Review n. 7 – Italus Hortus 15 (1), 2008: 37-48 Contributo della decomposizione della lettiera alla nutrizione minerale delle colture arboree Pietro Panzacchi1*, Francesca Scandellari1, Giustino Tonon1 e Massimo Tagliavini2 1 Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna, viale Fanin 46, 40127 Bologna 2 Facoltà di Scienze e Tecnologie, Libera Università di Bolzano, via Sernesi 1, 39100 Bolzano Ricevuto 7 gennaio 2008; Accettato 17 febbraio 2008 Contribution of litter decomposition to the mineral nutrition of tree plantations Abstract. Litter decomposition is a key process in biogeochemical cycles of trees ecosystems and has a role both at local and at global scale because of his ruling the site fertility, nutrient availability and the carbon-sink potential of the system. It is defined as the ensemble of all physicals, chemical and biological mechanisms that lead the organic matter transformation in more stables forms. In orchards, abscised leaves, pruning wood and root turnover annually return to the soil significant amount of biomass and nutrients. In addition, mowed grasses from the orchard alleys contains significant amounts of nutrients which, if moved along the tree rows can significantly affect the nutrient availability for trees. Litter decomposition is a limit-value process split in two mains stages each characterized by different decay rates and different factors ruling the process. Basically these factors are the substrate quality, the type of decomposers and the environment (moisture, temperature, pH and soil texture). In the early stage the process is driven by nutrients abundance and climate, while later is adversely affected by nitrogen and lignin concentration. Ecological implications of the process concern mainly biogeochemical cycles of nutrients, both in terms of their availability and in terms of carbon balance of the whole ecosystem. Examples of nutrient release from decomposing leaves and pruning material as well as mowed grasses in orchards are given and their contribution to tree nutrition discussed. Introduzione La decomposizione della lettiera vegetale è un processo chiave dei cicli biogeochimici degli ecosistemi terrestri, che ha effetti sulla disponibilità di nutrienti, sull’emissione di gas serra e sulla biodiversità. Il suo ruolo è quindi fondamentale sia a scala locale, come regolatore della fertilità del suolo, sia a scala globale, * [email protected] in quanto determina le potenzialità di accumulo di carbonio degli ecosistemi. Nei sistemi produttivi arborei la lettiera è rappresentata da foglie abscisse, frutti cascolati, radici morte, rami o branche di diversa età e dimensione e sfalci delle essenze del prato. Essa contiene soprattutto nutrienti legati in molecole complesse, accessibili alle piante solo in seguito ai processi degradativi. Nella maggior parte degli ecosistemi tale riciclo dei nutrienti è indispensabile per sostenere la produzione primaria in quanto gli inputs esterni non coprono il fabbisogno annuale (Aber e Melillo, 2001). La decomposizione della lettiera e più in generale della sostanza organica del suolo, ad opera dei decompositori eterotrofi ha un ruolo chiave anche nel bilancio globale del carbonio in quanto contribuisce in maniera sostanziale al flusso totale di CO2 in uscita dal suolo. Il processo di decomposizione della lettiera raramente arriva a completarsi, ma molto spesso giunge ad un limite coincidente con la formazione e l’accumulo di sostanze complesse, difficilmente degradabili, chiamate nel loro insieme “humus”. Queste concorrono a determinare le caratteristiche fisiche e chimiche del suolo ed influenzare la disponibilità idrica e di nutrienti. In questo lavoro si intende analizzare il processo di decomposizione della lettiera esaminando in particolare il suo ruolo nel mantenimento della fertilità del suolo ai fini della nutrizione minerale della colture arboree. Particolare enfasi verrà data allo studio dei fattori che la regolano e delle dinamiche che si instaurano nel tempo, al fine di sottolinearne le principali conseguenze ecologiche. La decomposizione della lettiera è un processo complesso e difficile da definire: nel senso più ampio essa comprende tutti i meccanismi fisici, chimici e biologici che liberano nutrienti in forma minerale dalla materia organica trasformando i residui in forme a crescente stabilità (Berg e Mc Claugherty, 2003). I meccanismi fisici comprendono la frammentazione fisica dovuta sia all’azione diretta di animali, meteore ed altre piante, sia all’alternanza di fenomeni di espansione e contrazione del tipo secco-umido o gelodisgelo. I processi chimici sono riconducibili a feno- 39 Panzacchi et al. meni di ossidazione e condensazione, mentre i meccanismi biologici coinvolgono l’ingestione e la digestione da parte della pedofauna e l’attacco da parte degli enzimi extracellulari dei microrganismi. In questo quadro di interazioni chimico-fisico-biologico, i fattori che condizionano la decomposizione della lettiera sono di tre tipi: la qualità del substrato, la natura dei decompositori e le condizioni ambientali (fig. 1). I meccanismi di produzione della lettiera vegetale epigea sono chiari: la lettiera fogliare si forma per deposizione delle foglie senescenti mentre quella legnosa per rottura di rami e branche dovuta ad eventi naturali (autopotatura, patologie, azione della fauna o eventi atmosferici) o antropici (potatura). La lettiera fogliare è caratterizzata da turnover relativamente rapido mentre quella legnosa ha tempi di decomposizione più lunghi. La produzione di lettiera ipogea invece merita una descrizione più accurata sia perché la dinamica con cui essa si forma è ancora poco chiara, sia perché essendo localizzata nel suolo, al centro di interazioni tra diversi tipi di organismi (piante, funghi, animali) e di mezzi abiotici (suolo, soluzione circolante, gas), è un fenomeno difficile da studiare. Il rilascio di lettiera radicale, definita rizodeposizione, può avvenire attraverso l’essudazione e la morte radicale. In generale si intende per essudazione il rilascio attivo e passivo di materiale organico da parte di radi- ci vive. Gli essudati radicali sono formati da materiale relativamente omogeneo dal punto di vista chimico. Si tratta, di solito, di molecole a basso peso molecolare come sali minerali, zuccheri, amminoacidi e acidi organici. Le radici vive possono rilasciare anche composti ad alto peso molecolare, come enzimi extracellulari, fra cui le fosfatasi, necessarie per la mobilizzazione del fosfato, o il mucigel che, secreto dalle cellule apicali, funge da lubrificante durante l’espansione dell’apice stesso. Intere cellule, in particolare quelle del cappuccio apicale, possono inoltre distaccarsi dalla radice in seguito ad attacco di patogeni o a seguito del normale sviluppo radicale. In generale, le molecole classificate come essudati radicali costituiscono un materiale facilmente decomponibile dai microrganismi del suolo. Il secondo meccanismo con cui una pianta può rilasciare materiale nel suolo è la morte radicale. In questo caso è un’intera porzione di radice che va incontro a senescenza, mediante un processo relativamente poco noto. Il materiale in essa contenuto è, chiaramente, molto più eterogeneo rispetto a quello rilasciato per essudazione. Enzimi, zuccheri, proteine, aminoacidi e lipidi possono essere oggetto di decomposizione da parte dei microrganismi del suolo, ma essendo protetti dalle strutture più esterne della radice, ricche di lignina e cellulosa, sono più difficilmente attaccabili. Fig. 1 - Schema delle relazioni tra decomposizione della lettiera e fattori che ne influenzano l’andamento. In figura sono evidenziate anche gli effetti sull’ambiente della decomposizione del materiale vegetale. Fig. 1 - Factors influencing the decomposition process and its consequences on the environment. 40 Decomposizione della lettiera Nei frutteti, gli alberi sono affiancati da altre specie vegetali, di natura arbustiva o erbacea, nonché da microrganismi ed animali, che producono lettiera. L’entità di queste componenti ed il loro ruolo nel ciclo del carbonio e dei nutrienti sono variabili in funzione del tipo di sistema, ma non sono da sottovalutare, soprattutto nei sistemi misti agro-forestali (Sauer et al., 2007). In modo analogo, negli arboreti inerbiti, in cui le essenze erbacee non sono soggette a stress idrici estivi, lo sfalcio del prato contribusce in modo significativo alla formazione della lettiera. La produzione di lettiera è molto variabile (tab. 1) in funzione dell’ambiente di coltivazione e della crescita complessiva della componente vegetale. Per esempio Vogt e colleghi (1996), analizzando un consistente numero di lavori pubblicati su popolamenti forestali di varie zone del mondo, riportano valori di produzione di lettiera fogliare compresi fra 0,3 e 11 t ha-1 anno-1 di sostanza secca e valori fra 1 e 8 t ha-1 anno-1 per la lettiera radicale. Anche nei frutteti la produzione di lettiera aerea può essere molto variabile in quanto dipende in primo luogo dalla specie, ma anche dall’età, dal tipo di allevamento e dalla densità di impianto. La lettiera radicale può essere inferiore, uguale o superiore a quella fogliare (tab. 1) in funzione della tessitura e fertilità del suolo (Scandellari et al., 2007). Lo sfalcio del prato dall’interfila in un frutteto può produrre fino a 9 t ha-1 di sostanza secca in condizione di elevata diponibilità idrica (Tutua et al., 2002), mentre tale quantità si riduce sensibilmente se la piovosità è scarsa o se l’irrigazione è localizzata nella zona del filare (Giovannini et al., 2003). Il processo di decomposizione L’insieme dei fenomeni di diversa natura coinvolti nel processo di decomposizione determinano una perdita di massa e una serie di cambiamenti nella composizione chimica del materiale in decomposizione. La metodologia sperimentale spesso adottata è quindi volta per lo più a registrare i mutamenti che si verificano nel substrato in funzione del tempo e dei fattori Tab. 1 - Quantità di lettiera vegetale annualmente prodotta in alcuni ecosistemi arborei, naturali o agrari (dati in g SS anno-1 m-2). Tab. 1 - Amount of annual litter formed in different natural and agricultural ecosystems (g DW year-1 m-2). Clima Boreale Continentale Desertico Mediterraneo Subtropicale Temperato caldo Specie o tipo di formazione vegetale Latifoglie decidue Conifere sempreverdi Populus tremulus Picea abies Bosco misto di conifere Bosco misto di latifoglie Conifere decidue Conifere sempreverdi Conifere Alberi e arbusti sclerofilli Latifoglie decidue Latifoglie sempreverdi Conifere sempreverdi Latifoglie decidue Conifere sempreverdi Malus domestica Prunus persica Latifoglie decidue Temperato freddo Populus tremulus Latifoglie decidue Latifoglie semidecidue Tropicale Latifoglie sempreverdi Decidue Sempreverdi Decidue Foglie 246 32-256 Legno 61-80 154 91,2 21,2 359 185-657 104-184 1.117-1.250 649-1.057 839 453-658 509-757 118-291 109-467 420-628 48 – 65 289-535 1.050 737-1.070 Radici fini 310-823 47-69 240 250 62-589 148-420 249-673 110-692 326-439 100-2.100 290 240 Riferimento bibliografico Vogt et al., 1996 Vogt et al., 1996 Steele et al., 1997 Ostonen et al., 2005 Sauer et al., 2007 Sauer et al., 2007 Vogt et al., 1996 Vogt et al., 1996 Classen et al., 2007 Jackson et al., 1997 Vogt et al., 1996 Vogt et al., 1996 Vogt et al., 1996 Vogt et al., 1996 Vogt et al., 1996 Tagliavini et al., 2007; Scandellari et al. non pubblicati Grasa et al., 2006 Vogt et al., 1996 Pregitzer et al., 1995 Vogt et al., 1996 Vogt et al., 1996 Vogt et al., 1996 Jackson et al., 1997 Jackson et al., 1997 Berg e McClaugherty, 2003 41 Panzacchi et al. ambientali. Il metodo più diffuso, adatto ai tipi di lettiera di piccole dimensioni, è quello delle litterbags. Questo metodo consiste nel chiudere del materiale precedentemente pesato in sacchetti di rete e misurare nel tempo i cambiamenti di massa, contenuto in nutrienti e qualità dei composti (Harmon et al., 1999). Le litterbags vengono normalmente poste in campo in un numero elevato, tale da consentire il prelievo di un campione rappresentativo, a predeterminati intervalli di tempo. La litterbag è una struttura aperta che consente il passaggio di aria, acqua, soluti e, a seconda della larghezza delle maglie, anche della pedofauna. Per la sua costruzione si utilizzano reti fabbricate con materiali inerti resistenti alla degradazione quali nylon, fibra di vetro o polipropilene a seconda del tipo di sollecitazioni a cui sono esposte (sotto terra o in superficie, all’ombra o ad alti livelli di radiazione ultra-violetta). La dimensione delle maglie può variare da 0,4 mm a 1 mm, fino a più di 2 mm a seconda del tipo di pedofauna a cui si vuole permettere l’ingresso. Le litterbags, di dimensioni variabili tra i 100 e i 500 cm2, possono essere disposte in superficie o interrate, in pieno campo oppure incubate in laboratorio. La frequenza di campionamento è strettamente legata al tipo di dettaglio dello studio, alle condizioni climatiche in cui avviene l’esperimento, al tipo ed alla qualità del substrato. I limiti del metodo delle litterbags sono principalmente dovuti all’impedimento esercitato dalla rete nei confronti dei macroinvertebrati. In molti ecosistemi infatti, questi sono una parte importante della comunità dei decompositori e la loro esclusione può portare ad una sottostima del tasso di decomposizione. Il fatto che il materiale vegetale sia rinchiuso in sacchetti può inoltre comportare alterazioni del microclima interno rispetto alle condizioni naturali. La tecnica delle litterbags può essere accoppiata a quella degli isotopi stabili, il cui utilizzo ha permesso un grande avanzamento nella comprensione della decomposizione. Gli isotopi più utilizzati sono quelli del carbonio (C) e dell’azoto (N), ma sono stati effettuati anche studi con gli isotopi del fosforo (P), del calcio (Ca) e dello zolfo (S). Per gli studi a breve termine, sono stati utilizzati anche isotopi radioattivi, (es. 14C), che offrono il vantaggio di essere identificabili anche in quantità minime (Trumbore, 2000). Il processo di decomposizione della lettiera può essere descritto considerando la perdita di massa che ne consegue, mediante una equazione di tipo esponenziale con la seguente formula generica: 42 Xt = X0 e(-kt) (1) in cui Xt è la massa al tempo t, X0 la massa iniziale e k il tasso di decomposizione in quel periodo (fig. 2a). In realtà, il processo raggiunge un limite, che corrisponde al massimo grado di decomposizione della sostanza organica, per cui i dati di perdita di massa nel medio periodo di adattano meglio ad una funzione del tipo: L = m(1- e-k/mt) (2) in cui L è perdita di biomassa (in %), t il tempo, m l’asintoto e k il tasso di decomposizione iniziale (Berg e Mc Claugherty, 2003). D’altra parte, il processo non segue così bene questo tipo di equazioni da renderle facilmente utilizzabili a scopi predittivi. I composti che costituiscono la sostanza organica in decomposizione sono infatti molto eterogenei per peso molecolare, solubilità e costituenti primari. Inoltre, la struttura stessa delle fibre, presentando alternanze di composti facilmente degradabili o decisamente recalcitranti, fa sì che non tutti i composti siano ugualmente accessibili ai decompositori (Swift et al., 1979). Tutto ciò causa una vera e propria scalarità nell’inizio della degradazione dei vari composti, la cui concentrazione varia quindi col passare del tempo in maniera non uniforme. La prima diminuzione di massa avviene a scapito dei composti più solubili e a basso peso molecolare (zuccheri semplici, idrocarburi, trigliceridi), mentre le successive sono via via a scapito di zuccheri complessi, emicellulose, chitine, cellulose e lignina, in base alla rispettiva resistenza alla degradazione enzimatica. Questo tipo di successione fa sì che si abbiano variazioni nella composizione percentuale del substrato e, conseguentemente, si determini sia una successione di decompositori specializzati, sia un cambiamento nei fattori ambientali che influenzano il processo. Berg e McClaugherty (2003) dividono il processo in tre stadi partendo dalla lettiera fresca fino ad arrivare all’humus. Nel primo stadio avviene la decomposizione dei composti solubili e delle cellulose ed emicellulose meno protette. Il modello matematico che descrive questo stadio è di tipo esponenziale e la velocità con cui i composti vengono degradati è circa doppia rispetto a quella che caratterizza la fase successiva. In questa fase si osserva spesso il fenomeno dell’immobilizzazione dei nutrienti. La seconda fase è caratterizzata dall’aumento percentuale della lignina e dei composti ligninosimili da essa derivanti, i quali essendo spiccatamente recalcitranti, finiscono per controllare quasi completamente Decomposizione della lettiera il processo. In questo stadio le cellulose ed emicellulose rimaste hanno tassi di decomposizione decrescenti perchè racchiuse e protette dalla lignina e dai composti umici di neoformazione. Nella terza fase, la decomposizione termina intorno ad valore limite che si attesta tra il 5% ed il 25% della biomassa iniziale (Aber et al., 1990; Berg et al., 1996 e 1999; Magill e Aber, 1998). Questa fase del processo è quella meno conosciuta e anche se si sa che la lettiera abbia in questo stadio ha molte similitudini con l’humus. La dinamica del processo di decomposizione dipende dalla qualità iniziale del materiale vegetale, dalla presenza di decompositori e dalle condizioni ambientali che si verificano durante la decomposizione stessa. Qualità del materiale vegetale Le caratteristiche che determinano la qualità della lettiera sono così riassumibili: 1) il tipo di legami chimici presenti e la quantità di energia liberata dalla loro rottura; 2 le dimensioni e la struttura tridimensionale delle molecole in cui questi legami si trovano; 3) il contenuto in nutrienti. Queste caratteristiche della lettiera dipendono da vari fattori quali la specie di appartenenza e l’organo della pianta da cui derivano. Le molecole più ricche di energia e più facilmente degradabili e metabolizzabili dalla massa microbica, sono gli zuccheri semplici come il glucosio, prodotti primi della fotosintesi. Questi, quando non vengono respirati o utilizzati per la crescita, vengono accumulati sotto forma di amido. Normalmente nella lettiera se ne trovano quantità modeste in quanto la pianta tende a utilizzarlo prima che la senescenza dell’organo sia completa. Pertanto la concentrazione di amido risulta compresa tra il 6-7 % nelle foglie abscisse, tra il 4-5% nelle radici morte e l’1-4% nel legno. Cellulose ed emicellulose sono anch’essi, come l’amido, polimeri di zuccheri semplici, ma formati con legami diversi che determinano strutture più rigide, tridimensionali e maggiormente complesse. Queste molecole nelle pareti delle cellule vegetali hanno funzioni strutturali, e non vengono utilizzate per la respirazione. Sono i composti più comuni nei materiali vegetali (tab. 2) e rappresentano substrati di qualità intermedia per i microrganismi. La qualità del substrato dipende anche dai polifenoli e dalla lignina, due classi di composti contenenti doppi legami carbonio-carbonio, particolarmente resistenti alla decomposizione. La lignina (tab. 2) rappresenta il principale fattore limitante la decomposizione completa del substrato (Aber e Melillo 2001). Il diver- so contenuto di lignina tra radici di piante erbacee ed arboree può spiegarne la diversa velocità di decomposizione (Silver e Miya, 2001). Un importante fattore che influisce sulla velocità di decomposizione delle radici è il loro diametro, come evidenziato per il pesco nella figura 2 dove viene riportato un confronto tra radici grosse e radici fini: dopo nove mesi di decomposizione le prime avevano perso il 26% della biomassa iniziale contro il 43% delle seconde. Il contenuto iniziale di nutrienti della lettiera (tab. 2) varia a seconda dell’origine e delle caratteristiche stazionali. La ricchezza in nutrienti della lettiera è fortemente correlata alla disponibilità di questi per la pianta, ma dipende anche, nel caso delle foglie, dall’entità della traslocazione agli organi perenni prima della loro caduta. Azoto, fosforo e zolfo sono molto importanti per i microorganismi, soprattutto nella fase di crescita esponenziale della popolazione microbica che caratterizza il primo stadio decompositivo. In generale, il rapporto C/N della lettiera è considerato un ottimo predittore del tasso di decomposizione nella prima fase (Swift et al., 1979; Taylor et al., 1989; Enriquez et al., 1993; Cotrufo et al., 2000). Il valore di C/N ottimale per la crescita microbica è intorno a 25, ma funghi e batteri possono decomporre substrati con rapporti molto più elevati. Studi condotti sulla decomposizione di foglie di piante fertilizzate con quantità crescenti di azoto dimostrano come al diminuire del suo valore incrementi il tasso di decomposizione dei primi mesi (Cotrufo et al., 1995), mentre già alla fine del primo anno le differenze cominciano a diminuire. Altri esperimenti hanno dimostrato che rapporti C/N iniziali bassi portano a ritmi decompositivi lenti (Fioretto et al., 2005). Un valore di C/N maggiore di 75 è caratteristico di materiale particolarmente difficile da decomporre a causa di grandi quantità di lignina, tannini e terpeni e di basse quantità di azoto. Le radici delle latifoglie si decompongono più velocemente di quelle delle conifere, che hanno un rapporto C/N più alto (Silver e Miya, 2001). Gli essudati radicali hanno un rapporto C/N tra 3 e 13 (Mench e Martin, 1991; Van de Geijn e Van Veen, 1993) ed hanno una decomposizione particolarmente veloce, con rapido rilascio di azoto minerale. L’influenza dell’azoto sul processo cambia profondamente negli stadi successivi del processo di decomposizione, quando vi è una relazione negativa tra le quantità di N somministrate ed il tasso di decomposizione della lettiera fogliare (Berg e Matzner, 1997; Magill e Aber, 1998; Craine et al., 2007). Il comportamento dell’azoto in questo stadio, in cui la sua concentrazione è maggiore rispetto allo 43 44 Latifoglie decidue Radici fini Radici fini Parte aerea Trifoglio Prato misto Graminacee Loietto Acero Bosco misto a prevalenza quercia Pioppo tremulo Radici medie Latifoglie Radici grosse Latifoglie Conifere Pino ssp Rami Pino Abete e pino Conifere Latifoglie Acero Quercia Pioppo tremulo Melo Ciliegio acido Pesco Specie o tipo Conifere Abete occidentale Abete e pino Acero rosso Decidue Pioppo tremulo Melo Pesco Foglie Aghi Organo 0,2 - 0,9 0,5-0,7 0,98 4,4 2,1 - 4,7 1,35 0,42 0,9 - 1,6 1,2 - 1,7 2,8 - 3,3 37 0,81 3,34 0,45 0,05 0,19 0,32 - 0,4 0,06 - 0,1 0,5 0,05 - 0,1 1,02 3,0 - 5,0 0,32 33 - 51 0,14 0,18 - 0,59 0,06 39 23 – 32 12 12 - 25 40 14 – 22 80 3,79 0,49 2,70 1,20 0,21 0,46 0,30 0,05 Lettiera di specie erbacee 5,15 - 5,40 0,23 0,09 51 58 37 - 43 27 - 34 20 - 48 10 22 18 2-9 15 – 18 25 - 34 25 - 33 15 - 25 35 - 49 13 – 48 22 - 45 14 - 19 3 36 - 40 10 43,1 47,4 26 - 33 12 - 33 12 20 18 - 65 Cellulosa lignina Lettiera radicale di specie arboree 0,03 0,21 0,05 - 0,3 0,9 - 1,1 0,8 - 1,3 0,13 0,38 1,8 - 4,4 0,21 - 0,31 1,16 - 1,52 0,17 0,01 - 0,09 51 44-45 46-48 39-41 39 – 42 Mg 0,1 - 1,6 0,04 0,9-3 46 Ca Lettiera aerea di specie arboree K 0,13 - 0,25 2,00 - 3,80 1,80 - 3,50 0,30 - 0,70 0,11 - 0,17 0,10 - 0,13 0,02 - 0,13 0,04 - 0,11 P 1,9-3,2 1,1 - 1,7 2,3 2 - 2,7 0,5-4 1,05 - 2,7 0,3 - 1,3 0,7 - 0,9 N 41-50 26-28 49 46 47 45 45 49-50 47-48 C Aber e Melillo, 2001. Hyvonen et al., 2000; Kaakinen et al., 2004 Aber e Melillo, 2001 Berg e McClaugherty, 2003 Pregitzer et al., 1995. Tagliavini et al., 2007; Tonon et al., 2007 Grasa et al., 2006. Berg e McClaugherty, 2003 Classen et al., 2007; Berg e McClaugherty, 2003 Hyvonen et al., 2000 Moore et al., 2006; Berg e McClaugherty, 2003 Moore et al., 2006; Berg e McClaugherty, 2003; Aber e Melillo, 2001 Aber e Melillo, 2001 Pregitzer et al., 1995 Tagliavini et al., 2007; Tonon et al., 2007. Green et al., 2006. Grasa et al., 2006. Referimento bibliografico 70 8 8 121 29-50 31 - 42 39-103 Tagliavini et al., 2007; Aber e Melillo, 2001; Brunetto et al., 2007 (non pubblicati) Brunetto et al., 2007 (non pubblicati) Aber e Melillo, 2001 Silver e Miya, 2001 Dilustro et al., 2001 Pregitzer et al., 1995 Pregitzer et al., 1997 Pregitzer et al., 1997 Berg e McClaugherty, 2003; Silver e Miya, 2001 Aber e Melillo, 2001; John et al., 2002; Classen et al., 2007 14 - 55 Pregitzer et al., 1997; Silver e Miya, 2001; Berg e McClaugherty, 2003 Aber e Melillo, 2001; Dornbush et al., 2002. 34 - 40 15-25 25 39 - 83 66 - 70 64-100 C:N Tab. 2 - Concentrazione di carbonio, nutrienti, lignina e cellulosa (% SS) nella lettiera prodotta in alcuni ecosistemi arborei. Tab. 2 - Carbon, nutrients, lignin and cellulose (%DW) concentrations in the litter of different ecosystems. Panzacchi et al. Decomposizione della lettiera stadio precedente, sembra dovuto ad un suo effetto inibitorio sulla degradazione della lignina, anch’essa presente in alte concentrazioni. Ciò è stato spiegato attraverso due meccanismi, uno chimico ed uno biologico: il primo consiste in una serie di reazioni di condensazione tra azoto ammoniacale e lignina che formano composti recalcitranti come le umine, ancora più difficilmente attaccabili dagli enzimi microbici (Nömmik e Vahtras, 1982), il secondo, invece, consiste in una vera e propria inibizione della produzione degli enzimi lignino litici da parte dei funghi in presenza di elevate quantità di N (Berg e McClaugherty, 2003). Organismi decompositori Gli organismi responsabili della decomposizione si possono dividere in base alle loro dimensioni o in base al tipo di azione esercitata sul substrato. La pedofauna detritivora viene generalmente classificata rispetto alle sue dimensioni in: macrofauna, superiore ai 2 mm e formata da mammiferi, anellidi e millepiedi; mesofauna, di dimensioni comprese tra i 0,2 e i 2 mm, comprendente collemboli e acari; e microfauna con dimensioni inferiori a 0,2 mm e comprendente nematodi e protozoi. Essa esercita un’azione di frammentazione fisica della lettiera, aumentando la superficie esposta all’attacco enzimatico e contribuendo alla sua distribuzione lungo il profilo, ma non altera, se non in minima parte, la composizione chimica del substrato. I microorganismi sono invece principalmente composti da batteri, con dimensioni variabili da 0,1 a 2 µm, funghi e attinomiceti il cui diametro ifale può variare da 1 a 20 µm. Questo gruppo esercita la sua azione mediante enzimi extracellulari che attaccano i polimeri del carbonio e le proteine e sono i responsabili della respirazione eterotrofa. I funghi possono essere ulteriormente classificati in base alla loro efficienza nel degradare la lignina in: • funghi white-rot, che comprendono ascomiceti e basidiomiceti e sono in grado di decomporla completamente; • funghi brown-rot, che comprendono perlopiù basidiomiceti e la degradano parzialmente; • funghi soft-rot, che non sono in grado di decomporla. L’azione decompositiva dei funghi si esplica fondamentalmente attraverso due tipi di enzimi extracellulari: quelli cellulosolitici (eso-cellulasi, endo-cellulasi, cellobioso-deidrogenasi) e quelli ligninolitici (lignina perossidasi, manganese perossidasi, laccasi). Entrambi questi gruppi agiscono in pools enzimatici in cui alcuni spezzano i polimeri, altri attaccano le code e staccano i monomeri uno a uno e altri ancora idrolizzano gli zuccheri semplici (Linkins et al., 1990). Le popolazioni dei decompositori variano nel tempo in numero di individui e di specie, mentre le loro dinamiche sono fortemente legate sia all’andamento stagionale dei fattori climatici, con un picco di attività nei periodi piovosi e caldi (Isaac e Achutan Nair, 2005), sia alla quantità e qualità del substrato. Bisogna infine ricordare che le radici di molte piante, soprattutto negli ambienti naturali, sono micorrizzate, cioè colonizzate da funghi le cui ife si avvolgono attorno agli apici radicali (ectomicorrize) o li penetrano (endomicorrize) e ne alterano la fisiologia, le proteggono dai patogeni, forniscono loro nutrienti in cambio di composti carboniosi e ne modificano le caratteristiche chimiche in generale. È chiaro, quindi, che la micorrizazione può avere un effetto significativo sulla longevità radicale e sul processo di decomposizione in generale (Langley et al., 2006). Condizioni ambientali I fattori ambientali che influenzano l’attività microbica sono regolati dell’interazione tra macro e microambiente. Le condizioni di temperatura, umidità e pH che si verificano in situ sono fondamentali in quanto da esse dipendono le condizioni energetiche, fisiche e chimiche in cui si trovano ad operare i decompositori. Molti lavori hanno confermato una relazione positiva tra temperatura e decomposizione della lettiera, sia su scala geografica che su scala microambientale. In un lavoro che confronta dati di decomposizione provenienti da 18 siti forestali in Canada secondo un gradiente latitudinale che va dall’artico alle coste del Pacifico, Moore e colleghi (1999) hanno dimostrato una relazione inversa tra la massa rimanente nelle litterbags dopo tre anni e la temperatura media annua. A scala locale, esperimenti con manipolazione della lettiera hanno dimostrato come la concentrazione della CO2 prodotta dalla decomposizione della lettiera si correla positivamente con la temperatura, anche se meno sensibilmente di quanto avviene per la respirazione radicale e per quella della rizosfera (Boone et al., 1998). Al contrario della lettiera fogliare, il clima ha relativamente poca influenza sulla decomposizione della lettiera radicale, probabilmente perché il materiale è protetto dagli eventi atmosferici dal suolo circostante. Anche l’umidità, entro certi intervalli, ha un effetto positivo sulla degradazione della lettiera. L’importanza dell’umidità è più evidente nel primo 45 Panzacchi et al. stadio della decomposizione, sia per il fenomeno della lisciviazione delle molecole solubili sia perché rende i composti organici disponibili per i microorganismi, i quali a loro volta devono immettere i loro enzimi nella soluzione del suolo. Il pH del suolo è anch’esso un fattore importante di controllo sulla velocità di decomposizione (regolando l’ambiente in cui agiscono gli enzimi extracellulari) e sulla qualità della lettiera (piante cresciute con minor disponibilità di nutrienti hanno un maggior rapporto C/N). Alcuni studi suggeriscono che esso possa indurre variazioni nella comunità microbica, con il prevalere dei funghi a pH bassi e dei batteri a pH elevati (Bååth e Anderson, 2003). Il ruolo della tessitura del suolo sul processo di decomposizione è sia diretto che indiretto. Dalla tessitura dipendono in parte l’umidità e alcune proprietà chimico-fisiche come la capacità di scambio cationico, il potenziale idrico e la capacità di creare aggregati colloidali con la sostanza organica. Il rilascio dei nutrienti durante la decomposizione La decomposizione della lettiera vegetale influenza la nutrizione minerale degli alberi perché causa da un lato il rilascio nel suolo di nutrienti essenziali, mentre dall’altro permette la costituzione di forme stabili di sostanza organica nel suolo (humus). Questo vale sia per l’ambito forestale, sia per i sistemi produttivi (Tagliavini et al., 2007; Tonon et al., 2007). In quest’ultimi, il ruolo dei nutrienti rilasciati durante la decomposizione ha acquisito importanza ai fini di una gestione ecologicamente sostenibile della nutrizione minerale, in cui è necessario ottimizzare le fonti di nutrienti interne al frutteto stesso. La quantità di nutrienti assorbiti dalla pianta che ritorna al suolo attraverso la lettiera, dipende dall’entità di quest’ultima e dalla concentrazione dei nutrienti in essa contenuti. Nel melo, la specie che abbiamo studiato più in dettaglio, è stato stimato che foglie Tab. 3 - Ripartizione percentuale dei nutrienti assorbiti da un meleto (Gala/M9) nei primi sei anni dall’impianto. (Scandellari et al., non pubblicati). Tab. 3 - Relative distribution of nutrients absorbed by apple trees (Gala/M9) in the first six years from transplanting (Scandellari et al., unpublished). Elemento 46 N P K Ca Mg Scheletro 30 33 15 30 19 Foglie 24 17 34 50 39 Legno potatura 21 22 11 17 13 Frutti 25 28 40 3 29 abscisse e legno di potatura riportino annualmente al suolo almeno 30 kg/ha-1 di azoto e di potassio (K) e più di 50 kg/ha -1 di calcio. In un meleto della cv Mondial Gala su M9 (Scandellari et al., dati non pubblicati) abbiamo studiato la ripartizione dei nutrienti assorbiti dal momento dell’impianto fino al sesto anno di età del frutteto: attraverso le foglie abscisse ed il legno di potatura è tornata al suolo una percentuale significativa degli elementi assorbiti dall’albero, 45% per l’N, 39% per il P, 45% per il K, 52% per il Mg e 67% per il Ca (tab. 3). In molti frutteti, gli sfalci del prato possono costituire un importante apporto di nutrienti. L’utilizzo dell’inerbimento dell’interfila è ormai pratica comune in molti frutteti e la produttività della componente erbacea del frutteto (nuova biomassa prodotta ogni anno) è influenzata dalla composizione floristica, dalla densità delle piante e dalle variabili ambientali, tra cui la disponibilità idrica. Quando il materiale sfalciato viene lasciato decomporre sopra il suolo dell’interfila, si può ipotizzare che, seppure con varie modalità, i nutrienti in esso contenuti si rendano nuovamente disponbili per le essenze erbacee, durante e dopo il processo decompositivo. Nel caso in cui, invece, tale materiale sia spostato lungo la striscia di suolo corrispondente al filare, il rilascio di nutrienti influenzerà la loro disponibilità per l’assorbimento degli alberi. Molte essenze vegetali utilizzate negli inerbimenti degli arboreti contengono elevate concentrazioni di nutrienti (tab. 2) e limitate concentrazioni di lignina, il che rende il materiale sfalciato un ottimo substrato per la decomposizione. Attraverso la biomassa sfalciata annualmente possono infatti essere mobilizzate quantità di nutrienti variabili tra 100-140 kg ha-1 nel caso dell’N, 15-20 kg ha-1 nel caso del P, 100-150 kg ha-1 nel caso del K, 40-100 kg ha-1 nel caso del Ca e 10-20 kg ha-1 nel caso del Mg. La conclusione che si deve trarre da questi dati è che se si sposta la biomassa sfalciata del prato lungo il filare ci si deve aspettare un ritorno in tempi relativamente brevi di elementi importanti per la fertilità, di cui si dovrebbe tenere conto nei piani di concimazione. È quindi lecito porsi la domanda relativa al destino di questi nutrienti nell’ecosistema e chiedersi in quale misura ed in quali tempi essi possano tornare ad essere disponibilili per l’assorbimento da parte degli alberi. L’entità e la dinamica del rilascio di nutrienti da parte della lettiera in decomposizione dipendono dal tipo di elemento minerale, dal tipo di matrice e dai fattori che influenzano la decomposizione stessa. In un meleto della pianura Padana (Tagliavini et al., 2007), le foglie di melo in decomposizione sulla Decomposizione della lettiera a) Fig. 2 - Andamento della decomposizione di radici fini e grosse di pesco nel suolo (Scandellari et al., non pubblicati) Fig. 2 - Effect of peach root size on decomposition rate in the (Scandellari et al., unpublished) superficie del suolo lungo il filare hanno perso circa il 50% della biomassa iniziale nell’anno successivo alla loro caduta ed un ulteriore 30% nel secondo anno (fig. 3a). Nonostante ciò, si è assistito ad un rilascio netto di azoto da parte delle foglie solo nel secondo anno dalla loro caduta (fig. 3b). La dinamica del rilascio di fosforo in genere assomiglia a quella dell’azoto, in quanto entrambi necessari ai microrganismi per la costituzione delle proprie proteine. Nelle prime fasi del processo di decomposizione di foglie e rami si assiste pertanto ad un’immobilizzazione di questi nutrienti, che aumentano nella lettiera. In figura 4 sono riportato dati di uno studio in cui è stata seguita nel tempo la variazione del contenuto di azoto marcato (15N) e di quello non marcato, di foglie abscisse di meli precedentemente marcati con 15N: mentre è chiaro che l’azoto presente inizialmente nella lettiera (15N) tende a calare, quello non marcato (proveniente dal suolo o dalle idrometeore) inizialmente aumenta. Se interrati, foglie e legno di potatura accelerano il loro rilascio di azoto nel suolo (Tonon et al., 2007). Il potassio è il solo elemento presente nelle foglie abscisse e nel legno di potatura ad essere rilasciato quasi interamente nel suolo in tempi rapidi (già nella primavera successiva). Steli sfalciati di Lolium perenne possono perdere dopo soli due mesi metà della propria biomassa iniziale e rilasciare più della metà dell’azoto in essi contenuti (fig. 5). Il potassio contenuto nel loietto in decomposizione, invece ritorna nel suolo quasi completamente già dopo un mese dallo sfalcio (Tagliavini et al., 2007). In relazione all’entità degli sfalci e del prato ed al loro destino, il loro ruolo nella nutrizione di un frutteto è variabile ma spesso tutt’altro che trascurabile. b) Fig. 3 - Studio sulla decomposizione di lettiera fogliare di melo in campo: (a) massa rimanente rispetto al peso secco iniziale e (b) variazione del contenuto di azoto, fosforo, potassio, calcio e magnesio rispetto alla quantità iniziale (Tagliavini et al., 2007, modificato). Fig. 3 - Decomposition of apple leaf litter during 2 years of exposure in an open field: (a) remaining biomass respect the initial dry weight (b) dynamics of nitrogen, phosphorus, potassium, calcium and magnesium respect to the initial content (Tagliavini et al., 2007, modified). Fig. 4 - La fase di immobilizzazione dell’azoto può essere messa in evidenza utilizzando materiale vegetale marcato con 15N. Nel grafico, la lettiera fogliare di melo in decomposizione perde l’azoto marcato con 15N, mentre l’immobilizzazione di azoto esterno alla lettiera, non marcato, ne determina un aumento nelle prime fasi di decomposizione (Scandellari et al., non pubblicati). Fig. 4 - Increase in total N content typical of the first phase of the decomposition process due to the immobilization of exogenous nitrogen. Using apple leaf litter enriched with 15N it is possible to visualize its constant decrease, while total N content increases (Scandellari et al., unpublished). 47 Panzacchi et al. Ringraziamenti Si ringraziano i dottori Gustavo Brunetto, Christian Ceccon, Giulia Menarbin, Donatella Malaguti, Simone Palmieri, Maurizio Quartieri, Domenico Solimondo e Maurizio Ventura per il loro prezioso contributo in alcune delle ricerche che sono state citate in questo articolo. Riassunto Fig. 5 - Decomposizione della lettiera di steli di Lolium perenne e conseguente rilascio di azoto (Tagliavini et al., 2007, modificato). Fig. 5 - Decomposition rate of mowed Lolium perenne grasses and relative N release (Tagliavini et al., 2007, modified). Conclusioni Sebbene il frutteto, come ogni altro sistema moderno di agricoltura, sia caratterizzato da cicli di nutrienti di tipo aperto, la maggior parte dei nutrienti presenti nel sistema viene riciclata all’interno degli alberi o in un ciclo che prevede un loro flusso dal suolo all’albero e dall’albero al suolo. L’entità del ritorno al suolo dipende dall’elemento considerato, ma per molti nutrienti le quantità coinvolte sono superiori a quelle che escono tramite i frutti. Conciliare le esigenze produttive con quelle ambientali significa valorizzare le risorse di nutrienti interne al frutteto, conteggiandole nei bilanci nutrizionali. Nel suolo è presente lettiera di diversa età ed in diversi stadi di decomposizione, con diversi potenziali di rilascio dei nutrienti. Il destino degli elementi rilasciati è quello di essere immobilizzato più o meno temporaneamente nella fase solida del suolo, quello di essere subito utilizzato dai microrganismi e dalle radici delle piante oppure quello di venire allontanato per volatilizzazione (in pratica solo nel caso dell’N e per matrici con un basso rapporto C:N) o lisciviazione. Nel caso del melo in fase di produzione, in cui sono frequenti asportazioni totali per ettaro da parte degli alberi di 60 kg di N e 80 di K, il rilascio di nutrienti dalla lettiera contribuisce a ridurre sensibilmente la necessità di fertilizzanti. La tecnica di campo dovrebbe perfezionare l’impiego delle essenze erbacee nel frutteto, impiegandole per sottrarre, assorbendoli, gli elementi minerali che potenzailmente sarebbero lisciviabili, per poi restituirli al suolo in forma organica tramite il materiale sfalciato. 48 La decomposizione della lettiera vegetale è un processo chiave nei cicli biogeochimici degli ecosistemi arborei, sia a scala locale, come regolatore della fertilità, sia a scala globale poiché determina le potenzialità di accumulo di carbonio nel suolo. Essa consiste in un insieme di meccanismi fisici, chimici e biologici che contribuiscono alla trasformazione della sostanza organica in forme a maggiore stabilità. Nei sistemi produttivi arborei la lettiera è rappresentata da foglie abscisse, frutti cascolati, radici morte, rami o branche di diversa età e dimensione e sfalci delle essenza del prato. Il processo di decomposizione avviene in due fasi, una più rapido e caratterizzata dalla perdita di molecole idrosolubili, ed una successiva, più lenta, durate la quale vengono decomposte le molecole più recalcitranti e al cui termine la lettiera vegetale diventa humus. I fattori che determinano l’andamento e la durata di queste due fasi si possono ricondurre alla qualità del substrato, alla natura dei decompositori e all’ambiente (umidità, temperatura, pH e tessitura). Nel lavoro vengono riportati e discussi esempi relativi alla disponibilità dei nutrienti che ritornano annualmente al suolo del frutteto. Lavoro parzialmente finanziato dalla Commissione Europea tramite il progetto ISAFRUIT afferente al VI Programma Quadro Bibliografia ABER J.D., MELILLO J.M., 2001.Terrestrial Ecosystems. Academic Press, San Diego: 205-252. ABER J.D., MELILLO J.M., MCLAUGHERTY C., 1990. 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