MENSILE - POSTE ITALIANE Spa, SP. ABB. POST, D.L. 353/2003 - (CONV. IN L. 27.02.2004 N°46) ART.1 COMMA 1-DCB-ROMA
luglio 2015
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www.reflex.it
GRANDI NOVITÀ!
IN PROVA
CANON EOS M3
ANTEPRIMA
LEICA Q - SONY A7R II
ACTION
CAM
KODAK
A 360°
LUGLIO 2015 - €5,00
IMMAGINI
GENIUS LOCI
In prova
CANON
EOS
M3
I
due grandi produttori di apparecchi fotografici, Canon
e Nikon, hanno affrontato in
modo diverso tra loro il mondo
delle fotocamere CSC altresì
dette Mirrorless, gli apparecchi
dotati di ottica intercambiabile
ma privi sia di mirino ottico sia
di specchio reflex. Si tratta di
una categoria che solo oggi comincia a godere di buona popolarità grazie anche alle tante
soluzioni offerte dal mercato e
dai produttori che percorrono
questa strada.
Come fabbricanti essenzialmente di reflex, Canon e Nikon
sono andate più caute. La prima ha prodotto un solo apparecchio che adesso sono diventati due, utilizzando la tecnologia delle reflex EOS ed integrandola in parte con il sistema
maggiore. La seconda ha scelto
una soluzione diversa creando
una serie di apparecchi piccoli
e compatti che adottano un
sensore da un pollice e costituendo di fatto una linea a sé
stante denominata Nikon 1.
Mentre Nikon ha spinto
parecchio, soprattutto all’inizio, per far conoscere le
sue Serie 1, Canon ha trattato la EOS M, questo il
nome della sue
CSC, un po’ marginalmente, sicuramente meno
di quanto l’apparecchio in
realtà valga.
La EOS M al
suo interno è
infatti dotata
di una tecnologia uguale a
quella di una reflex economica
della Canon quale
ad esempio la EOS
650D e le sue prestazioni,
in diversi settori rispecchiano la filosofia costruttiva.
Finalmente cambia modello la
CSC della casa giapponese.
Parecchie le novità e numerose
anche le conferme
di Michele Buonanni
Mentre Nikon ha rinnovato
negli anni gli apparecchi 1 con
successive generazioni, la EOS
M è rimasta immutata per tre
anni, fino a quando Canon non
ha deciso di lanciare un nuovo
modello che si chiama M3 ed
arriva solo ora sul mercato. In
realtà, ancor prima è nata una
M2, ma solo per il mercato
giapponese, che non era altro
che una M con modifiche quali
il sensore di tipo ibrido e la connessione wi-fi.
La Canon EOS M3, come peraltro la M, ha i contenuti delle
reflex di casa in particolare
sensore e processore d’immagine ed ha mantenuto la forma
compatta ma solida che ha caratterizzato la prima della serie. Rispetto però alla M, la
nuova M3 offre un sensore
sempre formato
Aps-C ma con 24 megapixel al
posto dei 18 dell’altra e caratterizzato dal fatto di essere ibrido
ovvero con sensori di messa a
fuoco al suo interno. Ciò velocizza nettamente l’autofocus,
uno dei punti deboli della prima M che non era paragonabile a quello delle reflex EOS dello stesso livello. Poi c’è il display
orientabile, altra lacuna della
precedente M oltre alla possibilità di montare un mirino ad
oculare elettronico esterno che
poi è lo stesso nato per la compatta di fascia alta PowerShot
G1 X Mark II. Canon ha comunque deciso (probabilmente
per ragioni di compattezza e di
costo) di non dotare la M3 di
un mirino ad oculare fisso ed
integrato nel corpo macchina.
Altre novità sono rappresentate
dalla presenza di un flash incorporato e del wi-fi con connessione facilitata di tipo NFC.
Rimangono altre caratteristiche della prima M, dalla
costruzione solida
all’innesto obiettivi con baionetta
EF-M diversa da
quella delle reflex EOS ma che
può montare ed
utilizzare pienamente le ottiche
di quest’ultime
grazie ad un
adattatore da acquistare a parte.
L’aspetto della nuova Canon
EOS M3 è molto simile a quella della
precedente. Adesso però c’è
l’impugnatura a destra del corpo ed
una diversa realizzazione dei comandi.
Anteprima
C
SONY A7R II
on la serie a7, composta
da apparecchi fotografici CSC di alte prestazioni, la Sony sembra aver trovato
quel posto al sole che in altre
occasioni le è sfuggito. Stiamo
comunque parlando di fotocamere dotate di sensore Full
Frame e prestazioni e prezzo ai
vertici della categoria che si rivolgono ad un pubblico selezionato ed in grado di sfruttare
appieno le loro prestazioni.
Sony lancia le prime due a7,
semplificazione della sigla reale
α7 con la lettera greca alfa, alla fine del 2013. Per esse, oltre
al sensore Full Frame, utilizza
un corpo macchina di impostazione classica, non certo quello
delle piccole ed agili NEX ma
adotta il loro stesso innesto
obiettivi e non quello A delle reflex e delle Translucent. Ovviamente deve anche produrre
una nuova serie di ottiche che
possano supportare il formato
di sensore più ampio rispetto
all’Aps-C che correda tutte le
NEX. I primi due apparecchi
sono la a7 e la a7R; la prima
con sensore Full Frame da 24
megapixel e la seconda con
quello da 36 megapixel privo di
di filtro Low Pass. E’ ovviamente quest’ultimo apparecchio ad
attirare l’attenzione del mondo
della fotografia perché in esso è
concentrato un importante mix
di tecnologia che solo una reflex
con la Nikon D800 al momento
aveva. Alle prime due segue poi,
all’inizio del 2014, il modello
a7S, una versione depotenziata
nel numero di pixel, “solo” 12
mega, ma enormemente potenziata sia nella sensibilità di lavoro che arriva al valore record
di 409.600 Iso e nelle prestazioni video che fanno oggetto, questo apparecchio, delle attenzioni dei videomaker. Alla fine dello stesso anno, Sony rinnova la
prima a7 aggiungendole lo sta-
Sensore Full Frame stabilizzato
con ben 42,2 megapixel. Ecco il
biglietto di presentazione della
nuova top CSC di Sony
di Michele Buonanni
bilizzatore d’immagine, apportando migliorie ai comandi e
alle funzioni e modificando anche l’impostazione del corpo
macchina. Il nuovo apparecchio, che si chiama a7II, sancisce di fatto il lancio della seconda generazione di questa serie.
Ora, a distanza di pochi mesi Sony mette mano alla regina
della serie, la a7R, una fotocamera che, come peraltro le altre fotocamere
con sensori di elevata risoluzioni, ha un problema di micro
mosso anche a tempi di scatto
invece sicuri con altri apparecchi: basta una leggera vibrazione anche a tempi quali 1/60
di secondo con le ottiche di focale standard perché si corra il
rischio di avere immagini non perfettamente nitide. D’altronde questo
i produttori lo sanno tanto che,
ad esempio, le nuove reflex Canon EOS 5Ds e 5Dsr adottano
svariati sistemi per ridurre
l’effetto negativo delle vibrazioni. Ma lo stabilizzatore a
cinque assi, applicato direttamente sul sensore di ripresa,
introdotto nella Sony a7II, si è
rivelato vincente. Allora perché non implementarlo anche
nella più delicata a7R?
Ecco quindi che la casa giapponese ha rivisto in modo approfondito la a7R, denominandola a7R II e dotandola di un
nuovo sensore di altissime prestazioni (42,2 megapixel, ovvero
6 megapixel in più della precedente) di tipo retro illuminato e con sensori di
messa a fuoco
al suo interno, abbinato
La nuova Sony A7R II anche
nell’aspetto si distacca dalla
precedente A7R. Intatta la forma
complessiva da apparecchio tradizionale
ci sono però numerose novità nei comandi
e nei materiali con i quali è costruita oltre
che nella finitura in nero opaco hi-tech.
Anteprima
I
l nome Leica non ha certo
bisogno di presentazioni.
Questo marchio è infatti
parte integrante della storia
della fotografia fino dall’inizio dello scorso secolo quando
la Ernst Leitz presentò, nel
1925, la Leica I, primo apparecchio di regolare produzione della storia ad adottare la
pellicola 35mm. Da quel momento Leica ha compiuto
molti passi, ha equipaggiato
un gran numero di fotografi,
professionisti, è servita a produrre alcune tra le più belle
foto della storia ed è ancor
oggi un riferimento assoluto
di qualità per chi si avvicina
al mondo della fotografia.
Definire oggi l’universo
Leica, in piena era digitale
non è certo semplice ma è
certo invece che la casa tedesca dopo un primo periodo di attesa ha abbracciato la nuova
tecnologia con prodotti all’altezza del
suo nome e, soprattutto, molto ben
identificati. La gamma Leica comprende
alcune fotocamere
realizzate interamente in Germania ed altre prodotte in collaborazione con la giapponese Panasonic. La
prima linea, quelle delle Leica super costose e
super ambite comprende
oggi alcuni apparecchi che
derivano direttamente dalla
celeberrima linea M di fotocamere a pellicola della seconda metà dello scorso secolo più un paio di reflex professionali. Le M sono rimaste
tali e quali anche nel nome:
dopo la M8 e la M9, la prima
con sensore formato Aps-H e
la seconda Full Frame, Leica
è tornata alla sola lettera M
LEICA Q
Obiettivo fisso grandangolare
e sensore Full Frame da 24
megapixel per il nuovo gioiello
della casa tedesca
di Michele Buonanni
che definisce la capostipite
della nuova generazione,
identificata anche dalla sigla
Typ 240, con le varianti M-E
(Typ 220) e M-Monochrom,
un raffinato apparecchio per
sole immagini in bianconero
(oggi realizzato nella versione
Typ 246 con sensore da 24
megapixel).
Ogni nuova fotocamera
Leica, specie quelle appartenenti alla serie appena citata,
fa notizia. Come nel caso della nuovissima Leica Q, un apparecchio che per alcuni versi
si ispira proprio alla prima
Leica I non fosse altro per il
fatto che essa monta una ottica fissa, proprio come la capostipite. La Leica Q è infatti
una fotocamera dotata di un
obiettivo Summilux 28mm
f/1,7, una soluzione
Bella nella sua sobrietà stilistica, come solo una
Leica può essere, la nuova Q mantiene lo standard qualitativo
della casa con una realizzazione impeccabile nei materiali e nelle finiture.
che potrebbe piacere e non
poco all’utente della casa tedesca alla ricerca di un apparecchio tuttofare, facile da
portare e di qualità assoluta,
una sorta di super compatta
senza compromessi. Con i
suoi 4000 euro e passa è anche la Leica più economica (si
fa per dire) tra quelle di fascia alta pur mantenendo
qualità e componentistica
delle Leica ad obiettivo intercambiabile.
Il progetto si basa essenzialmente su un corpo macchina realizzato secondo gli
stessi standard costruttivi
delle Leica al vertice della
gamma, ovvero realizzazione
made in Germany, impiego di
metalli tra i quali alluminio e
lega di magnesio e finiture di
alto livello come si può chiedere ad un prodotto di questo
nome e fascia di prezzo. Il risultato finale è un apparecchio che assomiglia molto
alle sorelle ed ha anche la
stessa consistenza, una
volta presa in mano.
All’interno del corpo macchina c’è un
sensore da 24,2 megapixel Full Frame abbinato ad un processore
d’immagine
Leica
Maestro II il quale, a
detta del produttore, è
in grado di gestire le più
svariate esigenze di ripresa, dalla foto al video, in modo efficace
grazie alla notevole velocità operativa. Il sistema di mira, un elemento
tradizionalmente importante in casa Leica e tradizionalmente ottico è stato affidato a due display elettronici, uno nell’oculare con una
risoluzione record di 3,68 megapixel ed uno nel display posteriore da tre pollici il quale
Portfolio
GENIUS LOCI
di Eugenio Martorelli
Un progetto di collaborazione fra quattordici fotografi
naturalisti che ogni giorno su Internet raccontano lo
spirito del luogo in cui si trovano
enius loci è un blog di
fotografia naturalistica
attivo dallo scorso
ottobre all’indirizzo web
www.geniusloci.photo dove,
come è scritto nella
presentazione, “scoprire una
nuova immagine ogni giorno,
G
36
raccontata e commentata
dall’autore, ma anche un
approccio vissuto con
profondità e passione da chi
sta dietro alla macchina
fotografica. Quattordici
sguardi, quattordici
corrispondenti ciascuno dal
LUGLIO 2015 FOTOGRAFIA REFLEX
proprio territorio, ai quattro
angoli dell’Italia e dell’Europa”.
La fotografia naturalistica è
un genere difficile, complesso
ed articolato, che inoltre
richiede in chi la pratica un
forte senso di responsabilità nei
confronti dei delicati equilibri
del mondo naturale. Secondo
le intenzioni del collettivo
Genius loci raccontare lo
spirito di un luogo, questo
significa l’espressione latina,
serve anche a far crescere la
consapevolezza di quanto
siano importanti la conoscenza,
Persone
Enzo Romagnoli all’inaugurazione del Museo dedicato alle fotocamere Kodak.
ENZO ROMAGNOLI
a provincia italiana è ricca
di persone che lavorano in
silenzio raggiungendo livelli di eccellenza di cui si parla
troppo poco e anche nel settore
della fotografia ci sono individualità capaci di portare avanti
progetti che nulla hanno da invidiare a quelli più celebrati dai
media, anzi, spesso è proprio nei
piccoli ambiti periferici che tante iniziative possono più facilmente realizzarsi. Ci sono naturalmente i pro e i contro
nel lavorare lontano dai centri propulsivi,
bisogna viaggiare molto per avere dei contatti che non siano solo di mail e di monitor
ma abbiano il calore che va da una stretta di
mano in poi, fino al toccare le stampe fotografiche e sentirne la magia anche col tatto,
mentre la voce dell’autore aggiunge quello
che manca alla visione.
Si è più distanti dalla comunicazione che
L
50
confermate dagli anni che possono dare impulso immediato
alle iniziative. In una grande
città bisogna mettersi in fila
per ottenere udienza nelle istituzioni, mentre nei piccoli centri basta un incontro per strada
o in un bar con un sindaco o un
assessore per dare la spinta necessaria a tanti progetti.
A Potenza Picena, nelle Marche, c’è Enzo Romagnoli, da tempo conosciuto come un grande organizzatore di manifestazioni fotografiche la cui attività è
ben nota anche fuori regione. Con un passato di consulente aziendale e una grande passione per la fotografia, è stato tra i fondatori del fotoclub locale, ricoprendone la carica di presidente per cinque anni. Non so in
quante altre parti del mondo sia possibile
mettere in programma ben 45 eventi in cinque anni, tutti di buon livello… bene, a Po-
Alla scoperta delle personalità
più nascoste della fotografia
italiana che con la loro attività
contribuiscono alla crescita
culturale del paese
LUGLIO 2015 FOTOGRAFIA REFLEX
di Claudio Marcozzi
conta, perché anche in questo caso una
semplice mail può essere utile a stabilire il
contatto e mantenerlo, ma quello che diventa determinante, anche con i media, le gallerie e le grandi aziende del settore, è sempre il rapporto diretto. Esistono, fortunatamente, anche aspetti positivi, che sono
quelli tipici delle realtà locali, frutto di conoscenze e vicinanze, di stime reciproche
Post produzione
c M Y K
1
Metodo colore di quattro lettere
2
L’
espressione inglese “four-letter
word” non significa solo “parola di
quattro lettere” ma anche
“parolaccia”. “CMYK” appartiene a
entrambe le categorie, perché è un
metodo colore di quattro lettere irto
di difficoltà e in grado di far disperare chiunque, operatori di prestampa
compresi.
Il termine “prestampa” identifica
le operazioni che precedono la stampa vera e propria. “Stampa”, in questo contesto, si riferisce a tirature industriali effettuate di solito con la
tecnica litografica: le stampe, per intenderci, che impropriamente affermiamo di
realizzare “in tipografia”. Non è una tecnica
che si utilizza per realizzare singole copie,
ma un libro fotografico verrà quasi certamente prodotto in questo modo. “Prestampa” può indicare tutto il flusso di lavoro che
va dalla creazione del documento grafico alla preparazione delle lastre da mettere in
macchina, ma nel nostro ambito il passaggio
rilevante è la conversione delle immagini da
RGB a CMYK.
La sigla CMYK deriva dai nomi degli inchiostri di processo utilizzati nella stampa
in quadricromia, ovvero a quattro colori.
Nel mondo anglosassone: Cyan, Magenta,
Yellow, Key (la “K” non deriva, come si crede, dalla lettera finale di “Black”). In italia-
60
di Marco Olivotto
gura 2 mostra una scala di grigi ottenuta in
questo modo: da sinistra a destra, le percentuali di copertura del nero sono 0%
(bianco carta), 25%, 50%, 75%,
100% (copertura totale).
Gli inchiostri di processo non sono
perfettamente coprenti: stampandoli
sovrapposti l’uno all’altro si generano per mescolanza i cosiddetti colori
di processo. La figura 3 mostra cosa
accade quando sovrapponiamo inchiostri diversi alla massima copertura: il rosso si ottiene mescolando
giallo e magenta (formula: 100M
100Y), il verde per mezzo di ciano e
giallo (100C 100Y), il blu per mezzo di ciano
e magenta (100C 100M). L’ultimo colore
non è nero: prende il nome di bistro ed è generato dalla mescolanza 100C 100M 100Y.
La figura 4 mostra venticinque colori di
processo costruiti con coperture diverse dei
soli inchiostri magenta e giallo. Il quadrato
centrale (50M 50Y) è in CMYK un rosso
puro con una copertura del 50%, perché utilizza metà inchiostri rispetto a 100M 100Y.
La predominanza del magenta o del giallo fa
virare il colore verso il rosa o l’arancione, rispettivamente. Combinando i quattro inchiostri tra loro in tutte le percentuali possibili, si costruiscono tutti i colori che CMYK
può riprodurre.
Fino a che qualcuno non troverà il modo
CMYK è un metodo colore
meno utilizzato di una
volta e viene spesso
trascurato in favore di RGB.
È una buona idea, ma con
alcune controindicazioni
LUGLIO 2015 FOTOGRAFIA REFLEX
no: ciano, magenta, giallo e nero. La figura
1 mostra i quattro colori in questione.
Gli inchiostri vengono trasferiti sulla carta
sotto forma di minuscoli punti che costituiscono il cosiddetto retino. Se una macchina
da stampa utilizza il solo inchiostro nero,
questo è l’unico colore disponibile oltre al
bianco carta (il colore del supporto sul quale stampiamo, non necessariamente “bianco”). Un grigio si ottiene stampando una serie di punti neri separati da aree nelle quali
la carta non riceve inchiostro. I punti sono
così piccoli che non siamo in grado di distinguerli individualmente da una normale
distanza di osservazione, e generano in noi
la sensazione di un grigio tanto più scuro
quanto maggiore è la loro estensione. La fi-
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IN PROVA CANON EOS M3 ANTEPRIMA LEICA Q