A PA PROGETTO E PROGRAMMAZIONE I N D I V I D UALI Z ZATA Da più di vent’anni in molti Paesi europei ed extraeuropei si parla della possibilità di adattare tutte le forme più conosciute della motricità, dall’educazione fisica alla pratica sportiva nelle società, allo sport agonistico: è l’“Attività Fisica Adattata” meglio nota con la sigla APA, dall’inglese “Adapted Physical Activity” o dal francese “Activité Physique Adaptée”. LA DISCIPLINA OLIMPICA IL N U O T O “Sport ciclico di resistenza alla forza ad elevata valenza coordinativa” L’insegnamento del nuoto Inizia inevitabilmente con un periodo che da sempre nei manuali della FIN, è definito come la tappa fondamentale per l’evoluzione tecnica specifica di tutti i soggetti che si avvicinano al mondo dell’acqua e al nuoto come disciplina sportiva. Si tratta della fase di “AMBIENTAMENTO” cioè il processo di adattamento, di sensibilizzazione, all’ambiente acqua che favorisce l’acquisizione e sviluppo dell’acquaticità SCOPI l’ambientamento deve interessare tre aspetti legati in modo sistemico tra loro, e che sono: • aspetto psicologico – controllo delle emozioni: ansia, fobie, allegria; • aspetto fisico – sensoriale – abituarsi all’acqua: superamento del fastidio dell’h2o; • aspetto motorio – sistemi di riferimento: formazione schemi motori e senso percettivi. SVILUPPO DELLA “MOTRICITA’ ACQUATICA” IL LIVELLO DI ACQUATICITÀ, INTESO COME LA CAPACITÀ DI COMPIERE GESTI E DI COORDINARLI TRA LORO SI ACCRESCE SOLO ATTRAVERSO ESECUZIONI MOTORIE FINALIZZATE ED ESEGUITE CONSAPEVOLMENTE RELAZIONE TRA CAPACITA’ SENSO PERCETTIVE E SCHEMI MOTORI ACQUATICI Le capacità senso-percettive favoriscono lo sviluppo degli schemi motori di base. Esercitazioni pratiche attraverso l’uso indispensabile delle unità di base del movimento, gli schemi motori, favoriscono lo sviluppo delle capacità senso-percettive. Il gesto tecnico è tanto più raffinato quanto più l’allievo è in grado di percepire le informazioni provenienti dall’esterno o dall’interno. L’educabilità del movimento passa attraverso i meccanismi di percezione, coordinazione, selezione ed esecuzione motoria intenzionale, finalizzata e consapevole . SCHEMI MOTORI ACQUATICI • MUOVERSI IN ACQUA PER ADATTARSI • PER RELAZIONARE CON L’AMBIENTE • PER SOPRAVVIVERE • PER ISTINTIVITA’ Gli schemi motori acquatici vanno acquisiti di volta in volta attraverso l’apprendimento che dipende dalla maturazione del S.N. e dallo stato emotivo e motivazionale. GLI SCHEMI MOTORI ACQUATICI SONO VERE E PROPRIE ABILITA’ MOTORIE DI BASE APPRESE IN FORMA COSCIENTE RAPPRESENTANO I MATTONI CON I QUALI COSTRUIRE ABILITA’ PIU’ COMPLESSE 8 A COSA CI RIFERIAMO SCHEMI MOTORI ACQUATICI IMMERSIONE DEL CAPO APERTURA DEGLI OCCHI APERTURA DELLA BOCCA IL RILASSAMRNTO L’EQUILIBRIO STATICO DINAMICO EQUILIBRIO PRONO E SUPINO EDUCAZIONE RESPIRATORIA 9 PRESUPPOSTI L’APPRENDIMENTO DELLA TECNICA DELLE NUOTATE E’ SUBORDINATO AD UNA ACQUATICITA’ DI BASE CHE PASSA ATTRAVERSO L’ACQUISIZIONE DEGLI SCHEMI ACQUATICI 10 PRESUPPOSTI SVILUPPO DELLA “MOTRICITA’ ACQUATICA” I GESTI TECNICI DEL NUOTO I PREREQUISITI TECNICI, SCHEMI MOTORI ACQUATICI GALLEGGIAMENTI, SCIVOLAMENTI, SONO COSÌ SPECIFICI E RICCHI DI VALENZA COORDINATIVA CHE DEVONO ESSERE APPRESI A DIFFERENZA DELLE ALTRE DISCIPLINE, LE ATTIVITÀ NATATORIE CODIFICATE SI REALIZZANO ATTRAVERSO GESTI TECNICI CHE, NON HANNO NULLA A CHE VEDERE CON I MOVIMENTI ISTINTIVI CHE POSSONO ESSERE REALIZZATI DAGLI INDIVIDUI CHE SI IMMERGONO IN ACQUA E CHE TENTANO DI SPOSTARSI. MULTILATERALITA’ Cosa sia "Questo" o meglio questa Multilateralità è presto detto….. molto più lungo il farlo. L’Attività sportiva si realizza sulla base di una serie infinita di movimenti Entrano in gioco più qualità per cui l'atleta deve possedere un bagaglio motorio il più completo possibile. MULTILATERALITA’ Altri due principi fondamentali Diversi mezzi Diverse situazioni per allenare Il Tutto Legato da una relazione sistemica DIDATTICA LE PROGRESSIONI DIDATTICHE SONO LEGATE A: ETA’ - CAPACITA’ MOTORIE E INTELLETTIVE DELL’ALLIEVO DEVONO ESSERE STRUTTURATE SECONDO LIVELLI DI DIFFICOLTA’ CRESCENTI ( DAL PIU’ FACILE AL PIU’ DIFFICILE) PRINCIPIO DELLA SISTEMATICITA’ DEVE ESSERE BEN AUTOMATIZZATA PRIMA DI PASSARE AD UN’ABILITA’ PIU COMPLESSA, PRINCIPIO DELLA STABILITA’ DIDATTICA L’INSEGNAMENTO PASSA PER TRE FASI PRESENTAZIONE DEL MODELLO ESECUZIONE VERIFICA E CORREZIONE DIDATTICA PRESENTAZIONE DEL MODELLO LA DIMOSTRAZIONE CORRETTO MODELLO VISIVO IN FORMA GLOBALE PROGRAMMA MOTORIO LA SPIEGAZIONE ULTERIORI INFORMAZIONI CONCRETE E VERIFICABILI DIDATTICA ESECUZIONE DAGLI ASPETTI GENERALI AI DETTAGLI AQUISIZIONE IN FORMA GREZZA ESERCITAZIONI GUIDATE MANUALMENTE EVITARE LA NASCITA DI ERRORI A CARICO DELLA STRUTTURA DEL MOVIMENTO DIDATTICA CORREZIONE TANTO PIU’ FACILE QUANTO PIU’ ATTENTO L’ALLIEVO CONFRONTO TRA PROGRAMMA MOTORIO E ESECUZIONE REALE ESERCITAZIONI CONSAPEVOLI DIDATTICA STRUTTURAZIONE DELLE NUOTATE APPRENDIMENTI PARZIALI DI ABILITA’ SEMPLICI ACQUISIZIONE IN FORMA GREZZA CURA DEGLI ASPETTI BASE DEL MOVIMENTO CONTINUITA’ RITMO AMPIEZZA COMBINAZIONE DELLE ABILITA’ SEMPLICI IN ABILITA’ COMPLESSE DIDATTICA REQUISITI DELLA TECNICA PLASTICITA’ TRASFERIBILITA’ ADATTABILITA’ DIDATTICA LE ESERCITAZIONI PER FAVORIRE L’APPRENDIMENTO ESERCIZI DI PERFEZIONAMENTO ESERCIZI DI SPECIALIZZAZIONE DORSO Il dorso è considerato il più facile degli stili e il suo insegnamento non presenta grandi difficoltà. Ciò è principalmente dovuto al fatto che gli allievi non sono costretti ad immergere il viso in acqua, risolvendo così non solo i problemi tecnici dovuti alla respirazione, ma anche ai problemi psicologici. DORSO Approccio in posizione dorsale, flessione delle anche e delle gambe, protrazione arti superiori per rompere lo schema patologico. Si otterrà uno pseudo-dorso con movimento pari e simmetrico delle braccia a dorso. Metodo ANALITICO L’istruttore con il metodo analitico si articolerà attraverso questa successione di azioni motorie: • corpo raggruppato, mani sul bordo vasca e piedi appoggiati alla parete, spinta e galleggiamento con le braccia lungo i fianchi • dalla stessa posizione spinta e galleggiamento con le braccia in alto • stesso esercizio, con le braccia lungo i fianchi e battuta gambe • stesso esercizio, braccia in alto e battuta gambe • stesso esercizio, ma dopo la spinta iniziale, con la battuta gambe anche un accenno di bracciata • stesso esercizio completando l’accenno di bracciata con un tentativo di bracciate alternate • stesso esercizio effettuando delle bracciate alternate partendo dalla posizione di braccia lungo i fianchi • stesso esercizio, effettuando delle bracciate non alternate ma simultanee (dorso doppio o germanico) • nuotare lo stile completo Tetraplegici - DORSO • • • • • • • • Arti inferiori Non scendono sott’acqua come negli altri stili Tronco Raggiunge la superficie quando la velocità è soddisfacente Arti superiori Controllo del polso limitato Presa delle mani scarsa Prediligono la doppia bracciata Braccia distese qualora il tricipite non sia funzionale Pausa laterale da assestamento Respirazione Facilitata in quanto non necessita di nessuna torsione o elevazione del capo Tetraplegici - DORSO • • • • • Partenze Difficilmente riescono a tenere entrambe le mani ai maniglioni La prima bracciata è quasi sempre doppia Preferire un spinta minore Virate L’angolo d’entrata dovrà essere il più grande possibile La mano spingendo sul bordo direzionerà il corpo Paraplegico - DORSO Arti inferiori • Vedi tetra • • • • • Tronco Il controllo dipende dal livello della lesione Difficoltà di mantenere l’equilibrio dinamico Arti superiori Bracciata alternata Per le lesioni alte la pausa laterale è presente in forma minore rispetto ai tetra Pausa assente per le lesioni basse Paraplegico - DORSO • • • • Respirazione Nessun problema particolare Partenza Ambedue le mani afferrano la barra Virata Rimangono sul dorso mantenendo un angolo di entrata ampio Chi ha il controllo totale del tronco può girarsi e riprendere, dopo la spinta con la mano, la posizione sul dorso Cerebrolesi - Dorso • • • • Arti inferiori Quando è presente, il movimento risulta essere rigido, poco ritmico, ha difficoltà a tenere addotte le gambe Tronco Spesso presenta rigidità e si allontana dalla superficie dell’acqua Arti superiori Le patologie più gravi utilizzano la doppia bracciata Gli emiplegici dopo alcuni cicli di bracciate abbandonano l’alternato e passano ad una nuotata ibrida tendente alla doppia bracciata Cerebrolesi - Dorso Respirazione • Nessun problema specifico Partenza • La spinta delle gambe varia a seconda della gravità dell’handicap, può essere assente Virata • Di vario tipo Note • In queste patologie molti movimenti sono superflui se non addirittura controproducenti, con dispersione significativa di energie. La difficoltà di controllare l’azione motoria dovuta dalla posizione supina non facilita una buona esecuzione Amputati- DORSO Arti inferiori • Doppia amputazione: quando i monconi hanno una lunghezza tale da non poter permettere una significante propulsione, si adoperano ai fini dell’equilibrio • Singola amputazione: Tendono a flettere notevolmente l’arto sano La spinta tende a direzionarsi lateralmente rispetto alla verticale, trascinando con se le anche Amputati - DORSO • • • • • • Tronco Condizionato notevolmente dagli arti inferiori Arti superiori Singola amputazione: il moncone anche se è corto facilita il rollio il braccio sano avrà un’azione molto potente a discapito della frequenza. Doppia amputazione: movimento meno efficace per la mancanza di entrambi le mani Respirazione Nessun elemento significativo Partenza Varia a seconda dei casi Virata Varia a seconda dei casi RANA Nello stile a rana, gambe e braccia hanno movimenti simmetrici e simultanei, simili a quelli compiuti dall’anfibio da cui lo stile prende appunto il nome. La rana è il primo ed il più antico degli stili agonistici, ciò è dovuto forse al fatto che la rana è una nuotata istintiva insita nell'uomo. RANA Arti superiori: rottura dello schema patologico con protrazione degli arti superiori in avanti. Al confronto agli altri stili il corpo assume una posizione meno orizzontale rispetto alla superficie dell’acqua, perché il bacino per agevolare il movimento delle gambe tende ad affondare rispetto alla linea delle spalle, comunque nel movimento della massima estensione delle gambe il corpo ritrova la sua posizione orizzontale. Tetraplegici - RANA • • • Sia per la posizione delle gambe, che è tale che le stesse che scendono notevolmente sott’acqua, sia per la scarsa propulsione delle braccia, limitata dal regolamento tecnico che non prevede spinta, la rara è di difficile esecuzione. La velocità di spostamento è ridottissima per cui è una nuotata poco fluida e più faticosa . La respirazione, coatta e vincolata, è spesso anticipata, vanificando in parte l’azione propulsiva della bracciata. Paraplegici - RANA • La respirazione è migliore rispetto ai tetra e viene inserita, spesso, ogni due bracciate. • Quando le gambe sono distese si localizzano dei dolori a livello della lesione midollare o delle placche chirurgiche. Cerebrolesi - RANA • Alcuni atleti riescono ad eseguire la nuotata con una buona tecnica rispetto al dorso ed allo stile libero perché i movimenti degli arti sono simmetrici. • L’assenza della fase di spinta, rende la nuotata più semplice. Amputati - RANA Arti Inferiori • Di norma prediligono altri stili Arti superiori • Nel caso di doppia amputazione sopra il gomito, preferiscono questo stile (sono in classe SB7 insieme agli L4L5) IL CRAWL E’ la tecnica di nuotata nelle gare a stile E’ una nuotata asimmetrica I movimenti degli arti sono opposti. I cicli sono caratterizzati da un percorso in acqua ed uno in aria. Il corpo assume una posizione prona, il più possibile distesa, per offrire minor resistenza all'avanzamento. IL CRAWL L’apprendimento dello stile libero rappresenta una non facile conquista in caso di lesioni di una certà gravità. Solo alcuni tetraplegici o tetraspastici particolarmente adattati all’ambiente acquatico riescono ad attuare quella serie di movimenti coordinati che portano alla bracciata stile libero con respirazione laterale. Tetraplegico- STILE LIBERO Arti inferiori • Propulsione assente • Scendono notevolmente al di sotto della superficie d’acqua • Tutto il lavoro è a carico della muscolatura degli arti superiori, già peraltro deficitaria • Andature a basse velocità Tetraplegico- STILE LIBERO • • • • Tronco Segue di norma gli arti inferiori con le anche al di sotto dell’acqua Non permette il rollio L’assetto “verticalizzato” del corpo crea grosse difficoltà alle braccia ad uscire dall’acqua alla fine della spinta La distanza tra la posizione della mano a fine spinta e la superficie dell’acqua è significativa Tetraplegico- STILE LIBERO Arti superiori • Solo chi ha un buon tricipite può adoperarsi in questo stile • Le limitazioni maggiori si riscontrano nella mancanza di controllo delle mani e del polso • Difficoltà a mantenere disteso il braccio in avanti quando l’altro inizia la fase aerea Tetraplegico- STILE LIBERO Respirazione • Difficoltà ad inserirla all’interno della coordinazione degli arti superiori Partenza • Dall’acqua, una mano sul bordo o agganciata alla barra, il braccio contrapposto viene disteso verso avanti Virata • L’angolo di entrata deve essere più grande possibile (no capovolta) Tetraplegico- STILE LIBERO • • • • • Elementi di nota L’atleta “sente” con difficoltà la posizione di tutto il corpo in acqua La mano agisce con movimenti grossolani e non precisi Difficoltà di ritmo Utilizzare dei braccioli sgonfi poco sopra le ginocchia, al fine di agevolare il galleggiamento Le palette sono utili per una migliore percezione della presa e di tutta la fase subacquea Paraplegico – STILE LIBERO • • • • Arti inferiori Nelle lesioni fino a D8, (classe S5) le gambe assumono la tipica posizione a V Nelle lesioni più basse le gambe pur ondeggiando sono abbastanza in superficie Tronco La presenza dei dorsali alti permette l’esecuzione di una buona respirazione Arti superiori La difficoltà maggiore è nell’esecuzione di una bracciata alternata costante. L’esecuzione è comunque più precisa rispetto ai tetra ed ha la possibilità di cambiare il ritmo. Paraplegico – STILE LIBERO Partenza • Dall’acqua o anche da seduto dal blocco Virata • No capovolta • Possono ridurre l’angolo d’entrata per un maggior controllo del tronco, riducendo il tempo necessario a virare Cerebroleso – STILE LIBERO Difficoltà di coordinazione: Tra i singoli arti Tra gli arti superiori ed inferiori Tra gli arti e la respirazione Difficoltà a cambiare il ritmo Difficoltà ad eseguire movimenti in velocità Difficoltà ad eseguire movimenti blandi Cerebroleso – STILE LIBERO Partenze Feet start dall’acqua Classica dall’acqua Tuffo Virate • Semplice • Capovolta Amputati – STILE LIBERO Arti inferiori Singola amputazione: • moncone corto = gambata delfinata, la spinta tende a direzionarsi lateralmente rispetto la verticale, trascinando con se le anche • moncone lungo = possibilità di movimenti alternati Doppia amputazione: • la mancanza di entrambi i piedi rende la propulsione meno efficace AMPUTATI ARTI INFERIORI Di solito Una battuta di gambe per ogni cambio di direzione degli arti superiori Per stabilizzare ed equilibrare la posizione del corpo Amputati – STILE LIBERO TRONCO • Condizionato maggiormente in caso di amputazione singola dell’arto inferiore ARTI SUPERIORI Singola amputazione: • il moncone anche se è corto facilita il rollio • Il braccio sano avrà un’azione molto potente a discapito della frequenza Doppia amputazione: • la propulsione è direttamente proporzionale alla lunghezza dei monconi • movimento meno preciso per la mancanza di entrambe le mani • quando le braccia sono entrambe corte vengono utilizzate soprattutto come appoggio per la respirazione Amputati – STILE LIBERO Respirazione • Le difficoltà maggiori si evidenziano nei casi di amputazioni degli arti superiori Partenze Singola amputazione A.I.: • la partenza è dal blocco Doppia amputazione A.I.: • Dall’acqua • Caduta dal blocco (monconi delle cosce lunghi) Virate Nell’amputazione bilaterale degli A.S. le difficoltà maggiori sono evidenziate nella fase di torsione del tronco DELFINO La nuotata a farfalla deriva dalla nuotata a rana. La farfalla (doppia bracciata contemporanea con gambe a rana) si differenzia dalla nuotata a delfino nella battuta di gambe, in cui il movimento avviene in modo contemporaneo e simmetrico, dall'alto in basso e ritorno. Il delfino è una nuotata dove tecnica, ritmo, potenza e sensibilità motoria si fondono nel creare un movimento ondulatorio, tipico dell'anfibio da cui prende il nome, che consente lo spostamento del corpo. Tetraplegico - FARFALLA La difficoltà maggiore è legata al sollevamento di entrambe le braccia. In fase subacquea alcuni spingono lateralmente, salvo che nella respirazione, dove la bracciata è direzionata verso il basso al fine di aumentare l’appoggio. Se le gambe scendono troppo a fondo è improbabile l’esecuzione di questo stile. Paraplegico – FARAFALLA Si accentuano le problematiche riscontrate nella rana durante la respirazione, infatti al movimento di estensione del capo si aggiunge anche la verticalizzazione del busto durante la spinta delle braccia, non sopportata dal movimento delle gambe, in quanto assente. Cerebroleso- FARFALLA Non di facile esecuzione problemi generali di mobilità, i movimenti degli arti risultano difficilmente simmetrici e la difficoltà maggiore è legata alla rigidità del tronco che non permette un movimento di tipo ondulatorio. Amputati - FARFALLA Arti inferiori • Singola amputazione: di buona attuazione • Doppia amputazione alta: problemi di stabilità e di entrata in acqua con eccessiva resistenza d’onda Arti superiori • Difficoltà nella respirazione ECCEZIONI AL REGOLAMENTO Partenza • assistenza di un volontario (fino S4) Dorso • partenza con una sola mano sulla barra del blocco di partenza Stile Libero • Nessuna eccezione ECCEZIONI AL REGOLAMENTO Farfalla • Si deve avere sempre la sensazione che muova simultaneamente gli arti, anche quando ciò non avviene. • In caso di mancanza di entrambi gli arti superiori, il nuotatore deve toccare con qualsiasi parte superiore del corpo. • Bracciata asimmetrica dopo la partenza e la virata per chi non può spingere con gli A.I. • difficoltà nelle classi S11 e S12 a portare avanti le braccia simultaneamente perché nuotano vicino alla corda, la squalifica viene inflitta solo se vi si spingono sopra. • Ci possono essere delle difficoltà a toccare il muro simultaneamente, anche per gli S11 e S12. ECCEZIONI AL REGOLAMENTO • • • • • Rana Bracciata asimmetrica dopo la partenza e la virata per chi non può spingere con gli A.I. Possibile mancata torsione dei piedi Si deve avere sempre la sensazione che muova simultaneamente gli arti Prestare attenzione che il capo rompa la superficie dell’acqua, in ogni ciclo di bracciate, anche se la respirazione viene inserita ad ogni due Ciechi Obbligo di utilizzo degli occhialetti oscurati completamente per gli S11 FORZA FORZA CAPACITÀ DI SUPERARE ATTIVAMENTE DELLE RESISTENZE OPPURE DI OPPORVISI OVVIAMENTE LA FORZA DIPENDERÀ DALLE CARATTERISTICHE STRUTTURALI DEL MUSCOLO E DA QUELLE DEL SISTEMA NERVOSO CHE NE DEFINISCE E DECIDE IL FUNZIONAMENTO. La ATTIVITA’ FISICA forza estrinsecata dai muscoli scheletrici determina un aumento del COSTO ENERGETICO L'attività può variare in relazione alla durata, all'intensità, alla frequenza, al numero di gruppi muscolari interessati, determinando UN DIFFERENTE DISPENDIO ENERGETICO METABOLISMO ENERGETICO insieme dei processi che trasformano gli alimenti in energia, disponibile per tutti gli sforzi che un organismo sostiene. Lo scopo di ogni sportivo è quello di far funzionare al meglio questi processi per l'accrescimento della performance. La ha molecola ENERGETICA L'uomo a disposizione diversi meccanismi per trasformare gli alimenti in energia. In comune questi meccanismi hanno il fatto che la molecola ultima delle trasformazioni è l'ATP (adenosintrifosfato) che è l'unica direttamente utilizzabile dalle fibre muscolari e da tutti i tessuti o processi che richiedono energia. MECCANISMI ENERGETICI Schematicamente sono cinque i principali meccanismi energetici: a) meccanismo anaerobico alattacido (del creatinfosfato) in cui si produce energia in assenza di ossigeno, utilizzando processi molto rapidi, ma che non possono durare a lungo (tipicamente una decina di secondi). Viene usato per scatti, salti, attività di potenza come il sollevamento pesi. b) meccanismo anaerobico lattacido in cui si produce energia in assenza di ossigeno. Viene usato negli sforzi brevi, ma sufficientemente lunghi da produrre un affanno nella respirazione, per esempio una corsa di un chilometro. Si arriva a una situazione di crisi (dovuta all'accumulo di lattato nel sangue) che costringe il soggetto a diminuire la velocità per ritornare in equilibrio. GLICOLISI ANAEROBICA 1 MOLECOLA DI GLUCOSIO = A 2 DI ATP. c) meccanismo aerobico glicidico in cui in presenza di ossigeno si bruciano prevalentemente carboidrati. È usato negli sforzi intensi in cui comunque si raggiunge un certo equilibrio e non si accumula lattato. GLICOLISI AEROBICA 1 MOLECOLA DI GLUCOSIO = 36 DI ATP. d) meccanismo aerobico lipidico in cui in presenza di ossigeno si bruciano prevalentemente lipidi (grassi). È usato in sforzi di modesta intensità (come il jogging parlando tranquillamente) o in sforzi prolungati, dove affianca il meccanismo precedente (come nella maratona) e) meccanismo proteico in cui si bruciano le proteine per ottenere energia. Come il precedente è un meccanismo che viene usato per ottenere energia quando i carboidrati scarseggiano e diventa tanto più importante quanto lo sforzo è prolungato (per esempio diverse ore). In questo caso si può dire che i muscoli vengono "smontati" per produrre energia. MECCANISMI Sistema alattacido Sistema lattacido Sistema aerobico Capacità scarsa discreta massima Potenza massima media medio-bassa Durata 10-15'' 2-3' diverse ore LA R E S I S T E N Z A CAPACITA’ DI RESISTERE ALLA FATICA IN ESERCIZI DI VARIO TIPO CLASSIFICAZIONE SULLA BASE DELLA SPECIFICITA’ DELL’ESERCIZIO DI GARA GENERALE SPECIALE CLASSIFICAZIONE IN BASE AI MECCANISMI ENERGETICI RESISTENZA AEROBICA RESISTENZA ANAEROBICA Energia necessaria allo sforzo è Prodotta prevalentementa da Meccanismi Aerobici Energia necessaria allo sforzo è Prodotta dai Meccanismi Glicolitici La resistenza e il grado di impegno organico e muscolare nel tempo • RESISTENZA ALLA VELOCITA': intervento quasi esclusivo del meccanismo anaerobico lattacido e anaerobico alattacido (a secondo della durata e dell'intensità) in esercitazioni con gesti rapidi di intensità massimale o submassimale. Capacità detta di "resistence" con durata possibile tra i 15-45 secondi. • RESISTENZA DI BREVE DURATA: attività con predominante impegno del meccanismo anaerobico-lattacido. Richiede un buon sviluppo della resistenza alla forza e della resistenza alla velocità. Il lavoro può essere protratto per 45-120 secondi circa. • RESISTENZA DI MEDIA DURATA: coinvolge sia il meccanismo aerobico che anaerobico lattacido. Il lavoro può durare tra 2-10 minuti circa. • RESISTENZA DI LUNGA DURATA: attività aerobica con prevalente impegno degli apparati cardiocircolatorio e respiratorio. Il tempo di durata dell'impegno organico e muscolare supera i 10 minuti per proseguire anche 23 ore. Dote di "endurance" con risposta cardiaca tra 140-160 pulsazioni al minuto. Suddivisione della Resistenza di lunga durata • - Resistenza di lunga durata I (10-35 minuti circa): il carburante utilizzato è essenzialmente il glicogeno muscolare mentre il consumo dei grassi è molto limitato. Le tensioni muscolari superano la soglia anaerobica. Quindi viene prodotto anche acido lattico che condiziona l’intensità e la durata del lavoro. • • - Resistenza di lunga durata II (35-90 minuti circa): viene utilizzata una miscela di grassi e glicidi, con prevalenza di questi ultimi. Le tensioni muscolari sono prossime alla soglia anaerobica. • • - Resistenza di lunga durata III (da 90 a 360 minuti circa): l’utilizzo dei grassi è prevalente. Le tensioni muscolari si allontanano dalla soglia anaerobica e le caratteristiche psicologiche e motivazionali assumono un ruolo importante nella prosecuzione dell’attività. • • - Resistenza di lunga durata IV (oltre 360 minuti circa): L’energia viene fornita quasi esclusivamente dai grassi. Le tensioni muscolari sono basse e le caratteristiche psicologiche e motivazionali assumono un ruolo predominante. MECCANISMI ENERGETICI ATP+CP 10’’ 12 ‘’ GL. ANAEROBICA AN. LATTACIDO GL. AEROBICA IMPEGNO ORGANICO E MUSCOLARE NEL TEMPO R.V. 10’’ – 45’’ R. BR. DURATA 45’’ - 120’’ R. MEDIA DURATA 2’ – 10’ MECCANISMI ENERGETICI 50 FARF MORELLI – S6 50 SL CAMELLINI – S11 50 SL CATENA – S6 100 FARF.CERASUOLO S8 100 SL POIANI 100 DORSO SERPICO 150 MX BONACINI SM4 200 SL PICCOLI S3 200 SL MAZZONE S4 200 MX EFREM SM5 400 SL SERPICO S11 400 SL CAMELLINI S11 LA VALUTAZIONE FUNZIONALE NEGLI SPORT DI RESISTENZA • VO2 max è una condizione indispensabile per una buona performance di alto livello, ma questo da solo non è che la base per costruire prestazioni di valore assoluto. In ultima analisi ‘il VO2 max è una misura globale ed integrata di tutti quei meccanismi che presiedono al trasporto dell’O2 fino alla sua utilizzazione all’interno dei mitocondri della cellula muscolare.’ (Di Prampero). • Il VO2 si esprime o in valori assoluti (litri/minuto) o relativi al peso corporeo (ml/kg/min.) e varia da 0.250 l/min. (3.5 ml/kg/min.) a riposo fino a valori massimi di 5-6 l/min. (80-90 ml/kg/min.). • • • Il VO2 max si misura con l’ergospirometria cioè la rilevazione delle concentrazioni di O2 e CO2 nell’aria espirata durante una prova massimale. Si può effettuare su cicloergometro, su nastro trasportatore o su un ergometro che simuli il gesto tecnico specifico. Sul campo, se non si possiedono misuratori portatili sofisticati e costosi si possono utilizzare metodiche indirette di rilevazione della frequenza cardiaca in prove submassimali a VO2 conosciuto con estrapolazione a valori massimali, oppure utilizzare test, come quello di Cooper, in cui l’atleta deve correre alla massima velocità possibile per 12 minuti: in base alla distanza percorsa avremo una classe di merito ed una stima approssimativa dei valori di VO2 max. Per capire cos'è il massimo consumo di ossigeno si consideri un soggetto che inizia a correre. Se parte da una condizione di riposo, si mettono in moto meccanismi energetici più rapidi di quelli aerobici (cioè quelli che utilizzano l'ossigeno) per sopperire all'iniziale carenza energetica, vista la lentezza dei meccanismi aerobici. Vengono usati meccanismi ATP-CP (creatinfosfati) e glicolisi (cioè carboidrati bruciati senza l'uso dell'ossigeno); dopo qualche minuto (da due a quattro a seconda dell'allenamento del soggetto) i meccanismi aerobici si sono adeguati alla richiesta energetica e inizia lo stato d'equilibrio. Durante questo stato l'atleta consuma ossigeno e tale consumo è costante. Se lo sforzo aumenta (come si può rilevare facendo correre il soggetto su un tapis roulant con inclinazioni crescenti della pendenza) aumenta anche il consumo d'ossigeno. A un certo punto il meccanismo aerobico non sarà in grado di fornire l'energia richiesta e inizierà la produzione di acido lattico. Il consumo d'ossigeno dell'atleta aumenterà comunque ancora finché a un aumento della richiesta energetica non ci sarà più incremento: l'atleta ha raggiunto il massimo consumo d'ossigeno (VO2max). Si verifica (Pèronnet) che l'atleta è in grado di prolungare lo sforzo in condizioni di VO2max per circa 7' e che la situazione corrisponde a concentrazioni di lattato nel sangue che vanno da 5 a 8 mmol (convenzionalmente 6,5). In termini più pratici: il massimo consumo d'ossigeno corrisponde alla massima potenza aerobica. Ricordiamo comunque che l’accumulo di acido lattico, se superiore a certe concentrazioni, rappresenta certamente un limite alla prestazione aerobica, ma i massimi valori di potenza aerobica non possono essere raggiunti se non è presente una certa quantità di acido lattico che ha i seguenti effetti: • AUMENTO DEL RILASCIO DI O2 DA PARTE DELLA EMOGLOBINA (Hb) Il rilascio di O2 dalla Hb avviene per carichi di lavoro: sotto la soglia: per diminuzione della pressione di O2 sopra la soglia: per spostamento della curva della Hb dipendente dall’aumento degli ioni H+ (effetto BOHR) causato dall’acido lattico • EMOCONCENTRAZIONE DA AUMENTO DELL’OSMOLARITA’ L’aumento di concentrazione dell’acido lattico all’interno della cellula causa un’aumentata osmolarità del comparto intra-cellulare.A compenso acqua affluisce dagli spazi extra-cellulari e quindi anche dal plasma, dove si verifica un emoconcentrazione con una maggiore disponibilità di O2. • VASODILATAZIONE LOCALE DA ACIDOSI L’acidosi causata dal lattato ha un effetto vasodilatatore nei vasi sanguigni dei muscoli che lo producono.Questa vasodilatazione favorisce un migliore apporto ematico e quindi un aumento del consumo di O2. • VO2max e allenamento - L'allenamento permette di aumentare la percentuale del massimo volume di ossigeno (cioè l'intensità dello sforzo) alla quale si forma l'acido lattico: per un soggetto non allenato è circa il 55%, mentre per un soggetto allenato è il 75-80%. Si deve inoltre rilevare che i valori di 2 e 4 mmol/l sono del tutto convenzionali, potendo variare da atleta ad atleta: ciò che è importante è comprendere il concetto che portano con sé, cioè l'esistenza di un intervallo dove, mantenendo lo sforzo costante, la concentrazione di lattato non varia. • VO2max e sistema respiratorio - Contrariamente a quanto pensa la maggior parte dei runner, non esiste una differenza significativa negli indici funzionali respiratori fra atleti di fondo e soggetti normali. Per amor di precisione devo osservare che alcuni studi hanno messo in evidenza che in atleti molto allenati per sforzi vicini al massimo consumo d'ossigeno (cioè molto intensi) non c'è una completa arterializzazione del sangue venoso, cioè la ventilazione polmonare limita la massima potenza aerobica. Ciò però sembra più una conseguenza dell'allenamento dei sistemi cardiovascolare e muscolare, spinti alle massime prestazioni, piuttosto che un cattivo adattamento di quello respiratorio che sostanzialmente con l'allenamento "resta quello che è". GLICOLISI Termine indicante il processo biochimico di scissione del glicogeno in glucosio che si attua per intervento di vari enzimi. la risultante del processo sono due molecole di acido piruvico che possono essere "catturate" dal mitocondrio, in regime aerobico, e produrre 38 molecole di ATP per la contrazione muscolare. Oppure in regime anaerobico trasformarsi in acido lattico liberando una notevole quantità di energia utile per la resintesi dell'ATP in assenza di O2. 34 atleti divi in 3 gruppi 13 ATLETI Gruppo I, CLASSI I - II 10 ATLETI GRUPPO II, CLASSI III – IV ATLETI DI LIVELLO 11 ATLETI III GRUPPO, CLASSI V – VI Giovani atleti SUPERFICIE O PROFONDITA’ IL VALORE DELLA FT1 E’ MAGGIORE NELLE FASI DI SCIVOLAMENTO IN SUPERFICIE RISPETTO A QUELLO DI SCIVOLAMENTO ALLA PROFONDITA’ DI 0.50 M. PERCHE’ LA RESISTENZA LEGATA ALL’ATTRITO DELLE PARTICELLE D’ACQUA SU UNA SUPERFICIE MAGGIORE DI UN CORPO TOTALMENTE IMMERSO E’ INFERIORE ALLA RESISTENZA D’ONDA CREATA IN SUPERFICIE DALLA FORMA DEL CORPO STESSO MASCHI E FEMMINE LE NUOTATRICI HANNO FATTO REGISTRARE VALORI FT1 INFERIORI AI MASCHI A TUTTE LE VELOCITA’ STUDIATE. TALE DIFFERENZA POTREBBE DIPENDERE DALLE CARATTERISTICHE ANTROPOMETRICHE, COPPIA DI ROTAZIONE, LEGATA ALL’AFFONDAMENTO DEGLI ARTI INFERIORI, DIPENDENTE DALLA DENSITA’ CORPOREA.