La gallina Gesualda, una ladra abile e spavalda
Il racconto "La gallina Gesualda, una ladra abile e spavalda", fa parte del libro "Storie tocche e
filastrocche" di Maria Grazia Gritta, la quale ci ha gentilmente concesso la pubblicazione, con il
disegno a colori della protagonista ed anche quello in bianco e nero.
La gallina Gesualda, una ladra abile e spavalda
Gesualda, un nome un po’ originale per una gallina, non trovate?
Ma quello che più stupisce è il fatto che sia una ladra.
Non avreste mai immaginato che una gallina potesse diventare una ladra, vero?
Neppure io!
Dovete sapere che da piccola Gesualda era una gallinella ruspante, abituata a razzolare per il
cortile qua e là, incurante del luogo in cui si trovava.
Che fosse sporco o pieno di erbacce non le importava, le bastava vivere all’aria aperta, a
contatto con la natura.
Era cresciuta con la convinzione che è molto meglio un verme oggi che una ciotola di mais
domani, perciò appena le si presentava l’occasione e vedeva una sua coetanea in difficoltà nel
dissotterrare uno di quei poveri esseri striscianti, lei, invece di aiutarla, glielo fregava da sotto il
becco.
Certo non era il modo giusto per fare amicizia, tant’è vero che nel pollaio non era vista di buon
occhio.
Anche se sua madre, la signora chioccia Covoben, continuava a rimproverarla per i suoi gesti
inconsulti e truffaldini, lei non riusciva a fare a meno di praticare il suo famoso vizietto.
Probabilmente il fatto che si trovasse in un povero pollaio accanto a qualche gallina denutrita,
buona solo per fare il brodo, le aveva fatto crescere dentro quello spirito di sopravvivenza tipico
degli animali in difficoltà che vivono allo stato randagio.
Lei, insomma, non voleva fare la fine di quelle povere galline, lei non era come loro, non voleva
accontentarsi di due vermi a colazione e qualche chicco di mais a cena, pretendeva di più.
Così, frega oggi e frega domani, era diventata una gallinella bella tosta.
Il suo comportamento non era passato inosservato al fattore che un giorno, trovandosi in
difficoltà finanziarie, decise di venderla ad un altro contadino.
Nemmeno i ripetuti “coccodè” della madre riuscirono a dissuadere il fattore da quell’insano
gesto, Gesualda doveva essere venduta.
Dopotutto la sua costante dieta a base di vermi l’aveva fatta diventare bella florida e rigogliosa,
perciò il padrone poteva ricavarne una cifra non indifferente.
Certo Gesualda non lo sapeva ancora, ma il suo trasferimento le avrebbe fatto fare un bel salto
di qualità.
Difatti il contadino che l’aveva acquistata possedeva uno dei pollai più moderni e
super-accessoriati del paese, con tanto di musica stereofonica che armonizzava l’ambiente,
aiutando le fortunate galline nel loro dovere quotidiano.
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Cavoli era proprio il pollaio che Gesualda aveva sempre sognato!
Appena si trasferì, informò sua madre del posto meraviglioso nel quale si trovava, così le altre
galline, sue precedenti coinquiline, sarebbero morte dall’invidia nel sapere la notizia.
Certo in quel pollaio non ci sarebbe stato alcun bisogno di mettere in pratica la sua subdola
tattica, perché lì c’erano cibo e vizi a non finire.
Ma si sa quando quell’infido impulso entra nel sangue è molto difficile da cacciare via.
Così si ritrovò una notte a zampettare furtivamente verso l’abitazione del fattore.
Era più forte di lei, quella casa l’attraeva fuor di misura, doveva vedere cosa c’era dentro, se
c’era qualcosa che valesse la pena di mettersi sotto l’ala.
Saltò sul davanzale della finestra, rimase per un po’ appollaiata per controllare che nessuno
l’avesse vista e poi con un colpo d’ali s’intrufolò in casa.
Zampetta di qua, zampetta di là, arrivò in camera da letto, sul comodino c’erano appoggiati i
gioielli della moglie.
Che meraviglia, che lucentezza!
Quei preziosi monili che brillavano sotto la luce della luna l’affascinavano.
Che bello se avesse potuto indossarli, avrebbe fatto una splendida figura!
Così, con un piccolo volo, atterrò sul mobile e con il becco prelevò alcuni gioielli, infilandoseli al
collo.
Che eccitazione!
Ma tutte quelle emozioni in un colpo solo le fecero un brutto tiro.
Tutto ad un tratto si sentì un impulso irrefrenabile di deporre un uovo e lì, sul comodino, lasciò il
suo tondo ricordo alla moglie del fattore.
Solo che la sua assurda avidità non aveva fatto i conti con la natura semplice e genuina alla
quale era abituata ogni giorno, perciò, mentre era intenta in quel gesto così istintivo e naturale,
le scappò un euforico “coccodè”.
Gesualda sperò in cuor suo che quel momentaneo sfogo che le era uscito spontaneamente dal
becco non fosse arrivato all’orecchio dei padroni di casa, ma, purtroppo per lei, non fu così.
La moglie si svegliò di soprassalto ed accese la luce sul comodino.
Quando si accorse di Gesualda, si mise ad urlare, più stupita che spaventata da quella strana
visita notturna.
Non poté far a meno di notare i suoi gioielli che Gesualda portava spavaldamente al collo, così
decise insieme al marito che una gallina con quel vizietto non poteva far parte del loro pollaio.
La sfortunata Gesualda capì all’improvviso che era arrivato il suo momento, doveva uscire di
scena, ma dopotutto, qualunque fosse stata la sua sorte, avrebbe fatto una bella figura sul
piatto da portata del fattore, bene in carne com’era.
Forse quei vermi ingiustamente sottratti erano serviti a qualcosa, anche senza gioielli addosso
lei sarebbe stata l’attrazione del momento più importante della giornata: il pranzo.
Sua madre, dal canto suo, si sentiva che la figlia non sarebbe andata molto lontano, che da lì a
poco sarebbe finita nella pentola del padrone, perché quel vizietto non le avrebbe portato alcun
giovamento.
Purtroppo Gesualda non l’aveva capito, non si era accontentata della solita “minestra”, aveva
preteso di più ed il destino le si era rivoltato contro.
Proverbio:
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Chi si accontenta gode!
Filastrocca:
Gesualda impara presto a derubare
ogni specie di verme da mangiare.
Da sotto il becco lei li frega,
è una vera e propria strega!
Vien venduta e trasferita
dove fa la bella vita.
Più non le interessano i vermicelli
ora l’affascinano i gioielli.
Li vorrebbe trafugare
per poterli poi indossare.
Ma sul più bello vien tradita
dalle sue abitudini di vita,
un bell’uovo va a deporre
dove proprio non occorre.
Vien scoperta e condannata
a star sul piatto da portata.
Nella pentola o in padella
la sua sorte sarà quella.
Troppo tardi l’ha capito
che chi s’accontenta è preferito!
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