DANTE ALIGHIERI SOCIETY MELBOURNE INC. POETRY RECITATION COMPETITION 2013 GUIDELINES FOR POETRY RECITATION COMPETITION The criteria followed by the judges is as follows: Students are expected to memorize the entire poem. No cue cards or print outs of the poem can be used during the recitation. An N will be given to students who do not comply. Students must acknowledge the poet and title of the poem. Students must deliver the poem with good voice, intonation and relevant expression. (Not exaggerated and not sung). The student’s entire delivery should be respectful and honour the Italian language and culture. A certificate of participation is not given to students who receive an N. Certificates are awarded to students who achieve a Merit, Honourable Mention, High Distinction and Finalist. First, Second and Third Prize winners receive a trophy and book. No certificate is issued to prize winners. The Judge’s decision is final and cannot be disputed. DANTE ALIGHIERI SOCIETY MELBOURNE INC. POETRY RECITATION COMPETITION 2013 Poems Year 9 Ti rispetto: rispettami Numeri Vorrei essere Il primo giorno di scuola Otello Grossi Trilussa Silvana Conga Gianni Rodari Year 10 Il Cúculo La casa di Mara ...et voilà Estate sorridente Corrado Govoni Aldo Palazzeschi Jacques Prévert Giovanna Livolti Guzzardi Year 11 Romagna (rime selezionate) Giovanni Pascoli Tanto gentile - sonetto da Vita Nuova Dante Alighieri Mattino di settembre Diego Valeri Rime Sparse (rima 61) Francesco Petrarca Year 12 Paradiso – Canto III,v.10-33 Dante Alighieri Inferno – Canto V,v.115-142 Dante Alighieri L’agave su lo scoglio Eugenio Montale Rossini – (Canto primo da Poemi italici) Giovanni Pascoli Società Dante Alighieri Melbourne 2013 Poetry Competition Year 9 Ti rispetto: rispettami di Otello Grossi Io ti rispetto,amico, Numeri di Trilussa -Conterò poco, è vero: anche se ti ho combattuto; e ti rispetto anche se tu, allora, hai combattuto me. Non c’è odio nell’animo mio -diceva l’Uno allo Zero ma tu che vali? Niente: proprio niente. Sia nell’azione come nel pensiero E forse non c’era neppure, allora: in me e in te. rimani un coso vuoto e inconcludente. Io, invece, se mi metto a capofila La guerra è finita, lontana: di cinque zeri tali e quali a te, la combattemmo avversi, senza saperne i “perché”, senza volerci male, io credo. lo sai quanto divento?Centomila. È questione di numeri. A un dipresso è quello che succede al dittatore Io e tu, insieme, di fronte, ostili, con le armi in pugno, pensavamo, insieme, alle nostre case distrutte, alle nostre mamme lontane, ai nostri figli in fiore. Forse – adesso lo sappiamo ci rispettavamo già allora pur sparandoci contro: ora sappiamo di più: vorremmo vederci, parlarci, e stringerci la mano: forte. che cresce di potenza e di valore più sono gli zeri che gli vanno appresso. Vorrei essere di Silvana Conga Il primo giorno di scuola di Gianni Rodari Suona la campanella Vorrei essere la luna per carezzare il tuo viso nel sonno scopa scopa la bidella, viene il bidello ad aprire il portone, e sole per scaldarti col mio calore mentre lavori. viene il maestro dalla stazione viene la mamma, o scolaretto, E se potessi mi cangerei in fata o maga che sia, per mutare le cose: La realtà con l’irrealtà l’impossibile con il possibile il sogno con l’Essere a tirarti giù dal letto... Viene il sole nella stanza: sù, è finita la vacanza. Metti la penna nell’astuccio, l’assorbente nel quadernuccio, fa la punta alla matita e corri a scrivere la tua vita. Scrivi bene, senza fretta Ogni giorno una paginetta. Scrivi parole diritte e chiare: amore, lottare, lavorare. Società Dante Alighieri Melbourne 2013 Poetry Competition Year 10 Il Cúculo La casa di Mara di Aldo Palazzeschi di Corrado Govoni O cúculo, bel cúculo barbogio, che voli sopra il fresco canepaio cantando il tuo ritornello gaio, La casa di Mara è una piccola stanza di legno. A lato un cipresso l’adombra nel giorno. il vecchio ritornello d’orologio; Davanti vi corrono i treni. tu sei la primavera pazzerella, che si nasconde e canta allegra:-Orsú, Seduta nell’ombra dell’alto cipresso sta Mara filando. venítemi a pigliar... cucú! cucú! dietro il frumento che va in botticella.- La vecchia ha cent’anni, e vive filando in quell’ombra. E quando, dopo un lungo inseguimento, I treni le corron veloci davanti tu speri d’acciufarla nel frumento, portando la gente lontano. ella, che ti spiò e venir ti vide, éccola là, che canta e ti deride da un alto pioppo, trèmulo d’argento, che s’alza in fondo al campo di frumento. Ell’alza la testa un istante e presto il lavoro riprende. I treni mugghiando s’incrocian dinanzi alla casa di Mara volando. Ell’alza la testa un istante O cúculo, mio bel cúculo vaio, che voli sopra il fresco canepaio! E presto il lavoro riprende. ...et voilà Estate sorridente di Jacques Prévert Un marinaio ha lasciato il mare Il suo battello ha lasciato il porto e il re ha lasciato la regina un avaro ha lasciato il suo oro ...et voilà una vedova che lascia il suo lutto una pazza che lascia il manicomio e il tuo sorriso che lascia le mie labbra ...et voilà Tu mi lascerai tu mi lascerai tu mi lascerai tu tornerai a me tu mi sposerai tu mi sposerai Il coltello sposa la piaga L’arcobaleno sposa la pioggia Il sorriso sposa le lacrime Le carezze sposano le minacce ...et voilà E il fuoco sposa il ghiaccio e la morte sposa la vita come la vita sposa l’amore Tu mi sposerai tu mi sposerai tu mi sposerai. di Giovanna Livolti Guzzardi Le more, colorate a festa, incendiano la campagna dorata dal sole cocente. Cantano i grilli e splendono i melograni. Azzurro il cielo e il verde tra le mani. Il mare, disteso, oltre la spiaggia, infrange il silenzio notturno col suo mormorio tacito e tranquillo, mentre dorme la natura, avvolta dal caldo bruciante, dell’estate sorridente. Società Dante Alighieri Melbourne 2013 Poetry Competition Year 11 Romagna (Rime selezionate) Tanto gentile (Sonetto da Vita Nuova) di Giovanni Pascoli di Dante Alighieri Sempre un villaggio, sempre una campagna mi ride al cuore (o piange), Severino: il paese ove, andando, ci accompagna l’azzurra vision di San Marino: Tanto gentile e tanto onesta pare La donna mia quand’ella altrui saluta, ch’ogne lingua deven tremando muta, sempre mi torna al cuore il mio paese cui regnarono Guidi e Malatesta, cui tenne pure il Passator cortese, re della strada, re della foresta. e li occhi no l’ardiscon di guardare. Ella si va, sentendosi laudare benignamente d’umiltà vestuta; e par che sia una cosa venuta Già m’accoglieva in quelle ore bruciate sotto ombrello di trine una mimosa, che fiorìa la mia casa ai dì d’estate co’ suoi pennacchi di color di rosa; e s’abbracciava per lo sgretolato muro un folto rosaio a un gelsomino; guardava il tutto un pioppo alto e slanciato, chiassoso a giorni come un birichino. Romagna solatía, dolce paese, cui regnarono Guidi e Malatesta; cui tenne pure il Passator cortese, re della strada, re della foresta. da cielo in terra a miracol mostrare. Mostrasi sì piacente a chi la mira, che dà per li occhi una dolcezza al core, che ‘ntender no la può chi no la prova: e par che de la sua labbia si mova un spirito soave pien d’amore, che va dicendo a l’anima: Sospira. Mattino di settembre di Diego Valeri Rima 61 (da Rime Sparse) di Francesco Petrarca. Quel dì eravamo soli nel bosco, io e tu, mia cara figlia, e andavamo tra chiaro e fosco, pieno il cuore di meraviglia. La Donna che ‘l mio cor nel viso porta, Scoprivi sotto le goglie i lamponi rosa, le fragole rosse e verdi, ti trascinavi su l’erba carponi, lanciando dei piccoli gridi acerbi. mossi con fronte reverente e smorta. Io contemplavo ai miei piedi un fiore giallo smagliante, una pigna bruna; pensavo senza rimpianto o dolore alla mia povera fortuna. a me si volse in sì novo colore, Poi, rilevati gli occhi, scorgevo tra i pini radi le cime lontane, aeree cose di cielo nel cielo, dolci come le speranze vane. là dove sol fra bei pensier’ d’amore sedea, m’apparve; ed io per farle onore Tosto che del mio stato fussi accorta, ch’avrebbe a Giove maggior furore tolto l’arme di mano, e l’ira morta. I’ mi riscossi; ed ella oltra, parlando, passò, che la parola i’ non soffersi, Poi pensavo che bisogna morire, e trasalivo d’improvviso ai tuoi strilli; vedevo la tua testa bionda apparire da dietro una macchia di mirtilli... nè ‘l dolce sfavillar degli occhi suoi. Era un mattino di settembre, in un bosco. O forse è stato un sogno anche quello... E s’era vero, anch’esso ora è morto. Ma se fu un sogno, fu un sogno pur bello. piaceri, in quel’ saluto ripensando, Or mi ritrovo pien di sì diversi che duol non sento, né sentí ma’ poi. Società Dante Alighieri Melbourne 2013 Poetry Competition Year 12 Paradiso – Canto III di Dante Alighieri – Versi 10 - 33 Quali per vetri trasparenti e tersi, Inferno – Canto V di Dante Alighieri – Versi 115 - 142 Poi mi rivolsi a loro e parla’ io o ver per acque nitide e tranquille, e cominciai: “Francesca, i tuoi martìri non sì profonde che i fondi sien persi, a lagrimar mi fanno tristo e pio. tornan de’ nostri visi le postille Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri, debili sì, che perla in bianca fronte. a che e come concedette Amore non vien men forte a le nostre pupille; che conosceste i dubbiosi disiri?” tali vid’io piú facce a parlar pronte; E quella a me: “Nessun maggior dolore per ch’io dentro a l’error contrario corsi che ricordarsi del tempo felice a quel ch’accese amor tra l’omo e ‘l fonte ne la miseria; e ciò sa ‘l tuo dottore. Súbito sí com’io di lor m’accorsi, Ma s’a conoscer la prima radice quelle stimando specchiati sembianti, del nostro amor tu hai cotanto affetto, per veder di cui fosser, li occhi torsi; dirò come colui che piange e dice. e nulla vidi, e ritorsili avanti Noi leggiavamo un giorno per diletto dritti nel lume de la dolce guida, di Lancialotto come amor lo strinse; che sorridendo ardea ne li occhi santi. soli eravamo e sanza alcun sospetto. “Non ti maravigliar perch’io sorrida”, Per più fiate li occhi ci sospinse mi disse, “appresso il tuo pueril coto, quella lettura, e scolorocci il viso; poi sopra ‘l vero ancor lo piè non fida, ma solo un punto fu quel che ci vinse. ma te rivolve, come suole, a vòto: Quando leggemmo il disïato riso vere sustanze son ciò che tu vedi, esser basciato da cotanto amante, qui rilegate per manco di voto. questi, che mai da me non fia diviso, Però parla con esse e odi e credi; la bocca mi basciò tutto tremante. ché la verace luce li appaga Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse: da sé non lascia lor torcer li piedi.” quel giorno più non vi leggemmo avante.” Mentre che l’uno spirto questo disse, l’altro piangëa sì che di pietade io venni men così com’io morisse, e caddi come corpo morto cade. L’agave su lo scoglio di Eugenio Montale O rabido ventare di scirocco che l’arsiccio terreno gialloverde bruci; e su nel cielo pieno di smorte luci trapassa qualche biocco di nuvola, e si perde. Ore perplesse, brividi d’una vita che fugge come acqua tra le dita; inafferrati eventi, luci-ombre, commovimenti delle cose malferme della terra; oh alide ali dell’aria ora son io l’agave che s’abbarbica al crepaccio dello scoglio e sfugge al mare da le braccia d’alghe che spalanca ampie gole e abbranca rocce; e nel fermento d’ogni essenza, coi miei racchiusi bocci Rossini (Canto primo da Poemi italici) di Giovanni Pascoli E si levò la Parvoletta in pianto. Piangea, la povera anima, e mirava il suo fratello rauco gramo franto... “Se tu crescesti, se, qual ero, io resto, piccola, perché farne la tua schiava, di me che nacqui, tu lo sai, più presto?” Piangea la semplice anima fanciulla: “Sono più grande! Quando tu, smarrito del mondo immenso, pigolavi in culla, io era là, tra l’ombre mute e sole, fui io che il tenero umido tuo dito guidai ver’ gli occhi di tua madre e il sole! Fui io che prima, per tuo gran male, ti dissi, St! Ascolta!...Una soave nenia sonava presso il tuo guanciale. E tu la udisti, e ti chetavi, attento attento, di sulla lieve nave che uguale uguale dondolava al vento... Io, che così, con una piuma, il viso ti vellicai, che tu torcesti alquanto le labbra, e nacque il primo tuo sorriso! che non sanno più esplodere oggi sento la mia immobilità come un tormento. Io, che picchiando sulla sponda un giglio, battevo il tempo, e tu movesti al canto la bocca, e nacque il tuo primo bisbiglio!