G It Diabetol Metab 2015;35:90-112 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia 4° Congresso Nazionale Gruppo di Studio Interassociativo AMD-SID Piede Diabetico Roma, 19-21 febbraio 2015 Comitato Scientifico/Organizzativo: M.E. De Feo, L. Uccioli (Presidenti), A. Bruno, A. Chiavetta, R. Da Ros, L. Giurato, L. Mancini, G. Meloni, L. Rizzo Riassunti – Comunicazioni orali Lembo fasciocutaneo quadrato plantare di avanzamento nel trattamento delle ulcere plantari diabetiche non infette Caravaggi C1, Ferraresi R2, Sganzaroli A1, Bona F1, Galenda P3 1 Centro Interdipartimentale per la Cura del Piede Diabetico, Istituto Clinico Città Studi, Milano; 2Servizio di Radiologia Interventistica Periferica, Istituto Clinico Humanitas Gavazzeni, Bergamo; 3Centro per la Cura del Piede Diabetico, Istituto Clinico Humanitas Gavazzeni, Bergamo L’apparecchio deambulatorio di scarico, indicato come trattamento di prima scelta nelle ulcere neuropatiche plantari non è stato ampiamente usato a causa della scarsa compliance dei pazienti e degli elevati rischi di effetti collaterali quali la comparsa di lesioni ulcerative e infezioni. Scopo dello studio. Valutare la sicurezza e l’efficacia di un lembo fasciocutaneo plantare di scorrimento nel trattamento delle ulcere neuropatiche plantari. Materiale e metodi. Dal dicembre 2012 al febbraio 2013 abbiamo consecutivamente arruolato 23 pazienti con lesioni ulcerative profonde neuropatiche o neuroischemiche. Nove pz sono stati sottoposti a PTA e 18 pz a trattamento chirurgico osseo come segue: a) 10 rimozioni di teste metatarsali; b) 3 osteotomie distali di sollevamento; c) 2 resezioni dell’articolazione metatarsofalangea del I raggio con stabilizzazione con filo di K; d) 1 esostectomia plantare; e) 1 sesamoidectomia; f) 1 calcanectomia parziale. In tutti i pz è stato scolpito un lembo fasciocutaneo plantare di copertura della lesione ulcerativa. Due pz sono stati esclusi dall’analisi statistica poiché hanno sottoposto a carico il piede operato nei primi giorni dopo l’intervento. Risultati. È stato osservato un tasso di guarigione del 100% nei rimanenti 21 pz. In 15 pz (71,5%) abbiamo osservato una guarigione per prima intenzione mentre in 5 pz (24%) per seconda intenzione e in un pz (4,5%) dopo revisione chirurgica. Il tempo di guarigione per prima intenzione è stato di 30 gg (DS 13), in caso di guarigione per seconda intenzione di 86 gg (DS 40) mentre il tempo di guarigione totale è stato di 44 gg (DS 31). Durante un follow-up di 724 gg (DS 275) non è stata osservata alcuna recidiva ulcerativa mentre si è osservata un’ulcera da trasferimento su un metatarso adiacente. Conclusioni. Il lembo fasciocutaneo plantare di avanzamento può essere considerato un’opzione chirurgica sicura ed efficace nel trattamento delle ulcere neuropatiche plantari considerando l’elevato tasso di guarigione, il corto periodo di guarigione e il basso rischio di recidiva ulcerativa. Approccio chirurgico plantare e stabilizzazione con fissatore esterno nel trattamento dell’osteomielite mediotarsale del piede di Charcot ulcerato Caravaggi C, Sganzaroli A, Bona F, Sacchi G, Scotti A, Fattori M, Cassino R, Simonetti D Centro per lo Studio e la Cura del Piede Diabetico, Istituto Clinico Citta Studi, Milano La neuroartropatia di Charcot del mesopiede si caratterizza per una severa deformità e instabilità del mesopiede con inversione della volta plantare e protrusione plantare ossea. Queste deformità, benché alloggiate in calzature protettive con suola rigida e plantari su misura, possono evolvere in lesioni ulcerative plantari recidivanti che possono complicarsi con infezioni delle ossa del mediotarso che pongono il paziente a rischio di amputazione maggiore. Scopo dello studio. Valutare la sicurezza e l’efficacia di un approccio chirurgico plantare transulcerativo di bonifica del focolaio osteomielitico e stabilizzazione del mesopiede con fissatore esterno nell’osteomielite mediotarsale del piede di Charcot cronico ulcerato. Materiale e metodi. Nel periodo da dicembre 2009 ad agosto 2014 sono stati trattati 16 pazienti giunti alla nostra osservazione poiché affetti da neuroatropatia di Charcot di mesopiede con ulcera plantare cronica ed esposizione ossea mediotarsale. In tutti i pazienti era stata posta indicazione all’amputazione prossimale di piede o di gamba. Tutti i pazienti presentavano un quadro vascolare normale con presenza dei polsi periferici. I pazienti sono stati sottoposti ad accertamenti radiologici (radiografia standard del piede ed RMN) per valutare l’entità del processo osteomielitico. È stato eseguito un primo step chirurgico consistente in Congresso AMD-SID Piede Diabetico un’ampia ulcerectomia plantare con scheletrizzazione del mediotarso e ampia resezione ossea cuneiforme sino a raggiunge spongiosa ossea apparentemente sane e sanguinante. È stata eseguita biopsia ossea per esame colturale e istologico. È stata impostata terapia antibiotica empirica con piperacillina-tazobactam 16 mg/die e daptomicina 8 mg/kg/die. Dopo circa 7 gg di medicazioni giornaliere con zaffo di garza iodoformica è stato eseguito l’intervento chirurgico definitivo di revisione chirurgica della lesione plantare e stabilizzazione di mesopiede e di caviglia con fissatore esterno Hofmann III. È stata in seguito modificata la terapia antibiotica secondo il risultato dell’esame colturale che il paziente ha proseguito per 3 mesi dopo la dimissione. Dopo tre mesi il fissatore esterno è stato rimosso e il paziente ha ripreso a deambulare con calzature a suola rigida di protezione e plantari su calco. Risultati. Nel periodo di trattamento si è osservata la completa guarigione di 14 pazienti (87%) mentre in due pazienti (13%) per la progressione dell’infezione ossea è stato necessario eseguire un’amputazione di gamba. Nel periodo di follow-up non è stata osservata una ripresa del processo infettivo. Conclusioni. L’approccio chirurgico aggressivo plantare dell’ostemielite mediotarsale del piede di Charcot cronico ulcerato permette un elevato tasso di guarigione riducendo drasticamente il rischio di amputazione maggiore. L’estensione e il grading della osteomielite non sono correlati alla prognosi in diabetici affetti da neuroartropatia di Charcot complicata: studio prospettico di coorte Dalla Paola L, Carone A, Vasilache L, Principato MC, Pattavina M UO per il Trattamento Piede Diabetico, Maria Cecilia Hospital GVM Care and Research, Cotignola (RA) Introduzione. L’osteoartropatia di Charcot (NAC) è una patologia progressiva che può causare deformità, ulcerazione e, conseguentemente, elevato rischio di amputazione. Materiale e metodi. Una coorte di diabetici affetti da NAC complicata da un esteso quadro di osteomielite del mesopiede e/o retropiede è stata arruolata e seguita prospetticamente. L’estensione dell’osteomielite era stata valutata con radiografia standard e risonanza magnetica nucleare. Obiettivo del trattamento chirurgico era l’eradicazione dell’osteomielite. Biopsie ossee multiple sono state ottenute durante il trattamento chirurgico e quindi analizzate dal laboratorio di anatomia patologica. Sono state analizzate la percentuale di guarigione in relazione all’estensione e grading dell’osteomielite. Risultati. Da gennaio 2010 a maggio 2014 sono stati arruolati e trattati 33 pazienti diabetici consecutivi (21 maschi e 12 femmine) con NAC complicata. La localizzazione della NAC, secondo la classificazione di Frykberg e Sanders era: classe I 1 paziente (3,03%), classe II-III 21 pazienti (63,64%), classe IV 11 pazienti (33,33%). Il numero medio di segmenti ossei coinvolti dall’osteomielite era 3,18 ± 1,74. Durante la procedura chirurgica sono stati ottenuti multipli campioni ossei per l’analisi istologica. Il grading della osteomielite era: grado 1 in 11 pazienti (33,33%), grado 2 in 7 pazienti (21,21%), grado 3 in 4 pazienti (12,12%), grado 4 in 11 pazienti (33,33%). Il follow-up medio è stato di 409,35 ± 154,06 giorni. Trenta pazienti sono guariti (90,91%). Tre pazienti sono deceduti durante il follow-up per cardiopatia ischemica e cerebrale (2 pazienti) e per neoplasia (1 paziente). Nessuna differenza nei tempi medi di guarigione, nel numero medio di interventi chirurgici è stata evidenziata tra i pazienti. Discussione. In questa coorte di pazienti diabetici affetti da NAC e osteomielite abbiamo ottenuto un’elevata percentuale di salvataggio d’arto. Tale risultato è stato ottenuto nonostante un esteso 91 coinvolgimento osteomielitico del mesopiede/retropiede. La localizzazione, il grading e la diffusione dell’osteomielite non sono risultati correlati agli outcome clinici nella popolazione studiata. Nuova tecnica chirurgica per il trattamento conservativo delle lesioni ulcerate del 1° raggio con coinvolgimento osteomielitico metatarsale in una popolazione di soggetti diabetici: studio prospettico di coorte Dalla Paola L, Carone A, Principato MC, Vasilache L, Pattavina M UO per il Trattamento Piede Diabetico, Maria Cecilia Hospital GVM Care and Research, Cotignola (RA) Introduzione. Le lesioni ulcerate plantari con coinvolgimento osteomielitico dell’articolazione metatarso-falangea del 1° raggio costituiscono, nel piede diabetico, una comune localizzazione. Il trattamento conservativo di tali lesioni è spesso difficile da pianificare e deve essere condotto attraverso un appropriato debridement sia della componente ossea sia dei tessuti molli. Materiale e metodi. In una coorte di 28 pazienti diabetici che presentavano una lesione ulcerata con coinvolgimento osteomielitico dell’articolazione metatarso-falangea del 1° raggio (1^MTPJ), dopo la rimozione della lesione e del corrispondente segmento osseo coinvolto, abbiamo posizionato uno spaziatore in cemento antibiotato e un fissatore esterno monoplanare per stabilizzare temporaneamente la sede di intervento. Risultati. La durata media del follow-up è stata di 12,2 ± 6,9 mesi. Nel corso del follow-up 27 pazienti (96,43%) sono guariti. Ventiquattro pazienti sono guariti senza evidenziare recidive ulcerative locali o da trasferimento, problematiche di ortesizzazione o anomalie del passo. Tre pazienti hanno sviluppato una recidiva ulcerativa dopo tale procedura chirurgica. Nel periodo postoperatorio un paziente (3,57%) ha presentato la deiscenza del sito chirurgico ed è stato sottoposto a revisione locale e re-intervento. Durante il follow-up, dopo la guarigione, 2 pazienti (7,14%) hanno presentato recidiva ulcerativa secondaria a dislocazione del cemento osseo. L’approccio chirurgico è consistito nella revisione con rimozione e riposizionamento dello spaziatore e del fissatore esterno temporaneo (1 paziente) e artrodesi con viti cannulate (1 paziente). Un paziente (3,57%) in seguito a recidiva di ischemia critica è stato sottoposto a nuova procedura di rivascolarizzazione e ad amputazione transmetatarsale. Conclusioni. Il nostro studio evidenzia l’efficacia di questa tecnica chirurgica one-step per il trattamento di lesioni ulcerative con coinvolgimento osteomielitico della 1^MTPJ in pazienti diabetici. Protocollo clinico-strumentale di confronto statistico della gestione dell’ipercarico plantare tra ortesi realizzate con tecnica CAD-CAM e da calco in pazienti con diabete D’Amico M1, Roncoletta P1, Vermigli C2, Gnaldi Coleschi A3, Ceppitelli C2, Notarstefano F2 1 SMART LAB, Bioengineering & Biomedicine Company Srl, Pescara; 2SC Misem, Dipartimento di Medicina Interna, Università degli Studi di Perugia, Perugia; 3Divisione Ecotechnology, Ecosanit, Anghiari (AR) Introduzione. Scopo del presente lavoro pilota è stato quello di identificare un protocollo e una rigorosa procedura quantitativostatistica per permettere il confronto tra le performance ottenute da ortesi plantari progettate e realizzate: con metodo tradizionale e con metodo CAD-CAM. 92 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia Metodo. Nel protocollo sperimentale è stato utilizzato lo strumento baropodometrico a solette multisensore Pedar (Novel Gmbh), il sistema CAD-CAM Ecoplan SI (Ecosanit Ecotechnology) e appositi sandali che permettevano alternativamente l’inserimento di una suola neutra o di plantari realizzati su misura per ciascun paziente. Sono stati valutati 30 pazienti: età > 18 anni; diabete mellito con associata neuropatia sensitivo-motoria periferica e ipercarico plantare o con pregresse lesioni ulcerative neuropatiche plantari. Tutti i pazienti sono stati valutati in 2 tempi. Al t0 sono state rilevate: impronta dei piedi con schiuma fenolica, aree di ipercheratosi/rischio ulcerazione con carta millimetrata, analisi baropodometrica durante il cammino a cadenza controllata con sandali con soletta neutra. Sono stati richiesti un minimo di 24 appoggi per singolo piede determinato come il numero di appoggi validi necessari, imponendo una potenza del test P = 80% significatività a = 99% per individuare differenze significative tra le medie pari al livello di una deviazione standard del campione rappresentativo della popolazione. Da tutti gli appoggi sono state calcolate le medie delle distribuzioni di picco su cui è stata effettuata tutta l’analisi statistica. Dall’impronta sono state realizzate due paia di plantari per ogni paziente con metodo tradizionale e con metodo CAD-CAM con i quali al tempo t1 è stato effettuato un secondo esame baropodometrico, analogo a quello effettuato al t0. L’analisi statistica è stata condotta in due fasi successive: paired t-test intra-individuale tra le medie delle mappe di picco nelle tre condizioni a livello del singolo sensore per determinare l’azione indotta dai due tipi di plantare sulle aree di rischio risultate statisticamente maggiori di 200KPa (p < 0,05). L’estensione delle aree di rischio dei 30 soggetti è stata raggruppata, per ciascuna delle tre condizioni considerate, ed è stato applicato un test ANOVA, a una via su misure ripetute separatamente per ciascun piede. Risultati. Per tutti i soggetti si è rilevato che l’uso di un plantare correttivo determina una riduzione statisticamente significativa delle estensioni delle regioni a rischio ulcerazione. I due test ANOVA sono risultati entrambi statisticamente significativi (DX p < 1e-9) (SX p < 3e-12). I confronti post hoc confermano una migliore performance dei plantari progettati e realizzati con tecnica CAD-CAM rispetto a quelli progettati da calco con tecnica manuale tradizionale (DX p < 0,0083, SX p < 0,0055). Conclusioni. Da questo studio pilota risulta evidente che il protocollo di acquisizione ed elaborazione sviluppati sono idonei ed efficaci per impostare un lavoro di confronto quantitativo-statistico sulle performance correttive di ortesi plantari di differente tipo permettendo di rilevare: la superiorità statisticamente confermata dell’approccio con progettazione e realizzazione CAD-CAM delle ortesi plantari rispetto al metodo tradizionale con calco. Riduzione delle amputazioni in Italia e procedure di rivascolarizzazione: esiste un rapporto di causa effetto? De Bellis A1, Lombardo F2, Tedeschi A1, Seghieri G1, Maggini M2, Anichini R1 1 UO Diabetologia, USL 3, Pistoia; 2Centro Nazionale di Epidemiologia, Istituto Superiore di Sanità, Roma È noto che le procedure di rivascolarizzazione (arteriosa) agli arti inferiori nei pazienti con diabete mellito siano efficaci nel prevenire le amputazioni maggiori. Però ancora non è chiaro se esista una stretta correlazione tra la riduzione di amputazioni in Italia ottenuta nell’ultimo decennio e l’incremento del numero di procedure di rivascolarizzazione. Obiettivo di questa analisi è testare l’ipotesi se esista una relazione fra i trend di amputazione in Italia e nelle singole realtà regionali e il numero delle procedure di rivascolarizzazione periferiche (REVP) agli arti inferiori nei pazienti diabetici negli anni 2003-2012. Metodi. Analisi retrospettiva del numero delle amputazioni in Italia tra il 2003-2012 e il numero di REVP nello stesso periodo. Risultati. In Italia negli anni 2003-2012 il numero delle amputazioni agli arti inferiori nei pazienti diabetici (LEAs) appare essersi ridotto: le amputazioni totali si sono ridotte da 3,6 per 1000 persone con il diabete a 2,7‰ (–23,4%), le amputazioni minori ridotte da 2,2 a 1,9‰ (–13,1%) e le maggiori da 1,2 a 0,7‰ (38,1%) p < 0,001. Nello stesso periodo il numero totale delle procedure di rivascolarizzazione progressivamente è incrementato: nel 2003, 4 persone su 1000 diabetici sono state sottoposte a REVP, di queste 2,5 ebbero un intervento di rivascolarizzazione endoluminale (ER) mentre 1,4‰ furono sottoposte a procedura chirurgica (SP); in confronto nel 2012 REVP furono 4,7‰ di cui 4,1 furono ER e 0,6 SP. Il trend di incremento negli anni delle REVP è stato di: +61,3% per ER con un decremento del –55% per SP. Nei diabetici sottoposti a REVP è stata riscontrata una significativa differenza per sesso RR = 3 (maschi-femmine) e negli anni un progressivo invecchiamento (2003-2012) dei soggetti sottoposti a REVP (p < 0,01). Analizzando l’andamento regionale di amputazioni e di REVP non esiste una stretta correlazione; infatti, vi sono ambiti regionali dove a un elevato numero di REVP corrisponde un numero minore di amputazioni, ma esistono anche andamenti intermedi e talvolta a un elevato numero di REVP corrisponde un elevato numero di amputazioni maggiori superiori alla media nazionale. Inoltre anche dall’analisi delle regioni con minor numero di amputazioni (Toscana) vi sono andamenti differenziati tra singole realtà territoriali e singoli approcci terapeutici. Conclusione. In Italia negli anni 2003-2012 il numero delle amputazioni maggiori nei pazienti diabetici è significativamente ridotto, così come le procedure di rivascolarizzazione si sono incrementate. Comunque sono necessari ulteriori studi e analisi per comprendere come e perché esistano andamenti differenziati sul territorio nazionale. Da questa analisi, inoltre, si evidenzia l’opzione italiana nelle procedure vascolari periferiche con una netta prevalenza di scelta nelle endoluminali in confronto con le procedure chirurgiche. Rivascolarizzazione e piede diabetico: differenze di esito a breve e lungo termine correlate al reparto di ricovero De Feo ME1, Fico F1, Capece S2, Volpe FP1, De Simone R1, Piscopo G1, Cangiano G2 1 UOD Diabetologia, 2UO Radiologia Vascolare, AORN A. Cardarelli, Napoli Scopo. Il Piano Nazionale Diabete ipotizza che un miglioramento nella cura del “Piede diabetico” si possa ottenere se il paziente con lesioni gravi viene tempestivamente e preferibilmente inviato a strutture dedicate. Abbiamo voluto valutare eventuali differenze di esito in termini di salvataggio d’arto, amputazione maggiore e/o morte per i pazienti diabetici (D) con lesioni vascolari agli arti inferiori che giunti al PS del nostro ospedale venivano indirizzati a differenti reparti ma subivano un uguale trattamento di rivascolarizzazione endoluminale agli arti inferiori presso un unico Servizio di Radiologia Vascolare. Metodi. Studio osservazionale retrospettivo. Tutti i D che dal gennaio 2008 al dicembre 2011 sono stati trattati, con esito immediato favorevole, presso il Servizio di Radiologia Vascolare del nostro ospedale sono stati valutati con un follow-up breve, a 3 mesi, e un follow-up a 24 mesi. I dati sono stati ricavati dalle cartelle, dai registri di controllo ambulatoriale post-ricovero o con indagine telefonica. I pazienti sono stati divisi in Gruppo A (110 pz per 117 arti trattati, quelli seguiti presso l’Unità di Diabetologia (Centro Regionale per il Piede Diabetico) e Gruppo B (155 pz Congresso AMD-SID Piede Diabetico per 169 arti, quelli ricoverati in altri reparti del nostro ospedale (Medicine 2,7%, UTIC 3,6%, Ch. Vascolare 81%, Ch. Urgenza 12,4%). Risultati. Caratteristiche della popolazione; Gr.A vs Gr.B: maschi 71% vs 68%, età media sovrapponibile 67 a vs 68 a. Classificazione delle lesioni: Gr.A TUC 1C-D 7,2%, 2C-D 22,7%, 3C-D 70,1%; Gr.B non è stata usata una classificazione o è stata differente nei vari reparti. Esito al follow-up breve (3 m) Gr.A vs Gr.B: 1) salvataggio d’arto 96,36% vs 82,9% (p < 0,001); 2) amputazione maggiore 3,63% vs 15,38% (p < 0,005); 3) decesso 0% vs 1,7% (p = ns). Esito al follow-up lungo (24 m): 1) salvataggio d’arto 84,01% vs 58,48% (p < 0,0001); 2) amputazione maggiore 7,99% vs 27,33% (p < 0,0005); 3) decesso 7,96% vs 14,18% (p = ns). Durante il ricovero il ricorso a un’amputazione minore è stato simile: Gr.A vs B 51,9% vs 56,4%; ma le prossimali (avampiede) erano meno frequenti nel Gr.A 6,4% vs 19,6%. La degenza media è stata più breve nei reparti chirurgici. Conclusioni. Il miglior esito nei pazienti ricoverati in Diabetologia solo in parte potrebbe essere spiegata con una diversa selezione di pazienti al PS ma a nostro parere dipende da un miglior controllo delle complicanze multisistemiche, dal ricorso a frequenti toilette chirurgiche e da una maggiore durata del trattamento intraricovero. Outcome di 100 soggetti diabetici trattati chirurgicamente per ulcere profonde infette ai piedi Galenda P1, Madaschi S1, Valerio N1, Gallicchio V1, Cisale C1, Colli D1, Ferraresi R2, Caravaggi CM1 1 Centri Piede Diabetico, Endocrinologia, Diabetologia, Humanitas Gavazzeni, Bergamo; 2Laboratorio Emodinamica, Humanitas Gavazzeni, Bergamo Le infezioni, unitamente all’ischemia, rappresentano le principali cause di amputazione nel soggetto diabetico con ulcere ai piedi. In letteratura vengono segnalati tassi amputativi superiori al 90% per le ulcere profonde infette, 100% se associate a ischemia. L’obiettivo di questo studio è quello di valutare gli outcome di un trattamento chirurgico tempestivo, aggressivo, ma allo stesso tempo conservativo, di queste lesioni. Materiale e metodi. Sono stati seguiti e raccolti i dati di 100 pazienti diabetici giunti consecutivamente a nostra osservazione per ulcere infette profonde dei piedi. Le lesioni sono state stadiate secondo criteri della Texas University Classification (TUC) e il sistema PEDIS-IDSA: – TUC (n): 2B (4), 2D (8), 3B (39), 3D (49); – PEDIS (n): 1 (0), 2 (5), 3 (71), 4 (24). Tutti pazienti sono stati sottoposti a drenaggio in urgenza o urgenza differita dell’infezione e polichemioterapia antibiotica empirica o mirata sulla scorta di antibiogramma. Nei giorni successivi 57 soggetti sono stati sottoposti a PTA degli arti inferiori, di cui 2 inefficaci, 7 ad amputazioni maggiori transtibiali o transfemorali, 3 del mesopiede, 15 dell’avampiede, 26 di 1 o più raggi, 5 di 1 o più dita, 43 a ulcerectomie e/o sequestrectomie ossee. Risultati. Guarigione: Nel periodo di osservazione 59 pazienti sono guariti di cui 39 in meno di 12 settimane, 72 hanno ripreso a deambulare con ortesi o scarico gessato. Mortalità in fase acuta e post-acuta: 1 paziente è deceduto per setticemia prima del trattamento chirurgico, altri 2 durante la degenza, 1 dopo 20 gg dalla dimissione. All’analisi statistica sono state osservate differenze nei livelli di amputazione che sono risultati più prossimali nei soggetti ischemici (p < 0,1), o con infezioni più gravi (p < 0,001). Il tasso di guarigione è maggiore nei soggetti non ischemici (p < 0,1) senza che vi siano differenze significative nei tempi. Meno soggetti tendono a guarire se trattati per infezioni gravi 93 (p < 0,1) e in tempi più lunghi (p < 0,1). La guarigione è risultata più lenta e difficile nei soggetti dializzati (18). Conclusioni. Un trattamento chirurgico tempestivo delle lesioni profonde infette consente di ridurre significativamente la prevalenza di amputazioni segnalata in letteratura. Lo stesso trattamento associato a rivascolarizzazione efficace consente di ridurre il tasso di amputazioni anche nelle ulcere ischemiche infette. Il livello di amputazione è risultato direttamente proporzionale alla gravità dell’infezione. L’emodialisi si conferma quale fattore prognostico negativo di guarigione. Analisi dell’indice di comorbilità di Charlson nei pazienti affetti da piede diabetico (PD) e sua correlazione con l’evoluzione clinica Iacopi E, Coppelli A, Goretti C, Mattaliano C, Piaggesi A Sezione Dipartimento Piede Diabetico, Dipartimento di Area Medica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana Scopo dello studio. L’indice di comorbilità di Charlson (ICC), derivante dalla somma di punteggi attribuiti a 19 differenti patologie croniche, è la più diffusa metodica di valutazione delle comorbilità in grado di predire la mortalità. Abbiamo valutato l’ICC in pazienti affetti da PD e abbiamo analizzato la sua correlazione con gli outcome clinici a lungo termine. Materiale e metodi. Abbiamo calcolato retrospettivamente l’ICC in 638 pazienti consecutivi affetti da diabete mellito di tipo 2 (M/F 460/178; età 68 ± 11 aa; BMI 27,8 ± 5,0 kg/m2; durata diabete 19,8 ± 12,3 aa; HbA1c 7,9 ± 1,8%) ricoverati presso il nostro dipartimento nel periodo 2011-2014 per PD. I principali outcome clinici (percentuali di guarigione, di amputazione maggiore e di morte) sono stati valutati nel corso di un follow-up di 18,9 ± 12,4 mesi (range 1,7-43,2 mesi) e quindi correlati con il punteggio ICC. Risultati. Il punteggio ICC medio (± DS) complessivo era 5,2 ± 1,6. La percentuale di guarigione era 67,2% (n 429), mentre quelle di amputazione maggiore e di morte erano rispettivamente 5,2% (n 33) e 19,5% (N 84) nel corso del follow-up. L’ICC era significativamente più basso nei pazienti guariti rispetto ai non guariti (5,1 ± 2,5 vs 5,8 ± 2,1; p < 0,02). Un punteggio ICC significativamente più alto (6,1 ± 2,3 vs 5,1 ± 2,3; p < 0,02) veniva osservato nei pazienti deceduti durante il follow-up. Nessuna differenza significativa veniva trovata nei pazienti sottoposti ad amputazione maggiore d’arto rispetto agli altri (5,5 ± 2,6 vs 5,2 ± 2,5; p = ns). Conclusioni. I pazienti diabetici con PD presentano un punteggio di ICC molto alto che correla con i tassi di guarigione e di mortalità, sottolineando l’importanza dell’importante coinvolgimento sistemico di questi pazienti. I nostri dati suggeriscono inoltre un possibile valore predittivo dell’ICC non solo in termini di mortalità, ma anche in relazione all’evoluzione clinica delle lesioni a lungo termine. Classificazione del rischio ulcerativo nei pazienti in dialisi: un’opportunità anche nei non diabetici? Magi S1, Scatena A1, Duranti E2, Bartolini E1, Ricci L3 1 SC Diabetologia, 2SC Nefrologia e Dialisi, 3SC Diabetologia, Ospedale San Donato ASL 8, Arezzo Scopo della ricerca. Valutare il rischio ulcerativo in pazienti dializzati, diabetici e non diabetici. Metodi impiegati. Abbiamo valutato 3 gruppi di pazienti: 145 diabetici non dializzati (DMND); 36 diabetici dializzati (DMD) 94 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia e 127 dializzati non diabetici (DND) per la presenza di vasculopatia tramite indice caviglia/braccio (ABPI), di perdita della sensibilità protettiva (LOPS) tramite biotesiometria (VPT) e monofilamento per poter classificare i pazienti secondo la classe di rischio ulcerativo del Documento di Consenso Internazionale. Conclusioni. Come atteso, un ABPI < 0,9 è presente nei tre gruppi sottoposti a studio, senza differenze significative tra i DMD (36%) e i DND (30%). Tuttavia i 3 gruppi non differivano statisticamente per l’alterazione della VPT, presente anche in 38 (30%) dei DND; tutti questi ultimi presentavano una lesione in fase attiva o pregressa o pregresse amputazioni minori o maggiori. Le pregresse amputazioni minori erano presenti in 1 (0,7%) dei DMND, 5 (14%) dei DMD e in 3 (2%) dei DND; le pregresse amputazioni maggiori in 0 DMND, 1 (3%) dei DMD e in 4 (3%) dei DND, senza differenze significative tra i 3 gruppi (p > 0,005). Un’ulcera in fase attiva era presente in 25 (17%) dei DMND, in 10 (27%) dei DMD e in 5 (4%) dei DND. Pregresse ulcere in 13 (9%) dei DMND, 15 (42%) dei DMD e 2 (1%) dei DND. Risulta significativo che nessuno dei DMD compaia nella classe di rischio ulcerativo assente e che la maggior parte (47%) appartenga alla classe di rischio elevatissimo. Inoltre la maggior parte dei pazienti DND (55%) appartiene alle classi di rischio media, elevata ed elevatissima. Nonostante la diversa numerosità dei campioni e la mancanza di studi similari, è possibile concludere che i pazienti DMD necessitino di azioni preventive dedicate e che l’esame della sensibilità vibratoria (VPT) possa essere condotto di routine anche nei DND al fine di individuare pazienti ad alto rischio ulcerativo. Il followup a un anno attualmente in corso di questi pazienti è volto a validare la classificazione del rischio ulcerativo anche nei pazienti non diabetici in dialisi. Calcificazioni vascolari nei pazienti diabetici con lesione ischemica del piede: confronto tra pazienti in dialisi e non Meloni M1, Izzo V1, Vainieri E1, Del Giudice C2, Da Ros V2, Ruotolo V1, Giurato L1, Gandini R2, Uccioli L1 1 Medicina dei Sistemi, 2Radiologia, Università di Tor Vergata, Roma Scopo. Il trattamento sostitutivo dialitico è un forte fattore di rischio per malattia vascolare periferica (MVP) e calcificazioni vascolari (CV)(1). Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare le differenze in termini di CV nei pazienti in dialisi e non, all’interno di una popolazione di soggetti diabetici affetti da ischemia critica dell’arto (IC) e lesione al piede (LP). Metodi. Il gruppo di studio ha incluso 456 pazienti sottoposti a rivascolarizzazione endovascolare (RE) a causa di una condizione di IC complicata da LP. Sono stati individuati due sottogruppi in relazione al trattamento dialitico (D+) (n = 60) o meno (D–) (n = 396). All’interno dei due sottogruppi abbiamo selezionato i pazienti con più severa MVP che hanno avuto necessità di almeno un nuovo intervento di RE per tentare il salvataggio d’arto: D+ n = 18 (24,7%) e D– n = 61 (14,7%). Inoltre, secondo il sistema di calcolo delle calcificazioni vascolari periferiche eseguito con fluoroscopia e angiografia a sottrazione digitale (PACCS) abbiamo valutato la severità e la localizzazione delle CV nei vasi sopra il ginocchio (SopG) e sotto (SotG)(2). Risultati. D+ ha avuto necessità di nuova RE in un maggior numero di occasioni (24,7 vs 14,7%) p < 0,043. In relazione alle CV, D+ ha mostrato una malattia calcifica più severa (grado 4C PACCS) (56,5 vs 7,8%) (X = 0,001) e un più alto tasso di calcificazioni combinate (intima e media) SotG (59 vs 9,5%) (X = 0,0001) mentre D– ha mostrato un maggior coinvolgimento dell’intima sia nei vasi SopG (57,9 vs 4,3%) (X = 0,0001) sia SotG (34,2 vs 9%) (X = 0,027). Conclusioni. Il fallimento della RE è stato più frequente nel gruppo D+ e i dializzati hanno avuto necessità di più procedure per trattare la loro MVP. Le CV sembrano svolgere un ruolo chiave nella severità della MVP e negli esiti peggiori dei pazienti dializzati. Infatti questi risultati potrebbero essere correlati alla gravità delle CV nei vasi SotG, principalmente per il coinvolgimento simultaneo sia dell’intima sia della media che sembrerebbero influenzare negativamente il successo tecnico della rivascolarizzazione e determinare una più frequente re-stenosi del vaso. 1. Prompers L. Diabetologia 2008. 2. Khrishna J. Catheterization and Cardiovascular Intervention 2014. Indagine a campione sulle conoscenze in tema di piede diabetico fra gli infermieri dell’Azienda OspedalieroUniversitaria di Udine Miniussi PM1, Monticelli S2, Caporale L2 1 Azienda Ospedaliero-Universitaria di Udine, SO Medicina Interna, Ambulatorio per la Cura del Piede Diabetico, Cividale del Friuli; 2Università degli Studi di Udine, Corso di Laurea in Infermieristica Premessa. La gestione delle lesioni cutanee croniche, tra cui il piede diabetico, viene sempre più spesso demandata anche in ospedale al personale infermieristico. Non è però noto quale sia il suo livello di conoscenze in materia, premessa necessaria per un’adeguata presa in carico di tali pazienti. Si è ritenuto perciò utile indagarlo con uno studio descrittivo, anche per valutare la necessità e i contenuti di un eventuale programma di formazione specifica. Scopo dello studio. Valutare il livello di conoscenze in tema di valutazione e cura del piede diabetico tra gli infermieri operanti nell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Udine; ricercare eventuali differenze tra quanti si ipotizza siano frequentemente od occasionalmente a contato con il piede diabetico e quanti lo sono raramente o mai; ricercare eventuali relazioni fra età, anzianità professionale e tipo di formazione e livello di conoscenze nel campo specifico. Metodi. Ci si è serviti di un questionario strutturato a risposte multiple o aperte, anonimo, contenente 12 quesiti su aspetti anagrafici e professionali e 14 quesiti su aspetti teorico/pratici dell’assistenza al piede diabetico. Il questionario è stato somministrato a 380 infermieri in servizio presso 20 strutture operative diverse dell’Ospedale di Udine (Anestesia e Rianimazione 1 e 2, Clinica di Anestesia e Rianimazione, Cardiochirurgia, Cardiologia, Pneumologia, Ortopedia, Clinica Ortopedica, Otorinolaringoiatria, Clinica Pediatrica, Clinica Medica, Medicina Interna 1 e 2, Clinica delle Malattie Infettive, Dermatologia, Diabetologia, Nefrologia, Post-acuti). La partecipazione allo studio è stata volontaria; 198 infermieri, pari al 52% degli interpellati, ha restituito il questionario compilato. Risultati. Una maggioranza rilevante del personale aderente all’indagine ha dichiarato di curare raramente o mai persone con piede diabetico (80,30%) e di non aver mai partecipato ad attività di formazione e aggiornamento sull’argomento (73,20%); peraltro, solo il 43,40% reputa la sua conoscenza in materia non adeguata o insufficiente. Nel complesso le risposte evidenziano notevoli carenze non solo su argomenti pertinenti al piede diabetico (caratteri della cute neuropatica, sede e trattamento delle ipercheratosi, significato della manovra “probe to bone”, classificazione delle lesioni, caratteristiche delle ortesi ideali), ma anche su aspetti di carattere generale (sede di prelievo da una lesione aperta del campione per esame colturale, scelta del disinfettante). Sono risultate invece buone le percen- Congresso AMD-SID Piede Diabetico tuali di risposta corretta ai quesiti sui criteri di avvio immediato del paziente al Pronto Soccorso, sulle caratteristiche dell’ulcera infetta e sulla frequenza di sostituzione della medicazione in schiuma di poliuretano. Non è stata rilevata alcuna correlazione fra le caratteristiche demografiche, il titolo di studio, l’anzianità professionale e di servizio degli intervistati e le rispettive percentuali di risposte corrette, così come fra gli infermieri operanti in strutture dove il contatto con il piede diabetico è possibile, se non frequente, e quelli delle strutture dove tale contatto è altamente improbabile. Alta prevalenza di batteri chinolonici-resistenti nelle infezioni del piede diabetico Miranda C1, Da Ros R2, De Rosa R3, Camporese A3, Zanette G1 1 SSD Diabetologia, Azienda Ospedaliera S. Maria degli Angeli, Pordenone; 2SS Diabetologia, Ospedale San Polo, Monfalcone; 3SSC Microbiologia, Azienda Ospedaliera S. Maria degli Angeli, Pordenone Premessa. Le infezioni del piede diabetico sono spesso causa di ospedalizzazione e di amputazione. Scopo del lavoro. Abbiamo condotto uno studio retrospettivo degli esami microbiologici, effettuati dal 2011 al 2014, in pz diabetici affetti da lesioni ai piedi, al fine di analizzare la flora microbica isolata e la prevalenza dell’antibiotico-resistenza. Materiale e metodi. Sono stati analizzati 105 esami colturali effettuati su biopsie tessutali in 53 pz con infezioni moderate o severe non in terapia antibiotica. Le caratteristiche cliniche dei pz erano le seguenti: 53 pz con 2TDM (43 M, 10 F), età media 76,5 aa, neuropatia periferica (32%), arteriopatia ostruttiva arti inferiori (13%), neurovasculopatia periferica (55%). Risultati. Dei 105 esami raccolti, 89 (84,7%) sono risultati positivi, 16 (15,3%) negativi. Sono stati isolati 132 microrganismi totali di cui 71 Gram+, 60 Gram–, 1 micete. I patogeni più frequenti fra i Gram+ sono stati: S. aureus (44), seguito da E. faecalis (12), S. beta-emolitico (5), S. epidermidis (4). Altri Gram+ isolati sono stati: S. xylosus (2), S. agalactiae (1), S. capitis (1), S. simulans (1), S. warneri (1). I patogeni più frequenti fra i Gram– sono stati: Pseudomonas aeruginosa (15), Proteus mirabilis (10), E. coli (9), Morganella morgani (8), Serratia marcescens (7). Altri Gram– sono stati: Citrobacter koseri (2), Klebsiella oxytoca (2), Klebsiella pneumoniae (2), Klebsiella planticola (1), Citrobacter fruendii (1), Acitenobacter (1), Enterobacter aerogenes (1), E. cloacae (1). Le infezioni sono risultate monomicrobiche nel 69,5%, polimicrobiche nel 30,4%. Le sedi delle lesioni erano dita (46,6%), avampiede (34,2%), tallone (15,2%), altre (4%). Negli esami colturali positivi le lesioni neuroischemiche sono state 62, quelle neuropatiche 27. Negli esami colturali negativi le lesioni neuropatiche sono state 5, quelle neuroischemiche 11. Il 46,2% (61/132) dei batteri è risultato resistente almeno a un antibiotico, il 15% (21/132) a due antibiotici. In particolare l’11,1% degli S. aureus sono risultati meticillino-resistenti e il 32,5% (43/132) dei batteri totali chinolonici-resistenti, di cui il 38% (27/71) dei Gram+ e il 26,6% (16/60) dei Gram–. Conclusioni. I nostri dati hanno evidenziato un’alta prevalenza di batteri chinolonici-resistenti, in particolare sono risultati resistenti il 70% dei P. mirabilis (7/10) e il 40,9% (18/44) degli S. aureus. In un nostro precedente lavoro (Atti XVIII Congresso Nazionale AMD 2011) la prevalenza di batteri Gram– chinolonici-resistenti era stata del 37,2% e del 42,8% per quanto riguarda P. mirabilis (3/7). L’ischemia sembra essere il principale fattore di rischio per ceppi chinolonici-resistenti, infatti il 76,7% (33/43) di essi è stato isolato da lesioni neuroischemiche. Altri fattori di rischio per lo sviluppo di resistenza ai chinolonici sono precedenti ricoveri e precedenti terapie antibiotiche. 95 Piede diabetico infetto: importanza della tempestività della sinergia dei trattamenti per il salvataggio “funzionale” di parte del piede Piazza1, Grassi A2, Ferri M1, Mormile A2, Limone P2, Nessi F1 1 SC Chirurgia Vascolare ed Endovascolare, 2SC Endocrinolgia, Diabetologia e Malattie Metaboliche, AO Ospedale Mauriziano, Torino Introduzione. Le gangrene del piede (a partenza spesso dalle dita), soprattutto quando associate a ischemia e infezione, comportano frequentemente il ricorso ad amputazione maggiore. L’inquadramento eziologico della lesione e la tempestività dei trattamenti permettono di limitare il livello di amputazione, consentendo spesso salvataggio di una parte del piede, funzionalmente valida. Materiale e metodi. Dal maggio 2010 al novembre 2014 sono stati trattati 138 pazienti, diabetici, affetti da lesione infetta a livello del piede, tutte di grado III secondo la Texas University Classification (TUC). In 29 pazienti la lesione (sempre secondo TUC) rientrava nello stadio B (infezione) mentre in 109 nello stadio D (infezione e ischemia). In 2 pazienti l’ampia gangrena (coinvolgimento di tutti i compartimenti del piede) ha imposto un’amputazione maggiore immediata. Negli altri 136 pazienti si è attuato un PDTA (protocollo diagnostico terapeutico assistenziale) concordato in maniera multidisciplinare (chirurgo vascolare/endovascolare, medico di pronto soccorso, diabetologo, infettivologo). Il paziente è stato sempre inquadrato inizialmente dal punto di vista eziologico mediante esame ecocolordoppler; inoltre tempestivamente in base alla gravità del quadro infettivo (flemmone con quadro di limb o life threatening) si è proceduto (in emergenza prima dell’inquadramento eziologico) a drenaggio della raccolta con asportazione dei tessuti gangrenosi nonché ad amputazione dei segmenti ossei coinvolti dalla gangrena (eseguiti prelievi bioptici delle ossa residue e del fondo della lesione per esame colturale). In altri casi il debridement è stato eseguito in un secondo tempo. In ogni caso il sito di amputazione non è stato mai sottoposto a chiusura nel primo tempo chirurgico (anche se convinti di una completa bonifica del focolaio infettivo). In 29 pazienti non è stato necessario eseguire un intervento di rivascolarizzazione (eziologia neuropatica); in 107 pazienti si è eseguito intervento di rivascolarizzazione per patologia steno-ostruttiva del segmento popliteotibiale: endovascolare (88 pz), chirurgica (11 pz), ibrida (8 pz). Il percorso di guarigione con ottenimento di un moncone di piede funzionale ha comportato un lungo (e spesso costoso) iter terapeutico: antibioticoterapia ev mirata, utilizzo di pressione negativa (NPWT) in tutti i casi, innesto con sostituto dermico acellulare di origine bovina (Integra®) per la copertura di ossa e tendini sani esposti (in 34 casi), innesto cutaneo (in 21 casi); ortesi di scarico (inizialmente per prevenire lesioni da pressione e in seguito per permettere la deambulazione con scarico). Risultati. Nel 91% (124/136 pazienti) si è ottenuto il salvataggio di un piede “funzionale” con amputazione minore. In 8 pazienti (8/136 pazienti) è stato necessario eseguire un’amputazione maggiore (7 gamba, 1 coscia) dopo comunque un iniziale tentativo di salvataggio d’arto (7 rivascolarizzazione endovascolare, 1 con procedura ibrida). Si sono verificati 4 decessi peri-operatori (1 per polmonite, 3 per scompenso cardiaco). Conclusioni. Il piede diabetico infetto comporta alto rischio di amputazione maggiore. L’aggressività del trattamento multidisciplinare permette di ottenere (a contro di costi a volte elevati) spesso il salvataggio di una parte del piede funzionalmente valido. Autoanticorpi contro collagene tipo I e II alterati da modifiche post-traslazionali indotte dallo stress ossidativo nella neuroartropatia di Charcot 96 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia Rizzi A1, Rizzo P1, Musella T1, Costantini F1, Scavone G1, Galli M2, Caputo S1, Nissim A3, Ghirlanda G1, Pitocco D1 Istituto di Medicina Interna, 2Istituto di Ortopedia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; 3Centre for Diabetes, Queen Mary University of London, Londra, UK Obiettivo. La neuroartropatia di Charcot (CN) è una delle complicanze correlate al diabete più debilitanti. Scopo dello studio è valutare la presenza di una risposta autoimmunitaria diretta verso collagene tipo I (CI) e collagene tipo II (CII), nativi e alterati da modifiche post-traslazionali indotte da specie ossidanti. Metodi. In questo studio caso-controllo sono stati arruolati 124 soggetti con DM di tipo 2 (47 con CN, 37 neuropatia diabetica senza CN e 40 con DMT2 senza complicanze) e 32 controlli sani. È stata valutata con metodica ELISA la presenza di autoanticorpi diretti verso CI e CII nativi e modificati da ribosio, acido ipocloroso, perossido di idrogeno e perossinitrito. Risultati. I 4 gruppi erano sovrapponibili per età, BMI, circonferenza vita e fianchi, profilo lipidico. I soggetti diabetici erano inoltre sovrapponibili per livello di HbA1c e per durata di malattia. Confrontati con gli altri gruppi, i soggetti con CN hanno dimostrato un’aumentata reattività anticorpale verso CII nativo e modificato da specie ossidanti. Per CI, il gruppo CN ha mostrato un’aumentata reattività rispetto agli altri gruppi solo verso la forma modificata da perossinitrito. Conclusioni. I nostri risultati suggeriscono che una risposta autoimmunitaria verso il collagene, in particolar modo CII alterato da modifiche post-traslazionali indotte da specie ossidanti, possa essere coinvolta nella patogenesi di CN. Rivascolarizzazione e chirurgia nella gestione del piede diabetico: uno studio prospettico Salvotelli L1, Stoico V1, Perrone F1, Merighi M2, Puppini G3, Bruti M4, Veraldi GF5, Brocco E6, Zoppini G1, Bonora E1 1 Endocrinologia, Diabetologia e Malattie del Metabolismo, Malattie Infettive, 3Radiologia, 4Chirurgia Plastica, 5Chirurgia Vascolare, AOUI, Verona; 6Piede Diabetico, Policlinico Abano Terme, Abano Terme (PD) 2 Scopo. Studio osservazionale prospettico che valuta la prognosi di pazienti (pz) sottoposti a interventi di chirurgia e rivascolarizzazione per piede diabetico. Metodi. Sono stati reclutati i pz ricoverati per chirurgia ed eventuale rivascolarizzazione per piede diabetico, da ottobre 2012. Outcome primari: riulcerazione, amputazione maggiore (AM). Outcome secondari: restenosi clinica dopo angioplastica (PTA), complicanze di chirurgia/rivascolarizzazione, morte. Sono stati trattati 170 pz (24 con lesioni bilaterali), 60% con storia di ulcere. Si trattava soprattutto di pz con diabete complicato da retinopatia (75%), neuropatia (95%), insufficienza renale emodialitica (8,2%). Il 65% dei pz aveva vasculopatia carotidea e il 36% cardiopatia ischemica. Nel periodo ottobre 2012-14 sono stati eseguiti 351 interventi chirurgici; 103 pz della stessa coorte sono stati sottoposti a 130 PTA (61,2% dei pz aveva ischemia critica cronica, CLI). Dodici pz sono andati incontro a riulcerazione e lo stesso numero di soggetti (9,2%) ha subito AM. La chirurgia è stata complicata da gangrena (25,6%), sanguinamento (7,7%), progressione dell’infezione (7,4%). Le PTA hanno avuto risultato positivo (completo/parziale) in oltre l’84% dei pz, con un tasso di complicanze del 6,9%. La restenosi clinica si è avuta nel 24,6%. Stato attuale dei pz: 60,7% guarito, 17,6% non guarito, 12,4% morto, 5,9% AM, 3,5% perso al follow-up. Di 21 pz deceduti (17 con CLI), la causa di morte è stata cardiovascolare (50%), insufficienza renale terminale (25%), sepsi o altro (25%). Il tasso di guarigione è stato del 59% nelle ulcere neuroischemiche, del 69% nelle neuropatiche. Conclusioni. La maggior parte dei pz con piede diabetico è affetta da diabete pluricomplicato. La prognosi delle ulcere con componente ischemica è peggiore delle ulcere neuropatiche. In un follow-up di 24 mesi, il 12,4% dei pz è deceduto – oltre l’80% affetto da CLI. Nella nostra casistica, una percentuale rilevante di interventi chirurgici è gravata da complicanze: un più lungo followup potrebbe consentire una più accurata stratificazione dei pazienti e, in base all’individuazione di fattori prognostici, il miglior iter da seguire. Aumento della TcPO2 nella ricostruzione del piede diabetico mediante l’utilizzo del sostituto dermico Integra® Spazzapan L1, Nicoletti C1, Papa G2 1 Unità Piede Diabetico e Vulnologia, Casa di Cura Pederzoli, Peschiera Del Garda, Verona; 2UO di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva, Azienda Ospedaliera Universitaria, Ospedali Riuniti, Trieste Introduzione. Scopo di questo studio comparativo retrospettivo è stato quello di valutare i risultati della ricostruzione nel piede diabetico con innesto di pelle a spessore parziale e sostituto dermico Integra® versus la ricostruzione solo con innesto di cute in termini di vascolarizzazione mediante la misurazione dell’ossigenazione tessutale periferica (TcPO2). Materiale e metodi. Sono stati inclusi nello studio 23 pazienti (12 sono stati ricostruiti con innesto di cute e 11 con Integra® e innesto di cute a tre settimane). In ogni paziente la TcPO2 è stata misurata nello stesso punto della superficie ricostruita a 14 giorni, un mese, 3 mesi, 6 mesi, 12 mesi e 24 mesi dopo la ricostruzione. Risultati. I letti delle ferite ricostruite da Integra® hanno mostrato in media una TcPO2 superiore di 10 mmHg. Conclusioni. Il nostro studio ha valutato in modo oggettivo, con il valore di TcPO2, l’ossigenazione del letto della ferita nel piede diabetico dopo la ricostruzione con innesto di cute da solo e con l’aggiunta del sostituto Integra® al letto della ferita. Durante il primo mese dopo la ricostruzione non state rilevate differenze statisticamente significative. Dopo 3 mesi TcPO2 studi hanno rivelato uno statisticamente significativo aumento della pressione tessutale di ossigeno superiore nei piedi diabetici ricostruiti con Integra® e innesto di cute. Questi risultati appoggiano in modo oggettivo i risultati clinici già segnalati durante l’utilizzo del sostituto dermico. Resta da spiegare il ruolo di questo aumento della pressione tessutale di ossigeno nel ridefinire le indicazioni per l’uso di sostituti dermici nella ricostruzione delle regioni scarsamente vascolarizzate. Colonizzazione rettale da Klebsiella pneumoniae carbapenemasi-produttrice è un fattore di rischio di mortalità in pazienti con piede diabetico infetto Tascini C1, Iacopi E2, Coppelli A2, Goretti C2, Menichetti F1, Piaggesi A2 1 UO Malattie Infettive, 2Sezione Dipartimento Piede Diabetico, Dipartimento di Area Medica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana Scopo. L’incidenza di infezioni da ceppi di Klebsiella pneumoniae produttrice di carbapenemasi (KPC-Kp) sta aumentando in tutto il mondo. Scopo del nostro studio era verificare se la colonizzazione e l’infezione da KPC-Kp in pazienti con piede Congresso AMD-SID Piede Diabetico diabetico infetto (PDI) fosse associata con un incremento della mortalità. Metodi. Abbiamo condotto uno studio retrospettivo, caso-controllo: i casi consistevano in pazienti adulti con PDI e isolamento di KPC-Kp in un tampone rettale. Per ogni caso abbiamo selezionato almeno un controllo corrispondente, affetto da PDI, ma che presentasse tampone rettale negativo per KPC-Kp. Fra l’1 dicembre 2010 e il 31 marzo 2014 abbiamo identificato 21 pazienti con PDI e colonizzazione rettale da KPC-Kp. In 6 (28%) di questi pazienti era presente anche isolamento di KPC-Kp da un prelievo a carico del PDI. Nello stesso periodo abbiamo poi selezionato 25 controlli corrispondenti. Risultati. Fra i due gruppi non erano presenti differenze significative in termini di età, sesso, punteggio di Charlson, classificazione delle lesioni e numero di precedenti ricoveri. Confrontati con i pazienti del gruppo di controllo, che presentavano una mortalità complessiva del 4%, la mortalità era significativamente più alta nei pazienti con colonizzazione rettale da KPC-Kp (40%; p = 0,013) e nei pazienti con PDI da KPC-Kp (67%; p = 0,002). Mediante regressione logistica multivariata abbiamo evidenziato come la colonizzazione da KPC-Kp fosse l’unico fattore di rischio indipendente significativamente associato con la mortalità (OR = 22,41, IC al 95%: 3,43-455,28; p = 0,006). Conclusioni. La colonizzazione e l’infezione di piede da KPCKp sembrano essere associate a un incremento della mortalità nei pazienti affetti da PDI. Utilizzo di palloni conici per il trattamento di occlusioni lunghe dei vasi tibiali in pazienti diabetici con ischemia critica degli arti inferiori Troisi N, Landini G, Michelagnoli S, Falciani F, Baggiore C Centro Interdipartimentale Piede Diabetico, Azienda Sanitaria Firenze, Firenze Introduzione. Il diabete è la principale causa di ischemia critica degli arti inferiori. Nei diabetici le occlusioni lunghe dei vasi tibiali sono molto comuni. Scopo di questo studio è stato quello di valutare i risultati dei palloni conici nella ricanalizzazione di occlusioni lunghe di vasi tibiali in pazienti diabetici con ischemia critica. Materiale e metodi. Da gennaio ad agosto 2014 49 vasi tibiali con occlusioni lunghe sono stati ricanalizzati e trattati con palloni conici (Amphirion Deep; Medtronic Inc., Minneapolis, MN, USA) in pazienti diabetici con ischemia critica afferenti al percorso aziendale del piede diabetico. I risultati a 6 mesi sono stati valutati in termini di morbilità, mortalità, pervietà primaria, pervietà primaria assistita, pervietà secondaria, assenza di restenosi (target lesion revascularization, TLR), guarigione delle ulcere/risoluzione dei sintomi e salvataggio d’arto. Risultati. I pazienti erano prevalentemente di sesso maschile (27/35, 77,1%) con un’età media di 70,9 anni (range 51-85). La lunghezza media dell’occlusione tibiale era di 232,7 mm (range 110-380). Il successo tecnico angiosome-oriented è stato ottenuto in 44/49 casi (89,8%). Durante il follow-up (durata media 3,1 mesi, range 1-6) la guarigione delle ulcere/risoluzione dei sintomi è stata ottenuta in 28/35 casi (80%). A 6 mesi il tasso stimato di salvataggio d’arto è stato del 97,1%. Inoltre, a 6 mesi i tassi di pervietà primaria, pervietà primaria assistita, pervietà secondaria e assenza di TLR sono stati rispettivamente del 64,5%, 81,4%, 81,4%, e 78,2%. L’analisi univariata ha dimostrato che il sesso maschile, la classe Rutherford 6, la presenza di concomitante coronaropatia e l’assenza di predilatazione sono fattori predittivi di insuccesso in termini di salvataggio d’arto, pervietà del vaso e di assenza di TLR. Conclusioni. I palloni conici sono sicuri ed efficaci nel tratta- 97 mento di occlusioni lunghe di vasi tibiali in pazienti diabetici con ischemia critica. La predilatazione dovrebbe essere raccomandata in tutti i casi. I risultati sembrano incoraggianti, anche se sono necessarie esperienze con popolazioni di studio più ampie e con un più duraturo follow-up. Prevalenza e classificazione dell’anemia in pazienti affetti da “piede diabetico” con ulcera: nostra valutazione Zavaroni D, Bianco M, Busconi L, De Joannon U, Mazzoni G Cure Primarie, UO Diabetologia e Malattie Metaboliche, Azienda USL, Piacenza Circa il 25% dei pazienti diabetici è a rischio di sviluppare un’ulcera agli arti inferiori nella vita e la comparsa di questa grave complicanza correla con aumento di morbilità e mortalità. L’ulcera del piede diabetico (UPD) può associarsi ad anemia e malnutrizione, fattori che contribuiscono a peggiorare il quadro clinico generale. Tale associazione è poco studiata. Alcuni studi suggeriscono una relazione con lo stadio clinico dell’ulcera e con il peggioramento della prognosi. Scopo di questo studio è stato di valutare la prevalenza di anemia nei pazienti con UPD, classificare il tipo di anemia e costruire un protocollo di terapia in base alle cause, per correggere sia l’alterazione della crasi ematica sia la malnutrizione. Materiale e metodi. In un periodo di 6 mesi (da maggio a ottobre 2014) sono stati valutati 188 pz con UPD affetti da diabete di tipo 1 e 2. La durata di malattia era di 10 anni ± 4,7 M ± DS. L’emoglobina glicata era di 8,5 ± 3,4%. Tra questi, 65 pz presentavano anemia, definita come valore di emoglobina < 12 mg/dl. I pz avevano un’ulcera stadio Texas IID e III D, durata media di 3 mesi. L’ulcera era mista, neuropatica e ischemica con sovrapposta infezione. In tutti sono stati valutati, oltre all’emocromo, sideremia, transferrina, ferritina, vitamina B12, folati, elettroforesi proteica, conta leucocitaria, valutazione GFR con formula CKD-EPI, VES, PCR. In tutti è stata valutata la malnutrizione con scheda MUST. Risultati. Sessantacinque su 188 pz, con UPD pari al 28%, presentavano anemia. In 4 l’anemia si associava a malnutrizione con punteggio MUST patologico. Tre pz presentavano anemia macrocitica con deficit di vitamina B12 e folati. Sette pz avevano livelli di sideremia bassi. In 16 pz la sideremia era normale, ma con livelli di ferritina alti, segno di deficit relativo di ferro secondario all’infiammazione cronica; 35 pz avevano una malattia renale cronica con stadio IIIb e IV. In tutti è stato attuato un protocollo terapeutico per normalizzare la crasi ematica a seconda della causa, associato a una valutazione nutrizionale. Conclusioni. Nella nostra casistica un’elevata percentuale di pz con UPD (28%) presentava anemia. La causa più frequente era la malattia renale cronica (55%) seguita dal deficit relativo di ferro secondario all’infiammazione cronica (23%), dall’iposideremia (8%) e dalla malnutrizione. La correzione dell’anemia associata a un adeguato apporto calorico e proteico, oltre alle procedure consuete di rivascolarizzazione, correzione dell’infezione e scarico della lesione, potrebbe avere un ruolo importante nel migliorare la prognosi dei pz con UPD. Riassunti – Poster Efficacia e sicurezza della risonanza magnetica terapeutica nella gestione delle lesioni del piede diabetico 98 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia Abbruzzese L, Bonino G, Mattaliano C, Goretti C, Iacopi E, Coppelli A, Piaggesi A Aliquò MS, Giordano S, Guzzetta P, Mamone G, Di Franco R, Pinto R Sez. Dip. Piede Diabetico, Dipartimento Area Medica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana UOS Cura Piede Diabetico, ARNAS Civico, Palermo Scopo. Recentemente è stata proposta una nuova tecnologia, la risonanza magnetica terapeutica (TMR), per la gestione di una serie di condizioni ulcerative croniche; scopo del nostro studio è stato valutare la sicurezza e l’efficacia della TMR nella gestione delle lesioni del piede diabetico (DF). Metodi. Abbiamo trattato un gruppo di pazienti consecutivi ricoverati nel nostro reparto (Gruppo A - n 10; età 67,7 ± 18,9 aa, durata del diabete 22,3 ± 6,6 aa, HbA1c 8,1 ± 1,1%, BMI 29,4 ± 2,1 kg/m2) con ampie lesioni post-chirurgiche per DF per due settimane consecutive con un apparecchio per la TMR a bassa intensità (Thereson, Milano, I) in aggiunta al trattamento standard. I pazienti, confrontati con un gruppo di controllo con le stesse caratteristiche (Gruppo B), sono stati successivamente seguiti mensilmente per 6 mesi per valutare il tasso (HR) e il tempo (HT) di guarigione, la percentuale della lesione coperta da tessuto di granulazione a 3 mesi (GT) e il numero di eventi avversi. Risultati. HR era del 90% nel Gruppo A e 30% nel Gruppo B (p < 0,05); GT era 73,7 ± 13,2% nel Gruppo A vs 51,84 ± 18,77% nel Gruppo B (p < 0,05). HT nel Gruppo A era di 84,46 ± 54,38 giorni vs 148,54 ± 78,96 giorni nel Gruppo B (p < 0,01). Nessuna differenza nel numero di eventi avversi (5 nel Gruppo A vs 6 nel Gruppo B) veniva registrata nel corso dello studio. Conclusioni. TMR si è dimostrata sicura ed efficace, in aggiunta al trattamento standard, nella gestione delle ampie lesioni postchirurgiche del piede diabetico. Analisi dei costi sanitari del management ambulatoriale del piede diabetico in ospedale e progetto di assistenza basato sull’intensità di cure Aliquò MS, Giordano S, Guzzetta P, Mamone G, Canzoneri G, Di Franco R, Pinto R UOS Cura Piede Diabetico, ARNAS Civico, Palermo Introduzione. Dati dell’Osservatorio ARNO Diabete mostrano che il diabete occupa il secondo posto tra le patologie per i più alti costi diretti: per ogni diabetico spendiamo 2756 € all’anno, contro i 1545 spesi per chi non ha il diabete. Circa 1600 € derivano dai ricoveri, che sono circa l’80% in più rispetto a chi non ha diabete. Le amputazioni, nei pazienti diabetici, sono cinque volte più frequenti. Scopo del lavoro. Valutare i costi di un team multidisciplinare per la gestione ambulatoriale del piede diabetico in ospedale. Metodi. È stata fatta un’analisi dei costi relativi al personale coinvolto nella cura del piede diabetico, al materiale impiegato per le medicazioni, alle analisi strumentali e di laboratorio eseguite, alle terapie antibiotiche praticate. Il costo di gestione ambulatoriale è stato confrontato con il costo di gestione in degenza ospedaliera. È stato inoltre ideato un percorso di rete assistenziale intraospedaliero e ospedale-territorio basato sull’intensità di cure che consente il follow-up del paziente e la razionalizzazione delle risorse. Conclusione. La gestione ambulatoriale della cura del piede diabetico da parte di un team multidisciplinare è economicamente vantaggiosa, efficace e può ridurre il numero di ricoveri nel paziente con piede diabetico con risparmio per il SSN. Uso di medicazioni avanzate con tecnologia Hydrofiber® e aggiunta di ioni argento nella cura del piede diabetico Scopo della ricerca. Valutare i vantaggi di un trattamento delle lesioni del piede diabetico con medicazioni avanzate con tecnologia Hydrofiber®. Le medicazioni antimicrobiche topiche all’argento sono utilizzate per la prevenzione e il trattamento delle infezioni in numerose tipologie di ferite, sono facili da applicare, garantiscono una disponibilità prolungata dell’argento, richiedono cambi della medicazione meno frequenti e assicurano ulteriori benefici, come la riduzione dell’eccesso di essudato, il mantenimento di un ambiente umido, la facilitazione dello sbrigliamento autolitico. Metodi. Abbiamo selezionato 36 pazienti diabetici con ulcere degli arti inferiori e segni di infezione. I pazienti sono stati medicati con medicazione in tecnologia Hydrofiber® con fibra rinforzante, di carbossimetilcellulosa sodica pura in fibre gelificanti e rinforzanti con aggiunta di ioni argento. Questa medicazione altamente assorbente e conformabile interagisce con l’essudato della lesione formando un gel che mantiene l’ambiente umido e non rilascia essudato. Sono stati esclusi dal campione esaminato 13 pazienti medicati per un periodo minore di due settimane. I pazienti trattati erano 23 (7 F e 16 M) di età media 66 anni. Quindici pazienti avevano ulcere ai piedi e 8 alle gambe. Il trattamento medio è stato di 4 settimane. In presenza di segni di infezione è stato eseguito tampone con prelievo dei tessuti profondi dopo lavaggio con soluzione fisiologica. In caso di positività, è stata intrapresa antibioticoterapia mirata. Nove pz sono guariti, 10 hanno ottenuto un miglioramento della lesione (riduzione di diametro o presenza di tessuto di granulazione), 2 pazienti non hanno ottenuto benefici e in 2 pazienti si è avuto un peggioramento delle lesioni. Conclusioni. Il trattamento ha consentito di ottenere un buon controllo dell’essudato e il miglioramento delle lesioni in oltre l’80% dei casi. Considerato il progressivo aumento del fenomeno dell’antibiotico-resistenza, la diminuzione del numero di antibiotici in fase di sviluppo e la restrizione di trattamento, le medicazioni utilizzate possono essere un valido aiuto nella cura delle ulcere degli arti inferiori in pazienti diabetici. Piede di Charcot: una complicanza poco conosciuta. Approccio diagnostico multidisciplinare Baccolini L1, Forlani G1, Diodato S2, Guidalotti P2, Fanti S2, Marchesini Reggiani G1 1 SSD Malattie del Metabolismo e Dietetica Clinica, 2UO Medicina Nucleare, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna Il piede di Charcot è caratterizzato, da un punto di vista morfostrutturale, da una completa alterazione dei normali rapporti osteoarticolari con presenza di fratture ossee che comportano vari gradi di deformità del piede. La maggior parte dei pazienti affetti da osteoartropatia di Charcot ha un’età compresa fra i 50 e i 60 anni, con una prevalenza fra lo 0,08-13% delle persone con diabete, tuttavia con prevalenza reale verosimilmente più alta a causa della tardiva o errata diagnosi. Riportiamo il caso di un uomo di 58 anni (BMI 35,19 kg/m2). All’APR, IMA a 54 anni, diabete mellito a 42, con polineuropatia, ipertensione arteriosa (sindrome metabolica), BPCO, discopatia degenerativa del rachide, pregresso TVP arto inferiore destro, pregresso intervento di cataratta all’occhio sinistro, meniscectomia bilaterale. Sette giorni prima, ricovero presso altro presidio per linfedema arto inferiore destro e placca sopraelevata arrossata interpretata dallo specialista dermatologo come erisipela, trattata con antibiotico-terapia Congresso AMD-SID Piede Diabetico con scarso beneficio. All’ingresso il paziente presentava sintomatologia algica bilaterale a carico degli AAII, più importante a destra. Non alterazioni dei valori ematochimici a eccezione dell’emoglobina glicata (66,1 mmol/mol) e PCR 8,6 mg/l. L’ecocardiografia evidenziava cardiopatia ischemico-ipertensiva in fase dilatativa. L’ECD AAII evidenziava medio-calcinosi in assenza di occlusioni stenosanti significative e TVP in atto. La consulenza diabetologica è stata completata dalla valutazione podologica per la presenza di una lesione ulcerativa plantare al piede destro. EO podologico: lesione ulcerativa plantare IA TUC piede dx in quadro clinico compatibile con artropatia di Charcot in fase attiva. È stata eseguita 18F-FDG PET/TC. La metodica ha mostrato un ipermetabolismo in corrispondenza di una lesione ulcerativa, senza interessamento dei piani profondi e dei tessuti ossei. Coesisteva una captazione diffusa della ragione tarsale sinistra, con esclusivo interessamento articolare, diagnostica per artropatia di Charcot. Nel paziente diabetico la complicanza più invalidante a carico degli AAII è rappresentata dal piede diabetico. L’artropatia di Charcot può coesistere, rendendo fondamentale un’accurata diagnosi differenziale. L’indagine più utilizzata è la MRI ma la letteratura riporta molteplici studi sull’utilizzo della 18F-FDG PET/TC, che ha discreta sensibilità e buona specificità (74%91%) nella diagnosi di osteomielite, costituendo uno strumento utile nella diagnosi differenziale tra piede diabetico e artropatia di Charcot. Effetti di un percorso strutturato di educazione terapeutica (ETS) del paziente diabetico ad alto rischio per ulcera agli arti inferiori sulla prevenzione dell’ulcera: la nostra esperienza Bianco M, Zavaroni D, Busconi I, De Joannon U, Morandi E, Brea P, Balzarelli A, Beghi G, Grassi S, Lazzari I, Scavone C, Turatto F Cure Primarie, Unità Operativa Diabetologia e Malattie Metaboliche, ASL Piacenza, Piacenza La prevenzione primaria dell’ulcera agli arti inferiori (AI) nel paziente diabetico è un obiettivo importantissimo sia per la salute e la qualità di vita del paziente sia per i costi sanitari conseguenti alle cure di questa patologia. Le strategie per la prevenzione dell’ulcera hanno come punto fondamentale l’adesione del paziente al piano di cura, che si ottiene solo attraverso la sua conoscenza e condivisione dei trattamenti. Scopo dello studio. Valutare gli effetti di un percorso di educazione terapeutica strutturata (ETS) per la prevenzione primaria delle ulcere agli arti inferiori nei pazienti diabetici afferenti all’UO di Diabetologia di Piacenza. Materiale e metodi. Presso l’ambulatorio del piede è stato attivato un percorso di ETS che ha coinvolto nell’arco di un anno 480 pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1 e 2, di età tra 46 e 77 anni. Tutti sono stati selezionati per alto rischio di ulcera in base a lunga durata di malattia diabetica > 10 anni associata ad almeno uno dei seguenti fattori: 1, deformazioni dei piedi (alluce varo, valgo, piede piatto, piede cavo, callosità ecc.); 2, presenza di arteriopatia agli arti inferiori documentata con indice ABI, ecocolordoppler arterioso, o di neuropatia documentata con esame obiettivo, biotesiometria e/o EMG arti inferiori; 3, scarso compenso glicemico con valori di emoglobina glicata < 8,5%. Tutti sono stati inseriti in un ciclo di incontri di ETS costruito con l’intervento del diabetologo e dell’infermiera esperta, presidiato da un care giver della Diabetologia, con rivalutazione di rinforzo a 6 mesi. Al ciclo si associava il monitoraggio glicemico periodico con modifiche terapia per il miglioramento del compenso glicometabolico, revisione dietoterapia con la dietista, controllo dell’efficacia dei presidi ortesici prescritti per i pz con deformità ai piedi. 99 I pazienti sono stati confrontati con un gruppo di controllo di 300 pazienti ad alto rischio che non è stato possibile inserire nel percorso, ma che hanno ricevuto solo informazioni standard sulla cura del piede durante le visite. Risultati. Nel gruppo di pz inseriti nel percorso di ETS lo sviluppo nell’anno successivo di ulcere ai piedi è stato del 12% rispetto al 21% dei pz del gruppo di controllo. La causa più frequente di ulcera è stata l’incostante utilizzo dei presidi ortesici consigliati e la scarsa igiene personale. In 5 casi i pz avevano interrotto saltuariamente anche le terapie prescritte. Nei pz educati si è verificato anche un miglioramento dell’emoglobina glicata (riduzione media di 0,7%) e dell’assetto lipidico. Conclusioni. I nostri risultati sulla prevenzione primaria dell’ulcera si riferiscono a un periodo di solo un anno conseguente all’intervento di ETS, ma consentono di trarre alcune considerazioni positive sull’efficacia del percorso educativo. Rispetto al gruppo di controllo, i pz inseriti nel percorso hanno avuto minore sviluppo di ulcere ai piedi e maggiore impegno anche nell’adesione alla cura in generale della malattia diabetica, dimostrato dal miglioramento del dato di emoglobina glicata. Il punto di debolezza è il forte impegno richiesto al personale sanitario per la realizzazione del percorso di ETS, che richiederebbe risorse aggiuntive. La rivascolarizzazione diretta dell’angiosoma riduce amputazioni maggiori e mortalità nei pazienti diabetici con ischemia critica e lesioni attive Coppelli A1, Iacopi E1, Bargellini I2, Cicorelli A2, Goretti C1, Lunardi A2, Mattaliano C1, Cioni R2, Piaggesi A1 1 Sez. Dip. Piede Diabetico, Dipartimento Area Medica, 2Sez. Dip. Radiologia Interventistica, Dipartimento Immagini, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana Scopo dello studio. Il ruolo del modello degli angiosomi (MA) come guida per le procedure di rivascolarizzazione è a tutt’oggi dibattuto. Abbiamo valutato se la rivascolarizzazione diretta secondo il MA possa modificare positivamente l’evoluzione clinica in soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 (DMT2) con ischemia critica (IC) sottoposti a rivascolarizzazione percutanea endoluminale (PTA). Metodi. Abbiamo valutato retrospettivamente 445 PTA efficaci consecutive a carico degli arti inferiori in 370 pazienti (1,2 PTA/ pz) affetti da DMT2 (M/F 257/113; età 73,5 ± 9,3 aa; BMI 27,4 ± 4,8 kg/m2; durata diabete 21,4 ± 12,8 aa; HbA1c 7,8 ± 1,6%) ricoverati nel nostro reparto per IC e lesioni ulcerative (LU) al piede. I pazienti sono stati divisi in due gruppi: diretto (GD 266 pz, 72%) e indiretto (GI 104 pz, 28%) in base all’acquisizione o meno di flusso diretto a livello dell’arteria che alimenta il sito di lesione, secondo il MA. Nessuna differenza significativa è stata osservata tra i due gruppi riguardo alle principali caratteristiche cliniche. Le percentuali di guarigione delle lesioni (GL), di amputazione maggiore (AM) e di morte (M) sono state confrontate nei due gruppi durante un follow-up di 18,9 ± 12,4 mesi (range 0,7-43,2 mesi). Risultati. La percentuale di GL era 68% in GD e 52% in GI (c2 = 9,6; p < 0,05), quella di AM era 11% in GD e 4% in GI (c2 = 9,4; p < 0,02). Il tasso di mortalità cumulativa durante il follow-up era 14% in GD e 27% in GI (c2 = 8,7; p < 0,02). Conclusioni. I nostri dati confermano come la rivascolarizzazione diretta dell’angiosoma della lesione a livello del piede si associ a maggiori percentuali di guarigione e a una riduzione delle percentuali di amputazione maggiore e di morte, se confrontata con la rivascolarizzazione indiretta. Il MA dovrebbe quindi essere preso in considerazione nei pazienti diabetici con lesioni al piede che vengano sottoposti a PTA. 100 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia Valutazione clinica biomeccanica e rischio di cadute nei pazienti diabetici con livelli crescenti di patologia del piede Coppelli A1, Iacopi E1, Lamola G2, Martelli D3, Goretti C1, Venturi M2, Chisari C2, Piaggesi A1 1 Sez. Dip. Piede Diabetico, Dipartimento Area Medica, 2UO Neuroriabilitazione, Dipartimento di Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana; 3Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa Scopo dello studio. Valutare l’efficacia di semplici test clinici di funzionalità motoria nel definire le alterazioni del pattern motorio e il corrispondente rischio di caduta, in pazienti con neuropatia diabetica (ND) iniziale e avanzata. Metodi. Trentacinque pazienti consecutivi, affetti da diabete mellito di tipo 2 (M/F 27/8; età 62,1 ± 9,7 aa) valutati presso il nostro ambulatorio del piede diabetico sono stati divisi in 4 gruppi: Gruppo 1 (10 pazienti) senza ND né lesioni ulcerative (LU) al piede; Gruppo 2 (9 pazienti) con ND ma senza LU; Gruppo 3 (7 pazienti) con ND e LU al piede non infette e non ischemiche; Gruppo 4 (9 pazienti) con pregresse LU neuropatiche. I pazienti sono poi stati valutati in base ai seguenti parametri: (i) Test del cammino in 6 minuti (6MWT), (ii) Test del cammino in 10 metri (10mWT); (iii) Scala dell’equilibrio di Berg (SEB); (iv) Dynamic Gait index (DGI); (v) Test Timed Up and Go (TUG). SEB rappresenta un indice di equilibrio statico mentre gli altri sono indici di equilibrio dinamico. Risultati. I risultati e le relative significatività sono riportati nella tabella sottostante. Gruppo 6MWT 1 423,6 2 330,2 3 394,8 4 401,6 Significatività p 1 vs 2 0,002 p 1 vs 3 0,329 p 1 vs 4 0,504 p 2 vs 3 0,057 p 2 vs 4 0,027 p 3 vs 4 0,728 TUG 9,8 11,2 10,6 9,8 10mWT 8,7 10,2 8,3 9 DGI 23,6 22,7 21,6 21,9 SEB 54,8 53,2 54 51,6 0,06 0,38 0,965 0,491 0,102 0,563 0,102 0,66 0,824 0,05 0,36 0,418 0,129 0,009 0,06 0,142 0,577 0,516 0,173 0,19 0,056 0,667 0,626 0,412 Conclusioni. I risultati del nostro studio suggeriscono come la presenza di ND in soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 determini alterazioni maggiori nell’equilibrio dinamico che in quello statico. Tali dati permettono inoltre di iniziare a valutare l’azione della ND sul rischio di caduta. Valutazione della funzione sudomotoria mediante Neuropad come metodo di screening della neuropatia autonomica cardiovascolare Cordone S, Salzo A, Di Vincenzo S, Cocco L, Di Ponte F, Aiello A UOC Diabetologia-Endocrinologia, PO Cardarelli Azienda Sanitaria Regionale Molise, Campobasso Background. Il Neuropad (NP) è un test di screening per la polineuropatia periferica diabetica e dai risultati di alcuni studi anche della neuropatia autonomica cardiovascolare (CAN). Obiettivo dello studio. Valutare le prestazioni del NP rispetto ai test di Ewing per lo screening della CAN. Materiale e metodi. Pazienti (pz) diabetici afferenti al nostro centro sono stati selezionati e sottoposti ai test di Ewing: Deep Breathing (DB), Lying to Standing (LS), Cought test (CT) e Postural Hypotension (PH) e a valutazione della funzione sudomotoria mediante NP applicato alla pianta dei piedi per 10 min. Per studiare le concordanze tra variabili dicotomiche, è stato usato il test McNemar. Risultati. Venti pz hanno eseguito i test neuroautonomici, il 25% è risultato positivo a un test, il 15% a 2 test, nessun pz è risultato positivo a 3 test o all’intera serie, suggerendo una neuropatia autonomica cardiaca precoce non sintomatica. Nel campione di 20 pz che hanno eseguito almeno un test neuroautonomico, NP è stato in grado di riconoscere 4 su 5 pz affetti (sensibilità 80%), riconoscendo come positivi 8 su 15 pz negativi (specificità 46%). L’accuratezza (Acc) del dispositivo è risultata del 55%, mentre il valore predittivo positivo (PPV) è del 33%, il valore predittivo negativo (NPV) è dell’87,5%. Non è stata riscontrata una concordanza statisticamente significativa tra la neuropatia autonomica diabetica, rilevata dai test neuroautonomici, e la funzione sudomotoria, rilevata da NP (p-value 0,04). La sens, spec, PPV e NPV del NP rispetto ai singoli test sono risultate essere rispettivamente: per DB 66,7%, 40%, 18,2%, 85,7%, l’Acc del 44%; per CT 100%, 47%, 18,2%, 100%, quest’ultimo influenzato dall’assenza di pz positivi al test e negativi al NP, l’Acc del 44,4%; per PH 100%, 47%, 18,2%, 100%, quest’ultimo influenzato dall’assenza di pz positivi a test e negativi al NP, l’Acc del 44%; per LS non è stato possibile valutare la sens e PPV, per assenza di pz positivi sia al test sia all’NP e la spec 33,3%, NPV 83,3%, l’Acc del 31,3%. Conclusioni. Nel rilevare la CAN il dispositivo NP mostra performance moderate, ma suddividendo la popolazione in oggetto in base alla durata di malattia è stato osservato che nei pz neodiagnosticati vs pz in follow-up, NP presenta migliore spec (57 vs 28%), e Acc (55 vs 50%), mentre nel gruppo al follow-up migliore sens (100 vs 50%); in base al range di HbA1c, per valori ≥ 54 mmol/mol vs ≤ 54 mmol/mol, NP mostra migliore sens (100 vs 50%), spec (57 vs 37%), l’Acc (70 vs 40%), PPV (50 vs 16%), NPV (100 vs 75%). Valutazione della funzione sudomotoria mediante Neuropad come metodo di screening della neuropatia periferica nei pazienti diabetici asintomatici Cordone S, Salzo A, Di Vincenzo S, Cocco L, Di Ponte F, Aiello A UOC Diabetologia-Endocrinologia, PO Cardarelli, Azienda Sanitaria Regionale Molise, Campobasso Background. Il Neuropad (NP) è un test di screening per la polineuropatia periferica diabetica e dai risultati di alcuni studi anche della neuropatia autonomica cardiovascolare (CAN). Obiettivo dello studio. Valutare le prestazioni del NP rispetto al DNI (Diabetic Neuropathy Index) e ai singoli test di screening delle sensibilità periferiche in una popolazione di pazienti diabetici asintomatici, di tipo 1 e di tipo 2. Materiale e metodi. I pazienti sono stati sottoposti a studio della funzione sudomotoria mediante applicazione di NP alla pianta dei piedi per 10 min, ispezione del piede, valutazione dei riflessi achillei e rotulei, sensibilità vibratoria (VPT), sensibilità pressoria, sensibilità tattile e dolorifica e DNI. Per studiare le concordanze tra variabili dicotomiche è stato usato il test McNemar. Risultati. Nel campione di 22 pazienti (pz), NP rispetto al DNI ha riconosciuto 7 su 10 pz affetti (sens 70%), valutando come positivi 6 pz su 12 pz negativi (spec 50%). L’accuratezza (Acc) del dispositivo è del 59%, il valore predittivo positivo (PPV) è del 53,8%, il valore predittivo negativo (NPV) è del 66,7%. Non è stato trovato Congresso AMD-SID Piede Diabetico p-value statisticamente significativo per escludere la concordanza tra funzione sudomotoria, rilevata da NP e la DPN (p-value 0,50). Andando ad analizzare i singoli test: VPT alluce VPT malleolo Monofilamento ROT achilleo ROT rotuleo Sens. dolorifica Sens. tattile Sens 63,6 57,1 100 66,7 75,0 100 100 Spec 45,5 37,5 42,9 43 44,4 45,0 45,0 PPV 53,8 61,5 7,7 30,8 23,1 15,4 15,4 NPV 55,6 33,3 100 77,8 88,9 100 100 Acc 54,5 50,0 45,5 50,0 50,0 50,0 50,0 p-value 0,75 1,0 0,001 0,07 0,01 0,002 0,002 Conclusioni. Nel rilevare la DPN, NP mostra dati sovrapponibili alla letteratura in termini di spec ma inferiori in termini di sens ma, suddividendo la popolazione in base alla durata di malattia e al controllo metabolico, è stato riscontrato che le prestazioni di NP sono migliori nei pz in follow-up vs pz neodiagnosticati e nel sottogruppo con HbA1c ≥ 54 mmol/mol vs Hba1c ≤ 53 mmol/mol. Nel primo caso la sens passa dal 25% al 100%, la spec dal 42% al 60%, l’Acc da 36,4 all’81,8%, il PPV dal 20% al 75%, l’NPV dal 50% al 100%, nel secondo caso, la sens passa dall’80% al 60%, la spec dal 66,7% al 33,3%, l’Acc dal 72,7% al 45,5%, il PPV dal 66% al 42%, l’NPV dall’80% al 50%. Isolamenti batterici in diabetici ricoverati per lesioni complicate agli arti inferiori in un centro per la cura del piede diabetico Dalla Paola L, Carone A, Principato MC, Vasilache L, Pattavina M UO per il Trattamento Piede Diabetico, Maria Cecilia Hospital GVM Care And Research, Cotignola (RA) Introduzione. Il diabete mellito è una malattia cronica che presenta progressive complicanze croniche d’organo. L’infezione di lesioni che insorgono a livello dei piedi è una delle più impegnative complicanze che può condurre a un’amputazione d’arto. Abbiamo analizzato gli isolamenti microbiologici in pazienti con piede diabetico infetto ricoverati presso il nostro Centro specializzato nel trattamento del piede diabetico. Materiale e metodi. Da gennaio 2013 a dicembre 2013, sono stati analizzati 984 campioni tessutali ottenuti dai pazienti ricoverati. Lo staging clinico di infezione era moderato-severo in accordo con la classificazione IDSA (Infectious Disease Society of America) ovvero grado 3-4 in accordo con la classificazione PEDIS. Risultati. I più comuni microrganismi isolati sono stati: Staphylococcus aureus (SA) (26%), Pseudomonas aeruginosa (PA) (17%), Staphylococcus epidermidis (17%), Proteus mirabilis (PM) (5%), Staphylococcus intermedius (5%), Escherichia coli (EC) (4%), Enterococcus cloacae (3%), Enterococcus faecalis (3%) e Klebsiella pneumoniae (KP) (2%). Altri (18%). Nella nostra casistica il 61,6% degli SA era meticillino-resistente, con un’elevata sensibilità a vancomicina, daptomicina, linezolid e teicoplanina. Dopo lo SA il secondo isolamento è stato ad appannaggio dello PA che presentava un’elevata sensibilità alla colistina. Riguardo agli altri ceppi Gram-negativi, l’EC, la KP e il PM hanno dimostrato un elevato grado di sensibilità all’ertapenem e tigeciclina. Conclusioni. Gli isolamenti microbiologici ottenuti nella popolazione studiata sono in accordo con i dati della letteratura. Il trattamento dei quadri infettivi del piede diabetico richiede usualmente un trattamento combinato che prevede una terapia antibiotica mirata sugli isolamenti microbiologici e un idoneo trattamento chirurgico di bonifica sia dei tessuti molli sia dell’osso 101 coinvolto. Un’analisi microbiologica accurata è imperativa per un’appropriata terapia antibiotica. Utilizzo di un sostituto dermale gel-like: studio di efficacia in una coorte di diabetici con lesioni complicate degli arti inferiori Dalla Paola L, Carone A, Vasilache L, Principato MC, Pattavina M UO per il Trattamento Piede Diabetico, Maria Cecilia Hospital GVM Care and Research, Cotignola (RA) Il trattamento conservativo può essere una sfida terapeutica per i diabetici affetti da lesioni ulcerative degli arti inferiori. In presenza di una progressione dell’infezione, il drenaggio chirurgico diventa un trattamento essenziale per il salvataggio d’arto. I sostituti dermali sono utilizzati per la copertura delle aree trattate con debridement chirurgico sia in caso di sequestrectomia o amputazione aperta sia di deiscenza del sito chirurgico. Il sostituto dermale gel-like Integra™ Flowable è stato sviluppato per essere utilizzato quando la geometria o la localizzazione della lesione non permetta l’uso di sostituti dermali a reticolo tridimensionale. Materiale e metodi. Da giugno 2013 a ottobre 2014, sono stati consecutivamente arruolati 71 pazienti diabetici con lesioni ulcerative al piede o caviglia. Venticinque pazienti presentavano lesioni esito di un trattamento amputativo minore aperto, 21 pazienti di un trattamento di sequestrectomia aperta con presenza di esposizione della spongiosa ossea, 10 pazienti presentavano una deiscenza del sito chirurgico e 15 pazienti presentavano lesioni ulcerative primitive profonde. Tutti i pazienti presentavano una stadiazione secondo la classificazione della Università del Texas III B-D. Risultati. Il periodo di follow-up medio è stato di 184,08 ± 130,09 giorni. Quarantaquattro (61,97%) pazienti sono guariti con una completa riepitelizzazione della lesione. Di questi, 25 pazienti sono stati trattati con applicazione one step della matrice dermica gel-like e copertura chirurgica con innesto di cute. Quattro pazienti sono stati trattati con innesto di cute a distanza dall’applicazione del sostituto dermico. Sedici (22,54%) pazienti hanno evidenziato un miglioramento delle condizioni locali della lesione con crescita di efficace tessuto di copertura sulla porzione ossea esposta. Undici (15,49%) pazienti non hanno evidenziato significativo miglioramento delle lesioni in relazione a una recidiva di ischemia critica o infettiva. Conclusioni. L’uso del sostituto dermico Integra™ Flowable può essere considerato un efficace trattamento per lesioni complicate del piede diabetico se inserito in un programma di trattamento multidisciplinare. Efficacia di Fluorexin come trattamento topico nei pazienti diabetici con ulcere sovrainfettate da Candida spp Di Campli C, Collina MC, Mancini L, Furgiuele S Chirurgia Vascolare Salvataggio d’Arto e Piede Diabetico, IDIIRCCS, Roma Introduzione e scopo. La sovrapposizione infettiva da Candida spp in ulcere infette di pazienti diabetici costituisce un fattore di rischio importante, che può peggiorare la prognosi di questi pazienti, soprattutto in caso di positività del tampone colturale per Staphylococcus spp. In particolare in questi pazienti che in genere sono in dialisi, o sotto terapia antibiotica prolungata, non sempre è facile associare terapie antifungine sistemiche, e l’impiego di prodotti di medicazioni specifici ed efficaci può rilevarsi 102 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia molto utile. Il Fluorexin (BluFarma srl) è una soluzione che combina quattro prodotti: fluoresceina, uncaria tomentosa, allantoina e Tea tree oil (TTO). Questi agenti hanno una dimostrata azione immunomodulante, antinfiammatoria, antiossidante, antimicrobica e antimicotica (in particolare sulle Enterobacteriaceae, S. mutans, Staphylococcus e Candida spp). Inoltre stimola la crescita dei cheratinociti e la sintesi del collagene. Metodi. Abbiamo arruolato 30 diabetici con ulcere Texas II B positive per Candida spp e altre specie batteriche. Tutti i pazienti sono stati trattati con debridement chirurgico e poi assegnati a medicazione standard (garza sterile) o trattamento topico con garza imbevuta di Fluorexin. Abbiamo valutato la percentuale di guarigione a 3 mesi. Risultati. Alla fine del periodo di follow-up la guarigione si è ottenuta nel 90% dei casi trattati e nel 75% dei controlli. Conclusioni. La medicazione con Fluorexin nei pazienti con tampone positivo per batteri e Candida spp può essere considerato un trattamento aggiuntivo efficace e di basso costo da associare al debridement chirurgico. Screening del piede nella malattia diabetica: confronto tra esame clinico e consapevolezza di cura del paziente Di Paolo A, Bloise D ASL RM H, Presidio Ospedaliero San Giuseppe, Marino, Roma Le lesioni del piede, complicanza invalidante del diabete, sono tuttora frequenti, comportano un grave limite nella vita del paziente e un alto onere economico per il sistema sanitario. La neuropatia sensitiva (NS) e/o l’arteriopatia periferica (AOP) agli arti inferiori sono le complicanze predisponenti allo sviluppo delle ulcere; per evitarne la comparsa i pazienti “complicati” devono essere educati alla cura del piede. L’obiettivo dello studio è stato analizzare il grado di consapevolezza nella cura dei piedi da parte dei pazienti “complicati” confrontando i dati del questionario autocompilato con i dati dello screening eseguito dal podologo. In un anno, 158 pazienti in visita presso l’ambulatorio di diabetologia del distretto, con durata di malattia ≥ 10 anni, sono stati sottoposti allo screening del piede. Prima della visita, ogni persona ha compilato un questionario di autovalutazione sulle conoscenze riguardo alla cura del piede. La visita ha compreso il Michigan Neuropathy Screening Instrument e i test clinico-strumentali secondo le linee guida. Dai dati del questionario risulta che l’89% dei pazienti è seguito in diabetologia da più di 5 anni, le conoscenze riguardo alla cura dei piedi sono irregolari e a volte insufficienti; il 39% dei pazienti esprime l’esigenza di ricevere maggiori informazioni. I pazienti con classe di rischio ≥ 1 per ulcere (presenza di NS o di AOP, no ulcere) sono il 51%, di questi il 77% presenta lesioni pre-ulcerative (callosità, distrofie ungueali, macerazioni) e nel 5% (4 casi) dei pazienti sono state scoperte ulcere che la persona ignorava di avere. Il 72% dei pazienti con lesioni pre-ulcerative riconosciute alla visita afferma di non avere nessun problema ai piedi, il 45% riporta comportamenti di cura “altamente a rischio” (uso di tronchesine, forbici). Da quest’analisi emerge la necessità di interventi di educazione terapeutica mirati per la cura del piede per i pazienti “complicati” e si evidenzia quanto sia un bisogno avvertito dai pazienti stessi. Inoltre lo screening strutturato permette gli approfondimenti diagnostici e la selezione dei pazienti che realmente necessitano di educazione, calzature e di ortesi per la prevenzione. La LDL-aferesi nel trattamento del piede diabetico ischemico. Dati preliminari dello studio HADIF Donini D1, Stoico V1, Salvotelli L1, Brocco E2, Messa M1, Franchini M3, Capuzzo E3, Saggiani F4, Pugni V5, Manicardi E5, Baricchi R6, Anichini R7, Tedeschi A7, D’Alessandri G8, Bonora E1, Zenti MG1 1 DAI, AOUI Verona, Verona; 2Unità Trattamento Piede Diabetico, Policlinico di Abano, Abano Terme (PD); 3Immunoematologia e Trasfusionale, AOPOMA, Mantova; 4Dipartimento Medico, AOPOMA, Mantova; 5Diabetologia, ASMN, Reggio Emilia; 6Medicina Trasfusionale, ASMN, Reggio Emilia; 7Diabetologia, Ospedale Pistoia, Pistoia; 8Immunoematologia e Trasfusionale, Ospedale Pistoia, Pistoia Introduzione. Il piede diabetico (PD) è una severa complicanza del diabete che riguarda in genere pazienti fragili con lunga durata di malattia e cardiovasculopatia, che riconosce come principali fattori patogenetici l’arteriopatia periferica e le alterazioni del microcircolo. Numerose evidenze hanno documentato che la LDLaferesi (LA) promuove il miglioramento della funzione del microcircolo, con aumento della perfusione dei tessuti periferici e pertanto trova indicazione nel trattamento del piede diabetico ischemico. Scopo. Verificare in uno studio clinico randomizzato, multicentrico, prospettico, l’effetto del trattamento con LA in aggiunta alla terapia tradizionale sulla guarigione delle ulcere, in pazienti con PD ischemico e vasculopatia periferica non rivascolarizzabile. Metodi. Sono stati arruolati 11 pazienti (6 a VR, 2 a RE, 2 a PT, 1 a MN). Di questi, 5 pazienti presentavano una coronaropatia preesistente all’arruolamento. Sei pazienti sono stati randomizzati al trattamento con LA in associazione alla terapia medica tradizionale (TT + LA), 5 al trattamento tradizionale (TT). La LA è stata eseguita con sistema HELP: 10 sessioni in 9 settimane. Risultati. Degli 11 pazienti arruolati, 9 M, 2 F, età media 71 aa (range 50-80 aa), 7 presentavano ulcere di classe Texas III e 4 di classe Texas I. Cinque pazienti hanno completato lo studio: 2 del braccio TT e 3 del braccio TT + LA. La guarigione si è ottenuta in 3 pazienti (1 pz in TT e 2 pz in TT + LA). Nel corso dello studio si sono verificati 3 drop-out (2 per nuovo evento cardiovascolare e uno per nuovo tentativo di PTA). Tre pazienti stanno completando lo studio. Come atteso, la misura dell’ossimetria transcutanea (TcPO2), ha presentato un trend favorevole nei pazienti trattati con LA rispetto al gruppo controllo (TT: TcPO2 V0 = 31,6; V1 = 24,8; V2 = 23,5 mmHg. TT + LA: TcPO2 V0 = 34,0; V1 = 38,8; V2 = 40,4 mmHg). Conclusioni. Questi dati preliminari, in soggetti a elevatissimo rischio cardiovascolare, mostrano nel gruppo sottoposto a LA il miglioramento della tensione cutanea di ossigeno, indice del potenziale riparativo della lesione ischemica. Valutazione dell’utilizzo e dell’efficacia di calzature e plantari in pazienti diabetici a elevato rischio ulcerativo Fico F1, Vergara R2, Diana G2, De Angelis C2, Castronuovo G1, Piscopo G1, De Feo ME1 1 UOD Diabetologia, AORN A. Cardarelli, Napoli; 2Centro Tecnico Ortopedico, Corpora SURL, Gricignano d’Aversa (CE) Scopo. L’off-loading è fondamentale per la guarigione delle ulcere diabetiche ma non tutti i medici insistono per l’uso di ortesi specifiche (OS) per la prevenzione secondaria. A ciò si aggiunge la difficoltà di acquisizione di OS e la mancata compliance del paziente (pz). Abbiamo valutato quanti pz diabetici, con pregresse lesioni ai piedi, provenienti anche da altre realtà territoriali della Campania, al momento della visita al nostro ambulatorio, utilizzavano OS e l’idoneità di queste. Materiale e metodi. Per 2 mesi, una volta a settimana, sono Congresso AMD-SID Piede Diabetico state misurate le pressioni plantari dei pz che venivano a controllo. Sono stati valutati 55 pz, 45 maschi (81,8%) e 10 femmine (18,2%), età media 65 ± 8 anni, durata media del diabete di 20 ± 9 anni. È stata compilata una scheda anamnestica, scarpe e plantari sono stati fotografati e valutati circa la congruità con il piede del paziente. Tutti i pz sono stati sottoposti a esame con Novel Pedar® (solette con 99 sensori piezocapacitivi) e/o Multisensor Optima Sense® (8 sensori piezoelettrici posizionabili in zone critiche: teste metatarsali e ipercheratosi). I pz, indossati i rilevatori con le loro calzature, deambulavano per qualche minuto per acquisire un numero di rilevazioni sufficienti all’analisi con software dedicato. I picchi pressori erano considerati a rischio se > 200 kPa. Risultati. Dei pz osservati 16 (29%) non indossavano OS; 9 per mancata compliance, 5 per mancata invalidità e 2 per danni causati dalle OS. Dei 39 (71%) che indossavano OS 22 avevano scarpe di serie e 17 su misura; il 30% dei 39 indossava OS incongrue (plantare monostrato, non su misura e/o calzata della scarpa troppo piccola e/o suola non rigida e basculante) quasi tutte erano con scarpe su misura. Dei pz che non indossavano OS il 63% presentava picchi pressori rischiosi, dei pz che usavano OS il 41% non risultava esposto a ipercarichi mentre il 59% usava calzature non efficaci. Conclusioni. I pz della nostra realtà regionale non sono sufficientemente motivati all’uso di OS, spesso vengono realizzate OS non idonee per la prevenzione delle reulcerazioni. Riteniamo che un’importante causa sia la normativa regionale che obbliga il pz a rivolgersi a ortopedici e fisiatri per la prescrizione, la verifica e il collaudo delle OS. 103 10 casi (20%), 3 o più in 3 casi (6%). È risultato negativo in 3 soggetti (6%). In 4 di 5 pazienti sottoposti a emocoltura per concomitante setticemia è stata osservata crescita batterica dello stesso microrganismo identificato nel piede. La flora microbica è rappresentata da stafilococchi aurei nel 44% delle colture, di cui 60% meticillino-resistenti, Corynebacteriaceae nel 20%, Pseudomonas aer. 10%, enterococchi fecali 10%, Serratie 10%, streptococchi 6%, meno frequente la presenza di Proteus m., Candida e altre enterobatteriacee. All’analisi statistica il riscontro di stafilococco aureo e Corynebacteriaceae è stato più frequente nelle ulcere ischemiche. Gli enterococchi fecali sono stati riscontrati prevalentemente nelle infezioni gravi e associati a interventi più invasivi. Conclusioni. Un trattamento chirurgico tempestivo delle lesioni profonde infette è risultato efficace nel trattare i segni clinici di infezione nonostante la presenza microbica su tessuti residui. Le indagini microbiologiche documentano la presenza di flora polimicrobica in meno di un terzo dei casi; verosimilmente la rimozione della massa di tessuti infetti consente di evidenziare il reale patogeno. Mediante identificazione della flora microbica e della sua correlazione con determinate caratteristiche delle ulcere, possono essere condivisi protocolli chemioterapici empirici orientati al trattamento dei germi di più frequente riscontro. Efficacia del debridement osmotico con medicazione avanzata a base di poliacrilato superassorbente e polyhexanide in paziente diabetico con lesione non-healing di gamba Girelli A, Spazzapan L, Nicoletti C Aspetti microbiologici delle ulcere profonde infette nel piede diabetico dopo debridement chirurgico Galenda P1, Madaschi S1, Valerio N1, Gallicchio V1, Cisale C1, Colli D1, Ferraresi R2, Caravaggi CM1 1 Centri di Terapia del Piede Diabetico, Endocrinologia e Diabetologia, 2Laboratorio di Emodinamica, Humanitas Gavazzeni, Bergamo L’identificazione della flora microbica, oltre a essere un’indagine utile al trattamento polichemioterapico mirato delle ulcere infette, consente l’analisi epidemiologica delle infezioni ai piedi nella popolazione afferente al proprio centro. Studi clinici e documenti di consenso documentano la presenza di flora polimicrobica il cui ruolo patogeno non appare ancora chiaro. L’obiettivo di questo studio è quello di verificare la residua presenza di germi e il loro ruolo in soggetti diabetici sottoposti a drenaggio chirurgico aggressivo di infezioni ai piedi. Materiale e metodi. Sono stati seguiti e raccolti i dati di 50 soggetti diabetici sottoposti consecutivamente a trattamento chirurgico di ulcere infette profonde ai piedi ed esame microbiologico su tessuti residui. Le lesioni sono state stadiate secondo criteri della Texas University Classification e il sistema PEDIS-IDSA: - TUC (n = 50): 2B (3), 2D (1), 3B (24), 3D (22); - PEDIS (n = 50): 1 (0), 2 (4), 3 (35), 4 (11). Tutti pazienti sono stati sottoposti a drenaggio in urgenza o urgenza differita dell’infezione in sala operatoria, fino a osservare tessuti macroscopicamente “sani” dai quali è stato prelevato un campione per esame microbiologico. I pazienti ischemici sono stati sottoposti a tentativo di rivascolarizzazione. Dopo defervescenza dei segni di infezione è stato eseguito intervento chirurgico ricostruttivo. Dimessi in cura ambulatoriale dopo un periodo postoperatorio minimo di 3 giorni. Risultati. Nel periodo postoperatorio non sono emersi segni clinici di riacutizzazione dell’infezione. L’esame colturale ha documentato presenza e crescita di un germe in 34 casi (68%), 2 in Unità Piede Diabetico e Vulnologia, Casa Di Cura Pederzoli, Peschiera Del Garda, Verona Introduzione. Obiettivo del nostro studio è stato la valutazione dell’efficacia nell’utilizzo di medicazione avanzata per debridement osmotico in pazienti diabetici portatori di lesione di gamba non-healing e di difficile sbrigliamento autolitico/enzimatico. Materiale e metodi. Trattasi di uno studio prospettico su pazienti con ulcere di gamba con le seguenti caratteristiche: tampone colturale negativo e aspetto clinico di conferma; lesione di gamba a stampo con bordi indenni ma infiammati e fondo fibrinoso resistente a debridement autolitico tramite idrogeli. Dopo 30 giorni i pazienti sono stati valutati in prima visita presso il nostro ambulatorio piede diabetico e vulnologia e seguiti a domicilio da assistenza domiciliare adeguatamente informata sull’utilizzo di medicazione osmotica con polyhexanide. Ogni paziente è stato controllato ambulatorialmente ogni 15 giorni per 60 giorni con documentazione fotografica per valutazione dell’aspetto del fondo della lesione. Risultati. Sono stati valutati 4 pazienti (3 M e 1 F). In tutti i pazienti abbiamo riscontrato una positiva efficacia nell’utilizzo della medicazione in termini di wound cleansing e di prevenzione di contaminazione in lesione cronica. Conclusione. Riteniamo la medicazione in oggetto particolarmente adatta per il trattamento di ferite croniche e di difficile guarigione nella fase di detersione nei pazienti diabetici. È nostra intenzione proseguire con l’utilizzo della medicazione in questo tipo di ferite per poter raggiungere una casistica più ampia. Pericardite e manifestazione cutanea da Stenotrophomonas maltophilia – case report Grembiale A1, Donato D2, Buffone G3, Provenzale A3, Caliò FG3 1 UO Medicina Generale, ULSS 10, Veneto Orientale, San 104 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia Donà di Piave; 2Chirurgia Cardiovascolare, 3UO Chirurgia Vascolare, S. Anna Hospital, Catanzaro Stenotrophomonas maltophilia (S. maltophilia), bacillo aerobio Gram-negativo presente in ambienti acquatici, colonizzatore frequente di fluidi utilizzati in ambiente ospedaliero. Organismo a bassa virulenza e opportunista. Le infezioni da S. maltophilia derivano in genere dalla combinazione di: prolungata ospedalizzazione, dispositivi medici colonizzati, impianti protesici, abuso di droghe per via ev, somministrazione di antibiotici ad ampio spettro per lungo periodo e neoplasie. Case report. Paziente di 67 anni, diabetico, immunocompetente, sottoposto a lunghe e diverse terapie antibiotiche per una necrosi distale infetta del moncone di pregressa amputazione piede sx con versamento pericardico causato da una batteriemia da S. maltophilia. Manifestava febbre, leucocitosi neutrofila, tachicardia, anemia e lieve dispnea. Un ecocardiogramma (EcoCG) ha mostrato un versamento pericardico nelle sezioni dx, circa 2,3 cm, associato a materiale organizzato. Iniziata terapia antibiotica empirica, steroidi e diuretici, successivamente è stato sottoposto ad amputazione alta dell’avampiede sx. L’emocoltura, negativa al momento del ricovero, era positiva in un secondo riscontro per S. maltophilia. L’esame colturale del tampone e di un frammento di cute ha confermato la presenza di S. maltophilia. L’antibiogramma ha mostrato sensibilità al trimetoprim/sulfametossazolo (TMP-SMX) e multiresistenza ad altre classi di antibiotici, quindi abbiamo iniziato una terapia antibiotica specifica. Dopo 24 ore dall’intervento il paziente era apiretico, dopo 3 giorni i globuli bianchi erano nei limiti con miglioramento delle condizioni cliniche generali. Un nuovo EcoCG, non ha mostrato alcun versamento pericardico. Lo S. maltophilia causa un ampio spettro di infezioni, le sue manifestazioni cutanee e dei tessuti molli sono un’entità sempre più frequente sia per l’abuso di terapia antibiotica sia per la presenza di più pazienti immunodepressi. Conclusioni. La rapida identificazione e terapia antibiotica precoce ci hanno permesso una rapida risoluzione del versamento pericardico e impedito una probabile evoluzione in endocardite batterica. Il TMP-SMX è raccomandato come terapia delle infezioni da S. maltophilia in quanto è attivo contro la maggior parte dei ceppi di resistenza, nonostante essa sia in aumento. Alterazioni della biomeccanica del passo e complicanze croniche microvascolari nei pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 Iacopi E1, Coppelli A1, Lamola G2, Martelli D3, Goretti C1, Venturi M2, Chisari C2, Piaggesi A1 1 Sez. Dip. Piede Diabetico, Dipartimento Area Medica, 2UO Neuroriabilitazione, Dipartimento di Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana; 3Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa Scopo. Abbiamo valutato le alterazioni della biomeccanica del passo e le correlazioni con le complicanze microvascolari croniche in pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 (T2DM). Metodi. Trentasei pazienti affetti da T2DM (M/F: 27/9; età: 63 ± 10 aa; durata diabete: 12 ± 11 aa; BMI: 29,2 ± 5,6 kg/m2; HbA1c 8,1 ± 0,9%) seguiti presso il nostro ambulatorio del piede diabetico, sono stati divisi in tre gruppi: Gruppo 1 (12 pz) senza neuropatia diabetica (DN) né lesioni ulcerative al piede; Gruppo 2 (10 pz) con DN ma senza lesioni; Gruppo 3 (15 pz) con DN e lesioni, non infette né ischemiche. Abbiamo analizzato le alterazioni della biomeccanica degli arti inferiori con un sistema di analisi del movimento (BTS Elite Clinic, BTS Bioengineering, Milano, Italia). I parametri spazio-temporali e cinematici sono stati raccolti mediante telecamere fotogrammetriche a infrarossi, mentre i dati di cinetica con due piattaforme di forza. I dati sono stati correlati con lo stato di evoluzione della retinopatia diabetica (RD) come indicatore delle complicanze microangiopatiche del diabete: in tutti i pazienti sono state eseguite retinoscopia diretta e indiretta e due foto retiniche non stereoscopiche a 45° per occhio. La RD è stata classificata secondo la classificazione Eurodiab. Risultati. La larghezza del passo (LP) era maggiore nel gruppo 2 (240,9 ± 47,5 mm) e nel gruppo 3 (271,6 ± 41,7 mm, p < 0,02 rispetto al gruppo 1); l’escursione articolare (EA) di caviglia era significativamente minore nel Gruppo 3 (Gruppo 1: 26,6 ± 5,6°, Gruppo 2: 26,0 ± 4,9°, Gruppo 3: 23,6 ± 4,7° (Gruppo 3 p < 0,05 vs Gruppo 1 e 2); l’EA di piede era significativamente inferiore nel Gruppo 3 (Gruppo 1: 37,2 ± 6,6°, Gruppo 2: 34,8 ± 1,7°, Gruppo 3: 30,2 ± 1,5° (Gruppo 3 p < 0,02 vs Gruppo 1 e 2). Una correlazione positiva veniva osservata tra presenza e severità di RD con LP (r = 0,6; p < 0,05) ed EA di piede (r = 0,65; p < 0,05). Conclusioni. Il nostro studio dimostrava una correlazione positiva tra le alterazioni biomeccaniche del passo e RD in pazienti affetti da T2DM, suggerendo quindi un possibile contributo delle complicanze croniche microvascolari nella patogenesi delle lesioni ulcerative di piede diabetico. L’attività delle metalloproteasi di matrice influenza l’integrazione degli innesti dermici nelle ulcere del piede diabetico Izzo V, Meloni M, Vainieri E, Giurato I, Ruotolo V, Uccioli I Medicina dei Sistemi, Policlinico Tor Vergata, Roma Scopo. L’obiettivo del nostro studio è stato quello di analizzare l’influenza dell’attività delle metalloproteasi di matrice (mmps) nell’integrazione degli innesti dermici quando applicati nelle ulcere del piede diabetico. Materiale e metodi. Da settembre 2012 a settembre 2013, 35 pazienti diabetici, con lesioni definite come A2 secondo la classificazione dell’Università del Texas e con un’ampia perdita di sostanza dopo esteso debridement chirurgico per la rimozione di tessuti infetti o gangrena, sono stati ritenuti idonei per l’applicazione di innesti dermici. Prima dell’arruolamento abbiamo garantito le migliori condizioni locali per favorire la guarigione dell’ulcera: apporto ematico adeguato, assenza di infezione, scarico della lesione. L’attività delle mmps di ogni lesione è stata valutata prima dell’applicazione dell’innesto dermico. Dopo un mese di follow-up, l’integrazione dell’innesto dermico è stata considerata adeguata se non si evidenziava un piano di clivaggio tra il letto dell’ulcera e il sostituto stesso; l’innesto è stato invece considerato non integrato quando risultava facilmente rimovibile dal letto dell’ulcera. Abbiamo analizzato la correlazione tra i dati clinici del paziente, le caratteristiche della lesione (includendo l’attività delle mmps), il tipo di sostituto dermico applicato e l’outcome espresso in termini di integrazione dell’innesto. Risultati. Abbiamo osservato l’integrazione dell’innesto in 28/35 pazienti (80%). Nell’analisi multivariata l’unico predittore negativo per l’integrazione del sostituto dermico era l’attività elevata delle mmps (p < 0,0007). Inoltre, in relazione all’attività delle mmps abbiamo diviso i pazienti in due gruppi: gruppo 1, lesioni con bassa attività delle mmps (24 pazienti) e gruppo 2 con lesioni con elevata attività delle mmps (11 pazienti). L’integrazione del sostituto dermico è stata del 100% nel gruppo 1 (24/24) e del 36,4% nel gruppo 2 (4/11) (p < 0,0001). Conclusione. Sulla base dei nostri risultati la valutazione dell’attività delle mmps potrebbe risultare utile nell’adottare un’adeguata strategia terapeutica e ottenere migliori risultati in termini di successo clinico e riduzione dei costi. Congresso AMD-SID Piede Diabetico Esperienza di un centro catanese per la cura del piede diabetico in otto anni di attività (2007-2014) Licciardello C1, Murabito M2, Magnano M3, Mascena G4, Finocchiaro C1 1 UFC Malattie Disendocrine e Dismetaboliche, 2Dipartimento di Chirurgia Generale, 3Radiologia Interventistica, 4Laboratorio Analisi, Centro Catanese di Medicina e Chirurgia, Catania Introduzione. Il piede diabetico rappresenta a tutt’oggi un’emergenza sanitaria; nel catanese i pazienti diabetici sono circa 100 mila e un numero troppo elevato di questi individui presenta ulcere del piede, con conseguente rischio di amputazione. Negli ultimi anni in Sicilia il numero di amputazioni maggiori è in costante diminuzione, grazie anche all’attività del gruppo di studio SID-AMD per la cura del Piede Diabetico. Obiettivo. Valutare i risultati dell’approccio multidisciplinare (diabetologo, podologo, infermiere dedicato, chirurgo del piede, microbiologo, radiologo interventista) in pazienti diabetici afferenti all’ambulatorio del Piede Diabetico del Centro Catanese di Medicina e Chirurgia nel periodo tra il 2007 e il 2014. Metodi e risultati. In otto anni di attività sono state effettuate 9647 prestazioni ambulatoriali e valutati 5624 pazienti diabetici (2584 uomini e 3040 donne, età 65 ± 9 anni, durata del diabete 18 ± 8 anni, HbA1c 8,7 ± 2%). Di tali pazienti il 67,4% presenta lesioni del piede, mentre il restante 32,6% non evidenzia alcuna alterazione obiettiva; inoltre il 25,7% dei pazienti è affetto da neuropatia periferica (diagnosticata mediante biotesiometria e monofilamento), mentre il 13,9% risulta caratterizzato da vasculopatia periferca (ABI, doppler arti inferiori, ossimetria transcutanea). I pazienti affetti da lesioni risultano essere 2175 (74,1% delle lesioni totali): tali lesioni sono prevalentemente neuropatiche (54%); le ulcere neuroischemiche sono il 34%, mentre quelle esclusivamente ischemiche rappresentano il 12%; il 63% delle ulcere è infetto. I pazienti affetti da ulcere neuropatiche vengono trattati confezionando apparecchio di scarico (TCC) o utilizzando calzatura temporanea resa non rimovibile. Dei pazienti affetti da AOCP, il 64% presentava indicazione a effettuare intervento di rivascolarizzazione (TASC 2007); sono stati pertanto effettuati 784 esami arteriografici e contestuali 623 PTA (distretto iliaco 8%, femorale 12%, tronco tibio-peroneale 24%, tibiale 36%, interossea 20%), mentre il 9% dei pazienti è stato inviato al chirurgo vascolare per il confezionamento del by-pass. Sono state infine effettuate 22 amputazioni maggiori e 205 amputazioni minori. Conclusioni. Viene spesso sostenuto, in maniera probabilmente superficiale, che in Sicilia il numero di amputazioni sia in costante aumento; in realtà questo dato è riferito prevalentemente alle amputazioni minori che, invece, rappresentano in molti casi un salvataggio d’arto. Una strategia ben coordinata, precoce e multidisciplinare può ridurre considerevolmente il rischio di amputazione maggiore e il tempo di guarigione delle ulcere; tutto ciò si traduce, oltre che in un miglioramento della durata e della qualità di vita dei pazienti, in un vantaggio economico per la spesa sanitaria: ai costi dei DRG dei ricoveri per amputazione si devono infatti aggiungere i costi indiretti (assenza dal lavoro, farmaci ecc.). Il trattamento antibiotico del piede diabetico riulcerato: esame degli antibiogrammi in 2 soggetti con gangrena e osteomielite guarite senza amputazione (storia di 20 e 3 anni) Marrino P1, Sarti M2, Vezzani G3 1 Servizio di Diabetologia, AUSL, Reggio Emilia; 2Microbiologia, Nuovo Ospedale S. Agostino Estense Baggiovara, Modena; 3Centro Iperbarico, Ospedale Di Vaio, Fidenza, Parma 105 I piedi colpiti da lesioni ulcerative restano piedi a rischio di recidive e vanno monitorati e seguiti con un follow-up stretto. Scopo dello studio è descrivere 2 casi clinici di soggetti che hanno presentato riulcerazioni, la ricorrenza di resistenze e sensibilità antibiotiche e i trattamenti effettuati, che permettono di orientare scelte per terapie antibiotiche future. Il 1° paziente, IV, anni 59, ha presentato la prima lesione nel 1993 al piede sx con proposta di amputazione alla caviglia, rifiutata: è stato quindi trattato con ampia pulizia chirurgica e terapia antibiotica, cicli di terapia iperbarica dal 1994 al 2005, e successivo impianto di cute. Dopo 10 anni comparsa di ulcera plantare con fistolizzazioni trattata con disarticolazione metatarso-falangea. Dopo un anno ricovero per flemmone al piede dx e gangrena dell’alluce, trattati con terapia antibiotica mirata, dopo rifiuto di amputazione. Nel 2008 le lesioni sono definite guarite dalla RNM (“non attività di malattia”). In giugno 2014 comparsa di nuova ulcera plantare infetta (stafilococco aureo sensibile ad amoxicillina/acido clavulanico e resistenza ai chinolonici, già riscontrata in precedenza, oltre ad Acinetobacter haemolyticus, Alcaligenes faecalis), ed è stata effettuata rivascolarizzazione dell’arto inferiore dx. Il 2° paziente FA, anni 71, ha presentato la prima lesione nel 2007 all’alluce piede dx con proposta, rifiutata, di amputazione; dopo 6 mesi comparsa di ascesso sottocutaneo sotto l’alluce, con osteomielite trattata e risolta da terapia antibiotica mirata (Staphylococcus epidermidis identificato con biopsia ossea, con stessa sensibilità e resistenze isolate anche successivamente) e terapia iperbarica: successiva biopsia ossea negativa. Nella sequenza di lesioni di entrambi i pazienti si sono moltiplicate nel tempo le resistenze a diversi antibiotici. Conclusioni. I due casi riportati, con lunga storia di ulcerazioni del piede, permettono di concludere che all’insorgere di nuove lesioni, nei soggetti con piede a rischio, occorre intraprendere una terapia antibiotica mirata, effettuando un prelievo idoneo per l’indagine colturale, per l’alto rischio di incorrere in resistenze multiple, non potendosi utilizzare la raccomandazione di una terapia empirica, che ha come presupposto la sensibilità dei germi alla maggior parte degli antibiotici. Indagini di biologia molecolare su agenti infettanti con stesso antibiofenotipo in diverse occasioni nello stesso soggetto potrebbero fornire nuovi spunti. Ruolo protettivo delle statine nei pazienti diabetici con ischemia critica dell’arto e lesione al piede Meloni M, Izzo V, Vainieri E, Ruotolo V, Giurato L, Uccioli L Medicina dei Sistemi, Università di Tor Vergata, Roma Scopo. Osservare il ruolo protettivo delle statine nei pazienti diabetici con ischemia critica dell’arto (IC) e lesione al piede (LP) dopo trattamento con rivascolarizzazione endovascolare (RE). Metodi. Sono stati inclusi 641 pazienti diabetici con IC e LP trattati con RE nel periodo tra novembre 2013 e novembre 2014. Dopo la rivascolarizzazione tutti i pazienti hanno ricevuto lo standard care per la cura della lesione e i fattori di rischio cardiovascolare sono stati periodicamente sorvegliati. La terapia con statine è stata prescritta nei pazienti non a target per ottenere un colesterolo LDL < 70 mg/dl e nei pazienti con recente ischemia miocardica indipendentemente dai valori di LDL. Salvataggio d’arto, amputazione e mortalità sono stati valutati in relazione alle variabili registrate. Risultati. Duecentosettantanove pazienti hanno ricevuto la terapia con statine (St+) mentre 362 non sono stati trattati (St–). In relazione ai 2 gruppi i risultati per St+ e St– sono stati rispettivamente: salvataggio d’arto (86,7 vs 70%), amputazione (6,8 vs 14,8%), mortalità (6,5 vs 15,2%) X = 0,0001. Sono stati anche registrati i valori di LDL e non è stata trovata alcuna correlazione tra LDL a target (tLDL) e LDL non a target (ntLDL) in rapporto agli esiti: salvataggio d’arto (87,5 vs 87,6%), amputazione (9,6 vs 5,8%), 106 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia mortalità (2,9 vs 6,6%) X2 = 0,16. Tra le variabili analizzate anche la dialisi e la dimensione dell’ulcera (> 5 cm2) hanno avuto un ruolo indipendente negli esiti. Conclusioni. Il nostro studio ha dimostrato un maggior salvataggio d’arto e una ridotta mortalità nei pazienti trattati con statine. Questi risultati sono stati ottenuti indipendentemente dai valori di colesterolo LDL. La terapia con statine sembrerebbe avere un ruolo protettivo nei pazienti diabetici con IC e LP sottoposti a intervento di rivascolarizzazione. Riteniamo che questi risultati potrebbero essere legati all’effetto pleiotropico e protettivo della statina sul letto vascolare aldilà della riduzione dei livelli di colesterolo LDL. Outcome dell’angioplastica periferica in pazienti diabetici anziani con ischemia critica Miranda C1, Cassin M2, Neri R2, Zanette G1, Da Ros R3 1 SSD Diabetologia, 2SC Cardiologia, Azienda Ospedaliera S. Maria degli Angeli, Pordenone; 3SS Diabetologia, Ospedale San Polo, Monfalcone Introduzione. Diversi studi hanno dimostrato che la rivascolarizzazione è in grado di ridurre in maniera significativa il tasso delle amputazioni maggiori in pazienti diabetici affetti da ischemia critica (CLI). Scopo. Valutare gli outcome dell’angioplastica periferica in diabetici over 65 anni. Materiale e metodi. Abbiamo selezionato una popolazione di 46 pz diabetici over 65 anni sottoposti a PTA perché affetti da piede diabetico e da ischemia critica, secondo i criteri della TASC del 2007. La procedura di rivascolarizzazione era decisa da un team multidisciplinare (diabetologo, cardiologo interventista, chirurgo vascolare) coordinato dal diabetologo. Nel biennio 20122013 un totale di 46 pazienti sono stati sottoposti a PTA. L’età media dei pz era 78,6 ± 6,37 aa, 31 pz (67,3%) erano maschi. Abbiamo valutato i seguenti outcome: 1) tasso di salvataggio d’arto, 2) re-ulcerazione e guarigione, 3) amputazioni maggiori e minori, 4) decesso, 5) re-PTA, 6) PTA controlaterale. Risultati. La PTA è stata eseguita su 67 arti inferiori, il 56,7% delle PTA ha interessato arterie sopra il ginocchio, il 28,3% delle PTA arterie sotto il ginocchio, il 14,9% delle PTA arterie sia sopra sia sottogenicolate. Dopo un follow-up di 267,5 ± 145,1 giorni, i risultati sono i seguenti: 1) il tasso di salvataggio d’arto è stato del 96%; 2) le reulcerazioni sono state il 34,7% (n 16), il 19,5% (n 9) dei pz non è guarito; 3) 2 pz (4,34%) hanno avuto amputazioni maggiori, 19 pz (41,3%) amputazioni minori; 4) 2 pz (4,34%) sono deceduti; 5) il 34,7% dei pz (n 16) ha avuto una re-PTA; 6) l’8,7% (n 4) dei pz ha avuto una PTA controlaterale. Conclusioni. La procedura di rivascolarizzazione endoluminale conferma il ruolo positivo della PTA come primo approccio per la rivascolarizzazione anche nei pz anziani con ischemia critica e piede diabetico, anche se spesso è necessaria una seconda procedura di PTA per ottenere la guarigione delle lesioni. La rivascolarizzazione chirurgica estrema del piede diabetico ischemico-infetto: risultati di un approccio integrato nel salvataggio d’arto Odero A1, Caravaggi C2, Cugnasca M1, Danieli A1, Zorzan GM1, Sganzaroli A2 1 Chirurgia Vascolare, 2Centro Interdipartimentale Cura del Piede Diabetico, Istituto Clinico CIttà Studi, Milano L’ischemia critica arti inferiori (CLI) rappresenta la causa princi- pale di amputazione maggiore nelle infezioni severe del piede diabetico. La PTA degli arti inferiori è stata recentemente indicata da diversi autori come l’approccio di prima scelta per l’alta feasibility, bassa morbilità e mortalità periprocedurale ed elevata percentuale di successo emodinamico e di salvataggio d’arto. Circa il 15% dei pazienti affetti da CLI presenta pattern occlusivi non trattabili per via percutanea nei quali la soluzione chirurgica rappresenta l’ultima opzione per evitare l’amputazione. Scopo dello studio. Valutazione del salvataggio d’arto e della mortalità a breve e a lungo termine in una coorte di pazienti affetti da CLI e infezione severa del piede diabetico (3 C-D) sottoposti a rivascolarizzazione chirurgica estrema (sottogenuale) e trattamento chirurgico dell’infezione. Materiale e metodi. Da novembre 2012 ad agosto 2014 sono stati trattati 56 pazienti non candidabili a PTA in quanto affetti da occlusione lunga del tratto femorale-popliteo (n 35) e femoropopliteo-tibiale (n 21). L’approccio integrato prevedeva il trattamento chirurgico in urgenza delle lesioni in caso di infezione seguito dalla procedura di rivascolarizzazione chirurgica. Risultati. Trentacinque pazienti sono stati sottoposti a by-pass Fe-Po: di questi 21 in VGS, 3 compositi in vena-vena e 11 in PTFE. Ventuno pazienti sono stati sottoposti a by-pass Fe-Distale (di cui 18 in VGS e 3 in composito PTFE e VGS) su monovaso di gamba come segue: 7 su ATA, 9 su ATP, 1 su pedidia e 4 su peroniera. Il salvataggio d’arto nella popolazione globale trattata è stato dell’80% (11 amputazioni maggiori su 56 pazienti) con una mortalità perioperatoria del 5,3% e del 3,7% a un follow-up medio di 14,5 (DS 5) mesi. In particolare nei bypass FePo eseguiti in VGS o composito + materiale venoso si è osservato un salvataggio d’arto del 91% mentre con impiego di materiale protesico il salvataggio d’arto è stato solo del 54%. Nei by-pass Fe-Tibiali il salvataggio d’arto è stato dell’81% (4 amputazioni maggiori su 21 pazienti). Tre dei 4 pazienti sottoposti ad amputazione maggiore erano stati rivascolarizzati in composito con PTFE e vena. Conclusioni. I dati del nostro studio confermano che la rivascolarizzazione chirurgica estrema rappresenta nei pazienti fit-forsurgery e non candidabili a una rivascolarizzazione periferica endoluminale un approccio terapeutico sicuro ed efficace. Inoltre si riconferma che la disponibilità di materiale venoso autologo per il confezionamento del bypass è garanzia di un più elevato outcome. Elevata prevalenza di decubiti del tallone in un ospedale di terzo livello e inefficacia di un intervento educativo nel ridurne l’incidenza Pradal M1, Ambrosini Nobili L2, Uccelli F3, Casano A2, Scateni M1, Piaggesi A2 1 Direzione Infermieristica, 2Sez. Dip. Piede Diabetico, Dipartimento Area Medica, 3UO Gestione Rischio Clinico, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana Scopo. Il tallone rappresenta una frequente localizzazione di lesioni da pressione, e la prima tra i pazienti diabetici. Abbiamo condotto questo studio allo scopo di misurare la frequenza dei decubiti primitivi e di quelli jatrogenici del tallone nel nostro ospedale di terzo livello e per valutare l’efficacia di un programma educativo in-service, specificamente dedicato alla prevenzione e al trattamento dei decubiti del tallone. Metodi. Abbiamo screenato prospetticamente tutti i pazienti ricoverati nel nostro ospedale nel periodo compreso tra marzo e aprile 2014 alla ricerca di lesioni da decubito del tallone, sia primitive sia jatrogeniche. Abbiamo successivamente sottoposto due infermieri per reparto a un intervento intensificato di formazione per l’individuazione precoce e trattamento adeguato delle Congresso AMD-SID Piede Diabetico lesioni nel periodo compreso tra maggio e giugno 2014. Abbiamo quindi ripetuto lo screening nei mesi di settembre e ottobre del 2014 per verificare i cambiamenti rispetto al baseline. Risultati. Settantacinque lesioni da decubito su 2730 ricoveri (0,027 lesioni/ricovero) sono state identificate nei due mesi di screening; il 36% di queste era di natura jatrogenica. Secondo la classificazione EPUAP erano così distribuite: 32% stadio I; 33,3% stadio II; 25,3% stadio III; e 9,4% stadio IV. Nel periodo successivo alla formazione specifica, nei mesi di settembre e ottobre 75 lesioni su 2920 ricoveri (0,026 lesioni/ricovero) sono state registrate; 24% jatrogeniche (c2 = 0,267; p = 0,7305 post- vs pre-); EPUAP staging: 40% stadio I; 37,3% stadio II; 21,3% stadio III; e 1,4% stadio IV (c2 = 5,595; p = 0,133 postvs pre-). Conclusioni. I nostri dati confermano l’elevata prevalenza delle lesioni da decubito del tallone e della necessità di un intervento prolungato e articolato per ridurne significativamente la prevalenza tra i pazienti ricoverati. Studio coronarico con MDCT in pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 con neuropatia diabetica: il ruolo della neuroartropatia di Charcot Rizzi A1, Marano R2, Musella T1, Costantini F1, Scavone G1, Galli M3, Caputo S1, Bonomo L2, Ghirlanda G1, Pitocco D1 1 Istituto di Medicina Interna, 2Istituto di Radiologia, 3Istituto di Ortopedia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Obiettivo. Confrontare il livello di calcio coronarico (CACS) e la severità della coronaropatia (CAD), entrambi valutati tramite MDCT, in pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 (DMT2) complicati da neuropatia diabetica con e senza neuroartropatia di Charcot (CN). Metodi. Trentaquattro pazienti con CN e 36 pazienti con neuropatia diabetica senza CN (DN), tutti asintomatici per CAD, sono stati sottoposti a MDCT per valutare CACS e severità della coronaropatia. I due gruppi erano sovrapponibili per età, sesso e tradizionali fattori di rischio cardiovascolare. I pazienti che alla MDCT presentavano almeno una stenosi > 50% sono stati considerati positivi per CAD significativa. I pazienti con almeno una stenosi significativa sono stati sottoposti a coronarografia per approfondimento diagnostico ed eventuale trattamento. Risultati. I pazienti con CN hanno dimostrato una maggiore frequenza di CAD significativa rispetto ai pazienti con DN (p < 0,001), mentre non sono state osservate differenze significative per CACS (p = 0,980). Analizzando la distribuzione di CACS per stenosi < 50% e ≥ 50%, nessuna differenza significativa è stata osservata sia considerando tutti i pazienti complessivamente (p = 0,814) sia considerando singolarmente i due gruppi (p gruppo CN = 0,661 e p gruppo DN = 0,559). MDCT ha dimostrato un’accuratezza diagnostica complessiva per CAD significativa dell’87%. Conclusioni. Questi dati preliminari suggeriscono che, confrontati con i pazienti con DN, i pazienti con CN presentano una maggiore prevalenza di CAD severa mentre le placche coronariche non mostrano un aumentato livello di calcio. MDCT può essere utile nella valutazione del rischio cardiovascolare in pazienti con DMT2 con neuropatia autonomica asintomatici per CAD. Spettro e sensibilità antibiotica dei germi isolati in ulcere infette di pazienti con piede diabetico Rizzi A1, Zaccardi F1, Musella T1, Costantini F1, Scavone G1, Flex A1, Tinelli G2, Galli M3, Fiori B4, Caputo S1, Ghirlanda G1, Spanu T4, Pitocco D1 107 Istituto di Medicina Interna, 2Istituto di Chirurgia Vascolare, Istituto di Ortopedia, 4Istituto di Microbiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma 1 3 Obiettivo. Le infezioni sono la prima causa di ospedalizzazione nei pazienti affetti da piede diabetico. Scopo dello studio è identificare le popolazioni batteriche e valutare resistenza e sensibilità agli antibiotici dei patogeni isolati. Metodi. Sono stati esaminati 765 campioni, prelevati da ulcere infette, per valutarne la popolazione microbica e per verificare in vitro sensibilità e resistenza verso diverse classi di antibiotici. Risultati. Sono stati isolati 1251 microrganismi e 69 specie microbiche. I Gram-positivi sono stati indentificati nel 52,6% dei campioni: tra essi, stafilococchi nel 31,5%, con maggiore prevalenza di S. aureus (26,8%) e S. coaugulasi negativi. Enterococchi sono stati isolati nel 16,9% dei campioni, streptococchi nel 4,2%. Batteri Gram-negativi sono stati isolati nel 41,5% dei campioni: tra questi i più frequenti sono P. aeruginosa (13,1%), E. coli (6,8%), P. mirabilis (5,2%), A. baumannii (3,5%), K. pneumoniae (3,3%). Patogeni anaerobi sono stati isolati nel 5,9% dei campioni, con maggiore prevalenza di B. fragilis (3,9%). Le colture, inoltre, sono state distinte in mono- (57,2%) e poli-microbiche (47,3%). Le principiali associazioni individuate sono S. aureus/P. aeruginosa (7,4%), S. aureus/Ent. D faecalis (6,2%), P. aeruginosa/Ent. D. faecalis (6,1%). Circa la resistenza agli antibiotici, gli stafilococchi hanno dimostrato resistenza ad amoxicillina/acido clavulanico (66%), ciprofloxacina (62%), eritromicina (56,9%) e gentamicina (51,8%). Gli enterococchi hanno mostrato resistenza a eritromicina (66,7%), imipenem (25%), ampicillina (17,5%), vancomicina (4,5%) e teicoplanina (4,2%). Gli streptococchi hanno dimostrato resistenza a eritromicina (32,4%) e gentamicina (31,3%). I Gramnegativi hanno dimostrato resistenza a cefotaxime (60,7%), ciprofloxacina (57,5%), amoxicillina/acido clavulanico (55%) e gentamicina (54,4%). Conclusioni. Dai dati emerge che 6 specie microbiche sono responsabili di circa il 70% delle infezioni e che S. aureus e S. coaugulasi-negativi ne causano circa il 31,5%. La copertura antibiotica iniziale dovrebbe sempre includere lo S. aureus e i Gram-negativi. Valutazione delle pressioni plantari in pazienti diabetici in diverse classi di rischio: risultati preliminari Sassone V1, Vergara R1, Vitagliano G2, Nosso G2, Saldalamacchia G2 1 Centro Tecnico Ortopedico, Corpora SURL, Gricignano d’Aversa (CE); 2Medicina Clinica e Chirurgia, Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Federico II” Università di Napoli, Napoli Introduzione e scopo. Benché la neuropatia rappresenti la conditio sine qua non per la genesi di una lesione ulcerativa, lo stress meccanico riveste un ruolo patogenetico importante nello sviluppo di un’ulcerazione; pertanto la valutazione della distribuzione delle pressioni plantari è attualmente considerata un importante strumento di quantificazione del rischio di ulcerazione e/o reulcerazione. L’obiettivo del presente studio è quello di misurare le pressioni plantari in pazienti diabetici in diverse classi di rischio e di rivalutarne l’esito a un anno. Metodi. Quattordici pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 (età: 63 ± 7 anni; durata diabete: 15 ± 10 anni) in diverse classi di rischio di ulcerazione sono stati sottoposti a valutazione delle pressioni distali mediante sistema Novel Pedar (utilizzato in caso di pazienti in prevenzione primaria) e Optima Sense (utilizzato in prevenzione secondaria) al tempo 0 (T0) e dopo 12 mesi (T1). Dove necessario, è stato prescritto utilizzo di ortesi e calzature specifiche. 108 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia Risultati. Al T0, 6 pazienti erano in prevenzione primaria (classe di rischio 1), 3 soggetti erano in prevenzione secondaria (reulcerazione, classe di rischio 2) e 5 pazienti presentavano ulcere in atto (classe di rischio 3). Circa il 70% dei soggetti ha utilizzato correttamente, durante tutto il periodo di follow-up, le ortesi specifiche prescritte. La pressione plantare media registrata al T0 è stata di 258 ± 125 kilopascal) e si riduceva significativamente dopo 12 mesi (203 ± 95 kilopascal p = 0,03). Dopo un anno, tutti i soggetti nelle classi di rischio 2 e 3 presentavano assenza di lesioni ulcerative; nessuna nuova lesione è stata diagnosticata durante il periodo di follow-up. Conclusioni. I nostri dati, seppur preliminari, documentano che la valutazione delle pressioni plantari si rivela un valido supporto all’individuazione del corretto intervento preventivo/terapeutico del piede diabetico. Emerge una nuova era nella medicina del piede diabetico, la classificazione della distribuzione delle pressioni plantari assume un significato nel determinare un corretto intervento preventivo/terapeutico del piede diabetico. Piede diabetico infetto: percorso integrato di cura nel territorio dell’azienda sanitaria locale CN1-Piemonte Sbriglia MS, Sansone D, Meineri I, Scognamiglio A, Menardi G, Bertello S, Oleandri SE SC Endocrinologia, Diabetologia ASLCN1-Piemonte, Dipartimento di Area Medica, Ospedale SS. Annunziata Tra le varie complicanze croniche della malattia diabetica, vi è la patologia neurovascolare che coinvolge il piede, definita piede diabetico. Si stima che il 15% dei pazienti diabetici vada incontro, nella sua storia di malattia, a questa complicanza, che rappresenta la prima causa di amputazione non traumatica degli arti. Pertanto, considerando che nel 2014 la popolazione assistita dalla nostra Struttura ammonta a circa 18.000 pazienti, dobbiamo aspettarci che tale complicanza coinvolga circa 2500 soggetti nel territorio dell’ASLCN1. Allo scopo di prevenire le amputazioni maggiori, all’inizio del 2013, abbiamo messo in atto un percorso integrato di cura del piede diabetico, attivando alcuni ambulatori di primo livello decentrati nel territorio dell’ASL (Fossano, Saluzzo, Cuneo, Mondovì) e, a Savigliano, un ambulatorio di secondo livello con due posti letto per il ricovero ordinario dei pazienti con lesioni infette agli arti inferiori. Nello stesso periodo abbiamo reso operativa la collaborazione fissa con la Chirurgia Vascolare dell’Ospedale Mauriziano di Torino per la cura dei pazienti con arteriopatia periferica e con la Diabetologia del CTO di Torino per i pazienti con prevalenti complicanze neuropatiche. Dal 1.01.2013 al 15.12.2014 sono stati seguiti in regime di ricovero ordinario 42 pazienti, trattati come schematizzato nella seguente tabella riassuntiva: Curettage e Curettage Amputazione Amputazione Amputazione medicazione + PTA; minore* + minore* maggiore avanzata PTA/stenting PTA; PTA/stenting 19 5 10 7 1 *Amputazioni di dita. In un solo caso, amputazione trans-metatarsale. Conclusioni. Il percorso di cura integrato, riservando ai nostri pazienti un profilo di assistenza privilegiato, soprattutto grazie alla rapida attuazione di terapia antibiotica ad ampio spettro e alla procedura di rivascolarizzazione effettuata entro sette giorni dal ricovero, ha consentito di evitare ogni tipo di amputazione nel 57% dei casi (24/42) e di ricorrere ad amputazioni minori nel 40% circa dei casi (17/42). Solo una paziente, avendo rifiutato il ricovero per oltre dieci giorni dopo la diagnosi di infezione, è andata incontro a sepsi e ha subito un’amputazione di gamba. Arezzo best practice italiana 2007-2013. Accesso al percorso easy, trattamento dell’ischemia fast e chirurgia demolitiva/ricostruttiva slow Scatena A1, Liistro F2, Porto I2, Ventoruzzo G3, Turini F3, Bellandi G3, Tacconi D4, Bolognese L5, Ricci L6 1 SC Diabetologia, 2UO Cardiologia Interventistica, 3SC Chirurgia Vascolare, 4SC Malattie Infettive, 5Dipartimento Cardiovascolare e Neurologico, 6SC Diabetologia, Ospedale San Donato, ASL 8, Arezzo Scopo dello studio. Valutare retrospettivamente i pazienti afferiti all’Ambulatorio del Piede Diabetico di Arezzo alla luce dei dati del PNE Agenas, che confermano anche per il 2013 il minor tasso di ospedalizzazione per amputazioni maggiori per diabete ad Arezzo nella popolazione residente. Materiale e metodi. Abbiamo analizzato 774 pazienti (63% maschi) dal 1 gennaio 2012 al 31 dicembre 2013 giunti per una prima valutazione. Conclusioni. Dei 774 pazienti, 554 (72%) presentavano un’ulcera, 650 (84%) risultavano neuropatici, 307 (40%) avevano un ABI < 0,9, di cui 204 (66%) con ischemia critica e pertanto rivascolarizzati mediante angioplastica (PTA) e solo 3 (0,8%) mediante by-pass. Centotré (34%) pazienti sono stati esclusi dalla rivascolarizzazione per l’evoluzione positiva della lesione, per le condizioni generali o per limitazioni tecniche. Cinquantasette (28%) pazienti hanno necessitato di una re-PTA per giungere a guarigione completa. Sono stati eseguiti 563 interventi chirurgici, di cui 413 (73%) debridement in acuto e 150 (27%) amputazioni minori seguendo i piani di clivaggio e il territorio trofico dopo la rivascolarizzazione. Abbiamo analizzato poi la tempistica: l’attesa per l’accesso ambulatoriale è risultata 0-10 giorni (5,04 ± 3,15); per il ricovero in caso di infezione acuta (grado PEDIS moderatosevero) 0 giorni; per la procedura di rivascolarizzazione 0-14 gg (8,12 ± 4,10); per il drenaggio chirurgico dell’infezione 0 giorni. La chirurgia ricostruttiva ha seguito di 30-75 gg (37,2 ± 13,77) la rivascolarizzazione per attendere il trofismo dei tessuti in cui attuare l’incisione e la sutura. Al termine del follow-up di 66 ± 27 settimane, 749 (97%) pazienti sono guariti con un tempo medio di guarigione di 111,74 ± 95,11 giorni, 19 (2%) pazienti risultano ancora in trattamento e 6 pazienti hanno subito un’amputazione maggiore (0,77%). Ottantaquattro (11%) pazienti sono deceduti, di cui 71 (85%) per cause cardiovascolari. Nella nostra esperienza, i buoni risultati sono il frutto della creazione di un team multidisciplinare, in cui il diabetologo coordina l’intervento dei vari specialisti e garantisce il rispetto dei tempi in cui avvicendare le fasi del percorso assistenziale. Innesto di membrana amniotica nel trattamento del piede diabetico Senesi A, De Pretto B, Calcaterra F UOT Diabetologia, ULSS 4 Alto Vicentino, Schio (VI) Introduzione. Le lesioni al piede diabetico sono spesso caratterizzate da vasta perdita di sostanza. La gestione di queste ulcere è spesso una sfida, sia per la natura refrattaria sia per l’impatto economico. Nelle vaste lesioni aperte non infette e non ischemiche il trattamento di prima scelta è l’innesto di sostituto dermico e/o di tessuto autologo, a seconda della tipologia della lesione. Sebbene queste tecniche siano disponibili, sono da un lato molto costose e dall’altro traumatiche per il paziente. La membrana amniotica ha attratto la nostra attenzione per le sue capacità di promuovere la granulazione e la riepitelizzazione controllando sia il fattore infettivo sia la sintomatologia dolorosa. Congresso AMD-SID Piede Diabetico 109 Inoltre la membrana ha capacità angiogenetica e ha una bassa immunogenicità. Tale membrana è di derivazione placentare ed è ricca di fattori di crescita. Scopo. Valutare l’efficacia dell’innesto di membrana amniotica crioconservata nel trattamento delle lesioni al piede diabetico. Materiale e metodi. In questo studio 3 pazienti con lesioni postchirurgiche al piede di grado II A sec TUC sono stati trattati con innesto di membrana amniotica crioconservata. Una volta eseguito l’innesto, i pazienti sono stati valutati settimanalmente e solo in tale occasione medicati con semplice garza grassa. Risultati. Due pazienti sono andati a guarigione in due mesi dal trattamento. Un paziente non ha avuto beneficio ed è stato sottoposto successivamente a revisione chirurgica. Conclusioni. I dati mettono in evidenza come l’innesto di membrana amniotica abbia portato a guarigione in tempi ristretti. Il fallimento terapeutico del terzo paziente probabilmente è da imputare alla presenza di una sottostante osteomielite diagnosticata solo successivamente all’innesto di membrana amniotica. L’innesto è stato ben tollerato e si è dimostrato un valido mezzo terapeutico nel trattamento di lesioni trofiche al piede. l’ischemia d’arto. Ci sono tuttavia pochi lavori a riguardo del problema piede diabetico nella popolazione pediatrica. Scopo di questo lavoro è quello di valutare l’attuale letteratura sul piede diabetico nel bambino e adolescente con diabete mellito. Materiale e metodi. La ricerca bibliografica è stata condotta su tutti gli articoli pubblicati in Medline, Embase, Central, Scopus, Clinical Key da gennaio 1994 a settembre 2014 ricercando i termini: piede, diabetico, pediatrico, bambino. Risultati. Le linee guida internazionali raccomandano in questi pazienti l’esame dei piedi dalla pubertà una volta all’anno con particolare attenzione alla sensibilità protettiva, alla presenza dei polsi periferici, all’integrità della cute e alla ricerca di eventuali problemi delle unghie. Diversi autori hanno descritto che molti giovani pazienti con diabete mellito hanno problemi ai piedi e segni di precoci manifestazioni della neuropatia periferica. Conclusioni. Con questo lavoro vogliamo porre l’attenzione sull’importanza della cura del piede nei pazienti pediatrici con il diabete. Più ampi studi prospettici sono a nostro avviso necessari per stabilire l’esatta prevalenza della patologia e ottimizzare gli interventi di prevenzione. Piede diabetico tra ospedale e territorio: il nuovo protocollo aziendale della ULSS 4 Alto Vicentino Utilizzo di nuova schiuma di poliuretano nel trattamento del sito donatore di innesto cutaneo Senesi A, De Pretto B, Armatura G, Debortoli R, Pasin L, Calcaterra F Spazzapan L, Nicoletti C UOT Diabetologia, ULSS 4 Alto Vicentino, Schio (VI) Il piede diabetico è una delle complicanze più invalidanti della patologia diabetica. È nota l’entità del problema e le sue ripercussioni sul piano economico. È nota inoltre la patogenesi multifattoriale e la conseguente importanza di un approccio multidisciplinare. Da circa un anno e mezzo presso la ULSS 4 Alto Vicentino è stato applicato un nuovo protocollo aziendale che prevede la collaborazione di più specialisti (diabetologo, MMG, chirurgo, ortopedico, podologo, tecnico ortopedico, infettivologo), con lo scopo di prevenire le ulcerazioni, ridurre il tasso di amputazione, ottimizzare le risorse. Il diabetologo appartenente alla UOT Diabetologia è il responsabile clinico della patologia; ne stabilisce il percorso operativo coordinandosi con l’ospedale per eventuali ricoveri. L’ambulatorio piede diabetico è dislocato nel territorio, è gestito dal diabetologo che, in caso di necessità, attiva il percorso ospedaliero. Il diabetologo inoltre afferisce in ospedale per la parte chirurgica. Nel territorio il diabetologo lavora a stretto contatto con il podologo e il tecnico ortopedico in modo da dare assistenza completa al paziente diabetico. Prossimamente verranno analizzati i dati relativi al numero di ricoveri e ai tassi di amputazione presso la nostra ULSS valutando così la reale efficienza ed efficacia di tale protocollo. Il piede diabetico nel bambino: la nuova epidemia? Spazzapan L, Nicoletti C Unità Piede Diabetico e Vulnologia, Casa di Cura Pederzoli, Peschiera Del Garda, Verona Introduzione. Ogni anno negli Stati Uniti vengono diagnosticati 13.000 nuovi casi di diabete mellito di tipo 1 e un’aumentata prevalenza di diabete mellito di tipo 2 negli adolescenti è stata riportata nel mondo. Come sappiamo le ulcerazioni dei piedi nei soggetti diabetici rappresentano una delle complicanze più temibili della malattia diabetica. Negli adulti l’aumentato rischio di amputazioni è stato visto essere associato alla neuropatia periferica con perdita della sensibilità, alla alterata biomeccanica e al- Unità Piede Diabetico e Vulnologia, Casa di Cura Pederzoli, Peschiera Del Garda, Verona Obiettivo. Obiettivo di questo studio è quello di presentare il nostro protocollo per la gestione del sito donatore di innesto cutaneo con nuova medicazione in schiuma di poliuretano rivestito di idrogel a forma di rete. Metodi. Il protocollo prevede al tempo zero l’applicazione sulla ferita di una medicazione emostatica e dopo 48 ore, al primo cambio della medicazione, l’utilizzo di un nuovo tipo di medicazione in schiuma rivestito di idrogel a forma di rete. Attraverso questa struttura a forma di rete, l’essudato in eccesso della ferita viene assorbito in modo rapido ed efficace. Abbiamo condotto uno studio prospettico da marzo a settembre 2014. Risultati. Sono stati reclutati per lo studio 20 pazienti. Tra questi 18 maschi e 2 pazienti di sesso femminile con un’età media complessiva di 62 anni (range 59-92 anni). In 19 pazienti il sito donatore è guarito in 10 giorni con un buon controllo del dolore. Discussione. Riteniamo che il processo di guarigione della ferita del sito donatore sia aiutato dall’ambiente umido e dall’azione antibatterica film di supporto della medicazione. La struttura tridimensionale della faccia della medicazione a contatto con il letto della ferita garantisce la riepitelizzazione e al momento della rimozione la non aderenza. Conclusioni. Questo studio suggerisce che questa medicazione in schiuma è sicura ed efficace per la gestione del sito donatore dell’innesto di cute e questa medicazione in schiuma rivestita di idrogel a forma di rete è ora la nostra prima scelta nel trattamento del sito donatore di innesto cutaneo. Tuttavia, per produrre risultati statisticamente significativi, questo studio verrà proseguito su un numero più ampio di pazienti. Ustione sul dorso del piede di un paziente diabetico complicato: caso clinico Spendolini C, Garrapa GM, Montoni M, Lizzadro F, Riccialdelli L, Lucarelli G, Landini E UO Diabetologia, Presidio di Fano, Azienda Ospedali Riuniti Marche Nord 110 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia È stata valutata l’efficacia di una medicazione a base di argento nanocristallino nella gestione di una ustione sul dorso del piede in un paziente diabetico neuropatico già con pregresse amputazioni minori. Descrizione del caso clinico. Paziente maschio di 76 anni, pensionato, celibe, vive solo, affetto da diabete di tipo 2 diagnosticato da 16 anni, in terapia insulinica intensiva con basal bolus, in buon compenso metabolico (ultima HbA1c pari a 6,1%). Il paziente è pluricomplicato: neuropatia sensitivo-motoria con plurime amputazioni minori piede destro, AOP IV stadio trattata con PTA, retinopatia preproliferante, cardiopatia ischemica ed encefalopatia vascolare con esiti malacici. Il paziente, nonostante avesse ricevuto adeguata istruzione sulla prevenzione di nuove lesioni e venisse visitato regolarmente presso l’ambulatorio podologico, ha effettuato un pediluvio in acqua bollente procurandosi un’ustione di 2° sul dorso del piede destro. Il paziente riferisce l’evento solo dopo due giorni: il piede si presentava edematoso con una vasta ustione secernente e segni visibili d’infiammazione tessutale. Materiale e metodi. È stata iniziata terapia antibiotica per os con amoxicillina e acido clavulanico, l’ustione è stata detersa con preparazione iniettabile e applicata medicazione a base di argento nanocristallino a giorni alterni per la prima settimana, poi con medicazioni ogni 3-4 giorni per altri 12 giorni; dopo tre settimane l’ustione appariva completamente riepitelizzata. Conclusione. La medicazione avanzata con argento nanocristallino ha permesso di gestire l’essudato e il rischio d’infezione sovrapposta alla lesione, favorendo una veloce riepitelizzazione. Unitamente all’utilizzo della medicazione avanzata, il buon compenso metabolico e la terapia antibiotica hanno permesso di risolvere, in un relativo breve lasso di tempo, una situazione clinica con potenziali gravi conseguenze in un paziente già fragile. Questo lavoro vuole sottolineare l’importanza dell’educazione terapeutica, che deve essere un processo continuo, con periodiche rivalutazioni, soprattutto nei pazienti che vivono soli, già con complicanze preesistenti e con elementi di fragilità. Staphylococcus aureus meticillino-resistente e infiammazione sono associate ad aumento di mortalità in pazienti con osteomielite da piede diabetico Tascini C1, Iacopi E2, Coppelli A2, Goretti C2, Menichetti F1, Piaggesi A2 1 UO Malattie Infettive, Sez. Dip. Piede Diabetico, Dipartimento Area Medica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana Scopo. L’osteomielite (OM) nel piede diabetico (PD) è causata da vari microrganismi multiresistenti (MOMR) ed è associata con alti tassi di mortalità. Scopo del nostro studio era valutare se alcuni MOMR siano predittori di mortalità in pazienti con PD e OM. Metodi. Abbiamo analizzato retrospettivamente il database di microbiologia per selezionare i casi di PD e OM dal 2001 al 2013. Abbiamo confrontato i pazienti in base alle seguenti classificazioni: 1) Staphylococcus aureus (SA) meticillino-resistente (MRSA) vs SA meticillino-sensibile (MSSA); 2) Pseudomonas aeruginosa (PA) resistente a ciprofloxacina (CiproRPA) vs PA sensibile a ciprofloxacina (CiproSPA); 3) PA resistente ai carbapenemi (CRPA) vs PA sensibile ai carbapenemi (CSPA); 4) enterobatteri (EB) resistenti a ciprofloxacina (CiproRE) vs EB sensibili a ciprofloxacina (CiproSE); 5) EB produttori di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL) (ESBL+) vs EB non produttori di ESBL (ESBL–); 6) Candida parapsilosis (CP) vs Candida non parapsilosis (CNP). Era valutata la presenza di leucociti polimorfonucleati (PMN) alla colorazione di Gram. Abbiamo poi valutato mediante follow-up presso l’Ambulatorio del Piede Diabetico: mortalità, tempo di guarigione (TG), recidive, tempo libero da lesioni. Risultati. Sono stati selezionati 625 isolati in 401 pazienti affetti da PD e osteomielite. SA è stato selezionato in 140 isolati (78 MRSA, 55,7%); EB in 117 isolati (46 Cipro RE, 39,5%; 34 ESBL+, 34,3%); PA in 95 isolati (53 CiproRPA, 55,2%, 31 CRPA, 32,1%); lieviti in 32 isolati. I pazienti affetti da PD con OM da MRSA rispetto a MSSA presentano una mortalità complessiva significativamente più alta (p = 0,005) e un aumento del TG (p = 0,024). La presenza di PMN era associata a un aumento della mortalità complessiva (p = 0,008) e del TG (p = 0,026). Le altre caratteristiche non erano associate a differenze significative, sebbene un aumento non significativo del TG fosse osservato per CiproRE rispetto a CiproSE (p = 0,07) e per CP rispetto a CNP (p = 0,095). Conclusioni. In pazienti con PD e OM l’isolamento di MRSA e la presenza di PMN sono associati a incremento della mortalità complessiva e del TG. Definizione di protocolli diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) nel management dell’ischemia critica cronica e nel piede ulcerato negli ospedali per intensità di cura: outcome Tedeschi A1, Becherini R2, Viti S1, Sabato A3, De Bellis A1, Comeglio M2, Anichini R1 UO Diabetologia Sezione Piede Diabetico, 2UO Emodinamica Interventistica, 3Sezione di Chirurgia Vascolare, USL3, Pistoia 1 L’ischemia critica degli arti inferiori nei pazienti con diabete mellito rappresenta la più comune causa di amputazione. La procedura di rivascolarizzazione endoluminale percutanea delle arterie sottogenicolari attualmente evidenzia un’elevata percentuale di successo terapeutico e bassa incidenza di eventi avversi. Scopo dello studio. Valutare i risultati delle procedure di rivascolarizzazione endoluminale percutanea (PTA) in pazienti diabetici affetti da ischemia critica arti inferiori (CLI) in termini di amputazione d’arto e guarigione di ulcere grazie all’attivazione di PDTA per la gestione di tale criticità. Dal 1 gennaio 2013 al 30 giugno 2014 sono stati sottoposti ad angiografia arti inferiori associata a PTA (per presenza di CLI) 129 pazienti affetti da diabete mellito. Di tali pazienti sono stati registrati i parametri metabolici (HbA1c, profilo lipidico), la presenza/assenza di ipertensione arteriosa, abitudine al fumo, insufficienza renale cronica (IRC), cardiopatia ischemica, aterosclerosi carotidea. I pazienti sono stati valutati per l’arteriopatia obliterante periferica cronica (AOPC), prima e dopo rivascolarizzazione periferica, mediante: ossimetria transcutanea (TcPO2), ecocolordoppler arterioso arti inferiori (ECD). Sono stati identificati il numero e le sedi di stenosi e/o occlusione vascolare mediante lo studio angiografico periferico e classificate le lesioni distali mediante la Texas University Classification (TUC). Le procedure di rivascolarizzazione endoluminale sono state concluse con successo nel 95% dei casi con ripristino del flusso diretto in almeno una delle arterie di gamba con miglioramento significativo del valore di TcPO2 (secondo la metodica “Foot Angiosomes Concepts”). I tempi di guarigione registrati: 30 ± 25 giorni, con completa guarigione nel 78%, riduzione del diametro delle lesioni > 50% nel 14%, amputazione minore 6%, amputazione maggiore 2%, complicazioni associate 3% (edema polmonare, sanguinamenti minori). Confrontando i risultati nel primo semestre 2013 con quelli ottenuti nel primo semestre 2014 abbiamo osservato aumento delle PTA del 3,1% con incremento delle femoropoplitee del 3,2% e delle sottogenicolari del 15%. L’applicazione del PDTA ha inoltre ridotto la durata di ospedalizzazione media rispetto agli anni precedenti (2011-2012) di 1,8 ± 4,2 giorni. Conclusioni. Le procedure di rivascolarizzazione endoluminali periferiche sono associate a un significativo miglioramento degli outcome (aumento della percentuale e riduzione tempi di Congresso AMD-SID Piede Diabetico guarigione delle ferite, con riduzione del rischio di amputazione d’arto, e una riduzione dei costi associati alla ospedalizzazione (riduzione durata). Inoltre il coinvolgimento di figure multidisciplinari rappresenta il miglior approccio per questo tipo di pazienti critici. Indagine di prevalenza: lesioni cutanee degli arti inferiori e patologie podologiche, in una popolazione di persone senza dimora Teobaldi I1, Oliveri E2, Davini G2, Banchellini E3, Materazzi E2, Rossi M4, Ruggeri V4 1 Ambulatorio Piede Diabetico, AOUI, Verona; 2Podologia, AOUP, Pisa; 3Ambulatorio Piede Diabetico, USL 12, Versilia; 4 Terapia Intensiva Cardiologica, AOU Careggi, Firenze Obiettivi. Valutare la prevalenza di: lesioni agli arti inferiori, distrofie cutanee e ungueali, alterazioni di deambulazione e morfologia dei piedi, comorbilità, stili di vita, provenienza etnica in una popolazione di persone senza dimora (PSD). Metodi. Sono state valutate le PSD afferenti al Centro Diurno/Dormitorio Pubblico dei comuni di Pisa, Livorno, Grosseto, Viareggio, Lucca dal 1/11 al 10/12 2012. Parametri valutati: sesso, età, etnia; tempo vita in strada, luogo abituale riposo, frequenza pasti e igiene, alcol, fumo, sovrappeso/obesità, presenza e durata di diabete; presenza, eziologia, clinica e trattamento locale lesioni (ulcerative); morfologia dei piedi; tipologia delle calzature e della deambulazione; dolore; presenza di ipercheratosi, curettage ungueale, presenza di distrofie/micosi cutanee e ungueali. Risultati. Totale: 91 schede; sesso: m 78, f 13; età media: anni 47,1 (min 18-max 74); etnia: UE 55 (Italiani 23), extra UE 4, Africa 28, America 1, Asia 3; tempo di vita in strada: nd 3 (3,3%), < 1 mese 16 (17,6%), < di 6 mesi 21 (23,1%), tra 6 mesi e 1 anno 12 (13,2%), tra 1 e 3 anni 20 (22,0%), > di 3 anni 19 (20,9%); luogo abituale di riposo: automobile 6 (6,6%), stazione 12 (13,2%), dormitorio 29 (31,9%), altro 44 (48,4%); frequenza pasti: regolare 71 (78,0%), saltuaria 20 (22%); frequenza igiene: giornaliera 42 (46,2%), settimanale 44 (48,4%), saltuaria 5 (5,5). Conclusioni. I dati demografici del campione rispettano i dati nazionali Istat. Probabilmente a causa delle insufficienti condizioni igieniche e dell’inadeguatezza del luogo abituale di riposo la maggior parte del campione presentava micosi cutanee e distrofie ungueali; un terzo del campione lamentava dolore e difficoltà nella deambulazione; la maggior parte delle PSD indossava calzature idonee e utilizzava uno strumento per il curettage appropriato, da cui probabilmente la bassa prevalenza di unghie incarnite; la prevalenza delle lesioni (ulcerative) è insufficiente per trarne conclusioni. In futuro sarebbe necessario migliorare la scheda di prevalenza, inserendo test biomeccanici, vascolari, neurologici, micologici, e successivamente, ripetere l’indagine su un campione più rappresentativo. Percorso assistenziale integrato tra ospedale e territorio per la gestione del piede diabetico nel distretto di Reggio Emilia Trianni R1, Sbordone P1, Manicardi E2, Ganassi M2, Ceci R1, Gazzotti D1, Pingani S1, Romani P1, Mercati G1, Romani S3, Greci M3, Manicardi V1 1 Servizio Diabetologia, AUSL di Reggio Emilia, Reggio Emilia; SOS Diabetologia, Azienda Ospedaliera S. Maria Nuova, Reggio Emilia; 3Cure Primarie, AUSL di Reggio Emilia, Reggio Emilia 2 111 Le lesioni del piede diabetico richiedono un team competente e rapidità di intervento in caso di piede infetto. Il Servizio di Diabetologia di Reggio Emilia è territoriale, inserito nel Dipartimento Cure Primarie dell’AUSL, gestisce 7200 diabetici che hanno l’ospedale di riferimento nella AoSMN della città. Per affrontare con appropriatezza le lesioni del piede diabetico è stato costruito un PDTA che coinvolge professionisti di entrambe le Aziende Sanitarie: servizio di diabetologia territoriale (SDT), servizio infermieristico territoriale (SIT), podologo, team diabetologico ospedaliero (TDO). Il SDT effettua attività di educazione di gruppo, e ha attivato un ambulatorio settimanale per il piede diabetico, istituita una fascia oraria per le urgenze: vengono valutate le lesioni acute, fatte medicazioni e debridement, poi i pazienti vengono affidati agli infermieri del SIT, che proseguono le medicazioni fino a guarigione. In caso di piede infetto o di situazioni critiche che richiedono terapia antibiotica ev, approccio chirurgico alla lesione, il SDT invia direttamente in urgenza il paziente al TDO, che ha letti dedicati e riceve le urgenze con accesso diretto. Risolta la fase acuta, il paziente viene riaffidato al SDT e al SIT, riducendo i tempi di degenza. Il PDTA è stato approvato da entrambe le Aziende Sanitarie ed è attivo da oltre un anno. Nel 2014 sono stati presi in carico per piede diabetico 220 pazienti (di cui 137 con ulcere in atto), sono state eseguite 465 medicazioni e le restanti sono state assegnate al SIT fino a guarigione; un paziente ha subito un’amputazione maggiore e 29 amputazioni minori; 27 presentavano piede vascolare, 33 neuropatico, 10 deformità; 18 pazienti sono stati inviati in urgenza al TDO per lesioni complesse. Il podologo ha valutato oltre 600 pazienti. Conclusioni. Un percorso integrato ospedale-territorio per il piede diabetico assicura la presa in carico dei pazienti dalla prevenzione alla guarigione delle lesioni, l’appropriatezza delle prestazioni e la continuità assistenziale ospedale-territorio. Piede diabetico infetto: il trattamento endovascolare precoce seguito da trattamento chirurgico locale limita il livello d’amputazione Troisi N, Landini G, Michelagnoli S, Falciani F, Baggiore C Centro Interdipartimentale Piede Diabetico, Azienda Sanitaria Firenze, Firenze Introduzione. L’infezione del piede diabetico rappresenta una drammatica complicanza, che aumenta considerevolmente il tasso di amputazioni nei soggetti diabetici. Scopo di questo studio è stato quello di dimostrare che un trattamento endovascolare precoce seguito da trattamento chirurgico locale contribuisce a limitare il numero e il livello di amputazioni in soggetti con piede diabetico infetto. Materiale e metodi. Tra gennaio e novembre 2014 48 pazienti con piede diabetico infetto sono stati sottoposti a rivascolarizzazione precoce per via endovascolare e a trattamento chirurgico locale a breve distanza di tempo. In tutti i casi la procedura endovascolare è stata effettuata entro una settimana dalla diagnosi di infezione. I risultati a 6 mesi sono stati valutati in termini di pervietà dei vasi trattati, di assenza di restenosi (target lesion revascularization, TLR) e di salvataggio d’arto. Risultati. I pazienti erano prevalentemente di sesso maschile (34/48, 70,8%) con un’età media di 72,4 anni (range 51-91). Trentadue pazienti (66,7%) avevano ulcere ischemiche e infette coinvolgenti anche l’articolazione o l’osso (TUC IIID). Il successo tecnico angiosome-oriented è stato raggiunto in tutti i casi tranne due (95,8%). Il trattamento chirurgico locale è consistito in debridement senza resezione ossea in 27 casi (56,2%), amputazione di dito/raggio in 15 casi (31,2%), amputazione di Lisfranc in 2 casi (4,2%), amputazione transmetatarsale in 2 casi (4,2%) e amputazione di gamba in 2 casi (4,2%). Durante il follow-up (durata 112 Attività Diabetologica e Metabolica in Italia media 3,5 mesi, range 1-8) la guarigione delle ulcere è stata ottenuta nei 2/3 dei casi (32/48). A 6 mesi i valori stimati di pervietà primaria, pervietà primaria assistita, pervietà secondaria, assenza di TLR e salvataggio d’arto sono stati del 77,8%, 87%, 87%, 84,6% e 94%, rispettivamente. Conclusioni. Il trattamento endovascolare precoce seguito da trattamento chirurgico locale contribuisce nella nostra esperienza a limitare il livello d’amputazione nei soggetti affetti da piede diabetico infetto. L’approccio multidisciplinare e l’adozione di un triage del piede diabetico sono essenziali per ottenere questi risultati. Azione della terapia iperbarica topica sulla carica batterica di ulcere infette degli arti inferiori in pazienti diabetici Vainieri E, Giurato L, Meloni M, Ruotolo V, Izzo V, Uccioli L PA Piede Diabetico, Policlinico Tor Vergata, Roma Scopo. Determinare gli effetti della terapia iperbarica topica sulla carica batterica di ulcere infette di pazienti diabetici. Materiale e metodi. Abbiamo selezionato pazienti diabetici con ulcere infette degli arti inferiori (classe B secondo la classificazione Texas) trattati presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata; il nostro protocollo terapeutico è caratterizzato dall’utilizzo di terapia antibiotica mirata, debridement chirurgico delle lesioni e l’utilizzo di terapia iperbarica topica per almeno 3 settimane con almeno 2 applicazioni per ogni settimana. Per il nostro studio abbiamo utilizzato un apparecchio per la terapia iperbarica topica (Hyperbox two della AOTI SIAD) che consente di trattare in maniera distrettuale le sole lesioni agli arti inferiori e di escludere il resto del corpo. Ogni sessione terapeutica durava 60 minuti utilizzando ossigeno al 100% (10 l/min) a una pressione di 50 mmHg. Al fine di identificare il tipo di batteri presenti nelle lesioni abbiamo effettuato un prelievo di tessuto prima e dopo ogni sessione terapeutica di camera iperbarica e abbiamo inoltre effettuato un lavaggio della lesione con 10 cc di soluzione fisiologica prima e dopo ogni sessione al fine di quantificare la carica batterica. Risultati. Abbiamo effettuato in totale 43 applicazioni di camera iperbarica locale; comparando le conte batteriche nei lavaggi pre e post abbiamo trovato: negativizzazione della carica batterica nel 31,4%, riduzione significativa della carica nel 20%, la stessa carica batterica nel 22,9%, un lieve incremento della conta nel 17,1%, e nell’8,6% le conte erano negative sia prima sia dopo il trattamento. Va sottolineato che il livello raggiunto post-trattamento si manteneva fino al successivo, quindi si assisteva a una significativa e progressiva riduzione della carica batterica da valori nel range dell’infezione (10.000.000) a valori di numeri di colonie anche inferiori a 50/ml. Comparando i prelievi di tessuto effettuati prima e dopo le procedure abbiamo trovato la persistenza dello stesso batterio nel 78,6%, mentre la selezione di una flora batterica differente si è osservata nel 19% e nel 2,4% le biopsie erano negative. Conclusioni. Nel nostro studio abbiamo osservato che la terapia iperbarica topica ha effetti significativi sulla conta batterica in termini di una sua riduzione dopo il trattamento, mentre non sono stati osservati effetti simili per quanto riguarda i prelievi di tessuto. Non possiamo quantizzare al momento il ruolo che può avere questo effetto sull’evoluzione generale dell’infezione. Possiamo ipotizzare che l’assenza di effetti significativi sui prelievi di tessuto in termini di negativizzazione della presenza batterica dopo la terapia possa essere attribuito alla durata complessiva del trattamento. È necessario proseguire la sperimentazione aumentando il numero di pazienti ed estendendo la durata complessiva della terapia per ciascun paziente. Multiprofessionalità e multidisciplinarietà nella Gestione Integrata ospedale-territorio per la prevenzione e cura del piede diabetico Viti S1, Bernini A1, Picciafuochi R1, Lazzeretti M1, Perini M1, Butelli L1, Bruschi T1, Gioffredi M1, Gori R1, Bini R1, Ceccanti ME1, Howard IS1, Lazzarini A1, Paolacci F2, De Bellis A1, Tedeschi A1, Barbanera L1, Fiore G1, Magiar A1, Salvadori R2, Anichini R1 1 UO Diabetologia, Sez. Piede Diabetico, USL3, Pistoia; 2Società della Salute, CCM USL3, Pistoia La multidisciplinarietà e la multiprofessionalità sono gli strumenti principali della Gestione Integrata tra Ospedale e Territorio indicati nel Piano Nazionale sulla Malattia Diabetica (2012). Obiettivi. Scopo del nostro studio è stato quello di valutare gli effetti della Gestione Integrata tra territorio (MMG, Chronic Care Model - CCM, modalità di assistenza alle malattie croniche in atto in Toscana dal 2009) e strutture specialistiche, sulle attività di screening, prevenzione ed educazione sul piede diabetico (PD) attraverso l’integrazione tra figure professionali differenti, medici, podologi e infermieri ospedalieri e territoriali attraverso l’utilizzo di specifici piani diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA). Pazienti e metodi. Tutti i componenti del team svolgevano un ruolo specifico nel PDTA: al MMG le competenze cliniche del paziente seguito sul territorio; al podologo quello di svolgere attività di prevenzione e cura del PD, con controlli periodici in base alle classi di rischio ulcerativo; all’infermiere ospedaliero quello di educazione teorico-pratica, agli infermieri del territorio quello di osservazione diretta, di diagnosi precoce e di referenza immediata verso la struttura specialistica; al medico diabetologo ospedaliero il ruolo di presa in carico clinico del paziente a rischio ulcerativo o con lesioni ulcerose e la diretta attuazione dei PDTA intraospedalieri multidisciplinari. Inoltre, tutte le figure partecipavano alla definizione di Piani di Medicazioni Integrati per garantire una continuità assistenziale ospedale-territorio. Risultati. I dati ottenuti sono stati estrapolati dalla cartella clinica elettronica (MyStarConnect®). Nel 2013 circa l’85% dei diabetici residenti nell’USL3 ha effettuato almeno una volta una visita di screening per valutazione ispettiva del piede. In relazione a queste attività, i pazienti esaminati tra il 2008 e il 2013 sono stati divisi in due gruppi; gruppo A, rappresentato dai pazienti che accedevano alla struttura solo per un trattamento podologico di controllo, e gruppo B, rappresentato dai pazienti che accedevano per eventi acuti (ulcerazioni o recidive). I risultati indicano, negli anni, una diminuzione del numero dei pazienti afferenti per eventi acuti (da 508 pazienti nel 2008 a 286 nel 2013) e un aumento del numero delle prestazioni podologiche per pazienti non ulcerati (da 376 pazienti nel 2008 a 1022 nel 2013), sia in prevenzione primaria che secondaria. La definizione di PDTA specifici ha permesso di integrare e uniformare le procedure di medicazione tra ospedale e territorio e di rendere tempestiva – entro le 24 ore (70%) o entro 72 ore (25%) – la presa in carico del paziente con lesione attiva da parte della struttura specialistica, attraverso l’attività Infermieristica Integrata. Nel 2013, 793 pazienti (5% dell’intera popolazione diabetica dell’USL3) hanno effettuato, durante il 1° accesso presso la Diabetologia, una seduta educativa specifica sul piede. Conclusioni. L’approccio multiprofessionale e la Gestione Integrata attraverso la definizione di PDTA ospedale-territorio dedicati alla prevenzione, educazione, diagnosi precoce e trattamento del piede diabetico possono modificare la storia naturale della patologia incidendo positivamente sulla prevalenza delle lesioni, sull’efficacia e appropriatezza del loro trattamento e possibilmente sugli esiti a medio e lungo termine.