DIOCESI DI NOLA Riflessioni e indicazioni sul Triduo pasquale Ai Parroci, Presbiteri, Religiosi, Religiose, Diaconi, Seminaristi, Gruppi Liturgici, Comunità Parrocchiali. Carissimi, il nostro vescovo Beniamino, nell’anno 2008 presentò alla comunità diocesana la riflessione Hodie sul Triduo Pasquale. L’attenzione alla Pasqua del Signore come centro di tutto l’anno liturgico, è ben messa in evidenza nelle righe di questo documento. Ci ritroviamo, però, con urgenza a doverlo ripresentare perché ancora numerose sono le storture a cui assistiamo nel Triduo; esse offuscano la bellezza della liturgia di questi giorni santi e riducono i gesti e i segni a “spettacolo religioso”. È proprio la preparazione al V Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze ad offrirci una possibilità di scorgere nelle cinque vie delineate nella Traccia lo specifico della liturgia. Essa, infatti, ci chiede che le “nostre parole” e i “nostri gesti” lascino spazio alla Parola e alla Presenza che aiutano noi, come i viandanti di Emmaus, a rileggere l’azione umana nella prospettiva del Risorto. Una liturgia che, sebbene non affidata all’improvvisazione o al caso, non è mossa tuttavia dalla preoccupazione di osservare norme comportamentali o dal semplice eseguire cerimonie sensazionali, ma tesa a favore un nuovo modo di guardare la storia e se stessi. Sempre disponibili al confronto, vi abbracciamo fraternamente. Il Servizio Diocesano per la Liturgia centrale nella nostra esperienza di fede che è la celebrazione del Mistero pasquale. Le rivolgo a voi, fratelli presbiteri con cui condivido l’esperienza bella dell’annuncio della salvezza. Avverto che, se sempre è forte il seno della fraternità, tuttavia ci sono giorni benedetti dal Signore nei quali ancor più forte è il vincolo e il senso di comunione. Le offro alla possibilità di coloro che da vicino vi collaborano e che in questi giorni dovranno vincere, come voi, la tentazione delle tante cose da fare per calarsi nel mistero delle realtà da celebrare. Hodie ora, in questo momento e in questo luogo. Questa forma avverbiale cadenza la preghiera del giorno pasquale, giorno in cui la salvezza è celebrata non come ricordo ma come esperienza ancora viva. Ciò che è attuale e avviene ora, è il nostro passaggio di membra del Cristo, passaggio che si compie ora sotto l’influsso e l’azione attuale di Gesù, che è passato una volta per sempre “da questo mondo al Padre” (Gv 13,1). Partendo da questo presupposto, ho pensato di condividere con voi alcune sottolineature, che mi auguro possano essere utili per quel momento così La Veglia pasquale La Veglia della Notte santa – la Madre di tutte le veglie: così S. Agostino definisce questa celebrazione. Essa si colloca al cuore dell’Anno liturgico, al centro di ogni celebrazione. Ad essa si preparavano i nuovi cristiani, 1 in essa speravano i peccatori, tutti potevano di nuovo attingere dalla mensa ai «cancelli celesti». Essa rappresenta il Totum pasquale sacramentum. Infatti in essa si celebrano non solo i fatti della risurrezione, ma anche quelli della passione di Cristo. La Veglia pasquale, celebrando l’intera storia della salvezza culminante nella morte e risurrezione di Gesù, si presenta come la più intensa celebrazione del Mistero pasquale nella sua totalità. Il fatto di vegliare tutta la notte significa che nella notte di questa vita noi aspettiamo l’alba della risurrezione (il ritorno di Cristo) che già ci illumina nella fede (celebrazione della luce). La celebrazione della Parola richiama, attraverso le varie letture, tutta la storia della salvezza. Con la celebrazione battesimale noi riviviamo, e i neofiti inaugurano, la partecipazione al mistero di morte e risurrezione del Signore. Il tutto culmina nell’Eucaristia, sacramento per eccellenza della pasqua, che acquista in questa notte una significatività e una intensità maggiori. Occorre ricordare come, storicamente, la celebrazione della iniziazione cristiana abbia dato una dimensione di particolare attualità alla commemorazione annuale del mistero di morte e risurrezione di Cristo, che veniva vissuto nel “passaggio” dei catecumeni alla vita nuova. Inoltre, l’adesione interiore a questo “passaggio” del Signore, non è semplice atto individuale, ma un fatto universale, ecclesiale, causato da un intervento attuale di Cristo che agisce ora, oggi, per mezzo dei gesti sacramentali della sua Chiesa, per la trasformazione e la risurrezione del mondo. Come l’Eucaristia è il punto culminante della Veglia pasquale, così il Battesimo ne è il centro: una Veglia pasquale senza celebrazione battesimale rimane lacunosa. Da questo si deduce che il luogo proprio della celebrazione è unicamente la chiesa parrocchiale, dove anche architettonicamente è posto il “segno” del fonte battesimale, e non ha senso una celebrazione presso rettorie o congreghe. Solo a partire dalla Veglia pasquale il senso dei giorni che la precedono e che verso di essa tendono. famiglia e in questa lasciamo che l’immagine del Pastore bello porti le vite di ciascuno a scoprire la diversità dei doni e l’unità della meta, la santità per tutti. È giorno di grande emozione perché giorno che ricorda a tutti il valore della gratuità del dono. È il giorno del profumo della speranza, della guarigione della carità, della forza della fede. La messa in coena Domini riceverà questo triplice dono, reso chiaro negli Olei che entrano processionalmente nell’assemblea di ogni comunità parrocchiale. Qui il gesto della lavanda dei piedi esprime nuovamente il mandatum di Cristo: «affinché come ho fatto io, facciate anche voi.» (Gv 13,15). Non gesto di umiliazione dunque, ma prevalentemente d’amore e di servizio. Segue, al termine, l’adorazione del Santissimo Sacramento, dove deve essere favorita la meditazione silenziosa. Dove non il clamore dell’addobbo rende “di valore” il luogo, ma la Presenza eucaristica stessa. Questo ci richiama ad una sobrietà di gesti e di parole perché tutto favorisca un momento di incontro col Signore, posto nel tabernacolo provvisorio. Inizia qui una notte in cui il sole è tramontato, non solo sulla terra, e si conclude alle soglie di un giorno il cui fulgore supera quello del sole. E’ tra questi estremi temporali il clima “drammatico” che introduce alla Passione e si scioglie nel grido di vittoria della notte di Pasqua: Cristo è Risorto, la morte è vinta. È terminato in questo giorno il digiuno quaresimale, che ci ha accompagnato quale segno penitenziale, e inizia il digiuno intrapasquale di questi due giorni, legato all’attesa della risurrezione o attesa escatologica di Cristo nella seconda venuta. Venerdì Dall’antichità questo giorno è stato a-liturgico, cioè privo della celebrazione eucaristica. Possiamo dire che questa celebrazione del venerdì diventa un’azione celebrativa della Passione del Signore: la Liturgia della Parola proclama la passione. Le Invocazioni pregano la passione. La Venerazione della Croce adora la passione, e la Comunione ci fa comunicare con la passione. È il giorno in cui impariamo a guardare Gesù con gli occhi del cuore, scoprendo in ogni parola e in ogni gesto la sua scelta di dono, in ogni silenzio la sua scelta di misericordia, in ogni segno la sua scelta di compassione. È il giorno in cui il segno della croce da patibolo e martirio diventa segno di vittoria e di pace, da segno violento perché fatto subire, diventa arco tirato tra cielo e terra perché scelto nella mitezza del cuore, da tribuna di bestemmia per l’ingiustizia umana ad altare imbandito per la giustificazione e l’amore: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 34.). Giovedì Siamo in un giorno che funge quasi da cerniera: da una parte è l’ultimo giorno del tempo quaresimale, dall’altra, con il momento della messa in coena Domini, siamo propriamente nel clima del Triduo santo. La Messa crismale è annualmente l’appuntamento del rinnovato “sì” di ciascuno di noi alla vocazione ricevuta come dono e vissuta come servizio. È un momento nuziale che ci vede come chiesa vivere la festa della comunità tutta che riceve l’olio della benedizione e vive, nella diversità dei carismi e dei ministeri, la comunione più vera. Ci ritroviamo come 2 È il giorno della differenza cristiana, preludio del sovvertimento della storia, preparazione al grande cambiamento di prospettive. Evitiamo l’uso di materiali non veri. Sabato Sabato santo è il giorno del grande silenzio perché, come dice un’antica omelia, «il Re dorme. La terra tace perché il Dio fatto carne si è addormentato ed ha svegliato coloro che da secoli dormono». San Gregorio Magno una volta ha detto: “Non parlando, impariamo a tacere, ma tacendo, nel silenzio, impariamo a parlare bene”. È il sabato del raccoglimento interiore, grande sfida alla nostra società delle parole e dei rumori. Giorno in cui siamo chiamati a esercitarci a riascoltare il battito del cuore, perchè ci prepariamo alla vita nuova che nasce. È tempo di memoria, è tempo da discepoli di Emmaus, forse anche disperati, ma che conservano nel cuore il desiderio di poter rincontrare. Tempo di attesa perché possa sollevarsi il velo di mestizia per poterci introdurre, nottetempo, alla luce del fuoco nuovo, nella nuova aula di luce, dove il Cero-Cristo-Luce entrerà per inondare di splendore ogni cosa. Sento quanto mai vere le parole del Santo Padre Benedetto XVI che lo scorso anno si rivolgeva ai fedeli dicendo: “Cari fratelli e sorelle, il Mistero pasquale, che il Triduo Santo ci farà rivivere, non è solo ricordo di una realtà passata, è realtà attuale: Cristo anche oggi vince con il suo amore il peccato e la morte. Il Male, in tutte le sue forme, non ha l’ultima parola. Il trionfo finale è di Cristo, della verità e dell’amore!” Il fuoco sia acceso realmente e da questo si attinga per l’accensione del cero e del turibolo. Il cero pasquale deve essere tale, ossia fatto di cera, che abbia la caratteristica di consumarsi realmente. Deve essere nuovo ogni anno, non basta semplicemente cambiare l’indicazione dell’anno o non porla per un riutilizzo funzionale. Rendiamo l’evidenza dei gesti che compiamo. Per la lavanda dei piedi si porga l’invito a persone significative, non si indugi in una “ripresentazione dei dodici”, soprattutto non si dia una scenografia a questo momento perché non passi in secondo piano il senso del gesto che si compie in un ambito liturgico. Sia sottolineato l’aspetto del passaggio dall’altare celebrativo al luogo della reposizione. Questo non sia sovrabbondante di segni perché si possa leggere agevolmente la presenza del Signore. Anche qui evitiamo artifici che suscitino la curiosità o il clamore a discapito del favorire la preghiera e il raccoglimento. Ricordiamo che è proibita l’adorazione con l’ostensorio, si deve usare un tabernacolo provvisorio. Per l’adorazione della croce si scelga un crocifisso di congrua dimensione e si inviti il popolo all’adorazione della croce, secondo l’uso del luogo, ma tutto si svolga nel raccoglimento e nella devozione vera. La croce troneggi dalla liturgia del venerdì a tutto il sabato in modo evidente, sia onorata dal gesto della genuflessione in questo tempo. (BENEDETTO XVI, Le ore del Triduo Pasquale, centro della speranza cristiana, Roma 4 aprile 2007) Questo l’annuncio da dover portare e vivere. Alcune attenzioni Accanto a questi pensieri mi sembra opportuno indicare alcune attenzioni da avere in questi giorni. Dobbiamo tener conto che la liturgia ha un linguaggio che necessita di una fedeltà alla radice, che ha generato l’atto liturgico, e alle sue intenzioni. Molte volte ci capita che la suggestione delle situazioni, l’insistenza del popolo, un certo fascino del gusto spettacolarizzante influenzi alcune nostre scelte e le devia dalla loro stessa espressione. Avendo poi questi giorni un alto spessore emotivo, bisogna ancor più fare attenzione che non restino solo le emozioni a dar senso ai gesti. Per evitare questa insidia il primo punto di partenza è compiere scelte in cui la realtà sia il canone di misura. Su questa scorta: Poniamo una cura della liturgia 3 Anzitutto rispettiamo il tempo scegliendo orari consoni sia alla realtà che viviamo, che promuovano dunque la partecipazione dei fedeli, che la significatività dei momenti che celebriamo. La veglia pasquale sia iniziata a tarda ora e si protragga per la notte, la celebrazione del giovedì sia posta in orario conveniente come anche l’azione liturgica del venerdì. Non si anticipino momenti che non sono congrui alla celebrazione che si vive (ad esempio i canti di lamentazione di qualche zona pastorale della nostra diocesi non hanno senso nel giorno del giovedì, ma sono propri del venerdì). I lettori devono avere coscienza di essere strumenti vivi della Parola di Dio e che la proclamazione della Parola ha un’efficacia trasformatrice per tutti coloro che aprono il loro cuore ad accoglierla con fede. I ministri dell’altare sappiano trovare la propria collocazione e conoscano con attenzione i compiti loro affidati, perché ogni momento sia segno di una armonia. Nella progettazione pastorale del Venerdì Santo dovrà essere dato il primo posto e il massimo rilievo alla solenne Azione liturgica e si dovrà illustrare ai fedeli che nessun altro pio esercizio deve sostituire oggettivamente nel suo apprezzamento questa celebrazione. In generale tutta la catechesi del triduo pasquale deve metterne in evidenza l’intima unità culminante nella veglia. Il venerdì e il sabato dovrebbero essere, nella misura del possibile, giorni di digiuno, di raccoglimento e di preghiera (cf Cal. Rom. 20). Con il digiuno si partecipa alla passione e morte di Cristo; con la gioia si è uniti alla sua risurrezione. Anche la costituzione conciliare sulla liturgia (S.C. 110) insiste sull’importanza di questo digiuno. Certamente tutto questo diventa possibile quando, nella preparazione a questo tempo santo, partecipa la comunità credente col coinvolgimento dei suoi membri. In molte occasioni questo è un momento propizio perché si costituisca, tra quei volontari per questi giorni, un piccolo gruppo liturgico che, con passione e senso di servizio, possano aiutare la comunità a crescere. Conclusione Affidando questi pensieri e confidando nella loro accoglienza fraterna auguro a tutti la gioia della Pasqua, in questo itinerario di grazia che la liturgia ci offre. Tutti ci affidiamo a Maria, la donna della Pasqua. Facendo nostre le espressioni di Benedetto XVI (Spe salvi, 50) diciamole: “In questa fede, che anche nel buio del sabato santo era certezza della speranza, sei andata incontro al mattino di Pasqua. La gioia della resurrezione ha toccato il tuo cuore e ti ha unita in modo nuovo ai discepoli, destinati a diventare famiglia di Gesù mediante la fede. Così tu fosti in mezzo alla comunità dei credenti, che nei giorni dopo l’ascensione pregavano unanimemente per il dono dello Spirito Santo e lo riceveranno nel giorno di Pentecoste” Così resta in mezzo a noi, pellegrini in questo terra e in questa storia, per essere segno della pasqua di speranza del Figlio tuo e Signore nostro. + Beniamino Depalma Arcivescovo - Vescovo di Nola P.S.: È utile tener presente per questi giorni le precise indicazioni che ci vengono dai praenotanda e dalle rubriche del Messale, oltre agli orientamenti per celebrare il Triduo pasquale offerti dalla Santa Sede nel “Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti”, pubblicato dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (2002), che riprende i temi del Documento del 1988 della medesima Congregazione. CHIESA CATTOLICA ITALIANA, In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Una traccia per il cammino verso il V Convegno Ecclesiale Nazionale, Edizioni Paoline, Milano 2014. D. DEPALMA,. Introduzione al Convegno Liturgico Regionale “Una Liturgia per l’autentico umanesimo sgorgante dal Vangelo”, Pompei 2015. Attezione! Nel ripresentare questo documento, ci permettiamo di esplicitare in modo chiaro alcune sottolineature: la Settimana Santa non è rievocazione storica, ma azione sacramentale; durante la liturgia del Giovedì Santo, non ci sia nessuna “rappresentazione” dell’ultima cena, né tantomeno della cena ebraica; l’Altare della Reposizione, sia sobrio nell’addobbo e nei segni, senza creare apparati artistici e scenografici che distraggano lo sguardo dalla contemplazione dell’Eucaristia; le statue e i segni della Passione, non siano esposti prima della liturgia del Venerdì Santo; la Via Crucis “vivente” sia rappresentata in altri momenti, ma non il Venerdì Santo. La bellissima devozione alla Divina Misericordia non intralci in alcun modo lo svolgersi del Triduo Pasquale e l’immagine di Gesù Misericordioso sia esposta (se v’è tradizione) dopo la Pasqua. Il cero pasquale non sia di plastica, né in questi giorni,4 né successivamente.