Trasporti Creare competitività g Alessandro Creazza Tavola rotonda Le infrastrutture: presente e futuro del Sistema Italia Un’occasione per discutere i problemi del sistema infrastrutturale italiano è stato il convegno “La Logistica del futuro”, organizzato dalla rivista Logistica il 15 marzo 2007, nel corso del quale una tavola rotonda ha riunito alcuni importanti rappresentanti del mondo dei trasporti, chiamati a confrontarsi e a portare il proprio contributo delineando le “strade” e gli interventi per affrontare le problematiche infrastrutturali sia in un’ottica di sistema, sia relativamente alla modalità di trasporto in cui ciascuno di essi opera. L a competitività della logistica si gioca anche sul piano infrastrutturale. Difficilmente il sistema logistico di un Paese può esercitare una significativa attrattività sui mercati internazionali senza un adeguato supporto da parte delle infrastrutture di trasporto. Le conseguenze si riversano anche sulla sfera nazionale: le imprese che operano sul territorio necessitano di un sistema di collegamenti integrato ed efficiente. Le infrastrutture fisiche giocano un ruolo fondamentale, per così dire “abilitante”, nel funzionamento del sistema logistico di un Paese. Tuttavia, ugualmente indispensabile appare la corretta organizzazione delle cosiddette infrastrutture immateriali, vale a dire di tutti i sottoprocessi che intervengono nel più generale processo logistico di scambio delle merci. Tali processi riguardano lo scambio informativo, la gestione della documentazione, delle operazioni di manovra, di carico e scarico delle merci nelle varie modalità di trasporto, ma anche la componente di governance delle infrastrutture fisiche stesse: problemi nella sovrapposizione delle competenze nei porti (si pensi alla numerosità delle autorità portuali) e negli aeroporti (la frammentazione della filiera aeroportuale e i problemi di interfaccia burocratica e con gli uffici doganali), nonché l’incertezza dei termini di resa del trasporto combinato gomma-rotaia, possono minare le basi della competitività logistica. La necessità di adeguamento del sistema di infrastrutture fisiche di trasporto risulta maggiormente concentrato in alcune aree territoriali particolarmente critiche del nostro Paese; totalmente diffusa nel territorio nazionale è, al contrario, l’esigenza di adeguamento delle infrastrutture immateriali: talenti e competenze per la governance si rivelano fondamentali per l’efficiente sfruttamento della dotazione infrastrutturale • PAOLO CELENTANI responsabile marketing e sviluppo servizi commerciali, Divisione Logistica di Trenitalia – RFI corrente e per la pianificazione integrata degli interventi futuri di espansione e di razionalizzazione. È noto il deficit del sistema infrastrutturale italiano, in un contesto nazionale e internazionale connotato da una continua crescita della domanda di trasporto. Come si pongono gli operatori intermodali al riguardo? Eugenio Muzio: «Per cercare di rispondere alle problematiche di saturazione delle infrastrutture nazionali, in primis delle autostrade, è innanzitutto necessario concentrare l’attenzione sul trasporto combinato. Le iniziative di adeguamento sul versante del trasporto su gomma, infatti, si trovano sovente in una situazione di stallo: si pensi al progetto dell’autostrada BreBeMi. Al contrario, le prospettive di intervento sul breve periodo per il trasporto combinato sono migliori rispetto alla situazione del trasporto stradale. Non a caso il nostro • EMANUELE D’AGOSTINO Studies & Research Officer – Planning & Development Department – Contship Italia • GILBERTO GALLONI direttore Interporto di Bologna • ROBERTO GILARDONI direttore generale Aeroporto di Brescia Paese sembra aver intuito l’importanza del trasporto su ferro, dato che gli investimenti fatti negli ultimi anni in questo settore (50 miliardi di euro per le linee ad Alta Capacità/Alta Velocità) sono stati in assoluto i più cospicui se confrontati con il parco interventi dell’intero sistema infrastrutturale italiano, secondi solamente al piano autostradale del Dopoguerra. La realizzazione delle linee AC/AV pone le basi per il raddoppio del trasferimento del traffico da strada a rotaia, anche per quanto riguarda le merci, lungo gli assi Sud-Nord e OvestEst. Non si deve dimenticare, tuttavia, che sarà necessario prevedere uno sforzo di coordinamento notevole dato che in Italia, come in Germania, le linee passeggeri e merci sono condivise, mentre in Francia quelle dell’Alta Velocità sono separate: le necessità di ottimizzazione di questa convivenza sono evidenti. Il secondo aspetto da considerare è rappresentato dall’allargamento dell’Europa a 27 Stati: l’econo- • EUGENIO MUZIO amministratore delegato Cemat Ipartecipanti • FABRIZIO DALLARI direttore del Centro di Ricerca sulla Logistica – Università Carlo Cattaneo LIUC, moderatore della tavola rotonda mia si sposta sempre più verso il Nord-Est del continente, e i processi di interscambio con l’Italia devono tener conto di queste nuove direttrici, affrontando il problema dell’attraversamento dei valichi alpini. L’aggiramento della catena alpina tramite il trasporto marittimo non sempre è sufficiente a garantire le consegne di ogni tipologia di bene entro i tempi necessari, così come il traffico su strada incontra notevoli problemi di congestione lungo gli assi di collegamento a lungo raggio. Del resto non sono presenti investimenti dell’Unione Europea per l’attraversamento su gomma dei valichi. Tutti questi elementi indicano che il futuro è la ferrovia. I recenti interventi confermano la tendenza: i nuovi tunnel del Loetschberg e del Gottardo, in futuro il potenziamento del Brennero, la TAV attraverso il Fréjus (dove la linea attuale non è in grado di offrire un adeguato servizio non tanto per cause di carenza di capacità, quanto per pendenze eccessive) rappresentano Logistica giugno 2007 43 Trasporti Creare competitività un segnale eloquente. Tuttavia i “tunnel” non bastano: sono indispensabili le infrastrutture a monte e a valle, per garantire oltre ai collegamenti anche i nodi di interscambio (che nel nostro Paese ormai sono in via di saturazione, e in alcuni casi clamorosi addirittura assenti, come per l’Interporto di Milano). È evidente l’esigenza di muoversi secondo un’ottica di integrazione: l’attuale assetto del sistema logistico italiano (distribuzione e magazzini) verte sul trasporto stradale e la ricezione di veicoli stradali all’interno dei magazzini e dei centri di distribuzione: utilizzando il trasporto combinato sarà necessario prevedere degli adeguamenti degli impianti logistici, peraltro necessari nel caso di utilizzo del trasporto ferroviario tradizionale. Infatti, arrivare a destino con un veicolo stradale o con un veicolo che ha compiuto per ferrovia il maggior percorso e via strada l’ultimo miglio è del tutto equivalente». Avendo introdotto la problematica relativa alla saturazione dei nodi di interscambio, come si può cercare di rispondere per far fronte ai nuovi scenari di trasporto? Gilberto Galloni: «È importante sottolineare nuovamente l’importanza dei nodi. Sovente l’attenzione, anche dell’Unione Europea, è stata maggiormente rivolta alle reti (si vedano i progetti per le TEN), mentre si “teme” il problema dei nodi per lo spettro delle richieste di co-finanziamento per la loro costruzione. Passando ad analizzare la situazione del nostro Paese, il vero problema di capacità complessiva risiede nella rete dei terminal di interscambio, concentrati quasi 44 Logistica giugno 2007 esclusivamente negli interporti, che del resto sono localizzati sulle linee di gronda e non sono in grado di garantire capillarità nella distribuzione. Infatti il 45% del traffico combinato italiano passa attraverso soli 5 interporti. Di fronte alle previsioni di crescita della domanda di trasporto, è necessario intervenire: similmente alla crisi del sistema pensionistico, nel 2030 il sistema infrastrutturale italiano potrebbe trovarsi in grave difficoltà: la crescita prevista è esponenziale, e sarà ardua impresa soddisfare le esigenze di trasporto nella presente condizione del sistema delle infrastrutture. Le previsioni al 2010 presenti nel Libro Bianco UE sono state rispettate in pieno, anzi, al momento sono state addirittura superate. Se si considera che sul lungo termine, al 2030, ci si attende che la domanda di trasporto raggiunga un livello più che raddoppiato rispetto all’attuale, il deficit sarà sistematico, anche se ci fossero nuove strutture stradali: l’integrazione con la rotaia è pertanto in- dispensabile come elemento complementare per fronteggiare la crescita della domanda. In caso contrario, difficilmente potranno essere accolte e scaricate nel nostro territorio le navi da 10.000 TEU, e l’Italia non potrà entrare nell’era della vera globalizzazione. Andando a considerare aspetti politici per rispondere all’evoluzione, si è di fronte a un problema di sistema economico del Paese: chi promuove la logistica non riesce a ottenere consenso e favore. È un dato preoccupante, se si considera che il 60% della produzione made in Italy è diretta all’esportazione: la logistica deve godere della giusta considerazione. Chi soffre maggiormente di tale condizione di sottodimensionamento sono le PMI, costrette a ricorrere al trasporto stradale per impossibilità di sfruttare il ferro, a causa della difficoltà nel raggiungere carichi tali da essere trasportati su treno. L’avvento della globalizzazione ha contribuito ad acuire questo fenomeno. «Il futuro è la ferrovia; ma servono anche le infrastrutture a monte e a valle, per garantire, oltre ai collegamenti, i nodi di interscambio» Eugenio Muzio. condurre un sistema di infrastrutture in maniera efficiente e persino ricavarne degli utili. Sarebbe opportuno “usare il cervello” per seguire tali esempi». «Nessuno parla di cervelli. La sola concorrenza porta esclusivamente danni. I cervelli devono essere presenti sia nelle aziende, sia nella gestione delle infrastrutture» Gilberto Galloni. Lo sviluppo di nuovi terminali e infrastrutture gioverebbe senza dubbio a soddisfare la crescita della domanda di trasporto, ma è fondamentale la governance per la conduzione dell’intero sistema: i cervelli. Nessuno parla di cervelli, anche per mettere in opera una collaborazione nella competizione. La sola concorrenza porta esclusivamente danni. I cervelli devono essere presenti sia nelle aziende, sia nella gestione delle infrastrutture. Esperienze estere, Svizzera e Austria in primis, ci mostrano che è possibile La globalizzazione ha una serie di implicazioni rilevanti per i porti e la loro gestione: come è stato affrontato il nuovo contesto di mercato internazionale esteso? Emanuele D’Agostino: «Per fronteggiare i cambiamenti in atto, la problematica principale che si ravvisa e che per prima dovrebbe essere affrontata, perché di tipo strategico, è la governance del sistema: stabilire la priorità degli investimenti, perseguire l’utilità sul medio e lungo periodo. E dato che si opera in condizioni di limitatezza dei fondi, la focalizzazione dell’investimento è particolarmente critica. L’ottica di pianificazione integrata degli interventi necessita di coordinamento, sulla base delle esigenze di mercato, dato che è il mercato stesso a indicare dove dirigere gli investimenti. È il caso dei porti, ma anche degli inland terminal. Attualmente, per quanto riguarda il traffico di merce containerizzata, la capacità teorica di movimentazione dei porti nazionali (cioè l’offerta) si attesta a circa 13-14,5 milioni di TEU, mentre il traffico che si è registrato nel 2006 ha raggiunto i 9,9 milioni di TEU. Pertanto si potrebbe eccepire che si è in condizione di eccesso di offerta. Tuttavia tale condizione è solo apparente, poiché a livello effettivo i porti di mercato, vale a dire quelli ove le movimentazioni si concentrano maggiormente, sono rappresentati da un esiguo numero (meno di 10) e in tali strutture la saturazione è quasi totale, o comunque a un livello critico. Ne consegue che gli investimenti dovranno essere diretti verso i porti di mercato, dove gli impianti necessitano realmente di essere potenziati. Non è un caso, inoltre, che l’architettura delle reti TEN indichi proprio quei porti come punti terminali di collegamento degli archi di scambio delle merci. Il problema della governance riguarda anche le Autorità portuali: nel nostro Paese in totale sono 25, alcune presenti in porti ove in realtà non sarebbero indispensabili, e quindi in numero eccessivo rispetto alle aree di mercato rilevanti. Il problema della ridondanza è tuttavia sentito: recentemente ho letto una proposta di ridurle a 6 o 8, e presto le Autorità portuali pugliesi confluiranno in un’unica Autorità. Ma in questa sede non è rilevante stabilire un numero preciso e se la razionalizzazione debba avvenire su base regionale o secondo altri criteri. È importante ribadire che sussiste la necessità di intervenire e razionalizzare questo aspetto. E in questo senso, sono rinvenibili segnali nell’ultima Legge finanziaria che ha stabilito la parziale autonomia dei porti, stabilendo che una parte delle entrate da tassazione (che in precedenza giungevano nelle casse statali e che venivano in seguito ridistribuite sui vari porti) rimangano ai porti stessi come bacino di finanziamento. Per questo motivo, in base alle proprie entrate, ciascun porto sarà responsabile dell’utilizzo di pubblici introiti: da qui la necessità di essere in grado di utilizzarli al meglio e selezionare gli interventi. Un’ulteriore evoluzione, sempre legata al mercato e alla governance dei porti, riguarda la specializzazione su definite categorie merceologiche. Il cervello in questo caso dovrà essere utilizzato per configurare al Logistica giugno 2007 45 Trasporti Creare competitività meglio la ripartizione delle competenze commerciali di ciascuno scalo marittimo. Mi spiego meglio: non è necessario, perché il mercato non lo richiede, che tutti i porti si attrezzino per accogliere e movimentare tutte le tipologie merceologiche e anche le persone. Data una condizione di offerta ampia e diffusa come quella che caratterizza la portualità italiana, ciascun porto potrebbe specializzarsi, probabilmente con successo, data la crescita generalizzata del trasporto merci e persone, solo nelle funzioni di maggiore rilevanza per la propria economia». È emerso come l’intermodalità rappresenti un elemento fondamentale per il futuro del trasporto nel Paese: come si possono adeguare il sistema ferroviario e l’offerta di servizi? Paolo Celentani: «In passato le previsioni indicavano la ferrovia come la modalità di trasporto del futuro. I fatti hanno invece seguito una strada differente: si è infatti delineata una crisi del trasporto ferroviario nel nostro Paese, alla quale si è cercato di rispondere con un’opera di grande razionalizzazione a partire dal fornitore di servizi di trasporto ferroviario: Ferrovie dello Stato. La produttività è cresciuta del 30%, a fronte di una riduzione del 50% degli addetti negli ultimi anni. Si è perseguita la liberalizzazione, e Ferrovie dello Stato ha attivamente supportato il processo di apertura del mercato ferroviario. In questo caso, infatti, non c’era una “rendita da monopolio” da difendere, quanto piuttosto una “perdita da condividere” nella gestione del sistema ferroviario nazionale. In ogni caso, tornando all’analisi del mondo del trasporto ferroviario, 46 Logistica giugno 2007 «Ciascun porto potrebbe specializzarsi solo nelle funzioni di maggiore rilevanza per la propria economia» Emanuele D’Agostino. i consuntivi 2006 indicano un incremento dell’11% dei volumi per le ferrovie tedesche, grazie all’operazione di liberalizzazione degli accessi alla rete e all’acquisizione di un fornitore di servizi logistici (Schenker). Come si vede, la logistica subisce un processo di “ri-pubblicizzazione”, tramite le acquisizioni di società fornitrici di servizi logistici da parte di forti soggetti pubblici (le ferrovie e le poste in Germania, le poste in Olanda). In Italia la liberalizzazione ha portato all’ingresso di nuovi soggetti fornitori di servizi di trasporto ferroviario (incomers), spesso internazionali, che attualmente coprono il 14% dell’intero mercato. L’esperienza estera, e quanto successo fino a questo momento nel contesto nazionale, indicano previsioni più rosee per la crescita dei nuovi operatori. Questi ultimi tendono a innovare il mercato e lo stesso monopolista può giovarsi delle innovazioni introdotte. Trenitalia da parte sua sta focalizzando gli investimenti soprattutto per i servizi diretti ai passeggeri e ai pendolari: la “primavera” della logistica su ferro non è ancora sbocciata, nonostante alcuni interventi (linee AC/AV anche per il trasporto merci) dimostrino come l’attenzione verso di essa non sia marginale, ma cominciano a intravedersi i segni dell’inversione di tendenza. Il problema che Trenitalia ha dovuto affrontare era costituito dal fatto che per molto tempo la logistica industriale non considerava, già in fase progettuale, l’alternativa su ferro: senza il raccordo ferroviario nella maggior parte dei casi, le aziende per utilizzare il ferro erano costrette a sobbarcarsi oneri legati a una doppia rottura di carico (allestimento su automezzo e interscambio). Lo stabilimento o il magazzino raccordati rappresentano pertanto una risposta in ottica di un futuro utilizzo e potenziamento dei servizi ferroviari. Senza dubbio il trasporto ferroviario non è adatto per il flusso teso: è necessario mettere insieme volumi consistenti per far muovere il treno; logiche di gestione dirette all’ottimizzazione e alla ricerca di economie di scala, e innovazioni (quali la cassa a refrigerazione passiva) possono costituire elementi di sviluppo fondamentali. Del resto, il mercato commerciale e il mercato dei servizi ferroviari non agiscono in chiave di tariffa o prezzo agevolati, come in passato: l’innovazione del modello di servizio deve provenire come proposta anche dall’utente: solo così il time to market potrà essere rispettato». Resta da affrontare il versante relativo al trasporto aereo. I volumi in gioco sono nettamente inferiori rispetto alle modalità analizzate in precedenza, tuttavia il problema dell’aviocamionato e dell’incremento della competitività del cargo è molto sentito. Roberto Gilardoni: «Il trasporto aereo rispetto alle altre modalità di cui si è parlato finora rappresenta senza dubbio una nicchia: infatti, copre a volume il 2-5% del trasportato. Tuttavia la sua importanza è legata al valore delle merci, che costituisce circa il 50% del totale delle merci movimentate. Si ricorre alla modalità aerea quando il valore unitario della merce è ingente e quando è necessaria rapidità nella consegna: negli ultimi anni si è assistito a un significativo incremento del trasporto aereo per i beni deperibili e per le tipologie di prodotti che necessitano trattamenti particolari. Nonostante il cargo aereo stia vivendo una fase di crescita diffusa, i problemi infrastrutturali legati al suo sviluppo sono notevoli. Si pensi ai risvolti negativi che questi ultimi possono avere in un mercato come il nazionale, che si posiziona al secondo posto nell’Unione Europea per livelli di consumo: su un totale in Italia di 1,7-2 milioni di tonnellate annue, meno della metà parte via aerea direttamente dal nostro Paese. Le cause di questo dato di fatto sono principalmente due. La prima è rappresentata dall’assenza di un forte vettore nazionale, che lascia scoperto un mercato in grado di trovare vie alternative per il trasporto. Si pensi alla presenza e all’utilizzo molto diffuso dei vettori stranieri, che hanno sfruttato le stive degli aeromobili (belly) e l’aviocamionato per consegnare le merci, e i propri hub europei per ottimizzare i trasporti e ottenere economie di scala nella propria sede. Il secondo è invece costituito dalla tipologia di infrastrutture di cui necessita il trasporto aereo: si tratta di sistemi per così dire dedicati, a causa delle necessità peculiari di tale modalità di trasporto (apertura su 24 ore, localizzazione in aree molto distanti dai centri abitati, relative infrastrutture di accesso e collegamento, …). Si può affermare che il cargo aereo è sempre stato visto come un elemento a se stante, non integrato nelle catene logistiche, quasi marginale (anche dal punto di vista delle risorse umane allocate a tali servizi). La condizione di scarso interesse di cui ha tradizionalmente goduto il trasporto merci aereo nel nostro Paese ha contribuito a creare problemi di cui vediamo le conseguenze quotidianamente (soprattutto in termini di offerta, di difficoltà di accesso e di tempi di attraversamento eccessivamente dilatati). Tuttavia il mercato mondiale sta cambiando: il numero di voli all cargo sta crescendo progressivamente. Ciò è dovuto alla capacità del cargo aereo di servire esigenze di logistica Just in Time con continuità, poche rotture di carico e pochi intoppi burocratici. Al contrario, nel nostro Paese scontiamo ancora una certa arretratezza e una notevole macchinosità della filiera, che contribuiscono ad alimentare fenomeni quali l’aviocamionato. È necessario un intervento anche dal punto di vista della governance, poiché con la progressiva globalizzazione dei mercati e l’ampliamento dei confini, una modalità di trasporto rapida e sicura come il cargo aereo è strategica: si deve essere in grado di rispondere adeguatamente alla continua crescita della domanda di trasporto, per non compromettere l’attrattività del nostro sistema logistico nazionale». Considerando aspetti più operativi, la responsabilità della manovra ferroviaria passa da Trenitalia a RFI: quali sono le implicazioni di tale cambiamento? Eugenio Muzio: «Si tratta di una novità alla quale stiamo guardando con grande attenzione. Non si deve dimenticare infatti che l’elemento più significativo nel processo di interscambio è rappresentato dalla ricezione e dalla consegna del treno: ne risulta la rilevanza delle operazioni di manovra. In Germania il tempo necessario per comple- Logistica giugno 2007 47 Trasporti Creare competitività tare l’intero ciclo di presa e consegna del treno è pari a 30-45 minuti al massimo. Nel nostro Paese invece sono necessarie almeno 2 ore. Il passaggio di competenze per la manovra non sembra in grado di portare efficienza al processo: in precedenza chi effettuava la manovra era il fornitore dei servizi, cioè il soggetto responsabile della trazione del treno, mentre ora è subentrato il gestore della rete. Si tratta di due soggetti eterogenei, con competenze specifiche differenti. Il passaggio di responsabilità da uno all’altro non appare indifferente come potenziali effetti. La norma che ha definito le responsabilità (legge 188) è il risultato di un recepimento non del tutto corretto di una Direttiva europea, che esclusivamente nel nostro Paese si è declinata nei termini di cui stiamo discutendo. Si spera pertanto che l’unico elemento di variazione sia la ripartizione dei ruoli, al fine di mantenere il più possibile integrato il processo di manovra». co di mezzi pesanti nelle città e favorire uno sviluppo generale. Sono presenti nel sistema di interscambio gli impianti di FS e i fasci di binari di RFI. Esistono poi la trazione, la manovra e l’handling. Tutti questi sono gli elementi del trasporto merci ferroviario con interscambio. Sono tali elementi che rappresentano il campo dove si deve perseguire l’ottimizzazione. Per l’handling ciò è stato fatto all’interno dell’Interporto. Nel 2004 sono state acquisite anche le operazioni di manovra in “outsourcing” da FS. Come risultato si sono ottenuti una riduzione dei costi e un efficientamento generale del processo, con la riduzione dei tempi di manovra. Dalla nostra esperienza si può ipotizzare che slegare la manovra dalla trazione può sortire dei risultati apprezzabili. Attendiamo pertanto di valutare l’effetto della nuova normativa. È auspicabile che RFI non vada a fare “insourcing” di manovratori, non essendo questo il suo core business». Gilberto Galloni: «L’Interporto di Bologna in realtà già dal 2004 effettua la manovra “inhouse” su terminal delle FS. L’obiettivo di un interporto è sviluppare il trasporto ferroviario, al fine di alleggerire il carico di traffi- Un aspetto particolarmente critico per l’efficienza generale di un sistema logistico è rappresentato dall’integrazione fra trasporto marittimo, trasporto ferroviario, e anche cargo aereo. Roberto Gilardoni: «L’integrazione fra nave e aereo rappresenta una strada senza dubbio percorribile, e ci sono alcuni esempi di successo particolarmente significativi, ove sono stati combinati i vantaggi del trasporto via mare e del trasporto aereo (Dubai, e Atene con il porto del Pireo). L’integrazione ferro-cargo aereo è ipotizzabile se la risposta della ferrovia può garantire la velocità necessaria: in Francia sono in fase di sperimentazione vagoni in grado di caricare fino a quattro pallet aerei sulla rete AC/AV che collega Parigi e Lione. Altri esempi di integrazione delle modalità si possono rinvenire anche presso gli integratori e i corrieri: esistono hub courier (ad esempio Lipsia) ove la merce è recapitata per via aerea, e successivamente trasferita in tutta Europa via treno». La concorrenza fra i porti si gioca sulla capacità di accogliere navi, ma anche sulla capacità di svolgere operazioni di transhipment (ad esempio Gioia Tauro). Gli investimenti dovrebbero essere diretti anche a tali scopi. Emanuele D’Agostino: «Gli investimenti destinati a Gioia Tauro dalla Legge Finanziaria sono significativi e hanno seguito la «Per molto tempo la logistica industriale non considerava, già in fase progettuale, l’alternativa su ferro. Lo stabilimento o il magazzino raccordati rappresentano una risposta in ottica di un futuro utilizzo e potenziamento dei servizi ferroviari» Paolo Celentani. 48 Logistica giugno 2007 logica di selezione di cui si è accennato prima, recependo quanto il mercato aveva già chiaramente indicato. Infatti, il porto calabrese è il secondo nel Mediterraneo per movimentazione (3 milioni di TEU annue), dopo Algeciras. La politica di investimento effettuata nel nostro Paese ha consentito di destinare fondi anche ad altri hub, effettivi (come Taranto e Cagliari) o in predicato di diventarlo (come Augusta). Può apparire errata una politica di investimento che premia i porti di transhipment rispetto ai porti di destinazione finale. In realtà anche questi ultimi ne giovano. Infatti non sarebbe possibile sviluppare organicamente la logistica senza potenziare il transhipment: nell’epoca della globalizzazione le navi di elevate dimensioni vengono utilizzate con maggiore frequenza, e non tutti i porti hanno le caratteristiche adeguate per accoglierle (per ragioni di banchina e pescaggio). Potenziare il transhipment per ricevere tali “giganti del mare” e consentire successivamente a navi feeder di raggiungere i porti di destinazione finale rappresenta una soluzione per lo sviluppo dell’efficienza complessiva del sistema: le navi oceaniche devono sostare nei porti il minor tempo possibile e visitare il minor numero di porti, per minimizzare le fermate e sfruttare appieno le economie di scala che ne caratterizzano la gestione. I porti di destinazione finale, in Finanziaria, sono destinatari con un fondo quindicennale di 10 milioni di euro annui per la realizzazione di grandi infrastrutture portuali immediatamente cantierabili. Questi stanziamenti si aggiungono a quelli già stanziati dalle precedenti leggi e resi disponibili. I porti di transhipment non sono assolutamente alternativi ai porti di destinazione finale e non sono in contrapposizione ad essi. Le caratteristiche e l’organizzazione del trasporto marittimo moderno o, se si preferisce, globalizzato, li rendono naturalmente funzionali gli uni agli altri». «Nonostante il cargo aereo stia vivendo una fase di crescita diffusa, i problemi infrastrutturali legati al suo sviluppo sono notevoli. Il cargo aereo è sempre stato visto come elemento a se stante, non integrato nelle catene logistiche» Roberto Gilardoni. Una volta che la nave ha scaricato il proprio contenuto, che destino ha quest’ultimo? Si può fare affidamento sul treno? Paolo Celentani: «Si dovrebbe sempre tenere in considerazione che i carichi dal Far East sono ingenti, così come il peso dei singoli container: la ferrovia non sempre è in grado di raccogliere lo scaricato, anche per una questione di incomparabilità di costi, rispetto al trasferimento su breve distanza della merce. Da questo punto di vista non si deve dimenticare che per gli inoltri via ferro, ma anche via gomma, si va a operare una rottura di carico. Per questo motivo per i viaggi a lungo raggio l’ideale sarebbe riuscire a ottenere un treno composto dal maggior numero possibile di vagoni. Nonostante le prospettive potenzialmente favorevoli al carico su treno delle merci scaricate da nave per le lunghe percorrenze, la realtà appare diversa: infatti in nessun porto italiano questo tipo di operazione ha riscontrato successo (a Genova il 95% dello scaricato è diretto alle regioni italiane attraverso il trasporto stradale). Ciò è attribuibile anche al fatto che in passato chi gestiva le operation portuali era anche gestore delle navi feeder, e pertanto un insediamento di significative banchine ferroviarie nei porti non era favorito. Oggi la situazione è diversa, e a Gioia Tauro, per esempio, è in programma la realizzazione di un terminal FS all’interno del porto stesso. La tendenza che deve essere seguita per poter promuovere il trasferimento su ferro delle merci in arrivo dal mare non può essere che la realizzazione di terminal di interscambio all’interno delle strutture portuali». ■ Logistica giugno 2007 49