Review n. 7 – Italus Hortus 15 (1), 2008: 37-48
Contributo della decomposizione della lettiera alla nutrizione minerale
delle colture arboree
Pietro Panzacchi1*, Francesca Scandellari1, Giustino Tonon1 e Massimo Tagliavini2
1
Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna, viale Fanin 46, 40127 Bologna
2
Facoltà di Scienze e Tecnologie, Libera Università di Bolzano, via Sernesi 1, 39100 Bolzano
Ricevuto 7 gennaio 2008; Accettato 17 febbraio 2008
Contribution of litter decomposition
to the mineral nutrition of tree plantations
Abstract. Litter decomposition is a key process in
biogeochemical cycles of trees ecosystems and has a
role both at local and at global scale because of his
ruling the site fertility, nutrient availability and the carbon-sink potential of the system. It is defined as the
ensemble of all physicals, chemical and biological
mechanisms that lead the organic matter transformation in more stables forms. In orchards, abscised
leaves, pruning wood and root turnover annually
return to the soil significant amount of biomass and
nutrients. In addition, mowed grasses from the
orchard alleys contains significant amounts of nutrients which, if moved along the tree rows can significantly affect the nutrient availability for trees. Litter
decomposition is a limit-value process split in two
mains stages each characterized by different decay
rates and different factors ruling the process.
Basically these factors are the substrate quality, the
type of decomposers and the environment (moisture,
temperature, pH and soil texture). In the early stage
the process is driven by nutrients abundance and climate, while later is adversely affected by nitrogen and
lignin concentration. Ecological implications of the
process concern mainly biogeochemical cycles of
nutrients, both in terms of their availability and in
terms of carbon balance of the whole ecosystem.
Examples of nutrient release from decomposing
leaves and pruning material as well as mowed grasses in orchards are given and their contribution to tree
nutrition discussed.
Introduzione
La decomposizione della lettiera vegetale è un processo chiave dei cicli biogeochimici degli ecosistemi
terrestri, che ha effetti sulla disponibilità di nutrienti,
sull’emissione di gas serra e sulla biodiversità. Il suo
ruolo è quindi fondamentale sia a scala locale, come
regolatore della fertilità del suolo, sia a scala globale,
*
[email protected]
in quanto determina le potenzialità di accumulo di
carbonio degli ecosistemi.
Nei sistemi produttivi arborei la lettiera è rappresentata da foglie abscisse, frutti cascolati, radici
morte, rami o branche di diversa età e dimensione e
sfalci delle essenze del prato. Essa contiene soprattutto nutrienti legati in molecole complesse, accessibili
alle piante solo in seguito ai processi degradativi.
Nella maggior parte degli ecosistemi tale riciclo dei
nutrienti è indispensabile per sostenere la produzione
primaria in quanto gli inputs esterni non coprono il
fabbisogno annuale (Aber e Melillo, 2001). La
decomposizione della lettiera e più in generale della
sostanza organica del suolo, ad opera dei decompositori eterotrofi ha un ruolo chiave anche nel bilancio
globale del carbonio in quanto contribuisce in maniera
sostanziale al flusso totale di CO2 in uscita dal suolo.
Il processo di decomposizione della lettiera raramente arriva a completarsi, ma molto spesso giunge
ad un limite coincidente con la formazione e l’accumulo di sostanze complesse, difficilmente degradabili,
chiamate nel loro insieme “humus”. Queste concorrono a determinare le caratteristiche fisiche e chimiche
del suolo ed influenzare la disponibilità idrica e di
nutrienti. In questo lavoro si intende analizzare il processo di decomposizione della lettiera esaminando in
particolare il suo ruolo nel mantenimento della fertilità del suolo ai fini della nutrizione minerale della
colture arboree. Particolare enfasi verrà data allo studio dei fattori che la regolano e delle dinamiche che si
instaurano nel tempo, al fine di sottolinearne le principali conseguenze ecologiche.
La decomposizione della lettiera è un processo
complesso e difficile da definire: nel senso più ampio
essa comprende tutti i meccanismi fisici, chimici e
biologici che liberano nutrienti in forma minerale
dalla materia organica trasformando i residui in forme
a crescente stabilità (Berg e Mc Claugherty, 2003). I
meccanismi fisici comprendono la frammentazione
fisica dovuta sia all’azione diretta di animali, meteore
ed altre piante, sia all’alternanza di fenomeni di
espansione e contrazione del tipo secco-umido o gelodisgelo. I processi chimici sono riconducibili a feno-
39
Panzacchi et al.
meni di ossidazione e condensazione, mentre i meccanismi biologici coinvolgono l’ingestione e la digestione da parte della pedofauna e l’attacco da parte degli
enzimi extracellulari dei microrganismi. In questo
quadro di interazioni chimico-fisico-biologico, i fattori che condizionano la decomposizione della lettiera
sono di tre tipi: la qualità del substrato, la natura dei
decompositori e le condizioni ambientali (fig. 1).
I meccanismi di produzione della lettiera vegetale
epigea sono chiari: la lettiera fogliare si forma per
deposizione delle foglie senescenti mentre quella
legnosa per rottura di rami e branche dovuta ad eventi
naturali (autopotatura, patologie, azione della fauna o
eventi atmosferici) o antropici (potatura). La lettiera
fogliare è caratterizzata da turnover relativamente
rapido mentre quella legnosa ha tempi di decomposizione più lunghi. La produzione di lettiera ipogea
invece merita una descrizione più accurata sia perché
la dinamica con cui essa si forma è ancora poco chiara, sia perché essendo localizzata nel suolo, al centro
di interazioni tra diversi tipi di organismi (piante, funghi, animali) e di mezzi abiotici (suolo, soluzione circolante, gas), è un fenomeno difficile da studiare. Il
rilascio di lettiera radicale, definita rizodeposizione,
può avvenire attraverso l’essudazione e la morte radicale. In generale si intende per essudazione il rilascio
attivo e passivo di materiale organico da parte di radi-
ci vive. Gli essudati radicali sono formati da materiale
relativamente omogeneo dal punto di vista chimico.
Si tratta, di solito, di molecole a basso peso molecolare come sali minerali, zuccheri, amminoacidi e acidi
organici. Le radici vive possono rilasciare anche composti ad alto peso molecolare, come enzimi extracellulari, fra cui le fosfatasi, necessarie per la mobilizzazione del fosfato, o il mucigel che, secreto dalle cellule apicali, funge da lubrificante durante l’espansione
dell’apice stesso. Intere cellule, in particolare quelle
del cappuccio apicale, possono inoltre distaccarsi
dalla radice in seguito ad attacco di patogeni o a
seguito del normale sviluppo radicale. In generale, le
molecole classificate come essudati radicali costituiscono un materiale facilmente decomponibile dai
microrganismi del suolo. Il secondo meccanismo con
cui una pianta può rilasciare materiale nel suolo è la
morte radicale. In questo caso è un’intera porzione di
radice che va incontro a senescenza, mediante un processo relativamente poco noto. Il materiale in essa
contenuto è, chiaramente, molto più eterogeneo
rispetto a quello rilasciato per essudazione. Enzimi,
zuccheri, proteine, aminoacidi e lipidi possono essere
oggetto di decomposizione da parte dei microrganismi
del suolo, ma essendo protetti dalle strutture più esterne della radice, ricche di lignina e cellulosa, sono più
difficilmente attaccabili.
Fig. 1 - Schema delle relazioni tra decomposizione della lettiera e fattori che ne influenzano l’andamento. In figura sono evidenziate anche
gli effetti sull’ambiente della decomposizione del materiale vegetale.
Fig. 1 - Factors influencing the decomposition process and its consequences on the environment.
40
Decomposizione della lettiera
Nei frutteti, gli alberi sono affiancati da altre specie vegetali, di natura arbustiva o erbacea, nonché da
microrganismi ed animali, che producono lettiera.
L’entità di queste componenti ed il loro ruolo nel
ciclo del carbonio e dei nutrienti sono variabili in funzione del tipo di sistema, ma non sono da sottovalutare, soprattutto nei sistemi misti agro-forestali (Sauer
et al., 2007). In modo analogo, negli arboreti inerbiti,
in cui le essenze erbacee non sono soggette a stress
idrici estivi, lo sfalcio del prato contribusce in modo
significativo alla formazione della lettiera.
La produzione di lettiera è molto variabile (tab. 1)
in funzione dell’ambiente di coltivazione e della crescita complessiva della componente vegetale. Per
esempio Vogt e colleghi (1996), analizzando un consistente numero di lavori pubblicati su popolamenti
forestali di varie zone del mondo, riportano valori di
produzione di lettiera fogliare compresi fra 0,3 e 11 t
ha-1 anno-1 di sostanza secca e valori fra 1 e 8 t ha-1
anno-1 per la lettiera radicale. Anche nei frutteti la
produzione di lettiera aerea può essere molto variabile
in quanto dipende in primo luogo dalla specie, ma
anche dall’età, dal tipo di allevamento e dalla densità
di impianto. La lettiera radicale può essere inferiore,
uguale o superiore a quella fogliare (tab. 1) in funzione della tessitura e fertilità del suolo (Scandellari et
al., 2007). Lo sfalcio del prato dall’interfila in un frutteto può produrre fino a 9 t ha-1 di sostanza secca in
condizione di elevata diponibilità idrica (Tutua et al.,
2002), mentre tale quantità si riduce sensibilmente se
la piovosità è scarsa o se l’irrigazione è localizzata
nella zona del filare (Giovannini et al., 2003).
Il processo di decomposizione
L’insieme dei fenomeni di diversa natura coinvolti
nel processo di decomposizione determinano una perdita di massa e una serie di cambiamenti nella composizione chimica del materiale in decomposizione. La
metodologia sperimentale spesso adottata è quindi
volta per lo più a registrare i mutamenti che si verificano nel substrato in funzione del tempo e dei fattori
Tab. 1 - Quantità di lettiera vegetale annualmente prodotta in alcuni ecosistemi arborei, naturali o agrari (dati in g SS anno-1 m-2).
Tab. 1 - Amount of annual litter formed in different natural and agricultural ecosystems (g DW year-1 m-2).
Clima
Boreale
Continentale
Desertico
Mediterraneo
Subtropicale
Temperato caldo
Specie o tipo di
formazione vegetale
Latifoglie decidue
Conifere sempreverdi
Populus tremulus
Picea abies
Bosco misto di conifere
Bosco misto di latifoglie
Conifere decidue
Conifere sempreverdi
Conifere
Alberi e arbusti sclerofilli
Latifoglie decidue
Latifoglie sempreverdi
Conifere sempreverdi
Latifoglie decidue
Conifere sempreverdi
Malus domestica
Prunus persica
Latifoglie decidue
Temperato freddo
Populus tremulus
Latifoglie decidue
Latifoglie semidecidue
Tropicale
Latifoglie sempreverdi
Decidue
Sempreverdi
Decidue
Foglie
246
32-256
Legno
61-80
154
91,2
21,2
359
185-657
104-184
1.117-1.250
649-1.057
839
453-658
509-757
118-291
109-467
420-628
48 – 65
289-535
1.050
737-1.070
Radici fini
310-823
47-69
240
250
62-589
148-420
249-673
110-692
326-439
100-2.100
290
240
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Berg e McClaugherty, 2003
41
Panzacchi et al.
ambientali. Il metodo più diffuso, adatto ai tipi di lettiera di piccole dimensioni, è quello delle litterbags.
Questo metodo consiste nel chiudere del materiale
precedentemente pesato in sacchetti di rete e misurare
nel tempo i cambiamenti di massa, contenuto in
nutrienti e qualità dei composti (Harmon et al., 1999).
Le litterbags vengono normalmente poste in campo in
un numero elevato, tale da consentire il prelievo di un
campione rappresentativo, a predeterminati intervalli
di tempo.
La litterbag è una struttura aperta che consente il
passaggio di aria, acqua, soluti e, a seconda della larghezza delle maglie, anche della pedofauna. Per la sua
costruzione si utilizzano reti fabbricate con materiali
inerti resistenti alla degradazione quali nylon, fibra di
vetro o polipropilene a seconda del tipo di sollecitazioni a cui sono esposte (sotto terra o in superficie,
all’ombra o ad alti livelli di radiazione ultra-violetta).
La dimensione delle maglie può variare da 0,4 mm a 1
mm, fino a più di 2 mm a seconda del tipo di pedofauna a cui si vuole permettere l’ingresso. Le litterbags,
di dimensioni variabili tra i 100 e i 500 cm2, possono
essere disposte in superficie o interrate, in pieno
campo oppure incubate in laboratorio.
La frequenza di campionamento è strettamente
legata al tipo di dettaglio dello studio, alle condizioni
climatiche in cui avviene l’esperimento, al tipo ed alla
qualità del substrato. I limiti del metodo delle litterbags sono principalmente dovuti all’impedimento
esercitato dalla rete nei confronti dei macroinvertebrati. In molti ecosistemi infatti, questi sono una parte
importante della comunità dei decompositori e la loro
esclusione può portare ad una sottostima del tasso di
decomposizione. Il fatto che il materiale vegetale sia
rinchiuso in sacchetti può inoltre comportare alterazioni del microclima interno rispetto alle condizioni
naturali.
La tecnica delle litterbags può essere accoppiata a
quella degli isotopi stabili, il cui utilizzo ha permesso
un grande avanzamento nella comprensione della
decomposizione. Gli isotopi più utilizzati sono quelli
del carbonio (C) e dell’azoto (N), ma sono stati effettuati anche studi con gli isotopi del fosforo (P), del
calcio (Ca) e dello zolfo (S). Per gli studi a breve termine, sono stati utilizzati anche isotopi radioattivi,
(es. 14C), che offrono il vantaggio di essere identificabili anche in quantità minime (Trumbore, 2000).
Il processo di decomposizione della lettiera può
essere descritto considerando la perdita di massa che
ne consegue, mediante una equazione di tipo esponenziale con la seguente formula generica:
42
Xt = X0 e(-kt) (1)
in cui Xt è la massa al tempo t, X0 la massa iniziale
e k il tasso di decomposizione in quel periodo (fig.
2a). In realtà, il processo raggiunge un limite, che corrisponde al massimo grado di decomposizione della
sostanza organica, per cui i dati di perdita di massa
nel medio periodo di adattano meglio ad una funzione
del tipo:
L = m(1- e-k/mt) (2)
in cui L è perdita di biomassa (in %), t il tempo, m
l’asintoto e k il tasso di decomposizione iniziale (Berg
e Mc Claugherty, 2003). D’altra parte, il processo non
segue così bene questo tipo di equazioni da renderle
facilmente utilizzabili a scopi predittivi. I composti
che costituiscono la sostanza organica in decomposizione sono infatti molto eterogenei per peso molecolare, solubilità e costituenti primari. Inoltre, la struttura stessa delle fibre, presentando alternanze di composti facilmente degradabili o decisamente recalcitranti,
fa sì che non tutti i composti siano ugualmente accessibili ai decompositori (Swift et al., 1979). Tutto ciò
causa una vera e propria scalarità nell’inizio della
degradazione dei vari composti, la cui concentrazione
varia quindi col passare del tempo in maniera non
uniforme. La prima diminuzione di massa avviene a
scapito dei composti più solubili e a basso peso molecolare (zuccheri semplici, idrocarburi, trigliceridi),
mentre le successive sono via via a scapito di zuccheri
complessi, emicellulose, chitine, cellulose e lignina,
in base alla rispettiva resistenza alla degradazione
enzimatica. Questo tipo di successione fa sì che si
abbiano variazioni nella composizione percentuale del
substrato e, conseguentemente, si determini sia una
successione di decompositori specializzati, sia un
cambiamento nei fattori ambientali che influenzano il
processo.
Berg e McClaugherty (2003) dividono il processo
in tre stadi partendo dalla lettiera fresca fino ad arrivare all’humus. Nel primo stadio avviene la decomposizione dei composti solubili e delle cellulose ed emicellulose meno protette. Il modello matematico che
descrive questo stadio è di tipo esponenziale e la velocità con cui i composti vengono degradati è circa doppia rispetto a quella che caratterizza la fase successiva. In questa fase si osserva spesso il fenomeno dell’immobilizzazione dei nutrienti.
La seconda fase è caratterizzata dall’aumento percentuale della lignina e dei composti ligninosimili da
essa derivanti, i quali essendo spiccatamente recalcitranti, finiscono per controllare quasi completamente
Decomposizione della lettiera
il processo. In questo stadio le cellulose ed emicellulose rimaste hanno tassi di decomposizione decrescenti perchè racchiuse e protette dalla lignina e dai
composti umici di neoformazione. Nella terza fase, la
decomposizione termina intorno ad valore limite che
si attesta tra il 5% ed il 25% della biomassa iniziale
(Aber et al., 1990; Berg et al., 1996 e 1999; Magill e
Aber, 1998). Questa fase del processo è quella meno
conosciuta e anche se si sa che la lettiera abbia in questo stadio ha molte similitudini con l’humus.
La dinamica del processo di decomposizione
dipende dalla qualità iniziale del materiale vegetale,
dalla presenza di decompositori e dalle condizioni
ambientali che si verificano durante la decomposizione stessa.
Qualità del materiale vegetale
Le caratteristiche che determinano la qualità della
lettiera sono così riassumibili:
1) il tipo di legami chimici presenti e la quantità di
energia liberata dalla loro rottura;
2 le dimensioni e la struttura tridimensionale delle
molecole in cui questi legami si trovano;
3) il contenuto in nutrienti.
Queste caratteristiche della lettiera dipendono da
vari fattori quali la specie di appartenenza e l’organo
della pianta da cui derivano. Le molecole più ricche di
energia e più facilmente degradabili e metabolizzabili
dalla massa microbica, sono gli zuccheri semplici
come il glucosio, prodotti primi della fotosintesi.
Questi, quando non vengono respirati o utilizzati per
la crescita, vengono accumulati sotto forma di amido.
Normalmente nella lettiera se ne trovano quantità
modeste in quanto la pianta tende a utilizzarlo prima
che la senescenza dell’organo sia completa. Pertanto
la concentrazione di amido risulta compresa tra il 6-7
% nelle foglie abscisse, tra il 4-5% nelle radici morte
e l’1-4% nel legno.
Cellulose ed emicellulose sono anch’essi, come
l’amido, polimeri di zuccheri semplici, ma formati
con legami diversi che determinano strutture più rigide, tridimensionali e maggiormente complesse.
Queste molecole nelle pareti delle cellule vegetali
hanno funzioni strutturali, e non vengono utilizzate
per la respirazione. Sono i composti più comuni nei
materiali vegetali (tab. 2) e rappresentano substrati di
qualità intermedia per i microrganismi.
La qualità del substrato dipende anche dai polifenoli e dalla lignina, due classi di composti contenenti
doppi legami carbonio-carbonio, particolarmente resistenti alla decomposizione. La lignina (tab. 2) rappresenta il principale fattore limitante la decomposizione
completa del substrato (Aber e Melillo 2001). Il diver-
so contenuto di lignina tra radici di piante erbacee ed
arboree può spiegarne la diversa velocità di decomposizione (Silver e Miya, 2001). Un importante fattore
che influisce sulla velocità di decomposizione delle
radici è il loro diametro, come evidenziato per il
pesco nella figura 2 dove viene riportato un confronto
tra radici grosse e radici fini: dopo nove mesi di
decomposizione le prime avevano perso il 26% della
biomassa iniziale contro il 43% delle seconde.
Il contenuto iniziale di nutrienti della lettiera (tab.
2) varia a seconda dell’origine e delle caratteristiche
stazionali. La ricchezza in nutrienti della lettiera è
fortemente correlata alla disponibilità di questi per la
pianta, ma dipende anche, nel caso delle foglie, dall’entità della traslocazione agli organi perenni prima
della loro caduta.
Azoto, fosforo e zolfo sono molto importanti per i
microorganismi, soprattutto nella fase di crescita
esponenziale della popolazione microbica che caratterizza il primo stadio decompositivo. In generale, il
rapporto C/N della lettiera è considerato un ottimo
predittore del tasso di decomposizione nella prima
fase (Swift et al., 1979; Taylor et al., 1989; Enriquez
et al., 1993; Cotrufo et al., 2000). Il valore di C/N
ottimale per la crescita microbica è intorno a 25, ma
funghi e batteri possono decomporre substrati con
rapporti molto più elevati. Studi condotti sulla
decomposizione di foglie di piante fertilizzate con
quantità crescenti di azoto dimostrano come al diminuire del suo valore incrementi il tasso di decomposizione dei primi mesi (Cotrufo et al., 1995), mentre
già alla fine del primo anno le differenze cominciano
a diminuire. Altri esperimenti hanno dimostrato che
rapporti C/N iniziali bassi portano a ritmi decompositivi lenti (Fioretto et al., 2005). Un valore di C/N
maggiore di 75 è caratteristico di materiale particolarmente difficile da decomporre a causa di grandi quantità di lignina, tannini e terpeni e di basse quantità di
azoto. Le radici delle latifoglie si decompongono più
velocemente di quelle delle conifere, che hanno un
rapporto C/N più alto (Silver e Miya, 2001). Gli essudati radicali hanno un rapporto C/N tra 3 e 13 (Mench
e Martin, 1991; Van de Geijn e Van Veen, 1993) ed
hanno una decomposizione particolarmente veloce,
con rapido rilascio di azoto minerale.
L’influenza dell’azoto sul processo cambia
profondamente negli stadi successivi del processo di
decomposizione, quando vi è una relazione negativa
tra le quantità di N somministrate ed il tasso di
decomposizione della lettiera fogliare (Berg e
Matzner, 1997; Magill e Aber, 1998; Craine et al.,
2007). Il comportamento dell’azoto in questo stadio,
in cui la sua concentrazione è maggiore rispetto allo
43
44
Latifoglie decidue
Radici fini
Radici fini
Parte aerea
Trifoglio
Prato misto
Graminacee
Loietto
Acero
Bosco misto a
prevalenza quercia
Pioppo tremulo
Radici medie Latifoglie
Radici grosse Latifoglie
Conifere
Pino ssp
Rami
Pino
Abete e pino
Conifere
Latifoglie
Acero
Quercia
Pioppo tremulo
Melo
Ciliegio acido
Pesco
Specie o tipo
Conifere
Abete
occidentale
Abete e pino
Acero rosso
Decidue
Pioppo tremulo
Melo
Pesco
Foglie
Aghi
Organo
0,2 - 0,9
0,5-0,7
0,98
4,4
2,1 - 4,7
1,35
0,42
0,9 - 1,6
1,2 - 1,7
2,8 - 3,3
37
0,81
3,34
0,45
0,05
0,19
0,32 - 0,4
0,06 - 0,1
0,5
0,05 - 0,1
1,02
3,0 - 5,0
0,32
33 - 51
0,14
0,18 - 0,59
0,06
39
23 – 32
12
12 - 25
40
14 – 22
80
3,79
0,49
2,70
1,20
0,21
0,46
0,30
0,05
Lettiera di specie erbacee
5,15 - 5,40
0,23
0,09
51
58
37 - 43
27 - 34
20 - 48
10
22
18
2-9
15 – 18
25 - 34
25 - 33
15 - 25
35 - 49
13 – 48
22 - 45
14 - 19
3
36 - 40
10
43,1
47,4
26 - 33
12 - 33
12
20
18 - 65
Cellulosa lignina
Lettiera radicale di specie arboree
0,03
0,21
0,05 - 0,3
0,9 - 1,1
0,8 - 1,3
0,13
0,38
1,8 - 4,4 0,21 - 0,31 1,16 - 1,52
0,17
0,01 - 0,09
51
44-45
46-48
39-41
39 – 42
Mg
0,1 - 1,6
0,04
0,9-3
46
Ca
Lettiera aerea di specie arboree
K
0,13 - 0,25 2,00 - 3,80 1,80 - 3,50 0,30 - 0,70
0,11 - 0,17
0,10 - 0,13
0,02 - 0,13
0,04 - 0,11
P
1,9-3,2
1,1 - 1,7
2,3
2 - 2,7
0,5-4
1,05 - 2,7
0,3 - 1,3
0,7 - 0,9
N
41-50
26-28
49
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Aber e Melillo, 2001; John et al., 2002; Classen
et al., 2007
14 - 55 Pregitzer et al., 1997; Silver e Miya, 2001; Berg e
McClaugherty, 2003
Aber e Melillo, 2001; Dornbush et al., 2002.
34 - 40
15-25
25
39 - 83
66 - 70
64-100
C:N
Tab. 2 - Concentrazione di carbonio, nutrienti, lignina e cellulosa (% SS) nella lettiera prodotta in alcuni ecosistemi arborei.
Tab. 2 - Carbon, nutrients, lignin and cellulose (%DW) concentrations in the litter of different ecosystems.
Panzacchi et al.
Decomposizione della lettiera
stadio precedente, sembra dovuto ad un suo effetto
inibitorio sulla degradazione della lignina, anch’essa
presente in alte concentrazioni. Ciò è stato spiegato
attraverso due meccanismi, uno chimico ed uno biologico: il primo consiste in una serie di reazioni di condensazione tra azoto ammoniacale e lignina che formano composti recalcitranti come le umine, ancora
più difficilmente attaccabili dagli enzimi microbici
(Nömmik e Vahtras, 1982), il secondo, invece, consiste in una vera e propria inibizione della produzione
degli enzimi lignino litici da parte dei funghi in presenza di elevate quantità di N (Berg e McClaugherty,
2003).
Organismi decompositori
Gli organismi responsabili della decomposizione si
possono dividere in base alle loro dimensioni o in
base al tipo di azione esercitata sul substrato.
La pedofauna detritivora viene generalmente classificata rispetto alle sue dimensioni in: macrofauna,
superiore ai 2 mm e formata da mammiferi, anellidi e
millepiedi; mesofauna, di dimensioni comprese tra i
0,2 e i 2 mm, comprendente collemboli e acari; e
microfauna con dimensioni inferiori a 0,2 mm e comprendente nematodi e protozoi. Essa esercita un’azione di frammentazione fisica della lettiera, aumentando
la superficie esposta all’attacco enzimatico e contribuendo alla sua distribuzione lungo il profilo, ma non
altera, se non in minima parte, la composizione chimica del substrato.
I microorganismi sono invece principalmente composti da batteri, con dimensioni variabili da 0,1 a 2
µm, funghi e attinomiceti il cui diametro ifale può
variare da 1 a 20 µm. Questo gruppo esercita la sua
azione mediante enzimi extracellulari che attaccano i
polimeri del carbonio e le proteine e sono i responsabili della respirazione eterotrofa.
I funghi possono essere ulteriormente classificati
in base alla loro efficienza nel degradare la lignina in:
• funghi white-rot, che comprendono ascomiceti e
basidiomiceti e sono in grado di decomporla completamente;
• funghi brown-rot, che comprendono perlopiù basidiomiceti e la degradano parzialmente;
• funghi soft-rot, che non sono in grado di decomporla.
L’azione decompositiva dei funghi si esplica fondamentalmente attraverso due tipi di enzimi extracellulari: quelli cellulosolitici (eso-cellulasi, endo-cellulasi, cellobioso-deidrogenasi) e quelli ligninolitici
(lignina perossidasi, manganese perossidasi, laccasi).
Entrambi questi gruppi agiscono in pools enzimatici
in cui alcuni spezzano i polimeri, altri attaccano le
code e staccano i monomeri uno a uno e altri ancora
idrolizzano gli zuccheri semplici (Linkins et al.,
1990).
Le popolazioni dei decompositori variano nel
tempo in numero di individui e di specie, mentre le
loro dinamiche sono fortemente legate sia all’andamento stagionale dei fattori climatici, con un picco di
attività nei periodi piovosi e caldi (Isaac e Achutan
Nair, 2005), sia alla quantità e qualità del substrato.
Bisogna infine ricordare che le radici di molte
piante, soprattutto negli ambienti naturali, sono
micorrizzate, cioè colonizzate da funghi le cui ife si
avvolgono attorno agli apici radicali (ectomicorrize) o
li penetrano (endomicorrize) e ne alterano la fisiologia, le proteggono dai patogeni, forniscono loro
nutrienti in cambio di composti carboniosi e ne modificano le caratteristiche chimiche in generale. È chiaro, quindi, che la micorrizazione può avere un effetto
significativo sulla longevità radicale e sul processo di
decomposizione in generale (Langley et al., 2006).
Condizioni ambientali
I fattori ambientali che influenzano l’attività
microbica sono regolati dell’interazione tra macro e
microambiente. Le condizioni di temperatura, umidità
e pH che si verificano in situ sono fondamentali in
quanto da esse dipendono le condizioni energetiche,
fisiche e chimiche in cui si trovano ad operare i
decompositori.
Molti lavori hanno confermato una relazione positiva tra temperatura e decomposizione della lettiera,
sia su scala geografica che su scala microambientale.
In un lavoro che confronta dati di decomposizione
provenienti da 18 siti forestali in Canada secondo un
gradiente latitudinale che va dall’artico alle coste del
Pacifico, Moore e colleghi (1999) hanno dimostrato
una relazione inversa tra la massa rimanente nelle litterbags dopo tre anni e la temperatura media annua.
A scala locale, esperimenti con manipolazione della
lettiera hanno dimostrato come la concentrazione della
CO2 prodotta dalla decomposizione della lettiera si correla positivamente con la temperatura, anche se meno
sensibilmente di quanto avviene per la respirazione
radicale e per quella della rizosfera (Boone et al.,
1998). Al contrario della lettiera fogliare, il clima ha
relativamente poca influenza sulla decomposizione
della lettiera radicale, probabilmente perché il materiale
è protetto dagli eventi atmosferici dal suolo circostante.
Anche l’umidità, entro certi intervalli, ha un effetto positivo sulla degradazione della lettiera.
L’importanza dell’umidità è più evidente nel primo
45
Panzacchi et al.
stadio della decomposizione, sia per il fenomeno della
lisciviazione delle molecole solubili sia perché rende i
composti organici disponibili per i microorganismi, i
quali a loro volta devono immettere i loro enzimi
nella soluzione del suolo.
Il pH del suolo è anch’esso un fattore importante
di controllo sulla velocità di decomposizione (regolando l’ambiente in cui agiscono gli enzimi extracellulari) e sulla qualità della lettiera (piante cresciute
con minor disponibilità di nutrienti hanno un maggior
rapporto C/N). Alcuni studi suggeriscono che esso
possa indurre variazioni nella comunità microbica,
con il prevalere dei funghi a pH bassi e dei batteri a
pH elevati (Bååth e Anderson, 2003).
Il ruolo della tessitura del suolo sul processo di
decomposizione è sia diretto che indiretto. Dalla tessitura dipendono in parte l’umidità e alcune proprietà
chimico-fisiche come la capacità di scambio cationico, il potenziale idrico e la capacità di creare aggregati colloidali con la sostanza organica.
Il rilascio dei nutrienti durante la decomposizione
La decomposizione della lettiera vegetale influenza la nutrizione minerale degli alberi perché causa da
un lato il rilascio nel suolo di nutrienti essenziali,
mentre dall’altro permette la costituzione di forme
stabili di sostanza organica nel suolo (humus). Questo
vale sia per l’ambito forestale, sia per i sistemi produttivi (Tagliavini et al., 2007; Tonon et al., 2007). In
quest’ultimi, il ruolo dei nutrienti rilasciati durante la
decomposizione ha acquisito importanza ai fini di una
gestione ecologicamente sostenibile della nutrizione
minerale, in cui è necessario ottimizzare le fonti di
nutrienti interne al frutteto stesso.
La quantità di nutrienti assorbiti dalla pianta che
ritorna al suolo attraverso la lettiera, dipende dall’entità di quest’ultima e dalla concentrazione dei nutrienti in essa contenuti. Nel melo, la specie che abbiamo
studiato più in dettaglio, è stato stimato che foglie
Tab. 3 - Ripartizione percentuale dei nutrienti assorbiti da un
meleto (Gala/M9) nei primi sei anni dall’impianto. (Scandellari et
al., non pubblicati).
Tab. 3 - Relative distribution of nutrients absorbed by apple trees
(Gala/M9) in the first six years from transplanting (Scandellari et
al., unpublished).
Elemento
46
N
P
K
Ca
Mg
Scheletro
30
33
15
30
19
Foglie
24
17
34
50
39
Legno potatura
21
22
11
17
13
Frutti
25
28
40
3
29
abscisse e legno di potatura riportino annualmente al
suolo almeno 30 kg/ha-1 di azoto e di potassio (K) e
più di 50 kg/ha -1 di calcio. In un meleto della cv
Mondial Gala su M9 (Scandellari et al., dati non pubblicati) abbiamo studiato la ripartizione dei nutrienti
assorbiti dal momento dell’impianto fino al sesto
anno di età del frutteto: attraverso le foglie abscisse
ed il legno di potatura è tornata al suolo una percentuale significativa degli elementi assorbiti dall’albero,
45% per l’N, 39% per il P, 45% per il K, 52% per il
Mg e 67% per il Ca (tab. 3).
In molti frutteti, gli sfalci del prato possono costituire un importante apporto di nutrienti. L’utilizzo
dell’inerbimento dell’interfila è ormai pratica comune
in molti frutteti e la produttività della componente
erbacea del frutteto (nuova biomassa prodotta ogni
anno) è influenzata dalla composizione floristica,
dalla densità delle piante e dalle variabili ambientali,
tra cui la disponibilità idrica. Quando il materiale sfalciato viene lasciato decomporre sopra il suolo dell’interfila, si può ipotizzare che, seppure con varie modalità, i nutrienti in esso contenuti si rendano nuovamente disponbili per le essenze erbacee, durante e
dopo il processo decompositivo. Nel caso in cui, invece, tale materiale sia spostato lungo la striscia di suolo
corrispondente al filare, il rilascio di nutrienti influenzerà la loro disponibilità per l’assorbimento degli
alberi. Molte essenze vegetali utilizzate negli inerbimenti degli arboreti contengono elevate concentrazioni di nutrienti (tab. 2) e limitate concentrazioni di
lignina, il che rende il materiale sfalciato un ottimo
substrato per la decomposizione. Attraverso la biomassa sfalciata annualmente possono infatti essere
mobilizzate quantità di nutrienti variabili tra 100-140
kg ha-1 nel caso dell’N, 15-20 kg ha-1 nel caso del P,
100-150 kg ha-1 nel caso del K, 40-100 kg ha-1 nel
caso del Ca e 10-20 kg ha-1 nel caso del Mg. La conclusione che si deve trarre da questi dati è che se si
sposta la biomassa sfalciata del prato lungo il filare ci
si deve aspettare un ritorno in tempi relativamente
brevi di elementi importanti per la fertilità, di cui si
dovrebbe tenere conto nei piani di concimazione.
È quindi lecito porsi la domanda relativa al destino
di questi nutrienti nell’ecosistema e chiedersi in quale
misura ed in quali tempi essi possano tornare ad essere disponibilili per l’assorbimento da parte degli alberi. L’entità e la dinamica del rilascio di nutrienti da
parte della lettiera in decomposizione dipendono dal
tipo di elemento minerale, dal tipo di matrice e dai
fattori che influenzano la decomposizione stessa.
In un meleto della pianura Padana (Tagliavini et
al., 2007), le foglie di melo in decomposizione sulla
Decomposizione della lettiera
a)
Fig. 2 - Andamento della decomposizione di radici fini e grosse di
pesco nel suolo (Scandellari et al., non pubblicati)
Fig. 2 - Effect of peach root size on decomposition rate in the
(Scandellari et al., unpublished)
superficie del suolo lungo il filare hanno perso circa il
50% della biomassa iniziale nell’anno successivo alla
loro caduta ed un ulteriore 30% nel secondo anno (fig.
3a). Nonostante ciò, si è assistito ad un rilascio netto
di azoto da parte delle foglie solo nel secondo anno
dalla loro caduta (fig. 3b). La dinamica del rilascio di
fosforo in genere assomiglia a quella dell’azoto, in
quanto entrambi necessari ai microrganismi per la
costituzione delle proprie proteine. Nelle prime fasi
del processo di decomposizione di foglie e rami si
assiste pertanto ad un’immobilizzazione di questi
nutrienti, che aumentano nella lettiera. In figura 4
sono riportato dati di uno studio in cui è stata seguita
nel tempo la variazione del contenuto di azoto marcato (15N) e di quello non marcato, di foglie abscisse di
meli precedentemente marcati con 15N: mentre è chiaro che l’azoto presente inizialmente nella lettiera (15N)
tende a calare, quello non marcato (proveniente dal
suolo o dalle idrometeore) inizialmente aumenta. Se
interrati, foglie e legno di potatura accelerano il loro
rilascio di azoto nel suolo (Tonon et al., 2007). Il
potassio è il solo elemento presente nelle foglie
abscisse e nel legno di potatura ad essere rilasciato
quasi interamente nel suolo in tempi rapidi (già nella
primavera successiva).
Steli sfalciati di Lolium perenne possono perdere
dopo soli due mesi metà della propria biomassa iniziale e rilasciare più della metà dell’azoto in essi contenuti (fig. 5). Il potassio contenuto nel loietto in
decomposizione, invece ritorna nel suolo quasi completamente già dopo un mese dallo sfalcio (Tagliavini
et al., 2007). In relazione all’entità degli sfalci e del
prato ed al loro destino, il loro ruolo nella nutrizione
di un frutteto è variabile ma spesso tutt’altro che trascurabile.
b)
Fig. 3 - Studio sulla decomposizione di lettiera fogliare di melo in
campo: (a) massa rimanente rispetto al peso secco iniziale e (b)
variazione del contenuto di azoto, fosforo, potassio, calcio e
magnesio rispetto alla quantità iniziale (Tagliavini et al., 2007,
modificato).
Fig. 3 - Decomposition of apple leaf litter during 2 years of
exposure in an open field: (a) remaining biomass respect the
initial dry weight (b) dynamics of nitrogen, phosphorus,
potassium, calcium and magnesium respect to the initial content
(Tagliavini et al., 2007, modified).
Fig. 4 - La fase di immobilizzazione dell’azoto può essere messa
in evidenza utilizzando materiale vegetale marcato con 15N. Nel
grafico, la lettiera fogliare di melo in decomposizione perde l’azoto marcato con 15N, mentre l’immobilizzazione di azoto esterno
alla lettiera, non marcato, ne determina un aumento nelle prime
fasi di decomposizione (Scandellari et al., non pubblicati).
Fig. 4 - Increase in total N content typical of the first phase of the
decomposition process due to the immobilization of exogenous
nitrogen. Using apple leaf litter enriched with 15N it is possible to
visualize its constant decrease, while total N content increases
(Scandellari et al., unpublished).
47
Panzacchi et al.
Ringraziamenti
Si ringraziano i dottori Gustavo Brunetto,
Christian Ceccon, Giulia Menarbin, Donatella
Malaguti, Simone Palmieri, Maurizio Quartieri,
Domenico Solimondo e Maurizio Ventura per il loro
prezioso contributo in alcune delle ricerche che sono
state citate in questo articolo.
Riassunto
Fig. 5 - Decomposizione della lettiera di steli di Lolium perenne e
conseguente rilascio di azoto (Tagliavini et al., 2007, modificato).
Fig. 5 - Decomposition rate of mowed Lolium perenne grasses
and relative N release (Tagliavini et al., 2007, modified).
Conclusioni
Sebbene il frutteto, come ogni altro sistema
moderno di agricoltura, sia caratterizzato da cicli di
nutrienti di tipo aperto, la maggior parte dei nutrienti
presenti nel sistema viene riciclata all’interno degli
alberi o in un ciclo che prevede un loro flusso dal
suolo all’albero e dall’albero al suolo. L’entità del
ritorno al suolo dipende dall’elemento considerato,
ma per molti nutrienti le quantità coinvolte sono
superiori a quelle che escono tramite i frutti.
Conciliare le esigenze produttive con quelle ambientali significa valorizzare le risorse di nutrienti interne
al frutteto, conteggiandole nei bilanci nutrizionali.
Nel suolo è presente lettiera di diversa età ed in diversi stadi di decomposizione, con diversi potenziali di
rilascio dei nutrienti. Il destino degli elementi rilasciati è quello di essere immobilizzato più o meno
temporaneamente nella fase solida del suolo, quello
di essere subito utilizzato dai microrganismi e dalle
radici delle piante oppure quello di venire allontanato
per volatilizzazione (in pratica solo nel caso dell’N e
per matrici con un basso rapporto C:N) o lisciviazione. Nel caso del melo in fase di produzione, in cui
sono frequenti asportazioni totali per ettaro da parte
degli alberi di 60 kg di N e 80 di K, il rilascio di
nutrienti dalla lettiera contribuisce a ridurre sensibilmente la necessità di fertilizzanti. La tecnica di
campo dovrebbe perfezionare l’impiego delle essenze
erbacee nel frutteto, impiegandole per sottrarre, assorbendoli, gli elementi minerali che potenzailmente
sarebbero lisciviabili, per poi restituirli al suolo in
forma organica tramite il materiale sfalciato.
48
La decomposizione della lettiera vegetale è un processo chiave nei cicli biogeochimici degli ecosistemi
arborei, sia a scala locale, come regolatore della fertilità, sia a scala globale poiché determina le potenzialità di accumulo di carbonio nel suolo. Essa consiste
in un insieme di meccanismi fisici, chimici e biologici
che contribuiscono alla trasformazione della sostanza
organica in forme a maggiore stabilità. Nei sistemi
produttivi arborei la lettiera è rappresentata da foglie
abscisse, frutti cascolati, radici morte, rami o branche
di diversa età e dimensione e sfalci delle essenza del
prato. Il processo di decomposizione avviene in due
fasi, una più rapido e caratterizzata dalla perdita di
molecole idrosolubili, ed una successiva, più lenta,
durate la quale vengono decomposte le molecole più
recalcitranti e al cui termine la lettiera vegetale diventa humus. I fattori che determinano l’andamento e la
durata di queste due fasi si possono ricondurre alla
qualità del substrato, alla natura dei decompositori e
all’ambiente (umidità, temperatura, pH e tessitura).
Nel lavoro vengono riportati e discussi esempi relativi
alla disponibilità dei nutrienti che ritornano annualmente al suolo del frutteto.
Lavoro parzialmente finanziato dalla Commissione Europea
tramite il progetto ISAFRUIT afferente al VI Programma
Quadro
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