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Chirurgia Laparoscopica
La chirurgia
videolaparoscopica nel
trattamento chirurgico
del cancro del colon-retto
UNA METODICA AMPIAMENTE VALIDATA DELLA LETTERATURA INTERNAZIONALE
L
a Chirurgia resettiva colorettale costituisce uno
degli interventi maggiormente eseguiti
nell’ambito della Chirurgia Generale.
L’introduzione e la validazione della
metodica laparoscopica in questo settore chirurgico sono avvenute solo dopo
l’analisi dei dati ottenuti in seguito ad
importanti studi randomizzati multicentrici, pubblicati sulle riviste scientifiche
più prestigiose.
I DATI IN LETTERATURA
I primi interventi di resezione colica
laparoscopica risalgono ai primi anni
novanta, ma la valutazione formale della procedura è iniziata solo nel decennio
successivo.
Agli inizi dell’esperienza con la chirurgia laparoscopica del colon si è assistito
ad atipiche recidive tumorali nei siti di
introduzione dei trocars, complicanza
peculiare della tecnica laparoscopica
(Berends FJ, Lancet 1994 e Vakusin P,
Dis Colon Rectum 1996).
Pertanto, alla fine degli anni novanta ci
si è trovati di fronte a dati contrastanti
in letteratura, che suggerivano da un
lato dei vantaggi legati all’applicazione della Laparoscopia nella chirurgia
del colon-retto (in termini di minor
trauma chirurgico, diminuzione delle
complicanze peri-operatorie, e più veloci
tempi di convalescenza postoperatori), e
dall’altro ponevano il sospetto sia di una
non completa radicalità oncologica, sia
di una predisposizione all’insorgenza di
metastasi a livello degli accessi dei trocars sulla parete addominale.
Per fare chiarezza su queste dibattute
tesi, sono stati progettati dei trials randomizzati e multicentrici, pubblicati
sulle riviste scientifiche più prestigiose.
Il primo lavoro da segnalare è uno studio
spagnolo, pubblicato da Lacy AM et al,
apparso su Lancet 2002;359:2224-29 e
pianificato in funzione della mancanza
in letteratura di studi comparativi tra
Laparoscopia e tecnica Open, in termini
di analisi dei dati di sopravvivenza e di
recidiva del tumore. Questo studio, monocentrico e randomizzato, presenta come end-point primario la sopravvivenza
correlata al tumore, ed è stato costruito
con un’analisi “Intention-to-treat”. Dei
219 pazienti arruolati, 111 sono stati
sottoposti a resezione laparoscopica,
108 a resezione laparotomia classica. I
dati hanno dimostrato numerosi vantaggi per i pazienti sottoposti a resezione
colica laparoscopica. In particolare, una
più veloce: convalescenza (p=0.001),
ripresa della peristalsi (p=0.001) e
dell’alimentazione per os (p=0.001) e
un minor periodo di degenza ospedaliera (p=0.005). Anche i dati di morbilità hanno registrato un vantaggio per
il gruppo laparoscopico (p=0.001),
mentre non si sono registrate differenze significative per quanto attiene la
mortalità perioperatoria. La sopravvivenza in relazione al tumore è risultata
maggiore per il gruppo laparoscopico
(p=0.02). Le conclusioni dello studio
hanno portato gli autori ad affermare
che la tecnica laparoscopica applicata
al trattamento chirurgico resettivo del
cancro del colon è risultata più efficace
nei confronti della tecnica laparotomica
in termini di morbilità, degenza ospedaliera, recidiva tumorale, e sopravvivenza
correlata al tumore.
Successivamente allo studio di Lacy è
apparso in letteratura un altro importante lavoro, The Clinical Outcomes of
Surgical Therapy Study Group (Nelson
H et al, N Engl J Med 2004;350:20509), costituito da un trial multicentrico
randomizzato e controllato, coinvolgente 48 Istituti Clinici e 872 pazienti, di cui
432 sottoposti a resezione laparotomia e
433 a trattamento laparoscopico.
Il tasso di recidiva tumorale e i dati sopravvivenza, sempre a 3 anni dall’intervento (end-point primario) non hanno
documentato differenze significative nei
2 gruppi. Di contro, si è confermata una
più veloce
loce ripresa post-operatoria
per i pazienti
ienti sottoposti a
laparoscopia.
scopia.
Il terzo autorevole studio
tudio è
quello in-
glese definito “MRT CLASICC trial”,
pubblicato su Lancet 2005;365:171826. Questo studio è stato disegnato,
come i due precedenti, con un’analisi
“Intention-to-treat” e si è proposto come end-points primari a breve termine
i margini di resezione circonferenziali e
longitudinali, la proporzione di stadio
Dukes C2 nei 2 gruppi e la mortalità
ospedaliera, mentre gli end-points
secondari sono stati il tasso di complicanze, la qualità della vita e il numero
di trasfusioni di emoderivati.
La caratteristica peculiare di questo studio è stata l’estensione dell’analisi anche
ai pazienti affetti da cancro del retto.
Il gruppo laparotomico era costituito da
253 pazienti, mentre quello laparoscopico da 484. Le conversioni da laparoscopia a laparotomia
sono state 143
(29%).
L’analisi
degli end-points ha
documentato che non sono state riscontrate differenze significative nei 2 gruppi
per quanto attiene la radicalità oncologica sui margini di resezioni, ad eccezione dei pazienti sottoposti a resezione
anteriore del retto per via laparoscopica (che hanno presentato una superiore
percentuale di non completa radicalità
oncologica, sebbene il dato non abbia
raggiunto la significatività statistica).
La proporzione dei pazienti allo stadio
Dukes C2 non è risultata statisticamente
differente nei 2 gruppi. La linfoadenectomia è risultata adeguata in entrambi i
gruppi di pazienti.
Il tasso di mortalità ospedaliera è risul-
DAY SURGERY
tato non statisticamente significativo nei
2 gruppi (4% nel gruppo laparoscopico,
5% in quello laparotomico).
La lunghezza dell’incisione chirurgica
è risultata inferiore nel gruppo laparoscopico, la durata dell’intervento chirurgico minore in quello laparotomico.
I tempi di ripresa della canalizzazione e
dell’alimentazione per os sono risultati
paragonabili nei pazienti dei tre gruppi.
Il tempo di degenza mediano è risultato
maggiore di 2 giorni nei pazienti sottoposti a laparotomia, mentre nei pazienti
sottoposti a conversione la degenza si è
estesa fino a 2 settimane.
Un dato interessante da sottolineare
è stato il riscontro che il gruppo laparoscopico ha presentato circa il 10% in
più di asportazione totale del mesoretto
(TME).
Le cause di conversione più frequenti sono risultate: fissità del tumore, difficoltà
di asportazione del tumore, non sicurezza nella radicalità chiurgica, obesità.
Il tasso di conversione è diminuito negli
anni, essendo del 38% al primo anno,
con calo al 16% dopo 6 anni. Non sono state osservate differenze in termini
di tasso di complicanze intraoperatorie
tra i 2 gruppi. Le complicanze più comunemente osservate sono state il sanguinamento intraoperatorio, lo scompenso cardiaco e le aritmie. Le infezioni
respiratorie sono risultate più frequenti
nel gruppo laparoscopico. Non si sono
osservate differenze significative nel tasso di trasfusioni di emoderivati tra i 2
gruppi nei primi 7 giorni di degenza.
La conclusione di questa dettagliata
analisi dei dati di letteratura ci porta
ad affermare che allo stato attuale non
sono state osservate differenze nei pazienti sottoposti a resezione colorettale
laparoscopica nei confronti di quelli
sottoposti a resezione laparotomica in
termini di radicalità dell’intervento,
asportazione linfonodale, end-points a
breve termine e fino a 3 anni, e per quanto attiene alla qualità della vita.
Sembra, invece, tecnicamente meglio
eseguibile la TME in Laparoscopia.
Le conversioni da laparoscopia a laparotomia sono più frequenti nei pazienti
affetti da cancro del retto, ed in questo
sottogruppo di pazienti il tasso di complicanze si presenta superiore agli altri
gruppi. In particolare sembrerebbe
evidente la presenza di controindicazioni della tecnica laparoscopica nel
trattamento del cancro del colon-retto
in caso di obesità, invasione degli organi
adiacenti agli esami strumentali preoperatori, occlusione intestinale, metastasi
a distanza, localizzazione a livello del
colon traverso.
Dott. Federico Callioni
Medico chirurgo,
Chirurgia generale CDI
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