo USA ha posto una taglia di 25 milioni di dollari.
Molto schivo, il mullah Omar ha sempre cercato di evitare i contatti con gli stranieri e in particolare
con i giornalisti. Ahmed Rashid nel suo fondamentale libro sui taliban lo descrive come grande207 e bello,
“dotato di humour caustico e di spirito sarcastico”.
AHMAD ZIA MASSUD - Primo Vice Presidente dell’Afghanistan
Ahmad Zia Massud, di etnia tagika, è nato a Moqor, nella provincia di Ghazni, il 1° maggio del 1956.
È fratello di Amhad Shah Massud, leggendario Comandante dell‟Alleanza del Nord. Dopo le scuole
superiori si è iscritto alla facoltà di architettura dell‟università di Kabul ma dopo l‟occupazione sovietica ha
lasciato gli studi per partecipare al jihad, combattendo con il fratello nella Valle del Panshir. Fino al 1981 ha
ricoperto ruoli direttivi e dal 1981 al 1992 ha agito da ufficiale di collegamento a Peshawar, ove avevano
sede i sette partiti della resistenza, tra cui lo Jamiat-e Islami. Dal Pakistan ha svolto un importante ruolo di
204
Hezb-e Islami - Khalis è stato fondato nel 1979 da Yunis Khalis, per scissione da Hezb-e Islami di Gulbuddin
Hekmatyar.
205
È stato formalmente privato di questo titolo nel mese di maggio 2005.
206
Avrebbe rifiutato anche l‟invito a partecipare allo Haji a la Mecca. Per contro, avrebbe studiato in una madrassa
pakistana (a Quetta, nel Beluchistan, o a Multan, nel Punjab).
207
Sarebbe alto quasi due metri.
118
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
contatto con i diplomatici e le organizzazioni straniere, viaggiando anche all‟estero per patrocinare la causa
dei mujahiddin. Alla caduta del regime di Najibullah (1992) viene nominato Consigliere e Rappresentante
speciale del Presidente della Repubblica Burhanuddin Rabbani, suo suocero.
Nel giugno 2002 è stato nominato Ambasciatore in Russia e nel 2004 anche in Armenia, Georgia,
Belarus e Moldova. Nello stesso anno il Presidente Karzai lo ha scelto come suo primo Vice Presidente per
le elezioni del mese dell‟ottobre successivo.
Amhad Zia Massud è sposato e padre di quatto figlie e di un figlio.
MOHAMMAD KARIM KHALILI - Secondo Vice Presidente dell’Afghanistan
Mohammad Karim Khalili, di etnia hazara, è nato nel 1950 a Qala-e Khesh, un villaggio del distretto
di Beshud (provincia di Wardak). Dal 1981 al 1987 è stato dapprima membro e quindi dirigente del
Consiglio della Coalizione islamica dell‟Afghanistan, organizzazione sostenuta dall‟Iran. Nel 1988 ha
aderito al partito Hezb-e-Wahdat Islami di Abdul Ali Mazari, sorto su spinta di Teheran che intendeva unire
le correnti sciite contro i partiti sunniti con base in Pakistan. Durante la guerra civile ha combattuto con le
milzie del suo partito a fianco di quelle uzbeke di Abdul Rashid Dostum e pashtun di Gulbuddin Hekmatyar
contro le forze governative (tagike) comandate da Ahmad Shah Massud. Nel marzo 1995, dopo aver subito
gravi perdite, Mazari ha stipulato un accordo con i taliban ma molti dei suoi comandanti si sono rifiutati di
consegnare le armi. Mazari è stato arrestato dai taliban, che lo sospettavano di tradimento, ed è stato ucciso
mentre tentava di fuggire. Alla sua morte, il ruolo di Presidente del partito è passato a Khalili il quale in
pochi mesi ha preso le distanze dai taliban e nel 1996 ha partecipato insieme a Massud e a Dostum alla
costituzione del Consiglio Supremo per la Difesa della Patria, con capitale a Mazar-e Sharif, e, l‟anno
successivo, alla formazione del Fronte Unito Nazionale e Islamico per la Salvezza dell‟Afghanistan, meglio
conosciuto come Alleanza del Nord.
Dopo la Conferenza di Bonn ha protestato per lo scarso peso attribuito alla componente hazara nelle
nuove istituzioni ma ha accettato l‟incarico di Vice Presidente della Autorità Transitoria Afghana (giugno
2002). Nel 2004 Karzai lo ha scelto come Secondo Vice Presidente per le elezioni presidenziali del mese di
ottobre. Con il tempo ha perso gran parte della sua influenza tra la comunità hazara a vantaggio di
Mohammad Mohaqqeq, già famoso comandante delle milizie di Hezb-e-Wahdat Islami, distintosi nei
combattimenti intorno a Mazar-e Sharif. Mohaqqed ha lasciato il partito diretto da Khalili fondando una
propria formazione chiamata Hezb-e Wahdat-e Islami i Mardom.
USTAD MOHAMMAD MOHAQQEQ – Presidente di Commissione della Wolesi Jirga
Mohammad Mohaqqeq208, di etnia hazara, è stato una delle figure di primo piano del partito filoiraniano Hezb-e-Wahdat Islami, guidandone le milizie nei combattimenti intorno a Mazar-e Sharif sia nel
periodo 1997-1998 che nel 2001, quando ha contribuito insieme a Abdul Rashid Dostum (uzbeko) e a Ustad
Mohammad Atta (tagiko) alla liberazione di tutta la regione settentrionale del Paese. Ha partecipato alla
Conferenza di Bonn ed è stato nominato Ministro della pianificazione e Vice Presidente dell‟Autorità ad
interim. Confermato alla guida del dicastero nel giugno del 2002, si è dimesso nel marzo 2004 per dissensi
con il Presidente Karzai. Ha partecipato alle elezioni presidenziali dell‟ottobre del 2004, risultando il
secondo dei non eletti. Nel settembre 2005 è stato eletto alla Wolesi Jirga per la provincia di Kabul
208
I dati biografici di Mohaqqeq sono piuttosto incerti: sarebbe nato intorno al 1955 nei pressi di Mazar-e Sharif
(provincia di Balkh).
119
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
ottenendo il maggior numero dei voti tra i vari candidati. Agli inizi del 2006 è stato nominato presidente
della Commissione affari religiosi, cultura e istruzione della Camera. Dopo aver militato nel partito Hezb-eWahdat Islami di Karim Khalili se ne è distaccato fondando Hezb-e Wahdat-e Islami i Mardom.
Negli ultimi tempi si sarebbe riavvicinato al Presidente Karzai rifiutandosi di aderire al Fronte
Nazionale Unito di Yunis Qanuni e di Burhanuddin Rabbani. È stata più volte ventilata la possibilità di un
suo ritorno nel Governo, verosimilmente con l‟incarico di Ministro della giustizia.
PIR SIBGHATULLAH MOJADDIDI - Presidente della Meshrano Jirga
Sibghatullah Mojaddidi è il Pir209 della confraternita sufi naqsbandi e una figura importante della
resistenza antisovietica, alla quale ha partecipato alla guida del partito Jahba-e Melli-e Nihat Afghanistan. È
nato a Kabul nel 1925 da un‟importante famiglia di sceicchi sufi legata alla monarchia ma critica riguardo
all‟eccessiva occidentalizzazione delle leggi e dei costumi. Dopo aver completato le scuole superiori a
Kabul, ha studiato alla facoltà di legge dell‟Università al-Azhar del Cairo, dove si è legato ai Fratelli
musulmani e si è laureato nel 1953. Tornato in Afghanistan, ha insegnato sino al 1959 in tutti i principali
istituti di istruzione della capitale.
È stato tra i primi a protestare per l‟avvicinamento del Primo Ministro pro-tempore Daoud ai sovietici
e nel 1964 è stato incarcerato per aver progettato un attentato contro Kruscev e Bulganin in visita in
Afghanistan. Trascorsi tre anni in prigione, dopo la scarcerazione si è recato in esilio negli USA dove è
rimasto dal 1968 al 1970. Nel 1971 ha fondato lo Jamat-e Islami-e ulema-ye mohammdi. Di nuovo in esilio
dal 1974, dopo il colpo di stato di Daoud dell‟anno precedente, si è rifugiato in Danimarca e in Svezia. Nel
1978 ha costituito a Peshawar lo Jahba-e Melli-e Nihat Afghanistan, filo-monarchico. Il suo partito era il più
piccolo tra quelli che operavano a Peshawar e ciò lo ha posto al riparo da odi e vendette.
Nel mese di aprile 1992 è stato eletto Presidente ad interim dell‟Afghanistan e ha ceduto l‟incarico nel
giugno successivo a Burhanuddin Rabbani. Durante la guerra civile si è alleato con Abdul Rashid Dostum,
Gulbuddin Hekmatyar e Abdul Ali Mazari contro l‟“usurpazione” del potere da parte di Rabbani. Nel 1995 è
stato designato capo del Consiglio supremo di concordia.
Durante il regime taliban ha mantenuto una posizione di basso profilo.
Nel dicembre 2003 ha presieduto la Loya Jirga costituzionale chiamata a redigere e approvare la nuova
Carta fondamentale del Paese e nel marzo 2005 è stato posto da Karzai alla guida del Program Takhim-e
Solh (PTS - Programma di riconciliazione nazionale), diretto a favorire il reinserimento nella vita politica e
sociale del Paese degli esponenti legati ai gruppi eversivi che decidono di rinunciare alla lotta armata. Nel
dicembre 2005 è stato nominato membro della Meshrano Jirga di cui è diventato poco dopo Presidente. Nel
marzo 2006 è sfuggito a un attentato.
Sibghatullah Mojaddidi è una personalità molto rispettata e dal carattere forte e indipendente. Negli
ultimi tempi ha preso più volte posizioni che hanno messo in imbarazzo il Governo, in particolare con le sue
richieste di sostituzione dei funzionari corrotti e con le sue accuse all‟intelligence pakistana (ISI) di
appoggiare i taliban e ad ISAF di non fare quanto possibile per evitare la morte di civili nelle operazioni
militari.
209
Titolo onorifico attribuito al leader di una confraternita.
120
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
ABDUL RASHID DOSTUM - Leader della comunità uzbeka
Abdul Rashid Dostum, di etnia uzbeka, è nato a Khavjia Dokoh, nella provincia di Jowzjan, nel 1954 o
1955, da una povera famiglia di contadini. Ha lavorato come operaio in una compagnia per l‟estrazione di
gas della regione settentrionale e in seguito è diventato responsabile dell‟organizzazione di unità di autodifesa per la protezione degli impianti. Dopo un corso di addestramento in Unione Sovietica è stato assunto
dal Ministero dell‟interno che gli ha affidato il comando dell‟Unità 374, una milizia paramilitare attiva nella
sua provincia, conferendogli il grado di Generale. Ben presto il numero degli uomini alle sue dipendenze è
aumentato comprendendo anche elementi di altri gruppi etnici. Dopo l‟arrivo al potere di Najibullah, Dostum
ha svolto un ruolo molto attivo nella lotta contro i mujahiddin; per i meriti acquisiti è stato insignito del titolo
di “Eroe della Repubblica dell‟Afghanistan” e ammesso anche al Comitato Centrale del Partito comunista. In
questo periodo ha fondato un proprio partito chiamato Junbesh-e Milli, che continua tuttora a raccogliere i
consensi della maggioranza della popolazione di etnia uzbeka. Nel mese di febbraio 1992 ha abbandonato
Najibullah schierandosi con i suoi miliziani a fianco di Massud che, con il suo aiuto, è riuscito a impadronirsi
di Kabul prima di Gulbuddin Hekmatyar. Gli uomini di Dostum si sono fatti presto temere nella capitale per
la loro crudeltà e la loro avidità. Nel 1994 Dostum ha abbandonato Massud alleandosi con Hekmatyar
cercando di prendere il controllo del Ministero della difesa. A seguito del fallimento di questo tentativo ha
lasciato Kabul per rifugiarsi a Mazar-e Sharif dove ha costituito una specie di mini-Stato, con una propria
moneta e una propria compagnia aerea. Nell‟ottobre 1996 ha partecipato con Massud e Kharim Khalili alla
costituzione del Consiglio Supremo per la Difesa della Patria, che aveva la propria base proprio a Mazar-e
Sharif. Nel periodo 1997-1998 Dostum ha cercato di resistere all‟avanzata delle milizie taliban, ma a causa
della defezione del suo vice, Abdul Malik Palhawan, che lo accusava di aver fatto assassinare il fratello, è
stato sconfitto e costretto a lasciare l‟Afghanistan.
È tornato in patria nell‟aprile del 2001 per combattere a fianco di Massud, ma fu solo dopo l‟inizio
dell‟Operazione Enduring Freedom che ha svolto un ruolo importante contribuendo alla liberazione delle
aree della regione settentrionale abitate in prevalenza da popolazione uzbeka. Anche in questo periodo i suoi
uomini sono stati accusati di crudeltà, in particolare della morte di centinaia di prigionieri, rinchiusi dentro
contenitori con scarsa ventilazione e tenuti per molte ore all‟aperto. La scarsa limpidezza delle vicende di cui
è stato protagonista gli hanno impedito di svolgere un ruolo di primo piano nelle nuove istituzioni afghane
anche se nell‟aprile 2005 è stato nominato Capo di Stato Maggiore dell‟Alto Comando delle Forze Armate
afghane. Tuttavia, si tratta di un titolo meramente onorifico, privo di reali poteri, che Karzai gli ha conferito
per impedirgli di partecipare alle elezioni politiche o di appoggiare candidati contrari al Governo. Nell‟aprile
2007, tuttavia, Dostum è stato tra i promotori della costituzione del Fronte Nazionale Unito il cui obiettivo è,
di fatto, esprimere una alternativa di potere a Karzai.
Nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 2008, a Kabul, Dostum ha assaltato, alla testa di 50-70 uomini armati,
l‟abitazione di Akbar Bai, di etnia turkmena e suo avversario politico, prelevandolo e portandolo con la forza
nella sua residenza, poco lontana. La polizia è intervenuta con decine di agenti liberando il sequestrato, che è
stato successivamente ricoverato in ospedale per le percosse ricevute. La vicenda ha provocato prese di
posizione indignate da parte di molti gruppi politici e sociali mentre i sostenitori del generale hanno
minacciato rivolte nelle province settentrionali se “gli fosse stato torto un capello”. Tuttavia, il Procuratore
generale Sabit ha aperto un procedimento nei suoi confronti e gli ha intimato di comparire per dare
spiegazioni; al rifiuto del generale, ha disposto la sua sospensione dall‟incarico militare ricoperto.
Anche se emarginato sulla scena politica nazionale, Dostum mira a rimanere un protagonista in ambito
regionale, conservando intatta la sua base di potere tra le popolazione uzbeka. Per tale motivo avrebbe
121
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
cercato di mantenere una propria milizia armata, evitando di attenersi al programma DIAG (Disbandment of
Illegal Armed Groups) promosso dal Governo di Kabul e sostenuto dalla comunità internazionale.
BURHANUDDIN RABBANI - Ex Presidente dell’Afghanistan.
Presidente della Commissione legislativa della Wolesi Jirga
Burhanuddin Rabbani, di etnia tagika, è nato nel 1940 a Faizabad, capoluogo della provincia del
Badakhshan, da un piccolo proprietario terriero. Dopo le scuole superiori ha frequentato l‟università a Kabul
dove nel 1963 si è laureato in teologia e legge islamica. Nei tre anni successivi ha insegnato ed è poi partito
per il Cairo per proseguire gli studi all‟università al-Azhar. Nel 1968 ha ottenuto il dottorato e fatto ritorno
in patria.
Membro della confraternita sufi naqshbandi, ha subito molto l‟influenza dei Fratelli mussulmani e ha
organizzato numerosi centri islamici sotto la guida del professor Gholam Mohammad Nazi. Ben presto è
emerso come la figura più rappresentativa della shura che dirigeva le attività della Gioventù mussulmana, di
cui è diventato anche Presidente, mentre suo vice era Abdul Rasul Sayyaf. Successivamente è stato ammesso
alla shura anche Gulbuddin Hekmatyar. Il movimento si proponeva la costituzione di uno Stato islamico, ma
moderno, e si opponeva sia alla monarchia, considerata troppo filo-occidentale, sia all‟ideologia comunista o
di sinistra. Dopo la destituzione del Re Zahir Shah e l‟ascesa al potere di Daoud nel 1973, i gruppi islamici
hanno subito la repressione della polizia e Rabbani è stato costretto a lasciare il Paese rifugiandosi in
Pakistan. Al loro interno si sono accentuate le divisioni tra la componente moderata e quella estremista,
sfociate nell‟uscita da Jamiat-e Islami210 di Hekmatyar, leader dei radicali, che ha fondato il proprio partito,
Hezb-e Islami (1976). Dopo l‟occupazione sovietica il Jamiat-e Islami e la sua ala militare guidata da Ahmad
Shah Massud sono stati tra i protagonisti del jihad nelle province settentrionali del Paese.
Alla caduta del regime di Najibullah (1992), le fazioni dei mujahiddin hanno nominato Presidente ad
interim, per due mesi, Pir Sibghatullah Mojaddidi, al quale è poi subentrato Rabbani. Il suo mandato doveva
durare quattro mesi ma è stato più volte prorogato, acuendo i contrasti con gli altri gruppi che avevano vinto
la guerra contro i sovietici e il Governo filo-comunista di Kabul. Dopo la presa del potere da parte dei
taliban, Rabbani si è recato in esilio pur continuando a essere riconosciuto da quasi tutti i Paesi come il
legittimo Presidente dell‟Afghanistan.
Durante la Conferenza di Bonn, un accordo promosso dagli USA e accettato anche dagli esponenti
tagiki che partecipavano ai lavori (Mohammad Qasim Fahim Khan, Yunis Qanuni e Abdullah Abdullah) ha
portato alla nomina a Capo dell‟Autorità ad interim, e, quindi, con lo status di Capo dello Stato, di Hamid
Karzai.
Rabbani non ha rinunciato tuttavia all‟obiettivo di tornare a svolgere un ruolo di primo piano nella vita
politica del Paese e ha cercato di sfruttare i contatti stabiliti nel corso degli anni per allargare la propria base
di potere. È stato tra i promotori della costituzione del Fronte Nazionale Unito (aprile 2007), di cui è stato
nominato Presidente per i primi sei mesi, e sembra voler contendere a Qanuni la designazione a candidato
della Coalizione per le prossime elezioni presidenziali.
Nel settembre 2005 è stato eletto alla Wolesi Jirga, di cui guida la Commissione legislativa
122
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
ABDUL RASUL SAYYAF - Presidente della Commissione esteri della Wolesi Jirga
Abdul Rasul Sayyaf è nato nel 1946 a Paghman, nella provincia di Kabul. È pashtun/ghilzai, della tribù
Kharuti. Dopo gli studi nella madrassa di Abu Hanifa, si è iscritto alla facoltà di teologia dell‟Università di
Kabul e si è laureato con lode. È rimasto come assistente all‟ateneo sino al 1969, quando si è iscritto
all‟Università al-Azhar del Cairo. In questo periodo ha avuto molti contatti con gli ambienti wahhabiti
dell‟Arabia Saudita. Tornato in Afghanistan ha partecipato attivamente alle iniziative del movimento
islamico ed è stato nominato Vice Presidente della shura che ne dirigeva le iniziative. Nel 1975 è stato
arrestato mentre cercava di partire per gli Stati Uniti. In carcere è venuto a conoscenza del degrado e della
violenza in cui la repressione del Governo aveva fatto cadere il Paese. Tuttavia, è riuscito a sfuggire alla
condanna a morte ed è stato rilasciato grazie all‟amnistia concessa dopo l‟invasione sovietica. Una volta
tornato in libertà, nel 1980, si è rifugiato a Peshawar dove ha tentato in varie riprese di unificare i sei partiti
islamici sunniti e vi è riuscito solo temporaneamente con la fondazione di Ittihad-e Islami211, che, tuttavia, è
presto diventato il settimo partito. Durante la guerra contro i sovietici, l‟Ittihad-e Islami ha potuto usufruire
degli aiuti sauditi e ha accolto tra le sue fila molti comandanti che avevano bisogno di finanziamenti per
armare i loro uomini. Era presente soprattutto nelle città e non si appoggiava a nessun gruppo etnico.
Nel 1992 è stato nominato Ministro dell‟interno del Governo mujahiddin e ha cercato di favorire un
accordo tra Buranuddin Rabbani e Ahmad Shah Massud, da una parte, e Hekmatyar, dall‟altra, per porre fine
alla guerra civile. Nel 1994 si è alleato allo stesso Hekmatyar e a Dostum combattendo contro le forze fedeli
al Governo, controllato dagli esponenti tagiki.
Sayyaf è legato ai circoli wahhabiti sauditi e ne condivide l‟ideologia che privilegia una visione
molto rigida dell‟islam, soprattutto per quanto riguarda la condizione e il ruolo delle donne. Nello stesso
tempo è allineato su posizioni anti-occidentali e rifiuta la democrazia parlamentare nel rispetto degli
insegnamenti di Mohammad Ibn Abd al Wahhab (1703-1792). È anche un deciso avversario della ideologia
sufi e si è distinto per l‟odio nei confronti degli sciiti contro cui ha lanciato un‟operazione di pulizia etnica
durante la guerra civile (massacro di Afshar Mina del 1993). Nel 1988-1989 il Dipartimento di Stato
americano considerava Rasul Sayyaf un estremista e nel 1994 lo ha accusato di ospitare nei suoi campi di
addestramento pericolosi terroristi. In effetti Sayyaf ha tessuto rapporti molto stretti con lo sceicco Abdullah
Azam e con il suo discepolo Osama bin Laden. Azam ha fondato agli inizi degli anni Ottanta il Mekhtab al
Khidmat, attraverso cui passavano tutti i militanti che col nome “gli Afghani” costituirono la base del
terrorismo degli anni Novanta.
Dopo la caduta di Kabul (1996), si è schierato a fianco di Massud e in seguito è entrato a far parte
dell‟Alleanza del Nord.
A seguito dell‟Accordo di Bonn, è riuscito a inserire molti uomini di fiducia in incarichi chiave
dell‟apparato dello Stato, sia a livello centrale che periferico. Guardato inizialmente con sospetto dai gruppi
moderati per la sua ideologia pan-islamica, i sentimenti anti-occidentli e i legami con ambienti estremisti
islamici e con personalità sospettate di collusione con sodalizi criminali, nel tempo è riuscito a mitigare le
sue posizioni e attualmente svolge un ruolo di rilievo nella vita politica del Paese, legittimato anche dalla
decisione di Karzai di candidarlo alla carica di Presidente della Wolesi Jirga. Solo per pochi voti si è visto
superare da Yunis Qanuni. In seguito, tuttavia, è stato nominato presidente della Commissione esteri.
210
Il movimento è stato fondato nel 1957 dal teologo Niyazi; Rabbani, che ha partecipato alla sua costituzione, ne è
diventato Presidente nel 1972.
211
Negli anni scorsi il partito è stato ridenominato Tanzim Daawat-e-Islami-e-Afghanistan.
123
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
ISMAIL KHAN - Ministro dell’energia e delle risorse idriche
Ismail Khan, di etnia tagika, è nato nel 1948 a Naser Abad, nel distretto di Shindand (provincia di
Herat). Ha frequentato la scuola primaria di Waez Kashif ed è stato poi ammesso alla Scuola militare di
Kabul e all‟Accademia, sempre a Kabul. Completati gli studi militari (1972), è stato assegnato alla 17^
Divisione di Herat. Ha partecipato all‟insurrezione popolare contro il regime comunista del 17 Marzo 1979,
che è stata soffocata nel sangue. Per sottrarsi all‟arresto, Ismail Khan, allora Capitano, ha abbandonato
l‟Esercito ed è entrato in clandestinità rifugiandosi insieme a sessanta dei suoi uomini in una zona
montagnosa della provincia di Ghowr.
Dopo l‟invasione sovietica ha raggiunto il Pakistan ed ha aderito al partito Jamiat-e Islami di
Burhanuddin Rabbani. Tornato in patria, ha contribuito ad organizzare il jihad nelle province occidentali
guadagnando una grande fama per le sue capacità militari e il suo coraggio, ma si è procurato anche molti
nemici in seno al suo stesso partito, soprattutto quando ha tentato di impedire la formazione del movimento
islamista degli ikuani (fratelli), collegato ai Fratelli mussulmani egiziani e che voleva diffondere
l‟insegnamento wahhabita. Gli ikuani hanno continuato a contrastarlo anche quando, dopo la caduta del
regime comunista, egli è diventato Governatore della provincia di Herat e ha assicurato alla popolazione
benessere, prosperità e stabilità inserendo i suoi avversari nell‟amministrazione locale. Ismail Khan ha
sempre mantenuto un atteggiamento di indipendenza nei confronti del Governo di Kabul, che ha cercato
anche di opporsi alla sua decisione di attribuirsi il titolo di Emiro. Nel periodo della guerra civile (19921996), egli ha cercato di favorire un‟intesa tra le fazioni in lotta, ma i suoi tentativi sono falliti a causa delle
manovre dei servizi segreti pakistani.
Nel mese di marzo 1995 i taliban hanno attaccato ripetutamente la provincia di Herat, ma Ismail Khan
è riuscito a bloccare per due volte la loro avanzata. Nel mese di agosto ha condotto una controffensiva che
gli ha consentito di arrivare a Gereshk, nella provincia di Helmand, allontanandosi troppo dalle sue basi ed
esponendo le sue milizie ai veloci contrattacchi dei taliban, rafforzatisi nel frattempo grazie agli aiuti
provenienti soprattutto dal Pakistan e dall‟Arabia Saudita. La sconfitta iniziale si è tramutata presto in una
rottura e Ismail Khan ha lasciato con i suoi uomini Herat, occupata dai taliban il 5 settembre, rifugiandosi in
Iran. Nel 1997 è tornato in patria per partecipare alla lotta contro le milizie taliban insieme a Abdul Rashid
Dostum, ma a causa del tradimento del Vice di quest‟ultimo, Malik Palhawan, è stato catturato e consegnato
ai taliban. Questi lo hanno rinchiuso nella prigione di Kandahar, da cui è riuscito a fuggire dopo tre anni con
la complicità di una guardia. Rifugiatosi nuovamente in Iran, poco dopo ha fatto ritorno nella provincia di
Herat senza tuttavia riuscire a rappresentate una minaccia seria per i taliban. L‟inizio dell‟operazione militare
Enduring Freedom gli ha consentito di riprendere l‟offensiva e al comando delle sue milizie ha liberato
Herat il 12 novembre del 2001. Ismail Khan è stato nuovamente nominato Governatore della provincia, con
una notevole influenza anche su quelle vicine, e in seguito gli è stato riconosciuto anche l‟incarico di
Comandante del 4° Corpo d‟Armata con giurisdizione nella regione occidentale. Con la fine dei
combattimenti la città di Herat è tornata ad essere al centro di traffici e di attività commerciali e industriali,
distinguendosi tra gli altri capoluoghi di provincia, inclusa Kabul, per il livello di sviluppo e di benessere
conseguiti. Tuttavia, sono presto sorti dei contrasti tra Ismail Khan e il Governo centrale, che reclamava il
versamento delle tasse doganali riscosse nei valichi di frontiera con l‟Iran e il Turkmenistan, valutate in oltre
60 milioni di dollari l‟anno. Nello stesso tempo, è stato criticato dalle organizzazioni per la difesa dei diritti
umani per gli ostacoli posti all‟affermazione del ruolo delle donne nella società e per gli episodi di violenza
di cui si sono resi responsabili i suoi uomini in passato.
Il Governo centrale ha cercato di indebolire l‟autorità di Ismail Khan, sia nominando governatori a lui
ostili nelle vicine province di Bagdis e di Farah, sia vietando il cumulo delle cariche civili e militari. Il 21
marzo 2004 alcuni soldati della 17^ Divisione, comandata dal Generale Zahir Khan Nayebazda, sono stati
124
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
coinvolti in un attentato nei suoi confronti e poi hanno ucciso il figlio, Mirwais, e altri collaboratori che si
erano recatosi presso la sede della Divisione per avere chiarimenti. Sono seguiti scontri violenti culminati
con la fuga del Generale Nayebzada e la morte di decine di persone. Nel successivo mese di agosto, le
milizie di Ismail Khan sono state sconfitte nel distretto di Shindand da quelle pashtun di Amanullah Khan.
L‟episodio ha fornito al Governo il pretesto per inviare nell‟area una forza di interposizione e, in seguito
(l‟11 settembre dello stesso anno), per rimuovere Ismail Khan dall‟incarico di Governatore. Tuttavia,
seguendo una politica condotta anche con altri warlord, tra cui Dostum, il Presidente Karzai ha cercato di
cooptare Ismail Khan nelle strutture di potere, temendo gli effetti destabilizzanti che egli avrebbe potuto
provocare schierandosi contro le istituzioni del Paese. Di conseguenza, nel dicembre dello stesso anno gli ha
offerto l‟incarico di Ministro dell‟energia e delle risorse idriche, che è stato accettato.
Oltre che una figura carismatica della guerra contro i sovietici, Ismail Khan è anche un politico molto
accorto e aspira a un proprio ruolo egemone in ambito regionale. Egli ha cercato di raggiungere tale obiettivo
sfidando in alcune occasioni il Governo centrale, sia durante il periodo dei mujiaheddin che dopo la caduta
dei taliban, ma evitando che le divergenze sfociassero in uno scontro aperto. Pertanto, anche se attualmente
mostra un atteggiamento di lealtà nei confronti del Presidente Karzai, è verosimile che Ismail Khan sia
pronto a sfruttare tutte le opportunità che gli si presenteranno per recuperare la propria influenza nella
provincia di Herat e in tutta la regione occidentale.
125
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Allegato VI
NAZIONI CHE PARTECIPANO ALLA MISSIONE ISAF212
PAESE
MILITARI
Albania
Australia
Austria
Azerbaijan
Belgio
Bulgaria
Canada
Croazia
Danimarca
Estonia
Finlandia
Francia
Georgia
Germania
Giordania
Grecia
Irlanda
Islanda
Italia
Lettonia
Lituania
Lussemburgo
Norvegia
Nuova Zelanda
Olanda
Polonia
Portogallo
Regno Unito
Repubblica Ceca
Romania
Singapore
Slovacchia
Slovenia
Spagna
USA
Svezia
Svizzera
Repubblica di Macedonia
Turchia
Ungheria
140
1.070
3
50
370
420
2.500
190
780
130
105
1.515
1
3.210
90
150
7
10
2.880
100
260
9
495
115
1650
1100
160
7.800
135
535
2
70
70
740
15.000
345
2
130
675
230
212
Alla missione partecipano 40 Paesi (inclusi i 26 membri della NATO) per un totale di 43.250 uomini, inclusi gli
elementi di supporto nazionale. I dati sono aggiornati al 6 febbraio 2008, ma variano frequentemente;
http://www.nato.int/isaf/docu/epub/pdf/isaf_placemap.pdf .
126
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Allegato VII
CRONOLOGIA DELLA MISSIONE ISAF213
ISAF I


Dic. 2001 – Lug. 2002
Ten. Gen. John McColl
(Regno Unito)

ISAF II

Giu. 2002 – Gen. 2003

Mag. Gen. Hilmi Akin
Zorlu (Turchia)
ISAF III

Gen. 2003 – Ago. 2003

Ten. Gen. Norbert Van
Heyst (Germania)



ISAF IV

Ago. 2003 – Feb. 2004
Ten. Gen. Götz Gliemeroth
(Germania)



5 DICEMBRE 2001: inizio della Conferenza di Bonn.
20 DICEMBRE 2001: con la risoluzione n. 1386(2001) il Consiglio di Sicurezza
ONU autorizza la costituzione di una forza internazionale di sicurezza guidata
dal Regno Unito, cui partecipano altri 18 Paesi.
4 GENNAIO 2002: il Comandante di ISAF e il Ministro degli interni afghano
firmano l‟Accordo Tecnico Militare che disciplina il mandato di ISAF nello
specifico.
20 GIUGNO 2002: inizia il secondo mandato di ISAF, autorizzato dal Consiglio
di Sicurezza ONU mediante la ris. n. 1413(2002).
17 OTTOBRE 2002: la NATO accetta la richiesta della Germania e dell‟Olanda e
si impegna a fornire il proprio supporto al comando congiunto tedesco-olandese
della futura ISAF III.
27 NOVEMBRE 2002: il Consiglio di Sicurezza ONU rinnova di 12 mesi il
mandato della missione ISAF con la ris. n. 1444(2002).
10 FEBBRAIO 2003: primo comando congiunto di ISAF, guidato dalla Germania
e dall‟Olanda.
16 APRILE 2003: il NAC adotta la decisione di assumere il comando della
missione ISAF.
5 LUGLIO 2003: vengono inviate A KABUL le prime truppe NATO.
11 AGOSTO 2003: la NATO prende il comando di ISAF e il NAC si assume la
responsabilità politica della missione.
13 OTTOBRE 2003: il Consiglio di Sicurezza ONU, mediante la ris. n.
1510(2003), rinnova di altri 12 mesi il mandato della missione e autorizza
l‟espansione delle operazioni di ISAF oltre l‟area di Kabul.
19 NOVEMBRE 2003: Mr Hikmet Çetin (Turchia) viene nominato NATO Senior
Civilian Representative per l‟Afghanistan.
19 DICEMBRE 2003: inizia l‟espansione di ISAF IV nelle provincie settentrionali
dell‟Afghanistan (Fase I).
31 DICEMBRE 2003: la NATO assume il comando del Provincial Reconstruction
Team (PRT) di Kunduz.
ISAF V
Feb. 2004 – Ago. 2004

28 GIUGNO 2004: in occasione della Conferenza di Istanbul, la NATO annuncia
di voler espandere ulteriormente la propria presenza in Afghanistan mediante
altri 4 PRTs.

17 SETTEMBRE 2004: il Consiglio di Sicurezza ONU adotta la ris. n. 1563(2004)
ed estende il mandato di ISAF per altri 12 mesi.
10 FEBBRAIO 2005: la NATO decide di espandere ISAF nelle provincie ad Ovest
dell‟Afghanistan (Fase II).
Ten. Gen. Rick Hillier
(Canada)
ISAF VI
Ago. 2004 – Feb. 2005
Ten. Gen. Jean-Louis Py
(Francia), EUROCORPS
213

Fonte:
sito
della
NATO
riguardante
http://www.nato.int/isaf/topics/history/index.html
la
127
missione
in
Afghanistan,
ISAF
–
History,
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
ISAF VII

8 GIUGNO 2005: I Ministri della difesa dei Paesi NATO dichiarano che
l‟Alleanza fornirà ulteriore supporto in occasione delle elezioni politiche di
settembre e affermano che è in preparazione l‟espansione di ISAF a Sud.
ISAF VIII

Ago. 2005 – Mag. 2006

13 SETTEMBRE 2005: il Consiglio di Sicurezza ONU adotta la ris. n. 1623(2005)
con cui estende il mandato di ISAF di altri 12 mesi.
8 DICEMBRE 2005: i Ministri della difesa dei Paesi NATO adottano una
revisione del Piano Strategico dell‟Alleanza in previsione dell‟espansione a sud
di ISAF e concordano nello sviluppare un Afghan cooperation programme.
Feb. 2005 – Ago. 2005
Ten. Gen. Ethem Erdagi
(Turchia), NRDC-T
Gen. C.A. Mauro Del
Vecchio (Italia), NRDC-IT


ISAF IX
Mag. 2006 – Feb. 2007
Ten. Gen. David Richards
(Regno Unito),
Headquarters Allied Rapid
Reaction Corps
ISAF X
Feb. 2007 – Nov. 2007




8 GIUGNO 2006: primo incontro tra i Ministri della difesa dei Paesi NATO e
non-NATO che contribuiscono alla missione ISAF. I 37 rappresentanti
confermano l‟intento di espandere la missione nel sud dell‟Afghanistan.
31 LUGLIO 2006: l‟ISAF assume il controllo di sei province del sud
dell‟Afghanistan sostituendosi a Enduring Freedom a guida statunitense; inizia
la Fase III dell‟espansione.
24 AGOSTO 2006: Daan Everts viene nominato nuovo NATO Senior Civilian
Representative in Afghanistan.
12 SETTEMBRE 2006: il Consiglio di Sicurezza dell‟ONU adotta la ris. n.
1707(2006) con cui estende di ulteriori 12 mesi il mandato di ISAF,
riconoscendo la necessità che tutti gli Stati membri contribuiscano con ogni
mezzo al fine di rafforzare l‟efficacia della missione.
5 OTTOBRE 2006: ISAF assume il comando dei contingenti militari nelle
provincie dell‟est dell‟Afghanistan (Fase IV) completando l‟espansione della
missione in tutto il territorio afghano.
19 SETTEMBRE 2007: il Consiglio di Sicurezza dell‟ONU adotta la ris. n.
1776(2007) con la quale estende il mandato di ISAF di ulteriori 12 mesi ed
esorta la missione a sostenere lo sviluppo delle forze di sicurezza afghane.
Ten. Gen. Dan K. McNeill
(Stati Uniti)
128
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
Allegato VIII
CRONOLOGIA GENERALE
1747 – Nasce la prima monarchia dell‟Afghanistan fondata da Amhed Shah Abdali, della dinastia dei
Durrani.
1839-42 – Prima guerra anglo-afghana. Gli afghani respingono le truppe britanniche.
1878-79 – Seconda guerra anglo-afghana. La Gran Bretagna esce vincitrice dal conflitto ed impone il proprio
controllo sulla politica estera dell‟Afghanistan.
1893 – L‟Emiro afghano, Abdur Rahman Khan, e il Regno Unito, rappresentato da Sir Mortimer Durand,
firmano l‟accordo con cui viene stabilito il confine, noto come “Linea Durand”, tra l‟Afghanistan e il
subcontinente indiano sotto dominio britannico.
1919 – Fine della terza guerra anglo-afghana, che si conclude con la firma del Trattato di Rawalpindi in base
al quale la Gran Bretagna, pur avendo vinto la guerra, riconosce la piena indipendenza
dell‟Afghanistan.
1921 – Firma del Trattato di Amicizia tra l‟Afghanistan e la Russia.
1923 – Il re Amanullah Khan promulga la prima Costituzione afghana, la quale prevede l‟introduzione di
riforme politiche, sociali e religiose molto innovative.
1929 – A causa delle forti opposizioni all‟impostazione filo-occidentale della sua politica, re Amanullah è
costretto ad abbandonare Kabul. Muhammad Nadir Khan viene proclamato re.
1931 – Il re Mohammad Nadir Shah approva una nuova Carta costituzionale.
1933 – Nadir Khan viene assassinato e gli succede il figlio Muhammad Zahir, il quale avvia un programma
di moderata modernizzazione e conduce l‟Afghanistan nelle Nazioni Unite.
1947 – A seguito della partizione dell‟India nasce il Pakistan. La linea Durand viene denunciata
dall‟Afghanistan.
1949 – Le popolazioni pashtun residenti in Pakistan proclamano l‟indipendenza del Pashtunistan, che però
non viene riconosciuto dalla comunità internazionale.
1953 – Mohammad Daoud, cugino del re, diviene Primo Ministro; chiede e ottiene dall‟Unione Sovietica,
dopo il rifiuto degli USA, assistenza militare e finanziamenti per lo sviluppo del Paese.
1963 – A causa dei contrasti con re Zahir Shah, Daoud è costretto a dimettersi dalla carica di Primo Ministro.
1964 – Viene emanata una nuova Costituzione che pone il divieto ai membri della famiglia reale di far parte
del governo, garantisce la libertà di parola e di stampa, il diritto di voto alle donne e la libertà di
formare partiti politici, anche se in merito a quest‟ultimo diritto il re si rifiuterà sempre di firmare la
legge di attuazione.
1965 – Viene formato il Partito Democratico del Popolo dell‟Afghanistan (PDPA), di ispirazione comunista,
guidato da Nur Mohammad Taraki.
1973 – Mohammad Daoud, con l‟aiuto dell‟Unione Sovietica, attua un colpo di stato, esilia re Zahir e
istituisce la Repubblica. Avvia un programma di politica estera volto a rafforzare la posizione
dell‟Afghanistan in ambito internazionale e si oppone ai tentativi di ingerenza dell‟URSS negli affari
interni dello Stato, incontrando l‟opposizione delle ali estreme della corrente di sinistra. Nascono i
129
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
gruppi rivoluzionari comunisti, sulla base del modello sovietico, e parallelamente si costituiscono
gruppi fondamentalisti islamici.
1978 – Il PDPA organizza, con l‟appoggio dell‟URSS, un colpo di stato. Daoud viene ucciso; Taraki, leader
dell‟ala pashtun ed estremista del partito, viene nominato Presidente della Repubblica Democratica
dell‟Afghanistan e Babrak Karmal, capo della fazione tagika e moderata, diviene Primo Ministro.
Nello stesso anno nasce il movimento dei mujahiddin.
1979 – Le due fazioni del partito comunista entrano in conflitto tra loro e il Presidente Taraki viene
assassinato dal suo Vice, Hafizullah Amin. L‟Unione Sovietica, con il pretesto di sedare il conflitto in
atto, invade l‟Afghanistan. Amin viene ucciso e Karmal diventa Presidente.
1980 – Inizia la resistenza contro i sovietici. I movimenti afghani, tutti di matrice islamica, ricevono ingenti
aiuti dal Pakistan, dagli USA, dalla Cina, dall‟Arabia Saudita e dall‟Iran. Milioni di afghani fuggono
all‟estero, soprattutto in Iran e Pakistan.
1986 – Mosca sostituisce Karmal con Mohammad Najibullah alla guida del Paese.
1987 – Najibullah propone il cessate il fuoco che però viene rifiutato dai mujahiddin, che non riconoscono il
“governo fantoccio” e continuano la guerra ottenendo numerose successi.
1988 – L‟Unione Sovietica subisce ingenti perdite e accetta un accordo di pace, firmato a Ginevra con la
partecipazione di rappresentanti degli USA e del Pakistan.
1989 – Il Presidente sovietico Mikhail Gorbachev ordina il ritiro delle ultime truppe sovietiche
dall‟Afghanistan. Termina la guerra afghano-sovietica, ma prosegue la lotta dei mujahiddin contro il
governo di Najibullah.
1992 – I mujahiddin conquistano Kabul, provocano la caduta del regime di Najibullah e proclamano la
nascita dello Stato Islamico dell‟Afghanistan. Burhanuddin Rabbani, di etnia tagika, ne diviene il
Presidente. I leader pashtun, che storicamente avevano detenuto la guida del Paese, chiedono aiuto al
Pakistan per riconquistare le posizioni di governo. Le altre etnie afghane, preoccupate di rimanere
escluse, si mobilitano anch‟esse. Ha così inizio la guerra civile tra le fazioni mujahiddin.
1994 – Mentre il governo di Rabbani, a Kabul, deve difendersi dagli attacchi delle forze del generale Abdul
Rashid Dostum e di Gulbuddin Hekmatyar, nasce a Kandahar il movimento dei taliban, sostenuto dal
Pakistan. In pochi mesi prendono il controllo della provincia, da dove iniziano l‟offensiva verso ovest
(Herat) e verso nord (Kabul).
1996 – I taliban conquistano Kabul, uccidono Najibullah, assumono il potere e impongono un regime
islamico radicale. Rabbani e il governo si rifugiano nella parte nord-orientale del Paese.
1997 – I taliban conquistano Mazar-e Sharif, dove massacrano migliaia di hazara; di fatto controllano circa
due terzi dell‟Afghanistan. La comunità internazionale, ad eccezione del Pakistan, degli Emirati Arabi
Uniti e dell‟Arabia Saudita, non riconosce il regime taliban ma continua a considerare Rabbani il capo
legittimo dello Stato, che mantiene il seggio all‟ONU. Nelle regioni del nord-est del Paese, Rabbani e
Ahmad Shah Massud riuniscono i gruppi dell‟opposizione anti-taliban nel movimento di resistenza
“Fronte Islamico Unito per la Salvezza dell‟Afghanistan”, anche detto “Alleanza del Nord”.
1998, agosto – A seguito degli attentati alle ambasciate statunitensi in Kenya e in Tanzania rivendicati da alQaida, gli USA bombardano i campi di addestramento delle milizie di Osama bin Laden nelle
province di Khowst e Nangarhar.
1998, 21 agosto – Un gruppo taliban apre il fuoco sul convoglio ONU su cui viaggiano il Ten. Col. Carmine
Calò, funzionario di UNSMA (United Nations Special Mission in Afghanistan), e un suo collega
francese. Calò muore il giorno successivo a causa delle ferite riportate.
130
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
1998, agosto – L‟abolizione della Loya Jirga (Grande Assemblea) e del codice Pashtunwali è causa di gravi
risentimenti tra la popolazione nei confronti dei taliban.
1999 – Al fine di ottenere l‟estradizione di Osama bin Laden, l‟ONU impone sanzioni economiche e decreta
l‟embargo aereo contro il regime dei taliban.
2001, gennaio – Le sanzioni internazionali vengono inasprite.
2001, marzo – I taliban distruggono le due enormi statue di Buddha a Bamiyan.
2001, 9 settembre – Il Comandante Massud viene ucciso in un attentato.
2001, 11 settembre – Attentati terroristici negli USA contro il World Trade Centre di New York ed il
Pentagono, a Washington D.C. L‟organizzazione terroristica di al-Qaida, guidata da Osama bin Laden
e ospitata dal regime taliban, viene immediatamente ritenuta responsabile della strage.
2001, 18 settembre – Il Presidente USA George W. Bush dichiara guerra al terrorismo e a qualsiasi Stato
appoggi o finanzi gruppi terroristici. Un forte dispositivo militare viene schierato nel Golfo Persico. La
NATO invoca per la prima volta l‟applicazione del principio di legittima difesa collettiva ex art. 5 del
Trattato di Washington in favore degli USA.
2001, 7 ottobre – Ha inizio l‟operazione Enduring Freedom. Gli USA, alla guida di una coalizione di Stati,
attaccano l‟Afghanistan e in poche settimane, in cooperazione con le milizie dell‟Alleanza del Nord,
liberano le province settentrionale. I taliban fuggono nelle loro roccaforti a sud, verso il confine con il
Pakistan.
2001, 13 novembre – Kabul viene liberata e il Presidente afghano Rabbani vi fa ritorno come “leader delle
province liberate”.
2001, 5 dicembre – I gruppi afghani riuniti a Bonn sotto l‟egida delle Nazioni Unite, firmano l‟Accordo che
disciplina il percorso di ricostruzione istituzionale e prevede la composizione ed il funzionamento di
un nuovo governo ad interim.
2001, 7 dicembre – A seguito della caduta di Kandahar, la guerra contro i taliban viene dichiarata conclusa.
Si perdono le tracce del mullah Mohammad Omar e di Osama bin Laden.
2001, 22 dicembre – Hamid Karzai, di etnia pashtun, viene nominato Presidente dell‟Amministrazione ad
interim.
2002, 2 gennaio – Viene schierato a Kabul il primo contingente della missione International Security
Assistance Force (ISAF).
2002, 23-24 gennaio – A Tokyo si svolge una Conferenza tra 60 Paesi donatori che pianificano il programma
di finanziamenti per l‟Afghanistan per i cinque anni successivi.
2002, aprile – Re Zahir Shah rientra in Afghanistan dall‟esilio. Viene nominato “Padre della Patria”.
2002, 13 giugno – La Loya Jirga d‟emergenza elegge Karzai Presidente dell‟Amministrazione Transitoria,
confermando in tal modo la decisione adottata durante la Conferenza di Bonn.
2002, luglio – Viene assassinato il Vice-Presidente Haji Abdul Qadir.
2002, settembre – Il Presidente Karzai scampa ad un attentato nella città di Kandahar.
2002, dicembre – Il Presidente Karzai firma insieme ai leader del Pakistan e del Turkmenistan un accordo
per la costruzione di un gasdotto che, passando per l‟Afghanistan, porta il gas dal Turkmenistan al
Pakistan.
2003, agosto – La NATO assume il controllo della missione ISAF.
131
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
2004, 4 gennaio – La Loya Jirga costituente approva la nuova Costituzione che insatura una Repubblica
islamica e un sistema presidenziale.
2004, 26 gennaio – Il Presidente Karzai promulga la nuova Carta costituzionale.
2004, settembre – Il Presidente Karzai sfugge ad un nuovo attentato.
2004, 3 ottobre – Nei pressi di Kabul, il Cap. Magg. Giovanni Bruno, impegnato nella missione ISAF, muore
in un incidente stradale.
2004, 9 ottobre – Si tengono le elezioni presidenziali e Hamid Karzai viene eletto al primo turno.
2005, 3 febbraio – A seguito di un incidente aereo nei pressi di Kabul perdono la vita il Capitano di Vascello
Bruno Vianini e altri due funzionari italiani.
2005, 13 maggio – Clementina Cantoni, collaboratrice della ONG “Care International”, viene sequestrata a
Kabul da un gruppo criminale guidato da Timor Shah. Viene rilasciata dopo 24 giorni.
2005, 4 agosto – L‟Italia assume il comando di ISAF con il Generale C.A. Mauro Del Vecchio (l‟incarico
termina il 4 maggio 2006).
2005, 18 settembre – Si svolgono le elezioni parlamentari e provinciali.
2005, 11 ottobre – Muore a Kabul il Caporal Maggiore Capo Michele Sanfilippo a seguito di un colpo
sparato accidentalmente.
2005, dicembre – Si tiene l‟inaugurazione della prima sessione del Parlamento afghano.
2006, 31 gennaio-1 febbraio – A Londra si svolge una Conferenza durante la quale i Paesi donatori
pianificano il programma di aiuti per l‟Afghanistan per i cinque anni successivi e adottano
l‟“Afghanistan Compact”. Vengono stanziati oltre 10 miliardi di dollari.
2006, 7 febbraio – Scoppiano a Kabul manifestazioni di protesta contro la pubblicazione, in Olanda, di
vignette sull‟Islam. Vengono attaccate Ambasciate straniere e il Quartier generale di ISAF. Anche il
PRT italiano ad Herat è oggetto delle dimostrazioni.
2006, 17 febbraio – Stefano Siringo e Iendi Iannelli, impiegati presso programmi italiani del settore giustizia,
vengono trovati morti nella stanza di quest‟ultimo all‟interno della guest house dell‟IDLO. L‟inchiesta
sulle cause della morte è tuttora in corso.
2006, 5 maggio – Nella provincia di Kabul, il Capitano Manuel Fiorito e il Maresciallo Capo Luca Polsinelli
perdono la vita a seguito dell‟esplosione di un ordigno al passaggio dell‟automezzo sul quale i due i
due militari si trovavano.
2006, 29 maggio – A Kabul scoppiano disordini a causa di un incidente provocato da un convoglio militare
USA in cui hanno trovato la morte numerosi civili.
2006, 1 giugno – L‟Italia assume la guida del Regional Command West (RC-W) e il ruolo di Nazione guida
del PRT di Herat.
2006, 2 luglio – Il Colonnello Carlo Liguori, Capo del settore Cimic del Cdo RC-W, muore a causa di un
malore.
2006, 20 settembre – Il Caporal Maggiore Giuseppe Orlando perde la vita in un incidente stradale a Kabul.
2006, 26 settembre – A seguito dell‟esplosione di un ordigno al passaggio di una pattuglia del Contingente
italiano, nel distretto di Chahar Asyab, a sud di Kabul, muoiono il Caporal Maggiore Capo Scelto
Giorgio Langella, e successivamente (il 30 settembre 2006), a causa delle ferite riportate, il 1° Caporal
Maggiore Vincenzo Cardella.
132
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
2006 – ISAF/NATO espande il controllo delle operazioni militari alle regioni sud (luglio) e est (ottobre)
dell‟Afghanistan subentrando o affiancandosi a Enduring Freedom.
2006, 12 ottobre – Lungo il tratto di strada che collega Laskhar Gah a Kandahar viene rapito il fotoreporter
Gabriele Torsello, rilasciato dopo 23 giorni.
2007, 4 marzo – Nei pressi di Laskhar Gah i taliban rapiscono Daniele Mastrogiacomo, giornalista di
“Repubblica”, insieme al suo interprete e all‟autista, entrambi afghani. Mastrogiacomo viene rilasciato
dopo 20 giorni in cambio della scarcerazione di cinque combattenti taliban. I due collaboratori afghani
sono uccisi.
2007, 10 marzo – Il Parlamento afghano approva la “Carta di riconciliazione”, una legge che conferisce una
amnistia di fatto agli afghani che prima del 2002 abbiano commesso crimini di guerra.
2007, 10 luglio – I taliban rapiscono 23 operatori umanitari coreani che lavorano per un‟associazione
caritatevole cristiana. Due sono uccisi; gli altri vengono liberati dopo sei settimane a seguito
dell‟impegno del Governo di Seoul a ritirare le proprie truppe.
2007, 23 luglio – Muore re Zahir Shah, ex sovrano dell‟Afghanistan.
2007, 24 settembre – Il Maresciallo Capo Lorenzo D‟Auria, agente del Sismi, rapito due giorni prima
insieme ad un collega da un gruppo taliban, viene ferito durante il blitz delle forze speciali britanniche
compiuto per la sua liberazione; muore il 4 ottobre successivo per le ferite riportate.
2007, novembre – Oltre 70 persone muoiono a seguito di un attacco suicida nella città di Baghlan, nel nord
del Paese, contro una delegazione parlamentare. È uno degli attentati più gravi mai verificatisi.
2007, 24 novembre – Nel distretto di Paghman, a ovest di Kabul, a causa di un attentato suicida muore il
Maresciallo Capo dell‟Esercito Daniele Paladini.
2007, 26 dicembre – Due diplomatici europei (con incarichi di alta responsabilità nella missione dell‟Unione
Europea e nell‟ UNAMA) vengono espulsi dall‟Afghanistan perché accusati di aver instaurato rapporti
con i taliban
2008, 14 gennaio – Attentato all‟Hotel Serena nel centro di Kabul. L‟attacco ha un grande impatto mediatico
e suscita forti preoccupazioni tra la comunità internazionale.
2008, febbraio – Karzai si oppone alla nomina del britannico Lord Paddy Ashdown a inviato speciale del
Segretario generale dell‟ONU in Afghanistan , dotato di ampi poteri.
2008, 13 febbraio – Il Maresciallo Giovanni Pezzulo, del Cimic Group South, rimane ucciso durante un
attacco dei taliban nella località di Rudbar, vicino Kabul.
2008, 17 febbraio – Un attentato suicida nel distretto di Arghandab (provincia di Kandahar) provoca circa
100 morti e altrettanti feriti.
2008, 18 febbraio – Un nuovo attentato suicida nella provincia di Kandahar provoca 37 vittime e circa 30
feriti.
2008, 11 marzo – Il Governo di Kabul approva la nomina del diplomatico norvegese Kai Eide al ruolo di
inviato speciale del Segretario generale dell‟ONU in Afghanistan, dotato di maggiori poteri.
133
ARGO
AFGHANISTAN LA NECESSITA’ DI UN CAMBIAMENTO DI STRATEGIA
ALLEGATO IX
ACRONIMI
AIA
AIHRC
ANA
ANDS
ANP
APPRJ
ARTF
ATA
ATT
BPHS
BP
CAS
CIMIC
CNTF
COMISAF
DEA
DIAG
DFID
EUPOL Afghanistan
FATA
I-ANDS
IDLO
IED
IJPO
ISAF
ISI
ISISC
JCMB
LJE
LOFTA
MMA
NATO
NDS
NEEP
NJP
NJSS
NLTC
NRF
NSP
NWFP
OMLT
OMS
PAM
PRT
PTS
RCIED
SEAL
UNAMA
UNDP
UNFPA
UNHCR
UNICEF
UNIFEM
UNODC
USAID
UTL
Afghan Interim Authority
Afghan Independent Human Rights Commission
Afghan National Army
Afghanistan National Development Strategy
Afghan National Police
Action Plan for Peace Reconciliation and Justice
Afghanistan Reconstruction Trust Fund
Afghan Transitional Authority
Afghan Transit Trade
Basic Package of Health Care Services
Border Police
Close Air Support
Civil and Military Cooperation
Counter Narcotics Trust Fund
Comandante di ISAF
Drug Enforcement Administration
Disbandment of Illegal Armed Groups
Department for International Development
European Union Police Mission in Afghanistan
Federally Administered Tribal Areas
Interim Afghanistan National Development Strategy
International Development Law Organisation
Improvised Explosive Device
Italian Justice Programme Office
International Security Assistance Force
Inter Services Intelligence
International Institute of Higher Studies in Criminal Sciences
Joint Coordination and Monitoring Board
Loya Jirga di emergenza
Law and Order Trust Fund for Afghanistan
Muttahida Majlis-i Amal (coalizione di sei Partiti religiosi pakistani di orientamento radicale)
North Atlantic Treaty Organization
National Directorate for Security
National Emergency Employment Programme
National Justice Programme
National Justice Sector Strategy
National Legal Training Center
NATO Response Force
National Solidarity Programme
North Western Frontier Province
Operational Mentor and Liaison Team
Organizzazione Mondiale per la Sanità
Programma Alimentare Mondiale
Provincial Reconstruction Team
Programme Takhim-e Solh (Programma di riconciliazione nazionale)
Remote Control Improvised Explosive Device
Support to the Establishment of the Afghan Legislature
United Nations Assistance Mission in Afghanistan
United Nations Development Programme
United Nations Population Fund
United Nations High Commissioner for Refugees
United Nations Children‟s Fund
United Nations Development Fund for Women
United Nations Office on Drugs and Crime
United States Agency for International Development
Unità Tecnica Locale
134
Scarica

Rapporto completo