Alighiero BOETTI
Alighiero Boetti
Torino 1940
Roma 1994
Si accosta al mondo dell’arte all’età di diciassette anni. Tra il 1963 e il
1964 si reca spesso a Parigi. Di ritorno a Torino, realizza grandi disegni a
china nera su cartone. Prende parte a tutte le collettive dell’Arte Povera.
Dal 1970 inizia a lavorare sui linguaggi e sul tema della serialità e dello
sdoppiamento. Nel 1971 parte per l’Afghanistan, meta che visiterà due
volte l’anno fino al 1979. Nel 1972 si trasferisce con la famiglia in una
casa a Trastevere e inizia a realizzare le opere a ricamo. Muore a Roma il
24 aprile 1994.
“Il lavoro della Mappa ricamata è per me il massimo della bellezza. Per
quel lavoro io non ho fatto niente, non ho scelto niente, nel senso che: il
mondo è fatto com’è e non l’ho disegnato io, le bandiere sono quelle che
sono e non le ho disegnate io, insomma non ho fatto assolutamente
niente; quando emerge l’idea base, il concetto, tutto il resto non è da
scegliere”
Mappa 1989 arazzo
MART Rovereto
Avere fame di vento
1988-1989
ricamo su tela riportato su
tavola, 106 x 114 cm
Rovereto
Nell’arazzo, che appartiene a una numerosa serie di opere ricamate, basate sul
principio della quadratura di testi e parole, la stessa dualità si ritrova nelle frasi
inscritte nei quadrati, aforismi ricorrenti nell’opera di Boetti, che spessissimo usa
queste “coppie apparentemente in antitesi linguistica”, spiegando: “Ho disegnato
circa centocinquanta coppie di parole che potevano disporsi in quadrato.
Le frasi, tutte composte da sedici lettere (“avere fame di vento”; “regola e regolarsi”;
“il certo e l’incerto”; “rispetti dispetti”; “coperte e scoperte”, per citarne solo
alcune), sono inscritte in venticinque griglie quadrate, secondo un ordine di lettura
ermetico, zigzagante, da sinistra a destra e dall’alto in basso, che Boetti mette a
punto per la prima volta nell’opera "Ordine e disordine", eseguita con tecnica a
pochoir nel 1971-1972.
In seguito, le opere concepite con questo sistema vengono realizzate, come nel
caso dell’arazzo qui esposto, dalle ricamatrici afghane, cui Boetti affida molti dei
suoi lavori, secondo il principio della delega, ulteriore declinazione di un dualismo
che tende a separare l’ideazione dell’opera dalla sua esecuzione.
Alla libera scelta delle ricamatrici è affidato anche l’uso dei colori, risolto in
soluzioni sempre diverse.
Come ha spiegato l’artista, “per non creare gerarchie tra i colori li uso tutti. Le
stesse ricamatrici hanno inserito idiomi della lingua farsi nella trama di lettere.
Leonardo
Carlotta
Andrea
Angelica
Federico
Sabrina e Michela
Puoi utilizzare lingue diverse
elisabetta
vlora
Eleonora
Negli spazi vuoti
disegna le lettere
dell’alfabeto
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