Linee guida per la redazione del breve report sull’analisi monovariata e bivariata dei dati Lo studente dovrà presentare l’analisi dei dati con riferimento: • al campione e • a due domande a scelta. L'analisi dei dati deve indicare: • l'analisi monovariata delle variabili selezionate, con distribuzioni di frequenza, rappresentazioni grafiche e tabellari, indici di tendenza centrale e indici di dispersione. • Nell’analisi bivariata devono essere presenti almeno le tabelle a doppia entrata e le rappresentazioni grafiche. I dati dovranno essere presentati e commentati in un discorso di senso compiuto come nell’esempio che segue. Esempio 1. Caratteristiche del campione Il campione degli intervistati è costituita da centoquattro infermieri che hanno completato la formazione di base, iscritti all’Albo, in servizio da almeno dodici mesi presso l'Unità a Direzione Infermieristica (di seguito anche U.D.I.) della casa della salute di XXX e nei reparti dell'ospedale XXX di XXX (medicina interna, chirurgia generale, ortopedia e traumatologia, cardiologia, ginecologia e ostetricia, pediatria e neonatologia). La distribuzione del campione per sede di lavoro è abbastanza equilibrata (Grafico 1). Tabella 1 – Distribuzione del campione per sede di lavoro. Valori assoluti. Reparto N. Questionari Compilati Unità Direzione Infermieristica 13 Cardiologia 12 Ginecologia/Ostetricia 9 Medicina Uomini 9 Medicina Donne 11 Ortopedia 9 Chirurgia Uomini 13 Chirurgia Donne 13 Pediatria 15 Totale 104 Il campione intervistato è costituito soprattutto da donne (settantuno) che rappresentano circa il 70 per cento dei soggetti partecipanti (Grafico 2). Come si avrà modo di discutere in seguito (par. X.X), questo dato non si discosta molto dalla realtà nazionale che presenta ancora un dominio della componente femminile nella professione infermieristica. Grafico 1 -‐ Distribuzione del campione per sesso. Valori percentuali. La distribuzione del campione per fascia di età evidenzia che gli infermieri dei reparti coinvolti sono prevalentemente over quaranta. Il 78 per cento della popolazione ha più di quarantanni e, in particolare, metà degli intervistati ha tra i quaranta e i cinquantanni. Solo tre infermieri intervistati (3 per cento) hanno meno di trentanni anni e solo il 18 per cento ha tra i trentuno e i quarantanni (Grafico 3). Grafico 2 – Distribuzione del campione per fasce di età. Valori percentuali. Ci troviamo di fronte, quindi, a una popolazione non giovanissima che ha maturato diversi anni di esperienza professionale. Infatti 64 soggetti su 104 hanno oltre quindici anni di esperienza (Tabella 2) rappresentando oltre la metà del campione. Anche questo dato è molto simile a quello che si riscontra nelle aziende del Servizio Sanitario Nazionale come discuteremo in seguito (par. X.X). Tabella 2 – Distribuzione del campione per anni di esperienza professionale. Valori assoluti. 4 -‐ 7 anni 8 -‐ 11 anni 12 -‐ 15 anni 12 -‐ 15 anni oltre 15 anni Totale Anni esperienza professionale 5 19 16 3 64 104 Il dato anagrafico si riflette anche sulla formazione di base del campione. Solo il 30 per cento degli intervistati ha conseguito la laurea triennale come formazione di base (Grafico …). Ecc. ecc. 2. Presentazione e discussione dei risultati La prima domanda di ricerca si interrogava sull’uso delle diagnosi infermieristiche nella pratica professionale. Due domande quantitative del questionario usato per raccogliere i dati si concentravano su questo aspetto con angolazioni diverse. Entrambe le domande prevedevano una risposta su una scala Likert settenaria dove uno rappresentava “estremamente d’accordo” e sette “estremamente in disaccordo” e il quattro la posizione neutra. Il primo item dell’indagine affermava “Di solito scrivo la diagnosi infermieristica sulla cartella del paziente”. L’item interrogava sull’intenzione comportamentale considerato che l’effettivo comportamento non è stato osservato. Il valore centrale (neutro) è stato scelto 31 volte, mentre i due poli estremi (completamente d’accordo e completamente in disaccordo) quasi si equivalgono con una leggera prevalenza di una positiva attitudine (abbastanza d’accordo e completamente d’accordo) che raccoglie il 33 scelte. Sono invece 26 (un quarto degli intervistati) i partecipanti che dichiarano un’attitudine negativa (abbastanza o completamente in disaccordo). Nelle tre posizioni centrali si colloca il 43 per cento dei partecipanti (Tabella 3). Si ritiene che il valore centrale quattro (considerato generalmente come modalità neutra) debba essere raggruppato tra i valori più bassi della scala, in quanto l’intento della domanda è quello di distinguere chi presenta un’attitudine a scrivere la diagnosi – e quindi a usarla nella pratica professionale – e chi non presenta tale attitudine. Tabella 3 – Risposta all’item 1. “Di solito scrivo la diagnosi infermieristica sulla cartella del paziente”. Frequenza assolta e percentuale. Frequenza Frequenza (N) (%) completamente d'accordo abbastanza d'accordo poco d'accordo Neutro poco in disaccordo abbastanza in disaccordo completamente in disaccordo Totale 15 18 13 31 1 13 13 14% 17% 13% 30% 1% 12% 13% 104 100% La media, la moda e la mediana per questo item sono risultati essere 4.27, 4 e 4 rispettivamente. Questi valori si collocano in posizione centrale (quella di neutralità) indicando incertezza, il non giudizio. La mediana (4) è la funzione statistica più significativa per questo tipo di strumento che raccoglie i dati per classe. Se quindi riclassifichiamo i dati raggruppando i valori centrali tra i valori più bassi della scala per i motivi discussi in precedenza, i dati sembrano indicare una non attitudine degli infermieri intervistati all’uso delle diagnosi nella propria pratica professionale quotidiana (Grafico 3). Grafico 3 – Risposta all’item 1 ricodificata. Attitudine all’uso della diagnosi infermieristica nella pratica professionale. Valori assoluti. A questo punto occorre introdurre il tema della differenza di attitudine all’uso delle diagnosi infermieristiche nei diversi contesti professionali e specificatamente tra l’U.D.I e i reparti ospedalieri dell’azienda sanitaria locale RMX. Se la totalità degli infermieri dell’U.D.I. dichiara un’attitudine all’uso delle diagnosi infermieristiche nella pratica professionale quotidiana, nei reparti di pediatria e ostetricia gli infermieri intervistati manifestano un’attitudine opposta. Nei reparti di medicina sia uomini che donne e nel reparto di chirurgia uomini solo un’esigua minoranza di infermieri mostra un’attitudine positiva all’uso delle diagnosi infermieristiche nella pratica professionale. Diversa è la situazione in ortopedia, chirurgia donne e cardiologia dove un terzo degli infermieri in ortopedia e circa la metà degli infermieri negli altri due reparti dichiarano un’attitudine positiva all’uso delle diagnosi infermieristiche (Grafico 4). Grafico 4 – Risposta all’item 1 ricodificata. Attitudine all’uso della diagnosi infermieristica nella pratica professionale. Distribuzione per sede di lavoro. Valori assoluti. Il secondo item sull’uso delle diagnosi infermieristiche afferma “A nessuno interessa leggere le diagnosi infermieristiche”. Questo item valuta la percezione degli infermieri circa il fatto se una diagnosi scritta sarà mai letta. La media, mediana e moda di questa variabile erano 4.11, 3 e 3.5 rispettivamente; la deviazione standard era di 1.9. Il 23 per cento dei rispondenti ha scelto estremamente d’accordo o abbastanza d’accordo e il 27 per cento era in qualche modo d’accordo con questa affermazione. In altri termini il 50 per cento dei partecipanti non esprime molta fiducia sul fatto che qualcuno legga la diagnosi infermieristica. Solo il 23 per cento si è dichiarato abbastanza o completamente in disaccordo con questa affermazione (Tabella 4). Tabella 4 – Risposta all’item 10.13 ricodificata. “A nessuno interessa leggere le diagnosi infermieristiche”. Valori assoluti e percentuali. Frequenza Frequenza (N) (%) d'accordo Disaccordo Neutro un po' d'accordo un po' in disaccordo Totale 24 33 13 28 6 104 23% 32% 12% 27% 6% 100% Se ricodifichiamo i dati raggruppando i valori centrali tra i valori più bassi della scala osserviamo come il dato sulla fiducia che qualcuno legga le diagnosi infermieristiche si mostra speculare a quello dell’attitudine (Grafico 5) all’uso delle diagnosi infermieristiche nella propria pratica professionale (Grafico 6). Grafico 5 – Risposta all’item 10.13. ricodificata. “A nessuno interessa leggere le diagnosi infermieristiche”. Valori percentuali. La distribuzione dei dati per sede di lavoro sottolinea questo dato. Infatti è possibile osservare come solo presso l’U.D.I. la quasi totalità si mostri in disaccordo con l’affermazione “A nessuno interessa leggere le diagnosi infermieristiche” mentre in tre reparti tutti gli infermieri intervistati non credono che qualcuno possa essere interessato a leggere le diagnosi infermieristiche: ortopedia, ginecologia e ostetricia e chirurgia uomini. Anche negli altri reparti prevale la percezione che nessuno sia interessato a leggere le diagnosi infermieristiche ad eccezione di pediatria e chirugia donne (Grafico 6). Grafico 6 -‐ – Risposta all’item 10.13. ricodificata. “A nessuno interessa leggere le diagnosi infermieristiche”. Distribuzione per sede di lavoro. Valori assoluti. Le due domande sull’uso delle diagnosi infermieristiche hanno mostrato una debole correlazione inversa (ρ=-‐0.34) che evidenzia la tendenza dei partecipanti che intendono scrivere le diagnosi a ritenere ch’esse saranno lette.