Il grano e la zizzania. Mt 13,24-30 «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”». Paolo VI a proposito di questa pagina del Vangelo, diceva che era la più difficile da vivere: accettare cioè, che il male cresca accanto al bene. Tutti facciamo fatica ad accettare che il male, di qualunque natura sia, entri nella nostra vita. Anzi appena lo si intravede all’orizzonte, ecco che corriamo al riparo o se ci è concesso, interveniamo per estirparlo. La prospettiva della parabola è diversa. Il campo seminato e guastato è il campo del Signore. Non possiamo agire di testa nostra, ma seguire la volontà del padrone. Agendo di testa nostra c’è il rischio di buttare via il bambino insieme all’acqua sporca. La chiesa non va immaginata come una comunità di perfetti che si separa dal mondo, ma come una realtà radicata nel mondo, dove convivono insieme buoni e malvagi. Anzi, neppure al suo interno è possibile tracciare una linea di demarcazione tra i due gruppi, perché il bene e il male coesistono in ogni raggruppamento umano come in ogni singolo individuo, anche se credente. Rientra nell’economia divina lasciare che il bene e il male esistano l’uno accanto all’altro per un periodo indefinito, ma la separazione avrà certamente luogo alla fine. La separazione è un fatto dialettico, che avviene nella storia, non mediante l’elevazione di barriere, ma in forza della testimonianza che spinge la storia a evolvere nella direzione del regno di Dio. “Il Signore degli anelli”, è un racconto che forse ci insegna a capire il Dio provvidenza e il senso finale delle cose. Non si può ridurre a un genere fantasy, in realtà il racconto è una fiaba. Solo chi ha il coraggio di sognare è in grado di entrare nello spirito della fiaba. Come tutte le fiabe che si rispettino, ha sempre un aggancio al mondo reale.