Approvato con Del. C. C. N. 115 del 28.10.2002 Modificato con Del. C. C. N. 87 del 28.07.2003 Premessa A partire dagli anni ’90 parallelamente ad un sempre maggiore interesse da parte dell’opinione pubblica italiana nei confronti delle sempre più pressanti problematiche ambientali, si è assistito a livello internazionale all’emergere della necessità di un sempre maggior raccordo sulle politiche ambientali ed energetiche dei singoli stati ed alla definizione ed al ruolo di una nuova modalità di sviluppo che, viene attualmente oggi definita come “Sviluppo Sostenibile”. In Italia il primo segnale Pubblico di adesione alle direttive internazionali in materia di sviluppo sostenibile venne dato dal Governo che, alla fine del 1993, con delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) ha varato il Piano Nazionale di Sviluppo sostenibile (PNSS), attualmente in fase di revisione da parte dell’ENEA, su incarico del Ministero dell’Ambiente. Questo piano tratta al suo interno di agricoltura, energia, industria, infrastrutture, territorio, turismo, ecc. ed evidenzia quindi una unicità di approccio e la necessità di una visone sistemica e coordinata, propria di una visione ambientalmente compatibile. A fronte di tutto ciò appare quindi sempre più evidente che a voler individuare la modalità cogente, condivisa e concretamente capace di assicurare elementi comuni e trasversali all’attuale apparato programmatorio non possa che essere una visione ecosistemica e bioecologica che, trova nello sviluppo sostenibile elemento di raccordo e di unicità di visione. La sostenibilità può infatti essere vista come una nuova chiave di lettura che consente di riesaminare e reinterpretare le modalità di approccio alla pianificazione territoriale ed urbana. La sfida che questa modalità di visione, si trova oggi a raccogliere è quella di dimostrare che l’attenzione all’ambiente e, l’innovatività di intervento a questa visione legata, sono oggi concretamente capaci di determinare sviluppo e competitività e che all’interno di questa logica è possibile determinare strategie di intervento e di gestione estranee alla logica dello sfruttamento delle risorse e del territorio e che contribuiscono a determinare una riqualificazione ambientale e sociale. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 2 di 145 - Questo necessario intreccio tra pianificazione, programmazione, gestione, sostenibilità, socialità e partecipazone presenta ovviamente priorità di temi di ricerca e di intervento che possono succintamente evidenziarsi in: - approccio trasversale ai temi ambientali legato ad un’idea di sostenibilità come processo; - assunzione di strumenti operativi legati ad una visone ecologica ed ecosistemica del territorio; - controllo dei consumi e degli usi delle risorse ambientali rinnovabili e non rinnovabili; - innovazione degli interventi progettuali urbanistici ed edilizi, contemporaneamente capaci di affrontare i temi della bioecologicità e della ecosostenibilità; - attenzione ed implementazione alla comunicazione e partecipazione dei cittadini alla costruzione delle decisioni e alla diffusione delle scelte effettuate La responsabilità della qualità edilizia in Italia è certamente delegata alle Amministrazioni Comunali ma, relativamente alle questioni prettamente edificatorie solo di recente cominciano ad essere definiti provvedimenti operino concretamente nella direzione di un controllo della sostenibilità del processo edilizio e dove gli approcci più interessanti puntano a determinare condizioni di vantaggio per gli interventi che producono un contributo nella direzione della qualificazione energetico ambientale degli edifici e degli spazi aperti. In questo normative tecniche e piani urbanistici avanzati possono dare un contributo reale e concreto nell’innescare un sistema realmente virtuoso che contribuisca, grazie ai vantaggi economici o procedurali a “riconvertire” il settore delle costruzioni in questa direzione. L’iniziativa legata alla realizzazione di queste “LINEE GUIDA PER LA PIANIFICAZIONE E LA EDIFICAZIONE SOSTENIBILE E PER LA TUTELA DEL TERRITORIO” vogliono muoversi in questa direzione ed attraverso queste l’Amministrazione Comunale intende informare, supportare ed indirizzare i cittadini e gli operatori culturali ed imprenditoriali ad attivarsi affinché lo sviluppo sostenibile diventi pratica cogente per tutti coloro che interagiscono all’interno del territorio comunale di Cadenzano. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 3 di 145 - Qualità energetica ed ambientale devono trovare idonea individuazione e sia gli interventi di recupero che i nuovi interventi devono prevedere il sostegno e l’integrazione dei parametri di sostenibilità negli interventi e garantire quindi: - una relazione coerente con il sito; - Il controllo dei consumi energetici e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili; - la corretta gestione delle risorse idriche; - l’utilizzo di materiali ecocompatibili preferibilmente locali e tecnologie ed impianti energetico-efficienti; - una gestione ecologica dei caratteri dell’area ed una considerazione degli spazi esterni quali parte integrante e non complementare del progetto degli edifici; - la minima permeabilità dei suoli; - l’attenzione ai fattori inquinanti presenti o ipotizzabili (inquinamento indoor, da radon, acustico, elettromagnetico ecc.). Per consentire tutto ciò le Linee guida stesse sono state realizzate con una articolazione in due volumi che consente con il primo una facile lettura delle stesse e l’interiorizzazione quindi dei temi di sostenibilità nelle proposte di intervento e, un secondo volume più tecnico e di indirizzo che individua delle modalità attuative che l’Amministrazione prevede affinché gli intervento proposti possano godere di agevolazioni ed incentivi. Il primo volume quindi descrive, definisce ed individua i temi e gli argomenti che necessitano di essere conosciuti ed approfonditi da tutti coloro che intendano avere un quadro si spera esaustivo delle modalità di intervento sostenibile nel territorio, Il secondo più tecnico riprende gli argomenti trattati nel primo volume ed individua modalità e strumenti da introdurre nelle progettazioni per aver diritto agli incentivi ed alle agevolazioni. Appare inoltre utile ancora annotare come quella della “Sostenibilità” sia una modalità di sviluppo tesa ad assicurare un uso corretto e consapevole del territorio e delle sue risorse e questo per l’attuale e per le future generazioni e che quindi la pratica della stessa dovrebbe in ogni caso essere interiorizzata all’interno delle proposte e delle iniziative anche al di là di incentivi ed agevolazioni. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 4 di 145 - Fonti energetiche tradizionali e problematiche ambientali Quello dei consumi energetici legati alla gestione corrente degli edifici rappresenta probabilmente il più importante capitolo di interesse e di attenzione nella progettazione di “edifici ambientalmente consapevoli”, per cui a questo tema dedicheremo particolare attenzione. Il percorso che queste linee guida si propongono di attuare parte dalla illustrazione e descrizione delle diverse fonti di energia rinnovabile (1); delle modalità del loro utilizzo ed integrazione nella edilizia corrente e, prosegue evidenziando la necessità imprescindibile di progettare edifici meno energivori e più rispettosi dell’ambiente (edilizia bioclimatica), in cui l’integrazione delle tecnologie per il risparmio energetico attivo e passivo è più efficace e, prosegue ancora illustrando la possibilità e la convenienza di utilizzare impianti di climatizzazione che meglio riescono a coniugare risparmio energetico e benessere ambientale. Riteniamo indispensabile nell’evidenziare questo percorso descrivere sinteticamente il “macro tema” energetico e le motivazione imprescindibile di promuovere edifici energeticamente consapevoli. La problematica energia Le problematiche connesse al risparmio energetico sono varie e diverse e, non sempre le informazioni a questo proposito sono utili a precisare e definire la fondamentale importanza che l’affrontare ed il cercare di risolvere questo problema ha per il nostro pianeta. Rispetto alle problematiche ambientali il tema energia è centrale rispetto a qualsiasi politica tesa a promuovere uno sviluppo durevole e sostenibile e dovrebbe essere impegno preciso e costante ciascun governo e di ogni cittadino il tentare di ridurre i consumi energetici. 1 Per definire le principali fonti rinnovabili di energia utilizzeremo le definizioni ufficiali date dal Ministero Dell’Ambiente. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 5 di 145 - E’ utile sottolineare come il consumo di energia è tra i principali fattori responsabili del degrado ambientale a livello mondiale e contribuisce a ciò e in fase di produzione che in fase di approvvigionamento di materie prime. Relativamente all’approvvigionamento basti pensare che i principali combustibili oggi utilizzati sono quelli fossili (petrolio, metano ecc.) ed il legno. Relativamente a questo ultimo prodotto, nella società occidentale non si tiene spesso conto che questa fonte energetica è a volte l’unica fonte di approvvigionamento per gran parte dei paesi in via di sviluppo e questo si traduce spesso in dissennato taglio delle foreste (quasi la metà delle foreste che ricoprivano la terra sono andate perse e, solo tra il 1980 ed il 1995 sono stati tagliati circa 200 milioni di ettari di foresta vergine). Relativamente all’uso di combustibili fossili è bene sottolineare che il loro bruciare è responsabile della maggior produzione mondiale di gas climalteranti (il principale dei quali è l’anidride carbonica), responsabili e dell’effetto serra, e della produzione dei principali composti che determinano l’inquinamento dell’aria nelle nostre città. Relativamente a queste produzioni i dati di seguito riportati possono essere utili a meglio definire alcune problematiche: - il quinto della popolazione mondiale che vive nei paesi a reddito più elevato contribuisce per il 50% alle emissioni di CO2, il quinto più povero per il 3%; - i paesi industrializzati sono responsabili del 76% delle emissioni cumulative di carbonio in tutto il mondo a partire dal 1976; - l’anidride carbonica provocata dalla combustione dei fossili ha raggiunto il valore record di 6,2 miliardi di tonnellate nel 1996, con un aumento di circa quattro volte rispetto al 1950 e, una previsione fatta dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), indica una produzione di 9 miliardi di tonnellate all’anno; In pratica già oggi ogni uomo sulla terra è responsabile mediamente della produzione di una tonnellata di CO2 all’anno, in realtà un cittadino americano è responsabile della produzione di 20,5 tonnellate negli Stati Uniti, di 10,2 in Germania, di 0,4 in Angola. Sottolineare le variazioni climatiche che l’effetto serra sta producendo in tutti i paesi del mondo ed i suoi effetti disastrosi sulle economie mondiali e sulle vite umane, è del tutto superfluo. Segno della necessità imprescindibile di una modifica sostanziale della attuale politica energetica a livello mondiale è rappresentata dal Summit di Kioto, avvenuto nel Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 6 di 145 - Dicembre 1997, in questo incontro i rappresentanti di oltre 160 nazioni si sono riuniti per firmare un protocollo teso a bloccare ed a ridurre la produzione mondiale di CO2. L’accordo di Kioto prevedeva la riduzione media del 7% di CO2 entro il 2000 in Europa e del 6,5% per l’Italia in particolare e questo ad emissioni bloccate ai livelli del 1990 (così come prevedeva la sottoscrizione della “Convenzione quadro sul cambiamento climatico” siglata in occasione del Summit di Rio del 1992). In realtà in Italia, dopo il Summit di Rio, nulla era stato fatto per mantenere inalterata la produzione di CO2 e quindi l’Italia dopo la firma dell’accordo di Kioto si era impegnata a ridurre per il 2000 del 13% la produzione nazionale di CO2 cosa ovviamente del tutto disattesa e non conseguita. Appare ora utile evidenziare in che modo la produzione di CO2 si ripartisce percentualmente tra le varie fonti di produzione ed è interessante vedere come il 21% di questa produzione è imputabile alla combustione dei motori delle sole auto private e che un restante 30% di produzione è dovuto ai consumi energetici di edifici ed elettrodomestici. Basterebbe quindi avere edifici meno energivori, utilizzare meno l’auto, vestirsi di più in casa, e tenere meno acceso l’impianto di riscaldamento e soprattutto puntare di più l’attenzione sulle fonti rinnovabili (sole, vento, bio masse, ecc.). Tutto questo darebbero il segno tangibile di una reale intenzione al cambiamento e di attenzione e cura per l’ambiente, per avviare tutto ciò è ovviamente indispensabile che vi sia una corretta politica ambientale ed energetica a livello nazionale, regionale e locale di cui le presenti linee guida vogliono essere uno strumento efficace, se pur limitato. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 7 di 145 - IL RISPARMIO ENERGETICO E LA QUALITA’AMBIENTALE OUTDOOR ED INDOOR Attualmente in Italia un terzo dei consumi finali di energia deriva dal settore civile e sono quindi direttamente responsabili del 30-40% delle emissioni di CO2. Da ciò deriva l’importanza che questo tema ha all’interno di tutte le politiche di sviluppo sostenibile ed il motivo per il quale questo tema apre l’excursus di argomenti di sostenibilità trattati da queste linee guida. Per quanto già detto una corretta politica di gestione degli utilizzi civili dell’energia ha un grande impatto sui consumi energetici; attualmente per soddisfare questa richiesta energetica vengono principalmente utilizzati i combustibili fossili, risorse non rinnovabili e che nella loro combustione generano emissioni di sostanze nocive all’ambiente ed ingenti emissioni di CO2 . Per rimediare a questa situazione di consumi energetici insostenibili per il nostro pianeta è necessario modificare e ri-orientare il nostro modo di porci nei confronti di questa problematica e bisogna che ciò avvenga a tutte le scale di intervento antropico. A livello globale i vari summit mondiali, Rio, Kyoto, Istanbul, ecc. hanno individuato dei limiti precisi nell’incremento dei livelli di produzione della CO2 nei diversi paesi e, ciò sottende che, se non si vogliono penalizzare gli attuali stili di vita, bisogna che molta parte dell’energia utile attualmente necessaria venga prodotta attraverso attente politiche di risparmio energetico e di produzione di energia da fonti alternative. Tutto ciò richiede un rapido e fondamentale riordinamento del nostro modo di pensare, progettare, costruire e gestire e mantenere le città e i suoi edifici e sottende quindi una precisa assunzione di responsabilità ambientale da parte di tutti noi. Per ottemperare a questa fondamentale esigenza è necessario indirizzare le attuali politiche territoriali ed urbane verso uno sviluppo sostenibile, cosa questa che le amministrazioni più attente e responsabili hanno attivato dotandosi o mettendosi nella condizione di dotarsi a breve di strumenti operativi di indirizzo e/o di pianificazione che operano in questa direzione. Nel presente lavoro non possiamo quindi non citare il Piano Energetico Regionale della Toscana che, “dà attuazione all’art 2 della Legge Regionale n° 45/97 orientando e promovendo la riduzione dei consumi energetici nonché l’innalzamamento dei livelli Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 8 di 145 - di razionalizzazione di efficienza energetica della domanda,……………, favorisce e promuove l’uso delle fonti rinnovabili, la loro integrazione, insieme alle assimilate, con le attività produttive, economiche ed urbane……….ed ha come finalità generale il contenimento dei fenomeni di inquinamento ambientale,…………. Con particolare riferimento alle risoluzioni assunte in occasione della conferenza di Kyoto del dicembre 97…….” Per dar corso a tutto ciò è comunque necessario che le indicazioni e le prescrizioni individuate da questi strumenti diventino realmente operative e che quindi amministratori e tecnici, soprattutto quelli interni alle Amministrazioni interiorizzino e propongano, all’interno dei propri ambiti di applicazione ciò che le normative e le leggi vigenti già contemplano. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 9 di 145 - La gestione e l’uso razionale dell’energia L'uso razionale dell'energia può essere definito come quella operazione tecnologica con la quale si intende conseguire l’obiettivo di realizzare gli stessi prodotti o servizi (in quantità e qualità) con un minor consumo di energia primaria ed eventualmente con un maggior impegno di risorse d’altro tipo (capitale, lavoro, materiali, ecc.). Questa definizione distingue l'uso razionale dell'energia dal sacrificio energetico, che è invece un’operazione economico-sociale con la quale si intende incentivare gli utenti (con la propaganda, con le tariffe, con il razionamento) a modificare le loro abitudini di consumo nel senso di soddisfare i propri bisogni finali con modalità che comportino minori consumi di energia primaria. In questo caso quindi il servizio offerto è di qualità diversa. Si configura dunque un’operazione di riallocazione delle risorse volte ad ottenere una data finalità. Qualunque progetto ingegneristico è concettualmente riconducibile a questo luogo decisionale, in cui le varie soluzioni offerte dalla tecnologia si incontrano per confrontarsi fra loro, in termini di rese, di rendimenti e di costi specifici. È lasciato all’esperienza del progettista dare alle varie realizzazioni un assetto tale che per ciascuna di esse si abbia un dato consumo di energia ed un correlato consumo di strutture, consumi che si tradurranno poi, nei conti economici, in costi-energia e costicapitale. Risparmiare energia comporterà, a parità di condizioni economiche, un maggiore costo capitale e viceversa. Per ogni situazione economica esisterà un rapporto ottimale fra questi due costi che darà luogo al conseguimento dello stesso risultato col minor onere monetario: in tempi di elevati costi dell’energia si cercherà di razionalizzare il consumo di energia e si abbonderà in oneri capitale e viceversa in tempi di energia a buon mercato rispetto al costo dei manufatti e del capitale. Queste considerazioni impongono al progettista un lavoro di analisi che può risultare delicato perché privo dell’assistenza e della guida di un’esperienza precedente. Questa, infatti, può non essere disponibile in quanto la variazione dei prezzi dell’energia può avvenire in maniera troppo rapida perché i vari adeguamenti tecnologici possano ricevere il confronto e la conferma da parte dei risultati ottenuti. E’ quindi importante una diffusione delle conoscenze energetiche affinché le varie soluzioni di razionalizzazione dei consumi energetici proponibili in proposito possano essere esaminate dai tecnici. Nel diagramma che segue, sono indicati i principali passi logici che portano da un uso razionale dell'energia visto come opportunità all’intervento, che permette di conseguire in termini effettivi tale risparmio. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 10 di 145 - Solare Termico Quadro sintetico della tecnologia e degli impianti La tecnologia per l'utilizzo termico dell'energia solare ha raggiunto maturità ed affidabilità tali da farla rientrare tra i modi più razionali e puliti per scaldare l'acqua o l'aria, nell'utilizzo domestico e produttivo. La radiazione solare, nonostante la sua scarsa densità (che raggiunge 1kW/m² solo nelle giornate di cielo sereno), resta la fonte energetica più abbondante e pulita sulla superficie terrestre. Il rendimento dei pannelli solari è aumentato di un buon 30 % nell'ultimo decennio, rendendo varie applicazioni nell'edilizia, nel terziario e nell'agricoltura commercialmente competitive. L'applicazione più comune è il collettore solare termico utilizzato per scaldare acqua sanitaria. Un metro quadrato di collettore solare può scaldare a 45÷60 °C tra i 40 ed i 300 litri d'acqua in un giorno a secondo dell'efficienza che varia con le condizioni climatiche e con la tipologia di collettore tra 30 % e 80%. Le tecnologie per utilizzare l'energia solare per produrre calore sono di tre tipi: a bassa, media ed alta temperatura. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 11 di 145 - 1. Stato dell'arte Nel mondo sono installati oltre 30 milioni di metri quadri di pannelli solari di cui 3 milioni nell'Unione europea.In Italia l'applicazione dei pannelli solari per scaldare l'acqua può essere ancora molto potenziata. Nel 2000 sono stati installati circa 25.000 m², molto pochi anche rispetto a paesi più freddi (per esempio l'Austria), ma più sensibili a questioni economico ambientali relative a questo settore. Il parco del solare termico in Italia è oggi di 350.000 m², l'utilizzo maggiore è dovuto all'utenza domestica, ad impianti di prevalente utilizzo estivo ed alle piscine. 2. Applicazioni Le applicazioni più comuni sono relative ad impianti per acqua calda sanitaria, riscaldamento degli ambienti e piscine; sono in aumento casi di utilizzo nell' industria, nell'agricoltura e per la refrigerazione solare. I collettori solari ad aria calda si differenziano da quelli ad acqua per il fatto che in essi il fluido termovettore è costituito da aria. I campi d'applicazione per tali impianti sono tipicamente quelli di riscaldamento dell'aria per la climatizzazione ambientale e, in campo industriale, per i processi d'essiccazione di prodotti alimentari. Nel campo della climatizzazione ambientale il vantaggio di utilizzare i collettori ad aria consiste nel fatto che l'aria in essi riscaldata può essere inviata direttamente all'ambiente senza scambiatori di calore intermedi. Ciò permette un notevole aumento di efficienza del sistema, basti pensare che, di solito, con un sistema ad acqua, per riscaldare un ambiente a 20÷22 °C, occorre portare l'acqua almeno a 60÷70 °C. Il principio di funzionamento dei collettori ad aria è pressoché lo stesso di quelli ad acqua, ma i parametri di dimensionamento variano sostanzialmente, in quanto l'aria scambia calore con maggiore difficoltà dell'acqua. Occorre perciò assicurare all'aria un tempo di permanenza più lungo all'interno del collettore; per questo motivo il percorso di solito è tortuoso, per rallentare il flusso dell'aria. Per il resto, il collettore ad aria, come quello ad acqua, è costituito da una piastra captante, una o più coperture trasparenti e l'isolamento termico. I collettori solari per piscina possono fornire fino al 100% delle necessità termiche delle piscine. Sono inoltre i più semplici da installare della categoria. La combinazione di un sistema di riscaldamento solare e l'utilizzo di una copertura notturna può accrescere sensibilmente la lunghezza della stagione balneare con un incremento dei costi gestionali molto contenuto. 3. Potenzialità Possibilità di copertura del fabbisogno energetico annuo mediante collettore solare termico Le tipologie di collettori solari termici variano molto in termini di costo e di prestazioni. Per di più, essendo l'energia solare una fonte aleatoria sulla Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 12 di 145 - superficie terrestre, i collettori solari termici vanno realisticamente considerati integrativi rispetto alle tecnologie tradizionali; essi vanno quindi considerati capaci di fornire direttamente solo parte dell'energia necessaria all'utenza, energia che altrimenti dovrebbe essere prodotta dalla caldaia tradizionale. La percentuale di energia termica prodotta annualmente da un collettore solare termico prende il nome di fattore di copertura del fabbisogno termico annuo. A Roma, per un sistema che ottimizzi il rapporto costi/energia prodotta, questo fattore non supera il 65%. Questo limite è comune a moltissime tecnologie basate su fonti rinnovabili, il più delle volte caratterizzate da disponibilità aleatoria o periodica. A causa di ciò, con il crescere delle dimensioni dell'impianto, cresce il fattore di copertura del carico termico, ma la relazione tra il costo dell'energia e l'energia prodotta resta lineare fino al 55%÷60%. Superato questo valore, il costo continua ad aumentare linearmente con le dimensioni dell'impianto, mentre l'energia prodotta aumenta meno rapidamente, il che si traduce in un maggiore costo dell'unità di superficie di collettore. E' per questo motivo che un collettore solare termico per la produzione di acqua calda sanitaria dimensionato correttamente viene progettato per soddisfare il 60÷65% del fabbisogno termico. Paragone tra diverse tipologie di impianti per la produzione di acqua calda In ambito urbano l'acqua calda sanitaria è per la maggior parte dei casi prodotta con scaldabagni elettrici o caldaie a gas. La produzione di acqua calda sanitaria, con l'uso di energia elettrica dissipata dalla resistenza presente nello scaldabagno, risulta un processo costoso dai punti di vista energetico, ambientale ed economico, se confrontato con la produzione di acqua calda con caldaie a gas. L'introduzione aggiuntiva di un collettore solare termico, che sostituisca parte della produzione di calore, comporta benefici ancora maggiori. Di seguito vengono analizzati brevemente gli effetti energetici, economici ed ambientali che l'introduzione di tre diverse tipologie di impianti per il riscaldamento per acqua sanitaria possono conseguire, in relazione all'introduzione di un sistema solare termico attivo, in particolare si analizzeranno le seguenti possibili soluzioni: 1. sostituzione dello scaldabagno elettrico con un sistema integrato solare/gas 2. integrazione del sistema gas preesistente con impianto solare 3. integrazione del sistema elettrico con impianto solare (per impossibilità di sostituzione con sistema gas). Il primo caso interessa molte utenze domestiche e pubbliche, di piccola taglia, che non hanno ancora affrontato la questione e, di conseguenza, potrebbero essere incentivate, in analogia con i provvedimenti sulle rottamazioni, ad una sostituzione dello scaldabagno elettrico. Nel secondo caso l'integrazione del Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 13 di 145 - sistema gas preesistente con impianto solare, prevede un costo di integrazione ridotto al minimo; si tratta di fatto di utenze che hanno già scelto il gas e potrebbero, con sistemi solari termici, risparmiare il 60 % annuo di gas combusto. Il terzo caso è relativo a realtà in cui il sistema di riscaldamento non può che essere elettrico, per ragioni urbanistiche o per la particolarità dell'utente; per esempio campi nomadi o altre strutture di accoglienza. Per le tre soluzioni impiantistiche verrà eseguito, a scopo indicativo, un bilancio energetico ed ambientale (in termini di emissioni di CO² evitate). Analisi energetica: calcolo dell'energia pro capite necessaria In media, in Italia si consumano circa 50 litri al giorno di acqua calda sanitaria pro capite, alla temperatura di 45°C. Ipotizzando una temperatura dell'acqua proveniente dall'acquedotto pari a 15 °C si può calcolare il quantitativo pro capite Q, di energia termica necessaria: Q=G*cs*(Tu-Ta)=50 lt*1kcal/lt°C*30°C=1500kcal Avendo indicato con: G, massa d'acqua da scaldare (l) cs, calore specifico dell'acqua (kcal/l), Tu, temperatura di utilizzo, pari a 45°C, Ta, temperatura acqua dell'acquedotto (°C). Caso di Produzione di acqua calda con scaldabagno elettrico In questo caso, l'utilizzo di energia termica per produrre acqua sanitaria comprende una doppia trasformazione. In una prima fase occorre produrre energia elettrica (tipicamente, in centrali termoelettriche, più raramente in idroelettriche). L'energia elettrica prodotta, poi, trasportata all'utenza, dovrà a sua volta trasformarsi in energia termica per effetto Joule per essere conferita all'acqua. Per produrre con uno scaldabagno elettrico 1500 kcal (1,7 kWh termici) sono necessari circa 1,94 kWh elettrici, avendo stimato l'efficienza di conversione dello scaldabagno elettrico pari al 90%. Mediamente, una famiglia di quattro persone utilizza, quindi, 7,74 kWh elettrici al giorno per la produzione di acqua calda sanitaria. Ma è da considerare che, per la produzione di ogni kWh elettrico, vengono consumati dal parco di centrali elettriche italiane, circa 2,54 kWh, sotto forma di energia primaria. Considerando questa doppia trasformazione da energia primaria in energia elettrica e da elettrica a termica, emerge che, per produrre l'acqua calda necessaria giornalmente per soddisfare il fabbisogno pro capite sono necessarie 2,54-1,94 = 4,93 kWh primari equivalenti a 4.240 kcal. In tal modo solo il 35% dell'energia primaria consumata viene effettivamente utilizzata dall'utente. Nel caso, poi, di una famiglia di quattro persone, si arriva a 16.960 kcal/giorno, pari a 17,72 kWh (termici). Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 14 di 145 - Caso di produzione di acqua calda con caldaia a gas Una caldaia a gas ha ovviamente una resa energetica diretta più alta, perché evita la conversione più energivora (e più exergivora), che consiste nel passaggio energia termica in energia elettrica. Per questo la resa globale si aggira sull'80÷85%. La produzione di calore e il conseguente riscaldamento dell'acqua sanitaria avviene per combustione diretta del metano. Nel caso peggiore di rendimento del 80%, per produrre 1500 kcal sono quindi necessarie in un giorno 1875 kcal (ossia 2,18 kWh). Nel caso di una famiglia di quattro persone si arriva a 7500 kcal/giorno. Confronto di consumi energetici tra i casi esaminati La figura seguente mostra il risultato del confronto tra il fabbisogno energetico necessario per la produzione di acqua calda sanitaria con uno scaldabagno elettrico, con una caldaia a gas, un sistema caldaia gas/collettore solare termico ed un sistema scaldabagno elettrico/collettore solare termico, ferme restando le ipotesi sopra enunciate ed il quantitativo procapite di acqua necessaria. Si osserva allora che, nel passaggio dalla soluzione con scaldabagno elettrico a quella con caldaia a gas integrata da collettori solari, il consumo energetico procapite passa da 4,93 a 0,87 kWh. E' il caso più interessante, dunque, che porta ad una riduzione dell'82% del consumo energetico, a parità di servizio reso. Nel confronto tra il sistema basato sull'integrazione di collettore solare con una caldaia a gas e la caldaia stessa, si nota come il consumo passi da 2,18 kWh, per il caso della sola caldaia, a 0,87 kWh, per il sistema integrato. Nel passaggio dal solo scaldabagno elettrico ad uno scaldabagno integrato da collettori solari, il consumo energetico scende da 4,93 a 1,97 kWh. 4. Costi Nel caso dei collettori solari il costo al metro quadro è in realtà, poco indicativo, poiché il vero costo deve essere correlato alla quantità di acqua calda prodotta in un anno. Una famiglia di 4 persone che consuma 50÷60 litri di acqua calda a persona ogni giorno, per un totale di 80÷100 mila litri annui spende circa 1 milione per riscaldare l'acqua con energia elettrica e 750.000 £ Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 15 di 145 - se la scalda con caldaia a metano. Se l'impianto solare integra la caldaia per un 60÷70% il risparmio annuo oscilla tra 500 e 700 mila lire ed in 5 anni si ammortizza una spesa di 2,5 ÷ 3,5 milioni di lire. Le agevolazioni statali consentono, inoltre, di detrarre dalle tasse parte delle spese di acquisto e di installazione. 5. Vantaggi ambientali Un primo indicatore di confronto tra le diverse tecnologie a disposizione può essere ritenuta la quantità di anidride carbonica mediamente immessa nell'ambiente per produrre, nelle stesse condizioni, acqua calda sanitaria. Nel corso dell'analisi energetica, si è stimato che il fabbisogno di energia elettrica di un'utenza monofamiliare (4 persone) per produrre acqua calda sanitaria con uno scaldabagno elettrico è pari a 7,74 kWh (elettrici) /giorno. In Italia, per produrre un kWh elettrico, le centrali termoelettriche emettono nell'atmosfera in media 0,58 kg di anidride carbonica (CO²), uno dei principali gas responsabili dell'effetto serra [Dati ENEL 1999]. Pertanto, lo scaldabagno in esame è indirettamente responsabile dell'immissione nell'atmosfera di: 0,58 kg CO² / kWh (elettrico)*7,74 kWh (elettrici) /giorno = 4,5 kg CO²/giorno. Questo significa che, per la sola acqua calda sanitaria, utilizzando lo scaldabagno elettrico, una famiglia immette quotidianamente nell'ambiente 4,5 kg CO² (con una media procapite di 1,125 kgCO²/giorno). Nel caso di una caldaia a metano, nella combustione si formano 0,25 kg CO² per ogni kWh termico; una famiglia di 4 persone dà quindi origine alla seguente produzione giornaliera di anidride carbonica: 0,25 kg CO² *6.97 kWh (termici) = 1,74 kg CO² /giorno con una media procapite di 0,435 kg CO²giorno. Nel caso di impianti ibridi solare /gas, ossia impianti solari posti ad integrazione della caldaia a gas, assicurando lo stesso comfort durante tutto l'arco dell'anno, è possibile risparmiare, a Roma, il 60% del consumo di gas: la stessa famiglia produrrà, allora, giornalmente 0,69 kg CO² con una media procapite di 0,174 kg CO²/ giorno. La figura seguente riepiloga le emissioni di anidride carbonica generate nei diversi casi analizzati. La riduzione delle emissioni di CO² ottenuta con il sistema ibrido è notevole soprattutto rispetto al primo scenario: si passa da 1,125 kg di CO² emessi a 0,22 kg di CO² , con una riduzione percentuale dell'80%. Tra il caso di impiego della caldaia a metano e quello di integrazione di questa con i collettori si verifica una riduzione, in valore assoluto, di 0,33 kg di CO² procapite, mentre lo scaldabagno elettrico, se impiegato con il solare, porta ad una riduzione di 0,675 kg di CO² Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 16 di 145 - Fotovoltaico 1. Quadro sintetico della tecnologia e degli impianti Sviluppata alla fine degli anni 50 nell'ambito dei programmi spaziali, per i quali occorreva disporre di una fonte di energia affidabile ed inesauribile, la tecnologia fotovoltaica (FV) si va oggi diffondendo molto rapidamente anche per applicazioni terrestri, come l’alimentazione di utenze isolate o gli impianti installati sugli edifici e collegati ad una rete elettrica preesistente. Il funzionamento dei dispositivi fotovoltaici si basa sulla capacità di alcuni materiali semiconduttori, opportunamente trattati, di convertire l’energia della radiazione solare in energia elettrica in corrente continua senza bisogno di parti meccaniche in movimento. Il materiale semiconduttore quasi universalmente impiegato oggi a tale scopo è il silicio. Il componente base di un impianto FV è la cella fotovoltaica, che è in grado di produrre circa 1,5 Watt di potenza in condizioni standard, vale a dire quando essa si trova ad una temperatura di 25 °C ed è sottoposta ad una potenza della radiazione pari a 1000 W/m². La potenza in uscita da un dispositivo FV quando esso lavora in condizioni standard prende il nome di potenza di picco (Wp) ed è un valore che viene usato come riferimento. L’output elettrico reale in esercizio è in realtà minore del valore di picco a causa delle temperature più elevate e dei valori più bassi della radiazione. Più celle assemblate e collegate tra di loro in una unica struttura formano il modulo fotovoltaico. Il modulo FV tradizionale è costituito dal collegamento in serie di 36 celle, per ottenere una potenza in uscita pari a circa 50 Watt, ma oggi, soprattutto per esigenza architettoniche, i produttori mettono sul mercato moduli costituiti da un numero di celle molto più alto e di conseguenza di più elevata Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 17 di 145 - potenza, anche fino a 200 Watt per ogni singolo modulo. A seconda della tensione necessaria all’alimentazione delle utenze elettriche, più moduli possono poi essere collegati in serie in una “stringa”. La potenza elettrica richiesta determina poi il numero di stringhe da collegare in parallelo per realizzare finalmente un generatore fotovoltaico. Il trasferimento dell'energia dal sistema fotovoltaico all'utenza avviene attraverso ulteriori dispositivi, necessari per trasformare ed adattare la corrente continua prodotta dai moduli alle esigenze dell'utenza finale. Il complesso di tali dispositivi prende il nome di BOS (Balance of System). Un componente essenziale del BOS, se le utenze devono essere alimentate in corrente alternata, è l’inverter, dispositivo che converte la corrente continua in uscita dal generatore FV in corrente alternata. 2. Mercato dei sistemi fotovoltaici Il mercato fotovoltaico mondiale ha conosciuto negli ultimi anni un notevole sviluppo, passando dai 45 MWp del 1990 ai 290 MWp del 2000. Questo grande risultato è stato possibile grazie al parallelo sviluppo di due tipologie di applicazioni: gli impianti isolati e quelli installati sugli edifici ed integrati alla rete elettrica. Gli incrementi più elevati nella potenza installata sono stati senza dubbio quelli del Giappone, degli Stati Uniti e della Germania, soprattutto grazie ai programmi di incentivazione da parte dello stato che, non solo hanno fornito sussidi per l’installazione di impianti FV, ma in alcuni casi (come in Germania) hanno comprato l’elettricità in eccesso prodotta da tali impianti e riversata in rete ad un prezzo molto maggiore di quello di vendita dell’elettricità tradizionale, come a voler “premiare” le caratteristiche ecologicamente compatibili di tale energia. In Italia, dopo una fase di grande fermento della prima metà degli anni '90 in cui l'ENEL ha installato diverse centrali fotovoltaiche (la più grande delle quali la centrale di Serre nel salernitano di 3,3 MWp), il mercato ha vissuto un forte rallentamento soprattutto per l'assenza di adeguati meccanismi di incentivazione. Il Programma Tetti Fotovoltaici sarà in grado di dare a tutto il comparto fotovoltaico una forte accelerazione: per il 2001 sono previsti 2000 impianti fotovoltaici installati presso soggetti pubblici e privati. Se questa prima fase di avvio del programma avrà successo si prevede la realizzazione di 50.000 impianti fotovoltaici entro il 2007. 3. Applicazioni Data la loro modularità, i sistemi fotovoltaici presentano una estrema flessibilità di impiego. La principale classificazione dei sistemi fotovoltaici divide i sistemi in base alla loro configurazione elettrica rispettivamente in: sistemi autonomi ("stand alone") sistemi connessi alla rete elettrica ("grid connected") I sistemi connessi alla rete elettrica si dividono a loro volta in: Centrali fotovoltaiche Sistemi integrati negli edifici Il diagramma seguente mostra le principali applicazioni dei dispositivi FV classificate secondo Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 18 di 145 - la potenza elettrica. 4. Potenzialità del fotovoltaico La quantità di energia elettrica prodotta da un sistema fotovoltaico dipende da numerosi fattori: superficie dell’impianto posizione dei moduli FV nello spazio (angolo di inclinazione rispetto all’orizzontale ed angolo di orientamento rispetto al Sud) valori della radiazione solare incidente nel sito di installazione efficienza dei moduli FV efficienza del BOS altri parametri (p.es. temperatura di funzionamento) A titolo di esempio viene calcolata la quantità di energia elettrica mediamente prodotta dai sistemi fotovoltaici in un anno di funzionamento nei tre siti di Roma, Milano e Trapani. Ai fini del calcolo si può ragionare indifferentemente per m² di pannelli o per unità di potenza installata (ad es. 1 kWp). Si ipotizza che i pannelli FV siano inclinati di 30° sull’orizzontale ed orientati verso Sud. Per l'efficienza dei moduli si è preso un valore conservativo di 12.5% (i moduli possono avere efficienze anche fino al 16 – Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 19 di 145 - 17%), mentre per quella del BOS un valore dell'85% (include l'efficienza dell'inverter ed altri fattori di perdita, come ad esempio le perdite nei cavi elettrici di collegamento. Calcolo dell’energia elettrica mediamente prodotta in corrente alternata in un anno da 1 m² di moduli: Tabella.1 Insolazione media annua X Efficienza moduli X Efficienza del BOS = Elettricità prodotta mediamente in un anno MILANO 1372.4 kWh/m² anno 12,5% 85% 145.8 kWhel/m² anno ROMA 1737.4 kWh/m² anno 12,5% 85% 184.6 kWhel/m² anno TRAPANI 1963.7 kWh/m² anno 12,5% 85% 208.6 kWhel/m² anno Calcolo dell’energia elettrica in corrente continua mediamente prodotta in un anno da 1 kWp di moduli: X superficie X Efficienza occupata da 1 moduli kWp di moduli = Elettricità prodotta mediamente in un anno in corrente continua Tabella.2 Insolazione media annua MILANO 1372.4 kWh/m² 12,5% anno 8 m² 1372.4 kWhel/kWp anno ROMA 1737.4 kWh/m² 12,5% anno 8 m² 1737.4 kWhel/kWp anno TRAPANI 1963.7 kWh/m² 12,5% anno 8 m² 1963.7 kWhel/kWp anno Calcolo dell’energia elettrica in corrente alternata mediamente prodotta in un anno da 1 kWp di moduli: Elettricità prodotta Tabella.3 mediamente in un anno in corrente continua = Elettricità prodotta X efficienza mediamente in un anno in del BOS corrente alternata MILANO 1372.4 kWhel/kWp anno 85% 1167 kWhel/kWp anno ROMA 1737.4 kWhel/kWp anno 85% 1477 kWhel/kWp anno TRAPANI 1963.7 kWhel/kWp anno 85% 1669 kWhel/kWp anno 5. Costi Le voci che costituiscono il costo di un sistema fotovoltaico sono: costi di investimento, costi d'esercizio (manutenzione e personale) e altri costi (assicurazioni e tasse). Il costo d'investimento è in prima approssimazione diviso al 50% tra i moduli ed il resto del sistema. Nel corso degli ultimi due decenni il prezzo dei moduli è notevolmente diminuito al crescere del mercato. Tuttavia, il prezzo del kWp installato, prossimo ai 16.000.000 Lire, è ancora tale da rendere questa tecnologia non competitiva dal punto di vista economico con altri sistemi energetici, se non in particolari nicchie di mercato o in presenza di meccanismi di incentivazione (vedi grafico sotto). Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 20 di 145 - Nel seguito si riporta l'esempio di calcolo del costo del kWh elettrico prodotto da un tetto fotovoltaico a Trapani. Sono stati assunti i seguenti parametri di calcolo: tasso di sconto reale 5% (credito agevolato); tempo di ammortamento dell'impianto uguale al tempo di vita dello stesso, stimato in 25 anni (valore valido solo per moduli in silicio cristallino); efficienza del B.O.S.: 85%; costo annuo di manutenzione: 1% del costo capitale dai costi è sempre escluso il sistema di acquisizione dati, il cui prezzo è molto variabile; Tipo di impianto Potenza impianto (kWp) Costo moduli (Lit/Wp) Costo BOS (Lit/Wp) Costo totale impianto (Lit/Wp) Costo totale impianto (Lit) Costo annuo di manutenzione/ gestione Energia prodotta annua (kWh) Costo del kWh prodotto (Lit/kWh) Integrato negli edifici 3 6,825 7,175 14,000 42,000,000 420,000 5062 672 6. Vantaggi ambientali I vantaggi dei sistemi fotovoltaici sono la modularità, le esigenze di manutenzione ridotte (dovute all’assenza di parti in movimento), la semplicità d'utilizzo, e, soprattutto, un impatto ambientale estremamente basso. In particolare, durante la fase di esercizio, l'unico vero impatto ambientale è rappresentato dall'occupazione di superficie. Tali caratteristiche rendono la tecnologia fotovoltaica particolarmente adatta all'integrazione negli edifici in ambiente urbano. In questo caso, infatti, sfruttando superfici già utilizzate, si elimina anche l'unico impatto ambientale in fase di esercizio di questa tecnologia. I benefici ambientali ottenibili dall’adozione di sistemi FV sono Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 21 di 145 - proporzionali alla quantità di energia prodotta, supponendo che questa vada a sostituire dell'energia altrimenti fornita da fonti convenzionali. Per produrre un chilowattora elettrico vengono bruciati mediamente l'equivalente di 2,56 kWh sotto forma di combustibili fossili e di conseguenza emessi nell'aria circa 0,53 kg di anidride carbonica (fattore di emissione del mix elettrico italiano alla distribuzione). Si può dire quindi che ogni kWh prodotto dal sistema fotovoltaico evita l'emissione di 0,53 kg di anidride carbonica. Questo ragionamento può essere ripetuto per tutte le tipologie di inquinanti. Per quantificare il beneficio che tale sostituzione ha sull'ambiente è opportuno riferirsi ad un esempio pratico. Si considerino degli impianti fotovoltaici installati sui tetti di abitazioni a Milano, Roma e Trapani con una potenza di picco di 1 kWp (orientati a Sud con inclinazione 30°). L'emissione di anidride carbonica evitata in un anno si calcola moltiplicando il valore dell'energia elettrica prodotta dai sistemi per il fattore di emissione del mix elettrico. Per stimare l'emissione evitata nel tempo di vita dall'impianto è sufficiente moltiplicare le emissioni evitate annue per i 30 anni di vita stimata degli impianti. La tabella seguente riporta l'esempio di calcolo: Emissioni evitate da un kWp di moduli nel tempo di vita degli impianti = X Tempo di = Emissioni Energia elettrica X Fattore del Emissioni vita evitate nel Tabella 6.1 generata in c.a .in mix elettrico evitate in dell’impianto tempo di vita un anno italiano un anno Milano Roma 1167.4kWhel/kWp 1477.4kWhel/kWp Trapani 1669.7kWhel/kWp 0,531kg CO2/kWhel 729kg CO2 30anni 0,531kg CO2/kWhel 18590kg CO2 922kg CO2 30anni 23529kg CO2 0,531kg CO2/kWhel 1043kg CO2 30anni 26587kg CO2 Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 22 di 145 - Eolico 1. Quadro sintetico della tecnologia, degli impianti e delle macchine eoliche La bassa densità energetica, dell'energia eolica per unità di area della superficie di territorio, comporta la necessità di procedere alla installazione di più macchine per lo sfruttamento della risorsa disponibile. Questo ovviamente non costituisce una preclusione agli impianti con macchina singola. L'esempio più tipico di impianto eolico è costituito dalla wind farm (cluster di più aerogeneratori disposti variamente sul territorio, ma collegati ad una unica linea che li raccorda alla rete locale o nazionale). La concezione della wind farm è legata allo sfruttamento della risorsa eolica e deve commisurarsi ad alcuni concetti base: risorsa accessibile, tecnicamente ed economicamente sfruttabile. Ma soprattutto deve strutturarsi sulla base delle esigenze dell'utenza cui si riferisce. Gli impianti possono essere sostanzialmente delle tipologie che seguono: A. Isolati B. In Cluster (in genere collegati alla rete di potenza o ad una rete locale con sistemi diesel); C. Combinati o Integrati Le macchine eoliche sono classificabili in diversa maniera e cioè in funzione della tipologia di energia sfruttata, della posizione dell'asse di rotazione, della taglia di potenza, del numero di pale etc. Abbiamo così: I. II. III. IV. V. VI. in funzione dell'energia sfruttata in funzione della posizione dell'asse di rotazione in funzione della taglia di potenza in funzione della velocità del rotore in funzione del numero di pale in funzione della regolazione Altre variabili utili alla classificazione riguardano per esempio la tipologia della torre (metallica tubolare o a traliccio, in cemento) ed il tipo di progetto delle macchine soft o hard in funzione della rigidezza del rotore, ma riguardano in genere le macchine ad asse orizzontale. Esiste oggi una ulteriore classificazione in macchine a velocità variabile o a velocità fissa ed, inoltre, in funzione del tipo di generatore elettrico: In questa ultima ripartizione esistono macchine che posseggono due generatori e macchine con generatori a numero di coppie polari variabili. Ancora, esistono macchine dotate di inverter e macchine che ne sono prive. Dal punto di vista della linea d'assi: con o senza moltiplicatore del numero di giri. Gli impianti eolici di potenza sono sostanzialmente costituiti dalle wind farm con cluster più o meno densamente popolato. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 23 di 145 - Dall'esame di diversi esempi di parchi eolici, diversi per disposizione delle macchine e per densità di popolazione del cluster delle stesse, risulta un gran numero di tipologie possibili che, tuttavia possono raggrupparsi in un insieme discreto di cui quelle che seguono sono le principali componenti: A. B. C. D. E. disposizione su reticolo quadrato o romboidale; disposizione su una unica fila; disposizione su file parallele; disposizione su file incrociate (croce di S. Andrea); disposizione risultante dalla combinazione e sovrapposizione delle precedenti tipologie; F. apparentemente casuale; la prima tipologia è caratteristica delle installazioni più vecchie (specie in USA), mentre l'ultima è caratterizzata da disposizioni in pianta secondo linee e figure molto articolate e si presta alle installazioni in ambiente "complex terrain" (cioè con orografia complessa). Le file possono risultare con un minor numero di elementi in larghezza nella forma detta di "pine-tree array". La centrale di Alta Nurra (Sardegna) appartiene alla tipologia "E" ("C" con sovrapposizione di "D"). La interdistanza fra gli aerogeneratori può variare da (3-5)D a (5-7)D a seconda se si tratti della distanza entro la fila o tra file diverse. Al fine di completare l'excursus sulle macchine eoliche, vale la pena di elencare, con un approccio da "teoria dei sistemi", le componenti dell'intero aerogeneratore, guardando ai sistemi e sottosistemi dello stesso. Ne risulta l'elenco che segue: A. B. C. D. E. sistema della "Torre" e delle fondazioni o struttura di sostegno; sistema "Navicella" o struttura di alloggiamento o contenimento; sottosistema di orientamento; sottosistema di protezione esterna; sistema "Rotore"; i. sottosistemi del rotore: ii. il moltiplicatore di giri; iii. il generatore elettrico; iv. il sottosistema di regolazione; v. il sistema di attuazione; vi. il freno; F. sistema di controllo macchina; G. sistema connessione alla rete o sistema di collegamento. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 24 di 145 - 2. Stato dell'arte La tab. 1 che segue riporta lo sviluppo attuale (aggiornato alla fine del 1999) degli impianti eolici installati nel Mondo con le previsioni per l'anno 2000. Tab. 1 La tab. 2 successiva riporta i dati delle installazioni nei principali paesi che sfruttano le tecnologie eoliche. Tab.2 Anche in Italia sono stati installati numerosi impianti prevalentemente in Puglia, Campania, Sicilia, Abruzzo .già fino all’anno 1999, e molti altri sono in corso di realizzazione. 3. Applicazioni Le principali applicazioni riguardano, nel caso delle piccole macchine, aerogeneratori o aeromotori installati come sistemi isolati a servizio di una utenza isolata (per esempio Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 25 di 145 - una aeropompa azionata da un motore elettrico, nel caso dell'aerogeneratore, o una aeropompa, propriamente detta, ed in genere lenta nel caso dell'aeromotore. Nel caso delle macchine di media e grande taglia, l'applicazione tipica è in cluster (in genere collegati alla rete di potenza o ad una rete locale con sistemi diesel), ed è questo il caso delle grandi wind farm americane ed europee e, più di recente, italiane. Le wind farm nel Nostro Paese, dopo qualche esempio realizzato in aree pianeggianti (Alta Nurra), si stanno sviluppando in aree appenniniche anche al di sopra di 1.000 m s.l.m. In un prossimo futuro potrebbero aversi anche centrali off-shore su fondali non oltre i 10 m e entro 1-2 km dalla linea della costa. 4. Potenzialità Per valutare le potenzialità di sfruttamento della fonte eolica è interessante mostrare un raffronto con altre tecnologie basate sulle fonti rinnovabili: come illustrato nella tab. 4 che segue. Tab. 4 Scenario per sviluppo dei settori-chiave (1999-2003) Settore ENERGIA SOLARE Iniziative della Campagna TakeOff 650.000 sistemi FV in U.E. 350.000 sistemi FV nei PVS __________________________ 15 milioni m² di collettori solari ENERGIA EOLICA ENERGIA DA BIOMASSE 10.000 MW di turbine eoliche 10.000 MW per produzione combinata calore ed elettricità __________________________ 1.000.000 abitazioni riscaldate con biomassa __________________________ 1.000 MW di installazioni biogas __________________________ 5 milioni di t di biocombustibili TOTALE Stima capacità installata 650 MW 350 MW Stima investimenti totali(mld di Euro) 2,85(2,45) Sostegno medio del settore pubblico (%) 45% - ______________ 15 Mm² ______________ 4,7 ______________ 15% 10.000 MW 10,1 20% 10.000 MW 5,5 30% ______________ 10.000 MWt ______________ 4,4 ______________ 10% ______________ 1.000 MW ______________ 1,2 ______________ 25% ______________ 5 milioni di t ______________ 1,25 ______________ 50% 30 mld Euro Fonte: Campaign for the Take-Off (documento elaborato dal Consiglio Europeo, 8 Giugno 98 ) La tab. 5 mostra alcune possibili evoluzioni stimate in termini di potenza installata. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 26 di 145 - Tab. 5 5. Aspetti economici Attualmente, in Italia, il costo di installazione, ipotizzando l'impiego di aerogeneratori da almeno 600 kW di potenza nominale, si può ritenere compreso fra un minimo di 1.650.000 ed un massimo di 2.500.000 £/kW andando da siti pianeggianti a siti caratterizzati da orografia complessa. Il costo della macchina può ritenersi, prudenzialmente, compreso fra 2/3 e 3/4 del costo totale di installazione in funzione delle caratteristiche orografiche del sito. Quando saranno disponibili rilevazioni di mercato ufficiali anche in Italia sarà possibile fornire indicazioni più precise. Attualmente, in linea di principio, può dirsi che una centrale da circa 10 MW, allacciata quindi alla rete elettrica in AT, potrebbe avere un costo di realizzazione compreso fra i 16 e i 25 miliardi di lire in funzione dell'orografia del sito. Applicazioni sempre in rete ma allacciate a quella di MT (impianti con potenza di circa 2-3 MW) potrebbero avere un costo di realizzazione compreso tra 1,8 e 2,1 miliardi di lire per MW installato. Il costo di produzione varia in funzione della taglia delle macchine e della ventosità del sito. Dopo essere stato, nel corso degli ultimi anni, a livelli di 85 - 141 £/kWh, stime più recenti lo indicherebbero in un range compreso fra 65 e 85 £/kWh. Presto il costo del kWhe da fonte eolica, potrebbe raggiungere anche le 55 £/kWh divenendo così confrontabile con quello proveniente dagli impianti turbogas. Bisogna ricordare che l'energia prodotta varia con il cubo della velocità del vento, il costo del kWh prodotto dipende fortemente dalla ventosità del sito e quindi la sua scelta è fondamentale e deve basarsi su una corretta campagna anemologica. Oggi, sulla base di valutazioni economiche e tecniche, si comincia a parlare di "valore" dell'energia elettrica da fonte eolica, in contrapposizione ai "costi", per meglio specificare il ruolo degli impianti eolici nel sistema energetico d'un paese. Alcuni degli elementi costitutivi del valore si possono evincere nel paragrafo 6. 6. Impatto ambientale degli impianti eolici Gli impianti eolici producono un impatto sull'ambiente estremamente limitato e fondato sui seguenti fattori di impatto: 1. 2. 3. 4. 5. occupazione del territorio; variazione al paesaggio; emissioni acustiche; interferenze elettromagnetiche; disturbo all'avifauna stanziale e migratoria; Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 27 di 145 - 6. produzione di energia da immettere direttamente sulla rete locale (impatto positivo); 7. disponibilità di potenza direttamente vicino ai centri di carico locali (impatto positivo); 8. emissioni inquinanti evitate dalla sostituzione di una quota parte del parco termoelettrico (impatto positivo). Di questi fattori solo i primi due possono in qualche modo considerarsi particolarmente significativi e provati. Tuttavia il fattore rappresentato dall'occupazione del suolo di fatto non esclude gli altri usi del territorio in quanto solo l'1-2% del territorio occupato dalla wind farm è materialmente indisponibile per l'esistenza stessa delle macchine. Gli impianti eolici, insieme agli impianti idraulici (anche di piccola taglia), sono gli unici in grado di sostituire quote significative di impianti basati su fonti fossili, per cui per ogni unità di energia elettrica prodotta verrebbero risparmiati quantitativi di emissioni come da tab. 6 (fattori di emissioni per tipologia di impianto a fonte fossile). Tab.6 Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 28 di 145 - Biomasse 1. Quadro sintetico della tecnologia e degli impianti Biomassa è un termine che riunisce una gran quantità di materiali, di natura estremamente eterogenea. In forma generale, si può dire che è biomassa tutto ciò che ha matrice organica, con esclusione delle plastiche e dei materiali fossili, che, pur rientrando nella chimica del carbonio, non hanno nulla a che vedere con la caratterizzazione che qui interessa dei materiali organici. La biomassa rappresenta la forma più sofisticata di accumulo dell’energia solare. Questa, infatti, consente alle piante di convertire la CO² atmosferica in materia organica, tramite il processo di fotosintesi, durante la loro crescita. In questo modo vengono fissate complessivamente circa 2·1011 tonnellate di carbonio all’anno, con un contenuto energetico dell’ordine di 70·103 Mtep. La biomassa utilizzabile ai fini energetici consiste in tutti quei materiali organici che possono essere utilizzati direttamente come combustibili ovvero trasformati in altre sostanze (solide, liquide o gassose) di più facile utilizzo negli impianti di conversione. Altre forme di biomassa possono, inoltre, essere costituite dai residui delle coltivazioni destinate all’alimentazione umana o animale (paglia) o piante espressamente coltivate per scopi energetici. Le più importanti tipologie di biomassa sono residui forestali, scarti dell’industria di trasformazione del legno (trucioli, segatura, etc.) scarti delle aziende zootecniche, gli scarti mercatali, ed i rifiuti solidi urbani. 2. Stato dell'arte Ad oggi, le biomasse soddisfano il 15% circa degli usi energetici primari nel mondo, con 55 milioni di TJ/anno (1.230 Mtep/anno). L’utilizzo di tale fonte mostra, però, un forte grado di disomogeneità fra i vari Paesi. I Paesi in Via di Sviluppo, nel complesso, ricavano mediamente il 38% della propria energia dalle biomasse, con 48 milioni di TJ/anno (1.074 Mtep/anno), ma in molti di essi tale risorsa soddisfa fino al 90% del fabbisogno energetico totale, mediante la combustione di legno, paglia e rifiuti animali. Nei Paesi Industrializzati, invece, le biomasse contribuiscono appena per il 3% agli usi energetici primari con 7 milioni di TJ/anno (156 Mtep/anno). In particolare, gli USA ricavano il 3,2% della propria energia dalle biomasse, equivalente a 3,2 milioni di TJ/anno (70 Mtep/anno); l’Europa, complessivamente, il 3,5%, corrispondenti a circa 40 Mtep/anno, con punte del 18% in Finlandia, 17% in Svezia, 13% in Austria, l’Italia, con il 2% del proprio fabbisogno coperto dalle biomasse, è al di sotto della media europea. L’impiego delle biomasse in Europa soddisfa, dunque, una quota piuttosto marginale dei consumi di energia primaria, ma il reale potenziale energetico di tale fonte non è ancora pienamente sfruttato. All’avanguardia, nello sfruttamento delle biomasse come fonte energetica, sono i Paesi del centro-nord Europa, che hanno installato grossi impianti di cogenerazione e teleriscaldamento alimentati a biomasse. La Francia, che ha la più vasta superficie Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 29 di 145 - agricola in Europa, punta molto anche sulla produzione di biodiesel ed etanolo, per il cui impiego come combustibile ha adottato una politica di completa defiscalizzazione. La Gran Bretagna invece, ha sviluppato una produzione trascurabile di biocombustibili, ritenuti allo stato attuale antieconomici, e si è dedicata in particolare allo sviluppo di un vasto ed efficiente sistema di recupero del biogas dalle discariche, sia per usi termici che elettrici. La Svezia e l’Austria, che contano su una lunga tradizione di utilizzo della legna da ardere, hanno continuato ad incrementare tale impiego sia per riscaldamento che per teleriscaldamento, dando grande impulso alle piantagioni di bosco ceduo (salice, pioppo) che hanno rese 3÷4 volte superiori alla media come fornitura di materia prima. Nel quadro europeo dell’utilizzo energetico delle biomasse, l’Italia si pone in una condizione di scarso sviluppo, nonostante l’elevato potenziale di cui dispone, che come esposto nel prosieguo risulta non inferiore ai 27 Mtep. 3. Applicazioni I processi di conversione biochimica permettono di ricavare energia per reazione chimica dovuta al contributo di enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano nella biomassa sotto particolari condizioni, e vengono impiegati per quelle biomasse in cui il rapporto C/N sia inferiore a 30 e l'umidità alla raccolta superiore al 30%. Risultano idonei alla conversione biochimica le colture acquatiche, alcuni sottoprodotti colturali (foglie e steli di barbabietola, ortive, patata, ecc.), i reflui zootecnici e alcuni scarti di lavorazione (borlande, acqua di vegetazione, ecc.), nonché la biomassa eterogenea immagazzinata nelle discariche controllate. I processi di conversione termochimica sono basati sull'azione del calore che permette le reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia e sono utilizzabili per i prodotti ed i residui cellulosici e legnosi in cui il rapporto C/N abbia valori superiori a 30 ed il contenuto di umidità non superi il 30%. Le biomasse più adatte a subire processi di conversione termochimica sono la legna e tutti i suoi derivati (segatura, trucioli, ecc.), i più comuni sottoprodotti colturali di tipo ligno-cellulosico (paglia di cereali, residui di potatura della vite e dei fruttiferi, ecc.) e taluni scarti di lavorazione (lolla, pula, gusci, noccioli, ecc.). Tra le varie tecnologie di conversione energetica delle biomasse alcune possono considerarsi giunte ad un livello di sviluppo tale da consentirne l’utilizzazione su scala industriale, altre necessitano invece di ulteriore sperimentazione al fine di aumentare i rendimenti e ridurre i costi di conversione energetica. Le tecnologie attualmente disponibili sono sinteticamente: • • • • • • • combustione diretta carbonizzazione pirolisi gassificazione la digestione anaerobica digestione aerobica fermentazione alcoolica Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 30 di 145 - • • estrazione di olii e produzione di biodiesel steam explosion La digestione anaerobica, processo di conversione di tipo biochimico, avviene in assenza di ossigeno e consiste nella demolizione, ad opera di micro-organismi, di sostanze organiche complesse (lipidi, protidi, glucidi) contenute nei vegetali e nei sottoprodotti di origine animale, che produce un gas (biogas) costituito per il 50÷70% da metano e per la restante parte soprattutto da CO² ed avente un potere calorifico medio dell'ordine di 23.000 kJ/Nm3. Il biogas così prodotto viene raccolto, essiccato, compresso ed immagazzinato e può essere utilizzato come combustibile per alimentare caldaie a gas per produrre calore o motori a combustione interna (adattati allo scopo a partire da motori navali a basso numero di giri) per produrre energia elettrica. Al termine del processo di fermentazione nell'effluente si conservano integri i principali elementi nutritivi (azoto, fosforo, potassio), già presenti nella materia prima, favorendo così la mineralizzazione dell'azoto organico; l'effluente risulta in tal modo un ottimo fertilizzante. Gli impianti a digestione anaerobica possono essere alimentati mediante residui ad alto contenuto di umidità, quali le deiezioni animali, i reflui civili, i rifiuti alimentari e la frazione organica dei rifiuti solidi urbani. Tuttavia, anche in discariche opportunamente attrezzate per la raccolta del biogas sviluppato, solo il 40% circa del gas generato può essere raccolto, mentre la rimanente parte viene dispersa in atmosfera: poiché il metano, di cui è in gran parte costituito il biogas, è un gas serra con un effetto circa venti volte superiore a quello della CO², le emissioni in atmosfera di biogas non sono desiderabili; quando invece la decomposizione dei rifiuti organici è ottenuta mediante digestione anaerobica nei digestori (chiusi) degli appositi impianti, quasi tutto il gas prodotto viene raccolto ed usato come combustibile. La fermentazione alcoolica è un processo di tipo micro-aerofilo che opera la trasformazione dei glucidi contenuti nelle produzioni vegetali in etanolo. L’etanolo risulta un prodotto utilizzabile anche nei motori a combustione interna normalmente di tipo “dual fuel”, come riconosciuto fin dall’inizio della storia automobilistica. Se, però, l’iniziale ampia disponibilità ed il basso costo degli idrocarburi avevano impedito di affermare in modo molto rapido l’uso di essi come combustibili, dopo lo shock petrolifero del 1973 sono stati studiati numerosi altri prodotti per sostituire il carburante delle automobili (benzina e gasolio); oggi, tra questi prodotti alternativi, quello che mostra il miglior compromesso tra prezzo, disponibilità e prestazioni è proprio l’etanolo, o più probabilmente il suo derivato ETBE (EtilTertioButilEtere), ottenuto combinando un idrocarburo petrolifero (l’isobutene) e l’etanolo. Il processo di digestione aerobica consiste nella metabolizzazione delle sostanze organiche per opera di micro-organismi, il cui sviluppo è condizionato dalla presenza di ossigeno. Questi batteri convertono sostanze complesse in altre più semplici, liberando CO² e H²O e producendo un elevato riscaldamento del substrato, proporzionale alla loro attività metabolica. Il calore prodotto può essere così trasferito all’esterno, mediante scambiatori a fluido. In Europa viene utilizzato il processo di digestione aerobica termofila autoriscaldata (Autoheated Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 31 di 145 - Termophilic Aerobic Digestion) per il trattamento delle acque di scarico. Più recentemente tale tecnologia si è diffusa anche in Canada e Stati Uniti. La carbonizzazione è un processo di tipo termochimico che consente la trasformazione delle molecole strutturate dei prodotti legnosi e cellulosici in carbone (carbone di legna o carbone vegetale), ottenuta mediante l’eliminazione dell’acqua e delle sostanze volatili dalla materia vegetale, per azione del calore nelle carbonaie, all’aperto, o in storte, che offrono una maggior resa in carbone. Il processo di gassificazione consiste nell'ossidazione incompleta di una sostanza in ambiente ad elevata temperatura (900÷1.000°C) per la produzione di un gas combustibile (detto gas di gasogeno) di basso potere calorifico inferiore, variabile tra i 4.000 kJ/Nm3, nel caso più diffuso dei gassificatori ad aria ed i 14.000 kJ/Nm3, nel caso dei gassificatori ad ossigeno. Valori intermedi (10.000 kJ/Nm3) si ottengono nel caso di gassificatori a vapor d’acqua. I problemi connessi a questa tecnologia, ancora in fase di sperimentazione, si incontrano a valle del processo di gassificazione e sono legati principalmente al suo basso potere calorifico ed alle impurità presenti nel gas (polveri, catrami e metalli pesanti). L’utilizzazione del gas di gasogeno quale vettore energetico pone alcune limitazioni legate essenzialmente ai problemi connessi con il suo immagazzinamento e trasporto, causa il basso contenuto energetico per unità di volume. Ciò fa sì che risulti eccessivamente costoso il trasporto su lunghe distanze. Tali inconvenienti possono essere superati trasformando il gas in alcool metilico (CH³OH), che può essere agevolmente utilizzato per l’azionamento di motori. Il metanolo, caratterizzato da un potere calorifico inferiore dell’ordine di 21.000 kJ/kg, può essere successivamente raffinato per ottenere benzina sintetica, con potere calorifico analogo a quello delle benzine tradizionali. La pirolisi è un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuto mediante l’applicazione di calore, a temperature comprese tra 400 e 800°C, in completa assenza di un agente ossidante, oppure con una ridottissima quantità di ossigeno (in quest’ultimo caso il processo può essere descritto come una parziale gassificazione). I prodotti della pirolisi sono sia gassosi, sia liquidi, sia solidi, in proporzioni che dipendono dai metodi di pirolisi (pirolisi veloce, lenta, o convenzionale) e dai parametri di reazione. Uno dei maggiori problemi legati alla produzione di energia basata sui prodotti della pirolisi è la qualità di detti prodotti, che non ha ancora raggiunto un livello sufficientemente adeguato con riferimento alle applicazioni, sia con turbine a gas sia con motori diesel. In prospettiva, anche con riferimento alle taglie degli impianti, i cicli combinati ad olio pirolitico appaiono i più promettenti, soprattutto in impianti di grande taglia, mentre motori a ciclo diesel, utilizzanti prodotti di pirolisi, sembrano più adatti ad impianti di piccola potenzialità. La combustione diretta viene generalmente attuata in apparecchiature (caldaie) in cui avviene anche lo scambio di calore tra i gas di combustione ed i fluidi di processo (acqua, olio diatermico, ecc.). La combustione di prodotti e residui agricoli si attua con buoni rendimenti, se si utilizzano come combustibili sostanze ricche di glucidi strutturati (cellulosa e lignina) e con contenuti di acqua inferiori al 35%. I prodotti Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 32 di 145 - utilizzabili a tale scopo sono i seguenti: • • • • • • • legname in tutte le sue forme; paglie di cereali; residui di raccolta di legumi secchi; residui di piante oleaginose (ricino, catramo, ecc.); residui di piante da fibra tessile (cotone, canapa, ecc.); residui legnosi di potatura di piante da frutto e di piante forestali; residui dell’industria agro – alimentare. Le caldaie a letto fluido rappresentano la tecnologia più sofisticata e dispendiosa che sta ricevendo, però, notevoli attenzioni, infatti essa permette il conseguimento di numerosi vantaggi quali la riduzione degli inquinanti e l’elevato rendimento di combustione. Gli olii vegetali possono essere estratti dalle piante oleaginose (soia, colza, girasole, ecc.). Caratteristica comune di tutte le oleaginose è quella di essere ricche di materie proteiche che, dopo l’estrazione dell’olio, sono impiegabili nell’alimentazione animale sotto forma di panelli. Le principali piante che si trovano in Europa sono la colza e il girasole (i principali Paesi produttori europei sono, per la colza, la Germania, la Francia, la Gran Bretagna e la Danimarca; per il girasole, la Francia, la Spagna e l’Italia); la coltivazione della soia, invece, si trova principalmente in America (Stati Uniti, Brasile e Argentina). Gli olii possono essere utilizzati come combustibili nello stato in cui vengono estratti oppure dopo esterificazione, ed il loro utilizzo ha destato ormai da tempo un notevole interesse, sia per la disponibilità di tecnologie semplici di trasformazione ed utilizzazione, sia perché consentono bilanci energetici accettabili, sia, infine, per la riutilizzazione dei sottoprodotti di processo (es. la glicerina, utilizzata dall’industria farmaceutica). Lo Steam Explosion (SE) è un trattamento innovativo, a basso impatto ambientale, mediante il quale si può ottenere una vasta gamma di prodotti, utilizzando come materia prima le biomasse vegetali. Rispetto agli altri processi di pretrattamento, lo SE presenta il vantaggio fondamentale di separare in tre differenti correnti le frazioni costituenti i comuni substrati vegetali (emicellulosa, cellulosa, lignina) rendendo possibile l’utilizzazione totale delle biomasse. Il processo consiste nell’uso di vapore saturo ad alta pressione per riscaldare rapidamente legno, o qualsiasi altro materiale lignocellulosico, in un reattore che può essere ad alimentazione continua o discontinua. 4. Potenzialità Lo sfruttamento a fini energetici delle biomasse può assumere un ruolo strategico, contribuendo ad uno sviluppo sostenibile ed equilibrato del pianeta. Un impiego diffuso delle biomasse può comportare notevoli ricadute a livello economico, ambientale ed occupazionale, in quanto esse possono garantire: a valorizzazione di residui agroindustriali; Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 33 di 145 - • • • • nuove opportunità di sviluppo per zone marginali e/o riduzione di surplus agricoli con sostituzione di colture tradizionali con colture energetiche; la possibilità di sviluppo di nuove iniziative industriali; contributo nullo all’incremento del tasso di CO² in atmosfera; l’autonomia energetica locale di Aziende agricole o di lavorazioni del legno In tale ottica, la Campagna della Commissione europea per il decollo delle fonti energetiche rinnovabili (Take off Campaign) individua l’energia da biomasse come uno dei settori-chiave per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Libro Bianco europeo. Nell’ottica della diversificazione delle fonti rinnovabili, inoltre, lo sfruttamento a fini energetici delle biomasse rappresenta, in particolare per l’Italia, un importante giacimento energetico potenziale, che potrebbe permettere di ridurre la vulnerabilità nell’approvvigionamento delle risorse energetiche e limitare l’importazione di energia elettrica. Si valuta, infatti, che la disponibilità di biomasse residuali (legno, residui agricoli e dell’industria agroalimentare, rifiuti urbani e dell’industria zootecnica), in Italia, corrisponde ad un ammontare di circa 66 milioni di t di sostanza secca l’anno equivalente a 27Mtep. Nonostante l’Italia sia un Paese abbastanza ricco di foreste, le loro caratteristiche energetiche sono scarse ed inoltre solo 1/3 della naturale produttività di queste è attualmente sfruttato. Con un adeguato programma di rimboschimento e mantenimento delle foreste, potrebbero rendersi disponibili nuove biomasse per circa 2 Mtep/anno. Oltre alle foreste esistenti, si potrebbero ottenere nuove superfici boschive convenzionali, sfruttando una parte degli oltre 2.000.000 ha non destinati all’agricoltura perché troppo poco produttivi. Inoltre, potrebbero essere piantati boschi cedui e colture erbacee a precipuo uso energetico, riconvertendo parte dei 250 mila ettari lasciati attualmente incolti nel rispetto delle direttive comunitarie emanate con riferimento al problema delle eccedenze agricole: l’attuale superficie destinata alle colture energetiche, estremamente limitata, dovrebbe essere estesa a 3.500÷5.000 ha di colture legnose a corto ciclo, ma la superficie potenziale è dell’ordine del milione di ha. 5. Costi La difficoltà di sviluppo del settore dello sfruttamento energetico delle biomasse è legata principalmente al superamento delle barriere non-tecniche (finanziamenti dei costi di investimento alquanto elevati, Politica Agricola Comunitaria, diffusione delle informazioni). Il costo dell'energia da biomassa è, attualmente, ancora generalmente maggiore di quello derivante dalle fonti fossili, ma vi è una tendenza verso la competitività, in tempi ragionevolmente brevi, da sostenere e valorizzare. In tutti i casi, tuttavia, il gap di costo tra le fonti rinnovabili e quelle fossili, sarebbe invertito se venissero considerati nell'analisi costi-benefici gli aspetti ambientali ed i costi sociali connessi alla combustione dei materiali fossili. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 34 di 145 - 6. Vantaggi ambientali La biomassa è ampiamente disponibile ovunque e rappresenta una risorsa locale, pulita e rinnovabile. L’utilizzazione delle biomasse per fini energetici non contribuisce all’effetto serra, poiché la quantità di anidride carbonica rilasciata durante la decomposizione, sia che essa avvenga naturalmente, sia per effetto della conversione energetica, è equivalente a quella assorbita durante la crescita della biomassa stessa; non vi è, quindi, alcun contributo netto all’aumento del livello di CO² nell’atmosfera. In tale ottica, quindi, aumentare la quota di energia prodotta mediante l’uso delle biomasse, piuttosto che con combustibili fossili, può contribuire alla riduzione della CO² emessa in atmosfera. Minidraulica 1. Quadro sintetico della tecnologia, degli impianti e delle macchine Energia idroelettrica è un termine usato per definire l'energia elettrica ottenibile a partire da una caduta d'acqua, convertendo con apposito macchinario l'energia meccanica contenuta nella portata d'acqua trattata. Gli impianti idraulici, quindi, sfruttano l'energia potenziale meccanica contenuta in una portata di acqua che si trova disponibile ad una certa quota rispetto al livello cui sono posizionate le turbine. Pertanto la potenza di un impianto idraulico dipende da due termini: il salto (dislivello esistente fra la quota a cui è disponibile la risorsa idrica svasata e il livello a cui la stessa viene restituita dopo il passaggio attraverso la turbina) e la portata (la massa d'acqua che fluisce attraverso la macchina espressa per unità di tempo). In base alla taglia di potenza nominale della centrale, gli impianti idraulici si suddividono in: I. II. III. IV. Micro-impianti: P < 100 kW; Mini-impianti: 100 < P (kW) < 1000; Piccoli-impianti: 1000 < P (kW) < 10000; Grandi-impianti: P > 10000 kW. Gli impianti possono essere poi: A. ad acqua fluente; B. a bacino; C. di accumulo a mezzo pompaggio. In funzione del salto gli impianti idraulici possono essere: 1. a bassa caduta (H > 50 m); 2. a media caduta (H = 50 ÷ 250 m); 3. ad alta caduta (H = 250 ÷ 1000 m); Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 35 di 145 - 4. ad altissima caduta ( H > 1000 m). Mentre in funzione della portata si parla di: i. ii. iii. iv. piccola portata (Q > 10 m³/s); media portata (Q = 10 ÷ 100 m³/s); grande portata (Q = 100 ÷ 1000 m³/s) altissima portata (Q > 1000 m³/s). Una centrale è composta in genere da un'opera di derivazione (contenente uno sbarramento), un'opera di adduzione (condotte di collegamento), una condotta forzata, una centrale elettrica che contiene il macchinario di conversione e generazione e un'opera di restituzione. La derivazione di acque è regolata per legge sulla base di apposite concessioni governative che risultano sempre a titolo oneroso e che sono soggette a rinnovo con durata, in genere, almeno ventennale. La portata derivata da un bacino deve essere tale da rispettare l'ambiente e l'idrologia del corpo idrico intercettato. Il cosiddetto Deflusso Minimo Vitale (DMV) rappresenta il limite posto alla portata derivabile affinché l'impianto sia compatibile con l'ambiente. La potenza effettivamente ritraibile da un impianto idraulico si esprime secondo la seguente formula: P = µ*Q*H*9,81*(1) ove µ rappresenta il rendimento globale dell'impianto, Q la portata espressa in m³/s e H il salto geodetico espresso in m. Una delle particolarità salienti di questi impianti è legata al fatto che per tipologia impiantistica e taglia si prestano ad essere del tutto automatizzati. L'impiego di macchinario elettromeccanico realizzato ad hoc consente in qualche modo di ottimizzarne i costi ma va comunque tenuto presente che i costi legati a questa voce non superano in genere il 10-15% del totale. Il macchinario è costituito in genere da piccole turbine Francis e Pelton per gli impianti con maggiori salti. Nel campo delle portate più elevate e dei salti contenuti, si sono assai diffuse le turbine dette Banki-Mitchell che in un prossimo futuro potrebbero essere sostituite da nuovi prototipi studiati e progettati presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" da Carmelo Caputo. 2. Stato dell'arte Per avere un quadro significativo in merito allo stato dello sviluppo del mini-hydro in Italia non è fuori luogo compiere l'excursus rappresentato dalle tabelle che seguono. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 36 di 145 - Tab.1 Tab.2 Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 37 di 145 - Tab.3 Tab.4 Tab.5 Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 38 di 145 - 3. Applicazioni In genere molti impianti di piccola taglia si trovano realizzati in aree montane su corsi d'acqua a regime torrentizio o permanente e l'introduzione del telecontrollo, telesorveglianza e telecomando ed azionamento consentono di recuperarli ad una piena produttività, risparmiando sui costi del personale di gestione, che in genere si limita alla sola manutenzione ordinaria con semplici operazioni periodiche (ad es. la sostituzione dell'olio per la lubrificazione delle parti). Molti impianti di piccola taglia attuano il cosiddetto recupero energetico. I sistemi idrici nei quali esistono possibilità di recupero sono assai diversi e possono essere indicativamente raggruppati nelle seguenti tipologie: a. b. c. d. e. acquedotti locali o reti acquedottistiche complesse; sistemi idrici ad uso plurimo (potabile, industriale, irriguo, ricreativo, etc.); sistemi di canali di bonifica o irrigui; canali o condotte di deflusso per i superi di portata; circuiti di raffreddamento di condensatori di impianti motori termici. In linea generale, nei sistemi idrici in cui esistono punti di controllo e regolazione della portata derivata o distribuita all'utenza, come pure dei livelli piezometrici, attraverso organi del tipo di paratoie, valvole, opere idrauliche (vasche di disconnessione, sfioratori, traverse, partitori), cioè sistemi di tipo dissipativo, è possibile installare turbine idrauliche che siano in grado di recuperare salti altrimenti perduti. Si può dire che esiste la convenienza a realizzare impianti di piccola taglia ove le condotte già esistano insieme a salti e portate interessanti, sotto questo punto di vista gli acquedotti rappresentano una significativa possibilità di sfruttamento. 4. Potenzialità Secondo le analisi condotte da TONDI et al. (1999) esistono quote significative di possibile crescita per gli impianti idraulici in Italia, e tali stime trovano conferma anche nelle valutazioni dell'ENEA (1998) secondo cui sarebbe possibile realizzare in Italia, entro il 2010, 850 MWe di impianti idraulici di taglia small (P > 10 MW), avendone messi in funzione per circa 311 MWe entro il 2001 insieme a 450 MWe di impianti di taglia superiore a 10 MWe. Non è noto se tali stime abbiano tenuto conto, in una qualche maniera, del fatto che nel Nostro Paese risultino in scadenza, proprio nel biennio 1998-2000, numerose concessioni governative alla derivazione di risorse idriche per uso elettrico. Questa questione potrebbe essere suscettibile di creare una qualche barriera allo sviluppo dei nuovi impianti oppure al riavvio di quelli legati alle concessioni in scadenza. Nonostante l'esistenza delle graduatorie del CIP 6/'92, e quindi la possibilità di sviluppare impianti della potenza inferiore a 10 MW fino ad un totale di 3300 MW [ENEA (1998)]1, non è chiaro come sia possibile sviluppare nuovi impianti idraulici se non saranno definiti i rapporti con il sistema delle concessioni alla derivazione e sul 1 Al 1998 esisteva una quota di impianti con potenza fino a 10 MW pari a 2530 MW e quindi si avrebbe un incremento del 23% circa. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 39 di 145 - meccanismo attuativo dei certificati verdi. La tab. 6 offre il panorama della crescita impiantistica stimata da TONDI et al. (1999), che risulta esser stato basato su un censimento dei corsi d'acqua attraversanti aree urbane ed aree di interesse idroelettrico effettuato in Italia nell'ambito del Progetto THERMIE della UE. Sui 350 corpi idrici censiti ed interessanti aree di tipo urbano (400), sono stati individuati 814 siti potenziali di cui circa 450 in aree di tipo urbano e suburbano e 107 nella sola Regione Valle d'Aosta, per un totale di circa 921 siti. In tali siti potrebbero sorgere nuovi impianti oppure si potrebbe procedere al recupero ed al potenziamento di quelli esistenti che risultano dismessi o comunque abbandonati anche per problemi inerenti alle concessioni. Tab.6 Dai 456 siti potenziali rilevati sarebbe possibile, attraverso l'installazione di impianti per una potenza stimata pari a 115 MW1, generare circa 500 GWh/anno con un fattore di utilizzazione medio pari a circa 4500 h/anno. L'investimento totale per tutti i siti esaminati assommerebbe a circa 880 miliardi di lire italiane, mentre per le sole aree urbane si dovrebbero spendere solo 283 miliardi di lire. È particolarmente significativo il fatto che, sugli 814 siti ipotizzati, solo 31 consentirebbero l'installazione di impianti con una potenza superiore a 1 MW. 1 Ogni impianto avrebbe una potenza media di circa 250 kW 2 Ubicati in posizioni assai vicine ai centri di utilizzazione massiva dell'energia elettrica (aree urbane assai densamente popolate o aree industriali caratterizzate da intensi prelievi elettrici). 3 Quello dovuto agli impianti a bacino è di gran lunga superiore agli altri, ovviamente, per la presenza della diga e dell'invaso che creano una rilevante modificazione territoriale. 4 È stato osservato sperimentalmente che in vicinanza delle pareti cementate di una diga si arrivi facilmente in acqua a condizioni di anossia; la mancanza di ombreggiatura della superficie delle acque di un corpo idrico, imputabile alla mancanza di vegetazione sulle rive, tende ad aumentare la temperatura diminuendo così la quantità di ossigeno disciolto 5 Si tratta di un concetto che, prima ancora che tecnico, è giuridico, essendo stato introdotto, per esempio in Italia, attraverso una legge dello stato [v. art. 3, punto 1, lettera i) della L. n° 183/'89]; questo parametro stabilisce "...la quota minima di acqua necessaria al mantenimento dei valori ambientali del corpo idrico ad un livello accettabile". 6 La portata di DMV calcolata dal punto di vista idrologico può essere molto maggiore di quella basata sui microhabitat (la prima può essere 6 volte la seconda), per cui sembrerebbe di poter dire che "...la metodologia dei microhabitat garantisca il massimo sfruttamento della risorsa idrica". Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 40 di 145 - 5. Aspetti economici Il costo medio del kWh degli impianti mini-hydro varia dalle 85 alle 115 £ in funzione delle caratteristiche del sito (salto e portata). Per uno sviluppo di tutti gli impianti individuati nel precedente par. si è stimata una somma pari a circa 880 miliardi di lire, con un costo unitario della potenza installata pari a circa 2.086.821 lire. Alcune turbine Banki, realizzate in Italia, per impianti micro-hydro hanno costi compresi fra 1,5 e 2,5 milioni di lire/kW nella classe da 10 a 60 kW. Un possibile incentivo alla realizzazione degli impianti, ipotizzati per le aree urbane e/o suburbane, potrebbe venire dalla loro integrazione in sistemi DPS (piccoli impianti distribuiti di accumulo a mezzo pompaggio2) del tipo proposti da REYNOLDS (1995) ed in questo caso tali impianti potrebbero, significativamente, partecipare al miglioramento della qualità del sistema di distribuzione elettrica a livello locale, specie nelle aree appenniniche della penisola. 6. Impatto ambientale degli impianti mini-hydro A parità di energia prodotta, una centrale idroelettrica che genera 6 GWh permette di ridurre l'emissione di anidride carbonica di 4.000 t/anno rispetto ad una centrale a carbone. Per una generazione di 1.900 GWh/anno, quale quella che si realizzerebbe sviluppando il potenziale prima detto, si avrebbe una riduzione di 1,27 Mt/anno di diossido di carbonio e 3.800 t di ossidi di azoto oltre a 535 t di particolati vari. L'impatto ambientale degli impianti è comunque legato alla trasformazione del territorio e alla derivazione o captazione di risorse idriche da corpi idrici superficiali. Il deflusso minimo vitale costituisce come anticipato un elemento di valutazione notevole per la stima della effettiva incidenza che hanno le derivazione sui corpi idrici assoggettati. L'impatto ambientale degli impianti idraulici è ben diverso e varia in misura notevole a seconda che si tratti di impianti a bacino3 o meno. Fermo restando la presenza di notevoli opere di captazione e contenimento, e la stessa esistenza del bacino, che mutano il paesaggio e la fruibilità del territorio, esistono due aspetti che sono strettamente collegati con il prelievo di acque superficiali e che possono generare impatti notevoli di due diversi ordini: I. II. impatto relativo alla variazione (diminuzione) della quantità dell'acqua, con possibili conseguenze conflittuali per gli utilizzatori; impatto relativo alla variazione di qualità dell'acqua in conseguenza di variazioni di quantità ed anche in conseguenza di modificazioni della vegetazione ripuaria4. La limitazione dell'entità e della rilevanza di queste due voci può esser conseguita sfruttando il concetto di deflusso minimo vitale (DMV) negli alvei sottesi5. L'impiego tecnico di un criterio di progetto basato su tale parametro non è facile, in quanto lo stesso può essere valutato sulla base di due diversi punti di vista: quello idrologico e quello basato sugli equilibri biologici (microhabitat) del corpo idrico in esame. Fra i due esiste una notevole diversità6 In ogni caso la stima del DMV è assai delicata ed il parametro va impiegato con notevole cautela. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 41 di 145 - In genere, gli impianti mini-hydro presentano un impatto più contenuto di quelli di dimensioni maggiori, specie nella versione a recupero, in quanto si inseriscono entro schemi idrici già esistenti e quindi, eventualmente, già caratterizzati da un impatto mitigato in altre maniere. La loro presenza sul territorio può contribuire alla regolazione e regimazione delle piene sui corpi idrici a regime torrentizio, specie in aree montano ove esista degrado e dissesto del suolo e, quindi, possono contribuire effcaciemente alla difesa e salvaguardia del territorio. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 42 di 145 - ARCHITETTURA BIOCLIMATICA E SISTEMI SOLARI PASSIVI Dopo questo excursus è importante evidenziare lo stato dell’arte dell’architettura che si è appropriata di questi sistemi di fonti energetiche rinnovabili, assimilandoli con l’intento di ridurre i risparmi energetici, individuando così un linguaggio proprio. L’architettura bioclimatica è quella modalità di progettare che si preoccupa di interiorizzare nella realizzazione dell’edificio soluzioni tipologiche, formali, materiche e tecnologiche che consentano il raggiungimento di adeguati standards di benessere all’interno degli edifici grazie e soprattutto mediante l’interazione di questi con il suo intorno ambientale e senza abusare di risorse energetiche non rinnovabili. Gli edifici progettati quindi, conformemente a questi indirizzi, si caratterizzano per l’utilizzazione di componenti e/o sistemi edilizi in grado di assolvere oltre alla loro funzione specifica anche a funzioni energetiche, ossia di riuscire a captare, accumulare, conservare e restituire l’energia termica della radiazione solare. Nello stesso tempo i progetti sono tesi a considerare lo stato del luogo (il clima, le temperature, il vento, il suolo,…), per consentire sia il raffrescamento naturale degli ambienti interni (ventilazione naturale, protezione dai raggi solari, dissipazione del calore, coibentazione, ecc.), sia per ottimizzare, anche attraverso l’uso di sistemi appropriati, l’illuminazione naturale degli ambienti interni. In relazione alla necessità di ridurre l’impiego di energie non rinnovabili negli ultimi anni sono stati individuati componenti edilizi che, sull’esempio di architetture tradizionali, sono in grado di sfruttare al meglio gli apporti diretti e indiretti dell’ l’energia solare, e al contempo di assicurare la ventilazione, l’ombreggiamento e il raffrescamento degli ambienti. I modelli teorici di riferimento oramai consolidato nell’uso attuale afferiscono a due modelli differenti: 1) sistemi solari attivi, ossia con captatori “applicati” all’edificio; 2) sistemi solari passivi, ossia legati alla definizione spaziale, alla forma, all’orientamento, alla collocazione ambientale dell’edifico. Le presenti linee guida raccomandano fortemente l’uso di sistemi solari passivi, si ritiene quindi ancora utile precisare meglio schematicamente cosa si intende per architettura bioclimatica e quindi per sistemi solari passivi e, per far ciò ci avvaliamo Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 43 di 145 - della definizione presente nel sito del Ministero dell’Ambiente ed anche di quella proposta all’interno della pubblicazione dell’ENEA “architettura bioclimatica” a cura di Cettina Gallo. Architettura Bioclimatica Definizione di Architettura Bioclimatica Possiamo definire "architettura bioclimatica" quel tipo di architettura che ottimizza le relazioni energetiche con l'ambiente naturale circostante mediante il suo disegno architettonico. La parola "bioclimatica" vuole mettere in relazione l'uomo, "bios", come utente dell'architettura davanti all'ambiente esterno, il "clima", essendo l'architettura un risultato della interazioni fra entrambi. L'architettura bioclimatica è quella che sfrutta le brezze estive per raffrescare e ventilare gli ambienti interni, quella che si apre al sole in inverno e si chiude in estate. In questa architettura le superfici vetrate si orientano verso sud e si schermano durante la notte per evitare le fughe di calore. La forma dell'edificio e le sue aperture si adeguano in modo da difendersi dal freddo e dai venti invernali. L'edificio si adatta alle caratteristiche dell'ambiente circostante (vegetazione, rilievi, edifici esistenti, ecc.) per ottenere il maggior vantaggio dal punto di vista termico e luminoso, e sfrutta lo stesso "intorno" per migliorare le proprie condizioni di comfort. È sufficiente un veloce sguardo alle strategie architettoniche popolari applicate nel passato per renderci conto che i principi bioclimatici non sono affatto nuovi. Infatti, davanti alla scarsità di risorse energetiche e alla limitazione tecnologica, l'unico modo in cui l'uomo poteva proteggersi dalle condizioni climatiche avverse era attraverso l'architettura stessa. Ma purtroppo, dopo la scoperta dell'energia elettrica, tutti questi principi sono andati perduti. Per citare solo alcuni esempi italiani antichi: nella Villa di Adriano a Tivoli, i cortili e le stanze venivano orientati a seconda delle diverse esigenze termiche estive e invernali, nelle ville di Costozza in Veneto, costruite a partire del 1550, un interessantissimo sistema di raffrescamento sfrutta l'aria fredda proveniente da grandi cavità sotterranei ("covoli") situate all'interno delle colline in cui sorgono le Ville; il noto "trullo pugliese" sfrutta la capacità termica dei materiali dell'involucro edilizio per mantenere quasi costante la temperatura interna. Ora però tutto è cambiato. Il problema energetico ci influenza solo in modo relativo e le risorse tecnologiche costruttive sono numerose e diverse. Oggi sono i problemi legati soprattutto all'inquinamento ambientale quelli che ci costringono a ripensare il modo in cui usiamo le risorse energetiche. Basta pensare che attualmente il 22% delle emissioni di CO² della Unione Europea è legato al settore edilizio; inferiore è la produzione di emissioni dell’intero settore industriale. Dobbiamo quindi affrontare la situazione sotto un'ottica diversa, cercando di offrire buoni livelli di comfort ambientale ma allo stesso tempo minimizzando l'uso delle risorse energetiche inquinanti e aumentando l'uso di fonti energetiche rinnovabili pulite, come l'energia solare. Condotti d'aria sotterranei per climatizzare l'aria, superfici vetrate o serre rivolte a sud per intrappolare il calore in inverno, materiali trasparenti innovativi per "selezionare" la radiazione solare ed aumentare l'uso dell'illuminazione naturale negli ambienti interni, camini solari per Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 44 di 145 - aumentare la ventilazione naturale, uso di pannelli fotovoltaici per produrre elettricità ed uso di pannelli solari per produrre l'acqua calda, sono solo alcune delle strategie progettuali che possono essere applicate per diminuire i nostri consumi energetici, ma soprattutto migliorare la nostra qualità di vita. Ecco alcuni esempi significativi di architettura bioclimatica contemporanea: il padiglione inglese della Expo '92 di Siviglia, in Spagna, progettato dall'architetto Sir Nicholas Grimshaw dove ogni facciata è stata studiata a seconda dell'orientamento: elementi di ombreggiamento a strati a sud, superfici bagnate dall'acqua per rinfrescare l'ambiente circostante ad est, elementi fotovoltaici per la produzione di energia elettrica sono solo alcune delle strategie utilizzate in questo curioso edificio. Un altro esempio, un edificio per uffici a Lubeck, in Germania, progettato dagli architetti tedeschi Behnish & Behnish, dove una grande serra come hall d'ingresso riscalda gli uffici in inverno mentre in estate viene rinfrescata da una accurata ventilazione naturale, che conta tra l'altro anche con una originalissima "fontana di aria fredda" che espelle l'aria proveniente dal sottosuolo e che aumenta la sua efficacia tramite un alto camino solare che ha anche il compito di mantenere sotto pressione la hall. Infissi non più in alluminio (fonte esauribile e di lavorazione energivora) e fissi, bensì in legno (materiale totalmente rinnovabile e di più semplice ed economica lavorazione) e apribili per permettere all'utente di regolare il proprio microclima interno senza consumare energia per gli impianti di climatizzazione. Anche l'architetto Richard Rogers, nel complesso edilizio da lui progettato a Berlino a Postdamer Platz, e attualmente in costruzione, sfrutta i flussi d'aria naturale all'interno dell'atrio per migliorare le condizioni di comfort interne, elementi di ombreggiamento e mensole riflettenti per assicurare il comfort visivo. Ci sono anche gli insediamenti bioclimatici, spesso chiamati eco-villaggi, e cioè, interi quartieri che vengono progettati in modo da assicurare il comfort non solo all'interno degli edifici, ma anche all'interno dell'intero quartiere; al riguardo si realizzano studi accurati delle ombre portate dagli stessi edifici e dai venti invernali e brezze estive, sfruttando la vegetazione come elemento moderatore del microclima e dei rumori ed anche per il miglioramento della qualità dell'aria e, quindi, una maggiore qualità ambientale urbana. Pubblicazione dell’ENEA “architettura bioclimatica” a cura di Cettina Gallo. L’architettura bioclimatica può essere sintetizzata come quel complesso di soluzioni progettuali che consente di assicurare in un edificio il mantenimento di condizioni di benessere facendo uso quanto meno sia possibile di impianti che richiedono consumi energetici da fonti esauribili.” L’edificio deve quindi essere in grado di stabilire un rapporto con l’ambiente esterno tale da produrre le necessarie alterazioni delle condizioni ambientali principalmente in virtù delle sue caratteristiche morfologiche, dimensionali, termofisiche ecc. Poiché le condizioni esterne variano con il sito e, per un dato sito variano nel tempo, un edificio “bioclimatico” ideale dovrebbe modificarsi di conseguenza, disperdendo pochissimo calore quando fa freddo, captando energia solare che lo investe nelle ore Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 45 di 145 - diurne dei mesi invernali, respingendo la radiazione solare nei periodi caldi, nei quali, invece, dovrebbe cedere calore quanto possibile. Relativamente ai sistemi solari passivi, possiamo definirli come processi di accumulo o di dispersione del calore che avvengono naturalmente, senza la mediazione di componenti meccanici o consumo di energia e quindi essenzialmente sfruttando la forma dell’edificio, la sua collocazione ambientale, l’involucro edilizio (coibentazione). Il tutto tenendo presente la finalità ultima di un edificio che deve essere quella di assicurare un adeguato livello di confort abitativo che, relativamente alle caratteristiche climatiche degli edifici possiamo definire come “ sensazione di completo benessere fisico e mentale”. Poiché relativamente ad un gruppo di persone non è possibile creare una situazione pienamente soddisfacente per tutte, in quanto esistono differenze biologiche, fisiche ed emotive, occorre ricercare un confort termico ottimale, cioè le condizioni per le quali la maggior parte delle persone si trovi a proprio agio. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 46 di 145 - Di seguito si descrivono brevemente alcuni elementi fondamentali legati alla volontà di conseguire significativi risparmi energetici. Per contenere le emissioni inquinanti e il consumo di fonti energetiche non rinnovabili, è fondamentale ridurre i consumi per il riscaldamento e il raffrescamento degli edifici, questo è uno degli aspetti basilare di cui si occupa la bioclimatica. La prima strategia da intraprendere è quella di minimizzare il fabbisogno energetico, solo in seguito si possono implementare sistemi per lo sfruttamento delle risorse rinnovabili (serre, captatori solari ecc.). Buona parte dei consumi energetici degli edifici situati nella fascia mediterranea è dovuta al raffrescamento estivo, sempre più spesso ottenuto meccanicamente con impianti di condizionamento dell’aria, con conseguenti consumi energetici rilevanti e inquinamento ambientale. Una efficace progettazione energeticamente consapevole, deve tenere conto anche del comportamento degli edifici nel periodo estivo, al fine di evitare il surriscaldamento riducendo (se non eliminando del tutto) l’impianto meccanico. Per questo la prima azione da intraprendere è la riduzione dei carichi termici per mezzo di opportune strategie, mentre i “carichi” rimanenti verranno asportati con tecniche naturali parzialmente meccanizzate (per esempio sistemi di ventilazione forzata). La maggior parte dell’energia nei climi continentali europei è invece utilizzata per il riscaldamento invernale, che quindi è il più importante campo di intervento. I sistemi solari passivi Le serre Questo spazio diviso dall’edificio e addossato ad esso sulla facciata esposta a Sud, più esposta ai raggi solari, funziona come un vero serbatoio di accumulo del calore. Gli ambienti adiacenti alla serra beneficiano del calore da questa trattenuto con notevoli vantaggi sulla riduzione di richiesta di riscaldamento, ovvero di consumi energetici. E’ importante ricordare che il principio di funzionamento delle serre è legato all’accumulo termico di pareti (spessore 35cm) e pavimento del vano, laddove la radiazione solare si converte in calore non disperdendosi all’esterno grazie alla presenza della serra stessa, e che viene rilasciata lentamente nel corso della giornata. L’aria calda trattenuta nella serra, una volta accumulatasi, può a sua volta trasferirsi negli ambienti adiacenti Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 47 di 145 - attraverso le finestre e anche con delle griglie collocate in basso e in alto alla muratura (min. 10% area vetrata totale), sì da garantire il naturale flusso dell’aria in ingresso e in uscita. Inclinando le vetrate della serra tra i 40°-50°C a seconda della latitudine, si aumentano i rendimenti, anche se ciò può comportare maggiori difficoltà per le schermature. In estate infatti, le serre devono necessariamente essere spazi ben schermati con sistemi di ombreggiamento fissi o meccanici o con alberature a foglie caduche. E’ buona regola considerare che nel periodo estivo almeno il 40% della serra debba essere apribile. La serra deve essere comunque dotata di griglie di aerazione, che normalmente vengono progettate in base ad una serie di criteri (dimensione, forma, clima,…), mediamente le griglie inferiori e quelle superiori non sono al di sotto del 5%dell’area vetrata totale della serra. Un sistema efficace che sfrutta il principio della serra, molto diffuso soprattutto nel nord Europa, è quello di chiudere gli spazi tra gli edifici (microzone) con coperture vetrate, e trattare questi spazi come eventi architettonici, per attività commerciali per esempio, oppure, come in questo caso come giardini d’inverno, ove lo spazio comune fruibile è esterno all’edificio, ma coperto. (Kronsberg 2000). Un sistema già sperimentato in passato è il muro Trombe, che sfrutta il principio di funzionamento della serra, permettendo cioè l’accumulo di calore sulla parete della facciata esposta a Sud, e sfruttando l’apporto diretto dei raggi solari. Si distingue per la posizione della parete vetrata realizzata a distanza di cm.10-15 dalla parete piena in muratura (parete di accumulo) di spessore notevole, sì da formare una sorta di intercapedine. La parete non è dotata di finestrature, ma solo di aperture (griglie) in basso per la fuoriuscita di aria fredda e in alto per garantire l’ingresso all’aria calda proveniente dall’intercapedine, inoltre di solito per aumentarne la capacità captante Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 48 di 145 - viene dipinta di colori scuri. Il principio si autoregola senza aggiunte di mezzi meccanici, poiché sfrutta quello della differenza di pressione tra l’aria calda e quella fredda. Durante la notte nel periodo invernale, le griglie vengono chiuse poichè è necessario non dissipare il calore accumulato durante il giorno. Le Schermature solari Il metodo più efficace per ridurre il surriscaldamento estivo è quello di schermare opportunamente le aperture dalla radiazione solare diretta. Infatti è necessario che le superfici verticali esposte a sud e quelle esposte ad sudovest abbiano un buon irraggiamento invernale e un basso irraggiamento estivo, proprio per ottenre i guadagni termici invernali e per evitare surriscaldamento estivo. Questo vale anche per le superfici verticali, Un sistema di schermatura di tipo fisso, per esempio gli aggetti orizzontali sopra le finestre o le vetrate permettono una buona protezione delle facciate esposte a sud, ma il sistema non è del tutto efficace nelle stagioni intermedie (sfasamento fra altezze del sole e cicli di temperatura). Una alternativa può essere costituita dalle piante esterne o interne agli ambienti più esposti al sole. I sistemi di schermatura mobili (regolabili) anche interne, possono risolvere i problemi nelle stagioni intermedie e sulle facciate orientate anche se in modo non ottimale. La massima efficacia si ottiene con schermature esterne (il caldo viene bloccato prima che entri nell’edificio). Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 49 di 145 - Per contro, i sistemi mobili esterni possono presentare problemi di manutenzione o funzionamento (in quelle di tipo meccanico) con condizioni climatiche avverse. I sistemi di schermatura presentano notevoli vantaggi dal punto di vista climatico, per certi versi dovrebbero essere obbligatori nella progettazione di edifici ecocompatibili. Infatti, progettando caso per caso gli edifici, si permette la regolazione individuale del clima interno, e la riduzione dei carichi termici nelle situazioni estreme. E’ evidente che a seconda delle scelte progettuali effettuate i costi possono essere più o meno elevati, ma considerando il risparmio energetico assicurato per tutta la durata della vita dell’edificio, ciò dovrebbe essere tale da compensare i sovracosti in tempi utili. Le vetrate Il ruolo delle vetrate o più nello specifico delle finestre in un alloggio è quello la captazione dell'energia solare (v. L.10/91), come un apporto gratuito di energia e quello di consentire un adeguato livello di illuminazione e di ventilazione garantendo nello stesso un controllo della dispersione termica. Non bisogna ricadere nell’errore fatto in passato di utilizzare serramenti a tenuta d'aria poiché questi non favoriscono il ricambio d'aria con il conseguente peggioramento della salubrità degli ambienti confinati. Per questo è bene ricordare che il controllo delle dispersioni di calore nei serramenti prevede l’utilizzo di: 1. vetri doppi o vetri camera; 2. Rinnovo dell’aria ambiente attraverso infiltrazione controllate degli infissi(per le residenze pari a 0,5 volumi ambiente ora, ogni due ore); 3. solamento dei cassonetti degli avvolgibili. Doppie facciate vetrate Una delle applicazioni delle tecniche di controllo climatico sono le doppie facciate vetrate, anche dette pareti a “doppia pelle” Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 50 di 145 - Questi sistemi hanno costi più elevati, ma è da valutare caso per caso la reale efficienza energetica degli stessi, e comportano notevoli costi dovuti ai consumi energetici sia per riscaldare che raffrescare. Basti pensare a titolo d’esempio agli uffici pubblici, o a quegli edifici destinati in parte ad uso pubblico, le banche, i supermercati, i grandi centri commerciali. Il sistema delle doppie facciate ricalca l’esempio del doppio infisso, diffuso soprattutto nelle zone più fredde e/o ventilate. Questi sistemi hanno ottimizzato i rendimenti attraverso l’uso di vetri-camera più spessi nella prima pelle, un’accurata progettazione dello spazio lasciato tra una parete finestrata e la sua “seconda pelle”, solitamente trattata con vetri semplici o vetro strutturale. Inoltre tra le due pelli vengono spesso inseriti sistemi di ventilazione naturale, che prendono l’aria dall’esterno e la mettono in circolo, garantendo una ventilazione anche a quando le finestre vengono lasciate chiuse (ventilazione notturna). La ventilazione naturale E’ uno dei principi base su cui si fonda la bioclimatica, poiché un’attenta progettazione del sistema di ventilazione di un ambiente riduce i costi energetici e riduce l’impatto ambientale dell’intervento. Ventilare significa permettere il giusto ricambio d’aria in grado di eliminare gli inquinanti derivati dai prodotti presenti (arredamento, materiali, strutture) dagli utenti e dalle loro attività, onde evitare rischi per la salute degli occupanti. I fabbisogni di ventilazione sono dunque condizionati da differenti fattori: • numero degli occupanti; • temperatura e tasso di umidità interno ed esterno; • permeabilità dell’edificio all’aria; • fattori climatici (ventosità, soleggiamento,…). Tuttavia in generale si può dire che ad alte temperature la velocità dell’aria di 1m/s risulta ancora piacevole, per valori superiori si avverte fastidio; a basse temperature Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 51 di 145 - invece, una velocità superiore a 0,25 m/s produce sensazione di benessere, e a 0,10 m/s si ha una sensazione di eccessivo ristagno1. Un sistema molto utilizzato anche in passato per sfruttare la ventilazione naturale ai fine di migliorare il raffrescamento degli edifici è l’effetto camino (Stack Effect). Questo sistema determina architettonicamente il carattere dell’edificio, basti pensare alle torri del vento o alla tipologia a corte di certe residenze dei climi caldi, o ancora ai sistemi di case interrate che sfruttavano sia l’inerzia termica del terreno che l’aria proveniente dall’esterno attraverso canali scavati nella roccia. Una buona regola per garantire una ventilazione efficace e quindi il ricambio d’aria adeguato è assicurarsi che questa avvenga in modo incrociato se si hanno ambienti profondi sopra i mt.12, mentre tra mt.3 - 6 una ventilazione effettuata su un solo lato, può risultare efficace. I sistemi solari attivi: Impianto a pannelli solari Il funzionamento dei collettori solari è fra i più semplici ed ecologici: i collettori “intrappolano”, per così dire, l’energia proveniente dal sole e la accumulano, riscaldando dell’acqua ad una temperatura compresa fra i 40 °C ed i 70 °C. 1 Diagramma psicrometrico dott. Givoni Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 52 di 145 - A queste temperature l’acqua può essere utilizzata, nel campo civile, per la produzione dell’acqua calda sanitaria necessaria in casa e anche per il preriscaldamento Un sistema solare per la produzione d’acqua calda sanitaria, nella forma più comune, è composto da uno o più collettori, pannelli piani della superficie di 1 - 2 m² la cui superficie è opaca e scura, per meglio assorbire la radiazione solare e trasferire il calore al fluido che scorre in appositi canali interni al pannello e, da un serbatoio d’accumulo dell’acqua calda. Energia solare utilizzabile La radiazione solare che giunge sulla terra è caratterizzata da onde di lunghezza compresa tra circa 0,2 e 3 µm. che vanno dall’ultravioletto all’infrarosso. La potenza della radiazione solare incidente su una superficie ad essa perpendicolare, posta al di fuori dell’atmosfera terrestre, è praticamente costante ed è pari a 1,35 KW/m² (chilowatt al m²); detta potenza è chiamata costante solare. L’entità d’energia solare che giunge sulla terra varia principalmente in funzione della latitudine del luogo (massima all’equatore, minima ai poli) a causa della differente inclinazione con cui giungono al suolo i raggi solari. A maggiore inclinazione corrisponde uno spessore maggiore d’atmosfera attraversata e quindi una minore intensità solare al suolo, che inoltre dipende delle condizioni atmosferiche (nuvolosità). L’atmosfera terrestre funge da filtro ai raggi solari e ne riduce in modo apprezzabile l’intensità, così fuori dall’atmosfera la radiazione solare su una superficie perpendicolare alla radiazione è di circa 1,4 KW/m², sulla superficie terrestre è minore o uguale a 1KW/m². Energia gratuita Il pannello solare serve a catturare l’energia che giunge dal Sole sulla Terra, rendendo disponibile acqua ad una temperatura che può raggiungere i 70°C. L’acqua calda, prodotta ed accumulata in un serbatoio di adeguata capacità, potrà essere utilizzata per le esigenze delle diverse utenze (l’acqua che utilizziamo per una doccia non supera i 40-45°C. I pannelli sono composti da una superficie piana simile ad un radiatore contenente al suo interno un liquido che, riscaldato dal sole, permette di trasferire il calore assorbito all’acqua del serbatoio e di produrre quindi acqua calda per Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 53 di 145 - il pannello propriamente detto è realizzato a sua volta mediante l’unione di vari elementi: • un assorbitore dei calore solare, costituito da una lastra simile ad un radiatore (che può essere in acciaio o in rame), all’interno della quale è inserito un fascio di tubi in cui scorre il fluido del circuito primario destinato ad essere riscaldato dal sole (tale fluido è normalmente acqua addizionata con antigelo propilenico atossico per tollerare il freddo invernale senza congelarsi); • una lastra di vetro, posta superiormente all’assorbitore, protegge l’apparato e permette il passaggio dei raggi solari incidenti (l’assorbitore, scaldandosi, riemette energia in forma di radiazione infrarossa, ma rispetto ad essa il vetro si comporta come se fosse opaco, e quindi la trattiene ail’interno). Viene preferito il vetro di tipo temperato a basso contenuto di piombo, in modo da riflettere di meno l’immagine; infatti tanto meno i raggi sono riflessi,tanto maggiore sarà l’energia che attraversa il vetro; • nella parte sottostante del pannello è inserito un isolante termico che riduce le dispersioni di calore; • il pannello è chiuso posteriormente da una scocca, spesso realizzata in lamiera. Il tutto (vetro, assorbitore e fascio tubiero, isolante termico e scocca posteriore) è tenuto assieme da uno chassis, abitualmente realizzato in alluminio, che riunisce le parti e conferisce al pannello robustezza e stabilità. Nei nuovi modelli di collettore sono stati inseriti tra la vetrata superficiale e la piastra assorbente strati di materiale isolante alla convezione e all’irraggiamento sufficientemente trasparenti alle radiazioni solari, dove si crea l’effetto serra, al fine di aumentare le prestazioni dello stesso componente. Principi di base dei pannelli solari: - Il circuito deve essere ben isolato termicamente ed essere il più corto possibile - Il serbatoio d’accumulo deve essere ben isolato: come minimo l’equivalente di 8 cm di lana di vetro - Il rapporto tra superficie dei pannelli e serbatoio d’accumulo deve essere studiato ed ottimalizzato Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 54 di 145 - - La fonte energetica complementare non deve avere un influsso sulla temperatura del serbatoio d’accumulo. Per questo deve essere prevista in serie con questo - La temperatura della fonte complementare deve essere il più vicino possibile alla temperatura di consumo - L’inclinazione ottimale dei pannelli è di 60-70° per il riscaldamento e di 45°per la produzione di acqua calda - L’orientamento ottimale è generalmente sud. Si può anche prendere in considerazione l’orientamento sud-est o sud-ovest, però il rendimento dell’impianto si riduce di un 20% circa - E’ meglio scegliere dei pannelli con una inerzia termica ridotta -I pannelli devono essere raggiungibili per la loro manutenzione e pulizia Dimensionamento dei pannelli solari : L’acqua calda prodotta da un pannello solare è mediamente pari a 80-130 litri/giorno per ogni metro quadro di pannello installato. Per riscaldare il serbatoio dell’acqua occorre circa mezza giornata di sole nel periodo estivo ed una giornata nel periodo invernale. Per calcolare le dimensioni del pannello solare da installare non si deve tenere conto dei mq. della casa, ma del numero dei membri della famiglia e quindi del prevedibile consumo di acqua calda della famiglia medesima, pari a 30-50 litri/giorno a persona. Mediamente occorre installare una superficie di pannelli solari di 2-3 metri quadri per coprire il fabbisogno di acqua calda di una famiglia di 3-5 persone. Per poter disporre sempre di acqua calda, anche nelle giornate nuvolose, si può inserire nel serbatoio una resistenza elettrica di almeno 2kw con termostato tarato a circa 40° C. In alternativa, se già esiste nella casa una caldaia istantanea a gas a controllo elettronico per la produzione dell’acqua calda sanitaria, si può collegare il sistema solare in serie all’impianto termico esistente, al quale fornirà acqua preriscaldata. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 55 di 145 - Inquadramento del settore e definizione degli indirizzi secondo il Piano Energetico Regionale Il solare termico rappresenta pertanto una risorsa di grande interesse collettivo, come è pure sancito dalla Legge 10/91, che può contribuire in misura reale ed importante al benessere collettivo. Relativamente all’impatto visivo, se certamente vi è una modificazione del paesaggio dei tetti, è possibile minimizzare al massimo tale impatto adagiando e quindi integrando il pannello solare alla copertura, cosi da assimilarlo ad un abbaino di maggiore dimensione. In tale modo l’impianto in genere non è più visibile da terra, e comunque è integrato nella struttura. Attualmente l’utilizzo della risorsa solare a scopo termico in Toscana registra valori di diffusione che, se rientrano nella media nazionale, rimangono ben lontani dalle medie Europee - 3,2 mq. ogni 1000 abitanti in Toscana ed Italia, 18,6 mq. ogni 1000 abitanti nel U.E.. IL piano energetico regionale, nel fissare obbiettivi e indirizzi fà riferimento: alle indicazioni ed obbiettivi stabiliti dalla U.E. nel Libro bianco sulle rinnovabili, ambito Nazionale agli obbiettivi fissati dal Governo nella Conferenza Nazionale sull’Energia: • I valori indicati dall’U.E. sono di 100 milioni di mq. da installare entro il 2010 nell’intera Unione; • Il “Libro bianco sulle energie rinnovabili” predisposto dal Ministero dell’Industria indica come riferimento i valori di diffusione e crescita dell’Austria che, con una popolazione doppia di quella Toscana, registra una diffusione di 159,1 mq./1000 abitanti (3,2 in Toscana), e di quasi 219.000 mq./anno di nuove installazioni (1.000 mq./anno della Toscana), con l’obbiettivo di giungere nel 2010 ai 3.000.000 di mq installati nell’intera penisola. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 56 di 145 - Per “calare” tali valori alla realtà regionale, si consideri che sia la popolazione, come la superficie regionale, risultano essere quasi il 7% della popolazione e della superficie nazionale. Correttamente bisogna sottolineare come le condizioni climatiche Toscane risultino essere mediamente molto più vantaggiose di quelle registrate dalle Regioni padane, mentre dal punto di vista delle risorse, il reddito medio ed in generale le condizioni economiche, sono in Toscana ben più favorevoli di quelle delle regioni del sud della penisola. Appare dunque conseguente indicare per la Toscana un obbiettivo “ottimale” pari al 10% di quello nazionale - 300.000 mq. installati nel 2010, pari ad una densità di circa 85 mq./l 000 abitanti mentre un obbiettivo “minimo” dovrebbe essere il 6,5% (la popolazione), pari a 200.000 mq. installati. E’evidente come il livello attuale di circa 1000 mq./anno di nuove installazioni e di circa 12.000 mq. totali ad oggi installati ed operativi, non consenta di raggiungere assolutamente gli ordini di grandezza necessari di 200 o 300.000 mq.. Essendo sufficiente 1 mq. di pannello solare per soddisfare le normali esigenze di un cittadino, le potenzialità teoriche del solare termico in Toscana sono di circa 3.5 Milioni di mq. Rispetto alle “reali” potenzialità - già analizzate nel quadro conoscitivo - queste sono determinate dalle utenze “vocate”, cioè quelle utenze dove l’utilizzo della fonte solare non riscontra alcun significativo ostacolo tecnico (spazi adeguati nelle coperture, ecc.), ed è per contro particolarmente conveniente dal punto di vista economico (e termodinamico), cioè le utenze che richiedono energia termica a bassa temperatura mediamente di 43° Ci che si ottengono “facilmente” dal solare. In particolare le utenze “vocate” al solare termico possono essere individuate tra: • le strutture ospedaliere, • le strutture sportive, • le strutture scolastiche, • le strutture turistiche, • le abitazioni monofamiliani occupate Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 57 di 145 - L’obbiettivo “ottimale” di 300.000 mq. installati al 2010 rappresenta dunque circa il 33,5% del parco installabile nelle utenze vocate, mentre l’obbiettivo “minimo” di 200.000 mq. rappresenta il 22.5% circa: entrambi gli obbiettivi sono in sostanza rilevanti rispetto agli attuali livelli, ma modesti rispetto alle concrete potenzialità regionali. La valutazione del risparmio energetico e delle emissioni evitate è stata fatta con l’indirizzo di installare il 22,5 % dei pannelli necessari a produrre l’energia in sostituzione di apparecchiature precedenti a combustibile tradizionale, alimentate per metà con il metano e per metà con l’elettricità. Riguardo quest’ultima le emissioni sono state valutate assumendo che l’elettricità venga prodotta mediante centrali convenzionali ad olio combustibile con rendimento del 40%. Nelle scuole l’obiettivo proposto è rappresentato dall’installazione di mq.1460 di pannelli entro il 2010. Standard tecnici e prescrizioni territoriali • in edifici storici gli impianti solari debbono essere adagiati sulla copertura inclinata e gli eventuali serbatoi devono essere posizionati all’interno degli edifici stessi; • in edifici non storici gli impianti solari debbono essere adagiati sulla copertura inclinata, mentre i serbatoi potranno essere sia adagiati sulla copertura inclinata come posizionati nell’interno dell’edificio; • nel caso di edifici non storici a copertura piana, i pannelli solari ed i loro serbatoi potranno essere installati con la inclinazione ritenuta ottimale, curandone comunque l’installazione nella parte centrale della copertura, o comunque in quella meno visibile dal piano stradale sottostante; • negli edifici ubicati nelle aree a parco e riserva naturale - in particolare nelle isole del Parco dell’Arcipelago Toscana - è da considerarsi prioritaria l’installazione di impianti solari al fine di raggiungere quanto più possibile l’autonomia energetica, quale contributo ad una maggiore “qualità ambientale” della stessa area protetta. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 58 di 145 - Impianti di climatizzazione di tipo radiante e Bioarchitettura La filosofia progettuale a base della scelta di un impianto di riscaldamento ed eventualmente di raffrescamento di tipo radiante è indirizzata alla realizzazione di un impianto che è capace di assicurare un elevato risparmio energetico congiunto a condizioni di benessere ambientale nettamente e di superiori salubrità a quelle conseguibili attraverso l’adozione di impianti di tipo più tradizionale a convezione . Tali risultati attraverso possono una attenta essere serie conseguiti di scelte tecnologiche relative: - alla scelta di un sistema di riscaldamento funzionante prevalentemente ad irraggiamento e non a convezione (pannelli radianti); - all’eventuale collegamento dell’impianto a dei collettori solari; - alla modalità di produzione del calore; - alla tipologia del generatore di calore scelto (di tipo ad alto rendimento a temperatura scorrevole). In particolare, la scelta di utilizzare impianti a pannelli radianti risponde ad una molteplicità di implicazioni. Dal punto di vista della salubrità ambientale il riscaldamento ad irraggiamento funzionante con acqua calda a bassa temperatura, induce un notevole vantaggio fisiologico rappresentato dall’alta percentuale di trasmissione del calore per irraggiamento che, oltre che produrre un piacevole benessere esclude il movimento di polvere nell’aria (proprio degli impianti a convezione) garantendo la massima igienicità. agli ambienti. Inoltre le superfici riscaldate sottraggono ai batteri e in particolare agli acari della polvere il loro substrato vitale, l’umidità del supporto. Altro effetto positivo dovuto ad un riscaldamento delle pareti esterne è rappresentato dalla riduzione della possibilità che la temperatura di tali pareti scenda al di sotto del punto inferiore di rugiada evitando così la formazione di muffe e di condense. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 59 di 145 - Accanto a ciò l’impianto, lavorando con acqua a bassa temperatura non produce secchezza nell’aria ed assicura quindi le migliori condizioni di qualità ambientale. Dal punto di vista del risparmio energetico questa tipologia di impianto di riscaldamento, non modificando l’umidità relativa dell’aria, rende possibile la condizione che la temperatura di benessere ambientale (diagramma del benessere) venga raggiunta a 18 °C e non a 20 °C (così come succede negli impianti a convezione) e, questo assicura un congruo risparmio energetico. Altro fattore di risparmio energetico è relativo alla possibilità di utilizzare, con maggior profitto, per il riscaldamento ambiente anche l’acqua calda prodotta dai collettori solari. Lavorando i pannelli radianti con acqua a bassa temperatura, anche di inverno e, soprattutto nelle mezze stagioni, è facile prevedere una produzione di acqua calda da parte dei collettori solari ad una temperatura tale da essere utilizzabile anche per il riscaldamento ambiente, cosa che senz’altro contribuisce ad incrementare il risparmio energetico. Appare inutile soffermarsi sul risparmio energetico assicurato dai collettori solari, specialmente nel periodo estivo, per la produzione di acqua calda sanitaria in quanto già precedentemente illustrato. Altro fattore che contribuisce alla riduzione dei costi energetici di questo impianto è rappresentato dal fatto che, funzionando questi prevalentemente ad irraggiamento, vengono progettati per mettere a regime termico (18 °C) gli ambienti sino ad un massimo di due metri dal pavimento (zona di uso corrente dei vani), evitando in questo modo di riscaldare volumi d’aria non direttamente interessati ad assicurare il confort termico ambientale. Ciò è possibile in quanto detta tipologia di impianto non richiede per il suo funzionamento che l’intero volume d’aria venga riscaldato, fattore questi invece indispensabile ad assicurare un efficace riscaldamento ambiente, nei sistemi a convezione. Ovviamente quanto sopra detto consente di risparmiare tutto il calore che di solito viene utilizzato per riscaldare il volume d’aria sopra i due metri e, se si tiene in conto, così come è giusto che si faccia che, in alto, si raccoglie l’aria a più alta temperatura si ha il senso preciso del grosso risparmio energetico che questa tipologia di impianti consente Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 60 di 145 - e che lo rende estremamente conveniente soprattutto in ambienti a grandi altezze (stanze voltate, palestre, chiese, opifici ecc.). Relativamente al raffrescamento estivo degli alloggi che, questa tipologia di impianto consente, questi si rende possibile tramite la messa in rete nei pannelli di acqua raffreddata e ciò è possibile grazie all’inserimento sul circuito di centrale di un refrigeratore. Si può così ottenere un abbassamento di temperatura ma, non il controllo dell’umidità; pertanto il posizionamento di un umidostato accoppiato al termostato ambiente limiterà la temperatura dell’acqua circolante nei pannelli per evitare un eccessivo abbassamento della temperatura del pavimento e la conseguente formazione di condensa, così come risulta indispensabile prevedere per la climatizzazione estiva la presenza di un deumidificatore. Nel caso di impianto di climatizzazione estiva è consigliabile inoltre utilizzare impianti di tipo radiante posizionati a parete o a soffitto piuttosto che a pavimento. Si descrivono di seguito e sinteticamente i fattori tecnologici e realizzativi, relativi a questa tipologia di impianti, la cui esecuzione evita una serie di inconvenienti che impianti simili, ma di vecchia generazione manifestavano. Rispetto alla possibilità che le tubazioni possano deteriorarsi e forarsi, cosa spesso avvenuta nei vecchi impianti con tubazioni in ferro zincato, viene attualmente evitata attraverso l’utilizzo di tubazioni in particolari polimeri plastici, del tutto imputrescibili e non deteriorabili, i quali inoltre consentono il posizionamento dei singoli circuiti, con tubo continuo non giuntato (questo ovviamente rende impossibile le perdite di acqua). Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 61 di 145 - Relativamente alla temperatura superficiale dei pannelli radianti, questa deve mantenersi al di sotto dei 30°C (e quindi di molto inferiore a quella basale umana) ciò impedisce il sorgere di fastidi dovuti al surriscaldamento di parti del corpo umano. Mentre i movimenti di polvere che i vecchi impianti manifestavano, erano dovuti al passo delle spire in metallo (circa 1 mt) che determinavano un gradiente di temperatura tra spira e spira e quindi il generarsi di moti convettivi, mentre ora grazie all’uso di tubazioni polimeriche si realizzano spire con passo compreso tra gli otto ed i dodici cm, che ovviamente impediscono l’insorgere di moti convettivi. Per concludere è possibile dire che questa tipologia di impianti radianti di “seconda generazione”, ovviano sicuramente agli inconvenienti che i precedenti manifestavano (tanto che molti fornitori di tale tipologia di impianto, non solo lì garantiscono ma li commercializzano coperti già da polizza assicurativa), ma che in ogni caso per essere capaci di lavorare al meglio delle loro potenzialità necessitano di una accurata progettazione (tendente ad assicurare la corretta messa a regime termico gli ambienti, nonché ad evitare le dispersioni, nonché di una posa in opera eseguita da personale appositamente formato. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 62 di 145 - Controllo dell'illuminazione naturale e artificiale La luce naturale rappresenta un elemento fondamentale per la salute ed il benessere visivo delle persone, non c’è vita sulla terra senza la luce del sole ed i ritmi biologici del corpo umano (circadiani, produzione di vitamina D, ecc.) sono regolati dalla luce naturale. Inoltre la luce naturale ha molteplici influenze positive per quanto riguarda gli aspetti psicologici e fisiologici rendendo le persone più attive ed aumentandone la concentrazione nel lavoro al contrario, una esposizione ridotta alla luce naturale può portare a forme depressive. Comunque a parte queste considerazioni di tipo biologico e salutistico, il cattivo uso dell’illuminazione artificiale può contribuire a determinare sino al 50% della spesa energetica di un edificio. Considerando che negli edifici scolastici gli ambienti interni sono utilizzati prevalentemente nelle ore diurne, è logico dedurre che una gran parte del suddetto carico energetico potrebbe essere ridotto utilizzando al meglio la luce naturale. Studi di settore mostrano come il miglioramento dei livelli di illuminazione naturale può determinare risparmi compresi tra il 35% e il 75% della spesa per l’illuminazione elettrica e questo, migliorando contemporaneamente anche il controllo dell’accensione adeguandolo delle ai luci migliori artificiali livelli di sfruttamento della luce solare. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che l’uso indiscriminato e non controllato di finestrature e vetrature può determinare una serie di problematiche quali perdite di calore, surriscaldamento degli ambienti, fenomeni potrebbero di abbagliamento, determinare ecc. l’inutilità che delle soluzioni adottate. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 63 di 145 - Affinché ciò non si determini è necessario quindi che nella progettazione di tali soluzioni vengano tenuti in conto alcuni principi-guida che di seguito vengono brevemente descritti: - Massimizzare l’ingresso di luce naturale attraverso finestre e coperture vetrate, valutando le perdite di calore invernali e gli incrementi solari in estate ; - Progettare sistemi di ombreggiamento solare che consentano di evitare il surriscaldamento in zone particolarmente esposte alla radiazione solare; - Valutare la possibile formazione di fenomeni di abbagliamento; - Utilizzare dispositivi che consentano una efficace distribuzione della luce solare anche alle parti più interne degli ambienti; - Valutare l’efficienza dell’impianto d’illuminazione artificiale, progettandolo in modo da essere in sintonia con l’utilizzo della luce diurna. - Inoltre, per ottimizzare la distribuzione interna di luce naturale, debbono essere tenuti in conto i seguenti principi basilari: - in un ambiente, l’intensità della luce decresce rapidamente, man mano che ci allontaniamo dalle finestre, rendendo oscure le parti più arretrate rispetto a quelle più prossime agli elementi vetrati; - la profondità del corpo di fabbrica non deve essere superiore a mt 10; - la capacità riflettente delle superfici interne ha un considerevole effetto sulla distribuzione dell’illuminazione naturale e artificiale, particolarmente in spazi medio – grandi; - il colore delle superfici dei soffitti, delle pareti e degli arredamenti, determina in parte la capacità della luce di giungere in profondità e riduce i contrasti di luminosità tra le differenti parti di uno stesso spazio. - le superfici interne, in modo particolare il soffitto e le pareti, per quanto riguarda l’illuminazione naturale è bene che abbiano colori chiari, se non bianco, - la presenza di materiali brillanti (alluminio, alluminio anodizzato, acciaio, ecc.) deve essere evitata in prossimità delle finestre al fine di non provocare fenomeni di sfolgorio e abbagliamento. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 64 di 145 - Il Controllo dell'illuminazione artificiale Per meglio valutare le possibilità di incrementare l’uso di illuminazione naturale, è indispensabile poter considerare le opportunità e i sistemi per ridurre al minimo l’utilizzo di luci artificiali. Ad esempio alcuni dispositivi elettronici di controllo automatico degli interruttori di luce, possono essere installati senza grossi incrementi di costi aggiuntivi anche in ambienti di piccole dimensioni. Questi sistemi possono effettivamente ottimizzare il funzionamento dell’illuminazione artificiale interrompendo o attivando automaticamente gli interruttori, quando la luce naturale è sufficiente e viceversa, oppure attraverso sensori che attivino l’illuminazione artificiale, se necessaria, nel momento in cui rilevano la presenza delle persone, e provvedendo a disattivarli in loro assenza. Il primo sistema, di controllo automatico, si basa sul funzionamento di sensori fotoelettrici che, misurando il livello di illuminazione in un determinato ambiente, riescono in automatico a regolare al meglio l’intensità delle luci artificiali. Il secondo tipo di controllo automatico si avvale dell’uso di rivelatori di presenza. I sensori accertano se uno spazio è occupato da persone captando onde riflesse (infrarosse, radar, ultrasuoni); i sistemi migliori interrompono e riattivano le luci in automatico, altri spengono le luci in assenza di persone, dopodiché l’interruttore deve essere riavviato manualmente. Questi rilevatori andrebbero installati preferibilmente nei vano scala e negli spogliatoi. I dispositivi per il controllo e la captazione della luce naturale Un ruolo sempre più importante è assunto nella architettura bioclimatica dai sistemi di schermatura e mitigazione esterni all’edificio. Frangisole orizzontali o verticali in: acciaio, alluminio, legno, cotto o vetro possono contribuire a risolvere in maniera efficace problemi per i quali in passato era necessario utilizzare tecnologie pesanti oppure affidarsi a potenti sistemi di condizionamento. In particolare i frangisole esterni con lamelle vetrate sono Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 65 di 145 - un'alternativa efficace alle cosiddette veneziane spesso in uso nella scuola; l'uso del vetro riflettente anzichè del metallo permette di avere una veduta verso l'esterno anche quando queste sono chiuse. Nei giorni coperti le lamelle portate in posizione orizzontale, guidano la luce naturale all'interno e provvedono ad illuminare in modo uniforme l'ambiente. Il vantaggio rispetto alle tende e alle persiane si ritrova anche nel caso si voglia mantenere le finestre aperte in un giorno ventilato, trattandosi infatti di un sistema fisso l'ombreggiamento non cambia. Il funzionamento del sistema è assicurato attraverso la possibilità data alle lamelle di poter ruotare (attraverso comandi manuali o meccanici) attorno a supporti di acciaio ancorati su appositi profili antistanti alle finestre. Esistono numerosi altri sistemi che permettono di ombreggiare e al contempo di migliorare persino l'illuminazione naturale, evitando in questo modo di aumentare il surriscaldamento estivo durante la stagione più calda. Sistemi e tecnologie per il trasporto dell’energia luminosa L’applicazione di sistemi per il trasporto della luce naturale possono fornire nuove prospettive di utilizzo nell’uso di ambienti privi di aperture e/o scarsamente illuminati perché interrati, interclusi o profondi. Detti sistemi, possono quindi consentire sia una illuminazione naturale di ambienti non illuminati direttamente e di uso discontinuo (bagni, depositi, spogliatoi, ecc.), sia per realizzare una più uniforme distribuzione dei livelli di illuminazione naturale in ambienti molto profondi. Inoltre tali sistemi possono consentire una significativa riduzione dei costi energetici e degli apporti di calore. I sistemi per la captazione, la concentrazione ed il trasporto della luce naturale possono essere suddivisi in sistemi mobili (o attivi) ed in sistemi fissi: - I sistemi mobili sono progettati e realizzati per essere costantemente orientati nella direzione del sole, sono ovviamente più sofisticati e tecnologicamente più complessi ed hanno significativi costi di manutenzione e gestione; - i sistemi fissi sono privi di parti mobili, privi di elementi meccanici ed elettronici e risultano di più immediata, semplice ed economica gestione. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 66 di 145 - IL GIARDINO E LE AREE VERDI Il verde urbano è spesso visto quale elemento di decoro, di arredo e di dotazione urbana di spazi per attività ricreative e/o ludiche. In realtà ad una analisi più corretta ed esaustiva che tiene in conto il complesso rapporto che intercorre tra sistema del verde e l’ambiente costruito, tra i pieni ed i vuoti della città, non può sfuggire l’interazione dinamica ed ecosistemica esistente tra i due sistemi e di come una corretta ed integrata impostazione progettuale può rendere gli spazi verdi elementi qualificanti, capaci di essere contemporaneamente elemento di costruzione dell’architettura, legante fondamentale per processi ecologici, indicatore ambientale e contemporaneamente fattori attivi di disinquinamento fisico-chimico dell’aria, di mitigatore dell’inquinamento acustico e ancora capace di determinare un efficace controllo microclimatico e delle condizioni di comfort negli spazi aperti e negli edifici. Di seguito si tralasciano gli aspetti più strettamente ricreativi e ludici degli spazi verdi in quanto ritenuti già noti e conosciuti, per approfondire invece gli aspetti del verde legati al controllo microclimatico outdoor ed indoor. Il verde ed il controllo climatico urbano Scala urbana ed effetti microclimatici: Il bilancio energetico delle aree urbane e’ diverso da quello dell’ambiente naturale o agrario: cio’ e’ da attribuirsi alle cause seguenti: 1) presenza di strutture (edifici) con una grande capacità termica; 2) riduzione delle superfici evaporanti, aumento del ruscellamento a causa della impermeabilizzazione del suolo; 3) aumento degli inquinanti, con introduzione di un effetto serra localizzato; 4) introduzione di un surplus di energia, per l’uso di combustibili Le citta’sono mediamente piu ‘calde delle aree circostanti di 0.5-5 °C (Federer, 1970). Cio’ e dovuto al fatto che durante le ore di luce, la radiazione e’ assorbita dalle superfici urbane(asfalto, cemento, edifici) che tendono ad assorbire e a restituire il calore piu’ velocemente della vegetazione o del suolo; si crea quindi un Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 67 di 145 - differenziale termico notevole fra tali materiali e l’aria; il calore assorbito e’ poi trasferito per convezione all’aria, o per conduzione al sottosuolo. L’aumento di temperatura dell’aria, se puo’ risultare gradevole in inverno e, senz’altro sgradevole in estate (inoltre determina un incremento dei consumi elettrici per la climatizzazione degli ambienti); a tale scopo l’effetto mitigante della vegetazione è senz’altro un fattore apprezzabile e dal punto di vista della qualità ambientale che per il risparmio energetico. La vegetazione puo’ infatti migliorare il clima urbano tramite la traspirazione: ad esempio, un singolo albero puo’ traspirare fino a 400 litri di acqua al giorno; questo è paragonabile all’effetto di 5 condizionatori d’aria, ciascuno con una capacita’ di 2500 kcal/ora (Kramer & KozIowski, 1970). E’ da notare come esista un alto grado di correlazione fra la più alta temperatura dell’ambiente urbano e la concentrazione di inquinanti: nelle aree piu’ intensamente edificate il movimento dell’aria e’ ridotto, cosicche’ il calore e gli inquinanti non sono facilmente dispersi. D’altra parte, l’innalzarsi di masse di aria piu’ calda (convezione) puo’ condurre alla formazione di nubi, e ad un aumento delle precipitazioni (Schlaak, 1977); ricerche svolte nella città di Berlino hanno mostrato come la temperatura media annuale all’interno della città sia notevolmente maggiore di quella delle zone verdi circostanti. Il fenomeno è evidente per tutte le zone ad alta densità di edifici, non solo al centro della citta’, ma anche in periferia, mentre temperature piu’ basse si riscontrano nelle aree verdi, anche al centro della città. A fronte di questa capacità data dal verde di migliorare le caratteristiche microclimatiche urbane, si accenna di seguito alle diverse modalità con le quali ciò può essere favorito. La viabilità ed i percorsi pedonali (viali e pergolati) – rappresentano elementi verdi prevalentemente lineari caratterizzati da manto verde deciduo capace di ombreggiare il percorso di estate e consentire la permeabilità alla radiazione solare in inverno. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 68 di 145 - Consentono un miglioramento climatico, acustico, di miglioramento della qualità dell’aria. Il rapporto tra il verde e gli edifici Il verde in adiacenza agli edifici, se opportunamente progettato, riduce il carico termico dell’edificio in estate, consente l’arrivo della radiazione solare in inverno, può fungere da elemento di barriera ai venti freddi invernali, migliora in ogni caso le condizioni di vivibilità negli spazi limitrofi agli edifici. Il verde può addirittura avvolgere e diventare parte strutturale di un edificio individuando quindi: pareti verdi e tetti verdi. La parete verde assume prevalentemente una funzione climatizzante, evitando l’irradiazione diretta delle superfici dell’edificio e consentendo, anzi favorendo la ventilazione della parete stessa, determinando di fatto una parete ventilata (camera d’aria tra foglie e parete stessa). In pareti a nord e con piantumazione di rampicanti sempre verdi rappresenta una difesa dai venti e riduce la trasmissione di calore dalla parete, verso l’esterno. Il tetto verde ed i giardini pensili La sistemazione del tetto verde non ha solo finalità estetiche, ma si propone anche quale efficace strumento per la creazione di condizioni microclimatiche favorevoli. Il tetto verde consente infatti un miglior isolamento termico ed acustico e nel contempo filtra ed ossigena l’aria e riduce la quantità di calore riemerso nell’atmosfera. Inoltre, in una certa misura, lo strato drenante, il terreno vegetale e la vegetazione (tappezzanti, erbacee e piccolo arbusti) contribuiscono anche al Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 69 di 145 - ripristino del ciclo naturale dell’acqua piovana, rallentandone il deflusso verso la rete idrica di smaltimento e favorendone la lenta evapotraspirazione. Vantaggi ecologici : - miglioramento del microclima; - influsso positivo sul clima degli ambienti interni; - regimazione idrica e conseguente alleggerimento del carico sulla rete di canalizzazione dell’acque bianche; - protezione dal rumore attraverso minore riflessione e migliore in sonorizzazione; - filtraggio delle polveri e fissaggio di sostanze nutritive dell’aria e dalle piogge; - incremento della dotazione di verde urbano; Vantaggi economici : - miglioramento della qualità di vita; - durata maggiore dell’impermeabilizzazione attraverso la protezione dagli agenti atmosferici; - migliore isolamento termico e quindi risparmio energetico, funzionamento più economico degli impianti di climatizzazione; - aumento del valore dell’immobile. Normalmente un tetto verde è realizzato mediante l’impiego di diversi strati, ciascuno dei quali assolve ad una specifica funzione : - lo strato di vegetazione, o substrato; - lo strato filtrante; - lo strato drenante. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 70 di 145 - Descrizione della pacchetto del tetto verde sopra il solaio : Descrizione strato 1) “strato di vegetazione intensiva” (erbacee perenni, cespugli, tappeto erboso) Spessore: variabile; 2) “Substrato” : Terriccio con caratteristiche (valore del Ph, contenuto in sostanze nutritive, volume dei pori, permeabilità all’acqua,..) perfettamente calibrate, Resistente al fuoco portato (resistenza all’accensione) ed al calore raggiante.-Spessore: 5-7 cm.; 3) Telo filtrante per impedire il dilavamenti delle particelle fini del substrato mantenendo la stabilità dello strato drenante - Spessore: 0,5 cm. 4) Elementi drenanti, posati a tutta superficie per scaricare efficacemente l’acqua in eccesso. Spessore: 5-7,5 cm 5) Strati protettivi in tessuto impermeabile offrono ai teli antiradice ed alle impermeabilizzioni protezione meccanica e accumulano umidità e sostanze nutritive – Spessore: 0,5 cm. 6) Protezione antiradice impediscono che le radici danneggiano l’impermeabilizzazione sottostante – Spessore: 1cm. 7) Strato impermeabilizzazione – Spessore: 0,5 cm. 8) Strato isolante – Spessore: 5 9) Barriera al vapore – Spessore: 0,5 cm. 10) Pacchetto Solaio. Gli effetti del tetto verde del giardino sul microclima L’adozione del tetto verde è una efficiente tecnica di controllo del microclima interno, di seguito riportiamo i vantaggi termici determinati dall’adozione di un tetto verde collocato in un sito parzialmente protetto dalla radiazione solare, in un giorno tipico del clima mediterraneo, unitamente alla valutazione di controllabilità’, con interventi sul sito, dei fattori di scambio: 1) gli elementi posati a tutta superficie forniscono coibentazione termica e proteggono meccanicamente l’impermeabilizzazione dalle sollecitazioni di taglio ; 2) questi elementi contribuiscono al risparmio dell’energia per il condizionamento degli ambienti Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 71 di 145 - Fattore di scambio termico Generazione di calore netta (metabolismo) Apporti (W) 60 Radiazione solare globale 135 Scambio radioattivo ad onde lunghe 35 Scambio convettivo 15 Apporti termici totali 245 % Controllabilità’ 24 Non controllabile 55 controllabile 14 controllabile 7 controllabile 100 Verde e riduzione dell’Inquinamento acustico Da studi effettuati risulta che le piante in città hanno la capacità di ridurre il rumore fino ad un massimo di 10 dB, in relazione alla specie, all’altezza, e alle dimensioni dello spazio verde. un parco urbano di media dimensione ha una notevole capacità di filtrare ed abbattere l’inquinamento acustico. Per poter diventare una efficace una barriera verde deve trovarsi vicina alla sorgente di rumore, e non come si potrebbe pensare, vicina all’ ascoltatore. Un’azione congiunta di più barriere consente una maggiore riduzione acustica, la presenza di un terreno soffice ed erboso alla base della barriera aumenta l’efficacia della barriera stessa (Cook & van Haverbeke, 1971). E’ importante notare che la maggior efficacia nell’abbattimento del rumore è raggiunta utilizzando materiale poco compatto, ecco perché una chioma ben sviluppata è più efficace di qualsiasi barriera artificiale. Per cio’ che riguarda le strade di grande comunicazione, un posizionamento appropriato della carreggiata rispetto al suolo unito alla presenza di barriere verdi può contribuire notevolmente al controllo del rumore (Cook & van Haverbeke, 1974). Le piante possono inoltre attenuare il rumore influenzando il clima, soprattutto per ciò che riguarda la stabilizzazione della temperatura e la modificazione del regime dei venti (Weiner & Keast, 1959.E’ necessario inoltre ricordare che una barriera verde non solo riduce i rumori, ma a sua volta produce suoni ai quali gli psicologi attribuiscono un valore distensivo e rilassante quali lo stormire delle foglie, il cinguettio degli uccelli ed altri. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 72 di 145 - LA FITODEPURAZIONE La fitodepurazione è un processo naturale di depurazione delle acque reflue che utilizza le piante come filtri biologici che supportano i microrganismi in grado di ridurre le sostanze inquinanti in esse presenti. I trattamenti di fitodepurazione sono trattamenti biologici secondari e/o terziari (per depurare le acque reflue si distinguono i trattamenti primari, che riguardano la grigliatura, la dissabbiatura, disoleazione, sedimentazione, da quelli secondari o biolaogici, tipo fanghi attivi, biodischi, ecc.e terziari che servono per un ulteriore finissaggio che renda il refluo compatibile con gli standard di qualità delle acque di scarico), che sfruttano la capacità di auto-depurazione degli ambienti acquatici. In questi biotopi gli inquinanti vengono naturalmente rimossi attraverso processi fisici, chimici e biologici tra cui filtrazione, adsorbimento, assimilazione da parte degli organismi vegetali, degradazione batterica ed antibiosi sono le maggiormente efficaci (Brix, 1993). Gli impianti di fitodepurazione si figurano come ottime soluzioni, a basso impatto ambientale e di facile gestione, per risolvere con cicli chiusi il problema della depurazione delle acque reflue. Meccanismo di funzionamento Caratteristica comune degli impianti è che in essi il refluo percola verticalmente nel medium di riempimento in cui viene immesso con carico alternato discontinuo. Dopo una sedimentazione preliminare ottenuta con una fossa Imhoff, vasca tricamerale o qualunque altro trattamento primario, il refluo da trattare viene pompato nel filtro verticale con alimentazione intermittente, in modo da favorire l’ossigenazione del medium e quindi limitare l’insorgenza di cattivi odori. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 73 di 145 - Il filtro può essere costituito prevalentemente da ghiaia a diversa granulometria o da sabbia, in cui la presenza di ferro facilita la rimozione del fosforo per assorbimento. Prerogativa dei sistemi a flusso sub-superficiale è l’utilizzo della cannuccia di palude (Phragmites australis) che, con il suo denso intreccio di rizomi consente una notevole diffusione dell’ossigeno anche negli strati più profondi del filtro favorendo la crescita di batteri aerobici, infatti durante il passaggio dei reflui attraverso la rizosfera la materia organica viene decomposta dall’azione microbica. I contributi della vegetazione al processo depurativo possono essere ricondotti anche all’azione di pompaggio di ossigeno atmosferico dalla parte emersa all’apparato radicale: si creano così delle microzone ossidate adese all’apparato radicale e un’alternanza di zone aerobiche, anossiche ed anaerobiche nel filtro con conseguente scomparsa, pressoché totale, dei patogeni. Questi ultimi infatti sono particolarmente sensibili ai rapidi cambiamenti nel tenore di ossigeno disciolto (Brix, 1993). RENDIMENTO DI DEPURAZIONE limiti di legge (319/76) u.m.abbattimento % SOSTANZE ENTRATA USCITA BODs 150,0 2,0 20 mg 98,670 COD 253,0 0,0 50 mg/l 100,00 NHo-N 69,7 25,9 15 mg/I 62,84 N03-N 0,0 49,3 — — N02-N 0,0 0,0 — — Ptot 8,0 0,8 10,00 90,00 Perché la fitodepurazione Dal momento in cui i costi per la depurazione delle acque di scarico sono sempre più alti, gli impianti di fitodepurazione rappresentano una valida alternativa che, Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 74 di 145 - rispettando maggiormente l’ambiente, si rivelano vantaggiosi anche dal punto di vista economico. Gli impianti di fitodepurazione presentano caratteristiche tali da rappresentare una ottima soluzione a basso costo e ad elevato potere depurante. Tra queste citiamo una: - ridotta e facile manutenzione che può essere eseguita da personale non specializzato; - la formazione di un’area verde perennemente irrigata e di piacevole aspetto; - l’assenza di insetti molesti e di cattivi odori; - la possibilità di poter riutilizzare l’acqua depurata ancora ricca di nutrienti per innaffiare l’orto o il giardino, - una fontana con alcuni pesci; - acqua non potabile disponibile per la casa (sciacquoni del bagno, per lavare l’auto, ecc.). Inoltre un impianto di fitodepurazione, rispetto all’allacciamento ad un depuratore tradizionale di rete pubblica fognaria, consente sia di risparmiare chilometri di costosi tubi sia di consumare circa il 60% in meno di energia elettrica, poiché il trattamento si esaurisce in un unico processo e non sono necessari clorazioni e trattamenti chimicofisici di finissaggio. Vantaggi della fitodepurazione - facile manutenzione - risparmio energetico - bassa tecnologia - minimo impatto ambientale - riqualificazione di ambienti degradati - creazione di biotopi umidi I costi Per quel che riguarda i costi è difficile calcolare una spesa standard per un impianto di fitodepurazione dato che, a seconda della tipologia dell’impianto, delle sue dimensioni Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 75 di 145 - e del volume di refluo da trattare, i fattori da tener presenti e le soluzioni progettuali sono molteplici e condizionano enormemente il costo dell’impianto stesso. Per un impianto di fitodepurazione a flusso sub-superficiale verticale (SFSv) come il VIS, in linea di massima si calcola una spesa tra le 500.000 lire e i due milioni per persona collegata. La nuova normativa sulle acque Il testo unico sulle acque (D.L. n° 152 del 11/05/1999) pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 maggio1999, con i successivi emendamenti ed integrazioni, sigla ufficialmente la fine di un’epoca, quella in cui paradossalmente chi si preoccupava di non inquinare costruendo un impianto di fitodepurazione veniva considerato un “fuorilegge”. Sì perché la ormai famosa Legge Merli, la legge 3 19/76 a cui si faceva riferimento prima del recepimento della normativa europea con il testo unico, la fitodepurazione non la menzionava nemmeno. Di conseguenza fino ad ora in Italia la fitodepurazione era considerata qualche cosa ancora da sperimentare (moltissime esperienze che troviamo sul nostro territorio sono infatti impianti pilota), quando ormai nel resto del mondo (Germania, Inghilterra, Svizzera, Stati Uniti, ecc.) è da dieci anni che la considerano un metodo tradizionale di depurazione delle acque di scarico. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 76 di 145 - IL RECUPERO DELLE ACQUE PIOVANE Dispositivi di risparmio con raccolta delle acque piovane L’utilizzo ed il recupero dell’acqua piovana si basa sui principi di massimo risparmio dell’acqua , di abbattimento dell’inquinamento, nonché del tentativo di chiusura del ciclo dell’acqua. Gli interventi che si possono attuare per ridurre il consumo sono applicazione interrompono molteplici come il i flusso e spesso di facile temporizzatori che dopo un tempo predeterminato, sciacquoni per wc a diversi livelli, miscelatori del flusso d’acqua con aria (acceleratori di flusso) ed altri meccanismi, che mantenendo o migliorando le caratteristiche del getto d’acqua, riducono notevolmente il flusso utilizzato. Tali sistemi se previsti in fase di progettazione possono consentire grandi risparmi di risorsa con spesa di istallazione minima. In modo del tutto generale, in presenza di superfici esterne di pertinenza agli edifici è sempre possibile prevedere un sistema di incanalamento delle acque piovane in un serbatoio di accumulo e il loro utilizzo per usi non domestici (riempimento cassette wc, irrigazione del giardino ). Questo accumulo di acqua può essere reso sinergico ed interagente con l’impianto di fitodepurazione se presente o previsto. In presenza di tali accumuli di acqua non potabile, possono essere esclusi dalla rete di distribuzione, le cassette dei wc, ed i rubinetti per le utenze non potabili (acque di lavaggio) per le quali è possibile prevedere una seconda rete di distribuzione collegata ai serbatoi di raccolta dell’acqua. Questo secondo impianto parallelo per l’acqua recuperata consentirebbe di differenziare gli usi finali e quindi di limitare il consumo dell’acqua. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 77 di 145 - Uso razionale dell'acqua e permeabilità dei suoli Nelle presenti linee guide una delle raccomandazioni importanti riguarda la funzionalità naturale. Si raccomanda negli interventi di tenere conto dei cicli naturali propri dell’area e, ove possibile, contribuire al ripristino della funzionalità naturale dell’ambito urbano di pertinenza. In particolare, si consiglia: di limitare l’occlusione dei suoli nelle parti non edificate garantendo, a seconda delle destinazioni previste, la permeabilità profonda dei suoli ed utilizzando il tipo di pavimentazione più vicino alle condizioni di naturalità (pavimentazioni permeabili all’acqua e all’aria, pavimentazioni discontinue con presenza di vegetazione, superfici a verde sui solai di copertura e dei piani interrati); di prevedere, ove possibile, la creazione di piccoli bacini di raccolta e trattamento, mediante tecnologie naturali, delle acque meteoriche da riutilizzare per irrigazione o restituire in loco alla circolazione superficiale. Inquinamento indoor: i principali fattori di inquinamento presi in esame in una progettazione Bioecologica Di seguito si vogliono evidenziare i principali fattori di inquinamento indoor che in una programmazione ecologicamente consapevole di interventi devono venire affrontati e risolti e, di cui sia le imprese che gli addetti ai lavori devono tenere necessariamente conto. Verranno inoltre sottolineati gli aspetti normativi che cominciano a prendere in considerazione queste problematiche e come, alcuni aspetti relativi alla salubrità degli ambienti interni sino a qualche anno fa trascurati e disattesi, vengono oggi accolti e recepiti anche dalle normative tecniche e resi obbligatori nella loro osservanza. Con il D.L. 626/94 infatti, anche per l’Italia parametri quali il livello di comfort ed il benessere degli abitanti sono diventati obbligatori, per cui aspetti una volta non considerati nella progettazione e realizzazioni edilizie, quali la valutazione della salubrità dell’aria interna diventano ora oggetto di attenzione e di studio. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 78 di 145 - La definizione di inquinamento indoor, nonché la evidenziazione degli effetti tossici e nocivi che molti prodotti e componenti per l’edilizia possono determinare, viene demandata, per chi volesse approfondire l’argomento all’ALLEGATO A del II° volume. I MATERIALI DA COSTRUZIONE per quanto riguarda la presente trattazione riteniamo utile sottolineare i seguenti aspetti di problematicità relativi al rapporto tra materiali da costruzione e l’inquinamento indoor: - l’emissione di particolari sostanze tossiche varia da materiale a materiale ed è funzione della volatilità dei composti e dalla turbolenza dell’aria sovrastante il materiale; - i materiali possono anche assorbire prodotti tossici presenti nell’aria (in fase di produzione ad esempio) per poi rilasciarli successivamente; - vanno considerati gli effetti sinergici determinati da più sostanze tossiche liberate negli ambienti, anche se in quantità ciascuna inferiore ai limiti di sicurezza e salubrità; - possono favorire la diffusione di insetti, muffe e batteri. In funzione di tutto ciò diventa importante poter misurare la emissività delle sostanze volatili dai materiali, nonché i meccanismi di emissione, per poter quindi adottare i provvedimenti idonei a ridurre la quantità di sostanze inquinanti. Ed è per questa finalità che ora le varie sostanze nocive sono obbligatoriamente accompagnate da una “scheda di Sicurezza” compilata secondo la direttiva CEE 91/155 in applicazione della direttiva CEE 88/379, con indicazione della composizione della sostanza, dei pericoli, delle misure di pronto soccorso ecc.. Detta scheda può essere richiesta ai produttori ed è indispensabile per la compilazione dei piani di sicurezza. Altre considerazioni Il 5/05/2000 è entrato in vigore il D.M. 2 aprile 98, che rende operativa la Direttiva Europea n° 89/106 CEE del 21/12/88, ed entra nel merito delle caratteristiche dei materiali da costruzione presenti nell’articolo 32 della Legge n° 10/1991. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 79 di 145 - La Direttiva comunitaria già recepita in Italia con il D.P.R. n° 246 del 21/04/1993 stabilisce che: le “opere di edilizia e di ingegneria civile siano concepite e realizzate in modo da non compromettere la sicurezza delle persone, dove per sicurezza delle persone si intende anche il rispetto di requisiti essenziali ai fini del benessere generale, quali: - la salute; - la curabilità; - i risparmi energetici; - la tutela dell’ambiente. In particolare nell’allegato I° per quanto riguarda le caratteristiche dei materiali relativamente ad Igiene – Salute ed Ambiente precisa: L’opera deve essere concepita e costruita in modo da non compromettere l’igiene e la salute degli occupanti o dei vicini e in particolar modo non provocare: - sviluppo di gas tossici; - presenza nell’aria di particelle o di gas pericolosi; - emissioni di radiazioni pericolose; - inquinamento o tossicità dell’acqua o del suolo; - difetti nell’eliminazione delle acque di scarico, dei fumi e dei rifiuti solidi o liquidi; - formazione di umidità su parti o pareti dell’opera. Per quanto riguarda gli aspetti energetici l’art. 32 stabilisce che “Ai fini della commercializzazione, le caratteristiche e le prestazioni energetiche dei componenti degli edifici devono essere certificate secondo le modalità stabilite con apposito decreto” Decreto oggi finalmente reso esecutivo e che precisa che: “l’inosservanza delle prescrizioni di cui all’art. 32 della legge n° 10/91 è punita con sanzione amministrativa da un minimo di cinque milioni ad un massimo di £ cinquanta milioni”. ECOCOMPATIBILITÀ DEI MATERIALI EDILI I materiali da costruzione, oltre a definire lo scheletro strutturale dell’edificio, costituiscono anche la “pelle” dell’edificio stesso, segnando il confine tra interno ed Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 80 di 145 - esterno e delimitando l’involucro nel quale passiamo la maggior parte della nostra vita. La scelta dei materiali edilizi è quindi di fondamentale importanza; insieme al metodo di costruzione dell’edificio influisce sulla salute e sul benessere di coloro che vi abitano. Fino a quando i trasporti sono stati difficoltosi i materiali edili venivano recuperati sul posto. La scelta e l’uso dei materiali locali era basata su una profonda conoscenza accumulata e tramandata nel corso del tempo. L’avvento dell’industrializzazione ed i progressi dell’industria chimica hanno fornito all’edilizia centinaia di nuovi materiali, rendendo più complesso il controllo sulla qualità e la verifica della loro conformità alle esigenze di benessere degli abitanti. Uno dei criteri base per valutare la salubrità dei materiali da costruzione è la loro traspirabilità. Dovremmo immaginare le pareti esterne come i veri e propri “polmoni” della casa, in grado di realizzare l’equilibrio igroscopico ed igrotermico dell’ambiente per assicurare la salubrità dell’aria. È ovvio quindi che la “pelle” dell’edificio dovrà essere costruita con materiali che permettano una traspirazione maggiore rispetto al cemento armato, come ad esempio murature, blocchi microporizzati ecc. Oltre a considerazioni di carattere tecnico, economico ed estetico, bisogna anche valutare la compatibilità ambientale dei materiali edili, analizzando il loro contenuto d’energia e materia prima, come anche l’emissione di sostanze tossiche, il consumo e l’inquinamento delle acque, la contaminazione dei terreni e altri eventuali danni ambientali. I materiali ecocompatibili sono quelli che nel ciclo delle loro fasi di “vita”, cioè dalla produzione all’uso, dalla manutenzione fino allo smaltimento, creano meno danni possibili alla salute delle persone e all’ambiente. Già la prima fase del processo di produzione dei materiali edili, cioè l’estrazione delle materie prime, comporta danni ambientali (diminuzione della vegetazione esistente, rimozione del suolo e di terreni, cambiamenti dell’equilibrio idrico). Le materie prime vengono poi elaborate fino a renderle materiali edilizi. Spesso vengono aggiunti altri “materiali” che sono senz’altro più inquinanti dei materiali naturali mentre durante la realizzazione della costruzione, l’uso dei materiali edili è collegato con le diverse emissioni tipiche del cantiere, soprattutto rumori e polveri. Anche nella fase di utilizzo i diversi materiali influiscono sul benessere e sulla salute delle persone. Un uso improprio dei materiali edilizi (per esempio l’innalzamento e Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 81 di 145 - l’isolamento di un muro fatti in maniera scorretta, nonostante l’impiego di materiali sicuri), può avere conseguenze negative sulla qualità del microclima interno. Inoltre il potenziale di pericolo dipende non solo dal materiale in sé, ma anche dalla sensibilità individuale, dalla presenza di altre sostanze tossiche e dal loro grado di compatibilità (effetti sinergici). Nella valutazione dell’impatto ambientale dei materiali edili bisogna anche considerare la loro durata, la manutenzione, le potenzialità di riciclaggio o i costi di smaltimento. Interventi di risanamento o di sostituzione dei materiali edilizi devono essere necessari solo dopo periodi più o meno lunghi. La valutazione ambientale dei materiali e prodotti edili implica un’ampia serie di considerazioni perché uno stesso materiale edilizio può avere qualità molto diverse fasi di “vita”, per esempio essere ecologicamente molto vantaggioso nella fase di utilizzo,ma di produzione costosa o di difficile smaltimento. Così, per esempio, le finestre di alluminio comportano un maggiore speco rispetto alle finestre di legno nella fase di produzione, però nella fase di utilizzo l’inquinamento ambientale è minore e anche la manutenzione è minima. Ogni materiale edilizio deve quindi essere giudicato considerando tutte le alternative esistenti. Nella fase di smaltimento, cioè nella demolizione di un edificio o di sue parti, la tollerabilità ambientale dei materiali edilizi e dei metodi costruttivi può essere calcolata rispondendo alle seguenti domande: - che inquinamento ambientale comporta la demolizione in sé? - i materiali possono essere riciclati? E in quale misura? - I rifiuti possono essere portati alle discariche o devono essere bruciati? - Fino a che punto è possibile portare il materiale di demolizione nelle discariche e quali sono i pericoli potenziali che contengono? - Quali emissioni si formano negli inceneritori? In modo ancora più schematico possiamo dire che criteri guida nella individuazione dei materiali da costruzione sono quelli relativi della loro rispondenza a precise richieste di corrispondenza prestazionale, e la assoluta certezza della loro non nocività dal punto di vista delle emissioni nell'ambiente. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 82 di 145 - Questa attenzione dovrebbe essere estesa all'intero ciclo di vita dei prodotti esaminati, a partire dalla loro fabbricazione per finire al loro smaltimento o al auspicabile loro riciclo, metodo detto "Dalla culla alla tomba". Entrando nel merito dei materiali bioedili possiamo dire che, la pietra ed il laterizio crudo o cotto sono materiali biocompatibili per eccellenza, usati sin dai tempi più remoti per la costruzione delle dimore umane, tuttavia come abbiamo già visto alcuni tipi di pietra debbono essere evitati per la loro possibile emissione di radon (graniti, basaltina, sieniti, secondo recenti studi, sono quelle che mostrano maggiori livelli di attività). Altro materiale da evitare è il tufo di origine vulcanica, mentre il tufo marino e sedimentario non mostra segni di attività radioattiva, Il laterizio è ancora più sicuro della pietra dal punto di vista biologico, non mostra alcun segno di emissioni pericolose, ha lunga durata, può essere recuperato e riciclato, ha caratteristiche tecniche eccellenti. Occorre solamente essere certi che nel processo di fabbricazione vengano rispettati alcune metodologie che consentano di non avere emissioni nocive nella fase di cottura (cfr. laterizi alveolati ottenuti mediante inserimento di polistirolo che alle alte temperatura brucia completamente provocando emissioni nocive). E' possibile comunque utilizzare per l'alveazione dei laterizi prodotti naturali di risulta (scorie agricole, alghe, cascami, etc.) che consentono di ottenere il medesimo risultato (anticamente si usava la paglia impastata con l'argilla). Il processo è però conveniente solo se si possono reperire nelle immediate vicinanze dello stabilimento di produzione i componenti volatili biologici in quantità sufficiente altrimenti i costi di trasporto incidono pesantemente sul prodotto finito. Per quanto riguarda i leganti sono da preferire le malte a base di calce, con particolare accortezza nella scelta delle calci, che devono essere prodotte con sistemi tradizionali, utilizzando calcari marnosi oppure un miscuglio di calcari puri ed argilla, con cottura a bassa temperatura, (900 gradi), per ottenere quindi malte di minore resistenza a compressione ma di maggiore modulo elastico, che sembra proprio essere il segreto della longevità di tante costruzioni antiche (Quarneti, 1991). Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 83 di 145 - Il legno è un altro materiale che ha sempre accompagnato l'uomo fino dai tempi più remoti oggi però la sua aumentata richiesta non permette più di seguire le tecniche di stagionatura naturale, e così anche il legno massiccio viene sottoposto a trattamenti chimici necessari ad aumentarne la resistenza ai batteri ed all'umidità. Sono quindi da evitare legni trattati con impregnanti e biocidi che sono tutti a base di sostanze dannose per l'uomo (arsenico, composti fluorati, PCB, ecc.). Vanno usati, se possibile, legni stagionati naturalmente e trattati con una soluzione calda di borace in acqua al 10% per la protezione contro gli insetti, ed utilizzate colle viniliche, o ancora meglio ridurre al minimo le colle adoperando le tecniche di giunzione a spina, infine se si desidera proteggere ulteriormente il legno, vanno usati trattamenti naturali come cera d'api in trementina, oppure gommalacca sciolta in alcool o altri trattamenti con componenti naturali non tossici attualmente facilmente reperibili in commercio. Per quanto riguarda la protezione dai parassiti, evitare tutti i composti a base di DDT, idrocarburi, etc, dal momento che le loro emissioni nell'ambiente continuano per molto tempo. E’ preferibile usare legname rinnovabile, proveniente cioè da piantumazioni artificiali (faggio, rovere, pioppo, olmo, etc), al posto di essenze provenienti da importazione sia per evitare la incentivazione della deforestazione sia perchè i legnami importati subiscono trattamenti tossici all'origine che consentono al materiale di sopportare lunghi viaggi via mare senza subire alterazioni. I pannelli in truciolato ed i compensati sono usualmente addensati con colle a base di formaldeide che, a diretto contatto con fonti di calore ed umidità viene rilasciata nell'ambiente. Le tecniche di incapsulamento, non appaiono del tutto sicure in quanto utilizzano resine alchidiche o poliuretaniche. sarebbero quindi da usare truciolati o compensati incollati con colle meno tossiche. SUGGERIMENTI PER I VARI MATERIALI EDILI Dei numerosi materiali edilizi con differenti funzioni (isolamento, tamponatura, finitura, ecc.), vengono esaminati solo i materiali più importanti, che presentano problemi specifici o che sono convenienti dal punto di vista ecologico. Essi sono: Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 84 di 145 - - intonaci - pitture - materiali edilizi con contenuto di amianto e in fibre di cemento - protettivi del legno - colle - argilla - prodotti edili in PVC - truciolato - carta da parati - legni tropicali - pavimenti ed altre finiture INTONACI L’edilizia corrente utilizza esclusivamente intonaci a base di cemento per la rapidità della lavorazione e l’economicità, trascurando l’impiego degli intonaci naturali a calce che invece sono stati sempre usati nella storia della architettura. Il problema del cemento, che in partenza è un prodotto naturale, è rappresentato dalle sostanze e additivi che vengono aggiunti (ad esempio i polimeri) per accelerare il processo di essiccamento, per ridurre la deformazione plastica del processo di maturazione e per renderlo osmotico e idrorepellente. Tutte queste sostanze sono destinate nel tempo ad una degenerazione chimica che compromette l’integrità del cemento stesso. A questo si aggiunge il fatto che per la produzione del cemento vengono usate scorie di derivazione industriale che possono essere tossiche per l’emissione nel tempo di sostanze addirittura radioattive. Per questo è consigliabile l’uso di intonaci a basso o meglio ancora assente contenuto di cemento, optando per un intonaco a calce che garantisce la permeabilità al vapore e non all’acqua e quindi la traspirabilità della parete e l’assenza di umidità. Sono validi anche gli intonaci con gesso, se si è certi della composizione naturale del prodotto. Un intonaco per esterni, valido anche ai fini del contenimento della dispersione termica, è l’intonaco minerale, di cui sono in commercio alcuni tipi senza additivi chimici. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 85 di 145 - SUGGERIMENTI - Evitare intonaci contenenti cemento. - Usare preferibilmente intonaci a calce. PITTURE Gli smalti e le pitture, oltre ad avere una funzione decorativa, servono a proteggere i materiali stessi dagli agenti atmosferici, dalle sostanze chimiche e dalle sollecitazioni meccaniche. Gli smalti e le pitture che contengono solventi sono, dopo l’inquinamento dovuto al traffico cittadino, i più noti fattori di emissione di idrocarburi. Gli smalti possono contenere altre sostanze tossiche, per esempio leghe di metalli pesanti, come i pigmenti o i fungicidi. Anche i colori a dispersione acquosa, pur contenendo solo una minima quantità di composti organici, contengono fungicidi per garantire la conservazione del prodotto. Per questi motivi prima di utilizzare i colori, è consigliabile valutare bene le sollecitazioni cui sono sottoposti i materiali per stabilire la protezione necessaria e le eventuali alternative. I colori e gli smalti che contengono solventi rappresentano un pericolo per l’ambiente e per la salute soprattutto durante la loro lavorazione ed il loro essiccamento. Per questo motivo è importante arieggiare molto frequentemente gli ambienti interni durante l’applicazione e fino all’essiccamento totale (che può richiedere anche qualche settimana). I residui delle tinteggiature non devono essere smaltiti con le acque di scarico proprio perché contengono sostanze altamente tossiche. I diluenti e i solventi per la pulizia dei pennelli dovrebbero essere usati solo in caso di assoluta necessità ed essere smaltiti come rifiuti speciali. Oggi esiste un’ampia gamma di smalti ecologici come anche i colori a dispersione (solubili nell’acqua) , gli smalti di resina naturale, cere e oli densi. Negli interni possono essere usati tranquillamente protettivi per legno a base di cera d’api. Tra i principali tipi di pitture figurano le tempere a colla, facili da usare ed economiche, hanno il difetto di essere poco resistenti all’acqua e il pregio di non impedire la traspirazione. Pigmenti per la colorazione e leganti per la colla sono naturali e vegetali, Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 86 di 145 - in modo da non ammuffire e non creare problemi di fermentazione. Può essere usata per rifinire gli intonaci trattati con calce o gesso. Le pitture a calce sono assolutamente ecologiche, non hanno effetti tossici e non impediscono la traspirazione delle pareti. Sono spesso usate nei locali con presenza di umidità, ma sono ottime anche per la finitura degli esterni. Hanno un’ampia varietà di applicazione, dall’intonaco a calce o a cemento fino ai mattoni, alle pietre naturali con capacità di assorbimento, fino alle lastre di materiale leggero. La migliore qualità delle pitture con leganti ed emulsioni risiede nella capacità idrorepellente e infatti sono di facile ed efficace lavabilità. Proprio per questa caratteristica sono adattissime all’uso esterno perché in grado di resistere agli agenti atmosferici. È ovvio che tale caratteristica dipende da una composizione ottenuta da composti sintetici che possono completamente annullare la traspirabilità di una parete. Questo difetto è caratteristico anche delle pitture ad olio, così come la loro idrorepellenza e resistenza agli agenti atmosferici. SUGGERIMENTI - Valutare se le finiture e le tinteggiature possono essere evitate. - Usare colori con contenuto minimo di solventi dannosi e metalli pesanti. - Arieggiare le stanze durante la tinteggiatura fino al totale essiccamento dei colori. - Evitare di eliminare i resti delle pitture e i resti di smalti induriti con le acque di scarico; non gettarli nei rifiuti domestici ma eliminarli in modo differenziato. - Usare solventi, sverniciatori, soluzioni per pulire i pennelli solo in caso di assoluta necessità. MATERIALI CHE CONTENGONO AMIANTO E MATERIALI IN FIBRE DI CEMENTO L’amianto è stato utilizzato in molti prodotti edilizi per le sue qualità di isolamento termico e acustico. I materiali che contengono amianto si possono dividere in due gruppi fondamentali: - amianto a spruzzo - prodotti in cementoamianto Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 87 di 145 - L’amianto a spruzzo e prodotti simili sono composti per almeno il 60% da amianto legato molto debolmente. Oltre all’intonaco a spruzzo, l’amianto è presente anche in altri rivestimenti, tappetini o lastre usati come isolanti termici e acustici, lastre leggere da costruzione o indumenti ignifughi, corde o anelli per guarnizioni e pavimentazioni. Numerose e gravi le patologie provocate dall’amianto: l’inalazione di polvere fina d’amianto può causare il cancro ai polmoni e il mesotelioma (tumore della pleura). Le fibre di amianto si liberano soprattutto durante la lavorazione, la manipolazione, lo stoccaggio. La quantità di fibre liberata da prodotti d’amianto con lega leggera è in relazione al degrado delle strutture e dei materiali causato anche dagli agenti esterni. Le più alte quote d’emissione si manifestano su pannelli d’amianto senza rivestimenti protettivi. È pericolosa anche la demolizione di edifici e lo smaltimento delle macerie perché si forma una polvere fina ricca di fibre d’amianto. Anche il trasporto e lo stoccaggio dei materiali di demolizione è una continua minaccia di emissioni nocive. Anche molti elettrodomestici, come ad esempio stufe da notte elettriche, radiatori ecc., possono contenere amianto che inquina l’aria degli interni. Ormai sono in commercio prodotti alternativi di cemento in fibre senza amianto. Vengono anche prodotti pannelli per la protezione dal fuoco a base di silicato di calcio con una riduzione di fibre. Sono usati anche isolanti di fibre minerali o pannelli di cartongesso. Si ricorda che la Comunità Europea ha vietato l’uso dell’amianto nel 1993. Anche le leggi italiane (D.M. 277/91, D.M. 257/92 e Decreto Ministero della Sanità 6/8/94) prevedono la bonifica delle strutture in amianto. Per la pericolosità della lavorazione le opere di risanamento e di bonifica dell’amianto a spruzzo devono essere eseguite soltanto da esperti del settore. SUGGERIMENTI - evitare di usare materiali in amianto; esistono materiali alternativi; - prendere contatto con gli uffici addetti per un’identificazione delle fonti di amianto presenti nell’aria; - fare eseguire lavori di risanamento e di eliminazione dell’amianto a spruzzo solo da specialisti; - non gettare nei depositi di rifiuti di cantiere prodotti che contengono amianto. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 88 di 145 - I PROTETTIVI DEL LEGNO Un utilizzo ecocompatibile del legno consiste: - nella scelta di legni adatti e della loro qualità; - negli accorgimenti edilizi e costruttivi; - in un trattamento corretto della superficie; - nell’uso di protezioni chimiche solo in casi particolari; L’uso di prodotti chimici per proteggere il legno dai parassiti (fungicidi e insetticidi) deve essere limitato al massimo per la tossicità che hanno anche rispetto all’uomo. La presenza di funghi o insetti dannosi dipende molto dall’umidità del legno. Per questo è importante la stagionatura in modo da utilizzare solo legno con un grado massimo di umidità pari al 20%. Il legno utilizzato per esterni, esposto agli agenti atmosferici o a contatto con terra e acqua, deve essere ovviamente trattato con sostanze protettive. Alcuni accorgimenti costruttivi possono proteggere il legno dall’umidità e facilitare la fuoriuscita dell’umidità penetrata. Ad esempio: - una perfetta disposizione del tetto per lo scorrimento delle acque meteoriche; è opportuno creare tetti con bordi sporgenti e aprire le finestre in posizione arretrata rispetto alla facciata; - uno zoccolo di almeno trenta centimetri fra il pavimento e le parti in legno; - realizzare pareti in legno ventilate; - grondaie funzionanti; - eliminazione di angoli umidi ; - taglio obliquo delle parti di legno sporgenti. Un corretto trattamento delle superfici del legno richiede un trattamento meccanico della superficie (l’acqua scivola meglio sul legno piallato che sul legno grezzo) unito ad un trattamento chimico della superficie, ad esempio con uno smalto atossico che non contenga biocidi, per creare una superficie liscia e proteggere il legno dalla polvere e dall’acqua. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 89 di 145 - In ambienti salubri e asciutti, l’impiego di essenze del luogo consiste di evitare l’uso di sostanze a protezione del legno. In stanze e luoghi umidi, per esempio in cucina e in bagno, è essenziale ventilare la parete; se si è in presenza di luoghi molto umidi è consigliabile rinunciare all’uso del legno. L’uso di protettivi chimici può essere evitato nei componenti in legno non portanti, o se si prevede una sostituzione periodica degli stessi. Ma anche nelle strutture è possibile evitare l’uso di sostanze chimiche per la protezione se lo si intonaca o lo si riveste con cartongesso. Nel caso in cui una protezione sia indispensabile, si deve evitare l’uso di prodotti contenenti PCP (pentaclorofenolo), arsenico e mercurio o derivati del PCP. I protettivi per il legno a base di miscele di boro sono abbastanza tollerati ma sconsigliati per il legno usato all’esterno, il cui trattamento deve comunque evitare l’uso di carbon fossile o impregnanti di sintesi petrolchimica. Se il legno è già installato (ad esempio nelle travature del tetto), funghi o parassiti possono essere eliminati con metodi ecologici, esponendo per almeno un’ora il legno al vapore caldo ad una temperatura di 55°C. Si ricorda che i residui delle sostanze protettive del legno devono essere smaltiti in modo speciale e che l’incenerimento del legno trattato con protettivi può essere effettuato solo in impianti speciali, con una potenza di almeno 100 kW. SUGGERIMENTI - nella scelta del legno considerare l’uso a cui è destinato; - avvalersi di accorgimenti costruttivi come la sporgenza del tetto, la posizione errata di porte e finestre e la realizzazione di pareti ventilate; - ridurre l’uso di prodotti chimici per proteggere il legno; - usare prodotti che abbiano il marchio di controllo di qualità ecologica; - considerare metodi meccanici e fisici per l’eliminazione di eventuali parassiti; - smaltire in modo differenziato i residui dei prodotti per il trattamento del legno. COLLE Al settore edilizio spetta il 20% del consumo di colle, che vengono usate soprattutto per la posa in opera dei pavimenti. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 90 di 145 - L’inquinamento prodotto dall’uso delle colle contenenti solventi deriva dalle emissioni di idrocarburi liberati dai solventi. Se usate in grande quantità possono causare irritazioni delle mucose, cefalee e capogiri. È quindi molto importante la ventilazione degli ambienti durante la lavorazione. Si ricorda che le colle contenenti solventi devono essere smaltite in modo differenziato. Un’alternativa a questo tipo di colle sono le colle a dispersione povere di solventi; l’unico inconveniente è rappresentato dalla loro inferiore capacità collante, per cui il processo di incollaggio e asciugatura è più lungo con il vantaggio però di non danneggiare la salute e l’ambiente. Nel caso di posa di pavimenti vanno evitati collanti ureici e fenolici. Per la posa dei parquet possono essere usate colle viniliche o alla caseina e per le ceramiche colle all’acqua o alla caseina. SUGGERIMENTI - usare colle povere di solventi. ARGILLA Le più antiche costruzioni in argilla risalgono a circa 800 anni fa e diverse tecniche di costruzione che utilizzano questo materiale sono diffuse in tutto il mondo. L’argilla è un misto di minerali argillosi e sabbia: è quindi un materiale assolutamente ecologico. A seconda della dimensione dei granuli si distingue l’argilla grossa da quella fina; a seconda della quantità di acqua contenuta si distingue l’argilla plastica da quella fluida; il suo peso specifico può variare da 3000 a 200 Kg/mc a seconda dei composti. L’argilla può essere usata come isolante e come elemento per murature. Per la produzione di pareti d’argilla massicce occorre solo l’1% dell’energia necessaria per una parete simile di mattoni o di cemento. Può essere estratta direttamente durante gli scavi di sbancamento per la costruzione, azzerando così i costi di trasporto, carico e scarico. L’argilla non inquina e può essere riportata in natura senza problemi. Una volta asciugata è molto importante assicurare l’isolamento dall’umidità: infatti se resta asciutta crea un clima equilibrato, se diventa umida crea un clima dannoso per la salute. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 91 di 145 - A parte i vantaggi per l’ambiente, l’uso dell’argilla comporta anche alcuni inconvenienti: - le costruzioni con l’argilla devono essere eseguite nelle stagioni calde, perché l’essiccazione deve concludersi prima della gelatura; - costruire con l’argilla richiede anche molta lavorazione. Questo comporta costi più alti o prestazioni particolari sul cantiere. Le imprese che offrono costruzioni con argilla sono rare e le industrie edilizie hanno poco da offrire. L’argilla è quindi un materiale edile tipico delle autocostruzioni. Escludendone la funzione portante, esistono varie tecniche e metodi di utilizzo; per esempio il metodo dell’argilla pestata, della lavorazione dell’argilla bagnata con pani d’argilla, il metodo di costruzione con argilla leggera, o ancora i mattoni d’argilla secca o l’argilla su pali o su grigliato. Oltre che per la produzione di tramezzi, l’argilla può anche essere usata come materiale per il riempimento dei soffitti grazie alla sua alta capacità di isolamento termo-acustico. Nella pavimentazione può essere usata solo se la superficie viene protetta dall’acqua. L’argilla può essere usata anche negli interni, ad esempio possono essere modellati, pestati e murati stufe, cucine e scaffali d’argilla. SUGGERIMENTI - Verificare dove l’argilla può essere eventualmente usata come materiale edilizio. PRODOTTI I N PVC Milioni di tonnellate de PVC (policloruro di vinile) vengono usati annualmente in tutta Europa in diversi ambiti produttivi. Circa il 50% viene impiegato nell’industria edilizia, in particolare nella produzione di tubi, pezzi speciali e telai per finestre. Negli anni 80 i telai per finestre in PVC occupavano circa il 40% del mercato. In decine di impianti in tutta Europa vengono annualmente lavorate tonnellate di PVC con oltre il 50% di emmoliente. L’inquinamento provocato dal PVC deriva dalle parti di emollienti e altri elementi di plastisol che vengono liberati nell’aria. In un’analisi dell’aria presente sopra una pavimentazione in PVC sono state identificate 27 delle 62 sostanze chimiche scoperte liberatesi sotto forma di gas. In caso di incendio i prodotti in PVC sono estremamente dannosi per l’uomo e l’ambiente a causa del loro alto contenuto di cloro; inoltre i residui contengono diossina e furano. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 92 di 145 - I prodotti in PVC possono andare a finire sia nei rifiuti domestici (per esempio le pavimentazioni), sia nelle discariche di rifiuti edilizi (per esempio le finestre). Circa il 6% dei rifiuti domestici è composto da materie plastiche, delle quali il PVC rappresenta il 12/15%. Circa il 50% del cloro presente nell’aria degli inceneritori delle discariche pubbliche è causato da prodotti in PVC. Nello smaltimento dei prodotti in PVC, oltre al contenuto di cloro, sono presenti anche metalli pesanti come il cadmio e il piombo. Prodotti alternativi al PVC sono il legno, le pietre e le materie plastiche maggiormente ecocompatibili come il polietilene, il polipropilene e il linoleum per la pavimentazione. Esistono anche prodotti composti da materie plastiche e gomma riciclate. SUGGERIMENTI - l’uso di prodotti in PVC deve essere studiato per ogni caso specifico. Ad esempio dal punto di vista ambientale il PVC può anche essere considerato positivamente per prodotti che devono durare nel tempo ma per prodotti soggetti a frequenti sostituzioni è consigliato l’uso di prodotti alternativi. TRUCIOLATO A partire dagli anni 50 il truciolato ha sostituito il legno massiccio in gran parte della produzione mobili, di case prefabbricate e nella produzione di vari componenti per l’edilizia. Questo grazie alla sua economicità, alla facilità di lavorazione e alla notevole resistenza a compressione e deformazione in relazione allo spessore. Le lastre di truciolato contengono piccoli pezzi di legno, trucioli e/o materiali fibrosi che vengono pressati insieme con leganti. Questi ultimi contengono soprattutto resina sintetica con varie quantità di formaldeide. Le resine sintetiche usate sono soprattutto resine di urea, melanina, fenolo e formaldeide. Oltre ai mobili, alle sigillature del parquet, agli smalti, anche i truciolati sono una delle fonti più pericolose di inquinamento da formaldeide negli interni. La liberazione di formaldeide sotto forma di gas avviene soprattutto in ambienti molto umidi e caldi. La formaldeide è dannosa per la salute e provoca irritazioni delle mucose (inalazione), mal di testa e reazioni allergiche (contatto con la pelle). C’è anche il sospetto che la Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 93 di 145 - formaldeide sia cancerogena. L’alternativa al truciolato con collanti contenenti formaldeide sono i truciolati impastati con cemento, magnesite e gesso. Sui truciolati esistenti si possono applicare coperture o pitture per ridurre o evitare la liberazione dei gas pericolosi. SUGGERIMENTI - usare truciolati senza formaldeide; - coprire o pitturare i truciolati già esistenti. PIETRE Esempi di pietre naturali sono il marmo, il granito, i tufi, i calcari, i calcareniti. Le pietre artificiali sono i mattoni, le ceramiche , le piastrelle, il calcestruzzo ecc. Le pietre naturali sono normalmente dei buoni conduttori e accumulatori di calore, non sono infiammabili e non si caricano elettrostaticamente. In genere non hanno una buona capacità di isolamento termico; sono quindi inadatti per la costruzione di murature, a meno che non si usino spessori consistenti. Le pietre vengono usate soprattutto per pavimenti, facciate, davanzali, sia per interni che per esterni. Solo durante la lavorazione le pietre possono rappresentare un pericolo per la salute. Infatti la levigatura produce una polvere di pietruzze che, se inalata in certe quantità, può danneggiare i polmoni. Il riciclaggio di pietrame usato è quasi sempre possibile ma ovviamente richiede un dispendio di energia in termini di ore/lavoro. Inoltre, al contrario delle pietre artificiali, che spesso provengono dalla regione stessa in cui vengono prodotte, per la pietra naturale bisogna anche considerare le spese di lunghi trasporti. Le pietre artificiali si dividono in laterizi e in mattoni prodotti con l’utilizzo di leganti. I laterizi contengono materie minerali naturali come l’argilla, la creta, la sabbia e la calce. La cottura e il processo di vetrificazione dei laterizi comportano un grande consumo di energia (circa 500-1750 kWh/mc) e, a seconda del metodo di cottura, un inquinamento dell’aria per le emissioni di anidride solforosa, combinazioni di fluoro sotto forma di gas e polveri silicogene. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 94 di 145 - I laterizi, avendo una buona capacità di accumulare calore, sono utilizzati per la costruzione di pareti e coperture. I mattoni che per la loro produzione richiedono leganti sono quelli composti da sabbia, calce e cemento. La ghiaia, la sabbia, la breccia o il pietrisco vengono mescolati con leganti come il cemento o la calce; vengono aggiunti anche materiali porosi come il polistirolo e l’alluminio. Ad eccezione delle pietre contenenti polistirolo (dannose per la salute perché liberano gas di idrocarburi), i mattoni artificiali in calce e cemento contengono materie prime naturali. Per la loro produzione il consumo di energia è di circa 200/720 kW/mc. Dal punto di vista ecologico il cemento viene valutato in modi molto diversi da biologi e costruttori. Infatti durante la produzione del cemento si liberano prodotti tossici e, una volta in opera, presenta la restituzione lenta di umidità. D’altra parte il cemento ha una proprietà positiva, cioè la versatilità nelle costruzioni, la capacità di realizzare strutture importanti e grandi coperture e la possibilità di ricevere additivi di varia natura (p.e. pomice e argilla espansa) per renderlo osmotico o maggiormente traspirante. SUGGERIMENTI - Usare pietre del luogo quando presenti. CARTE DA PARATI Il clima interno di un edificio è un elemento fondamentale del benessere delle persone e dipende dalla temperatura, umidità e qualità dell’aria. Le carte da parati sono materiali determinanti per il clima interno, perché assorbono e rilasciano vapore. Le carte da parati possono essere composte da carta, materiali sintetici, tessili, metalli, erba e sughero. Quelle che contengono vinile e altre fibre sintetiche (acriliche) influiscono negativamente sulla traspirazione del muro, provocando non solo un aumento di umidità dell’aria (soprattutto nel bagno e in cucina) ma anche la formazione di funghi. Possono anche liberare gas di formaldeide. Poiché le carte da parati sintetiche si caricano velocemente di elettrostaticità, trattengono molta polvere e attirano parassiti e funghi che, in un calo di tensione, tornano nell’aria e diventano fattori inquinanti. La carta da parati a base di composti vegetali e sughero è abbastanza tollerabile, anche se può provocare reazioni allergiche in persone ipersensibili. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 95 di 145 - Esistono parati ecologici in fibre grezze in cui la percentuale di carta riciclata nelle fibre grezze è almeno dell’80%. Al contrario di altre carte da parati, quelle in fibre grezze devono in genere essere dipinte. Le comuni colle per carta da parati sono solubili in acqua e non contengono solventi. Per eliminare la carta da parati dai muri esistono una serie di sostanze chimiche, anche se una miscela di detersivo per piatti e acqua ha la stessa funzione de è anche più economica. Una volta rimossa, soprattutto se attraverso l’uso di solventi chimici, dovrebbe essere smaltita in raccoglitori speciali. SUGGERIMENTI - evitare di applicare carta da parati a causa delle conseguenze negative sul clima interno; - eventualmente usare carta da parati in fibre grezze e in carta riciclata che non ostacolano la traspirazione dei muri; - smaltire i resti delle carta da parati in modo ecologico. LEGNI TROPICALI La veloce distruzione delle foreste tropicali non rappresenta solo un furto di questa materia prima, ma ha anche conseguenze negative sull’ecologia regionale e globale. Le foreste tropicali coprono circa il 6% della superficie della Terra; il loro valore come biotopo è inestimabile perché ci vivono il 60-70% di tutte le specie di flora e fauna. Poiché il sistema ecologico delle foreste tropicali dispone di un’enorme quantità d’acqua, preservarle significa anche salvaguardare le condizioni climatiche globali, dipendenti in gran parte proprio dalle foreste tropicali. Incendi, spesso dolosi, distruggono grandi estensioni di foreste tropicali; il taglio del legno incide solo parzialmente nella loro distruzione ma contribuisce significativamente al loro degrado perché implica la costruzione di insediamenti, collegamenti stradali e stazioni commerciali e anche la probabilità di completi disboscamenti, giustificati dall’esigenza di coltivazioni estensive per i nuovi insediati e l’esportazione. Circa il 5% dei legni abbattuti sono destinati all’esportazione. Circa la metà del legno tropicale importato viene utilizzato nella produzione di mobili e nell’edilizia. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 96 di 145 - Una caratteristica dei legni tropicali e dei loro derivati è rappresentata dalla loro maggiore durata rispetto ad altri legni. Esempi di legni tropicali sono il mogano, il khaya, il palissandro, il merenti, il teak e il bongossi. Anche se con caratteristiche diverse, i legni locali, opportunamente trattati e possibilmente prodotti in aree controllate e destinate a continui rimboschimenti in relazione ai tagli effettuati, possono sostituire egregiamente i legni tropicali. Adottare il boicottaggio delle importazioni o degli acquisti non è un metodo intelligente per salvare le foreste tropicali. La mancata possibilità di commercio diminuirebbe l’interesse verso i Paesi in via di sviluppo e bloccherebbe i finanziamenti per l’organizzazione di aree coltivabili. Si tratta piuttosto di introdurre dei sistemi di contenimento delle coltivazioni attraverso un ciclo intensivo e pianificato, diminuendo così la necessità di distruggere le foreste per creare terreno coltivabile. SUGGERIMENTI - usare legni locali. PAVIMENTI E ALTRE FINITURE Se si devono sostituire i pavimenti, bisogna evitare di posarli sopra quelli esistenti. Se proprio non c’è la possibilità di procedere alla rimozione del vecchio, è importante che così facendo non si appesantisca troppo il solaio del locale interessato, compromettendone la capacità di portata; questa verifica è indispensabile per i vecchi solai in legno e comunque ostacola la traspirazione del locale. Le moquette sintetiche vanno eliminate o sostituite con altre in lana o fibre naturali. Una costante e profonda pulizia è comunque necessaria per evitare l’accumulo di elementi patogeni. In caso di applicazione di stucchi ci si deve assicurare che siano composti da elementi naturali, garanzia di un prodotto sano e duraturo, e che siano certificati secondo qualità Tra i materiali per rivestimenti, molto interessante e assolutamente naturale è il linoleum. Nasce in Inghilterra dove viene prodotto già dal 1860 attraverso la composizione di tre materiali: un telo di juta, olio di lino, polvere di sughero. L’industria attuale ottiene il prodotto additivandolo anche con pigmenti per la colorazione e con gomma di kauri, e confezionandolo in rotoli con spessori variabili dai 2 ai 6mm. Adatto per pavimenti e Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 97 di 145 - rivestimenti, è resistente all’usura ed adattissimo per ospedali, scuole e luoghi pubblici bisognosi di disinfezione continua. MATERIALI PER L’ISOLAMENTO ACUSTICO E TERMICO I componenti scelti per le facciate murarie e vetrate incidono sul risparmio energetico e sull’isolamento acustico dell’abitazione. La scelta degli isolanti deve non solo rispettare i requisiti del risparmio energetico e dell’economicità, ma anche la tollerabilità da parte della salute dell’ambiente e cioè i cicli di produzione e di smaltimento dei materiali. I tradizionali materiali isolanti sono: lana di vetro, lana di roccia (insieme a leganti e solventi organici), ma soprattutto materiali d’espansione (schiume). Vengono suddivisi in due categorie: materiali d’espansione dura e materiali d’espansione morbida. Nell’isolamento termico si usano soprattutto materiali d’espansione dura. Come propellenti vengono utilizzati gas come l’anidride carbonica e l’azoto ma soprattutto clorofluorocarburi (CFC), pentano e in minor misura clorocarburi. Gli isolanti usati in edilizia e contenenti CFC continuano a rilasciare sostanze tossiche anche dopo molto tempo. Né il riciclaggio né lo smaltimento dei CFC sono controllabili. Esistono alternative all’uso di isolanti a base di CFC. Ad esempio invece della schiuma di polistirolo estruso si può usare schiuma di polistirolo espanso. Per isolare l’edificio dall’umidità e dall’acqua si possono usare schiume di vetro (in particolare quelle prodotte dal vetro usato) e isolanti in carta riciclata non trattata chimicamente, da qualche tempo sul mercato. Il miglioramento delle tecnologie dei componenti per l’isolamento termico, generalmente basate sull’esistenza di microcavità d’aria nello spessore del materiale ridotto a pochi centimetri, contrasta con un efficiente isolamento acustico, che richiede uno spessore maggiore. Lastre leggere di lana di legno o altre lastre simili che vengono posate a cemento per intero o con rinzaffi per punti, peggiorano la qualità dell’isolamento acustico se le lastre sono ad esempio coperte da intonaci o da altre lastre, da piastrelle ecc. Migliorare l’isolamento acustico significa distaccare l’isolante termico dal muro avvitando le lastre isolanti ad un’orditura di supporto sui soffitti e sui muri. Riguardo alle finestre ad isolamento acustico, che hanno bisogno di una chiusura perfettamente ermetica di tutti i componenti del serramento, devono avere un dispositivo Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 98 di 145 - di ventilazione continua naturale ed acusticamente isolata per evitare di ricorrere alla ventilazione forzata. Va ricordato che il calore disperso tramite finestre e vetrate può corrispondere anche ad un terzo dell’intera dispersione termica di un edificio. Devono quindi essere adottati vetri termici superisolanti. Infatti il componente a cui prestare maggiore attenzione per l’isolamento termoacustico è il vetro mentre il materiale del telaio incide pochissimo nell’isolamento termico ed è praticamente irrilevante per l’isolamento acustico. Le qualità dei materiali isolanti naturali permettono all’edificio di respirare pur mantenendo un ottimo livello di isolamento termoacustico con un basso coefficiente di conducibilità termica; non permettono la proliferazione di funghi, batteri e microrganismi perché permeabili al vapore e con un equilibrato rapporto di igroscopicità; sono elettricamente neutri, lasciando inalterato il campo magnetico naturale terrestre che è positivo per l’organismo umano; sono inattaccabili da ratti ed insetti, inalterabili nel tempo, resistenti al fuoco, non radioattivi. Sono inoltre riciclabili, biodegradabili, non depauperano le risorse e l’ambiente. SUGGERIMENTI - usare isolanti privi di CFC (per esempio polistirolo espanso, EPS); - per isolamenti esterni di cantine o per locali con forte presenza di umidità usare schiuma di vetro; - evitare uno stretto contatto fra gli isolanti ed i muri per non peggiorare l’isolamento acustico; - nell’isolamento acustico di finestre usare vetro isolante a più strati. Ecco alcune descrizioni, con le relative caratteristiche, dei principali isolanti naturali. IL LATERIZIO Il laterizio ha ottime capacità di assorbimento dell’acqua unita alla caratteristica di veloce evaporazione dell’acqua assorbita. Sono proprio queste due caratteristiche, capacità di assorbimento e velocità di evaporazione ed espulsione dell’acqua, ad aumentare o meno la capacità di isolamento di un materiale. Tuttavia il laterizio, in rapporto al calcestruzzo, ha una maggiore permeabilità rispetto alle radiazioni naturali e per questo Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 99 di 145 - ha il difetto di poter presentare valori di radon eccessivi. È un materiale naturale ma a volte, purtroppo, vengono usati additivi tossici nell’impasto che provocano di conseguenza la necessità di un controllo qualitativo del prodotto finito. SUGHERO Estratto dalla corteccia della quercia da sughero, è un materiale spugnoso, molto leggero ed elastico, e possiede naturali proprietà ignifughe. La lavorazione delle placche prevede un iniziale stoccaggio per ridurre la loro naturale curvatura; successivamente le placche vengono poi sottoposte a bollitura per aumentarne la caratteristica di elasticità. Il suo naturale e più diffuso utilizzo è come materiale termoisolante grazie alla capacità di mantenere costante la propria temperatura sia con alte che con basse temperature ambientali. Ha anche caratteristiche di isolamento acustico e per la sua qualità di materiale imputrescibile e impermeabile è adatto anche in locali in presenza di forte umidità. FIBRA DI COCCO Deriva dalla separazione dal guscio e dalla successiva immersione in acqua per vari mesi per eliminare la parte putrescibile, viene poi lavorata fino ad ottenere filamenti sottili. La fibra finale che si ricava dalla lavorazione finale è imputrescibile, inattaccabile da funghi e tarme e resistente all’umidità. Oltre ad essere un ottimo isolante termoacustico, è anche ignifuga. YUTA Dagli steli della pianta si ottiene la fibra attraverso un processo di macerazione. Può essere usata per il riempimento delle intercapedini dei telai di porte e finestre come alternativa alle schiume sintetiche. È anche un buon isolante acustico per rumori da calpestio. LANA NATURALE È un materiale che posto in opera in materassine è adatto all’isolamento termico delle coperture e possiede anche qualità di isolamento acustico. Il suo alto costo e l’attaccabilità da parte dei parassiti ne consigliano l’uso solo in situazioni particolari. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 100 di 145 - LA POMICE Per la sua struttura alveolare che le conferisce straordinaria leggerezza e proprietà di coibenza termoacustica è usata come inerte leggero per la produzione di calcestruzzi e blocchi microporizzati e come isolante di sottofondo. VERMICULITE ESPANSA Così detta perché sottoposta, dopo l’estrazione in blocchi irregolari, ad una cottura ad alte temperatura (tra 800 e 1100°C) grazie alla quale subisce una espansione variabile rispetto al materiale estratto in partenza e comunque compresa tra 20 e 50 volte l’originario volume. Una volta pronta, resiste fino a temperature di 1000°C ed è utilizzata per il confezionamento di intonaci antincendio, per il confezionamento, come inerte leggero, di calcestruzzi, per il riempimento di intercapedini e per i massetti di sottofondo. ARGILLA ESPANSA Il nucleo interno ha una struttura cellulare chiusa e dopo la cottura dell’argilla in granuli di varie dimensioni forma una scorza esterna dura e resistente. È un ottimo isolante termico ed acustico, non si deteriora, non marcisce e restando inalterata nel tempo è usata per alleggerire il calcestruzzo e come isolante. FIBRA DI CELLULOSA È un ottimo materiale per realizzare isolamenti di pareti tramite insuflaggio di cellulosa (composto per 80% da giornali riciclati e con additivi chimici che eliminano il rischio di incendio). Subisce tutta una serie di trattamenti minerali per preservarla dai batteri, dai ratti e dai funghi, non contiene amianto e formaldeide, non ha odore. In virtù delle microscopiche celle d’aria permette la traspirazione dell’edificio lasciando asciutte pareti e soffitti. PERLITE RIOLITICA È un vetro vulcanico che ancora non ha subito processo di cristallizzazione. Di struttura sferica, caratterizzata da presenza di micropori e cellule chiuse è un prodotto inorganico e stabile, altamente poroso con elevata traspirabilità e chimicamente inerte. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 101 di 145 - Durante la lavorazione non vengono emesse sostanze tossiche e con la sola aggiunta di resine saponose si ottengono calcestruzzi alleggeriti per realizzare massetti a essiccazione rapida. Ha una buona capacità di isolamento termoacustico e buona resistenza al fuoco per cui viene utilizzata anche per intonaci a protezione antincendio. VETRO CELLULARE ESPANSO Durante il processo di fusione il vetro viene sottoposto ad espansione ottenendo come risultato un materiale alveolare leggero. Impermeabile ed incombustibile, resiste alla compressione e alle altre temperature. Rigido ed inalterabile con elevata caratteristica di isolante è anche imputrescibile e non contiene gas tossici o inquinanti. Può essere utilizzato per isolare coperture piane e lastrici solari, rivestimenti di condutture, murature di contenimento ed interrate. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 102 di 145 - Altre fonti di inquinamento Inquinamento Acustico Il rumore era sino a poco tempo fa una delle fonti di inquinamento meno riconosciute e controllate e solo da poco è stato riconosciuto come una grave minaccia per la salute e per il benessere psico-fisico dell’uomo e sono state quindi elaborate ed approvate leggi che regolamentano i livelli di rumore ed i suoi limiti di tollerabilità. Di seguito si evidenziano le principali enunciazioni di legge relative a questa fonte di inquinamento: D.P.C.M. 18/09/1997 (determinazione dei requisiti delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante; D.P.C.M. 14/11/97 (determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore); D.P.C.M. 5/12/1997 (determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici); Legge 26/10/1995 n° 447 (legge quadro sull’inquinamento acustico); Decreto 16/03/98 (tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico); Decreto 26/06/1998 n° 308 (regolamento recante norme di attuazione della direttiva 95/27/CE in materia di limitazione del rumore dei mezzi da cantiere. Il vero problema è che a fronte di tutta questa produzione legislativa, non è seguita una concreta attività di monitoraggio, controllo ed eliminazione dell’inquinamento del rumore. Il libro verde della Comunità Europea individua in 65 dB un riferimento oltre il quale vi è una grave compromissione della qualità dell'ambiente. Tuttavia, il limite rispetto al quale valutare lo stato di degrado delle aree scolastiche, è molto più basso ed è fissato dalla normativa nazionale, in base alla classificazione acustica del territorio comunale peraltro richiesto dalla legge quadro 447/95, come prima tappa dei compiti in materia di inquinamento da rumore, spettanti alle Amministrazioni locali. La classificazione acustica prevede che i limiti nelle diverse aree, varino in funzione della caratterizzazione urbanistica del territorio, suddiviso allo scopo in sei categorie. I limiti per ciascuna zona sono fissati nel DPCM del 14/11/97. Nel caso di aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione, come le scuole, è prevista la I classe, con limiti 50 dB diurni e 40 dB Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 103 di 145 - notturni, lì dove questi vengono superati si evidenzia una situazione di manifesto degrado, peraltro frequente in ambito urbano. Ciò detto, i criteri per la zonizzazione acustica dei Comuni (Deliberazione del Consiglio Regionale della Toscana del 22/2/00) sottolineano come l'individuazione di aree in I classe, vada fatta con estrema attenzione, dopo averne accertata la sostenibilità, dati i limiti particolarmente bassi. Tale scelta, si aggiunge, verrà adottata soltanto ove questa sia effettivamente indispensabile al corretto utilizzo delle strutture. I parchi e i giardini adiacenti a tali strutture, specialmente se integrati con la funzione educativa delle stesse, qualora siano difendibili dall'inquinamento acustico delle aree circostanti, potranno essere oggetto di una classificazione più protettiva rispetto a quella dell'immobile anche valutando la possibile adozione di opportuni piani di risanamento. Inoltre, a parziale deroga a una rigida classificazione in I zona, le linee guida regionali prevedono che, qualora alcune parti dell'immobile richiedano una particolare tutela, è legittimo classificare l'area nella classe superiore, purché si faccia menzione della necessità di maggiore tutela per le parti o le facciate sensibili. Ciò detto, tutti gli interventi da prevedere andranno tesi nella direzione del più basso livello di rumore ambientale possibile, anche in vista della futura zonizzazione dei Comuni nonché dei piani di risanamento acustico che questi dovranno necessariamente adottare (art. 7, l. 447/95) Possibili interventi di bonifica Il rumore derivante da traffico veicolare nei centri urbani, ha caratteristiche tali che la ricerca di un intervento tecnico risolutore del problema, risulta spesso fuorviante. In alternativa a un approccio eccessivamente semplicistico, l’obbiettivo di mitigare l’incidenza del rumore, potrà essere raggiunto con la realizzazione e l’integrazione di molteplici provvedimenti, di natura tecnica e amministrativa. Alcuni di questi rappresentano strategie di natura globale, che consentirebbero di migliorare il clima acustico di una vasta area, mentre altri sono di efficacia locale. Di seguito, si segnalano alcuni interventi possibili: Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 104 di 145 - - Riassetto della viabilità complessiva, finalizzati a migliorare il “clima acustico” di un ambito urbano; - L’obbiettivo precedente può essere raggiunto anche attraverso una diversa sagomazione della sede stradale in corrispondenza dell’ambito prescelto (sezione stradale ridotta e/o chicane), oppure prevedendo il controllo automatico della velocità in un tratto che comprenda l'area di interesse. Questi provvedimenti avrebbero inoltre il vantaggio di consentire un più sicuro attraversamento pedonale, anche da parte dei cittadini. - Utilizzazione di attraversamenti pedonali ben visibili, anche utilizzando un dosso pedonale di notevole estensione al pari con il marciapiede, volto a garantire una area sicura e a ridurre la larghezza della sede da attraversare. Una tale misura avrebbe in aggiunta il benefico effetto di ridurre la velocità dei veicoli. - Stesura di asfalti drenanti - fonoassorbenti a doppio strato; - Sostituzione degli infissi con “finestre fonoisolanti ventilate”. - Inserzione di barriere acustiche per tutelare le aree adibite a giardino ed in prossimità degli edifici scolastici o altri edifici pubblici. Di seguito vengono meglio descritti solo questi ultimi due punti in quanto questi interventi, e l’inserimento di barriere in particolare, rappresentano certamente il provvedimento più efficace per risanare un’area circoscritta. Valutazione di barriere Per la valutazione delle barriere si può fare riferimento alla norma ISO 9613-2, nella quale viene fornito l’algoritmo di calcolo per determinare l’attenuazione prodotta da una barriera, inserita fra una sorgente schematizzata come puntiforme, e il ricevitore. Tale norma prende in considerazione solamente il fenomeno della diffrazione del suono alle estremità della barriera (perdite d’inserzione) trascurando la propagazione delle onde acustiche attraverso il corpo dello schermo interposto. L’ammontare di energia sonora che si trasmette per questa seconda via, è funzione del cosiddetto potere fonoisolante, la cui entità dipende dai materiali utilizzati e dalle soluzioni tecniche di realizzazione. Il rumore residuo, a valle della barriera, dovuto alla componente trasmessa per via strutturale è generalmente molto minore di quello ottenuto per diffrazione sullo spigolo Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 105 di 145 - superiore. Pertanto, la bonifica mediante inserimento di barriere, potrà tenere conto soltanto di quest’ultima modalità di propagazione del suono, supponendo trascurabile il rumore proveniente per altra via. Per questo, esiste una semplice regola di carattere generale a cui si può in prima approssimazione fare riferimento: l’indice di fonoisolamento dei pannelli deve risultare di almeno 10 dB superiore all’attenuazione che si prevede di ottenere per semplice diffrazione. Per quanto riguarda l’abbattimento sulle perdite per inserzione, esso dipende dalla porzione di superficie della barriera compresa fra l’estremità dello schermo e il punto in cui la linea sorgente – ricevitore interseca il piano dello schermo: quanto maggiore è questa porzione, tanto maggiore sarà l’abbattimento. Se ne ricava alcune indicazioni di buona tecnica e in particolare l’opportunità di collocare i dispositivi di protezione acustica il più possibile vicini alla sorgente. Per la valutazione delle barriere, devono essere fatte alcune ipotesi, relativamente alla loro altezza, una volta rappresentate opportunamente le fonti di disturbo. Il rumore prodotto dal traffico veicolare può essere schematizzato come una sorgente lineare collocata al centro della strada e posta ad una certa altezza rispetto a questa (40 cm nel caso dei veicoli leggeri. Tale modello comporta di adattare l’algoritmo della norma ISO che prende in esame solo il caso di una singola sorgente puntiforme. Per questo, la linea di traffico è stata rappresentata come una distribuzione discreta di sorgenti elementari, poste a distanza fissa, piccola rispetto al cammino sorgente – ricevitore. La formula di calcolo è può quindi essere applicata iterativamente a tale distribuzione, e i contributi relativi a ogni singola sorgente puntiforme, possono essere sommati per ottenere l’abbattimento complessivo della barriera. Le altre valutazioni da condurre riguardano gli aspetti connessi al dimensionamento, geometria e collocazione degli interventi. In particolare i seguenti parametri: altezza e lunghezza della schermatura. Le simulazioni da effettuare devono prendere in esame almeno tre diverse altezze delle barriere, al fine di ottimizzarne l'ingombro, pur garantendo la necessaria efficacia acustica. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 106 di 145 - I risultati di una generica simulazione sono mostrati in figura 1, dove l'attenuazione è valutata in funzione della distanza dalla schermatura. 10.0 attenuazione barriera (dB) 9.0 8.0 7.0 6.0 5.0 4.0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 distanza barriera - ricevitore (metri) 1.5 m 2m 2.5 m Figura 1: Abbattimento dovuto all’inserimento di una barriera di altezza 1.5 metri, 2 metri e 2.5 metri, a distanza via via crescente da essa. Il grafico consente di stimare l'efficacia degli interventi in tutta l'area di fruizione man mano che ci si allontana dalle barriere e quindi dalla sede stradale che costituisce la sorgente di rumore. In altre parole, la stima effettuata, anziché riguardare un singolo punto di test, può coprire l'estensione di tutto l’intorno del sito oggetto di intervento. I valori di attenuazione riportati in figura 1, sono stati calcolati ipotizzando una schermatura molto estesa, tale cioè da coprire l'angolo con cui il ricevitore vede la linea di traffico, prossimo a 180°. La valutazione dell'attenuazione introdotta a seguito dell'adozione di barriere, fornisce tuttavia ancora un'informazione parziale sull'adeguatezza o meno dell'intervento, ovvero se esso sia in grado di riportare i livelli di rumore entro i limiti previsti per la classe più bassa. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 107 di 145 - Per evidenziare questo aspetto, può essere applicato un algoritmo di propagazione del campo sonoro, al fine di stimare i livelli che è possibile aspettarsi nel sito. Il modello assunto è quello contenuto nella norma ISO 9613-2, prima richiamata. In esso, si tiene conto dei vari effetti che influenzano la propagazione del suono, che è supposta avvenire in condizioni favorevoli. Su piccole distanze è possibile trascurare l'attenuazione dell'aria, e tenere in conto solo il cosiddetto "effetto suolo" e la presenza di ostacoli interposti (barriere). La figura 2 riporta i livelli predetti dall'algoritmo ISO, avendo utilizzato come dato di origine per implementare il calcolo, la misura effettuata nel punto B di tabella 1, ovvero quella più prossima alla sorgente. 70 livelli sonori (dBA) 65 60 55 50 45 0 2 4 6 senza barriere 8 10 12 distanza (metri) barriera 1.5 14 barriera 2 16 18 20 barriera 2.5 Figura 2: Livelli sonori previsti a distanza progressiva dalla sorgente, trasversalmente ad essa. Le distanze sono misurate dalla perimetrazione esterna del sito. Le tre curve relative alle barriere sono state determinate applicando le corrispondenti attenuazioni di figura 1. Dal grafico, si vede che anche utilizzando una schermatura alta 2.5 metri, non si raggiunge mai il valore limite della I classe, indipendentemente dalla distanza. In altre Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 108 di 145 - parole, tutto lo spazio rimane sovraesposto, se pur con livelli molto più bassi rispetto a quelli iniziali. Soluzione da adottare. Si suggerisce pertanto di impiegare barriere non inferiori a 2 metri di altezza, ben consapevoli che questo non costituisce un intervento risolutore. Un tale provvedimento, infatti, potrà conseguire l'obbiettivo di rispettare i limiti della prima classe, solo programmando fin da subito altre misure di mitigazione mirate alla sorgente, da prevedere nell'ambito del piano comunale di risanamento acustico. D'altra parte, la semplice adozione di barriere, pur apportando un significativo contenimento dell'inquinamento nell'area esterna che si trova sul piano strada, non protegge affatto gli eventuali piani superiori a quello terra della scuola, a meno di non utilizzare una schermatura molto alta, che di solito si sconsiglia per non avere non desiderate riduzioni del livelli di illuminazione naturale. Acustica dei locali Oltre alle problematiche legate all’inquinamento esterno, devono essere considerate quelle relative agli ambienti interni in modo da poter determinare la qualità acustica dei locali, in termini di tempo di riverberazione. Per i limiti di questo parametro, il DPCM del 5/12/97, "Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici", rimanda alla circolare del Ministero dei lavori pubblici n° 3150 del 22/5/67, Le due normative citate sono attualmente coesistenti, quindi non sono chiari i limiti massimi a cui fare riferimento, fermo restando il metodo di misura adottato. Il protocollo seguito per determinare i tempi di riverbero, prevede di collocare una sorgente sonora all'interno del locale da esaminare; essa emette un rumore di elevata intensità e viene messa in funzione per alcuni secondi, sufficienti a saturare l'ambiente in questione. Un analizzatore di spettro inizia a registrare il rumore ambientale dal momento dello spegnimento della sorgente, caratterizzandone così le modalità di decadimento nel tempo. L'acquisizione viene fatta in bande di ottava centrate in 125, 250, 500, 1000, 2000 e 4000 Hz. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 109 di 145 - Il tempo di riverbero viene calcolato mediante interpolazione. Nei locali eventualmente presi in esame, tale parametro può essere ottenuto dalla media delle misure effettuate in tre punti diversi, distanti fra loro più di 1.5 metri e, in ciascun punto si andrà a calcolare il tempo medio su due prove successive. La scelta dei locali dove effettuare le misure dovrebbe essere stata indirizzata sugli ambienti più vasti (volumi maggiori) ovvero su quelle situazioni dove a priori è possibile aspettarsi i tempi di riverbero più alti Supponendo di eseguire una generica misurazione che produca il caso di monitoraggio evidenziato nei grafici allegati ed in cui i dati di misura vengono confrontati con i valori "ottimali" previsti dal DM 18/12/75. Come si vede, il tempo di riverbero risulta ampiamente superiore ai limiti fissati da entrambe le normative citate in precedenza, ad eccezione dell'aula presa in esame che risulta conforme a quanto prescritto nei due decreti, e nella quale, come nelle altre, è già è presente una contro soffittatura fonoassorbente. In quest'ultimo caso, è stato stimato anche il livello critico secondo Houtgast, ovvero un indice per valutare la possibilità di udire correttamente una lezione tradizionale. In base a una relazione valida per le aule scolastiche, che lega il tempo di riverbero ed il volume del locale, è possibile determinare un livello sonoro "critico", oltre il quale il rumore di fondo riduce la comprensibilità del parlato (misurata come indice di articolazione. Soluzione da adottare nel caso in cui degli ambienti presentano problemi di tipo acustico Per poter garantire una funzionalità piena degli ambienti con le finestre chiuse durante tutto l’anno risulta utile sostituire gli infissi di tipo tradizionale con “finestre fonoisolanti ventilate” ovvero costruite con feritoie afone che consentono il passaggio dell’aria senza immissione di rumore. Inoltre potrebbe essere necessario installare controsoffittature fonoassorbenti, riguardo al cui dimensionamento si danno le indicazioni che seguono. In base all'acustica di Sabine, il tempo di riverbero e la superficie assorbente equivalente di un locale, sono legati da una ben nota relazione, con la quale è possibile determinare quante unità fonoassorbenti occorre introdurre per raggiungere i valori ottimali del DM 18/12/75. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 110 di 145 - I risultati di una valutazione esemplificativa sono contenuti in tabella 2, dove per ciascun locale, viene stimata l’area assorbente attualmente disponibile e quella ottimale che produrrebbe il raggiungimento del limite fissato. Il calcolo è stato condotto in funzione delle bande di frequenza comprese fra 125 e 4000 Hz. Superficie equivalente assorbente (m2) Locale 1 2 3 4 5 6 presente ottimale presente ottimale presente ottimale presente ottimale presente ottimale presente ottimale 125 Hz 250 Hz 500 Hz 1000 Hz 2000 Hz 4000 Hz 17 34 43 83 56 57 37 61 23 24 34 18 16 42 48 104 55 71 37 76 21 30 37 23 17 49 43 121 53 83 35 89 22 35 37 27 19 56 45 138 55 95 35 101 24 40 40 31 22 59 51 145 62 100 35 107 28 42 45 32 31 56 62 138 72 95 42 101 32 40 46 31 Tabella 2: Stima degli interventi da prevedere nei vari locali. Il dimensionamento dei pannelli da inserire, deve essere effettuato calcolandone l’area in base alla seguente formula Ai = Si αi , 1 dove Ai rappresenta l’area (m2) da determinare, Si è la superficie ottimale riportata in tabella 2 e αi il coefficiente di assorbimento acustico del materiale che si intende utilizzare. Tale parametro è caratteristico della particolare soluzione tecnica che verrà messa in opera, e può essere fornito dal costruttore, che lo certifica. L’indice corrente i individua le singole bande di frequenza prese in esame. La stima dell’area fonoassorbente, infatti, dovrà essere estesa a tutta la gamma 125 – 4000 Hz, ovvero il rispetto dei requisiti dovrà essere garantito in corrispondenza di tutte le bande di ottava considerate. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 111 di 145 - Nel valutare l’estensione dei pannelli da utilizzare per le controsoffittature, è opportuno non limitarsi allo stretto necessario, ricavato sulla base dell’equazione 1, tenendo conto di un certo margine di tolleranza. L’INQUINAMENTO DA RADON Il radon e' un gas radioattivo presente nel suolo e nei materiali da costruzione una volta prodotto tende a diffondersi nelle abitazioni. Quando viene inalato, decade emettendo particelle radioattive ed aumenta il rischio di cancro ai polmoni. L'Organizzazione Mondiale della Sanità, l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro e l'EPA hanno classificato il Radon come uno dei 75 agenti di cui vi è evidenza certa di cancerogenità per l'uomo. Il radon decade velocemente emettendo particelle radioattive (alfa) le quali anche legandosi al particolato presente nell'aria, si fissano sulle superfici del tessuto polmonare. Le radiazioni così emesse, danneggiano il DNA cellulare, lunghe esposizioni al radon sono causa certa di cancro. Come il radon entra negli ambienti Il radon si espande liberamente nell'atmosfera e di solito in ambienti aperti non raggiunge mai concentrazioni considerate pericolose. Negli ambienti chiusi quali le abitazioni ed i luoghi di lavoro si concentra risalendo dal sottosuolo ed entrando attraverso il contatto terreno fondazioni tramite fessure anche microscopiche. Il radon e' presente anche nei materiali da costruzione provenienti da terreni particolarmente ricchi di uranio ed in alcuni casi nelle acque. La legislazione Italiana Il Decreto Legislativo 241 del 26 Maggio 2000, rappresenta l’attuazione della Direttiva 96/29/Euratom in materia di protezione sanitaria della popolazione contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 112 di 145 - Tale decreto prevede, tra l’altro, l’individuazione delle attività lavorative e dei luoghi in cui esiste un reale pericolo di esposizione a prodotti di decadimento del radon e del toron. Per quanto riguarda le abitazioni private non esiste un obbligo di legge, ma nel 1990 sia la ICRP (International Commission on Radiological Protection) che la Commissione Europea hanno raccomandato che non venga superato il limite di 200 Bq/m3 nelle abitazioni di nuova costruzione e di 400 Bq/m3 in quelle esistenti e che vengano prese immediate misure qualora il presente limite sia superato. Come si misura il radon Esistono diversi modi per misurare la presenza di radon nelle abitazioni, si possono eseguire con strumenti e dosimetri passivi. I primi danno una misura puntuale e immediata, spesso sono utili per approfondire l’indagine o per eseguire uno screening veloce, di contro non danno una misura mediata nel tempo (a meno di non immobilizzare uno strumento assai costoso in un solo luogo per molti giorni). I dosimetri passivi, molto economici, danno invece una media misurata durante il periodo di esposizione (da due settimane a tre mesi), ne esistono di vari tipi, ma i dosimetri a tracce CR-29 sono i più usati al mondo perché ritenuti i più affidabili. Non esiste un metodo standard per il posizionamento dei dosimetri in un ambiente, due tipologie abitative diverse, ubicate sugli stessi terreni e costruite con gli stessi materiali, possono avere concentrazioni di radon molto differenti. Comunque, si può suggerire di posizionare i dosimetri nelle stanze ove si risiede più a lungo (ricordarsi che in camera da letto trascorriamo almeno 6-8 ore al giorno), almeno uno per piano, e di non variare le abitudini di vita. Posizionare un dosimetro in una casa che si chiude per le vacanze, darà sicuramente un risultato diverso dalla situazione standard, perché nessuno per giorni aprirà porte e finestre. Bisogna anche tener conto delle condizioni ambientali e della stagione durante la quale si operano le misurazioni, infatti durante le stagioni invernali, è minore il ricambio d’aria, la pressione atmosferica aumenta o diminuisce l’espansione del gas radon, terreni umidi o ghiacciati, aumentano la pressione di radon sotto le fondazioni delle abitazioni. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 113 di 145 - I dosimetri I dosimetri sono costituiti da lastrine poste in contenitori di plastica antistatica in cui il radon entra per diffusione. I dosimetri vengono trasportati in buste sigillate in alluminio per permettere una lunga conservazione. Il tempo di esposizione va da 1 a 3 mesi per i dosimetri Alpha TrackDetector e da 10 a 40 giorni per i Rapidos™ L’analisi della scansione dell’immagine avviene tramite le tecniche più moderne. Entrambi i dosimetri forniscono un’esatta misurazione della concentrazione di Radon attraverso una semplice procedura: dopo averli estratti dal loro contenitore protettivo (una busta di alluminio a chiusura ermetica), si annota il numero riportato sul dosimetro, dell’ora e della data di inizio dell’esposizione e si posizionano nell’ambiente da rilevare per il tempo necessario. Al termine dell'esposizione, prima di richiuderli nel loro involucro protettivo, si annota data e ora di fine esposizione, si inviano al laboratorio competente ed entro pochi giorni viene fornito il dato certificato espresso in Bq/m3. Questi strumenti non sono soggetti ad urto, non necessitano di corrente, non possono essere in alcun modo pericolosi per i bambini o gli animali, si possono toccare e spostare (non di molto) durante le pulizie di casa. Come si elimina il radon Se la concentrazione di radon risulta elevata il primo intervento di facile realizzazione è di aumentare la ventilazione degli ambienti, ma se la provenienza è il sottosuolo (cantine), spesso è sufficiente sfruttare la ventilazione spontanea semplicemente aprendo delle piccole prese d’aria negli scantinati, Si può anche forzare il ricambio d’aria, sotto le abitazioni, inserendo delle apposite tubature. Nei casi in cui le concentrazioni risultino molto elevate si può isolare, con le tecnologie adeguate l'abitazione dal sottosuolo e, specialmente quando la presenza di radon nei terreni ove si intende costruire è nota, è più economico, isolare le fondazioni. Se il radon proviene dai materiali di costruzione, oltre alla ventilazione degli ambienti, si possono isolare tali materiali, con apposite guaine e vernici, anche in questo caso, la preventiva scelta di materiali di costruzione garantiti radon freee, non influiscono di molto sulle spese iniziali e risolvono il problema alla base. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 114 di 145 - L’inquinamento da Amianto L’inquinamento da Amianto è sicuramente quello più conosciuto, ma non per questo esso ha smesso di rappresentare un pericolo per i cittadini. L’amianto è un minerale naturale che ha la caratteristica di scomporsi in piccole o piccolissime fibre. Queste fibre, una volta respirate penetrano nei polmoni provocando malattie respiratorie ed anche il cancro. In passato è stato molto utilizzato in edilizia e non solo perché è un materiale dalle molte proprietà e dal basso costo, per cui l’industria lo ha molto usato, ma al prezzo di moltissime vite umane. Nel 1992 ne è stato proibito l’ uso in Italia ma ancora oggi è possibile trovarlo nelle nostre case, fabbriche, scuole, treni, ecc.. La pericolosità di questo materiale è legata al fatto che si deteriora facilmente e che, disperde conseguentemente le sue fibre mortali nell’aria. Andrebbe quindi, lì dove presente, rimosso e sostituito con tutte le precauzioni e gli avvertimenti che la legge definisce. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 115 di 145 - L’INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO Premessa Relativamente all’inquinamento elettromagnetico molto è stato scritto ed enorme è l’attenzione di tutti i cittadini sulle possibili aggressioni alla salute che l’esposizione ai campi elettromagnetici può generare. Di certo si può dire che non esiste da parte del mondo scientifico una presa di posizione univoca e condivisa e che risulta quindi complesso e forse privo di senso esprimere pareri e proporre soluzioni. Nelle società preindustriali, o almeno fino a qualche decennio fa, le principali fonti di magnetismo erano quello terrestre e le radiazioni solari; successivamente, con la costruzione di elettrodotti e di antenne, con l'utilizzo massiccio e costante di televisori, telefoni cellulari, computer ecc. le radiazioni non ionizzanti sono aumentate fino a doverle considerare pericolose per la salute. Attualmente è riconosciuto come probabile l'associazione di inquinamento elettromagnetico e danno alla persona ma non si hanno ancora sufficienti certezze scientifiche per valutare il livello di rischio. L'incertezza nel campo scientifico si ripercuote in quello legislativo dove le norme per disciplinare tale rischio sono frammentarie e insufficienti. Nella stessa premessa del D.M. 391/98 l'Istituto Superiore di Sanità, pur condividendo l'esigenza di una politica cautelativa che individui obiettivi di qualità anche al di la' dell'adozione di limiti di esposizione mirati alla tutela degli effetti acuti, sono state manifestate perplessità, in considerazione dell'attuale stato di conoscenza scientifica, nei riguardi dell'adozione di misure più restrittive specifiche per l'esposizione a campi modulati in ampiezza. Dal 2 gennaio 1999 è in vigore il decreto 381/98 che contiene le norme per determinare i tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana e fissa i valori limite di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento ed all'esercizio dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 116 di 145 - operanti nell'intervallo di frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz. I limiti di esposizione non si applicano ai lavoratori esposti per ragioni professionali. Successivamente a questo D.L. è stata emanata una legge nazionale la 36/2001 del 22 marzo 2001 che recepisce il decreto stesso. Fermi restando i limiti dell'articolo 3 del Decreto, la progettazione e la realizzazione dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell'intervallo di frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz e l'adeguamento di quelle preesistenti, deve avvenire in modo da produrre i valori di campo elettromagnetico piu' bassi possibile, compatibilmente con la qualita' del servizio svolto dal sistema stesso al fine di minimizzare l'esposizione della popolazione. In corrispondenza di edifici frequentati per più di 4 ore non devono essere superati i seguenti valori, indipendentemente dalla frequenza, mediati su un'area equivalente alla sezione verticale del corpo umano e su qualsiasi intervallo di sei minuti: 6 V/m per il campo elettrico, 0,016 A/m per il campo magnetico intesi come valori efficaci e, per frequenze comprese tra 3 Mhz e 300 GHz, 0,10 W/m (elevato a 2) per la densita' di potenza dell'onda piana equivalente. Nelle zone abitative o sedi di attivita' lavorativa per lavoratori non professionalmente esposti o nelle zone comunque accessibili alla popolazione ove sono superati i limiti fissati dall'art.3 dall'articolo 4, comma 2, del decreto, devono essere attuate azioni di risanamento a carico dei titolari degli impianti. Le modalita' ed i tempi di esecuzione per le azioni di risanamento sono prescritte dalle regioni e province autonome. Il decreto 381/98 individua quindi dei limiti di esposizione alle alte frequenze, nulla dice sulla esposizione alle basse frequenze, siano queste generate da elettrodotti esterni, dagli impianti elettrici interni agli edifici, dai vari elettrodomestici. Radiazioni elettromagnetiche artificiali L’organizzazione mondiale della sanità avverte che grossa parte delle patologie a carattere “ambientale” sono dovuti agli effetti dell’inquinamento elettromagnetico o elettrosmog. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 117 di 145 - Per correttezza di esposizione riteniamo opportuno evidenziare l’esistenza di questa problematicità su quattro diversi aspetti del problema e cioè: - i campi elettrici alternati a bassa frequenza; - i campi magnetici alternati a bassa frequenza; - le onde elettromagnetiche ad alta frequenza; - i dipoli magnetici (magnetostatica) e quelli elettrici (elettrostatica). Brevemente descriviamo le problematiche più frequenti: I campi elettrici alternati a bassa frequenza sono generati dalle linee ad alta tensione (elettrodotti) e dai campi generati all'interno delle abitazioni dai cavi e dagli apparecchi non schermati. Le preoccupazioni della comunità scientifica internazionale in ordine agli effetti dei campi elettromagnetici (C.E.M.) sui sistemi biologici (in particolare gli effetti oncogenetici) ricevono sempre maggiori conferme sperimentali in studi e pubblicazioni recenti che citiamo brevemente di seguito. Fin dal 1975 il biochimico Adey, direttore del laboratorio di biologia spaziale della N.A.S.A., raccoglie una considerevole quantità di prove che dimostrano l'effetto diretto dei C.E.M. sul sistema nervoso dei vertebrati, alterando la memoria e la chimica cerebrale. Marzo 1990: l'E.P.A. (Agenzia di Protezione Ambientale Americana) in un suo studio specifico conclude che i C.E.M. sono un "probabile" fattore di rischio superiore al DDT e alle diossine, pari alla formaldeide ed al cadmio, appena inferiore all'arsenico, al cloruro di vinile, all'amianto. Febbraio 1992: una ricerca effettuata dall'Università della Southern California su 232 ragazzi fino agli 11 anni colpiti da leucemia conclude che fra i bambini che vivono nelle abitazioni vicine alle linee elettriche ad alta tensione si è riscontrata una frequenza della malattia doppia rispetto ai non esposti. Ottobre 1992: uno studio effettuato dagli epidemiologi M. Feychting e A. Ahlbom dello Stockholm's Karolinska Instiute su 500.000 persone residenti dal 1960 al 1985 a meno di 300 metri da linee ad alta tensione in Svezia rileva un alto rischio di leucemia nei bambini. In particolare quelli esposti a campi elettromagnetici di 2milliGauss (pari a 0.2 micro tesla) mostrano un aumento triplo del rischio rispetto ai non esposti. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 118 di 145 - Il rischio diventa quadruplo per esposizioni di 0.3 microTesla. Un secondo studio condotto da B. Floferus dello Sweden National Institute of Occupational Health su 1632 uomini, di cui 511 affetti da leucemia o tumore al cervello, conclude che la maggior parte dei casi aveva avuto esposizioni professionali ai campi elettromagnetici. Dopo questi risultati Stan Sussman responsabile degli studi sui C.E.M. dell' Electric Power Institute della California (istituto fondato da società produttrici di energia elettrica) ha dichiarato: "diventa sempre più chiaro che esiste qualcosa che influenza la vita umana vicino alle linee elettriche ad alta tensione, con particolare riguardo alla leucemia dei bambini". Gli stessi governi sotto la spinta di questi studi sono costretti a legiferare normative più severe. La CEE dal 1985 ha inserito gli elettrodotti tra le opere di rilevante impatto da sottoporre a V.I.A.; l'EDF (Ente elettrico nazionale francese) ha firmato recentemente un accordo con il governo in cui si impegna ad interrare una quota parte delle linee e a risarcire i danni ai cittadini vicini alle linee aeree. In Italia il D.P.R. del 23/4/1992 fissa i limiti massimi di esposizione ai campi elettromagnetici alla frequenza di 50 Hertz negli ambienti esterni ed abitativi e modifica inoltre le distanze di rispetto tra i fabbricati e le linee esterne, precisa inoltre le procedure ed i termini per il risanamento delle linee esistenti e siamo in attesa di una prossima legge nazionale che meglio regolamenti i limiti di esposizione a tali radiazioni artificiali. Problemi analoghi sorgono per gli impianti elettrici interni e quindi va posta la massima cura per minimizzare l'inquinamento elettromagnetico interno. E’ utile evidenziare come un recente studio effettuato dall’Istituto Superiore della Sanità ha denunciato la nocività delle radiazioni elettromagnetiche alle basse frequenze (quelle sviluppate dagli impianti domestici) a fronte del quale la Regione Lazio ha emanato una Legge Regionale a tutela dei cittadini, relativamente a questi impianti. La individuazione dei valori di pericolosità delle radiazioni, non sono facilmente individuabili e le varie normative nazionali, riconoscono valori di pericolosità ai C.E.M. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 119 di 145 - molto diversi tra loro ed in generale è possibile dire che i valori di campo elettromagnetico individuati come pericolosi dalla normativa italiana sono meno prudenziali da quelli individuati dalla normativa Tedesca a sua volta meno prudenziali di quelli previsti dalla normativa Svedese. Detta normativa prevede nella così detta norma MPR-2, che il limite per il campo elettrico alternato a bassa frequenza ad una distanza di 50 cm dalla sorgente debba essere no superiore a 25V/m (per lo spettro di frequenza compreso tra 5 e 200 Hz ed in 2,5 V/m per frequenze comprese fra i 400 e i 2000 Hz. Questa norma dovrebbe a breve essere sostituita dalla MPR-3, molto più restrittiva della attuale. Onde Elettromagnetiche ad alta frequenza Le Onde Elettromagnetiche ad alta frequenza vengono generate da emittenti di vario tipo quali, emittenti radiotelevisive, radiomobili, ponti radio, telefoni cellulari, radar ecc. Questa continua emissione di onde elettromagnetiche producono inquinamento ambientale ed elettrosmog. Le normative americane individuano un flusso di radiazioni massimo ammissibile per le microonde pari a 10mW/cmq e, nonostante questo limite sia in ogni caso molto alto, esso nelle aree urbane dei paesi industrializzati viene spesso notevolmente superato. A fronte di tutto ciò si ritiene opportuno concludere che, sull’argomento in questione, riteniamo corretto assumere un atteggiamento estremamente prudenziale e, sempre tenendo ben presenti i limiti e le indicazioni presenti nelle leggi e nelle normative nazionali e regionali, procedere con prudenza adottando tutti i dispositivi e le attenzioni utili a minimizzare per quanto possibile l’esposizione ai campi elettromagnetici sia ad alta che a bassa frequenza. A completamento di quanto sopra di seguito si inseriscono anche le linee guida sul risanamento dei siti non a norma redatte dal Ministero dell’Ambiente e l’elenco attuale dei siti non a norma della Regione Toscana. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 120 di 145 - Linee guida di risanamento di "siti non a norma" Redatte dal Ministero dell’Ambiente 1. Campo di applicazione Le linee guida vanno considerate come un riferimento per gli organismi ai quali compete l'adozione di provvedimenti atti a risanare i siti, ove vengono superati i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici previsti dal decreto 10 settembre 1998, n. 381. L’ Allegato A contiene un primo provvisorio elenco, aggiornato al 25 luglio 2000, dei siti suddivisi per regione, nei quali sono state effettuate indagini e misurazioni dei valori di campo elettromagnetico ai sensi del D.M. 381/98 ed è emerso un superamento dei limiti. 2. Definizione di sito non a norma Un sito viene definito "non a norma" allorché si verifica il superamento dei limiti del D.M. 381/98. Nel caso in cui da esposti o denunce venga evidenziato un grave disagio per la popolazione, il risanamento va attuato se le misure effettuate da un ente pubblico competente abbiano mostrato il superamento dei limiti previsti dalle norme vigenti. 3. Verifiche Prima di attuare le procedure di risanamento dei siti definiti non a norma è opportuno verificare che la situazione esistente nel sito corrisponda a quella prevista nelle concessioni o nelle autorizzazioni rilasciate. Pertanto gli Organi periferici del Ministero delle comunicazioni, competenti per territorio (Ispettorati Territoriali), accertano il rispetto delle condizioni tecniche imposte negli atti di concessione, verificando in particolare che la potenza irradiata (mediante controllo, in prima approssimazione, sulla potenza di uscita e sul sistema di antenna) sia quella assentita nei suddetti atti. Qualora siano riscontrate difformità dagli atti di concessione o dalle modifiche autorizzate dagli stessi Ispettorati, si deve procedere anche a riportare gli impianti alla situazione di conformità. 4. Misure Dopo l'accertamento delle situazioni esistenti nei siti i competenti organi territoriali (ARPA, APPA o PMP-ASL, ISPESL) provvedono all'effettuazione delle verifiche, con l'impiego di metodologie normalizzate e possibilmente in contraddittorio. Qualora ritenuta necessaria, può essere richiesta per l'esecuzione di misure la collaborazione degli Ispettorati Territoriali del Ministero delle Comunicazioni. Al riguardo si ricordano le modalità di esecuzione delle misure e delle valutazioni descritte al paragrafo 7 dell'edizione 1999 delle "Linee guida applicative" predisposte dal Gruppo di Lavoro, istituito con decreto del Ministero dell'Ambiente 2 giugno 1997, nel seguito indicate come "Linee guida applicative". 5. Risanamento Le procedure per il risanamento dei siti, cioè l'adozione dei provvedimenti che consentano l'abbattimento dei livelli di campo elettromagnetico entro i limiti previsti dalla normativa, sono adottate dalle regioni o dalle province autonome e dai sindaci. Nel caso in cui in una stessa area di competenza esista una pluralità di siti da risanare, va accordata priorità temporale ai siti ove il superamento dei limiti è maggiore. Le modalità da applicare per il risanamento sono quelle previste dal già citato D.M. 10.9.1998, n.381, ed in particolare nell'allegato C, seguendo le indicazioni contenute nei paragrafi 8 e 9 delle "Linee guida applicative". Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 121 di 145 - 6. Interventi successivi al risanamento dei siti per le stazioni di terra per il servizio di radiodiffusione televisiva o radiofonica Nel caso in cui dalla riduzione a conformità prevista dal D.M. 381/98 si dovessero verificare significative riduzioni delle aree servite dagli impianti del sito in questione, tali da richiedere interventi correttivi per ripristinare il grado e la qualità del servizio vanno individuate, caso per caso, adeguate soluzioni per la corretta fruizione, nella misura del possibile, da parte dell’utenza dei servizi forniti nella zona interessata dal sito risanato. L'individuazione di tali soluzioni è di norma competenza del Ministero delle comunicazioni, d'intesa con le regioni e le province autonome e gli Enti locali competenti. 6.1. Siti aggiuntivi Se dall'opera di risanamento dovessero riscontrarsi limitazioni ritenute gravose in porzioni delle aree di servizio degli impianti, si può ipotizzare l'individuazione di siti aggiuntivi, ove collocare impianti di potenza ridotta. 6.2. Il trasferimento in siti conformi La soluzione, che di norma va prevista, è quella del trasferimento degli impianti in siti ove non siano prevedibili, per il rispetto dei limiti, vincoli eccessivi per la potenza degli impianti. Prima di attuare concretamente lo spostamento degli impianti nel nuovo sito vanno verificate le aree di rispetto relative ai seguenti valori di campo elettromagnetico previsti dal D.M. 381/98 : 60 V/m e 0,2 A/m nella banda di frequenze 0,1 - 3 MHz 20 V/m e 0,05 A/m nella banda di frequenze >3 - 3000 MHz 40 V/m e 0,1 A/m nella banda di frequenze >3 - 300 GHz 6 V/m e 0,016 A/m indipendentemente dalla frequenza, in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore. 6.2.1. Il trasferimento di impianti televisivi Nel caso di impianti di radiodiffusione televisiva il trasferimento va previsto nei siti indicati nel piano nazionale di assegnazione delle frequenze, sui quali già è stato ottenuto il consenso (in forma esplicita o mediante silenzio assenso) delle regioni e delle province autonome. La valutazione di compatibilità degli impianti da collocare nel sito di piano con la situazione esistente è effettuata dal Ministero delle comunicazioni. Se il trasferimento verso siti previsti dal piano riguarda siti che non sono attualmente utilizzati dalle emittenti televisive, le Autonomie regionali e gli Enti locali potrebbero facilitarne l'operazione prevedendo la realizzazione delle necessarie infrastrutture. 6.2.2. Il trasferimento di impianti di radiodiffusione sonora Nel caso di impianti di radiodiffusione sonora il sito ove prevedere il trasferimento è indicato dagli enti locali competenti, tenendo presente che di norma i bacini dell'emittenza sonora sono di dimensioni provinciali, pertanto dovranno essere evitati quei siti, dai quali possa essere effettuata una copertura multiprovinciale. Il Ministero delle comunicazioni verificherà l'idoneità al servizio del sito individuato ed, ove la verifica avesse esito positivo, ne sarà data comunicazione all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che ha in corso di predisposizione il piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione sonora, perché ne venga valutato l'inserimento nello schema di piano. Nel caso di risanamento di siti, che sono già previsti dal piano di assegnazione per la radiodiffusione televisiva, nei quali coesistano impianti di radiodiffusione sia sonora sia televisiva, si può ipotizzare il trasferimento dei soli impianti di radiodiffusione sonora, se questo consente di conservare il sito nel piano vigente con il numero e le caratteristiche degli impianti previsti nel piano stesso. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 122 di 145 - Regione Toscana MAPPA PROVVISORIA DEI SITI RADIO - TV NON A NORMA CONTROLLI SITI (4) Sopralluoghi effettuati ARPA APPA ISPESL Superamento limiti DM 381/98 da 6 a 20 V/m ALTRO MONTALBUCCIO (SI) 3 * * SAN GIMIGNANO ULIGNANO - VILLA CASTELLI (SI) 2 * * * * * * I POGGETTI (LI) MONTE SERRA (PI) E ABITATO DI CALCI 1 da 20 a 27 V/m > 27 V/ m Superamento Il sito non a norma è identificato da : a) superamento limiti DM 381/98 MAPPA PROVVISORIA DEI SITI RADIO - TV NON A NORMA N.B. I superamenti dei limiti, in questa mappa, sono stati riscontrati prima dell'entrata in vigore del D.M. 381/98 SITI (4) CONTROLLI Sopralluoghi effettuati ARPA APPA ISPESL Superamento limiti DM 381/98 ALTRO da 6 a 20 V/m SAN ZIO (AR) * * FIESOLE (FI) * * MONTE MORELLO (FI) * * MONTE CALVANA (PO) * * da 20 a 27 V/m > 27 V/m Superamento MAPPA PROVVISORIA DEI SITI SRB NON A NORMA CONTROLLI SITI (2) Sopralluoghi effettuati ARPA APPA ISPESL Superamento limiti DM 381/98 ALTRO da 6 a 20 V/m S.GIMIGNANO-VILLA CASTELLI (SI) 2 * * VIA XX SETTEMBRE (FI) 1 * * da 20 a 47,5 V/m > 47,5 V/m Superamento Il sito non a norma è identificato da : a) superamento limiti DM 381/98 Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 123 di 145 - Campi elettromagnetici naturali Esiste intorno a noi un campo elettromagnetico naturale determinato dalla radiazione solare, da fasce magnetiche che circondano la terra secondo fenomeni non ancora pienamente conosciuti, dalla radiazione di fondo extragalattica residuo della radiazione fotonica emessa dall'esplosione universale, dai processi di decadimento radioattivo degli isotopi presenti nella crosta terrestre emessi sotto forma di radiazioni a microonde. Tra i più profondi studiosi di tali fenomeni e della loro ripercussione sull'uomo, vi è il dott. Ernst Hartmann, che ha legato il suo nome alla individuazione di una rete energetica che avvolge il pianeta con una maglia ortogonale orientata in cui la radiazione si manifesta con maggiore intensità nei nodi di intersezione Le ricerche dell'equipe Hartmann, sostanzialmente confermate da risultati ottenuti autonomamente da altri istituti di ricerca, hanno dimostrato il legame che unisce la vita biologica a tali campi naturali ed è stata anche, verificata statisticamente, l'insorgenza di alcune malattie in soggetti abitualmente stazionanti su punti "disturbati" della rete. Nella presente trattazione non si vuole entrare nel merito di questo problema, né accettare per vero quanto dal dott. Hartmann asserito, si vuole solo, per fedeltà di cronaca evidenziare un tema sempre presente all’interno della disciplina bioecologica. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 124 di 145 - ALLEGATO 1 RISPARMIO ENERGETICO, USO RAZIONALE DELL’ENERGIA E LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO Una corretta politica di gestione degli utilizzi civili dell’energia ha un grande impatto sui consumi energetici, attualmente per soddisfare la richiesta energetica vengono principalmente utilizzati i combustibili fossili; risorse non rinnovabili e che nella loro combustione generano emissioni di sostanze nocive all’ambiente ed ingenti emissioni di CO2. Per rimediare a questa situazione di consumi energetici insostenibili per il nostro pianeta è necessario modificare e riorientare il nostro modo di porci nei confronti di questa problematica e bisogna che ciò avvenga a tutte le scale di intervento antropico. A livello globale i vari summit mondiali, Rio, Kyoto, Istanbul, ecc. hanno individuato dei limiti precisi nell’incremento dei livelli di produzione della CO2 nei diversi paesi e, ciò sottende che, se non si vogliono penalizzare gli attuali stili di vita, bisogna che molta parte dell’energia utile attualmente necessaria venga prodotta attraverso attente politiche di risparmio energetico e di produzione di energia da fonti alternative. Tutto ciò richiede un rapido e fondamentale riordinamento del nostro modo di pensare, progettare, costruire e gestire e mantenere le città e i suoi edifici e sottende quindi una precisa assunzione di responsabilità ambientale da parte di tutti noi. Per ottemperare a questa fondamentale esigenza è necessario indirizzare le attuali politiche territoriali ed urbane verso uno sviluppo sostenibile, cosa questa che le amministrazioni più attente e responsabili hanno attivato dotandosi o mettendosi nella condizione di dotarsi a breve di strumenti operativi di indirizzo e/o di pianificazione che operano in questa direzione. Nel presente lavoro non possiamo quindi non citare il recente Piano Energetico Regionale della Toscana che, “dà attuazione all’art 2 della Legge Regionale n° 45/97 orientando e promuovendo la riduzione dei consumi energetici nonché l’innalzamento dei livelli di razionalizzazione di efficienza energetica della domanda,……………, favorisce e promuove l’uso delle fonti rinnovabili, la loro integrazione, insieme alle assimilate, con le attività Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 125 di 145 - produttive, economiche ed urbane……….ed ha come finalità generale il contenimento dei fenomeni di inquinamento ambientale,…………. Con particolare riferimento alle risoluzioni assunte in occasione della conferenza di Kyoto del dicembre 97…….” Per dar corso a tutto ciò è comunque necessario che le indicazioni e le prescrizioni individuate da questi strumenti diventino realmente operative e che quindi amministratori e tecnici, soprattutto quelli interni alle Amministrazioni interiorizzino e propongano, all’interno dei propri ambiti di applicazione ciò che le normative e le leggi vigenti già contemplano. Aspetti legislativi in materia di uso razionale dell’energia Da un punto di vista legislativo la voce uso razionale dell’energia si può considerare come una vera e propria fonte energetica. Le norme in materia fanno riferimento principalmente alle leggi N. 9 del 9 gennaio 1991 e N. 10 sempre del 9 gennaio 1991. La legge N. 9 è cosi’ intitolata: “Norme per l’attuazione del nuovo piano energetico nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali”. Gli aspetti più rimarchevoli della legge sono espressi dagli Art. 20, 22, 23, 29 e 31. Tra essi, ad esempio, l’Art. 31 istituisce il marchio “Risparmio Energetico” per gli apparecchi domestici e per i sistemi di illuminazione ad alto rendimento. La legge N. 10 è cosi’ intitolata: “Norme per l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”. L’Art. 1 definisce finalità e ambito di applicazione della legge, favorendo e incentivando: L’uso razionale dell’energia. Il contenimento dei consumi di energia nella produzione e nell’utilizzo di manufatti. L’utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia. La riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi. La sostituzione degli impianti nei settori a più elevata intensità energetica. Ai fini della citata legge sono considerate fonti rinnovabili di energia o assimilate le seguenti: Sole. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 126 di 145 - Vento. Energia idraulica. Risorse geotermiche. Maree e moto ondoso. Trasformazione di rifiuti organici, inorganici e vegetali. Sono considerate, inoltre, fonti di energia assimilate alle rinnovabili le seguenti: La cogenerazione, intesa come produzione combinata di energia elettrica o meccanica e calore. Il calore recuperabile dai fumi di scarico, impianti termici, elettrici e da processi industriali. I risparmi di energia conseguibili nella climatizzazione e nell’illuminazione degli edifici con interventi sull’involucro edilizio e sugli impianti. In un certo senso, dunque, l’uso razionale dell’energia può essere considerato come una vera e propria fonte energetica rinnovabile. Stato dell'arte Per descrivere i principali interventi di razionalizzazione energetica è conveniente identificare quei settori degli usi finali dell'energia, nei quali tali interventi risultano maggiormente vantaggiosi. Consumi di energia per riscaldamento e preparazione di acqua calda sanitaria nel settore civile Molte delle tecnologie innovative ritenute alcuni anni fa in grado di fornire un apprezzabile risparmio energetico nel settore del riscaldamento e della produzione di acqua sanitaria (collettori solari, pompe di calore, cogenerazione diffusa, ecc.) hanno in realtà trovato Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 127 di 145 - grossi ostacoli ad affermarsi sul mercato, anche a causa della scarsa economicità di gestione. Si è assistito pertanto, a partire da paesi quali Francia, Germania, Olanda, ad un rilancio tecnologicamente qualificato dei generatori di calore a combustibili tradizionali e all’introduzione di sistemi di contabilizzazione individuale e di telegestione delle centrali termiche. È così nata una serie di componenti avanzati, con elevate prestazioni energetiche, in grado di far fronte a tutta una gamma di impieghi domestici e terziari, quali ad esempio: caldaie murali a gas con produzione di acqua calda sanitaria; caldaie a condensazione a gas di piccola e grande taglia, aventi a regime un rendimento fino al 105-106% rispetto al p.c.i. (95-96% rispetto al p.c.s.); caldaie tradizionali con rendimenti a regime superiori al 90% rispetto al p.c.i. (“caldaie ad alto rendimento”); caldaie a legna ad alta efficienza; gruppi termici a gasolio con bruciatori con fiamma blu (fumosità zero); sistemi affidabili di contabilizzazione individuale; sistemi di telegestione per centrali termiche. Naturalmente i costi per lo sviluppo e la messa in produzione di un componente tecnologico avanzato si riflettono in un maggior prezzo iniziale rispetto ai componenti tradizionali, costi che tuttavia potrebbero abbattersi con una serie combinata di azioni quali la promozione industriale, l’ampliamento della normativa e la diffusione dell’informazione tra le utenze residenziali e terziarie. Uso razionale dell'energia su scala urbana: il teleriscaldamento e la metanizzazione La razionalizzazione energetica trova nei centri urbani, uno dei maggiori bacini potenziali di intervento. In questo quadro va preso in considerazione il patrimonio tecnologico disponibile e in particolare il teleriscaldamento (TR), particolarmente adatto, come insegna l’esperienza, per interventi a scala di quartiere coordinati con la pianificazione urbana. Il TR è già in se stesso una tecnologia fortemente legata al fattore spaziale, visto che la sostanza di questo modo di provvedere al riscaldamento sta nel distanziamento del punto di produzione del calore dal punto di fruizione, che è l’edificio. È questo distanziamento che Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 128 di 145 - permette di utilizzare il combustibile in modo più concentrato e tecnicamente più avanzato (caldaie a maggior rendimento, cogenerazione di energia elettrica e calore), con vantaggio sia energetico sia ambientale. In pratica con il TR si tende ad ottenere una soluzione impiantistica aggregata che sia appropriata rispetto al fattore territoriale e nello stesso tempo sia in grado di attuare determinate possibilità tecnologiche. Il distanziamento implica la distribuzione del calore (come acqua calda) attraverso una apposita rete sistemata sottoterra, a bassa profondità (una specie di acquedotto caldo) e non più come combustibile per il rifornimento delle caldaie di edificio. Vi è dunque anche un vantaggio di decongestionamento della città, in quanto vengono eliminati molti centri di combustione, con relativi problemi di inquinamento e di sicurezza e vengono evitate anche molte corse di autobotti per il rifornimento del gasolio. È chiaro che anche nella centrale di cogenerazione vi sarà un’emissione inquinante, ma la situazione è assai diversa sotto l’aspetto del controllo della combustione, della presenza di filtri, della funzione del camino, ecc. Non c’è solo, dunque, un discorso di risparmio energetico, dunque, ma c’è un vero e proprio servizio tecnologico energetico su scala urbana. Una soluzione infrastrutturale del problema della distribuzione del calore agli edifici può essere ottenuta, oltre che con il TR, anche con la distribuzione con rete di metano destinato alla combustione tal quale. sOccorre tuttavia tener conto di differenze importanti tra le due soluzioni. Assumendo il gasolio come soluzione “convenzionale”, verifichiamo il grado di vantaggiosa innovazione che possiamo conseguire con i due tipi di servizi a rete, cioè TR e metanizzazione tal quale. Il TR rispetto alle caldaie a gasolio, realizza tre innovazioni: si distribuisce acqua calda, invece che combustibile, con alleggerimento della necessità di intervento diretto (auto-servizio) da parte degli utenti; l’attuale rete distributiva del calore nella città, realizzata soprattutto attraverso le corse di autobotti che trasportano gasolio, viene materializzata e stabilizzata — sottoterra — come rete fissa di tubi (acquedotto caldo), con doppio vantaggio di recupero di una quota dello spazio pubblico di superficie e di fornitura a contatore; la produzione di calore avviene con un processo più avanzato, con vantaggio energetico ed ambientale. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 129 di 145 - La metanizzazione, da parte sua, realizza pienamente una sola di queste tre innovazioni, cioè la seconda, con relativi vantaggi e realizza inoltre una parte sostanziale del vantaggio ambientale, grazie all’impiego di una fonte in sé pulita, come il metano. Non è il caso, in ogni modo, di contrapporre TR e metanizzazione, che vanno tutti e due impiegati per risolvere il problema energetico urbano. Si può comunque dire che laddove, per le condizioni d’utenza, territorio, ecc., il TR si presenta urbanisticamente ed economicamente fattibile, conviene realizzarlo. Nelle situazioni di minore concentrazione edilizia o comunque non adatte al TR conviene puntare sulla metanizzazione. Uso razionale dell’energia nel terziario Il problema dei consumi energetici nell’edilizia adibita ad attività terziarie si presenta particolarmente interessante a causa degli elevati consumi specifici ad essa relativi in termini di energia primaria; essi sono da imputarsi principalmente al condizionamento e all’illuminazione artificiale degli ambienti, e risultano fortemente condizionati dal tipo di vetratura adottata. La ricerca energetica ha, per lungo tempo, posto un rilievo decisamente maggiore al problema dei consumi legati al riscaldamento degli edifici piuttosto che ai consumi imputabili al condizionamento e all’illuminazione artificiale. La minore attenzione dedicata finora a questi consumi è parzialmente giustificata dalla diffusione degli impianti di condizionamento in Italia, decisamente scarsa se rapportata alla corrispondente diffusione in altri paesi industrializzati. Questa scarsa diffusione comporta principalmente due conseguenze: l’incidenza sui consumi energetici nazionali è meno sensibile di quanto si verifica per il riscaldamento; il problema non è così evidente e quotidiano per tutti com’è invece il problema del riscaldamento degli ambienti e dell’acqua calda per usi sanitari, anche perché il tipo di utenza interessato è quasi esclusivamente il settore terziario. Si vede che l’incidenza del condizionamento è decisamente rilevante, né può essere trascurata, ai fini di un intervento di razionalizzazione, la voce relativa all’illuminazione artificiale. Il tipo di utenza terziaria che sembra più adatta ad un’analisi più approfondita dei flussi energetici e che presenta i più convenienti rapporti tra costi di intervento e benefici Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 130 di 145 - conseguibili è quella relativa agli edifici adibiti ad uffici. Questo è dovuto a diversi fattori: la maggiore incidenza, specifica (costo annuo a metro cubo) ed assoluta, delle spese di gestione (riscaldamento, condizionamento, illuminazione artificiale); la grande sensibilità degli utenti alla qualità dell’ambiente di lavoro; la possibilità, nel caso di retrofit, di inserire a bilancio le spese relative, come un delineato investimento di capitale, con precisi tempi di ammortamento. Applicazioni e potenzialità Nella prima fase di attuazione degli interventi di razionalizzazione dell’uso dell’energia, questi erano molto semplici, soprattutto perché erano macroscopici gli sprechi; con il passare del tempo, però, essi sono diventati sempre più complessi e costosi. Attualmente assumono importanza crescente gli interventi pubblici di finanziamento ed incentivazione, così da coprire le spese per ricerche e studi in tecnologie avanzate. Le possibili forme d’intervento sono rimaste, invece, pressoché invariate; nel caso in esame, le principali sono le seguenti: razionalizzazione degli usi finali miglioramenti tecnologici recuperi e risparmi energetici diversificazione delle fonti Per enunciare i principali interventi conviene ancora riferirsi separatamente all’energia termica e a quella elettrica. Energia termica Tenuto conto delle diverse condizioni di consumo, si possono distinguere due gruppi di utenze per l’energia termica: utenze per le quali i consumi sono variabili in funzione delle condizioni climatiche (impianti di riscaldamento e di ventilazione); utenze per le quali il consumo di energia è costante durante l’anno (cucine, produzione di acqua calda sanitaria). Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 131 di 145 - La corretta gestione della produzione di energia termica costituisce un passo fondamentale per l’uso razionale dell’energia. In generale si possono individuare i seguenti livelli di intervento, in relazione agli investimenti necessari agli interventi stessi: interventi che possono essere eseguiti con investimenti modesti o nulli; tra questi si riportano, a titolo di esempio, i seguenti: interventi per migliorare l’isolamento termico del fabbricato; interventi, a costo praticamente nullo, di manutenzione, atti ad aumentare il rendimento ed a diminuire i consumi; interventi di miglioramento o sostituzione di componenti impiantistici considerati minori. interventi che, comportando investimenti consistenti, impongono la consulenza di personale specializzato; tra questi si possono indicare: interventi di una certa rilevanza economica, che prevedono la ristrutturazione di intere parti della struttura interventi sulla centrale termica, per ottimizzare i rendimenti (caldaie modulari) installazione di pompe di calore e/o di impianti di cogenerazione interventi che incidono sull’organizzazione dell’intera struttura, sulla gestione degli impianti e sull’amministrazione generale. Accanto ad interventi mirati, è di primaria importanza l’ottimizzazione dei contratti di fornitura dell’energia termica (e/o del combustibile), insieme alla contemporanea ottimizzazione del contratto di fornitura elettrica. L’esperienza dimostra che con gli interventi standard più frequentemente necessari, si possono ottenere risparmi dell’ordine del 20%. I valori di riferimento variano soprattutto con la diversa posizione geografica e climatica. Energia elettrica In genere, gli interventi di uso razionale dell'energia di questa forma di energia possono essere in qualche caso meno importanti di quelli riferiti al risparmio di energia termica. Tuttavia risulta che siano realizzabili risparmi tra il 10% ed il 30% con i seguenti interventi: Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 132 di 145 - rifasamento dei carichi elettrici; ottimizzazione dei contratti; ottimizzazione della distribuzione dell’energia; economia di illuminazione (mediante interventi mirati in fase di progettazione e di esercizio). Appare opportuno, infine, evitare la produzione di calore mediante elettricità (riscaldamento elettrico per la cucina e per la produzione di acqua calda sanitaria, ecc.), collegando questi sistemi all’impianto termico, oppure installando piccoli elementi che provvedono al riscaldamento istantaneo dei volumi di acqua di cui abbisognano gli utenti. Importanza dell’Energy Management L’energia deve essere gestita in modo consapevole e con criteri tecnico-scientifici rigorosi, affinché possa portare a miglioramenti significativi dal punto di vista economico ed ambientale. La legge 10/91, attuativa del Piano Energetico Nazionale, per la prima volta ha istituito la figura del Tecnico responsabile per la conservazione e la gestione dell’energia (o Energy Manager), di fondamentale importanza per la corretta gestione del settore energetico di complessi industriali o terziari, pubblici o privati, che hanno consumi annui di entità rilevante. Le funzioni che l’Energy Manager deve ricoprire vengono definite nell’art. 19 della legge 10/91 e sono qui di seguito riportate sinteticamente: individuazione delle azioni, degli interventi, delle procedure e di quanto altro necessario per promuovere l’uso razionale dell’energia; predisposizione dei bilanci energetici in funzione anche dei parametri economici e degli usi finali; predisposizione dei dati energetici eventualmente richiesti dal Ministero dell’Industria ai soggetti beneficiari dei contributi previsti dalla legge stessa. Come si è detto, la valutazione della convenienza di realizzare o meno qualsiasi intervento di risanamento energetico, deve essere fatta applicando un metodo scientifico, valutando Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 133 di 145 - tutti i fattori tecnico-economici che entrano in gioco nel bilancio energetico di ciascun impianto. Costi Si è detto che per razionalizzazione energetica s’intende quella operazione tecnologica che si ripromette l’obiettivo di ottenere la stessa produzione di beni e servizi con il minor consumo di energia, eventualmente a fronte di maggiori oneri d’altra natura. In generale, infatti, il risparmio energetico non è un’operazione gratuita, ma può comportare: una maggiore attenzione di esercizio; un maggior onere d’investimento; una minore flessibilità d’impianto; una maggiore contaminazione ambientale. Un razionale atteggiamento in proposito sarà quello di ricercare, per ciascun caso, il miglior compromesso fra il vantaggio energetico e le suddette controindicazioni. La tematica in esame è sostanzialmente diversa a seconda che sia volta all'ottimizzazione del consumo di energia elettrica oppure termica: in generale può dirsi che è più difficile ottenere un risparmio nel primo caso, rispetto al secondo. Molti provvedimenti, vantaggiosi dal punto di vista energetico complessivo, comportano un relativo maggiore dispendio di energia elettrica: basti pensare alle pompe di calore e al teleriscaldamento, che sono tecniche nelle quali, a fronte di un’economia di calore, insorge un nuovo consumo di energia elettrica (o termica). Il punto di partenza di ogni seria operazione di razionalizzazione energetico è una rigorosa contabilità energetica, in sede sia di progettazione degli interventi, che di verifica ad impianti realizzati o modificati. Per dichiarare conveniente un intervento è necessario Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 134 di 145 - indicare su quale specifico consumo agisca e verificare, a livello di sistema, tutte le sue conseguenze, calcolandone attentamente l’importanza. Il puro e semplice confronto fra i livelli di consumo riscontrati prima e dopo l’intervento non è sufficiente a permettere la formulazione di giudizi definitivi: infatti i consumi energetici complessivi dipendono da molti fattori (come il carico di lavoro degli impianti, la distribuzione temporale del fabbisogno energetico, le condizioni ambientali), la cui accidentale variazione può, in alcuni, casi dare effetti più rilevanti di quelli ascrivibili al provvedimento adottato. Esistono molte possibilità di utilizzazione razionale dell’energia già a partire dalla scelta della fonte cui attingere e dall’impianto di captazione e conversione ritenuto più idoneo al caso specifico, senza prescindere ovviamente dagli oneri economici relativi alle successive politiche di intervento sugli impianti in attività, ad esempio di tipo manutentivo. Nella pratica, non è scontata la corrispondenza tra beneficio energetico e beneficio economico ed allora è da considerare che non si ritiene di interesse un intervento che, pur realizzando un vantaggio energetico, non comporti anche un ritorno economico. È proprio l’aspetto economico a costituire il più delle volte un freno alla libera espansione sul mercato di sistemi energetici ad alto rendimento e del tutto innovativi rispetto a quelli convenzionali. La realizzazione di un intervento di uso razionale dell'energia comporta quasi sempre un investimento economico, la cui convenienza deve essere preventivamente valutata a fronte del “valore” del risparmio energetico ottenibile; si tratta in sostanza di determinare quanto “costa” risparmiare energia. Diverse tecniche di analisi permettono di ricavare indici di efficienza economica legati alle diverse strategie di razionalizzazione energetica, tra le quali il calcolo del costo dell’unità di combustibile risparmiata, il calcolo del risparmio netto attualizzato e del tempo di pay-back di un dato investimento. Nei vari settori degli usi finali energetici, soprattutto in quelli civili, purtroppo, manca ancora un cultura diffusa del risparmio energetico. Ciò implica costi energetici superiori a quelli altrimenti ottenibili con un migliore utilizzo delle risorse. Ad esempio, l’adozione delle tecnologie di misurazione dei consumi e della qualità della fornitura elettrica può fruttare risparmi del 20%-30%, cui vanno aggiunti i risparmi ulteriori generati dalla riduzione dei guasti. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 135 di 145 - Fonti legislative per gli incentivi sull'uso razionale dell'energia L’attuazione del Piano Energetico Nazionale, che ha avuto luogo in Italia con l’emanazione della legge 10/91, ha dato origine ad una politica di incentivi per l’Uso Razionale dell’Energia. Tali incentivi, negli anni successivi, sono poi stati rinnovati con le Leggi Finanziarie. I finanziamenti previsti sono soprattutto di competenza regionale; in particolare l’art. 12 della legge 537/93, ascrive alla gestione regionale i finanziamenti previsti dall’art. 11 della citata legge 10/91. Questo articolo prevede finanziamenti per impianti con potenze superiori a 10 MW termici o a 3 MW elettrici, relativamente a studi di fattibilità e progetti esecutivi di impianti civili e industriali o misti. Anche la concessione e l’erogazione dei contributi previsti dagli articoli 8, 10 e 13 è delegata alle Regioni, che operano secondo direttive impartite dal Ministero dell’Industria (uniformità di criteri, procedure e modalità). Gli interventi incentivati dai suddetti articoli sono sintetizzati nella seguente tabella: Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 136 di 145 - Decreto n. 106 del 16 Marzo 2001 del Ministero dell'ambiente del Servizio IAR: Programma "Tetti Fotovoltaici" (GU della Repubblica Italiana n° 74 del 29 Marzo 2001) Decreto n. 100 del 22 Dicembre 2000 del Ministero dell'ambiente del Servizio IAR: Finanziamenti ai comuni e alle aziende del gas per l'installazione di sistemi per la produzione di calore a bassa temperatura (GU della Repubblica Italiana n. 81 del 6 Aprile 2001) Vantaggi ambientali I principi guida su cui si fondano le moderne tecniche di uso razionale dell'energia, senza dubbio si possono collocare storicamente come reazione dei mercati energetici alla crisi economica che si trovarono ad affrontare all'indomani della crisi energetica che all'inizio degli anni '70 segnò profondamente il mondo industrializzato occidentale. Oggi quelle necessità economiche sembrano tramontate, ma si sono aggiunte nuove e più pressanti esigenze di razionalizzazione dei consumi e di sfruttamento delle risorse energetiche, dettate dalla sempre più delicata situazione ambientale che sta ormai assumendo proporzioni globali. Senza soffermarsi sulle ovvie ripercussioni positive che l'uso razionale dell'energia permette di conseguire sull'ambiente, occorre considerare che esso rappresenta uno dei pochi strumenti per evitare le disastrose conseguenze prospettate dal vertiginoso aumento dei consumi energetici mondiali, determinati soprattutto dagli elevati tassi di sviluppo industriale che negli ultimi anni hanno interessato alcuni paesi terzi. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 137 di 145 - ALLEGATO 2 L’INQUINAMENTO INDOOR: I PRINCIPALI INQUINANTI. Da una stima effettuata dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), si evince come una grossa percentuale degli edifici presenti nei paesi industrializzati possiede un elevato grado di tossicità degli ambienti interni. Pare, infatti, che una delle cause dell'insorgere di alcuni mali (allergie, intossicazioni, emicranie, cancerogenesi, etc.) risieda nel grado di inquinamento presente negli ambienti in cui normalmente si trascorre gran parte della giornata. Tecniche costruttive che utilizzano prodotti sviluppanti sostanze tossiche, rumori, gas, impianti di climatizzazione, fornelli da cucina, detergenti per la pulizia della casa, campi magnetici, sono da considerarsi, fra le principali fonti di inquinamento indoor capaci di turbare il delicato equilibrio esistente tra gli esseri viventi e gli ambienti di residenza e di lavoro. L'impatto sull'uomo degli inquinanti indoor può, quindi, produrre una vasta gamma di effetti indesiderati che vanno dal disagio avvertito a livello sensoriale, alle gravi affezioni dello stato di salute. Fin dal 1979 l'Agenzia Americana per la Protezione Ambientale (EPA) ha evidenziato la pericolosità insita negli ambienti confinati, denunciandola come un problema "assai serio di salute pubblica che non ha ricevuto sinora una sufficiente attenzione". Il Prof. Lance Wallas dell'EPA, in uno studio sugli effetti degli inquinanti negli ambienti interni, rileva che "l'attività quotidiana nel proprio ambiente domestico ed alcuni prodotti di consumo usuale rappresentano la gran parte delle nostre esposizioni ai prodotti chimici tossici", quantificandola nel 75% del totale delle cause di esposizione ad agenti nocivi. Da alcune stime si è riscontrato che circa l'85% della giornata viene trascorsa in ambienti chiusi (casa, lavoro) e questo incrementa il rischio di malattie da inquinamento indoor. In Italia il solo ambiente domestico corrisponde ad una superficie di oltre 2mila kmq, pari al 6% della superficie nazionale (poco meno delle dimensioni della regione Abruzzo). Ebbene, in questo così importante luogo di vita si verificano fenomeni che fanno affermare al Prof. Henning Ruden, Igienista dell'Università di Berlino, che se si facessero rispettare i Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 138 di 145 - valori limite per le sostanze pericolose all'interno degli spazi abitativi, il 10% delle abitazioni dovrebbero essere evacuate! Quali sono dunque i rischi che si vengono a determinare a contatto con l'ambiente confinato, ed in particolare con quello domestico? Esse si possono distinguere in due grandi categorie: gli Infortuni (eventi dannosi improvvisi, violenti ed occasionali) le Malattie (danni derivanti da cause che agiscono continuativamente o ripetutamente sull'organismo). Entriamo quindi nel merito dei danni che si determinano alla salute umana a causa delle malattie da inquinamento indoor. Definiamo quindi inquinante una sostanza estranea all'ambiente o che, pur normalmente presente, assume in esso concentrazioni rilevanti (Gilli). Il danno biologico da inquinanti indoor si verifica per la concomitanza di quattro fattori la tossicità potenziale dell'inquinante; la concentrazione della sostanza nociva nell'ambiente; la durata dell'esposizione all'inquinante; lo stato dell'organismo nel periodo durante il quale risulta esposto. A sua volta, però, la concentrazione dell'inquinante dipende direttamente dalle caratteristiche fisico-chimiche della sostanza tossica e dalla capacità di rilasciare tale sostanza da parte della fonte di emissione, ma anche dalla velocità di ricambio di aria nell'ambiente. Il primo di questi elementi è correlato alle caratteristiche dei materiali e delle sostanze usate, il secondo alla natura del prodotto, il terzo dalle componenti strutturali dell'ambiente confinato e dalle consuetudini di chi lo utilizza. Le sorgenti di inquinamento indoor sono molteplici, esterne ed interne all'ambiente confinato; ed in queste deve essere compreso l'uomo, con le sue abitudini (come nel caso del fumo di tabacco) e con gli stessi fattori inquinanti derivanti dal metabolismo del corpo umano. Le cause delle malattie da inquinamento indoor sono ancora più numerose; esse possono essere classificate in: chimiche (inorganiche ed organiche) biologiche (batteriche e virali, parassitarie, fungine) Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 139 di 145 - radianti (ionizzanti, fotoniche, elettomagnetiche). All’interno di queste cause la Commissione Veronesi individua tra le principali sostanze nocive: l'amianto l'ossido di carbonio e gli altri prodotti della combustione la formaldeide i prodotti del "fumo passivo" il radon i contaminanti biologici. Per alcune di queste (radon) sono state riconosciute, in alcuni pazienti esaminati, delle genotossicità, cioè la capacità di indurre alterazioni al genoma cellulare con insorgenza di cancro oppure teratogenesi. Queste e numerose altre cause provocano una vasta gamma di malattie che si riflettono negativamente anche in termini economici e produttivi. L'OMS ha valutato che il 30% dell'assenteismo nel lavoro deriva da cause presenti nell'ambiente domestico. L'ISPESL ha rilevato che il 40% della forza lavoro è esposta ad agenti inquinanti e, negli Stati Uniti l'EPA ha calcolato che, nel solo 1988, sono stati spesi l'equivalente di 1300 miliardi di lire per cure mediche per patologie dovute ad inquinamento indoor, con una perdita di produttività di oltre 6000 miliardi di lire. Tra le tante malattie da ambienti confinati interessante è la "Sick building syndrome" o Sindrome da edificio malato, che si può riscontrare sia nel contesto abitativo residenziale che in quello di lavoro. Tale patologia si manifesta con cefalea, affaticamento, vertigini, sonnolenza, ma anche con fenomeni irritativi agli occhi, sulla cute e a carico delle prime vie respiratorie. Sintomi questi che possono essere passeggeri o permanenti e che si riscontrano in coloro che frequentano per lunghi periodi edifici nuovi o ristrutturati. Le cause sono molteplici e fondamentalmente dovute alle sostanze presenti nei materiali usati per la costruzione e l'arredo ed a quelle generate dagli impianti e dai materiali d'uso; ma elementi indispensabili risultano essere la eccessiva e non corretta coibentazione dell'edificio e l'uso di condizionatori che, oltre ad aumentare la concentrazione di sostanze Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 140 di 145 - nocive, provocano aumento di anidride carbonica emessa dagli stessi frequentatori degli edifici malati. Di particolare rilievo appare il problema delle neoplasie, la relazione tra tumori e numerosi agenti inquinanti sono ormai note nel mondo scientifico ed alcune di esse sono certe: ad esempio quelle con l'amianto, il benzene, il radon. Altre sono state ipotizzate sul piano sperimentale e tuttora sono oggetto di verifica come nel caso della formaldeide, dei composti organici clorati (cloroformio, tetracloroetilene, paradiclorobenzolo), delle radiazioni elettromagnetiche artificiali. Resta, al proposito, un elemento obiettivo su cui meditare. Osservando l'andamento delle cause di morte, in Italia, tra il 1980 e il 1987, appare eclatante l'aumento di 4,3 punti percentuali per i tumori; questo dato, è bene ricordarlo, corrisponde a circa 22000 morti in soli otto anni. Ebbene, ad un così marcato aumento delle morti per tumore, concorrono numerose motivazioni; tra queste un ruolo di non poco conto gioca l'inquinamento degli ambienti confinati che si dimostra essere un fenomeno più persistente e subdolo dell'inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo esterno. Gli esperti, infatti, hanno rilevato che negli ambienti chiusi sono presenti delle sostanze altamente tossiche (sono circa settecento le sostanze chimiche utilizzate nei processi industriali). Queste possono essere presenti sia nei materiali utilizzati per effettuare opere di rivestimento e di finiture interne sia in quelli utilizzati per gli arredi Inoltre, altre sorgenti tossiche sono quelle emanate nei processi di combustione, legati principalmente al riscaldamento degli ambienti (gas, kerosene, etc.) Determinanti sono, anche, le sorgenti legate alle attività svolte dagli occupanti: attività di manutenzione (uso di prodotti da pulizia), normali operazioni di vita quotidiana (uso di cucine a gas), utilizzo di macchine (fotocopiatrici, computers ecc.) A questo si aggiunge il contributo offerto dall'ambiente esterno (l'aria esterna ed i composti che naturalmente vengono rilasciati dal suolo su cui vengono costruite le abitazioni). Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 141 di 145 - Principali sostanze responsabili di inquinamento indoor. Le sostanza responsabili di inquinamento indoor sono numerosissime, di seguito si evidenziano le più importanti e quelle che hanno la maggior probabilità di essere individuate nei nostri edifici. Ossidi di Azoto (Nox) Le emissioni di NOx sono dovute principalmente ai trasporti, all’uso di combustibili e ad alcune attività industriali. Il biossido di azoto in particolare è responsabile in atmosfera di generare ozono. Effetti sulla salute: possono provocare irritazioni ai polmoni, causando problemi respiratori gravi. Monossido di Carbonio (CO) È un gas incolore e inodore. La sua presenza è dovuta principalmente a fonti naturali; la combustione dei carburanti in particolare. Effetti sulla salute: è assorbito rapidamente dagli alveoli polmonari, può provocare mal di testa, nausea o disturbi alla concentrazione. In ambienti chiusi può essere mortale. Biossido di zolfo (SO2) Deriva dal riscaldamento domestico e dai motori alimentati a gasolio; gli interventi sulla qualità dei combustibili hanno recentemente ridotto sensibilmente l’emissione di questa sostanza nelle aree urbane: Effetti sulla salute: irritazione alle prime vie respiratorie, alterazioni del gusto e dell’olfatto, senso di stanchezza. Benzene, toluene, xilene, idrocarburi policiclici aromatici Fanno parte dei composto organici volatili (VOC) insieme ad altri idrocarburi che evaporano velocemente. Benzene e toluene sono entrambi presenti nella benzina, lo cilene è un gas prodotto naturalmente anche dalle piante. Tutte queste sostanze sono presenti in tutti i tradizionali prodotti di finitura in edilizia: pitture, vernici, smalti, colle, ecc. Effetti sulla salute: sono tutti potenzialmente cancerogeni ed interagiscono con i meccanismi metabolici di crescita, favoriscono inoltre i disturbi alle vie respiratorie. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 142 di 145 - Polveri totali sospese (PTS) Il particolato (così è definito l’insieme di polveri, fumo e vapor d’acqua presenti nell’aria) è sia di origine naturale sia il prodotto delle attività umane (combustioni principalmente). Effetti sulla salute: attaccano soprattutto le vie respiratorie superiori, possono essere il veicolo di trasporto di altre sostanze cancerogene nell’organismo umano. Polveri fini (PM 10 e PM 25) Le polveri fini sono una frazione delle polveri totali, a causa della loro ridotta dimensione sotto il profilo sanitario sono ancora più pericolose perché sono respirabili (sono cioè metabolizzate). Effetti sulla salute: attaccano principalmente gli occhi e le vie respiratorie. Le polveri fini, attaccandosi agli alveoli polmonari trasportano sostanze altamente inquinanti e spesso cancerogene. Ozono (O3) E’ un gas che si trova sia nella zona alta dell’atmosfera, dove funziona da filtro per i raggi UV, sia nella zona bassa dell’atmosfera, dove se respirato in alte concentrazioni, diventa un inquinante pericoloso. Si sviluppa per effetto delle radiazioni solari in presenza di altri inquinanti (gas provenienti da combustioni, solventi, NOx, ecc.). Può venir prodotto da alcune apparecchiature (vedi fotocopiatrici). Effetti sulla salute: l’ozono altera le funzioni respiratorie, provoca mal di testa, irritazione agli occhi, alla gola ed al naso. Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 143 di 145 - INDICE Premessa.............................................................................................................................2 Fonti energetiche tradizionali e problematiche ambientali ...................................................5 I sistemi solari passivi .................................................................................................47 Le serre ......................................................................................................................47 Le vetrate....................................................................................................................50 La ventilazione naturale..............................................................................................51 I sistemi solari attivi:....................................................................................................52 Impianto a pannelli solari ............................................................................................52 Inquadramento del settore e definizione degli indirizzi secondo il Piano Energetico Regionale ...................................................................................................................56 Impianti di climatizzazione di tipo radiante e Bioarchitettura..............................................59 Controllo dell'illuminazione naturale e artificiale.................................................................63 Il Controllo dell'illuminazione artificiale .......................................................................65 IL GIARDINO E LE AREE VERDI......................................................................................67 Il verde ed il controllo climatico urbano.......................................................................67 Il tetto verde ed i giardini pensili .................................................................................69 Gli effetti del tetto verde del giardino sul microclima...................................................71 Verde e riduzione dell’Inquinamento acustico ............................................................72 LA FITODEPURAZIONE ...................................................................................................73 Meccanismo di funzionamento ...................................................................................73 RENDIMENTO DI DEPURAZIONE ............................................................................74 Perché la fitodepurazione ...........................................................................................74 Vantaggi della fitodepurazione ...................................................................................75 I costi ..........................................................................................................................75 La nuova normativa sulle acque .................................................................................76 IL RECUPERO DELLE ACQUE PIOVANE........................................................................77 Dispositivi di risparmio con raccolta delle acque piovane ...........................................77 Uso razionale dell'acqua e permeabilità dei suoli .......................................................78 Inquinamento indoor: i principali fattori di inquinamento presi in esame in una progettazione Bioecologica................................................................................................78 I MATERIALI DA COSTRUZIONE..............................................................................79 Altre considerazioni ....................................................................................................79 ECOCOMPATIBILITÀ DEI MATERIALI EDILI............................................................80 SUGGERIMENTI PER I VARI MATERIALI EDILI..................................................84 Altre fonti di inquinamento ........................................................................................103 Inquinamento Acustico .............................................................................................103 Possibili interventi di bonifica....................................................................................104 Valutazione di barriere..............................................................................................105 Acustica dei locali .....................................................................................................109 L’INQUINAMENTO DA RADON ...............................................................................112 Come il radon entra negli ambienti ...........................................................................112 La legislazione Italiana .............................................................................................112 Come si misura il radon ............................................................................................113 I dosimetri .................................................................................................................114 Come si elimina il radon ...........................................................................................114 L’inquinamento da Amianto ......................................................................................115 Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 144 di 145 - L’INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO ...................................................................116 Premessa .................................................................................................................116 Radiazioni elettromagnetiche artificiali......................................................................117 Onde Elettromagnetiche ad alta frequenza ..............................................................120 Regione Toscana .....................................................................................................123 Campi elettromagnetici naturali ................................................................................124 Linee Guida per la pianificazione e la edificazione sostenibile e per la tutela del territorio - 145 di 145 -