FORME DEL PIANO
1. Definizione della forma di piano
2. Forma rigida e prescrittiva del piano di tradizione
3. Forma incrementale
4. Forma analitico-descrittiva
5. Forma strutturale
6. Forma programmatica
7. Forma perequativa
8. Forma collaborativa
9. Nuove forme della programmazione complessa
10. conclusioni
DEFINIZIONI DELLA FORMA DI PIANO
•
Secondo la definizione data da Nigro (1999) per forma del piano si
intende “l’insieme dei modi attraverso cui i contenuti progettuali
del piano sono individuati, sono ordinati, tradotti in
rappresentazioni e norme in funzione della loro complessità e
attuabilità nel tempo”.
•
Le forme si identificano, allora, in “come il piano rappresenta, e
quindi comunica, i suoi contenuti descrittivi, progettuali,
programmatici e normativi” (Piroddi, 2000).
Si tratta allora, soprattutto, di forme concettuali strettamente connesse
ai contenuti progettuali del piano.
FORMA RIGIDA E PRESCRITTIVA DEL
PIANO DI TRADIZIONE (1)
Quale è stato “il piano” o la “forma-piano” di cui la quasi totalità dei comuni
italiani si è avvalsa almeno sino alle soglie degli anni novanta?
Si tratta di un piano costruito tutto all’interno dei postulati della razionalità
classica, alcuni dei quali, in verità, sono tuttora presenti nell’attuale apparato
concettuale, come, ad esempio, la valutazione e la scelta tra ipotesi alternative.
Quel piano presupponeva però l’esigenza di un soggetto decisionale
“astratto”, pressoché infallibile, guidato cioè da criteri di condotta ottimali, tali
da valutare qualsiasi ipotesi alternativa in funzione dell’utilità collettiva e
scegliere conseguentemente.
Non esistendo nella realtà, questo soggetto decisionale finiva per
identificarsi nel progettista del piano, che si sostituiva così alla collettività,
supportato, al più, dalla rappresentanza politicamente eletta dalla comunità.
FORMA RIGIDA E PRESCRITTIVA DEL
PIANO DI TRADIZIONE (2)
Le valutazioni allora diventavano “accademiche”, il piano diventava globale, le
scelte - affidate alla pratica delle “zonizzazione” - diventavano certezze. La
rigidità delle previsioni, tanto più se commisurata ai lunghi tempi di attuazione, la
determinazione di differenti regimi immobiliari, l’assenza di qualsiasi valutazione
economica, l’inadeguatezza delle risorse necessarie agli ingenti investimenti
previsti dal piano e la conseguente decadenza dei vincoli, contribuivano, di fatto,
a vanificare l’efficacia del piano.
La forma di un piano di questo tipo era fondata su un azzonamento
estremamente selettivo e articolato, su una normativa sostanzialmente
prescrittiva, su un apparato grafico convenzionale mediante una legenda che
ha fatto testo in molti corsi di urbanistica. Una forma “forte”, dunque, coerente
allo spirito “dirigista” del piano.
FORMA RIGIDA E PRESCRITTIVA DEL
PIANO DI TRADIZIONE (3)
Una forma forte per un piano sostanzialmente debole, perché dimostratosi
oggettivamente incapace di produrre gli effetti voluti. In tanti casi, infatti, si è
prodotta una vera e propria divaricazione fra sistema di pianificazione e
processo di attuazione.
A partire dagli anni ottanta, conseguentemente all’evoluzione della disciplina
urbanistica – inizialmente nata per pianificare i tessuti edificati e via via orientata
alla pianificazione di tutto il territorio in senso paesaggistico, ambientale ed ecosistemico, anche i temi trattati dal piano si sono rivelati fortemente
inadeguati. E’ noto, infatti, quanto il perseguimento di obiettitivi di sviluppo
sostenibile sia diventato rilevante negli odierni processi di pianificazione.
FORMA INCREMENTALE (1)
Va preliminarmente sottolineato che il piano non può più essere considerato
in termini definitivi e conclusi, esso va piuttosto strutturato e
conseguentemente interpretato come un progetto aperto, rispetto al quale
verificare la coerenza di opportunità e scelte legate a istanze non definibili a
priori ed espresse nel corso del tempo, valutandone le ricadute in termini
complessivi sul tessuto socio-economico e sul più ampio contesto territoriale.
Tutto ciò anche e soprattutto alla luce di nuovi strumenti di programmazione e/o
pianificazione di recente istituzione (i cosiddetti programmi complessi).
In tal senso, dunque, il piano assume una “forma incrementale”, peraltro essa
stessa ampiamente dibattuta e definita in letteratura, sia pure con diverse
accezioni, come parziale risposta a quell’approccio razional-comprensivo che,
come gia si è detto, ha orientato gran parte della produzione di piani del
passato.
FORMA INCREMENTALE (2)
Molte sono le definizioni che vengono oggi utilizzate per sottolineare la
dimensione incrementale del piano, dal "piano flessibile", al "piano a maglie
larghe", al "piano a geometria variabile".
Il problema è dunque quello di stabilire dei punti fermi rispetto ai quali rendere
possibili nuove opportunità.
FORMA ANALITICO-DESCRITTIVA (1)
Rimarcata la necessità di una maggiore flessibilità nella pianificazione del
territorio, quali sono allora le altre forme attraverso cui può esprimersi un
progetto di piano?
Una particolare attenzione è stata posta in molti piani recenti sull’utilità di
una descrizione del territorio finalizzata a rappresentarne i caratteri
salienti, a coglierne cioè i significati strutturanti, ma anche la qualità
delle differenze (Maciocco, 1991).
E’, questa, quella che alcuni (Piroddi, 2000) hanno definito la “forma
descrittiva” del piano.
Nei piani precedenti la descrizione era separata dalle previsioni e si riferiva
essenzialmente alla parte analitica (le analisi del piano, condotte spesso in
maniera routinaria). Oggi la descrizione entra direttamente negli elaborati di
progetto.
FORMA ANALITICO-DESCRITTIVA (2)
In altri termini, si tratta di costruire un progetto di conoscenza, che
attinga però non solo alla conoscenza esperta, qui intesa anche e
soprattutto in termini interdisciplinari, ma anche alla conoscenza comune,
quella conoscenza cioè diffusa nella comunità, patrimonio della collettività,
della sua storia, delle sue memorie, del vissuto quotidiano.
Un progetto di conoscenza siffatto, pur non potendo coincidere con il
piano, diventa però facilmente traducibile, in molti casi, nel progetto
di piano, nel senso che gli elementi della descrizione finiscono per essere
essi stessi promotori dell’azione di progetto, avendo in sé la capacità di
incidere operativamente nelle scelte di piano (una tale descrizione, con
l’aggiunta di norme appropriate, potrebbe "forse" trasformarsi quasi da sé
nel piano).
FORMA STRUTTURALE
C’è poi una “forma strutturale” del piano, di un piano, cioè, cui è
affidato il compito di definire lo scenario relativo alle politiche e alle
grandi scelte previste sul territorio per il medio periodo (si potrebbe fare
riferimento ad un arco temporale di circa quindici anni).
In altri termini, dalla descrizione (nel senso già precisato) della realtà
territoriale oggetto di studio e con riferimento a tutte le sue componenti –
sociali, economiche ed ambientali – deve farsi discendere
l’individuazione delle linee di assetto territoriale attraverso la
definizione del sistema paesistico-ambientale per il quale avviare
azioni di tutela e valorizzazione, la determinazione quindi delle
direttrici di sviluppo insediativo e delle principali reti
infrastrutturali.
FORMA PROGRAMMATICA (1)
C’è ancora una “forma programmatica” del piano, operativa, legata
più a previsioni di breve periodo che a quelle di lungo termine.
Può essere questo (come peraltro era nelle ipotesi di riforma della
legge urbanistica dibattute a livello nazionale e poi recepite in molte
leggi regionali) lo strumento concepito e valido per un mandato
amministrativo, corrispondente alla durata in carica del Sindaco
(piano del Sindaco).
Un piano di tal genere, innestandosi all'interno delle linee di assetto
territoriale definite dal piano strutturale e raccogliendo da quest'ultimo
automaticamente i vincoli ambientali, già esecutivi e cogenti, deve
programmare l'offerta relativa ai fabbisogni espressi nei diversi
settori - residenziale, produttivo e di servizi -, concretamente
realizzabile nel corso del mandato amministrativo di validità del
piano stesso.
FORMA PROGRAMMATICA (2)
Quale che sia la strada prescelta per l’acquisizione delle aree a servizi
(esproprio o soluzione compensativa), i vincoli previsti dal piano
comunale operativo devono diventare esecutivi entro il periodo di
validità dello stesso.
Questo piano deve altresì contenere le previsioni finanziarie, non
solo per l’acquisizione delle aree, ma anche per la realizzazione
delle opere.
La rapidità del suo approntamento e della sua approvazione, infine,
diventa quindi altrettanto importante quanto la sua precisione.
FORMA PEREQUATIVA
Una ulteriore tipologia di piano è quella affidata alla sua
perequativa”.
“forma
Lungi dall’essere definita chiaramente in termini generali, la
perequazione procede per tentativi che pervadono la quasi totalità
dei piani di nuova generazione.
In generale essa consiste in un disegno del suolo, aggregato per
comparti omogenei sotto il profilo del valore che il piano gli conferisce.
Ne discendono, di conseguenza, la trasferibilità dei diritti di
trasformazione all’interno dei comparti e la flessibilità di
localizzazione delle quantità edificabili private e pubbliche,
naturalmente sotto l’obbligo della costituzione di consorzi fra
proprietari delle aree.
FORMA COLLABORATIVA
L’estrema complessità dei problemi ambientali, la cui interpretazione
necessita di competenze esperte e saperi diffusi, i nuovi approcci
orientati a privilegiare la costruzione di possibili scenari in alternativa
alla certezza delle scelta del piano di tradizione, la dimensione
indefinita del piano determinata dal suo carattere processuale, hanno
via via rimarcato la necessità di una nuova forma collaborativa del
piano.
La pianificazione urbana e regionale è sempre più, dunque, un
processo collaborativo e comunicativo, dove molteplici agenti con
differenti culture interagiscono cercando di gestire interessi
conflittuali e diversi.
PROGETTO PUG
Il Comune di Monopoli intende dar corso alla redazione del nuovo
Piano Urbanistico Generale (PUG) attraverso:
“il più ampio coinvolgimento della città in tutte le sue componenti
sociali, economiche e politiche”
chiamate ad esprimere le proprie indicazioni rispetto ad
opportunità, problemi, desideri e paure, nei confronti del territorio in cui
abitano. Queste indicazioni saranno utilizzate dai progettisti per
identificare gli indirizzi strategici del PUG.
LA PARTECIPAZIONE DELLA CITTADINANZA
Verso un PUG partecipato dagli abitanti:

S’intende costruire un "sistema di conoscenze" in cui la dimensione
tecnica delle problematiche in discussione si coniughi con la dimensione
sociale dei bisogni, delle aspettative e dei desideri della popolazione
residente

S’intende delineare un “quadro di conoscenza integrata" rispetto ai
quali verificare la compatibilità e la fattibilità delle scelte progettuali.
S’intende discutere, insieme alla gente, del futuro della città e del suo
territorio, coinvolgendo i segmenti rappresentativi dell'intera comunità
Residente.
PARTECIPAPUG
Le azioni
INCONTRI - SEMINARI - DIBATTITI
Icontri generali
Incontri tematici
Forum di quartiere
SESSIONI DI LAVORO WORKSHOP
Modalità
Incontri in città (divisi per quartiere e tematiche
d’interesse) e nelle contrade dell’agro
MOMENTI DI ASCOLTO WEB
Incontri virtuali tematici
Forum tematici permanenti
Blog dedicati
Mappa interattiva della citta’ con relativi questionari
dedicati
L’impiego delle ICT a supporto del processo di pianificazione (1)
Caso di studio: Master Plan for the city of Monopoli
Attori
Scala
Obiettivi della Le
territoriale
partecipazione metodologie
nel processo di partecipative
piano
L’amministrazione
comunale
Le
associazioni
ambientaliste, di
categorie
professionali,
economiche,
sociali e del terzo
settore in genere
Le scuole
I progettisti
master plan
del
Comunale
Comprendere con
ogni
gruppo
di
attori:
le necessità, le
opportunità,
le
azioni e le iniziative
da
intraprendere
attraverso il master
plan.
Definire ex ante gli
obiettivi di piano in
modo
condiviso,
consentendo
ai
partecipanti
di
valutare ex post il
documento redatto
dai progettisti.
Ascolto(incontri
pubblici)
Strumenti
informatici
di
supporto
Web
Forum on line
Workshop
con
obiettivi
specifici
(problemi,
opportunità,
esigenze,
valutazioni
di
risultati)
Brainstorming
Questionari
distribuiti on line e
off line
Forum
Virtual
on line
scenarios
Blog
Electronic
Meeting
Systems
Mappe
cognitive
web GIS
Electronic
voting
su
Elementi
significativi del
processo
collaborativo
L’impiego delle ICT a supporto del processo di pianificazione (2)
Strumenti informatici
di supporto
Software
Web page
Microsoft® Explorer
Forum on line
Blog
Microsoft® Explorer, Access®
Microsoft® Explorer, Access®
Electronic Meeting Systems
Meetingworks®
Mappe cognitive su web GIS
Map Guide®, Access®
Electronic voting
Microsoft® Explorer, Access®
Capacità
dello
strumento
Il
web
ha
consentito
di
informare
e
comunicare
gli
attori
del
processo e tutti
gli
abitanti
interessati
al
piano. E’ stato il
portale
da
cui
accedere a tutti i
servizi del sito.
Spazio virtuale di
discussione
Diario di opinioni
sui temi del piano
Ha consentito la
gestione, l’analisi
e la registrazione
di
sessioni
di
brainstorming on
line,
sintetizzati
attraverso
l’elaborazione di
tabelle, grafici e
di report finali
Ha rappresentato
le opinioni e le
percezioni
sugli
elementi di valore
del territorio
Ha consentito di
votare gli scenari
proposti
per
il
futuro
del
territorio
comunale
su
alcuni
temi
fondamentali
(porto,
costa,
agro,
centro
storico, turismo)
Modalità
d’uso
Different
time/
Different place
Different
time/
Different place
Different
time/
Different place
Same
time
same place;
/
Same
time
different place
/
Different
time/
Different place
Different
time/
Different place
I differenti
strumenti delle
ICT utilizzate
nel processo per
la redazione del
master plan
NUOVE FORME DELLA
PROGRAMMAZIONE COMPLESSA (1)
Al sistema della pianificazione ordinaria si è poi aggiunta, nel recente
passato, tutta una serie di piani e/o programmi, definiti più
comunemente “programmi complessi”, che si sono così inseriti in uno
scenario fortemente caratterizzato dalla necessità di dare risposta ad
opportunità e istanze che i piani urbanistici ordinari (e sempre
continuando a fare riferimento alla sola scala comunale) non erano in
grado di soddisfare, perché – si è già detto - troppo rigidi e soprattutto
perché temporalmente e concettualmente troppo distanti dal momento
dell’attuazione.
Questi programmi si sono rivelati altresì fattibili perché supportati dal
concorso di risorse pubbliche e private.
NUOVE FORME DELLA
PROGRAMMAZIONE COMPLESSA (2)
Si potrebbe pensare (in maniera provocatoria) che, sotto il profilo della
mera convenienza, sarebbe meglio fare a meno degli strumenti ordinari
Si tratta evidentemente di un paradosso, laddove invece occorre fare
dei piani ordinari, non solo il primo strumento di verifica della
compatibilità degli interventi all’interno di più ampie e più
lungimiranti strategie di pianificazione, ma anche il primo filtro di
coerenza e di legittimazione dei programmi complessi (appunto),
ivi inclusa, in definitiva, la loro stessa ammissibilità a
finanziamento.
CONCLUSIONI
In conclusione le nuove forme che il piano sta assumendo, che
peraltro (fatta qualche eccezione) si integrano e si compensano
vicendevolmente, non rendono più facile, forse, il cammino della
pianificazione; anzi sotto il profilo strettamente tecnico, piuttosto è il
contrario. Lo si è visto, ad esempio, con la prima generazione dei
programmi complessi.
D'altra parte, rispetto a questa maggiore difficoltà, non sembra che
vi siano alternative. Non tanto perché si voglia dichiarare il fallimento
dei vecchi modelli, ma perché la città è cambiata, le istanze sociali,
economiche, territoriali e ambientali sono cambiate.
Più ardue sono in definitiva le nuove sfide poste dalla necessità di
coniugare sviluppo economico con tutela e valorizzazione delle risorse
ambientali.
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