Il presente volume è stato realizzato dall´Istituto sui diritti delle minoranze presso l´EURAC (Accademia europea Bolzano-Bozen) in collaborazione con CIEMEN (Centre Internacional Escarré per a les
minories ètniques i les nacions - Barcelona) nell’ambito del progetto ALIAS (Autonomia, Lavoro e
Integrazione in Alto Adige-Südtirol) finanziato dal Fondo Sociale Europeo.
L’obiettivo del progetto ALIAS consiste nell’analisi delle politiche sulla migrazione in territori autonomi
(Catalogna e Alto Adige) al fine di individuare prassi che possano garantire l’inclusione delle nuove
minoranze e la protezione delle comunità tradizionali.
L’Istituto sui Diritti delle Minoranze vanta una pluriennale esperienza in attività di ricerca sui temi della
protezione delle minoranze, diversità culturale, integrazione europea e risoluzione dei conflitti etnici.
L’attività di ricerca rappresenta il nucleo centrale dell´Istituto, ma essa è affiancata dall’offerta di percorsi di formazione e da incarichi di consulenza.
€ 0,00
ISBN 978-88-88906-90-4
Politiche Migratorie e Autonomie Territoriali / Migrationspolitik und Territoriale Autonomie
Der vorliegende Band entstand aus der gemeinsamen Forschungsarbeit des Instituts für Minderheitenrecht der Europäischen Akademie Bozen (EURAC) und des CIEMEN (Centre Internacional Escarré
per a les minories ètniques i les nacions – Barcelona) im Rahmen des vom Europäischen Sozialfonds
finanzierten ALIAS-Projekts (Autonomie, Arbeit und Integration in Südtirol).
Ziel des Projekts war die Analyse von Politiken im Bereich der Einwanderung in autonomen Gebieten
(Katalonien und Südtirol) und das Identifizieren von Praktiken, die die Integration neuer Minderheiten
sowie den Schutz der traditionellen autochthonen Gemeinschaften und autochthonen Minderheiten
garantieren.
Das Institut für Minderheitenrecht steht für jahrelange Forschung zu Fragen des Minderheitenschutzes, der kulturellen Vielfalt und Europäischen Integration sowie ethnischer Konfliktlösung. Zusätzlich
zur Forschungsarbeit bietet das Institut auch regelmäßig Fortbildungen und Politikberatung an.
Politiche Migratorie e Autonomie Territoriali
Nuove Minoranze, Identità e Cittadinanza
in Alto Adige e Catalogna
Migrationspolitik und Territoriale Autonomie
Neue Minderheiten, Identität und Staatsbürgerschaft
in Südtirol und Katalonien
Roberta Medda-Windischer e/und Andrea Carlà
(a cura di / Hrsg.)

Politiche Migratorie e Autonomie Territoriali
Nuove Minoranze, Identità e Cittadinanza
in Alto Adige e Catalogna
Migrationspolitik und Territoriale Autonomie
Neue Minderheiten, Identität und Staatsbürgerschaft
in Südtirol und Katalonien
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 1
20.09.13 10:46
Ordinabile presso:
Accademia Europea Bolzano
Viale Druso, 1
39100 Bolzano- Italia
Tel. +39 0417 055033
Fax +39 0471 055099
E-mail: [email protected]
Bestellungen bei:
Europäische Akademie Bozen
Drususallee 1
39100 Bozen- Italien
Tel. +39 0471 055033
Fax +39 0417 055099
E-Mail: [email protected]
Riproduzione parziale o totale
del contenuto autorizzata soltanto
con la citazione della fonte
(titolo ed edizione).
Nachdruck und fotomechanische
Wiedergabe – auch auszugsweise –
nur unter Angabe der Quelle
(Herausgeber und Titel) gestattet.
Direttore responsabile: Stephan Ortner
Curatore: Roberta Medda-Windischer,
­Andrea Carlà
Redazione / coordinamento: Roberta MeddaWindischer
Prestampa: Typoplus, BZ
Stampa: Esperia
Verantwortlicher Direktor: Stephan Ortner
Herausgeber: Roberta Medda-Windischer,
Andrea Carlà
Redaktion / Koordination: Roberta MeddaWindischer
Druckvorstufe: Typoplus, BZ
Druck: Esperia
2013
ISBN 978 - 88-88906 - 90 - 4
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 2
20.09.13 10:46

Politiche Migratorie
e Autonomie Territoriali
Nuove Minoranze, Identità e Cittadinanza
in Alto Adige e Catalogna
Migrationspolitik
und Territoriale Autonomie
Neue Minderheiten, Identität und Staatsbürgerschaft
in Südtirol und Katalonien
2013
Roberta Medda-Windischer e / und Andrea Carlà
(a cura di / Hrsg.)
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 3
20.09.13 10:46

Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 4
20.09.13 10:46
Curatori ed autori
Curatori ed autori
Roberta Medda-Windischer (LL.M, Ph.D) è Senior Researcher/Group Leader presso l’Istituto sui Diritti delle Minoranze dell’Accademia Europea di Bolzano/Bozen (EURAC). È
giurista internazionalista specializzata nella protezione dei diritti umani e delle minoranze. Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza ed ottenuto il Master (LL.M.)
in International Human Rights Law presso l’Università di Essex (UK), ha conseguito il titolo di dottore di ricerca presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Graz (AT).
Nel corso degli anni ha maturato una solida esperienza presso diverse organizzazioni
internazionali, fra le quali, l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite
(ACNUR) in Bosnia, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa
(OSCE) in Albania, il Centro per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (ONU) a Ginevra, e
la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) a Strasburgo. Attualmente, presso l’Accademia Europea, si occupa della protezione delle minoranze in campo internazionale, in
particolare delle nuove minoranze originate dalla migrazione, ed in questo ambito ha
pubblicato molteplici contributi scientifici su riviste e volumi nazionali ed esteri.
Andrea Carlà è politologo e ricercatore. Dopo essersi laureato in Scienze Politiche e
aver frequentato un Corso di Alta Formazione per le Carriere Diplomatiche e Internazionali, ha conseguito un Ph.D in Politics presso la New School for Social Research di New
York, USA. Si occupa prevalentemente di politiche etniche, politiche sulla migrazione e
questioni di sicurezza nazionale. Attualmente collabora con l’Istituto sui Diritti delle
Minoranze dell’Accademia Europea di Bolzano/Bozen (EURAC) ed è Visiting Fellow
nell’Exploratory Project on International Politics and Conflict Resolution presso la Fondazione
Bruno Kessler (Fbk-CeRPIC) di Trento.
Alessandro Pallaoro si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Trento
(1989) dove ha anche conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato. Dal 2004 è
Magistrato della Corte dei Conti presso la Sezione di controllo di Bolzano. Ha frequentato il Master “Mediazione dei conflitti-Operatori di pace” dell’Università di Bologna e attualmente è anche amministratore volontario di Human Rights International (HRI), organizzazione attiva a livello internazionale per la difesa e la promozione dei diritti
umani.
5
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 5
20.09.13 10:46
Curatori ed autori
Micaela Colletti ha una laurea in lingue e letterature straniere e moderne con indirizzo europeo – tedesco/inglese, ed ha conseguito le abilitazioni per l’insegnamento
della lingua tedesca (seconda lingua) e delle lingue straniere (inglese e tedesca) nelle
scuole in lingua italiana della Provincia autonoma di Bolzano. Ha frequentato diversi
corsi post-universitari in ambito di apprendimento interculturali. È volontaria attiva
del Comitato Nazionale Femminile di Croce Rossa Italiana e Operatore di Protezione civile.
David Forniès ha conseguito una laurea in giornalismo ed è attualmente coordinatore dell’area di ricerca presso l’International Escarré Centre for Ethnic Minorities and Nations (CIEMEN), con sede a Barcellona (Catalogna). È autore di numerosi volumi, articoli e altre pubblicazioni sul tema dell’identità nazionale. Forniés coordina altresì il
giornale online Nationalia (www.nationalia.info), dedicato alle Nazioni senza Stato e
alle minoranze etniche, e cura un blog sulle identità nazionali (www.dailyplebiscite.
com).
Vicent Climent-Ferrando è ricercatore e professore a contratto presso l’Università
Pompeu Fabra, Barcellona. Si occupa prevalentemente di immigrazione, integrazione e
ideologie linguistiche. Climent-Ferrando ha svolto i suoi studi universitari presso le
Università di Ottawa (Canada), Anglia (Cambridge) e Pompeu Fabra ed ha conseguito un
Master (MA) in Scienza della Politica presso il College of Europe di Bruges, ed un Master
(MS) in Scienza della Politica presso l’Università Pompeu Fabra di Barcellona. Attualmente è Visiting Researcher presso l’European Research Centre, Sciences-Po, Paris. Le sue
pubblicazioni sono consultabili su: http://argos.upf.edu?id=6161f23f6e26479a&idioma=e
n&tipo=activ
6
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 6
20.09.13 10:46
Herausgeber und Autoren
Roberta Medda-Windischer (LL.M, Ph.D) ist Senior Researcher am Institut für Minderheitenrecht der Europäischen Akademie Bozen/Bolzano (EURAC). Sie ist eine auf Menschenrechte und Minderheitenschutz spezialisierte internationale Juristin. Nach Abschluss des Universitätsstudiums der Rechtswissenschaften und des Masters (LL.M.)
in International Human Rights Law an der Universität Essex (UK), hat sie das Doktorat
(PhD) in Rechtswissenschaften an der Universität Graz (AT) beendet.
Medda-Windischer sammelte bei verschiedenen Organisationen mehrjährige Erfahrung: In Bosnien für den Hohen Kommissar für Flüchtlinge der Vereinten Nationen, in Albanien für die Organisation für Sicherheit und Zusammenarbeit in Europa,
in Genf für das Zentrum für Menschenrechte der Vereinten Nationen und in Straßburg
für den Europäischen Gerichtshof für Menschenrechte. Ihre Forschungsarbeit an der
Europäischen Akademie konzentriert sich derzeit auf den internationalen Minderheitenschutz und auf die Situation der neuen, migrationsbedingten Minderheiten. In diesem Bereich hat sie eine Vielzahl an wissenschaftlichen Beiträgen in nationalen und
internationalen Fachzeitschriften und Publikationen veröffentlicht.
Andrea Carlà ist Politologe und Forscher. Nach Abschluss eines Studiums der Politikwissenschaften und eines postuniversitären Lehrgangs für Diplomatie und internationale Beziehungen, machte er ein Doktorat (Ph.D) in Politics an der New School for
Social Research in New York, USA. Er beschäftigt sich hauptsächlich mit ethnischer
Politik, Migrationspolitik und Fragen der nationalen Sicherheit. Derzeit ist er Mitarbeiter am Institut für Minderheitenrecht der Europäischen Akademie Bozen (EURAC) und
Visiting Fellow am Exploratory Project on International Politics and Conflict Resolution der
Fondazione Bruno Kessler (Fbk-CeRPIC), Trient, Italien.
Alessandro Pallaoro hat einen Abschluss in Recht an der Universität Trient (1989),
wo er auch die Zulassung als Rechtsanwalt erlangte. Seit 2004 ist er Richter am Rechnungshof der Kontrollsektion Bozen. Zusätzlich hat er einen Master in Konfliktmediation und Friedensarbeit von der Universität von Bologna und ist freiwilliger Mitarbeiter von Human Rights International (HRI), einer internationalen Organisation für den
Schutz und der Achtung von Menschenrechten.
7
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 7
20.09.13 10:46
Herausgeber und Autoren
Micaela Colletti hat einen Abschluss in Fremdsprachen und Literatur (Englisch
und Deutsch), und die Lehrbefähigung für Deutsch als Zweitsprache und für Fremdsprachen (Englisch und Deutsch) an den italienischsprachigen Schulen der Provinz
Bozen. Sie besuchte mehrere postuniversitäre Kurse für interkulturelles Lernen. Colletti ist Freiwillige beim italienischen Roten Kreuz und beim Zivilschutz.
David Forniès hat einen Abschluss in Journalismus (BA) und ist der derzeitige Koordinator für Forschung des International Escarré Centre for Ethnic Minorities and Nations
(CIEMEN) mit Sitz in Barcelona (Katalonien). Er ist Autor mehrerer Bücher, Artikel und
anderen Publikation zum Thema der nationalen Identität. Forniès koordiniert die online Zeitschrift Nationalia (www.nationalia.info), die sich mit staatenlosen Nationen
und ethnischen Minderheiten befasst und schreibt einen Blog über nationale Identitäten (www.dailyplebiscite.com).
Vicent Climent-Ferrando ist Forscher und Außerordentlicher Professor an der
Universität Pompeu Fabra, Barcelona, wo er sich mit Immigration, Integration und
Sprachideologie beschäftigt. Er studierte an den Universitäten von Ottawa (Kanada),
Anglia (UK) und Pompeu Fabra, und hat Masters in Politik vom College of Europe,
Brügge, und in Politikwissenschaften von der Universität Pompeu Fabra. Derzeit (2013)
ist er Gastforscher am European Research Centre der Universität Sciences-Po in Paris. Seine
wissenschaftliche Arbeiten können hier abgerufen werden: http://argos.upf.edu?id=616
1f23f6e26479a&idioma=en&tipo=activ
8
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 8
20.09.13 10:46
Nota sulle traduzioni
Per le traduzioni dall’italiano al tedesco si ringraziano cordialmente Alberto Cló (Introduzione, Parte III/Forniès e Appendice/Raccomandazioni), Rainer Girardi e Johanna
Mitterhofer (Parte III/Climent-Ferrando).
Informationen zu den ÜbersetzerInnen
Für die Übersetzungsarbeiten aus dem Italienischen ins Deutsche möchten wir unseren ÜbersetzerInnen Alberto Cló (Einleitung, III. Teil/Forniès und Appendix/Empfehlungen), Rainer Girardi und Johanna Mitterhofer (III. Teil /Climent-Ferrando) danken.
Ringraziamenti
Si ringraziano calorosamente Verena Wisthaler e Franca Zadra per la rilettura dei testi
e i suggerimenti forniti.
Danksagung
Wir danken Verena Wisthaler und Franca Zadra für das kritische Lesen der Texte und
für ihre Anregungen.
Per una maggiore leggibilità del testo, nel presente volume si è rinunciato a formulazioni
­specifiche di genere.
Um eine bessere Lesbarkeit zu gewährleisten wurde im vorliegenden Band nicht ausdrücklich
zwischen den Geschlechtern unterschieden.
9
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 9
20.09.13 10:46
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 10
20.09.13 10:46
Indice / Inhaltsverzeichnis
Curatori ed autori
Herausgeber und Autoren
5
7
Introduzione
Roberta Medda-Windischer e Andrea Carlà
13
Einleitung
Roberta Medda-Windischer und Andrea Carlà
21
Parte I: Contesto generale / I. Teil: Allgemeiner Kontext
Migrazione, appartenenza e identità: verso il declino della cittadinanza?
Roberta Medda-Windischer
33
Parte II: Alto Adige / II. Teil: Südtirol
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione
per i territori abitati da minoranze tradizionali
Andrea Carlà
‘Nuove’ minoranze in Alto Adige/Südtirol: impatto sugli strumenti
a tutela delle ‘vecchie’ minoranze
Alessandro Pallaoro e Micaela Colletti
71
115
11
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 11
20.09.13 10:46

Parte III: Catalogna / III. Teil: Katalonien
Zwei Jahrzehnte Einwanderungspolitik in Katalonien (1993 – 2013).
Auf der Suche nach einer Weltanschauung
Vicent Climent-Ferrando
163
Anmerkungen zur Katalanischen Staatenbildung: Ein Ethnischer
oder Staatsbürgerlicher Prozess?
David Forniès
213
Appendice
Raccomandazioni per una cittadinanza civica in Alto Adige
Roberta Medda-Windischer e Andrea Carlà
235
Appendix
Empfehlungen für die Einführung der Zivilbürgerschaft in Südtirol
Roberta Medda-Windischer und Andrea Carlà
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 12
249
20.09.13 10:46
Introduzione
Roberta Medda-Windischer e Andrea Carlà
In Alto Adige, così come in Catalogna, le nuove minoranze giunte in seguito ai recenti
fenomeni di migrazione da paesi stranieri creano una situazione assai peculiare dovuta al fatto che i territori sono già di per sé caratterizzati dalla compresenza di comunità, rispettivamente, di lingua tedesca, italiana e ladina, e catalana, castigliana e aranese, nonché da una serie di provvedimenti e di misure adottate alfine di proteggere la
diversità culturale e regolare i rapporti tra le varie comunità linguistiche e tra esse e lo
Stato italiano e spagnolo.1 Più di recente tali peculiarità linguistiche, culturali e istituzionali, si trovano a interagire con la presenza di nuove comunità di persone con passato migratorio.2
Questa situazione differenzia l’Alto Adige e la Catalogna da molte altre regioni e province italiane e spagnole, e spinge le autorità altoatesine e catalane a elaborare un proprio approccio alla migrazione, adottando leggi e politiche specifiche che si affianchino
a quelle già adottate dallo stato centrale. L’obiettivo delle politiche della migrazione, infatti, è di gestire i flussi migratori garantendo alle persone i diritti umani fondamentali, e fornendo loro le migliori condizioni possibili per l’inclusione nella società. Inoltre,
in Alto Adige e Catalogna la politica della migrazione va affrontata tenendo conto delle
sue ricadute sui rapporti tra i diversi gruppi linguistici e le relazioni con lo stato centrale, nonché sul sistema giuridico-istituzionale realizzato in provincia di Bolzano e in
Catalogna per tutelare, rispettivamente, le comunità di lingua tedesca e ladina, e catalana e aranese.
Il presente volume e le raccomandazioni ivi contenute – rivolte alle autorità e alla
società altoatesine per migliorare la convivenza e l’inclusione in Alto Adige – sono
il frutto del lavoro congiunto fra i ricercatori dell’Istituto sui diritti delle minoranze
1
In particolare, sia l’Alto Adige sia la Catalognia hanno un’ampia autonomia politica e varie misure in
materia di politiche linguistiche.
2
In questa introduzione, così come nell’appendice finale, abbiamo deciso di evitare il più possibile
l’uso dei termini ‘immigrato’ o ‘migrante’, poiché nell’immaginario collettivo tali termini hanno
assunto una valenza negativa ed inoltre si è voluto evitare di categorizzare le persone in base alla
propria origine o stato sociale. Al loro posto abbiamo utilizzato espressioni come ‘persone che non
posseggono la cittadinanza italiana e vivono stabilmente in Alto Adige’, e ‘persone con passato
migratorio’.
13
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 13
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer e Andrea Carlà
presso l’Accademia europea di Bolzano/Bozen (EURAC) e del CIEMEN (Centre Internacional Escarré per a les minories ètniques i les nacions – Barcellona) svolto nel quadro
del progetto ALIAS (Autonomia, Lavoro e Integrazione in Alto Adige-Südtirol) finanziato dal Fondo Sociale Europeo, che si sono avvalsi della collaborazione di decisori politici, associazioni del terzo settore e operatori sociali sia in Alto Adige sia in Catalogna. Il
lavoro di ricerca prende spunto dall’esperienza della Catalogna che, pur nelle differenze
esistenti presenta alcune analogie demografiche e istituzionali con la provincia di Bolzano, ed è di particolare utilità per l’Alto Adige poiché il governo Catalano ha adottato,
nell’arco degli ultimi decenni, diversi provvedimenti innovativi – legislativi e non – per
affrontare la migrazione, e si distingue per i suoi metodi partecipativi che coinvolgono
ampi strati della società civile nello sviluppo di tali provvedimenti.
Il volume si articola intorno ad un concetto elaborato in seno all’Unione Europea e
già sperimentato da vari paesi e regioni – come la Catalogna – e precisamente il concetto di ‘cittadinanza civica’ o ‘cittadinanza residenziale’, pensati per promuovere una piena ed attiva inclusione delle persone che vivono in una comunità, in contrapposizione
ad una concezione formale della cittadinanza che limita la possibilità di appartenere
alla società, legandola ad identità particolaristiche.
Già all’indomani del Consiglio di Tampere del 1999, l’Unione Europea cominciò a lavorare sul concetto di ‘cittadinanza civica’, basato sull’idea di considerare il requisito
della residenza come criterio per allineare gradualmente i diritti e i doveri delle persone con passato migratorio – e fra questi anche il loro accesso ai beni, ai servizi e agli
strumenti di partecipazione civica – con quelli dei cittadini del paese in cui vivono, garantendo loro condizioni di pari opportunità e trattamento. In sostanza, una persona
proveniente da un Paese terzo, cioè non appartenente all’Unione europea, può acquisire
la cittadinanza civica, il cosiddetto status di soggiornante di lungo-periodo, dopo cinque anni di residenza in un paese dell’UE, venendo a godere di diritti paragonabili a
quelli dei cittadini comunitari, compreso il diritto della libera circolazione e di stabilimento in tutto il territorio dell’Unione. In questa prospettiva, l’integrazione delle persone con passato migratorio si può misurare in termini di diritti anziché di stato nominale della cittadinanza. Anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea
(2000) avente, tramite il Trattato di Lisbona (2009), il medesimo valore giuridico dei
trattati europei, è una fonte giuridica rilevante per sviluppare il concetto di cittadinanza civica, poiché comprende una serie di diritti fondamentali e di obblighi per chi proviene da Paesi terzi e risiede in uno stato membro. Analogamente, la direttiva UE
2003/109 – che disciplina lo stato legale di cittadini di Paesi terzi residenti di lungo periodo nell’Unione – stabilisce una condizione acquisibile da tali cittadini dopo cinque
14
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 14
20.09.13 10:46
Introduzione
anni di residenza legittima in uno degli stati membri. Tale condizione garantisce diritti di residenza permanente, di svolgimento di attività economiche e di tutela dall’espulsione. Una volta acquisita, inoltre, tale condizione consente di scegliere una nuova
residenza e svolgere attività economiche in uno stato membro diverso. Questo approccio è stato ribadito dalla Commissione europea nella “Comunicazione su immigrazione,
integrazione e occupazione” del 2003 e, nel 2005, nella relazione “Un Agenda comune
per l’integrazione” nella quale viene indicato fra gli obiettivi principali per l’inclusione
dei cittadini di Paesi terzi nell’Unione europea di “Valutare l’opportunità di elaborare un
concetto di cittadinanza civica per promuovere l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi, comprendente i diritti e doveri necessari che ne rafforzino il senso di appartenenza alla società”.
Analogamente al concetto di ‘cittadinanza civica’ sviluppato dall’Unione Europea,
la ‘cittadinanza residenziale’ elaborata dalla Catalogna è una cittadinanza simbolica,
intesa in senso civico e pluralista, che si applica sia alla popolazione locale, sia ai residenti che non hanno la cittadinanza spagnola che intendono stabilirsi nel territorio
catalano. In tal senso, tutti i residenti dovrebbero avere i medesimi diritti e responsabilità, e godere delle stesse garanzie in termini di diritti umani e pari opportunità, a prescindere dalla nazionalità e dalla propria condizione legale. La cittadinanza residenziale si basa sulla valorizzazione del pluralismo, sul principio di uguaglianza e sui doveri
civici come criteri di comportamento. Un elemento chiave del concetto elaborato in
Catalogna è che la coesione sociale tra i cittadini residenti è favorita dalla scelta di elevare il catalano a lingua pubblica comune e a veicolo di comunicazione sociale, economica, politica e culturale. Ne consegue che promuoverne la diffusione, la conoscenza e
l’uso diventa una responsabilità sociale condivisa. L’obiettivo del concetto di cittadinanza residenziale è di infondere nella popolazione con passato migratorio un senso
d’appartenenza alla comunità catalana, incoraggiandoli in tal modo a partecipare al
processo di formazione della nazione catalana.
Sia il concetto di cittadinanza civica descritto nei documenti dell’UE sia quello di
cittadinanza residenziale sviluppato in Catalogna rappresentano nuovi percorsi per
l’inclusione delle persone nelle società contemporanee, alla luce dei processi di globalizzazione e glocalizzazione, cioè di quei processi che affiancano agli aspetti di uno sviluppo globale, quelli della cultura locale, e l’emergere di dinamiche transnazionali che
segnano il superamento di identità sociali, culturali, linguistiche o religiose meramente limitate ai confini degli stati in favore della creazione di forme di appartenenza multiple e differenziate in una serie di comunità politiche.
Il volume si propone di presentare il concetto di cittadinanza civica e quello di cittadinanza residenziale come sviluppati in Catalogna, e di adattare tali concetti alle
15
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 15
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer e Andrea Carlà
caratte­risti­che dell’Alto Adige e all’ordinamento dello Stato italiano. La Catalogna,
infat­ti, pur avendo al proprio interno più lingue riconosciute (catalano, castigliano e
aranese), punta a dare priorità alla lingua catalana. In Alto Adige, invece, l’obiettivo è
quello di garantire uguaglianza fra le lingue italiana e tedesca, valorizzando al tempo
stesso la lingua ladina.
Il volume si apre con una riflessione teoretica di Roberta Medda-Windischer sui
concetti di identità nazionale, cittadinanza e condizione giuridica dei cittadini stranieri sviluppata attraverso un’analisi giuridico-politologica di decisioni, convenzioni e
trattati internazionali. L’autrice mette in evidenza che il concetto di cittadinanza nazionale, anche se minato dalle dinamiche legate alla globalizzazione, “rimane un fattore essenziale e stabile della vita contemporanea” in termini di “diritti politici e di eleggibilità, di previdenza e di impiego nel settore pubblico”. Tuttavia vi è al contempo un
progressivo “adattamento dell’ordinamento dello stato nazionale al nuovo contesto creato dall’immigrazione e dalla globalizzazione” tramite “l’aumentato riconoscimento
della cittadinanza multipla, la nascita di modelli sovranazionali di governo e di cittadinanza, tra cui la cittadinanza dell’UE”, e “il passaggio, nei regimi di cittadinanza, dallo
ius sanguinis allo ius soli e ius domicilii”. L’autrice analizza se tali nuove forme di cittadinanza possano essere lo strumento per includere e integrare effettivamente i cittadini
di paesi terzi e liberarli dalla condizione di non-cittadino o di ‘semicittadinanza’ che
spesso li caratterizza. Assumendo una concezione dell’identità nazionale non-etnica
(definita dalla volontà di appartenenza dei suoi membri piuttosto che da tratti quali la
lingua e la religione) Medda-Windischer vede soprattutto nel concetto di cittadinanza
basato sulla residenza e sulle appartenenze plurime “un potente strumento di inclusione per tutti coloro che hanno interessi e valori comuni e dunque anche per i cittadini di
Paesi terzi”.
Di seguito i contributi di Andrea Carlà e Alessandro Pallaoro presentano come il fenomeno della migrazione e l’arrivo di nuove comunità di persone con passato migratorio siano gestiti in Alto Adige; dalla loro analisi emerge chiaramente che il concetto di
cittadinanza civica o residenziale sia un’idea ancora poco sviluppata nel contesto altoatesino. Carlà combina un’analisi politologica dei discorsi politici sulla migrazione dei
maggiori partiti politici altoatesini con una descrizione delle competenze della Provincia altoatesina in materia di controllo del flusso migratorio e inclusione della popolazione con passato migratorio, ed alcune azioni intraprese dalla Provincia in questi settori, in particolare la prima legge provinciale in materia di integrazione della
popolazione con passato migratorio emanata alla fine del 2011. Carlà evidenzia come il
tema della migrazione in Alto Adige interagisca con la politica etnica locale e sia a volte
16
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 16
20.09.13 10:46
Introduzione
utilizzato in funzione di questa politica. Secondo l’autore questa situazione ha ritardato
lo sviluppo di un approccio organico alla migrazione e si riflette in parte sulle politiche
sulla migrazione altoatesine, sottolineando come “la diversità culturale dell’Alto Adige
e il suo sistema di tutela delle minoranze tradizionali non abbiano favorito lo sviluppo
di un ambiente pluralista che accolga l’arrivo di nuove comunità di migranti e le loro
culture.” Dall’analisi di Carlà emerge che le politiche altoatesine sulla migrazione sono
caratterizzate da una certa enfasi sulla conoscenza delle lingue e culture locali e da
proposte per selezionare le persone che migrano in Alto Adige e per regolare il loro accesso ad alcune prestazioni sociali.
L’analisi di Carlà è approfondita nel contributo di Alessandro Pallaoro, il quale valuta l’impatto della presenza delle ‘nuove minoranze’ createsi in seguito ai recenti processi migratori sui gruppi storici altoatesini, esaminando in dettaglio specifici aspetti
dell’ordinamento giuridico locale, quali l’obbligo di dichiarazione della propria appartenenza/aggregazione linguistica, l’accesso alle prestazioni abitative, alle provvidenze
sociali ed al lavoro nel settore pubblico, nonché lo strumento dell’azione civile antidiscriminatoria. Attraverso una dettagliata analisi giuridica, l’autore evidenzia come alla
luce di norme nazionali ed internazionali e decisioni di corti Europee e nazionali, alcune disposizioni altoatesine che introducono disparità di trattamento tra individui, cittadini italiani o europei o di Paesi terzi, appaiono “sempre meno attuali e coerenti”.
Le politiche sulla migrazione che caratterizzano l’Alto Adige si differenziano notevolmente da quelle sviluppate in Catalogna, analizzate nei contributi di Vicent Climent-Ferrando e David Forniès. Dopo aver fornito un quadro esaustivo della situazione
demografica e dell’andamento storico dei flussi migratori in Catalogna, Climent-Ferrando offre un’ampia disamina dell’approccio catalano alla migrazione, descrivendo i
vari documenti politici, leggi e azioni amministrative intraprese nel tempo dal governo locale. Evidenziando che la materia della migrazione in Catalogna è stata legata a
questioni sull’identità ed al progetto sulla creazione della nazione catalana, l’autore
mostra come all’interno dell’incerto quadro istituzionale spagnolo il governo Catalano
abbia cercato di estendere man mano le proprie competenze in materia di migrazione e
come in Catalogna la “filosofia pubblica” in materia di migrazione sia stata caratterizzata fin dall’origine da un approccio inclusivo nei confronti della popolazione con passato migratorio nonché rispettoso della loro diversità, con il suo apice nello sviluppo e
attuazione del concetto di cittadinanza residenziale descritto precedentemente.
Il concetto catalano di cittadinanza residenziale presentato da Climent-Ferrando è
strettamente legato alle caratteristiche del nazionalismo e identità nazionale catalana
che vengono analizzate da David Forniès nel suo contributo. L’autore dimostra come il
17
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 17
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer e Andrea Carlà
nazionalismo catalano non miri a creare una identità basata sull’etnia, bensì usi tratti
distintivi quali la lingua, la cultura, la storia per sviluppare un identità civica che permetta l’inclusione delle persone indipendentemente dal loro background ed origini etniche e nazionali. In questo modo, secondo l’autore, il nazionalismo catalano mette in
discussione la dicotomia fra nazionalismo etnico e nazionalismo civico, trasformando
un elemento etnico come la conoscenza della lingua catalana in strumento per l’inclusione e la piena partecipazione sociale. Basandosi su dati elettorali e sondaggi d’opinione sul grado di identificazione con la nazione catalana e l’appoggio alle richieste di indipendenza per la Catalogna, l’autore analizza se questa idea di nazione abbia avuto
effettivamente successo e pone degli interrogativi sul futuro della diversità linguistica
e del multi-linguismo in un eventuale stato catalano.
Alla luce dell’esperienza catalana e delle politiche sulla migrazione attuate in Alto
Adige, analizzate nelle pagine seguenti, il volume si conclude con una serie di raccomandazioni per adattare il concetto di cittadinanza civica al contesto altoatesino (Raccomandazioni per una cittadinanza civica in Alto Adige). Nel caso dell’Alto Adige, viene proposta una cittadinanza civica intesa come patto sociale volontario offerto a tutti coloro
che abitano stabilmente in Alto-Adige, basato sul rispetto e la valorizzazione delle diversità, sulla promozione dell’uguaglianza, sulla non discriminazione, e su una cultura
del civismo in cui la coesione sociale in seno alla cittadinanza scaturisca dalla consapevolezza e dall’accettazione delle specificità della società altoatesina, vale a dire il suo
bi- o trilinguismo, la sua struttura istituzionale, e il suo assetto storico e culturale. È
nostra opinione che tale consapevolezza e accettazione, intesa come responsabilità civica, consentirebbe alla popolazione tutta di partecipare pienamente alla società, creando così i presupposti per sviluppare un senso comune di appartenenza al territorio.
La cittadinanza civica ha prevalentemente un valore simbolico, ma allo stesso tempo
implica potenziali ricadute sostanziali. L’introduzione di una cittadinanza civica presuppone, infatti, una generale posizione condivisa da parte della politica e della società altoatesina rispetto all’accoglienza e all’inclusione di ogni individuo che risiede o intende
risiedere stabilmente in Alto Adige. Il simbolismo della cittadinanza civica è strettamente legato alla volontà e all’impegno della società altoatesina di promuovere la diversità ed
il principio di uguaglianza, e quindi avvicina alla comunità coloro che non posseggono
ancora la cittadinanza italiana e che in essa vivono stabilmente. Alla stesso tempo, la
cittadinanza civica influenza i comportamenti individuali e collettivi con il fine di migliorare la convivenza, ed in tal modo produce effetti positivi per l’intera società.
Inoltre, la cittadinanza civica è trasversale, cioè viene offerta a tutta la popolazione
altoatesina, e rappresenta uno strumento di “identità progettuale”, intesa come un
18
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 18
20.09.13 10:46
Introduzione
obiettivo comune che tutti coloro che abitano stabilmente in Alto Adige, qualunque sia
il loro background culturale, linguistico o religioso, possono partecipare a delineare e a
considerare come proprio.3 La cittadinanza civica è un opportunità di dialogo sul futuro dell’Alto Adige e su cosa significa essere altoatesino; dialogo a cui anche coloro che
non posseggono la cittadinanza italiana possono partecipare in condizione di parità
con tutti gli abitanti altoatesini.
In questo senso, il concetto di cittadinanza civica che immaginiamo per l’Alto Adige è collegato e funzionale allo sviluppo di un’identità territoriale in Alto Adige, un processo di identificazione che prescinde dall’appartenenza etnica, ma si basa sul senso di
appartenenza al medesimo territorio e ad un’organizzazione politica comune, sulla
consapevolezza condivisa delle caratteristiche storiche e linguistiche di questa provincia, sulla condivisione di determinati valori e simboli trasversali e sul senso di condivisione di un destino che accomuna ogni individuo agli altri membri della comunità.
Tale senso di identità territoriale – che per alcuni osservatori sarebbe già implicito nel
concetto di autonomia integrale (Vollautonomie) sviluppato da Richard Theiner, segretario politico della Südtiroler Volkspartei – creerebbe un legame fra tutti gli abitanti
dell’Alto Adige, siano essi di lingua italiana, tedesca o ladina, o persone con passato migratorio. Sulla scorta del modello della cittadinanza europea, tale identità territoriale si
affiancherebbe al senso individuale di appartenenza specifica ad una comunità linguistica, etnica o religiosa. In altri termini, si tratta di un’identità collettiva che si affianca
alle identità individuali e multiple, senza cancellarle, ma rispettandole e tutelandole.
Così come intesa in questo volume, la cittadinanza civica diventa uno strumento
per valorizzare le pluri-identità degli individui e sviluppare conseguentemente una
nuova politica di convivenza e partecipazione con il coinvolgimento di tutti coloro che
vivono stabilmente in Alto Adige. La migrazione richiede, infatti, di ricalibrare diritti,
responsabilità, e forme di partecipazione di coloro che vivono stabilmente in provincia
alla luce della presenza di nuove culture e nuove forme di diversità. La cittadinanza civica segna l’avvio di un processo di dialogo per sviluppare una visione comune della
società altoatesina, creare una comunità più armonica e favorire una maggiore convivenza. L’auspicio è che la cittadinanza civica presentata in questo volume diventi il catalizzatore di una nuova società caratterizzata dalla valorizzazione di pluri-identità ed
il superamento di divisioni basate su identità particolaristiche: la cittadinanza civica
come potenziale strumento per raggiungere la completa integrazione di tutta la popolazione altoatesina al di là delle nuove e storiche divisioni culturali e linguistiche.
3
M. Castells, Il potere delle identità (Milano, EGEA, Università Bocconi Editore, 2008).
19
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 19
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer e Andrea Carlà
Gestire adeguatamente la migrazione e la convivenza di gruppi culturalmente differenti, come anche riflettere sull’identità e il senso d’appartenenza, sono sfide molto
complesse, a maggior ragione in un territorio come l’Alto Adige dove esistono gruppi
linguistici storicamente presenti. La riforma dello Statuto di autonomia della Provincia
di Bolzano, invocata da più parti come necessario passaggio per adeguare questo importante strumento giuridico alle sfide, presenti e future, che la società altoatesina
deve affrontare, potrebbe essere l’occasione per introdurre nel dibattito politico e pubblico un’importante, e ormai imprescindibile, interlocutore composto dalle diverse comunità di individui che, forse, non vantano dei vincoli ‘storici’ con il territorio, ma che
hanno eletto l’Alto Adige come centro della loro esistenza o, come nel caso delle seconde
o terze generazioni, dove sono nati e cresciuti, e in cui, pertanto, si sentono parti integranti a tutti gli effetti. Ad essi la politica e la società altoatesina dovrà necessariamente aprirsi al dialogo per colmare quella distanza che, alla lunga, potrebbe condurre ad
un senso di scollamento e alienazione non favorevole a quella pace sociale che questo
territorio, pur con tante difficoltà e in modo non sempre lineare, è riuscito a mantenere
fra i gruppi storicamente presenti, sebbene culturalmente diversi e con un passato
stori­co divisivo, dando prova di apertura al dialogo e al reciproco accomodamento. Il
nostro­augurio è di contribuire a migliorare la comprensione e la capacità dei decisori
politici e degli amministratori nonché della società civile nel suo complesso nell’affrontare al meglio tali sfide.
20
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 20
20.09.13 10:46
Einleitung
Roberta Medda-Windischer und Andrea Carlà
Die Zuwanderung neuer Minderheiten aus anderen Ländern stellt Länder wie Südtirol
und Katalonien vor ungewöhnliche Herausforderungen. Zum Einen, weil in beiden Gebieten bereits historisch gewachsene Sprachgemeinschaften leben (deutsche, italienische und ladinische in Südtirol, katalanische, kastilische und aranesische in Katalonien), und zum Anderen, weil hier wie dort in den letzten Jahrzehnten eine Reihe von
Maßnahmen zum Schutz der kulturellen Vielfalt sowie zur Regelung der Beziehungen
unter den verschiedenen Sprachgemeinschaften sowie zwischen ihnen und dem Zentralstaat (Italien und Spanien) getroffen wurden.4 Heute treffen diese sprachlichen, kulturellen und institutionellen Besonderheiten auf neue Gemeinschaften aus Personen
mit Migrationshintergrund.5
Aufgrund dieser Besonderheiten weisen Südtirol und Katalonien im Vergleich zu
sonstigen italienischen und spanischen Regionen erhebliche Unterschiede auf, was die
beiden Landesregierungen zur Verabschiedung eigener Gesetze und zur Gestaltung einer eigenen Migrationspolitik zur Ergänzung der gesamtstaatlichen Gesetzgebung veranlasst hat. Die Migrationspolitik soll zum einen den Umgang mit den Migrationsströmen regeln und zum anderen die bestmöglichen Voraussetzungen für die Inklusion
der neuen Bürgerinnen und Bürger in die Gesellschaft des Aufnahmelandes schaffen.
In Südtirol und in Katalonien muss Migrationspolitik darüber hinaus die Auswirkungen auf die Verhältnisse unter den historisch gewachsenen Sprachgruppen und zwischen solchen und dem Zentralstaat, sowie die bereits geltende lokale Gesetzgebung
zum Schutz der deutschen und ladinischen bzw. der katalanischen und aranesischen
Sprachgruppen berücksichtigen.
4
Beide Länder, also Südtirol und Katalonien, genießen einen weitgehend autonomen Status im
Bereich Minderheiten und Sprachpolitik.
5
Ebenso wie im Anhang haben die Verfasser in dieser Einführung versucht, Begriffe wie „Einwanderer” oder „Migrant” so wenig wie möglich zu verwenden, weil diese im allgemeinen Sprachgebrauch
einen negativen Beigeschmack haben und weil man absichtlich vermeiden wollte, Menschen
aufgrund ihrer Herkunft oder sozialen Zugehörigkeit einzustufen. Definitionen wie „langfristig in
Südtirol lebende Personen ohne italienische Staatsangehörigkeit“ oder „Menschen mit Migrationshintergrund“ scheinen den Verfassern angemessener.
21
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 21
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer und Andrea Carlà
Der vorliegende Band und die Empfehlungen an die Südtiroler Landesbehörden zur
Verbesserung des Zusammenlebens und der Inklusion in Südtirol entstanden aus der
gemeinsamen Forschungsarbeit des Instituts für Minderheitenrecht der Europäischen
Akademie Bozen (EURAC) und des CIEMEN (Centre Internacional Escarré pe a les minories ètniques i les nacions – Barcelona) im Rahmen des vom Europäischen Sozialfonds finanzierten ALIAS-Projektes (Autonomie, Arbeit und Integration in Südtirol). An
der Ausarbeitung des Bandes waren in Südtirol wie in Katalonien politische Entscheidungsträger, ehrenamtliche Vereine und soziale Akteure beteiligt. Die Forschungsarbeit ging von der Erfahrung der autonomen Region Katalonien aus, die trotz etlicher
Unterschiede eine Reihe demographischer und institutioneller Ähnlichkeiten zu Südtirol aufweist und deshalb ein sinnvolles Vorbild sein kann. Katalonien hat in den letzten Jahrzehnten im Umgang mit dem Migrationsphänomen zahlreiche Gesetzes- und
Verwaltungsmaßnahmen getroffen und zeichnet sich heute durch innovative Partizipationsmodelle und eine umfassende Beteiligung der Bevölkerung an der Gestaltung
der Migrationspolitik aus.
Im Mittelpunkt dieser Forschungsergebnisse steht ein in der Europäischen Union
ausgearbeitetes und schon vielerorts – wie in Katalonien – umgesetztes Konzept, nämlich die sogenannte ‘Zivilbürgerschaft’ bzw. ‘Wohnbürgerschaft’. Hinter diesem Begriff
steht der Wille zur vollständigen und aktiven Inklusion aller Menschen, die in einer
Gemeinschaft leben, im Gegensatz zum formellen Grundsatz der Staatsangehörigkeit,
der für die Zugehörigkeit zu einer Gesellschaft besondere Identitätsanforderungen voraussetzt.
Im Anschluss an den Europäischen Rat von Tampere (1999) begannen die Organe
der Europäischen Union am Konzept einer Zivilbürgerschaft zu arbeiten. Diesem Begriff liegt der Gedanke zugrunde, Pflichten und Rechte von langfristig ansässigen Personen ohne Staatsangehörigkeit – darunter auch den Zugang zu öffentlichen Gütern
und Dienstleistungen sowie zur bürgerlichen Partizipation – an jene der Staatsangehörigen schrittweise und auf dem Grundsatz der Chancen- und Behandlungsgleichheit
anzugleichen. Im Wesentlichen geht es darum, Bürgerinnen und Bürgern aus Drittländern – d. h. aus Nicht-EU-Staaten – nach fünf Jahren Ansässigkeit in einem EU-Land
die Zivilbürgerschaft, den sogenannten Status des ‘langfristig aufenthaltsberechtigten
Drittstaatsangehörigen’ einzuräumen. Dadurch erhalten diese Personen vergleichbare
Rechte wie EU-Bürger, darunter auch Freizügigkeit und Niederlassungsfreiheit im gesamten EU-Gebiet. Von diesem Blickpunkt aus gesehen steht für die Integration von
Menschen mit Migrationshintergrund nicht mehr der formelle Status der Staatsan­
gehörigkeit, sondern der Zugang zu bestimmten Rechten im Vordergrund. Auch die
22
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 22
20.09.13 10:46
Einleitung
Charta der Grundrechte der Europäischen Union (2000), die durch den Vertrag von
Lissa­bon denselben Rechtswert aller europäischen Verträge erhalten hat, bildet eine
wichtige Rechtsquelle in der Entwicklung der Zivilbürgerschaft, sieht sie doch eine
Reihe von Grundrechten und Pflichten für jene Menschen vor, die aus einem Drittland
stammen und in einem Mitgliedsstaat ansässig sind. Die EU-Richtlinie 2003/109, die
den Rechtsstatus von in der EU langfristig aufenthaltsberechtigten Drittlandsangehörigen regelt, legt ebenfalls einen Status fest, den diese Bürger nach fünf Jahren rechtsmäßiger Ansässigkeit in einem der Mitgliedstaaten erlangen. Dieser Status umfasst
das Recht auf unbegrenzten Wohnaufenthalt, auf Ausübung wirtschaftlicher Tätigkeiten und auf Schutz vor Ausweisung. Hat man diesen Status erlangt, so kann man in
einem anderen Mitgliedsstaat den Wohnsitz wählen oder einer wirtschaftlichen Tätigkeit nachgehen. Dieser Ansatz wurde auch von der Europäischen Kommission in der
“Mitteilung über Einwanderung, Integration und Beschäftigung” (2003) sowie in der
“Gemeinsamen Agenda für die Integration” (2005) bestätigt. Dieser Bericht nennt als
eines der Hauptziele für die Inklusion von Menschen aus anderen Ländern in die Europäische Union die „Entwicklung einer Zivilbürgerschaft zur Förderung der Integration von Bürgerinnen und Bürgern aus anderen Ländern die alle zur Stärkung des Zugehörigkeitsgefühls zur
Gesellschaft des Aufnahmelandes notwendigen Rechte und Pflichten umfassen soll“.
Analog zum Begriff der Zivilbürgerschaft in der Europäischen Union ist auch die in
Katalonien entwickelte ‘Wohnbürgerschaft’ ein symbolischer Status im bürgerlichen
und pluralistischen Sinne, der sowohl für die einheimische Bevölkerung als auch für
die Einwohner ohne spanische Staatsangehörigkeit gilt, die sich in Katalonien niederzulassen gedenken. Damit einher geht der Grundsatz, dass alle im Land ansässigen
Personen unabhängig von der jeweiligen Staatsangehörigkeit gleiche Rechte, gleiche
Verantwortung und dieselben Garantien hinsichtlich der Menschenrechte und der
Chancengleichheit haben sollen. Die katalanische Wohnbürgerschaft beruht auf der
Wertschätzung des Pluralismus, dem Gleichheitsprinzip sowie den bürgerlichen
Pflichten als Verhaltenskriterien. Ein Schlüsselelement im katalanischen Modell ist,
dass der soziale Zusammenhalt in der Wohnbevölkerung dadurch gestärkt wird, dass
das Katalanische zur gemeinsamen Amtssprache sowie zum Instrument für soziale,
wirtschaftliche, politische und kulturelle Kommunikation erhoben wird. Die Verbreitung, Kenntnis und aktive Nutzung des Katalanischen wird somit zu einer von allen
Ansässigen mitgetragenen sozialen Verantwortung. Ein Hauptziel der Wohnbürgerschaft liegt darin, den Menschen mit Migrationshintergrund das Zugehörigkeitsgefühl
zur katalanischen Gemeinschaft zu vermitteln. Dadurch fühlen sich alle dazu veranlasst, sich an der Bildung der katalanischen Nation zu beteiligen.
23
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 23
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer und Andrea Carlà
Die in den EU-Verträgen beschriebene Zivilbürgerschaft sowie die in Katalonien
entwickelte Wohnbürgerschaft stellen jeweils neue Wege zur Inklusion von Personen
in zeitgenössischen Gesellschaften dar, umso mehr angesichts der Globalisierung- und
Glokalisierungsprozesse, d. h. in einer Situation, in der sich neben den weltweiten Entwicklungstendenzen auch die lokale Kultur sowie die Entstehung transnationaler Prozesse abzeichnen. In diesen Prozessen treten soziale, kulturelle und sprachliche Identitäten in Verbindung mit Ländergrenzen in den Hintergrund, während multiple und
differenzierte Zugehörigkeitsformen zur politischen Gemeinschaft die Hauptrolle spielen.
Ein Ziel des vorliegenden Bandes liegt also darin, den Gedanken der Zivil- bzw.
Wohnbürgerschaft an die Besonderheiten Südtirols und an die italienische Rechtsordnung anzupassen. Obwohl es in Katalonien mehrere offiziell anerkannte Sprachen gibt
(Katalanisch, Kastilisch und Aranesisch), wird dort das Katalanische als vorrangige
Sprache betrachtet. Anders verhält es sich in Südtirol, wo die Gleichheit zwischen
Deutsch und Italienisch sowie die Aufwertung des Ladinischen angestrebt werden.
Den ersten Teil des Bandes bildet eine von Roberta Medda-Windischer verfasste theoretische Behandlung der Begriffe ‘nationale Identität’, ‘Bürgerschaft’ und ‘Rechtsstatus’ ausländischer Bürger. Einschlägige Entscheidungen, Vereinbarungen und internationale Verträge werden dabei juristisch und politologisch erörtert. Die Verfasserin
zeigt, dass der Begriff der Staatsbürgerschaft trotz der Entwicklungsdynamik der Globalisierung nach wie vor einen wichtigen und stabilen Faktor des zeitgenössischen Lebens hinsichtlich der politischen Rechte, des passiven Wahlrechts, der Altersversicherung und der Beschäftigung im öffentlichen Dienst darstellt. Gleichzeitig ist aber eine
ständige Anpassung der nationalstaatlichen Rechtsordnungen an die neuen Verhältnisse im Zuge der Migration und Globalisierung zu beobachten, wie beispielsweise die
zunehmende Anerkennung mehrfacher Staatsangehörigkeiten, die Entstehung übernationaler Regierungs- und Bürgerschaftsmodelle (darunter auch die EU-Bürgerschaft)
und der Übergang vom Grundsatz des jus sanguinis zu jenem des ius soli bzw. jus domicilii
in der Regelung der Staatsbürgerschaft. Die Verfasserin fragt sich, ob solche neue Bürgerschaftsformen ein geeignetes Instrument zur effektiven Inklusion und Integration
von Bürgern aus sogenannten Drittstaaten und zu deren Befreiung aus ihrem heutigen
Status von Nicht-Bürgern oder Halb-Bürgern darstellen können. Roberta Medda-Windischer fasst dabei den Begriff von nationaler Identität in betont nicht-ethnischer Hinsicht auf, also mehr als Wille zur Zugehörigkeit seitens ihrer Mitglieder als Ausdruck
von individuellen Aspekten wie Sprache oder Religion. Die Verfasserin geht von einer
Bürgerschaft aus, die auf dem Wohnsitz und der mehrfachen Zugehörigkeit beruht,
24
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 24
20.09.13 10:46
Einleitung
und sieht darin ein wirksames Instrument zur Inklusion all jener Menschen, die gemeinsame Werte und Anliegen teilen, und damit auch für Bürger aus Drittländern.
Es folgen die Beiträge von Andrea Carlà und Alessandro Pallaoro, die den Umgang
der Südtiroler Behörden mit dem Migrationsphänomen und der Ankunft neuer Gemeinschaften von Personen mit Migrationshintergrund beschreiben. Aus dieser Analyse geht eindeutig hervor, dass der Gedanke der Zivil- oder Wohnbürgerschaft in Südtirol noch weitgehend in den Kinderschuhen steckt. Neben einer politologischen
Analyse von politischen Stellungnahmen zum Migrationsphänomen seitens der wichtigsten Parteien des Landes beschreibt Carlà die Zuständigkeiten der Autonomen Provinz Bozen im Bereich Kontrolle der Migrationsströme und Inklusion von Menschen
mit Migrationshintergrund sowie einige Maßnahmen des Landes auf diesem Gebiet,
allen voran das erste einschlägige Landesgesetz, das der Südtiroler Landtag Ende 2011
verabschiedet hat. Andrea Carlà unterstreicht, wie sich das Thema Migration in Südtirol mit der örtlichen Volkstumspolitik überschneidet und mitunter als Argument für
Letztere herangezogen wird. Nach Ansicht des Verfassers hat dieser Umstand einen
weitblickenden Ansatz in der Migrationspolitik verzögert und die in Südtirol getroffenen Maßnahmen in diesem Bereich beeinflusst. Die kulturellen Besonderheiten Südtirols und sein System zum Schutz der historisch gewachsenen Minderheiten haben die
Schaffung einer pluralistischen Denkweise erschwert, die für die Aufnahme neuer Migrantengemeinschaften und deren Kulturen erforderlich wäre. Wie aus der Analyse
von Andrea Carlà hervorgeht, zeichnet sich die bisherige Südtiroler Migrationspolitik
dadurch aus, dass einerseits der Kenntnis der örtlichen Sprachen und Kulturen ein hoher Stellenwert beigemessen wird, und andererseits die Versuchung besteht, Migranten aufgrund ihrer Herkunft auszuwählen und deren Zugang zu bestimmten Sozialleistungen einzuschränken.
Alessandro Pallaoro geht in seinem Beitrag von der Analyse des Kollegen Andrea
Carlà aus und fragt sich, wie sich die ‘neuen’ Minderheiten, die durch die neuesten Migrationsbewegungen entstanden sind, auf die historisch gewachsenen Bevölkerungsgruppen auswirken. Insbesondere nimmt er bestimmte Detailaspekte der örtlichen
Rechtsordnung unter die Lupe, wie etwa die obligatorische Sprachgruppenzugehörigkeitserklärung, den Zugang zu Sozialwohnungen und sonstigen Sozialleistungen, die
Beschäftigung im öffentlichen Dienst sowie die zivilrechtliche Klage gegen Diskriminierungshandlungen. In einer ausführlichen rechtswissenschaftlichen Erörterung
zeigt Alessandro Pallaoro, wie angesichts nationaler und internationaler Normen sowie zahlreicher Urteile europäischer und nationaler Gerichte einige Südtiroler Bestimmungen, die eine Ungleichbehandlung zwischen italienischen oder EU-Bürgern und
25
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 25
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer und Andrea Carlà
Personen aus Drittländern mit sich bringen, nicht mehr zeitgerecht und wenig rechtmäßig erscheinen.
Wesentlich anders als in Südtirol gestaltet sich die Migrationspolitik Kataloniens,
die in den Beiträgen von Vicent Climent-Ferrando und David Forniès beschrieben wird.
Nach einer eingehenden Analyse der demographischen Lage und der historischen Entwicklung der Migrationsströme in Katalonien setzt sich Vicent Climent-Ferrando mit
dem migrationspolitischen Ansatz Kataloniens auseinander. Ausführlich beschrieben
werden dabei verschiedene politische Arbeitspapiere, Gesetze und Verwaltungsmaßnahmen, die im Laufe der Zeit von der katalanischen Regierung verabschiedet wurden.
Das Thema Migration ist in Katalonien eng mit der Frage der Identität sowie der Bildung der katalanischen Nation verbunden. Der Verfasser zeigt, wie innerhalb des unsicheren institutionellen Rahmens Spaniens die katalanische Regierung versucht hat,
die eigenen Zuständigkeiten auf dem Gebiet der Migrationspolitik schrittweise auszubauen, und wie in Katalonien die Einstellung der Öffentlichkeit zum Thema Migration
seit jeher durch den Willen zur Inklusion von Menschen mit Migrationshintergrund
und den Respekt ihres Andersseins gekennzeichnet war. Ihren Höhepunkt erreichte
diese Einstellung mit der Entwicklung und Umsetzung des bereits erwähnten Konzepts der ‘Wohnbürgerschaft’.
Der hier von Vicent Climent-Ferrando beschriebene Begriff der Wohnbürgerschaft
hängt sehr eng mit der Idee der katalanischen Nation und Identität zusammen, mit der
sich David Forniès in seinem Beitrag befasst. Der katalanische Nationalismus plädiert
für eine katalanische Identität, die nicht auf ethnischen Merkmalen beruht, sondern
durch bestimmte Grundzüge wie Sprache, Kultur und Geschichte entwickelt wird und
in eine bürgerliche Identität mündet, die eine Inklusion aller Bürgerinnen und Bürger
unabhängig von ihrer ethnischen und nationalen Herkunft ermöglicht. In diesem Sinne wird nach Ansicht des Verfassers im katalanischen Nationalismus die Trennung
von ethnischem und bürgerlichem Nationalismus in Frage gestellt. Ein ethnisches Element wie die Kenntnis der katalanischen Sprache wird dabei zum entscheidenden Instrument für die Inklusion und die volle soziale Beteiligung aller Bürger. Ausgehend
von Wahlergebnissen sowie von Umfragen über die Identifikation der Bevölkerung mit
der katalanischen Nation und mit der Unterstützung der katalanischen Unabhängigkeitsbestrebungen stellt sich der Verfasser die Frage, ob diese Vorstellung von Nation
erfolgreich war, und wie es um die Zukunft der Mehrsprachigkeit in einem eventuellen
unabhängigen Katalonien bestellt wäre.
Vor dem Hintergrund der bisherigen migrationspolitischen Erfahrungen in Katalonien und in Südtirol, die noch einmal zusammenfassend aufgegriffen werden, schließt
26
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 26
20.09.13 10:46
Einleitung
der vorliegende Band mit einer Reihe gezielter Empfehlungen zur Umsetzung des
Grundgedankens der Zivilbürgerschaft im besonderen Kontext der Autonomen Provinz
Bozen (Empfehlungen für die Einführung der Zivilbürgerschaft in Südtirol). Für Südtirol wird
dementsprechend eine Zivilbürgerschaft nahegelegt, die als freiwilliger sozialer Pakt
unter allen im Land langfristig ansässigen Personen zu verstehen ist. Dieser Pakt beruht auf der Anerkennung und Wertschätzung der Vielfalt, der Förderung der Gleichheit, der Nicht-Diskriminierung und dem Bürgersinn. Sozialer Zusammenhalt unter
allen Bürgerinnen und Bürgern unabhängig von ihrer Herkunft entsteht durch das Bewusstsein für und die Identifikation mit den Besonderheiten der Südtiroler Gesellschaft, insbesondere ihrer Zwei- bzw. Dreisprachigkeit, ihrer institutionellen Struktur
sowie ihren kulturellen und historischen Wurzeln. Dieses Bewusstsein und diese
Identifikation (im Sinne bürgerlicher Verantwortung) binden – wie die Verfasser meinen – alle in das Gesellschaftsleben ein und sind dadurch die Basis für die Entwicklung
eines gemeinsamen Gefühls der Zugehörigkeit zu Südtirol.
Obwohl die Zivilbürgerschaft einen vorwiegend symbolischen Wert hat, sind ihre
potentiellen Auswirkungen äußerst wichtig. Die Einführung einer Zivilbürgerschaft
setzt nämlich eine allgemein mitgetragene Überzeugung der Südtiroler Politiker und
der Gesellschaft zugunsten der Aufnahme und Inklusion jedes einzelnen Menschen
voraus, der in Südtirol langfristig ansässig ist bzw. sein möchte. Der symbolische Wert
der Zivilbürgerschaft hängt also eng mit dem Willen und dem Einsatz der Südtiroler
Bevölkerung zusammen, Vielfalt aufzuwerten und Gleichheit zu garantieren. Dadurch
werden jene, die langfristig im Land leben, aber noch keine italienische Staatsangehörigkeit besitzen, viel stärker in die Gemeinschaft eingebunden. Gleichzeitig beeinflusst
die Zivilbürgerschaft das individuelle und kollektive Verhalten, verbessert das Zusammenleben und hat positive Auswirkungen auf die gesamte Gesellschaft.
Die Zivilbürgerschaft ist ferner bevölkerungsübergreifend konzipiert, d. h. sie gilt
für die gesamte Gesellschaft Südtirols und erzeugt bei allen Bürgerinnen und Bürgern
eine “Projektidentität”,6 denn aus ihr entsteht eine Art gemeinsames Ziel, mit dem sich
wirklich alle langfristig in Südtirol lebenden Menschen unabhängig von ihrer Kultur,
Sprache oder Religion identifizieren können. Die Zivilbürgerschaft ist somit eine Chance, die Zukunft Südtirols und die Identität der Südtiroler gemeinsam und in einem Dialog aufzubauen, an dem sich auch Menschen ohne italienische Staatsbürgerschaft
gleichberechtigt mit der einheimischen Bevölkerung beteiligen können.
6
M. Castells, Il potere delle identità (Milano, EGEA, Università Bocconi Editore, 2008).
27
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 27
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer und Andrea Carlà
Die für Südtirol angedachte Zivilbürgerschaft ist somit eng mit der Entwicklung einer gemeinsamen Südtiroler Identität unabhängig von ethnischen Zugehörigkeiten
verbunden. Dieser gemeinsamen Identität liegen das Zugehörigkeitsgefühl zu einem
Gebiet und zu einer gemeinsamen politischen Organisation sowie ein gemeinsames
Bewusstsein für die historischen und sprachlichen Besonderheiten und auch das Gefühl eines untrennbaren Schicksals zugrunde. Eine solche gemeinsame territoriale
Identität, wie sie für einige Beobachter bereits in dem von Richard Theiner (Obmann
der Südtiroler Volkspartei) entwickelten Modell der Vollautonomie impliziert ist, würde
alle Bewohner Südtirols unabhängig von ihrer Sprache und ihrem eventuellen Migrationshintergrund vereinen. Nach dem Modell der Europäischen Bürgerschaft käme
diese territoriale Identität zum individuellen Zugehörigkeitsgefühl hinzu, das Menschen bereits aufgrund ihrer jeweiligen sprachlichen, ethnischen und religiösen Herkunft haben. Diese gemeinsame Identität entsteht also neben individuellen und multiplen Identitäten. Keine löscht die andere aus, sondern sie bestehen nebeneinander
und stärken sich gegenseitig.
Die in diesem Band beschriebene Zivilbürgerschaft fördert die Aufwertung der
mehrfachen Identität einzelner Menschen und damit eine neue Politik des Zusammenlebens, an der alle in Südtirol langfristig lebenden Personen beteiligt sind. Das Migrationsphänomen erfordert auch in Südtirol eine systematische Überprüfung der Systemgrundlagen, der Rechte, der Verantwortung und der Beteiligungsformen für alle
im Land ansässigen Menschen vor dem Hintergrund der neuen kulturellen Vielfalt.
Die Einführung der Zivilbürgerschaft ist somit der Ausgangspunkt für einen neuen
Verhandlungsprozess zur Entwicklung eines gemeinsamen Südtirolbildes, zur Schaffung einer harmonischeren Gemeinschaft und zur Förderung des interaktiven Zusammenlebens. Der Wunsch der Verfasser ist es, dass die hier beschriebene Zivilbürgerschaft zum Katalysator einer neuen Gesellschaft wird, in der Mehrfachidentitäten
aufgewertet und identitätsbezogene Trennungen überwunden werden. In diesem Sinne könnte die Zivilbürgerschaft die volle Integration der gesamten Südtiroler Bevölkerung jenseits alter und neuer kultureller und sprachlicher Trennungen ermöglichen.
Ein angemessener Umgang mit Migration und das Zusammenleben kulturell unterschiedlicher Gruppen sind – ebenso wie Debatten zur Identität und zur Zugehörigkeit – sehr heikle Themen, vor allem in Gebieten wie Südtirol, in denen historisch gewachsene Minderheiten leben. Inzwischen plädieren immer mehr Experten und
Beobachter für eine Reform des Südtiroler Autonomiestatuts, die zur Anpassung dieses
wichtigen Rechtsinstituts an die heutigen und künftigen Herausforderungen für die
Südtiroler Gesellschaft erforderlich wären. Diese Reform könnte die Chance bieten,
28
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 28
20.09.13 10:46
Einleitung
e­ inen wichtigen, ja mittlerweile unerlässlichen ‘Partner’ an der politischen und öffentlichen Auseinandersetzung zu beteiligen, nämlich die Vertreter von Gemeinschaften
und Individuen, die vielleicht keine ‘historisch gewachsene’ Verbindung mit Südtirol
haben, dieses Land aber als den Mittelpunkt ihres Lebens gewählt haben bzw. – wie bei
der zweiten und dritten Generation – hier geboren und aufgewachsen sind und sich
deshalb voll und ganz als Bestandteil der lokalen Gesellschaft betrachten. Nicht nur die
Politiker, sondern die gesamte Südtiroler Bevölkerung muss sich diesen Mitbürgern im
Dialog öffnen und die bestehende Kluft schließen. Die Entfremdung, die sonst aus dieser Kluft langfristig entstehen könnte, würde jenen sozialen Frieden gefährden, den
Südtirol – wenn auch mit großer Mühe und nicht ohne gelegentliche Rückschläge –
zwischen den historisch gewachsenen Bevölkerungsgruppen trotz der kulturellen und
historischen Unterschiede herzustellen vermochte. Die jüngste Geschichte Südtirols
zeigt, dass die Fähigkeit zum Dialog und zum gegenseitigen Entgegenkommen durchaus gegeben ist. Wir hoffen, mit diesem Band ein besseres Verständnis für dieses Thema zu fördern und politische Entscheidungsträger sowie die gesamte Zivilgesellschaft
in die Lage zu versetzen, diesen neuen Herausforderungen möglichst wirksam und erfolgreich zu begegnen.
29
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 29
20.09.13 10:46
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 30
20.09.13 10:46
Parte I
Contesto generale
I. Teil
Allgemeiner Kontext
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 31
20.09.13 10:46
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 32
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
Migrazione, appartenenza
e identità: Verso il declino
­della cittadinanza?1
Roberta Medda-Windischer 2
Introduzione
Il tema dell’identità, lealtà e appartenenza, unitamente a quello sulla cittadinanza e
sulla condizione giuridica dei cittadini stranieri, si ripropone continuamente nel dibattito sulla migrazione e, più in generale, nel rapporto tra maggioranze e minoranze. Numerosi documenti dell’UE hanno cercato di colmare il divario esistente fra cittadini
degli stati dell’Unione europea ed i cittadini di stati non appartenenti all’Unione europea, i cosiddetti cittadini di Paesi terzi, e conseguentemente, il divario tra cittadini e
stranieri non è più così netto come un tempo. Fin dal 1999, il Consiglio Europeo di Tampere ha dichiarato, a questo proposito, che l’Unione europea “deve garantire l’equo trattamento dei cittadini dei Paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio degli Stati membri. Una politica di integrazione più incisiva dovrebbe mirare a garantire loro
diritti e obblighi ‘analoghi’ a quelli dei cittadini dell’UE”.3
In quest’ottica, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000)4 offre un
riferimento per l’elaborazione del concetto della cosiddetta cittadinanza civica – diverso
rispetto al concetto tradizionale di cittadinanza nazionale emerso nel contesto degli statinazione – comprendente un insieme di diritti e di obblighi fondamentali per i cittadini
1
Il presente contributo è una versione rivisitata apparsa nel volume, Roberta Medda-Windischer,
Nuove Minoranze. Immigrazione tra diversità culturale e coesione sociale (Padova, Cedam, 2010).
2
Roberta Medda-Windischer è Group Leader/Senior Researcher (LL.M, PhD) presso l’Istituto sui Diritti
delle Minoranze dell’Accademia Europea di Bolzano (EURAC).
3
Conclusioni della Presidenza, Consiglio d’Europa di Tampere, 15 – 16 ottobre 1999. Enfasi aggiunta.
4
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2000, emendata dal
Trattato di Lisbona, Gazzetta Ufficiale, C303/01, 14 dicembre 2007.
33
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 33
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer dei Paesi terzi nel territorio di uno Stato membro.5 Si ritiene che l’acquisizione di tale
cittadinanza civica, dopo un periodo minimo di anni di residenza, costituisca la garanzia minima in base alla quale molti migranti si possano integrare con successo nella
comunità di nuova residenza ed inizino il percorso di acquisizione formale della cittadinanza dello stato interessato.
Più recentemente la Direttiva 2003/109 relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi
che siano soggiornanti di lungo periodo, accorda uno status che può essere acquisito
dai cittadini di Paesi terzi che risiedono legalmente e ininterrottamente per un periodo
di cinque anni sul territorio di uno degli Stati membri dell’UE.6 Tale status offre ai cittadini di Paesi terzi la possibilità di beneficiare del diritto di residenza permanente e il
diritto all’esercizio di un’attività economica, così come la tutela da qualsiasi decisione
di allontanamento. Una volta acquisito tale status, gli interessati possono esercitare il
diritto di residenza e di accesso a un’attività economica in un altro Stato membro
dell’UE.
Nonostante queste aperture apparentemente positive verso l’inclusione dei cittadini
di Paesi terzi, Elspeth Guild sostiene che “quando si traccia un paragone tra la prima
proposta della Commissione di una direttiva relativa ai cittadini di Paesi terzi residenti
di lungo periodo e la direttiva finale, così come è stata adottata, è difficile non pensare
che gli Stati Membri considerino i cittadini di Paesi terzi, anche dopo cinque anni di
residenza ininterrotta e legale sul territorio dell’Unione, una categoria per sua natura
‘sospetta’ ”.7
Durante i negoziati sulla Direttiva relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi che
siano soggiornanti di lungo periodo, gli Stati membri hanno, di fatto, continuato ad aggiungere condizioni che i cittadini di Paesi terzi devono soddisfare prima di poter beneficiare dello status di residente di lungo periodo, giungendo infine ad introdurre uno
specifico requisito relativo all’integrazione.8 Come vedremo in seguito, tale requisito –
generalmente legato a test linguistici o di conoscenza della storia e cultura del Paese di
5
Si veda, Comunicazione della Commissione, Un’agenda comune per l’integrazione. Quadro per
l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi nell’Unione europea, 1 settembre 2005, COM(2005) 389
definitivo, Allegato, CBP 9, in cui la Commissione suggerisce nuove azioni tese alla “valutazione
dell’opportunità di elaborare un concetto di cittadinanza civica per promuovere l’integrazione dei
cittadini di paesi terzi”. Corsivo aggiunto.
6
Direttiva del Consiglio 2003/109/CE del 25 novembre 2003 relativa allo status dei cittadini di Paesi
terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, Gazzetta Ufficiale L016, 23 gennaio 2004.
7
E. Guild, The Legal Elements of European Identity – EU Citizenship and Migration Law (The Hague/London/
Boston, Kluwer Law International, 2004), 252.
8
Ibid. Si vedano art. 5, para 2, e art. 15, Direttiva sui soggiornanti di lungo periodo, supra.
34
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 34
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
residenza – è stato lasciato alla discrezionalità di ciascuno Stato membro che lo può introdurre nella propria legislazione nazionale definendone natura e carattere.9
Un atteggiamento ‘diffidente’ nei confronti dei cittadini di Paesi terzi è oltremodo
difficile da giustificare dato che molte di queste persone hanno vissuto la loro intera
esistenza sul territorio degli Stati membri ed hanno reso questo territorio il centro della
loro vita socioeconomica. Il riconoscimento di una serie di diritti in capo a coloro che
non posseggono la cittadinanza del nuovo stato di residenza pone le società europee di
fronte a una serie di questioni delicate sul tema dell’identità, della ‘lealtà’ rispetto alle
comunità di appartenenza, e del riconoscimento di cittadinanze plurime. L’esclusione
degli ‘outsider’ dai diritti e dall’appartenenza alla società ha rappresentato, infatti, uno
dei capisaldi dell’elaborazione del concetto di stato-nazione emerso dopo la Rivoluzione
francese e americana durante il XIX secolo.10
L’adattamento dell’ordinamento dello stato nazionale alla nuova struttura creata
dall’immigrazione e dalla globalizzazione ha provocato diversi cambiamenti: il passaggio, nei regimi di cittadinanza, dallo ius sanguinis allo ius soli e ius domicilii; l’aumentato
riconoscimento della cittadinanza multipla; la nascita di modelli sovranazionali di governo e di cittadinanza, tra cui la cittadinanza dell’UE; e, infine, il passaggio, nelle politiche nazionali sull’integrazione, dall’assimilazione al pluralismo. In questo contesto,
i concetti di fedeltà e lealtà hanno subito una trasformazione e sono stati sostituiti dal
concetto di ‘appartenenza multipla’.
Questi elementi di trasformazione del concetto di appartenenza alla società sono
interdipendenti. Ciascuno di essi contribuisce, infatti, a riconfigurare il significato dell’‘essere cittadini’ nell’Europa contemporanea. Ma se è evidente che questo progetto sta
seguendo un mutamento dal concetto di cittadinanza formale a quella sostanziale, occorre chiedersi fino a che punto la creazione di un nuovo paradigma di cittadinanza
‘attiva’ possa includere anche i cittadini di paesi terzi.
Attualmente, infatti, una larga parte della popolazione che risiede nei Paesi europei
vi risiede senza esercitare il pieno godimento dei diritti che afferiscono alla cittadinanza. Come abbiamo visto poc’anzi, i cittadini di Paesi terzi di lungo periodo godono di
9
Per una disamina dei criteri di integrazione introdotti negli ultimi anni da numerosi Stati europei,
cfr. R.van Oers et al., A Re-definition of Belonging? Language and Integration Tests in Europe (Martinus
Nijhoff Publ., Leiden-Boston, 2010).
10
Sul concetto di ‘stato-nazione’, vedasi J. Marko, “Citizenship beyond the National State? The
Transnational Citizenship of the European Union”, in M. La Torre (a cura di), European Citizenship: An
Institutional Challenge (Boston, Kluwer Law International, 1998), 369 – 385; U. K. Preuss, “The Relevance of the Concept of Citizenship for the Political and Constitutional Development of the EU”, in U. K.
Preuss e F. Requejo (a cura di), European Citizenship, Multiculturalism, and the State (Baden-Baden,
Nomos, 1998), 11 – 27.
35
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 35
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer una serie di diritti civili e sociali, ma tali diritti sono sottoposti a numerose condizioni,
talvolta estremamente rigorose ed inflessibili, incluse le condizioni relative ai cosiddetti requisiti ‘d’integrazione’ che, come detto, sono generalmente legati alla conoscenza
della lingua, storia o cultura del Paese di residenza; inoltre, i loro diritti politici vengono sottoposti a restrizioni ancor più tassative.
In questo contesto, ci si domanda se la condizione di non-cittadino – o, come nella
terminologia di Hammar, di ‘semicittadinanza’ (denizenship) 11 – sia una temporanea deviazione dal concetto di ‘appartenenza’ alla società intesa come cittadinanza formale o
se sia invece un nuovo modello di appartenenza che implica il declino a priori del concetto tradizionale di cittadinanza. La cittadinanza nazionale sta forse perdendo la sua
importanza? Il concetto di ‘cittadinanza civica’ si fonda su un inganno o su una soluzione fattibile per l’inclusione dei cittadini di paesi terzi? Su quali basi è possibile creare
forme plurime di appartenenza alla società?
In questo capitolo approfondiremo, dal punto di vista giuridico, i concetti di identità
e di cittadinanza, e considereremo inoltre le analisi sul concetto di nazione, formazione
dell’identità e appartenenza alla società che sono state formulate nell’ambito di diverse
discipline tra cui le scienze politiche e la sociologia.
I.
Identità nazionale e senso di appartenenza
Una metafora ricorrente nei dibattiti sull’appartenenza alla società è quella di vita vissuta all’interno di una serie di cerchi concentrici, in cui al centro risiede l’Io e nel cerchio più esterno risiede l’umanità. Tra il centro abitato dall’Io e l’ultimo cerchio in cui
risiede l’umanità sono collocati il cerchio della famiglia, del vicinato, della religione,
del gruppo etnico, e il cerchio della nazione.12
Il concetto di nazione e la sua applicazione in Europa è stato analizzato, fra gli altri,
in uno studio condotto dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa nel quale
l’Assemblea giunge alla conclusione che è difficile, se non addirittura impossibile,
giungere ad una definizione comune del concetto di nazione.13 L’Assemblea riconosce
che
11
T. Hammar, Democracy and the Nation-State. Aliens, Denizens and Citizens in a World of International
Migration (Avebury, Aldershot, 1990).
12
J. T. Levy, The Multiculturalism of Fear (Oxford, Oxford University Press, 2000), 121.
13
Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, Commissione Affari Legali e Diritti umani, Raccomandazione 1735 sul concetto di ‘nazione’, 2006, (edizione provvisoria), adottata il 26 gennaio 2006
(settima seduta).
36
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 36
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
in alcuni Stati membri del Consiglio d’Europa, il concetto di nazione è impiegato
per indicare la cittadinanza, la quale è un vincolo giuridico che lega lo stato all’individuo, indipendentemente dalla sua origine etno-culturale, mentre in altri Stati
membri lo stesso termine è usato per indicare una comunità organica che parla una
certa lingua ed è caratterizzata da un insieme di tradizioni culturali e storiche simili, percezioni simili del proprio passato, aspirazioni simili per il proprio presente
e visioni simili del proprio futuro. In alcuni Stati membri entrambi questi concetti
sono impiegati simultaneamente per indicare rispettivamente la cittadinanza e l’origine nazionale (etno-culturale). Il termine ‘nazione’ ricorre talvolta con un duplice significato, altre volte, invece, si utilizzano due parole diverse per esprimere
ognuno di questi significati.14
Il dibattito sul concetto di nazione e la sua definizione è particolarmente complesso.15
Le definizioni descrittive più efficaci e convincenti del termine nazione includono una
forte componente di autodefinizione e autoidentificazione,16 come il ‘plebiscito quotidiano’ di Renan,17 o il desiderio delle persone di vivere insieme.
Talvolta, oltre all’autoidentificazione, anni di convivenza nello stesso stato possono
generare sentimenti di comunanza sufficienti a suscitare un forte senso di unità nazionale e di empatia verso il prossimo. Renan sostiene che la condivisione dell’esperienza
storica e politica negli anni della Rivoluzione francese, e in quelli successivi, abbia contribuito a creare il sentimento di coesione che lega gli alsaziani, i bretoni e i baschi ai
parigini.18 D’altro canto anche la frequentazione della stessa scuola pubblica o l’esperienza condivisa nelle forze armate si è talvolta rivelata una forza in grado di generare
il sentimento nazionale.
14
Ibid., par. 5.
15
Come sostiene J. Marko: “ogniqualvolta si tenterà di definire termini quali nazione, Volk o etnicità
attraverso criteri cosiddetti oggettivi come la lingua, la storia, la cultura o la religione, si troveranno
sempre esempi di popoli ‘diversi’ che parlano la stessa lingua, come i serbi e i croati, gli inglesi e gli
americani, oppure persone che parlano lingue diverse pur costituendo un’unica nazione, ad esempio
gli svizzeri”. See, J. Marko, “Citizenship beyond the National State?” supra, 377. Traduzione a cura
dell’autrice.
16
Si veda art. 3, para 1, Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali (adottata il
1 febbraio 1995, entrata in vigore il 1 febbraio 1998, STE n. 157): “Le persone hanno il diritto di identificarsi come membri di un gruppo senza alcuna conseguenza negativa, ma non va dimenticato
che le persone appartenenti a minoranze hanno anche il diritto di separarsi dal gruppo senza temere
che lo Stato continui a indicarle come membri del gruppo”. Sul tema dell’autoidentificazione e
del riconoscimento delle minoranze, si vedano, tra gli altri, Corte CEDU, Görzelik c. Polonia,
ric. n. 44158/98, sentenza (Grande Camera) del 17 febbraio 2004; Corte CEDU, Kosteski c. Macedonia,
ric. n. 55170/00, sentenza del 13 luglio 2006.
17
E. Renan, “Qu’est-ce qu’une nation ?” (1882) Association scientifique de France – Bulletin hebdomadaire.
18
Riportato da J. T. Levy, “The Multiculturalism of Fear” supra, 87.
37
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 37
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer Secondo Parekh, l’identità nazionale si articola intorno a tre elementi.19 Innanzi­
tutto, la costituzione o i principi costitutivi di una comunità politica: la costituzione
rappresenta l’autoconsapevolezza collettiva di una comunità, ovvero la piattaforma
condivisa su cui i membri della comunità hanno deciso di vivere insieme. Nessuna costituzione può essere permanente, in quanto l’autoconsapevolezza della comunità muta
continuamente. La costituzione rimane, tuttavia, la base minima di unità della comunità, e stabilisce la cornice all’interno della quale tutte le controversie, incluse quelle
relative alla costituzione stessa, devono essere risolte. Questo è ciò che Jürgen Habermas definisce ‘patriottismo costituzionale’, la fedeltà condivisa ai diritti umani e ai
principi costituzionali.20
Il secondo elemento riguarda il modo in cui una comunità politica immagina sé
stessa.21 Le comunità politiche sono entità estremamente complesse. Esse coinvolgono
milioni di persone che nessuno avrà mai la possibilità di vedere o conoscere, ma al cui
destino si è strettamente legati, persone per le quali si pagano le tasse, si fanno sacrifici
o, addirittura, si muore. Le comunità politiche comprendono infinite generazioni, passate e future, alle quali si è legati da stretti vincoli. Poiché la comunità politica abbraccia passato, presente e futuro e include milioni di persone invisibili, essa richiede un
grande sforzo d’immaginazione da parte dei suoi componenti, ed è in questo senso una
comunità immaginata.22
Il terzo elemento riguarda, invece, il modo con cui l’individuo si relaziona con la comunità.23 L’identità non è una proprietà, qualcosa che possediamo, ma una relazione o
forma d’identificazione. L’identità nazionale riguarda il modo in cui ci identifichiamo
con la comunità, siamo legati ad essa, e ci sentiamo legati ai nostri simili, che è un
modo diverso da quello con cui ci sentiamo legati agli estranei (outsider). Ciò significa
che per quanto i nostri conflitti e le nostre frustrazioni siano profondi, continueremo a
interessarci l’uno dell’altro abbastanza da voler continuare a vivere insieme. Un impegno di questo tipo implica fiducia e comprensione reciproca, e assicura che nessun conflitto possa essere temuto come fonte di sovversione o scissione.
19
B. Parekh, “Integrating Minorities in a Multicultural Society”, in U. K. Preuss e F. Requejo (a cura di),
European Citizenship, Multiculturalism, and the State (Baden-Baden, Nomos, 1998), 84.
20
J. Habermas, “Citizenship and National Identity: Some Reflections on the Future of Europe”
(1992 – 1993) 12/1 Praxis International, 1
21
B. Parekh, “Integrating Minorities in a Multicultural Society” supra.
22
Cfr., B.R. O’G. Anderson, Imagined communities: reflections on the origin and spread of nationalism (London, Verso, 1991).
23
Ibid.
38
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 38
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
Questo senso di comune appartenenza è incarnato e nutrito da simboli d’identificazione collettiva quali l’inno nazionale, la bandiera, le cerimonie nazionali, i rituali, i
monumenti ai caduti. Questi simboli svolgono un ruolo fondamentale nell’articolazione dell’identità nazionale. Nonostante i simboli nazionali siano inevitabilmente radicati nella memoria collettiva della comunità di maggioranza, essi dovrebbero riflettere,
all’interno di una società diversificata e plurale, la compresenza di gruppi diversi, ed
essere capaci di evocare la lealtà di tutti i gruppi.
L’identità nazionale attiene dunque all’identificazione morale ed emozionale con
uno o più gruppi di individui con i quali si condividono principi costitutivi e autoconsapevolezza collettiva. Tale concetto di identità è particolarmente adatto all’inclusione
delle nuove comunità di individui giunte in un determinato territorio tramite il fenomeno migratorio. In una nazione concepita come una collettività sociale i cui membri
‘sentono’ di essere una nazione – il ‘plebiscito quotidiano’ nella formula di Renan – non
sono la lingua, la religione, la condivisione dello stato, ecc. a definire la nazione, ma la
volontà di appartenenza dei suoi membri. Questo sentimento può scaturire da uno
qualsiasi di questi tratti, da tutti, ma anche da altri.24
Per concludere, è possibile parlare di nazione non come elemento fondante di un determinato gruppo, ma come risultato della creazione progressiva del gruppo attraverso
forme di unione libera e spontanea, l’accettazione volontaria di principi comuni, il senso
di appartenenza collettiva e concomitanti sentimenti di fiducia reciproca tra gli individui appartenenti alla società.
Se questo è il tipo di identità nazionale che sta emergendo nell’Europa contemporanea, dovremmo chiederci se la cittadinanza nazionale sia ancora un valido paradigma
di appartenenza o se stia piuttosto perdendo la sua rilevanza. Il concetto d’identità nazionale basato sull’autoidentificazione può davvero contribuire all’inclusione dei cittadini di paesi non appartenenti all’Unione europea, o la cittadinanza formale nazionale
continua ad essere uno strumento necessario per l’inclusione nel paese di nuova residenza?
24
J. T. Levy, “The Multiculturalism of Fear” supra, 16.
39
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 39
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer II. La cittadinanza nazionale ha ancora una
sua rilevanza ?
Il concetto di cittadinanza è uno dei concetti politici centrali della storia europea. Nonostante il suo significato si sia evoluto nel tempo, vi sono almeno tre aspetti del suo
carattere che sono rimasti pressoché invariati.25
Innanzitutto, la cittadinanza è inseparabile dall’idea di partecipazione politica, cioè
ad una condotta politicamente attiva che si realizza nella partecipazione alla gestione
degli affari pubblici.26 La cittadinanza intesa come partecipazione politica e, più in generale, come pratica civica pone il cittadino attivo e responsabile in primo piano: il cittadino come membro di una comunità democratica e autoregolatata composta da cittadini liberi ed uguali.27
Il secondo aspetto attiene al carattere di status legale della cittadinanza che accorda
dei diritti e dei doveri in capo di chi la possiede. Ciò significa che i diritti e i doveri degli
individui non dipendono dall’arbitrarietà di un governante, ma sono istituzionalizzati
in modo certo attraverso regole che riconoscono un certo livello di indipendenza e autonomia.28
Il terzo aspetto è l’identità nazionale: come visto poc’anzi, l’identità nazionale può
essere concepita come un modo di integrare sé stessi nella vita della comunità e di sentirsi responsabili per il suo futuro.29 Ciò costituisce la base della solidarietà e della fiducia che integra i diversi gruppi sociali che operano nella società, la quale è concepita
non come un’entità trascendentale, ma come un insieme di individui che interagiscono
da concittadini.30
All’interno delle democrazie liberali, la cittadinanza accorda agli individui il diritto
di voto attivo e passivo e quello di partecipare liberamente alle attività pubbliche, richiedendo nel contempo alcuni obblighi come pagare le tasse o prestare il servizio militare. Tuttavia, molti osservatori hanno intravisto in ciò un ridimensionamento del
valore della cittadinanza all’interno degli stati nazionali. Poiché numerosi cittadini
25
U. K. Preuss, “European Citizenship, Multiculturalism, and the State”, supra, p. 13 e ss.; B. Parekh,
“Integrating Minorities in a Multicultural Society”, supra, 82.
26
Ibid.; J. Marko, “Citizenship beyond the National State?” supra.
27
A. Fermin, Citizenship and Integration Policy (European Research Centre on Migration and Ethnic Relations
(ERCOMER), Novembre 2000), Sintesi in http://www.ercomer.org/publish/reports/EN_Re_38.html.
28
U. K. Preuss, “European Citizenship, Multiculturalism, and the State” supra, pp. 13 e ss.; B. Parekh,
“Integrating Minorities in a Multicultural Society” supra, 82.
29
B. Parekh, ibid.
30
J. Marko, “Citizenship beyond the National State?” supra, 377.
40
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 40
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
stranieri possono oggi esercitare una serie di diritti sociali senza godere dei diritti politici, e poiché tali diritti sono accessibili sia a livello sub-nazionale sia sovranazionale,
nell’attuale era post-nazionale il ruolo della cittadinanza nazionale appare fortemente
ridimensionato.31
Pur evidenziando elementi distinti, molti studiosi hanno elaborato un approccio
teori­co comune nei riguardi del concetto di cittadinanza che vede il processo di globalizzazione – nel quale vengono ricompresi gli attuali flussi migratori, una crescente
inter­dipendenza economica e istituzionale, e nuove norme in materia di diritti umani
universali – minare, soprattutto negli ultimi decenni, le basi fondanti della cittadinanza nazionale e la sua cornice normativa, con i diritti e gli obblighi ad essa connessi.32
La crisi della cittadinanza è stata individuata, in modo particolare, nella sfida che la
migrazione comporta per i principi di territorialità e sovranità dello stato.33 La sovranità rimanda, infatti, a un’importante dimensione degli stati moderni: il controllo su un
territorio circoscritto e sulla sua popolazione. Ciò implica il controllo sull’accesso al territorio e su chi intende soggiornarvi che è materia delle politiche sull’immigrazione.
Tuttavia, il fenomeno della migrazione ha minato la capacità degli stati di escludere gli
stranieri cosiddetti ‘indesiderati’ e, dunque, ha minato la loro sovranità.34 In questo
caso, le limitazioni al diritto dello stato di escludere i migranti ‘indesiderati’ derivano,
ad esempio, dai diritti umani fondamentali di cui i migranti, i richiedenti asilo e i familiari dei migranti sono investiti.35 Tribunali e giudici nazionali e sovranazionali
hanno sostenuto i diritti dei migranti e dei loro familiari, determinando in quasi tutta
Europa negli ultimi decenni, l’elaborazione di politiche sempre più liberali in materia
di immigrazione e cittadinanza.36
31
Si veda, D. Jacobson, Rights across Borders: Immigration and the Decline of Citizenship (Baltimore, Johns
Hopkins University Press, 1996), p. 8; S. Sassen, Losing Control? Sovereignty in an Age of Globalisation
(New York, Columbia University Press, 1996), 95; S. Sassen, “The de facto Transnationalizing of
Immigration Policy”, in C. Joppke, Challenge to the Nation-State (Oxford University Press, Oxford,
1998), 49 – 85; Y. N. Soysal, Limits of Citizenship: Migrants and Postnational Membership in Europe (Chicago,
University Chicago Press, 1994).
32
D. Jacobson, “Rights across Borders” supra; Y. N. Soysal, “Limits of Citizenship” supra.
33
Ibid.
34
Ibid.
35
C. Joppke, Immigration and the Nation-State. The United States, Germany, and Great Britain (Oxford,
Oxford University Press, 1999). Joppke mette in luce un’altra prospettiva affermando che le limitazioni alla sovranità dello stato non dipendono dagli obblighi imposti dall’esterno, e cioè dai principi
universali dei diritti umani, come D. Jacobson (“Rights across Borders” supra) e Yasemin N. Soysal
(“Limits of Citizenship” supra) sostengono, ma sono imposte da vincoli legali interni. Pertanto, “se gli
stati liberali accettano immigrati indesiderati è a causa di limitazioni autoimposte alla propria
sovranità, piuttosto che imposte globalmente”, 263 – 264. (Traduzione a cura dell’autrice).
36
C. Joppke, “Immigration and the Nation-State” supra, 263 – 271.
41
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 41
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer Un ulteriore visione della trasformazione del concetto di cittadinanza si fonda sul
processo di liberalizzazione che immigrazione e cittadinanza hanno subíto quale risultato di specifiche motivazioni insite nelle politiche nazionali, piuttosto che della perdita
di controllo da parte dello stato o dei diritti umani universali.37 Gary Freeman ha formulato per primo quest’analisi, secondo cui le democrazie liberali hanno teso ad accettare
più migranti di quanto l’opinione pubblica incoraggiasse a fare grazie soprattutto a
gruppi d’interesse organizzati – in particolare datori di lavoro e imprese che dipendono
dai lavoratori non specializzati e dall’espansione demografica – che hanno appoggiato
l’immigrazione ed esercitato sui politici una pressione più diretta ed immediata dell’influenza più diffusa, ma meno articolata della massa, che altrimenti si sarebbe opposta, a
livello nazionale, a vaste politiche d’immigrazione.38
Per quanto gli argomenti evidenziati possano essere diversificati, l’idea generale
condivisa è dunque che gli stati nazionali sono sempre più incapaci di gestire i flussi
migratori e le loro politiche di cittadinanza, e ciò ha ridimensionato sensibilmente il
valore della cittadinanza nazionale.
Tuttavia, nonostante queste osservazioni, è certamente troppo presto per rigettare
l’importanza degli stati nazionali e della cittadinanza nazionale, e questo per diverse
ragioni. In primo luogo, il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni nazionali è tuttora subordinato alla cittadinanza. I cittadini stranieri provenienti da paesi non appartenenti all’Unione europea, anche quando sono residenti permanenti e lavoratori di lungo periodo, hanno limitate possibilità di partecipare al processo democratico a livello
nazionale. Poiché le politiche in materia di cittadinanza, immigrazione e asilo trovano
principale attuazione a livello nazionale, nonostante gli sforzi tesi a livello europeo verso l’adozione di linee guida e politiche comuni che consentano ai cittadini di paesi nonUE di partecipare alle elezioni locali, quest’ultimi sono tutt’ora largamente esclusi dai
processi decisionali che si svolgono sui territori nei quali risiedono.
Secondo, nonostante numerosi diritti sociali siano generalmente garantiti a tutti
gli individui indipendentemente dalla loro cittadinanza, in molti paesi i cittadini stranieri di paesi non-EU continuano a non godere di importanti benefici sociali. Ad esempio, in molti paesi europei i cittadini di Paesi terzi sono esclusi dai programmi di previdenza sociale per un certo numero di anni dopo il loro arrivo.39 In altre parole,
37
G. Freeman, “Modes of Immigration Politics in Liberal Democratic States” (1985) 29/4 International
Migration Review, 881 – 913.
38
Ibid., 886.
39
T. A. Aleinikoff e D. Klusmeyer, Citizenship Policies for an Age of Migration (Carnegie Endowment for
International Peace, Washington D. C., 2002), 67 – 68.
42
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 42
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
mentre il moderno welfare state fornisce indubbiamente ai cittadini stranieri di paesi
non-EU maggiori benefici rispetto al passato, essi hanno comunque accesso ad un numero più limitato di prestazioni sociali rispetto a coloro che posseggono la cittadinanza nazionale.
Terzo, sebbene la cittadinanza non sia generalmente rilevante per l’impiego nel settore privato, lo è invece per l’assegnazione dei posti di lavoro nel settore pubblico. A
titolo­di esempio, nel settore delle ferrovie, postale ed ospedaliero, la Francia accetta
sola­mente lavoratori francesi o cittadini dell’UE, allo stesso modo in Germania, la carriera nel pubblico impiego, ad esempio nei trasporti o nell’istruzione, è accessibile solo
ai cittadini tedeschi e ai cittadini europei.40 All’interno della stessa UE, mentre i suoi
cittadini possono automaticamente vivere e lavorare in altri paesi dell’Unione, i cittadini di Paesi terzi hanno il diritto di risiedere e di lavorare in un paese dell’UE diverso
da quello in cui sono immigrati solo dopo cinque anni di residenza ininterrotta e dopo
aver soddisfatto una serie di requisiti d’integrazione.41 Inoltre, il cosiddetto principio
della ‘preferenza comunitaria’, cioè il trattamento preferenziale per i lavoratori cittadini di Stati membri dell’Unione europea rispetto a quelli che sono cittadini di Paesi terzi, cioè non appartenenti all’UE, in ordine all’accesso al mercato del lavoro è un principio comunemente accettato e ammesso anche nella Direttiva quadro in materia di
occupazione dell’Unione europea.42
In breve, in termini di diritti politici e di eleggibilità, di previdenza e di impiego nel
settore pubblico, la cittadinanza nazionale rimane un fattore essenziale e stabile della
vita contemporanea. Tuttavia, nonostante l’importanza asserita che il concetto di cittadinanza nazionale continua a mantenere, è indubbio che questo abbia subito un processo di trasformazione e di adattamento al nuovo contesto generato dalle moderne forme di migrazione di massa e, in particolare, dal passaggio dalla migrazione come
‘viaggio di solo andata’ a nuove forme di soggiorno frutto dell’avanzamento dei trasporti e delle comunicazioni.
Come vedremo più avanti, questo nuovo contesto ha contribuito a ricostruire il
progetto di cittadinanza sulla base della residenza, a dissociare l’aspetto normativo
della cittadinanza dalla dimensione dell’identità nazionale fondata sull’appartenenza
40
Ibid., 71 – 7 2.
41
Direttiva relativa alla status dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, GU
C109, 23 gennaio 2004.
42
L’art. 3, par. 2, della Direttiva 2000/78/CE del 27 novembre 2000 che stabilisce un quadro generale
per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro recita: “La presente
direttiva non riguarda le differenze di trattamento basate sulla nazionalità […]”.
43
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 43
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer culturale, etnica, religiosa o linguistica,43 e a promuovere forme plurime di appartenenza.44
Nei prossimi paragrafi, verranno presi in considerazione i problemi relativi alla
concessione della cittadinanza nazionale ai new comer e il dibattito sulla loro identità e
inclusione nelle comunità dove essi hanno stabilito la nuova residenza. In particolare,
analizzeremo come la migrazione abbia influenzato le normative in materia di cittadinanza, e le sue successive modifiche, e approfondiremo il dibattito inerente alle cittadinanze plurime e sovranazionali come soluzioni al deficit di inclusione civica dei cittadini di Paesi terzi in Europa.
III. Cittadinanza e sovranità degli stati nazionali
Sebbene nel diritto internazionale i termini ‘nazionalità’ (nationality) e ‘cittadi­nanza’
(citizenship) siano spesso impiegati in modo interscambiabile,45 i loro significati diffe­
riscono notevolmente. In questo capitolo, il termine ‘cittadinanza’ indica il vincolo
­giuridico tra l’individuo e lo stato, mentre il termine ‘nazionalità’ afferisce all’origine
etnico-culturale di una persona.
Come abbiamo già avuto modo di considerare, nonostante il concetto di cittadinanza abbia subìto profondi cambiamenti, esso mantiene un’assoluta rilevanza e continua
a possedere un importante valore sia per l’individuo sia per lo stato. Essendo uno dei
vincoli fondamentali che lega l’individuo allo stato, la cittadinanza assegna diritti e obblighi reciproci: gli individui possono rivolgersi al paese di cittadinanza per ottenere
protezione diplomatica, chiedere che sia intentata una causa a loro nome contro un paese straniero, o il rilascio di documenti di viaggio. Per alcuni stati, la cittadinanza è la
base per attivare la propria giurisdizione nei riguardi di un individuo che può estendersi anche oltre i confini nazionali. Gli stati possono imporre ai loro cittadini obblighi
militari, essere responsabili delle loro azioni e, in alcuni casi, rifiutare la loro estradizione.
43
C. Joppke, “Immigration and the Nation-State” supra, 274.
44
C. Wihtol de Wenden e R. Leveau, La bourgeoisie. Les trois ages de la vie associative issue de l’immigration
(Paris, CNRS, 2001); C. Bertossi, Les Frontières de la citoyenneté en Europe. Nationalité, résidence, appartenance (Paris, L’Harmattan, Logiques politiques, 2001).
45
Si veda, Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, Commissione Affari Legali e Diritti umani,
Raccomandazione 1735 sul concetto di ‘nazione’, supra. Si veda anche art. 2(a) della Convenzione europea
sulla nazionalità del Consiglio d’Europa del 1997, STE n. 166, Consiglio d’Europa, Strasburgo, 1997, il
quale stabilisce che la ‘nazionalità’ “non indica l’origine etnica di una persona”.
44
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 44
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
Nel noto caso Nottebohm,46 la Corte internazionale di giustizia ha definito la cittadinanza:
un vincolo giuridico avente come base un fatto sociale di attaccamento, una solidarietà effettiva di esistenza, di interessi e sentimenti, congiunta a una reciprocità di
diritti e doveri. Essa è, si può dire, l’espressione giuridica del fatto che l’individuo a
cui è conferita […] è in realtà più legato alla popolazione dello Stato che gliela conferisce che a quella di qualsiasi altro Stato.47
La cittadinanza è dunque espressione del cosiddetto ‘legame effettivo’ che lega un individuo allo stato che gliela conferisce. Il diritto di decidere chi può essere cittadino di
uno stato è un’importante prerogativa della sovranità degli stati nazionali. La Convenzione dell’Aia del 1930 sui conflitti tra le leggi in materia di cittadinanza (di seguito denominata “Convenzione dell’Aia del 1930”) stabilisce che “spetta a ciascuno Stato determinare, in base alle proprie leggi, chi siano i suoi cittadini”.48 Allo stesso modo, la
Convezione europea sulla nazionalità del Consiglio d’Europa del 1997, ovvero il primo
strumento giuridico internazionale riguardante gli aspetti fondamentali in materia di
cittadinanza per la salvaguardia dei diritti umani, stabilisce, all’articolo 3, che ogni
“Stato decide, in base alle proprie leggi, chi sono i suoi cittadini”.49 Ciò viene accettato
dagli altri Stati “nella misura in cui è conforme alle convenzioni internazionali applicabili, al diritto internazionale consuetudinario e ai principi di legge generalmente riconosciuti in materia di nazionalità”.50
46
Corte Internazionale di Giustizia, Liechtenstein c. Guatemala (caso Nottebohm), Relazioni, 1955, 4. Il caso
Nottebohm ha come oggetto una denuncia per danni presentata dal Liechtenstein contro il Guatemala
a nome di uno dei suoi cittadini, Nottebohm per l’appunto. Il governo del Guatemala riteneva il ricorso
inammissibile, in quanto, oltre a diverse motivazioni, l’acquisizione della cittadinanza del Liech­ten­
stein da parte del ricorrente, Nottebohm, non era conforme al diritto internazionale. Nella sua
motivazione, la Corte ha specificamente dichiarato di non aver considerato la validità della naturalizzazione di Nottebohm in virtù della legge del Liechtenstein, ma solo se tale naturalizzazione poteva
avere un effetto internazionale tale che il Liechtenstein vi si potesse appellare contro il Guatemala.
47
Ibid., 23.
48
Art. 1 della Convenzione dell’Aia del 1930 sui conflitti tra le leggi in materia di cittadinanza, adottata
il 12 aprile 1930, entrata in vigore il 1 luglio 1937, League of Nations, Treaty Series, vol. 179, p. 89: “Ogni
Stato determina, in base alla propria legislazione, chi sono i propri cittadini. Tale legislazione
dev’essere riconosciuta dagli altri Stati nella misura in cui essa è coerente con i trattati internazionali, le prassi consuetudinarie internazionali e i principi di diritto generalmente riconosciuti in
materia di cittadinanza”. (Traduzione a cura dell’autrice).
49
Art. 3, para 1, della Convenzione europea sulla nazionalità, adottata il 6 novembre 1997, entrata in
vigore il 1 marzo 2000, STE n. 166 (in seguito denominata “Convenzione del 1997).
50
Art. 3, para 2, della Convenzione europea sulla nazionalità, supra.
45
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 45
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer La maggior parte degli stati basano le proprie leggi sull’acquisizione della cittadinanza alla nascita in virtù del principio dello jus sanguinis (acquisizione per discendenza da un genitore che al momento della nascita possedeva la cittadinanza dello Stato) o
jus soli (acquisizione alla nascita sul territorio dello Stato) o della combinazione dei due.
L’acquisizione volontaria della cittadinanza di un paese dopo la nascita è basata generalmente sulla presenza fisica nel paese o sull’instaurazione di un valido legame, ad
esempio il matrimonio o l’adozione.
I principi complementari per cui, da una parte, ciascun individuo ha diritto a una
cittadinanza e nessun individuo ne può essere arbitrariamente privato (articolo 15 della
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo), e dall’altra, il principio per cui occorre
evitare la condizione di apolide, cioè di chi non possiede alcuna cittadinanza, sono da
considerarsi come principi universalmente accettati, sebbene l’adozione delle regole per
la loro applicazione dipenda dalla legislazione dello stato.
Pertanto, il diritto internazionale riconosce all’individuo il diritto alla cittadinanza,
ma l’esercizio di tale diritto dipende dal modo in cui ciascuno stato intende garantire la
cittadinanza. Analogamente, la normativa sulla cittadinanza rientra in primo luogo
nella giurisdizione interna dello stato, ma l’esercizio di questo potere deve essere conforme al diritto internazionale.51
La Convezione europea sulla nazionalità del CoE del 1997 contiene importanti principi generali in materia di cittadinanza che condizionano le legislazioni nazionali. Tra
questi principi sono di fondamentale importanza: la prevenzione della condizione di
apolide, che è l’obiettivo in base al quale si proclama il diritto alla cittadinanza, la proibizione della privazione arbitraria della cittadinanza, che può generare la condizione di
apolide, e il principio di non discriminazione nell’accesso alla cittadinanza.
La clausola sulla non discriminazione, in particolare, inclusa nel II Capitolo dei
principi generali della Convenzione del 1997 è stata oggetto di lunghe discussioni al
momento della sua adozione. Nell’accordare la cittadinanza occorre, infatti, ricercare
51
In numerose occasioni la Corte europea dei diritti dell’uomo si è occupata indirettamente di questioni riguardanti la cittadinanza, ad esempio nei casi Nasri e Beldjoudi (Corte CEDU, Nasri c. Francia, ric.
n. 19465/92, sentenza del 13 luglio 1995; Corte CEDU, Beldjoudi c. Francia, ric. n. 12083/86, sentenza del
26 marzo 1992) in cui la Corte ha affermato che sebbene la Convenzione e i suoi protocolli “non garantiscono il diritto alla cittadinanza, il rifiuto arbitrario di concedere la cittadinanza potrebbe, in
talune circostanze, sollevare problemi alla luce di questa norma (Art. 8 diritto al rispetto della vita
privata e familiare) a causa delle ripercussioni che tale rifiuto potrebbe avere sulla vita privata delle
persone interessate e che potrebbero essere sufficienti a sollevare un problema di rispetto di queste
norme”. (Traduzione a cura dell’autrice). Si veda anche, Corte CEDU, Karasbev c. Finlandia, ric. n.
314114/96, decisione sulla ricevibilità del 12 gennaio 1999. Il Preambolo alla Convenzione europea
sulla nazionalità, paragrafo 7, afferisce all’esistenza di queste disposizioni protettive: “Coscienti del
diritto al rispetto della vita familiare previsto dall’articolo 8 della Convenzione per la Protezione dei
Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali […]”. (Traduzione a cura dell’autrice).
46
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 46
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
un equilibrio nella distinzione tra trattamento differenziato e dunque ‘positivo’, per le
persone che hanno legami più stretti con lo stato interessato e che possono avere accesso, come vedremo in seguito, a procedure di naturalizzazione facilitate, e discriminazione ‘negativa’ sulla base del sesso, della religione, della razza, del colore, delle origini
nazionali o etniche. Il linguaggio utilizzato nell’articolo 5 della Convenzione del 1997
non afferisce al trattamento differenziato ‘positivo’ e autorizza che siano operate delle
distinzioni purché esse non equivalgano a una discriminazione sulla base di una delle
motivazioni elencate.
Il principio di non discriminazione nell’accesso alla cittadinanza è stato analizzato
dalla Corte interamericana per i diritti umani nel caso Dilcia Yean e Violeta Bosico c. Repubblica Domenicana.52 In questo caso la Corte ha osservato che sebbene gli stati detengano il
diritto sovrano di regolamentare la cittadinanza, la discrezionalità degli stati deve essere
limitata dalle norme internazionali sui diritti umani che tutelano gli individui dalle
azioni arbitrarie dello stato. Gli stati sono limitati nell’esercizio del loro diritto di assegnare la cittadinanza dall’obbligo di astenersi dal produrre e applicare normative discriminatorie o che hanno effetti discriminatori sui diversi gruppi in seno alla popolazione.53
Il principio che stabilisce che gli stati sono liberi di determinare le condizioni e le
procedure relative all’acquisizione e alla perdita della loro cittadinanza, purché esse siano in linea con le norme internazionali, è altresì riconosciuto dal diritto e dalla prassi
dell’Unione Europea. Come indicato chiaramente nella Dichiarazione n. 2 annessa
all’Atto finale del Trattato di Maastricht: “[L]a questione se una persona abbia la cittadinanza di questo o quello Stato membro sarà definita soltanto in riferimento al diritto
nazionale dello Stato membro interessato”.54
52
Corte interamericana per i diritti umani, Dilcia Yean e Violeta Bosico c. Repubblica Domenicana, deci­
sione del 7 ottobre 2005. Questo caso è stato presentato alla Corte da due ragazze di discendenza
haitiana, nate e vissute sul territorio della Repubblica Domenicana, alle quali era stata negata la
cittadinanza domenicana in violazione della costituzione del paese. Tale negazione aveva impedito
alle ricorrenti di ottenere il certificato di nascita o di iscriversi a scuola, rendendole di fatto suscet­
tibili di espulsione dal loro stesso paese. La Corte interameriacana ha dichiarato che l’applicazione
discriminatoria della legge sulla cittadinanza della Repubblica Domenicana, e le leggi e le normative
sulla registrazione delle nascite rendevano i bambini di discendenza haitiana apolidi e incapaci di
accedere ad una serie di diritti fondamentali quali l’istruzione, il diritto al riconoscimento della
personalità giuridica, il diritto al nome, all’equa tutela davanti alla legge come sancito dalla Convenzione americana sui diritti dell’uomo (adottata il 22 novembre 1969 ed entrata in vigore il 18 luglio
1978, O.A.S. Treaty Series n. 36).
53
Si veda art. 1, para 1 (diritto di non discriminazione) e art. 20, para 1 (diritto alla nazionalità) della
Convenzione americana sui diritti umani.
54
Trattato sull’Unione Europea (TUE), firmato il 7 febbraio 1992 a Maastricht, entrato in vigore il
1 novembre 1993, Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee (GUCE), 29 luglio 1992, n. C 191, 1,
Dichiarazione n. 2.
47
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 47
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer Riguardo alla libertà di circolazione, di stabilimento e di prestazione dei servizi, capisaldi del sistema dell’Unione, uno Stato membro non può negare queste libertà evitando di riconoscere alla persona interessata il possesso della cittadinanza di un altro
Stato membro.
Questo tema è stato affrontato nella causa Micheletti 55 proposta alla Corte di giustizia delle Comunità europee con procedura di rinvio pregiudiziale. Tale causa aveva per
oggetto la doppia cittadinanza, argentina e italiana, del ricorrente Micheletti che rivendicava la libertà di stabilimento in Spagna in virtù del diritto comunitario. In base
alla legge spagnola, al Micheletti sarebbe stata riconosciuta solo la cittadinanza argentina in quanto, prima del suo arrivo in Spagna, la residenza abituale dell’interessato era
stabilita in Argentina. Al ricorrente sarebbe stato quindi negato di avvalersi del diritto
alla libertà di stabilimento in Spagna. L’applicazione della dottrina Nottebohm avrebbe
confermato tale conseguenza, giacché l’Argentina era lo stato con cui il ricorrente
aveva­un ‘legame effettivo’, benché il possesso della cittadinanza italiana non fosse in
discus­sione. La Corte ha sostenuto che “non è ammissibile un’interpretazione dell’articolo 52 del Trattato secondo la quale, allorché il cittadino di uno Stato membro è simultaneamente in possesso della cittadinanza di uno Stato terzo, gli altri Stati membri
possono subordinare il riconoscimento dello status di cittadino comunitario ad una
condizione come la residenza abituale dell’interessato sul territorio del primo Stato.”56
Infine la Corte ha concluso: “le disposizioni di diritto comunitario in materia di libertà
di stabilimento ostano a che uno Stato membro neghi ad un cittadino di un altro Stato
membro, che è simultaneamente in possesso della cittadinanza di uno Stato terzo, il
diritto di avvalersi di detta libertà per il solo motivo che la legislazione dello Stato ospitante lo considera come cittadino dello Stato terzo.” 57
Con questa sentenza la Corte di giustizia ha stabilito che l’Unione e ciascuno Stato
membro è chiamato ad accettare che una persona sia anche cittadino di un altro Stato
Membro. La maniera in cui la cittadinanza nazionale è acquisita è irrilevante in quanto
concerne l’esercizio dei diritti stabiliti nel Trattato sull’UE.
55
Micheletti c. Delegacion del gobierno en Cantabria, Causa C 369/90, [1992] Racc. pag. I-4239, sentenza del 7
luglio 1992.
56
Ibid., punto 11. Si veda l’art. 49 della versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell’Unione
europea, modificato dal Trattato di Lisbona, GU C115, 9 maggio 2008: “Nel quadro delle disposizioni
che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. […] La libertà di stabilimento importa l’accesso alle
attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese […] alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini […].”
57
Ibid., punto 15.
48
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 48
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
In conclusione, gli stati sono liberi di determinare chi può acquisire la loro cittadinanza definita in base al riconoscimento di un legame effettivo con lo stato interessato e
secondo i principi generali stabiliti dal diritto internazionale. Nei prossimi paragrafi
esamineremo se tale legame permette di mantenere un vincolo simile anche con un altro stato. La possibilità di detenere una cittadinanza doppia o plurima è infatti un importante fattore che influenza lo sviluppo di identità multiple e complementari.
IV. La sfida della cittadinanza plurima negli
stati nazionali
La cittadinanza plurima è frutto della decisione sovrana di ciascuno stato di stabilire il
contenuto delle proprie norme relative all’acquisizione e alla perdita della cittadinanza.
Se la nascita sul territorio di un dato stato è, in base al principio dello jus soli, un motivo
per acquisire automaticamente la cittadinanza di quello stato in virtù del suo diritto
interno, la doppia cittadinanza si verifica, innanzitutto, ogni volta che, sulla base del
diritto interno di un secondo stato che applica il principio dello jus sanguinis, a quella
stessa persona è riconosciuta la cittadinanza di questo secondo stato per discendenza,
in quanto uno dei due genitori, o entrambi, sono suoi cittadini. La situazione non è diversa quando due stati che hanno entrambi adottato il principio dello jus sanguinis, nel
caso in cui un cittadino di uno di essi contrae matrimonio con un cittadino dell’altro
stato, entrambi i coniugi mantenendo la cittadinanza di origine, conferiscono la loro
rispettiva cittadinanza ai figli nati da quell’unione in virtù delle disposizioni che stabiliscono la parità tra i coniugi.
Inoltre, la decisione unilaterale di uno stato è fonte di casi di cittadinanza plurima
ogniqualvolta l’acquisizione della sua cittadinanza per naturalizzazione non è subordinata alla perdita della cittadinanza posseduta dalla persona interessata (ciò che in certe
situazioni potrebbe non essere possibile) o quando l’acquisizione volontaria di una cittadinanza estera non comporta automaticamente la perdita della cittadinanza precedentemente posseduta.
Una distinzione fondamentale, in questo contesto, va operata tra i paesi che accordano la doppia cittadinanza ai propri emigrati naturalizzati o nati in un altro paese di
cui hanno acquisito la cittadinanza, e i paesi che consentono ai cosiddetti ‘migranti di
prima generazione’ di diventare cittadini naturalizzati pur continuando a mantenere
la propria cittadinanza d’origine. In altri termini, esiste un’importante differenza tra
ciò che potremmo definire emigrant dual citizenship (doppia cittadinanza per i ‘propri’
49
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 49
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer emigrati), che comporta ‘costi’ minori per il paese di emigrazione, e spesso serve a
mantenere e a promuovere legami culturali e linguistici più stretti con le persone che
risiedono permanentemente in un altro paese, e immigrant dual citizenship (doppia cittadinanza per immigrati), che è solitamente associata a una politica più liberale in materia di cittadinanza, e che consente l’inclusione degli stranieri come cittadini naturalizzati che pianificano di vivere, lavorare e soggiornare permanentemente nel paese di
nuova residenza.58 Questa distinzione è cruciale in particolare per i paesi tradizionalmente di emigrazione – Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna – ognuno dei quali
ha consentito e perfino incoraggiato che i propri discendenti ‘etnici’, la cosiddetta ‘diaspora’, cittadini di altri paesi, mantenessero la cittadinanza d’origine, mentre solo pochi di questi paesi hanno esteso quest’opzione agli altri cittadini stranieri che vivono
sui loro territori.59
In molti stati la legislazione in materia di cittadinanza prevede dei meccanismi tesi
a prevenire la doppia cittadinanza. Ciò si basa sul carattere esclusivo della sovranità di
uno stato che sarebbe in contrasto con la possibilità che ai propri cittadini sia concesso
di possedere la cittadinanza di un altro stato. In quest’ottica, la cittadinanza viene concepita come un vincolo e un sentimento di lealtà esclusivo con uno stato, incompatibile
con la fedeltà verso un altro stato.60
58
Si veda, Consiglio d’Europa, “Trends and Developments in National and International Law on Nationality”, First European Conference on Nationality, CONF/NAT (99) PRO I, Strasburgo, 18 – 19 ottobre 1999.
59
Un esempio emblematico in questo senso è il caso della Germania e la questione dell’accesso ‘facili­
tato’ alla cittadinanza tedesca per i cosiddetti ‘Aussiedler’ provenienti, ad esempio, da Polonia ed
ex-Unione Sovietica, molti dei quali non conoscevano la lingua tedesca al momento della richiesta di
cittadinanza e le difficoltà, invece, dei cittadini turchi di acquisire la stessa cittadinanza dopo aver
vissuto in Germania anche per lunghi periodi. Nell’applicare il principio dello ius sanguinis, la
Germania ha, di fatto, introdotto una procedura di naturalizzazione più snella per le persone di
origine tedesca anche in assenza di un ‘legame effettivo’ con lo Stato. Si veda E. Guild, “The Legal
Elements of European Identity” supra, 68 – 81. Analogamente si veda il caso dell’Italia e la sua politica
nei confronti degli ‘oriundi’ o ‘cittadini stranieri di ceppo italiano’ ad esempio argentini. Si veda,
Legge n. 91 del 5 febbraio 1992 (“Nuove norme sulla cittadinanza”). Si veda inoltre il caso degli asiatici
britannici dell’Africa orientale emigrati nel Regno Unito discusso davanti alla Corte europea dei
diritti dell’uomo, Corte CEDU, Asiatici dell’Africa orientale c. Regno Unito, decisione del 6 marzo 1978,
D.R. 13, 15. Da ultimo, si veda anche, Corte CEDU, Abdulaziz, Cabales e Balkandali c. Regno Unito,
sentenza del 28 maggio 1985, Serie A, n. 94.
60
La decisione della Corte suprema australiana del giugno 1999, in base alla quale un cittadino australiano che possiede contemporaneamente un’altra cittadinanza non può, in virtù dell’art. 44 della
Costituzione, essere eletto al Parlamento federale a causa del suo legame con una ‘potenza straniera’,
illustra chiaramente il concetto appena formulato. L’art. 44 del Commonwealth of Australia Constitution Act stabilisce: “Ciascun individuo che (i) è per riconoscimento di fedeltà, obbedienza o
soggezione ad una potenza straniera, o è un soggetto o un cittadino o è titolare di diritti o privilegi di un
soggetto o un cittadino […] non potrà essere scelto o non potrà ricoprire il ruolo di senatore o membro
della Camera dei Rappresentanti” (Enfasi aggiunta) (Traduzione a cura dell’autrice). L’obbligo di
prestare il servizio militare in tutti gli stati di cui si possiede la cittadinanza è un altro esempio,
sebbene convenzioni bilaterali e multilaterali (tra cui la Convenzione europea sulla nazionalità del
50
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 50
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
Nell’ambito del diritto internazionale la Convenzione del CoE del 1963 sulla Riduzione dei Casi di Cittadinanza Plurima e Obblighi Militari nei Casi di Cittadinanza Plurima stabilisce, nel suo Preambolo, che “i casi di cittadinanza plurima possono causare
difficoltà e che l’azione congiunta al fine di ridurre il più possibile il numero di casi di
cittadinanza plurima tra gli Stati membri corrisponde ai fini del Consiglio d’Europa”.61
La Convenzione del 1963 riflette il diritto interno degli Stati contraenti contrari alla
cittadinanza plurima ed era stata concepita per stabilire un meccanismo equo ed automatico per cui alla perdita della cittadinanza di uno Stato contraente corrispondesse,
in determinati casi, l’acquisizione della cittadinanza di un altro Stato contraente.
Quando l’acquisizione di un’altra cittadinanza non dipendeva dalla volontà della persona, il meccanismo non si azionava rendendo possibile la cittadinanza plurima. Anche
nel caso di uno strumento regionale quale la Convenzione del 1963, la possibilità di possedere la cittadinanza plurima non poteva essere totalmente esclusa. Ulteriori elaborazioni della legislazione internazionale portarono a risultati diametralmente opposti,
così che i casi in cui non si verificava la perdita automatica della cittadinanza così
come prevista dalla Convenzione del 1963 divennero sempre più frequenti.
Ciò portò alla formulazione del Secondo Protocollo che emenda la Convenzione del
1963 e che fu adottato trent’anni dopo, nel 1993, entrando in vigore in tre stati europei
(Francia, Italia e Olanda).62 La motivazione alla base di questo cambiamento di prospettiva va ricercata in una nuova valutazione del fenomeno della migrazione alla luce del
valore che la cittadinanza riveste nel processo di inclusione dei migranti nel paese di
nuova residenza. Sotto questo profilo, la perdita della cittadinanza del proprio paese d’origine come condizione per l’acquisizione della cittadinanza dello stato di residenza
permanente sembrava ostacolare la piena integrazione. Ciò è da ricondurre alla legittima riluttanza di molti cittadini stranieri a recidere i propri legami con il paese di origine, anche quando, come avviene generalmente nel caso dei figli dei migranti di prima
generazione, la cosiddetta ‘seconda e terza generazione’, tali legami rappresentano
1997, art. 21) introducono alcuni correttivi per porre rimedio a questa situazione in base ai quali gli
obblighi militari devono essere adempiuti in un solo stato, determinato secondo criteri stabiliti dalle
parti del trattato (ad esempio, il luogo di residenza). Si veda G. Kojanec, “Multiple Nationality”, in
Consiglio d’Europa, Trends and Developments in National and International Law on Nationality, CONF/NAT
(99) PRO I, Strasbourg, 18 – 19 October 1999, 35 – 48.
61
Preambolo alla Convenzione sulla riduzione dei casi di cittadinanza plurima e obblighi militari nei
casi di cittadinanza plurima, adottata il 6 maggio 1963 ed entrata in vigore il 28 marzo 1968, STE n. 43
(in seguito denominata “Convenzione del 1963”).
62
Secondo Protocollo di modifica della Convenzione sulla riduzione dei casi di cittadinanza plurima e
obblighi militari nei casi di cittadinanza plurima, adottato il 1 febbraio 1993, entrato in vigore il 24
marzo 1995, STE n. 149 (in seguito denominata “Secondo Protocollo”). Per una lista aggiornata delle
modifiche alla Convenzione si veda il sito internet: http://conventions.coe.int/.
51
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 51
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer spesso un mero vincolo formale espresso dalla cittadinanza, ma che, tuttavia, non li
rende completamente stranieri nel proprio paese d’origine.63
Il Secondo Protocollo autorizza le parti contraenti a non applicare la regola generale
della Convenzione del 1963 relativa alla perdita della cittadinanza in tre casi specifici. Il
primo caso si verifica quando un cittadino di un Paese contraente acquisisce la cittadinanza di un altro Paese contraente in cui è nato ed è residente, o è stato regolarmente
residente per un periodo di tempo precedente al compimento del diciottesimo anno di
età.64 Tale provvedimento, che permette la conservazione della cittadinanza di origine,
riconosce l’ammissibilità della doppia cittadinanza. Un simile effetto si ottiene anche
nel caso di matrimonio contratto tra cittadini di Stati contraenti diversi: quando un coniuge acquisisce volontariamente la cittadinanza dell’altro coniuge.65 Il terzo caso in
cui la cittadinanza di origine viene mantenuta è quello del minore, i cui genitori sono
cittadini di stati diversi, il quale possiede la cittadinanza di uno dei due genitori e può
acquisire la cittadinanza dell’altro genitore.66
Le due fattispecie da ultimo menzionate – matrimonio e minore età – sono tese
chiaramente a favorire l’unitarietà della cittadinanza in seno alla famiglia nel caso in
cui la persona interessata non sia disposta a perdere la cittadinanza di origine, mentre
lo scopo della prima eccezione è quello di promuovere la piena inclusione nel paese di
nuova residenza dei figli dei migranti di prima generazione residenti permanenti in
quello stato, così come espressamente indicato nel Preambolo del Protocollo.
Gli sviluppi delineati indicano che gli stati, almeno in Europa, non sono più disposti a ricorrere a strumenti internazionali multilaterali per limitare i casi di cittadinanza plurima sebbene il proprio diritto interno presenti degli approcci differenti che si
riflettono nelle disposizioni delle proprie legislazioni. In questo modo, l’assenza di vincoli internazionali lascia spazio ad una maggiore flessibilità nel legiferare sulla materia
che tenga conto del contesto specifico nel quale si vuole operare.
63
È importante osservare, a questo proposito, che la legge italiana sulla cittadinanza del 1912 (Legge
sulla cittadinanza italiana n. 555 del 13 giugno 1912), periodo caratterizzato da importanti flussi
migratori verso l’estero, prevedeva espressamente che, in casi eccezionali rispetto al principio
generale di unitarietà della cittadinanza, gli italiani nati e residenti in un altro stato nel quale
avevano ottenuto la cittadinanza alla nascita, conservavano la cittadinanza italiana a meno che non
vi avessero rinunciato (art. 7). Questa disposizione era stata concepita per risolvere i timori di cui
abbiamo discusso sopra. La legge sulla cittadinanza del 1912 è stata emendata dalla Legge n. 91 del 5
febbraio 1992 (“Nuove norme sulla cittadinanza”) la quale prevede: “Il cittadino che possiede,
acquista o riacquista una cittadinanza straniera conserva quella italiana, ma può ad essa rinunciare
qualora risieda o stabilisca la residenza all’estero”(art. 11).
64
Art. 1, Secondo Protocollo di modifica della Convenzione del 1963.
65
Ibid.
66
Ibid.
52
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 52
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
A questa stessa conclusione si è giunti al termine di una lunga negoziazione in seno al
Consiglio d’Europa che ha portato all’adozione, nel 1997, della Convenzione europea sulla
nazionalità. Come visto precedentemente, la Convenzione del 1997 prevede un approccio
comune per i paesi contraenti nell’ambito del Consiglio d’Europa in materia di cittadinanza, ma la sua rilevanza va registrata anche al di fuori dei confini europei quale importante strumento giuridico di riferimento per legiferare in materia di cittadinanza.67
Riguardo al tema della doppia cittadinanza, o della cittadinanza plurima, il Rapporto esplicativo della Convenzione europea del 1997 sulla nazionalità chiarisce che la Convenzione è “neutrale sulle tematiche inerenti la desiderabilità della cittadinanza
plurima”.68 In questo senso, mentre il Capitolo I della Convenzione del 1963 intende prevenire espressamente la cittadinanza plurima, l’articolo 15 della Convenzione del 1997
prende atto che la cittadinanza plurima è accettata da numerosi Stati europei, mentre
altri Stati europei tendono ad escluderla e, pertanto, in questa materia, la Convezione
assume una posizione di neutralità.69
Da quanto sopra detto, in questo ambito non esiste alcuna disposizione generale internazionale in materia di cittadinanza plurima. La questione rimane soggetta alla decisione sovrana degli Stati in ottemperanza all’esclusiva competenza statale nel determinare chi può divenire proprio cittadino, e ciò in conformità con l’obbligo degli altri
Stati di accettare tale decisione purché non si ponga in contrasto con i principi generali del diritto internazionale. Pertanto, il diritto internazionale in tema di cittadinanza,
e di cittadinanza plurima in particolare, non costituisce uno strumento che, perlomeno al momento, possa essere impiegato per ‘indurre’ gli Stati ad adottare un concetto
più inclusivo di cittadinanza, poiché, come detto, le questioni ad esso connesse sono
ampiamente demandate alle decisioni sovrane degli Stati medesimi. Nelle pagine seguenti cercheremo di comprendere se a livello europeo vi siano degli strumenti, o piuttosto una ‘visione’, che vadano nella direzione di estendere il concetto di cittadinanza e
di appartenenza anche nei confronti dei cittadini dei Paesi terzi.
67
L’art. 27, para 1, della Convenzione europea sulla nazionalità del 1997, supra, autorizza gli Stati non
membri del Consiglio d’Europa che hanno partecipato all’elaborazione della Convenzione a diventare
Stati contraenti. In virtù dell’art. 28, para 1, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa può,
infatti, invitare altri Stati non membri ad accedere alla Convenzione una volta entrata in vigore. La
Convenzione è invece vincolante per gli Stati non membri limitatamente alle disposizioni che fanno
parte del diritto consuetudinario internazionale.
68
Rapporto esplicativo della Convenzione europea sulla nazionalità del 1997, para 97.
69
Ibid. L’art. 15 della Convenzione europea sulla nazionalità del 1997 prevede: “Le norme previste da
questa Convenzione non limiteranno il diritto di uno Stato Membro di decidere nella propria legislazione interna se: a) I propri cittadini che acquisiscono o possiedono la cittadinanza di un altro Stato
mantengono la propria cittadinanza o la perdono; b) l’acquisizione o il mantenimento della propria
cittadinanza è soggetta a rinuncia o perdita di un’altra cittadinanza” (Traduzione a cura dell’autrice).
53
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 53
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer V. Cittadinanza europea e residenza di lungo periodo
Nel quadro del diritto europeo, è noto che la cittadinanza dell’Unione europea è sub­
ordinata al possesso della cittadinanza di uno Stato membro.70 Poiché il fattore decisivo
per acquisire la cittadinanza europea è il possesso della cittadinanza di uno Stato membro, ciò comporta l’esclusione dalla cittadinanza dell’UE di circa 12 – 13 milioni di residenti sul territorio dell’UE che sono cittadini di paesi terzi.
Molti osservatori sostengono che la cittadinanza europea sia un elemento più simbolico che giuridicamente rilevante,71 e che il Trattato di Maastricht abbia ottenuto ben
poco oltre alla codificazione dell’acquis communautaire relativo alla posizione dei cittadini degli Stati membri, e che solo alcuni elementi particolari siano stati aggiunti, quali
il diritto di voto attivo e passivo alle elezioni municipali e del Parlamento europeo nello
Stato di residenza (anche se diverso dallo stato di cui si è cittadini), il diritto di petizione al Parlamento europeo e il diritto di ricorso al mediatore europeo.72
A ciò occorre aggiungere che la cittadinanza europea non è che una cittadinanza
complementare che si somma a quella nazionale senza che il principio di sovranità degli
Stati membri venga in qualche modo alterato o minacciato. Poiché l’istituzione della cittadinanza dell’Unione non ha modificato in maniera sostanziale lo status giuridico di coloro che l’acquisiscono, alcuni autori l’hanno liquidata come una “forma mercantile di
cittadinanza generata dalla domanda di integrazione economica” o, al più, come “un’espressione retorica concepita al fine di accrescere la legittimità della Commissione”.73
Nonostante il modesto carattere dei diritti (e la completa assenza di obblighi) con­
feriti dalla cittadinanza europea, la decisione di inserire nel Trattato sull’UE il capitolo relativo alla cittadinanza dell’Unione è stata probabilmente motivata dal potenziale
70
Si veda art. 9 del Trattato sull’Unione europea modificato dal Trattato di Lisbona (2008): “È cittadino
dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si
aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce”. Molti osservatori considerano tale aspetto
una delle più grandi debolezze della cittadinanza europea; in maniera analoga, il Parlamento
europeo ha sostenuto che la cittadinanza dell’Unione deve essere definita come un concetto autonomo. Si veda, inoltre, l’art. 20 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea modificato dal
Trattato di Lisbona (2008).
71
Si veda, L. Brittan, “Institutional Development of the European Community” (1992) Public Law, 574.
72
È interessante il dato riportato dalla Commissione europea in base al quale meno di un terzo (32 %)
dei cittadini europei intervistati per Eurobarometer si considera ‘bene’ o ‘ molto bene’ informato sui
propri diritti in quanto cittadino dell’UE. Cfr., Commissione europea, Relazione 2010 sulla cittadinanza dell’unione. Eliminare gli ostacoli all’esercizio dei diritti dei cittadini dell’Unione, COM(2010)
603 definitivo, 27 ottobre 2010, 22.
73
T. Kostakopoulou, “European citizenship and immigration after Amsterdam: openings, silences,
paradoxes” (1998) 24/4 Journal of Ethnic and Migration Studies, A. Favell (a cura di), Special issue
“The European Union: immigration, asylum and citizenship”, 639 – 656.
54
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 54
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
integrativo che la cittadinanza, come concetto in sé, ha manifestato negli ultimi 150
anni all’interno degli stati nazionali europei e, dunque, si è pensato di poter utilizzare
questo strumento come stimolo per raggiungere l’obiettivo di creare “un’Unione sempre più stretta fra i popoli dell’Europa”.74
Lo scopo principale della cittadinanza europea è, infatti, quello di avvicinare l’UE ai
cittadini degli Stati membri e di conferire all’UE un nuovo assetto politico e sociale. La
subordinazione della cittadinanza europea a quella nazionale ha comportato, tuttavia,
un trattamento differenziato nei confronti dei cittadini di paesi terzi, alcuni dei quali
hanno trascorso la loro intera esistenza sul territorio dell’Unione facendone, dunque, il
centro della loro vita economica e sociale.
Secondo alcuni studiosi, la cittadinanza europea implica la possibilità di un accordo
politico ‘post-nazionale’, che può facilitare l’appartenenza plurima degli individui a più
comunità, sovrapponibili e interdipendenti, organizzate a vari livelli di governo.75 La
cittadinanza dell’Unione implica, in questa prospettiva, la ‘promessa’, in Europa, di una
comunità democratica denazionalizzata ed eterogenea.76
La novità sostanziale apportata dalla cittadinanza europea va, dunque, vista nella
sua capacità di modificare il nostro concetto di cittadinanza e di appartenenza facendoci intravedere un’apertura a nuove forme di comunità politiche. In altre parole, la cittadinanza europea offre un approccio ‘costruttivo’ alla cittadinanza, per usare la definizione di Kostakopoulou, che è più rispettoso della diversità e più inclusivo di quanto
non lo siano i modelli di cittadinanza basati sul concetto di nazione.77 La cittadinanza
europea consisterebbe, quindi, in una serie di “valori condivisi, di una concezione comune dei diritti e degli obblighi sociali, e di una cultura intellettuale comune che trascende le connaturate differenze nazionali”.78
74
Preambolo al Trattato sull’Unione europea (TUE) (Maastricht, 7 febbraio 1992). Si vedano anche i
Preamboli delle versioni consolidate del Trattato sull’Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, modificati dal Trattato di Lisbona, GU C115, 9 maggio 2008, e il Preambolo alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, modificata dal Trattato di Lisbona. In
modo analogo, l’art. 1, par. 2, Trattato sull’Unione Europea (Versione consolidata di Lisbona, 2008)
dichiara: “Il presente trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre
più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile
e il più vicino possibile ai cittadini”.
75
E. Meehan, Citizenship and the European Community (London, Sage, 1993); E. Meehan, “Political pluralism and European citizenship” in P. B. Lehning e A. Weale (a cura di), Citizenship, Democracy and
Justice in the New Europe (London, Routledge, 1997).
76
T. Kostakopoulou, “Towards a theory of constructive citizenship in Europe” (1996) 4/4 The Journal of
Political Philosophy, 337 – 358.
77
Ibid.
78
J. H. H. Weiler, “The reformation of European constitutionalism” (1997) 35/1 Journal of Common
Market Studies, 118.
55
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 55
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer Esistono molteplici valori e pratiche comuni sui quali edificare un’identità specificamente europea, ovviando alla necessità di prediligere il patrimonio culturale di un
paese a discapito di un altro. Tali valori annoverano il rispetto della democrazia, i diritti umani fondamentali, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze, l’uguaglianza, la tolleranza e lo stato di diritto, e trovano affermazione nell’articolo 2 del
Preambolo del Trattato sull’Unione europea (versione consolidata di Lisbona, 2008), e
nel Preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che fa riferimento ad un “futuro pacifico fondato su valori comuni”, e stipula che la funzione
dell’Unione e della Corte di giustizia europea è quella di “contribuire allo sviluppo di
questi valori comuni”.79
La comunità politica europea può, quindi, essere concepita come una comunità di
responsabilità, impegno e rischi condivisi, di interessi e di aspirazioni comuni.80 Secondo Lehning, una comunità di questo tipo non è tenuta insieme né da un consenso sulla configurazione finale e definitiva dell’Unione europea o da un accordo su un insieme condiviso di valori specifici,81 né da un’identità coesa in senso comunitario. Ciò che rende
possibile il senso di comunità è piuttosto “l’impegno da parte di tutte le unità costituenti di lavorare per il futuro dell’Unione o, in altre parole, di essere tutti coinvolti”, e di
decidere collettivamente di “dare forma a questo processo progettando istituzioni
adeguate”.82
In quest’ottica, il nuovo concetto di comunità sarebbe tenuto insieme dall’impegno
e dalla volontà delle sue unità costituenti di collaborare “per creare un’unione più stretta fra i popoli dell’Europa”.83
La costruzione di una comunità europea che tenga conto della diversità etno-culturale può essere un potente strumento di inclusione per tutti coloro che hanno degli interessi legittimi nel suo futuro, siano essi cittadini dei paesi membri oppure cittadini
di Paesi terzi residenti di lungo periodo.
Tuttavia, i cittadini di Paesi terzi presenti in Europa sono attualmente in una condizione di ‘semi-cittadinanza’:84 essi risiedono in modo permanente nello Stato membro
79
Si veda, Trattato sull’Unione Europea (Versione consolidata di Lisbona, GU C115, 9 maggio 2008);
Carta dell’Unione europea modificata dal Trattato di Lisbona, GU C303, 14 dicembre 2007.
80
T. Kostakopoulou, “Towards a theory of constructive citizenship in Europe” supra.
81
P. B. Lehning, “Pluralism, contractarianism and European Union”, in P. B. Lehning e A. Weale (a
cura di), Citizenship, Democracy and Justice in the New Europe (London, Routledge, 1997), 117 – 19.
82
T. Kostakopoulou, “European citizenship” supra, 645.
83
Si vedano, Trattato sull’Unione Europea e Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Versioni
consolidate di Lisbona, 2008); Carta dell’Unione europea, modificata dal Trattato di Lisbona, 2007, supra.
84
T. Hammar, “Democracy and the Nation-State” supra.
56
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 56
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
e sono de facto cittadini in quanto godono di una serie di diritti civili e sociali, ma come
abbiamo già sottolineato, i loro diritti politici ed elettorali rimangono ampiamente limitati, come è altresì limitata la loro eleggibilità ad ottenere contributi previdenziali e
impieghi nel settore pubblico.
Molti suggeriscono che il deficit di inclusione civile e sociale dei cittadini di Paesi
terzi in Europa possa essere recuperato in due modi: attraverso l’elaborazione di riforme
a livello nazionale tese a facilitare l’acquisizione della cittadinanza nazionale da parte
dei cittadini di Paesi terzi, oppure mediante l’estensione della cittadinanza dell’Unione
a soggetti che non posseggono la cittadinanza di uno Stato membro. La prima opzione
potrebbe implicare sia forme di liberalizzazione delle procedure di naturalizzazione,85
sia un’armonizzazione delle leggi nazionali in materia di acquisizione e perdita della
cittadinanza ‘indotta’ dall’Unione europea. L’armonizzazione legislativa potrebbe avvenire mediante un provvedimento europeo che stabilisca un insieme minimo di criteri
e di requisiti per l’acquisizione della cittadinanza.
Al momento non è stato ancora adottato, e sembra lungi dall’esserlo, alcun provvedimento armonizzante – attraverso raccomandazioni europee o accordi tra gli stati relativamente alle legislazioni nazionali in materia di cittadinanza – nonostante un certo
livello di interdipendenza reciproca e l’esistenza di alcune prassi ed istituzioni comuni.86 Né il diritto dell’Unione europea ha finora influenzato in maniera significativa la
legislazione nazionale in materia di cittadinanza di uno Stato membro. L’armonizzazione della legislazione potrà forse aver luogo in futuro, tuttavia questa possibilità appare
assai remota poiché la nozione di sovranità nazionale resta ancora connessa al concetto
di cittadinanza.
Un altro meccanismo istituzionale per incoraggiare l’inclusione dei cittadini di Paesi terzi in Europa potrebbe essere l’acquisizione della cittadinanza dell’Unione trascorso un determinato periodo di soggiorno legale nell’Unione.87 Oltre allo scetticismo sulla
rilevanza della cittadinanza europea, “l’assenza di volontà politica”, secondo Bernitz,
85
Cfr., A. Evans, “Third country nationals and the Treaty on European Union” (1994) 5 European
Journal of International Law, 199 – 219; R. Hansen, “A European citizenship or a Europe of citizens?
Third country nationals in the EU” (1998) 24/4 Journal of Ethnic and Migration Studies, 751 – 768.
Per l’Italia, si vedano, le diverse proposte di legge atte a facilitare l’accesso alla cittadinanza italiana,
in particolare riducendo gli anni di residenza legale necessari alla presentazione della domanda
(5 anziché 10) ed introducendo una sorta di ‘ius soli temperato’ per i minori stranieri nati in Italia. Cfr.,
le proposte di legge AC 4236, presentata il 30 marzo 2011 e AC 463 del 21 marzo 2013, nonché la proposta di legge di iniziativa popolare (AC 5030) presentata dal Comitato “L’Italia sono anch’io” promosso
da diverse associazioni della società civile.
86
B. Nascimbene (a cura di), Nationality Laws in the European Union (Milano, Giuffré, 1996), 11.
87
Tale proposta è stata avanzata dall’European Union Migrants’ Forum ai fini di una revisione del
Trattato sull’Unione Europea in occasione della Conferenza Intergovernativa del 1996.
57
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 57
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer “può senz’altro costituire un ostacolo concreto all’attuazione di tale riforma”, ma ciò
non deve scoraggiare poiché, generalmente, “le riforme non vengono alla luce facilmente, ma sono il risultato di lunghi processi di negoziazione e di attivismo politico”.88
Un criterio adeguato per il conferimento dei diritti e degli obblighi dei cittadini di
Paesi terzi e per il miglioramento dell’inclusione è racchiuso nel concetto di residenza.
Da questo punto di vista, il concetto di legame effettivo con lo stato, elaborato nel caso
Nottebohm, può essere plasmato e sviluppato in un concetto più ampio nell’ambito
dell’inclusione dei cittadini di paesi terzi.
La prassi statale suggerisce, infatti, che il legame effettivo con lo stato possa includere – oltre ai fattori quali la nascita sul territorio dello stato interessato, la discendenza
da cittadini, o il matrimonio contratto con un cittadino – anche la residenza abituale e
legale in tale stato. La residenza di lungo periodo, ad esempio, è un principio ormai consolidato, in base al quale la cittadinanza viene legittimamente accordata mediante la
naturalizzazione. La Convezione del 1997 sulla nazionalità riconosce espressamente la
residenza abituale e legale quale fattore rilevante per definire il vincolo fra individuo e
stato – aldilà dello jus soli e jus sanguinis – al fine di accordare la cittadinanza.89 In altri
termini, oltre a quelli che si stabiliscono al momento della nascita, l’individuo può anche acquisire, nel tempo, legami effettivi e genuini con lo stato tali da fargli acquisire la
cittadinanza, il cosidetto ius domicilii.
Bruno Nascimbene sostiene che la cittadinanza perderà gradualmente il suo significato a favore del concetto di residenza abituale e legale, il quale diventerà lo standard più
appropriato per stabilire il vincolo o legame tra l’individuo e la comunità civile, politica
o sociale.90
Attualmente la residenza di lungo periodo è la base giuridica per acquisire lo status
di residente di lungo periodo, status che implica il diritto di non essere espulsi e la libertà
di circolare sul territorio dell’UE. Come abbiamo già avuto modo di osservare, la Direttiva 2003/109 relativa allo status legale dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo assegna uno status speciale ai cittadini di Paesi terzi residenti legal-
88
U. Bernitz e H. Lokrantz Bernitz, “Human Right and European Identity: The Debate about European
Citizenship”, in P. Alston (a cura di), The EU and Human Rights (Oxford, Oxford University Press, 1999),
505 – 527.
89
Art. 6, para 3 della Convenzione europea sulla nazionalità del 1997 stabilisce: “Ciascuno Stato
Membro prevederà nella sua legislazione nazionale la possibilità di naturalizzare le persone legalmente e abitualmente residenti sul suo territorio. Nello stabilire le condizioni per la naturalizzazione non si potrà prevedere un periodo superiore a dieci anni di residenza prima di poter presentare
richiesta di naturalizzazione”. (Traduzione a cura dell’autrice).
90
B. Nascimbene (a cura di), “Nationality Laws” supra.
58
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 58
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
mente per un periodo di almeno cinque anni sul territorio di uno Stato membro.91 Tale
status prevede il diritto di residenza continuativa, l’accesso a un’attività lavorativa e la
protezione contro l’espulsione; coloro che hanno acquisito lo status di soggiornante di
lungo periodo possono esercitare il diritto di soggiorno e di accesso a un’attività economica in un altro Stato membro dell’UE. La Direttiva sui soggiornanti di lungo periodo
lascia, tuttavia, agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità nell’applicazione di una parte delle sue disposizioni. Ad esempio, come accennato precedentemente,
le condizioni che devono essere soddisfatte prima che un individuo possa acquisire lo
status di soggiornante di lungo periodo possono includere l’obbligo di soddisfare dei requisiti in materia di integrazione (frequenza di corsi di lingua o di integrazione civica)
le cui modalità d’attuazione posso essere specificate a discrezione di ciascuno Stato
membro.92 In alcuni stati, come Austria e, in base a determinate circostanze, Danimarca, i costi dei corsi di lingua o di introduzione alla vita civica sono a carico dello straniero-candidato, mentre in altri casi, come Germania e Olanda, tali costi sono a carico
del governo; inoltre, sono molto diversificate le conseguenze che discendono dal mancato raggiungimento dei requisiti richiesti: in alcuni casi, come in Austria, ciò può
comportare il mancato rilascio del permesso di soggiorno a titolo permanente, mentre
in altri casi, come in Germania, può comportare la riduzione di alcune prestazioni sociali.93
In conclusione, la residenza di lungo periodo rappresenta un valido criterio per l’assegnazione di diritti e di doveri in capo agli stranieri provenienti da paesi non appartenenti all’Unione europea – i cittadini di Paesi terzi – e per il miglioramento della loro
inclusione nella comunità di residenza. Il concetto di residenza sembra costituire un
criterio di valutazione più obiettivo del criterio della cittadinanza e risponde, inoltre, al
principio di equo trattamento. La rilevanza di questo meccanismo per l’inclusione dei
cittadini di Paesi terzi dipende da quale concetto di inclusione si intende adottare e da
come esso viene applicato nella pratica dagli Stati membri – in particolare tramite i requisiti di integrazione – e, dunque in ultima analisi, dalla volontà politica di tali stati di
integrare ed includere effettivamente i cittadini di Paesi terzi.
91
Direttiva relativa alla status dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo,
supra. L’Italia ha recepito tale direttiva con il Decreto Legislativo n. 3, 8 gennaio 2007.
92
L’art. 5 (Condizioni per acquisire lo status di soggiornante di lungo periodo), comma 2, Direttiva
2003/109 relativa allo status legale dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo,
recita: “Gli Stati membri possono esigere che i cittadini di Paesi terzi soddisfino le condizioni di
integrazione, conformemente alla legislazione nazionale.” In Italia, ciò ha comportato l’introduzione di un test di conoscenza di lingua italiana (Legge n. 94/2009, art. 1, comma 22, lettera i). Cfr., R.
van Oers et al., “A Re-definition of Belonging?” supra.
93
Ibidem.
59
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 59
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer VI. Inclusione e identità complementari
Il processo di inclusione implica generalmente quattro dimensioni: l’inclusione legale o
strutturale, cioè l’acquisizione di diritti e l’accesso all’interno delle principali istituzioni
della società (sistema scolastico e formativo, mercato del lavoro, cittadinanza, abitazione, sindacati, etc.). L’inclusione culturale è, invece, il presupposto della partecipazione
alla vita sociale e rimanda ai processi di mutamento cognitivo, culturale, comportamentale e attitudinale che avviene negli individui che si rapportano con una società
diversa dalla propria. Tali cambiamenti riguardano, in primo luogo, i cittadini stranieri e coloro che posseggono un passato migratorio, ma è un processo interattivo e reciproco che ha effetto su tutta la società, inclusa la cosiddetta ‘dominante’ o di maggioranza. L’inclusione culturale è un’area molto eterogenea, che contempla i valori e le
convinzioni, le competenze culturali, le tradizioni e le pratiche quotidiane.94
L’inclusione nella sfera privata si riflette, invece, nelle relazioni private degli individui e nella loro appartenenza al gruppo (relazioni sociali, amicizie, matrimoni, associazioni di volontariato, etc.), ossia, nella loro inclusione sociale. Infine, l’appartenenza a una
nuova società a livello soggettivo si manifesta nel sentimento di appartenenza e di identificazione, in particolare di gruppo e/o nazionale: ovverosia, nell’inclusione identificativa.95
Inclusione significa dunque acquisizione di diritti e accesso a istituzioni e servizi,
cambiamenti nel comportamento individuale, creazione di relazioni sociali e di sentimenti di appartenenza e di identificazione verso la società nella quale si vive.96
In linea generale, ogni individuo si può identificare con gruppi molto diversificati
fra loro. Una persona può avere un’identità di cittadinanza, nazione, etnicità, genere,
razza, discendenza territoriale, lingua, religione, professione, ecc. All’interno della
gamma di appartenenze si può, inoltre, scegliere la priorità da assegnare all’una piuttosto che all’altra appartenenza a seconda del contesto.
In questo ambito, poter disporre della libertà di scelta è di fondamentale importanza
per contrastare quelle che Anthony Appiah ha definito ‘nuove tirannie’: esse si presen94
Si veda, European Forum for Migration Studies et al., “EFFNATIS – Effectiveness of National Integration
Strategies towards Second Generation Migrant Youth in a Comparative European Perspective”, relazione definitiva, TSER Programme, 9 (2001) in http://web.uni-bamberg.de/projekte/effnatis/pgitps.htm.
95
Ibid.
96
Ibid. La Commissione europea ha definito ‘integrazione’ un “processo dinamico e bilaterale di adeguamento reciproco da parte di tutti gli immigrati e residenti degli Stati membri”, Comunicazione della
Commissione, Un’agenda comune per l’integrazione. Quadro per l’integrazione dei cittadini di Paesi
terzi nell’Unione europea, 1 settembre 2005, COM (2005) 389 definitivo, Allegato, CBP 1. Cfr., inoltre,
Comunicazione della Commissione, Un’agenda comune per l’integrazione. Quadro per l’integrazione
dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea, COM(2005) 389 definitivo, 1 settembre 2005.
60
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 60
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
tano sotto forma di identità consolidate che però possono rivelarsi tiranniche perché
poste a scapito di altre identità che, invece, dovrebbero essere ragionevolmente accettate e rispettate.97 Appiah illustra questo concetto attraverso l’esempio dell’identità afroamericana che ha certamente sostenuto in passato – e continua a farlo tutt’oggi – le rivendicazioni di giustizia razziale negli Stati Uniti. Tuttavia, essa può anche essere
oppressiva se considerata come l’unica identità che una persona di colore possiede, senza dare alcuna rilevanza ad altre identità. Appiah solleva la questione in questi termini:
Nell’osservare l’imperialismo dell’identità – un imperialismo evidente tanto nelle
identità razziali quanto altrove – è fondamentale ricordarsi sempre che non siamo
semplicemente neri o bianchi, gialli o marroni, omosessuali o bisessuali, ebrei, cristiani, musulmani, buddisti, confuciani, ma anche fratelli e sorelle; genitori e figli;
liberali, conservatori e di sinistra; insegnanti e avvocati, fabbricanti d’auto e giardinieri; fan dei San Diego Padres e dei Boston Bruins, amanti del grunge e di Wagner; appassionati di cinema; seguaci di MTV, lettori di gialli; surfisti e cantanti;
poeti e amanti degli animali; studenti e insegnanti; amici e amanti. L’identità razziale può essere il fondamento della resistenza al razzismo […] ma facciamo in modo
che le nostre identità razziali non ci sottomettano a nuove tirannie.98
Gli individui dovrebbero essere dunque liberi di essere ciò che sono, di scegliere le proprie identità e di vivere conformemente ad esse.99 Il riconoscimento delle identità multiple e complementari – con individui che si identificano, ad esempio, con i cittadini di
uno stato, o con i membri di un gruppo etnico, religioso o altro – deve diventare la pietra angolare della democrazia.100
97
A. K. Appiah, “Race, Culture, Identity: Misunderstood Connections”, in A. K. Appiah e A. Gutman (a
cura di), Color Consciousness: The Political Morality of Race (Princeton, Princeton University Press, 1996).
98
Ibid., 84.
99
L’art. 3, para 1 della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali (supra) sul
diritto delle persone appartenenti a minoranze di scegliere liberamente di essere trattate o di non
essere trattate come tali illustra precisamente questo concetto.
100 Chandran Kukathas sostiene che lo Stato liberale non ha un interesse legittimo all’unità sociale nel
senso che il sentimento di identità personale non è una questione che lo riguarda. C. Kukathas,
“Liberalism, Communitarianism, and Political Community”, in (1996) 13 Social Philosophy and
Policy, 80 – 104; C. Kukathas, “Cultural Toleration”, in I. Shapiro e W. Kymlicka (a cura di), Nomos
Thirty-nine: Ethnicity and Groups Rights (New York, New York University Press, 1997). A questo proposito Levy afferma che l’unità sociale e la costruzione dell’identità sono troppo importanti per la nostra
etica politica perché lo stato non se occupi. Tuttavia, lo stato liberale non deve cercare di plasmare le
identità dei suoi cittadini così che l’identificazione con lo stato assuma l’assoluta priorità rispetto
all’identificazione con altre collettività: “lo stato liberale può legittimamente preoccuparsi, come le
Chiese, i gruppi etnici e altri, dell’identità dei propri membri; esso può tentare di assicurare che ci
sia qualche forma di attaccamento, sebbene esso sia ovviamente limitato nei mezzi che può impiegare”. J. T. Levy, “The Multiculturalism of Fear” supra, 184 – 196.
61
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 61
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer Secondo Bauböck, le identità multiple non vanno concepite come identità in competizione tra loro, ma come identità sovrapponibili in un’unità.101 Egli illustra questo concetto attraverso la doppia cittadinanza generata dalla migrazione che ha condotto molti stati a confrontarsi con il tema della lealtà o fedeltà verso il paese di origine e verso
quello di nuova residenza.
Bauböck osserva che gli stati hanno elaborato a questo proposito quattro diversi tipi
di approcci: per un primo gruppo di stati, tra cui l’Austria, la cittadinanza dovrebbe essere, in linea di principio, unitaria e la lealtà andrebbe quindi concepita come un vincolo esclusivo; un secondo gruppi di stati, tra i quali gli Stati Uniti, manifesta una forma di ‘tolleranza accondiscendente’ verso la cittadinanza di origine che viene
sostanzialmente ignorata, mentre la lealtà nei confronti del paese di nuova residenza è
considerata come primaria; per un terzo gruppo, la cittadinanza d’origine è ‘dormiente’
e si riattiva quando il cittadino avente doppia cittadinanza ritorna nel proprio paese di
origine; per un quarto gruppo, i cittadini con doppia cittadinanza godono simultaneamente dei diritti di due stati, ad esempio, votando all’estero.102 Per Bauböck gli ultimi
due approcci sono utili allo sviluppo di identità multiple in quanto riconoscono che per
i migranti le identità nazionali possono sovrapporsi, e non possono essere semplicemente separate, avendo tutte primaria importanza.103
Zolberg sostiene in proposito che non dovremmo pensare “alla costruzione dell’identità come a un gioco a somma zero, per cui l’acquisizione di una nuova identità è bi­
lanciata dalla perdita di quella originaria”, ma dovremmo piuttosto riconoscere “la
propen­sione specificamente umana per le identità multiple, così come manifestata dalla propensione di qualsiasi individuo ad apprendere ed impiegare diverse lingue, e a
trasformare molti aspetti di sé”.104
Durante il processo di inclusione a seguito di processi migratori, gli individui si trovano coinvolti in un processo interattivo molto sfaccettato in cui i membri dei gruppi
maggioritari così come i migranti devono essere in grado di integrarsi in una comunità
collettiva senza dover rinunciare alle proprie caratteristiche etniche, religiose o culturali o, in altri termini, senza perdere la propria identità distintiva. Bauböck ha descritto questo fenomeno come un processo di “conservazione della precedente appartenenza
101
R. Bauböck, “Farewell to Multiculturalism? Sharing Values and Identities in Societies of Immigration” (2002) 3/1 Journal of International Migration and Integration, 1 – 16.
102 Ibid., 12 – 13.
103 Ibid.
104 A. R. Zolberg, “Modes of Incorporation: Toward a Comparative Framework” in V. Bader (a cura di),
Citizenship and Exclusion (London, Macmillan, 1997), 139 – 154, 151.
62
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 62
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
culturale durante l’acquisizione della nuova”.105 Questo processo non contempla nessun
riferimento all’acculturazione, sebbene l’acquisizione di alcuni tratti culturali – in particolare la lingua ufficiale del nuovo paese di residenza – sia fondamentale. È indubbio,
infatti, che il processo di inclusione ed, in particolare, l’accesso alle diverse opportunità
disponibili nei Paesi di nuova residenza abbia luogo nel quadro economico, politico ed
istituzionale di tali paesi. Ciò comporta che i migranti dovranno apprendere la lingua
ufficiale del paese di residenza alfine di ottenere, ad esempio, la cittadinanza nazionale,
o per ottenere un posto nella pubblica amministrazione o, infine, per ottenere il riconoscimento delle qualifiche ottenute nel proprio paese d’origine.106
VII. Cenni conclusivi
Dall’analisi esposta in queste pagine è emersa chiaramente la persistente rilevanza della
cittadinanza nazionale soprattutto in termini di titolarità di diritti politici e di eleggibilità, di previdenza e di impiego nel settore pubblico. Nonostante la sua indubbia importanza, il concetto di cittadinanza è stato tuttavia sottoposto ad un processo di trasformazione e di adattamento a nuovi contesti generati da moderne forme di migrazione di
massa e dal riconoscimento delle molteplici appartenenze degli individui – la super-diversità di Vertovec107 – e tali fattori hanno contribuito a ricostruire il progetto di cittadinanza come sempre più dissociato da una mono-dimensione culturale, etnica, religiosa o
linguistica e sia invece sempre più incentrato intorno al criterio della residenza.
Tale nuovo concetto di cittadinanza, fortemente basato sulla residenza e sulle appartenenze plurime, può essere un potente strumento di inclusione per tutti coloro che
hanno interessi e valori comuni e dunque anche per i cittadini di Paesi terzi, i quali al
momento vivono in molti Stati europei in ciò che abbiamo definito una condizione di
‘semi-cittadinanza’, cioè uno stato di forte condizionamento e limitazione dei propri
diritti. La residenza potrebbe invece rappresentare un valido criterio per l’assegnazione
di diritti e di doveri in capo ai cittadini di Paesi terzi e per migliorare il processo di inclusione, inteso non solo come acquisizione di diritti e accesso a istituzioni e servizi,
ma anche, e soprattutto, in un ottica che coinvolga tutti coloro che appartengono alle
105 R. Bauböck, “The Crossing and Blurring of Boundaries”, in R. Bauböck e J. Rundell (a cura di) Blurred
Boundaries. Migration, Ethnicity, Citizenship (Aldershot, Ashgate, 1998), 17 – 52, 43.
106 Si veda, fra gli altri, Comunicazione della Commissione, Un’agenda comune per l’integrazione.
Quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea, supra, 7.
107
S. Vertovec, “Super-diversity and Its Implications” (2007) 29(6) Ethnic and Racial Studies, 1024 – 54.
63
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 63
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer diverse comunità che compongono la società, come cambiamenti nel comportamento
individuale e collettivo, la creazione di relazioni sociali – i “bonding social capital” e “bridging social capital” di Robert Putnam, cioè i vincoli che legano persone simili e i vincoli
che invece legano persone fra loro diverse108 – così come di sentimenti di appartenenza
e di identificazione verso la società nella quale si vive.
Se il fattore della residenza sul quale si basa il concetto di cittadinanza civica si fondi su un inganno piuttosto che rappresentare una soluzione fattibile per migliorare il processo di inclusione dei cittadini di Paesi terzi dipende da diversi fattori largamente interdipendenti e legati a comportamenti e decisioni da parte di tutti coloro che
appartengono alla società, siano essi cittadini stranieri residenti di lungo periodo, cittadini dello Stato di riferimento, decisori politici, etc.
La base del processo di inclusione è infatti la creazione di un’identità collettiva comune
basata su valori condivisi, quali i diritti umani, la democrazia, la tolleranza e l’uguaglianza, ma anche sul sentimento di fiducia e rischi condivisi, di impegno e aspirazioni
comuni, cioè sul senso di appartenenza alla comunità collettiva e sul sentimento di
condivisione del proprio destino con gli altri appartenenti alla comunità, piuttosto che
sulla cultura o su criteri basati sulla discendenza.
A questo proposito, il Preambolo della Carta europea dei diritti fondamentali stabilisce che “i popoli europei nel creare un’unione più stretta hanno deciso di condividere
un futuro pacifico basato su valori comuni”.109 Ciò implica che le sfide future non riguarderanno uno o più popoli specifici: tutti i popoli europei condivideranno un futuro comune. La condivisione di un futuro pacifico unirà le persone anche quando i vincoli emotivi
di quelle persone sono deboli.110
Tuttavia, è evidente che una situazione in cui le diverse comunità che compongono
la società vivono in universi paralleli non è certamente ideale a favorire la comprensione reciproca o a coltivare prassi collaborative, sentimenti di fiducia o di impegno tesi
alla condivisione di un futuro pacifico.111 Inoltre, un concetto inclusivo di appartenenza
108 R. D. Putnam, Bowling Alone: The Collapse and Revival of American Community (New York, Simon and
Schuster, 2000).
109 Carta europea dei diritti fondamentali dell’Unione europea, 2000/C 364/01, proclamata il 7 dicembre
2000, emendata dal Trattato di Lisbona, 2007/C 303/01, 14 dicembre 2007. Corsivo aggiunto.
110
Si noti che il Preambolo del Trattato che istituisce una costituzione per l’Europa era più esplicito in
questo senso, in quanto affermava: “Persuasi che i popoli dell’Europa (…) sono decisi a superare le
antiche divisioni e, uniti in modo sempre più stretto, a forgiare il loro comune destino” (Enfasi aggiunta). Si veda, A. von Bogdandy, “The European constitution and European identity: Text and subtext
of the Treaty establishing a Constitution in Europe” (2005) 3/2 International Journal of Constitutional Law, 295 – 315.
111
L’attacco terroristico del 9 luglio 2005, avvenuto in Gran Bretagna ad opera di cittadini che avevano
un passato migratorio ed erano in possesso della cittadinanza britannica, ha riportato prepotente-
64
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 64
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
e un’identità collettiva condivisa, l’estensione dell’ambito d’applicazione della cittadinanza nazionale ed europea, e l’assegnazione di diritti e obblighi sulla base della residenza abituale e legale, non sono di per sé sufficienti a garantire a ciascun individuo
pari dignità e rispetto, e soprattutto a garantire la coesione sociale e a promuovere il
sentimento di fiducia e impegno a “condividere un futuro pacifico”, sebbene queste siano condizioni necessarie.
Alcuni sostengono, infatti, che l’impoverimento e l’alienazione di molti giovani figli
di migranti di prima generazione, la cosiddetta ’seconda e terza generazione`, vadano ricollegati alla mancanza o all’inadeguatezza di politiche antidiscriminatorie, piuttosto che
al tema della cittadinanza formale, al rispetto della diversità o al multiculturalismo.112
Allo scopo di generare tra tutti i membri della collettività un senso di appartenenza
e di inclusione sono di fondamentale importanza politiche e strategie pianificate per
riequilibrare l’iniqua posizione di tutti i componenti della società e per combattere le
forme di discriminazione formale e sostanziale. In altri termini, il senso di concittadinanza, l’impegno per un futuro condiviso e un’identità collettiva condivisa non possono essere trasmessi solo tramite misure che mirano alla protezione e al rispetto delle
diversità, ma tali misure devono essere affiancate e rafforzate attraverso l’attuazione di
efficaci politiche a favore delle pari opportunità senza le quali le altre misure sarebbe
poco credibili e dunque destinate nel migliore dei casi ad essere ignorate, o, nel peggiore dei casi, a generare sentimenti di alienazione, diffidenza, se non addirittura, di avversione.113
mente il tema delle ‘società parallele’ all’interno del dibattito pubblico. In Gran Bretagna, infatti, la
maggior parte delle persone con passato migratorio provenienti dal ’Nuovo Commonwealth’ (e i loro
discendenti) sono cittadini britannici. Per Barry il problema risiede nel fatto che “il criterio di
appartenenza alla comunità britannica può essere così poco esigente da rendere tale appartenenza
incapace di fornire le basi di una comune identità che è necessaria per la stabilità e la giustizia delle
comunità politiche liberali e democratiche”. Barry continua: “Britannico sembra essere un concetto
giuridico ampiamente connesso alla cittadinanza britannica formale piuttosto che un concerto con
una significativa connotazione affettiva, cognitiva o comportamentale”. B. Barry, Culture and
equality: An egalitarian critique of multiculturalism (Cambridge, Polity Press, 2001), 83 – 87. Un sondaggio
del 1997 condotto in Gran Bretagna ha effettivamente rilevato che la maggior parte di coloro che
appartenevano allora alle seconde generazioni riteneva che la cittadinanza britannica non fosse
nient’altro che un vincolo giuridico. T. Modood, “Anti-Essentialism, Multiculturalism and the
‘Recognition’ of Religious Groups” (1998) 6 Journal of Political Philosophy, 378 – 399, 384 – 385.
112
Si veda, tra tutti, B. Barry, Culture and Equality – An Egalitarian Critique of Multiculturalism, supra.
113
Si noti che la Commissione europea, anche in risposta alla violenza scatenatasi nelle periferie
degradate francesi alla fine del 2005, ha riunito un gruppo di esperti di alto livello, presieduto da Rita
Süssmuth, con il compito di analizzare e formulare delle raccomandazioni sulle specifiche forme di
discriminazione ed esclusione a cui sono soggetti i migranti e le comunità consolidate di stranieri e
di coloro che posseggono un passato migratorio. Si veda, European Community Action Programme,
“Experts on advise Commission on social situation of ethnic minorities” (2006) 5 Equal Rights in
Practice 4.
65
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 65
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer Bibliografia
T. A. Aleinikoff e D. Klusmeyer, Citizenship Policies for an Age of Migration (Washington D. C.,
Carnegie Endowment for International Peace, 2002).
B. R. O’G. Anderson, Imagined communities: reflections on the origin and spread of nationalism
(London, Verso, 1991).
A. K. Appiah, “Race, Culture, Identity: Misunderstood Connections”, in A. K. Appiah e
A. Gutman (a cura di), Color Consciousness: The Political Morality of Race (Princeton,
Princeton University Press, 1996).
B. Barry, Culture and equality: An egalitarian critique of multiculturalism (Cambridge, Polity
Press, 2001).
R. Bauböck, “The Crossing and Blurring of Boundaries”, in R. Bauböck e J. Rundell (a cura
di) Blurred Boundaries. Migration, Ethnicity, Citizenship (Aldershot, Ashgate, 1998).
R. Bauböck, “Farewell to Multiculturalism? Sharing Values and Identities in Societies of
Immigration” (2002) 3/1 Journal of International Migration and Integration, 1 – 16.
U. Bernitz e H. Lokrantz Bernitz, “Human Right and European Identity: The Debate about
European Citizenship”, in P. Alston (a cura di), The EU and Human Rights (Oxford, Oxford
University Press, 1999).
A. Bertossi, Les Frontières de la citoyenneté en Europe. Nationalité, résidence, appartenance
(L’Harmattan, Logiques politiques, Paris, 2001).
A. von Bogdandy, “The European constitution and European identity: Text and subtext of
the Treaty establishing a Constitution in Europe”, (2005) 3/2 International Journal of
Constitutional Law, 295 – 315.
A. L. Brittan, “Institutional Development of the European Community” (1992) Public Law, 574.
Commissione europea, Un’agenda comune per l’integrazione. Quadro per l’integrazione dei
cittadini di Paesi terzi nell’Unione europea, 1 settembre 2005, COM(2005) 389 definitivo.
Commissione europea, Relazione 2010 sulla cittadinanza dell’unione. Eliminare gli
ostacoli all’esercizio dei diritti dei cittadini dell’Unione, COM(2010) 603 definitivo,
27 ottobre 2010.
Consiglio d’Europa, “Trends and Developments in National and International Law on
Nationality”, First European Conference on Nationality, CONF/NAT (99) PRO I,
Strasburgo, 18 – 19 ottobre 1999.
Consiglio d’Europa, Assemblea Parlamentare, Commissione Affari Legali e Diritti umani,
Raccomandazione 1735 sul concetto di ‘nazione’, 2006, (edizione provvisoria), adottata
il 26 gennaio 2006 (settima seduta).
European Community Action Programme, “Experts on advise Commission on social
situation of ethnic minorities” (2006) 5 Equal Rights in Practice, 4.
European Forum for Migration Studies et al., “EFFNATIS – Effectiveness of National
Integration Strategies towards Second Generation Migrant Youth in a Comparative
European Perspective”, relazione definitiva, TSER Programme, 2001, 9, in
http://web.uni-bamberg.de/projekte/effnatis/pgitps.htm.
A. Evans, “Third country nationals and the Treaty on European Union” (1994) 5 European
Journal of International Law, 199 – 219.
66
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 66
20.09.13 10:46
Migrazione, appartenenza e identità: Verso il declino d
­ ella cittadinanza?
A. Fermin, Citizenship and Integration Policy (European Research Centre on Migration and
Ethnic Relations (ERCOMER), Novembre 2000), sintesi in http://www.ercomer.org/
publish/reports/EN_ Re_ 38.html.
G. Freeman, “Modes of Immigration Politics in Liberal Democratic States” (1985) 29/4
International Migration Review, 881 – 913.
E. Guild, The Legal Elements of European Identity – EU Citizenship and Migration Law (The
Hague/London/Boston, Kluwer Law International, 2004).
J. Habermas, “Citizenship and National Identity: Some Reflections on the Future of
Europe” (1992 – 1993) 12/1 Praxis International, 1.
T. Hammar, Democracy and the Nation-State. Aliens, Denizens and Citizens in a World of
International Migration (Avebury, Aldershot, 1990).
R. Hansen, “A European citizenship or a Europe of citizens? Third country nationals in
the EU” (1998) 24/4 Journal of Ethnic and Migration Studies, 751 – 768.
D. Jacobson, Rights across Borders: Immigration and the Decline of Citizenship (Baltimore, Johns
Hopkins University Press, 1996).
C. Joppke, Immigration and the Nation-State. The United States, Germany, and Great Britain
(Oxford, Oxford University Press, 1999).
G. Kojanec, “Multiple Nationality”, in Consiglio d’Europa, Trends and Developments in
National and International Law on Nationality, CONF/NAT (99) PRO I, Strasbourg,
18 – 19 October 1999.
T. Kostakopoulou, “Towards a theory of constructive citizenship in Europe” (1996) 4/4 The
Journal of Political Philosophy, 337 – 358.
T. Kostakopoulou, “European citizenship and immigration after Amsterdam: openings,
silences, paradoxes” (1998) 24/4 Journal of Ethnic and Migration Studies, A. Favell
(a cura di), Special issue “The European Union: immigration, asylum and citizenship”,
639 – 656.
C. Kukathas, “Liberalism, Communitarianism, and Political Community”, in (1996) 13
Social Philosophy and Policy, 80 – 104.
C. Kukathas, “Cultural Toleration”, in I. Shapiro e W. Kymlicka (a cura di), Nomos Thirtynine: Ethnicity and Groups Rights (New York, New York University Press, 1997).
J. T. Levy, The Multiculturalism of Fear (Oxford University Press, Oxford, 2000).
J. Marko, “Citizenship beyond the National State? The Transnational Citizenship of the
European Union”, in M. La Torre (a cura di), European Citizenship: An Institutional
Challenge (Boston, Kluwer Law International, 1998).
R. Medda-Windischer, Nuove Minoranze. Immigrazione tra diversità culturale e coesione sociale
(Cedam, Padova, 2010).
E. Meehan, Citizenship and the European Community (Sage, London, 1993); E. Meehan,
“Political pluralism and European citizenship” in P. B. Lehning e A. Weale (a cura di),
Citizenship, Democracy and Justice in the New Europe (London, Routledge, 1997).
T. Modood, “Anti-Essentialism, Multiculturalism and the ‘Recognition’ of Religious
Groups” (1998) 6 Journal of Political Philosophy, 378 – 399.
A. Nascimbene (a cura di), Nationality Laws in the European Union (Milano, Giuffré, 1996).
R. van Oers, E. Ersbøll and T. Kostakopoulou, A Re-definition of Belonging? Language and
Integration Tests in Europe (Leiden-Boston, Martinus Nijhoff Publ., 2010).
67
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 67
20.09.13 10:46
Roberta Medda-Windischer B. Parekh, “Integrating Minorities in a Multicultural Society”, in U. K. Preuss e F. Requejo
(a cura di), European Citizenship, Multiculturalism, and the State (Baden-Baden, Nomos,
1998).
U. K. Preuss, “The Relevance of the Concept of Citizenship for the Political and
Constitutional Development of the EU”, in U. K. Preuss e F. Requejo (a cura di), European
Citizenship, Multiculturalism, and the State (Baden-Baden, Nomos, 1998).
E. Renan, “Qu’est-ce qu’une nation ?” (1882) Association scientifique de France –Bulletin
hebdomadaire.
S. Sassen, Losing Control? Sovereignty in an Age of Globalisation (New York, Columbia
University Press, 1996).
S. Sassen, “The de facto Transnationalizing of Immigration Policy”, in C. Joppke, Challenge
to the Nation-State (Oxford, Oxford University Press, 1998).
Y. N. Soysal, Limits of Citizenship: Migrants and Postnational Membership in Europe (Chicago,
University Chicago Press, 1994).
S. Vertovec, “Super-diversity and Its Implications”, (2007) 29(6) Ethnic and Racial Studies,
1024 – 54.
J. H. H. Weiler, “The reformation of European constitutionalism” (1997) 35/1 Journal of
Common Market Studies, 118.
C. Wihtol de Wenden e R. Leveau, La bourgeoisie. Les trois ages de la vie associative issue de
l’immigration (Paris, CNRS, 2001).
A. R. Zolberg, “Modes of Incorporation: Toward a Comparative Framework” in V. Bader
(a cura di), Citizenship and Exclusion (London, Macmillan, 1997).
68
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 68
20.09.13 10:46
Parte II
Alto Adige
II. Teil
Südtirol
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 69
20.09.13 10:46
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 70
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano
e lo sviluppo di una politica
sulla migrazione per i territori
­abitati da minoranze tradizionali
Andrea Carlà1
Introduzione
L’epoca contemporanea è stata definita come “l’età della migrazione”.2 Prevalentemente
a causa delle disuguaglianze strutturali dell’economia globale, di guerre e di catastrofi
ambientali si stima che più di duecento milioni di persone abbiano lasciato il loro paese
d’origine per cercare una vita migliore altrove.3 Questo movimento migratorio contemporaneo si distingue per la sua dimensione globale, interessando l’intero pianeta, ed è
diretto soprattutto dai paesi in via di sviluppo e quelli meno sviluppati verso i paesi
economicamente più avanzati. Dalla metà degli anni novanta anche l’Alto Adige/Südtirol, una provincia italiana caratterizzata dalla presenza di minoranze tradizionali di
lingua tedesca e ladina ed una elaborata autonomia politica per proteggere la loro diversità, è entrato a far parte di questo processo migratorio contemporaneo, essendo stato
scelto come destinazione da molti migranti provenienti da varie parti del mondo.4
1
Andrea Carlà, Visiting Fellow nell’Exploratory Project on International Politics and Conflict Resolution
presso la Fondazione Bruno Kessler (Fbk-CeRPIC) di Trento, collabora, in qualità di ricercatore, con
l’Istituto sui Diritti delle Minoranze dell’Accademia Europea di Bolzano/Bozen (EURAC).
2
S. Castles e M. J. Miller, The Age of Migration (New York, Guilford Publications, 1998).
3
International Organization for Migration, “Facts & Figures”, in http://www.iom.int/cms/en/sites/
iom/home/about-migration/facts--figures-1.html
4
In questo contributo viene prevalentemente usato il termine migrante (e migrazione) al posto di
immigrato, poichè nell’immaginario collettivo tale termine ha assunto una valenza negativa. Tale
scelta riflette anche la volontà di rimarcare che i confini statali che dividono la specie umana sono
in realtà entità immaginate, risultato di dinamiche storiche, politiche e sociali.
71
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 71
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
Il fenomeno della migrazione è causa di profonde trasformazioni sociali e presenta
varie sfide per le società ‘ospitanti’ che vanno da come controllare e regolare il flusso
migratorio a come includere persone e comunità di diverse culture e religioni, mantendo la coesione sociale. La gestione della migrazione diventa ancora più complessa in
territori come l’Alto Adige, abitati da minoranze etnico-linguitiche storiche, che mirano a differenziarsi dal resto dello stato nazionale e proteggere le loro specificità culturali. Se da un lato lo status di minoranza della popolazione locale e l’esperienza con la diversità culturale dovrebbero creare un ambiente favorevole all’arrivo e all’inclusione di
nuove comunità di migranti, dall’altra in questi territori la migrazione interagisce con
i rapporti tra i gruppi storici, lo stato e il resto della popolazione che si identifica con lo
stato nazionale. Si tratta quindi di prendere in considerazione come l’arrivo e la presenza di migranti siano visti in relazione alla politica etnica locale ed ai sistemi istituzionali sviluppati per salvaguardare le comunità tradizionali; o piu` in generale la questione è come regolare l’inclusione delle nuove comunità di migranti garantendo allo stesso
tempo la protezione delle minoranze storiche.
Nelle pagine seguenti si analizza come il fenomeno della migrazione e l’arrivo di
nuove comunità di migranti siano gestiti in Alto Adige dai gruppi linguistici tradizionali e come il tema della migrazione si combini con la politica etnica altoatesina. In
particolare vengono esaminati i seguenti aspetti: i discorsi dei maggiori partiti politici
in tema di migrazione; le competenze della Provincia altoatesina (Provincia di Bolzano/
Bozen) in materia di migrazione, sia per quanto riguarda le politiche di controllo del
flusso migratorio sia riguardo alle politiche di inclusione della popolazione migrante;
ed alcune delle azioni intraprese dalla Provincia di Bolzano in questi settori, in particolare la prima legge provinciale in materia di integrazione della popolazione migrante
emanata alla fine del 2011.5
In base ad uno studio nazionale elaborato dal Consiglio Nazionale dell’Economia e
del Lavoro (CNEL) la Provincia di Bolzano ha uno dei livelli di integrazione più alto in
Italia, considerando criteri come il lavoro, alloggi adeguati, e il ricongiungimento familiare.6 Inoltre secondo una ricerca locale condotta nel 2007, i migranti avevano un rapporto positivo con l’Alto Adige in vari settori quali la partecipazione alla vita sociale,
l’interesse per la vita politica ed i media locali, i contatti con la popolazione locale,
5
Legge provinciale “Integrazione delle cittadine e dei cittadini stranieri”, del 28 ottobre 2011, n. 12,
pubblicata nel Bollettino Ufficiale, 8 novembre 2011, n. 45 (denominata in questo contributo “Legge
provinciale sull’Integrazione”).
6
Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, Indici di integrazione degli immigrati in Italia, VII
Rapporto (CNEL, Roma, 13 luglio 2010)
72
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 72
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
s­ opratttutto il gruppo di lingua italiana, e la conoscenza della lingua italiana – meno
del tedesco.7
Nonostate i buoni risultati sul campo evidenziati negli studi sopra menzionati, questo contributo descrive come nella maggior parte dei casi, la diversità culturale dell’Alto
Adige e il suo sistema di tutela delle minoranze tradizionali non abbiano favorito lo sviluppo di un ambiente pluralista che accolga l’arrivo di nuove comunità di migranti e le
loro culture. Nei discorsi politici altoatesini il tema della migrazione interagisce con la
politica etnica locale e a volte è utilizzato in funzione di questa politica. Inoltre si sottolinea la necessità che i migranti imparino le lingue e culture locali ed il bisogno di ridurre l’impatto della migrazione sul benessere della società, anche limitando i diritti
dei migranti e proponendo pratiche discriminatorie di selezione degli stessi. Questi discorsi si riflettono in parte sulle politiche provinciali sulla migrazione attuate in Alto
Adige. A questo proposito, in base all’ordinamento Italiano, la Provincia di Bolzano ha
un ruolo estremamente limitato nei processi decisionali sulle politiche di controllo della migrazione, anche se l’Alto Adige si differenzia leggermente dal resto d’Italia per
quanto riguarda la gestione amministrativa del controllo del flusso migratorio. La Provincia ha invece molte competenze in materia di politiche d’inclusione della popolazione migrante. Comunque, anche se la Provincia ha preso vari provvedimenti e investito
in diversi progetti in materia di migrazione, fino alla fine del 2011 quando è stata emanata la prima Legge provinciale sull’Integrazione, non c’era un approccio locale integrale alla politica d’inclusione della popolazione migrante. Inoltre, le politiche altoatesine mettono in evidenza la conoscenza delle lingue e culture locali e contenevano
misure (dichiarate incostituzionali) che limitavano l’acceso dei migranti ad alcune prestazioni sociali.8
Per comprendere esattamente come il fenomeno della migrazione s’intrecci con la
politica etnica altoatesina è necessario descrivere brevemente il sistema altoatesino di
salvaguardia delle minoranze tradizionali, con particolare riferimento alla popolazione
di lingua tedesca, e fornire alcuni dati riguardo ai processi migratori in Alto Adige.9
7
C. Lainati e S. Saltarelli (a cura di), Migrazioni in Alto Adige, Osservatorio Provinciale sulle Immigrazioni della Provincia Autonoma di Bolzano (Praxis, Bolzano, febbraio 2007). Si veda anche R. MeddaWindischer, “Gestione della diversità delle ‘nuove minoranze’ in Alto-Adige/Süd Tirol”, in R. MeddaWindischer, et al. (a cura di), La migrazione in Alto adige e Tirolo (Bolzano: EURAC research, 2011), 25.
8
Si tenga presente che questo contributo non prende in considerazioni le azioni in materia di migrazione intraprese in Alto Adige a livello comunale. Le valutazioni ivi contenute si riferiscono solo ai
discorsi e alle politiche attuate a livello provinciale.
9
Per un resoconto della storia dell’Alto Adige si veda R. Steininger, Alto Adige/Sudtirolo 1918 – 1999
(Innsbruck-Wien, Studienverlag, 1999).
73
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 73
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
Con il Secondo Statuto di Autonomia, la popolazione di lingua tedesca in Alto Adige
gode di un sistema istituzionale per la protezione delle minoranze tradizionali particolarmente avanzato. Allo stesso tempo questo sistema, che segue un modello consociativo per la gestione della diversità, si basa su un rigido separatismo tra i gruppi linguistici che vivono in Alto Adige. Le caratteristiche principali di questo sistema sono
un’ampia autonomia politica concessa a un territorio (la Provincia di Bolzano), in cui la
popolazione di lingua tedesca è in realtà la maggioranza, e diverse misure per garantire la tutela della diversità linguistica e culturale delle minoranze tradizionali altoatesine. Le misure principali sono: la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici
negli organi legislativi, esecutivi e giudiziari provinciali, l’uso della cosiddetta ‘proporzionale etnica’, cioè la distribuzione degli impieghi e risorse pubbliche tra i gruppi linguistici in proporzione alla loro forza numerica, che è calcolata sulla base di una dichiarazione di appartenenza linguistica al gruppo italiano, tedesco o ladino rilasciata
al momento del censimento; la parificazione della lingua tedesca alla lingua italiana;
la toponomastica bilingue; il bilinguismo obbligatorio dei funzionari pubblici; il criterio di quattro anni di residenza in provincia per avere il diritto al voto nelle elezioni
locali; e l’insegnamento nella lingua madre degli alunni, ottenuto attraverso la creazione di tre sistemi scolastici separati: una scuola di lingua italiana, una di lingua tedesca, e la scuola nelle valli ladine. Inoltre per svolgere le proprie competenze, la Provincia può contare su un generoso sistema di finanziamento, che le permette di
trattenere i nove decimi delle imposte pagate in provincia, cosa che ha permesso di
sviluppare in Alto Adige un vasto ed eccellente apparato burocratico e di fornire servizi
sociali migliori rispetto al resto dello stato italiano.10
Queste misure, anche se hanno garantito una convivenza pacifica tra i gruppi linguistici tradizionali, hanno istituzionalmente cristallizzato le divisioni linguistiche
della popolazione altoatesina per molti aspetti della vita sociale e politica. Ciascun
gruppo linguistico ha creato le proprie strutture e organizzazioni (come asili, sindacati,
partiti, biblioteche, associazioni giovanili e sportive, mass media e chiese) e i contatti
fra i gruppi linguistici sono ancora limitati. Nonostante il bilinguismo ufficiale, molti
in Alto Adige non sono in realtà bilingue. La separazione linguistica ha favorito una
comprensione esclusiva delle identità linguistiche (appartenere al gruppo di lingua italiana significa non far parte del gruppo linguistico tedesco e vice-versa). Inoltre, il sistema non considera la possibilità che in Alto Adige la società e le identità potrebbero
evolversi. In effetti, il ​​sistema non valorizza la presenza di persone linguisticamente
10
Per una completa analisi del sistema altoatesino per la protezione delle minoranze si veda J. Marko
et al., L’Ordinamento speciale della Provincia autonoma di Bolzano (CEDAM, Padova, 2001).
74
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 74
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
miste (figli di genitori appartenenti ai diversi gruppi linguistici tradizionali dell’Alto
Adige). Queste persone non sono conteggiate come tali nel censimento, bensì dal censimento del 1991 è offerta la possibilità di identificarsi con il termine “altro” e di rilasciare una dichiarazione di aggregazione ad uno dei gruppi ufficiali, al fine di consentire il
funzionamento della ‘proporzionale etnica’.11
Secondo il censimento del 2011 in Alto Adige vivevano 504.643 abitanti, di cui il
69,4 % affiliato al gruppo linguistico tedesco, il 26,1 % affiliato al gruppo di lingua italiana, e il 4,5 % che si è identificato come membro della minoranza di lingua ladina.12 Tuttavia, oltre a questi gruppi ufficiali, dal 1990 una parte crescente della popolazione è
composta di migranti provenienti da paesi stranieri.
L’Alto Adige ha conosciuto il fenomeno della migrazione da paesi stranieri relati­
vamente tardi rispetto ad altre parti d’Italia. Nel 1990 in provincia di Bolzano si con­
tavano 5,099 migranti, e la maggior parte proveniva dalla Germania e dall’Austria. A
partire dal 1993 – 1994 la popolazione migrante ha iniziato ad aumentare rapidamente,
dapprima con l’arrivo di persone dai Balcani (principalmente dall’ex-Jugoslavia e
dall’Albania). Con il nuovo secolo si è assistito ad una migrazione verso l’Alto Adige di
persone provenienti da varie parti del mondo, con un flusso specifico dai paesi dell’Europa orientale, in particolare dalla Romania e dalla Slovacchia nel 2007. Nel 2011 in
Alto Adige vivevano 44,355 migranti provenienti da più di 100 paesi, che rappresentano
più dell’8,7 % della popolazione, e dunque quasi il doppio della popolazione di lingua ladina. Quasi un terzo della popolazione migrante proviene da paesi dell’Unione Europea, un altro terzo da altri paesi europei, il 16,5 % dall’Asia, il 12,7 % dall’Africa e il 4,5 %
dall’America. Le nazionalità piu` rappresentate sono quella albanese (5.558 persone),
tedesca (4.677), e marocchina (3.570), seguita da pakistani, macedoni, polacchi, e romeni.13
Secondo i dati statistici del 2011 più della metà della popolazione migrante è di
­sesso femminile (52,6 %), 64,6 % ha meno di 40 anni, e il 21,6 % è minorenne.14 Inoltre
nel 2011, il tasso di natalità tra i migranti è stato quasi il doppio rispetto a quello della
11
Diverse misure del Secondo Statuto di Autonomia proteggono la popolazione di lingua ladina.
Tuttavia, queste misure non sono basate sulla logica della divisione tra i gruppi linguistici.
Per esempio nelle scuole delle comunità ladine gli studenti seguono lezioni sia in italiano sia in
tedeco, ed imparano anche il ladino.
12
Provincia autonoma di Bolzano/Alto Adige – Istituto provinciale di statistica – ASTAT, Annuario
statistico 2012 (Bolzano, 2013), 119.
13
Ibid., 108 – 109. Percentuali a cura dell’autore.
14
Ibid., 108 – 109. Percentuali a cura dell’autore.
75
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 75
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
popolazione autoctona. Infine la maggior parte dei migranti, come la popolazione di
lingua italiana, vive in aree urbane, in particolare nelle principali città.15
Quindi la migrazione in Alto Adige è un fenomeno in crescita, che influenza la composizione demografica della provincia. Di conseguenza, la migrazione è diventata un
importante argomento di discussione politica in Alto Adige.
I.
I partiti politici altoatesini e la migrazione
Di seguito è presentata un’analisi su come i partiti politici dell’Alto Adige affrontino il
fenomeno della migrazione. Da un lato si considera come, secondo le forze politiche altoatesine, la migrazione interagisca con le esigenze delle minoranze tradizionali e le
caratteristiche linguistiche e culturali dell’Alto Adige. Dall’altro si esamina come la diversità linguistica e culturale dell’Alto Adige influenzi l’approccio alla migrazione da
parte dei partiti altoatesini.
Per condurre quest’analisi sono stati presi in considerazione i programmi politici
dei partiti dell’Alto Adige che avevano rappresentanti nel Consiglio provinciale di Bolzano durante la legislatura 2008 – 2013, nonchè ulteriori documenti elaborati dai partiti,
i loro siti web e, per i partiti di governo, alcuni documenti della Giunta provinciale. I
partiti analizzati sono: la Südtiroler Volkspartei (SVP), che nelle elezioni del 2008 ha ottenuto il 48,1 % dei voti, tradottisi in diciotto rappresentanti in seno al Consiglio provinciale; i Freiheitlichen, che hanno ottenuto il 14,3 % dei voti e hanno cinque rappresentanti nel Consiglio; il Popolo della Libertà (PdL) – incluso Futuro e Libertà per l’Italia (FLI),
che si e` separato dal PdL nel 2011 – che è stato scelto dal 8,3 % dei votanti e ha tre rappresentanti; il Partito Democratico (PD), che ha ottenuto il 6 % dei voti e due rappresentanti; i Verdi-Grüne-Vërc, con l’5,8 % dei voti e due membri nel Consiglio provinciale; il
Süd-Tiroler Freiheit, che ha ottenuto il 4,9 % dei voti e ha due deputati; la BürgerUnion für
Südtirol, con il 2,3 % dei voti e un solo rappresentante; la Lega Nord, che nelle ultime elezioni ha ricevuto 2,1 % dei voti e ha ottenuto un solo rappresentante; e Unitalia – Movimento Iniziativa Sociale, che ha un unico rappresentante, dopo aver ricevuto il 1,9 %
dei voti (grafico 1).
15
Provincia autonoma di Bolzano/Alto Adige – Istituto provinciale di statistica – ASTAT, “astatinfo”, 41
(giugno 2012), 3, 6.
76
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 76
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
Grafico 1: Risultati elettorali delle elezioni per il Consiglio provinciale di Bolzano nel 2008
% dei voti
BürgerUnion
Lega Nord
Unitalia
Süd-Tiroler Freiheit
Verdi
PD
SVP
Altri
PdL
Freiheitlichen
La Südtiroler Volkspartei è il principale partito politico in Alto Adige. Si tratta di un
partito di raccolta, che rappresenta il gruppo linguistico tedesco e ne tutela diritti e interessi. La SVP ha dominato il panorama politico dell’Alto Adige fin dalla fine della seconda guerra mondiale, controllando il governo locale insieme a partiti minori che rappresentano la popolazione di lingua italiana. Oggi la SVP governa insieme al partito di
centro-sinistra Partito Democratico. La Süd-Tiroler Freiheit, i BürgerUnion für Südtirol, e i
Freiheitlichen sono partiti nazionalisti di destra di lingua tedesca, mentre Unitalia è un
partito nazionalista di destra di lingua italiana. Il PdL è un partito liberale nazionalista
di lingua italiana. Il partito dei Verdi-Grüne-Vërc è una forza politica ambientalista ed
interetnica. Infine la Lega Nord è un partito federalista che fa appello sia al gruppo linguistico italiano sia a quello tedesco, ma, come si vedrà, ha posizioni molto conservatrici riguardo alla diversità portata dai recenti fenomeni migratori.
Da un’analisi dei discorsi politici dei partiti altoatesini emerge che la storia dell’Alto
Adige, la sua diversità culturale e il suo sistema di tutela delle minoranze tradizionali
non hanno favorito lo sviluppo di un ambiente pluralista che accoglie con benevolenza
l’arrivo di migranti e le loro culture. Infatti, in Alto Adige atteggiamenti xenofobi nei
confronti dei migranti sono diffusi, in particolare verso i migranti provenienti dai paesi arabi e mussulmani. La Lega Nord, Unitalia, BürgerUnion, e i Freiheitlichen sono partiti
apertamente contrari alla migrazione, che considerano come una minaccia economica,
77
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 77
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
sociale e culturale. Soprattutto i migranti provenienti dai paesi arabi e mussulmani
sono considerati incapaci di integrarsi.16 Anche alcuni mebri della SVP hanno assunto
posizioni xenofobe, espresse in un documento emanato nel 2007 chiamato Immigration
und Integration in Südtirol.17 Il documento esamina la dimensione culturale della migrazione, con particolare attenzione ai migranti che non provengono dai paesi dell’Unione
Europea (UE) e il ruolo dell’Islam. I migranti provenienti da paesi mussulmani sono
considerati come i più difficili da integrare. Nel documento si propone di limitare l’accesso dei migranti alle prestazioni sociali ai soli casi di emergenza e di distinguere tra
migranti dei paesi UE e quelli di paesi extra UE, chiedendo misure più severe per questi
ultimi.
Più in generale, comunque, la SVP si oppone ad atteggiamenti xenofobi e toni populisti contro la migrazione, contraddistinguendosi piuttosto per un approccio strumentale alla migrazione considerata come una necessità economica. Infatti, documenti del
partito, come il programma elettorale 2008 – 2013, l’accordo di governo di coalizione
SVP-PD, e altri documenti del Governo provinciale in materia di migrazione, considerano i migranti sopratttutto come forza lavoro, sottolineando la necessità di controllare
il numero di migranti e consentire la migrazione solo quando è strettamente necessaria per il mercato del lavoro.18 Tuttavia la SVP sembra più che altro interessata a neutralizzare il più possibile l’impatto politico, sociale e culturale della migrazione sulla società altoatesina, e come analizzato in seguito, il partito solleva problemi sociali e
culturali legati alla migrazione.
In Alto Adige solo i Verdi sono apertamente a favore della migrazione, che considerano come una fonte di arricchimento economico sociale e culturale per la società alto16
Si veda per esempio: “Quaderni leghisti: Islam, la verità/ Lega Blatt: Islam, di Wahrheit”, Editoriali,
in http://www.leganord.bz.it/; Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Lavori Consiglio:
Legge integrazione, ordini del giorno”, 16 settembre 2011; “Einwanderergesetzentwurf der SVP ist
Luftblase”, in http://www.buergerunion.st/index.php; e “Ordine del giorno n. 3 dell’8.9.2011, presentato dai consiglieri Leitner, Egger, Mair, Tinkhauser e Stocker Sigmar, concernente: Immigrazione
non equivale sempre ad arricchimento – la continua immigrazione nasconde il pericolo del fondamentalismo islamico”, in Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Resoconto integrale della
seduta del Consiglio Provinciale”, n. 109, 16 Settembre, 2011.
17
F. Pahl et al., Immigration und Integration in Südtirol, 25 maggio 2007; per una analisi del documento si
veda V. Wisthaler, “The paradox migration puts traditional minorities in: A case study on the
education system of South Tyrol”, (2008), in http://www.migrationeducation.org/fileadmin/uploads/
VerenaWisthaler.pdf, 5
18
Südtiroler Volkspartei, Mit Euch für Südtirol! Wahlprogramm 2008–2013 (ottobre 2008); Südtiroler
Volkspartei, Fordern und fördern!, settembre 2010; Partito Democratico, Accordo di coalizione per la
formazione del Governo provinciale per la legislatura 2008 – 2013, in http://www.partitodemocratico.bz/
e http://www.provincia.bz.it/aprov/giunta-provinciale/programma/programma.asp, 24; Giunta
Provinciale della Provincia autonoma di Bolzano, Considerazioni e proposte della Giunta provinciale,
giugno 2008, in http://www.provincia.bz.it.
78
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 78
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
atesina.19 Anche il PD, considera i migranti come una parte importante della società e
della sua economia, ma come membro del Governo provinciale sembra allinearsi alle
posizioni della SVP. Il PdL e FLI accettano la presenza di migranti in Alto Adige, anche
se il primo partito esprime a volte preoccupazioni per i migranti mussulmani, rimarcando il pericolo del fondamentalismo islamico, mentre il secondo ha un approccio più
inclusivo sostenendo fra l’altro il principio dello ius soli per l’acquisizione della cittadinanza italiana.20 Infine il Süd-Tiroler Freiheit non è a priori contro la migrazione, ma allo
stesso tempo non vuole promuovere l’arrivo in Alto Adige di ulteriori migranti.21
Molte forze politiche in Alto Adige intendono il processo d’integrazione della popolazione migrante come assimilazione. Per la Lega Nord, Unitalia, Süd-Tiroler Freiheit,
BürgerUnion, e i Freiheitlichen i migranti devono imparare e adattarsi alla storia, la cultura e la lingua locale, mentre la loro diversità non deve essere valorizzata.22 Solo nel caso
dei Verdi e, almeno a parole, del PD l’esperienza dell’Alto Adige con la diversità culturale ha favorito un approccio multiculturale all’integrazione dei migrati. Questi partiti
sostengono il bisogno che i migranti mantengano e possano esprimere la loro lingua
d’origine e i loro valori culturali e che allo stesso tempo siano considerati membri a
pieno­titolo della società altoatesina.23 Comunque il PD, come membro del Governo provinciale, da più rilevanza al fatto che i migranti imparino la lingua locale.24
19
Verdi-Grüne-Vërc, “20 Principi per una politica verde sulla migrazione e l’integrazione”, in
http://www.verdi.bz.it/.
20
M. Biancofiore, “Mai essere succubi dell’islamicamente corretto”, 5 ottobre 2009, in
http://www.pdlaltoadige.it; e Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Lavori Consiglio:
Legge integrazione, si a ordine del giorno su cittadinanza”, 16 settembre 2011, in
http://www.consiglio-bz.org/it.
21
Süd-Tiroler Freiheit, “Programmatische Grundzüge”, in http://www.suedtiroler-freiheit.com; e
Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Lavori in Consiglio – Approvati gli articoli della
legge sull’integrazione”, 22 ottobre 2011, in http://www.consiglio-bz.org/it.
22
Si veda per esempio: Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Lavori Consiglio: Si all’articolo
1 della legge integrazione”, 17 settembre 2011; “Comunicato stampa: Non basta il numero chiuso per
l’assegnazione di case popolari agli immigrati. È necessario bloccare completamente le assegnazioni
fino a quando gli italiani sono senza casa!”, 16 maggio 2008 in http://www.unitalia-movimento.it;
Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Lavori Consiglio: Legge sull’integrazione”, 21
ottobre 2011 in http://www.consiglio-bz.org/it; “Integrationsgesetz mit wenig Biss und Inhalt”, in
http://www.buergerunion.st/index.php; e “Ordine del giorno n. 1, presentato dai consiglieri Mair,
Tinkhauser e Leitner, riguardante ‘Il messaggio di Thilo Sarrazin è giunto in Alto Adige?’”, in
Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Resoconto integrale della seduta del Consiglio
Provinciale”, n. 108, September 15, 2011.
23
Per esempio si veda: Gruppo Consiliare, “Per una vera legge sull’integrazione”, 14 giugno 2011, in
http://www.verdi.bz.it/; e “Un’alleanza tra italiani ed immigrati per sviluppo e lavoro”, PDNewsletter,
30 (10 novembre 2010).
24
Si veda Giunta Provinciale della Provincia autonoma di Bolzano, “Considerazioni e proposte della
Giunta provinciale” supra; e Partito Democratico, “Accordo di coalizione” supra, 24.
79
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 79
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
La SVP invece ha una posizione vaga a riguardo. Da una parte il partito dichiara che
bisogna essere aperti nei confronti della diversità culturale della popolazione migrante.
Dall’altra il partito sottolinea soprattutto la necessità che i migranti imparino la cultura e la lingua locale. Questa ambiguità e` stata chiaramente espressa da L. Durnwalder,
presidente della Giunta provinciale di Bolzano ed una delle personalità politiche più influenti nella SVP, secondo il quale creare una società multiculturale significa rispettare
le altre culture, ma senza perdere la propria identità, la propria cultura e le proprie tradizioni.25 Quindi l’integrazione dei migranti è pertanto legata alla conservazione dell’identità della società ospitante. Inoltre, mentre da una parte il presidente Durnwalder
sottolinea l’importanza dell’apprendimento della lingua locale per l’inclusione sociale
dei migranti, allo stesso tempo si oppone ad assimilare i migranti nella cultura altoatesina. Secondo Durnwalder “integrazione non dovrebbe equivalere ad assimilazione. Gli
immigrati non si trasformeranno in tirolesi, non devono farlo. Ciascuno manterrà e
curerà la propria identità, nel rispetto degli altri e delle disposizioni vigenti.”26 Quest’affermazione non è ulteriormente elaborata in relazione a come i migranti possano proteggere e promuovere la propria identità e alle misure che potrebbero aiutarli in questo
processo, e non è quindi chiaro se la SVP e il presidente Durnwalder sostegano veramente un approccio multiculturale alla migrazione.
In aggiunta in Alto Adige vi è una diffusa opposizione al riconoscimento ai migranti dei pieni diritti sociali. Infatti, da documenti della SVP e del Governo provinciale
emerge la preoccupazione che i generosi servizi sociali dell’Alto Adige attirino un tipo
di migrazione indesiderata, vale a dire migranti che sono inproduttivi ed usufruiscono
delle prestazioni sociali.27 Questa preoccupazione è stata chiaramente espressa da
Durnwalder, il quale ha sottolineato la necessità per l’Alto Adige di “evitare […] di diventare una calamita per tutti coloro che usufruiscono di servizi sociali ma non desiderano dare alcun contributo”.28 La soluzione che è stata elaborata al fine di scongiurare
questo ‘pericolo’ è stata quella di collegare l’accesso ai servizi sociali al criterio di un periodo minimo di residenza in provincia. La Lega, Unitalia, Süd-Tiroler Freiheit, Bürger­
Union, e i Freiheitlichen, alimentano questa preoccupazione, dichiarando che i migranti
25
L. Durnwalder, Relazione del presidente Durnwalder al bilancio provinciale 2007, 12 dicembre 2006, in
http://www.provincia.bz.it/aprov/amministrazione/service/attualita.asp?aktuelles_
action=4&aktuelles _article_id=155714, 23.
26
L. Durnwalder, Dichiarazioni programmatiche del presidente della Provincia designato Luis Durnwalder al
Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, 16 dicembre 2008.
27
Südtiroler Volkspartei, “Mit Euch für Südtirol!” supra; Südtiroler Volkspartei, “Fordern und fördern!”
supra; Giunta Provinciale della Provincia autonoma di Bolzano, “Considerazioni e proposte della
Giunta provinciale” supra.
28
L. Durnwalder, “Dichiarazioni programmatiche” supra.
80
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 80
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
abusano dei servizi sociali e/o sostenendo il bisogno di limitare l’accesso dei migranti ai
servizi sociali e/o dare priorità alla popolazione locale.29
Più in generale la politica dei partiti altoatesini in tema di migrazione si fonde con
il tema della presenza in Alto Adige di gruppi linguistici tradizionali ed i rapporti di
potere tra questi gruppi. Per i partiti nazionalisti di destra di lingua Italiana la migrazione indebolisce lo status del gruppo linguistico italiano: Unitalia, ad esempio, per
voce del proprio rappresentante in Consiglio provinciale, si è detto preoccupato per il
fatto che molti figli di migranti scelgano la scuola in lingua italiana e vede i migranti
come una minaccia alla cultura italiana.30 In passato membri del dissolto partito di destra Alleanza Nazionale, ora nel PdL, hanno collegato la questione della migrazione con
lo stato di ‘minoranza’ del gruppo di lingua italiana sul territorio provinciale. I migranti sono stati considerati come un nuovo gruppo e a questo proposito è stata espressa la
preoccupazione che potessero sottrarre risorse al gruppo di lingua italiana, criticando
una prassi degli uffici provinciali (ora abolita) di considerare i migranti che inoltravano
richieste all’IPES, l’istituto provinciale che si occupa di edilizia sociale, come appartenenti al gruppo linguistico italiano nel calcolo della ‘proporzionale etnica’ (la distribuzione delle risorse pubbliche tra i gruppi linguistici in base alla loro consistenza
numerica).31 Allo stesso tempo, però, sono stati evidenziati anche effetti positivi della
migrazione per il gruppo di lingua italiana, indicando per esempio il fatto che la presenza di bambini migranti “spesso ‘salva’ le classi italiane” dando la possibilità di raggiungere il numero minimo di iscrizioni.32
29
Si veda per esempio: “Programma/Programm”, in http://www.leganord.bz.it/; “Comunicato stampa:
Non basta il numero chiuso” supra; “Vorstellung der Bezirkskandidaten Unterland/Überetsch – Keine
weiteren Belastungen für das Unterland”, 13 agosto 2008, in http://www.suedtiroler-freiheit.com;
Ulli Mair, “Meine Meinung – Für eine Integration mit Vernunft, Menschlichkeit und Mut!”, Die
Freiheitlichen, 26 settembre 2011, in http://www.die-freiheitlichen.com/; “Das Wohngeldmodell der
Landesregierung ist gescheitert”, BürgerUnion für Südtirol”, in http://www.buergerunion.st/index.
php; “Ordine del giorno n. 5 dell’8.9.2011, presentato dai consiglieri Leitner, Stocker Sigmar, Mair,
Tinkhauser e Egger, concernente: Priorità alla popolazione locale – proposte per regolamentare
l’immigrazione – integrazione degli stranieri”, in Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano,
“Resoconto integrale della seduta del Consiglio Provinciale”, n. 109, 16 settembre 2011. Comunque a
questo proposito si deve rilevare che la legislazione nazionale così come le norme dell’Unione
Europea non garantiscono alla popolazione migrante la completa parità dei diritti.
30
Unitalia, “Mozione: No alla trasformazione della scuola italiana con l’inserimento di programmi
interculturali proposti da parte di alcuni dirigenti didattici locali per favorire i figli degli immigrati!”, 15 marzo 2004, in http://www.unitalia-movimento.it.
31
Interrogazione. Gli stranieri a Merano: III° gruppo, 7 Ottobre 1999, in http://www.consiglio-bz.org/it.
32
Interrogazione su alunni stranieri nelle scuole altoatesine, 2 maggio 2000, in http://www.consiglio-bz.org/
it. Questo processo riguarda soprattutto le scuole di lingua italiana nelle valli lontane dai centri
urbani dove è concentrata la popolazione di lingua italiana. Inotre, bisogna sottolineare che per
imparare meglio il tedesco alcune famiglie di lingua italiana preferiscono iscrivere i figli alle scuole
di lingua tedesca.
81
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 81
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
Al contrario, i partiti nazionalisti tedeschi ritengono che la migrazione indebolisca
lo status del gruppo linguistico tedesco e minacci le caratteristiche culturali tedesche
dell’Alto Adige. Questi partiti sottolineano che i migranti si integrano principalmente
con il gruppo di lingua italiana, perché vivono in gran parte in aree urbane dove prevale la popolazione di lingua italiana e tendono a frequentare le scuole di lingua italiana,
sostenendo che i migranti non siano consapevoli degli aspetti culturali e linguistici
tedeschi­che caratterizzano l’Alto Adige. Di conseguenza temono che la migrazione
modi­fichi l’equilibrio demografico tra i gruppi linguistici dell’Alto Adige, minando l’efficacia della autonomia politica e le misure per proteggere i gruppi tradizionali dell’Alto
Adige, come la ‘proporzionale etnica’.33 Per la Süd-Tiroler Freiheit, questo processo modifica anche le dinamiche politiche mettendo a repentaglio l’obiettivo dell’auto-determinazione dell’Alto Adige, perché in futuro la presenza dei “nuovi italiani” renderebbe
matematicamente impossibile ottenere una maggioranza che persegua tale obiettivo.34
Come detto dai rappresentati della Süd-Tiroler Freiheit, la migrazione può diventare “una
questione di sopravvivenza per i gruppi tedeschi e ladini”, ed è necessario impedire che
“gli immigrati di oggi diventino gli italiani di domani.”35 Anche la SVP è preoccupata
per il fatto che i migranti si integrino soprattutto nel gruppo di lingua italiana, e sostiene la necessità di favorire l’integrazione anche nei gruppi di lingua tedesca e ladina.36
Inoltre il tema della migrazione è affrontatto da quasi tutti i partiti altoatesini quale argomento legato al sistema altoatesino per la protezione delle minoranze tradizionali. Da una parte la migrazione è utilizzata per criticare alcune delle misure per la
protezione delle minoranze tradizionali e la separazione tra i gruppi linguistici che caratterizza il sistema altoatesino. Per esempio Unitalia ha proposto provocatoriamente
la creazione di una quarta scuola per gli studenti migranti, oltre a quelle italiane, tedesche e ladine, sostenendo che segregare i bambini migranti non sia una misura discriminatoria e razzista in Alto Adige, perchè gli studenti in generale sono già separati.
33
Si veda: “Ordine del giorno n. 13 del 15.9.2011, presentato dai consiglieri Knoll e Klotz, concernente la
regolamentazione dell’immigrazione”, in Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Resoconto
integrale della seduta del Consiglio Provinciale”, n. 109, 16 settembre 2011; Süd-Tiroler Freiheit, “Bis
2050 wird sich Ausländeranteil verdreifachen: Unkontrollierte Zuwanderung Gefahr für Süd-Tirol”,
29 dicembre 2011, in http://www.suedtiroler-freiheit.com; e “Ordine del giorno n. 3” supra.
34
Süd-Tiroler Freiheit, “Sorge um Süd-Tirols Zukunft hat nichts mit Ausländerfeindlichkeit zu tun”, 24
novembre 2009, in http://www.suedtiroler-freiheit.com. Traduzione della citazione, dal tedesco, a
cura dell’autore.
35
Süd-Tiroler Freiheit, “Meilenstein in der Einwanderungspolitik: Landtag genehmigt gezielte Anwerbung von EU-Arbeitskräften”, 17 settembre 2011, in http://www.suedtiroler-freiheit.com. Traduzione
della citazione, dal tedesco, a cura dell’autore.
36
Südtiroler Volkspartei, “Fordern und fördern!” supra.
82
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 82
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
Come sostenuto da D. Seppi, rappresentante di Unitalia nel Consiglio provinciale, “se
non va bene la quarta scuola per immigrati, mi si dovrà spiegare perché vanno bene le
altre tre”.37 I Verdi dal loro punto di vista considerano invece la popolazione migrante
come il simbolo che la società altoatesina si è evoluta al di là delle divisioni etnico-linguistiche mantenute dalle istituzioni, che di conseguenza hanno bisogno di essere riformate. Ad esempio la ‘proporzionale etnica’ viene criticata non solo perché non considera le persone appartenenti alle famiglie miste, ma anche perché “irreggimenta
perfino i/le migranti con cittadinanza italiana in ‘gruppi’ con i quali poco hanno a che
fare.”38 Come detto da B. Foppa, portavoce del partito, i migranti, così come i mistilingue, sono tra “i principali indicatori che questa nostra società è molto diversa dalla
rude schematizzazione che la proporzionale impone.”39 Inoltre, i Verdi non solo utilizzano il tema della migrazione come strumento per criticare il sistema altoatesino, ma
conferiscono ai migranti anche un ruolo attivo nella loro campagna per cambiare il sistema altoatesino, per esempio invitandoli a partecipare alla loro richiesta di boicottare
il censimento linguistico nel 2011.40
Allo stesso tempo, la questione della migrazione è usata per difendere il sistema
alto­atesino e le sue caratteristiche. Per esempio R. Theiner, segretario politico della
SVP, fa riferimento alla migrazione per opporsi a cambiamenti della ‘proporzionale etnica’­(e del censimento) al fine di considerare la presenza di persone mistilingue.
Secon­do Theiner “se inseriamo un quarto gruppo, non sarà mai finita: dovremo poi aggiungere quello albanese, quello indiano, eccetera.” 41 I rappresentanti della Süd-Tiroler
Freiheit utilizzano il tema della migrazione anche per criticare il Governo italiano e
richie­dere l’indipendenza, sostenendo che il fenomeno migratorio dimostra come le
caratte­ristiche culturali e linguistiche tedesche dell’Alto Adige siano ancora in pericolo
all’interno dello Stato italiano.42 La migrazione provoca conflitti politici riguardo al rap​​
porto tra i gruppi linguistici altoatesini tradizionali e i meccanismi per proteggere le
minoranze tradizionali e regolare la convivenza etnico-linguistica.
37
Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Lavori Consiglio: Legge integrazione, ordini del
giorno – 5”, 16 settembre 2011, in http://www.consiglio-bz.org/it.
38
“‘Io non ci sto’ Appello dei Verdi per un atto di disobbedienza civile in occasione del Censimento
2011”, in http://www.verdi.bz.it/.
39
B. Foppa, “La Proporzionale e la Petronilla”, in http://www.verdi.bz.it.
40
Ibid.
41
F. Zamboni, “Theiner:’Senza proporz tensioni etniche’”, Alto Adige, 8 ottobre 2011, 16. Anche I
Freiheitlichen hanno sostenuto questo argomento. Si veda “Grüne ‘Zündler’ gefährden friedliches
Zusammenleben”, 11 Ottobre 2011, in http://www.die-freiheitlichen.com/.
42
Si veda per esempio Süd-Tiroler Freiheit, “Gemeindewahl 2010: Ortsversammlung der Süd-Tiroler
Freiheit in Partschins/Rabland”, 10 dicembre 2009, in http://www.suedtiroler-freiheit.com.
83
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 83
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
Comunque è necesario sottolineare che la questione della migrazione porta anche a
superare la divisione linguistica che in generale caratterizza le dinamiche politiche in
Alto Adige. Tradizionale terreno di scontro tra i partiti nazionalisti italiani e tedeschi
sono le rispettive diverse concezioni della società altoatesina all’interno dello Stato italiano, delle relazioni tra i gruppi linguistici altoatesini e delle misure per proteggere le
minoranze tradizionali. Tuttavia, questi partiti si trovano fianco a fianco nella loro opposizione alla migrazione e nelle loro proposte per limitare i diritti culturali e sociali
dei migranti. In merito alla questione della migrazione le loro differenze vengono pertanto accontonate, creando lo spazio per una nuova coalizione politica, per quanto occasionale e limitata all’orgomento in esame. Questa identità di vedute suggerisce che
l’arrivo di migranti stranieri sta influenzando i processi di formazione dell’identità e le
relazioni tra i gruppi linguistici tradizionali. I migranti sono i nuovi ‘altri’, estranei al
territorio. Rispetto a questo gruppo, la popolazione di lingua italiana è considerata
come autoctona ed è in grado di affermare la sua appartenenza al territorio dell’Alto
Adige.
Infine, le preoccupazioni per l’impatto della migrazione sulla società altoatesina e
sulle relazioni tra i gruppi linguistici tradizionali spingono a richiedere azioni risolute
a livello politico. Quasi tutte le forze politiche altoatesine sottolineano infatti la necessità per la Provincia di Bolzano di ottenere l’attribuzione di maggiori competenze da
parte dello Stato italiano in tema di migrazione, ricomprendendo tra esse il controllo
del flusso migratorio. Tuttavia, vi è anche la consapevolezza delle difficoltà di questo
sviluppo all’interno del quadro istituzionale italiano. Per esempio nell’accordo di coalizione SVP-PD da una parte si fa riferimento alla limitata capacità della Provincia di
Bolzano di gestire il fenomeno della migrazione, d’altra parte si sottolinea la necessità
di fare tutto il possibile per controllare la migrazione e si dichiara che il Governo provinciale è pronto ad assumersi le responsabilità necessarie.43
Sono tre le principali linee di azione proposte dai partiti rappresentati in Consiglio
provinciale: i partiti più estremisti, come la Lega Nord e Unitalia, vorrebbero ridurre
il numero di migranti che arrivano in Alto Adige. Invece, in conseguenza di un dif­
fuso sentimento di preoccupazione che potremmo definire ‘culturale’, in documenti
della SVP e del Governo provinciale (come ad esempio il programma elettorale della
SVP 2008 – 2013 ed una raccolta di considerazioni e proposte in materia di migrazione
elaborata dalla Giunta provinciale nel 2008) ricorre la proposta di dare priorità ai
migran­ti da paesi dell’Unione Europea, considerati più vicini dal punto di vista cultu43
Partiti Democratico, “Accordo di coalizione” supra, 24.
84
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 84
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
rale.44 Secondo il presidente Durnwalder considerare la vicinanza culturale non è discriminante; piuttosto è un modo per evitare possibili problemi, facendo in modo che
i conflitti culturali non siano violenti. Per il presidente le persone di estrazione cul­
turale europea sono in grado di “muoversi più facilmente e con meno problemi.”45
Questo punto di vista è supportato anche dai Süd-Tiroler Freiheit.46 Infine ci sono molte
richieste affinchè la Provincia di Bolzano intervenga più attivamente per regolamentare l’inclusione della popolazione migrante nella società altoatesina: ad esempio, tutti i partiti di lingua tedesca invocano varie misure, anche coattive, per sensibilizzare
la popolazione migrante a prendere atto delle peculiarità culturali e linguistiche
dell’Alto Adige ed a integrarsi nel gruppo linguistico tedesco.47
Per riassumere, un’analisi della politica dei partiti altoatesini in tema di migrazione rileva che il fenomeno della migrazione solleva in Alto Adige molte questioni che
sono specifiche alla natura peculiare del territorio e alla presenza di minoranze tradizionali. Per valutare le reali conseguenze di questi discorsi politici e capire esattamente
come il tema della migrazione è affrontato in Alto Adige, è necessario analizzare in dettaglio quali sono le competenze della Provincia di Bolzano in questa materia all’interno
del sistema istituzionale Italiano e quali misure politiche sono state effettivamente intraprese dalla Provincia.
II. Competenze e misure attuate dalla
Provincia di Bolzano in materia di migrazione
Lo Stato Italiano è organizzato in vari enti territoriali: Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane. All’interno di questo contesto istituzionale la Provincia di Bolzano si
differenzia da altri enti territoriali perché il Secondo Statuto di Autonomia le attribuisce competenze aggiuntive in varie materie, che la rendono una sorta di ‘super regione’.
44
Südtiroler Volkspartei, “Mit Euch für Südtirol! supra; Giunta Provinciale della Provincia autonoma di
Bolzano, “Considerazioni e proposte della Giunta provinciale” supra; e Provincia autonoma di
Bolzano – Ufficio Stampa, Pacchetto della Provincia sull’immigrazione: 16 punti per l’integrazione e contro gli
abusi, 27 giugno 2008, in http://www.provincia.bz.it/
45
L. Durnwalder, Durnwalder presenta la Relazione di bilancio: visioni per il 2010, in http://www.provincia.
bz.it/aprov/amministrazione/service/attualita.asp?aktuelles_ action=4&aktuelles_article_id=195333, 24.
46
“Ordine del giorno n. 13 del 15.9.2011” supra.
47
Si veda per esempio “Ordine del giorno n. 5” supra; Südtiroler Volkspartei, “Fordern und fördern!”
supra; Süd-Tiroler Freiheit, “Programmatische Grundzüge” supra; e “Ordine del giorno n. 22 ai disegni
di legge provinciale n. 79/10 e n. 80/10. Test obbligatori di Tedesco per immigrati”, 7 dicembre 2010, in
http://www.consiglio-bz.org/it
85
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 85
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
In materia di migrazione, tuttavia, la Provincia di Bolzano ha le stesse competenze delle altre Regioni.
Secondo la Costituzione Italiana lo Stato è responsabile per molti aspetti che riguardano la migrazione: in particolare lo stato ha potestà legislativa esclusiva in materia di
cittadinanza, immigrazione e controllo delle frontiere. Al contrario per quanto riguarda i processi d’inclusione e integrazione dei migranti, la responsabilità fa capo soprattutto agli enti territoriali, anche se lo Stato stabilisce dei criteri base a livello nazionale.
A. La Provincia di Bolzano e il controllo del flusso migratorio
Come detto, il controllo e la gestione del flusso migratorio sono materie la cui competenza legislativa è costituzionalmente riservata allo Stato; in aggiunta la Costituzione
italiana pone il divieto per gli enti territoriali di limitare la libera circolazione delle
persone e il loro diritto al lavoro in qualsiasi parte del territorio nazionale. La Provincia
di Bolzano, come gli altri enti territoriali, non ha poteri nel controllo della migrazione
né può impedire che un migrante che è entrato nel territorio italiano da un’altra regione si trasferisca in seguito in Alto Adige. Comunque la Costituzione Italiana prevede,
specificatamente in materia di migrazione, anche forme di coordinamento fra lo Stato
centrale e le Regioni.
Lo Stato Italiano ha regolato la migrazione con la legge Testo Unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e Norme Sulla condizione dello straniero, emanato
nel 1998 (chiamata anche legge Turco-Napolitano).48 Il Testo Unico è stato poi modificato
nel 2002 dalla legge cosiddetta Bossi-Fini e vari Pacchetto Sicurezza negli anni successivi.
Secondo il Testo Unico, il Presidente del Consiglio dei Ministri emette ogni tre anni il
Documento programmatico triennale Relativo alla Politica dell’immigrazione e degli stranieri Nel
Territorio dello Stato, che indica le azioni che saranno intraprese dallo Stato per quanto
riguarda la migrazione ed eventuali misure di carattere economico e sociale nei confronti dei migranti, individua i criteri per definire il flusso annuale d’ingresso dei migranti, e delinea le misure volte a favorire le relazioni familiari, l’inserimento sociale e
l’integrazione culturale.
La legge ha introdotto un sistema di quote annuali di lavoratori migranti provenienti da paesi che non appartengono all’Unione Europea ammessi a entrare nel territorio nazionale. È compito del Governo centrale determinare la quota d’ingresso: questa
48
Decreto legislativo n. 286/98, “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, 25 luglio 1998 (di seguito denominato “Testo Unico”).
86
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 86
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
quota è stabilita tenendo conto di vari fattori fra cui le indicazioni fornite dal Ministero
del lavoro e della previdenza sociale sull’andamento dell’occupazione e dei tassi di disoccupazione e il numero di migranti non-UE iscritti nelle liste di collocamento. Comunque sono previste forme di coordinamento tra il Governo centrale e le Regioni/Province Autonome, e a tal proposito dal 2002 i decreti sulle quote “devono altresì essere
predisposti in base ai dati sull’effettiva richiesta di lavoro suddivisi per regioni e per
bacini provinciali di utenza”.49 Inoltre dal 2002 le Regioni (e le Province Autonome) possono trasmettere al Governo centrale un rapporto sulla presenza e le condizioni dei
migran­ti nel proprio territorio, che include anche indicazioni riguardo al flusso sostenibile nei prossimi tre anni sulla base della capacità d’inclusione della società e dell’economia. Questo rapporto, però, non è vincolante.
In passato, nel determinare la quota il Governo centrale non ha sempre considerato
gli effettivi bisogni della Provincia di Bolzano. In alcuni anni, soprattutto in passato
prima delle modifiche del 2002, ci sono stati diversi problemi in quanto la quota di migranti stabilita dal Governo italiano per l’Alto Adige non corrispondeva alla volontà della Provincia. In alcuni casi il Governo centrale ha escluso dalla quota nazionalità di
migranti presenti in Alto Adige e voluti dalla Provincia, ha stabilito quote basse in alcuni specifici settori o non ha stabilito quote per i lavoratori stagionali – un fatto che ha
gravi conseguenze per l’Alto Adige, poiché alcuni dei suoi settori economici principali
(turismo e agricoltura) dipendono dall’impiego di lavoratori stagionali stranieri.50 Funzionari provinciali e membri della Giunta provinciale hanno dovuto esercitare molte
pressioni, con visite personali presso il Governo centrale di Roma e lettere formali, per
convincere il Governo italiano a correggere la quota.51 Al contrario, soprattutto di recente, la Provincia ha visto maggiormente rispettate le proprie indicazioni in tema di
flussi d’ingresso da parte del Governo centrale.
49
Art 21 (4-bis), Testo Unico, supra.
50
Si veda: Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa, I permessi di lavoro per i cittadini extra­
comunitari non sono sufficienti, 14 giugno 2001; Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa,
Le decisioni della Giunta provinciale, 21 gennaio 2002; Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa,
Modificato il Decreto dei flussi dei lavoratori extracomunitari per il 2002, 13 marzo 2002; e Provincia
autonoma di Bolzano – Servizio stampa, Esauriti i contingenti di lavoratori extracomunitari destinati dal
Ministero del lavoro alla nostra provincia, 14 maggio 2003.
51
Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa, Gnecchi sollecita ministero sui flussi di immigrazione,
16 gennaio 2001; Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa, Assegnato un primo contingente
di 4.857 lavoratori extracomunitari alla Provincia di Bolzano, 16 febbraio 2001; Provincia autonoma di
Bolzano – Servizio stampa, Lettera di Durnwalder al Governo per una ulteriore anticipazione sul contingente
dei lavoratori stagionali, 4 maggio 2001; Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa, L’assessora
Gnecchi domani a Roma per discutere di lavoratori extracomunitari e nuovi permessi, 28 maggio 2002;
e Provincia autonoma di Bolzano, Badanti: Theiner chiederà al Ministro la sanatoria, 9 luglio 2009.
87
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 87
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
Oltre alle forme di coordinamento fra lo Stato centrale e le Regioni, la legislazione
italiana lascia agli enti territoriali dei limitati margini per cercare di influenzare la
quota annuale e la politica statale di controllo della migrazione. Innanzitutto i migranti che hanno frequentato corsi di formazione organizzati nei loro paesi di origine hanno priorità nell’ottenere il permesso per entrare nel territorio Italiano come lavoratori
subordinati.52 Questi corsi possono essere organizzati dagli enti territoriali, così come
da sindacati e associazioni imprenditoriali. La Provincia di Bolzano è consapevole di
quest’opportunità. Infatti, il Piano pluriennale degli Interventi di Politica del Lavoro
2007 – 2013, elaborato dalla Ripartizione Lavoro, cita la possibilità di svolgere programmi
d’istruzione e formazione nei paesi che non appartengono all’Unione Europea per “realizzare una certa selezione” dei migranti e far si che possano rispondere alle esigenze
dell’economia altoatesina.53
Il Piano pluriennale evidenzia anche un altro strumento con cui la Provincia di
Bolzano può influenzare il flusso di migranti. Riguardo ai nuovi paesi membri dell’Unione Europea, i cui cittadini hanno ora il diritto di circolare e soggiornare liberamente
all’interno degli Stati membri (anche se soggetti ad alcune condizioni), il Piano menziona la possibilità di avviare relazioni di collaborazione internazionali per svolgere attività d’informazione, selezione e formazione professionale nei paesi europei che tradizionalmente forniscono il maggior numero di migranti. In particolare il Piano propone
di “elaborare un programma di contatti istituzionali e di collaborazioni per la realizzazione di ‘Borse Lavoro’ della Provincia di Bolzano”.54 Queste attività sono presentate anche come un’opportunità per superare “l’ostacolo linguistico”.55 Non è tuttavia chiaro se
questa espressione si riferisca alla necessità per i migranti di conoscere la lingua italiana, o all’importanza della lingua tedesca in Alto Adige e/o al carattere bilingue dell’Alto
Adige. Attraverso queste relazioni di cooperazione internazionale, la Provincia può
consentire ai lavoratori stranieri provenienti da specifiche aree di conoscere ed essere a
contatto con le esigenze dell’economia in Alto Adige. In effetti, sin dal 2002 (prima
dell’ultimo allargamento dell’Unione Europea) la Provincia di Bolzano aveva ampliato
progetti di cooperazione con Podlaskie, una regione polacca con una minoranza tedesca. Fra i progetti vi erano la formazione dei lavoratori polacchi nel settore turistico e
l’aumento del numero di lavoratori stagionali polacchi per la stagione del raccolto in
52
Art 23, Testo unico, supra.
53
Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione Lavoro, Piano pluriennale degli interventi di politica del
lavoro 2007 – 2013 (2007), 98.
54
Ibid., 99.
55
Ibid., 98.
88
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 88
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
Alto Adige.56 La Provincia aveva simili progetti di cooperazione internazionale anche
con la Repubblica Ceca, che prevedevano l’impiego di lavoratori stagionali della regione
di Praga e la collaborazione fra le pubbliche amministrazioni per facilitare il flusso migratorio.57
In materia di controllo del flusso migratorio la Provincia di Bolzano si differenzia
dal resto d’Italia per quanto riguarda l’amministrazione del processo di entrata e soggiorno dei migranti e alcune misure che si applicano nel territorio provinciale. Per entrare nel territorio Italiano i lavoratori migranti non-UE devono avere un visto, rilasciato dalle ambasciate e consolati, e una volta in Italia devono ottenere il permesso di
soggiorno. Per ottenere un visto per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato è necessario che un datore di lavoro italiano dichiari di voler assumere il lavoratore migrante e richieda il cosiddetto nulla-osta. Il nulla-osta è altresì richiesto al fine
di avere un visto per ricongiungimento familiare. In questo caso il richiedente deve dimostrare di avere un reddito sufficiente e un alloggio che soddisfi specifici criteri d’igiene e salute.
Inoltre, dal 2009, la legge italiana richiede ai migranti di firmare il cosiddetto accordo d’integrazione, che è entrato in vigore nel marzo del 2012. Con la firma dell’accordo, i
migranti s’impegnano ad acquisire un’adeguata conoscenza della lingua italiana, apprendere i principi fondamentali della Costituzione Italiana, acquisire una sufficiente
conoscenza della vita civile in Italia, con particolare riferimento ai settori della sanità,
della scuola, dei servizi sociali, del lavoro e agli obblighi fiscali, e adempiere all’obbligo
d’istruzione dei figli. L’accordo è organizzato come un sistema a punti, che i migranti
devono acquisire frequentando corsi di lingua italiana e di educazione civica o in alternativa superando un test di valutazione. L’accordo ha durata biennale e alla scadenza
dell’accordo i migranti devono dimostrare di aver adempiuto all’accordo per poter mantenere uno stato legale sul territorio italiano.
Nel 2003 una direttiva del Consiglio dell’Unione Europea (UE) ha disciplinato lo status dei migranti residenti di lungo periodo, stabilendo l’obbligo per gli Stati membri di
rilasciare il cosiddetto Permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Lo Stato
Italiano ha attuato la direttiva UE nel 2007. Il Permesso di soggiorno CE può essere
56
Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa, Lavoratori stagionali, programmi UE e formazione nei
nuovi progetti di cooperazione tra Alto Adige e Polonia, 17 aprile 2002; Provincia autonoma di Bolzano –
Servizio stampa, Il Presidente della Provincia firma un’intesa per la cooperazione tra Alto Adige e Polonia, 2
ottobre 2003; Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa, Durnwalder e Frick in Polonia: collaborazione nel turismo, mercato del lavoro, cultura, 2 luglio 2008.
57
Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa, Durnwalder incontra l’ambasciatore ceco in Italia, 11
gennaio 2006.
89
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 89
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
richiesto­da chi possiede un permesso di soggiorno in Italia da almeno cinque anni. Il
Permesso di soggiorno CE è a tempo indeterminato e permette ai migranti di entrare in
Italia senza visto, lavorare come lavoratori subordinati o autonomi, usufruire dei servizi e delle prestazioni erogate dalla pubblica Amministrazione, e partecipare alla vita
pubblica locale (ma nei limiti stabiliti dalla legislazione nazionale, che esclude il diritto
di voto). Dal 2009, per ottenere il permesso è necessario superare una prova di conoscenza della lingua italiana.
Nel resto del paese queste pratiche amministrative riguardo all’ingresso e al soggiorno dei migranti sono gestite dalla Polizia di Stato e il cosiddetto Sportello Unico per
l’Immigrazione, creato nel 2002 all’interno della Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo (gli uffici periferici del Ministero dell’Interno, che rappresentano lo Stato centrale a livello locale). Lo Sportello, in particolare, rilascia il nulla osta, verifica il rispetto
dell’accordo d’integrazione, e amministra la prova di conoscenza della lingua italiana
per avere il permesso di soggiorno CE. La Polizia, invece, fra le sue attività rilascia i
permessi di soggiorno.
Nella provincia di Bolzano l’ufficio che rappresenta lo Stato a livello locale (la Prefettura) ha delle caratteristiche specifiche e un nome diverso (Commissariato del Governo), e lo Sportello Unico non esiste. Il Commissariato del Governo prevedeva di creare
uno Sportello Unico in Alto Adige, ma il Governo provinciale si è opposto sottolineando
che la sua creazione doveva rispettare la divisione delle competenze tra il Governo centrale e la Provincia, la quale ha specifiche responsabilità in materia di collocamento al
lavoro. Perciò la Provincia ha sostenuto che lo Sportello doveva essere collocato all’interno dell’Amministrazione provinciale (e non presso un organo facente parte dell’apparato amministrativo statale) e che al riguardo vi era la necessità di ulteriori norme di
attuazione del secondo statuto di autonomia.58
Al momento le funzioni dello Sportello sono svolte dalla Polizia, dal Commissariato
del Governo e da alcuni uffici e ripartizioni provinciali. In particolare, all’interno della
Ripartizione Lavoro, l’Ufficio Servizio Lavoro rilascia i nulla osta.59 Per svolgere i suoi
compiti, la Ripartizione Lavoro ha elaborato delle proprie procedure per venire incontro
alla diversità linguistica dell’Alto Adige. Ad esempio, in passato ha creato e distribuito
dei propri modelli di domande di nulla osta in formato bilingue indirizzate all’Ammi58
Provincia autonoma di Bolzano, Seduta della Giunta provinciale – Lunedì 21 marzo 2005, 21 marzo 2005;
si veda anche: Provincia autonoma di Bolzano, Gnecchi a Roma: il collocamento è una specifica competenza
della Provincia autonoma, 9 aprile 2003.
59
Rete Civica dell’Alto Adige, “Autorizzazione al lavoro per i cittadini extracomunitari”, in
www.provincia.bz.it
90
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 90
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
nistrazione provinciale, piuttosto che al Ministero degli Interni a Roma.60 Inoltre,
quando nel 2007 il Governo italiano ha introdotto un sistema centralizzato per la raccolta on-line delle domande di nulla osta, per alcuni anni questo sistema non è stato
utilizzato in Alto Adige e l’ufficio provinciale ha accettato solo domande cartacee, perché il sistema nazionale on-line non prevedeva modelli bilingui e avrebbe ritardato il
rilascio dei permessi di soggiorno.61 L’intenzione della Provincia fu, in quell’occasione,
di gestire autonomamente il sistema on-line, ma esso rimase sotto la gestione governativa, e alla fine, nel 2010, anche in Alto Adige è stata introdotta la procedura on-line in
lingua Italiana gestita dal Ministero degli Interni. Tuttavia la Provincia si è prefissata
l’obiettivo di utilizzare moduli bilingui per comunicare ai datori di lavoro le decisioni
finali.62 Infine, la Ripartizione Lavoro ha elaborato dei criteri specifici per il rilascio dei
permessi di soggiorno nei settori domestico e assistenziale. Mentre nel resto d’Italia è
stato considerato solo l’ordine cronologico delle domande, in Alto Adige i funzionari
provinciali hanno stabilito graduatorie che considerano anche la gravità delle esigenze
dei richiedenti.63
La partecipazione degli uffici provinciali nel rilascio dei nulla osta ha permesso alla
Provincia di partecipare, seppur in modo minimale, alla gestione del flusso migratorio.
Come detto precedentemente, in passato il Governo centrale, in alcune occasioni, ha
stabilito una quota di migranti ritenuta inadeguata per le esigenze dell’Alto Adige. La
Provincia è stata in grado di trovare degli espedienti per affrontare questo problema,
per esempio chiedendo ai datori di lavoro di restituire i nulla osta non utilizzati e permettendo ai lavoratori stagionali di lavorare in più di un settore produttivo.64 Inoltre,
quando, nel 2002, l’ambasciata italiana in Polonia non ha accettato le domande di visto
per migranti stagionali diretti in Alto Adige, gli uffici provinciali hanno facilitato le
procedure per inoltrare nuovamente le domande esonerando i datori di lavoro dal bisogno di presentare di nuovo l’intera documentazione.65
60
Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa, Permessi di lavoro: le richieste non vanno ancora
inoltrate, 22 febbraio 2006.
61
Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa, Permessi di lavoro non stagionali, 500 destinati
all’Alto Adige, 6 dicembre 2007.
62
Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa, Permessi di lavoro, già emesso il 70 % dei nulla osta,
20 marzo 2008; e Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa, Lavoratori stagionali, al via la nuova
procedura digitale, 21 aprile 2010.
63
Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa, Code per domande di permessi di lavoro: la Provincia
chiarisce, 15 Dicembre 2007.
64
Si veda Provincia autonoma di Bolzano – Servizio Stampa, Seduta della Giunta provinciale – Lunedì
16 luglio, 16 luglio 2001; e Provincia autonoma di Bolzano, Esauriti i permessi di lavoro stagionali,
1 luglio 2004.
65
Provincia autonoma di Bolzano, Difficoltà di ingresso per i raccoglitori polacchi, 26 luglio 2002.
91
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 91
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
Per quanto riguarda le altre funzioni dello Sportello unico, il Commissariato del Governo si occupa della procedura di ricongiungimento familiare, e verifica il rispetto
dell’accordo d’integrazione, organizzando i corsi di educazione civica previsti dall’accordo. Inoltre, il Commissariato amministra, insieme all’Intendenza scolastica Italiana provinciale, il test di conoscenza di lingua italiana per ottenere il Permesso di soggiorno CE; la Provincia di Bolzano organizza invece dei corsi per superare la prova
linguistica.66
In questo contesto il Governo provinciale ha chiesto al Governo italiano di modificare la procedura per ottenere il Permesso di soggiorno CE, prevedendo un test alternativo di conoscenza della lingua tedesca. K. Zeller, rappresentante della SVP al Parlamento nazionale, ha sostenuto che chiedere solo una prova d’italiano era una
violazione dello Statuto di Autonomia, che stabilisce che la lingua tedesca è parificata
alla lingua italiana.67 Dopo aver inizialmente preso in considerazione questa proposta,
nel luglio 2011 il Governo italiano ha negato tale richiesta perché, come dichiarato dal
ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, il Permesso di soggiorno CE è valido su tutto il territorio nazionale, e il riferimento allo Statuto ed alla tutela della minoranza di lingua tedesca non era appropriato. Invece, secondo Vito, la Provincia può
adottare varie misure per aiutare la popolazione migrante a imparare la lingua tedesca.
Vari politici altoatesini di lingua tedesca hanno criticato questa decisione.68 Invece il
Presidente della Provincia Durnwalder, ha riconosciuto che la competenza in questo
settore appartiene al Governo centrale e che un test obbligatorio tedesco avrebbe limitato eccessivamente la libera circolazione delle persone nel territorio nazionale. Tuttavia, in dichiarazioni rilasciate a giornalisti, ha anche suggerito l’ipotesi che i migranti
che eseguono il test d’italiano sostengano un esame non obbligatorio della lingua tedesca, lasciando intendere che sostenere il test di tedesco potrebbe garantire in futuro
qualche tipo di trattamento preferenziale per quanto riguarda vari sussidi provinciali.69
66
Commissariato del Governo per la provincia di Bolzano, “Test di lingua italiana per stranieri”, in
www.prefettura.it/bolzano/contenuti/2791.htm; Rete Civica dell’Alto Adige, “Corsi di preparazione ai
test per la certificazione della conoscenza della lingua italiana per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo”, in www.provincia.bz.it; e Provincia autonoma di Bolzano,
Test di italiano per permesso di soggiorno di lungo periodo: raggiunta l’intesa. Primo test il 22 febbraio 2011,
8 febbraio 2011.
67
Camera dei Deputati, “Resoconti dell’Assemblea”, Seduta n. 500, 13 luglio 2011; e “Stranieri: no al test
di tedesco per il permesso”, Alto Adige, 14 luglio 2011, 16.
68
See Camera dei Deputati, “Resoconti dell’Assemblea” supra; e “Per l’immigrato test in italiano o in
tedesco”, Alto Adige, 9 febbraio 2011; “Stranieri: no al test di tedesco per il permesso” supra.
69
See “Immigrati: in Alto Adige esami di lingua facoltativi anche di Tedesco”, Alto Adige, 6 dicembre
2010; “Test di Tedesco per gli immigrati”, Alto Adige, 7 dicembre 2010; e “Test linguistici per stranieri
per ora solo in italiano”, Alto Adige, 8 febbraio 2011. L’idea del trattamento preferenziale per coloro
92
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 92
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
Comunque, ad oggi, non è previsto alcun test (nemmeno facoltativo) di tedesco per ottenere il Permesso di soggiorno CE.
In fase di preparazione della normativa sull’accordo d’integrazione il Governo provinciale ha proposto di introdurre la verifica della conoscenza della lingua tedesca in
alternativa a quella della lingua italiana anche per questa pratica. Il Governo italiano si
è di nuovo opposto a tale prospettiva perché il permesso di soggiorno è un titolo valido
sull’intero territorio nazionale. Comunque, nel marzo 2012, il Governo provinciale ha
negoziato con il Governo centrale l’inserimento tra i criteri dell’accordo d’integrazione
della possibilità di frequentare corsi di lingua tedesca in aggiunta (e non in alternativa)
ai corsi d’italiano per i migranti che vivono in Alto Adige e l’assegnazione di punti aggiuntivi per quei migranti che frequentano questi corsi di tedesco o che in alternativa
superano un test di tedesco. Gli uffici provinciali per la scuola hanno iniziato a negoziare un accordo con il Commissariato del Governo per organizzare corsi di lingua italiana e tedesca.70
Per riassumere la Provincia di Bolzano, come gli altri enti territoriali, non ha competenze nel controllo del flusso migratorio, ma la legislazione nazionale concede alla
Provincia la possibilità di collaborare e lascia alcuni limitati spazi di manovra per cercare di influenzare l’arrivo di migranti nel territorio provinciale. Inoltre la Provincia di
Bolzano si differenzia da altri enti territoriali per la partecipazione dei suoi uffici
all’amministrazione dei processi di entrata e soggiorno dei migranti e per alcune misure introdotte per venire incontro alla realtà bilingue altoatesina.
che sostengono il test è legata alla preoccupazione (descritta precedentemente) che molti migranti
vengano in Alto Adige perchè ci sono maggiori contributi sociali rispetto ad altre regioni d’Italia.
70
See Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa, Dalla Giunta: corsi per immigrati, tessera di
invalidità civile, 26 marzo 2012, in http://www.provincia.bz.it/usp/service/321.asp?archiv_action=
4&archiv_article_id=389473; Provincia autonoma di Bolzano – Servizio stampa, Dalla Giunta: immigrati, BBT, Terme, STR, Confidi, irrigazione anticipata, 2 aprile 2012, in http://www.provincia.bz.it/usp/285.
asp?aktuelles_action=4&aktuelles_article_id=390174; e Decreto del Presidente della Repubblica,
n. 179, 14 settembre 2011, art. 6 (2). Si veda anche: Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano,
“Relazione sugli ordini del giorno n. 22 e n. 65 ai disegni di legge provinciale n. 79/10 e n. 80/10
approvati dal Consiglio della Provinica autonoma di Bolzano”, 24 giugno 2011; “Accordo di integrazione. ‘A Bolzano più punti a chi sa anche il tedesco’”, 27 marzo 2012, in http://www.stranieriinitalia.it;
“Bolzano: punteggio meritorio nell’accordo di integrazione per gli immigrati che parlano tedesco”,
27 marzo 2012, in http://www.immigrazioneoggi.it.
93
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 93
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
B. La Provincia di Bolzano e le politiche d’integrazione
della popolazione migrante
La Provincia di Bolzano, così come gli altri enti territoriali, ha vaste competenze per
quanto riguarda le politiche d’integrazione della popolazione migrante. I processi d’integrazione coinvolgono vari settori, come ad esempio il sistema sanitario, le politiche
abitative, e le condizioni di lavoro, che all’interno del sistema istituzionale Italiano
sono per lo più di competenza dei vari enti territoriali. In base al Secondo Statuto d’Autonomia la Provincia di Bolzano ha competenza legislativa esclusiva in varie materie,
come l’edilizia sovvenzionata con finanziamenti pubblici, l’assistenza pubblica, la formazione professionale, la scuola materna e l’assistenza scolastica, e competenza
legisla­tiva concorrente (cioè la Provincia deve rispettare i principi stabiliti dalle leggi
nazionali) in materie quali l’istruzione obbligatoria, l’igiene e la sanità, compresa l’assistenza sanitaria e ospedaliera. Pertanto, la Provincia di Bolzano regola la vita dei migranti all’interno di queste materie.
L’Amministrazione statale non è tuttavia completamente esclusa dallo sviluppo
delle politiche d’integrazione.71 In particolare, il Governo centrale regola lo status giuridico dei migranti e quindi decide i loro diritti politici. Inoltre le forme di coordinamento fra lo Stato e le Regioni in materia di migrazione menzionate dalla Costituzione
riguar­dano anche le politiche d’integrazione, e i relativi criteri base sono stabiliti a livello nazionale. Il Testo Unico del 1998 disciplina i diritti e doveri della popolazione
migran­te e prevede misure in varie materie come il trattamento dei lavoratori migranti, la loro integrazione sociale e l’accesso all’istruzione, all’alloggio, e ai servizi sociali e
sanitari. A questo proposito, la Corte Costituzionale Italiana ha spesso preso le difese
dei diritti dei migranti, per esempio dichiarando che i migranti, siano essi regolarmente o irregolarmente soggiornanti, sono titolari dei diritti fondamentali della persona
riconosciuti dalla Costituzione Italiana.72
Inoltre, il Governo centrale ha fornito specifiche linee guida per il processo d’integrazione della popolazione migrante. L’accordo d’integrazione, il sistema a punti che
i migranti s’impegnano ad acquisire entro due anni per poter mantenere uno stato
71
P. Bonetti, “I principi, i diritti e doveri. Le politiche migratorie”, in B. Nascimbene e P. Bonetti (a cura
di), Diritto degli stranieri (Padova, CEDAM, 2004), 176 – 177.
72
Per ulteriori informazioni sulle posizioni della Corte Costituzionale si veda: L. Ronchetti, “I diritti
fondamentali alla prova delle migrazioni (a proposito delle sentenze nn. 299 del 2010 e 61 del 2011)”
(2011) 3 Rivista telematica giuridica dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti; e D. Ranalli,
“L’accesso dello straniero all’assistenza sociale. Profili giurisprudenziali”, in http://www.altrodiritto.
unifi.it/ricerche/migranti/ranalli/index.htm.
94
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 94
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
lega­le in Italia, definisce l’integrazione come il “processo finalizzato a promuovere la
convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio nazionale, nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione italiana”, e “si fonda
sul reciproco impegno a partecipare alla vita economica, sociale e culturale della
società.”73 L’accordo fornisce criteri specifici per valutare il successo di questo processo,
tra cui l’apprendimento della lingua italiana e la conoscenza dei principi fondamentali
della Costituzione italiana e della vita civile in Italia. All’accordo è susseguito un piano
nazionale che ha individuato le principali linee di azione e strumenti per promuovere
il processo d’integrazione, denominato Piano per l’integrazione nella sicurezza ‘Identità e incontro’.74 Il piano individua cinque aree e principi chiave del processo d’integrazione. In
primo luogo il piano pone l’istruzione, sottolineando che le scuole sono il luogo principale del processo d’integrazione attraverso l’insegnamento della lingua italiana e dell’educazione civica, e indicando un limite al numero di alunni migranti nelle singole
classi. La seconda area indicata è il lavoro, e il piano prevede di regolare il flusso migratorio in base alle esigenze del mercato del lavoro. Le altre aree sono l’alloggio, in cui è
necessario evitare la creazione di quartieri con un’alta concentrazione di migranti, l’accesso ai servizi sanitari e socio-assistenziali, e l’attenzione per i minori e le seconde generazioni. Come il titolo del Piano pone in evidenza, l’interesse del Governo di centrodestra che l’ha elaborato era orientato, tra l’altro, agli aspetti della sicurezza sollevati
dalla presenza di comunità di migranti sul territorio nazionale. Inoltre, il piano mira a
superare impostazioni multiculturaliste e assimilazioniste ed elabora un modello d’integrazione basato sui concetti d’identità, incontro e educazione, mettendo in evidenza
che i valori dell’identità italiana affondano le proprie radici nella tradizione greco-romana e giudaico-cristiana e vanno rispettati.
Il Testo Unico prevede inoltre alcune istituzioni a livello nazionale e locale per gestire il processo d’integrazione della popolazione migrante. Fra questi vi è il Consiglio
territoriale per l’Immigrazione costituito in ogni provincia all’interno della Prefettura –
Ufficio Territoriale del Governo, e composto da rappresentanti dell’Amministrazione
statale locale, della Regione, degli Enti locali, della camera di commercio, degli enti che
forniscono assistenza ai migranti, dei lavoratori, dei datori di lavoro e delle organizzazioni dei migranti. Il Consiglio ha il compito di compiere monitoraggi, promuovere
inizia­tive e formulare proposte attraverso la collaborazione interistituzionale. Nella
73
Modello dell’Accordo di integrazione, disponibile in: http://www.interno.gov.it/mininterno/site/it/
sezioni/sala_stampa/speciali/accordo_integrazione/
74
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, “Piano per l’integrazione nella sicurezza ‘Identità e incontro’”, in http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/PrimoPiano/Piano_integrazione_sicurezza_incontro.htm
95
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 95
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
Provincia di Bolzano il Consiglio è istituito presso il Commissariato del Governo e rappresentanti della Provincia vi partecipano in luogo dei rappresentanti della Regione.
Un altro organo previsto dalla legge nazionale è la Consulta per i problemi degli stranieri
Immigrati e delle Loro Famiglie, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri, che
ha il compito di raccogliere dati ed esaminare i problemi della popolazione migrante.
Fra i membri della Consulta vi sono rappresentanti di associazioni italiane e straniere,
organizzazioni sindacali e datoriali, esperti italiani e stranieri, giovani immigrati di
seconda generazione e rappresentanti delle comunità di fede composte in maggioranza
da migranti. Secondo la legge nazionale gli enti territoriali possono creare le loro consulte locali.
Il Testo Unico riconosce anche il cosiddetto mediatore interculturale, una figura
professionale che ha il compito di favorire le relazioni tra la popolazione migrante e
l’Amministrazione pubblica, invitando lo Stato, le Regioni e gli enti locali a stipulare
accordi con le associazioni di e per migranti per garantire l’utilizzo dei mediatori. Infine il Testo Unico richiede che le Regioni, in collaborazione con Province, Comuni e associazioni di migranti e del volontariato sociale, creino centri di accoglienza e centri
per monitorare casi di discriminazione, oltre a fornire informazioni e assistere eventuali vittime di discriminazione.
Alcuni aspetti delle politiche d’integrazione sono soggetti anche a norme dell’Unione Europea. In particolare i cittadini dell’Unione europea (UE), oltre al diritto di circolare e soggiornare in qualsiasi paese dell’Unione, godono di pari trattamento rispetto ai
cittadini nazionali nei settori d’applicazione del trattato dell’Unione, anche se con alcune limitazioni e condizioni. Inoltre, in base ad una direttiva del Consiglio dell’Unione
Europea i migranti con il Permesso di soggiorno CE dovrebbero godere di parità di trattamento con i cittadini nazionali in molti settori economici e sociali. Tuttavia, la direttiva prevede anche delle eccezioni, come ad esempio la possibilità per gli Stati membri
di imporre ai migranti una prova di conoscenza della lingua per accedere all’istruzione, e di limitare la parità di trattamento in materia di assistenza sociale e protezione
sociale solo per le prestazioni essenziali. Merita di essere segnalato che durante un incontro con il Presidente della Provincia di Bolzano, il commissario UE all’occupazione,
agli affari sociali e alle pari opportunità “ha ricordato come l’UE sia molto attenta nel
contrastare ogni atto che possa configurare una discriminazione delle persone.”75
All’interno di questo quadro generale stabilito a livello nazionale ed europeo, la Provincia di Bolzano può regolare i diritti e doveri dei migranti che vivono in Alto Adige e
75
Provincia autonoma di Bolzano, Durnwalder incontra il commissario UE Spidla: in discussione pari
opportunità e lavoro, 7 ottobre 2009.
96
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 96
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
il loro accesso ai servizi forniti dalla Provincia, e può stabilire in che modo i migranti
devono essere integrati e inclusi nella società altoatesina; anche se con provvedimenti
soggetti al controllo delle corti nazionali, soprattutto la Corte costituzionale italiana,
nonché delle corti europee. A questo proposito, come detto all’inizio di questo contributo, nel novembre del 2011 il Consiglio provinciale ha emanato la Legge provinciale
sull’Integrazione; inoltre la Provincia di Bolzano ha sottoscritto un memorandum sulle
politiche interculturali all’interno dell’Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino. Attraverso
questo memorandum, elaborato con la collaborazione dell’Accademia Europea di Bolzano/Bolzano (EURAC), i governi di Tirolo, Alto Adige e Trentino s’impegnano a collaborare e scambiare informazioni riguardo alle loro politiche d’integrazione e pratiche interculturali.76
Prima di questi interventi, la Provincia di Bolzano non aveva concretamente esercitato il suo potere in materia di politiche d’integrazione. Infatti, la Provincia di Bolzano
è stata una delle ultime Regioni/Province d’Italia a emanare una propria legge locale in
materia di integrazione. Per essere più precisi, se è vero che vi erano state varie misure
e leggi provinciali che riguardavano la popolazione migrante in Alto Adige e che la Provincia aveva investito in svariati progetti a sostegno della popolazione migrante, è altrettanto vero che solo con l’entrata in vigore della legge del 2011 la Provincia ha iniziato a definire un suo approccio organico per l’integrazione della popolazione migrante, o
usando la terminologia usata da V. Climent nel suo contributo, una Weltanschauung o
‘filosofia pubblica’.77 Prima di allora, la Provincia non aveva emanato un piano d’azione,
e, anche se alcuni specifici uffici erano stati creati, la Provincia non aveva un quadro
istituzionale stabile per occuparsi della popolazione migrante.
Sintomatico di questa situazione è il destino dell’Osservatorio provinciale sulle immigrazioni creato nel 2003 al fine di monitorare la migrazione in Alto Adige e fornire informazioni, analisi e proposte per definire e attuare politiche d’integrazione e d’inclusione
della popolazione migrante. L’Osservatorio aveva anche il compito di trattare i problemi della discriminazione e nel 2005 fu creato al suo interno il Centro di tutela contro le
discriminazioni per monitorare casi di discriminazione e fornire informazioni e assistenza alle vittime, come richiesto dal Testo Unico. Anche se creato come un progetto
temporaneo, l’Osservatorio sarebbe dovuto diventare un “punto di riferimento” per le
politiche migratorie in Alto Adige e la sua creazione aveva “l’obiettivo di chiudere
76
GECT – EUREGIO Tirolo-Alto Adige-Trentino, “Agenda di impegni per il confronto e la cooperazione
transfrontaliera su politiche interculturali”, 3 novembre 2011. Si veda anche: Provincia autonoma di
Bolzano, Immigrazione, firmato protocollo d’intesa dalle Province dell’Euregio, 3 novembre 2011.
77
V. Climent, “Zwei Jahrzehnte Einwanderungspolitik in Katalonien (1993 – 2013). Auf der Suche nach
einer Weltanschauung“, in questo volume.
97
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 97
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
­ efinitivamente la fase delle ‘emergenze’ a favore di una fase di ‘programmazione e
d
gover­no’ del flusso migratorio.”78 L’Osservatorio svolse diverse attività con successo,
rice­vendo elogi a livello europeo e raccomandazioni finalizzate a una sua istituzionalizzazione per avere stabilità finanziaria e programmatica.79 Nonostante questi elogi e
raccomandazioni, l’Osservatorio non è stato trasformato in un ufficio provinciale e nel
2008 questo “punto di riferimento” locale insieme con il Centro, ha cessato le proprie
funzioni.
Come detto, varie attività sono state intraprese in Provincia di Bolzano in materia
d’integrazione della popolazione migrante anche prima dell’emanazione della legge del
2011, fra cui vanno segnalate innanzitutto le azioni intraprese dal sistema scolastico
altoatesino. Le scuole sono, infatti, il luogo principale per favorire l’integrazione dei migranti bambini e adolescenti. Come detto in precedenza in Alto Adige ci sono tre scuole
separate: una in lingua Italiana in cui il tedesco è insegnato come seconda lingua; una
in lingua tedesca, dove l’italiano è insegnato come seconda lingua; e la scuola nelle
aree abitate dalla popolazione di lingua ladina, in cui sia l’italiano che il tedesco sono
usate come lingue d’insegnamento e il ladino è insegnato come materia a parte. Ciascuna scuola ha il proprio sistema amministrativo. I genitori migranti possono scegliere in quale scuola iscrivere i propri figli.
La scuola altoatesina ha intrapreso alcuni sviluppi istituzionali per affrontare la
presenza di studenti migranti. Nel 2007, riconoscendo che il numero di alunni migranti era in aumento, il Governo provinciale ha deciso di creare i cosiddetti centri linguistici, i quali si pongono tre obiettivi: aiutare le scuole in cui sono iscritti studenti migranti, aiutare gli studenti migranti ad avere successo a scuola, e favorire la loro
integrazione. L’obiettivo finale è quello di dare ai bambini migranti le stesse opportunità educative dei bambini locali e in questo modo consentire loro di partecipare alla vita
sociale su una base di parità. Le attività dei centri linguistici non sono effettuate attraverso la creazione di classi separate per i bambini migranti, ma piuttosto i centri forniscono informazioni e consulenza agli studenti migranti, ai genitori, alle scuole, e agli
insegnanti. I centri linguistici si occupano soprattutto di insegnare agli studenti
migran­ti la lingua d’insegnamento usata dalla scuola e in misura minore la seconda
78
Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione Lavoro, Osservatorio provinciale sulle immigrazioni della
Provincia autonoma di Bolzano, 21 febbraio 2003; Provincia autonoma di Bolzano, “Le decisioni della
Giunta provinciale”, 2 maggio 2005.
79
Provincia autonoma di Bolzano, Immigrazione, Repetto incontra ricercatori dell’EURAC e rilancia l’Osservatorio, 16 febbraio 2009; e Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione Lavoro, Monitoraggio del piano
pluriennale degli interventi di politica del lavoro 2000 – 2006. Relazione sullo stato di attuazione delle misure
previste, (2005).
98
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 98
20.09.13 10:46
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
lingua. Inoltre, i centri linguistici possono anche organizzare corsi della lingua madre
dei figli migranti e sostengono progetti di educazione interculturale.80 Per coordinare e
soste­nere le attività dei centri linguistici è stato creato il cosiddetto Centro di competenza. Da notare che la sua creazione non rispetta la separazione istituzionale che caratterizza la scuola altoatesina. Infatti, il Centro è inserito, dal punto di vista amministrativo, nella scuola di lingua tedesca, ma si occupa di tutti e tre gli apparati scolastici
provinciali. A riguardo, nel 2002 i tre apparati scolastici avevano sottolineato la necessità di sviluppare strategie comuni.81
Tuttavia, nonostante questo intento e il lavoro di coordinamento del Centro di competenza, ogni sistema scolastico ha gestito l’integrazione degli studenti migranti anche
a proprio modo. Per esempio, fra le azioni intraprese dalla scuola in lingua tedesca, vi è
un seminario per gli insegnanti per imparare a lavorare con classi multiculturali.82 La
scuola in lingua italiana, che ha avuto maggior esperienza con la presenza di alunni di
famiglie migranti, ha posto maggiore enfasi sul processo d’integrazione e d’inclusione
dei bambini migranti e sull’educazione interculturale, creando anche propri uffici specifici per occuparsi degli alunni migranti, come l’Area educazione interculturale e alla cittadinanza e l’Osservatorio sui minori stranieri.
Tornando alle attività provinciali in materia d’integrazione, l’Alto Adige è stata la
prima Provincia italiana a investire nello sviluppo della professione del mediatore interculturale introdotta dalla legislazione nazionale. Nel 2000 la Provincia ha organizzato il primo corso provinciale per formare mediatori interculturali, e l’anno successivo
ha istituzionalizzato questa posizione a livello locale. Il lavoro pionieristico della Provincia di Bolzano è stato apprezzato nel resto del paese e la Provincia ha contribuito a
definire il profilo professionale del mediatore interculturale a livello nazionale.83 È interessante notare che, a partire dalla seconda edizione del 2003, gli insegnamenti del corso per mediatori interculturali, che è gratuito, sono proposti in forma bilingue (cioè le
lezioni si tengono in parte in tedesco e parte in italiano) con la collaborazione degli
­uffici in lingua italiana e tedesca che si occupano di formazione professionale. Questa è
80
Provincia autonoma di Bolzano – Istituto Pedagogico per il gruppo linguistico Tedesco, Documento
programmatico per l’attuazione della delibera provinciale (maggio 2008), in http://www.schule.suedtirol.it/
pi/index.asp, 13; e V. Wisthaler, “The paradox” supra, 12.
81
Provincia autonoma di Bolzano, Prima seduta congiunta dei direttivi degli Istituti pedagogici, 6 dicembre 2002
82
Provincia autonoma di Bolzano, Certificazioni dell’Istituto pedagogico tedesco: ‘Tedesco L2 – Insegnare in
classi plurilingui, 12 gennaio 2011.
83
Provincia autonoma di Bolzano, Presentato il corso per ‘Mediatore interculturali,’ un ponte tra immigrati e
società, 6 aprile 2001; e Provincia autonoma di Bolzano, La Provincia nel gruppo di lavoro delle Regioni
sulla mediazione interculturale: accolta la proposta Gnecchi, 27 giugno 2002.
99
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 99
20.09.13 10:46
Andrea Carlà
una pratica­insolita in Alto Adige, dove l’uso delle lingue locali (italiano e tedesco)
avvie­ne in genere in compartimenti stagni, ed è stata giustificata con la necessità di
“essere all’altezza della realtà bilingue nell’Alto Adige.”84 Il tema della migrazione richiede in un certo senso il superamento della separazione linguistica che caratterizza l’Alto
Adige. Nel sistema sviluppato in Alto Adige, i mediatori interculturali hanno l’obiettivo
di aumentare la consapevolezza delle differenze culturali, combattere il razzismo e promuovere la tolleranza, e rappresentano un ponte tra le famiglie migranti e la società.
Non solo aiutano i migranti nel loro inserimento nella società ma danno supporto alla
pubblica Amministrazione per svolgere in modo efficace le proprie funzioni.85 I mediatori lavorano in vari ambiti, fra cui il settore educativo, sanitario, giuridico, e sociale.
Per quanto riguarda l’istruzione, i mediatori interculturali aiutano le famiglie migranti ad accedere alle scuole, traducono documenti, facilitano la comunicazione tra le famiglie e le scuole, collaborano alla valutazione delle conoscenze educative dei bambini,
e danno sostegno a progetti di educazione interculturale.86 Inoltre forniscono sostegno
linguistico e possono offrire corsi della lingua madre dei migranti.87
Fra le attività promosse dalla Provincia, vi è soprattutto una grande offerta di corsi
di lingua per imparare l’italiano e il tedesco. Le conoscenze linguistiche sono considerate un elemento fondamentale per l’inclusione sociale dei migranti. Come detto da L.
Gnecchi, ex Assessore provinciale per la formazione professionale e del lavoro, “la conoscenza di almeno una delle tre lingue parlate nella nostra Provincia costituisce un presupposto fondamentale per l’integrazione sociale; il possesso di una sufficiente competenza linguistica accresce inoltre le opportunità occupazionali del lavoratore.”88 Nel
2006, il Governo provinciale ha elaborato un programma d’azione per favorire l’apprendimento della lingua italiana e tedesca tra la popolazione migrante.89 Alla luce dell’importanza attribuita all’integrazione linguistica, alcuni dei corsi di lingua sono stati offerti gratuitamente. Sono state sollevate alcune critiche all’iniziativa, sostenendo che
84
Provincia autonoma di Bolzano, Concluso il corso bilingue per ‘Mediatori interculturali’, 10 dicembre 2004;
e Provincia autonoma di Bolzano, Corso bilingue per mediatori culturali – Incontro informativo l’11 giugno 2003, 5 giugno 2003.
85
Delibera della Giunta Provinciale della Provincia autonoma di Bolzano – Alto Adige nr. 4266/2001;
e Provincia autonoma di Bolzano, “Presentato il corso” supra. Per una analisi più approfondita del
mediatore interculturale ed il suo ruolo nel sistema scolastico altoatesino si veda V. Wisthaler,
“The paradox” supra, 11.
86
“Mediatori/mediatrici interculturali nella scuola”, in http://www.schule.suedtirol.it/pi/themen/v_
sprachenzentren.htm
87
Wisthaler, “The paradox” supra, 11.
88
Provincia autonoma di Bolzano, Corsi di italiano per lavoratori immigrati, 30 agosto 2004.
89
Provincia autonoma di Bolzano, Interventi formativi rivolti a cittadini extracomunitari, 26 luglio 2006.
100
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 100
20.09.13 10:47
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
crei uno svantaggio per la popolazione locale che in genere deve pagare per frequentare
corsi di lingua.90 È interessante notare che in alcuni casi l’Amministrazione provinciale e membri del Governo provinciale hanno rilevato l’importanza di tutelare non solo le
lingue madri locali, ma anche quelle della popolazione migrante.91 Tuttavia, il compito
di promuovere la lingua madre dei migranti è stato portato avanti soprattutto attraverso il lavoro dei mediatori interculturali e alcuni progetti sviluppati dalle scuole di lingua italiana. Le politiche provinciali d’integrazione linguistica si sono concentrate più
che altro sulla conoscenza delle lingue locali.
Fra le altre attività promosse dalla Provincia e i suoi uffici vi è l’offerta di servizi di
prima accoglienza, la fornitura di alloggi temporanei e a lungo termine, l’organizzazione di classi per formare i dipendenti pubblici a interagire con la popolazione migrante,
azioni per informare e sensibilizzare la popolazione locale riguardo ai temi della migrazione, l’integrazione e il multiculturalismo, l’offerta di corsi per i migranti sulla società e l’ambiente di lavoro altoatesino, corsi di alfabetizzazione, e attività per promuovere il dialogo interculturale.92 Inoltre la Provincia di Bolzano ha emanato un Piano
provinciale per i profughi con varie misure di sostegno, soprattutto per quanto riguarda l’alloggio, e ha riconosciuto un contributo economico ai richiedenti asilo in attesa di
ricevere lo status di rifugiato, che in base alla legge italiana non possono lavorare.93
90
Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Lavori Consiglio: Legge sull’integrazione” supra. Si
deve però tener conto che per i migranti la conoscenza della lingua italiana è legata al mantenimento di uno status legale, il che implica il bisogno di mettere la popolazione migrante nelle condizioni
di poter adempire tale obbligo.
91
Provincia autonoma di Bolzano, Giornata della lingua madre: il Dipartimento provinciale su migrazione,
multilinguismo e mobilità, 20 febbraio 2006; si veda anche Provincia autonoma di Bolzano, L’assessora
Gnecchi sulla Giornata della madrelingua, 20 febbraio 2008; Provincia autonoma di Bolzano, Tommasini
sulla Giornata di tutela della lingua madre, 20 febbraio 2002.
92
Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione famiglia e politiche sociali, “Stranieri/e”, in
http://www.provincia.bz.it/politiche-sociali/temi/stranieri.asp; Azienda Servizi Sociali di Bolzano,
“Immigrati”, in www.aziendasociale.bz.it/it/immigrati.asp; Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione politiche sociali, Relazione sociale 2005 (novembre 2005), 184; Provincia autonoma di Bolzano,
Convegno: ‘Politiche locali sulle Immigrazioni: centri di tutela, osservatori, mediazione e integrazione’, 29
novembre 2004; Provincia autonoma di Bolzano, Interventi formativi rivolti a cittadini extracomunitari,
27 settembre 2006; Provincia autonoma di Bolzano, Workshop di aggiornamento sui migranti per il
personale non docente delle scuole (23 maggio), 10 maggio 2008; Provincia autonoma di Bolzano, Rassegna
‘Il cinema che forma,’ domani il film ‘Come l’ombra’, 18 novembre 2009; Provincia autonoma di Bolzano –
Servizio Formazione continua sul Lavoro, Corsi per l’aggiornamento professionale. gennaio-dicembre 2012,
14; Provincia autonoma di Bolzano, L’assessora Kasslatter Mur sulla giornata mondiale dell’alfabetizzazione, 7 settembre 2006; Provincia autonoma di Bolzano, Convegno sulla mediazione linguistica (mercoledì
4 ottobre), 27 settembre 2006; e Provincia autonoma di Bolzano, Sei progetti attivati dalla rete sorta
attorno a ‘Con nuove culture’, 19 ottobre 2011.
93
Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione politiche sociali, “Relazione sociale 2005” supra,
185 – 186; si veda anche Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione politiche sociali, Piano sociale
provinciale 2007 – 2009 (Ottobre 2008), 177 – 178.
101
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 101
20.09.13 10:47
Andrea Carlà
Dopo la chiusura dell’Osservatorio, ci si è resi conto della proliferazione di programmi e azioni riguardanti la popolazione migrante adottati da vari enti pubblici e privati​​
che si era venuta a creare, e per far fronte a tale proliferazione nel 2009 è stato creato il
Servizio Coordinamento Immigrazione. Fino all’emanazione della Legge provinciale
sull’Integrazione del 2011 che ha rilanciato il Servizio Coordinamento, la sua funzione
principale era di “coordinare e accompagnare le azioni volte allo sviluppo dei processi
locali di accoglienza e di inserimento sociale dei cittadini immigrati, la loro rappresentanza e la loro partecipazione alla vita pubblica” con “l’intento … di giungere ad una
struttura organica di integrazione sociale”.94 A tal fine il Servizio Coordinamento ha
creato una rete di referenti per l’integrazione a livello provinciale. Fra i compiti del Servizio Coordinamento c’erano anche la raccolta d’informazioni delle diverse iniziative a
favore della popolazione migrante, il monitoraggio del processo d’integrazione, la raccolta e valutazione di buone pratiche, la realizzazione di campagne di sensibilizzazione, la redazione di un rapporto annuale sull’immigrazione in Alto Adige e la promozione di corsi di formazione in materia di migrazione.95
C. La prima legge provinciale per l’integrazione dei migranti
Come detto alla fine del 2011 la Provincia di Bolzano ha adottato una propria legge per
l’integrazione dei migranti con l’obiettivo di armonizzare le varie misure adottate precedentemente in materia di migrazione e fornire alcuni nuovi strumenti per affrontare
l’argomento.96 La legge provinciale sull’Integrazione ha avuto una gestazione travagliata, essendo stata approvata dal Consiglio provinciale dopo accesi dibattiti, rinvii, 256
emendamenti, sessioni straordinarie tenute fino a tarda notte, scambio di accuse tra i
rappresentanti politici e scontri verbali tra politici e rappresentanti di associazioni di
migranti.97 Dopo la sua approvazione, lo Stato Italiano ha considerato alcune sue disposizioni problematiche ed ha fatto ricorso alla Corte costituzionale Italiana, la quale ha
accolto il ricorso e ha dichiarato l’incostituzionalità di tali disposizioni.
94
Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione 19 – Lavoro, “Koordinierungsstelle für Einwan­
derung”. Si veda anche: Provincia autonoma di Bolzano – Servizio Stampa, Servizio coordinamento
immigrazione punto di riferimento a livello provinciale, 13 novembre 2009.
95
Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione 19 – Lavoro, Compiti del servizio coordinamento immi­
grazione, 13 novembre 2011.
96
Legge provinciale “Integrazione” supra.
97
“La giunta ha chiesto la seduta notturna ad oltranza”, Alto Adige, 17 settembre 2011, 3; “Pure Verdi e
Fli approvano la legge sull’integrazione”, Alto Adige, 23 ottobre 2011; e “Insulti tra Freiheitlichen e
immigrati”, Alto Adige, 16 settembre 2011, 16.
102
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 102
20.09.13 10:47
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
In linea con la ripartizione delle competenze tra lo stato centrale e gli enti locali, la
Legge provinciale, chiamata “Integrazione delle Cittadine e dei Cittadini Stranieri” si
occupa principalmente di politica d’integrazione e non disciplina la politica di controllo del flusso migratorio. Vi sono, tuttavia, tre eccezioni. Innanzitutto, la Legge provinciale sull’Integrazione, in linea con la normativa nazionale, elenca come uno dei suoi
principi e obiettivi “l’indirizzo dei flussi migratori coerentemente con il fabbisogno del
mercato del lavoro e lo sviluppo socio-economico nel rispetto delle attribuzioni
statali.”98 Comunque, la legge non contiene misure per determinare i flussi migratori,
concentrandosi invece sulle capacità dei migranti già presenti sul territorio tramite disposizioni finalizzate ad adeguare queste capacità alle esigenze dell’economia altoatesina attraverso corsi di formazione professionale.99 In secondo luogo, la Legge provinciale
sull’Integrazione favorisce il soggiorno e la permanenza in Alto Adige dei migranti che
hanno un titolo di studio universitario, d’istruzione superiore, o di particolari specializzazioni professionali, svolgono periodi di addestramento professionale o collaborano
a programmi di ricerca scientifica.100 A questo riguardo, è previsto anche che la Provincia promuova l’attuazione di una direttiva UE in materia di ammissione di migranti ai
fini della ricerca scientifica;101 quest’ultima disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale perché si tratta di una materia di esclusiva competenza statale.102 Infine la Legge provinciale precisa che le domande per il ricongiungimento familiare devono rispettare i requisiti igienico-sanitari, d’idoneità
abitativa e i requisiti inerenti al reddito minimo annuo applicati per tutti i cittadini in
provincia; questi requisiti in Alto Adige sono più restrittivi a causa dei più elevati standard generali di vita rispetto al resto d’Italia.103 Il Presidente della Giunta provinciale
Durnwalder ha sottolineato che la dimensione minima degli alloggi e il reddito minimo vitale erano l’unico margine a disposizione della Provincia in materia di ricongiungimento familiare, che è di competenza del Governo centrale.104 Ciononostante il Governo italiano ha ritenuto che tale disposizione violasse la competenza statale e ha
fatto appello alla Corte costituzionale italiana, che ha dichiarato questa disposizione
98
Art. 1(3)h, Legge provinciale “Integrazione” supra
99
Art. 13, Ibid.
100 Art. 13(3), Ibid.
101
Art 13(3), Ibid.
102 Corte costituzionale Italiana, Sentenza n. 2/2013 del 14 gennaio 2013.
103 Art. 12(4), Legge provinciale “Integrazione” supra
104 Provincia autonoma di Bolzano – Servizio Stampa, Dalla Giunta: in dirittura d’arrivo la legge sull’immigrazione, 10 gennaio 2011, in http://provincia.bz.it/usp
103
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 103
20.09.13 10:47
Andrea Carlà
costituzionalmente illegittima.105 È interessante notare che lo stesso Durnwalder, prima dell’approvazione della normativa provinciale, aveva riconosciuto questo problema,
dichiarando che “non possiamo negare il ricongiungimento a chi non rispetta i nostri
parametri”.106 Tuttavia, la norma era stata inclusa nella legge.
Come detto la legislazione provinciale si occupa più che altro di stabilire la politica
d’integrazione della Provincia di Bolzano, promuovendo e regolando l’integrazione della popolazione migrante. A tal fine la Legge provinciale sull’Integrazione crea un nuovo
quadro istituzionale. Innanzitutto la Provincia adotta un Programma pluriennale sull’immigrazione, che “definisce le priorità d’intervento […] indicando le attività previste, le
modalità attuative e di gestione, il quadro temporale e il relativo piano di finan­zia­
mento.”107 Inoltre, la Legge provinciale individua tre principali istituzioni per occuparsi di migrazione: il già esistente Servizio di Coordinamento Immigrazione descritto in precedenza, un nuovo Centro di Tutela Contro le discriminazioni (come richiesto dalla
legislazione nazionale), e una nuova Consulta provinciale per l’Immigrazione. In base all’articolo 3 la Provincia si avvale del Servizio di Coordinamento “allo scopo di garantire il coordinamento delle misure” previste dalla legge.108 Fra i suoi compiti il Centro di Tutela
Contro le discriminazioni si occupa di monitorare i casi di discriminazione, consentire
la loro segnalazione, fornire assistenza alle vittime, e, quando richiesto, formulare proposte e paperi su leggi e norme amministrative in materia. Il Centro non è specificamente un istituto per la tutela contro le discriminazioni razziali che coinvolgono migranti, ma si occupa di tutte le forme di discriminazione, comprese quelle basate sul
genere, l’orientamento sessuale e la disabilità.109 La Consulta provinciale per l’Immigrazione, creata per dare rappresentanza e partecipazione alla comunità di migranti
105 Corte costituzionale Italiana, Sentenza n. 2/2013, supra; “Stranieri, legge bloccata”, Alto Adige, 28
dicembre 2011, 19.
106 Provincia autonoma di Bolzano – Servizio Stampa, “Dalla Giunta: in dirittura d’arrivo” supra. Piuttosto che negare il ricongiungimento familiare Durnwalder ha affermato che “i dati in eccesso non
potranno essere presi in considerazione per l’assegnazione di punteggi relativi, ad esempio, all’assegnazione di un nuovo alloggio sociale.” Tuttavia, la legge non prevede una tale disposizione.
107
Art. 4(2), Legge provinciale “Integrazione” supra
108 Art. 3(1), Ibid. Le specifiche funzioni e attività del Servizio di Coordinamento sono state definite con
un regolamento di esecuzione. Fra le sue attività e funzioni il Servizio “svolge attività di sensibilizzazione, informazione e consulenza in tema di immigrazione e integrazione”, “propone corsi di
formazione a favore del personale provinciale, volti all’apprendimento di una cultura dell’integrazione”, “coordina la rete delle ripartizioni provinciali e degli enti strumentali della Provincia autonoma
di Bolzano”, “facilita uno scambio di buone pratiche e promuove reti con soggetti pubblici e privati”,
e “monitora il fenomeno migratorio e le iniziative nell’ambito dell’integrazione e delle migrazioni.”
Decreto del Presidente della Provincia n. 35 del 15 ottobre 2012, “Regolamento relativo al servizio di
coordinamento immigrazione e alla consulta provinciale per l’immigrazione”.
109 Art. 5, Legge provinciale “Integrazione” supra
104
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 104
20.09.13 10:47
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
nella gestione della migrazione, elabora proposte sul programma
​​
pluriennale e per adeguare le leggi provinciali alle esigenze che emergono in relazione al fenomeno della migrazione. Inoltre esprime pareri su ogni altro argomento che riguarda la materia della
migrazione su richiesta del Governo provinciale. I membri della Consulta sono l’Assessore competente per la migrazione, che ne è il presidente, quattro rappresentanti della
Provincia, un rappresentante dei principali sindacati, un rappresentante delle organizzazioni imprenditoriali, due rappresentanti dei Comuni, un rappresentante delle associazioni di volontariato e otto rappresentanti della popolazione migrante.110
La Legge provinciale sull’Integrazione menziona anche altre istituzioni coinvolte
nel processo d’integrazione della popolazione migrante, fra cui la scuola, i mediatori
interculturali e il Servizio Giovani, l’ufficio provinciale che sostiene le attività culturali
giovanili e la loro partecipazione nella società. Inoltre, per migliorare il coordinamento
delle azioni prese nel territorio provinciale, è previsto che gli enti locali (comuni e comunità comprensoriali) individuino nelle loro Giunte una persona responsabile per la
tematica dell’integrazione dei migranti. Infine, con riferimento all’integrazione culturale e linguistica, è riconosciuta l’importanza delle associazioni che si occupano di migranti nell’ambito sociale, interculturale, della formazione e dell’assistenza.111
Per quanto riguarda l’approccio al processo d’integrazione e inclusione sociale della
popolazione migrante in Alto Adige, la Legge provinciale definisce brevemente l’integrazione come un “processo di scambio e dialogo reciproco” e afferma che la Provincia
di Bolzano “favorisce il reciproco riconoscimento e la valorizzazione delle identità culturali, religiose e linguistiche, ispirandosi ai principi di uguaglianza e libertà religiosa”.112
Inoltre, uno dei principi e obiettivi del Governo provinciale in materia di migrazione è
“la conoscenza reciproca tra le diverse culture e identità presenti sul territorio, nonché
la conoscenza della storia e della cultura locale per favorire il processo d’integrazione”.113
Questi concetti sono sviluppati attraverso la promozione della mediazione interculturale e la realizzazione di progetti di educazione interculturale. Inoltre, in base alla
­Legge provinciale sull’Integrazione, la Provincia promuove la formazione professionale
degli insegnanti e personale delle scuole in materia di educazione interculturale e
­“promuove attività di informazione, sensibilizzazione e consulenza” in materia di mi110
Art. 6, Ibid. Originariamente fra i membri della Consulta sarebbe dovuto esserci anche una persona
come rappresentatente unico della Polizia e del Commissariato del Governo; questa disposizione
è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale Italiana, Sentenza n.
2/2013, supra.
111
Art. 7(6), Legge provinciale “Integrazione” supra.
112
Art. 1(2), Ibid.
113
Art. 1(3)c, Ibid.
105
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 105
20.09.13 10:47
Andrea Carlà
grazione rivolta ai migranti, alla popolazione locale e agli enti e servizi, pubblici e privati.114 Non sono previste azioni specifiche per sostenere il mantenimento della lingua madre e costumi dei migranti e garantire la pratica della loro religione. Tuttavia, il compito
di valorizzare la cultura e la lingua dei migranti potrebbe essere effettuato dalla società
civile attraverso il lavoro delle associazioni, il cui ruolo è riconosciuto dalla Legge provinciale.
Comunque, al di là di queste disposizioni per valorizzare l’identità e cultura dei migranti, la Legge provinciale sull’Integrazione mette in evidenza le esigenze della società ospitante. Infatti, come spiegato da R. Bizzo, Assessore provinciale al Lavoro, nella
Relazione accompagnatoria del disegno di legge, esso si basa sui seguenti quattro principi ispiratori:115
• il principio del ‘promuovere ed esigere’ rispetto ai diritti e doveri;
• il principio della conoscenza linguistica delle due principali lingue della provincia
e dell’apprendimento della cultura locale;
• il principio della gradualità verso la parità d’accesso alle prestazioni sociali (in senso lato);
• il monitoraggio del mercato del lavoro.116
In applicazione del concetto di ‘promuovere ed esigere’ un elemento chiave dell’integrazione è il fatto che i migranti conoscano sia i loro diritti sia i loro doveri nei confronti della società di accoglienza. La Legge provinciale contiene varie disposizioni per
la promozione dei diritti dei migranti, fra cui misure per promuovere l’integrazione
linguistica e culturale della popolazione migrante, sostenere l’educazione permanente
e accedere in condizioni di parità alle prestazioni sanitarie (oltre alle già menzionate
misure in tema di formazione professionale, rappresentanza e partecipazione, lotta
contro la discriminazione, mediazione interculturale, e educazione interculturale).
Inoltre, la Legge provinciale contiene disposizioni in materia di assistenza sociale, politiche abitative e di accoglienza e diritto allo studio (anche se, come sarà detto in seguito, introduce alcune limitazioni per la popolazione migrante in queste materie).
Per quanto riguarda i doveri della popolazione migrante, come ha detto l’Assessore
Bizzo, “crediamo sia giusto per una vera integrazione che ci sia da parte dei nuovi arri114
Art. 8(1) e Art. 14(7), Ibid.
115
La legge approvata ha mantenuto l’impianto generale del disegno di legge e riflette questi quattro
principi ispiratori.
116
Provincia autonoma di Bolzano, Relazione accompagnatoria del disegno di legge provinciale ‘Integrazione
delle cittadine e dei cittadini stranieri’, 21 febbraio 2012, 3; vedi anche le dichiarazioni di R. Bizzo in
“Costruiamo una vera convivenza tra altoatesini e migranti”, PDNewsletter 1 (14 gennaio 2011).
106
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 106
20.09.13 10:47
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
vati, l’impegno e la volontà di conoscere la terra che li ospita, la lingua, le nuove usanze
e le norme di vita che la caratterizzano.”117 In linea con questa dichiarazione, la Legge
provinciale sottolinea la conoscenza delle lingue e della cultura dell’Alto Adige. Come
ha specificato lo stesso Assessore Bizzo, un obiettivo importante per l’integrazione linguistica e culturale è che i migranti conoscano i valori fondamentali del Sudtirolo, la
sua storia, la cultura e le istituzioni politiche. “Il raggiungimento di quest’obiettivo
permette ai cittadini stranieri di identificarsi nel nuovo contesto e favoriscono il benessere collettivo nella nuova comunità.”118
La Legge provinciale contiene disposizioni esplicite per l’apprendimento delle lingue locali, come “misure di formazione e accompagnamento linguistico orientate
all’apprendimento professionale” e corsi d’incentivazione linguistica per gli studenti
migranti, che sono obbligatori per chi tra loro ha carenze linguistiche nella lingua
d’insegnamento.119 In generale non è specificato come far sì che i migranti imparino le
lingue e culture locali; né ci sono incentivi a riguardo. In tal senso il legislatore provinciale confida principalmente nella buona volontà della popolazione migrante e nell’interesse personale dei suoi membri ad apprendere le lingue e cultura locali. Durante l’elaborazione della legge, vi sono state alcune proposte per affrontare questo tema, come
la già discussa idea di introdurre l’apprendimento della lingua tedesca come alternativa
alla lingua italiana per adempiere all’accordo d’integrazione e ottenere il Permesso di
soggiorno CE, o collegare prove di lingua italiana e/o tedesca per accedere ad alcuni servizi sociali e contributi provinciali.120 Tuttavia il testo finale della legge non contiene
nessuna di queste misure.
Il rispetto dei doveri e l’apprendimento della lingua e cultura locale non garantiscono ai migranti il godimento degli stessi diritti della popolazione locale. Infatti, per
quanto riguarda l’accesso ai servizi sociali vi sono alcune misure che potrebbero de­
finirsi discriminatorie verso la popolazione migrante non-UE.121 La Legge provinciale
distingue, infatti, tra prestazioni essenziali e ulteriori prestazioni di natura economica, che possono essere limitate in base al criterio di un periodo minimo di residenza,
117
“Costruiamo una vera convivenza” supra.
118 Provincia autonoma di Bolzano, “Relazione accompagnatoria” supra, 5.
119
Art. 13(2) e Art. 14(6), Ibid.
120 Si veda M. Dallago, “Stranieri, in Alto Adige arriva il test linguistico”, Alto Adige, 28 ottobre 2010;
e “Bizzo: ‘Il test di bilinguismo sarebbe discriminatorio’”, Alto Adige, 10 gennaio 2011.
121
Si deve mettere in evidenza che negli ultimi anni la normativa nazionale ha seguito questa stessa
direzione.
107
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 107
20.09.13 10:47
Andrea Carlà
criterio, però, che è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale Italiana.122
In base alla Legge provinciale, ai migranti è garantito l’accesso alle prestazioni essenziali, come le agevolazioni per l’istruzione obbligatoria e le prestazioni sanitarie,
mentre prima della sentenza della Corte Costituzionale, per accedere ad alcune prestazioni di natura economica vi erano ulteriori requisiti per i migranti che non appartengono all’Unione Europea. Per esempio il testo originario della legge richiedeva loro cinque anni di ininterrotta residenza e dimora stabile per ottenere l’accesso alle prestazioni
di assistenza sociale di natura economica, e cinque anni di residenza ininterrotta per
l’accesso alle prestazioni di natura economica per il diritto allo studio universitario.123
Durante l’elaborazione della legge si è anche discusso se introdurre come criterio l’aver
prestato attività lavorativa in provincia per tre anni, ma il testo di legge approvato non
contiene questa misura. Le agevolazioni edilizie e il contributo al canone di locazione
sono considerati prestazioni provinciali aggiuntive e sono sottoposti ai criteri stabiliti
dalla legge provinciale di settore.124 In sostanza, questo è il principio della gradualità: i
migranti devono essere radicati nel territorio prima di godere di tutti i diritti sociali.
Questo principio riflette anche l’intenzione di evitare abusi dei generosi servizi sociali
della Provincia e la preoccupazione che molti migranti scelgano di vivere in Alto Adige
perché fornisce maggiori contributi sociali rispetto ad altre regioni italiane.
Il criterio di un periodo minimo di residenza era un aspetto problematico della legge, perché discriminatorio. In effetti, qualche dubbio era stato sollevato già in Consiglio
provinciale. Sul punto il Governo italiano ha presentato ricorso alla Corte costituzionale italiana che ha affermato che il requisito della residenza “protratta per un predeterminato e significativo periodo minimo di tempo” non rispetta i principi di ragionevolezza e di uguaglianza ed ha dichiarato costituzionalmente illegittimi gli articoli della
legge che lo menzionavano.125
L’ultimo principio del processo d’integrazione su cui si basa la Legge provinciale è il
monitoraggio del mercato del lavoro “nell’ottica delle pari opportunità d’accesso ma al
contempo anche del governo del fenomeno migratorio della manodopera”.126 L’Assessore
Bizzo ha ulteriormente spiegato che lo scopo di questo monitoraggio è di verificare la
122 Corte costituzionale Italiana, Sentenza n. 2/2013, supra.
123 Art. 10(2), e Art. 14(5), Legge provinciale “Integrazione” supra.
124 Per una analisi della legge provinciale in materia di politiche abitative si veda il contributo di
A. Pallaoro in questo volume.
125 Corte costituzionale Italiana, Sentenza n. 2/2013, supra, Para. 3.2; si veda anche “Stranieri, legge
bloccata” supra.
126 Provincia autonoma di Bolzano, “Relazione accompagnatoria” supra, 3;
108
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 108
20.09.13 10:47
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
necessaria domanda di manodopera legata ai nuovi flussi migratori ed evitare l’aumento della disoccupazione.127
La Legge provinciale, che l’Assessore Bizzo ha definito “equilibrata e moderata”, è il
risultato di un compromesso tra forze politiche progressiste e conservatrici, che hanno
discusso intensamente durante la sua redazione e approvazione.128 L’essere frutto di un
siffato compromesso ha tuttavia portato a critiche da parte di tutto lo spettro politico e
sociale. La Legge provinciale è stata, infatti, definita “una legge inconsistente”, una
“legge assurda”, una “scatola vuota”, utile solo ad affermare che la Provincia di Bolzano
si è data una normativa in materia d’immigrazione.129
Per forze politiche progressiste, come i Verdi-Grüne-Vërc, la legge non garantisce una
piena reale integrazione, ma è solo una base di partenza.130 Inoltre il quadro istituzionale creato dalla legge è stato criticato per non dare sufficiente spazio alla voce dei migranti, giacché i loro rappresentanti sono in minoranza numerica nella Consulta provinciale per l’Immigrazione (anche se possono diventare maggioranza se, per esempio,
persone con passato migratorio sono elette come rappresentanti delle associazioni o
sindacati – cosa di fatto avvenuta).131 I partiti di destra invece hanno criticato la legge in
quanto troppo permissiva e generosa nei confronti dei migranti. Durante la discussione della legge questi partiti hanno evidenziato con toni ed espressioni drammatiche,
quali “cammino fatale”, gli aspetti economici, sociali e culturali negativi della migrazione, spesso con riferimento ai migranti provenienti da paesi mussulmani.132 Varie
misure draconiane sono state proposte (ma non approvate) in Consiglio provinciale sia
riguardo alle politiche di controllo del flusso migratorio che alle politiche d’integrazione, come ad esempio impedire l’accoglienza di persone che non possono lavorare, aumentare il criterio di un periodo minimo di residenza a sette o dieci anni, legare l’accesso ad alcuni servizi sociali alle conoscenze linguistiche e dare priorità ai cittadini
italiani nell’edilizia abitativa agevolata.133
127
“Costruiamo una vera convivenza” supra.
128 Provincia autonoma di Bolzano – Servizio Stampa, “Approvata la legge sull’immigrazione, Bizzo:
Integrazione per governare il fenomeno”, 22 ottobre 2011, in http://provincia.bz.it/usp.
129 “Pure Verdi e Fli approvano” supra; “Insulti tra Freiheitlichen e immigrati” supra.
130 Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Resoconto integrale della seduta del Consiglio
Provinciale”, n. 114, 21 Ottobre 2011, 137
131
“Insulti tra Freiheitlichen e immigrati” supra.
132
L’espressione “cammino fatale” è usata in: “Ordine del giorno n. 1” supra.
133
Per ulteriori dettagli sulle proposte in materia di politiche di controllo del flusso migratorio si veda:
Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, Relazione sul disegno di legge provinciale n. 89/11,
20 giugno 2011; Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, Relazione di minoranza del disegno di
legge­provinciale n. 89/11, 28 giugno 2011; Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Lavori
109
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 109
20.09.13 10:47
Andrea Carlà
Un aspetto fondamentale della Legge provinciale è l’importanza che essa conferisce
alla conoscenza delle lingue e della cultura locale. In questo modo, si mette in evidenza
come il tema della migrazione interagisca con le caratteristiche specifiche dell’Alto
Adige e la necessità di proteggere le sue minoranze tradizionali. La migrazione e l’inclusione dei migranti in un territorio come quello altoatesino richiede ulteriori politiche linguistiche e culturali. Tuttavia la legge non affronta ulteriormente la questione
di come la presenza di migranti influenzi il sistema altoatesino per proteggere le minoranze tradizionali e il rigido separatismo che lo caratterizza, nonostante la questione
sia stata sollevata durante la discussione della legge, anche se con proposte estremiste.
Per esempio la Süd-Tiroler Freiheit ha sottolineato la necessità di adottare misure volte a
impedire che i migranti s’integrino con la popolazione di lingua italiana e a selezionare
all’origine la popolazione migrante, proponendo la creazione di un ufficio provinciale
che recluti persone prevalentemente dal Nord Tirolo e Tirolo orientale, Austria, Germania e il resto dell’Unione Europea (riferendosi ai paesi dell’Europa orientale), perché
parlano tedesco o condividono con l’Alto Adige lo stesso background culturale.134 I
Freiheitlichen hanno invece proposto test obbligatori di tedesco e ladino per ottenere i
Consiglio: Mozione su immigrazione”, 9 giugno 2009; “Ordine del giorno n. 7 dell’8.9.2011, presentata
dai consiglieri Stocker Sigmar, Mair, Egger, Leitner e Tinkhauser, concernente: No al Centro di tutela
contro le discriminazioni per gli immigrati in Alto Adige”, in Consiglio della Provincia autonoma
di Bolzano, “Resoconto integrale della seduta del Consiglio Provinciale”, n. 109, 16 settembre 2011;
“Ordine del giorno n. 2, presentato dai consiglieri Leitner Mair, Egger, Sigmar Stocker e Tinkhauser
in data 8.9.2011, riguardante l’assegnazione di alloggi IPES solo dietro certificazione di nozioni base
della lingua tedesca ovvero italiana”, in Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Resoconto
integrale della seduta del Consiglio Provinciale”, n. 109, 16 settembre 2011; “Ordine del giorno n. 5”
supra; “Ordine del giorno n. 12 del 15.9.2011, presentato dalla consigliera Artioli, concernente l’assegnazione case Ipes”, in Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Resoconto integrale della
seduta del Consiglio Provinciale”, n. 109, 16 settembre 2011; Consiglio della Provincia autonoma di
Bolzano, “Lavori Consiglio: Legge sull’integrazionme delle cittadine e dei cittadini stranieri, discussione generale – 2”, 15 settembre 2011, in http://www.consiglio-bz.org/it; Consiglio della Provincia
autonoma di Bolzano, “Lavori Consiglio: Legge sull’integrazionme delle cittadine e dei cittadini
stranieri, discussione generale – 3”, 15 settembre 2011, in http://www.consiglio-bz.org/it; Consiglio
della Provincia autonoma di Bolzano, “Lavori Consiglio: Legge sull’integrazione delle cittadine e dei
cittadini stranieri”, 15 settembre 2011, in http://www.consiglio-bz.org/it; Consiglio della Provincia
autonoma di Bolzano, “Lavori Consiglio: Legge sull’integrazionme delle cittadine e dei cittadini
stranieri, discussione generale- 6”, 15 settembre 2011, in http://www.consiglio-bz.org/it; Consiglio
della Provincia autonoma di Bolzano, “Lavori Consiglio: Legge sull’integrazionme delle cittadine e
dei cittadini stranieri, discussione generale e replica dell’ass. Bizzo”, 15 settembre 2011, in
http://www.consiglio-bz.org/it; e Dallago, “Stranieri” supra.
134 “Ordine del giorno n. 13 del 15.9.2011” supra; e Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano,
“Lavori Consiglio: Si a ordine del giorno su mercato del lavoro, si a discussione articolata del dpl
integrazione”, 16 settembre 2011, in http://www.consiglio-bz.org/it.
110
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 110
20.09.13 10:47
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
permessi di soggiorno e, come detto, Unitalia ha provocatoriamente proposto la creazione di una quarta scuola segregata per i figli di migranti.135
III. Considerazioni finali
In un territorio come quello dell’Alto Adige, caratterizzato dalla presenza di minoranze
tradizionali, la cui diversità è protetta da specifiche politiche linguistiche e culturali, il
fenomeno della migrazione comporta problematiche del tutto peculiari. In Alto Adige
la presenza di migranti è considerata più come un problema, piuttosto che come un’opportunità, in relazione da un lato ai rapporti tra l’Alto Adige e lo Stato italiano e dall’altro alla convivenza tra i gruppi linguistici tradizionali altoatesini, come evidenziato
dai contrasti tra il Governo provinciale e il Governo italiano sulla gestione della migrazione. In Alto Adige vi è altresì la preoccupazione che i migranti modifichino l’equilibrio demografico tra i gruppi italiano e tedesco, e la materia della migrazione è utilizzata nei dibattiti riguardo al ​​sistema altoatesino per la protezione delle minoranze
tradizionali e gli sviluppi futuri di tale sistema.
Queste questioni legate al fenomeno della migrazione sembrano aver ritardato lo
sviluppo di un approccio organico alla materia della migrazione. A questo proposito il
quadro istituzionale italiano limita i poteri della Provincia di Bolzano nel controllo della migrazione. Né lo status peculiare dell’Alto Adige all’interno del sistema regionale
italiano né il concetto di autonomia dinamica, vale a dire gli allargamenti progressivi
dei poteri della Provincia di Bolzano negli ultimi decenni, consentono ad oggi di superare questi limiti. Anche se varie forze politiche vorrebbero che la Provincia acquisisse
maggiori competenze nel controllo del flusso migratorio, vi è il riconoscimento dell’irrealizzabilità di tale richiesta. Tuttavia, bisogna ricordare che la Provincia di Bolzano si
differenzia notevolmente dagli altri enti territoriali italiani nella gestione amministrativa del flusso migratorio e sono state intraprese azioni, per quanto marginali, al fine di
armonizzare la disciplina della migrazione alla realtà bilingue altoatesina.
Riguardo alla materia del controllo della migrazione, si deve rilevare come nei discorsi politici altoatesini sia stato espresso l’interesse di influenzare non solo il volume
della migrazione verso la provincia, ma anche la sua composizione, incoraggiando o
dando preferenza ai migranti considerati culturalmente più vicini alla realtà dell’Alto
135
“Ordine del giorno n. 5” supra; “Ordine del giorno n. 9 del 15.9.2011, presentato dal consigliere Seppi,
concernente: Creare la scuola per stranieri è la soluzione al disagio didattico causato dalla loro
presenza in quella italiana o tedesca”, in Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, “Resoconto
integrale della seduta del Consiglio Provinciale”, n. 109, 16 settembre 2011.
111
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 111
20.09.13 10:47
Andrea Carlà
Adige, vale a dire persone provenienti da paesi di lingua tedesca e dall’Europa dell’est.
Ad ogni modo, questo tipo d’interventi sarebbero difficili da giustificare poiché chiaramente discriminatori.
Differentemente dal tema della politica di controllo della migrazione, l’Alto Adige
ha vaste competenze per quanto riguarda le modalità d’inclusione della popolazione
migrante. Il Governo provinciale è in grado di adottare varie misure per incoraggiare i
migranti a comprendere le caratteristiche specifiche dell’Alto Adige. In questo contesto,
l’approccio altoatesino all’inclusione dei migranti ha già previsto varie misure per proteggere la diversità dei gruppi tradizionali. In particolare, la politica di migrazione è
stata collegata alla politica linguistica, come confermato nella recente legge provinciale sulla migrazione dall’enfasi sulla conoscenza delle lingue e culture locali. Inoltre
pare che la migrazione nella società altoatesina, invece di aumentarne il carattere pluralistico, ne stia producendo una ‘etnicizzazione’. Al fine di tutelare l’identità dei gruppi
tradizionali dell’Alto Adige, molte forze politiche locali non sono in grado o disposte ad
abbracciare una filosofia multiculturale per l’incorporazione della diversità dei migranti. Infine l’approccio e le politiche altoatesine in materia di migrazione collegano la materia alle politiche sociali con il rischio di discriminare la popolazione migrante, come
dimostrato dal fatto che il testo originario della legge provinciale conteneva disposizioni, poi dichiarate incostituzionali, che limitavano i diritti sociali dei migranti non-UE
elaborate per tutelare in questo modo il benessere della società altoatesina.
Quest’approccio all’inclusione della popolazione migrante, unitamente alla suddetta volontà di selezionare i migranti in base al loro paese di origine, è in contrasto con
principi liberali e democratici. In particolare qualsiasi pratica discriminatoria non può
essere applicata dai giudici italiani, né può superare il vaglio della Corte costituzionale
o essere tollerata dalle istituzioni dell’Unione europea, che si sono impegnate a tutelare
i diritti individuali. Inoltre la violazione di principi liberali e democratici toglie legittimità alle misure dell’Alto Adige in materia di migrazione. In effetti, l’obiettivo di una
politica di migrazione altoatesina dovrebbe essere non solo la conservazione delle proprie caratteristiche peculiari, ma altresì l’offerta ai migranti della migliore accoglienza
possibile e inclusione nella società. Chiaramente l’Alto Adige è ancora in cerca di un
modello valido di politiche di migrazione al fine di gestire la tematica, mantenendo al
contempo una protezione efficace dei gruppi tradizionali altoatesini.
112
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 112
20.09.13 10:47
La Provincia di Bolzano e lo sviluppo di una politica sulla migrazione per i territori a
­ bitati da minoranze tradizionali
Bibliografia
P. Bonetti, “I principi, i diritti e doveri. Le politiche migratorie”, in B. Nascimbene e
P. Bonetti (a cura di), Diritto degli stranieri (Padova, CEDAM, 2004).
S. Castles e M. J. Miller, The Age of Migration (New York, Guilford Publications, 1998).
Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, Relazione di minoranza del disegno di legge
provinciale n. 89/11, 28 giugno 2011.
Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, Relazione sul disegno di legge provinciale
n. 89/11, 20 giugno 2011.
Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, Indici di integrazione degli immigrati in Italia,
VII Rapporto (CNEL, Roma, 13 luglio 2010).
GECT – EUREGIO Tirolo-Alto Adige-Trentino, “Agenda di impegni per il confronto e la
cooperazione transfrontaliera su politiche interculturali”, 3 novembre 2011.
Giunta Provinciale della Provincia autonoma di Bolzano, Considerazioni e proposte della
Giunta provinciale, giugno 2008, in http://www.provincia.bz.it.
L. Durnwalder, Dichiarazioni programmatiche del presidente della Provincia designato Luis
Durnwalder al Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano, 16 dicembre 2008.
L. Durnwalder, Durnwalder presenta la Relazione di bilancio: visioni per il 2010, in
http://www.provincia.bz.it/aprov/amministrazione/service/attualita.asp?aktuelles_
action=4&aktuelles_article_id=195333.
L. Durnwalder, Relazione del presidente Durnwalder al bilancio provinciale 2007, 12 dicembre 2006,
in http://www.provincia.bz.it/aprov/amministrazione/service/attualita.asp?aktuelles_
action= 4&aktuelles_article_id=155714.
C. Lainati e S. Saltarelli (a cura di), Migrazioni in Alto Adige, Osservatorio Provinciale sulle
Immigrazioni della Provincia Autonoma di Bolzano (Praxis, Bolzano, febbraio 2007).
J. Marko et al., L’Ordinamento speciale della Provincia autonoma di Bolzano (CEDAM, 2001).
R. Medda-Windischer, “Gestione della diversità delle ‘nuove minoranze’ in Alto-Adige/Süd
Tirol”, in R. Medda-Windischer, et al. (a cura di), La migrazione in Alto adige e Tirolo
(Bolzano: EURAC research, 2011).
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, “Piano per l’integrazione nella sicurezza
‘Identità e incontro’”, in http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/PrimoPiano/Piano_
integrazione_sicurezza_incontro.htm.
F. Pahl et al., Immigration und Integration in Südtirol, 25 maggio 2007.
Partito Democratico, Accordo di coalizione per la formazione del Governo provinciale per la
legislatura 2008 – 2013, in http://www.partitodemocratico.bz/ e http://www.provincia.
bz.it/aprov/giuntaprovinciale/programma/programma.asp.
Provincia autonoma di Bolzano, Relazione accompagnatoria del disegno di legge provinciale
‘Integrazione delle cittadine e dei cittadini stranieri’, 21 febbraio 2012.
Provincia autonoma di Bolzano – Istituto Pedagogico per il gruppo linguistico Tedesco,
Documento programmatico per l’attuazione della delibera provinciale (maggio 2008), in
http://www.schule.suedtirol.it/pi/index.asp.
Provincia autonoma di Bolzano/Alto Adige – Istituto provinciale di statistica – ASTAT,
Annuario statistico 2012 (Bolzano, 2013).
113
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 113
20.09.13 10:47
Andrea Carlà
Provincia autonoma di Bolzano/Alto Adige – Istituto provinciale di statistica – ASTAT,
“astatinfo”, 41 (giugno 2012).
Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione Lavoro, Monitoraggio del piano pluriennale
degli interventi di politica del lavoro 2000 – 2006. Relazione sullo stato di attuazione delle misure
previste, (2005).
Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione Lavoro, Piano pluriennale degli interventi di
politica del lavoro 2000 – 2006 (2001).
Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione Lavoro, Piano pluriennale degli interventi di
politica del lavoro 2007 – 2013 (2007).
Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione 19 – Lavoro, Compiti del servizio coordinamento
immigrazione, 13 novembre 2011.
Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione politiche sociali, Piano sociale provinciale
2007 – 2009 (Ottobre 2008).
Provincia autonoma di Bolzano – Ripartizione politiche sociali, Relazione sociale 2005
(novembre 2005).
Provincia autonoma di Bolzano – Servizio Formazione continua sul Lavoro, Corsi per
l’aggiornamento professionale. gennaio-dicembre 2012.
D. Ranalli, “L’accesso dello straniero all’assistenza sociale. Profili giurisprudenziali”, in
http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/migranti/ranalli/index.htm.
L. Ronchetti, “I diritti fondamentali alla prova delle migrazioni (a proposito delle sentenze
nn. 299 del 2010 e 61 del 2011)” (2011) 3 Rivista telematica giuridica dell’Associazione
Italiana dei Costituzionalisti.
R. Steininger, Alto Adige/Sudtirolo 1918 – 1999 (Innsbruck-Wien, Studienverlag, 1999).
Südtiroler Volkspartei, Fordern und fördern!, settembre 2010.
Südtiroler Volkspartei, Mit Euch für Südtirol! Wahlprogramm 2008–2013 (ottobre 2008).
V. Wisthaler, “The paradox migration puts traditional minorities in: A case study on the
education system of South Tyrol” (2008) in http://www.migrationeducation.org/
fileadmin/uploads/VerenaWisthaler.pdf.
114
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 114
20.09.13 10:47
‘Nuove’ minoranze in
Alto Adige/Südtirol:
impatto sugli strumenti a tutela
delle ‘vecchie’ minoranze1
Alessandro Pallaoro2 e Micaela Colletti3
Premessa
L’Europa deve confrontarsi con spostamenti di massa di popolazioni, provenienti specie dal sud e dall’est del mondo, motivati da ragioni politiche e, soprattutto, economiche. In un’epoca di diaspora globale4 nelle popolazioni accoglienti si avverte sempre
più spesso il desiderio di limitarne il flusso, prima che la propria identità sia irrimediabilmente compromessa e che i propri privilegi vengano spartiti con degli estranei.
Secondo stime dell’Istituto provinciale di statistica, in Alto Adige gli stranieri – che
contribuiscono alla ricchezza della Provincia autonoma di Bolzano in ragione del
10,50 % del PIL5 – raggiungeranno nel 2020 le 74.700 unità (con una incidenza del 14,3 %
sul totale dei residenti).6 Già oggi, con il 44 % degli stranieri residenti da oltre un
1
I paragrafi 2 e 3 sono da attribuire a Micaela Colletti, i paragrafi 4,5,6,7 e 8 ad Alessandro Pallaoro e i
paragrafi 1 e 9 sono opera di entrambi.
2
Alessandro Pallaoro è Avvocato e Magistrato contabile ed è membro del direttivo di Human Rights
International (www.h-r-i.org), organizzazione attiva a livello internazionale nella difesa e promozione dei diritti umani.
3
Micaela Colletti ha conseguito le abilitazioni per l’insegnamento della lingua tedesca (seconda
lingua) e delle lingue straniere (inglese e tedesco) nelle scuole in lingua italiana della Provincia
autonoma di Bolzano.
4
Così E. Arielli e G. Scotto, Conflitti e Mediazione (Milano, B. Mondadori, 2003), 157 e ss.
5
Centro Studi di Unioncamere, Rapporto Unioncamere (2009), in www.unioncamere.gov.it.
6
Provincia autonoma di Bolzano – Astat, Popolazione residente totale e straniera in provincia di Bolzano:
uno sguardo verso il 2020, Collana Astat 134 (Bolzano, 2008), 44; e comunicato stampa della Provincia
autonoma di Bolzano del 13.11.2009 in occasione dell’insediamento del Servizio Coordinamento
Immigrazione, col compito di coordinare le politiche sull’immigrazione e sensibilizzare le popolazioni locali “verso l’integrazione intesa quale processo reciproco”. Archivio dei comunicati stampa
della Provincia autonoma di Bolzano in www.provincia.bz.it
115
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 115
20.09.13 10:47
Alessandro Pallaoro e Micaela Colletti
quinquennio,7 il territorio è al primo posto tra le province italiane per quanto concerne
l’indicatore di soggiorno permanente.8
In particolare, nelle anagrafi dei 116 comuni altoatesini, risultavano, ufficialmente
iscritti al 31 dicembre 2011, n. 44.362 stranieri residenti (privi di cittadinanza italiana),
con un’incidenza sulla popolazione residente complessiva in provincia dell’8,7 % (a fronte del 7,5 % della media nazionale), di cui quasi un terzo (n. 14.238) sono cittadini comunitari.9 Le nazionalità più rappresentate sono l’Albania e la Germania, seguite dal
Maroc­co e dal Pakistan. Complessivamente sono presenti in provincia persone pro­
venienti da ben 134 diversi paesi e questa nuova minoranza10 si troverà, prima o poi, a
sceglie­re a quale dei vecchi gruppi linguistici presenti (tedesco, italiano, ladino), indirizzare il proprio percorso di integrazione, sin dall’iscrizione dei figli a scuola.11 Di ciò gli
7
Quasi 3 cittadini non UE su 4 sono in possesso di un permesso di soggiorno per soggiornanti Ce di
lungo periodo, permesso in vigore dal gennaio 2007, in sostituzione della preesistente Carta di
soggiorno, con scadenza illimitata e che può essere richiesto solo da coloro che hanno, fra l’altro, un
permesso di soggiorno da almeno cinque anni ed hanno sostenuto con esito positivo un test di
conoscenza della lingua italiana. Cfr. anche A. Pallaoro, “La condizione giuridica degli stranieri nella
Provincia di Bolzano” in R. Medda-Windischer et al. (a cura di), La Migrazione in Alto Adige e Tirolo.
Analisi e prospettive multidisciplinari (Bolzano, EURAC research, 2011), 95 e ss.
8
Cfr. CNEL, Indici di integrazione degli immigrati in Italia (marzo 2008); e Provincia autonoma di Bol­
zano – Astat, astatinfo, 7 (2013), da cui risulta che in provincia si registra la più alta percentuale di
cittadini in possesso del permesso di soggiorno di cui alla nota precedente, dato che costituisce
sicuramente un indicatore di stabilità del fenomeno dell’immigrazione e, nel contempo, anche di un
certo standard di vita dei relativi possessori posto che la normativa prevede fra i requisiti necessari
al rilascio, altresì, la disponibilità di un reddito e di una abitazione adeguati.
9
Provincia autonoma di Bolzano – Astat, “Popolazione straniera residente 2011”, astatinfo 41 (2012).
L’incidenza degli stranieri supera in diversi comuni il 10 %: es. Bolzano (13,7 %) e Merano (13,8 %).
10
Il Comitato Consultivo della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali del
Consiglio d’Europa ha sostenuto una estensione selettiva delle norme a tutela delle “vecchie”
minoranze anche alle “nuove” minoranze, in base ad un c.d. approccio “articolo per articolo”. Vedasi
in argomento R. Medda-Windischer, “Vecchie e nuove minoranze: una dicotomia ancora valida? Il
caso Alto Adige/Südtirol” in D. Castellano (a cura di), Il Diritto di asilo in Europa: problemi e prospettive
(Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008), 157 e ss. Fra gli strumenti internazionali di protezione
si ricordano le Convenzioni sui lavoratori migranti OIL 97/1949 (ratificata dall’Italia con legge n.
1305/1952) e 143/1975 (ratificata con legge n. 158/1981), la Convenzione internazionale sulla protezione
dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie dell’ONU del 1990 (ris. 45/158
a tutt’oggi ancora non ratificata dall’Italia) e la Convenzione sullo status giuridico dei lavoratori
migranti del Consiglio d’Europa del 1977 (ratificata dall’Italia con legge n. 13/1995).
11
Un elemento significativo è la crescita più che proporzionale degli alunni stranieri con una inci­
denza globale media nelle scuole medie inferiori italiane, tedesche e ladine (anno scolastico 2009/10)
del 7,8 %, percentuale che raggiunge il 20,7 % in quelle di lingua italiana. Nelle scuole superiori
l’incidenza globale media è del 6 % (14,5 % nelle scuole in lingua italiana contro il 2,7 % nelle scuole
tedesca e ladina (Cfr. R. Medda-Windischer e R. Girardi, Rapporto annuale sull’immigrazione in Alto
Adige 2010 (Bolzano, EURAC research, 2010). La statistica provinciale evidenzia altresì una struttura
per età degli stranieri sensibilmente più giovane rispetto agli altri cittadini, un tasso di nascita
elevato e una bassa mortalità. Nelle scuole dell’infanzia in lingua italiana si registrano 25,6 stranieri
ogni 100 iscritti, in quelle di lingua tedesca la quota si attesta al 9,6 % e in quelle delle località ladine
su 6,3 ogni 100 iscritti. Provincia autonoma di Bolzano – Astat, astatinfo 4 (2013).
116
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 116
20.09.13 10:47
‘Nuove’ minoranze in Alto Adige/Südtirol: impatto sugli strumenti a tutela delle ‘vecchie’ minoranze
stranieri non erano spesso a conoscenza al momento della decisione di venire in Alto
Adige.12
È noto che l’ordinamento giuridico locale si connota, nel complesso, per una forte
istituzionalizzazione dei tre gruppi linguistici storicamente presenti,13 meccanismo
che ha contribuito a garantire pace sociale e sviluppo all’intero territorio. In attuazione
dell’articolo 6 della Costituzione Italiana (“La Repubblica tutela con apposite norme le
minoranze linguistiche”), alla minoranza germanofona della provincia è garantita, infatti, una notevole tutela14 (c.d. minoranza superprotetta15), in virtù di speciali disposizioni contenute nello Statuto di autonomia della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol16
e nelle relative norme di attuazione. A tal riguardo, si evidenzia il consolidato orientamento per cui le particolari misure, seppur derogatorie del principio generale di uguaglianza (articolo 3 della Costituzione), non hanno un carattere discriminatorio, essendo
in linea con quanto sancito a livello internazionale e comunitario.17
12
Cfr. M. Massi, “Integrazione e situazione sociale degli stranieri” in Provincia autonoma di Bolzano –
Astat, Immigrazione in Alto Adige, Stili di vita ed opinioni della popolazione altoatesina e straniera 2011, Collana
Astat 183 (2012), 113; da cui emerge che quasi il 53 % degli stranieri intervistati non sapeva della
presenza di tre diversi gruppi linguistici in Provincia al momento di decidere il loro trasferimento.
13
Cfr. A. Lampis, Autonomia e convivenza (Bolzano, Accademia Europea Bolzano, 1999), 29 e ss.
14
Cfr. F. Palermo e J. Woelk, Diritto costituzionale comparato dei gruppi e delle minoranze (Padova, Cedam,
2008), 256.
15
E. Palici Di Suni Prat, Intorno alle minoranze (Torino, Ed. Giappichelli, 1999), 29 e ss.
16
D. P. R. 1972/670
17
Così S. Scarponi e E. Stenico, “Le azioni positive: le disposizioni comunitarie, le luci e le ombre della
legislazione italiana, il raccordo con la normativa in tema di tutela delle minoranze etniche” in
M. Barbera (a cura di), Il nuovo diritto antidiscriminatorio, il quadro comunitario e nazionale (Milano,
­Giuffrè, 2007), 452 e ss.; dove si citano, fra l’altro, il Trattato di Parigi tra Italia e Austria del 10 febbraio
1947; la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie approvata dal Consiglio d’Europa il
5 novem­bre 1992 e la comunicazione della Commissione CEE, Una strategia quadro per la non discriminazione e le pari opportunità per tutti, con riguardo all’integrazione delle minoranze etniche
­nella società e nel mercato del lavoro, COM (2005) 224, 1 giugno 2005, con un ampio rinvio a dottrina
e giurisprudenza. Sempre in ambito comunitario vanno citati, altresì, i principi del rispetto dei
diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze (art. 2 della versione consolidata del Trattato sull’UE a seguito del Trattato di Lisbona); il riconoscimento della ricchezza della
diversità culturale e linguistica (art. 3) e lo sviluppo di una politica comune dell’immigrazione intesa
ad assicurare l’equo trattamento dei cittadini dei Paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati
membri (art. 79 della versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell’UE). Secondo le conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo di Tampere del 1999 “[l]’Unione europea deve garantire l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio degli
Stati membri. Una politica di integrazione più incisiva dovrebbe mirare a garantire loro diritti e
obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell’UE”. Importanti infine anche ulteriori comunicazioni
della Commissione europea: Commissione europea, Un’agenda comune per l’integrazione, quadro
per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea, COM (2005) 389, 1 settembre 2005;
Commissione europea, Relazione strategica sulla strategia di Lisbona rinnovata per la crescita e
l’occupazione: il nuovo ciclo 2008 – 2010, Stare al passo con i cambiamenti, COM (2007) 803, 11 dicembre 2007: e Commissione europea, Una politica d’immigrazione comune per l’Europa: principi, azioni
e strumenti, COM (2008) 359, 17 giugno 2008. Quest’ultimo atto individua gli assi principali delle
117
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 117
20.09.13 10:47
Alessandro Pallaoro e Micaela Colletti
Al fine di valutare l’impatto della presenza delle nuove minoranze sulle minoranze
storicamente presenti, verranno esaminati i seguenti aspetti: l’obbligo di dichiarazione
della propria appartenenza/aggregazione linguistica (I), della propria madrelingua (II);
la partecipazione politica (III) l’accesso alle prestazioni abitative (IV), alle provvidenze
sociali (V), al pubblico impiego (VI) ed, infine, lo strumento dell’azione civile antidiscriminatoria (VII).
I.
La dichiarazione di appartenenza/aggregazione
linguistica
In provincia di Bolzano viene condotto un rilevamento della consistenza dei tre gruppi
linguistici presenti, in occasione del decennale censimento generale della popolazione.
Il rilevamento è, secondo le disposizioni dello Statuto di autonomia, la base per la ripartizione proporzionale tra i gruppi stessi, dei posti di lavoro nel settore pubblico e delle
risorse finanziarie in importanti settori, come la scuola, la cultura, il sociale e, sia pur
con ampie eccezioni, l’edilizia abitativa agevolata.
Nel 2001, la consistenza statistica di ciascun gruppo linguistico è stata accertata
con una dichiarazione anonima.
L’appartenenza del singolo ad uno dei tre gruppi o la non appartenenza ad alcuno
degli stessi, dichiarandosi in quest’ultimo caso “altro” con aggregazione obbligatoria ad
uno dei gruppi riconosciuti, al fine dell’esercizio dei diritti e degli interessi che la legge
ricollega all’appartenenza (es. partecipazioni ai concorsi pubblici, sovvenzioni pubbliche), è stata accertata, invece, tramite una dichiarazione nominativa.
Entrambe erano da rendersi contemporaneamente, su un modello, in cui la prima
pagina era nominativa e le successive anonime.
Nell’ottobre del 2011, su tutto il territorio nazionale, si è svolto l’ultimo censimento
generale della popolazione. A differenza del passato, la simultanea rilevazione della consistenza dei gruppi linguistici (la quarta in assoluto in provincia di Bolzano dal 1981), è
avvenuta tramite una dichiarazione anonima di appartenenza/aggregazione, valida ai
soli fini statistici. A seguito di modifiche alle norme di attuazione statutarie intervenute
nel 2005,18 la dimensione individuale della rilevazione è stata scollegata da quella colletstrategie comunitarie nella prosperità, solidarietà e sicurezza, prevedendo altresì che “bisogna inoltre assicurare parità di trattamento ai cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente sul territorio degli stati membri, allo scopo di avvicinare il loro status giuridico a quello dei cittadini dell’UE”.
18
Cfr. decreto legislativo 99/2005.
118
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 118
20.09.13 10:47
‘Nuove’ minoranze in Alto Adige/Südtirol: impatto sugli strumenti a tutela delle ‘vecchie’ minoranze
tiva/statistica: le dichiarazioni individuali nominative rese nel 2001, o successivamente
presso il Tribunale di Bolzano (nel caso, ad esempio, di trasferimento in provincia della
residenza), conservano, infatti, la loro efficacia senza limiti di tempo (salvo eventuali
modifiche alle particolari condizioni previste dalla norme). Nessuna dichiarazione di
appartenenza/aggregazione è stata richiesta ai residenti privi della cittadinanza italiana
(comunitari e di paesi terzi), mentre, per i minori di anni quattordici, la stessa è stata
resa congiuntamente dai genitori o da chi esercita la potestà parentale.
La popolazione mistilingue che, secondo stime diverse, raggiunge ormai in provincia 25/35 mila unità,19 in assenza del formale riconoscimento statutario di un quarto
gruppo e al pari di coloro che non si riconoscono in nessuno dei gruppi tradizionali, poteva, solo ai fini statistici, dichiararsi “altro” e aggregarsi ad uno dei gruppi storici.
Nel 2001 il risultato ufficiale era il seguente: gruppo linguistico tedesco 64 % della
popolazione residente;20 gruppo linguistico italiano 24,5 %; gruppo linguistico ladino
4 %; altri 7,4 %.21 Per effetto delle aggregazioni di coloro che si erano dichiarati altri ai tre
gruppi riconosciuti, il dato finale era: gruppo linguistico tedesco 69,15 % della popolazione residente; gruppo linguistico italiano 26,47 % e gruppo ladino 4,37 %. L’ultima rilevazione di consistenza condotta nell’ottobre del 2011 ha evidenziato la seguente composizione: gruppo linguistico tedesco 69,41 %; gruppo linguistico italiano 26,06 % e gruppo
linguistico ladino 4,53 %. Le dichiarazioni di aggregazione sono state pari all’1,68 % (n.
7.625) di coloro che hanno presentato la dichiarazione, di cui il 38,81 % di aggregazione
al gruppo italiano, 55,66 % a quello tedesco e il 5,53 % a quello ladino.22
Da segnalare, che una legge provinciale del 2008, in materia di edilizia abitativa
agevolata, ha esteso, a pena di esclusione dalle agevolazioni edilizie, l’obbligo di dichia19
Vedasi F. Zamponi, “Censimento, l’ombra del quarto gruppo”, 1° ottobre 2011, in www.altoadige.
gelocal.it/cronaca.
20
Che hanno raggiunto al 31 dicembre 2009 quota 503.434. Cfr. Provincia autonoma di Bolzano – Astat,
“Andamento demografico IV trimestre 2009”, astatinfo 15 (marzo, 2010).
21
Provincia autonoma di Bolzano – Astat, Annuario statistico 2010 della Provincia autonoma di Bolzano
(dicembre 2010). L’Istituto provinciale di Statistica aveva espressamente considerato “altri” gli
stranieri residenti (al 31 dicembre 2001 pari a 15.402 unità con un’incidenza del 3,3 % sulla popolazione residente), le dichiarazioni non valide e le persone temporaneamente assenti. Da considerare nel
gruppo anche coloro che volontariamente non hanno voluto rendere la dichiarazione di appartenenza linguistica ad uno dei tre gruppi ufficiali.
22
Provincia autonoma di Bolzano – Astat – Istituto provinciale di Statistica, L’Italia del censimento,
struttura demografica e processo di rilevazione nella Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige (2013). Gli esiti
pubblicati si riferiscono a 453.272 dichiarazioni valide; i moduli bianchi e nulli sono stati 4.934 e le
buste prive di dichiarazione 435. Il numero delle dichiarazioni pervenute (complessivamente 458.641)
è stato, pertanto, inferiore alla popolazione residente censita (505.067). La differenza è dovuta agli
stranieri residenti censiti, alle persone temporaneamente assenti alla data del censimento e alle
persone che non hanno voluto rendere la dichiarazione di appartenenza ad un gruppo linguistico.
119
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 119
20.09.13 10:47
Alessandro Pallaoro e Micaela Colletti
razione di appartenenza/aggregazione ai tre gruppi linguistici ufficiali anche ai cittadini comunitari, per poter beneficiare, ad esempio, di abitazioni in locazione a canone
sociale e di contributi pubblici (sul punto si rimanda al paragrafo 5).23 Nel corso degli
anni, infatti, due decreti del Presidente del Tribunale di Bolzano (30 agosto 2006 prot.
24447/2006 e 10 novembre 2010 prot. 6.10) hanno ammesso l’effettuazione della dichiarazione presso la Cancelleria del Tribunale, rispettivamente, ai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea residenti in provincia e ai cittadini comunitari portatori di legittimo interesse, anche se privi della residenza anagrafica in provincia, quale
strumento per poter beneficiare di fondamentali diritti. Si legge nei provvedimenti che
si è “ritenuta pertanto imposta un’interpretazione della norma orientata al principio di
uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione ed al divieto delle discriminazioni al
rovescio”.24 È venuto alla luce in tal modo la natura del meccanismo quale mero strumento per l’esercizio dei diritti statutari, a prescindere dall’originaria identità culturale
del singolo.25 Sono a tutt’oggi esclusi dall’obbligo di dichiarazione i cittadini di paesi terzi all’UE.
Il Tribunale di Bolzano ha recentemente espresso forti perplessità riguardo all’obbligo dei cittadini comunitari di rendere la dichiarazione al fine di accedere alle pubbliche sovvenzioni, alla luce dei principi comunitari e della Carta costituzionale.26 In passato, il Consiglio di Stato27 aveva espresso l’avviso che il sistema autonomistico
provinciale “appare costruito sul presupposto che le dichiarazioni rispondano alla realtà oggettiva” e che di conseguenza “l’ordinamento non può imporre ad alcuno di occultare la propria identità culturale e linguistica (lo vietano gli articoli 2,3 e 6 della
Costituzione),o di esprimere liberamente il proprio pensiero (articolo 21).” Tuttavia, se
da un lato la possibilità dell’aggregazione linguistica rappresenta un importante passo
verso una conformità tra la identità ‘reale’ e quella ‘dichiarata’, dall’altro la componente
23
Art. 1 della legge provinciale n. 9/2008, di modifica dell’art. 5 della legge provinciale Ordinamento
dell’edilizia abitativa agevolata n. 13/1998.
24
Il profilo della parità di trattamento fra cittadini italiani e comunitari, residenti o stabiliti nel
territorio nazionale, è disciplinato dall’art. 14-bis della legge n. 11/2005, recentemente introdotto
dall’art. 6(1)d della legge n. 88/2009, con la previsione della non applicazione nei confronti dei
cittadini italiani di norme o prassi interne che producano effetti discriminatori rispetto al trattamento dei cittadini comunitari residenti o stabiliti nel territorio nazionale.
25
L’assenza di un obbligo giuridico di dichiarare la verità è evidenziata anche in dottrina. Cfr. G.
Toggenburg, “Diritto comunitario e tutela delle minoranze in Provincia di Bolzano” in J. Marko et al.
(a cura di), L’ordinamento speciale della Provincia autonoma di Bolzano (Bolzano, Accademia Europea
Bolzano, 2001), 185, nota 138.
26
Cfr. ordinanza del Tribunale ordinario di Bolzano del 24 novembre 2010 (R.G. 666/2010).
27
Cfr. Consiglio di Stato, IV Sezione, sentenza 439/1984, in Foro It., II, 1985, 17 e ss.
120
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 120
20.09.13 10:47
‘Nuove’ minoranze in Alto Adige/Südtirol: impatto sugli strumenti a tutela delle ‘vecchie’ minoranze
degli ‘altri’28 è destinata, in futuro, inevitabilmente a crescere, ponendo interrogativi di
ordine generale.29
Sono oggi piuttosto numerosi e convergenti gli standard internazionali in materia
di raccolta di dati sull’appartenenza etnico-linguistica. Tra questi vanno ricordati, in
particolare, la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa per la tutela delle minoranze
nazionali (1995) e le opinioni interpretative fornite dal relativo Comitato di esperti indipendenti. È stato al riguardo sottolineata l’esigenza di bilanciare la raccolta dei dati con
la libertà individuale di appartenere o non appartenere a un gruppo e con la tutela dei
dati personali. In particolare, rilevano tre opinioni del citato Comitato concernenti l’obbligo della dichiarazione in provincia di Bolzano (emesse negli anni: 2001,2005,2010),
che hanno sostanzialmente evidenziato l’attuale conformità strutturale del sistema
agli strumenti internazionali, a seguito delle modifiche normative intervenute nel
2005.30
28
Con riguardo a tale componente si rinvia alla nota 19, alla luce di quanto evidenziato dall’Istituto
provinciale di statistica nel 2001.
29
Cfr. G. Poggeschi, “La proporzionale etnica” in J. Marko et al. (a cura di), L’ordinamento speciale della
Provincia autonoma di Bolzano (Accademia Europea Bolzano, 2001), 715; secondo il quale non basterà
la possibilità di qualificarsi “altro” in sede di scelta del gruppo di affiliazione in un futuro in cui
i cittadini di origine non italiana, tedesca o ladina dovessero essere molto più di quelli attuali:
“la proporzionale etnica rivelerebbe in maniera forse irrisolvibile la sua natura fittizia e avulsa dalla
realtà”.
Sempre maggior è il numero in provincia dei c.d. mistilingui (figli di genitori appartenenti a gruppi
linguistici diversi e per i quali anche la semplice aggregazione linguistica rappresenta spesso una
lesione della propria identità) e di coloro che preferirebbero astenersi da qualsiasi dichiarazione, sia
essa di appartenenza come anche di aggregazione. Da citare in argomento l’impegno per una
convivenza interetnica e per un autonomismo democratico di A. Langer, il quale sosteneva che “più
rigida ed artificiosa diventa la definizione dell’appartenenza e la delimitazione contro altri, più
pericolosamente vi è insita la vocazione al conflitto” (“Dieci punti per una convivenza inter-etnica”,
1 novembre 1994, in www.alexanderlanger.org). Scriveva l’Autore, con riguardo alle dinamiche
tra nuove e vecchie minoranze, che sarà ben difficile negare ad immigrati e profughi ciò “che si
comincia a considerare legittimo per le etnie col pedigree anche perché le condizioni materiali e
politiche di queste minoranze di immigrazione perlopiù recenti sono spesso assai più drammatiche”. Cfr. A. Langer, “Il rispetto delle etnie-Cultura della convivenza: cartina di tornasole per i
movimenti etnico nazionali” (1983) 10 Quaderni piacentini.
30
Cfr. F. Palermo, “Censimento e proporzionale: istituti in evoluzione”, Di dla cultura ladina, 30
settembre 2011, in http://www.provincia.bz.it/intendenza-ladina/download/Relazione_Palermo.pdf.
I testi delle opinioni sono disponibili su http://www.coe.int/t/dghl/monitoring/minorities/3_
FCNMdocs/Table_en.asp#Italy.
121
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 121
20.09.13 10:47
Alessandro Pallaoro e Micaela Colletti
II. La dichiarazione di madrelingua
Secondo la comune dizione della lingua italiana il termine madrelingua assume il significato di “lingua del paese in cui si nasce e che si apprende per prima”, per effetto del
naturale e spontaneo processo di acquisizione linguistica e a prescindere dall’eventuale
istruzione avuta, e di “lingua della propria patria appresa nei primi anni di vita”.31 È
stato puntualizzato dagli studiosi, che “madrelingua, mother tongue, alma mater, langue
maternelle, sono le definizioni che universalmente si danno alla prima lingua che gli individui cominciano a parlare”.32 È stato affermato, altresì, che “esiste una differenza
sensibile tra il livello di conoscenza della madrelingua e di un’altra lingua imparata
dopo i primi anni di vita.”33
Al termine madrelingua,34 di cui sono state date molteplici definizioni, gli studiosi,
come anche il Consiglio d’Europa, hanno affiancato il concetto di lingua primaria (first
language), al fine di superare eventuali connotazioni di genere, insite nel termine. 35 In
un contesto multilingue, come potenzialmente quello dell’Alto Adige, la prima lingua
31
Cfr., rispettivamente, A. Gabrielli, Grande Dizionario Italiano (Milano, ed. Hoepli, 2011); e Sabatini-­
Coletti, Il Dizionario della Lingua Italiana. (Milano, Rizzoli-Larousse, 2007).
32
Cfr M. Ceracchi, “Lingua madre e lingua straniera: le implicazioni psicoaffettive dell’apprendimento”, (2007) I Studi di Glottodidattica, 19 – 34. L‘ Autrice evidenzia che “[q]ueste immagini verbali
esprimono suggestivamente l’idea che ‘la funzione del linguaggio venga presa e appresa attaccati al
seno materno, insieme al latte’ (Amati Mehler et al. 1990:82).” Nel testo si evidenzia, inoltre, che lo
psicoanalista Ralph R. Greenson, che ha fornito diversi e interessanti contributi proprio sulla
relazione tra la madre e la madrelingua, afferma che “il termine stesso madrelingua implica una
stretta relazione tra madre e linguaggio. Nella civiltà occidentale la prima lingua e‘ chiamata
madrelingua (Schrecker,1949). Margaret Mead (comunicazione personale) ha affermato che anche
nelle società in cui le donne parlano una lingua differente dagli uomini, la lingua della madre viene
insegnata per prima a tutti i bambini dalla madre stessa, e solo in seguito i bambini imparano la
lingua del padre (Greenson 1950:48)”.
33
Così come per altre funzioni (movimento, percezione, udito, ecc.) sembra esserci uno stadio biologico
in cui l’apprendimento del linguaggio è preferito (Cfr. L. Messeri, “Biolinguistica da Noam Chomsky
a Andrea Moro” (febbraio 2008) 4 Humana Mente, in http://www.humana-mente.it.
34
Ricorre il 21 febbraio la Giornata Internazionale della Lingua Madre, istituita nel 1999 dall’UNESCO,
su proposta del Bangladesh, per ricordare la sollevazione avvenuta nel 1952, nell’allora Pakistan
orientale, in difesa del bengalese, madre lingua di quella parte del Paese, contro l’imposizione della
lingua urdu.
35
Le definizioni, si basano, ad esempio, sull’uso comune della lingua; sulla relazione affettiva tra i
parlanti; sulla lingua e sul dominio della lingua in relazione con l’ambiente; sulle origini (la lingua
che si è appresa per prima ovvero la lingua in cui si sono stabiliti i primi contatti verbali); sulla
auto-identificazione (la lingua che ciascuno identifica come propria lingua); sulla etero–identificazione (la lingua che viene identificata dagli altri come lingua propria del soggetto); sulla competenza
(la lingua che il soggetto conosce meglio). Per il Consiglio d’Europa vedasi: Council of Europe-Language Policy Division, From Linguistic Diversity to Plurilingual Education: Guide for the Development of
Language Education Policies in Europe, Main Version (2007), in www.coe.int/lang, 51.
122
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 122
20.09.13 10:47
‘Nuove’ minoranze in Alto Adige/Südtirol: impatto sugli strumenti a tutela delle ‘vecchie’ minoranze
può essere più di una. Non si può, del resto, non considerare la struttura della società
odierna in cui
la frequenza dei matrimoni misti e delle emigrazioni personali e familiari […] così
come il divenire interculturale fanno in modo che il concetto di madrelingua una
volta semplice e pertinente diventi sempre più insufficiente per definire la natura
della prima lingua […] il nostro universo sociale e mediatico è già molto complesso
e multilingue.36
In provincia di Bolzano si riscontrano sempre più spesso parlanti bilingui dalla
nascita,37 come, ad esempio, i figli di genitori di differente madrelingua, nazionalità o
provenienze regionali; bambini che hanno seguito un percorso scolastico misto o che
hanno trascorso lunghi periodi in paesi o regioni in cui si parlano una o più lingue diverse da quelle della loro famiglia (è questo il caso di molti figli di immigrati).
Una specifica valenza giuridica assume nello Statuto speciale di autonomia regionale (limitatamente alla provincia di Bolzano), il termine madrelingua, essendo l’insegnamento nelle scuole materne, elementari e secondarie impartito nella lingua materna (italiana o tedesca) degli alunni, da docenti per i quali tale lingua sia ugualmente
quella materna. Nelle scuole è tenuto, inoltre, un insegnamento obbligatorio della seconda lingua, impartito da docenti per i quali tale lingua è quella materna. La lingua
ladina, invece, è usata nelle scuole materne ed è insegnata nelle scuole elementari delle
località ladine.38
Come puntualizzato dal Consiglio di Stato il requisito della madrelingua può essere
provato dagli aspiranti all’insegnamento “mediante dichiarazione in calce alla domanda e, in caso di contestazione o dubbio, mediante colloquio” davanti ad apposita Commissione.39
36
Cfr. F. Troaino citato da G. Luka, “Il mediatore interculturale” in M. Russo e G. Mack (a cura di),
Interpretazione di trattativa. La mediazione linguistico-culturale nel contesto formativo e professionale
(Milano, Ed. Hoepli, 2005), 203 e ss.
37
“Indicherò con il termine “bilinguismo” solo l’acquisizione simultanea di due lingue fin dalla
nascita (Bilingual First Language Acquisition) o dai primi mesi di vita (Bilingual Second Language Acquisition). Nel caso in cui i bambini siano venuti in contatto con una seconda lingua solo dopo i due anni,
è infatti più opportuno il termine di acquisizione linguistica L2.” Così M. Salustri, “Bilinguismo e
Acquisizione infantile di L2: Alcune osservazioni sull’acquisizione simultanea di italiano e tedesco
da parte di bambini in età prescolare”, in http://lear.unive.it/bitstream/10278/2443/1/Salustri.pdf.
38
Cfr. art. 19 dello Statuto di Autonomia.
39
Cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza 783/1980.
123
Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd 123
20.09.13 10:47
Alessandro Pallaoro e Micaela Colletti
L’Amministrazione provinciale è solita prevedere, nei bandi concorso, fra i “requi­
siti di accesso particolari” – oltre al possesso dell’attestato di conoscenza della lingua
italiana e tedesca di cui al d. P. R. n. 752/1976 (cosiddetto patentino di bilinguismo) o l’attestato equivalente ai sensi del decreto legislativo n. 86/2010 (certificazione europea) –
l’essere della madrelingua richiesta. Nella domanda di ammissione gli/le aspiranti devono, pertanto, dichiarare sotto la propria responsabilità e a pena di esclusione dal
concorso “la propria madrelingua”, dichiarazione che – specificano i bandi – ai sensi del
d. P. R. n. 445/2000 ha valore di autocertificazione e, conseguentemente, nel caso di dichiarazioni mendaci si applicano le sanzioni penali previste dall’articolo 76 del citato
decreto.40
La legislazione provinciale prevede, infatti, che il personale ispettivo, direttivo e docente delle scuole in lingua tedesca ed italiana debba essere in possesso dell’abilitazione
nella lingua di insegnamento della rispettiva scuola; coloro che non ne siano in possesso devono superare apposito esame sulla conoscenza della rispettiva lingua di insegnamento.41
L’Intendenza scolastica tedesca “al fine di rendere effettivo il principio dell’insegnamento in madrelingua”, ha definito, con proprio decreto, il contenuto dell’esame e la
disciplina del relativo svolgimento, prevedendo un tema scritto e un colloquio, concernenti l’ordinamento scolastico, la metodologia e la didattica della materia al cui insegnamento si aspira. Sono stati fissati i seguenti criteri valutativi: la correttezza ortografica, il corretto impiego della lingua e la capacità del candidato/a nel redigere un tema
in modo strutturato, chiaro e coerente, nonché, per la prova orale, la capacità di esprimersi in termini corretti in una situazione didattica simulata. Evidenzia, inoltre, il
provvedimento che
per il superamento dell’esame riveste carattere decisivo la perfetta padronanza della lingua tedesca quale requisito indispensabile per garantire la qualità del­l’in­
segnamento nell’ambito delle scuole e degli istituti con lingua di insegnamento
tedesca (livello C2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue).42
40
Vedasi, ad esempio, il recente bando di concorso per esami e titoli per l’assunzione di dirigenti
scolastici/che nelle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado in lingua italiana della
Provincia di Bolzano, di cui al decreto della Sovrintendenza scolastica n. 2 del 12 gennaio 2011.
41
Art. 2(1) della legge provinciale n. 6 del 17 febbraio 2000, e successive modifiche.
42
Decreto dell’Intendente scolastico per le scuole in lingua tedesca n. 979/16.3 del 29 aprile 2010. Presso
la Sovraintendenza agli Studi in lingua italiana, invece, da informazioni assunte per le vie brevi,
risulta che analogo esame non avrebbe mai avuto luogo sinora e non è stata comunicata una formalizzazione dei criteri per l’accertamento della conoscenza d
Scarica

Migrationspolitik und TerrAutonomie.indd