Provincia di Bergamo Settore Ambiente Settore Urbanistica e Agricoltura NOTE DI INDIRIZZO SULL’UTILIZZO DEL COMPOST E DEGLI EFFLUENTI ZOOTECNICI IN AGRICOLTURA SOMMARIO PRESENTAZIONE .................................................................................................................. 2 INTRODUZIONE .................................................................................................................. 3 QUADRO NORMATIVO ....................................................................................................... 4 D.G.R. 5868 del 21 novembre 2007 ............................................................................. 5 Zone vulnerabili e non vulnerabili ................................................................................ 5 Dosi di applicazione ..................................................................................................... 6 REFLUO O EFFLUENTE ZOOTECNICO ................................................................................ 8 Uso agronomico degli effluenti di allevamento ........................................................... 13 Lo stoccaggio .............................................................................................................. 13 Tempi e modalità di distribuzione ............................................................................... 15 Quantità in distribuzione ............................................................................................ 16 Tecniche di gestione e trattamento degli effluenti di allevamento ................................ 20 Valorizzazione agroenergetica degli effluenti di allevamento ...................................... 22 Compostaggio degli effluenti di allevamento ............................................................... 24 AMMENDANTE COMPOSTATO O COMPOST DI QUALITÀ .............................................. 25 Modalità, dosi di impiego ed epoca di distribuzione ................................................... 25 Colture erbacee .......................................................................................................... 27 Frutticoltura ................................................................................................................ 27 Tappeti erbosi ornamentali, ricreativi e sportivi ........................................................... 28 Paesaggistica .............................................................................................................. 28 Il risanamento ambientale di siti degradati: la bioremedation ...................................... 28 L’ammendante compostato e il “Green Public Procurement” ...................................... 29 Alcune azioni che permettono di riconoscere ............................................................. 31 un ottimo ammendante compostato ............................................................................ 31 Il programma della rintracciabilità .............................................................................. 33 DIVIETI DI UTILIZZO .......................................................................................................... 35 ADEMPIMENTI AZIENDALI ................................................................................................ 37 CONTROLLO...................................................................................................................... 39 CONTATTI .......................................................................................................................... 40 1 PRESENTAZIONE Storicamente c’è sempre stata una stretta connessione tra allevamento, produzione di foraggi e coltivazione dei campi: l’utilizzo delle deiezioni degli animali forniva il concime necessario per la produzione di un buon raccolto e il mantenimento della fertilità del suolo. Con l’agricoltura moderna, l’avvento della concimazione chimica e la specializzazione degli indirizzi produttivi si è talvolta persa questa connessione, fino ad arrivare ad avere allevamenti “senza terra”. Un ostacolo a questo “disaccoppiamento” è posto dalla produzione di reflui che, se non valorizzati a scopo agronomico, diventano un rifiuto da smaltire, con tutti i problemi e i costi che da ciò derivano. L’utilizzazione agronomica non è tuttavia da considerare solo come una modalità “efficiente ed economica” per “smaltire” i reflui e nemmeno come una semplice alternativa alla fertilizzazione minerale: è una forma di concimazione che, se attuata correttamente, tutela il suolo e le sue caratteristiche biochimiche, fondamentali per garantire le produzioni nel lungo periodo. In tempi più recenti si è affermato anche l’utilizzo del compost. Il compost è un ammendante ottenuto dai rifiuti organici. La sua produzione e il suo utilizzo si collocano nell’ambito delle politiche di attuazione della raccolta differenziata, recupero, riutilizzo e valorizzazione dei rifiuti organici e delle biomasse. Per ottenere il massimo risultato dall’utilizzazione degli effluenti di allevamento e del compost bisogna però conoscerne le caratteristiche, porre attenzione alle varie fasi di produzione, stoccaggio e distribuzione e calcolare in modo corretto i quantitativi da distribuire. Questa guida vuole essere uno strumento utile a fornire agli operatori del settore e alle autorità locali indicazioni sul corretto impiego e sul migliore utilizzo in agricoltura dei reflui zootecnici e del compost. L’Assessore all’Urbanistica e Agricoltura Enrico Piccinelli L’Assessore all’Ambiente Pietro Romanò 2 INTRODUZIONE Con questo documento, frutto della collaborazione del Settore Ambiente e Settore Urbanistica e Agricoltura della Provincia di Bergamo con il Consorzio Italiano Compostatori (CIC) e della partecipazione del Dipartimento ARPA di Bergamo, si vuole fornire il quadro di riferimento per l’utilizzo agronomico dei reflui zootecnici e del compost. Si vuole inoltre promuovere l’utilizzo del compost anche nell’ambito del “Green Public Procurement” (GPP) che rappresenta una modalità di acquisto delle Pubbliche Amministrazioni che permette di ridurre gli impatti ambientali, legati ai processi di produzione e di consumo. 3 QUADRO NORMATIVO Il quadro normativo che regola l’utilizzo agronomico dei reflui zootecnici è piuttosto complesso e negli ultimi anni ha subito notevoli modifiche e aggiornamenti, tutti finalizzati a ridurre l’impatto ambientale delle attività di allevamento e, in particolare, a preservare le acque dall’inquinamento da nitrati di origine agricola. La norma che detta il quadro di riferimento e i principi fondamentali è la Direttiva 91/676/CEE, conosciuta come “Direttiva Nitrati”. A livello regionale la prima norma organica di settore è stata la L.R. 37/93 “Norme per il trattamento, la maturazione e l’utilizzo dei reflui zootecnici”; successivamente, a seguito dell’emanazione del Decreto Ministeriale del 7 aprile 2006, la Regione Lombardia ha approvato il “Programma d’Azione Nitrati” che, più volte integrato e modificato, è stato approvato da ultimo con D.G.R. 5868 del 21 novembre 2007. Anche l’utilizzo in agricoltura del compost è soggetto alle disposizioni dettate dal “Programma d’Azione Nitrati” di cui alla sopra citata D.G.R. 5868 del 21 novembre 2007. Recentemente è stato approvato il Piano Nazionale Strategico Nitrati, documento che fornisce un quadro complessivo delle problematiche connesse all’impatto Inverno: campi arati dopo la distribuzione della Direttiva Nitrati ed è orientato a favorire l’uso autunnale dei reflui zootecnici efficiente dell’azoto in agricoltura. Il Piano fornisce anche un utile contributo alla chiarezza del quadro normativo per la gestione integrata degli effluenti di allevamento e individua diverse tipologie di intervento finalizzate ad adeguare la gestione aziendale alle restrizioni dettate dalla UE. Va inoltre ricordato il Codice di Buona Pratica Agricola (CBPA), documento approvato con Decreto Ministeriale nel 1999 e finalizzato ad ottimizzare la gestione dell’azoto attraverso l’impiego di corrette pratiche agricole. Il quadro normativo si integra con le norme nazionali in materia di tutela ambientale (D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 - Norme in materia ambientale) e in materia di fertilizzanti (D.Lgs. 29 aprile 2010 n. 75 – Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell’articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88). 4 D.G.R. 5868 del 21 novembre 2007 Il “Programma d’Azione Nitrati” disciplina i criteri e le norme tecniche generali che le aziende agricole devono osservare per l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, dei fertilizzanti azotati, degli ammendanti e, comunque, di tutti gli apporti azotati. La disciplina si differenzia a seconda che i terreni su cui si effettua l’utilizzo agronomico ricadano o meno in zona vulnerabile ai nitrati. Zone vulnerabili e non vulnerabili Il territorio regionale è suddiviso in zone vulnerabili (ZVN) e in zone non vulnerabili all’inquinamento da nitrati, con vincoli di gestione e possibilità di utilizzo diversi. Ai sensi dell’art. 92 del D.Lgs. 152/2006 si considerano zone vulnerabili all’inquinamento da nitrati quelle parti di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati in acque già inquinate (concentrazione di NO3 superiore a 50 mg/l nelle acque dolci superficiali) o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali scarichi. L’individuazione delle zone vulnerabili tiene inoltre conto dei carichi zootecnici (specie animali allevate, intensità degli allevamenti e loro tipologia, tipo dei reflui che ne derivano e modalità di applicazione Campi con mais al terreno, coltivazioni e fertilizzazioni in uso) nonché dei fattori ambientali che possono concorrere a determinare uno stato di contaminazione. La classificazione del territorio in zone vulnerabili e non vulnerabili attualmente in vigore in Lombardia è quella definita dalla D.G.R. 3297 del 11 ottobre 2006. I Comuni classificati come ZVN della provincia di Bergamo sono attualmente 49; i Comuni della provincia parzialmente vulnerabili (fasce A e B del Piano di Assetto Idrogeologico) sono 22. 5 PROVINCIA DI BERGAMO - ZONE VULNERABILI (in giallo) Dosi di applicazione I limiti quantitativi per la distribuzione a scopo agronomico degli effluenti di allevamento previsti dalla “Direttiva Nitrati” sono pari a: • 170 kg di azoto/ettaro/anno “al campo” per le zone vulnerabili (il limite d’uso è comprensivo delle deiezioni degli animali al pascolo e degli eventuali fertilizzanti organici derivanti dagli effluenti di allevamento e dalle acque reflue); • 340 kg di azoto/ettaro/anno “al campo” per le zone non vulnerabili (il limite d’uso è comprensivo delle deiezioni degli animali al pascolo). Tali valori sono al netto delle perdite per volatilizzazione che si verificano nelle fasi di gestione degli effluenti prima del loro utilizzo agronomico (nei ricoveri, durante le fasi di rimozione, 6 stoccaggio e trattamento), valutate mediamente nel 28% dell’azoto “escreto”, e sono da intendersi come valori medi aziendali. Va però considerato che, in ogni caso, non si può distribuire più azoto rispetto ai fabbisogni delle coltivazioni, anche se questo valore risultasse sensibilmente inferiore ai valori sopra citati: ad esempio in un campo coltivato a orzo, con una produzione stimata di 5,5 t/ha di sola granella, la distribuzione massima coinciderà con l’azoto aspostato dalla coltura, pari a 100 kg di azoto efficiente/ettaro/anno. Accanto al “limite normativo” esiste quindi un “limite agronomico” che deve essere comunque rispettato. Tale valore è determinato in base al criterio del “bilancio dell’azoto”: gli apporti azotati complessivi (apportati dalle piogge, provenienti dalla mineralizzazione della sostanza organica del terreno o dai residui colturali, apportati da fertilizzazioni organiche, da concimi chimici, ecc.), tenuto conto dell’efficienza di utilizzazione da parte delle colture, non possono superare le asportazioni delle colture effettuate. Nelle zone vulnerabili da nitrati il Programma d’Azione Nitrati stabilisce inoltre: • per tutti i fertilizzanti e gli ammendanti organici di derivazione non zootecnica (digestato, fertilizzanti azotati e i fanghi di depurazione come normati dal D.Lgs. 92/99) il limite d’uso agronomico di 340 kg di azoto/ ettaro/anno; • per quanto riguarda il digestato: se derivante Box per allevamento suini da ingrasso dalla fermentazione anaerobica di effluenti di allevamento, il limite d’uso agronomico di 170 kg di azoto/ettaro/anno; se derivante dalla fermentazione anaerobica di sola componente vegetale, il limite di 340 kg di azoto/ ettaro/anno. Nelle zone non vulnerabili da nitrati il Programma d’Azione Nitrati stabilisce invece che il digestato, i fertilizzanti azotati, per entrambi se di origine organica non zootecinica, e i fanghi di depurazione come normati dal D.Lgs. 92/99 possono essere utilizzati nel rispetto del bilancio dell’azoto. A settembre 2009 il Ministero dell’Ambiente ha presentato al Comitato “Nitrati” della Commissione UE richiesta di deroga. La richiesta riguarda le regioni del bacino padano-veneto e prevede che, rispettando precise condizioni, nelle zone vulnerabili da nitrati le aziende possano derogare al limite di 170 kg di azoto/ettaro/anno sino ad un limite massimo di 250-280 kg di azoto/ettaro/anno. 7 REFLUO O EFFLUENTE ZOOTECNICO Varie definizioni sono state adottate nel tempo dal legislatore per i reflui o effluenti zootecnici. La Legge Regionale 37/93, in modo sintetico e chiaro, denomina come reflui o effluenti i residui organici di origine zootecnica e vegetale conseguenti all’esercizio dell’attività di allevamento. Il più recente Programma d’Azione Nitrati individua in modo più articolato le tipologie di effluente e dà delle definizioni più specifiche in funzione della specie allevata, delle modalità di gestione dell’allevamento, delle caratteristiche dell’effluente. Una prima differenziazione è fatta in base alla “consistenza” fisica dell’effluente, ossia tra: • “materiali palabili”: letami e assimilati • “materiali non palabili”: liquame e assimilati Per palabile o non palabile si intende il materiale in grado o non in grado, se disposto in cumulo su platea, di mantenere la forma geometrica ad esso conferita. LETAMI: effluenti di allevamento palabili provenienti da allevamenti che utilizzano la lettiera. Il più diffuso e tradizionalmente conosciuto è il letame proveniente da allevamenti di bovini su pavimento pieno e con lettiera di paglia, siano le bestie legate o a stabulazione libera. Sono assimilate ai letami: • le lettiere esauste di allevamenti avicunicoli (anche in questo caso l’allevamento è praticato su pavimento pieno) • le deiezioni di avicunicoli rese palabili da processi di disidratazione naturali o artificiali anche se non mescolate a lettiera • gli altri tipi di effluente zootecnico sottoposto a trattamento di disidratazione e/o compostaggio • le frazioni palabili, da destinarsi all’utilizzazione agronomica, frutto di processi di trattamento a cui sono stati sottoposti gli effluenti di allevamento, da soli o in miscela con biomasse vegetali di origine agricola (es. separazione, centrifugazione). LIQUAMI: effluenti di allevamento non palabili. Rappresentano il tipo di refluo attualmente più diffuso perché prodotto dalle moderne tipologie di allevamento. Al fine di contenere i costi di gestione, esse prevedono che gli animali siano allevati su pavimenti completamente o parzialmente fessurati e che deiezioni, acque di 8 lavaggio e perdite di abbeverata vengono raccolte in fosse sottostanti e da qui veicolate nelle vasche di stoccaggio. La consistenza del materiale è quindi “liquida”. Sono assimilati ai liquami: • i liquidi di sgrondo di materiali palabili in fase di stoccaggio • i liquidi di sgrondo di “accumuli di letame” (cioè di depositi temporanei di letami idonei all’impiego effettuati i prossimità o sui terreni destinati all’utilizzazione) • le deiezioni di avicunicoli con o senza lettiera, se non sufficientemente disidratate • le frazioni non palabili, da destinarsi all’utilizzazione agronomica, provenienti da processi di trattamento a cui sono stati sottoposti gli effluenti di allevamento da soli o in miscela con biomasse vegetali di origine agricola (es. separazione, centrifugazione) • i liquidi di sgrondo dei foraggi insilati • le acque di lavaggio di strutture, attrezzature, impianti zootecnici se mescolate a liquami e destinate all’uso agronomico. La corretta classificazione dell’effluente come materiale palabile o non palabile riveste molta importanza ai fini della gestione aziendale in quanto la norma prevede modalità e tempi di stoccaggio, condizioni di utilizzo, vincoli e divieti diversi per le due tipologie. Un’altra classificazione degli effluenti di allevamento può essere fatta considerando le caratteristiche chimiche rilevanti dal punto di vista agronomico, come il tenore in azoto, fosforo e potassio. In questo caso le tipologie riscontrabili sono molto numerose in quanto molte sono le variabili in gioco: specie allevata, età dell’animale, indirizzo produttivo (latte/carne), tipologia di stabulazione, tecniche gestionali. Bovini: stalla con bufale da latte Nelle tabelle n.1, 2 e 3 è riportata a solo titolo esemplificativo la quantità di refluo prodotto e il suo tenore in azoto e fosforo per alcune tipologie di allevamento, in funzione del tipo di stabulazione e dell’età dell’animale (dati estratti dall’Allegato n. 3 alla D.G.R. 5868/07). Come si potrà notare, per alcuni tipi di stabulazione si ha produzione contemporanea sia di letame che di liquame. 9 P2O5 AL CAMPO LIQUAME (kg/t/anno) N AL CAMPO TOTALE (kg/t/anno) P2O5 AL CAMPO TOTALE (kg/t/anno) 101 104 101 104 suini scrofe (160 - 200 kg) gestazione in box multiplo senza corsia di defecazione esterna - pavimento parzialmente fessurato 44 101 104 101 suini scrofe 160 - 200 kg zona parto su lettiera integrale (estesa a tutto il box) 0,4 1,1 1,3 suini scrofe (160 - 200 kg) zona parto in gabbie sopraelevate con fossa di stoccaggio sottostante e rimozione a fine ciclo 55 101 104 101 suini lattonzoli (7-30 kg) box a pavimento pieno senza corsia esterna di defecazione - lavaggio con acqua ad alta pressione 73 101 104 101 suini lattonzoli (7-30 kg) box a pavimento parzilamente fessurato senza corsia esterna di defecazione 44 101 104 101 suini lattonzoli (7-30 kg) box su lettiera suini accrescimento e ingrasso (31 -160 kg) box a pavimento pieno senza corsia esterna di defecazione - lavaggio con acqua ad alta pressione 73 101 suini accrescimento e ingrasso (31 -160 kg) box senza corsia esterna di defecazione – pavimento parzialmente fessurato 44 suini accrescimento e ingrasso (31 -160 kg) box senza corsia esterna di defecazione – pavimento totalmente fessurato suini accrescimento e ingrasso (31 -160 kg) box su lettiera integrale 31,2 31,2 99,9 102,7 104 104 104 104 101 104 101 104 101 37 101 104 101 0,4 1,1 1,3 99,9 104 101 101 31,2 101 P2O5 AL CAMPO LETAME (kg/t/anno) N**** AL CAMPO*** LIQUAME (kg/t/anno)** 73 N AL CAMPO LETAME (kg/t/anno) LIQUAME (mc/t/anno)* gestazione in box multiplo senza corsia di defecazione esterna - pavimento pieno, lavaggio ad alta pressione LETAME (mc/t/anno) CATEGORIA suini scrofe (160 - 200 kg) TIPOLOGIA STABULAZIONE SPECIE TABELLA N. 1 - SUINI 102,7 101 * mc/t/anno: metri cubi di liquame o letame prodotto da una tonnellata di peso vivo allevato in un anno ** kg/t/anno: chilogrammi di azoto (N) o fosforo (P2O5) prodotto da una tonnellata di peso vivo allevato in un anno *** al campo: ossia calcolato al netto delle perdite durante le fasi di stoccaggio e distribuzione **** N: si intende il tenore di azoto disponibile al campo, ossia al netto delle perdite di NH3 per emissioni in atmosfera, stimabili intorno al 28% 10 104 N**** AL CAMPO*** LIQUAME (kg/t/anno)** P2O5 AL CAMPO LIQUAME (kg/t/anno) LETAME (mc/t/anno) N AL CAMPO LETAME (kg/t/anno) stabulazione libera su lettiera permanente 14,6 62 19,4 45 76 bovini da latte vacche da latte (600 kg) stabulazione libera su cuccetta senza paglia 33 138 79 bovini da latte vacche da latte (600 kg) stabulazione libera su cuccetta con paglia (groppa a groppa) 20 85 40,5 bovini da latte rimonta vacche da latte (300 kg) stabulazione libera su cuccetta senza paglia 26 120 79 bovini da latte rimonta vacche da latte (300 kg) stabulazione libera su cuccetta con paglia (groppa a groppa) 16 61 42,3 13,9 59 bovini da latte vitelli (100 kg) svezzamento vitelli su lettiera (0 - 6 mesi) 4 20 6,6 43,7 bovini da carne bovini da ingrasso (12 - 24 mesi) stabulazione libera con paglia totale 4 12 8,9 bovini da carne bovini da ingrasso (12 - 24 mesi) stabulazione libera su lettiera inclinata 4 12 bovini da carne bovini da ingrasso (6 - 12 mesi) stabulazione fissa su lettiera 5 gabbie singole o bovini da multiple sopraelevate vitelli a carne bianca carne con lavaggio a bassa pressione 59,6 138 79 138 79 138 79 120 79 36,7 120 79 100 72,4 120 79 30,6 72 68,1 84 77 7,2 38,8 72 69,8 84 77 18 11 29,9 66 66 84 77 91 67 79 67 79 gabbie singole o bovini da multiple su fessurato vitelli a carne bianca carne senza acqua di lavaggio 27 67 79 67 79 stabulazione fissa con bovini da vitelli a carne bianca paglia carne 40 12 34,8 67 79 tipologia stabulazione P2O5 AL CAMPO TOTALE (kg/t/anno) LIQUAME (mc/t/anno)* vacche da latte (600 kg) N AL CAMPO TOTALE (kg/t/anno) CATEGORIA bovini da latte P2O5 AL CAMPO LETAME (kg/t/anno) SPECIE TABELLA N. 2 - BOVINI DA LATTE E CARNE 19 50,8 53 55 38,5 44,2 * mc/t/anno: metri cubi di liquame o letame prodotto da una tonnellata di peso vivo allevato in un anno ** kg/t/anno: chilogrammi di azoto (N) o fosforo (P2O5) prodotto da una tonnellata di peso vivo allevato in un anno *** al campo: ossia calcolato al netto delle perdite durante le fasi di stoccaggio e distribuzione **** N: si intende il tenore di azoto disponibile al campo, ossia al netto delle perdite di NH3 per emissioni in atmosfera, stimabili intorno al 28% 11 LETAME (mc/t/anno) N AL CAMPO LETAME (kg/t/anno) P2O5 AL CAMPO LETAME (kg/t/anno) N AL CAMPO TOTALE (kg/t/anno) P2O5 AL CAMPO TOTALE (kg/t/anno) P2O5 AL CAMPO LIQUAME (kg/t/anno) N**** AL CAMPO*** LIQUAME (kg/t/ anno)** LIQUAME (mc/t/anno)* 230 238,5 230 238,5 CATEGORIA 19 SPECIE TIPOLOGIA STABULAZIONE TABELLA N. 3 - AVICOLI avicoli galline ovaiole in batteria di gabbie con tecniche di predisidratazione (nastri ventilati) avicoli galline ovaiole in batteria di gabbie senza tecniche di predisidratazione avicoli galline ovaiole a terra con fessurato (posatoio) totale o parziale e disidratazione della pollina nella fossa sottostante 0,15 18 230 avicoli polli da carne a terra con uso di lettiera (numero cicli/anno 4,5) 1,2 13,5 avicoli tacchini a terra con uso di lettiera (maschi numero cicli/anno 2,0) 0,9 avicoli tacchini a terra con uso di lettiera (femmine - numero cicli/anno 3,0) 0,9 0,05 22 230 238,5 230 238,5 238,5 230 238,5 250 319 250 319 15,1 165 319 165 319 15,1 169 319 169 319 * mc/t/anno: metri cubi di liquame o letame prodotto da una tonnellata di peso vivo allevato in un anno ** kg/t/anno: chilogrammi di azoto (N) o fosforo (P2O5) prodotto da una tonnellata di peso vivo allevato in un anno *** al campo: ossia calcolato al netto delle perdite durante le fasi di stoccaggio e distribuzione **** N: si intende il tenore di azoto disponibile al campo, ossia al netto delle perdite di NH3 per emissioni in atmosfera, stimabili intorno al 28% 12 Uso agronomico degli effluenti di allevamento L’uso agronomico è senz’altro il miglior mezzo per valorizzare gli effluenti di allevamento in quanto, come cita l’art.2 della D.G.R. 5868/07, “con l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento si ottiene il ricircolo della sostanza organica e dei nutrienti in essa contenuti con effetti ammendanti sul terreno e fertilizzanti sulle colture ed un miglioramento della produttività dei terreni”. Perché l’impiego agronomico sia efficiente, dia cioè i risultati sperati, e perché non si trasformi in fonte di inquinamento, è necessario che l’azienda agricola analizzi con attenzione ogni fase del percorso che il refluo segue per arrivare dalla stalla al campo, passando attraverso la fase essenziale dello stoccaggio. Ciascun passaggio deve essere gestito correttamente e il processo complessivo deve poter essere “governato” al meglio al fine di ottimizzare la resa in campo. Lo stoccaggio La fase di stoccaggio è essenziale in quanto consente agli effluenti di subire un processo di stabilizzazione e di essere “conservati” in modo idoneo garantendo così un loro corretto impiego (periodi stagionali favorevoli, colture pronte ad utilizzarli). L’efficienza agronomica nell’utilizzo dei nutrienti è infatti correlata al periodo di distribuzione: i migliori risultati si riscontrano distribuendo l’effluente in primavera o comunque in corrispondenza dell’attività vegetativa delle piante. Vascone con liquami È quindi fondamentale avere a disposizione degli stoccaggi adeguati per garantire il rispetto del calendario di distribuzione programmato. Le strutture di stoccaggio sono differenti a seconda del tipo di refluo, palabile o meno, e della funzione, se di prima raccolta o di accumulo. LETAMI: le strutture di stabulazione dove si produce letame sono quelle a pavimento pieno, di solito con distribuzione di materiale da lettiera (paglia, segatura, etc..) per assorbire i liquidi. Lo stoccaggio del letame (e più in generale dei materiali palabili) va effettuato su platea, coperta o meno, delimitata da cordolo o muro perimetrale di contenimento con possibilità di accesso ai mezzi meccanici. La platea deve avere una pavimentazione impermeabile ed essere 13 dotata di strutture di raccolta dei percolati (pozzettone). Il dimensionamento della platea va fatto garantendo una capacità di stoccaggio non inferiore al volume di letame prodotto in 90 giorni. Sono considerate utili al fine del calcolo della capacità di stoccaggio le superfici della lettiera permanente e, nel caso delle galline ovaiole, le “fosse profonde” dei ricoveri a due piani e le fosse sottostanti i pavimenti fessurati nell’allevamento a terra. In questi casi, se il ciclo di allevamento lo permette, tutto il periodo di stoccaggio può svolgersi nei ricoveri. Negli altri casi la lettiera viene asportata ad intervalli regolari, in modo da garantire l’igiene dell’allevamento, pertanto il periodo di stoccaggio deve essere completato in platea; da qui poi il letame sarà trasportato in campo per l’utilizzo diretto o per un ulteriore fase di stoccaggio temporaneo, ossia fino a che ne sia possibile la distribuzione. L’accumulo temporaneo in campo è ammesso solo dopo uno stoccaggio di almeno 90 giorni; fanno eccezione gli allevamenti avicoli a ciclo produttivo inferiore a 90 giorni, le cui lettiere possono essere stoccate al termine del ciclo produttivo sottoforma di cumuli in campo. I cumuli possono permanere in campo per un periodo non superiore a 90 giorni, devono essere dimensionati in relazione alle necessità delle colture praticate sui terreni circostanti e non possono essere ripetuti nello stesso luogo nell’ambito della medesima annata agraria. Devono inoltre essere realizzati in modo tale da evitare di essere fonte di inquinamento per la fuoriuscita di percolati e da garantire le necessarie condizioni microaerobiche all’interno della massa. È fatto divieto di realizzare l’accumulo temporaneo di letami a meno di 5 m dalle scoline, a meno di 30 m dalle sponde dei corpi d’acqua superficiali e a meno di 40 m dalle sponde dei laghi. LIQUAMI: questi effluenti non palabili devono necessariamente essere stoccati in vasche. La produzione di liquame avviene generalmente in allevamenti dove gli animali vengono allevati su pavimento completamente o parzialmente fessurato, al di sotto del quale si trovano le fosse di raccolta delle deiezioni, delle acque di lavaggio e delle perdite di abbeverata. Dalle fosse sottogrigliato il refluo viene pompato, o defluisce per gravità, verso le vasche di accumulo. Naturalmente deve essere garantita l’assoluta impermeabilità del fondo e delle pareti di tutte le vasche e nel dimensionamento, per le vasche senza copertura, deve essere previsto un franco di sicurezza di 30 cm per le acque piovane incidenti; gli stoccaggi devono inoltre poter accogliere, ove previsto, anche le eventuali acque di lavaggio delle strutture, degli impianti e delle attrezzature zootecniche. È invece necessario prevedere l’esclusione delle acque bianche provenienti da tetti e tettoie nonché delle acque provenienti da aree non connesse all’allevamento. Per il dimensionamento delle vasche vanno tenuti in considerazioni vari fattori tra cui la specie allevata, l’indirizzo produttivo (carne, latte), l’ordinamento colturale (tipo di colture e rotazioni praticate): 14 • la capacità di stoccaggio non deve essere inferiore al volume prodotto in 180 giorni; fanno eccezione le aziende di bovini da latte, bufalini, equini e ovicaprini con assetti colturali che prevedono la presenza di pascoli o prati o erbai e cereali autunno-vernini, per le quali il volume di stoccaggio minimo deve essere di almeno 120 giorni • per le aziende che producono almeno 6.000 kg di azoto/anno, nel caso di costruzione di nuove strutture di stoccaggio o di ampliamento di quelle esistenti, deve essere previsto il frazionamento dello stoccaggio in almeno due bacini per garantire un più alto livello di stabilizzazione dei liquami • eccetto che per le aziende situate in comuni di montagna, nelle strutture di nuova realizzazione, siano esse nuovi allevamenti o ampliamenti, le fosse sottogrigliato non possono essere considerate utili ai fini del calcolo dei volumi di stoccaggio necessari; tali strutture devono cioè servire solo per la veicolazione dell’effluente. Le aziende che producono oltre a liquame anche piccole quantità di letame, possono evitare di realizzare platee trattando il letame come un effluente non palabile, ossia stoccandolo nelle vasche di accumulo; in questo caso i tempi di stoccaggio sono equiparati a quelli del liquame. Tempi e modalità di distribuzione Tutti i reflui zootecnici possono essere distribuiti solo dopo il periodo minimo di stoccaggio previsto dalla normativa: i letami vengono sparsi con carri spandiletame di capacità di carico normalmente variabile tra 3 e 12 tonnellate mentre per i liquami si usano carribotte dotati di pompe idrauliche centrifughe e capacità di carico variabile tra le 4 e le 30 tonnellate. In entrambi i casi la tecnologia sta mettendo a disposizione mezzi sempre più capaci per ridurre il numero di viaggi dall’azienda al campo. Altra modalità di distribuzione è la fertirrigazione, ossia l’applicazione al suolo effettuata mediante l’abbinamento dell’irrigazione con la fertilizzazione, attraverso l’addizione controllata alle acque di irrigazione di quote più o meno rilevanti di liquame. La miscela viene poi distribuita utilizzando rotolone e irrigatore semovente oppure per scorrimento, facendo tracimare il canale adacquatore in cui si è immesso il liquame. Gli studi hanno dimostrato che, per migliorare l’efficienza della distribuzione Carrobotte per la distribuzione del liquame e ridurre la quantità di perdite per percolazione, va preferita una distribuzione il più a ridosso possibile alla semina, ossia al momento in cui i vegetali coltivati cominceranno ad utilizzare le sostanze distribuite. 15 La normativa vigente vieta gli spandimenti con irrigatori a lunga gittata, la distribuzione da strada a bordo campo e l’utilizzo di tubazioni o manichette di irrigazione a bocca libera. È invece consigliato lo spandimento superficiale a bassa pressione associato a interramento entro le 12 ore o l’iniezione diretta nel suolo. La distribuzione di refluo in copertura, ottima perché massimizza l’efficienza agronomica dell’intervento e riduce i rischi di percolazione, presenta problemi tecnici essendo di facile esecuzione solo nei prati dopo lo sfalcio; la distribuzione in copertura è comunque vietata nelle tre settimane precedenti lo sfalcio e su coltivazioni in atto destinate direttamente all’alimentazione umana. In fase di distribuzione va inoltre attentamente considerato l’aspetto relativo alla produzione di odori, aspetto delicato soprattutto in zone ad elevato grado di urbanizzazione, caso ricorrente nella pianura bergamasca. La misura più efficace per ridurre l’impatto olfattivo è l’interramento immediato mediante aratura o altre tecniche di interramento; l’interramento è inoltre efficace per ridurre l’emissione in atmosfera di ammoniaca. Va naturalmente evitata la distribuzione in campo di liquami e letami non completamente maturi, molto più odorigeni. Quantità in distribuzione Prima di distribuire i reflui è importante valutare la quantità di effluente che si andrà a spandere in funzione della coltura praticata. Il quantitativo di azoto (e quindi di effluente) che è possibile distribuire è determinato in base al metodo del “bilancio azotato”. Gli apporti azotati derivanti dalle diverse fonti (apporti naturali, disponibilità di azoto derivante da precessioni colturali, fertilizzazioni organiche e chimiche), tenuto conto dell’efficienza di utilizzo dell’azoto, non devono superare le asportazioni delle colture. Per ogni coltura effettuata nell’anno si considerano i seguenti apporti azotati: • azoto atmosferico (10 kg/ettaro/anno); • azoto proveniente dalla mineralizzazione della sostanza organica del terreno (15 kg/ ettaro/anno per ogni punto percentuale di S.O. del terreno); • nel caso del letame, la forza vecchia, o disponibilità di azoto frutto della concimazione dell’anno precedente (calcolata nel 30% dell’azoto distribuito); • precessione colturale (apporti variabili a seconda della coltura attuata e dei relativi residui lasciti in campo). 16 L’efficienza (alta – media – bassa) dell’azoto degli effluenti dipende soprattutto dall’epoca di distribuzione in relazione alle colture attuate; deve comunque essere garantita a scala aziendale un’efficienza non inferiore ai valori di efficienza “media” definiti dalle tabelle 1/a e 1/b dell’Allegato 3 alla D.G.R. 5868/07. Si riporta a titolo esemplificativo la tabella 4 che indica le asportazioni di azoto delle colture più diffuse nella realtà bergamasca. A questo dato è stato affiancato un valore indicativo che esprime la quantità (mc/ha) di liquame o letame necessari a soddisfare le esigenze dei vegetali; il tenore in azoto degli effluenti considerati è relativo ad alcune delle categorie di animali indicate nelle tabelle 1, 2 e 3; si è considerata un’efficienza media dell’azoto negli effluenti pari al 50% e, per semplicità, non si è qui tenuto conto delle altre voci del “bilancio azotato” specificate in precedenza. Indipendentemente dai fabbisogni colturali si ricorda che nelle zone vulnerabili è possibile distribuire con i reflui zootecnici fino a 170 kg di azoto/ettaro/anno al campo e nelle zone non vulnerabili fino a 340 kg di azoto/ettaro/anno al campo, pertanto può essere necessario ricorrere anche alla concimazione chimica (tabella 5). Nota la quantità di azoto che mediamente è presente in un metro cubo di letame o liquame, l’efficienza media aziendale degli effluenti distribuiti e i fabbisogni delle singole colture, è semplice calcolare quanto refluo portare sui vari appezzamenti e a quanti viaggi con carrobotte o spandiletame corrisponde la distribuzione di tali quantitativi. Circa la densità degli effluenti, quella del liquame è approssimabile a quella dell’acqua (1 mc = 1 t), mentre la densità del letame maturo è approssimabile a 0,75 t/mc, con variazioni anche significative in relazione al quantitativo di materiale da lettiera utilizzato. Per le aziende tenute alla predisposizione del PUA, è possibile attraverso tale documento individuare per ciascuna Unità Gestionale il quantitativo di prodotto (mc/ha) da spandere in base al calendario di distribuzione programmato. 17 DESCRIZIONE GRUPPO COLTURA RESA (t/ha) TIPOLOGIA COLTIVAZIONE ASPORTAZIONI AZOTO (kg/ettaro) LETAME BOVINO (mc/ettaro) POLLINA (mc/ettaro) LIQUAME BOVINO (mc/ettaro) LIQUAME SUINO (mc/ettaro) TABELLA N. 4 ASPORTAZIONI COLTURE E COPERTURA FABBISOGNI CON SOLI EFFLUENTI (ipotesi teorica in base al limite “agronomico”) mais 10 granella 200,00 166 34 96 134 mais 10 granella e stocchi 280,00 234 46 134 186 silomais 60 276,00 230 46 132 184 grano tenero 5 granella 115,00 96 20 54 76 grano tenero 5 granella e paglia 139,00 116 22 66 92 triticale 4,5 granella 81,00 68 14 38 54 triticale 4,5 granella e paglia 118,35 98 20 56 78 orzo 5,5 granella 99,00 82 16 48 66 orzo 5,5 granella e paglia 121,55 102 20 58 82 erba medica (*) 10 248,00 0 0 0 0 prato stabile 4 impianto 78,80 66 14 38 52 prato stabile 6 produzione 118,20 98 20 56 78 erbaio di graminacee 8 loglio fieno 208,00 174 34 100 138 Tipologie di refluo utilizzate per il calcolo: letame bovino prodotto da bovini da ingrasso a stabulazione libera su paglia totale: 2,4 kg N/mc letame pollina prodotta da galline ovaiole in gabbie con tecniche di predisidratazione: 12,1 kg N/mc pollina liquame bovino prodotto da vacche da latte a stabulazione libera con cuccette senza paglia: 4,2 kg N/mc liquame liquame suino prodotto da suini da ingrasso in box multiplo su pavimento fessurato: 3,0 kg N/mc liquame efficienza media dell’azoto considerata: 50% (*) nei casi in cui se ne verifichi la necessità è possibile ricorrere alla fertilizzazione, con esclusione del primo anno 18 ZVN ZO ZVN ZO ZVN LIQUAME SUINO (mc/ettaro) LIQUAME BOVINO (mc/ettaro) POLLINA (mc/ettaro) LETAME BOVINO (mc/ettaro) ASPORTAZIONI AZOTO (kg/ettaro) TIPOLOGIA COLTIVAZIONE DESCRIZIONE GRUPPO COLTURA TABELLA N. 5 ASPORTAZIONI COLTURE E QUANTITATIVO DI EFFLUENTI DISTRIBUIBILE (limite “normativo” vincolante) ZO ZVN ZO mais granella 200,00 71 142 14 28 40 80 56 112 mais granella e stocchi 280,00 71 142 14 28 40 80 56 112 276,00 71 142 14 28 40 80 56 112 silomais grano tenero granella 115,00 71 142 14 28 40 80 56 112 grano tenero granella e paglia 139,00 71 142 14 28 40 80 56 112 triticale granella 81,00 71 142 14 28 40 80 56 112 triticale granella e paglia 118,35 71 142 14 28 40 80 56 112 orzo granella 99,00 71 142 14 28 40 80 56 112 orzo granella e paglia 121,55 71 142 14 28 40 80 56 112 248,00 71 142 14 28 40 80 56 112 erba medica (*) prato stabile impianto 78,80 71 142 14 28 40 80 56 112 prato stabile produzione 118,20 71 142 14 28 40 80 56 112 erbaio di graminacee loglio fieno 208,00 71 142 14 28 40 80 56 112 Tipologie di refluo utilizzate per il calcolo: letame bovino prodotto da bovini da ingrasso a stabulazione libera su paglia totale: 2,4 kg N/mc letame pollina prodotta da galline ovaiole in gabbie con tecniche di predisidratazione: 12,1 kg N/mc pollina liquame bovino prodotto da vacche da latte a stabulazione libera con cuccette senza paglia: 4,2 kg N/mc liquame liquame suino prodotto da suini da ingrasso in box multiplo su pavimento fessurato: 3,0 kg N/mc liquame (*) nei casi in cui se ne verifichi la necessità è possibile ricorrere alla fertilizzazione, con esclusione del primo anno ZVN: zona vulnerabile da nitrati (max 170 kg N/ha/anno) ZO: zona ordinaria (non vulnerabile da nitrati : max 340 kg N/ha/anno ) 19 Tecniche di gestione e trattamento degli effluenti di allevamento Il quadro delineato dal “Programma di azione nitrati” impone la valutazione di modelli gestionali e di soluzioni tecnologiche che consentano di affrontare l’adeguamento alle normative, mantenendo nel contempo la sostenibilità economica delle aziende. Tale esigenza è evidente soprattutto nelle aree in cui molte aziende si trovano a dover gestire un esubero di reflui rispetto alla possibilità di una loro idonea utilizzazione agronomica. Situazioni critiche si evidenziano in particolare in ambiti territoriali in cui l’evoluzione strutturale delle aziende e del comparto zootecnico nel suo complesso hanno portato ad una forte concentrazione di allevamenti a lato di Cumulo temporaneo di letame non a norma una progressiva riduzione di territorio agricolo disponibile, soprattutto a causa della diffusa urbanizzazione. Le possibili strategie d’intervento per gestire questa situazione, senza dover ricorrere alla riduzione dei capi allevati, passano attraverso: • l’adozione di tecniche gestionali mirate al contenimento dell’azoto negli effluenti, • l’individuazione di nuovi terreni su cui poter distribuire a scopo agronomico i reflui zootecnici, soluzione cui si accompagnano i costi gestionali dovuti al trasporto del materiale anche ad elevate distanze, • la riduzione del tenore di azoto nei reflui, utilizzando i trattamenti biologici e/o fisicochimici oggi disponibili. RAZIONE ALIMENTARE: intervenendo sulla razione proteica fornita agli animali è possibile ridurre l’azoto escreto; le proteine distribuite in eccesso rispetto ai limiti fisiologici di assimilazione dell’animale vengono infatti eliminate attraverso le deiezioni, aumentando il loro tenore di azoto. Va quindi attentamente valutata la razione alimentare, calcolandone con attenzione tutte le componenti per ottimizzarla. TRATTAMENTI a cui sottoporre i reflui zootecnici, in particolare il liquame, per razionalizzarne la gestione o per ridurne il tenore di azoto. Si riportano di seguito i principali trattamenti finalizzati ad ottimizzare la gestione degli effluenti di allevamento. • SEPARAZIONE SOLIDO-LIQUIDO: il trattamento adotta tecniche per la rimozione delle particelle di diversa granulometria sospese nell’effluente in modo da rendere sia la com- 20 ponente liquida che la frazione solida più facili da gestire; in particolare la componente separata palabile può essere trasportata in modo più agevole. • RIMOZIONE BIOLOGICA DELL’AZOTO (NITRO-DENITRO): è un trattamento che consente di abbattere l’azoto contenuto negli effluenti, liberando in atmosfera fino al 70-80% dell’azoto in ingresso all’impianto. Percentuali di rendimento anche maggiori si possono attenere in relazione all’obiettivo che si intende raggiungere: dalla semplice riduzione, più o meno spinta, del carico organico e azotato, fino alla depurazione completa con possibilità di scarico in acque superficiali. In sintesi il processo necessita di due fasi: la prima, detta di nitrificazione, avviene in ambiente aerobico ad opera di batteri che trasformano l’ammoniaca (NH4), forma in cui l’azoto è principalmente presente nei reflui, dapprima in nitriti (NO2) e poi in nitrati (NO3); nella seconda fase i nitrati vengono trasformati, ad opera di altri batteri che operano in ambiente anaerobico, in azoto molecolare (N2) che si disperde in atmosfera. La realizzazione di questi impianti (costituiti da più vasche, pompe idrauliche, agitatori, aereatori, etc…) è però costosa e la loro gestione necessita di personale specializzato e di un controllo costante di tutte le fasi. Un’interessante applicazione di questa tecnologia è costituita dai reattori SBR (Sequencing Batch Reactors) che consentono il trattamento biologico a flusso discontinuo. Sono impianti costituiti generalmente da uno o due bacini in cui hanno luogo i processi di ossidazione biologica e di sedimentazione; le fasi del processo sono condotte in tempi diversi, variando ciclicamente le condizioni operative dell’impianto. Un altro aspetto da considerare adottando sistemi biologici di trattamento è la possibile presenza di antibiotici negli effluenti da trattare. Gli antibiotici, forniti agli animali in alcune fasi del ciclo di allevamento, se in eccesso, vengono infatti eliminati attraverso le deiezioni; quando queste giungono alle vasche di trattamento, il farmaco agisce sui batteri che dovrebbero depurare il refluo, con conseguente mancata efficienza del processo. Infine anche le condizioni climatiche (troppo caldo o troppo freddo) possono influire sul buon funzionamento dell’impianto di trattamento: è quindi fondamentale un attento e continuo monitoraggio delle condizioni operative. • STRIPPAGGIO: è una tecnica che consente un trattamento conservativo dell’azoto che viene separato, concentrato e può essere facilmente trasportato e utilizzato fuori dell’azienda. Si tratta di un Distribuzione localizzata di digestato in copertura su mais 21 processo chimico che si basa sull’aggiunta ai reflui di soda caustica, fino a portare il pH a valori di 11-11,5. In queste condizioni l’ammoniaca, che è debolmente basica, si trasforma in gas; questo viene poi convogliato e messo in contatto con una soluzione di acido solforico. Si ottiene quindi del solfato ammonico liquido o, per precipitazione, del sale ammonico. L’abbattimento del tenore di azoto con la tecnica dello strippaggio varia tra il 60 e l’80% circa, perché nitrati e composti azotati organici non vengono coinvolti nella reazione. La tecnica è consolidata dal punto di vista del processo in quanto ampiamente utilizzata in altri settori; non è ancora pienamente sperimentata per il trattamento degli effluenti di allevamento. • FITODEPURAZIONE: è un sistema di depurazione naturale che utilizza la capacità di specifiche essenze vegetali di assorbire elementi nutritivi. Il sistema, che può presentare diverse varianti applicative, prevede sostanzialmente la realizzazione di una laguna interrata e impermeabilizzata, al cui interno si deposita uno strato di circa 70-75 cm di ghiaia o altro materiale inerte di diversa granulometria, in cui vengono monte della laguna va realizzata una fossa settica tipo Imhoff e un pozzetto filtrante, mentre messe a dimora delle specie vegetali macrofite, solitamente Phragmites Australis e la Typha latifolia. Il processo depurativo passa attraverso l’attività radicale dei vegetali e quella microbica di ingenti colonie di Particolare dei solchi di distribuzione batteri che si sviluppano all’interno del substrato. A valle deve essere previsto un pozzetto collettore per il deflusso delle acque depurate. Le acque possono essere riutilizzate come acque non potabili o, se i parametri analitici delle stesse garantiscono il rispetto dei limiti normativi, possono essere immesse in corso idrico superficiale. I pregi di questa metodologia sono i bassi costi di gestione, una manutenzione semplice, la mancata produzione di fanghi e odori, il basso impatto ambientale; il principale svantaggio è che l’installazione richiede spazi considerevoli, pertanto la fitodepurazione si adatta bene solo a piccole utenze e ad allevamenti di ridotte dimensioni. VALORIZZAZIONE AGROENERGETICA DEGLI EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO Gli impianti di digestione anaerobica con produzione di biogas, anche se non hanno un effetto diretto sul contenuto di azoto dei liquami, possono costituire un elemento importante nella gestione dei reflui zootecnici. 22 All’uscita dall’impianto di digestione gli effluenti risultano stabilizzati, la formazione di odori è notevolmente ridotta, l’azoto ha subito un processo di mineralizzazione ed è presente prevalentemente in forma ammoniacale, più prontamente utilizzabile. La produzione di energia da fonte rinnovabile costituisce l’altro aspetto che rende interessante e di Ovini al pascolo: forme di agricoltura estensiva riducono il sempre maggior attualità la digeproblema dei nitrati stione anaerobica degli effluenti di allevamento, in quanto fonte integrativa di reddito per l’azienda agricola. Per ottenere energia si sfrutta l’attività biologica di microrganismi (batteri) che porta alla produzione del biogas, composto principalmente da metano (dal 50 all’80% a seconda della natura del materiale utilizzato) e anidride carbonica. Il biogas poi può venire utilizzato direttamente come combustibile per riscaldamento o per produrre energia elettrica attraverso gruppi elettrogeni azionati da motori a scoppio. Il processo prevede che il refluo, generalmente dopo aver subito un trattamento di separazione solido-liquido, venga immesso in appositi silos ove avviene la digestione; per aumentare l’efficienza del processo possono essere aggiunte al liquame altre componenti (colture energetiche come il mais o il sorgo, residui vegetali quali paglia, altre biomasse di diversa natura). Al termine del processo, il digestato, nel rispetto delle specifiche norme che ne disciplinano l’impiego, può venire utilizzato a scopo agronomico nei campi, non avendo perso nessuna delle proprietà fertilizzanti ed essendo anzi un prodotto migliorato dal punto di vista della gestione agronomica. Come già detto, il processo di digestione non abbatte il tenore di azoto: va anzi evidenziato che l’utilizzo di biomasse aggiunte può determinare un aumento del quantitativo di azoto finale che deve poter essere gestito nel rispetto dei limiti normativi. Molto interessante l’utilizzo di impianti combinati per la rimozione dell’azoto e la produzione di energia, in grado di contenere i costi di gestione per i processi di abbattimento dell’azoto. La realizzazione di questi impianti deve comunque essere sempre valutata attentamente, sia per l’impegno tecnico della gestione (necessità di professionalità specifiche, monitoraggio e manutenzione costanti), sia dal punto di vista economico. Per questi motivi, nel caso di aziende che non siano di dimensioni sufficienti o non abbaino sufficiente capacità economica, diventa interessante valutare la possibilità aderire ad impianti consortili di trattamento. 23 COMPOSTAGGIO DEGLI EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO Tra i trattamenti possibili sugli effluenti di allevamento vi è il compostaggio, processo che si realizza attraverso la degradazione biologica o bio-ossidazione (digestione aerobica) del substrato. Il prodotto finale viene tipicamente valorizzato come ammendante organico che può essere immesso sul mercato dei fertilizzanti. Più diffusamente utilizzato per la gestione dei reflui palabili o delle frazioni solide del separato solido-liquido, il processo di compostaggio può essere applicato anche ad effluenti non palabili, attraverso processi che prevedono la miscelazione ai liquami di materiale legnocellulosico. La corretta conduzione del trattamento richiede adeguate soluzioni impiantistiche, opportuna scelta dei substrati da miscelare all’effluente e corretta valutazione del quantitativo necessario, adeguata durata del processo di trattamento. 24 AMMENDANTE COMPOSTATO O COMPOST DI QUALITÀ L’art. 183 del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 definisce: t) compost da rifiuti: prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità; u) compost di qualità: prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall’allegato 2 del decreto legislativo n. 217 del 2006 e successive modifiche e integrazioni (oggi decreto legislativo n. 75 del 2010). L’allegato 2 del D.Lgs. 29 aprile 2010 n. 75 Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, anorma dell’articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88 è relativo agli ammendanti: “materiali da aggiungere al suolo in situ, principalmente per conservarne o migliorarne le caratteristiche fisiche e/o l’attività biologica”. La legislazione individua tra gli ammendanti i seguenti prodotti: • Ammendante compostato verde (ACV): prodotto ottenuto attraverso un processo controllato di trasformazione e stabilizzazione di rifiuti organici che possono essere costituiti da scarti di manutenzione del verde ornamentale, altri materiali vegetali come sanse vergini (disoleate o meno) od esauste, residui delle colture, altri rifiuti di origine vegetale. • Ammendante compostato misto (ACM): prodotto ottenuto attraverso un processo controllato di trasformazione e stabilizzazione di rifiuti organici che possono essere costituiti dalla frazione organica degli RSU proveniente da raccolta differenziata, da rifiuti di origine animale compresi liquami zootecnici, da rifiuti di attività agro-industriali e da lavorazione del legno e del tessile naturale non trattati, da reflui e fanghi, nonché dalle matrici previste per l’ammendante compostato verde. Modalità, dosi di impiego ed epoca di distribuzione L’ammendante può essere impiegato nelle colture cerealicole-foraggere, in orticoltura, in frutticoltura ed in generale nelle colture in pieno campo; tuttavia alcune caratteristiche determinano la possibilità di impiego più ampio. Se si prevede l’impiego nel settore florovivaisico (giardinaggio, colture in vaso, ecc.), come per qualsiasi ammendante ricco in elementi nutritivi, non è consigliabile l’utilizzo in purezza e a diretto contatto con le radici o con i semi, ma 25 è preferibile mescolarlo con adeguate quantità di substrato, come terricci, torba, sabbia o semplicemente terreno. In generale per tutte le colture erbacee in pieno campo ed in orticoltura le dosi consigliate si aggirano sui 15-25 t/ha (150-250 q/ha); nella seguente tabella è indicato l’apporto in nutrienti in relazione alle dosi di un ammendante tipico con caratteristiche medie posto a confronto con l’apporto di una media letamazione. APPORTI NUTRITIVI CON 10 Q.LI DI COMPOST E DI LETAME Acqua (kg/t) Sost. secca (Kg/t) Sost. organica (Kg/t) Azoto (Kg/t) Fosforo (Kg P2O5/t) Potassio (Kg K2O/t) Letame vaccino 750 250 192 5,5 6,6 6,0 Compost da scarti verdi 500 500 220 5,5 2,5 2 Compost da scarti alimentari 500 500 250 9 7 6,5 Compost da fanghi 500 500 245 9 10,5 3,5 Per quanto riguarda l’epoca di distribuzione sul terreno è stato osservato che sulle colture si ottengono i migliori risultati con distribuzione del compost alle dosi consigliate prima della semina, alla fine dell’inverno, procedendo subito dopo con l’aratura (vangatura, fresatura) per incorporare l’ammendante al terreno ed evitare le perdite di elementi nutritivi cui seguono le lavorazioni di affinamento e la preparazione del letto di semina. Le dosi indicate corrispondono (dato che il compost contiene meno acqua del letame) ad un apporto di 250-350 q/ha di letame; dunque, in termini di apporto in nutrienti, l’impiego di compost alle dosi consigliate corrisponde ad una buona letamazione: in considerazione dell’alto contenuto in fosforo, in caso di impiego del compost, non sono generalmente necessarie integrazioni con concimi fosfatici, mentre è consigliabile solo un limitato apporto aggiuntivo di potassio per colture con elevato asporto di tale elemento. La distribuzione in campo va effettuata con anticipo rispetto alla messa a dimora dell’impianto o all’inizio della stagione vegetativa della coltura. L’ammendante deve, inoltre, essere mescolato uniformemente con lo strato utile del terreno durante le lavorazioni. 26 COLTURE ERBACEE Principali benefici del compost di qualità: • • • • • migliore lavorabilità del terreno; maggior ritenzione idrica in suoli leggeri; maggior porosità e permeabilità in suoli argillosi; fissazione e rilascio lento e graduale degli elementi nutritivi. positivi effetti agroambientali (contribuisce a prevenire la desertificazione e l’erosione del suolo, favorisce la fissazione temporanea di carbonio a livello del suolo); • effetti repressivi sull’insorgenza di marciumi di radice e colletto; • apporto al suolo di meso e microelementi utili alla vita vegetale; • diminuzione del contenuto di nitrati nelle foglie di ortaggi destinati al consumo fresco. Coltura praticata Dose media di compost di qualità Tecnica di applicazione Colture da rinnovo 150-250 q.li/ha in presemina alla lavorazione principale Foraggere avvicendate 150-200 q.li/ha in presemina alla lavorazione principale Orticole 150-200 q.li/ha in presemina o pre-trapianto alla lavorazione principale Cereali autunno vernini* 100-150 t/ha in presemina alla lavorazione principale *I cereali autunno-vernini hanno in generale una limitata propensione a valorizzare l’apporto di sostanza organica Per l’azoto gli apporti sono praticamente uguali a quelli adottati con l’uso del letame e quindi, non vanno modificate le integrazioni con concimi minerali azotati; mentre non sono necessarie integrazioni con concimi fosfatici e potassici, tranne quelle normalmente somministrate in modo localizzato, vicino alle radici, per favorire le prime fasi di sviluppo delle piantine. FRUTTICOLTURA L’uso del prodotto è particolarmente utile in fase di impianto di un frutteto o di singole piante da frutto: sono consigliate dosi di 350 q/ha di ammendante di cui l’85-90% su tutta la superficie prima delle lavorazioni profonde (scasso, aratura) ed il 10-15% mescolato con il terreno, localizzato nelle buche nella messa a dimora delle piante. In frutti-viticoltura, contemporaneamente alla distribuzione a spaglio dell’ammendante è necessaria un’integrazione con 100 kg/ha di fosforo, (per es. integrati con 5 q/ha di perfosfato minerale e 12 q/ha di solfato potassico); nei frutteti familiari è interessante la cenere come integratore potassico (300 g/mq). Negli anni successivi a quello di impianto, l’ammendante può essere usato come pacciamante per limitare lo sviluppo di erbe infestanti; è necessario distribuire 8- 10 cm di prodotto alla base delle piante o sulla fila. Ovviamente questo intervento consente l’apporto di nutrienti e di sostanza organica in relazione alle dosi impiegate. 27 TAPPETI ERBOSI ORNAMENTALI, RICREATIVI E SPORTIVI Le caratteristiche dell’ammendante, ed in particolare: • la granulometria del prodotto (che rende più facile le lavorazioni del terreno favorendo così l’emergenza omogenea delle piantine anche quando si usano semi piccoli); • la totale assenza di semi infestanti germinabili; • l’assenza di odori sgradevoli anche durante la distribuzione; • l’apporto di sostanza organica e nutrienti, lo rendono particolarmente indicato per l’impianto e la conduzione di prati ornamentali e sportivi. All’impianto, prima dell’aratura o della fresatura del terreno, si consiglia la distribuzione di 250 q/ha di prodotto, integrate con 4 q/ha di solfato potassico, oppure di 8 q/ha di cenere. Negli anni successivi, ogni anno, prima della fine dell’inverno, si consiglia la distribuzione di 100 q/ha di ammendante e di 2,5 q/ha di solfato ammonico; a seguire si effettua una leggera erpicatura per favorire l’interramento e una rullatura per rincalzare le piantine scalzate dal gelo. PAESAGGISTICA A livello paesaggistico le applicazioni di sostanza organica al suolo sono effettuate per varie ragioni: si passa dall’arricchimento di sostanza organica per le terre di coltivo impoverite, alla costruzione di substrati di semina per tappeti erbosi, al ricarico di sostanza organica per la manutenzione di tappeti erbosi. Ciò presuppone caratteristiche differenziate per stabilità, maturità, pezzatura e contenuto in elementi nutritivi e caratteristiche specifiche in funzione dell’impiego. Nei ricarichi di sostanza organica su terreni vergini e su terre di coltivo riportate, ai fertilizzanti organici è richiesta essenzialmente una funzione ammendante (apporto di sostanza organica umificata). Per gli impieghi del compost a diretto contatto con semi o radici, come letto di semina per l’insediamento e la rigenerazione di tappeti erbosi, o come materiale per il riempimento di buche di piantagione viene richiesto materiale con un grado di maturità elevato. Per gli impieghi a carattere “estensivo” (per esempio nelle concimazioni di fondo) non è invece richiesta una maturazione spinta del compost, mentre assume importanza primaria il contenuto e il rapporto tra elementi della fertilità. Un tipico esempio di grande intervento paesaggistico è l’applicazione di compost su aree adiacenti le strade. IL RISANAMENTO AMBIENTALE DI SITI DEGRADATI: LA BIOREMEDATION Oltre gli impieghi tradizionali nel settore agricolo e florovivaistico, il compost può essere 28 impiegato valorizzandone alcune proprietà agronomiche generali e specifiche. La particolare ricchezza di batteri e funghi e la conseguente elevata attività microbica rendono il compost idoneo ad alcuni impieghi non convenzionali e legati alle operazioni di disinquinamento e bonifica ambientale identificate con il termine inglese bioremedation. L’aggiunta di compost a suoli contaminati, accelera la degradazione dei contaminanti organici e contribuisce alla progressiva diminuzione della tossicità dei siti inquinati. La funzione del compost nel determinare un positivo effetto sulle condizioni generali del suolo e in alcuni ambiti specifici è da ricercarsi nella ricchezza della popolazione microbica che, vivendo a carico della sostanza organica, trova nel compost un substrato idoneo alla crescita e allo sviluppo, contribuendo così alla degradazione microbica delle componenti indesiderate. L’ammendante compostato e il “Green Public Procurement” Il “Green Public Procurement” (GPP) è una modalità di acquisto rivolta alle Pubbliche Amministrazioni che permette ridurre gli impatti ambientali, legati ai processi di produzione e di consumo. La strategia degli Acquisti Verdi è nata all’interno delle nuove politiche ambientali promosse negli ultimi anni dall’Unione Europea, che si è posta come obiettivo quello di sviluppare una maggiore sostenibilità ambientale e di conciliare una crescita economica sempre più spinta con l’esigenza di conservare e rispettare le risorse naturali. Uno dei più significativi provvedimenti normativi a livello nazionale sul GPP è il Decreto del Ministero dell’Ambiente n. 203/2003 che ha introdotto l’obbligo per tutti gli enti pubblici e le società a prevalente capitale pubblico, di approvvigionarsi con manufatti e beni iscritti al Repertorio del Riciclaggio e realizzati con materiale riciclato proveniente dal post consumo, in misura pari ad almeno il 30% del proprio fabbisogno annuale. Tra i prodotti che rientrano negli “acquisti verdi” c’è anche l’Ammendante compostato così come definito dal D.Lgs. 217/06 (oggi D.Lgs. 75/10). Nel 2008, con Decreto Interministeriale dell’11 aprile, è stato adottato il Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione meglio definito come Piano d’Azione Nazionale sul Green Public Procurement o PAN GPP. In questo documento sono state adottate le indicazioni dell’Unione europea nelle Comunicazioni sul Consumo e Produzione Sostenibile (COM (2008) 397) e sul GPP (COM (2008) 400), entrambe adottate dal Consiglio della Ue. Sono individuate undici categorie di prodotti e servizi che possono essere oggetto di “acquisti 29 verdi” da parte della Pubblica Amministrazione, fra le quali anche la categoria “Servizi urbani e al territorio”. Con il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) del 12 ottobre 2009, pubblicato sulla GU n. 261 del 9 novembre 2009, sono stati definiti i “criteri minimi per l’acquisto di Ammendanti”. Sono individuati i requisiti minimi che devono possedere gli Ammendanti Compostati per essere impiegati dalla Pubblica Amministrazione nelle operazioni di paesaggistica e giardinaggio legate al verde (parchi, giardini, aree ricreative, sportive, ecc.). Pertanto le stazioni appaltanti che introducono i “criteri ambientali minimi” nelle proprie procedure d’appalto sono in linea con i principi del PAN GPP e contribuiscono a raggiungere gli obiettivi ambientali dallo stesso definiti. I criteri sono applicabili agli ammendanti del suolo, così come definiti all’art. 2 del D.Lgs. 75/10 “materiali da aggiungere al suolo in situ, principalmente per conservarne o migliorarne le caratteristiche fisiche e/o chimiche e/o l’attività biologica”. In un secondo tempo è prevista anche l’introduzione dei “substrati di coltivazione” inseriti nell’all. 4 del D.Lgs. 75/10. I criteri sono applicabili (e integrabili) sia per appalti di fornitura (acquisto diretto di ammendanti) che in appalti di servizio che ne prevedano l’utilizzo (servizio di manutenzione di aree verdi pubbliche e interventi di ripristino paesaggistico). In linea con le indicazioni del PAN GPP e del Codice degli Appalti, le procedure di acquisto verdi devono essere esperite con la modalità di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In tal modo infatti è possibile utilizzare ulteriori criteri ambientali, oltre a quelli minimi, attribuendo ad essi un punteggio premiante calibrato sulle esigenze della stazione appaltante, indirizzando così i fornitori ad offrire i prodotti con le migliori prestazioni ambientali presenti nel mercato. La stazione appaltante potrà dunque utilizzare una o più specifiche tecniche e caratteristiche migliorative (tra quelle di seguito definite) e/o integrarne altre a sua discrezione, avendo cura, in questo caso, di effettuare un’adeguata analisi che supporti la sua decisione. Tra le specifiche tecniche minime si rammenta che: • il prodotto non deve contenere torba; • la sostanza organica che contiene deve derivare dal trattamento e/o dal riutilizzo di rifiuti organici. I marchi dell’Ecolabel Europeo (Dec. CE 2006/799/CE), del Consorzio Italiano Compostatori o i marchi pubblici nazionali/regionali che prevedano l’implementazione di un sistema di garanzia della qualità del prodotto, possono costituire mezzo di prova per attestare la rispondenza ai requisiti richiesti. Tra le specifiche tecniche migliorative viene riportata la rispondenza ai requisiti dell’Ecolabel. Tra le condizioni di esecuzione l’appaltatore deve: • fornire un’indicazione del lotto di produzione che consenta la rintracciabilità del prodotto. Il possesso dell’Ecolabel Europeo, del Marchio del Consorzio Italiano Compostatori 30 e i marchi pubblici nazionali/regionali che prevedano l’implementazione di un sistema di rintracciabilità possono costituire mezzo di prova per attestare la rispondenza a tale requisito; • garantire l’interramento del prodotto sfuso; in aree urbane deve avvenire entro le 24 ore dalla consegna in campo. In definitiva si può concludere che si tratta di un documento che fornisce un ausilio alla stazione appaltante per la predisposizione di gare d’appalto per fornitura di beni e servizi che contemplino l’impiego di Ammendante. Seguendo i principi della Unione Europea sono stati privilegiati i materiali derivanti dalla trasformazione di scarti organici che abbiano assunto lo status di prodotto; in Italia l’Ammendante Compostato è un fertilizzante (e quindi un prodotto a tutti gli effetti) in quanto inserito tra gli Ammendanti nella normativa sui fertilizzanti (D.Lgs. 75/10). I criteri dell’Ecolabel sono identificati come criteri base per definire i requisiti tecnici minimi; si sottolinea come anche i requisiti del Marchio nazionale messo a punto dal Consorzio Italiano Compostatori, che oggi annovera 33 “prodotti a marchio”, possa essere preso in considerazione per garantire sia la qualità che la tracciabilità dell’ammendante. Si auspica che gli “acquisti verdi” (di cui gli ammendanti ne costituiscono solo un esempio) possano entrare a far parte delle forniture sia di beni che di servizi e che la domanda e l’offerta possano incontrarsi con prodotti di elevata e garantita qualità. Alcune azioni che permettono di riconoscere un ottimo ammendante compostato • Controllare sempre l’etichetta dell’Amendante Compostato e, se il materiale è venduto sfuso, chiedere al venditore la dichiarazione di conformità del prodotto con i criteri richiesti (decreto legislativo n. 75/10 allegato 2). La semplice dichiarazione di impianto associato CIC rappresenta una ulteriore garanzia di serietà e di impegno al rispetto delle normative vigenti; • L’ammendante compostato (sia ACV che ACM) può essere idoneo all’impiego in agricoltura biologica; in tal caso il prodotto reca scritto sull’etichetta “consentito ijn agricoltura biologica”; significa che è iscritto al Registro dei fertilizzanti per l’Agricoltura Biologica ai sensi dell’allegato 13 del decreto legislativo n. 75/10 e ai sensi Reg. 834/07 e succ. modd.); • L’impianto di produzione di Ammendante ha adottato un programma di Tracciabilità del prodotto ed ha eseguito, o sta eseguendo, le procedure di certificazione sia del prodotto che della Tracciabilità; • L’Ammendante Compostato è certificato con il Marchio di Qualità CIC; si tratta di un Marchio di Qualità detenuto da diverse aziende operanti in’Italia (l’elenco dei prodotti certificati è consultabile sul sito www.compost.it). 31 IL CONSORZIO ITALIANO COMPOSTATORI Il CIC, Consorzio Italiano Compostatori, rappresenta le aziende, gli Enti e i professionisti che si occupano della produzione di ammendanti compostati di qualità mediante compostaggio. Ad oggi il CIC conta oltre 120 aziende associate in tutto il paese con una rappresentatività dell’intero comparto del 80%. Il CIC è l’unica associazione di filiera presente sulterritorio nazionale. Il CIC ha istituito un Marchio di Qualità del Compost a cui aderiscono 35 aziende che producono circa 350.000 t/anno di ammendanti certificati (ca. il 30% del mercato italiano). IL MARCHIO DI QUALITÀ DEL CIC Le ragioni per le quali il Marchio CIC è stato creato prendono spunto dalla difficoltà in cui si sono trovati di frequente gli utilizzatori (imprenditori agricoli, terricciatori, pubbliche amministrazioni, cittadini) nel reperire informazioni sulla qualità delle matrici utilizzate per “costruire” il compst e quindi sulla qualità dell’ammendante che ne deriva, con la conseguente mancanza di garanzie dal punto di vista dell’origine e dei controlli. Il Marchio CIC prevede una serie di verifiche sulla qualità che ne determina la sicurezza d’uso sia dal punto di vista ambientale che agronomico. Il rilascio del Marchio di Qualità prevede diverse fasi: dalla raccolta di dati ed informazioni relative all’impianto di compostaggio (Fase preliminare), ai sopralluoghi e ai campionamenti (Fase di Rilascio) che, se rispondenti ai requisiti individuati dal Regolamento, possono consentire all’azienda produttrice di utilizzare il logo del COMPOST CIC. Dopo la fase di rilascio inizia una terza e ultima Fase di Mantenimento che ha lo scopo di garantire, con una frequenza di campionamenti variabile in funzione dei quantitativi prodotti, il monitoraggio costante della qualità delle partite immesse sul mercato. Il programma di Certificazione del CIC è in continua evoluzione. A luglio 2010 si è conclusa la quarta revisione del Regolamento (cfr. sito www.compost.it). Tutte le informazioni relativi al Marchio di qualità, il Regolamento e il Comitato Qualità, sono disponibili al sito www.compost.it. 32 Il programma della rintracciabilità Gli imprenditori agricoli sanno benissimo come l’adozione di un sistema di rintracciabilità sia ormai un elemento decisivo sul mercato per la sicurezza dell’origine di tutti gli elementi che vanno a costruire la storia di un prodotto, sia che questo prodotto finisca sulla nostra tavola o, come nel caso del compost, che si debba distribuire sui terreni per ottenere alimenti di qualità. Anche i Compostatori hanno compreso l’importanza di poter identificare tutte le fasi produttive del compost e hanno deciso nel 2006 l’inserimento della Traccibilità per il Compost di Qualità. La Norma UNI 10939:2001 (Tracciabilità nella Filiera Agroalimentare) definisce la rintracciabilità come “la capacita di ricostruire la storia di un prodotto e delle sue trasformazioni attraverso informazioni di tipo documentale”. Le imprese scelgono la rintracciabilità non solo per conformarsi a norme cogenti cioè obbligatorie, ma soprattutto come strategia di sviluppo per vari obbiettivi quali: • dare una risposta alle preoccupazioni del mercato e dei consumatori; • dotarsi di uno strumento di gestione interna del rischio, di coordinamento di filiera, di vantaggio competitivo; • migliorare il rapporto fra produttori e consumatori. La ricostruzione del percorso delle matrici organiche (classificazione, provenienza, introduzione nella miscela, trattamento e tipo di prodotto finale) oltre che mirare al concetto di garanzia crea valore aggiunto all’ammendante compostato e assicura trasparenza nei confronti dell’utilizzatore. Il CIC a tale scopo, richiede come pre-requisito per il Marchio la tracciabilità dell’ammendante. Le indicazioni di massima per impostare un programma di tracciabilità comprendono alcuni elementi identificativi come per es. la provenienza delle matrici organiche, l’identificazione del lotto produttivo, ecc. Gli strumenti per garantire la Tracciabilità e la Rintracciabilità sono: • un’Etichetta compilata in modo chiaro e trasparente; • la creazione di un Certificato di Avvenuto Recupero (C.A.R.). Si individua un PERIODO TRANSITORIO durante il quale il CIC effettua le necessarie verifiche ed approfondimenti sui cicli produttivi con particolare riferimento a: • provenienza delle matrici organiche; • codice CER delle matrici costitutive del lotto; 33 • creazione di un lotto o partita di materiale (miscela) da avviare a trattamento; • tempo di trattamento; • tipo di vagliatura; • definizione del lotto commerciale; • vocazione o destinazione di utilizzo dell’ammendante compostato ottenuto. Ai fini della tracciabilità, non è fondamentale individuare l’origine geografica o il luogo di trasformazione e/o confezionamento del prodotto, ma il nome delle aziende che hanno partecipato alla produzione che ne sono direttamente responsabili. FAC SIMILE DELL’ETICHETTA 34 DIVIETI DI UTILIZZO Si riportano di seguito i principali divieti di utilizzo degli effluenti di allevamento e del compost previsti dalla D.G.R. 5868/07. Dove non diversamente indicato i divieti sono validi sia in zona vulnerabile da nitrati che in zona non vulnerabile: 1. rispetto ai corpi idrici naturali: • per i letami: divieto di utilizzo a meno di 5 m dalle sponde dei corsi d’acqua superficiali non significativi (in zona vulnerabile); a meno di 5 m dalle sponde dei corpi d’acqua superficiali non significativi (in zona non vulnerabile); a meno di 10 m dalle sponde dei corsi d’acqua superficiali significativi (in zona vulnerabile); a meno di 25 m dall’inizio degli arenili per le acque lacuali (in zona vulnerabile); dall’inizio degli arenili per le acque lacuali (in zona non vulnerabile); • per i liquami: divieto di utilizzo a meno di 10 m dalle sponde dei corpi d’acqua superficiali; a meno di 30 dall’inizio degli arenili per le acque lacuali (in zona vulnerabile); dall’inizio degli arenili per le acque lacuali (in zona non vulnerabile); • per il compost: divieto di utilizzo a meno di 5 m dalle sponde dei corsi d’acqua superficiali non significativi (in zona vulnerabile); a meno di 5 m dalle sponde dei corpi d’acqua superficiali (in zona non vulnerabile); a meno di 10 m dalle sponde dei corsi d’acqua superficiali significativi (in zona vulnerabile); a meno di 25 m dall’inizio degli arenili (in zona vulnerabile); dall’inizio degli arenili (in zona non vulnerabile); 2. su terreni non interessati da attività agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per le aree soggette a recupero e ripristino ambientale; 3. nei boschi, su terreni gelati, innevati, con falda affiorante, con frane in atto, saturi d’acqua (ad eccezione delle colture che richiedono la sommersione); 4. nei giorni di pioggia e in quelli immediatamente successivi; 5. in golena entro argine a meno che non venga distribuito nel periodo di magra e venga interrato immediatamente; 6. divieto di utilizzo dei liquami: • con irrigatori a lunga gittata, distribuzione da strada a bordo campo, distribuzione con tubazioni o manichette di irrigazione a bocca libera (in zona vulnerabile); • nei terreni con colture in atto destinate direttamente alla alimentazione umana; • dopo l’impianto della coltura nelle aree adibite a parchi o giardini pubblici, campi da gioco, utilizzate per ricreazione o destinate in genere ad uso pubblico; • su colture foraggere nelle tre settimane precedenti lo sfalcio o il pascolamento; • su terreni con pendenza media, riferita ad un’area aziendale omogenea, superiore al 10%; tale limite, in presenza di sistemazioni idraulico-agrarie o sulla base delle migliori tecniche di spandimento riportate nel CBPA può essere incrementato al 20%; • in prossimità di strade e di centri abitati, a meno che gli stessi non siano distribuiti con 35 tecniche atte a limitare l’emissione di odori sgradevoli o vengano immediatamente interrati; • nelle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano mediante di cui all’art. 94 del D.Lgs. 152/2006 (in zona vulnerabile). Divieti temporali: • per i letami: in zona vulnerabile divieto di utilizzo dal 1 dicembre a fine febbraio; in zona non vulnerabile divieto di utilizzo dal 1 dicembre al 28 febbraio con possibilità di deroghe regionali; • per i liquami: in zona vulnerabile divieto di utilizzo dal 1 novembre a fine febbraio; in zona non vulnerabile divieto di utilizzo dal 1 dicembre al 28 febbraio con possibilità di deroghe regionali; • per il compost: in zona vulnerabile divieto di utilizzo dal 1 dicembre a fine febbraio; in zona non vulnerabile divieto di utilizzo dal 1 dicembre al 28 febbraio con possibilità di deroghe regionali. 36 ADEMPIMENTI AZIENDALI Tutte le aziende agricole che producono e/o utilizzano a scopo agronomico effluenti di allevamento, eccetto quelle rientranti nei casi di esonero previsti dalla normativa, devono presentare al Comune in cui ha sede il centro aziendale una Comunicazione come da prospetti che seguono. Il Programma Operativo Aziendale (POA o POAs nella versione semplificata) contiene tutti i dati aziendali (consistenza zootecnica, strutture di allevamento e stoccaggio, terreni e colture) che consentono di elaborare un bilancio semplificato dell’azoto; nel bilancio devono essere considerati tutti gli apporti azotati, sia provenienti da effluenti di allevamento che da fertilizzanti di diversa natura. Adempimenti per aziende localizzate in zona vulnerabile (con più del 50% dei terreni utilizzati a fini agronomici in zona vulnerabile) Classe dimensionale* Tipologia di comunicazione Minore o uguale a 1.000 kg/anno Aziende esonerate da Comunicazione Da 1.001 a 3.000 kg/anno POAs Da 3.001 a 6.000 kg/anno POA e PUAs Superiore a 6.000 kg/anno POA e PUA * Le classi dimensionali sono definite in funzione dell’azoto al campo da effluente di allevamento prodotto e/o utilizzato annualmente Adempimenti per aziende localizzate in zona non vulnerabile (con più del 50% dei terreni utilizzati a fini agronomici in zona non vulnerabile) Classe dimensionale* Tipologia di comunicazione Minore o uguale a 3.000 kg/anno Aziende esonerate da Comunicazione Da 3.001 a 6.000 kg/anno POAs Superiore a 6.000 kg/anno POA e PUAs Allevamenti con più di 500 UBA (unità bovino adulto) POA e PUA * Le classi dimensionali sono definite in funzione dell’azoto al campo da effluente di allevamento prodotto e/o utilizzato annualmente 37 Il POAs/POA ha validità 5 anni e deve essere aggiornato in caso di modifiche riguardanti la tipologia, la quantità e le caratteristiche degli effluenti e delle acque reflue, nonché i terreni utilizzati agronomicamente. Le eventuali modifiche se non sostanziali comportano l’aggiornamento del documento, se sostanziali comportano la ripresentazione del POAs/POA. Il Piano di Utilizzazione Agronomica dei fertilizzanti (PUA o PUAs nella versione semplificata) riporta tutte le informazioni inerenti la gestione agronomica degli effluenti di allevamento e delle altre fonti di azoto, entrando nel dettaglio del loro utilizzo sulle singole particelle e per le singole colture. Il primo anno di presentazione il documento deve essere redatto e sottoscritto da un agronomo o perito agrario abilitato; deve poi essere annualmente aggiornato telematicamente. POAs/POA e PUAs/PUA devono essere presentati secondo il modello e le indicazione dell’Allegato 3 alla D.G.R. 5868/07 utilizzando la procedura telematica a disposizione sul Sistema Informativo Agricolo della Regione Lombardia (SIARL). Copie cartacee devono essere conservate presso l’azienda. Le aziende non zootecniche che utilizzano fertilizzanti diversi dagli effluenti di allevamento in quantità superiore a 3.000 kg/anno di azoto, se in zona vulnerabile, o a 6.000 kg/anno di azoto, se in zona non vulnerabile, devono presentare il POA e il relativo PUAs; nel caso le aziende localizzate in zona vulnerabile utilizzino più di 6.000 kg/anno di azoto deve essere presentato il POA corredato dal PUA redatto in forma completa. Le aziende avicole con oltre 40.000 posti di ovaiole/broilers e le aziende suinicole con oltre 2.000 posti di suini grassi (peso > 30 kg) o 750 posti scrofa devono inoltre acquisire Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) ai sensi del titolo III parte II del D.Lgs. 152/2006. Il procedimento autorizzativo comporta un’attenta analisi della gestione aziendale nel suo complesso e delle varie fonti di possibile inquinamento, prevedendo gli interventi atti ad eliminare o, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua, nel suolo e la produzione di rifiuti; vengono inoltre analizzati gli aspetti inerenti i consumi idrici ed energetici, l’impiego di materie prime, il rumore. Autorità competente in materia di AIA è, per il territorio di competenza, la Provincia. L’autorizzazione, salvo modifiche sostanziali, ha una durata di cinque anni (le recenti modifiche al D.Lgs. 152/2006 hanno fissato in 10 anni la durata dell’autorizzazione) e a scadenza deve essere rinnovata; tutte le aziende autorizzate sono tenute a comunicare preventivamente all’Autorità competente le modifiche relative all’impianto AIA. L’azienda è tenuta alla predisposizione di un Piano di monitoraggio delle componenti ambientali e dello stato di applicazione del PUAs/PUA. 38 CONTROLLO La vigilanza e il controllo sull’attuazione dell’intero sistema di trattamento, maturazione, stoccaggio e utilizzo degli effluenti di allevamento competono al Comune e sono effettuati dagli organi da quest’ultimo incaricati. 39 CONTATTI Provincia di Bergamo Via T. Tasso, 8 - 24121 Bergamo Settore Ambiente Via G. Camozzi, 95 - Passaggio Canonici Lateranensi, 10 - 24121 Bergamo Tel. 035.387539 - Fax 035.387597 www.provincia.bergamo.it Settore Urbanistica e Agricoltura Via Fratelli Calvi, 10 - 24122 Bergamo Tel. 035.387487 - Fax 035.387465 www.provincia.bergamo.it Consorzio Italiano Compostatori Sede tecnica: loc. Cascina Sofia – 20040 Cavenago Brianza (MB) Tel 02.95019471 - Fax 02.95337098 Sede operativa: Via Cavour 183/a - 00184 Roma Tel. 06.4875508/4740589 - Fax 06.4875513 www.compost.it - www.compostabile.com ARPA Lombardia Dipartimento di Bergamo Via C. Maffei, 4 - 24100 BERGAMO Tel. 035.4221711 - Fax 035.4221881 www.ita.arpalombardia.it CREDITI PROVINCIA DI BERGAMO – Assessorato all’Ambiente Pietro Romanò – Assessore all’Ambiente Claudio Confalonieri – Dirigente Settore Ambiente Giorgio Novati – Funzionario Settore Ambiente PROVINCIA DI BERGAMO – Assessorato all’Urbanistica e Agricoltura Enrico Piccinelli – Assessore all’Urbanistica e Agricoltura Giuseppe Epinati – Dirigente Settore Urbanistica e Agricoltura M.Angela Bosio/Luca Cremaschi – Funzionari Settore Urbanistica e Agricoltura Massimo Centemero – Direttore Tecnico C.I.C. Stampato nel mese di dicembre 2010 dalla Stamperia Editrice Commerciale srl - Bergamo 40