COPERNICUS DECODED
COPERNICO DECIFRATO
Giorgio Goldoni
CeSDA
(Centro Sperimentale per la Didattica dell’Astronomia)
Civic Planetarium “Francesco Martino”
Modena - Italy
Giorgio Goldoni
CeSDA
(Centro Sperimentale per le Didattica dell’Astronomia)
Civico Planetario “Francesco Martino”
Modena - Italia
To the spirit of Niklas Koppernigk,
not “the timid canon” pictured by Koestler,
but the canon who was courageous enough to place his
belief in mathematics before the evidence of his senses.
Allo spirito di Niklas Koppernigk,
non “il canonico timoroso” tratteggiato da Koestler,
ma il canonico che ebbe il coraggio
di credere più alla matematica che ai propri sensi.
In modern times the relativistic point of view has lead to
considering the Copernican and the Ptolemaic systems as
substantially equivalent. Yet passing from the Ptolemaic
to the Copernican system does not simply entail a change
in the frame of reference. Instead, we need to apply
different dilatations, each with the Earth at its centre, to
the geometrical devices giving the motions of the planets.
Here lies the incontestable supremacy of the heliocentric
system over the geocentric one: one becomes able to
deduce the right order of the planets and the relative size
of their orbits without introducing extraneous or ad hoc
assumptions. Copernicus himself considers this to be the
“chief point” of his theory, as he states in an apparently
obscure phrase, here completely decoded, in which he
compares the Ptolemaic system to a monster made up of
anatomic parts taken from different bodies. Most scholars
have mistakenly indicated the monster to be the equant,
and have pictured Copernicus as obsessed by this
geometrical device introduced by Ptolemy. The real
greatness of Copernicus is in having seen the greater
predictive power of the mathematical theory based on the
heliocentric assumption. What follows is the story of my
personal rediscovery of Copernicus, thanks to a
malfunction of the projector at the Civic Planetarium
“Francesco Martino” in Modena, during my first year as a
lecturer there.
In epoca moderna il punto di vista relativistico ha portato
a considerare come sostanzialmente equivalenti il sistema
copernicano e quello tolemaico. Eppure il passaggio dal
sistema tolemaico a quello copernicano non consiste
semplicemente in un cambio del sistema di riferimento. È
infatti necessario applicare differenti omotetie ai
dispositivi geometrici relativi al moto di ciascun pianeta.
In questo consiste la schiacciante superiorità del sistema
eliocentrico rispetto a quello geocentrico: diventa
possibile derivare l’esatto ordine dei pianeti e le
dimensioni relative delle loro orbite senza introdurre
ipotesi estranee o ad hoc. Copernico stesso considera
questo fatto come “la cosa principale” della sua teoria,
come egli afferma in una frase apparentemente oscura e
qui completamente decifrata, in cui egli paragona il
sistema tolemaico a un mostro ottenuto dall’unione di
parti anatomiche provenienti da corpi diversi. La maggior
parte degli studiosi ha erroneamente identificato il mostro
con l’equante, dipingendo un Copernico ossessionato da
questo dispositivo geometrico introdotto da Tolomeo. La
vera grandezza di Copernico consiste nell’aver intuito la
maggiore predittività della teoria matematica basata
sull’ipotesi eliocentrica. Quanto segue è la storia della
mia personale riscoperta di Copernico, grazie ad un
guasto al proiettore del Civico Planetario “Francesco
Martino” di Modena, durante il mio primo anno come
conferenziere.
Copernicus Disparaged
Copernico sminuito
Copernicus is perhaps the most colourless figure
among those who, by merit or circumstance, shaped
mankind’s destiny. On the luminous sky of the
Renaissance, he appears as one of those dark stars
whose existence is only revealed by their powerful
radiations.
--Arthur Koestler
Copernico è forse il personaggio più opaco di tutti
quelli che, per loro merito o in virtù delle circostanze,
hanno modellato il destino dell’umanità. Sul cielo
luminoso del Rinascimento egli appare come una di
quelle stelle nere di cui nulla rivela l’esistenza salvo
la loro potente emissione di onde invisibili.
Arthur Koestler
In 1973, the quincentenary of Copernicus’ birth, I was
seventeen and I no longer went to the roof of my house to
observe the starry sky with my little telescope. My new
interest in the budding science of computers had gained
the upper hand over my interest in the ancient science of
astronomy.
I was nevertheless sad to read a newspaper article in
which a scientist disparaged Copernicus’s contribution to
Nel 1973, quinto centenario della nascita di
Copernico, avevo 17 anni e già da qualche tempo non
salivo più sui tetti di casa mia per osservare il cielo col
mio piccolo telescopio. Il mio nuovo interesse per la
nascente informatica aveva infatti preso il sopravvento su
quello per l’antica scienza astronomica.
Rimasi ugualmente addolorato nel leggere un articolo
di un quotidiano in cui uno scienziato sminuiva il
the development of modern science. In that article it was
asserted that the Polish astronomer had only chosen a
frame of reference in which the planetary motions
appeared simpler, but that, in light of Einstein’s theory of
general relativity, Ptolemy’s geocentric point of view was
just as correct as the Copernican heliocentric one, which
was rather less precise and more complex then Ptolemy’s.
Again, it was asserted that the De Revolutionibus Orbium
Coelestium Libri VI (Six Books on the Revolutions of
Heavenly Spheres) was an obscure book, permeated by an
obsession with uniform circular motion, and that it had
given very little to that deep intellectual transformation
known as the Copernican Revolution. Moreover,
Copernicus tried establish the motion of the Earth by
metaphysical considerations without a scientific basis.
The conclusion was that the only credit due to Copernicus
was that he revived the heliocentric theory of Aristarchus
of Samos, which had been stated eighteen centuries
before him, and without which Newton’s theory of
gravitation could hardly have been developed.
That article’s effect on me was to demolish in a few
minutes the man I had considered since my childhood as
one of the heroes of astronomy. My university education
would only confirm that opinion.
It was only many years later that I had the opportunity
to rediscover Copernicus in all his giant stature. In fact,
while adjusting the devices for the planets in the projector
of the Planetarium, I suddenly recognized the reasoning
that led Copernicus to believe in a moving Earth. The
deep emotion I felt moved me to read Copernicus’s book,
where I found a full confirmation of my conviction. From
then on I periodically inserted a public lecture about this
argument in the schedule of Planetarium activities.
Further reading strengthened my opinion that,
paradoxically, Ernst Mach’s modern view about the
meaning of inertia, by focusing the attention on the
relativity of motion, had obscured the deepest aspects of
Copernican innovation.
contributo di Copernico allo sviluppo della scienza
moderna. In quell’articolo si affermava che l’astronomo
polacco aveva soltanto scelto un sistema di riferimento
rispetto al quale i moti planetari risultavano più semplici
ma che, alla luce della teoria della relatività generale di
Einstein, il punto di vista geocentrico di Tolomeo era
altrettanto lecito di quello eliocentrico di Copernico, che
era addirittura meno preciso e più complesso di quello
tolemaico. Nell’articolo si affermava poi che il De
revolutionibus orbium coelestium libri VI (Sei libri sulle
rivoluzioni delle sfere celesti) era un’opera oscura,
permeata dall’ossessione del moto circolare uniforme, e
che ben poco aveva contribuito a quella profonda
trasformazione intellettuale nota come rivoluzione
copernicana. Inoltre Copernico aveva tentato di
dimostrare il moto della Terra aggrappandosi a
considerazioni di carattere metafisico, che nulla avevano
di scientifico. La conclusione era che l’unico vero merito
di Copernico consisteva nell’aver riproposto quella teoria
eliocentrica che Aristarco di Samo aveva già esposto ben
18 secoli prima di lui e senza la quale non si sarebbe
potuta sviluppare la teoria della gravitazione di Newton.
Quell’articolo ebbe su di me l’effetto di demolire in
pochi minuti quello che consideravo fin dall’infanzia uno
degli eroi dell’astronomia. In seguito gli studi universitari
confermarono sostanzialmente quel giudizio.
Fu solo diversi anni dopo che ebbi modo di ritrovare
Copernico in tutta la sua gigantesca figura. Infatti, nel
registrare i dispositivi dei pianeti del proiettore del
planetario, ebbi improvvisamente la certezza di aver
riscoperto il motivo che portò Copernico a credere al
moto della Terra. La profonda emozione provata mi
spinse a leggere l’opera di Copernico, dove trovai piena
conferma del mio convincimento. Da allora ho inserito
periodicamente nel calendario del Planetario una
conferenza pubblica sull’argomento. Le ulteriori letture
hanno poi sempre più rafforzato la mia convinzione che,
paradossalmente, le moderne vedute di Mach sull’inerzia,
focalizzando interamente l’attenzione sulla relatività del
moto, hanno finito con l’oscurare gli aspetti più profondi
dell’innovazione copernicana.
Copernicus Rediscovered
Copernico ritrovato
Probably it suddenly flashed on him that perhaps each
of the deferents of the two inner planets and the
epicycles of the three other ones simply represented
an orbit passed over by the Earth in a year, and not by
the sun!
--J.L.E. Dreyer
Forse gli balenò d’un tratto alla mente che i deferenti
dei due pianeti interni e gli epicicli dei tre pianeti
esterni potessero rappresentare semplicemente
un’orbita percorsa in un anno dalla Terra, e non dal
Sole!
J.L.E. Drayer
The projector of a planetarium is substantially a
Ptolemaic machine that simulates more or less accurately
the motion of the celestial bodies as seen by an Earth
observer. In particular, the apparent paths of the planets
on the Celestial Sphere, with their periodic retrograde
motions (Fig.1), are obtained by means of mechanisms
that reproduce the geometrical devices invented by the
astronomers of antiquity.
The Zeiss ZKP2 projector of the Civic Planetarium of
Modena simulates the motion of the planets by means of
Il proiettore di un planetario è sostanzialmente una
macchina tolemaica che riproduce più o meno fedelmente
i moti dei corpi celesti così come vengono visti da un
osservatore terrestre. In particolare i moti apparenti dei
pianeti sulla sfera celeste, con le loro periodiche
retrogradazioni (fig.1), vengono realizzati mediante
meccanismi che ricalcano i dispositivi geometrici
escogitati dagli astronomi dell’antichità.
Il proiettore Zeiss ZKP2 del Civico Planetario di
Modena riproduce i moti dei pianeti mediante il sistema
-2-
the deferent-epicycle device, attributed to Apollonius of
Perga (220–160 BC). The planet moves along a minor
circle, the epicycle, whose centre in turn moves along a
major circle, the deferent, centred on the Earth (Fig.2).
Having fixed in an appropriate manner the ratio between
the radii of the two circles and their angular speeds, it is
possible to reproduce the motions of the planets with their
loops along the zodiac. In the case of the Planetarium, the
deferent-epicycle device is made with two wheels moved
by means of gears and a little projector that remains
aligned in the Earth-planet direction (Fig.3). Actually the
plane of the epicycle is offset from the plane of the
deferent, so as to reproduce the planet’s deviations with
respect to the ecliptic.
epiciclo-deferente, attribuito ad Apollonio da Perga (220160 a.C). Il pianeta ruota lungo la circonferenza di un
cerchio minore, l’epiciclo, il cui centro a sua volta ruota
lungo la circonferenza di un cerchio maggiore, il
deferente, centrato nella Terra (fig.2). Fissando in modo
opportuno il rapporto tra i raggi dei cerchi e le loro
velocità angolari è possibile riprodurre i moti dei pianeti
lungo lo zodiaco con le loro retrogradazioni. Nel caso del
Planetario il sistema epiciclo-deferente è realizzato
materialmente da due ruote, mosse mediante ingranaggi, e
un piccolo proiettore che rimane allineato con la
direzione Terra-Pianeta (fig.3). In realtà il piano
dell’epiciclo non coincide con quello del deferente, in
modo da riprodurre le deviazioni rispetto all’eclittica.
Figure1. Most of the time an Earth observer sees the planets moving
eastward with respect to the fixed stars. But sometimes a planet
becomes stationary and then moves backward for a few days,
tracing a loop on the starry sky. Here Mars describes its last loop in
Aquarius in the Summer 2003. At the top of the loop Mars reached
the maximum retrograde speed and its brightness was the highest,
as always happens for all outer planets.
fig. 1. Un osservatore terrestre vede i pianeti muoversi per la
maggior parte del tempo verso est rispetto allo sfondo delle stelle
fisse. Periodicamente però essi diventano stazionari e percorrono un
breve tratto all’indietro descrivendo un cappio tra le stelle. La
figura mostra il cammino di Marte nella costellazione dell’Acquario
nell’estate del 2003. Al culmine del cappio, Marte, come tutti i
pianeti esterni, raggiunge la massima velocità retrograda e il
massimo della luminosità.
Figure 2. The device deferent-epicycle, attributed to Apollonius of
Perga, enable us to explain in rough approximation the retrograde
motions of the planets. In the Ptolemaic system the Earth is not
situated in the centre of the deferent; moreover, the centre of the
epicycle does not move at uniform angular speed around the Earth,
but around an eccentric point called punctum aequantis or, simply,
equant. This allowed Ptolemy to give a good approximation of the
true elliptic motions later described by Kepler.
fig. 2. Il dispositivo epiciclo-deferente, attribuito ad Apollonio di
Perga, consente di spiegare in prima approssimazione le
retrogradazioni planetarie. Nel sistema tolemaico la Terra non si
trova al cento del deferente e il centro dell’epiciclo non si muove di
moto circolare uniforme rispetto alla Terra, ma rispetto ad un
punto eccentrico detto punto equante. Ciò consentiva a Tolomeo di
approssimare il moto ellittico descritto poi da Keplero.
-3-
Figure 3. In the Zeiss ZKP2 projector the apparent motion of the
planets is realized by means of the deferent-epicycle device. The
image of the planet is displayed on the dome of the Planetarium by
means of a little projector that remains aligned with the earthplanet direction. In the geometrical model for explaining the
variations in latitude of the planet, the plane of the epicycle does not
coincide with that of the deferent. This is obtained by tilting the
projector with respect to the plane of the deferent; by turning the
epicycle thus, the planet describes an ellipse on the dome instead of
a segment. But the adjustment of this device is not a problem. It is
sufficient to arrange that the ellipse degenerates into a segment
when the planet is at one node of its orbit, that is, on the plane of the
ecliptic. (Photo by Mr. Mauro Di Savoia)
fig. 3 – Nel proiettore Zeiss ZKP2 il moto apparente dei pianeti è
realizzato mediante il sistema epiciclo-deferente. L’immagine del
pianeta viene visualizzata sulla cupola mediante un piccolo
proiettore che rimane allineato con la direzione Terra-Pianeta. Nel
modello geometrico, per spiegare le variazioni di latitudine del
pianeta, il piano dell’epiciclo non coincide con quello del deferente.
Ciò viene realizzato inclinando il proiettore rispetto al piano del
deferente. Dunque, facendo ruotare l’epiciclo il pianeta descrive
quindi sulla cupola un’ellisse e non un segmento. La regolazione del
dispositivo non presenta però particolari problemi essendo
sufficiente fare in modo che l’ellisse degeneri in un segmento in
corrispondenza delle date in cui il pianeta si trova in un nodo
dell’orbita, e cioè sul piano dell’eclittica. (Fotografia del sig. Mauro
Di Savoia)
Figure 4. The device of the homocentric spheres of Eudoxus
requires four spheres for each planet. The outermost two spheres
produce the diurnal motion and the annual motion along the zodiac,
while the two innermost spheres produces the loops. The planet is
situated on the inner sphere and so it is always at the same distance
from the earth, in contrast with the observed variations in
brightness.
fig. 4 – Il sistema delle sfere omocentriche di Eudosso richiede
quattro sfere per ogni pianeta, centrate nella Terra. Le due sfere più
esterne generano il moto diurno e quello medio annuo lungo lo
zodiaco. Le due sfere più interne generano invece il cappio. Il
pianeta è situato sulla superficie della sfera più interna e viene così a
trovarsi sempre alla stessa distanza dalla Terra, in apparente
contraddizione con le variazioni di luminosità osservabili.
-4-
Historically, the deferent-epicycle device superseded
that of the homocentric spheres introduced by Eudoxus of
Cnidus in the fourth century BC, which had the defect of
not being able to account for the variations in brightness
of the planets (Fig.4). The projector of the Planetarium
does not reproduce these variations in brightness, and it
uses the deferent-epicycle device only because of its
greater simplicity.
In December 1990, during my first year as a teacher at
the Civic Planetarium “Francesco Martino” of Modena,
while preparing a public lecture, I realized that the planets
were in completely wrong positions, probably because of
an electric wire caught on a mechanical device. It was
urgently necessary to adjust the wheelworks of the
projector, an operation usually carried out by trained
engineers during the periodic overhaul of the instrument.
Nobody among the staff of the Planetarium had never
made such an adjustment and in the handbook of the
projector it was peremptorily recommended that one not
touch the mechanisms projecting the planets.
Fortunately at the Planetarium we had at our disposal
a very skilful technician, Mr Luciano Gibertoni, who was
able to put his hand to any mechanical device, but the
problem of how to position the many gears remained. He
expected instructions from me. My problem was to
understand which planetary configurations corresponded
to particular configurations of the deferent-epicycle
device and at which dates. At first I sought help from an
astronomy book, but not having much time to delve into
this matter I decided to approach the problem directly
with pen and paper. It seemed to me that the most obvious
idea was to start from the Copernican system with circular
orbits centred on the sun and then relate the motions to
the Earth, passing thus to a geocentric system. I jokingly
called this operation “Ptolemaic Involution,” that is, a
reversed Copernican Revolution! The first result I
obtained was that, referring their motions to the Earth,
Mercury and Venus describe circular orbits around the
sun while it turns around the Earth. We have so obtained
a deferent-epicycle device where the deferent is the orbit
of the sun around the Earth, i.e., the orbit of the Earth
around the sun, and the epicycle is the orbit of the planet
around the sun (Fig.5). Hence, in relation to the centre of
the epicycle, the extreme eastward and westward
positions of the planets had to correspond to the dates of
maximum elongation (Fig.6).
Storicamente il modello epiciclo-deferente soppiantò
quello delle sfere omocentriche introdotto da Eudosso di
Cnido del IV secolo a.C., che aveva il difetto di non
riuscire a spiegare le variazioni di luminosità dei pianeti
(fig.4). Il proiettore del Planetario non riproduce queste
variazioni di luminosità e fa uso del sistema epiciclodeferente esclusivamente per la sua maggiore semplicità.
Nel dicembre del 1990, mio primo anno di
insegnamento al Civico Planetario “Francesco Martino”
di Modena, durante la preparazione di una conferenza
pubblica, mi accorsi che i pianeti si trovavano in posizioni
del tutto errate, probabilmente a causa di un filo elettrico
che era rimasto impigliato a un dispositivo meccanico.
Occorreva registrare urgentemente i rotismi del proiettore,
operazione solitamente svolta da tecnici specializzati in
occasione della revisione periodica dello strumento.
Nessuno del personale del Planetario aveva mai effettuato
tale operazione e nel manuale del proiettore si
raccomandava caldamente di non andare attorno ai
rotismi dei pianeti.
Fortunatamente al Planetario disponevamo di un
abilissimo tecnico, il signor Luciano Gibertoni, in grado
di mettere le mani su qualsiasi dispositivo meccanico, ma
restava il problema di come posizionare i numerosi
rotismi. Egli si aspettava da me istruzioni in proposito. Il
mio problema era quello di capire a quali configurazioni
planetarie, e quindi a quali date, far corrispondere
opportune configurazioni notevoli del sistema epiciclodeferente. Sulle prime cercai aiuto in qualche testo di
astronomia, ma avendo a disposizione troppo poco tempo
per approfondire l’argomento, decisi di affrontare
direttamente il problema con carta e matita. L’idea più
ovvia mi parve quella di partire dal sistema copernicano
con orbite circolari centrate nel Sole e riferire poi i moti
alla Terra, passando così a un sistema geocentrico,
operazione che chiamai scherzosamente “involuzione
tolemaica”, cioè una rivoluzione copernicana alla
rovescio! Il primo risultato immediato che ottenni fu che,
riferendo i moti alla Terra, Mercurio e Venere descrivono
un’orbita circolare intorno al Sole mentre questo orbita
intorno alla Terra. Si ottiene così un sistema epiciclodeferente in cui il deferente è l’orbita della Terra, mentre
l’epiciclo è l’orbita del pianeta (fig.5). In relazione al
centro dell’epiciclo, le posizioni estreme a oriente e a
occidente raggiunte dal pianeta dovevano quindi
corrispondere alle date di massima elongazione (fig.6).
Figure 5. Referring the motion of an inner planet to the earth, we
obtain a deferent-epicycle device in which the deferent is the orbit of
the earth while the epicycle is the orbit of the planet.
fig. 5 – Riferendo alla Terra il moto di un pianeta interno, si ottiene
un sistema epiciclo deferente in cui il deferente è l’orbita della Terra
mentre l’epiciclo è l’orbita del pianeta.
-5-
Figure 6. For inner planets, the extreme positions on the epicycle
corresponds to the maximum elongations.
fig. 6 – Per i pianeti interni, le posizioni estreme sull’epiciclo
corrispondono alle massime elongazioni.
Figure 7. Referring the motion of an outer planet to the Earth, we
obtain again a deferent-epicycle device, but this time the deferent is
the orbit of the planet while the epicycle is the orbit of the Earth.
fig.7 – Riferendo alla Terra il moto di un pianeta esterno, si ottiene
ancora un sistema epiciclo deferente, ma questa volta il deferente è
l’orbita del pianeta, mentre l’epiciclo è l’orbita della Terra.
Figure 8. An extreme position of an outer planet on the epicycle
corresponds to the quadrature.
fig.8 – Le posizioni estreme di un pianeta esterno sull’epiciclo
corrispondono alle quadrature.
Less clear was the case of outer planets, because they
have nothing similar to the maximum elongations of inner
planets: they may be at any angular distance from the sun.
Unable to thrash out the problem, I decided to go on in
the same way followed with the inner planets. The
problem was that considering an outer planet and
referring its motion to the Earth, I obtained a deferentepicycle system, of course, but with an epicycle much
Meno chiaro si presentò subito il caso dei pianeti
esterni. Essi infatti non hanno nulla di simile alle
elongazioni massime dei pianeti interni, perché possono
venire a trovarsi in qualsiasi posizione rispetto al Sole.
Non venendo a capo di nulla, decisi di proseguire sulla
stessa strada usata per i pianeti interni. Considerando un
pianeta esterno e riferendo il suo moto alla Terra si
otteneva sì un sistema epiciclo-deferente, ma con
-6-
larger than the deferent, in contrast with the device of
Apollonius and with that of the projector! How could this
lead to a little epicycle? Stopping the planet in its orbit
around the sun and moving the sun around the Earth, now
the planet described a circle as large as the orbit of the
Earth, as if it were moved by a pantograph! The centre of
that circle was situated at a distance from the Earth equal
to the radius of the orbit of the planet around the sun.
Referring to Fig.7, the “pantograph” consists of the
parallelogram whose vertices are the Earth E, the sun S,
the outer planet P, and the point C opposite to S. If we
move S around E then P describes a circle around C
having the same radius as the Earth’s orbit. On the other
hand, if we move P around S, then C describes a circle
around E with the radius of the orbit of the planet around
the sun. Hence, referring to the Earth the motion of an
outer planet, we obtain a deferent-epicycle system whose
deferent is the orbit of the planet around the sun and
whose epicycle is the orbit of the Earth around the sun. In
other words, passing from inner to outer planets, the roles
of the deferent and the epicycle are swapped. At this point
it was easy for me to deduce that to the extreme positions
of the planet on the epicycle there corresponded the so
called quadrature, that is, the configurations in which the
longitudes of the planet and of the sun differ by a right
angle (Fig.8).
Absorbed in keeping a close eye on the work of the
technician, who was following my instructions, I did not
think any more about this problem.
After the successful adjustment of the instrument, I
looked back on the way I had gone and I realized that the
geocentric system obtained by referring the motions of
the planets to the Earth was not the Ptolemaic one at all!
In the Ptolemaic system, in the approximation of the
deferent-epicycle model, the deferents of Mercury and
Venus do not coincide with the orbit of the sun, that is,
they do not have the same size as the Earth’s orbit.
Similarly the epicycles of what we call the outer planets
do not have that radius (Fig.9). If starting from the
Copernican system and referring the motions to the Earth
we do not obtain the Ptolemaic system, it must be,
conversely, that starting from the Ptolemaic system and
referring the motions to the sun we would not obtain the
Copernican System!
This is the crucial fact: for passing from the Ptolemaic
to the Copernican system, we need first to apply a
dilatation centred on the Earth to each deferent-epicycle
device so that the deferent of Mercury and Venus and the
epicycles of Mars, Jupiter, and Saturn come to the same
size: that of the Earth’s orbit. In this case and only in this
case, referring all the motions to the sun, each planet (not
the Earth only) describes a circular orbit. It is by this
requirement that the order of the planets and the relative
sizes of their orbits are completely given! Without this,
the deferent-epicycle devices, and more generally all the
Ptolemaic devices like equants and eccentrics, only “save
appearances” and then predict the positions of the planets
on the celestial sphere, not their positions in space; they
can be shrunk or expanded at will without affecting their
predictive strength (Fig.10).
Therefore the Copernican system, when compared to
the Ptolemaic one, ranked on a clearly different plane. It
l’epiciclo molto più grande del deferente, contrariamente
al modello di Apollonio e ai dispositivi del proiettore. Da
dove proveniva allora il piccolo epiciclo? Provando a
tenere immobile il pianeta nella sua orbita intorno al Sole
e muovendo invece il Sole intorno alla Terra ecco che il
pianeta descriveva un cerchio grande come l’orbita della
Terra, come se fosse mosso mediante un pantografo! Il
centro di quel cerchio si trovava poi a una distanza dalla
Terra pari alla distanza del pianeta dal Sole. Facendo
riferimento alla fig.7, il “pantografo” consiste nel
parallelogramma avente per vertici la Terra T, il Sole S, il
pianeta esterno P e il vertice C opposto a S. Se facciamo
ruotare S intorno a T ecco che P descrive intorno a C un
cerchio uguale all’orbita della Terra. Se invece facciamo
ruotare P intorno a S ecco che C descrive intorno a T un
cerchio uguale all’orbita del pianeta intorno al Sole.
Dunque, riferendo alla Terra il moto di un pianeta esterno,
si ottiene un sistema epiciclo-deferente in cui il deferente
è grande come l’orbita del pianeta intorno al Sole, mentre
l’epiciclo è l’orbita della Terra intorno al Sole. In altre
parole, per i pianeti esterni i ruoli del deferente e
dell’epiciclo risultano scambiati. A questo punto mi fu
facile dedurre che alle posizioni estreme sull’epiciclo
corrispondevano le cosiddette quadrature, cioè le
configurazioni in cui le longitudini del e del Sole
differiscono di un angolo retto (fig.8).
Concentrato nel seguire il tecnico che eseguiva le
operazioni da me indicate, non pensai ad altro.
Terminata con successo la regolazione dello strumento
ebbi occasione di ripensare al percorso logico seguito e
mi apparve immediatamente chiaro che il sistema
geocentrico così ottenuto non era affatto quello
tolemaico! Nel sistema tolemaico, nell’approssimazione
del modello epiciclo-deferente, i deferenti di Mercurio e
Venere non coincidono affatto col l’orbita del Sole, cioè
non sono grandi come l’orbita della Terra, e nemmeno gli
epicicli di Marte, Giove e Saturno hanno quella stessa
dimensione (fig.9). Se, trasferendo il centro del sistema di
riferimento dal Sole alla Terra, non si passava dal sistema
copernicano a quello tolemaico, allora doveva essere vero
anche il viceversa, e cioè che partendo dal sistema
tolemaico e riferendo i moti planetari al Sole non si
sarebbe affatto ottenuto il sistema copernicano!
Ecco dunque il risultato più clamoroso: per passare dal
sistema tolemaico a quello copernicano occorre prima
applicare un’omotetia di centro la Terra a ciascun sistema
epiciclo-deferente in modo tale che i deferenti di
Mercurio e Venere e gli epicicli di Marte, Giove e
Saturno diventino grandi come l’orbita del Sole. Solo a
quel punto, riferendo i moti al Sole, tutti i pianeti, e non
solo la Terra, descrivono orbite circolari. Ma questo
significa che l’ordine e le proporzioni delle orbite
planetarie risultano completamente determinati! Senza
questa operazione i sistemi epiciclo-deferente, e più in
generale di tutti i dispositivi geometrici tolemaici come
gli equanti e gli eccentrici, servono al solo scopo di
“salvare le apparenze” e cioè di prevedere le posizioni dei
pianeti sullo sfondo del cielo stellato e non per
determinare la loro posizione nello spazio; essi possono
essere compressi o dilatati a piacere senza influenzare la
loro capacità predittiva (fig.10).
Ecco allora che il sistema di Copernico si collocava su
-7-
even allowed one to predict, starting from angular
measures only, the distances of the planets from the sun in
terms of the Earth-Sun distance, or, as we now say, in
astronomical units! The supposed equivalence between
the Copernican and the Ptolemaic theories did not hold.
The Copernican theory was not only simpler, it predicted
more.
un piano nettamente diverso rispetto a quello tolemaico,
consentendo addirittura di prevedere, a partire da sole
misure angolari, le distanze dei pianeti dal Sole misurate
in raggi dell’orbita terrestre o, come diremmo ora, in unità
astronomiche! Non era quindi vera l’affermazione che la
teoria copernicana e quella tolemaica dovevano
considerarsi equivalenti. La teoria copernicana non era
soltanto più semplice, ma realmente superiore in quanto
più predittiva.
Figure 9. In the Ptolemaic System the deferent of the inner planets
does not coincide with the orbit of the sun, but the centres of their
epicycles are mysteriously forced to remain aligned with the sun.
Similarly, the epicycles of the outer planets does not have the same
size as the sun’s orbit; another mysterious fact is that the line
joining the centre of the epicycle to the planet is always parallel to
the Earth-Sun direction. Applying one by one the appropriate
dilatations centred on the Earth at each deferent-epicycle device, it
is possible to bring the centres of the epicycles of the inner planets
into coincidence with the sun, and the first Ptolemaic restriction
vanishes. Moreover it is possible to make the segments joining the
centres of the epicycles to the planets assume the Earth-Sun distance
and, as the construction by means of the pantograph shows, arrange
them so that they turn around the sun. Thus the second Ptolemaic
restriction fades away too. It follows that non only the order of the
planets but also the sizes of their orbits come out completely
determined in terms of the Earth-Sun distance.
fig.9 – Nel sistema tolemaico i deferenti dei pianeti interni non
coincidono col l’orbita del Sole, ma i centri dei loro epicicli sono
misteriosamente vincolati a rimanere allineati col Sole. Similmente
gli epicicli dei pianeti esterni non hanno le dimensioni dell’orbita del
Sole e, altro fatto misterioso, le congiungenti i centri degli epicicli coi
rispettivi pianeti si mantengono sempre parallele alla direzione
Terra-Sole. Applicando separatamente opportune omotetie di
centro la Terra a ciascun sistema epiciclo-deferente è possibile
portare i centri degli epicicli dei pianeti interni a coincidere col Sole
facendo svanire il primo vincolo tolemaico. Inoltre è possibile fare in
modo che le congiungenti i centri degli epicicli dei pianeti esterni
assumano le stesse dimensioni della distanza Terra-Sole e, come
dimostra la costruzione col pantografo, fare così in modo che essi
ruotino intorno al Sole facendo così svanire anche il secondo
misterioso vincolo tolemaico. Ne segue che non solo l’ordine dei
pianeti intorno al sole, ma anche le dimensioni delle loro orbite
risultano completamente determinate in termini della distanza
Terra-Sole.
I could sense that the emotion I felt for my personal
rediscovery had to be only the millionth part of that which
the young Copernicus felt with his original discovery, and
that it would have strongly influenced the rest of his life.
Hence I began to read books on the history of
astronomy, where I learned right away that I had simply
rediscovered the wheel in my geometrical constructions
showing the equivalence of the deferent-epicycle devices
centred on Earth with the circular orbits about the sun
Non ebbi il minimo dubbio che quello doveva essere
stato il vero movente di Copernico e che l’emozione che
avevo provato per quella mia personale riscoperta, fatta
col senno di poi, era soltanto la milionesima parte
dell’emozione che doveva aver provato il giovane
Copernico e che avrebbe poi segnato l’intera sua vita.
Mi misi dunque a leggere alcuni testi di storia
dell’astronomia dove, per prima cosa, imparai di aver
semplicemente scoperto l’acqua calda con le mie
-8-
(including the “pantograph” used for the outer planets).
But in most books I did not find any mention of the fact
that the Copernican System set up the order and the
proportions of the entire planetary system. On the other
hand, in some books this aspect was treated directly in the
heliocentric system, but even there was considered, as a
secondary aspect and never as the real motive of
Copernicus’s belief in the motion of the Earth.
Only in Dreyer’s book A History of Astronomy from
Thales to Kepler did I find an explicit statement that it
was the intuition of identifying the deferent of inner
planets and the epicycles of outer ones with the orbit of
the Earth that was the real motive of Copernicus.
costruzioni geometriche per mostrare l’equivalenza dei
sistemi epiciclo-deferente centrati nella Terra con le
orbite circolari intorno al Sole (compresa la costruzione
col “pantografo” usata per i pianeti esterni). Nella
maggior parte dei libri consultati non trovai però il
minimo accenno al fatto che il sistema copernicano
stabiliva l’ordine e le proporzioni dell’intero sistema
planetario. In alcuni invece questo aspetto veniva
mostrato direttamente sul modello eliocentrico, ma
considerato in ogni caso un fatto marginale e mai il vero
movente della fede copernicana nel sistema eliocentrico.
Solo in Dreyer ho trovato un’affermazione esplicita
sul fatto che l’intuizione di identificare i deferenti dei
pianeti interni e gli epicicli dei pianeti esterni con l’orbita
della Terra possa essere stata il vero movente di
Copernico.
Figure 10. Applying a dilatation to the deferent-epicycle device does
not alter the direction in which a planet will be seen.
fig.10 – Applicando un’omotetia al sistema epiciclo-deferente non si
altera la sua possibilità di prevedere la direzione in cui un pianeta
risulterà visibile.
After the phrase quoted at the beginning of this
section, Dreyer says,
Dopo la frase citata all’inizio di questa sezione Drayer
continua:
His emotion on finding that this assumption would
really “save the phenomena”, as the ancients had
called it, that it would explain why Mercury and
Venus always kept near the sun and why all the
planets annually showed such strange irregularities
in their motions, his emotion on finding this clear
and beautifully simple solution of the ancient
mystery, must have been as great as that which
long after overcame Newton when he discovered
the law of universal gravitation. But Copernicus is
silent on this point.
La sua emozione nell’accorgersi che questa ipotesi
avrebbe realmente “salvato i fenomeni”, come
dicevano gli antichi, che essa avrebbe spiegato
come mai Mercurio e Venere non si allontanino
mai dal Sole e perché tutti gli altri pianeti
presentano tante strane irregolarità nel loro moto
annuo, la sua emozione nel trovare questa
soluzione chiara e meravigliosamente semplice
dell’antico mistero, dev’essere stata tanto grande
come quella di Newton quando, molto più tardi,
scoprì la legge della gravitazione universale. Ma
Copernico tace su questo punto.
But Dreyer does not refer until later in the book to the
discovery of the fact that the heliocentric theory enables
one to infer the order of the planets and the proportions of
Dreyer però non include nella motivazione la scoperta
del fatto che la teoria eliocentrica definisce in modo
-9-
their orbits. Says Dreyer 26 pages later,
univoco l’ordine e le proporzioni del sistema planetario,
fatto che egli considera poi in seguito. Scrive infatti dopo
26 pagine:
In thus giving the relative dimensions of the whole
system Copernicus scored heavily over Ptolemy,
as no geocentric system can give the smallest clue
to the distances of the planets, although, as we
have seen, the actual distances (in terms of the
sun’s distance) had in reality all along lain hidden
in the ratio of the deferent-radius to epicycleradius found by Ptolemy.
Determinando le dimensioni relative dell’intero
sistema, Copernico superò di gran lunga Tolomeo,
poiché nessun sistema geocentrico può dare la
minima indicazione sulle distanze dei pianeti,
benché, come abbiamo visto, le distanze reali (in
termini della distanza dal Sole) siano in realtà
sempre rimaste celate nel rapporto del raggio del
deferente e del raggio dell’epiciclo trovato da
Tolomeo.
How much importance did Copernicus attribute to these
facts? Was it the real motive or was it a fact discovered
only later? There was only one way I might have to find
an answer: read Copernicus!
Quale peso Copernico aveva attribuito a questo fatto? Fu
questo il vero movente oppure si trattò di un fatto
scoperto successivamente? C’era un solo modo di sperare
di trovare una risposta: leggere Copernico!
Let Copernicus Speak
La parola a Copernico
Moreover, they have not been able to discover or to
infer the chief point of all, i.e., the form of the world
and the certain commensurability of its parts.
--Nicolaus Copernicus
E la cosa principale, ossia la forma del mondo e la
certa simmetria delle sue parti, non poterono trovarla,
né in tal modo ricostruirla.
Nicolaus Copernicus
Why did I not search for an immediate confirmation in
Copernicus’s book? In the library of the Planetarium there
was no unabridged edition of the De revolutionibus, but
there was an edition containing only the first book, with
parallel Latin text, preceded by the apocryphal foreword
written by Andrew Osiander, the letter by cardinal
Nicolaus Schönberg, and the Preface and Dedication to
Pope Paul III. On the one hand, my memory was still
fresh of the time some years before when, after hearing a
lecture by the late professor Francesco Martino, I set out
to read that book but stopped halfway through. I had
found it terribly boring, and, perhaps because I was still
influenced by that article read in my early youth, full of
insufferable metaphysical arguments.
It is incredible how different the book seemed to me
after having adjusted the devices governing the planets in
the projector of the Planetarium. This time I was looking
for something particular, and I certainly did not expect to
find it in forthright terms right in the first pages!
In the Preface to Pope Paul III, Copernicus, after
having told him of his fears in exhibiting his theory, goes
straight on to expound what led him to argue for the
motion of the Earth.
Come mai non avevo provato a cercare subito
conferma nel libro di Copernico? Nella biblioteca del
Planetario non c’era un’edizione integrale del De
revolutionibus, ma c’era comunque un’edizione
contenente solo il primo libro, col il testo latino a fronte,
preceduto dalla prefazione apocrifa di Osiander, la lettera
del cardinale Nicola Schönberg e la prefazione di
Copernico a papa Paolo III. Da una parte era ancora vivo
il ricordo di quando, qualche anno prima, dopo aver
ascoltato una lezione del compianto professor Francesco
Martino, mi ero riproposto di leggere quel libro e non ero
riuscito ad arrivare nemmeno a metà. Lo avevo infatti
trovato terribilmente noioso e, forse ancora influenzato da
quell’articolo letto nella mia giovinezza, pieno di
insopportabili argomentazioni metafisiche.
È incredibile quanto mi sia parso diverso lo stesso
libro dopo aver effettuato la regolazione del dispositivo
dei pianeti. Questa volta, cercavo qualcosa di ben preciso
e non mi immaginavo certo che lo avrei trovato espresso
in modo così esplicito fin dalle primissime pagine!
Nella prefazione a Papa Paolo III Copernico, dopo
aver confidato i suoi timori ad esporre la propria teoria,
passa direttamente a raccontare cosa lo abbia spinto a
sostenere il moto della Terra.
I can reckon easily enough, Most Holy Father, that
as soon as certain people learn that in these books
of mine which I have written about the revolutions
of the spheres of the world I attribute certain
motions to the terrestrial globe, they will
immediately shout to have me and my opinion
hooted off the stage …
But perhaps Your Holiness will not be so much
surprised at my giving the results of my nocturnal
study to the light – after having taken such care in
working them out that I did not hesitate to put in
Con sufficiente sicurezza posso pensare,
Santissimo Padre, che non appena alcuni avranno
appreso che in questi miei libri scritti sulle
rivoluzioni delle sfere del mondo attribuisco al
globo terrestre alcuni movimenti, subito
proclameranno a gran voce che io devo essere
messo al bando insieme con tale opinione … Ma
forse la Tua Santità non si meraviglierà tanto che
io ardisca dare in luce le mie riflessioni, dopo che
mi assunsi per elaborarle tanto lavoro che non
- 10 -
writing my conceptions as to the movement of the
Earth – as you will be eager to hear from me what
came into my mind that in opposition to the
general opinion of mathematicians and almost in
opposition to common sense I should dare to
imagine some movement of the Earth. And so I am
unwilling to hide from Your Holiness that nothing
except my knowledge that mathematicians have
not agreed with one another in their researches
moved me to think out a different scheme of
drawing up the movements of the spheres of the
world.
dubitai di confidare anche per lettera i miei
pensieri sul movimento della Terra, bensì si
aspetterà soprattutto di udire da me come mai mi
venne in mente di osare d’immaginare – contro
l’opinione universalmente accolta dai matematici,
e quasi contro il senso comune - qualche
movimento della Terra. Così non voglio
nascondere alla Tua Santità che nient’altro mi
mosse a pensare a un altro modo di calcolare i
movimenti delle sfere del mondo, se non che
compresi che i matematici non sono fra loro stessi
concordi nell’indagarli.
Among the attempts made by his predecessors
Copernicus mentions the homocentric spheres of
Eudoxus, which had the defect of not explaining the
variations in brightness of the planets (the phenomena),
and Ptolemaic epicycles and eccentrics that had the defect
of violating the platonic prescription to use only uniform
circular motions.
Tra i tentativi fatti dai suoi predecessori Copernico
cita le sfere omocentriche di Eudosso, che hanno il difetto
di non spiegare le variazioni di luminosità dei pianeti (i
fenomeni), e gli epicicli e gli eccentrici tolemaici,
colpevoli fra l’altro di contravvenire, con l’introduzione
dell’equante, alla prescrizione platonica dell’uso
esclusivo di moti circolari uniformi.
For some make use of homocentric circles only,
others of eccentric circles and epicycles, by means
of which however they do not fully attain what
they seek .For although those who have put their
trust in homocentric circles have shown that
various different movements can be composed of
such circles, nevertheless they have not been able
to establish anything for certain that would fully
correspond to the phenomena. But even if those
who have thought up eccentric circles seem to
have been able for the most part to compute the
apparent movement numerically by those means,
they have in the meanwhile admitted a great deal
which seems to contradict the first principles of
regularity of movement.
Alcuni, infatti, ricorrono solo a cerchi omocentrici,
altri ad eccentrici e ad epicicli, con cui però, non
conseguono appieno ciò che cercano. Perché
coloro che confidano nei cerchi omocentrici,
sebbene abbiano dimostrato di poter comporre con
essi alcuni diversi movimenti, non hanno tuttavia
potuto stabilire nulla di certo che risponda
veramente ai fenomeni. Coloro, poi, che
escogitarono gli eccentrici, quantunque sembrino
avere calcolato esattamente, grazie ad essi, la
maggior parte dei movimenti apparenti, hanno
intanto ammesso, tuttavia, molte cose che
sembrano contravvenire ai primi principi
dell’uniformità dei movimenti.
Reading the last words of this sentence I felt a bitter
disappointment. The motive for Copernicus to advance
his heliocentric theory seemed really to be that of
removing the equant, as most scholars asserted.
But unexpectedly, in the next sentence, a revelation!
Leggendo le ultime parole di questa frase provai una
cocente delusione. Il motivo che aveva spinto Copernico a
sostenere la teoria eliocentrica sembrava davvero essere
stato quello di voler eliminare l’equante, come sostenuto
dalla maggior parte degli studiosi.
Ma, inaspettatamente, nella frase successiva, ecco la
rivelazione!
Moreover, they have not been able to discover or
to infer the chief point of all, i.e., the form of the
world and the certain commensurability of its
parts. But they are in exactly the same fix as
someone taking from different places hands, feet,
head, and the other limbs - shaped very beautifully
but not with reference to one body and without
correspondence to one another - so that such parts
made up a monster rather than a man. (Fig.11).
E la cosa principale, ossia la forma del mondo e la
certa simmetria delle sue parti, non poterono
trovarla, né in tal modo ricostruirla, ma accadde
loro come a [un artista] che traesse da luoghi
diversi mani, piedi, testa e altre membra, di per sé
bellissime, ma non formate in funzione dello
stesso corpo, e non corrispondentisi affatto fra
loro, per comporre piuttosto un mostro che un
uomo (fig.11).
So, not a secondary detail, but … the chief point of
all! The chief point of all, missed by Ptolemy, is the
proportion existing among the parts of the whole cosmos.
Maybe, Copernicus says, Ptolemy and his epigones have
been able to invent a geometrical system more accurate
than his, but the devices related to each planet can be
shrunk or expanded at will and do not even allow them to
determine the order of the planets. The Ptolemaic system
is somewhat like a picture or a statue in which an artist
Dunque, non un dettaglio secondario, ma … la cosa
principale! La cosa principale, sfuggita ai tolemaici, è la
proporzione che esiste tra le parti dell’intero cosmo.
Forse, dice Copernico, Tolomeo e i suoi epigoni hanno
saputo escogitare un sistema geometrico più preciso del
suo, ma i dispositivi associati a ciascun pianeta possono
essere dilatati o ristretti a piacere e non consentono
nemmeno di stabilire l’ordine dei pianeti. Il sistema
- 11 -
was able to reproduce finely every part of a body but
completely ignored their right proportions and so created
a monster. The monster is not, as most scholars
erroneously asserted, a system made up of too many
circles and where not every motion is uniform. The
monster is a universe out of proportion, in which there is
not any relation among its individual parts. We can
expand the deferent-epicycle device of Jupiter until it
exceeds the orbit of Saturn and the Ptolemaic system will
not be affected at all! Perhaps the heliocentric system of
Copernicus is not as precise as Ptolemy’s; perhaps he is
like an artist who has not been able to paint or to sculpt
the limbs in such a beautiful manner, but his work is a
well-proportioned body. Each part of the universe is
related to the others. And this is the chief point of all that
we are given to know about the cosmos.
tolemaico è come un dipinto o una statua in cui un artista
ha saputo riprodurre magnificamente ogni parte del corpo
ignorando però le proporzioni e generando così un
mostro. Il mostro non è, come molti studiosi hanno
erroneamente sostenuto, un sistema composto da troppi
cerchi e in cui i moti non sono tutti uniformi. Il mostro è
un universo sproporzionato, in cui non c’è alcuna
relazione tra le singole parti. Possiamo ingrandire il
sistema epiciclo-deferente di Giove fino a portarlo oltre
l’orbita di Saturno e il sistema tolemaico non ne risentirà
in alcun modo! Il sistema eliocentrico di Copernico forse
non è altrettanto preciso, forse egli è come un artista che
non ha saputo dipingere o scolpire le singole membra in
modo altrettanto meraviglioso, ma la sua opera è un corpo
proporzionato. Ogni parte del cosmo è legata a ogni altra.
E questa è la cosa principale che ci sia dato di conoscere
del cosmo.
Figure 11. “Rem quoque praecipuam, hoc est mundi formam ac partium eius certam symmetriam, non potuerunt invenire, vel ex illis
colligere. Sed accidit eis perinde, ac si quis e diversis locis manus, pedes, caput, aliaque membra optime quidem, sed non unius corporis
comparatione, depicta sumeret, nullatenus invicem sibi respondentibus, ut monstrum potius quam homo ex illis componeretur.”
And some lines later,
E qualche riga dopo:
…and though what I am saying may be obscure
right now, nevertheless it will become clearer in
the proper place.
Ciò che dico è forse oscuro, ma diventerà più
chiaro a suo luogo.
Strange that I no memory of having read that
sentence! Copernicus asked the reader to study the
following five books but, in my case, what I needed
instead was to have to adjust the projector in the
Planetarium.
My emotion made me close the book, and I did not
reopen it till the day after, when I would find other
confirmations of the motives of Copernicus.
In fact Copernicus goes on to describe the path that
led him to his belief in the motion of the Earth.
Non conservavo alcuna memoria di aver già letto
quella frase! Copernico chiedeva al lettore di cimentarsi
nei successivi libri ma, nel mio caso, ciò di cui avevo
avuto bisogno era stato di regolare il proiettore del
Planetario.
Per l’emozione dovetti chiudere il libro, e non lo
riaprii fino al giorno dopo, quando avrei trovato altre
conferme sulla motivazione di Copernico.
Copernico passa infatti a raccontare il percorso che lo
ha portato a credere al moto della Terra.
Perciò mi assunsi l’impresa di raccogliere i libri di
tutti i filosofi, che potessi avere, al fine di indagare
se mai qualcuno avesse opinato che i movimenti
delle sfere del mondo fossero diversi da quelli che
ammettono coloro che insegnano matematiche
Wherefore I took the trouble to reread all the
books by philosophers which I could get hold of,
to see if any of them even supposed that the
movements of the spheres of the world were
- 12 -
different from those laid down by those who
taught mathematics in the schools …Therefore I
also, having found occasion, began to meditate
upon the mobility of the Earth … And so, having
laid down the movements which I attribute to the
Earth farther on in the work, I finally discovered
by the help of long and numerous observations that
if the movements of the other wandering stars are
correlated with the circular movement of the Earth,
and if the movements are computed in accordance
with the revolution of each planet, not only do all
their phenomena follow from that but also this
correlation binds together so closely the order and
the magnitudes of all the planets and of their
spheres or orbital circles and the heavens
themselves that nothing can be shifted around in
any part of them without disrupting the remaining
parts and the universe as a whole.
nelle scuole …Di qui, dunque, imbattutomi in
questa opportunità, presi anch’io a pensare alla
mobilità della Terra … Pertanto, supposti i
movimenti che più avanti nella mia opera
attribuisco alla Terra, trovai finalmente, dopo
molte e lunghe osservazioni che se si rapportavano
alla circolazione della Terra i movimenti delle altre
stelle e si calcolavano per la rivoluzione di ogni
stella, non solo ne conseguivano i fenomeni di
esse, ma anche gli ordini e le grandezze delle stelle
e di tutti gli orbi, e lo stesso cielo così si connette
che in nessuna sua parte può trasporsi qualcosa
senza che ne derivi confusione nelle altre parti e
nella sua totalità.
In this last sentence Copernicus openly claims that his
heliocentric theory not only explains the phenomena (the
retrogressions and the variations in brightness of the
planets) but, moreover, determines the order and the sizes
of the planetary orbits. Contrary to the Ptolemaic system,
in his system it is sufficient to fix a single distance to
determine all the other distances.
At the end of chapter IX of the first book, dedicated to
the three motions of the Earth, Copernicus comes back
again to that issue:
For if the annual revolution were changed from
being solar to being terrestrial, and immobility
were granted to the sun, the rising and setting of
the signs and of the fixed stars – whereby they
become morning or evening stars – will appear in
the same way; and it will be seen that the
stoppings, retrogressions, and progressions of the
wandering stars are not their own but are
movement of the Earth and that they borrow the
appearances of this movement. Lastly, the sun will
be regarded as occupying the centre of the world.
And the ratio of the order in which these bodies
succeed one another and the harmony of the whole
world teaches us their truth, if only – as they say –
we would look at the thing with both eyes.
In chapter X, dedicated solely to the order of the
heavenly spheres, Copernicus drops a hint about the
origin of his idea. If it is true that a geocentric system
does not allow us to fix the order of the planets, we
cannot be other than surprised at the fact that the order
that we find in the Ptolemaic system is for the most part
correct. For example, the most distant planet is Saturn,
followed by Jupiter and Mars, whereas the nearest planet
is the Moon. According to which criterion was the order
determined?
Copernicus says:
We see that the ancient philosophers wished to
take the order of the planets according to the
magnitude of their revolutions, for the reason that
among things which are moved with equal speed
In quest’ultima frase Copernico afferma apertamente
che la sua teoria eliocentrica non solo spiega i fenomeni
(le variazioni di luminosità e le retrogradazioni dei
pianeti) ma, soprattutto, stabilisce l’ordine e la grandezza
delle orbite planetarie. Contrariamente al sistema
tolemaico, nel suo sistema basta fissare una sola distanza
perché anche tutte le altre risultino completamente
stabilite.
Alla fine del IX capitolo del primo libro, dedicato ai
moti della Terra, Copernico ritorna ancora sulla
questione:
Giacché se [il movimento] venisse trasferito dal
Sole alla Terra, attribuendo l’immobilità al Sole, il
sorgere e il tramontare dei segni e delle stelle fisse,
con cui esse diventano mattutine e vespertine,
apparirebbero nello stesso modo, e si vedrebbe che
anche le stazioni, recessioni e progressioni dei
pianeti sono movimenti non loro, ma della Terra,
che vengono riflessi da ciò che in essi appare. Si
penserà finalmente che proprio il Sole occupa il
centro del mondo; e tutte queste cose ci vengono
insegnate dall’ordine con cui esse si succedono
vicendevolmente, e dall’armonia dell’intero
mondo, purché guardiamo la questione – come si
suol dire – con ambedue gli occhi.
Nel X capitolo, dedicato proprio all’ordine delle sfere
celesti, Copernico ci lascia intuire l’origine della sua idea.
Se è vero che un sistema geocentrico non ci consente di
stabilire in alcun modo l’ordine dei pianeti non possiamo
che rimanere stupiti dal fatto che l’ordine che troviamo
nel sistema Tolemaico è in buona parte corretto. Per
esempio il pianeta più lontano è Saturno, seguito da
Giove e Marte, mentre il più vicino è la Luna. In base a
quale criterio fu stabilito questo ordine?
Dice Copernico:
Riguardo all’ordine dei pianeti, poi, vediamo
che gli antichi filosofi vollero stabilirlo secondo la
grandezza delle loro rivoluzioni, per la ragione
che, delle cose trasportate con eguale velocità,
quelle che sono più distanti sembrano muoversi
più lentamente.
Dunque, nel sistema geocentrico l’ordine dei pianeti
veniva stabilito in base ad una ipotesi aggiuntiva e cioè
- 13 -
those which are the more distant seem to be borne
along more slowly.
So, in the geocentric system the order of the planets
was determined according to an additional hypothesis,
that is, the greater the synodic period, the greater the
distance from earth. Saturn, which takes nearly thirty
years in completing a turn around the zodiac, had to be
the most distant planet, whereas the Moon, which goes
around the zodiac in a little more than 27 days, was the
nearest. There is an analogy with runners placed in
different lanes on a track. The runner in the outer lane
takes more time to complete the course because he must
cover a longer path (in the case of the planets the outer is
also the slowest).
che a periodo sinodico maggiore corrispondesse distanza
maggiore. Saturno, che impiega quasi trent’anni a fare un
giro dello zodiaco, doveva allora essere il pianeta più
lontano, mentre la Luna, che percorre lo zodiaco in poco
più di 27 giorni, il più vicino. L’analogia è quella di
corridori situati in piste diverse. Quello sulla pista più
esterna impiega più tempo a percorrere il circuito perché
deve coprire una distanza maggiore (nel caso dei pianeti
in realtà il più esterno è anche il più lento!).
Figure 12. If the earth and the planets were running around the sun
at the same speed, than an outer planet would be seen slowing down
near opposition.
fig.12 – Se la Terra e i pianeti orbitassero alla stessa velocità intorno
al sole allora un pianeta esterno verrebbe visto dalla Terra
rallentare nei pressi dell’opposizione.
It must have been while speculating about this simple
model that Aristarchus of Samos arrived at his
heliocentric theory. He probably realized that a runner
placed in a middle lane sees those in the outer lanes
slowing down while he is overtaking them (Fig.12).
Something similar happens with the inner runners.
Moreover, if we suppose, in analogy with a vortex, that
outer runners are slower, it is possible that they are even
seen retrogressing against the background of the stadium.
This is the usual explanation given to show how the
Copernican theory gives an account of planetary
regressions (Fig.13). But Copernicus claims much more
than this. He states that he has determined the proportions
of the planetary orbits.
Deve essere stato meditando su questo semplice
modello che Aristarco di Samo è approdato
all’eliocentrismo. Si deve essere accorto che un corridore
situato in una pista intermedia vede quelli delle piste più
esterne rallentare quando è in fase di sorpasso (fig.12). Un
fenomeno analogo succede riguardo ai corridori più
interni. Supponendo poi, in analogia con un vortice, che i
corridori esterni siano anche via via più lenti è possibile
fare in modo che essi siano visti addirittura indietreggiare
sullo sfondo della folla sugli spalti dello stadio. Si tratta
della spiegazione che di solito viene data per mostrare
come la teoria copernicana renda conto delle
retrogradazioni planetarie (fig.13). Ma Copernico afferma
molto di più di questo. Egli afferma di aver stabilito le
proporzioni delle orbite planetarie.
- 14 -
Figure 13. If, as in a vortex, the speed of the planets decreases with
their distance from the sun, then outer planets would even be seen to
go backwards when near opposition.
fig.13 – Se, come in un vortice, la velocità dei pianeti decresce con la
distanza dal sole allora i pianeti esterni vengono visti addirittura
retrocedere in prossimità dell’opposizione.
Had Aristarchus, from whom Copernicus certainly drew
his inspiration, reached just the same awareness of the
proportions of the cosmos as Copernicus had? I, for one,
don’t think so, and for two reasons: The first reason is
that it one may have an idea without necessarily
developing its consequences . How many books shows
the diagram of Figure 13 without mentioning the ratio of
the orbits at all! And I am not speaking of books for
children. About ten years ago I attended with a colleague
of the Planetarium, Ester Cantini, a lecture of Lucio
Russo on the problem of motion, addressed to high school
students. On that occasion Russo, in the name of the
relativity of motion, stated that the Copernican and
Ptolemaic systems were essentially equivalent. When I
observed that the Copernican system, unlike the
Ptolemaic one, fixed the order and the proportion of the
planetary orbits, he remained for a moment perplexed,
then reaffirmed his previous assertion about the
equivalence of the two systems. I decided that if a major
consequence of the heliocentric system could be unclear
to a modern mathematician and expert of Greek science,
we should hesitate to assume that Aristarchus was aware
of it, when historical documents are lacking.
In Russo’s book The forgotten Revolution, he many times
he goes beyond the documented facts and what we might
logically infer from them, relying only on hindsight. For
example, there is a deep connection between Fourier
expansions and the possibility of adding more and more
epicycles on epicycles to a deferent, but he attributes to
Aristarco, a cui Copernico si è certamente ispirato, aveva
già raggiunto le consapevolezze di Copernico sulle
proporzioni del cosmo? Personalmente credo di no, e
questo per almeno due ragioni. Una prima ragione è che
non è affatto detto che chi ha avuto un’idea ne abbia
necessariamente sviluppato tutte le possibili conseguenze.
Quanti libri riportano il diagramma di fig.13 e non
accennano minimamente ai rapporti delle orbite. E non
parlo di libri per ragazzi. Una decina di anni fa assistetti
con una mia collega del Planetario, la professoressa Ester
Cantini, ad una conferenza di Lucio Russo sul problema
del moto, rivolta agli studenti di scuola superiore. In
quell’occasione Russo, in nome della relatività del moto,
affermò la sostanziale equivalenza tra il sistema
copernicano e quello tolemaico. Alla mia osservazione
che il sistema copernicano, a differenza di quello
tolemaico, stabiliva l’ordine e la proporzione delle orbite
planetarie egli rimase un attimo perplesso per poi ribadire
comunque l’equivalenza appena asserita. Il fatto che una
clamorosa conseguenza del sistema eliocentrico possa
sfuggire a un moderno matematico ed esperto della
scienza greca dovrebbe indurre alla prudenza riguardo
all’affermazione che Aristarco ne fosse consapevole,
specialmente in mancanza di documenti storici. Nel suo
libro La rivoluzione dimenticata, Russo supera spesso il
confine tra i fatti documentati e ciò che è possibile
dedurre logicamente da essi, magari grazie alle nostre
attuali consapevolezze. Ad esempio, partendo dal fatto
che c’è un profondo legame tra l’aggiunta di successivi
- 15 -
the ancient Greeks a lucid awareness of this, while there
is no evidence that constructions with many epicycles had
ever been used. We should be more cautious.
There is a second and more convincing reason for
thinking that Aristarchus did not go so far. Apart from his
heliocentric theory, Aristarchus is known for his
measurement of the Earth-Sun distance. If he had
achieved the Copernican understanding he could have
immediately inferred the distances of all the planets from
the sun, and that would have made such an impact that
centuries could not have effaced it.
How did Copernicus arrive at the discovery that the
heliocentric theory entails a harmonious universe? The
fundamental difference between Aristarchus and
Copernicus is that the first lived before Ptolemy; the
second, after. Aristarchus with his heliocentric theory
gave a simple explanation of the planetary regressions;
but Copernicus, in his revisitation of the heliocentric
system, inevitably felt the need to compare it with
Ptolemaic deferents and epicycles. I am utterly convinced
that, as happened to me at the Planetarium, while looking
for the connection between the two systems, Copernicus
discovered that Aristarchus’s system put a restriction on
Ptolemy’s, i.e., it forced the deferents of Mercury and
Venus to coincide with the orbit of the sun, and the
epicycles of Mars, Jupiter, and Saturn to have that same
size. The heliocentric hypothesis, in spite of the relativity
of the motions, selected only one among the infinite
possible geocentric systems.
Finally, Copernicus achieved another resounding result.
The analogy with the runners placed in different lanes on
a running track allows us, for example, to claim that
Saturn is more distant than Jupiter and that the latter is
more distant than Mars, but it remains completely
ineffective with regard to the sun, Mercury, and Venus,
all of them having a mean period of a year. Indeed, as
Copernicus mentions in chapter X of book I, the ancient
astronomers did not always agree in assigning the order of
these three celestial bodies. If, however, the motions are
referred to the sun, there are no two planets with the same
period, and the rule that a greater period corresponds to a
greater distance applies in all cases, This is the meaning
of the concluding sentence of chapter X:
Therefore in this ordering we find that the world has a
wonderful commensurability and that there is a sure bond
of harmony for the movement and magnitude of the
orbital circles such as cannot be found in any other way.
How could the “chief point of all” of Copernican theory
sink into oblivion?
About the period immediately following the publication
of his book we may point out at least two different
reasons, relative to two different kinds of readers.
Copernicus, wishing his theory to have the same degree
of predictivity as Ptolemy’s, was forced to add little
epicycles to the simple circular orbits, thus tremendously
complicating it and obscuring what he stated in his
preface and in the first chapter, instead of clarifying it.
Readers not expert in the mathematics of planetary
motions were not able to appreciate the deep
consequences of a cosmological character following from
epicicli su epicicli al modello epiciclo deferente e gli
sviluppi di Fourier, egli arriva ad attribuire ai greci una
lucida consapevolezza di ciò, anche se in realtà non
esistono prove che tali costruzioni con molti epicicli siano
effettivamente mai state usate. Dovremmo forse esser più
cauti.
Ma c’è un secondo e più convincente motivo per ritenere
che Aristarco non fosse arrivato così avanti. Oltre che per
la teoria eliocentrica Aristarco è noto per una misura della
distanza Terra-Sole. Se Aristarco avesse raggiunto la
consapevolezza copernicana ne avrebbe immediatamente
dedotto le distanze di tutti i pianeti dal Sole, risultato
questo talmente clamoroso che i secoli non sarebbero
riusciti a seppellirlo!
Per quale via Copernico arrivò a scoprire che
l’eliocentrismo implica un universo proporzionato? La
differenza fondamentale tra Aristarco e Copernico è che il
primo visse prima di Tolomeo, mentre il secondo dopo.
Aristarco, con la sua teoria eliocentrica, diede una
semplice spiegazione delle retrogradazioni planetarie, ma
Copernico, nella sua rivisitazione di tutto quanto era stato
fatto prima di lui, riesaminando il sistema eliocentrico
sentì inevitabilmente il bisogno di confrontarlo con i
deferenti e gli epicicli tolemaici. Sono profondamente
convinto che, come mi accadde di riscoprire al Planetario,
cercando di stabilire un legame tra i due sistemi
Copernico abbia scoperto che quello di Aristarco
comportava un vincolo su quello tolemaico e cioè
imponeva che i deferenti di Mercurio e Venere
coincidessero con l’orbita del Sole e gli epicicli di Marte,
Giove e Saturno avessero quella stessa dimensione.
L’ipotesi eliocentrica, indipendentemente dalla relatività
del moto, selezionava uno solo degli infiniti possibili
sistemi geocentrici.
Copernico conseguì infine un altro risultato clamoroso.
L’analogia coi corridori nelle diverse piste consente ad
esempio di affermare che Saturno è più lontano di Giove
e che questo è più lontano di Marte, ma risulta del tutto
inefficace riguardo al Sole, Mercurio e Venere, che hanno
tutti un periodo medio di un anno. Ne è prova il fatto che,
come ricorda Copernico nel capitolo X, gli astronomi
dell’antichità non sono sempre stati concordi
nell’assegnare l’ordine di questi tre pianeti. Riferendo
invece i moti al Sole ecco che non vi sono più due pianeti
con lo stesso periodo e vale senza più alcuna eccezione la
regola che a periodo maggiore corrisponde distanza
maggiore. Questo è il significato della frase conclusiva
del decimo capitolo:
Troviamo così in questo ordinamento un’ammirevole
simmetria del mondo e un sicuro nesso armonico fra il
movimento e la grandezza degli orbi, quale altrimenti non
è possibile trovare.
Come ha potuto cadere nel dimenticatoio “la cosa
principale” della teoria copernicana?
Riguardo al periodo immediatamente successivo alla
pubblicazione dell’opera possiamo individuare almeno
due diverse cause, relative a due diversi tipi di lettori.
Copernico, volendo dare alla propria teoria lo stesso
grado di predittività di quella tolemaica, fu costretto a
complicarla enormemente, aggiungendo piccoli epicicli
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the hypothesis of the motion of the Earth, yet these were
the only reasons that could motivate a hypothesis so
contrary to the experience of the senses. Vice versa, most
of the specialist readers, merely interested in the
compilation of planetary tables, came to focus their
attention on the algorithmic aspect, completely separating
it from the cosmological one.
And in modern times? How is it possible that still today
“the chief point of all” in the work of Copernicus is so
unfamiliar?
alle semplici orbite circolari, oscurando così quanto
dichiarato nella premessa invece di chiarirlo
ulteriormente. I lettori non specialisti della matematica
dei moti planetari non furono in grado di apprezzare le
profonde conseguenze di carattere cosmologico derivanti
dell’ipotesi del moto della Terra, le sole che potessero
avvicinare ad un’ipotesi così contraria all’esperienza dei
sensi. Viceversa, i lettori specialisti, interessati solo alla
compilazione delle tavole planetarie, finirono quasi tutti
per concentrarsi sull’algoritmo di calcolo svincolandolo
del tutto dall’aspetto cosmologico.
E nei tempi moderni? Come mai, ancora oggi, “la cosa
principale” dell’opera copernicana è così poco nota?
Copernicus and His Modern Detractors
Copernico e i suoi moderni detrattori
Thus Copernicus’ first impulse to reform the
Ptolemaic system originated in his urge to remove a
minor blemish from it, a feature which did not strictly
conform to conservative Aristotelian principles. He
was led to reversing the Ptolemaic system by his
desire to preserve it – like the maniac who, pained by
a mole on his beloved’s cheek, cut off her head to
restore her to perfection.
--Arthur Koestler
Se Copernico venne spinto a riformare il sistema di
Tolomeo fu innanzitutto per il bisogno di eliminare
un’imperfezione, un tratto che non era rigorosamente
conforme ai puri principi aristotelici. Fu portato a
rovesciare il sistema di Tolomeo dal suo desiderio di
conservarlo – come quel pazzo che, rattristato da una
verruca sulla guancia dell’amata, le taglia tutta intera
la testa che vuol rendere impeccabile.
Arthur Koestler
When I give a lecture for school-age children, at the
end of the projection there is always someone who asks
me if the armchairs were turning or was it the starry sky.
Such doubt can arise only because of the slowness of
the rotation of the projector with respect to the floor of the
room. Otherwise, as everyone knows very well, if the
lecturer could really choose between rotating the projector
and rotating the floor of the room, then the spectators
could easily distinguish between the two situations. In
fact, in the first case, if upset by the rapid rotation, they
could simply close their eyes and perhaps peacefully
sleep on the comfortable reclining armchairs (as
sometimes happens!). On the other hand, in the second
case, closing the eyes could only worsen the situation:
they would feel themselves pressed against the back of
the armchair anyway and they would still feel giddy.
Though the situations seem to be symmetric optically,
they differ with regard to dynamics.
Newton explained this asymmetry by supposing the
existence of an absolute space in which all bodies are
embedded. Centrifugal forces arise only when bodies
rotate with respect to the absolute space. So, Newton
distinguishes between real rotations and apparent
rotations. About the question of the reality of the motion
of the Earth he says:
Quando faccio lezione ai bambini della scuola
materna o dei primi anni della scuola elementare,
terminata la proiezione, c’è sempre qualcuno che mi
chiede se erano le poltrone a girare o il cielo stellato.
Questo dubbio può nascere soltanto a causa della lentezza
della rotazione del proiettore rispetto al pavimento della
sala. Altrimenti, come tutti ben sappiamo, se il
conferenziere potesse davvero scegliere se far ruotare il
proiettore o il pavimento, gli spettatori potrebbero
facilmente distinguere le due situazioni. Infatti, nel primo
caso, se infastiditi dalla rapida rotazione, essi potrebbero
semplicemente chiudere gli occhi e magari addormentarsi
tranquillamente sulle comode poltrone reclinabili (come
qualche volta accade!). Nel secondo caso, invece,
chiudere gli occhi peggiorerebbe soltanto la situazione:
essi si sentirebbero comunque premere contro gli
schienali e comincerebbero ad avvertire una sgradevole
sensazione allo stomaco. Se dal punto di vista ottico la
situazione sembra del tutto simmetrica ecco che le cose
vanno diversamente dal punto di vista dinamico.
Newton ha spiegato questa asimmetria ipotizzando
l’esistenza di uno spazio assoluto in cui sono immersi tutti
i corpi. Le forze centrifughe compaiono soltanto quando i
corpi ruotano rispetto allo spazio assoluto. Newton
distingue quindi tra rotazioni vere e rotazioni apparenti.
Riguardo alla questione della realtà del moto della Terra
egli si esprime poi in questo modo:
Therefore the planets Saturn, Jupiter, Mars, Venus
and Mercury are not really retarded in their
perigees, nor do they become really stationary, nor
retrograde with a slow motion. All these
phenomena are merely apparent; and the absolute
motions, by which the planets continue to revolve
in their orbits, are always direct and nearly
uniform. These motions, as we have proved, are
performed about the sun; and therefore the sun, as
Dunque i pianeti Saturno, Giove, Marte, Venere e
Mercurio non ritardano realmente nei loro perigei
né diventano realmente stazionari o retrogradi con
un lento movimento. Tutti questi fenomeni sono
soltanto apparenti e i moti assoluti coi quali i
pianeti percorrono le loro orbite sono sempre
diretti e quasi uniformi. Questi moti, come
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the centre of the absolute motions, is at rest; for the
proposition that the Earth is at rest must be
completely denied …
In addition to the occurrence of centrifugal forces
Newton provides another way to detect absolute rotations:
a body rotates with respect to absolute space if and only if
it rotates with respect to the fixed stars.
Starting from this fact, which Newton considers a pure
accident, Mach, an earnest advocate of the complete
relativity of motions, reduces absolute rotations to
rotations relative to the fixed stars, thus removing the
metaphysical concept of absolute space:
For me only relative motions exist … . When a
body rotates relatively to the fixed stars,
centrifugal forces are produced; when it rotates
relatively to some different body and not relative
to the fixed stars, no centrifugal forces are
produced. I have no objection to just calling the
first rotation so long as it be remembered that
nothing is meant except relative rotation with
respect to the fixed stars.
abbiamo dimostrato, avvengono intorno al Sole. È
dunque il Sole, come centro dei moti assoluti, ad
essere immobile e quindi l’affermazione che la
Terra è immobile deve essere completamente
rigettata …
Oltre all’insorgere delle forze centrifughe Newton
fornisce un altro criterio per individuare le rotazioni
assolute: un corpo ruota rispetto allo spazio assoluto
esattamente quando ruota rispetto alle stelle lontane.
Partendo da quest’ultimo fatto, che Newton considera
una coincidenza, Mach, convinto assertore della completa
relatività dei moti, riduce le rotazioni assolute a rotazioni
relative alle stelle lontane, eliminando così il concetto
metafisico di spazio assoluto:
Secondo me esistono solo moti relativi …. Quando
un corpo ruota rispetto alle stelle fisse, si
producono forze centrifughe; quando ruota rispetto
a qualche altro corpo e non in relazione alle stelle
fisse, non si producono forze centrifughe. Non ho
nulla in contrario a chiamare rotazione la prima,
purché ci si ricordi che non vuol dire altro che
rotazione relativa rispetto alle stelle fisse.
Then the previous apparent asymmetry rises from the
fact that, in the second case, armchairs chiefly rotate with
respect to the fixed stars, i.e., with respect to the
predominant mass of the universe. There exist only
relative motions, and the situations seem to be
asymmetric because we have unjustly isolated the domefloor system from the rest of the universe, erroneously
neglecting the “boundary conditions”, that is, the effect of
the surrounding masses.
Concentrating on the problem of the relativity of
motion and on the meaning of inertia, Mach seems to
have completely neglected the chief point of the
Copernican System, as clearly emerges when he says that
Relatively, not considering the unknown medium
of space, the motions of the universe are the same
whether we adopt the Ptolemaic or the Copernican
mode of view. Both views are, indeed, equally
correct; only the latter is more simple and more
practical.
After Mach, and, above all, after Einstein’s theory of
general relativity, the problem of deciding if the earth
stands still or if it revolves around the sun has lost any
meaning. Those who believed that the comparison
between the Copernican and Ptolemaic theories consisted
in the possibility of establishing or not establishing the
reality of the motion of the Earth reduced the difference
between the two systems to a different but equally
legitimate choice of the frame of reference.
Emblematic is the case of Bertrand Russell:
L’apparente asimmetria precedente nasce quindi dal
fatto che, nel secondo caso, le poltrone ruotano
prevalentemente rispetto alle stelle lontane e cioè rispetto
alla massa predominante dell’universo. Esistono solo
rotazioni relative e la situazione appare dunque
asimmetrica per aver indebitamente isolato il sistema
cupola-pavimento dal resto dell’universo, trascurando
erroneamente le “condizioni al contorno” e cioè l’effetto
della massa circostante.
Concentrato sul problema della relatività del moto e
sul significato dell’inerzia, Mach sembra però aver del
tutto trascurato il principale elemento di superiorità del
sistema copernicano, come si vede chiaramente quando
afferma che:
Relativi sono i moti nell’universo sia nel sistema
tolemaico sia in quello copernicano, quando si
astragga dal presunto misterioso mezzo che
pervade lo spazio. Queste due teorie sono
ugualmente corrette, solo che la seconda è più
semplice e più pratica dell’altra.
Dopo Mach e, soprattutto, dopo la teoria della
relatività generale di Einstein, il problema di decidere se
la Terra sia immobile o ruoti intorno al Sole ha cessato di
avere significato. Chi ha ritenuto che il confronto tra la
teoria copernicana e quella tolemaica consistesse nello
stabilire o meno la realtà del moto della Terra ha finito col
ridurre la differenza fra i due sistemi a una diversa ma
altrettanto lecita scelta del sistema di riferimento.
Emblematico è il caso di Bertrand Russel:
In this respect, it is interesting to contrast Einstein
and Copernicus. Before Copernicus, people
thought that the Earth stood still and the heavens
revolved about it once a day. Copernicus thought
that “really” the Earth rotates once a day, and the
daily revolution of sun and stars is only
A questo scopo è interessante contrapporre
Einstein a Copernico. Prima di Copernico si
credeva che la Terra fosse immobile e che i cieli le
ruotassero attorno ogni giorno. Copernico pensò
che la Terra ruotasse “realmente” ogni giorno e
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“apparent”. Galileo and Newton endorsed this
view, and many things were thought to prove it –
for example, the flattening of the Earth at the
poles, and the fact that bodies are heavier there
than at the equator. But in the modern theory the
question between Copernicus and earlier
astronomers is merely of convenience; all motion
is relative, and there is no difference between the
two statements: “the Earth rotates once a day” and
“the heavens revolve about the Earth once a day”.
The two mean exactly the same thing, just as it
means the same thing if I say that a certain length
is six feet or two yards. Astronomy is easier if we
take the sun as fixed than if we take the Earth, just
as accounts are easier in decimal coinage. But to
say more for Copernicus is to assume absolute
motion, which is a fiction. All motion is relative,
and it is a mere convention to take one body as at
rest. All such conventions are equally legitimate,
though not all are equally convenient.
If the debate between the Ptolemaic and the
Copernican Systems were only concerning whether the
sun is to revolve around the earth or the earth is to revolve
around the sun, we could certainly assert their complete
equivalence. We could extend the equivalence to the
planetary motions if only Ptolemy had been able to
measure the distances of the planets. But Ptolemy,
because of technical limitations, could measure only
“appearances”, i.e., the directions at which the planets are
seen. With Ptolemy, referring the motions to the earth, it
is possible to build an infinite number of geocentric
systems that describe the same angular positions for the
planets, but with arbitrary sizes of their deferent-epicycle
devices. On the contrary, there is only one system, except
for a similitude, in which the planets revolve around the
sun. Copernicus, armed with his powerful heliocentric
theory, in spite of the same technical limitations as
Ptolemy’s, was able to derive the proportions of the
planetary orbits.
Hence I believe that it is making the comparison
between the “two chief world systems” exclusively in
terms of relativity of motion that has spread among the
scientists of the 20th century the erroneous conviction
about their substantial equivalence.
For example, Fred Hoyle, in a book written in 1973 on
the occasion of the quincentenary of Copernicus’s birth,
after an elegant mathematical analysis of the Ptolemaic
and the Copernican systems by means of complex
numbers, unconsciously identifies the Ptolemaic system
with the geocentric one obtained starting from the
Copernican one; then the issue is indeed reduced to a
change in the reference system:
Since the issue is one of relative motion only, there
are infinitely many exactly equivalent descriptions
referred to different centres – in principle any
point will do, the Moon, Jupiter… . So the
passions loosed on the world by the publication of
Copernicus’ book, De revolutionibus orbium
coelestium libri VI, were logically irrelevant …
che la rotazione diurna del sole e delle stelle fosse
solo “apparente”. Galileo e Newton appoggiarono
questa veduta ed escogitarono diverse cose per
dimostrarla – per esempio lo schiacciamento della
Terra ai poli e il fatto che i corpi vi pesassero più
che all’equatore. Ma secondo le moderne teorie la
disputa tra Copernico e gli astronomi precedenti è
solo una questione di convenienza; tutti i moti
sono relativi e non c’è alcuna differenza tra le due
affermazioni: “la Terra ruota in un giorno” e “i
cieli ruotano intorno alla Terra in un giorno”.
Entrambe significano la stessa cosa, così come
significa la stessa cosa affermare che una certa
lunghezza è di sei piedi o due iarde. L’Astronomia
è più semplice se noi consideriamo fermo il Sole
piuttosto della Terra allo stesso modo di come i
conti sono più semplici col sistema monetario
decimale. Ma aggiungere qualcosa in favore di
Copernico significa accettare il moto assoluto, che
è un’illusione. Tutti i moti sono relativi ed è solo
una convenzione assumere un corpo come fermo.
Tali convenzioni sono tutte ugualmente legittime
sebbene non siano tutte ugualmente convenienti.
Se la disputa tra il sistema tolemaico e quello
copernicano riguardasse esclusivamente il fatto se sia il
Sole a girare intorno alla Terra o la Terra intorno al Sole
allora potremmo certamente dichiarare del tutto
equivalenti i due sistemi. L’equivalenza potrebbe
estendersi anche ai moti planetari se solo Tolomeo fosse
stato in grado di misurare anche le loro distanze. Ma
Tolomeo, a causa di limitazioni tecniche, ha potuto
misurare solo “le apparenze”, e cioè le direzioni in cui i
pianeti vengono visti. Ecco allora che, riferendo i moti
alla Terra, è possibile costruire infiniti sistemi geocentrici
che descrivono le stesse posizioni angolari dei pianeti, ma
con dimensioni arbitrarie dei loro dispositivi epiciclodeferente. C’è invece un unico sistema eliocentrico, a
meno di una similitudine, in cui i pianeti ruotano intorno
al Sole. Copernico, armato della sua potente teoria
eliocentrica, pur con le stesse limitazioni tecniche di
Tolomeo, ha potuto misurare i rapporti delle orbite
planetarie.
Credo quindi che sia stato proprio l’aver portato il
confronto tra i due “massimi sistemi del mondo”
esclusivamente sul piano della relatività del moto a far
diffondere fra gli scienziati del XX secolo l’erronea
convinzione della loro sostanziale equivalenza.
Per esempio Fred Hoyle, in un suo libro scritto nel
1973 in occasione del quinto centenario della nascita di
Copernico, dopo un’elegante analisi matematica del
sistema tolemaico e di quello copernicano mediante l’uso
dei numeri complessi, finisce inconsapevolmente col
considerare come sistema tolemaico il sistema
geocentrico ottenuto a partire da quello copernicano e col
ridurre così la questione a un cambio del sistema di
riferimento:
Dato che la questione riguarda solamente moti
relativi, ci sono infinite descrizioni esatte
equivalenti riferite a diversi centri – in linea di
principio ogni punto può essere preso come centro:
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Hoyle reduces the importance of the Copernican idea
only to facilitating the development of the Newtonian
theory of gravitation, without which we would have
hardly reached our present state of knowledge, and he
ends his book as follows:
la Luna, Giove … . Dunque le discussioni suscitate
nel mondo per la pubblicazione del libro di
Copernico, il De revolutionibus orbium coelestium
libri VI, furono del tutto irrilevanti dal punto di
vista logico …
Today we cannot say that the Copernican theory is
“right” and Ptolemaic theory is “wrong” in any
meaningful physical sense …. What we can say,
however, is that we would hardly have come to
recognize that this is so if scientists over four
centuries or more had not elected to follow the
Copernican point of view. The Ptolemaic system
would have proved sterile because progress would
have proven too difficult.
Hoyle riduce poi l’importanza dell’idea copernicana
unicamente all’aver favorito lo sviluppo della teoria
newtoniana della gravitazione, senza la quale non
saremmo giunti alle attuali consapevolezze, e conclude il
libro così:
The rereading of Copernicus from a relativistic
viewpoint has come to hide completely the strongest point
of his system, depriving the De revolutionibus of its
content. That confronted philosophers of science and
historians with a fake question: “Why did Copernicus
believe in the motion of the earth if his system was
essentially equivalent to Ptolemy’s?” Because the choice
between two equivalent theories is a matter of taste, they
replied that Copernicus believed in a moving Earth for
reasons of an aesthetic nature, and they looked for the
origin of this in his cultural background by means of
analysis that was often very interesting but sometimes
completely out of place. In particular, they depicted
Copernicus as a man obsessed by equants, a picture that
received greatest emphasis in “The Timid Canon” by
Arthur Koestler.
Burtt shows in [1] that he has completely missed the
chief point of Copernican theory when he states that his
system “was more harmonious, in that the major part of
the planetary phenomena could now fairly well be
represented by a series of concentric circles around the
sun, our moon being the only irregular intruder.”
Butterfield openly identifies in [2] the main reason for
Copernicus’ innovation as the removal of the equant:
He was dissatisfied with the Ptolemaic system for
a reason which we must regard as a remarkably
conservative one –he held that in a curious way it
caused offence by what one can almost call a
species of cheating. Ptolemy had pretended to
follow the principle of Aristotle by reducing the
course of the planets to combinations of uniform
circular motions; but in reality it was not always
uniform motion about a centre, it was sometimes
only uniform if regarded as angular motion about a
point that was not the centre. Ptolemy, in fact, had
introduced the policy of what was called the
equant, which allowed of uniform angular motion
around a point which was not the centre, and a
certain resentment against this type of sleight-ofhand seems to have given Copernicus a special
urge to change the system.
Oggi non possiamo assegnare alcun significato
fisico all’affermazione secondo la quale la teoria
copernicana è “giusta” e quella tolemaica è
“sbagliata”… Quello che possiamo comunque
affermare è che sarebbe stato arduo raggiungere
questa consapevolezza se gli scienziati per quattro
secoli o più non avessero scelto di seguire il punto
di vista copernicano. Il sistema tolemaico si
sarebbe dimostrato sterile perché sarebbe stato
troppo difficile progredire.
La rilettura di Copernico in chiave relativistica ha
dunque finito con l’occultare del tutto il punto di forza del
suo sistema, svuotando di contenuto il De Revolutionibus.
Ciò ha posto i filosofi e gli storici della scienza davanti a
un interrogativo fasullo: “Perché Copernico ha creduto al
moto della terra se il suo sistema è sostanzialmente
equivalente a quello di Tolomeo?”. Poiché la scelta tra
due teorie del tutto equivalenti non può che ridursi a una
mera questione di gusto, essi hanno risposto che
Copernico ha creduto al moto della Terra per motivi
estetici, e hanno ricercato l’origine di ciò nel suo
retroterra culturale, con analisi spesso interessantissime,
ma a volte del tutto fuori luogo. In particolare hanno
dipinto Copernico come un uomo ossessionato dagli
equanti, immagine questa che ha raggiunto il suo apice ne
“Il canonico timoroso” di Arthur Koestler.
Per esempio Burtt dimostra in [1] di non aver per nulla
colto “la cosa principale” della teoria copernicana quando
afferma che il suo sistema “Era più armonioso, nel senso
che la maggior parte dei fenomeni planetari potevano ora
essere rappresentati con buona approssimazione da una
serie di cerchi concentrici col Sole, rimanendo la Luna
l’unica intrusa.”
Butterfield poi in [2] individua apertamente
nell’eliminazione dell’equante tolemaico il motivo
centrale dell’innovazione copernicana:
Even Kuhn, in his book that up to then I had
considered the clearest and most exhaustive treatment of
the Copernican Revolution [12], does not break away
- 20 -
Egli era insoddisfatto del sistema tolemaico per
una ragione che dobbiamo considerare altamente
conservativa e che egli riteneva curiosamente
offensiva per quello che potremmo quasi chiamare
una specie di imbroglio. Tolomeo aveva preteso di
seguire la prescrizione di Aristotele riducendo i
moti planetari a combinazioni di moti circolari
uniformi; ma in realtà non si trattava sempre di
moti uniformi rispetto al centro del cerchio, ma a
volte rispetto a un punto diverso dal centro.
Tolomeo introdusse infatti il dispositivo chiamato
equante, che consentiva un moto angolare
from these views:
uniforme rispetto a un punto che non era il centro
del cerchio e alcuni risentimenti verso questo tipo
di colpi di mano sembrano aver fatto sentire a
Copernico una particolare urgenza di riformare il
sistema.
What Copernicus did attack and what started the
revolution in astronomy was certain of the
apparently trivial mathematical details, like
equants, embodied in the complex mathematical
system of Ptolemy and his successors …
Copernicus used epicycles and eccentrics like
those employed by his ancient predecessors, but he
did not use the equants, and he felt that their
absence from his system was one of his greatest
advantages and one of the most forceful arguments
for his truth.
Persino Kuhn, nel suo libro che fino ad allora avevo
considerato la trattazione più chiara ed esauriente sulla
rivoluzione copernicana [12], non si allontana molto da
queste vedute:
Quello che Copernico in realtà attaccò e che diede
inizio alla rivoluzione nel campo dell’astronomia
fu soltanto qualcuno dei particolari matematici,
apparentemente trascurabili, come gli equanti,
incorporati nei complessi sistemi matematici di
Tolomeo e dei suoi successori … Copernico si
servì di epicicli ed eccentrici simili a quelli usati
dai suoi antichi predecessori, ma non di equanti e
ritenne che il non averli usati fosse uno dei
vantaggi maggiori del suo sistema è una delle
dimostrazioni più efficaci della sua verità.
I now find completely wrong Kuhn’s interpretation of
the famous sentence in which Copernicus defines the
Ptolemaic system as a monster:
Since the equant was normally applied to
eccentrics and since similar devices occasionally
made the epicycle wobble as well, it is not hard to
imagine how Copernicus might have considered
this aspect of Ptolemaic astronomy monstrous …
Diffuseness and continued inaccuracy – these are
the two principal characteristics of the monster
described by Copernicus.
Trovo poi del tutto sbagliata la sua interpretazione
della famosa frase in cui Copernico definisce il sistema
tolemaico un mostro:
Kuhn wonders why the Ptolemaic system seemed to
be a monster to Copernicus whereas it was not so for all
his predecessors and searches for an explanation of this
fact not in his brilliant intuition about the possibility of
determining the order of the planets and the ratios of their
orbits, but in a cultural metamorphosis that happened in
Copernicus’s age. The picture of the De revolutionibus
resulting from Kuhn’s analysis is therefore that of a
paradoxical book in which in order to remove an
aesthetically unpleasing detail the reader is asked to
believe in the motion of the earth! In fact Kuhn describes
as the main incongruence of the De revolutionibus “the
disproportion between the objective that motivated
Copernicus’s innovation and the innovation itself.”
That Copernicus’s book appears to be paradoxical to
Kuhn seems to me quite natural. If from the work of a
scientist based on a great idea we remove that idea, then
inevitably there remains only a pile of incoherent details,
lacking the unifying element. Butterfield himself observes
that “Even the greatest geniuses who broke through the
ancient views in some special fields of study – Gilbert,
Bacon and Harvey, for example- would remain stranded
in a species of medievalism when they went outside that
chosen field.” It is just for this reason that, aside from the
“chief point”, in the book of Copernicus there remains
only the motion of the earth, the Aristotelian physics by
means of which he tries to justify it, and that intricate
systems of circles that, in order to reach the same power
of prediction as Ptolemy’s system had, changes his
original system beyond recognition! In the attempt to give
meaning again to the De revolutionibus, Kuhn, like
Butterfield and others, depicts a Copernicus who,
appalled by the equant and determined to get astronomy
back to the purity of uniform circular motions, builds a
system more complex than Ptolemy’s and even comes to
Poiché l’equante veniva spesso applicato anche
agli eccentrici e poiché accorgimenti di questo
genere facevano pure occasionalmente ondeggiare
l’epiciclo, non è difficile immaginare come
Copernico abbia potuto considerare mostruoso
questo aspetto dell’astronomia tolemaica …
Confusione e imprecisione permanente: ecco le
due principali caratteristiche del mostro descritto
da Copernico.
Kuhn si chiede come mai il sistema tolemaico sia
sembrato mostruoso a Copernico mentre non lo era stato
per tutti i suoi predecessori e cerca la spiegazione di ciò
non nella sua geniale intuizione riguardante la possibilità
di stabilire l’ordine dei pianeti e le proporzioni delle
orbite, ma in una metamorfosi culturale avvenuta
all’epoca di Copernico. L’immagine del De
revolutionibus che risulta dall’analisi di Kuhn è dunque
quella di un libro paradossale in cui per eliminare un
dettaglio esteticamente sgradevole si finisce col chiedere
al lettore di credere addirittura al moto della Terra! Egli
individua appunto come principale incongruenza del De
revolutionibus ”la sproporzione fra l’obiettivo che fu la
causa dell’innovazione copernicana e l’innovazione
stessa.”
Che il libro di Copernico appaia paradossale a Kuhn
mi sembra del tutto naturale. Se dall’opera di uno
scienziato costruita su una grande idea togliamo l’idea
stessa ecco che, inevitabilmente, non resta che un
ammasso di dettagli incoerenti, essendo venuto a cadere
l’elemento unificante. Del resto lo stesso Butterfield
osserva giustamente che “Persino i più grandi geni che
hanno superato le vedute degli antichi in un particolare
settore della conoscenza, come ad esempio Gilbert,
Bacone e Harvey, sono rimasti bloccati in una specie di
- 21 -
assert the motion of the earth. Actually what is
paradoxical is that Kuhn’s book only after 239 pages,
among the technical features of the Copernican system,
mentions its setting the ratios of planetary orbits. Yet,
incomprehensibily, he continues to state that Copernicus’s
innovation is based on an “aesthetical” preference and not
on its greater predictive power.
We find the same paradox in Neugebauer, who on one
hand considers the Copernican and Ptolemaic systems to
differ only by a change in the frame of reference, as when
he states that “The popular belief that Copernicus’s
heliocentric system constitutes a significant simplification
of the Ptolemaic system is obviously wrong. The choice
of the reference system has no effect whatever on the
structure of the model, and the Copernican models
themselves require about twice as many circles as the
Ptolemaic models and are far less elegant and adaptable.”
But later he describes the characteristics of the
Copernican system that fix the ratios of the orbits!
We find this incoherent attitude also in the most recent
publications. For example Gallavotti wrote a paper in
which he analyses the Ptolemaic and Copernican systems
in the light of Fourier analysis, in a more complete and
detailed manner than Hoyle. After showing that the
Copernican algorithm is more systematic and that, in
contrast to Ptolemy’s, it essentially coincides with the
determination of Fourier coefficients, the author states
that “This is perhaps the great innovation of Copernicus
and not, certainly, the one he is always credited for. i.e.,
having referred the motions to the (average) Sun rather
than to the Earth: that is a trivial change in coordinates,
known as possible and already studied in antiquity by
Aristarchus. …” But a few lines later Gallavotti
contradicts himself in a footnote: “Ptolemy does not seem
to realize that the heliocentric hypothesis would have
allowed a clear determination of the average radii of the
orbits, missing in his work. In turn this makes us wonder
which exactly was the famous heliocentric hypothesis of
Aristarchus and if it went beyond a mere qualitative
change of coordinates. Had it been the same as
Copernicus’s he could have determined the sizes of the
orbits. ...”
Butterfield writes off the scientific content of the
Copernican innovation, stating that “His own theory was
only a modified form of the Ptolemaic system – assuming
the same celestial machinery, but with one or two of the
wheels interchanged through the transposition of the roles
of the earth and the sun.”
Koestler, referring to Butterfield, writes that “Once he
started to take the Ptolemaic clockwork to pieces, he was
on the lookout for some useful hint how to rearrange the
wheels in a different order.”
But Koestler and Butterfield are completely wrong
when they assert that Copernicus simply interchanged one
or two wheels of the Ptolemaic clock. They have not
understood that Ptolemy built seven independent clocks,
one for each planet, whereas Copernicus was able to
reassemble the wheels to form a single, coherent, big
clock!
medievalismo quando sono usciti da quel particolare
ambito.” È proprio per questo motivo che, prescindendo
dalla “cosa principale”, nel libro di Copernico non restano
che il moto della terra, la fisica aristotelica con cui tenta
di giustificarlo e quei complicati sistemi di cerchi che, al
fine di raggiungere un livello di predittività paragonabile
a quello tolemaico, hanno finito col rendere quasi
irriconoscibile l’originale semplicità del suo sistema! Nel
tentativo di ridare un senso al De revolutionibus, Kuhn,
come Butterfield e altri, ci presenta un Copernico che,
inorridito dall’equante tolemaico e deciso a riportare
l’astronomia alla purezza dei moti circolari uniformi,
costruisce un sistema ancora più complesso di quello
tolemaico e arriva addirittura ad affermare che la Terra si
muove. Ad essere paradossale è in realtà il libro di Kuhn,
che solo dopo ben 139 pagine, tra le caratteristiche
tecniche del sistema copernicano, cita il fatto che esso
stabilisce le proporzioni delle orbite. Incredibilmente
però, egli continua a ritenere che l’innovazione di
Copernico sia basata su un fatto “estetico” e non sul
maggiore potere predittivo.
Lo stesso paradosso lo troviamo in Neugebauer, che
da una parte considera il sistema tolemaico e quello
copernicano differire solo per un cambio nel sistema di
riferimento, come quando afferma che “La diffusa
credenza che il sistema eliocentrico di Copernico
rappresenti una notevole semplificazione del sistema
tolemaico è chiaramente sbagliata. La scelta del sistema
di riferimento non influisce minimamente sulla struttura
del modello, e i modelli copernicani stessi richiedono
circa il doppio dei cerchi usati da Tolomeo e sono molto
meno eleganti e flessibili.”. Nel seguito, descrive poi la
caratteristica del sistema copernicano di stabilire le
proporzioni delle orbite!
Questo atteggiamento incoerente lo ritroviamo anche
nelle pubblicazioni più recenti. Gallavotti ha scritto un
articolo in cui analizza il sistema tolemaico e quello
copernicano, alla luce dell’analisi di Fourier, in modo più
dettagliato e completo di quanto fatto da Hoyle. Dopo
aver mostrato che il procedimento copernicano è più
sistematico e che, rispetto a quello di Tolomeo, coincide
praticamente con la determinazione dei coefficienti
successivi di Fourier l’autore afferma che “In questo
consiste forse la grande innovazione di Copernico e non
certamente ciò che gli viene sempre attribuito, e cioè
l’aver riferito i moti al Sole (medio) piuttosto che alla
Terra: si tratta di un banale cambio di coordinate noto e
studiato nell’antichità da Aristarco …” Ma, poche righe
dopo, Gallavotti si contraddice quando rimanda a una
nota in cui afferma che “… Tolomeo non sembra
realizzare che l’ipotesi eliocentrica avrebbe consentito
una chiara determinazione dei raggi medi delle orbite,
errati nella sua opera. Da una parte questo ci porta a
domandarci in che cosa sia consistita esattamente la
famosa ipotesi eliocentrica di Aristarco e se essa sia
andata al di là di un cambio di coordinate semplicemente
qualitativo. Se si fosse trattato della stessa ipotesi di
Copernico egli avrebbe potuto determinare le dimensioni
delle orbite …”
Butterfield
liquida
il
contenuto
scientifico
dell’innovazione copernicana affermando che “La sua
teoria era soltanto una forma modificata del sistema
- 22 -
tolemaico – che supponeva la stessa macchina celeste ma
con uno scambio di una o due delle ruote attraverso lo
scambio dei ruoli della Terra e del Sole.”
Riprendendo questa frase Koestler scrive che
Copernico “Non appena cominciò a smontare l’orologio
di Tolomeo, si mise a cercare qualche indizio che gli
permettesse di combinare gli ingranaggi in modo
diverso.”.
Ma Koestler e Butterfield sbagliano di grosso quando
affermano che Copernico ha semplicemente scambiato
una o due ruote dell’orologio tolemaico e, soprattutto,
dimostrano di non aver affatto compreso che la differenza
sostanziale tra Tolomeo e Copernico è che il primo aveva
costruito sette orologi indipendenti, uno per ciascun
pianeta, mentre Copernico è riuscito a rimontare gli
ingranaggi in modo da formare un unico grande orologio
coerente!
The First Modern Cosmologist
Il primo cosmologo moderno
Among theories of equally “simple” foundation that
one is to be taken as superior which most sharply
delimits the qualities of systems in the abstract (i.e.,
contains the most definite claims).
Fra due teorie le cui premesse siano ugualmente
‘semplici’, deve essere considerata superiore quella
che definisce più nettamente le qualità dei sistemi in
astratto (cioè che contiene le affermazioni più
precise).
Albert Einstein
--Albert Einstein
Dreyer asserts that “Aristarchus is the last prominent
philosopher or astronomer of the Greek world who
seriously attempted to find the physically true system of
the world. After him we find various ingenious
mathematical theories which represented more or less
closely the observed movements of the planets, but whose
authors by degrees came to look on these combinations of
circular motion as a mere means of computing the
position of each planet at any moment, without insisting
on the actual physical truth of the system.”
Russo attacks this statement on two fronts, accusing
Dreyer of still believing in the “real” motions of the
planets in Newtonian absolute space and, moreover, of
believing that the “physically true system of the world”
may be something different from its power to predict the
observable position of each planet at every moment,
showing thus that he has not fully recovered that scientific
methodology that was a heritage of Hellenistic
civilization. But Copernicus’s heliocentric system lies on
a completely different plane from Ptolemy’s. The
Ptolemaic system provided an algorithm to predict the
positions of the planets against the fixed stars, starting
from appropriate initial conditions. In other words
Ptolemy did not propose to determine the spatial
coordinates of the planets; he was content to determine
the angular coordinates of the planets on the Celestial
Sphere. And that was not in the name of a methodological
choice that considered inessential the order and the
distances of the planets, but because of his failure to
determine them by means of a measurement or to deduce
them from a more elaborate theory. We can find a
confirmation of this in Ptolemy’s Almagest:
We see that almost all the foremost astronomers
Dreyer afferma che “Aristarco fu l’ultimo dei grandi
filosofi del mondo greco a proporsi seriamente di
indagare il vero sistema fisico del mondo. Dopo di lui
troviamo varie teorie matematiche geniali che
rappresentavano in modo più o meno fedele i moti
osservati dei pianeti, ma i cui autori giunsero
gradualmente a considerare queste combinazioni di moti
circolari come un semplice espediente per poter calcolare
la posizione di ogni pianeta in un momento qualsiasi,
senza insistere sulla verità fisica del sistema.”
Russo attacca questa affermazione di Dreyer su due
fronti accusandolo di credere ancora all’esistenza dei moti
“veri” dei pianeti, e quindi allo spazio assoluto di
Newton, e di credere inoltre che la “verità fisica del
sistema” possa essere qualcosa di diverso dalla sua
capacità di prevedere la posizione osservabile di ogni
pianeta in ogni momento, dimostrando così di non aver
ancora recuperato pienamente quella metodologia
scientifica che fu patrimonio della civiltà ellenistica. Ma
Russo, per il quale la relatività del moto è diventata un
paraocchi, dimostra, contrariamente a Dreyer, di
continuare ad ignorare il fatto che il sistema eliocentrico
di Copernico si colloca su un piano completamente
diverso da quello di Tolomeo. Il sistema tolemaico, coi
suoi deferenti, epicicli, equanti ed eccentrici forniva un
algoritmo per prevedere le posizioni dei pianeti sullo
sfondo delle stelle fisse, partendo da opportune condizioni
iniziali. In altri termini Tolomeo non si proponeva di
determinare le coordinate spaziali dei pianeti, ma solo di
“salvare le apparenze”, e cioè si accontentava di
determinare le coordinate angolari dei pianeti sulla sfera
celeste. E questo non in nome di una scelta metodologica
che considerava irrilevanti l’ordine e le distanze dei
pianeti, ma a causa della sua incapacità di ricavarle
- 23 -
agree that all the spheres are closer to the earth
than that of the fixed stars, and farther from the
earth than that of the moon, and those of the three
[outer planets] are farther from the earth than those
of the other [two] and the sun, Saturn’s being
greatest, Jupiter’s the next in order towards the
earth, and Mars’ below that. But concerning the
spheres of Venus and Mercury, we see that they
are placed below the sun’s by the more ancient
astronomers, but by some of their successors these
too are placed above [the sun’s], for the reason that
the sun has never been obscured by them [Venus
and Mercury] either. To us, however, such a
criterion seems to have an element of uncertainty,
since it is possible that some planets might indeed
be below the sun, but nevertheless not always be in
one of the planes through the sun and our
viewpoint, but in another [plane], and hence might
not be seen passing in front of it, just as in the case
of the moon, when it passes below [the sun] at
conjunction, no obscuration result in most cases.
And since there is no other way, either, to make
progress in our knowledge of this matter, since
none of the stars has a noticeable parallax (which
is the only phenomenon from which the distances
can be derived), the order assumed by the older
[astronomers] appears the more plausible. For, by
putting the sun in the middle, it is more in
accordance with the nature [of the bodies] in thus
separating those which reach all possible distances
from the sun and those which do not so, but always
move in its vicinity; provided only that it does not
remove the latter close enough to the earth that
there can result a parallax of any size.
mediante una misurazione o di dedurle da un quadro
teorico più ricco. La conferma di ciò la troviamo
nell’Almagesto.
Scrive Tolomeo:
Therefore Ptolemy confesses the lack of a scientific
basis that led him to establish the order of the planets, and
is aware of what could be, in principle, a scientific
procedure to reach that outcome: a measure of parallax.
But such a procedure would require measurements that
are beyond his reach. In contrast, the Copernican theory
can predict the positions of the planets in space allowing
us to deduce from observation those distances that
instruments do not allow us to measure by the method of
parallax. It is thus, in principle, falsifiable once better
measures of parallax become available. Irrespective of
this, the Copernican theory is more coherent because it
allows us to derive from a single hypothesis the motion of
the planets around the sun, those phenomena that in the
Ptolemaic theory needed additional hypotheses. It is no
longer necessary to postulate that the centres of the
epicycles of Mercury and Venus remain aligned with the
sun, nor that the lines joining the centres of the epicycles
of outer planets with the planets themselves remain
parallel to the earth-sun direction. In short, the
Copernican theory is decidedly superior with respect to
modern scientific canons.
Yet Kuhn, after having enumerated the points of
objective superiority of the Copernican theory, continues
to speak in a vague manner of “harmony”.
The sum of the evidence drawn from harmony is
Quasi tutti i principali astronomi concordano sul
fatto che tutte le sfere siano più vicine alla Terra di
quella delle stelle fisse e più distanti dalla Terra
della sfera lunare, e quelle dei tre [pianeti esterni]
siano più distanti dalla Terra di quelle degli altri
[due] e del Sole, essendo quella di Saturno la
maggiore, quella di Giove la successiva nell’ordine
verso la Terra e quella di Marte interna ad essa.
Per quanto riguarda le sfere di Venere e Mercurio
vediamo però che esse sono poste internamente
alla sfera del Sole dalla maggior parte degli
astronomi antichi, ma che da alcuni dei loro
successori esse sono pure poste al di fuori [della
sfera del Sole], per il motivo che il Sole non è mai
stato oscurato da nessuno di essi [Venere e
Mercurio]. A noi, comunque, questo criterio
sembra contenere un elemento di incertezza dato
che è possibile che qualche pianeta possa davvero
trovarsi internamente alla sfera del Sole ma,
nondimeno, non trovarsi sempre in uno dei piani
passanti per il Sole e per la nostra visuale, ma in
un altro [piano] e quindi potrebbe non essere visto
passare davanti ad esso, proprio come nel caso
della Luna che quando passa davanti [al Sole] in
congiunzione nella maggior parte dei casi non
produce alcun oscuramento. E dato che non vi è
alcun altro modo di progredire nella conoscenza
della questione, dato che nessuna di queste stelle
ha una parallasse apprezzabile (che è l’unico
fenomeno che consente di ricavare la distanza),
l’ordine ipotizzato dai più antichi [astronomi]
sembra il più plausibile. Porre il Sole nel mezzo
conviene maggiormente alla natura [dei corpi]
perché così separa quelli che possono trovarsi a
qualsiasi distanza dal Sole da quelli che invece si
muovono sempre nelle sue vicinanze; sempre che
questi ultimi non vengano posti troppo vicino alla
Terra in modo che ne risulti una parallasse
apprezzabile.
Dunque Tolomeo ammette la non scientificità dei
criteri che lo hanno condotto a stabilire l’ordine dei
pianeti e dimostra di avere una chiara consapevolezza di
quale potrebbe essere, in linea di principio, un
procedimento scientifico (misura di una parallasse) per
arrivare a quel risultato. Procedimento che richiederebbe
però misure che sono fuori della sua portata. La teoria
copernicana invece prevede le posizioni dei pianeti nello
spazio consentendo di dedurre dall’osservazione quelle
distanze che gli strumenti non consentono di misurare col
metodo della parallasse. La teoria copernicana è dunque
superiore a quella tolemaica in quanto più predittiva.
Inoltre, prevedendo le distanze dei pianeti, è in linea di
principio falsificabile, anche se ciò presuppone misure di
parallasse che al tempo di Copernico non erano ancora
disponibili. Indipendentemente da questo la teoria
copernicana è poi più coerente in quanto fa discendere da
- 24 -
nothing if not impressive … “Harmony” seems to
be a strange basis on which to argue for the earth’s
motion … New harmonies did not increase
accuracy or simplicity. Therefore they could and
did appeal primarily to that limited and perhaps
irrational subgroup of mathematical astronomers
whose Neoplatonic ear for mathematical
harmonies could not be obstructed by page after
page of complex mathematics leading finally to
numerical predictions scarcely better than those
they had known before.
Must we conclude, perhaps, that all modern theories
have to be considered “harmonies” and their advocates
“irrational” people endowed with a Neoplatonic ear for
mathematical harmonies?
Against Copernicus and in favour of Ptolemy, the
argument of the annual star parallax is often mentioned.
For example Butterfield says:
un’unica ipotesi, il moto dei pianeti intorno al sole, anche
quei fenomeni che per la teoria tolemaica richiedevano
ipotesi aggiuntive. Non è infatti più necessario postulare
che i centri degli epicicli di Mercurio e Venere restino
allineati col Sole e nemmeno che le congiungenti i centri
degli epicicli dei pianeti esterni coi pianeti stessi si
mantengano parallele alla direzione Terra-Sole. Insomma,
la teoria copernicana non è affatto equivalente a quella
tolemaica e, indipendentemente da ogni considerazione di
tipo relativistico, deve essere ritenuta nettamente
superiore a quest’ultima, anche e soprattutto sulla base dei
moderni canoni scientifici!
Mi risulta incomprensibile come Kuhn, dopo aver
elencato i punti di superiorità oggettiva della teoria
copernicana, continui a limitarsi parlare in senso vago di
“armonia”.
Il complesso di prove che quest’armonia può
offrire o colpisce emotivamente o non ha alcun
valore … L’«armonia» è un fondamento piuttosto
strano su cui basare una dimostrazione del moto
della Terra … Le nuove armonie non miglioravano
né la precisione né la semplicità. Esse avrebbero
quindi potuto far presa, e in effetti la fecero,
soprattutto su quel ristretto e forse irrazionale
sottogruppo di astronomi matematici, la cui
sensibilità
neoplatonica
per
le
armonie
matematiche non fu spenta da quella successione
di pagine piene di complicati procedimenti
matematici che arrivavano infine a previsioni
quantitative ben poco migliori rispetto a quelle di
cui essi erano già a conoscenza.
Copernicus himself had been aware that this
hypothesis was open to objections in a way that
has not hitherto been mentioned. If the earth
moved in a colossal orbit around the sun, then the
fixed stars ought to show a sight change of
position when observed from opposite sides of the
orbit.
But Butterfield does not tell us that Ptolemy himself
had to solve a quite similar problem: if the Earth is
spherical, then changing position on its surface we should
see the stars showing a change in the visual direction too.
And the argument invoked by Copernicus in his own
defence, viz., the vastness of the Celestial Sphere with
respect to the Earth’s annual orbit, is exactly the same as
that used by Ptolemy when he asserted that “Moreover,
the earth has, to the senses, the ratio of a point to the
distance of the sphere of the so-called fixed stars. A
strong indication of this is the fact that the sizes and
distances of the stars, at any given time, appear equal and
the same from all parts of the earth everywhere, as
observations of the same [celestial] objects from different
latitudes are found to have not the least discrepancy from
each other.”
From a conceptual point of view, the two explanations
have the same value, even if everybody seems to consider
only the Copernican argument to be unacceptably ad hoc.
The only difference is that Copernicus requires the
Celestial Sphere to have a size several times greater than
that sufficient to Ptolemy. And the actual measuring of
the annual parallax predicted by the Copernican theory,
made in the XIX century, comes out in favour of
Copernicus: the motions are of course relative, but it is
the earth and not the sun that is accelerated with respect to
the rest of the universe.
The real superiority of the De revolutionibus over the
Almagest lies in stating in quantitative terms the unity of
the universe. It is an irony of fate that the cosmologist
Dennis Sciama in his famous book The Unity of the
Universe never mentions Copernicus, except in a
footnote:
Come se la maggiore predittività di una teoria o la sua
caratteristica di unificare fenomeni prima slegati tra loro
fosse un aspetto secondario o per nulla scientifico! Al
punto da poter far presa solo su individui irrazionali che si
lasciano colpire emotivamente da questo aspetto! Forse
tutte le moderne teorie scientifiche sono allora da
considerarsi “armonie” e i loro sostenitori delle persone
“irrazionali”, dotate di sensibilità neoplatonica per le
armonie matematiche?
Contro Copernico e a favore di Tolomeo viene poi
spesso citato l’argomento della parallasse annua delle
stelle.
Per esempio Butterfield dice che:
Copernico stesso si è reso conto che questa ipotesi
era aperta ad obiezioni che fin qui non abbiamo
ancora citato. Se la Terra si muovesse in una
gigantesca orbita intorno al Sole, allora le stelle
fisse dovrebbero mostrare un leggero cambio di
posizione quando osservate da punti opposti
dell’orbita.
Ma non dice che lo stesso Tolomeo si è trovato
davanti a un problema del tutto simile: se la Terra è
sferica allora cambiando posizione sulla sua superficie le
stelle incastonate sulla sfera celeste dovrebbero pure
mostrare un cambio di direzione! E l’argomento che
Copernico ha invocato a sua difesa, e cioè l’enormità
della sfera delle stelle rispetto all’orbita terrestre, è
- 25 -
This appears to ignore Copernicus, but we are
deliberately going back to the first principles.
Moreover, the importance of Copernicus lay in his
rejection of the geocentric view of the universe,
rather than in his suggestion that the sun does not
move. This suggestion has been superseded both
by the development of astronomy and by the
theories of inertia.
His book starts with these words:
Is the universe a vast collection of more or less
independent objects or is it a single unit?
Rereading it, I could not stop myself from thinking
that Copernicus, who in his De revolutionibus essentially
pursued the same goal, would have formulated the same
question in another manner:
Is the universe a monster made up of limbs taken
from different bodies or is it a single wellproportioned body?
One thing is certain: Sciama lost a fantastic
opportunity to mention the real founder of modern
cosmology!
Right after this question Sciama writes, “This book
sets out to show, in language intelligible to the layman,
that the universe is indeed a single unit.” But in that, he
totally departs from the Copernican line. In fact
Copernicus does not address his book to the layman
reader but, as we can see from in a little Greek epigraph
on the title page of the De revolutionibus, only to those
who are skilled in geometry!
esattamente lo stesso usato da Tolomeo, il quale afferma
che “la Terra, per i sensi, è come un punto in rapporto alla
sfera delle cosiddette stelle fisse. Una forte indicazione di
ciò è il fatto che le forme e le distanze tra le stelle, in ogni
istante, appaiono identiche da ogni punto della Terra,
come risulta dal fatto che le osservazioni degli stessi
oggetti [celesti] fatte da differenti latitudini non mostrano
la minima discrepanza tra loro.”
Dal punto di vista concettuale le due spiegazioni
hanno lo stesso valore, anche se tutti sembrano giudicare
un’argomentazione inaccettabilmente ad hoc solo quella
di Copernico. La sola differenza è che Copernico richiede
per la sfera celeste un raggio parecchio più grande di
quello che basta a Tolomeo! E l’effettiva misurazione
della parallasse annua prevista dalla teoria copernicana,
avvenuta nel XIX secolo, segna in qualche modo un
punto a favore di Copernico: i moti sono sì relativi, ma
rispetto al resto dell’universo è fondamentalmente il moto
della Terra ad essere accelerato e non quello del Sole!
La vera superiorità del De revolutionibus rispetto
all’Almagesto consiste nell’affermare in termini
quantitativi l’unità dell’universo. Ironia della sorte, il
cosmologo Dennis Sciama, nel suo famoso libro L’unità
dell’universo, non cita mai Copernico se non in una nota a
piè di pagina il cui scopo è proprio quello di giustificare il
fatto che l’autore del De revolutionibus viene del tutto
ignorato:
Con ciò sembriamo ignorare Copernico, ma noi
stiamo volutamente tornando ai primi principi.
Inoltre Copernico è più importante per il rifiuto
della concezione geocentrica dell’universo, che per
l’idea che il sole non si muove; idea superata del
resto dallo sviluppo ulteriore dell’astronomia e
dalle teorie sull’inerzia.
Il suo libro inizia con queste parole:
È l’universo un insieme di corpi più o meno
indipendenti tra loro, o costituisce una sola unità?
Rileggendolo non ho potuto fare a meno di pensare
che Copernico, che nel suo De revolutionibus ha in fondo
perseguito lo stesso scopo, avrebbe formulato la stessa
domanda in un altro modo:
È l’universo un corpo formato dall’unione di
membra prese da corpi differenti o è un unico
corpo proporzionato?
Una cosa è certa: Sciama ha perduto una formidabile
occasione per citare il vero fondatore della cosmologia
moderna!
Subito dopo Sciama scrive:“Questo libro si propone di
dimostrare, in un linguaggio comprensibile a chiunque,
che l’universo è una sola unità.” E in questo si differenzia
notevolmente dalla linea copernicana. Copernico infatti
non si rivolge all’uomo di strada ma, come si legge in una
piccola epigrafe in greco sul frontespizio del De
revolutionibus, solo a … chi conosce la geometria!
- 26 -
An Inheritance for a Mathematician
Un’eredità per un matematico
Now I no longer regretted the lost time; I no longer
tired of my work; I shied from no computation,
however difficult. Day and night I spent with
calculations to see whether the proposition that I have
formulated tallied with the Copernican orbits or
whether my joy would be carried away by the winds.
--Johannes Kepler
“Allora non rimpiansi più il tempo perduto; non ero
più stanco del mio lavoro; non arretravo di fronte a
nessun calcolo, per difficile che fosse. Giorno e notte
feci i miei calcoli per vedere se la proposizione testé
formulata si accordava con le orbite di Copernico,
oppure se la mia gioia venisse spazzata via.”
Johannes Kepler
“Αγεωµετρητος ουδεις εισιτω”: let no one without
skill in geometry enter. This is the epigraph on the title
page of the De revolutionibus (fig.14). Koestler, who, like
all those who did not catch “the chief point of all,”
considers the De revolutionibus as a paradoxical work full
of contradictions, and he judges the motto of Copernicus
in this manner:
“Αγεωµετρητος ουδεις εισιτω”: non entri chi non
conosce la geometria. Questa l’epigrafe del De
revolutionibus (fig.14). Koestler che, come tutti coloro
che non hanno colto “la cosa principale”, vede il De
revolutionibus come un’opera paradossale e piena di
contraddizioni, giudica così il motto di Copernico:
Fortunatamente sprovvisto di humour non poteva
prevedere nessuna di queste conseguenze quando
pubblicò il suo libro con il motto «Per soli
matematici» … Esiste un parallelo, una strana
somiglianza tra il carattere di Copernico e l’umile
maniera in cui la rivoluzione copernicana fece il
suo ingresso radendo i muri, dalla porta di servizio
della storia, preceduta da scuse: «Siate gentili, non
prendetemi sul serio; era per ridere, destinato solo
ai matematici e davvero del tutto improbabile».
With his blessed lack of humour he foresaw none
of these consequences when he published his book
with the motto: ‘For Mathematicians Only’ …
There is a strangely consistent parallel between
Copernicus’ character, and the humble, devious
manner in which the Copernican Revolution
entered through the back door of the history,
preceded by the apologetic remark: ‘Please don’t
take seriously – it is all meant in fun, for
mathematicians only, and highly improbable
indeed.’
Actually, it is not a motto minted by Copernicus, but a
quotation from the inscription over the portal of Plato's
Academy. Especially in the 16th century, mottoes,
epigraphs, and in general the “thresholds” of a text were
of fundamental importance because of what they hid and
of what they disclosed, and Copernicus could not choose
lightly the motto to stamp on the work of a lifetime! The
question is, Why did Copernicus not choose a motto
about the motion of the Earth?. My answer is that the
chief point of Copernican theory was not the motion of
the Earth, but the determination of the proportions of
planetary orbits. However, Copernicus was well aware
that for the non-mathematical reader, the motion of the
earth would be the most resounding feature of his theory.
Only one who believes that the ultimate explanation of
nature lies in mathematics can appreciate the depth of his
theory, and, because of the resulting superior vision of the
world, he will even be able to believe in the motion of the
Earth, denied by the senses! So, the meaning of that motto
is, “let no-one enter in my book who is not skilful in
geometry, because he will find only incomprehensible
and absurd things.”
Concerning Copernicus’s presumed mania for secrecy,
I am convinced that it was something similar to the morethan-justified fear that drove the great Gauss not to
publish his studies of non-euclidean geometry “to avoid
the clamor of the Boetians.” The picture of a Copernicus
obsessed by secrecy comes from a far-fetched
interpretation of a reference to the Pythagorean custom
not to disclose in writing their knowledge. This appears in
the dedication to the Pope:
In realtà non si tratta di un motto coniato da
Copernico, ma di una citazione della famosa scritta posta
da Platone all’ingresso della sua Accademia.
Specialmente nel XVI secolo, motti, epigrafi, in generale
le “soglie” di un testo rivestivano un’importanza
fondamentale per ciò che nascondevano e per ciò che
rivelavano e Copernico non può aver scelto con
leggerezza il motto da apporre all’opera di tutta la sua
vita! La domanda è “come mai Copernico non ha scelto
un motto riguardante il moto della Terra?”. La mia
risposta è che la cosa principale della teoria copernicana
non è il moto della Terra, ma la determinazione delle
proporzioni delle orbite planetarie! Copernico è però ben
consapevole che per il lettore non matematico sarà invece
il moto della Terra l’aspetto più clamoroso della sua
teoria. Solo chi è un profondo matematico e crede che la
spiegazione ultima della natura risieda nella matematica
stessa potrà apprezzare la profondità della sua teoria e, in
nome della superiore visione del mondo che ne risulta,
accettare perfino il moto della terra negato dai sensi!
Dunque il significato di quel motto è : “non entri nel mio
libro mi non conosce la geometria, perché troverà solo
cose incomprensibili e assurde!”.
Riguardo poi alle presunte manie di segretezza di
Copernico sono convinto che si tratti semplicemente dello
stesso tipo di timore, più che giustificato, che spinse il
grande Gauss a non pubblicare i suoi studi sulle geometrie
non euclidee per non sollevare “le strida dei beoti”! La
figura di un Copernico maniaco della segretezza nasce da
una forzata interpretazione di un riferimento al costume
dei pitagorici a non divulgare per iscritto le loro
conoscenze, che compare nella dedica al papa:
- 27 -
Così, quando fra me e me pensavo quanto assurdo
avrebbero valutato questo ακροαµα [discorso]
coloro che sanno confermata dal giudizio di molti
secoli l’opinione che la Terra sta immobile in
mezzo al cielo, quasi posta a centro di esso, se al
contrario avessi asserito che la Terra si muove, a
lungo esitai se dare in luce i miei commentari
scritti a dimostrazione di tale movimento, oppure
se non fosse meglio seguire l’esempio dei
pitagorici e di alcuni altri che erano soliti
tramandare i misteri della filosofia soltanto a
congiunti ed amici non per iscritto, ma oralmente,
come attesta la lettera di Liside a Ipparco.
And when I considered how absurd this “lecture”
would be held by those who know that the opinion
that the Earth rests immovable in the middle of the
heavens as if their centre had been confirmed by
the judgments of many ages – if I were to assert to
the contrary that the earth moves; for a long time I
was in great difficulty as to whether I should bring
to light my commentaries written to demonstrate
the Earth’s movement, or whether it would not be
better to follows the example of the Pythagoreans
and certain others who used to hand down the
mysteries of their philosophy not in writing but by
word of mouth and only to their relatives and
friends – witness the letter of Lysis to Hipparchus.
And Copernicus clarifies beyond all possible doubts
the meaning that he assigns to the custom of the
Pythagoreans:
They however seem to me to have done that not, as
some judge, out of a jealous unwillingness to
communicate their doctrines but in order that
things of very great beauty which have been
investigated by the loving care of great men should
not be scorned by those who find it a bother to
expend any great energy on letters - except on the
money-making variety – or who are provoked by
the exhortations and examples of others to the
liberal study of philosophy but on account of their
natural stupidity hold the position among
philosophers that drones hold among bees.
Therefore when I weighed these things in my
mind, the scorn which I had to fear on account of
the newness of my opinion almost drove me to
abandon a work already undertaken.
Copernicus entrusts his new cosmology to a book,
very difficult in the reading, in which the ultimate
meaning of his innovation is nearly buried by the
technical details. I like to think that Copernicus, near the
end of his life, felt like an old father who is conscious of
leaving an infant in the world and that he can not be
present to help him face the adversities of life. So he did
not entrust his young and revolutionary idea to a book
readable by every educated person, but, wanting to
preserve it from the scorn of those who are not able to
fully understand it, he entrusted his theory to a book only
a select few would be able to appreciate. His motto was
not written for the reader (else he would have written it in
Latin!), in the same way that the name of a beloved girl,
written everywhere by the boy in love, is not written for
her.
Koestler judges the book of Copernicus negatively to
the point of considering its reading inessential for
grasping the Copernican idea:
E Copernico chiarisce oltre ogni possibilità di dubbio
il significato che egli attribuisce alla segretezza dei
pitagorici:
E mi sembra in verità che ciò fosse fatto non già –
come qualcuno pensa – per una certa gelosia del
sapere che avrebbe dovuto essere comunicato, ma
perché le bellissime cose, ricercate con molto
studio da grandi uomini, non venissero spregiate
da coloro cui è molesto dedicare qualche fatica alle
lettere, quando non siano lucrative, o da coloro
che, seppure spinti dalle esortazioni e dall’esempio
altrui ai liberali studi della filosofia, tuttavia, per
l’ottusità del loro ingegno, si muovono tra i
filosofi come i fuchi tra le api. Mentre, dunque,
andavo valutando fra me e me queste cose, il
disprezzo, che dovevo temere per la novità e
l’assurdità di questa opinione, per poco non mi
spinse ad abbandonare affatto l’opera compiuta.
Copernico affida la sua nuova cosmologia a un libro
di difficile lettura, in cui il senso ultimo della sua
innovazione risulta quasi sepolto dai dettagli tecnici. Mi
piace pensare che Copernico, ormai giunto alla fine della
vita, si sia sentito come un padre anziano che è
consapevole di lasciare al mondo un figlio ancora
bambino e sa che non potrà essergli vicino per aiutarlo ad
affrontare le avversità della vita. Egli allora non affida la
sua giovane e rivoluzionaria idea a un libro leggibile da
ogni persona colta, ma, volendola preservare dallo spregio
di chi non è in grado di comprenderla pienamente, la
affida a un libro scritto in modo da renderla riconoscibile
solo a uno spirito eletto. Il suo motto non è rivolto al
lettore (lo avrebbe scritto in latino!), così come non è
rivolto all’amata il suo nome che l’innamorato scrive
dappertutto!
Koestler giudica negativamente il libro di Copernico,
al punto da ritenere inessenziale la sua lettura al fine
dell’affermarsi dell’idea copernicana:
How was it possible that the faulty, selfcontradictory Copernican theory, contained in an
unreadable book and unread book, rejected in its
time, was to give rise, a century later, to a new
philosophy which transformed the world? The
- 28 -
Come mai la teoria di Copernico, difettosa e
contraddittoria, presentata in un libro illeggibile,
respinta a suo tempo, ha potuto far nascere a un
secolo di distanza una nuova filosofia che
trasformò il mondo? È che i dettagli non avevano
importanza e che non era necessario leggere
l’opera per coglierne l’essenza.
answer is that the details did not matter, and that it
was not necessary to read the book to grasp its
essence.
Figure 14 – The title page of De revolutionibus with the Greek motto
“Αγεωµετρητος
Αγεωµετρητος ουδεις εισιτω”
εισιτω (Let no one without skill in
geometry enter) - (Editing from an image taken from a CD by
Octavo)
fig.14 – Frontespizio del De revolutionibus col motto in greco
“Αγεωµετρητος
Αγεωµετρητος ουδεις εισιτω”
εισιτω (Non entri chi non conosce la
geometria) – (Elaborazione di un’immagine tratta da un CD della
Octavo)
Actually, things went in a very different way and
Copernicus’ strategy proved to be a winning one, because
among the readers of his book there would be the right
man: Johannes Kepler! What are his constructions by
means of regular polyhedron and the so-called third law if
not the immediate outcome of the work of Copernicus?
Copernicus found the ratios of the mean radii of
planetary orbits to the radius of the earth’s orbit, but they
were not expressible by means of small integers. So
Kepler searched for a harmony within the harmony and
was able to show that those apparently complex ratios,
lacking a rational link, come out from a hidden simplicity
via a connection with the five Platonic polyhedra.
Copernicus showed that, without any exception, to a
greater period there corresponds a greater radius of the
orbit, but not simply with direct proportionality between
period and radius. Kepler, once again, searches for a
harmony within the harmony and finds a simple
mathematical relation between the two quantities. I am
sure that nobody doubts that the starting point for Kepler
Invece le cose sono andate ben diversamente e la
strategia di Copernico si è rivelata vincente, perché tra i
lettori del suo libro ci sarà l’uomo giusto: Giovanni
Keplero!
Che cosa sono del resto la sua famosa costruzione fatta
coi poliedri regolari o la cosiddetta terza legge se non
l’immediato seguito dell’opera copernicana? Copernico ha
stabilito i rapporti dei raggi medi delle orbite planetarie
riferiti a quello dell’orbita terrestre, ma si tratta di rapporti
non esprimibili con numeri piccoli. Ecco allora che
Keplero ricerca un’armonia nell’armonia e riesce a
dimostrare che quei rapporti apparentemente complessi e
privi di un legame razionale derivano invece da una
semplicità nascosta essendo connessi coi cinque solidi
platonici. Copernico ha dimostrato che, senza più alcuna
eccezione, a periodo maggiore corrisponde raggio
maggiore, anche se non c’è una semplice proporzionalità
diretta tra periodo e raggio dell’orbita. Keplero, ancora
una volta, ricerca un’armonia nell’armonia e trova una
semplice relazione matematica tra le due grandezze. Credo
- 29 -
was Copernicus, but note that Kepler was captivated
exactly by those features of the Copernican theory that
Copernicus himself considers to be “the chief point” of
his system.
Koestler asserts that Kepler “then began to wonder
why there existed just six planets ‘instead of twenty or a
hundred’, and why the distances and velocities of the
planets were what they were. Thus started his quest for
the laws of planetary motion.”
But the question that Kepler asked himself was not
why there are six planets and not twenty, but why the
radii of planetary orbits are in those ratios established by
Copernicus, through the efforts he describes at the
beginning of this section. Before Copernicus, that
question had no scientific meaning!
Hence Koestler asserts that “Having satisfied himself
(if not his readers) that the five solids provided all the
answers, and that existing discrepancies were due to
Copernicus’ faulty figures, he now turned to a different,
and more promising problem, which no astronomer
before him had raised. He began to look for a
mathematical relation between a planet’s distance from
the sun, and the length of its ‘year’ – that is, the time it
needed for a complete revolution.” It is true that Kepler
was the first to raise this problem, but it is just as true that
this problem could never have been formulated before
Copernicus.
che nessuno dubiti che il punto di partenza di Keplero sia
stato Copernico, ma il fatto notevole è che Keplero è
rimasto conquistato dalla teoria copernicana proprio per
quegli aspetti che Copernico stesso considera “la cosa
principale” del suo sistema!
Koestler afferma che Keplero “Cominciò allora a
chiedersi perché ci sono sei pianeti «invece di venti o
cento» e perché la loro velocità e la loro distanza sono
quelle che sono. Fu questo l’avvio della sua ricerca delle
leggi del movimento dei pianeti.”. Ma la domanda che si
pose Keplero non fu perché ci sono sei pianeti e non venti,
ma perché i raggi stanno nel rapporto stabilito da
Copernico, come risulta dalla frase all’inizio della sezione.
Prima di Copernico quella domanda non aveva alcun
significato scientifico!
Keostler afferma poi che “Essendosi convinto (anche
se non aveva convinto il lettore) che i cinque solidi
spiegavano tutto e che le incoerenze erano dovute agli
errori di calcolo di Copernico, si rivolse ad un altro
problema più interessante, che nessun astronomo aveva
sollevato prima di lui. Si mise a cercare un rapporto
matematico tra la distanza che separa un pianeta dal sole e
la lunghezza del suo «anno» ovvero il tempo necessario
alla sua rivoluzione completa.”.
È vero che Keplero fu il primo a sollevare questo
problema, ma è altrettanto vero che il problema non
avrebbe nemmeno potuto essere formulato prima di
Copernico!
Il canonico audace
The bold canon
… there is no limit to my astonishment when I reflect
that Aristarchus and Copernicus were able to make
reason so conquer sense that, in defiance of the latter,
the former became mistress of their belief.
… non posso trovar termine all’ammirazione mia,
come abbia possuto in Aristarco e nel Copernico far la
ragione tanta violenza al senso, che contro a questo
ella si sia fatta padrona della loro credulità.
--Galileo Galilei
Galileo Galilei
Why did Copernicus believe in a moving Earth? My
answer, wich I hope to have made clear manner in this
paper, is that Copernicus, in his examination of all the
attempts made by his predecessors to explain the
complicated motion of the planets, took into
consideration also the heliocentric theory of Aristarchus,
and, comparing it with Ptolemy’s, realized that it allowed
one to establish the order of the planets and the relative
sizes of their orbits, and moreover a monotonic relation
between periods and radius without any exception. So,
Copernicus believed to the motion of the earth, which the
senses are not able to perceive, for the same reason for
which some physicist of the 19th century believed in
atoms: for the sake of explaining a large range of
observable phenomena. But Copernicus could have
reached the same goal by means of a less revolutionary
theory. He could have chosen to claim only that
geocentric system (that of Tycho Brahe) compatible with
the heliocentric one: an Earth at rest with a Sun revolving
around it and the planets revolving around the Sun. The
geometrical proof in Fig.7 states essentially the
equivalence of the Copernican and Tychonic systems.
Why did Copernicus, probably convinced of the
Perché Copernico ha creduto al moto della Terra? La
mia risposta, che spero di aver esposto con sufficiente
chiarezza in questo mio scritto, è che Copernico, nel
passare in rassegna tutti i tentativi fatti dai suoi
predecessori per spiegare il complicato moto dei pianeti,
ha preso in considerazione anche la teoria eliocentrica di
Aristarco e, confrontandola con quella tolemaica, si è
accorto che essa consentiva di stabilire l’ordine dei pianeti
e le proporzioni delle loro orbite e determinava inoltre,
senza alcuna eccezione, una relazione di monotonia tra i
raggi delle orbite e i periodi di rivoluzione. Copernico ha
dunque creduto al moto della Terra, che i sensi non ci
consentono di percepire, per lo stesso motivo per cui
alcuni fisici del XIX secolo hanno creduto all’esistenza
degli invisibili atomi, e cioè per la capacità della teoria di
spiegare in modo quantitativo, coerente e unitario una
vasta gamma di fenomeni osservabili. Ma Copernico
avrebbe potuto raggiungere lo stesso risultato con una
teoria meno rivoluzionaria. Avrebbe infatti potuto
scegliere di sostenere quell’unico sistema geocentrico, che
sarà poi di Tyco Brahe, compatibile con la teoria
eliocentrica: una Terra immobile col Sole che le ruota
attorno e i pianeti che ruotano intorno al Sole. La
- 30 -
absoluteness of motion, prefer to believe that the earth,
with the mountain chains, the oceans and all of human
society, was hurtling through space?
In his beautiful book, Atoms, Jean Perrin, one of the
physicist who greatly contributed to the triumph of
atomic theory, wrote:
But we must not, under the pretence of gain of
accuracy, make the mistake of not employing
molecular constants in formulating laws that could
not have been obtained without their aid. In so
doing we should not be removing the support from
a thriving plant that no longer needed it; we should
be cutting the roots that nourish it and make it
grow.
Paraphrasing Perrin I claim that eliminating the
motion of the earth, supporting that Tychonic system that
allows one to reach the same quantitative relations found
by Copernicus, would not have been like removing the
support from a thriving plant that no longer needed it, but
would have been like cutting the roots that nourished it
and made it grow. Copernicus finds that unity of the
universe that the Ptolemaics, with their deferent-epicycle
devices “have not been able to discover or to infer“. How
could Copernicus have disowned the instrument of his
success? I think that even his obstinacy in using uniform
circular motions comes from the help that circles had
given him.
Burtt asserts that “Contemporary empiricists, had they
lived in the sixteenth century, would have been first to
scoff out of court the new philosophy of the universe”.
But I reply that it has not always been the empiricist who
made science progress. After all, Mach himself never
accepted the existence of atoms.
About that Perrin wrote:
Two kinds of intellectual activity, both equally
instinctive, have played a prominent part in the
progress of physical science … Men like Galileo
and Carnot, who possessed this power of
perceiving analogies to an extraordinary degree,
have by an analogous process built up the doctrine
of energy by successive generalisations, cautious
as well as bold, from experimental relationships
and objective realities … Now there are cases
where hypothesis is, on the contrary, both
necessary and fruitful … To divine in this way the
existence and properties of objects that still lie
outside our ken, to explain the complications of
the visible in terms of invisible simplicity, is the
function of the intuitive intelligence which, thanks
to men as such as Dalton and Boltzmann, has
given us the doctrine of Atoms … The atomic
theory has triumphed. Its opponents, which until
recently were numerous, have been convinced and
have abandoned one after the other the sceptical
position that was for a long time legitimate and no
doubt useful. Equilibrium between the instinct
towards caution and towards boldness is necessary
to the slow progress of human science; the conflict
between them will henceforth be waged in other
dimostrazione geometrica di fig.7 sancisce in fondo
l’equivalenza del sistema copernicano con quello ticonico!
Perché
Copernico,
probabilmente
convinto
dell’assolutezza dei moti, ha preferito credere che la Terra,
con le catene montuose, gli oceani e l’intero consorzio
umano, si stia muovendo ad una velocità folle in uno
spazio sterminato?
Nel suo meraviglioso libro “Gli atomi”, Jean Perrin,
uno dei fisici che ha maggiormente contribuito al trionfo
della teoria atomica, scrive:
Ma, con il pretesto del rigore, non saremo tanto
maldestri da evitare l’intervento degli elementi
molecolari nell’enunciato di leggi che non
avremmo ottenuto senza il loro aiuto. Non sarebbe
come togliere un sostegno diventato inutile ad una
pianta rigogliosa, ma sarebbe come tagliare le
radici che la nutrono e la fanno crescere.
Parafrasando Perrin mi sento di affermare che
eliminare il moto della Terra, sostenendo quel sistema
ticonico che consente di arrivare alle stesse relazioni
quantitative trovate da Copernico, non sarebbe stato come
togliere un sostegno diventato inutile a una pianta
rigogliosa, ma sarebbe stato come tagliare le radici che
l’hanno nutrita e l’hanno fatta crescere! Copernico ha
trovato quell’unità dell’universo che i tolemaici, coi loro
sistemi epiciclo-deferente “non poterono trovarla, né in
tal modo ricostruirla”. Come avrebbe potuto ripudiare lo
strumento del suo successo? Persino la sua ostinazione
nell’uso di moti circolari credo derivi dal quel successo
che i cerchi gli avevano consentito di ottenere con facilità!
Burtt afferma che “Gli empiristi contemporanei, se
vivessero nel sedicesimo secolo, sarebbero stati i primi a
ridicolizzare la nuova filosofia dell’universo.”. Ma io
rispondo che non sono stati sempre gli empiristi a far
progredire la scienza. In fondo lo stesso Mach non ha mai
accettato l’esistenza degli atomi!
A questo proposito Perrin afferma che
Due tipi di attività intellettuali, ugualmente
istintive, hanno avuto un ruolo considerevole nel
progresso delle scienze fisiche … Uomini come
Galileo e Carnot che possedevano in misura
straordinaria l’intelligenza delle analogie, hanno
creato così l’energetica attraverso progressive
generalizzazioni, ad un tempo prudenti e ardite, di
relazioni sperimentali e di realtà sensibili … Ora ci
sono dei casi in cui, al contrario, è l’ipotesi ad
essere istintiva e feconda … Così immaginare
l’esistenza o le proprietà di oggetti che sono ancora
al di là della nostra conoscenza, spiegare il visibile
complicato per mezzo dell’invisibile semplice, ecco
la forma di intelligenza intuitiva alla quale, grazie a
uomini quali Dalton o Boltzmann, noi dobbiamo
l’atomistica … La teoria atomica ha trionfato.
Ancora poco tempo fa assai numerosi, i suoi
avversari, alfine conquistati, rinunciano uno dopo
l’altro a sfide che furono a lungo legittime e
senz’altro utili. È a proposito di altre idee che
ormai sarà condotto il conflitto degli istinti di
prudenza e di audacia il cui equilibrio è necessario
- 31 -
realms of thought.
al lento progresso della scienza umana.
In these terms, Copernicus is among those bold
persons who were able to explain the complications of the
visible (the planetary motions) in terms of invisible
simplicity (the motion of the earth denied by the senses).
Thus Copernicus, whom I fortunately rediscovered
fourteen years ago under the dome of the Planetarium,
does not emerge as “the timid canon” pictured by
Koestler, but as the bold canon who was courageous
enough to place his belief in mathematics before the
evidence of his senses.
Dunque, secondo Perrin, Copernico rientra nella
categoria degli “audaci” che hanno saputo spiegare il
visibile complicato (i moti planetari) per mezzo
dell’invisibile semplice (il moto della terra negato dai
nostri sensi)!
Da queste considerazioni, Copernico, che ho avuto la
ventura di ritrovare ormai quindici anni fa nella sala del
Planetario, non ne esce come “Il canonico timoroso”
tratteggiato da Koestler, ma come il canonico “audace”
che ha avuto il coraggio di credere più alla matematica che
ai propri sensi!
Acknowledgments
I am grateful to Cora Sadosky of Howard University, who
first read the manuscript and gave me a very encouraging
assessment. I am also indebted to John Holbrook of the
University of Guelph for his many suggestions, which
enabled me to turn a clutter of English words into an
intelligible paper.
Riconoscimenti
Sono molto grato a Cora Sadosky dell’Università Howard,
che per prima ha letto il manoscritto e mi ha dato un
giudizio molto incoraggiante. Sono inoltre in debito con
John Holbrook dell’Università di Guelph per i suoi
numerosi consigli, che mi hanno consentito di trasformare
un’accozzaglia di parole inglesi in un articolo intelligibile.
BIBLIOGRAPHY
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Ltd, London, 1925
[19] Russo L., La rivoluzione dimenticata – Il pensiero
scientifico Greco e la scienza moderna, Feltrinelli,
Milano, 1996 – English translation: The Forgotten
Revolution: How Science Was Born in 300 BC and Why It
Had to Be Reborn, Springer-Verlag, 2004
[20] Sciama D.W., The Unity of the Universe, Anchor,
New York, 1961
GIORGIO GOLDONI
CeSDA – Planetario Comunale di Modena
Viale J. Barozzi, 31
41100 Modena
Italy
e-mail: [email protected]
GIORGIO GOLDONI
CeSDA – Planetario Comunale di Modena
Viale J. Barozzi, 31
41100 Modena
Italy
e-mail: [email protected]
Giorgio Goldoni is a high-school teacher of mathematics and a lecturer at
the Planetarium, to which this photograph of him attests. From his
childhood hobby of astronomy and astronautics, he retains the abiding
interests which led to the article, and also a large collection of
autographed photos from such people as Neil Armstrong, Werner von
Braun, and Yuri Gagarin.
Giorgio Goldoni è un insegnante di matematica di scuola superiore e un
conferenziere al Planetario, come questa fotografia attesta. Della sua
passione per l’astronomia e l’astronautica, coltivata fin dall’infanzia, egli
conserva quell’interesse che lo ha portato a scrivere questo articolo e una
vasta collezione di autografi di personaggi come Neil Armstrong, Werner
von Braun, e Yuri Gagarin.
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