Suplemento da Revista Comunità Italiana. Não pode ser vendido separadamente. ano V - numero 39 Fumetti! Gennaio / 2005 Gennaio / 2005 Marzo / 2007 Filmare la commedia Istituto Italiano di Cultura Editora Comunità Rio de Janeiro - Brasil www.comunitaitaliana.com [email protected] Direttore dell’IIC Rubens Piovano Editore Marco Lucchesi Grafico Alberto Carvalho Copertina Maja Prodan COMITATO DI REDAZIONE Andrea Lombardi (UFRJ); Anna Palma; Annita Gullo (UFRJ); Arcangelo Carrera; Constança Hertz (UFRJ); Cristiana Cocco; Doris Natia Cavallari (USP); Esman Dias (UFPE); Eugenia Maria Galeffi (UFBA); Fabio Andrade (UFPE); Fabrizio Fassio; Flora De Paoli Faria (UFRJ); Giuseppe Fusco; Giuzy D’Alconzo; Hilário Antonio Amaral (UNESP); Katia d’Errico; Maria Lizete dos Santos (UFRJ); Maria Pace Chiavari (IIC-RJ); Mauro Porru (UFBA); Paola Micheli; Paolo Spedicato (UFES); Sonia Cristina Reis (UFRJ); Wander Melo Miranda (UFMG); Rubens Piovano; Débora Ramos (stagista); Mozilene Neri Barbosa (stagista); Weverton Pereira (stagista) Intervista con Adriana Varella C COMITATO EDITORIALE Affonso Romano de Sant’Anna; Alberto Asor Rosa; Beatriz Resende; Dacia Maraini; Elsa Savino; Everardo Norões; Floriano Martins; Francesco Alberoni; Giacomo Marramao; Giovanni Meo Zilio; Giulia Lanciani; Leda Papaleo Ruffo; Luciana Stegagno Picchio; Maria Helena Kühner; Marina Colasanti; Pietro Petraglia; Sergio Michele; Victor Mateus Gruppo di Traduzioni NUPLITT - Núcleo de pesquisa em literatura e tradução da UFSC (Universidade Federal de Santa Catarina): Andréia Guerini, Cláudia Borges de Faveri, Marie-Hèlene C. Torres, Mauri Furlan, Walter Carlos Costa e Werner Heidermann. Ricerca Federico Bertolazzi; Nello Avella; Rino Caputo; Università Roma II “Tor Vergata” ESEMPLARI ANTERIORI Redazione e Amministrazione Rua Marquês de Caxias, 31 Centro - Niterói - RJ - 24030-050 Tel/Fax: (55+21) 2722-0181 / 2719-1468 Mosaico italiano è aperto ai contributi e alle ricerche di studiosi ed esperti brasiliani, italiani e stranieri. I collaboratori esprimono, nella massima libertà, personali opinioni che non riflettono necessariamente il pensiero della direzione. SI RINGRAZIAno ABPI, ACIB, Imprensa Oficial do Estado do Rio de Janeiro, UFBA, UFF, UFRJ, IIC, USP. STAMPATORE Editora Comunità Ltda. Il natomorto Davino Sena Ota Saan, notaio di Tsu, provincia di Mie, certificò d’aver redatto per iscritto del morto l’atto dovuto e il comunque nato, il feto natomorto, fece un successo capace di emanare incenso e il defunto, per il consenso, nasceva più oltre quando il padre, febbrile dichiarante, volle dar nome al feto, al bambino, nome completo, definendo perfino il sesso dove altro non c’era se non l’abbozzo di un’idea che neppure platonica essere poteva. ome è sorta l’idea di interpretare Dante? Fin da piccola sentivo recitare Dante da mio nonno, per la casa. Me lo ricordo che camminava per i corridoi recitando Dante. Allora, un giorno, mentre stavo girando un film, ho sentito dire che la coreografa di Regina Miranda stava organizzando uno spettacolo multimedia in cui la Commedia di Dante e la musica di Mozart avrebbero occupato tutto il Museo di Arte Moderna di Rio de Janeiro. Erano 250 artisti tra attori, ballerini, musicisti, artisti visuali. Ho lasciato il lavoro che stavo facendo e sono andato a parlare con lei della possibilità di entrare nel progetto con una videoinstallazione (memoria dell’Inferno) e un video-arte. Sono stata immediatamente accettata e ho lavorato per qualche mese parallelamente a questi due progetti. L’allestimento del video “memoria dell’Inferno”: L’obiettivo dello spettacolo era quello di far attraversare agli spettatori (così come Dante e Virgilio) i luoghi dell’Inferno, Purgatorio e Paradiso. Sono stata invitata a creare una video-installazione per il passaggio dall’ultimo livello dell’Inferno al primo livello del Purgatorio. L’allestimento consisteva in un corridoio fatto di pile di pietre con cinque monitor per ogni lato, dentro le pile. I primi quattro monitor mostravano immagini in tempo reale di ciò che è avvenuto nell’Inferno, ho cercato di lavorare con la memoria perché il pubblico passas- se soltanto davanti a quelle immagini. Nei due monitor seguenti, in uno si vedeva la presentazione in tempo reale e da diversi angoli, che era uno specchio del momento presente. E infine, negli ultimi quattro monitor, gli spettatori prevedevano, in tempo reale, alcune immagini che loro avrebbero potuto provare nel futuro prossimo. Ho cercato di lavorare con l’idea di relazione tra i tempi, presentandovi una simultaneità parallela che si incontrava nello stesso tempo/luogo. Qui io stavo giocando con un altro concetto di “tempo”. Soltanto in questo modo è stato possibile che il lavoro accadesse, perché la concezione del progetto come una ripetizione continua, ogni venti minuti, di tutti i luoghi allo stesso tempo, ha fatto sì che il pubblico si muovesse dietro allo spettacolo. Tu venivi da un primo film su Artaud e poco dopo l’esperienza trascendente del Paradiso. Come hai organizzato questi opposti? Vengo da una famiglia italiana, cattolica, ma che ha disertato la seconda guerra, autosufficiente, immigran- Gennaio / 2005 te e Dantesca (mio nonno) e mia nonna, basca, anarchica, artista. Lei, a sua volta, mi leggeva Max Stirner, Godwin, Bakunin, Malatesta e tanti altri scrittori e poeti anarchici per farmi dormire quando ero bambina. Quindi, fin dalla culla vivo paradossi, ed è stato relativamente organico organizzare questi opposti. Inoltre, Marco Lucchesi, che aveva già fatto un bel libro su Artaud e un altro sulla Divina Commedia è stato per me come uno spartiacque. Ha scritto la sceneggiatura, letto ad alta voce Dante (in off) e ha avuto delle idee ben precise ed ispirate nell’ambito Dante-Artaud. Cosa ti emoziona di più in questo lavoro? Aver penetrato la testa di Dio insieme ad un gruppo ben divertente di artisti. La durata dell’Inferno è più forte delle altre cantiche. Forse questo è lo spirito di Artaud? L’idea del bene e del male non esiste, così come tutte le cose che vivono questa separazione non sono più niente per me, l’unico [sic] è tutto ciò che ha un senso. Posso dire che Artaud è un artista unico, giacché quando crea il “Teatro della crudeltà” non si ha via di fuga, si è forzati ad affrontarsi con il proprio essere essenziale e questo, per me, è Gennaio / 2005 C tutto ciò che realmente importa. Credo che l’inferno ci metta di fronte ad alcune questioni cruciali, così come il questionamento della gerarchia divina, il ribellarsi, e questo definitivamente mi interessa. Definisci, se possibile, ciò che ha rappresentato questo film e l’esperienza dantesca, dalla quale, per caso, tu sia riuscita ad uscire. Quest’esperienza non si può rappresentare in parole, per questo invio alcune foto del film; e, per ciò che riguarda l’esperienza Dantesca... non sono mai riuscita ad uscirne. Immagini – Elettra, Ugolino ... e Beatrice!!! Iotti arlos Henrique Iotti è nato a Caxias do Sul nel 1964, laureatosi giornalista alla UFRGS, vignettista e disegnatore di fumetti come autodidatta. Nel 1983, crea Radicci, uno sbozzo dell’immigrante italiano del Sud del Brasile. Nel curriculum dell’artista brasiliano risultano passaggi per gli studi di Santiago, Edgar Vasques e Joaquim Fonseca, lavori nei giornali Zero Hora e Jornal Pioneiro e programmi alla Radio Caxias e Studio FM 93,5, dove interpreta Radicci. Il personaggio di Iotti, il nostro anti-eroe, è innamorato dell’ozio, amante del vino e patriarca di una famiglia sempre di buon umore. Genoveffa, moglie di Radicci, è la Mamma italiana, quella che non risparmia sforzi per il benessere della famiglia, ha quasi come per missione divina mantenere il marito lontano dalle grandi bevute. Il figlio della coppia, Guglielmino, è ecologista, fan del Rock and roll e culla convinzioni politiche estremamente liberali. Al contrario del giovane Radicci, irrimediabile conservatore, che ha gli occhi solo per l’esempio politico di Mussolini, e tali differenze condiscono ilarianti combattimenti fra i due. Il patriarca di tutti, il nonno, è un soggetto da cui spilla energia e che è dotado di uno storico di avventure che fa invidia a molti ragazzini, il veterano della seconda guerra mondiale va in moto e conquista una donna. E infine, la casta sorella di Radicci è una religiosa fanatica e vedova in lutto, sempre molto colpita dall’esposizione del pubblico alla poca censura dei mezzi di comunicazione. Traduzione parziale dall’inglese al portoghese: Fernanda Teixeira (UFRJ) Traduzione dal portughese: Cristiana Cocco Carvalho Gennaio / 2005 Gennaio / 2005 Gennaio / 2005 Gennaio / 2005 10 10 Gennaio / 2005 Gennaio / 2005 11 11 12 12 Gennaio / 2005 Gennaio / 2005 13 13 14 14 Gennaio / 2005 Gennaio / 2005 15 15 16 16 Gennaio / 2005 Gennaio / 2005 17 17 Gennaio / 2005 18 La Jangada: Giulio Verne e l’Amazzonia C Ronaldo Rogério de Freitas Mourão osa potrebbe giustificare che sette anni dopo la pubblicazione del Chancellor (1874) Giulio Verne sia tornato alle acque amazzoniche? In questo primo romanzo, in una jangada [tipica zattera del nord-est brasiliano, n.d.t.], costruita con parti della nave Chancellor, undici fra uomini e donne visitano le acque del Rio delle Amazzoni, in totale miseria. Nella disperazione più completa caratteristica dei naufraghi, senza acqua da bere, si preparano per sacrificare uno dei sopravviventi affinché serva da alimento agli altri, quando uno dei naufraghi cade in mare. Ma questi, tuffandosi, beve un po’ d’acqua e scopre che si tratta di acqua dolce. I naufraghi vengono raccolti quando arrivano all’Isola di Marajó. Il romanzo La jangada – huit cents lieues sur l’Amazone (La jangada, ottocento leghe lungo il Rio delle Amazzoni, 1881) , è il primo di tre romanzi di Giulio Verne destinati esclusivamente al corso dei fiumi. Al contrario di ciò che è accaduto nel Chancellor, la traiettoria avviene in senso contrario: l’imbarcazione costruita in un piccolo villaggio ridiscende il Rio delle Amazzoni. La jangada è il rapporto di un viaggio realizzato dalla famiglia di un prospero pro- 18 prietario terriero, che abita a Iquito, fino a Belém. Il romanzo ha un doppio obiettivo: il primo – annunciato a tutti i membri della famiglia – è il matrimonio di Minha, figlia di João Garral, con un compagno di studi del fratello di lei; il secondo è la soluzione di un problema giuridico di natura criminale. In realtà, il padre João ha i suoi motivi segreti: anche se corre il rischio di un’esecuzione, vuole ottenere la revisione di una senteza che lo ha condannato ingiustamente a morte per un furto di diamanti, 26 anni prima. All’epoca dell’accusa, Garral lavorava nelle miniere imperiali brasiliane a Vila Rica (oggi Ouro Preto), sotto il vero nome di João da Costa. Dopo essere riuscito a sfuggire agli inseguimenti delle autorità brasiliane, attraversa le frontiere peruviane. Va ad abitare ad Iquito, dove fa fortuna grazie alle sue capacità imprenditoriali e da dove parte per recuperare la sua innocenza, dopo più di un quarto di secolo. Visto che l’obiettivo annunciato era quello di un progetto familiare, Garral immagina un mezzo di trasporto che gli permetta di spostarsi con tutta la famiglia. A questo scopo decide di costruire un’enorme jangada, in realtà un gigantesco villaggio fluttuante, capace di portare tutti i membri della sua proprietà rurale nella ridiscesa del fiume fino a Belém. La scelta dell’Amazzonia. La ragione per cui lo scrittore Giulio Verne – creatore del romanzo geografico – è tornato in Amazzonia, è senza dubbio associata al suo interesse nello studio, dal punto di vista geografico, di tutte le regioni del globo terrestre, specialmente quelle che, essendo poco esplorate, presentavano un bell’aspetto misterioso capace di attrarre non soltanto la sua ammirazione, ma specialmente quella dei suoi lettori. Anzi, il suo interesse per i viaggi esploratori era associato alla sua devozione per la natura, in particolare per le caratteristiche esotiche che riguardavano la foresta amazzonica, così come la libertà che dominava la vita in quelle regioni lontane dalla civiltà. Il lungo periodo di sette anni passato tra i romanzi Le Chancellor (1874) e La jangada – huit cents lieues sur l’Amazone (1881), deve associarsi al suo grande interesse per la conclusione delle sue ricerche sull’Amazzonia, il grande personaggio del romanzo La jangada, ove il dramma e la sventura del brasiliano João da Costa che, a 22 anni, nella città di Vila Rica, oggi Ouro Preto a Minas Gerais, viene accusato di furto, è stato il motivo o Gennaio / 2005 la risorsa pedagogica trovata da Verne per far divenire più attraente il suo romanzo, il cui obiettivo principale era quello di descrivere e porre in questione alcuni problemi geografici che riguardavano la Foresta Amazzonica. I viaggiatori, le fonti bibliografiche di Giulio Verne. Anzi, la visione di quest’immenso territorio che a risvegliato l’interesse dei viaggiatori stranieri fin dal secolo XVI, è stato sfruttata e legata alla ricchezza della regione. Lo stesso Giulio Verne ha citato i nomi di esploratori e scienziati che si sono recati in Amazzonia. Per mezzo delle loro opere, Verne ha costruito la base scientifica del suo romanzo. In realtà, ‘decine e decine di avventurieri che hanno esplorato e percorso la regione da un capo all’altro’, come ha molto ben definito Michel Riaudel, che ha concluso, mentre speravano di “ottenere benefici in questi viaggi, il Brasile aspirava ad un migliore controllo di un territorio sottopopolato, mentre potenze finanziatrici speravano di trarre vantaggi politici, economici e commerciali” . È facile verificare in Verne la visione di un mondo dominante nell’epoca in cui è stato scritto il libro. Oggi la ricchezza dell’Amazzonia è oggetto di ambizione dei nordamericani, che la vogliono internazionalizzare. Razzismo scientifico Le affermazioni di razzismo sono oggi totalmente inaccettabili, ma nel secolo XIX il mondo intellettuale è stato influenzato dallo scrittore e aristocratico francese Joseph 19 Arthur, Conde de Gobineau (1816-1882), uno dei fondatori delle teorie razziste. La sua opera più (tristemente) celebre è il saggio Essai sur l’inégalité des races humaines (1853-1855), in cui, oltre a descrivere le diverse razze umane, annunciava il pericolo della mescolanza di razze. Anzi, questo saggio immaginava l’esistenza di “razze pure” nel futuro. Anche se attribuendo ad ognuna delle razze una sua propria caratteristica, Gobineau ha posto la “razza” germanica, in particolare quella scandinava, al di sopra delle altre. Le teorie di Gobineau, allo stesso tempo razziste e profondamente antidemocratiche, sono state adottate e difese dai nazisti, che hanno sviluppato un particolare odio verso gli ebrei. La maggior parte delle dottrine razziste sorte alla fine del secolo XIX e agli inizi del secolo XX hanno avuto per base l’opera di Gobineau. In effetti Giulio Verne, difendendo l’espansione colonizzatrice che avrebbe portato la scienza e la tecnologia al mondo, ha adottato una posizione moderatamente razzista, malgrado fosse un antischiavista sistematico in tutta la sua opera. Forse la sua fede nelle promesse apportate dalla conoscenza scientifica faceva credere nell’importanza dell’espansionismo occidentale come una continuità del processo sorto nel periodo delle luci, durante il quale si accumularono enormi informazioni biografiche, botaniche, geologiche e culturali. Questo è il motivo per cui il romanzo primeggia, dovuto alla sua consolidazione e espansione della fase imperialista eurocentrista, secondo la quale era compito dell’uomo bianco in generale l’espansione e il dominio del mondo, dovuto alla sua superiorità sui non bianchi o selvaggi. In realtà, era compito degli europei portare e diffondere la loro civiltà in giro per il pianeta, nella sua maggior parte abitato da selvaggi. A quei tempi, gli indigeni e i negri erano presentati, in generale, come esseri sottomessi che accettavano docilmente il dominio dei bianchi. A quel tempo in Inghilterra, lo scrittore inglese W. P. Andrew, nella sua opera Our scientific frontier (1880), difendeva l’idea di “una crociata tecnologica britannica”, la cui meta sarebbe stata quella di espandere tra i selvaggi il grande potere e/o processo civilizzatorio inglese. Il bianco europeo avrebbe costituito l’agente civilizzatore globalizzatore. Come quasi tutti gli intellettuali, questa visione era condivisa indirettamente anche da Giulio Verne, quando diceva: La guerra, come si sa, è stata per molto tempo il più sicuro e rapido veicolo di civiltà. In effetti, questa visione ideologica – l’inferiorità del negro e dell’indigeno – è stata adottata come verità scientifica ed è stata accettata dalla maggioranza degli uomini di scienza. Verne ha adottato una visione darwiniana, grazie alla quale giustificava la scomparsa di tutti i popoli non europei, come ha suggerito nel testo: È la legge del progresso. Gli indigeni devono scomparire. Di fronte alla razza anglosassone, australiani e tasmaniani 19 Gennaio / 2005 20 sono scomparsi. Di fronte ai conquistatori dell’Estremo Ovest sono stati estinti gli indigeni dell’America del Nord. Qualche giorno, probabilmente, gli arabi verranno decimati di fronte alla colonizzazione francese. Verne ha visto il progresso in un modo positivista, secondo cui la questione razziale era vista in termini di purezza. Era una visione eurocentrica, che accettava come fosse un processo normale l’annientamento degli indigeni dell’Amazzonia, così come non accettava l’idea secondo cui i meticci potevano sopravvivere. La globalizzazione L’intensificazione della mescolanza di razze, man mano che passava il tempo, inizialmente circoscritta alle regioni ben delimitate, come nel caso delle popolazioni amazzoniche, ha mostrato che le previsioni dei seguitori delle dottrine razziste si sbagliavano completamente. Con la globalizzazione, la mescolanza non si limita a determinate regioni: oggi è, oltre che ampia, anche culturale. La stessa opera di Giulio Verne, in virtù della sua preoccupazione con la geografia – non dobbiamo dimenticare che Verne è stato membro della Société de Géographie de Paris -, ha difeso un’integrazione, o meglio, una globalizzazione culturale e razziale (forse se vivesse ai giorni d’oggi sarebbe contro la globalizzazione economica). Nel romanzo Il giro del mondo in ottanta giorni (1872) quando, nel suo viaggio intorno al mondo, fa par- 20 tire Fogg da Londra per farlo ritornare alla stessa città, Giulio Verne, oltre a richiamare l’attenzione su questo paradosso dei circumnavigatori, assume indirettamente una posizione a favore di Greenwich come il futuro meridiano zero, come sarebbe stato adottato, nel 1884, a Washington, USA. Per ciò che riguarda il paradosso, Verne ha sempre riconosciuto di essere stato influenzato dalla lettura del racconto Tre domeniche in una settimana, di Edgar Allan Poe; ma questa idea ha avuto le sue origini nel secolo XVI, durante le grandi scoperte marittime. Tuttavia, i romanzi legati a viaggi dalla Terra alla Luna come Dalla terra alla luna (1864) e Intorno alla luna (1869) costituiscono la grande presa di posizione in relazione al futuro. Malgrado le sue considerazioni di natura ecologica in La jangada (1881) riflettano l’idea predominante dell’epoca, questo romanzo costituisce un valido ritratto di ciò che sarebbe accaduto nel secolo XX in Amazzonia. Giulio Verne, in questi quattro romanzi, così come in tutta la sua opera, oltre ad assumere una visione globalizzante, ha fornito una dimensione umanistica e favorevole alla scienza e alle sue applicazioni tecnologiche giammai ottenute da altri divulgatori fino ai giorni d’oggi. Per ciò che riguarda la sua preoccupazione con l’esattezza scientifica per le costruzioni dal punto di vista dello studio delle conoscenze della sua epoca, Giulio Verne ha voluto dimostrare – in uno studio comparativo dei testi – che li ha sorpassati con l’aspetto visionario. Il che è provato dall’evoluzione delle conoscenze che convalidano varie delle sue antecipazioni rispetto al futuro, in terreni così diversi come la Terra e le sue profondità, la sua vasta estensione o il suo spazio immediato. Ma Giulio Verne faceva soltanto fantascienza, visto che la dimensione umana è sempre associata alle sue preoccupazioni scientifiche. Bibliografia critica Dekiss, Jean-Paul. Jules Verne, un humain planétaire, Textuel, Paris. Freitas Mourão, Ronaldo Rogério. Jules Verne et sa vision globalisante et humaniste de la science et ses applications, Actes du Colloque International Jules Verne, Lês Machines et la Science, 12 octobre 2005, École Centrale, Nantes, pág. 263-270. Riaudel, Michel. Posfácio in A Jangada, ed. Planeta, 2003, São Paulo, p. 354370. Serres, Michel. Jouvences sur Jules Verne, édition de Minuit, 1974, Paris. –. Jules Verne la science et l’homme contemporain, Ed. Le Pommier, 2003, Paris. Serres, Michel et Dekiss, Jean-Paul. Entretiens, 2002, Paris. Soriano, Marc., Julliard, 1978, Paris. Verne, Jules. De la Terre à la Lune Hetzel, 1865, Paris. Verne, Jules. Autour de la Lune. Hetzel, 1870, Paris. Verne. Jules. Le Tour du monde et quatre-vingts jours, Hetzel, 1872, Paris. Verne, Jules. La Jangada, Hetzel, 1881, Paris. V Viorel iorel Pîrligras è nato nel 1959, nella città di Drobeta-Turnu Severin, sul Danubio, al confine con la Serbia. Oggi fa il giornalista (segretario generale) di un settimanale regionale di Craiova. Ha studiato le arti visivi e si trova nel campo del giornalismo dal 1981, come redattore, grafico ed è stato coinvolto nel dirigere delle riviste culturali quali: “Mesaj comunist” (1982-1985), “Orion SF” (1987-1989), “467” (1990-1991), “Orfeu din Orion” (1994), “Altceva” (1995), “Eclipsa” (1999), “O aripă de înger” (2000), “Nuovi frontiere” (Italia) 2000-2001, “Fergonaut” (2002-2004), “Magazinul de publicitate” (2005-2006), “Monden Media” (din 2004), “Autograf MJM” (din 2005), “Mozaicul” (a partire da 2006). È membro, dal 1991, dell’Associazione dei Bedisti (fumettisti) della Romania e coordinatore degli Incontri Annuari di Fumetti 1991-1992; dell’Associazione Alliance Française di Craiova a partire dal 1995 e vicepresidente della stessa associazione a partire dal 2002 e, dal 2003, membro del Consiglio d’amministrazione della stessa. E a partire dal 1998, membro del CRIABD del Belgio (L’Associazione degli amatori di fumetti di stampo cristiano). Hobby: letteratura science fiction (10 premi per creazione ai concorsi nazionali (1981-1990), tra i quali 2 dell’Unione degli Scrittori della Romania, molte narrazioni uscite su riviste e in antologie; per i fumetti – 6 premi ai concorsi nazionali ed internazionali, autore di 3 album BD (fumetti), tra cui 2 premiati, fumetti pubblicati su molte riviste del Paese, ma anche in Belgio, Italia, Svesia, Danimarca. 21 Traduzione dal francese: Jupira Ribeiro Traduzione dal portoghese: Anna Palma Le matin d um faune È L’UOMO CHE CERCHIAMO? ECCOLO! SÍ QUELLO! PRIMA DI TUTTO, LO SVEGLIAMO. SU, ALZATI! ATTENZIONE, STA APRENDO GLI OCCHI CAMERA! NON POSSO CREDERCI! CHE STRANO! OH! NON ABBIAMO BISOGNO DELLE VOSTRE MACCHINE! QUELLA CHE IMPORTA NELLA VITA È ESSERE FELICI! SU, AL LAVORO! FRANCAMENTE NON CREDO CHE SIA MOLTO INTERESSANTE PER LA TRANSMISSIONE! È STATO UN COLLEGA DEL SERVIZIO CHE MI HA DATO L’IDEA ALLORA, CHE FACCIAMO? 22 Le matin d’um faune SAPER APPROFITTARE DI TUTTO CHE ESISTE INTORNO A TE: IL CIELO, IL SOLE... ... LA SABBIA, IL MARE... Le matin d’um faune 23 la vita è meravigliosa! REGISTRATE TUTTO! NON POSSIAMO perdere assolutamente nulla! Ho di nuovo problemi di livello a e, come d’abitudine, nessuno che si preoccupa per me... A volte, ho l’impressione che gli uomini si dimentichino che sono un semplice robot per migliorare il morale... questa sarà la trasmissione del secolo! che forza! 24 Le matin d’um faune questo sì che uno scoop! Le matin d’um faune 25 26 tano, dell’energia elettrica per provocare una ecatombe—a farci rinunciare alla guerra sostituendola con accordi commerciali. La vita si è evoluta come continua soluzione dei problemi, come lotta. Pareto ha dimostrato che le élites emergono dagli strati più bassi della società dove le condizioni di vita sono più difficili, oppure delle minoranze oppresse, perseguitate. I genitori che vogliono educare bene i loro figli devono spingerli a confrontarsi con difficoltà, con ostacoli. Dando loro appoggio, certo, senza mandarli allo sbaraglio, ma lasciandoli lottare, trovare la loro soluzione. Ed è anche sbagliata una scuola che non crea ostacoli, che non pone mete elevate, che non dà premi e punizioni, che perdona ogni cosa e promuove tutti. Perché ogni individuo vuol affermare se stesso, essere stimato, apprezzato per ciò che ha fatto. Devo poter dire qui ho sbagliato, qui ho fatto male, invece «questo è merito mio». Oggi parliamo tanto di evoluzione, ma l’evoluzione è stata il frutto di infiniti tentativi, fino a quando ha prodotto l’uomo e poi è continuata come evoluzione culturale, e continuerà come intervento dell’uomo sul suo stesso patrimonio genetico. Uno sforzo continuo, ascendente verso un ideale di perfezione che tutti noi intuiamo possibile, anche se infinitamente lontano. — ...È suo marito, dice che la cena si raffreda! Cruciverba Crittografato Cruciverba critt. artista ha bisogno del masso di marmo duro, resistente da vincere per far emergere la statua. In tutti i romanzi, in tutti i film ci deve essere un ostacolo da superare o un nemico da vincere. Senza egoismo non può esserci altruismo. Senza paura non può esserci coraggio. L’egoismo perciò non è solo l’ostacolo posto sulla strada dell’altruismo, ne è paradossalmente anche l’organo: l’egoismo è «l’organo ostacolo» dell’altruismo. La paura è «l’organo ostacolo» del coraggio, l’ingiustizia «l’organo ostacolo» della giustizia. La morale è sempre superamento di un ostacolo e la vita una continua lotta contro la malattia, contro la morte. È la morte che, come organo ostacolo della vita, ce la rende qualcosa di prezioso da conservare, da prolungare, da arricchire. Per cui diventa tanto più importante quanto più si prolunga, si intensifica, quanto più sottrae spazio alla morte. Sono i giovani che non hanno paura della morte, sono le società piene di giovani che fanno le guerre. Mentre l’aumento della popolazione, il suo invecchiamento, il suo desiderio di vivere stimolano la medicina a fare continue scoperte. È la consapevolezza che la nostra società è fragilissima— basta l’arresto del flusso di me- — Tieni, mettiti questa camicia, è lavata e stirata. SOLUZIONI Francesco Alberoni È sbagliata una scuola che non crea ostacoli L’ Curiosità: Le caravelle che servirono a Colombo per attraversare l’Atlantico erano molto piccole, quasi simili agli attuali barconi di pesca. La Santa Maria, la maggiore, era lunga 28 metri, larga 8 e alta 4; le altre due avevano dimensioni ancora inferiori. 27