BIANCUCCI dott. GIUSEPPE
Coordinatore Servizi Sociali Unione di Comuni
Città Territorio Val Vibrata EAS 2 Vibrata
Psicoterapeuta
Analista Transazionale Diplomato C.T.A.
Specializzazione clinica
Psicologo dello Sport Spopsam
Minori istituzionalizzati: Il Punto di
vista degli Enti Locali
Giulianova, 17 ottobre 2014
Minori provincia Teramo
Ambiti Territoriali Sociali
Provincia di Teramo
pop.
Minoril
e
minori in
istituto
affid adozi serv soc psic
o
one
pedagog
Tordino
6.750
6
10
10
12
Vibrata
12.624
65
5
5
120
Fino Vomano
4.115
4
6
Laga
2.478
Teramo
8.430
17
11
Gran Sasso
2.927
8
3
Costa Sud 1
6.615
Costa Sud 2
5.855
49.794
50
8
362
5
20
5
10
5
popolazione minorile Provinvia Teramo
Vibrata;
12.624
14.000
12.000
10.000
Tordino;
6.750
8.000
6.000
4.000
Teramo;
8.430
Costa Sud 1;
Costa Sud 2;
6.615
Fino
5.855
Vomano;
Gran Sasso;
4.115
Laga; 2.478
2.927
2.000
0
Tordino
Vibrata
Fino Vomano
Laga
Teramo
Gran Sasso
Costa Sud 1
Costa Sud 2
MINORE e
FAMIGLIA
COMPLESSITA’
INTEGRAZIONE
COSTRUZIONE
RETE
SERVIZI SOCIALI
SERVIZI SANITARI
ENTI LOCALI
TEMPO LIBERO
SCUOLA
MINORE E FAMIGLIA
ASSOCIAZIONI
DEL TERRITORO E
LUOGHI DI
AGGREGAZIONE
TRIBUNALI PER I
MINORENNI
FORZE DELL’ORDINE
PROCURA DELLA
REPUBBLICA
La teoria della complessità si definisce all’interno di un’ampia
tendenza anti-riduzionistica sviluppatasi in diversi settori della
ricerca scientifica sin dall’inizio del Novecento e culminata
intorno agli anni Ottanta del secolo scorso in un vero e proprio
movimento epistemologico che ha interessato autori di paesi sia
europei che americani.
In generale, l’impostazione di fondo della scienza della
complessità si manifesta come tendenza a sottolineare,
nell’osservazione dei fenomeni, all’interno di una visione
sistemica, olistica e globale, gli aspetti della discontinuità, della
contraddizione, della non linearità, della molteplicità e
dell’aleatorio, al fine di ridurne la possibilità di considerare tali
fattori, come avveniva nell’impostazione scientifica classica,
elementi di disturbo (Abbagnano, 1998a)
L’idea di un mondo perfettamente regolato, armonico ed
equilibrato, non sottoposto al mutamento e alle regole del
tempo ed esistente come entità a se stante,
indipendentemente dal soggetto umano che lo
percepisce, è un’idea che ha iniziato a trasformarsi già a
partire dalle rivoluzioni di Copernico, iniziando ad
insinuare il dubbio legato alla sempre più ridotta
possibilità di cogliere le leggi, e quindi l’ordine, la
regolarità e la certezza, del mondo.
Ciò che la teoria della complessità propone è
l’opportunità della proliferazione di descrizioni del
reale, suddiviso in oggetti, livelli e sfere differenti,
sempre traducibili soltanto dal punto di vista
dell’osservatore.
La realtà, cioè, detta nei termini della teoria della complessità, non appare
più come qualcosa di dato una volta per tutte, ma come sistema in continua
evoluzione, caratterizzato da specifici vincoli e interazioni, all’interno di una
particolare organizzazione che, con il concorso del caso e del disordine degli
eventi, si riorganizza e si trasforma costantemente (Morin, 2000).
All’interno di tale prospettiva, l’idea stessa di realtà viene a trovarsi
trasformata, modificata: perde il suo carattere di oggettività e si connette
all’universo della conoscenza.
Tale concezione sembra avvicinarsi ad una visione della scienza e del
conoscere umano di tipo dialettico (ermeneutica) che concepisce il mondo
come multidirezionale e non lineare, ricercando spiegazioni attraverso la
comprensione concettuale di configurazioni e forme della natura, in
opposizione a quello di tipo dimostrativo che dà importanza, invece, al
principio di contraddizione e al flusso unidirezionale degli eventi, come se la
natura possa essere spiegata mediante la comprensione
delle caratteristiche delle parti costituenti (Scilligo, 2005 a).
Un sistema è “un’entità organica, globale e organizzata:
togliendone una parte ne modifichiamo la natura e le
funzionalità” (Gandolfi, 2008, pag. 17).
Ciò significa che ogni sistema è formato da numerose parti
differenziate che sono tra loro organizzate, correlate e
interdipendenti, all’interno di un’ unità più complessa.
L’interazione organizzata degli elementi di un sistema fa sì che
esso si comporti in modo diverso dalle sue singole parti,
essendo centrali i vincoli, cioè le condizioni applicate ai diversi
aspetti del sistema, ai quali il sistema stesso è sottoposto.
Nella stragrande maggioranza dei sistemi complessi, un sistema
può essere sia parte di un sistema superiore, e quindi un
sottosistema, sia può includere in sé altri sottosistemi inferiori, e
quindi essere un sovrasistema, o macrosistema.
Di conseguenza, inteso come rete dei rapporti di interdipendenza
dei suoi componenti, un sistema risulta essere strettamente
connesso con il numero totale dei suoi componenti e dei processi
che ne possono modificare la struttura e lo stato (Gallino, 1995).
Minori istituzionalizzati
Unione di Comuni Città Territorio Val Vibrata
(Ambito Territoriale Sociale 2 “Vibrata”)
28 minori inseriti dalle assistenti sociali su decreto Tdm
(5 minori con decreti del Tdm provenienti da altri comuni che
hanno preso la residenza in comuni dell’Eas a decreto già
emanato)
3 madri ricoverate in comunità con i figli
22 minori inseriti in casa famiglia in quanto stranieri non
accompagnati senza fissa dimora
12 minori inseriti in base a blitz della polizia e/o carabinieri
che hanno portato all’arresto delle madri dei minori.
Segnalazione ai servizi sociali del problema (da parte della
scuola, uno dei due genitori, vicini di casa, istituzioni – ASL,
carabinieri, ecc.);
Osservazione della famiglia di solito multiproblematica;
Fattori critici per il benessere emozionale e psicologico del
minore:
- elevata conflittualità tra i genitori con tensioni emotive che si
“scaricano” sui minori che assorbono passivamente come un
parafulmine;
- separazioni;
- divorzi;
- perdita lavoro di uno e/o entrambi i genitori;
- povertà culturale;
- difficoltà di adattamento della famiglia (straniera) al contesto
sociale, culturale e valoriale del luogo dove si trovano.
1995
2011
separazioni su 1.000 matrimoni
126
349
media nazionale
158
311
separazioni consensuali
85%
separazioni giudiziali
15%
affido condiviso
90%
2006
separazioni consensuali
1.379 su 1.889
separazioni giudiziali
697 su 940
5,4 separati su 1.000 coppie
3,3 divorziati su 1.000 coppie
In caso di abuso, violenza, grave trascuratezza ed
incuria
- indagine sociale e segnalazione al Tribunale per i
Minorenni e alla Procura della Repubblica c/o Tribunale
per i Minorenni;
- inserimento in casa famiglia ratificata da decreto del
giudice del Tdm.
In altre circostanze, lavoro delle assistenti sociali di
monitoraggio del nucleo familiare e del/dei minori con proposta
di interventi alternativi alla istituzionalizzazione che privilegino
la permanenza del minore nel nucleo familiare di riferimento
attraverso la messa in campo di strumenti volti a lavorare sulla
GENITORIALITA’.
Va fatto un lavoro sui genitori aiutandoli a prendere
consapevolezza, capire come funzionano nel qui e ora e che quel
modo di funzionare non è “funzionale” per loro come coppia e
soprattutto per il minore .
1. CREARE COLLABORAZIONE
Favorire la consapevolezza nei genitori della difficoltà che
vivono e della necessità di farsi aiutare attraverso la creazione di
un clima di fiducia e collaborazione verso i servizi sociali visti
come persone in relazione con altre persone e che lavorano
insieme in un gioco di squadra in vista di un obiettivo comune e
non come persone che si difendono da altre persone viste come
“quelle che portano via il/la bambina”.
2. OSSERVARE SE STESSI COME COPPIA, CONOSCERE
(APPRENDERE) I MODI DI ESSERE, FARE DELLA
COPPIA, DA DOVE PROVENGONO E A CHE COSA
SERVONO
3. COMPRENDERE CHE I PROPRI MODI DI FARE
SONO POCO FUNZIONALI NEL QUI E ORA
4. BLOCCARE I MODI DI FARE DISFUNZIONALI
5. PROMUOVERE LA VOLONTA’ DI CAMBIARE
6. APPRENDERE NUOVI MODI DI FARE
IN CHE MODO?
- Favorire la creazione di un clima di fiducia e collaborazione
reciproca tra i genitori e i servizi sociali
- costruzione di un progetto educativo alternativo alla
istituzionalizzazione
- prendere il buono e il positivo presente all’interno di un nucleo
familiare (anche se è poco come quantità!), valorizzarlo,
enfatizzarlo, mettendolo al primo posto e al centro, lavorando su
di esso piuttosto che orientarsi su ciò che non va, biasimare,
criticare.
Ciò permette ai genitori di sentirsi accolti, ascoltati, sentiti,
considerati e riconosciuti come persone che hanno del buono
dentro, che possono essere parte attiva, attori in un processo di
co- costruzione volto al miglioramento del loro rapporto di
coppia e della modalità di approccio al minore.
Progressivamente, il genitore che è sulla difensiva, in uno stato di
diffidenza e di pregiudizio verso i servizi sociali, inizia a fidarsi,
affidarsi sentendo che quella persona vuole aiutarla innescando
un processo virtuoso di darsi permessi di collaborare arrivando a
impegnarsi attivamente nel lavoro e accrescendo fortemente la
motivazione al lavoro stesso.
In tale fase del progetto educativo, il genitore si impegna
attivamente nel lavoro di squadra con l’assistente sociale dandosi
permessi di sperimentare nuovi percorsi, nuove strade rispettosi
della propria persona e di quella del minore in quanto mettono al
centro il minore e il suo benessere psico fisico lasciando sullo
sfondo la conflittualità e le tensioni emotive della coppia.
Dare “un tempo” e “uno spazio” ai genitori dove essi
possono sentirsi “contenuti” dandosi permessi di
sperimentare nuovi strumenti, correndo il rischio di
vivere frustrazioni nel momento in cui sperimentano
nuove strade dove si ritrovano a “collaborare” come
genitori anche se come coppia essi vivono separati o
addirittura hanno costruito nuove relazioni con nuovi
partner.
Creazione progressiva di un senso di “sostegno costruttivo”
inteso come equilibrio tra i processi di attivazione delle risorse
della coppia e processi di frustrazione dei suoi tentativi di
appoggiarsi passivamente (attraverso il deresponsabilizzarsi –
“non mi tocca, non mi riguarda!” - e la proiezione – “è colpa
dell’altro!” –) con creazione di processi di triangolazione verso la
figura dell’assistente sociale.
L’effetto di tali processi è la costruzione di un senso di potente
autosostegno e flessibile accesso alle proprie risorse e alle risorse
reperibili nell’ambiente fisico, interpersonale e sociale che si
ripercuote a cascata sul minore che si nutre positivamente di tale
nuovo clima emotivo.
L’implicito che passa in tali modalità relazionali è che l’assistente
sociale faccia il tifo per la famiglia “io penso che ce la possiate
fare….”, “sono convinto che siete capaci di fare queste
azioni….!”,
- i genitori fanno esperienza di successo e ciò rafforza l’autostima
di entrambi oltre che il desiderio di continuare a sperimentare
nella strada intrapresa acquisendo sicurezza e competenza nel
fare e orientandosi sempre più in maniera autonoma verso la
messa in campo di nuovi modi di essere e fare adulti e
responsabili, rispettosi di se stessi come persone, come coppia
prendendosi cura del figlio in modo rispettoso ed amorevole.
QUALI STRUMENTI?
- Presa in carico del minore e della famiglia;
- Uso di una relazione empatica e una comunicazione “Io – Tu”
nel rispetto e differenza dei ruoli;
- Indagine sociale e monitoraggio da parte dell’assistente sociale;
- Mediazione dei conflitti familiari (la figura della mediatrice
familiare, sociale, ecc.) intesa come spazio di incontro, di parola e
di ascolto alle parti coinvolte in un conflitto al fine di giungere
alla attenuazione e/o risoluzione dello stesso attraverso l’utilizzo
di uno spazio neutro;
- valutazione neuropsicologica del minore (Npi Asl);
- valutazione capacità genitoriali (ASL - Centro di Salute
Mentale);
- eventuale sostegno psicologico al minore e ai genitori (servizi
del consultorio familiare Asl e servizio di igiene mentale Asl);
- introduzione della figura di un educatore o assistente
domiciliare per il minore.
Criticità: offerta poco adeguata alla domanda:
-sofferenza dell’Ente locale nel gestire una domanda in crescita;
- difficoltà dei servizi sanitari territorialmente competenti a
prendere in carico, affrontare e gestire il qui e ora per il sostegno
psicologico (in Val Vibrata solo 2 psicologi del consultorio
familiare presso DSB di Nereto e 1 del servizio di igiene mentale
presso l’U.O. di Psichiatria della Asl a S. Egidio alla Vibrata;
- presenza della Npi Asl Teramo in Val Vibrata solo 1 volta a
settimana e per occuparsi principalmente di altre criticità
(elaborazione diagnosi funzionale, PDF alunni disabili nelle
scuole);
- mediazione familiare poco presente nonostante i decreti dei
Tdm indichino con maggiore frequenza e costanza la figura della
mediazione familiare.
Quale proposta operativa per il futuro?
- creare negli Enti locali una cultura di prevenzione del
disagio piuttosto che gestire il problema nella sua piena
criticità,
-Contrasto alla istituzionalizzazione mediante progetti
educativi e di vita a favore dei minori e della famiglia
volti a permettere agli attori principali, i minori, di restare
nel nucleo familiare di origine;
- lavorare con la famiglia dando strumenti concreti per
affrontare e gestire il problema direttamente e in prima
linea supportati da una rete di figure professionali
presenti sul territorio;
- proporre forme alternative alla istituzionalizzazione
come una accoglienza in casa famiglia per poi procedere
all’affido familiare.
- proporre l’introduzione nei servizi sociali di figure di
mediazione del conflitto familiare considerata la
richiesta;
- Proporre all’interno del servizio sociale la figura di uno
psicologo che abbia funzione di effettuare il sostegno
psicologico e la valutazione psicologica;
- Pensare e progettare per il futuro un servizio sociale
“professionale” composto dalle figure dell’assistente
sociale, la mediatrice familiare e lo psicologo;
- Potenziare le figure di sostegno psicologico per minori
e genitori per gestire una situazione di criticità in crescita
esponenziale.
MINORI STRANIERI NON
ACCOMPAGNATI SENZA FISSA DIMORA
Negli ultimi anni, il nostro territorio è stato caratterizzato dal
fenomeno dell’arrivo cospicuo di minori stranieri SFD (17 ragazzi
afgani nel 2012, 23 ragazzi bengalesi nel 2013 nel territorio della
Val Vibrata) .
L’onere della tutela e della accoglienza di essi ha assunto una
importanza tale da influire notevolmente e, a volte, pesantemente,
sull’organizzazione e sui bilanci sociali dei Comuni.
Il fenomeno dei minori SFD necessita di interventi mirati, ma in un
quadro sufficientemente elastico da rispondere alle esigenze di un
contesto in continua trasformazione.
Trattasi di una migrazione non prevedibile né da un punto di vista
numerico, né da quello delle peculiarità personali e culturali dei
minori in arrivo, che mette in ginocchio l’organizzazione dei
servizi sociali dei Comuni determinando situazioni di sofferenza
economica e gestionale soprattutto lungo la costa (Martinsicuro,
Alba A.).
Necessità di organizzare una risposta di sistema verso una
presenza costante negli anni e che non può più essere considerata
una emergenza.
PERCORSO
1. Primo intervento: Forze dell’Ordine, Servizi Sociali
2. Pronta Accoglienza e assistenza socio – psicologica del minore
presso Comunità per Minori
3. Segnalazione al Comitato per Minori Stranieri e avvio indagini
familiari e sulla identità del ragazzo
4. Avvio della procedura per l’apertura della tutela e il rilascio del
permesso di soggiorno
5. Accesso ai servizi del territorio (insegnamento lingua italiana,
salute, scuola, formazione professionale) per il tramite della
comunità per minori
6. Formazione all’affidamento familiare ed avvio operativo
7. Individuazione di un percorso socio educativo individualizzato
da parte dei servizi sociali in collaborazione con la comunità.
1. Primo intervento: Forze dell’Ordine, Servizi Sociali. Il
minore straniero viene affidato dalle forze dell’ordine che lo
hanno individuato, ai servizi sociali del comune in cui si è
verificato il ritrovamento. Segnalazione dello stesso alla Procura
della Repubblica c/o Tdm . Il comune provvede , ai sensi
dell’art. 403 c.c., a collocare il minore in modalità di Pronta
Accoglienza in un luogo sicuro sino a quando si possa
provvedere in modo definitivo alla sua protezione.
2. Pronta Accoglienza e assistenza socio – psicologica del
minore presso Comunità per Minori. Ciascun minore riceve
dalla comunità educativa che lo accoglie, dal momento della
presa in carico e per tutto l’arco temporale della pronta
accoglienza, che esige almeno 2 mesi di intervento, prima di
tutto la soddisfazione dei bisogni primari e un’adeguata
assistenza socio – psicologica e sanitaria, una individuazione dei
suoi bisogni ed obiettivi, una prima mediazione culturale,
nonché un primo approccio alla lingua italiana ed un eventuale
orientamento legale.
I minori stranieri, anche se entrati irregolarmente in Italia, sono
titolari di tutti i diritti sanciti dalla Convenzione di New York sui
diritti del fanciullo del 1989, ratificata in Italia e resa esecutiva con
legge n. 176/91.
La Convenzione stabilisce che in tutte le decisioni riguardanti i
minori deve essere tenuto in conto come considerazione
preminente il superiore interesse del minore (principio del
“superiore interesse del minore”) e che i principi da essa sanciti
devono essere applicati a tutti i minori senza discriminazioni
(principio di “non discriminazione”).
La Convenzione riconosce poi a tutti i minori un’ampia seria di
diritti, tra cui il diritto alla protezione, alla salute, all’istruzione,
all’unità familiare, alla tutela dallo sfruttamento, alla
partecipazione.
Ai minori stranieri non accompagnati si applicano le norme previste
in generale dalla legge italiana in materia di assistenza e protezione
dei minori.
Si applicano, tra le altre, le norme riguardanti:
- il collocamento in luogo sicuro del minore che si trovi in stato di
abbandono; la competenza in materia di assistenza dei minori
stranieri è attribuita, come per i minori italiani, all’Ente Locale (in
genere il Comune);
- l’affidamento del minore temporaneamente privo di un ambiente
familiare idoneo a una famiglia o a una comunità; l’affidamento può
essere disposto dal Tribunale per i minorenni (affidamento giudiziale)
oppure, nel caso in cui ci sia il consenso dei genitori o del tutore, può
essere disposto dai servizi sociali e reso esecutivo dal Giudice
Tutelare (affidamento consensuale); la legge non prevede che per
procedere all’affidamento si debba attendere la decisione del
Comitato per i minori stranieri sulla permanenza del minore in Italia;
- l’apertura della tutela per il minore i cui genitori non possano
esercitare la potestà
Ogni minore straniero non accompagnato deve essere
segnalato:
. alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i
minorenni, ad eccezione del caso in cui il minore sia
accolto da un parente entro il quarto grado idoneo a
provvedervi ;
. Giudice Tutelare, per l’apertura della tutela;
. al Comitato per i minori stranieri, ad eccezione del
caso in cui il minore abbia presentato domanda di asilo (i
minori non accompagnati richiedenti asilo non rientrano
nella competenza del Comitato).
3. Segnalazione al Comitato per Minori Stranieri e avvio
indagini familiari e sulla identità del ragazzo. I servizi sociali
che operano la presa in carico del minore straniero SFD, qualora
ritengano opportuno e necessario fare luce sul suo contesto
familiare e culturale di provenienza, possono rivolgersi al
servigio sociale internazionale. Nel frattempo, segnalano presso
il Comitato per i Minori Stranieri, istituzione del Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali, la presa in carico del minore
impegnandosi a relazionare periodicamente sul suo percorso di
integrazione, al fine di ottenere il consenso dello stesso
Comitato nei casi di legge in cui sia necessario per la sua
permanenza in Italia.
I minori stranieri non accompagnati che temono di subire
persecuzioni nel loro paese, per motivi di razza, religione, nazionalità,
appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le proprie
opinioni politiche, hanno diritto di presentare domanda di asilo.
In questo caso il minore non viene segnalato al Comitato per i minori
stranieri e non viene avviato il procedimento riguardante l’eventuale
rimpatrio.
La domanda di asilo viene esaminata dalla Commissione per il
riconoscimento dello status di rifugiato, che nel corso del
procedimento sente il minore e il suo tutore.
Se la Commissione riconosce al minore lo status di rifugiato, questi
riceve un permesso per asilo.
Se la Commissione rigetta la domanda di asilo, può comunque
chiedere al questore di rilasciare al richiedente un permesso per
motivi umanitari, qualora il rimpatrio non sia opportuno
Il minore ha comunque diritto, rappresentato dal tutore, di presentare
ricorso al Tribunale ordinario contro la decisione della Commissione.
4. Avvio della procedura per l’apertura della tutela e il rilascio
del permesso di soggiorno. Una volta che il minore “è preso in
carico” e le indagini sulla sua identità sono definite, il comune o
la comunità educativa provvede a segnalare al giudice tutelare il
minore SFD ai fini dell’apertura della tutela ai sensi dell’art.
343 e ss. c.c. e della nomina del tutore. Successivamente, ai fini
della regolarizzazione del minore sul territorio, la comunità
educativa dove il minore è in Prima Accoglienza, procede,
presso la questura competente, all’espletamento delle pratiche
per la richiesta dell’asilo politico o del permesso di soggiorno,
ai sensi dell’art. 19 c. 2 TU Immigrazione.
Tutti i minori stranieri non accompagnati hanno diritto, per il solo
fatto di essere minorenni (e quindi in generale inespellibili), di
ottenere un permesso di soggiorno per minore età .
Questo permesso dovrebbe essere rilasciato solo nei casi in cui non
vi siano le condizioni per rilasciare un altro tipo di permesso (per
affidamento, per motivi familiari ecc.).
Una circolare del Ministero dell’Interno ha affermato che il
permesso per minore età non consente di lavorare e non può essere
convertito in permesso per studio o lavoro, al compimento dei 18
anni.
Tuttavia, il mancato riconoscimento del diritto di esercitare attività
lavorativa è da considerarsi illegittimo.
Inoltre, la legge prevede che il minore possa ottenere un permesso
per studio o lavoro, al compimento dei 18 anni, nei casi in cui
siano soddisfatte determinate condizioni.
Per i titolari di permesso per minore età, il diritto di lavorare non
è né esplicitamente stabilito né escluso dalla legge.
Una circolare del Ministero dell’Interno del 2000 ha affermato che
il permesso per minore età non consente di esercitare attività
lavorativa: di conseguenza questo tipo di permesso spesso viene
rilasciato con la dicitura “non valido per lavoro” e molti Centri per
l’Impiego non accettano avviamenti al lavoro di minori titolari di
questo permesso.
Il mancato riconoscimento del diritto di svolgere attività lavorative
per i minori titolari di permesso per minore età, tuttavia, è da
considerarsi illegittimo, in quanto, comportando una
discriminazione di questi minori e una violazione del principio del
“superiore interesse del minore”, viola la Costituzione e la
Convenzione sui diritti del fanciullo (in tal senso si è espresso ad
esempio il Tribunale di Torino).
Inoltre, la legge Bossi-Fini sembra prevedere
implicitamente che questi minori possano
lavorare, in quanto tra i requisiti per la
conversione del permesso di soggiorno ai 18 anni
è compreso anche lo svolgimento di attività
lavorativa. Infine, va considerato che le circolari
del Ministero dell’Interno non sono vincolanti per
le altre Amministrazioni, quali i Centri per
l’Impiego o le Direzioni Provinciali del Lavoro.
Possono ottenere un permesso per studio, accesso al lavoro, lavoro
subordinato o autonomo, al compimento dei 18 anni, i minori stranieri
non accompagnati che soddisfino le seguenti condizioni:
. non hanno ricevuto un provvedimento di rimpatrio da parte del
Comitato per i minori stranieri;
. sono entrati in Italia da almeno 3 anni, cioé prima del compimento dei
15 anni;
. hanno seguito per almeno 2 anni un progetto di integrazione sociale e
civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza
nazionale e che sia iscritto nel registro previsto dall’art. 52 del
regolamento di attuazione D.P.R. 394/99; non è chiaro che cosa debba
intendersi esattamente per "progetto di integrazione sociale e civile" e
come questa disposizione sarà interpretata dalle Questure, ma è
ipotizzabile che l’aver frequentato corsi di studio o corsi di formazione
professionale, o aver svolto attività lavorative o attività finalizzate
all’avviamento al lavoro quali borse di formazione-lavoro possano essere
elementi utili a dimostrare di aver seguito un progetto di integrazione; si
attendono chiarimenti in proposito da parte del Governo;
.
-frequentano corsi di studio, o svolgono attività
lavorativa retribuita nelle forme e con le
modalità previste dalla legge italiana, o sono in
possesso di contratto di lavoro anche se non
ancora iniziato;
- hanno la disponibilità di un alloggio.
La sussistenza di tali requisiti deve essere
dimostrata, con idonea documentazione,
dall’ente gestore del progetto di integrazione.
5. Accesso ai servizi del territorio (insegnamento lingua
italiana, salute, scuola, formazione professionale) per il
tramite della comunità per minori.
Per i minori, inseriti nella comunità educativa, inizia un
percorso che prevede, oltre alle attività di accoglienza e ad un
accompagnamento sociale, anche lo studio della lingua e della
cultura italiana, un supporto psicologico, qualora
necessario,cure mediche ed eventuale assistenza legale ai fini
dell’ottenimento di uno status giuridico. La comunità educativa
svolgerà in questa fase e nelle fasi successive, le attività
riguardanti l’adempimento delle pratiche relative alla ricerca del
lavoro, al percorso scolastico, al rilascio e/o rinnovo del
permesso di soggiorno e dei documenti personali e all’iscrizione
al Servizio Sanitario Nazionale
6. Formazione all’affidamento familiare ed avvio operativo.
Dopo il periodo di pronta accoglienza e i percorsi di
conoscenza, regolarizzazione, sanitario, di formazione
linguistica già avviati attraverso supporto della comunità
educativa, il minore viene inserito presso famiglie individuate e
selezionate secondo criteri prestabiliti in base a norme e
regolamenti vigenti, tenendo conto della sua età, del suo paese
di provenienza, oltre che della riconosciuta adeguatezza è
motivazione della famiglia affidataria.
- Individuazione famiglie affidatarie: italiane o straniere, omo
culturali e non.
- Sensibilizzazione al tema dell’affidamento familiare
- associazione del territorio che mettono in contatto i servizi
sociali con le potenziali famiglie,
- I servizi sociali effettuano colloqui con le famiglie affidatarie
potenziali e, avvalendosi di professionisti che effettuano
valutazioni psicologiche e motivazionali sui soggetti proposti,
organizza corsi di formazione.
- La formazione è propedeutica alla famiglia per conoscere il
ragazzo che ospiteranno, la sua storia, la sua cultura ed origini,
ma avrà la funzione, altresì, di chiarire e a rendere competenti i
soggetti individuati circa il ruolo e le responsabilità implicate
dall’affidamento consensuale. La formazione prevede
l’intervento di un mediatore culturale, di un legale, del
responsabile della comunità educativa coinvolta e dei servizi
sociali.
Se la formazione si conclude positivamente, i servizi sociali
procedono all’affidamento familiare. Il periodo di affidamento
consensuale del minore verrà costantemente monitorato dai
servizi sociali, attraverso incontri mensili con la famiglia e il
ragazzo.
7. Individuazione di un percorso socio educativo
individualizzato da parte dei servizi sociali in collaborazione
con la comunità educativa. La comunità educativa di
riferimento dovrà individuare, in stretta collaborazione con i
servizi sociali e sulla base delle competenze e predisposizione
del minore, e gli ambiti su cui sviluppare eventuali interventi
formativi finalizzati all’integrazione sociale (attività sportive e
artistico – culturali) e all’inserimento socio lavorativo del
minore (corsi di formazione professionale, tirocini formativi,
borse lavoro, apprendistato), in sinergia con i soggetti del
territorio, pubblici e/o del privato sociale, deputati a tali
funzioni (Centri per l’Impiego, ecc.).
Approccio multidimensionale per l’accertamento
dell’età
L’identificazione di un minore è la necessaria premessa per
l’esercizio dei diritti soggettivi di cui ogni minore è portatore.
Senza una identificazione certa non si può attuare alcuna politica di
protezione e di tutela nei suoi riguardi e consentire l’esercizio da
parte dello stesso di una cittadinanza attiva.
Il 15 maggio 2008 la Conferenza dei Servizi, indetta dal Ministero
dell’Interno per rispondere all’esigenza di pervenire ad un
procedimento unitario cui fare riferimento per le “Procedure di
identificazione dei minori stranieri non accompagnati e di
accertamento della minore età”, ha evidenziato la necessità di
definire un protocollo sanitario per la determinazione dell’età che
possa essere applicato sull’intero territorio nazionale.
Il protocollo sanitario, approvato dal Consiglio Superiore di Sanità,
ha previsto un approccio multidimensionale e multidisciplinare
che comprende:
una valutazione integrata dei dati risultanti dalla rilevazione radiologica del
grado di maturazione ossea del distretto polso-mano e dall’esame fisico
(misurazioni antropometriche, ispezione dei segni di maturazione sessuale, con
identificazione degli eventuali disturbi dello sviluppo, definizione dello stadio di
dentizione) svolto da un pediatra.
Questo anche ai fini della tempistica dettata da eventuali esigenze di giustizia,
allo scopo di garantire, nel minor tempo possibile, la messa in opera di misure
atte a fornire la tutela del minore quale bene primario da proteggere.
Nel percorso di accertamento assume quindi un ruolo fondamentale la visita
pediatrica nel corso della quale deve essere presente un traduttore/mediatore
culturale, nel rispetto del presunto minore, devono venire rilevati tutti quei
parametri utili a fornire indicazioni sull’età, avendo cura di utilizzare le tabelle
auxologiche dei diversi Paesi o, in alternativa, quelle dei Paesi più prossimi.
.
Con l’età cronologica dovrà essere sempre indicato il margine di
errore e, nel dubbio di attribuzione dell’età cronologica deve
essere applicato il principio della presunzione della minore età,
come previsto dalla normativa nazionale e dai principi di diritto
sanciti a livello internazionale.
In linea con tali esigenze e anticipando le raccomandazioni del
Piano d’Azione della Commissione Europea, l’Università di
Roma La Sapienza ha realizzato un progetto pilota per lo studio
dell’accrescimento osseo mediante l’utilizzo della risonanza
magnetica, metodologia non invasiva utilizzata sperimentalmente
per tale finalità.
Il progetto si è svolto in attuazione del protocollo d’intesa
interistituzionale siglato dalla Direzione Generale del
Dipartimento Giustizia Minorile, che rappresento, con le
competenti Direzioni del Ministero dell’Interno e del Ministero
della Salute.
DECLINAZIONE OPERATIVA DELLA
COMPLESSITA’
COMPLESSITA’ DA LEGGERE SEGUENDO
UN APPROCCIO MULTIDIMENSIONALE E
MULTIDISCPLINARE CHE HA NEL SUO
ESSERE UNA INTEGRAZIONE DI SERVIZI
E PROCESSI CHE PERMETTANO DI
AFFRONTARE E GESTIRE IN MODO
ADULTO E RESPONSABILE IL QUI E ORA
CONTRASTANDO LA TENDENZA ALLA
ISTITUZIONALIZZAZIONE DEL MINORE
IN UN OTTICA DI RETE (I VINCOLI CHE
SONO LE MAGLIE DELLA RETE STESSA).
-PROMUOVERE UNA CULTURA DI
PERMANENZA DEL MINORE NEL
TERRITORIO;
- SOSTENERE LE FAMIGLIE SPESSO
MULTIPROBLEMATICHE
(LAVORO SULLA GENITORIALITA’).
ATTIVARE RESPONSABILMENTE LE
FAMIGLIE AL LAVORO SUL MINORE
IMPARANDO A CONOSCERE ED
UTILIZZARE STRUMENTI
PERSONALI ADEGUATI AL
CONTESTO
-PROMUOVERE LA INTEGRAZIONE
DI SERVIZI E LIVELLI DI
INTERVENTO ATTRAVERSO
ADEGUATO LAVORO DI
COORDINAMENTO.
-
TRATTANDOSI DI FAMIGLIE
MULTIPROBLEMATICHE E ‘ EVIDENTE
CHE IL PROBLEMA PRESENTA VARIE
FACCE E OGNUNA VA AFFRONTATA
UTILIZZANDO DIFFERENTI STRUMENTI
OPERATIVI IN UN’OTTICA NON DI
SETTORIALIZZAZIONE, MA DI
COORDINAMENTO E COLLABORAZIONE
RECIPROCA TRA LE VARIE AGENZIE CHE
HANNO IN CARICO IL MINORE E LA SUA
FAMIGLIA IN MANIERA DA PORRE LA
FAMIGLIA AL CENTRO DELLA RETE.
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Minori istituzionalizzati: il punto di vista degli Enti - "A. ZOLI"