COPERNICUS DECODED COPERNICO DECIFRATO Giorgio Goldoni CeSDA (Centro Sperimentale per la Didattica dell’Astronomia) Civic Planetarium “Francesco Martino” Modena - Italy Giorgio Goldoni CeSDA (Centro Sperimentale per le Didattica dell’Astronomia) Civico Planetario “Francesco Martino” Modena - Italia To the spirit of Niklas Koppernigk, not “the timid canon” pictured by Koestler, but the canon who was courageous enough to place his belief in mathematics before the evidence of his senses. Allo spirito di Niklas Koppernigk, non “il canonico timoroso” tratteggiato da Koestler, ma il canonico che ebbe il coraggio di credere più alla matematica che ai propri sensi. In modern times the relativistic point of view has lead to considering the Copernican and the Ptolemaic systems as substantially equivalent. Yet passing from the Ptolemaic to the Copernican system does not simply entail a change in the frame of reference. Instead, we need to apply different dilatations, each with the Earth at its centre, to the geometrical devices giving the motions of the planets. Here lies the incontestable supremacy of the heliocentric system over the geocentric one: one becomes able to deduce the right order of the planets and the relative size of their orbits without introducing extraneous or ad hoc assumptions. Copernicus himself considers this to be the “chief point” of his theory, as he states in an apparently obscure phrase, here completely decoded, in which he compares the Ptolemaic system to a monster made up of anatomic parts taken from different bodies. Most scholars have mistakenly indicated the monster to be the equant, and have pictured Copernicus as obsessed by this geometrical device introduced by Ptolemy. The real greatness of Copernicus is in having seen the greater predictive power of the mathematical theory based on the heliocentric assumption. What follows is the story of my personal rediscovery of Copernicus, thanks to a malfunction of the projector at the Civic Planetarium “Francesco Martino” in Modena, during my first year as a lecturer there. In epoca moderna il punto di vista relativistico ha portato a considerare come sostanzialmente equivalenti il sistema copernicano e quello tolemaico. Eppure il passaggio dal sistema tolemaico a quello copernicano non consiste semplicemente in un cambio del sistema di riferimento. È infatti necessario applicare differenti omotetie ai dispositivi geometrici relativi al moto di ciascun pianeta. In questo consiste la schiacciante superiorità del sistema eliocentrico rispetto a quello geocentrico: diventa possibile derivare l’esatto ordine dei pianeti e le dimensioni relative delle loro orbite senza introdurre ipotesi estranee o ad hoc. Copernico stesso considera questo fatto come “la cosa principale” della sua teoria, come egli afferma in una frase apparentemente oscura e qui completamente decifrata, in cui egli paragona il sistema tolemaico a un mostro ottenuto dall’unione di parti anatomiche provenienti da corpi diversi. La maggior parte degli studiosi ha erroneamente identificato il mostro con l’equante, dipingendo un Copernico ossessionato da questo dispositivo geometrico introdotto da Tolomeo. La vera grandezza di Copernico consiste nell’aver intuito la maggiore predittività della teoria matematica basata sull’ipotesi eliocentrica. Quanto segue è la storia della mia personale riscoperta di Copernico, grazie ad un guasto al proiettore del Civico Planetario “Francesco Martino” di Modena, durante il mio primo anno come conferenziere. Copernicus Disparaged Copernico sminuito Copernicus is perhaps the most colourless figure among those who, by merit or circumstance, shaped mankind’s destiny. On the luminous sky of the Renaissance, he appears as one of those dark stars whose existence is only revealed by their powerful radiations. --Arthur Koestler Copernico è forse il personaggio più opaco di tutti quelli che, per loro merito o in virtù delle circostanze, hanno modellato il destino dell’umanità. Sul cielo luminoso del Rinascimento egli appare come una di quelle stelle nere di cui nulla rivela l’esistenza salvo la loro potente emissione di onde invisibili. Arthur Koestler In 1973, the quincentenary of Copernicus’ birth, I was seventeen and I no longer went to the roof of my house to observe the starry sky with my little telescope. My new interest in the budding science of computers had gained the upper hand over my interest in the ancient science of astronomy. I was nevertheless sad to read a newspaper article in which a scientist disparaged Copernicus’s contribution to Nel 1973, quinto centenario della nascita di Copernico, avevo 17 anni e già da qualche tempo non salivo più sui tetti di casa mia per osservare il cielo col mio piccolo telescopio. Il mio nuovo interesse per la nascente informatica aveva infatti preso il sopravvento su quello per l’antica scienza astronomica. Rimasi ugualmente addolorato nel leggere un articolo di un quotidiano in cui uno scienziato sminuiva il the development of modern science. In that article it was asserted that the Polish astronomer had only chosen a frame of reference in which the planetary motions appeared simpler, but that, in light of Einstein’s theory of general relativity, Ptolemy’s geocentric point of view was just as correct as the Copernican heliocentric one, which was rather less precise and more complex then Ptolemy’s. Again, it was asserted that the De Revolutionibus Orbium Coelestium Libri VI (Six Books on the Revolutions of Heavenly Spheres) was an obscure book, permeated by an obsession with uniform circular motion, and that it had given very little to that deep intellectual transformation known as the Copernican Revolution. Moreover, Copernicus tried establish the motion of the Earth by metaphysical considerations without a scientific basis. The conclusion was that the only credit due to Copernicus was that he revived the heliocentric theory of Aristarchus of Samos, which had been stated eighteen centuries before him, and without which Newton’s theory of gravitation could hardly have been developed. That article’s effect on me was to demolish in a few minutes the man I had considered since my childhood as one of the heroes of astronomy. My university education would only confirm that opinion. It was only many years later that I had the opportunity to rediscover Copernicus in all his giant stature. In fact, while adjusting the devices for the planets in the projector of the Planetarium, I suddenly recognized the reasoning that led Copernicus to believe in a moving Earth. The deep emotion I felt moved me to read Copernicus’s book, where I found a full confirmation of my conviction. From then on I periodically inserted a public lecture about this argument in the schedule of Planetarium activities. Further reading strengthened my opinion that, paradoxically, Ernst Mach’s modern view about the meaning of inertia, by focusing the attention on the relativity of motion, had obscured the deepest aspects of Copernican innovation. contributo di Copernico allo sviluppo della scienza moderna. In quell’articolo si affermava che l’astronomo polacco aveva soltanto scelto un sistema di riferimento rispetto al quale i moti planetari risultavano più semplici ma che, alla luce della teoria della relatività generale di Einstein, il punto di vista geocentrico di Tolomeo era altrettanto lecito di quello eliocentrico di Copernico, che era addirittura meno preciso e più complesso di quello tolemaico. Nell’articolo si affermava poi che il De revolutionibus orbium coelestium libri VI (Sei libri sulle rivoluzioni delle sfere celesti) era un’opera oscura, permeata dall’ossessione del moto circolare uniforme, e che ben poco aveva contribuito a quella profonda trasformazione intellettuale nota come rivoluzione copernicana. Inoltre Copernico aveva tentato di dimostrare il moto della Terra aggrappandosi a considerazioni di carattere metafisico, che nulla avevano di scientifico. La conclusione era che l’unico vero merito di Copernico consisteva nell’aver riproposto quella teoria eliocentrica che Aristarco di Samo aveva già esposto ben 18 secoli prima di lui e senza la quale non si sarebbe potuta sviluppare la teoria della gravitazione di Newton. Quell’articolo ebbe su di me l’effetto di demolire in pochi minuti quello che consideravo fin dall’infanzia uno degli eroi dell’astronomia. In seguito gli studi universitari confermarono sostanzialmente quel giudizio. Fu solo diversi anni dopo che ebbi modo di ritrovare Copernico in tutta la sua gigantesca figura. Infatti, nel registrare i dispositivi dei pianeti del proiettore del planetario, ebbi improvvisamente la certezza di aver riscoperto il motivo che portò Copernico a credere al moto della Terra. La profonda emozione provata mi spinse a leggere l’opera di Copernico, dove trovai piena conferma del mio convincimento. Da allora ho inserito periodicamente nel calendario del Planetario una conferenza pubblica sull’argomento. Le ulteriori letture hanno poi sempre più rafforzato la mia convinzione che, paradossalmente, le moderne vedute di Mach sull’inerzia, focalizzando interamente l’attenzione sulla relatività del moto, hanno finito con l’oscurare gli aspetti più profondi dell’innovazione copernicana. Copernicus Rediscovered Copernico ritrovato Probably it suddenly flashed on him that perhaps each of the deferents of the two inner planets and the epicycles of the three other ones simply represented an orbit passed over by the Earth in a year, and not by the sun! --J.L.E. Dreyer Forse gli balenò d’un tratto alla mente che i deferenti dei due pianeti interni e gli epicicli dei tre pianeti esterni potessero rappresentare semplicemente un’orbita percorsa in un anno dalla Terra, e non dal Sole! J.L.E. Drayer The projector of a planetarium is substantially a Ptolemaic machine that simulates more or less accurately the motion of the celestial bodies as seen by an Earth observer. In particular, the apparent paths of the planets on the Celestial Sphere, with their periodic retrograde motions (Fig.1), are obtained by means of mechanisms that reproduce the geometrical devices invented by the astronomers of antiquity. The Zeiss ZKP2 projector of the Civic Planetarium of Modena simulates the motion of the planets by means of Il proiettore di un planetario è sostanzialmente una macchina tolemaica che riproduce più o meno fedelmente i moti dei corpi celesti così come vengono visti da un osservatore terrestre. In particolare i moti apparenti dei pianeti sulla sfera celeste, con le loro periodiche retrogradazioni (fig.1), vengono realizzati mediante meccanismi che ricalcano i dispositivi geometrici escogitati dagli astronomi dell’antichità. Il proiettore Zeiss ZKP2 del Civico Planetario di Modena riproduce i moti dei pianeti mediante il sistema -2- the deferent-epicycle device, attributed to Apollonius of Perga (220–160 BC). The planet moves along a minor circle, the epicycle, whose centre in turn moves along a major circle, the deferent, centred on the Earth (Fig.2). Having fixed in an appropriate manner the ratio between the radii of the two circles and their angular speeds, it is possible to reproduce the motions of the planets with their loops along the zodiac. In the case of the Planetarium, the deferent-epicycle device is made with two wheels moved by means of gears and a little projector that remains aligned in the Earth-planet direction (Fig.3). Actually the plane of the epicycle is offset from the plane of the deferent, so as to reproduce the planet’s deviations with respect to the ecliptic. epiciclo-deferente, attribuito ad Apollonio da Perga (220160 a.C). Il pianeta ruota lungo la circonferenza di un cerchio minore, l’epiciclo, il cui centro a sua volta ruota lungo la circonferenza di un cerchio maggiore, il deferente, centrato nella Terra (fig.2). Fissando in modo opportuno il rapporto tra i raggi dei cerchi e le loro velocità angolari è possibile riprodurre i moti dei pianeti lungo lo zodiaco con le loro retrogradazioni. Nel caso del Planetario il sistema epiciclo-deferente è realizzato materialmente da due ruote, mosse mediante ingranaggi, e un piccolo proiettore che rimane allineato con la direzione Terra-Pianeta (fig.3). In realtà il piano dell’epiciclo non coincide con quello del deferente, in modo da riprodurre le deviazioni rispetto all’eclittica. Figure1. Most of the time an Earth observer sees the planets moving eastward with respect to the fixed stars. But sometimes a planet becomes stationary and then moves backward for a few days, tracing a loop on the starry sky. Here Mars describes its last loop in Aquarius in the Summer 2003. At the top of the loop Mars reached the maximum retrograde speed and its brightness was the highest, as always happens for all outer planets. fig. 1. Un osservatore terrestre vede i pianeti muoversi per la maggior parte del tempo verso est rispetto allo sfondo delle stelle fisse. Periodicamente però essi diventano stazionari e percorrono un breve tratto all’indietro descrivendo un cappio tra le stelle. La figura mostra il cammino di Marte nella costellazione dell’Acquario nell’estate del 2003. Al culmine del cappio, Marte, come tutti i pianeti esterni, raggiunge la massima velocità retrograda e il massimo della luminosità. Figure 2. The device deferent-epicycle, attributed to Apollonius of Perga, enable us to explain in rough approximation the retrograde motions of the planets. In the Ptolemaic system the Earth is not situated in the centre of the deferent; moreover, the centre of the epicycle does not move at uniform angular speed around the Earth, but around an eccentric point called punctum aequantis or, simply, equant. This allowed Ptolemy to give a good approximation of the true elliptic motions later described by Kepler. fig. 2. Il dispositivo epiciclo-deferente, attribuito ad Apollonio di Perga, consente di spiegare in prima approssimazione le retrogradazioni planetarie. Nel sistema tolemaico la Terra non si trova al cento del deferente e il centro dell’epiciclo non si muove di moto circolare uniforme rispetto alla Terra, ma rispetto ad un punto eccentrico detto punto equante. Ciò consentiva a Tolomeo di approssimare il moto ellittico descritto poi da Keplero. -3- Figure 3. In the Zeiss ZKP2 projector the apparent motion of the planets is realized by means of the deferent-epicycle device. The image of the planet is displayed on the dome of the Planetarium by means of a little projector that remains aligned with the earthplanet direction. In the geometrical model for explaining the variations in latitude of the planet, the plane of the epicycle does not coincide with that of the deferent. This is obtained by tilting the projector with respect to the plane of the deferent; by turning the epicycle thus, the planet describes an ellipse on the dome instead of a segment. But the adjustment of this device is not a problem. It is sufficient to arrange that the ellipse degenerates into a segment when the planet is at one node of its orbit, that is, on the plane of the ecliptic. (Photo by Mr. Mauro Di Savoia) fig. 3 – Nel proiettore Zeiss ZKP2 il moto apparente dei pianeti è realizzato mediante il sistema epiciclo-deferente. L’immagine del pianeta viene visualizzata sulla cupola mediante un piccolo proiettore che rimane allineato con la direzione Terra-Pianeta. Nel modello geometrico, per spiegare le variazioni di latitudine del pianeta, il piano dell’epiciclo non coincide con quello del deferente. Ciò viene realizzato inclinando il proiettore rispetto al piano del deferente. Dunque, facendo ruotare l’epiciclo il pianeta descrive quindi sulla cupola un’ellisse e non un segmento. La regolazione del dispositivo non presenta però particolari problemi essendo sufficiente fare in modo che l’ellisse degeneri in un segmento in corrispondenza delle date in cui il pianeta si trova in un nodo dell’orbita, e cioè sul piano dell’eclittica. (Fotografia del sig. Mauro Di Savoia) Figure 4. The device of the homocentric spheres of Eudoxus requires four spheres for each planet. The outermost two spheres produce the diurnal motion and the annual motion along the zodiac, while the two innermost spheres produces the loops. The planet is situated on the inner sphere and so it is always at the same distance from the earth, in contrast with the observed variations in brightness. fig. 4 – Il sistema delle sfere omocentriche di Eudosso richiede quattro sfere per ogni pianeta, centrate nella Terra. Le due sfere più esterne generano il moto diurno e quello medio annuo lungo lo zodiaco. Le due sfere più interne generano invece il cappio. Il pianeta è situato sulla superficie della sfera più interna e viene così a trovarsi sempre alla stessa distanza dalla Terra, in apparente contraddizione con le variazioni di luminosità osservabili. -4- Historically, the deferent-epicycle device superseded that of the homocentric spheres introduced by Eudoxus of Cnidus in the fourth century BC, which had the defect of not being able to account for the variations in brightness of the planets (Fig.4). The projector of the Planetarium does not reproduce these variations in brightness, and it uses the deferent-epicycle device only because of its greater simplicity. In December 1990, during my first year as a teacher at the Civic Planetarium “Francesco Martino” of Modena, while preparing a public lecture, I realized that the planets were in completely wrong positions, probably because of an electric wire caught on a mechanical device. It was urgently necessary to adjust the wheelworks of the projector, an operation usually carried out by trained engineers during the periodic overhaul of the instrument. Nobody among the staff of the Planetarium had never made such an adjustment and in the handbook of the projector it was peremptorily recommended that one not touch the mechanisms projecting the planets. Fortunately at the Planetarium we had at our disposal a very skilful technician, Mr Luciano Gibertoni, who was able to put his hand to any mechanical device, but the problem of how to position the many gears remained. He expected instructions from me. My problem was to understand which planetary configurations corresponded to particular configurations of the deferent-epicycle device and at which dates. At first I sought help from an astronomy book, but not having much time to delve into this matter I decided to approach the problem directly with pen and paper. It seemed to me that the most obvious idea was to start from the Copernican system with circular orbits centred on the sun and then relate the motions to the Earth, passing thus to a geocentric system. I jokingly called this operation “Ptolemaic Involution,” that is, a reversed Copernican Revolution! The first result I obtained was that, referring their motions to the Earth, Mercury and Venus describe circular orbits around the sun while it turns around the Earth. We have so obtained a deferent-epicycle device where the deferent is the orbit of the sun around the Earth, i.e., the orbit of the Earth around the sun, and the epicycle is the orbit of the planet around the sun (Fig.5). Hence, in relation to the centre of the epicycle, the extreme eastward and westward positions of the planets had to correspond to the dates of maximum elongation (Fig.6). Storicamente il modello epiciclo-deferente soppiantò quello delle sfere omocentriche introdotto da Eudosso di Cnido del IV secolo a.C., che aveva il difetto di non riuscire a spiegare le variazioni di luminosità dei pianeti (fig.4). Il proiettore del Planetario non riproduce queste variazioni di luminosità e fa uso del sistema epiciclodeferente esclusivamente per la sua maggiore semplicità. Nel dicembre del 1990, mio primo anno di insegnamento al Civico Planetario “Francesco Martino” di Modena, durante la preparazione di una conferenza pubblica, mi accorsi che i pianeti si trovavano in posizioni del tutto errate, probabilmente a causa di un filo elettrico che era rimasto impigliato a un dispositivo meccanico. Occorreva registrare urgentemente i rotismi del proiettore, operazione solitamente svolta da tecnici specializzati in occasione della revisione periodica dello strumento. Nessuno del personale del Planetario aveva mai effettuato tale operazione e nel manuale del proiettore si raccomandava caldamente di non andare attorno ai rotismi dei pianeti. Fortunatamente al Planetario disponevamo di un abilissimo tecnico, il signor Luciano Gibertoni, in grado di mettere le mani su qualsiasi dispositivo meccanico, ma restava il problema di come posizionare i numerosi rotismi. Egli si aspettava da me istruzioni in proposito. Il mio problema era quello di capire a quali configurazioni planetarie, e quindi a quali date, far corrispondere opportune configurazioni notevoli del sistema epiciclodeferente. Sulle prime cercai aiuto in qualche testo di astronomia, ma avendo a disposizione troppo poco tempo per approfondire l’argomento, decisi di affrontare direttamente il problema con carta e matita. L’idea più ovvia mi parve quella di partire dal sistema copernicano con orbite circolari centrate nel Sole e riferire poi i moti alla Terra, passando così a un sistema geocentrico, operazione che chiamai scherzosamente “involuzione tolemaica”, cioè una rivoluzione copernicana alla rovescio! Il primo risultato immediato che ottenni fu che, riferendo i moti alla Terra, Mercurio e Venere descrivono un’orbita circolare intorno al Sole mentre questo orbita intorno alla Terra. Si ottiene così un sistema epiciclodeferente in cui il deferente è l’orbita della Terra, mentre l’epiciclo è l’orbita del pianeta (fig.5). In relazione al centro dell’epiciclo, le posizioni estreme a oriente e a occidente raggiunte dal pianeta dovevano quindi corrispondere alle date di massima elongazione (fig.6). Figure 5. Referring the motion of an inner planet to the earth, we obtain a deferent-epicycle device in which the deferent is the orbit of the earth while the epicycle is the orbit of the planet. fig. 5 – Riferendo alla Terra il moto di un pianeta interno, si ottiene un sistema epiciclo deferente in cui il deferente è l’orbita della Terra mentre l’epiciclo è l’orbita del pianeta. -5- Figure 6. For inner planets, the extreme positions on the epicycle corresponds to the maximum elongations. fig. 6 – Per i pianeti interni, le posizioni estreme sull’epiciclo corrispondono alle massime elongazioni. Figure 7. Referring the motion of an outer planet to the Earth, we obtain again a deferent-epicycle device, but this time the deferent is the orbit of the planet while the epicycle is the orbit of the Earth. fig.7 – Riferendo alla Terra il moto di un pianeta esterno, si ottiene ancora un sistema epiciclo deferente, ma questa volta il deferente è l’orbita del pianeta, mentre l’epiciclo è l’orbita della Terra. Figure 8. An extreme position of an outer planet on the epicycle corresponds to the quadrature. fig.8 – Le posizioni estreme di un pianeta esterno sull’epiciclo corrispondono alle quadrature. Less clear was the case of outer planets, because they have nothing similar to the maximum elongations of inner planets: they may be at any angular distance from the sun. Unable to thrash out the problem, I decided to go on in the same way followed with the inner planets. The problem was that considering an outer planet and referring its motion to the Earth, I obtained a deferentepicycle system, of course, but with an epicycle much Meno chiaro si presentò subito il caso dei pianeti esterni. Essi infatti non hanno nulla di simile alle elongazioni massime dei pianeti interni, perché possono venire a trovarsi in qualsiasi posizione rispetto al Sole. Non venendo a capo di nulla, decisi di proseguire sulla stessa strada usata per i pianeti interni. Considerando un pianeta esterno e riferendo il suo moto alla Terra si otteneva sì un sistema epiciclo-deferente, ma con -6- larger than the deferent, in contrast with the device of Apollonius and with that of the projector! How could this lead to a little epicycle? Stopping the planet in its orbit around the sun and moving the sun around the Earth, now the planet described a circle as large as the orbit of the Earth, as if it were moved by a pantograph! The centre of that circle was situated at a distance from the Earth equal to the radius of the orbit of the planet around the sun. Referring to Fig.7, the “pantograph” consists of the parallelogram whose vertices are the Earth E, the sun S, the outer planet P, and the point C opposite to S. If we move S around E then P describes a circle around C having the same radius as the Earth’s orbit. On the other hand, if we move P around S, then C describes a circle around E with the radius of the orbit of the planet around the sun. Hence, referring to the Earth the motion of an outer planet, we obtain a deferent-epicycle system whose deferent is the orbit of the planet around the sun and whose epicycle is the orbit of the Earth around the sun. In other words, passing from inner to outer planets, the roles of the deferent and the epicycle are swapped. At this point it was easy for me to deduce that to the extreme positions of the planet on the epicycle there corresponded the so called quadrature, that is, the configurations in which the longitudes of the planet and of the sun differ by a right angle (Fig.8). Absorbed in keeping a close eye on the work of the technician, who was following my instructions, I did not think any more about this problem. After the successful adjustment of the instrument, I looked back on the way I had gone and I realized that the geocentric system obtained by referring the motions of the planets to the Earth was not the Ptolemaic one at all! In the Ptolemaic system, in the approximation of the deferent-epicycle model, the deferents of Mercury and Venus do not coincide with the orbit of the sun, that is, they do not have the same size as the Earth’s orbit. Similarly the epicycles of what we call the outer planets do not have that radius (Fig.9). If starting from the Copernican system and referring the motions to the Earth we do not obtain the Ptolemaic system, it must be, conversely, that starting from the Ptolemaic system and referring the motions to the sun we would not obtain the Copernican System! This is the crucial fact: for passing from the Ptolemaic to the Copernican system, we need first to apply a dilatation centred on the Earth to each deferent-epicycle device so that the deferent of Mercury and Venus and the epicycles of Mars, Jupiter, and Saturn come to the same size: that of the Earth’s orbit. In this case and only in this case, referring all the motions to the sun, each planet (not the Earth only) describes a circular orbit. It is by this requirement that the order of the planets and the relative sizes of their orbits are completely given! Without this, the deferent-epicycle devices, and more generally all the Ptolemaic devices like equants and eccentrics, only “save appearances” and then predict the positions of the planets on the celestial sphere, not their positions in space; they can be shrunk or expanded at will without affecting their predictive strength (Fig.10). Therefore the Copernican system, when compared to the Ptolemaic one, ranked on a clearly different plane. It l’epiciclo molto più grande del deferente, contrariamente al modello di Apollonio e ai dispositivi del proiettore. Da dove proveniva allora il piccolo epiciclo? Provando a tenere immobile il pianeta nella sua orbita intorno al Sole e muovendo invece il Sole intorno alla Terra ecco che il pianeta descriveva un cerchio grande come l’orbita della Terra, come se fosse mosso mediante un pantografo! Il centro di quel cerchio si trovava poi a una distanza dalla Terra pari alla distanza del pianeta dal Sole. Facendo riferimento alla fig.7, il “pantografo” consiste nel parallelogramma avente per vertici la Terra T, il Sole S, il pianeta esterno P e il vertice C opposto a S. Se facciamo ruotare S intorno a T ecco che P descrive intorno a C un cerchio uguale all’orbita della Terra. Se invece facciamo ruotare P intorno a S ecco che C descrive intorno a T un cerchio uguale all’orbita del pianeta intorno al Sole. Dunque, riferendo alla Terra il moto di un pianeta esterno, si ottiene un sistema epiciclo-deferente in cui il deferente è grande come l’orbita del pianeta intorno al Sole, mentre l’epiciclo è l’orbita della Terra intorno al Sole. In altre parole, per i pianeti esterni i ruoli del deferente e dell’epiciclo risultano scambiati. A questo punto mi fu facile dedurre che alle posizioni estreme sull’epiciclo corrispondevano le cosiddette quadrature, cioè le configurazioni in cui le longitudini del e del Sole differiscono di un angolo retto (fig.8). Concentrato nel seguire il tecnico che eseguiva le operazioni da me indicate, non pensai ad altro. Terminata con successo la regolazione dello strumento ebbi occasione di ripensare al percorso logico seguito e mi apparve immediatamente chiaro che il sistema geocentrico così ottenuto non era affatto quello tolemaico! Nel sistema tolemaico, nell’approssimazione del modello epiciclo-deferente, i deferenti di Mercurio e Venere non coincidono affatto col l’orbita del Sole, cioè non sono grandi come l’orbita della Terra, e nemmeno gli epicicli di Marte, Giove e Saturno hanno quella stessa dimensione (fig.9). Se, trasferendo il centro del sistema di riferimento dal Sole alla Terra, non si passava dal sistema copernicano a quello tolemaico, allora doveva essere vero anche il viceversa, e cioè che partendo dal sistema tolemaico e riferendo i moti planetari al Sole non si sarebbe affatto ottenuto il sistema copernicano! Ecco dunque il risultato più clamoroso: per passare dal sistema tolemaico a quello copernicano occorre prima applicare un’omotetia di centro la Terra a ciascun sistema epiciclo-deferente in modo tale che i deferenti di Mercurio e Venere e gli epicicli di Marte, Giove e Saturno diventino grandi come l’orbita del Sole. Solo a quel punto, riferendo i moti al Sole, tutti i pianeti, e non solo la Terra, descrivono orbite circolari. Ma questo significa che l’ordine e le proporzioni delle orbite planetarie risultano completamente determinati! Senza questa operazione i sistemi epiciclo-deferente, e più in generale di tutti i dispositivi geometrici tolemaici come gli equanti e gli eccentrici, servono al solo scopo di “salvare le apparenze” e cioè di prevedere le posizioni dei pianeti sullo sfondo del cielo stellato e non per determinare la loro posizione nello spazio; essi possono essere compressi o dilatati a piacere senza influenzare la loro capacità predittiva (fig.10). Ecco allora che il sistema di Copernico si collocava su -7- even allowed one to predict, starting from angular measures only, the distances of the planets from the sun in terms of the Earth-Sun distance, or, as we now say, in astronomical units! The supposed equivalence between the Copernican and the Ptolemaic theories did not hold. The Copernican theory was not only simpler, it predicted more. un piano nettamente diverso rispetto a quello tolemaico, consentendo addirittura di prevedere, a partire da sole misure angolari, le distanze dei pianeti dal Sole misurate in raggi dell’orbita terrestre o, come diremmo ora, in unità astronomiche! Non era quindi vera l’affermazione che la teoria copernicana e quella tolemaica dovevano considerarsi equivalenti. La teoria copernicana non era soltanto più semplice, ma realmente superiore in quanto più predittiva. Figure 9. In the Ptolemaic System the deferent of the inner planets does not coincide with the orbit of the sun, but the centres of their epicycles are mysteriously forced to remain aligned with the sun. Similarly, the epicycles of the outer planets does not have the same size as the sun’s orbit; another mysterious fact is that the line joining the centre of the epicycle to the planet is always parallel to the Earth-Sun direction. Applying one by one the appropriate dilatations centred on the Earth at each deferent-epicycle device, it is possible to bring the centres of the epicycles of the inner planets into coincidence with the sun, and the first Ptolemaic restriction vanishes. Moreover it is possible to make the segments joining the centres of the epicycles to the planets assume the Earth-Sun distance and, as the construction by means of the pantograph shows, arrange them so that they turn around the sun. Thus the second Ptolemaic restriction fades away too. It follows that non only the order of the planets but also the sizes of their orbits come out completely determined in terms of the Earth-Sun distance. fig.9 – Nel sistema tolemaico i deferenti dei pianeti interni non coincidono col l’orbita del Sole, ma i centri dei loro epicicli sono misteriosamente vincolati a rimanere allineati col Sole. Similmente gli epicicli dei pianeti esterni non hanno le dimensioni dell’orbita del Sole e, altro fatto misterioso, le congiungenti i centri degli epicicli coi rispettivi pianeti si mantengono sempre parallele alla direzione Terra-Sole. Applicando separatamente opportune omotetie di centro la Terra a ciascun sistema epiciclo-deferente è possibile portare i centri degli epicicli dei pianeti interni a coincidere col Sole facendo svanire il primo vincolo tolemaico. Inoltre è possibile fare in modo che le congiungenti i centri degli epicicli dei pianeti esterni assumano le stesse dimensioni della distanza Terra-Sole e, come dimostra la costruzione col pantografo, fare così in modo che essi ruotino intorno al Sole facendo così svanire anche il secondo misterioso vincolo tolemaico. Ne segue che non solo l’ordine dei pianeti intorno al sole, ma anche le dimensioni delle loro orbite risultano completamente determinate in termini della distanza Terra-Sole. I could sense that the emotion I felt for my personal rediscovery had to be only the millionth part of that which the young Copernicus felt with his original discovery, and that it would have strongly influenced the rest of his life. Hence I began to read books on the history of astronomy, where I learned right away that I had simply rediscovered the wheel in my geometrical constructions showing the equivalence of the deferent-epicycle devices centred on Earth with the circular orbits about the sun Non ebbi il minimo dubbio che quello doveva essere stato il vero movente di Copernico e che l’emozione che avevo provato per quella mia personale riscoperta, fatta col senno di poi, era soltanto la milionesima parte dell’emozione che doveva aver provato il giovane Copernico e che avrebbe poi segnato l’intera sua vita. Mi misi dunque a leggere alcuni testi di storia dell’astronomia dove, per prima cosa, imparai di aver semplicemente scoperto l’acqua calda con le mie -8- (including the “pantograph” used for the outer planets). But in most books I did not find any mention of the fact that the Copernican System set up the order and the proportions of the entire planetary system. On the other hand, in some books this aspect was treated directly in the heliocentric system, but even there was considered, as a secondary aspect and never as the real motive of Copernicus’s belief in the motion of the Earth. Only in Dreyer’s book A History of Astronomy from Thales to Kepler did I find an explicit statement that it was the intuition of identifying the deferent of inner planets and the epicycles of outer ones with the orbit of the Earth that was the real motive of Copernicus. costruzioni geometriche per mostrare l’equivalenza dei sistemi epiciclo-deferente centrati nella Terra con le orbite circolari intorno al Sole (compresa la costruzione col “pantografo” usata per i pianeti esterni). Nella maggior parte dei libri consultati non trovai però il minimo accenno al fatto che il sistema copernicano stabiliva l’ordine e le proporzioni dell’intero sistema planetario. In alcuni invece questo aspetto veniva mostrato direttamente sul modello eliocentrico, ma considerato in ogni caso un fatto marginale e mai il vero movente della fede copernicana nel sistema eliocentrico. Solo in Dreyer ho trovato un’affermazione esplicita sul fatto che l’intuizione di identificare i deferenti dei pianeti interni e gli epicicli dei pianeti esterni con l’orbita della Terra possa essere stata il vero movente di Copernico. Figure 10. Applying a dilatation to the deferent-epicycle device does not alter the direction in which a planet will be seen. fig.10 – Applicando un’omotetia al sistema epiciclo-deferente non si altera la sua possibilità di prevedere la direzione in cui un pianeta risulterà visibile. After the phrase quoted at the beginning of this section, Dreyer says, Dopo la frase citata all’inizio di questa sezione Drayer continua: His emotion on finding that this assumption would really “save the phenomena”, as the ancients had called it, that it would explain why Mercury and Venus always kept near the sun and why all the planets annually showed such strange irregularities in their motions, his emotion on finding this clear and beautifully simple solution of the ancient mystery, must have been as great as that which long after overcame Newton when he discovered the law of universal gravitation. But Copernicus is silent on this point. La sua emozione nell’accorgersi che questa ipotesi avrebbe realmente “salvato i fenomeni”, come dicevano gli antichi, che essa avrebbe spiegato come mai Mercurio e Venere non si allontanino mai dal Sole e perché tutti gli altri pianeti presentano tante strane irregolarità nel loro moto annuo, la sua emozione nel trovare questa soluzione chiara e meravigliosamente semplice dell’antico mistero, dev’essere stata tanto grande come quella di Newton quando, molto più tardi, scoprì la legge della gravitazione universale. Ma Copernico tace su questo punto. But Dreyer does not refer until later in the book to the discovery of the fact that the heliocentric theory enables one to infer the order of the planets and the proportions of Dreyer però non include nella motivazione la scoperta del fatto che la teoria eliocentrica definisce in modo -9- their orbits. Says Dreyer 26 pages later, univoco l’ordine e le proporzioni del sistema planetario, fatto che egli considera poi in seguito. Scrive infatti dopo 26 pagine: In thus giving the relative dimensions of the whole system Copernicus scored heavily over Ptolemy, as no geocentric system can give the smallest clue to the distances of the planets, although, as we have seen, the actual distances (in terms of the sun’s distance) had in reality all along lain hidden in the ratio of the deferent-radius to epicycleradius found by Ptolemy. Determinando le dimensioni relative dell’intero sistema, Copernico superò di gran lunga Tolomeo, poiché nessun sistema geocentrico può dare la minima indicazione sulle distanze dei pianeti, benché, come abbiamo visto, le distanze reali (in termini della distanza dal Sole) siano in realtà sempre rimaste celate nel rapporto del raggio del deferente e del raggio dell’epiciclo trovato da Tolomeo. How much importance did Copernicus attribute to these facts? Was it the real motive or was it a fact discovered only later? There was only one way I might have to find an answer: read Copernicus! Quale peso Copernico aveva attribuito a questo fatto? Fu questo il vero movente oppure si trattò di un fatto scoperto successivamente? C’era un solo modo di sperare di trovare una risposta: leggere Copernico! Let Copernicus Speak La parola a Copernico Moreover, they have not been able to discover or to infer the chief point of all, i.e., the form of the world and the certain commensurability of its parts. --Nicolaus Copernicus E la cosa principale, ossia la forma del mondo e la certa simmetria delle sue parti, non poterono trovarla, né in tal modo ricostruirla. Nicolaus Copernicus Why did I not search for an immediate confirmation in Copernicus’s book? In the library of the Planetarium there was no unabridged edition of the De revolutionibus, but there was an edition containing only the first book, with parallel Latin text, preceded by the apocryphal foreword written by Andrew Osiander, the letter by cardinal Nicolaus Schönberg, and the Preface and Dedication to Pope Paul III. On the one hand, my memory was still fresh of the time some years before when, after hearing a lecture by the late professor Francesco Martino, I set out to read that book but stopped halfway through. I had found it terribly boring, and, perhaps because I was still influenced by that article read in my early youth, full of insufferable metaphysical arguments. It is incredible how different the book seemed to me after having adjusted the devices governing the planets in the projector of the Planetarium. This time I was looking for something particular, and I certainly did not expect to find it in forthright terms right in the first pages! In the Preface to Pope Paul III, Copernicus, after having told him of his fears in exhibiting his theory, goes straight on to expound what led him to argue for the motion of the Earth. Come mai non avevo provato a cercare subito conferma nel libro di Copernico? Nella biblioteca del Planetario non c’era un’edizione integrale del De revolutionibus, ma c’era comunque un’edizione contenente solo il primo libro, col il testo latino a fronte, preceduto dalla prefazione apocrifa di Osiander, la lettera del cardinale Nicola Schönberg e la prefazione di Copernico a papa Paolo III. Da una parte era ancora vivo il ricordo di quando, qualche anno prima, dopo aver ascoltato una lezione del compianto professor Francesco Martino, mi ero riproposto di leggere quel libro e non ero riuscito ad arrivare nemmeno a metà. Lo avevo infatti trovato terribilmente noioso e, forse ancora influenzato da quell’articolo letto nella mia giovinezza, pieno di insopportabili argomentazioni metafisiche. È incredibile quanto mi sia parso diverso lo stesso libro dopo aver effettuato la regolazione del dispositivo dei pianeti. Questa volta, cercavo qualcosa di ben preciso e non mi immaginavo certo che lo avrei trovato espresso in modo così esplicito fin dalle primissime pagine! Nella prefazione a Papa Paolo III Copernico, dopo aver confidato i suoi timori ad esporre la propria teoria, passa direttamente a raccontare cosa lo abbia spinto a sostenere il moto della Terra. I can reckon easily enough, Most Holy Father, that as soon as certain people learn that in these books of mine which I have written about the revolutions of the spheres of the world I attribute certain motions to the terrestrial globe, they will immediately shout to have me and my opinion hooted off the stage … But perhaps Your Holiness will not be so much surprised at my giving the results of my nocturnal study to the light – after having taken such care in working them out that I did not hesitate to put in Con sufficiente sicurezza posso pensare, Santissimo Padre, che non appena alcuni avranno appreso che in questi miei libri scritti sulle rivoluzioni delle sfere del mondo attribuisco al globo terrestre alcuni movimenti, subito proclameranno a gran voce che io devo essere messo al bando insieme con tale opinione … Ma forse la Tua Santità non si meraviglierà tanto che io ardisca dare in luce le mie riflessioni, dopo che mi assunsi per elaborarle tanto lavoro che non - 10 - writing my conceptions as to the movement of the Earth – as you will be eager to hear from me what came into my mind that in opposition to the general opinion of mathematicians and almost in opposition to common sense I should dare to imagine some movement of the Earth. And so I am unwilling to hide from Your Holiness that nothing except my knowledge that mathematicians have not agreed with one another in their researches moved me to think out a different scheme of drawing up the movements of the spheres of the world. dubitai di confidare anche per lettera i miei pensieri sul movimento della Terra, bensì si aspetterà soprattutto di udire da me come mai mi venne in mente di osare d’immaginare – contro l’opinione universalmente accolta dai matematici, e quasi contro il senso comune - qualche movimento della Terra. Così non voglio nascondere alla Tua Santità che nient’altro mi mosse a pensare a un altro modo di calcolare i movimenti delle sfere del mondo, se non che compresi che i matematici non sono fra loro stessi concordi nell’indagarli. Among the attempts made by his predecessors Copernicus mentions the homocentric spheres of Eudoxus, which had the defect of not explaining the variations in brightness of the planets (the phenomena), and Ptolemaic epicycles and eccentrics that had the defect of violating the platonic prescription to use only uniform circular motions. Tra i tentativi fatti dai suoi predecessori Copernico cita le sfere omocentriche di Eudosso, che hanno il difetto di non spiegare le variazioni di luminosità dei pianeti (i fenomeni), e gli epicicli e gli eccentrici tolemaici, colpevoli fra l’altro di contravvenire, con l’introduzione dell’equante, alla prescrizione platonica dell’uso esclusivo di moti circolari uniformi. For some make use of homocentric circles only, others of eccentric circles and epicycles, by means of which however they do not fully attain what they seek .For although those who have put their trust in homocentric circles have shown that various different movements can be composed of such circles, nevertheless they have not been able to establish anything for certain that would fully correspond to the phenomena. But even if those who have thought up eccentric circles seem to have been able for the most part to compute the apparent movement numerically by those means, they have in the meanwhile admitted a great deal which seems to contradict the first principles of regularity of movement. Alcuni, infatti, ricorrono solo a cerchi omocentrici, altri ad eccentrici e ad epicicli, con cui però, non conseguono appieno ciò che cercano. Perché coloro che confidano nei cerchi omocentrici, sebbene abbiano dimostrato di poter comporre con essi alcuni diversi movimenti, non hanno tuttavia potuto stabilire nulla di certo che risponda veramente ai fenomeni. Coloro, poi, che escogitarono gli eccentrici, quantunque sembrino avere calcolato esattamente, grazie ad essi, la maggior parte dei movimenti apparenti, hanno intanto ammesso, tuttavia, molte cose che sembrano contravvenire ai primi principi dell’uniformità dei movimenti. Reading the last words of this sentence I felt a bitter disappointment. The motive for Copernicus to advance his heliocentric theory seemed really to be that of removing the equant, as most scholars asserted. But unexpectedly, in the next sentence, a revelation! Leggendo le ultime parole di questa frase provai una cocente delusione. Il motivo che aveva spinto Copernico a sostenere la teoria eliocentrica sembrava davvero essere stato quello di voler eliminare l’equante, come sostenuto dalla maggior parte degli studiosi. Ma, inaspettatamente, nella frase successiva, ecco la rivelazione! Moreover, they have not been able to discover or to infer the chief point of all, i.e., the form of the world and the certain commensurability of its parts. But they are in exactly the same fix as someone taking from different places hands, feet, head, and the other limbs - shaped very beautifully but not with reference to one body and without correspondence to one another - so that such parts made up a monster rather than a man. (Fig.11). E la cosa principale, ossia la forma del mondo e la certa simmetria delle sue parti, non poterono trovarla, né in tal modo ricostruirla, ma accadde loro come a [un artista] che traesse da luoghi diversi mani, piedi, testa e altre membra, di per sé bellissime, ma non formate in funzione dello stesso corpo, e non corrispondentisi affatto fra loro, per comporre piuttosto un mostro che un uomo (fig.11). So, not a secondary detail, but … the chief point of all! The chief point of all, missed by Ptolemy, is the proportion existing among the parts of the whole cosmos. Maybe, Copernicus says, Ptolemy and his epigones have been able to invent a geometrical system more accurate than his, but the devices related to each planet can be shrunk or expanded at will and do not even allow them to determine the order of the planets. The Ptolemaic system is somewhat like a picture or a statue in which an artist Dunque, non un dettaglio secondario, ma … la cosa principale! La cosa principale, sfuggita ai tolemaici, è la proporzione che esiste tra le parti dell’intero cosmo. Forse, dice Copernico, Tolomeo e i suoi epigoni hanno saputo escogitare un sistema geometrico più preciso del suo, ma i dispositivi associati a ciascun pianeta possono essere dilatati o ristretti a piacere e non consentono nemmeno di stabilire l’ordine dei pianeti. Il sistema - 11 - was able to reproduce finely every part of a body but completely ignored their right proportions and so created a monster. The monster is not, as most scholars erroneously asserted, a system made up of too many circles and where not every motion is uniform. The monster is a universe out of proportion, in which there is not any relation among its individual parts. We can expand the deferent-epicycle device of Jupiter until it exceeds the orbit of Saturn and the Ptolemaic system will not be affected at all! Perhaps the heliocentric system of Copernicus is not as precise as Ptolemy’s; perhaps he is like an artist who has not been able to paint or to sculpt the limbs in such a beautiful manner, but his work is a well-proportioned body. Each part of the universe is related to the others. And this is the chief point of all that we are given to know about the cosmos. tolemaico è come un dipinto o una statua in cui un artista ha saputo riprodurre magnificamente ogni parte del corpo ignorando però le proporzioni e generando così un mostro. Il mostro non è, come molti studiosi hanno erroneamente sostenuto, un sistema composto da troppi cerchi e in cui i moti non sono tutti uniformi. Il mostro è un universo sproporzionato, in cui non c’è alcuna relazione tra le singole parti. Possiamo ingrandire il sistema epiciclo-deferente di Giove fino a portarlo oltre l’orbita di Saturno e il sistema tolemaico non ne risentirà in alcun modo! Il sistema eliocentrico di Copernico forse non è altrettanto preciso, forse egli è come un artista che non ha saputo dipingere o scolpire le singole membra in modo altrettanto meraviglioso, ma la sua opera è un corpo proporzionato. Ogni parte del cosmo è legata a ogni altra. E questa è la cosa principale che ci sia dato di conoscere del cosmo. Figure 11. “Rem quoque praecipuam, hoc est mundi formam ac partium eius certam symmetriam, non potuerunt invenire, vel ex illis colligere. Sed accidit eis perinde, ac si quis e diversis locis manus, pedes, caput, aliaque membra optime quidem, sed non unius corporis comparatione, depicta sumeret, nullatenus invicem sibi respondentibus, ut monstrum potius quam homo ex illis componeretur.” And some lines later, E qualche riga dopo: …and though what I am saying may be obscure right now, nevertheless it will become clearer in the proper place. Ciò che dico è forse oscuro, ma diventerà più chiaro a suo luogo. Strange that I no memory of having read that sentence! Copernicus asked the reader to study the following five books but, in my case, what I needed instead was to have to adjust the projector in the Planetarium. My emotion made me close the book, and I did not reopen it till the day after, when I would find other confirmations of the motives of Copernicus. In fact Copernicus goes on to describe the path that led him to his belief in the motion of the Earth. Non conservavo alcuna memoria di aver già letto quella frase! Copernico chiedeva al lettore di cimentarsi nei successivi libri ma, nel mio caso, ciò di cui avevo avuto bisogno era stato di regolare il proiettore del Planetario. Per l’emozione dovetti chiudere il libro, e non lo riaprii fino al giorno dopo, quando avrei trovato altre conferme sulla motivazione di Copernico. Copernico passa infatti a raccontare il percorso che lo ha portato a credere al moto della Terra. Perciò mi assunsi l’impresa di raccogliere i libri di tutti i filosofi, che potessi avere, al fine di indagare se mai qualcuno avesse opinato che i movimenti delle sfere del mondo fossero diversi da quelli che ammettono coloro che insegnano matematiche Wherefore I took the trouble to reread all the books by philosophers which I could get hold of, to see if any of them even supposed that the movements of the spheres of the world were - 12 - different from those laid down by those who taught mathematics in the schools …Therefore I also, having found occasion, began to meditate upon the mobility of the Earth … And so, having laid down the movements which I attribute to the Earth farther on in the work, I finally discovered by the help of long and numerous observations that if the movements of the other wandering stars are correlated with the circular movement of the Earth, and if the movements are computed in accordance with the revolution of each planet, not only do all their phenomena follow from that but also this correlation binds together so closely the order and the magnitudes of all the planets and of their spheres or orbital circles and the heavens themselves that nothing can be shifted around in any part of them without disrupting the remaining parts and the universe as a whole. nelle scuole …Di qui, dunque, imbattutomi in questa opportunità, presi anch’io a pensare alla mobilità della Terra … Pertanto, supposti i movimenti che più avanti nella mia opera attribuisco alla Terra, trovai finalmente, dopo molte e lunghe osservazioni che se si rapportavano alla circolazione della Terra i movimenti delle altre stelle e si calcolavano per la rivoluzione di ogni stella, non solo ne conseguivano i fenomeni di esse, ma anche gli ordini e le grandezze delle stelle e di tutti gli orbi, e lo stesso cielo così si connette che in nessuna sua parte può trasporsi qualcosa senza che ne derivi confusione nelle altre parti e nella sua totalità. In this last sentence Copernicus openly claims that his heliocentric theory not only explains the phenomena (the retrogressions and the variations in brightness of the planets) but, moreover, determines the order and the sizes of the planetary orbits. Contrary to the Ptolemaic system, in his system it is sufficient to fix a single distance to determine all the other distances. At the end of chapter IX of the first book, dedicated to the three motions of the Earth, Copernicus comes back again to that issue: For if the annual revolution were changed from being solar to being terrestrial, and immobility were granted to the sun, the rising and setting of the signs and of the fixed stars – whereby they become morning or evening stars – will appear in the same way; and it will be seen that the stoppings, retrogressions, and progressions of the wandering stars are not their own but are movement of the Earth and that they borrow the appearances of this movement. Lastly, the sun will be regarded as occupying the centre of the world. And the ratio of the order in which these bodies succeed one another and the harmony of the whole world teaches us their truth, if only – as they say – we would look at the thing with both eyes. In chapter X, dedicated solely to the order of the heavenly spheres, Copernicus drops a hint about the origin of his idea. If it is true that a geocentric system does not allow us to fix the order of the planets, we cannot be other than surprised at the fact that the order that we find in the Ptolemaic system is for the most part correct. For example, the most distant planet is Saturn, followed by Jupiter and Mars, whereas the nearest planet is the Moon. According to which criterion was the order determined? Copernicus says: We see that the ancient philosophers wished to take the order of the planets according to the magnitude of their revolutions, for the reason that among things which are moved with equal speed In quest’ultima frase Copernico afferma apertamente che la sua teoria eliocentrica non solo spiega i fenomeni (le variazioni di luminosità e le retrogradazioni dei pianeti) ma, soprattutto, stabilisce l’ordine e la grandezza delle orbite planetarie. Contrariamente al sistema tolemaico, nel suo sistema basta fissare una sola distanza perché anche tutte le altre risultino completamente stabilite. Alla fine del IX capitolo del primo libro, dedicato ai moti della Terra, Copernico ritorna ancora sulla questione: Giacché se [il movimento] venisse trasferito dal Sole alla Terra, attribuendo l’immobilità al Sole, il sorgere e il tramontare dei segni e delle stelle fisse, con cui esse diventano mattutine e vespertine, apparirebbero nello stesso modo, e si vedrebbe che anche le stazioni, recessioni e progressioni dei pianeti sono movimenti non loro, ma della Terra, che vengono riflessi da ciò che in essi appare. Si penserà finalmente che proprio il Sole occupa il centro del mondo; e tutte queste cose ci vengono insegnate dall’ordine con cui esse si succedono vicendevolmente, e dall’armonia dell’intero mondo, purché guardiamo la questione – come si suol dire – con ambedue gli occhi. Nel X capitolo, dedicato proprio all’ordine delle sfere celesti, Copernico ci lascia intuire l’origine della sua idea. Se è vero che un sistema geocentrico non ci consente di stabilire in alcun modo l’ordine dei pianeti non possiamo che rimanere stupiti dal fatto che l’ordine che troviamo nel sistema Tolemaico è in buona parte corretto. Per esempio il pianeta più lontano è Saturno, seguito da Giove e Marte, mentre il più vicino è la Luna. In base a quale criterio fu stabilito questo ordine? Dice Copernico: Riguardo all’ordine dei pianeti, poi, vediamo che gli antichi filosofi vollero stabilirlo secondo la grandezza delle loro rivoluzioni, per la ragione che, delle cose trasportate con eguale velocità, quelle che sono più distanti sembrano muoversi più lentamente. Dunque, nel sistema geocentrico l’ordine dei pianeti veniva stabilito in base ad una ipotesi aggiuntiva e cioè - 13 - those which are the more distant seem to be borne along more slowly. So, in the geocentric system the order of the planets was determined according to an additional hypothesis, that is, the greater the synodic period, the greater the distance from earth. Saturn, which takes nearly thirty years in completing a turn around the zodiac, had to be the most distant planet, whereas the Moon, which goes around the zodiac in a little more than 27 days, was the nearest. There is an analogy with runners placed in different lanes on a track. The runner in the outer lane takes more time to complete the course because he must cover a longer path (in the case of the planets the outer is also the slowest). che a periodo sinodico maggiore corrispondesse distanza maggiore. Saturno, che impiega quasi trent’anni a fare un giro dello zodiaco, doveva allora essere il pianeta più lontano, mentre la Luna, che percorre lo zodiaco in poco più di 27 giorni, il più vicino. L’analogia è quella di corridori situati in piste diverse. Quello sulla pista più esterna impiega più tempo a percorrere il circuito perché deve coprire una distanza maggiore (nel caso dei pianeti in realtà il più esterno è anche il più lento!). Figure 12. If the earth and the planets were running around the sun at the same speed, than an outer planet would be seen slowing down near opposition. fig.12 – Se la Terra e i pianeti orbitassero alla stessa velocità intorno al sole allora un pianeta esterno verrebbe visto dalla Terra rallentare nei pressi dell’opposizione. It must have been while speculating about this simple model that Aristarchus of Samos arrived at his heliocentric theory. He probably realized that a runner placed in a middle lane sees those in the outer lanes slowing down while he is overtaking them (Fig.12). Something similar happens with the inner runners. Moreover, if we suppose, in analogy with a vortex, that outer runners are slower, it is possible that they are even seen retrogressing against the background of the stadium. This is the usual explanation given to show how the Copernican theory gives an account of planetary regressions (Fig.13). But Copernicus claims much more than this. He states that he has determined the proportions of the planetary orbits. Deve essere stato meditando su questo semplice modello che Aristarco di Samo è approdato all’eliocentrismo. Si deve essere accorto che un corridore situato in una pista intermedia vede quelli delle piste più esterne rallentare quando è in fase di sorpasso (fig.12). Un fenomeno analogo succede riguardo ai corridori più interni. Supponendo poi, in analogia con un vortice, che i corridori esterni siano anche via via più lenti è possibile fare in modo che essi siano visti addirittura indietreggiare sullo sfondo della folla sugli spalti dello stadio. Si tratta della spiegazione che di solito viene data per mostrare come la teoria copernicana renda conto delle retrogradazioni planetarie (fig.13). Ma Copernico afferma molto di più di questo. Egli afferma di aver stabilito le proporzioni delle orbite planetarie. - 14 - Figure 13. If, as in a vortex, the speed of the planets decreases with their distance from the sun, then outer planets would even be seen to go backwards when near opposition. fig.13 – Se, come in un vortice, la velocità dei pianeti decresce con la distanza dal sole allora i pianeti esterni vengono visti addirittura retrocedere in prossimità dell’opposizione. Had Aristarchus, from whom Copernicus certainly drew his inspiration, reached just the same awareness of the proportions of the cosmos as Copernicus had? I, for one, don’t think so, and for two reasons: The first reason is that it one may have an idea without necessarily developing its consequences . How many books shows the diagram of Figure 13 without mentioning the ratio of the orbits at all! And I am not speaking of books for children. About ten years ago I attended with a colleague of the Planetarium, Ester Cantini, a lecture of Lucio Russo on the problem of motion, addressed to high school students. On that occasion Russo, in the name of the relativity of motion, stated that the Copernican and Ptolemaic systems were essentially equivalent. When I observed that the Copernican system, unlike the Ptolemaic one, fixed the order and the proportion of the planetary orbits, he remained for a moment perplexed, then reaffirmed his previous assertion about the equivalence of the two systems. I decided that if a major consequence of the heliocentric system could be unclear to a modern mathematician and expert of Greek science, we should hesitate to assume that Aristarchus was aware of it, when historical documents are lacking. In Russo’s book The forgotten Revolution, he many times he goes beyond the documented facts and what we might logically infer from them, relying only on hindsight. For example, there is a deep connection between Fourier expansions and the possibility of adding more and more epicycles on epicycles to a deferent, but he attributes to Aristarco, a cui Copernico si è certamente ispirato, aveva già raggiunto le consapevolezze di Copernico sulle proporzioni del cosmo? Personalmente credo di no, e questo per almeno due ragioni. Una prima ragione è che non è affatto detto che chi ha avuto un’idea ne abbia necessariamente sviluppato tutte le possibili conseguenze. Quanti libri riportano il diagramma di fig.13 e non accennano minimamente ai rapporti delle orbite. E non parlo di libri per ragazzi. Una decina di anni fa assistetti con una mia collega del Planetario, la professoressa Ester Cantini, ad una conferenza di Lucio Russo sul problema del moto, rivolta agli studenti di scuola superiore. In quell’occasione Russo, in nome della relatività del moto, affermò la sostanziale equivalenza tra il sistema copernicano e quello tolemaico. Alla mia osservazione che il sistema copernicano, a differenza di quello tolemaico, stabiliva l’ordine e la proporzione delle orbite planetarie egli rimase un attimo perplesso per poi ribadire comunque l’equivalenza appena asserita. Il fatto che una clamorosa conseguenza del sistema eliocentrico possa sfuggire a un moderno matematico ed esperto della scienza greca dovrebbe indurre alla prudenza riguardo all’affermazione che Aristarco ne fosse consapevole, specialmente in mancanza di documenti storici. Nel suo libro La rivoluzione dimenticata, Russo supera spesso il confine tra i fatti documentati e ciò che è possibile dedurre logicamente da essi, magari grazie alle nostre attuali consapevolezze. Ad esempio, partendo dal fatto che c’è un profondo legame tra l’aggiunta di successivi - 15 - the ancient Greeks a lucid awareness of this, while there is no evidence that constructions with many epicycles had ever been used. We should be more cautious. There is a second and more convincing reason for thinking that Aristarchus did not go so far. Apart from his heliocentric theory, Aristarchus is known for his measurement of the Earth-Sun distance. If he had achieved the Copernican understanding he could have immediately inferred the distances of all the planets from the sun, and that would have made such an impact that centuries could not have effaced it. How did Copernicus arrive at the discovery that the heliocentric theory entails a harmonious universe? The fundamental difference between Aristarchus and Copernicus is that the first lived before Ptolemy; the second, after. Aristarchus with his heliocentric theory gave a simple explanation of the planetary regressions; but Copernicus, in his revisitation of the heliocentric system, inevitably felt the need to compare it with Ptolemaic deferents and epicycles. I am utterly convinced that, as happened to me at the Planetarium, while looking for the connection between the two systems, Copernicus discovered that Aristarchus’s system put a restriction on Ptolemy’s, i.e., it forced the deferents of Mercury and Venus to coincide with the orbit of the sun, and the epicycles of Mars, Jupiter, and Saturn to have that same size. The heliocentric hypothesis, in spite of the relativity of the motions, selected only one among the infinite possible geocentric systems. Finally, Copernicus achieved another resounding result. The analogy with the runners placed in different lanes on a running track allows us, for example, to claim that Saturn is more distant than Jupiter and that the latter is more distant than Mars, but it remains completely ineffective with regard to the sun, Mercury, and Venus, all of them having a mean period of a year. Indeed, as Copernicus mentions in chapter X of book I, the ancient astronomers did not always agree in assigning the order of these three celestial bodies. If, however, the motions are referred to the sun, there are no two planets with the same period, and the rule that a greater period corresponds to a greater distance applies in all cases, This is the meaning of the concluding sentence of chapter X: Therefore in this ordering we find that the world has a wonderful commensurability and that there is a sure bond of harmony for the movement and magnitude of the orbital circles such as cannot be found in any other way. How could the “chief point of all” of Copernican theory sink into oblivion? About the period immediately following the publication of his book we may point out at least two different reasons, relative to two different kinds of readers. Copernicus, wishing his theory to have the same degree of predictivity as Ptolemy’s, was forced to add little epicycles to the simple circular orbits, thus tremendously complicating it and obscuring what he stated in his preface and in the first chapter, instead of clarifying it. Readers not expert in the mathematics of planetary motions were not able to appreciate the deep consequences of a cosmological character following from epicicli su epicicli al modello epiciclo deferente e gli sviluppi di Fourier, egli arriva ad attribuire ai greci una lucida consapevolezza di ciò, anche se in realtà non esistono prove che tali costruzioni con molti epicicli siano effettivamente mai state usate. Dovremmo forse esser più cauti. Ma c’è un secondo e più convincente motivo per ritenere che Aristarco non fosse arrivato così avanti. Oltre che per la teoria eliocentrica Aristarco è noto per una misura della distanza Terra-Sole. Se Aristarco avesse raggiunto la consapevolezza copernicana ne avrebbe immediatamente dedotto le distanze di tutti i pianeti dal Sole, risultato questo talmente clamoroso che i secoli non sarebbero riusciti a seppellirlo! Per quale via Copernico arrivò a scoprire che l’eliocentrismo implica un universo proporzionato? La differenza fondamentale tra Aristarco e Copernico è che il primo visse prima di Tolomeo, mentre il secondo dopo. Aristarco, con la sua teoria eliocentrica, diede una semplice spiegazione delle retrogradazioni planetarie, ma Copernico, nella sua rivisitazione di tutto quanto era stato fatto prima di lui, riesaminando il sistema eliocentrico sentì inevitabilmente il bisogno di confrontarlo con i deferenti e gli epicicli tolemaici. Sono profondamente convinto che, come mi accadde di riscoprire al Planetario, cercando di stabilire un legame tra i due sistemi Copernico abbia scoperto che quello di Aristarco comportava un vincolo su quello tolemaico e cioè imponeva che i deferenti di Mercurio e Venere coincidessero con l’orbita del Sole e gli epicicli di Marte, Giove e Saturno avessero quella stessa dimensione. L’ipotesi eliocentrica, indipendentemente dalla relatività del moto, selezionava uno solo degli infiniti possibili sistemi geocentrici. Copernico conseguì infine un altro risultato clamoroso. L’analogia coi corridori nelle diverse piste consente ad esempio di affermare che Saturno è più lontano di Giove e che questo è più lontano di Marte, ma risulta del tutto inefficace riguardo al Sole, Mercurio e Venere, che hanno tutti un periodo medio di un anno. Ne è prova il fatto che, come ricorda Copernico nel capitolo X, gli astronomi dell’antichità non sono sempre stati concordi nell’assegnare l’ordine di questi tre pianeti. Riferendo invece i moti al Sole ecco che non vi sono più due pianeti con lo stesso periodo e vale senza più alcuna eccezione la regola che a periodo maggiore corrisponde distanza maggiore. Questo è il significato della frase conclusiva del decimo capitolo: Troviamo così in questo ordinamento un’ammirevole simmetria del mondo e un sicuro nesso armonico fra il movimento e la grandezza degli orbi, quale altrimenti non è possibile trovare. Come ha potuto cadere nel dimenticatoio “la cosa principale” della teoria copernicana? Riguardo al periodo immediatamente successivo alla pubblicazione dell’opera possiamo individuare almeno due diverse cause, relative a due diversi tipi di lettori. Copernico, volendo dare alla propria teoria lo stesso grado di predittività di quella tolemaica, fu costretto a complicarla enormemente, aggiungendo piccoli epicicli - 16 - the hypothesis of the motion of the Earth, yet these were the only reasons that could motivate a hypothesis so contrary to the experience of the senses. Vice versa, most of the specialist readers, merely interested in the compilation of planetary tables, came to focus their attention on the algorithmic aspect, completely separating it from the cosmological one. And in modern times? How is it possible that still today “the chief point of all” in the work of Copernicus is so unfamiliar? alle semplici orbite circolari, oscurando così quanto dichiarato nella premessa invece di chiarirlo ulteriormente. I lettori non specialisti della matematica dei moti planetari non furono in grado di apprezzare le profonde conseguenze di carattere cosmologico derivanti dell’ipotesi del moto della Terra, le sole che potessero avvicinare ad un’ipotesi così contraria all’esperienza dei sensi. Viceversa, i lettori specialisti, interessati solo alla compilazione delle tavole planetarie, finirono quasi tutti per concentrarsi sull’algoritmo di calcolo svincolandolo del tutto dall’aspetto cosmologico. E nei tempi moderni? Come mai, ancora oggi, “la cosa principale” dell’opera copernicana è così poco nota? Copernicus and His Modern Detractors Copernico e i suoi moderni detrattori Thus Copernicus’ first impulse to reform the Ptolemaic system originated in his urge to remove a minor blemish from it, a feature which did not strictly conform to conservative Aristotelian principles. He was led to reversing the Ptolemaic system by his desire to preserve it – like the maniac who, pained by a mole on his beloved’s cheek, cut off her head to restore her to perfection. --Arthur Koestler Se Copernico venne spinto a riformare il sistema di Tolomeo fu innanzitutto per il bisogno di eliminare un’imperfezione, un tratto che non era rigorosamente conforme ai puri principi aristotelici. Fu portato a rovesciare il sistema di Tolomeo dal suo desiderio di conservarlo – come quel pazzo che, rattristato da una verruca sulla guancia dell’amata, le taglia tutta intera la testa che vuol rendere impeccabile. Arthur Koestler When I give a lecture for school-age children, at the end of the projection there is always someone who asks me if the armchairs were turning or was it the starry sky. Such doubt can arise only because of the slowness of the rotation of the projector with respect to the floor of the room. Otherwise, as everyone knows very well, if the lecturer could really choose between rotating the projector and rotating the floor of the room, then the spectators could easily distinguish between the two situations. In fact, in the first case, if upset by the rapid rotation, they could simply close their eyes and perhaps peacefully sleep on the comfortable reclining armchairs (as sometimes happens!). On the other hand, in the second case, closing the eyes could only worsen the situation: they would feel themselves pressed against the back of the armchair anyway and they would still feel giddy. Though the situations seem to be symmetric optically, they differ with regard to dynamics. Newton explained this asymmetry by supposing the existence of an absolute space in which all bodies are embedded. Centrifugal forces arise only when bodies rotate with respect to the absolute space. So, Newton distinguishes between real rotations and apparent rotations. About the question of the reality of the motion of the Earth he says: Quando faccio lezione ai bambini della scuola materna o dei primi anni della scuola elementare, terminata la proiezione, c’è sempre qualcuno che mi chiede se erano le poltrone a girare o il cielo stellato. Questo dubbio può nascere soltanto a causa della lentezza della rotazione del proiettore rispetto al pavimento della sala. Altrimenti, come tutti ben sappiamo, se il conferenziere potesse davvero scegliere se far ruotare il proiettore o il pavimento, gli spettatori potrebbero facilmente distinguere le due situazioni. Infatti, nel primo caso, se infastiditi dalla rapida rotazione, essi potrebbero semplicemente chiudere gli occhi e magari addormentarsi tranquillamente sulle comode poltrone reclinabili (come qualche volta accade!). Nel secondo caso, invece, chiudere gli occhi peggiorerebbe soltanto la situazione: essi si sentirebbero comunque premere contro gli schienali e comincerebbero ad avvertire una sgradevole sensazione allo stomaco. Se dal punto di vista ottico la situazione sembra del tutto simmetrica ecco che le cose vanno diversamente dal punto di vista dinamico. Newton ha spiegato questa asimmetria ipotizzando l’esistenza di uno spazio assoluto in cui sono immersi tutti i corpi. Le forze centrifughe compaiono soltanto quando i corpi ruotano rispetto allo spazio assoluto. Newton distingue quindi tra rotazioni vere e rotazioni apparenti. Riguardo alla questione della realtà del moto della Terra egli si esprime poi in questo modo: Therefore the planets Saturn, Jupiter, Mars, Venus and Mercury are not really retarded in their perigees, nor do they become really stationary, nor retrograde with a slow motion. All these phenomena are merely apparent; and the absolute motions, by which the planets continue to revolve in their orbits, are always direct and nearly uniform. These motions, as we have proved, are performed about the sun; and therefore the sun, as Dunque i pianeti Saturno, Giove, Marte, Venere e Mercurio non ritardano realmente nei loro perigei né diventano realmente stazionari o retrogradi con un lento movimento. Tutti questi fenomeni sono soltanto apparenti e i moti assoluti coi quali i pianeti percorrono le loro orbite sono sempre diretti e quasi uniformi. Questi moti, come - 17 - the centre of the absolute motions, is at rest; for the proposition that the Earth is at rest must be completely denied … In addition to the occurrence of centrifugal forces Newton provides another way to detect absolute rotations: a body rotates with respect to absolute space if and only if it rotates with respect to the fixed stars. Starting from this fact, which Newton considers a pure accident, Mach, an earnest advocate of the complete relativity of motions, reduces absolute rotations to rotations relative to the fixed stars, thus removing the metaphysical concept of absolute space: For me only relative motions exist … . When a body rotates relatively to the fixed stars, centrifugal forces are produced; when it rotates relatively to some different body and not relative to the fixed stars, no centrifugal forces are produced. I have no objection to just calling the first rotation so long as it be remembered that nothing is meant except relative rotation with respect to the fixed stars. abbiamo dimostrato, avvengono intorno al Sole. È dunque il Sole, come centro dei moti assoluti, ad essere immobile e quindi l’affermazione che la Terra è immobile deve essere completamente rigettata … Oltre all’insorgere delle forze centrifughe Newton fornisce un altro criterio per individuare le rotazioni assolute: un corpo ruota rispetto allo spazio assoluto esattamente quando ruota rispetto alle stelle lontane. Partendo da quest’ultimo fatto, che Newton considera una coincidenza, Mach, convinto assertore della completa relatività dei moti, riduce le rotazioni assolute a rotazioni relative alle stelle lontane, eliminando così il concetto metafisico di spazio assoluto: Secondo me esistono solo moti relativi …. Quando un corpo ruota rispetto alle stelle fisse, si producono forze centrifughe; quando ruota rispetto a qualche altro corpo e non in relazione alle stelle fisse, non si producono forze centrifughe. Non ho nulla in contrario a chiamare rotazione la prima, purché ci si ricordi che non vuol dire altro che rotazione relativa rispetto alle stelle fisse. Then the previous apparent asymmetry rises from the fact that, in the second case, armchairs chiefly rotate with respect to the fixed stars, i.e., with respect to the predominant mass of the universe. There exist only relative motions, and the situations seem to be asymmetric because we have unjustly isolated the domefloor system from the rest of the universe, erroneously neglecting the “boundary conditions”, that is, the effect of the surrounding masses. Concentrating on the problem of the relativity of motion and on the meaning of inertia, Mach seems to have completely neglected the chief point of the Copernican System, as clearly emerges when he says that Relatively, not considering the unknown medium of space, the motions of the universe are the same whether we adopt the Ptolemaic or the Copernican mode of view. Both views are, indeed, equally correct; only the latter is more simple and more practical. After Mach, and, above all, after Einstein’s theory of general relativity, the problem of deciding if the earth stands still or if it revolves around the sun has lost any meaning. Those who believed that the comparison between the Copernican and Ptolemaic theories consisted in the possibility of establishing or not establishing the reality of the motion of the Earth reduced the difference between the two systems to a different but equally legitimate choice of the frame of reference. Emblematic is the case of Bertrand Russell: L’apparente asimmetria precedente nasce quindi dal fatto che, nel secondo caso, le poltrone ruotano prevalentemente rispetto alle stelle lontane e cioè rispetto alla massa predominante dell’universo. Esistono solo rotazioni relative e la situazione appare dunque asimmetrica per aver indebitamente isolato il sistema cupola-pavimento dal resto dell’universo, trascurando erroneamente le “condizioni al contorno” e cioè l’effetto della massa circostante. Concentrato sul problema della relatività del moto e sul significato dell’inerzia, Mach sembra però aver del tutto trascurato il principale elemento di superiorità del sistema copernicano, come si vede chiaramente quando afferma che: Relativi sono i moti nell’universo sia nel sistema tolemaico sia in quello copernicano, quando si astragga dal presunto misterioso mezzo che pervade lo spazio. Queste due teorie sono ugualmente corrette, solo che la seconda è più semplice e più pratica dell’altra. Dopo Mach e, soprattutto, dopo la teoria della relatività generale di Einstein, il problema di decidere se la Terra sia immobile o ruoti intorno al Sole ha cessato di avere significato. Chi ha ritenuto che il confronto tra la teoria copernicana e quella tolemaica consistesse nello stabilire o meno la realtà del moto della Terra ha finito col ridurre la differenza fra i due sistemi a una diversa ma altrettanto lecita scelta del sistema di riferimento. Emblematico è il caso di Bertrand Russel: In this respect, it is interesting to contrast Einstein and Copernicus. Before Copernicus, people thought that the Earth stood still and the heavens revolved about it once a day. Copernicus thought that “really” the Earth rotates once a day, and the daily revolution of sun and stars is only A questo scopo è interessante contrapporre Einstein a Copernico. Prima di Copernico si credeva che la Terra fosse immobile e che i cieli le ruotassero attorno ogni giorno. Copernico pensò che la Terra ruotasse “realmente” ogni giorno e - 18 - “apparent”. Galileo and Newton endorsed this view, and many things were thought to prove it – for example, the flattening of the Earth at the poles, and the fact that bodies are heavier there than at the equator. But in the modern theory the question between Copernicus and earlier astronomers is merely of convenience; all motion is relative, and there is no difference between the two statements: “the Earth rotates once a day” and “the heavens revolve about the Earth once a day”. The two mean exactly the same thing, just as it means the same thing if I say that a certain length is six feet or two yards. Astronomy is easier if we take the sun as fixed than if we take the Earth, just as accounts are easier in decimal coinage. But to say more for Copernicus is to assume absolute motion, which is a fiction. All motion is relative, and it is a mere convention to take one body as at rest. All such conventions are equally legitimate, though not all are equally convenient. If the debate between the Ptolemaic and the Copernican Systems were only concerning whether the sun is to revolve around the earth or the earth is to revolve around the sun, we could certainly assert their complete equivalence. We could extend the equivalence to the planetary motions if only Ptolemy had been able to measure the distances of the planets. But Ptolemy, because of technical limitations, could measure only “appearances”, i.e., the directions at which the planets are seen. With Ptolemy, referring the motions to the earth, it is possible to build an infinite number of geocentric systems that describe the same angular positions for the planets, but with arbitrary sizes of their deferent-epicycle devices. On the contrary, there is only one system, except for a similitude, in which the planets revolve around the sun. Copernicus, armed with his powerful heliocentric theory, in spite of the same technical limitations as Ptolemy’s, was able to derive the proportions of the planetary orbits. Hence I believe that it is making the comparison between the “two chief world systems” exclusively in terms of relativity of motion that has spread among the scientists of the 20th century the erroneous conviction about their substantial equivalence. For example, Fred Hoyle, in a book written in 1973 on the occasion of the quincentenary of Copernicus’s birth, after an elegant mathematical analysis of the Ptolemaic and the Copernican systems by means of complex numbers, unconsciously identifies the Ptolemaic system with the geocentric one obtained starting from the Copernican one; then the issue is indeed reduced to a change in the reference system: Since the issue is one of relative motion only, there are infinitely many exactly equivalent descriptions referred to different centres – in principle any point will do, the Moon, Jupiter… . So the passions loosed on the world by the publication of Copernicus’ book, De revolutionibus orbium coelestium libri VI, were logically irrelevant … che la rotazione diurna del sole e delle stelle fosse solo “apparente”. Galileo e Newton appoggiarono questa veduta ed escogitarono diverse cose per dimostrarla – per esempio lo schiacciamento della Terra ai poli e il fatto che i corpi vi pesassero più che all’equatore. Ma secondo le moderne teorie la disputa tra Copernico e gli astronomi precedenti è solo una questione di convenienza; tutti i moti sono relativi e non c’è alcuna differenza tra le due affermazioni: “la Terra ruota in un giorno” e “i cieli ruotano intorno alla Terra in un giorno”. Entrambe significano la stessa cosa, così come significa la stessa cosa affermare che una certa lunghezza è di sei piedi o due iarde. L’Astronomia è più semplice se noi consideriamo fermo il Sole piuttosto della Terra allo stesso modo di come i conti sono più semplici col sistema monetario decimale. Ma aggiungere qualcosa in favore di Copernico significa accettare il moto assoluto, che è un’illusione. Tutti i moti sono relativi ed è solo una convenzione assumere un corpo come fermo. Tali convenzioni sono tutte ugualmente legittime sebbene non siano tutte ugualmente convenienti. Se la disputa tra il sistema tolemaico e quello copernicano riguardasse esclusivamente il fatto se sia il Sole a girare intorno alla Terra o la Terra intorno al Sole allora potremmo certamente dichiarare del tutto equivalenti i due sistemi. L’equivalenza potrebbe estendersi anche ai moti planetari se solo Tolomeo fosse stato in grado di misurare anche le loro distanze. Ma Tolomeo, a causa di limitazioni tecniche, ha potuto misurare solo “le apparenze”, e cioè le direzioni in cui i pianeti vengono visti. Ecco allora che, riferendo i moti alla Terra, è possibile costruire infiniti sistemi geocentrici che descrivono le stesse posizioni angolari dei pianeti, ma con dimensioni arbitrarie dei loro dispositivi epiciclodeferente. C’è invece un unico sistema eliocentrico, a meno di una similitudine, in cui i pianeti ruotano intorno al Sole. Copernico, armato della sua potente teoria eliocentrica, pur con le stesse limitazioni tecniche di Tolomeo, ha potuto misurare i rapporti delle orbite planetarie. Credo quindi che sia stato proprio l’aver portato il confronto tra i due “massimi sistemi del mondo” esclusivamente sul piano della relatività del moto a far diffondere fra gli scienziati del XX secolo l’erronea convinzione della loro sostanziale equivalenza. Per esempio Fred Hoyle, in un suo libro scritto nel 1973 in occasione del quinto centenario della nascita di Copernico, dopo un’elegante analisi matematica del sistema tolemaico e di quello copernicano mediante l’uso dei numeri complessi, finisce inconsapevolmente col considerare come sistema tolemaico il sistema geocentrico ottenuto a partire da quello copernicano e col ridurre così la questione a un cambio del sistema di riferimento: Dato che la questione riguarda solamente moti relativi, ci sono infinite descrizioni esatte equivalenti riferite a diversi centri – in linea di principio ogni punto può essere preso come centro: - 19 - Hoyle reduces the importance of the Copernican idea only to facilitating the development of the Newtonian theory of gravitation, without which we would have hardly reached our present state of knowledge, and he ends his book as follows: la Luna, Giove … . Dunque le discussioni suscitate nel mondo per la pubblicazione del libro di Copernico, il De revolutionibus orbium coelestium libri VI, furono del tutto irrilevanti dal punto di vista logico … Today we cannot say that the Copernican theory is “right” and Ptolemaic theory is “wrong” in any meaningful physical sense …. What we can say, however, is that we would hardly have come to recognize that this is so if scientists over four centuries or more had not elected to follow the Copernican point of view. The Ptolemaic system would have proved sterile because progress would have proven too difficult. Hoyle riduce poi l’importanza dell’idea copernicana unicamente all’aver favorito lo sviluppo della teoria newtoniana della gravitazione, senza la quale non saremmo giunti alle attuali consapevolezze, e conclude il libro così: The rereading of Copernicus from a relativistic viewpoint has come to hide completely the strongest point of his system, depriving the De revolutionibus of its content. That confronted philosophers of science and historians with a fake question: “Why did Copernicus believe in the motion of the earth if his system was essentially equivalent to Ptolemy’s?” Because the choice between two equivalent theories is a matter of taste, they replied that Copernicus believed in a moving Earth for reasons of an aesthetic nature, and they looked for the origin of this in his cultural background by means of analysis that was often very interesting but sometimes completely out of place. In particular, they depicted Copernicus as a man obsessed by equants, a picture that received greatest emphasis in “The Timid Canon” by Arthur Koestler. Burtt shows in [1] that he has completely missed the chief point of Copernican theory when he states that his system “was more harmonious, in that the major part of the planetary phenomena could now fairly well be represented by a series of concentric circles around the sun, our moon being the only irregular intruder.” Butterfield openly identifies in [2] the main reason for Copernicus’ innovation as the removal of the equant: He was dissatisfied with the Ptolemaic system for a reason which we must regard as a remarkably conservative one –he held that in a curious way it caused offence by what one can almost call a species of cheating. Ptolemy had pretended to follow the principle of Aristotle by reducing the course of the planets to combinations of uniform circular motions; but in reality it was not always uniform motion about a centre, it was sometimes only uniform if regarded as angular motion about a point that was not the centre. Ptolemy, in fact, had introduced the policy of what was called the equant, which allowed of uniform angular motion around a point which was not the centre, and a certain resentment against this type of sleight-ofhand seems to have given Copernicus a special urge to change the system. Oggi non possiamo assegnare alcun significato fisico all’affermazione secondo la quale la teoria copernicana è “giusta” e quella tolemaica è “sbagliata”… Quello che possiamo comunque affermare è che sarebbe stato arduo raggiungere questa consapevolezza se gli scienziati per quattro secoli o più non avessero scelto di seguire il punto di vista copernicano. Il sistema tolemaico si sarebbe dimostrato sterile perché sarebbe stato troppo difficile progredire. La rilettura di Copernico in chiave relativistica ha dunque finito con l’occultare del tutto il punto di forza del suo sistema, svuotando di contenuto il De Revolutionibus. Ciò ha posto i filosofi e gli storici della scienza davanti a un interrogativo fasullo: “Perché Copernico ha creduto al moto della terra se il suo sistema è sostanzialmente equivalente a quello di Tolomeo?”. Poiché la scelta tra due teorie del tutto equivalenti non può che ridursi a una mera questione di gusto, essi hanno risposto che Copernico ha creduto al moto della Terra per motivi estetici, e hanno ricercato l’origine di ciò nel suo retroterra culturale, con analisi spesso interessantissime, ma a volte del tutto fuori luogo. In particolare hanno dipinto Copernico come un uomo ossessionato dagli equanti, immagine questa che ha raggiunto il suo apice ne “Il canonico timoroso” di Arthur Koestler. Per esempio Burtt dimostra in [1] di non aver per nulla colto “la cosa principale” della teoria copernicana quando afferma che il suo sistema “Era più armonioso, nel senso che la maggior parte dei fenomeni planetari potevano ora essere rappresentati con buona approssimazione da una serie di cerchi concentrici col Sole, rimanendo la Luna l’unica intrusa.” Butterfield poi in [2] individua apertamente nell’eliminazione dell’equante tolemaico il motivo centrale dell’innovazione copernicana: Even Kuhn, in his book that up to then I had considered the clearest and most exhaustive treatment of the Copernican Revolution [12], does not break away - 20 - Egli era insoddisfatto del sistema tolemaico per una ragione che dobbiamo considerare altamente conservativa e che egli riteneva curiosamente offensiva per quello che potremmo quasi chiamare una specie di imbroglio. Tolomeo aveva preteso di seguire la prescrizione di Aristotele riducendo i moti planetari a combinazioni di moti circolari uniformi; ma in realtà non si trattava sempre di moti uniformi rispetto al centro del cerchio, ma a volte rispetto a un punto diverso dal centro. Tolomeo introdusse infatti il dispositivo chiamato equante, che consentiva un moto angolare from these views: uniforme rispetto a un punto che non era il centro del cerchio e alcuni risentimenti verso questo tipo di colpi di mano sembrano aver fatto sentire a Copernico una particolare urgenza di riformare il sistema. What Copernicus did attack and what started the revolution in astronomy was certain of the apparently trivial mathematical details, like equants, embodied in the complex mathematical system of Ptolemy and his successors … Copernicus used epicycles and eccentrics like those employed by his ancient predecessors, but he did not use the equants, and he felt that their absence from his system was one of his greatest advantages and one of the most forceful arguments for his truth. Persino Kuhn, nel suo libro che fino ad allora avevo considerato la trattazione più chiara ed esauriente sulla rivoluzione copernicana [12], non si allontana molto da queste vedute: Quello che Copernico in realtà attaccò e che diede inizio alla rivoluzione nel campo dell’astronomia fu soltanto qualcuno dei particolari matematici, apparentemente trascurabili, come gli equanti, incorporati nei complessi sistemi matematici di Tolomeo e dei suoi successori … Copernico si servì di epicicli ed eccentrici simili a quelli usati dai suoi antichi predecessori, ma non di equanti e ritenne che il non averli usati fosse uno dei vantaggi maggiori del suo sistema è una delle dimostrazioni più efficaci della sua verità. I now find completely wrong Kuhn’s interpretation of the famous sentence in which Copernicus defines the Ptolemaic system as a monster: Since the equant was normally applied to eccentrics and since similar devices occasionally made the epicycle wobble as well, it is not hard to imagine how Copernicus might have considered this aspect of Ptolemaic astronomy monstrous … Diffuseness and continued inaccuracy – these are the two principal characteristics of the monster described by Copernicus. Trovo poi del tutto sbagliata la sua interpretazione della famosa frase in cui Copernico definisce il sistema tolemaico un mostro: Kuhn wonders why the Ptolemaic system seemed to be a monster to Copernicus whereas it was not so for all his predecessors and searches for an explanation of this fact not in his brilliant intuition about the possibility of determining the order of the planets and the ratios of their orbits, but in a cultural metamorphosis that happened in Copernicus’s age. The picture of the De revolutionibus resulting from Kuhn’s analysis is therefore that of a paradoxical book in which in order to remove an aesthetically unpleasing detail the reader is asked to believe in the motion of the earth! In fact Kuhn describes as the main incongruence of the De revolutionibus “the disproportion between the objective that motivated Copernicus’s innovation and the innovation itself.” That Copernicus’s book appears to be paradoxical to Kuhn seems to me quite natural. If from the work of a scientist based on a great idea we remove that idea, then inevitably there remains only a pile of incoherent details, lacking the unifying element. Butterfield himself observes that “Even the greatest geniuses who broke through the ancient views in some special fields of study – Gilbert, Bacon and Harvey, for example- would remain stranded in a species of medievalism when they went outside that chosen field.” It is just for this reason that, aside from the “chief point”, in the book of Copernicus there remains only the motion of the earth, the Aristotelian physics by means of which he tries to justify it, and that intricate systems of circles that, in order to reach the same power of prediction as Ptolemy’s system had, changes his original system beyond recognition! In the attempt to give meaning again to the De revolutionibus, Kuhn, like Butterfield and others, depicts a Copernicus who, appalled by the equant and determined to get astronomy back to the purity of uniform circular motions, builds a system more complex than Ptolemy’s and even comes to Poiché l’equante veniva spesso applicato anche agli eccentrici e poiché accorgimenti di questo genere facevano pure occasionalmente ondeggiare l’epiciclo, non è difficile immaginare come Copernico abbia potuto considerare mostruoso questo aspetto dell’astronomia tolemaica … Confusione e imprecisione permanente: ecco le due principali caratteristiche del mostro descritto da Copernico. Kuhn si chiede come mai il sistema tolemaico sia sembrato mostruoso a Copernico mentre non lo era stato per tutti i suoi predecessori e cerca la spiegazione di ciò non nella sua geniale intuizione riguardante la possibilità di stabilire l’ordine dei pianeti e le proporzioni delle orbite, ma in una metamorfosi culturale avvenuta all’epoca di Copernico. L’immagine del De revolutionibus che risulta dall’analisi di Kuhn è dunque quella di un libro paradossale in cui per eliminare un dettaglio esteticamente sgradevole si finisce col chiedere al lettore di credere addirittura al moto della Terra! Egli individua appunto come principale incongruenza del De revolutionibus ”la sproporzione fra l’obiettivo che fu la causa dell’innovazione copernicana e l’innovazione stessa.” Che il libro di Copernico appaia paradossale a Kuhn mi sembra del tutto naturale. Se dall’opera di uno scienziato costruita su una grande idea togliamo l’idea stessa ecco che, inevitabilmente, non resta che un ammasso di dettagli incoerenti, essendo venuto a cadere l’elemento unificante. Del resto lo stesso Butterfield osserva giustamente che “Persino i più grandi geni che hanno superato le vedute degli antichi in un particolare settore della conoscenza, come ad esempio Gilbert, Bacone e Harvey, sono rimasti bloccati in una specie di - 21 - assert the motion of the earth. Actually what is paradoxical is that Kuhn’s book only after 239 pages, among the technical features of the Copernican system, mentions its setting the ratios of planetary orbits. Yet, incomprehensibily, he continues to state that Copernicus’s innovation is based on an “aesthetical” preference and not on its greater predictive power. We find the same paradox in Neugebauer, who on one hand considers the Copernican and Ptolemaic systems to differ only by a change in the frame of reference, as when he states that “The popular belief that Copernicus’s heliocentric system constitutes a significant simplification of the Ptolemaic system is obviously wrong. The choice of the reference system has no effect whatever on the structure of the model, and the Copernican models themselves require about twice as many circles as the Ptolemaic models and are far less elegant and adaptable.” But later he describes the characteristics of the Copernican system that fix the ratios of the orbits! We find this incoherent attitude also in the most recent publications. For example Gallavotti wrote a paper in which he analyses the Ptolemaic and Copernican systems in the light of Fourier analysis, in a more complete and detailed manner than Hoyle. After showing that the Copernican algorithm is more systematic and that, in contrast to Ptolemy’s, it essentially coincides with the determination of Fourier coefficients, the author states that “This is perhaps the great innovation of Copernicus and not, certainly, the one he is always credited for. i.e., having referred the motions to the (average) Sun rather than to the Earth: that is a trivial change in coordinates, known as possible and already studied in antiquity by Aristarchus. …” But a few lines later Gallavotti contradicts himself in a footnote: “Ptolemy does not seem to realize that the heliocentric hypothesis would have allowed a clear determination of the average radii of the orbits, missing in his work. In turn this makes us wonder which exactly was the famous heliocentric hypothesis of Aristarchus and if it went beyond a mere qualitative change of coordinates. Had it been the same as Copernicus’s he could have determined the sizes of the orbits. ...” Butterfield writes off the scientific content of the Copernican innovation, stating that “His own theory was only a modified form of the Ptolemaic system – assuming the same celestial machinery, but with one or two of the wheels interchanged through the transposition of the roles of the earth and the sun.” Koestler, referring to Butterfield, writes that “Once he started to take the Ptolemaic clockwork to pieces, he was on the lookout for some useful hint how to rearrange the wheels in a different order.” But Koestler and Butterfield are completely wrong when they assert that Copernicus simply interchanged one or two wheels of the Ptolemaic clock. They have not understood that Ptolemy built seven independent clocks, one for each planet, whereas Copernicus was able to reassemble the wheels to form a single, coherent, big clock! medievalismo quando sono usciti da quel particolare ambito.” È proprio per questo motivo che, prescindendo dalla “cosa principale”, nel libro di Copernico non restano che il moto della terra, la fisica aristotelica con cui tenta di giustificarlo e quei complicati sistemi di cerchi che, al fine di raggiungere un livello di predittività paragonabile a quello tolemaico, hanno finito col rendere quasi irriconoscibile l’originale semplicità del suo sistema! Nel tentativo di ridare un senso al De revolutionibus, Kuhn, come Butterfield e altri, ci presenta un Copernico che, inorridito dall’equante tolemaico e deciso a riportare l’astronomia alla purezza dei moti circolari uniformi, costruisce un sistema ancora più complesso di quello tolemaico e arriva addirittura ad affermare che la Terra si muove. Ad essere paradossale è in realtà il libro di Kuhn, che solo dopo ben 139 pagine, tra le caratteristiche tecniche del sistema copernicano, cita il fatto che esso stabilisce le proporzioni delle orbite. Incredibilmente però, egli continua a ritenere che l’innovazione di Copernico sia basata su un fatto “estetico” e non sul maggiore potere predittivo. Lo stesso paradosso lo troviamo in Neugebauer, che da una parte considera il sistema tolemaico e quello copernicano differire solo per un cambio nel sistema di riferimento, come quando afferma che “La diffusa credenza che il sistema eliocentrico di Copernico rappresenti una notevole semplificazione del sistema tolemaico è chiaramente sbagliata. La scelta del sistema di riferimento non influisce minimamente sulla struttura del modello, e i modelli copernicani stessi richiedono circa il doppio dei cerchi usati da Tolomeo e sono molto meno eleganti e flessibili.”. Nel seguito, descrive poi la caratteristica del sistema copernicano di stabilire le proporzioni delle orbite! Questo atteggiamento incoerente lo ritroviamo anche nelle pubblicazioni più recenti. Gallavotti ha scritto un articolo in cui analizza il sistema tolemaico e quello copernicano, alla luce dell’analisi di Fourier, in modo più dettagliato e completo di quanto fatto da Hoyle. Dopo aver mostrato che il procedimento copernicano è più sistematico e che, rispetto a quello di Tolomeo, coincide praticamente con la determinazione dei coefficienti successivi di Fourier l’autore afferma che “In questo consiste forse la grande innovazione di Copernico e non certamente ciò che gli viene sempre attribuito, e cioè l’aver riferito i moti al Sole (medio) piuttosto che alla Terra: si tratta di un banale cambio di coordinate noto e studiato nell’antichità da Aristarco …” Ma, poche righe dopo, Gallavotti si contraddice quando rimanda a una nota in cui afferma che “… Tolomeo non sembra realizzare che l’ipotesi eliocentrica avrebbe consentito una chiara determinazione dei raggi medi delle orbite, errati nella sua opera. Da una parte questo ci porta a domandarci in che cosa sia consistita esattamente la famosa ipotesi eliocentrica di Aristarco e se essa sia andata al di là di un cambio di coordinate semplicemente qualitativo. Se si fosse trattato della stessa ipotesi di Copernico egli avrebbe potuto determinare le dimensioni delle orbite …” Butterfield liquida il contenuto scientifico dell’innovazione copernicana affermando che “La sua teoria era soltanto una forma modificata del sistema - 22 - tolemaico – che supponeva la stessa macchina celeste ma con uno scambio di una o due delle ruote attraverso lo scambio dei ruoli della Terra e del Sole.” Riprendendo questa frase Koestler scrive che Copernico “Non appena cominciò a smontare l’orologio di Tolomeo, si mise a cercare qualche indizio che gli permettesse di combinare gli ingranaggi in modo diverso.”. Ma Koestler e Butterfield sbagliano di grosso quando affermano che Copernico ha semplicemente scambiato una o due ruote dell’orologio tolemaico e, soprattutto, dimostrano di non aver affatto compreso che la differenza sostanziale tra Tolomeo e Copernico è che il primo aveva costruito sette orologi indipendenti, uno per ciascun pianeta, mentre Copernico è riuscito a rimontare gli ingranaggi in modo da formare un unico grande orologio coerente! The First Modern Cosmologist Il primo cosmologo moderno Among theories of equally “simple” foundation that one is to be taken as superior which most sharply delimits the qualities of systems in the abstract (i.e., contains the most definite claims). Fra due teorie le cui premesse siano ugualmente ‘semplici’, deve essere considerata superiore quella che definisce più nettamente le qualità dei sistemi in astratto (cioè che contiene le affermazioni più precise). Albert Einstein --Albert Einstein Dreyer asserts that “Aristarchus is the last prominent philosopher or astronomer of the Greek world who seriously attempted to find the physically true system of the world. After him we find various ingenious mathematical theories which represented more or less closely the observed movements of the planets, but whose authors by degrees came to look on these combinations of circular motion as a mere means of computing the position of each planet at any moment, without insisting on the actual physical truth of the system.” Russo attacks this statement on two fronts, accusing Dreyer of still believing in the “real” motions of the planets in Newtonian absolute space and, moreover, of believing that the “physically true system of the world” may be something different from its power to predict the observable position of each planet at every moment, showing thus that he has not fully recovered that scientific methodology that was a heritage of Hellenistic civilization. But Copernicus’s heliocentric system lies on a completely different plane from Ptolemy’s. The Ptolemaic system provided an algorithm to predict the positions of the planets against the fixed stars, starting from appropriate initial conditions. In other words Ptolemy did not propose to determine the spatial coordinates of the planets; he was content to determine the angular coordinates of the planets on the Celestial Sphere. And that was not in the name of a methodological choice that considered inessential the order and the distances of the planets, but because of his failure to determine them by means of a measurement or to deduce them from a more elaborate theory. We can find a confirmation of this in Ptolemy’s Almagest: We see that almost all the foremost astronomers Dreyer afferma che “Aristarco fu l’ultimo dei grandi filosofi del mondo greco a proporsi seriamente di indagare il vero sistema fisico del mondo. Dopo di lui troviamo varie teorie matematiche geniali che rappresentavano in modo più o meno fedele i moti osservati dei pianeti, ma i cui autori giunsero gradualmente a considerare queste combinazioni di moti circolari come un semplice espediente per poter calcolare la posizione di ogni pianeta in un momento qualsiasi, senza insistere sulla verità fisica del sistema.” Russo attacca questa affermazione di Dreyer su due fronti accusandolo di credere ancora all’esistenza dei moti “veri” dei pianeti, e quindi allo spazio assoluto di Newton, e di credere inoltre che la “verità fisica del sistema” possa essere qualcosa di diverso dalla sua capacità di prevedere la posizione osservabile di ogni pianeta in ogni momento, dimostrando così di non aver ancora recuperato pienamente quella metodologia scientifica che fu patrimonio della civiltà ellenistica. Ma Russo, per il quale la relatività del moto è diventata un paraocchi, dimostra, contrariamente a Dreyer, di continuare ad ignorare il fatto che il sistema eliocentrico di Copernico si colloca su un piano completamente diverso da quello di Tolomeo. Il sistema tolemaico, coi suoi deferenti, epicicli, equanti ed eccentrici forniva un algoritmo per prevedere le posizioni dei pianeti sullo sfondo delle stelle fisse, partendo da opportune condizioni iniziali. In altri termini Tolomeo non si proponeva di determinare le coordinate spaziali dei pianeti, ma solo di “salvare le apparenze”, e cioè si accontentava di determinare le coordinate angolari dei pianeti sulla sfera celeste. E questo non in nome di una scelta metodologica che considerava irrilevanti l’ordine e le distanze dei pianeti, ma a causa della sua incapacità di ricavarle - 23 - agree that all the spheres are closer to the earth than that of the fixed stars, and farther from the earth than that of the moon, and those of the three [outer planets] are farther from the earth than those of the other [two] and the sun, Saturn’s being greatest, Jupiter’s the next in order towards the earth, and Mars’ below that. But concerning the spheres of Venus and Mercury, we see that they are placed below the sun’s by the more ancient astronomers, but by some of their successors these too are placed above [the sun’s], for the reason that the sun has never been obscured by them [Venus and Mercury] either. To us, however, such a criterion seems to have an element of uncertainty, since it is possible that some planets might indeed be below the sun, but nevertheless not always be in one of the planes through the sun and our viewpoint, but in another [plane], and hence might not be seen passing in front of it, just as in the case of the moon, when it passes below [the sun] at conjunction, no obscuration result in most cases. And since there is no other way, either, to make progress in our knowledge of this matter, since none of the stars has a noticeable parallax (which is the only phenomenon from which the distances can be derived), the order assumed by the older [astronomers] appears the more plausible. For, by putting the sun in the middle, it is more in accordance with the nature [of the bodies] in thus separating those which reach all possible distances from the sun and those which do not so, but always move in its vicinity; provided only that it does not remove the latter close enough to the earth that there can result a parallax of any size. mediante una misurazione o di dedurle da un quadro teorico più ricco. La conferma di ciò la troviamo nell’Almagesto. Scrive Tolomeo: Therefore Ptolemy confesses the lack of a scientific basis that led him to establish the order of the planets, and is aware of what could be, in principle, a scientific procedure to reach that outcome: a measure of parallax. But such a procedure would require measurements that are beyond his reach. In contrast, the Copernican theory can predict the positions of the planets in space allowing us to deduce from observation those distances that instruments do not allow us to measure by the method of parallax. It is thus, in principle, falsifiable once better measures of parallax become available. Irrespective of this, the Copernican theory is more coherent because it allows us to derive from a single hypothesis the motion of the planets around the sun, those phenomena that in the Ptolemaic theory needed additional hypotheses. It is no longer necessary to postulate that the centres of the epicycles of Mercury and Venus remain aligned with the sun, nor that the lines joining the centres of the epicycles of outer planets with the planets themselves remain parallel to the earth-sun direction. In short, the Copernican theory is decidedly superior with respect to modern scientific canons. Yet Kuhn, after having enumerated the points of objective superiority of the Copernican theory, continues to speak in a vague manner of “harmony”. The sum of the evidence drawn from harmony is Quasi tutti i principali astronomi concordano sul fatto che tutte le sfere siano più vicine alla Terra di quella delle stelle fisse e più distanti dalla Terra della sfera lunare, e quelle dei tre [pianeti esterni] siano più distanti dalla Terra di quelle degli altri [due] e del Sole, essendo quella di Saturno la maggiore, quella di Giove la successiva nell’ordine verso la Terra e quella di Marte interna ad essa. Per quanto riguarda le sfere di Venere e Mercurio vediamo però che esse sono poste internamente alla sfera del Sole dalla maggior parte degli astronomi antichi, ma che da alcuni dei loro successori esse sono pure poste al di fuori [della sfera del Sole], per il motivo che il Sole non è mai stato oscurato da nessuno di essi [Venere e Mercurio]. A noi, comunque, questo criterio sembra contenere un elemento di incertezza dato che è possibile che qualche pianeta possa davvero trovarsi internamente alla sfera del Sole ma, nondimeno, non trovarsi sempre in uno dei piani passanti per il Sole e per la nostra visuale, ma in un altro [piano] e quindi potrebbe non essere visto passare davanti ad esso, proprio come nel caso della Luna che quando passa davanti [al Sole] in congiunzione nella maggior parte dei casi non produce alcun oscuramento. E dato che non vi è alcun altro modo di progredire nella conoscenza della questione, dato che nessuna di queste stelle ha una parallasse apprezzabile (che è l’unico fenomeno che consente di ricavare la distanza), l’ordine ipotizzato dai più antichi [astronomi] sembra il più plausibile. Porre il Sole nel mezzo conviene maggiormente alla natura [dei corpi] perché così separa quelli che possono trovarsi a qualsiasi distanza dal Sole da quelli che invece si muovono sempre nelle sue vicinanze; sempre che questi ultimi non vengano posti troppo vicino alla Terra in modo che ne risulti una parallasse apprezzabile. Dunque Tolomeo ammette la non scientificità dei criteri che lo hanno condotto a stabilire l’ordine dei pianeti e dimostra di avere una chiara consapevolezza di quale potrebbe essere, in linea di principio, un procedimento scientifico (misura di una parallasse) per arrivare a quel risultato. Procedimento che richiederebbe però misure che sono fuori della sua portata. La teoria copernicana invece prevede le posizioni dei pianeti nello spazio consentendo di dedurre dall’osservazione quelle distanze che gli strumenti non consentono di misurare col metodo della parallasse. La teoria copernicana è dunque superiore a quella tolemaica in quanto più predittiva. Inoltre, prevedendo le distanze dei pianeti, è in linea di principio falsificabile, anche se ciò presuppone misure di parallasse che al tempo di Copernico non erano ancora disponibili. Indipendentemente da questo la teoria copernicana è poi più coerente in quanto fa discendere da - 24 - nothing if not impressive … “Harmony” seems to be a strange basis on which to argue for the earth’s motion … New harmonies did not increase accuracy or simplicity. Therefore they could and did appeal primarily to that limited and perhaps irrational subgroup of mathematical astronomers whose Neoplatonic ear for mathematical harmonies could not be obstructed by page after page of complex mathematics leading finally to numerical predictions scarcely better than those they had known before. Must we conclude, perhaps, that all modern theories have to be considered “harmonies” and their advocates “irrational” people endowed with a Neoplatonic ear for mathematical harmonies? Against Copernicus and in favour of Ptolemy, the argument of the annual star parallax is often mentioned. For example Butterfield says: un’unica ipotesi, il moto dei pianeti intorno al sole, anche quei fenomeni che per la teoria tolemaica richiedevano ipotesi aggiuntive. Non è infatti più necessario postulare che i centri degli epicicli di Mercurio e Venere restino allineati col Sole e nemmeno che le congiungenti i centri degli epicicli dei pianeti esterni coi pianeti stessi si mantengano parallele alla direzione Terra-Sole. Insomma, la teoria copernicana non è affatto equivalente a quella tolemaica e, indipendentemente da ogni considerazione di tipo relativistico, deve essere ritenuta nettamente superiore a quest’ultima, anche e soprattutto sulla base dei moderni canoni scientifici! Mi risulta incomprensibile come Kuhn, dopo aver elencato i punti di superiorità oggettiva della teoria copernicana, continui a limitarsi parlare in senso vago di “armonia”. Il complesso di prove che quest’armonia può offrire o colpisce emotivamente o non ha alcun valore … L’«armonia» è un fondamento piuttosto strano su cui basare una dimostrazione del moto della Terra … Le nuove armonie non miglioravano né la precisione né la semplicità. Esse avrebbero quindi potuto far presa, e in effetti la fecero, soprattutto su quel ristretto e forse irrazionale sottogruppo di astronomi matematici, la cui sensibilità neoplatonica per le armonie matematiche non fu spenta da quella successione di pagine piene di complicati procedimenti matematici che arrivavano infine a previsioni quantitative ben poco migliori rispetto a quelle di cui essi erano già a conoscenza. Copernicus himself had been aware that this hypothesis was open to objections in a way that has not hitherto been mentioned. If the earth moved in a colossal orbit around the sun, then the fixed stars ought to show a sight change of position when observed from opposite sides of the orbit. But Butterfield does not tell us that Ptolemy himself had to solve a quite similar problem: if the Earth is spherical, then changing position on its surface we should see the stars showing a change in the visual direction too. And the argument invoked by Copernicus in his own defence, viz., the vastness of the Celestial Sphere with respect to the Earth’s annual orbit, is exactly the same as that used by Ptolemy when he asserted that “Moreover, the earth has, to the senses, the ratio of a point to the distance of the sphere of the so-called fixed stars. A strong indication of this is the fact that the sizes and distances of the stars, at any given time, appear equal and the same from all parts of the earth everywhere, as observations of the same [celestial] objects from different latitudes are found to have not the least discrepancy from each other.” From a conceptual point of view, the two explanations have the same value, even if everybody seems to consider only the Copernican argument to be unacceptably ad hoc. The only difference is that Copernicus requires the Celestial Sphere to have a size several times greater than that sufficient to Ptolemy. And the actual measuring of the annual parallax predicted by the Copernican theory, made in the XIX century, comes out in favour of Copernicus: the motions are of course relative, but it is the earth and not the sun that is accelerated with respect to the rest of the universe. The real superiority of the De revolutionibus over the Almagest lies in stating in quantitative terms the unity of the universe. It is an irony of fate that the cosmologist Dennis Sciama in his famous book The Unity of the Universe never mentions Copernicus, except in a footnote: Come se la maggiore predittività di una teoria o la sua caratteristica di unificare fenomeni prima slegati tra loro fosse un aspetto secondario o per nulla scientifico! Al punto da poter far presa solo su individui irrazionali che si lasciano colpire emotivamente da questo aspetto! Forse tutte le moderne teorie scientifiche sono allora da considerarsi “armonie” e i loro sostenitori delle persone “irrazionali”, dotate di sensibilità neoplatonica per le armonie matematiche? Contro Copernico e a favore di Tolomeo viene poi spesso citato l’argomento della parallasse annua delle stelle. Per esempio Butterfield dice che: Copernico stesso si è reso conto che questa ipotesi era aperta ad obiezioni che fin qui non abbiamo ancora citato. Se la Terra si muovesse in una gigantesca orbita intorno al Sole, allora le stelle fisse dovrebbero mostrare un leggero cambio di posizione quando osservate da punti opposti dell’orbita. Ma non dice che lo stesso Tolomeo si è trovato davanti a un problema del tutto simile: se la Terra è sferica allora cambiando posizione sulla sua superficie le stelle incastonate sulla sfera celeste dovrebbero pure mostrare un cambio di direzione! E l’argomento che Copernico ha invocato a sua difesa, e cioè l’enormità della sfera delle stelle rispetto all’orbita terrestre, è - 25 - This appears to ignore Copernicus, but we are deliberately going back to the first principles. Moreover, the importance of Copernicus lay in his rejection of the geocentric view of the universe, rather than in his suggestion that the sun does not move. This suggestion has been superseded both by the development of astronomy and by the theories of inertia. His book starts with these words: Is the universe a vast collection of more or less independent objects or is it a single unit? Rereading it, I could not stop myself from thinking that Copernicus, who in his De revolutionibus essentially pursued the same goal, would have formulated the same question in another manner: Is the universe a monster made up of limbs taken from different bodies or is it a single wellproportioned body? One thing is certain: Sciama lost a fantastic opportunity to mention the real founder of modern cosmology! Right after this question Sciama writes, “This book sets out to show, in language intelligible to the layman, that the universe is indeed a single unit.” But in that, he totally departs from the Copernican line. In fact Copernicus does not address his book to the layman reader but, as we can see from in a little Greek epigraph on the title page of the De revolutionibus, only to those who are skilled in geometry! esattamente lo stesso usato da Tolomeo, il quale afferma che “la Terra, per i sensi, è come un punto in rapporto alla sfera delle cosiddette stelle fisse. Una forte indicazione di ciò è il fatto che le forme e le distanze tra le stelle, in ogni istante, appaiono identiche da ogni punto della Terra, come risulta dal fatto che le osservazioni degli stessi oggetti [celesti] fatte da differenti latitudini non mostrano la minima discrepanza tra loro.” Dal punto di vista concettuale le due spiegazioni hanno lo stesso valore, anche se tutti sembrano giudicare un’argomentazione inaccettabilmente ad hoc solo quella di Copernico. La sola differenza è che Copernico richiede per la sfera celeste un raggio parecchio più grande di quello che basta a Tolomeo! E l’effettiva misurazione della parallasse annua prevista dalla teoria copernicana, avvenuta nel XIX secolo, segna in qualche modo un punto a favore di Copernico: i moti sono sì relativi, ma rispetto al resto dell’universo è fondamentalmente il moto della Terra ad essere accelerato e non quello del Sole! La vera superiorità del De revolutionibus rispetto all’Almagesto consiste nell’affermare in termini quantitativi l’unità dell’universo. Ironia della sorte, il cosmologo Dennis Sciama, nel suo famoso libro L’unità dell’universo, non cita mai Copernico se non in una nota a piè di pagina il cui scopo è proprio quello di giustificare il fatto che l’autore del De revolutionibus viene del tutto ignorato: Con ciò sembriamo ignorare Copernico, ma noi stiamo volutamente tornando ai primi principi. Inoltre Copernico è più importante per il rifiuto della concezione geocentrica dell’universo, che per l’idea che il sole non si muove; idea superata del resto dallo sviluppo ulteriore dell’astronomia e dalle teorie sull’inerzia. Il suo libro inizia con queste parole: È l’universo un insieme di corpi più o meno indipendenti tra loro, o costituisce una sola unità? Rileggendolo non ho potuto fare a meno di pensare che Copernico, che nel suo De revolutionibus ha in fondo perseguito lo stesso scopo, avrebbe formulato la stessa domanda in un altro modo: È l’universo un corpo formato dall’unione di membra prese da corpi differenti o è un unico corpo proporzionato? Una cosa è certa: Sciama ha perduto una formidabile occasione per citare il vero fondatore della cosmologia moderna! Subito dopo Sciama scrive:“Questo libro si propone di dimostrare, in un linguaggio comprensibile a chiunque, che l’universo è una sola unità.” E in questo si differenzia notevolmente dalla linea copernicana. Copernico infatti non si rivolge all’uomo di strada ma, come si legge in una piccola epigrafe in greco sul frontespizio del De revolutionibus, solo a … chi conosce la geometria! - 26 - An Inheritance for a Mathematician Un’eredità per un matematico Now I no longer regretted the lost time; I no longer tired of my work; I shied from no computation, however difficult. Day and night I spent with calculations to see whether the proposition that I have formulated tallied with the Copernican orbits or whether my joy would be carried away by the winds. --Johannes Kepler “Allora non rimpiansi più il tempo perduto; non ero più stanco del mio lavoro; non arretravo di fronte a nessun calcolo, per difficile che fosse. Giorno e notte feci i miei calcoli per vedere se la proposizione testé formulata si accordava con le orbite di Copernico, oppure se la mia gioia venisse spazzata via.” Johannes Kepler “Αγεωµετρητος ουδεις εισιτω”: let no one without skill in geometry enter. This is the epigraph on the title page of the De revolutionibus (fig.14). Koestler, who, like all those who did not catch “the chief point of all,” considers the De revolutionibus as a paradoxical work full of contradictions, and he judges the motto of Copernicus in this manner: “Αγεωµετρητος ουδεις εισιτω”: non entri chi non conosce la geometria. Questa l’epigrafe del De revolutionibus (fig.14). Koestler che, come tutti coloro che non hanno colto “la cosa principale”, vede il De revolutionibus come un’opera paradossale e piena di contraddizioni, giudica così il motto di Copernico: Fortunatamente sprovvisto di humour non poteva prevedere nessuna di queste conseguenze quando pubblicò il suo libro con il motto «Per soli matematici» … Esiste un parallelo, una strana somiglianza tra il carattere di Copernico e l’umile maniera in cui la rivoluzione copernicana fece il suo ingresso radendo i muri, dalla porta di servizio della storia, preceduta da scuse: «Siate gentili, non prendetemi sul serio; era per ridere, destinato solo ai matematici e davvero del tutto improbabile». With his blessed lack of humour he foresaw none of these consequences when he published his book with the motto: ‘For Mathematicians Only’ … There is a strangely consistent parallel between Copernicus’ character, and the humble, devious manner in which the Copernican Revolution entered through the back door of the history, preceded by the apologetic remark: ‘Please don’t take seriously – it is all meant in fun, for mathematicians only, and highly improbable indeed.’ Actually, it is not a motto minted by Copernicus, but a quotation from the inscription over the portal of Plato's Academy. Especially in the 16th century, mottoes, epigraphs, and in general the “thresholds” of a text were of fundamental importance because of what they hid and of what they disclosed, and Copernicus could not choose lightly the motto to stamp on the work of a lifetime! The question is, Why did Copernicus not choose a motto about the motion of the Earth?. My answer is that the chief point of Copernican theory was not the motion of the Earth, but the determination of the proportions of planetary orbits. However, Copernicus was well aware that for the non-mathematical reader, the motion of the earth would be the most resounding feature of his theory. Only one who believes that the ultimate explanation of nature lies in mathematics can appreciate the depth of his theory, and, because of the resulting superior vision of the world, he will even be able to believe in the motion of the Earth, denied by the senses! So, the meaning of that motto is, “let no-one enter in my book who is not skilful in geometry, because he will find only incomprehensible and absurd things.” Concerning Copernicus’s presumed mania for secrecy, I am convinced that it was something similar to the morethan-justified fear that drove the great Gauss not to publish his studies of non-euclidean geometry “to avoid the clamor of the Boetians.” The picture of a Copernicus obsessed by secrecy comes from a far-fetched interpretation of a reference to the Pythagorean custom not to disclose in writing their knowledge. This appears in the dedication to the Pope: In realtà non si tratta di un motto coniato da Copernico, ma di una citazione della famosa scritta posta da Platone all’ingresso della sua Accademia. Specialmente nel XVI secolo, motti, epigrafi, in generale le “soglie” di un testo rivestivano un’importanza fondamentale per ciò che nascondevano e per ciò che rivelavano e Copernico non può aver scelto con leggerezza il motto da apporre all’opera di tutta la sua vita! La domanda è “come mai Copernico non ha scelto un motto riguardante il moto della Terra?”. La mia risposta è che la cosa principale della teoria copernicana non è il moto della Terra, ma la determinazione delle proporzioni delle orbite planetarie! Copernico è però ben consapevole che per il lettore non matematico sarà invece il moto della Terra l’aspetto più clamoroso della sua teoria. Solo chi è un profondo matematico e crede che la spiegazione ultima della natura risieda nella matematica stessa potrà apprezzare la profondità della sua teoria e, in nome della superiore visione del mondo che ne risulta, accettare perfino il moto della terra negato dai sensi! Dunque il significato di quel motto è : “non entri nel mio libro mi non conosce la geometria, perché troverà solo cose incomprensibili e assurde!”. Riguardo poi alle presunte manie di segretezza di Copernico sono convinto che si tratti semplicemente dello stesso tipo di timore, più che giustificato, che spinse il grande Gauss a non pubblicare i suoi studi sulle geometrie non euclidee per non sollevare “le strida dei beoti”! La figura di un Copernico maniaco della segretezza nasce da una forzata interpretazione di un riferimento al costume dei pitagorici a non divulgare per iscritto le loro conoscenze, che compare nella dedica al papa: - 27 - Così, quando fra me e me pensavo quanto assurdo avrebbero valutato questo ακροαµα [discorso] coloro che sanno confermata dal giudizio di molti secoli l’opinione che la Terra sta immobile in mezzo al cielo, quasi posta a centro di esso, se al contrario avessi asserito che la Terra si muove, a lungo esitai se dare in luce i miei commentari scritti a dimostrazione di tale movimento, oppure se non fosse meglio seguire l’esempio dei pitagorici e di alcuni altri che erano soliti tramandare i misteri della filosofia soltanto a congiunti ed amici non per iscritto, ma oralmente, come attesta la lettera di Liside a Ipparco. And when I considered how absurd this “lecture” would be held by those who know that the opinion that the Earth rests immovable in the middle of the heavens as if their centre had been confirmed by the judgments of many ages – if I were to assert to the contrary that the earth moves; for a long time I was in great difficulty as to whether I should bring to light my commentaries written to demonstrate the Earth’s movement, or whether it would not be better to follows the example of the Pythagoreans and certain others who used to hand down the mysteries of their philosophy not in writing but by word of mouth and only to their relatives and friends – witness the letter of Lysis to Hipparchus. And Copernicus clarifies beyond all possible doubts the meaning that he assigns to the custom of the Pythagoreans: They however seem to me to have done that not, as some judge, out of a jealous unwillingness to communicate their doctrines but in order that things of very great beauty which have been investigated by the loving care of great men should not be scorned by those who find it a bother to expend any great energy on letters - except on the money-making variety – or who are provoked by the exhortations and examples of others to the liberal study of philosophy but on account of their natural stupidity hold the position among philosophers that drones hold among bees. Therefore when I weighed these things in my mind, the scorn which I had to fear on account of the newness of my opinion almost drove me to abandon a work already undertaken. Copernicus entrusts his new cosmology to a book, very difficult in the reading, in which the ultimate meaning of his innovation is nearly buried by the technical details. I like to think that Copernicus, near the end of his life, felt like an old father who is conscious of leaving an infant in the world and that he can not be present to help him face the adversities of life. So he did not entrust his young and revolutionary idea to a book readable by every educated person, but, wanting to preserve it from the scorn of those who are not able to fully understand it, he entrusted his theory to a book only a select few would be able to appreciate. His motto was not written for the reader (else he would have written it in Latin!), in the same way that the name of a beloved girl, written everywhere by the boy in love, is not written for her. Koestler judges the book of Copernicus negatively to the point of considering its reading inessential for grasping the Copernican idea: E Copernico chiarisce oltre ogni possibilità di dubbio il significato che egli attribuisce alla segretezza dei pitagorici: E mi sembra in verità che ciò fosse fatto non già – come qualcuno pensa – per una certa gelosia del sapere che avrebbe dovuto essere comunicato, ma perché le bellissime cose, ricercate con molto studio da grandi uomini, non venissero spregiate da coloro cui è molesto dedicare qualche fatica alle lettere, quando non siano lucrative, o da coloro che, seppure spinti dalle esortazioni e dall’esempio altrui ai liberali studi della filosofia, tuttavia, per l’ottusità del loro ingegno, si muovono tra i filosofi come i fuchi tra le api. Mentre, dunque, andavo valutando fra me e me queste cose, il disprezzo, che dovevo temere per la novità e l’assurdità di questa opinione, per poco non mi spinse ad abbandonare affatto l’opera compiuta. Copernico affida la sua nuova cosmologia a un libro di difficile lettura, in cui il senso ultimo della sua innovazione risulta quasi sepolto dai dettagli tecnici. Mi piace pensare che Copernico, ormai giunto alla fine della vita, si sia sentito come un padre anziano che è consapevole di lasciare al mondo un figlio ancora bambino e sa che non potrà essergli vicino per aiutarlo ad affrontare le avversità della vita. Egli allora non affida la sua giovane e rivoluzionaria idea a un libro leggibile da ogni persona colta, ma, volendola preservare dallo spregio di chi non è in grado di comprenderla pienamente, la affida a un libro scritto in modo da renderla riconoscibile solo a uno spirito eletto. Il suo motto non è rivolto al lettore (lo avrebbe scritto in latino!), così come non è rivolto all’amata il suo nome che l’innamorato scrive dappertutto! Koestler giudica negativamente il libro di Copernico, al punto da ritenere inessenziale la sua lettura al fine dell’affermarsi dell’idea copernicana: How was it possible that the faulty, selfcontradictory Copernican theory, contained in an unreadable book and unread book, rejected in its time, was to give rise, a century later, to a new philosophy which transformed the world? The - 28 - Come mai la teoria di Copernico, difettosa e contraddittoria, presentata in un libro illeggibile, respinta a suo tempo, ha potuto far nascere a un secolo di distanza una nuova filosofia che trasformò il mondo? È che i dettagli non avevano importanza e che non era necessario leggere l’opera per coglierne l’essenza. answer is that the details did not matter, and that it was not necessary to read the book to grasp its essence. Figure 14 – The title page of De revolutionibus with the Greek motto “Αγεωµετρητος Αγεωµετρητος ουδεις εισιτω” εισιτω (Let no one without skill in geometry enter) - (Editing from an image taken from a CD by Octavo) fig.14 – Frontespizio del De revolutionibus col motto in greco “Αγεωµετρητος Αγεωµετρητος ουδεις εισιτω” εισιτω (Non entri chi non conosce la geometria) – (Elaborazione di un’immagine tratta da un CD della Octavo) Actually, things went in a very different way and Copernicus’ strategy proved to be a winning one, because among the readers of his book there would be the right man: Johannes Kepler! What are his constructions by means of regular polyhedron and the so-called third law if not the immediate outcome of the work of Copernicus? Copernicus found the ratios of the mean radii of planetary orbits to the radius of the earth’s orbit, but they were not expressible by means of small integers. So Kepler searched for a harmony within the harmony and was able to show that those apparently complex ratios, lacking a rational link, come out from a hidden simplicity via a connection with the five Platonic polyhedra. Copernicus showed that, without any exception, to a greater period there corresponds a greater radius of the orbit, but not simply with direct proportionality between period and radius. Kepler, once again, searches for a harmony within the harmony and finds a simple mathematical relation between the two quantities. I am sure that nobody doubts that the starting point for Kepler Invece le cose sono andate ben diversamente e la strategia di Copernico si è rivelata vincente, perché tra i lettori del suo libro ci sarà l’uomo giusto: Giovanni Keplero! Che cosa sono del resto la sua famosa costruzione fatta coi poliedri regolari o la cosiddetta terza legge se non l’immediato seguito dell’opera copernicana? Copernico ha stabilito i rapporti dei raggi medi delle orbite planetarie riferiti a quello dell’orbita terrestre, ma si tratta di rapporti non esprimibili con numeri piccoli. Ecco allora che Keplero ricerca un’armonia nell’armonia e riesce a dimostrare che quei rapporti apparentemente complessi e privi di un legame razionale derivano invece da una semplicità nascosta essendo connessi coi cinque solidi platonici. Copernico ha dimostrato che, senza più alcuna eccezione, a periodo maggiore corrisponde raggio maggiore, anche se non c’è una semplice proporzionalità diretta tra periodo e raggio dell’orbita. Keplero, ancora una volta, ricerca un’armonia nell’armonia e trova una semplice relazione matematica tra le due grandezze. Credo - 29 - was Copernicus, but note that Kepler was captivated exactly by those features of the Copernican theory that Copernicus himself considers to be “the chief point” of his system. Koestler asserts that Kepler “then began to wonder why there existed just six planets ‘instead of twenty or a hundred’, and why the distances and velocities of the planets were what they were. Thus started his quest for the laws of planetary motion.” But the question that Kepler asked himself was not why there are six planets and not twenty, but why the radii of planetary orbits are in those ratios established by Copernicus, through the efforts he describes at the beginning of this section. Before Copernicus, that question had no scientific meaning! Hence Koestler asserts that “Having satisfied himself (if not his readers) that the five solids provided all the answers, and that existing discrepancies were due to Copernicus’ faulty figures, he now turned to a different, and more promising problem, which no astronomer before him had raised. He began to look for a mathematical relation between a planet’s distance from the sun, and the length of its ‘year’ – that is, the time it needed for a complete revolution.” It is true that Kepler was the first to raise this problem, but it is just as true that this problem could never have been formulated before Copernicus. che nessuno dubiti che il punto di partenza di Keplero sia stato Copernico, ma il fatto notevole è che Keplero è rimasto conquistato dalla teoria copernicana proprio per quegli aspetti che Copernico stesso considera “la cosa principale” del suo sistema! Koestler afferma che Keplero “Cominciò allora a chiedersi perché ci sono sei pianeti «invece di venti o cento» e perché la loro velocità e la loro distanza sono quelle che sono. Fu questo l’avvio della sua ricerca delle leggi del movimento dei pianeti.”. Ma la domanda che si pose Keplero non fu perché ci sono sei pianeti e non venti, ma perché i raggi stanno nel rapporto stabilito da Copernico, come risulta dalla frase all’inizio della sezione. Prima di Copernico quella domanda non aveva alcun significato scientifico! Keostler afferma poi che “Essendosi convinto (anche se non aveva convinto il lettore) che i cinque solidi spiegavano tutto e che le incoerenze erano dovute agli errori di calcolo di Copernico, si rivolse ad un altro problema più interessante, che nessun astronomo aveva sollevato prima di lui. Si mise a cercare un rapporto matematico tra la distanza che separa un pianeta dal sole e la lunghezza del suo «anno» ovvero il tempo necessario alla sua rivoluzione completa.”. È vero che Keplero fu il primo a sollevare questo problema, ma è altrettanto vero che il problema non avrebbe nemmeno potuto essere formulato prima di Copernico! Il canonico audace The bold canon … there is no limit to my astonishment when I reflect that Aristarchus and Copernicus were able to make reason so conquer sense that, in defiance of the latter, the former became mistress of their belief. … non posso trovar termine all’ammirazione mia, come abbia possuto in Aristarco e nel Copernico far la ragione tanta violenza al senso, che contro a questo ella si sia fatta padrona della loro credulità. --Galileo Galilei Galileo Galilei Why did Copernicus believe in a moving Earth? My answer, wich I hope to have made clear manner in this paper, is that Copernicus, in his examination of all the attempts made by his predecessors to explain the complicated motion of the planets, took into consideration also the heliocentric theory of Aristarchus, and, comparing it with Ptolemy’s, realized that it allowed one to establish the order of the planets and the relative sizes of their orbits, and moreover a monotonic relation between periods and radius without any exception. So, Copernicus believed to the motion of the earth, which the senses are not able to perceive, for the same reason for which some physicist of the 19th century believed in atoms: for the sake of explaining a large range of observable phenomena. But Copernicus could have reached the same goal by means of a less revolutionary theory. He could have chosen to claim only that geocentric system (that of Tycho Brahe) compatible with the heliocentric one: an Earth at rest with a Sun revolving around it and the planets revolving around the Sun. The geometrical proof in Fig.7 states essentially the equivalence of the Copernican and Tychonic systems. Why did Copernicus, probably convinced of the Perché Copernico ha creduto al moto della Terra? La mia risposta, che spero di aver esposto con sufficiente chiarezza in questo mio scritto, è che Copernico, nel passare in rassegna tutti i tentativi fatti dai suoi predecessori per spiegare il complicato moto dei pianeti, ha preso in considerazione anche la teoria eliocentrica di Aristarco e, confrontandola con quella tolemaica, si è accorto che essa consentiva di stabilire l’ordine dei pianeti e le proporzioni delle loro orbite e determinava inoltre, senza alcuna eccezione, una relazione di monotonia tra i raggi delle orbite e i periodi di rivoluzione. Copernico ha dunque creduto al moto della Terra, che i sensi non ci consentono di percepire, per lo stesso motivo per cui alcuni fisici del XIX secolo hanno creduto all’esistenza degli invisibili atomi, e cioè per la capacità della teoria di spiegare in modo quantitativo, coerente e unitario una vasta gamma di fenomeni osservabili. Ma Copernico avrebbe potuto raggiungere lo stesso risultato con una teoria meno rivoluzionaria. Avrebbe infatti potuto scegliere di sostenere quell’unico sistema geocentrico, che sarà poi di Tyco Brahe, compatibile con la teoria eliocentrica: una Terra immobile col Sole che le ruota attorno e i pianeti che ruotano intorno al Sole. La - 30 - absoluteness of motion, prefer to believe that the earth, with the mountain chains, the oceans and all of human society, was hurtling through space? In his beautiful book, Atoms, Jean Perrin, one of the physicist who greatly contributed to the triumph of atomic theory, wrote: But we must not, under the pretence of gain of accuracy, make the mistake of not employing molecular constants in formulating laws that could not have been obtained without their aid. In so doing we should not be removing the support from a thriving plant that no longer needed it; we should be cutting the roots that nourish it and make it grow. Paraphrasing Perrin I claim that eliminating the motion of the earth, supporting that Tychonic system that allows one to reach the same quantitative relations found by Copernicus, would not have been like removing the support from a thriving plant that no longer needed it, but would have been like cutting the roots that nourished it and made it grow. Copernicus finds that unity of the universe that the Ptolemaics, with their deferent-epicycle devices “have not been able to discover or to infer“. How could Copernicus have disowned the instrument of his success? I think that even his obstinacy in using uniform circular motions comes from the help that circles had given him. Burtt asserts that “Contemporary empiricists, had they lived in the sixteenth century, would have been first to scoff out of court the new philosophy of the universe”. But I reply that it has not always been the empiricist who made science progress. After all, Mach himself never accepted the existence of atoms. About that Perrin wrote: Two kinds of intellectual activity, both equally instinctive, have played a prominent part in the progress of physical science … Men like Galileo and Carnot, who possessed this power of perceiving analogies to an extraordinary degree, have by an analogous process built up the doctrine of energy by successive generalisations, cautious as well as bold, from experimental relationships and objective realities … Now there are cases where hypothesis is, on the contrary, both necessary and fruitful … To divine in this way the existence and properties of objects that still lie outside our ken, to explain the complications of the visible in terms of invisible simplicity, is the function of the intuitive intelligence which, thanks to men as such as Dalton and Boltzmann, has given us the doctrine of Atoms … The atomic theory has triumphed. Its opponents, which until recently were numerous, have been convinced and have abandoned one after the other the sceptical position that was for a long time legitimate and no doubt useful. Equilibrium between the instinct towards caution and towards boldness is necessary to the slow progress of human science; the conflict between them will henceforth be waged in other dimostrazione geometrica di fig.7 sancisce in fondo l’equivalenza del sistema copernicano con quello ticonico! Perché Copernico, probabilmente convinto dell’assolutezza dei moti, ha preferito credere che la Terra, con le catene montuose, gli oceani e l’intero consorzio umano, si stia muovendo ad una velocità folle in uno spazio sterminato? Nel suo meraviglioso libro “Gli atomi”, Jean Perrin, uno dei fisici che ha maggiormente contribuito al trionfo della teoria atomica, scrive: Ma, con il pretesto del rigore, non saremo tanto maldestri da evitare l’intervento degli elementi molecolari nell’enunciato di leggi che non avremmo ottenuto senza il loro aiuto. Non sarebbe come togliere un sostegno diventato inutile ad una pianta rigogliosa, ma sarebbe come tagliare le radici che la nutrono e la fanno crescere. Parafrasando Perrin mi sento di affermare che eliminare il moto della Terra, sostenendo quel sistema ticonico che consente di arrivare alle stesse relazioni quantitative trovate da Copernico, non sarebbe stato come togliere un sostegno diventato inutile a una pianta rigogliosa, ma sarebbe stato come tagliare le radici che l’hanno nutrita e l’hanno fatta crescere! Copernico ha trovato quell’unità dell’universo che i tolemaici, coi loro sistemi epiciclo-deferente “non poterono trovarla, né in tal modo ricostruirla”. Come avrebbe potuto ripudiare lo strumento del suo successo? Persino la sua ostinazione nell’uso di moti circolari credo derivi dal quel successo che i cerchi gli avevano consentito di ottenere con facilità! Burtt afferma che “Gli empiristi contemporanei, se vivessero nel sedicesimo secolo, sarebbero stati i primi a ridicolizzare la nuova filosofia dell’universo.”. Ma io rispondo che non sono stati sempre gli empiristi a far progredire la scienza. In fondo lo stesso Mach non ha mai accettato l’esistenza degli atomi! A questo proposito Perrin afferma che Due tipi di attività intellettuali, ugualmente istintive, hanno avuto un ruolo considerevole nel progresso delle scienze fisiche … Uomini come Galileo e Carnot che possedevano in misura straordinaria l’intelligenza delle analogie, hanno creato così l’energetica attraverso progressive generalizzazioni, ad un tempo prudenti e ardite, di relazioni sperimentali e di realtà sensibili … Ora ci sono dei casi in cui, al contrario, è l’ipotesi ad essere istintiva e feconda … Così immaginare l’esistenza o le proprietà di oggetti che sono ancora al di là della nostra conoscenza, spiegare il visibile complicato per mezzo dell’invisibile semplice, ecco la forma di intelligenza intuitiva alla quale, grazie a uomini quali Dalton o Boltzmann, noi dobbiamo l’atomistica … La teoria atomica ha trionfato. Ancora poco tempo fa assai numerosi, i suoi avversari, alfine conquistati, rinunciano uno dopo l’altro a sfide che furono a lungo legittime e senz’altro utili. È a proposito di altre idee che ormai sarà condotto il conflitto degli istinti di prudenza e di audacia il cui equilibrio è necessario - 31 - realms of thought. al lento progresso della scienza umana. In these terms, Copernicus is among those bold persons who were able to explain the complications of the visible (the planetary motions) in terms of invisible simplicity (the motion of the earth denied by the senses). Thus Copernicus, whom I fortunately rediscovered fourteen years ago under the dome of the Planetarium, does not emerge as “the timid canon” pictured by Koestler, but as the bold canon who was courageous enough to place his belief in mathematics before the evidence of his senses. Dunque, secondo Perrin, Copernico rientra nella categoria degli “audaci” che hanno saputo spiegare il visibile complicato (i moti planetari) per mezzo dell’invisibile semplice (il moto della terra negato dai nostri sensi)! Da queste considerazioni, Copernico, che ho avuto la ventura di ritrovare ormai quindici anni fa nella sala del Planetario, non ne esce come “Il canonico timoroso” tratteggiato da Koestler, ma come il canonico “audace” che ha avuto il coraggio di credere più alla matematica che ai propri sensi! Acknowledgments I am grateful to Cora Sadosky of Howard University, who first read the manuscript and gave me a very encouraging assessment. I am also indebted to John Holbrook of the University of Guelph for his many suggestions, which enabled me to turn a clutter of English words into an intelligible paper. Riconoscimenti Sono molto grato a Cora Sadosky dell’Università Howard, che per prima ha letto il manoscritto e mi ha dato un giudizio molto incoraggiante. Sono inoltre in debito con John Holbrook dell’Università di Guelph per i suoi numerosi consigli, che mi hanno consentito di trasformare un’accozzaglia di parole inglesi in un articolo intelligibile. 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Giorgio Goldoni è un insegnante di matematica di scuola superiore e un conferenziere al Planetario, come questa fotografia attesta. Della sua passione per l’astronomia e l’astronautica, coltivata fin dall’infanzia, egli conserva quell’interesse che lo ha portato a scrivere questo articolo e una vasta collezione di autografi di personaggi come Neil Armstrong, Werner von Braun, e Yuri Gagarin. - 33 -