UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PERUGIA
Facoltà di Ingegneria
Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale
Sede di Terni
Prof. Josè M. Kenny
Scienza e Tecnologia dei Materiali
Dossier
LE NANOTECNOLOGIE
Università di Perugia, Polo di Terni
Jose M. Kenny
Introduzione e costruzione
Dott.Ing.Catiuscia Morelli
Parte tecnica
Dott.Ing.AntonioIannoni
Dott.Ing.Andrea Terenzi
I NANOCOMPOSITI
Le nanoscienze e le nanotecnologie costituiscono un
nuovo approccio scientifico e tecnologico finalizzato a
controllare la struttura e il comportamento
fondamentale della materia a livello atomico e
molecolare.
Il prefisso “nano” indica 10-9, ossia un miliardesimo di
unità ( = 0,000000001). Un nanometro (nm) equivale
quindi ad un miliardesimo di metro, una dimensione
decine di migliaia di volte inferiore al diametro di un
capello umano. Dal punto di vista concettuale, il
termine
nanotecnologie
rimanda
alla
scala
nanometrica degli atomi e delle molecole e alle nuove
proprietà che possono essere compresi e controllati
operando in questo campo. Tali proprietà possono
essere utilizzate e sfruttate su scala microscopica, ad
esempio per sviluppare materiali e dispositivi
caratterizzati da nuove funzioni e prestazioni.
Nell’ultima decade i nanomateriali sono stati oggetto
di enorme interesse ed è comunemente diffusa l’idea
che possano provocare una vera e propria rivoluzione
tecnologica al pari dell’avvento dell’elettronica e
dell’informatica.
Per capire quanto concrete siano le aspettative, basti
pensare che nel 1997 i finanziamenti per la ricerca e
sviluppo di nanomateriali negli USA ammontavano a
116 milioni di dollari e che nel giro dei successivi tre
anni sono aumentati a 270 milioni di dollari e tuttora
sono in crescita. Cifre analoghe sono state investite in
Europa e Giappone.
I nanomateriali sono caratterizzati dall’avere almeno
una delle dimensioni inferiore a 100 nm e un elevato
rapporto tra area superficiale e volume, con
conseguente prevalenza delle caratteristiche degli
atomi di superficie su quelle degli atomi interni.
La varietà di nanomateriali e delle matrici in cui
possono essere dispersi è elevata, per cui le potenziali
applicazioni riguardano diversi settori di attività,
dall’agroalimentare all’energia e ambiente, dai mezzi
di trasporto alla farmaceutica e biomedicale, dalla
meccanica ed elettromeccanica al tessile e
abbigliamento, dalla chimica e petrolchimica
all’elettronica e alle tecnologie dell’informazione.
I nanocompositi rappresentano una nuova classe di
materiali, in qualche modo alternativa ai materiali
compositi tradizionali. In particolare nei nano
compositi almeno una delle dimensioni caratteristiche
del rinforzo deve rientrare nell’ordine di grandezza di
pochi nanometri.
I compositi particellari di tipo tradizionale, sono
costituiti da particelle di rinforzo (filler) disperse in
una matrice che può essere di diversa natura. Tali
materiali sono caratterizzati da un miglioramento
delle caratteristiche, generalmente associato a un
aumento della densità del materiale e ad una
complicazione delle fasi di lavorazione. L’utilizzo di
filler di dimensioni nanometriche (nanofiller) permette
di raggiungere un elevato grado di dispersione del
filler nella matrice e un elevatissimo rapporto
volume/superficie del rinforzo; in questo modo si
ottiene un consistente miglioramento delle proprietà
mantenendo una lavorabilità del materiale simile a
quello di partenza.
PERCHÉ
LE
NANOTECNOLOGIE
SONO
IMPORTANTI
Le nanoscienze consentono spesso di riavvicinare
discipline scientifiche diverse tra loro e beneficiano di
approcci interdisciplinari o “convergenti”; le
applicazioni delle nanotecnologie sono in piena
espansione e incideranno presto sulla vita di tutti i
cittadini:
applicazioni mediche, si avvalgono in particolare di
dispositivi miniaturizzati da impiantare nel corpo
umano per fini di diagnosi precoce delle malattie; i
rivestimenti a base di nanotecnologia possono
migliorare la bioattività e la biocompatibilità dei
trapianti. Le nano strutture autoorganizzanti aprono la
strada a nuove generazioni di ingegneria dei tessuti e
dei materiali biomimetici con la possibilità, a lungo
termine, di sintetizzare la sostituzione di organi. Sono
in fase di sviluppo sistemi innovativi di
somministrazione mirata di farmaci; l’innesto selettivo
di molecole organiche mediante nano strutturazione
della superficie avrà probabili risvolti positivi sulla
fabbricazione di biosensori e dispositivi molecolari.
tecnologie dell’informazione, in particolare supporti di
immagazzinaggio dati ad altissima densità di
registrazione (dell’ordine di un terabit per pollice
quadro) e nuove tecnologie di visualizzazione
flessibili in plastica, a lungo termine, la produzione di
dispositivi nanoelettronici molecolari o biomolecolari,
dispositivi spintronici e informatica quantistica
apriranno nuovi orizzonti oltre i limiti delle attuali
tecnologie informatiche.
produzione e conservazione di energia, in questo settore,
ad esempio, si può beneficiare di nuove celle a
combustibile o di nuovi solidi nano strutturati in
grado di garantire un efficiente immagazzinaggio
dell’idrogeno. Sono inoltre in fase di sviluppo celle
solari fotovoltaiche a basso costo (“vernici solari”). Si
prevede che gli sviluppi nano tecnologici in materia di
isolamento, trasporto ed illuminazione consentiranno
ulteriori risparmi energetici.
nanocompositi, i progressi delle nanotecnologie in
questo campo hanno determinato ambiti di
applicazione molto vasti e potrebbero ripercuotersi su
pressoché tutti i settori. Si utilizzano già le
nanoparticelle per il rinforzo dei materiali e la
modifica delle superfici (per renderle, ad esempio,
resistenti ai graffi e alla corrosione, non bagnabili,
pulite o sterili). Le prestazioni dei materiali in
condizioni estreme possono essere notevolmente
migliorate a vantaggio, ad esempio, dell’industria
chimica, dei trasporti, aeronautica e spaziale.
Sono già stati commercializzati diversi prodotti basati
sulle nanotecnologie: prodotti medici (bendaggi,
valvole cardiache ecc.); componenti elettronici; vernici
antigraffio; articoli sportivi; tessuti antipiega e
antimacchia e creme solari. Gli analisti stimano che tali
prodotti rappresentano attualmente un mercato di
circa 2,5 miliardi di euro e che tale valore potrebbe
raggiungere le centinaia di miliardi di euro entro il
2010 e il migliaio di miliardi di euro oltre quella data.
Mirando ad ottenere maggiori prestazioni con un
minore dispendio di materie prime, in particolare
mediante processi produttivi di tipo “bottom up”, le
nanotecnologie potrebbero contribuire alla riduzione
della quantità di rifiuti durante l’intero ciclo di vita dei
prodotti.
CHE COSA SONO I NANOCOMPOSITI A
MATRICE POLIMERICA
Come
detto
in
precedenza,
il
termine
“nanocomposito” descrive un materiale composito nel
quale una delle fasi ha almeno una dimensione che
appartiene alla scala dei nanometri. Si definisce
dunque nanocomposito a matrice polimerica un
nanocomposito in cui si utilizza un polimero (sia
termoplastico sia termoindurente) come matrice.
Le proprietà di questi materiali che hanno mostrato
sostanziali miglioramenti includono:
migliorate proprietà meccaniche quali resistenza,
modulo, rigidezza e stabilità dimensionale
diminuzione della permeabilità ai gas, all’acqua, al
vapor d’acqua e agli idrocarburi
maggiore stabilità termica
ritardo di fiamma ed emissioni ridotte di fumo
resistenza chimica
aspetto superficiale e resistenza all’abrasione
conduttività elettrica
opacità,
rispetto
ai
polimeri
rinforzati
convenzionalmente.
Uno degli aspetti sicuramente più interessanti
dell’utilizzo di nanofiller è la possibilità di ridurne
drasticamente la quantità da addizionare al polimero,
minimizzando gli effetti indesiderati determinati
dall’aggiunta dei tradizionali additivi inorganici
(aumento
della
densità,
diminuzione
della
processabilità e modifica dell’aspetto superficiale del
polimero). Per esempio, per garantire prestazioni
comparabili di rinforzo, è sufficiente una carica del 56% in peso di nanofiller, contro percentuali maggiori
del 15% in peso di un filler classico come carbonato di
calcio, o fibre di vetro corte.
La prima notizia relativa all’ottenimento di un
nanocomposito del tipo polimero/argilla risale al
1961, quando Blumstein ha dimostrato l’avvenuta
polimerizzazione di un monomero vinilico intercalato
nella struttura di una montmorillonite. Bisogna però
arrivare al 1988 per trovarne la prima applicazione
industriale ad opera di Okada e altri presso i
laboratori Toyota Central Research in Giappone. In
quest’occasione il nanocomposito è stato ottenuto
attraverso la polimerizzazione del monomero
intercalato portando alla formazione di un composito
a base di Nylon 6. Questo materiale è stato poi
commercializzato dalla UBE Industries ed è
attualmente utilizzato per la realizzazione della
cinghia di trasmissione nei motori delle vetture Toyota
e per la produzione di pellicole per confezionamento.
Le “nanocariche” impiegate nei nanocompositi a
matrice polimerica possono presentarsi come
nanoparticelle isodimensionali se le tre dimensioni sono
dell'ordine del nanometro, nanoparticelle bidimensionali
se due delle tre dimensioni sono nell’ordine dei
nanometri, formando una struttura elongata, e infine
nanoparticelle lamellari se caratterizzati da una sola
dimensione dell'ordine dei nanometri.
Conseguenza di queste categorie di nano-rinforzi è che
anche i nano compositi possono appartenere alle
suddette categorie.
TIPOLOGIE DI NANORINFORZI UTILIZZABILI
NEI NANOCOMPOSITI
Ossidi
Il Biossido di titanio è una polvere cristallina incolore,
tendente al bianco con formula chimica TiO2. Il TiO2 è
presente in natura in tre forme cristalline diverse, il
rutilio, l'antasio e la brokite, colorate a causa di
impurezze presenti nel cristallo. Il rutilo è la forma più
comune: ciascun atomo di titanio è circondato
ottaedricamente da sei atomi di ossigeno. Le altre
strutture sono degli arrangiamenti ottaedrici distorti. Il
diossido di titanio è usato principalmente come
pigmento bianco sia nelle vernici che nelle materie
plastiche ma anche nei cementi e nei sui derivati.Le
vernici fatte con il diossido di titanio sono eccellenti
riflettrici della radiazione infrarossa e sono quindi
usate estensivamente dagli astronomi.
Un’importante proprietà dell'ossido di titanio è quella
di essere una sostanza altamente reattiva quando
colpito da raggi UV presenti nella normale radiazione
solare. Più esattamente, sotto l'azione dei raggi solari,
gli elettroni dell'orbita esterna del biossido di titanio si
liberano, permettendo all'ossigeno di reagire con
sostanze organiche che possono venire a contatto con
l'ossido, trasformandole in molecole innocue quali
acqua e anidride carbonica rendendo inoltre la
superficie dell'ossido altametre idrofile. Tale
meccanismo chiamato fotocatalisi, ha fatto si che il
biossido di titanio sia stato studiato quale elemento
per realizzare sostanze autopulenti e antibatteriche in
quanto sia la reazione chimica di dissociazione di
molecole organiche ed inorganiche sia l'alta idrofilia .
Figura 1 Meccanismo di idrofilia fotoindotta di
particelle di biossido di titanio
Lo svilupparsi della tecnologia ha reso possibile la
realizzazioni di polveri di biossido di titanio di
dimensioni nanometriche. I principali produttori di
tali polveri si trovano attualmente in Giappone.
Dovendo realizzarsi una reazione chimica, la quantità
di superficie dove avviene la reazione diventa di
fondamentale importanza e la riduzione della polvere
di ossido di titanio a dimensioni nanometriche, oltre a
favorire questo aumento, migliora la dispersione
dell'ossido all'interno della matrice sia essa polimerica,
cementizia o solvente.
Figura 2 Meccanismi dell'autopulenza
Un’importante ossido utilizzato nella produzione di
nanocompositi a matrice polimerica e polimery con
una nano strutturazione è il diossido di silicio (SiO2) o
silice.
Questa tipologia di nano particella viene spesso
utilizzata nelle tecnologie dei coating e nell’industria
dell’elettronica.
Altri ossidi altamente utilizzati nel settore delle
nanotecnologie sono l’ossido di alluminio Al2O3
(allumina) e l’ossido di ferro.
Le nanopolveri a base di ossido di Ferro o di diossido
di Titanio conferiscono alle vernici ed alle tinture nelle
quali vengono disperse migliori proprietà tribologiche,
miglior resistenza al graffio, maggiore facilità di
pulizia e maggiore resistenza ai solventi organici. Gli
utilizzi sono nel campo della verniciatura dei metalli,
nella tintura dei tessuti e nel campo dell’impressione
grafica e fotografica. L’allumina è inoltre utilizzata nei
cosmetici e in particolare per lozioni solari che
forniscono protezione dai raggi ultravioletti.
POSS
I POSS (Polyhedral oligomeric silsesquioxane) sono
una molecola ibrida organica-inorganica in cui la parte
inorganica è basata essenzialmente su atomi di silicio
(Figura ….).
Figura 3 Rappresentazione
molecola di POSS
schematica
di
una
La particolarità di questa tipologia di nanoparticelle
sta nella possibilità di poterla funzionalizzare
sfruttando i diversi siti reattivi presenti. In questo
modo si può ottenere una compatibilità con diverse
matrici polimeriche al fine di ottenere materiali
nanocompositi e nanostrutturati con diverse
caratteristiche.
Un’importante caratteristica dei POSS è che a seconda
della tipologia di gruppi legati alla molecola base, si
possono utilizzare come filler in una matrice
polimerica oppure come elementi che fanno parte
della catena che costituisce il polimero stesso,
arrivando a poter creare una sorta di copolimero.
I POSS danno importanti risultati nel miglioramento
della resistenza alla fiamma, resistenza e stabilità
termica e proprietà meccaniche.
Nanopolveri di Argento
L’uso dell’argento per la cura di malattie e per la
depurazione è conosciuto fin dall’antichità. L’argento
ha proprietà antimicrobiche molto potenti dal
momento che basta la presenza di una parte su 100
milioni di argento elementare in soluzione per avere
un’efficace azione antibatterica. E’ risaputo che ioni o
radicali liberi dell’argento sono un agente
antimicrobico attivo. Per ottenere un effetto
battericida, gli ioni argento devono essere disponibili
in soluzione sulla superficie batterica e la loro efficacia
dipende dalla concentrazione in acqua. Gli ioni
argento sembra distruggano i microrganismi
all’istante,
bloccando
il
sistema
respiratorio
enzimatico, cioè la produzione di energia, e alterando
il DNA microbico e la parete cellulare, mentre non
hanno effetti tossici sulle cellule umane in vivo. La
ricerca biomedica ha dimostrato che nessun
organismo conosciuto per causare malattie (batteri,
virus e funghi) possa vivere più di qualche minuto in
presenza di una traccia, seppur minuscola, di argento
metallico. Un antibiotico, tanto per fare un paragone,
uccide forse una mezza dozzina di differenti
organismi patogeni, ma l’argento ne elimina circa 650.
Inoltre i ceppi resistenti non riescono a svilupparsi
quando viene usato l’argento, mentre per il nostro
organismo, come già detto, il metallo è virtualmente
atossico.
Nel tempo si sono adottate diverse soluzioni per
liberare ioni argento diverse dall’aggiunta di argento
metallico che presenta un notevole costo, dal nitrato di
argento alla sulfadiazina ma sia quest’ultima che il
nitrato di argento danneggiano la proliferazione
epiteliale e dei fibroblasti, pregiudicando quindi la
guarigione. Negli ultimi anni si sono sviluppate nuove
tecniche per l’applicazione dell’argento nel bio
medicale, tecniche che permettono di diminuire la
quantità di argento metallico usato con effetti
funzionali inviariti, una di queste è la deposizione di
film sottili d’argento su un substrato polimerico quale
può essere ad esempio quello di un dispositivo medico
(un caso particolare è il rivestimento di cateteri).
Molte altre applicazioni, che stanno riscuotendo
notevole successo, si sono rese possibili grazie agli
sviluppi della tecnologia che negli ultimi anni ha
permesso di ottenere polveri di argento metallico di
dimensioni sferiche e con diametro di alcuni
nanometri (vedi figura 1). Tali particelle hanno subito
trovato applicazione nel campo biomedico in quanto
la superficie di contatto aumenta notevolmente
rispetto a particelle di dimensioni micrometriche;
questo significa che oltre ad aumentare la superficie di
scambio di ioni Ag+ responsabili dell’effetto
antibatterico aumenta anche la dispersione nel
materiale in cui vengono inserite, con un conseguente
miglioramento delle funzionalità dell’oggetto prodotto
o, per contro, a parità di effetto antibatterico, una
riduzione delle quantità di argento aggiunto. Le
nanopolveri possono essere aggiunte ai tradizionali
materiali plastici in diversi modi tra i quali le
tecnologie di produzione attuali senza modifiche
sostanziali o particolari trattamenti.
Figura 4 Immagine SEM delle nanopolveri di Ag
Figura 5 Test di crescita dell’Escherichia Coli JM101
AMERSHAM su campioni di cotone a) puro al 100%
b) trattato con argento c) impregnato con l’antibiotico
kanamicina.
In figura 2 è evidenziato il potere antibatterico di
materiali (cotone) trattati con argento rispetto a quelli
puri o trattati con semplici antibatterici, la zona
trasparente intorno alle fibre evidenzia infatti la zona
di non proliferazione delle culture batteriche che
invece sono evidenti in tutto il campione.
Nanotubi di Carbonio
Nel 1985 il chimico americano Richard E. Smalley ha
scoperto che, in particolari situazioni, gli atomi di
carbonio compongono delle strutture ordinate di
forma sferica. La struttura, dopo un successivo
rilassamento, tende ad arrotolarsi su sé stessa,
ottenendo la tipica struttura cilindrica: questi sono i
nanotubi al carbonio.
Esistono diversi tipi di nanotubi:
- Nanotubo a parete singola SWCNT (Single-Wall
Carbon NanoTube), costituito da un singolo foglio
grafitico avvolto su se stesso.
- Nanotubo a pareta doppia DWCNT (Double Wall
Carbon NanoTube), costituito da due fogli di grafite
avvolti coassialmente uno sull’altro.
- Nanotubo a parete multipla MWCNT (Multi-Wall
Carbon NanoTube), formato invece da più fogli
avvolti coassialmente uno sull'altro.
Il corpo del nanotubo è formato da soli esagoni,
mentre le strutture di chiusura sono formate da
esagoni e pentagoni, esattamente come i fullereni.
Il diametro di un nanotubo è compreso tra un minimo
di 0,7 nm e un massimo di 10nm. L’elevatissimo
rapporto tra lunghezza e diametro (nell’ordine di 104)
consente di considerarli come delle nanostrutture
virtualmente monodimensionali, e conferisce a queste
molecole delle proprietà veramente peculiari, che
vedremo in seguito.
Il primo a scoprire un nanotubo è nel 1991 il
giapponese Sumio Iijima, ricercatore della NEC
Corporation, la nota industria elettronica giapponese;
in figura Y si riporta l’immagine di un nano tubo.
Figura 6: Illustrazione di un nano tubo di carbonio
I nanotubi possiedono delle caratteristiche meccaniche
e funzionali di assoluto livello, associate ad una peso
specifico (quello del carbonio) di molto inferiore a
quello della maggior parte dei metalli. È stato calcolato
che un nanotubo può avere una resistenza alla
trazione 100 volte più grande di quella dell’acciaio ma
con un peso 6 volte minore. Inoltre va ricordato che i
nanotubi non sono solamente resistenti alla rottura per
trazione, ma sono anche molto flessibili e possono
essere piegati ripetitivamente fino a circa 90° senza
rompersi o danneggiarsi. L’estrema resistenza, unita
alla loro flessibilità, li rende ideali per l’uso come
rinforzo nei materiali polimerici, producendo
nanocompositi ad elevate prestazioni. Inoltre
l’impiego di nanotubi nella produzione di fibre può
portare alla produzione di compositi estremamente
più resistenti degli attuali compositi basati sulle fibre
di carbonio tradizionali.
Da un punto di vista elettrico i nanotubi possono
comportarsi sia come conduttori che come
semiconduttori a seconda della modalità con cui sono
costruiti, questa caratteristica è molto importante per
applicazioni nel campo dell’elettronica. Molti
ricercatori nel settore nell’elettronica stanno lavorando
per utilizzare i nanotubi in sostituzione dei
tradizionali conduttori e semiconduttori nei
microchip. È stato notato anche che, in determinate
condizioni, gli elettroni possono passare all’interno di
un nanotubo senza scaldarlo (fenomeno detto
conduzione balistica). Queste proprietà rendono i
nanotubi molto interessanti per lo sviluppo di
nanocavi o cavi quantici, che potrebbero affiancare il
silicio nel campo dei materiali per l’elettronica e
consentire il passaggio dalla microelettronica alla
nanoelettronica. È stato calcolato infatti che un
processore realizzato tramite transistor di nanotubi
potrebbe facilmente raggiungere i 1000 GHz,
superando tutte le barriere di miniaturizzazione e di
dissipazione termica che l'attuale tecnologia al silicio
impone. Per fare ciò occorre sviluppare una tecnica di
produzione di nanotubi che consenta di ottenere
forme e dimensioni diverse e strettamente controllabili
ed una tecnologia per realizzare contatti, giunzioni e
circuiti in grandi quantità, per ottenere economie di
scala ed abbattere i costi di produzione.
Le proprietà di conduzione dei nanotubi possono
essere variate drogandoli, ovvero inserendo nella loro
struttura degli atomi aventi le caratteristiche ricercate.
Tra i risultati più interessanti in questo campo c’è un
diodo nanometrico formato da due nanotubi che
permette appunto il passaggio della corrente in un
senso ma non in quello opposto. Infatti, le dimensioni
estremamente ridotte di questi oggetti possono
consentire
livelli
di
miniaturizzazione
non
raggiungibili con le tradizionali tecnologie al silicio.
I nanotubi possono essere trattati in modo da renderli
estremamente sensibili alla presenza di campi elettrici,
piegandosi fino a 90°, per riprendere la forma
originale non appena il campo elettrico viene
interrotto. Le sperimentazioni in tal senso hanno
dimostrato che è possibile influenzare la frequenza di
risonanza naturale del nanotubo, la quale dipende
della lunghezza, dal diametro (come per qualsiasi
sistema dinamico) e dalla morfologia; tale interessante
proprietà può essere sfruttata in numerose
applicazioni poiché consente di avere attuatori al
livello nanometrico.
La limitazione principale all’utilizzo dei nanotubi è
attualmente costituita dal loro costo.
Nanofibre di Carbonio
Le nanofibre, o nanofilamenti, sono delle strutture
fibrose il cui diametro è compreso tra qualche decina e
qualche centinaio di nanometri. Queste fibre possono
avere strutture molto differenti, spaziando dai
"graphite wiskers", costituiti da uno strato di grafite
arrotolato più volte su se stesso, fino alle fibre
"platelet", costituite da strati di grafite perpendicolari
all'asse della fibra. In generale è possibile dividere i
nanofilamenti in tre grandi famiglie, a seconda
dell'angolo esistente tra l'asse del filamento ed il piano
degli strati di grafite. Si possono quindi distinguere le
fibre "platelet" (angolo = 0°, grafite perpendicolare
all'asse), "herringbone", o a "spina di pesce" (0° angolo
90°) oppure tubolari (angolo = 90°).
Bisogna comunque segnalare il fatto che non esiste
una denominazione "standard" dei nanofilamenti e
che i termini e le definizioni utilizzate nelle
pubblicazioni dipendono esclusivamente dalle scelte
personali degli autori.
Una rappresentazione schematica delle nano fibre di
carbonio è riportata nella seguente figura Z.
Figura 7: Illustrazione di una nano fibra di carbonio e
del suo processo di accrescimento
Le proprietà principali delle nanofibre sono riassunte
nella seguente tabella e si può osservare che da un
punto di vista generale le caratteristiche delle nano
fibre sono simili a quelle dei nanotubi, ma la loro
performance è sensibilmente inferiore. Va però
sottolineato che rispetto ai nanotubi presentano un
importantissimo vantaggio in termini di costo e di
produttività, pertanto le nanofibre possono essere
utilizzate in volumi alquanto più compatibili con i
livelli di produzione industriali.
Le applicazioni delle nanofibre sono dunque analoghe
a quelle precedentemente viste per i nanotubi, infatti
hanno un’elevata resistenza meccanic,a un peso
specifico basso rispetto a metalli con performance
meccaniche comparabili e sono dei conduttori di
elettricità.
Uno dei difetti delle nanofibre di carbonio è
rappresentato dal costo; infatti anche se risulta di
molte volte inferiore a quello dei nanotubi, è più alto
se comparato al costo di altri nanofiller come ad
esempio i silicati.
Fullerene
Il fullerene (formula bruta C60) è una delle forme i cui
si può trovare il carbonio. L’arrangiamento atomico di
questa molecola assume una forma sferica con una
configurazione del tutto simile a quella del classico
pallone da calcio (Figura ….).
Figura 8: Illustrazione schematica di una molecola di
fullerene C60.
Il fullerene ha importanti proprietà elettriche ed ha la
capacità di legarsi con alcuni elementi metallici.
Il fullerene è uno dei nanofiller isodimensionali poiché
il diametro della molecola di fullerene è nell’ordine di
alcuni nanometri.
Le proprietà che si possono migliorare con l’utilizzo di
fullerene nelle matrici polimeriche sono quelle legate
agli aspetti della conducibilità e le caratteristiche
meccaniche.
Sepioliti
La Sepiolite è un’argilla molto rara, sia a causa delle
sue caratteristiche particolari, che per la sua scarsa
disponibilità.
La maggior parte della produzione mondiale di
Sepioliti deriva da depositi di origine sedimentaria
situati in Spagna, nei pressi di Madrid.
Chimicamente, la Sepiolite è un silicato idratato di
magnesio
con
formula
Si12Mg8O30(OH)4(OH2)4.8H2O.
La
Sepiolite,
diversamente da altre argille, non è un fillosilicato
stratificato. La sua struttura può essere descritta come
un “quincunx”, ossia un arrangiamento di cinque
oggetti, disposti in modo che quattro si trovino ai lati
ed un quinto si trovi al centro dell’area del rettangolo
così formato; i piani sono separati da canali liberi
paralleli. Questa struttura a pseudo-catena, fa sì che la
disposizione delle Sepioliti non sia la classica a piatti
piani, comune alle altre argille, ma sia del tipo ad aghi.
Figura 9: Struttura della Sepiolite.
La Sepiolite ha la più grande area superficiale (BET,
N2) tra tutte le argille minerali, circa 300 m2/g, con un
alta densità dei gruppi silano (-SiOH); ciò spiega la
marcata idrofilicità di questa argilla.
Il reticolo siliconico fa sì che non essendoci una
significativa carica negativa, la capacità di scambio
cationico di questa argilla sia molto bassa.
Le particelle di sepiolite hanno una lunghezza media
compresa tra 1µm to 2 µm, ed una larghezza di of 0.01
µm; contengono canali aperti delle dimensioni di 3.6 Å
x 10.6 Å, lungo tutta la lunghezza degli assi della
particella. Queste particelle sono disposte in modo da
formare aggregati porosi con un fitto network di
canali, che spiega l’alto grado di porosità della
Sepiolite e la sua bassa densità dovuta ad una grossa
quantità di spazi vuoti. La grande area superficiale
unita all’alta porosità della Sepiolite fanno in modo
che essa possieda notevoli proprietà di assorbimento e
desorbimento. La Sepiolite può assorbire sia vapori
che odori, ed in più riesce ad assorbire quantità di
acqua o di altri liquidi equivalenti al suo stesso peso.
La Sepiolite è un’argilla inodore e le sue particelle non
si disintegrano una volta raggiunto il grado di
saturazione con liquidi. Può inoltre essere dispersa in
acqua o in altri sistemi liquidi usando un mixer ad alta
velocità; una volta dispersa nel liquido, forma una
struttura random con le particelle che tendono ad
allungarsi e grazie all’interazione fisica dei legami
idrogeno, intrappolando così il liquido, comportando
un aumento della viscosità della sospensione. La
struttura è stabile anche in sistemi ad alta
concentrazione salina, condizione the produrrebbe la
fioccatura delle sospensioni di altre argille, come la
bentonite.
Di tutti i campi di impiego in cui può essere utilizzata,
il più interessante sotto il nostro punto di vista è
senz’altro quello dei polimeri-elastomeri. Infatti, in
questo ambito scientifico-industriale, la Sepiolite viene
utilizzata come nanocarica per la produzione di
nanocompositi, trasmettendo al prodotto finito un
aumento considerevole delle prestazioni, come ad
esempio la stabilità dimensionale, la resistenza
meccanica, quella termica e incrementando le
proprietà di effetto barriera nei confronti di gas.
Figura 10: Cristalli di sepiolite.
Silicati Stratificati
I silicati stratificati comunemente usati per la
preparazione di nanocompositi appartengono alla
categoria 2:1 phyllosilicati. I costituenti principali di
questa categoria di silicati sono la silice e l’allumina
oppure l’ossido di magnesio. Questi silicati si
presentano con una struttura a strati in cui ogni strato
è a sua volta costituito da stratificazioni differenti: una
stratificazione di silice con struttura tetraedrica ed una
stratificazione di allumina (o ossido di magnesio)
ottaedrica (figura 2.1). Gli strati tetraedrici sono
formati da gruppi SiO4 che formano una struttura
esagonale piana di composizione Si4O10. Gli strati
ottaedrici sono costituiti da due piani di ossigeno o
gruppi ossidrili tra i quali sono posizionati atomi di
alluminio (o magnesio) in coordinazione ottaedrica. In
totale il singolo cristallo del silicato è costituito da due
strati tetraedrici di silice separati da uno strato
ottaedrico in modo che gli ossigeni posti ai vertici del
tetraedro siano condivisi con lo strato ottaedrico.
Figura 11: Struttura dei phyllosilicati tipicamente usati
nei nanocompositi
I cristalli (strati) sopra descritti hanno uno spessore di
circa 1 nm e dimensioni laterali che possono variare da
30 nm a svariati microns a seconda del tipo di silicato,
dunque in ogni tipo di silicato stratificato, il fattore di
forma del singolo cristallo è molto elevato.
Se nel cristallo sopra descritto tutte le lacune
ottaedriche sono occupate da alluminio, il silicato è
inerte; tuttavia è molto comune una sostituzione
isomorfa in cui per esempio l’alluminio trivalente
viene scambiato con ferro bivalente o il magnesio
bivalente viene scambiato con litio monovalente.
Risultato
di
questa
sostituzione
è
che
complessivamente il cristallo ha una carica negativa.
L’eccesso di carica negativa viene compensato da
cationi molto ingombranti che non potendosi inserire
all’interno del cristallo restano situati sui bordi dello
stesso.
I vari cristalli del silicato si organizzano a formare
delle strutture a sandwich (cristalliti) dette tattoidi,
legandosi tra loro con deboli forze di Van Der Waals e
producendo una struttura con un gap costante tra i
vari strati. Tale gap viene comunemente denominato
interstrato o galleria. Le argille sono quindi costituite
da agglomerati di tali tattoidi.
L’intercalazione del polimero all’interno delle gallerie
dei cristalli di silicato è resa possibile proprio dalla
presenza di forze di legame deboli .
Nei silicati stratificati naturali, sono generalmente
presenti cationi di tipo Na+ o K+ all’interno della
galleria che bilanciano la carica negativa del cristallo. I
cristalli di argilla sono dunque di natura idrofila,
pertanto il livello di interazione con polimeri aventi
natura idrofoba (o comunque con polimeri
scarsamente polari) può risultare piuttosto basso. La
conseguenza della scarsa interazione fisica può essere
un sistema “immiscibile” in cui il polimero non si
intercala nelle gallerie, e le proprietà che ne risultano
sono vicine a quelle dei compositi tradizionali.
Al fine di rendere compatibili i normali silicati con i
polimeri si effettua un trattamento chimico che rende i
silicati organofili e quindi compatibili con quasi tutti i
polimeri “ingegneristici”. Tale trattamento consiste nel
sostituire i cationi idrati della superficie dei cristalli
con surfattanti cationici come alchil-ammonio o alchilfosfonio; le argille che subiscono questo trattamento
sono denominate organo-argille. I surfattanti svolgono
una molteplice azione “compatibilizzante”; infatti in
primo luogo abbassano l’energia superficiale del
cristallo favorendone la bagnabilità da parte del
polimero. Inoltre poiché questi cationi sono disposti
nelle gallerie e generalmente hanno un ingombro
molto più elevato dei cationi originariamente presenti,
si ha anche un aumento del gap tra gli strati che
facilita la penetrazione delle molecole di polimero. In
genere i gruppi alchil-ammonio o alchil-fosfonio sono
legati a gruppi funzionali che possono interagire con il
polimero che sarà utilizzato come matrice, oppure in
certi casi tali gruppi possono anche promuovere la
polimerizzazione del monomero; il risultato è un
incremento della resistenza dell’interfaccia tra il
cristallo di argilla ed il polimero con conseguente
miglioramento delle caratteristiche del nanocomposito
finale.
La quantità di carica superficiale presente sui cristalli
delle argille viene denominata capacità di scambio
cationico (Cation Exchange Capacity, CEC) e si esprime in
meq/100g. Tale carica non è uniforme su ogni strato,
pertanto il valore che si attribuisce ad una argilla è il
valore medio dei vari strati.
Poiché la carica negativa e situata sulle superfici dei
cristalli, il surfattanti si dospone con la sua testa
(alchil-ammonio o alchil-fosfonio) in corrispondenza
della superficie del cristallo lasciando la coda organica
più distante. Ad una fissata temperatura dunque, la
distanza tra gli strati in una organo-argilla è regolata
da due fattori la CEC e la lunghezza della coda
organica del surfattanti; in generale il gap cresce con il
crescere del CEC e della lunghezza della coda
organica.
Alcune misure di diffrazione ai raggi X hanno
dimostrato che le code organiche possono disporsi
parallelamente alla superficie del cristallo formando
uno strato singolo o doppio, oppure, a seconda della
densità di carica e della lunghezza della catena,
allontanarsi dalla superficie allineandosi secondo una
disposizione paraffinica singola o doppia (figura 2.2).
Figura 12: Possibili disposizioni dei surfattanti nella
galleria delle organo-argille
PRODUZIONE DEI NANOCOMPOSITI
La preparazione dei nanocompositi polimerici risulta
critica a causa della natura idrofoba del polimero
rispetto a quella idrofila di molte tipologie di
nanofiller. Inoltre, forma, dimensione, morfologia
superficiale e distribuzione del nanofiller nella matrice
polimerica determinano le proprietà base del
nanocomposito.
Il requisito fondamentale risiede nel cosiddetto
“principio
della
massima
eterogeneità”
o
“nanoeterogeneità”: ciò consiste nel fatto che le
particelle di nano filler devono essere singolarmente
disperse nella matrice polimerica in modo che la
natura eterogenea del materiale si evidenzi soltanto
per campionamenti su scala nanometrica. In teoria,
ciascuna particella nanometrica dovrebbe contribuire
allo stesso modo alle proprietà complessive del
composito. L’aspetto preparativo è al centro
dell’attività di ricerca in questo settore. La prima
problematica risiede nella preparazione del filler, che
può essere “nano” su una dimensione (lamella), due
dimensioni (fibre) o tre dimensioni (nanoparticelle
sferiche). A ogni forma corrispondono diverse
proprietà. Per esempio, per avere il massimo effetto di
rafforzamento occorre usare particelle lamellari o
fibre, poiché l’efficienza del rafforzamento dipende
dal rapporto lunghezza/spessore. Il nanofiller deve
poi essere reso chimicamente affine al polimero
(“compatibilizzato”) per aumentarne l’idrofobicità e
favorirne l’adesione e dispersione nella matrice.
I nanofiller finora più studiati, e per i quali la
tecnologia è più matura, sono i composti lamellari
naturali (es. montmorillonite, hectorite, mica,
vermiculite, saponite, sepiolite) per i quali sono
commercialmente disponibili anche campioni già
compatibilizzati.
La seconda problematica risiede nella preparazione
del nanocomposito che può essere realizzata secondo
tre metodologie, schematizzate in figura B.
Figura 13: Illustrazione schematiche elle tre principali
tecniche di preparazione dei nano compositi.
Polimerizzazione in situ
Consiste nel far assorbire il monomero, con l’ausilio di
un solvente, negli spazi tra gli strati di filler e quindi
provocare la polimerizzazione.
Intercalazione del polimero in soluzione
é un processo a due stadi: nel primo stadio un
appropriato solvente è intercalato nella fase inorganica
per poi favorire il successivo ingresso del polimero;
infine il solvente viene rimosso.
Intercalazione diretta del polimero fuso
Il filler, opportunamente modificato, viene miscelato
con il polimero a temperature superiori alla
temperatura di transizione vetrosa. é il metodo di
preparazione, dal punto di vista applicativo, più
interessante sia perché presenta il vantaggio di non
utilizzare solventi, sia perché permette l’impiego delle
apparecchiature tipicamente utilizzate per la
miscelazione dei compositi.
Queste tecnologie di produzione, che per semplicità
sono state descritte e illustrate nel caso di silicati
stratificati, sono applicabili con tutte le tipologie di
nanofiller disponibili.
LE APPLICAZIONI DEI NANOCOMPOSITI
Nell’industria automobilistica
Con il risparmio di peso e il miglioramento di molte
altre proprietà, le applicazioni automobilistiche erano
per i nanocompositi un target scontato. Infatti, il
settore automobilistico ha fornito la motivazione per la
prima applicazione commerciale di questi materiali:
un nanocomposito del nylon-6, commercializzato dalla
Toyota in collaborazione con Ube, per la copertura
della cinghia di distribuzione. Lo stesso materiale è
stato usato poco dopo per la copertura del motore.
Questi primi nanocompositi del nylon avevano però
costi eccessivi e quindi erano poco competitivi sul
mercato automobilistico; tuttavia con le recenti
innovazioni, la GM ha da poco introdotto sul mercato
due nuovi modelli di van che presentano tra i propri
optionals una pedana laterale di appoggio realizzata
con un nanocomposito a matrice di polipropilene
(Figura 1).
Figura 14: Esempio di applicazione di un nano
composito a matrice di PP in un veicolo della GM
Nel 2001 ben 8000 unità di questi due modelli sono
state vendute con la pedana opzionale. Il nuovo
materiale pesa il 20% in meno, ha una rigidezza simile
al PP, ha un costo equivalente, è più riciclabile in
quanto contiene meno additivi e non richiede nuove
lavorazioni agli utensili. La stessa GM ed altre
compagnie hanno già prodotto prototipi per gli alloggi
posteriori e i pannelli esterni delle portiere.
Nanocompositi del policarbonato sono stati presi in
considerazione come ricoprimento esterno necessario
per ottenere resistenza all’abrasione e agli agenti
atmosferici, senza ridurre la brillantezza della
carrozzeria. Altra applicazione riguarda il sistema di
alimentazione del combustibile, sfruttando le
proprietà di barriera di questi nuovi materiali.
A detta degli stessi produttori, l’uso dei
nanocompositi avrà un notevole effetto sulla
fabbricazione di automobili per i prossimi venti anni.
Nel settore dell’industria automobilistica ci sono
inoltre notevoli potenzialità di applicazione dei
nanocompositi in diverse parti dell’auto. Uno studio
della GM riportato nella seguente figura, mostra come
le nanotecnologie troveranno in tempi più o meno
brevi applicazioni in diverse parti soprattutto in
automobili di alta fascia di prezzo.
Body Panels:
Reduced weight and
cost, better thermal
performance
Hybrid Power
System: Lithium Ion
Battery, Fuel Cell
Motor Mounts:
Reduced vibration
Paint and Finish:
Improved
paintability, lower
application cost
Hoses and belts:
lower maintenance
Seals: lower cost,
reduced noise
Tires: Improved
durability, traction, fuel
efficiency and cost
Figura 15: Potenzialità di applicazioni delle
nanotecnologie nel settore automobilistico per veicoli
di alta fascia di prezzo
Nell’industria farmaceutica
Oltre all’aumento delle proprietà di barriera, la
tecnologia dei nano compositi migliora la capacità di
assorbire i raggi UV e la radiazione infrarossa,
caratteristiche
che
rendono
questi
materiali
particolarmente adatti per l’imballaggio in blister. I
nanocompositi,
in
questo
modo,
possono
potenzialmente prolungare la durata a magazzino del
prodotto.
Una seconda applicazione particolarmente importante
nel settore farmaceutico è quella in cui materiali nanostrutturati vengono utilizzati per garantire un rilascio
controllato dei farmaci nell’organismo. Da un punto di
vista teorico il dosaggio di un farmaco nell’organismo
dovrebbe essere il più possibile costante nel tempo;
mentre con i farmaci tradizionali si ha un picco e
quindi un sovradosaggio nel momento subito
seguente l’assunzione del farmaco, seguito da una
continua diminuzione di dosaggio nel tempo (che
porta anche a un periodo di sottodosaggio). Con
l’utilizzo di materiali nano strutturai diversi ricercatori
hanno dimostrato di poter ottenere un rilascio
graduale del farmaco nell’organismo che garantisce un
livello di dosaggio meno variabile nel tempo
aumentando l’efficacia del farmaco insieme a una
diminuzione degli effetti sull’organismo.
Nei dispositivi di ingegneria medica e biomedicali
Dispositivi altamente ingegneristici permettono ai
medici di eseguire procedure non invasive che erano
precedentemente possibili soltanto attraverso la
chirurgia. Per i progettisti di tali dispositivi la sfida
tecnologica consiste nel ridurre il formato
dell’apparecchiatura e migliorare la sensibilità nella
manovrabilità. Si sta riconoscendo adesso come lo
sviluppo sul materiale possa fornire significativi
miglioramenti e aumentare le prestazioni. I polimeri
sono i materiali chiave nello sviluppo dei dispositivi
medici, ma la scelta dei materiali si allarga attraverso
l’uso dei compositi dei polimeri.
I prodotti medici candidati ad essere prodotti con
materiali nano compositi sono asticciole, palloncini,
cateteri e componenti di dispositivi simili.
Per quanto riguarda il settore biomedicale, l’utilizzo
dei nanocompositi contenenti argento potrebbe
portare ad una maggiore sicurezza per quanto
concerne la sterilizzazione di apparati realizzati in
materiale polimerico che potrebbero essere veicoli di
infezioni o addirittura usati per debellarne l’eventuale
insorgere. La ricerca medica, per quanto riguarda le
infezioni, ha fortemente aumentando l’attenzione nei
confronti delle infezioni nosocomiali ed in particolare
di quelle riguardanti le vie urinarie. Il tratto urinario è
proprio la zona a più alto rischio di infezione e le
infezioni associate ai cateteri sono il risultato di una
colonizzazione batterica che si può osservare sia sulla
superficie interna che esterna del catetere stesso.
Figura 16: Esempi di applicazione di nanocompositi
nel settore biomedicale.
La popolazione ospedalizzata acquisisce infatti
infezioni alle vie urinarie in circa l’80% dei casi a
seguito di cateterizzazione, e in circa il 4% a seguito di
manovre strumentali di catetere urologico. È stata
sviluppata allora dall’università di Erlangen, una
nuova tecnologia dove l’intero catetere viene
impregnato con nanoparticelle d’argento. Questa
tecnologia prevede la distribuzione di nanoparticelle
(3-8 nm) con una percentuale di 0.8-1.5 % in peso in
una matrice polimerica (poliuretano e silicone). Le
particelle sono distribuite uniformemente nel
materiale plastico e tendono a migrare lentamente in
superficie dove formano uno strato antibatterico
dentro e fuori il catetere. Questa tecnica è stata testata
con gran successo su più di cinquecento pazienti.
Nei dispositivi elettronici
Le nanonotecnologie nell’elettronica stanno giocando
un ruolo fondamentale per lo sviluppo di questo
settore. In particolare lo sviluppo dell’elettronica sta
nella miniaturizzazione degli elementi quali
transistors, diodi ecc. realizzati su supporti
semiconduttivi.
La tecnica utilizzata per la produzione di questi
componenti prevede la realizzazione di maschere per
disegnare sul semiconduttore le parti dei componenti
stessi. Attualmente la tecnologia permette tramite la
litografia di ottenere processori commerciali con
transistor larghi circa 100 nm. Le nanotecnologie
potranno ridurre in breve tempo queste dimensioni
con l’obbiettivo di arrivare fino alla larghezza di alcuni
atomi. Le applicazioni in oggetti commerciali sono
notevoli, basti pensare ai calcolatori sempre più piccoli
e sempre più potenti, alle unità di memoria portatili
come le schede di memoria per macchine fotografiche,
videocamere, lettori MP3, telefoni cellulari, ecc.,
sistemi di controllo elettronici come centraline
elettriche ecc.
La miniaturizzazione sempre più spinta permetterà di
realizzare sensori e nano robot che potranno essere
usati per esempio in applicazioni di diverso tipo come
controlli ambientali o in applicazioni mediche sia per
monitorare che per aggredire malattie.
Un esempio di sensore è quello realizzato con
nanotubi impiegati per determinare la presenza di gas
inquinanti, come ammoniaca e biossido di azoto
disciolti in liquidi organici e inorganici. Entrambi i gas
sono coinvolti sia nelle piogge acide sia nell'effetto
serra, e dovrebbero essere tenuti sotto osservazione.
Ma le attuali tecniche di misura sono costose e
complicate. Un gruppo di ricercatori dell'università di
Stanford, guidato da Hongjie Dai, propone di risolvere
questi problemi con i maneggevolissimi e compatti
nanotubi. Il principio è semplice e si basa sul
nanotransistor sviluppato da Cees Dekker. Basta
misurare la corrente tra due elettrodi: in presenza di
ammoniaca la corrente diminuisce, mentre in presenza
di azoto aumenta. Il problema principale, per ora, è
che occorrono 12 ore prima che il nanosensore si possa
riutilizzare. Hongjie comunque è convinto che si possa
estendere la tecnica alle misure di ossido di azoto, e
anche di proteine e DNA.
Nel settore edilizio
Il settore edilizio, data la grande dimensione del
mercato, risulta essere particolarmente strategico.
Attualmente
l'applicazione
maggiormente
implementata è quella dell'utilizzo di ossido di titanio
nanometrico miscelato vernici o solventi per il
trattamento delle superfici degli edifici per rendere
quest'ultime autopulenti. Per capire l'importanza di
questa applicazione basta pensare all'effetto dello
smog e dell'inquinamanto sulle superfici degli edifici;
l’utilizzo
di
queste
vernici
può
abbattere
drasticamente questo problema per l'effetto della
fotocatilisi dell'ossido in presenza della luce solare.
Inoltre tali trattamenti possono essere realizzati anche
per interni come per esempio uffici, palestre,
abitazioni ecc. in quanto oltre all'effetto pulente
l'ossido di titanio esercita un'azione antibatterica
eliminando i cattivi odori che si potrebbero avere in
questi ambienti. Un importante esempio dell’utilizzo
di trattamenti autopulenti nell’edilizia è rappresentato
dal rivestimento delle piastrelle delle vele del teatro
Opera House di Sydney.
Figura 17: Teatro Opera House di Sydney.
Uno dei principali effetti dell’introduzione di
nanoparticelle come silicati, POSS, fullereni, ecc. nelle
matrici polimeriche è quello di migliorarne la
resistenza alla fiamma. In molte tipologie di
costruzioni civili, le normative richiedono l’utilizzo di
materiali con un determinato grado di resistenza alla
fiamma; le plastiche non additivate di solito non
possiedono questo livello di di proprietà. I
nanocompositi invece possono essere impiegati nel
settore delle costruzioni poiché il loro livello di
resistenza alla fiamma risulta superiore a quello delle
plastiche pure.
Nei prodotti per lo sport
Molti articoli sportivi high-tech vedono l’impiego di
nanocompositi. In particolare la HEAD ha in catalogo
un modello di racchetta da tennis prodotta
affiancando nanocompositi rinforzati con nano tubi ai
tradizionali compositi in fibra di carbonio. In
particolare con questa tecnologia sono stati prodotti gli
stabilizzatori laterali della racchetta, ottenendo un
effetto molto significativo in termini di incremento
della rigidità.
La WILSON sta producendo una tipologia di palline
da tennis definite Double Core in cui si utilizza uno
strato interno in nanocomposito che migliora
notevolmente la durata delle palline. L’effetto barriera
del nanocomposito, infatti, ritarda notevolmente la
perdita di performance dovuta alla fuoriuscita di aria,
portandole ad una durata di circa 4 settimane.
In altri articoli sportivi come mazze da golf, palline da
golf, palle da bowling, ecc. si possono trovare
applicazioni di nanocompositi.
Nel tessile
Il settore del tessile è uno dei più attivi nella ricerca
delle applicazioni delle nanotecnologie. In particolare
si cerca di funzionalizzare i tessuti con l’utilizzo delle
nanocariche descritte nei precedenti paragrafi con le
loro caratteristiche intrinseche e in alcuni casi di
rinforzare i materiali con cui vengono realizzati i
tessuti.
Per arrivare a ciò si sono intraprese due strade
maestre, la prima è quella dei trattamenti superficiali
sia delle singole fibre che dei tessuti finiti come il
trattamento al plasma, spray coating o la deposizione
elettrostatica. Tali tecniche garantiscono una
deposizione delle nanocariche superficialmente ai
tessuti conferendo al prodotto finale proprietà antiinfeltrenti, idrorepellenti, antistatiche, antimacchia e
antipiega, antibatteriche e metallizzati a seconda delle
nanocariche che si intende depositare, dando cosi alle
fibre migliori caratteristiche estetiche senza alterarne
la sensazione al tatto.
I trattamenti elencati possono essere applicati a fibre
polimeriche in quanto la temperatura di lavorazione
non altera le caratteristiche del materiale.
Altra strada è quella dell’implementazione delle
nanocariche direttamente nel polimero dando origine
cosi a delle fibre in nanocomposito. Tale processo
avviene chiaramente prima della realizzazione delle
fibre, le quali vengono ottenute direttamente con le
nanocariche disperse nella matrice polimerica. Questo
processo oltre a conferire funzionalità alle fibre può
portare a delle migliorate caratteristiche meccaniche
aumentando le prestazioni del tessuto finale.
Riportiamo a titolo di esempio alcune applicazioni di
tessuti
realizzati
grazzie
all’apporto
delle
nanotecnologie:
Indumenti per lo sci quali giacche e pantaloni sono
stati realizzati utilizzando fibre dell’americana nanotex (www.nano-tex.com) che rendono gli indumenti
idrorepellenti, traspiranti, antimacchia, antipiega e con
migliorate caratteristiche meccaniche che ne hanno
aumentato l’efficienza e la durata.
La giapponese Kanedoo e la svizzera Schoeller stanno
sviluppando fibre e tessuti con proprietà simili a
quelle prodotte dalla Nano-Tex
La Ciba Specialty Chemicals ha sviluppato fibre
nanomodificate capaci di prevenire al crescita batterica
e di prevenire gli odori.
Il professor John Xin e Walid Daoud dell’istituto
Tessile del politecnico di Hong Kong sono stati tra i
primi ad ottenere tessuti autopulenti sfruttando
trattamenti che riescono a depositare le nanoparticelle
di ossido di titanio sui tessuti.
L’università del Texsas a Dallas ed il Trinty college di
Dublino hanno realizzato fibre con nanotubi di
carbonio che oltre a presentare elevatissime
caratteristiche meccaniche hanno proprietà funzionale
come quella di accumulare energia elettrica.
Si stanno sviluppando diversi progetti Europei
indicati con i nomi di WEALTHY, MYHEART,
BIOTEX ecc. che vedono l’integrazione di sensori
all’interno di tessuti o realizzati da essi con lo scopo di
monitorare le funzioni corporee o aumentare il
confort.
L’Istitute of Soldier Nanotechnology del MIT sta
sviluppando fibre nanomodificate per la realizzazione
di abbigliamento militare.
Nei cosmetici
L’industria cosmetica sta diventando un importante
utilizzatore di nanotecnologia. In molte creme il
principio attivo è “contenuto” in una nano-particella,
in questo modo si riesce a garantire una penetrazione
a maggiore profondità del principio attivo
migliorando la funzionalità del prodotto.
Nel caso di schermi solari, l’utilizzo di nanoparticelle
come ossido di zinco, consente di incrementare
l’effetto schermante verso i raggi UV e migliorare la
resistenza all’acqua del prodotto.
È importante sottolineare che le nanoparticelle che si
possono utilizzare nella cosmetica sono molto ristrette
a causa della possibile pericolosità che alcune tipologie
di nanofiller hanno se a diretto contatto con
l’organismo.
Nei rivestimenti
Uno dei settori estremamente rilevanti per le
applicazioni di nanocompositi e polimeri nano
strutturati è quello dei rivestimenti superficiali. La
cura per le proprietà superficiali di un materiale e di
un prodotto è in continua crescita per diverse ragioni.
In alcuni casi si preferisce avere dei materiali con
particolari proprietà superficiali senza dover curare
troppo le proprietà dell’intero materiale poiché è solo
la superficie che deve assolvere ad un determinato
compito. Esempi importanti di questi casi risiedono in
prodotti per applicazioni estetiche, prodotti con
superfici resistenti all’abrasione, corrosione, prodotto
con elevato proprietà di idrofobia/idrofilia, prodotti
con proprietà ottiche (antiriflesso, antiscratch, ecc.). In
tutti questi casi sono le superfici che garantiscono il
raggiungimento dei requisiti richiesti e non l’intero
volume di materiale utilizzato.
L’incremento delle proprietà superficiali si ottiene
molto spesso ricoprendo il materiale con uno strato
(coating) di un materiale diverso che però possiede le
proprietà richieste. La ricerca ha dimostrato che la
nano strutturazione di questi coating e l’utilizzo di
nanoparticelle
in
aggiunta
ai
materiali
tradizionalmente utilizzati per la produzione di questi
rivestimenti offre la possibilità di incrementare le
caratteristiche funzionali del coating stesso.
Coating nano-strutturati sono attualmente utilizzati
nella produzione di celle solari organiche; in questa
applicazione si richiede una elevatissima proprietà
barriera nei confronti di ossigeno e umidità al fine di
prolungare la vita utile di questi dispositivi. Analoghe
proprietà sono richieste nella produzione di microbatterie o di micro celle a combustibile, ossia di quei
dispositivi che puntano alla miniaturizzazione dei
sistemi di alimentazione per dispositivi elettronici
portatili come ad esempio telefonini, PC, ecc.
L’utilizzo di coating nano-strutturati può aumentare
notevolmente la resistenza all’abrasione o all’erosione
per agenti atmosferici, in particolare in queste
tipologie di coating sono utilizzate anche
nanoparticelle come allumina o fullereni in quanto
grazie
alla
loro
durezza
contribuiscono
significativamente ad incrementare la resistenza
all’erosione e all’abrasione.
Coating con una porosità nano-strutturata vengono
utilizzati in applicazioni in cui si richiedono
elevatissime
proprietà
idrofobiche
(superfici
autopulenti, superfici con elevate caratteristiche di
scorrevolezza dei fluidi, ecc).
Molti dispositivi quali strumenti di bordo negli
autoveicoli, display, ecc sono ricoperti con strati di
plastiche trasparenti al fine di proteggerli dell’esterno.
Negli ultimi anni, queste plastico sono ricoperte con
un coating con proprietà antigraffio e antiriflesso che
migliorano la durata e la visibilità del dispositivo.
L’utilizzo di nanoparticelle di ossido di silicio e ossido
di titanio migliora in modo significativo le proprietà
del coating.
Molte applicazioni dei coating sono per ragioni
estetiche. L’utilizzo di ossidi metallici nano strutturati
nel coating consente di ottenere delle rese cromatiche
unite a caratteristiche importanti quali la durabilità del
rivestimento.
Altre significative applicazioni di coating nanostrutturati sono riportate in altri settori in cui il coating
è utilizzato specificamente in prodotti ai diversi
settori.
Nel settore dell'energia
Le nanotecnologie sono utilizzati in diverse
applicazioni legate all’energia. È importante
distinguere tra le applicazioni legate alla produzione
dell’energia,
le
applicazioni
legate
all’immagazzinamento dell’energia e le applicazioni
legate al risparmio energetico.
Una importante applicazione delle nanotecnologie
nella produzione dell’energia si trova nelle celle
fotovoltaiche. Un settore molto importante delle celle
fotovoltaiche è quello basato su materiali organici e
substrati flessibili. In queste applicazioni l’utilizzo di
nanoparticelle come fullereni e nano tubi contribuisce
a superare uno dei maggiori fattori limitanti di questa
applicazione e cioè la resa della cella. Inoltre, come
accennato in precedenza, l’utilizzo di rivestimenti
nano strutturati ad elevate proprietà barriera
contribuisca ad allungare al vita del prodotto.
Un altro settore di applicazione delle nanotecnologie è
quello della produzione di micro-batterie. Anche in
questo caso l’impiego delle nanotecnologie è duplice;
infatti, si usano sia nei rivestimenti di tali dispositivi
che nei materiali attivi. In entrambi i casi, la finalità è
quella di accrescere la capacità di immagazzinamento
di questi dispositivi in modo da renderli utilizzabili
per l’alimentazione di dispositivi portatili come.
Le celle a combustibile sono un sistema di produzione
dell’energia che sfrutta l’idrogeno come risorsa
principale.
Figura 18: Illustrazione di una cella a combustibile
L’utilizzo di nano tubi di carbonio e nano tubi
metallici altamente porosi consente di poter
immagazzinare
l’idrogeno
necessario
al
funzionamento della cella a combustibile. È di
fondamentale importanza considerare che il prodotto
di reazione della cella a combustibile è acqua, quindi
questo sistema di produzione alternativo alle
tradizionali batterie ha anche il vantaggio di un basso
impatto ambientale.
Le nanotecnologie trovano applicazione anche nella
produzione di dispositivi per l’illuminazione a basso
consumo di energia e basso ingombro. In particolare la
produzione di led e led organici (o-led) vede una larga
applicazione di nanotecnologie.
Figura 19: Immagine tipica di led con diverse
colorazioni
La OSRAM sta producendo dei led basati su nano
cristalli a bassissimo consumo di energia. I LED (diodi
emettitori di luce) realizzati con strati nanometrici ad
alta efficienza che convertono l’elettricità in luce,
possono ormai produrre anche luce bianca e dunque
sostituire
la
tecnologia
tradizionale.
Questa
sostituzione comporterebbe notevoli risparmi, in
quanto i LED richiedono solo il 50% dell energia
elettrica consumata da una lampadina normale per
dare la stessa quantità di luce.
Nel settore dell'aerospazio
I nanocompositi sono attualmente utilizzati in diverse
applicazioni del campo dell’aerospazio. Uno dei
principali fattori che determinano manutenzione della
struttura degli aerei è legato all’erosione causata da
agenti
atmosferici.
L’impiego
di
vernici
nanocomposite consente di migliorare la prestazione
in termini di resistenza all’abrasione contribuendo in
modo significativo ad una riduzione degli spessori di
vernice da applicare (e quindi riduzione del peso) e ad
allungare i tempi di manutenzione del velivolo.
SVILUPPI
FUTURI
NANOCOMPOSITI
NEL
SETTORE
DEI
Il settore dei nanocompositi è un campo in cui il grado
di innovazione e le potenzialità di sviluppo sono
straordinariamente elevati. Le prime applicazioni
industriali già in commercio o molto prossime a
esserlo sono basate sull’utilizzo di due matrici
polimeriche: nylon e polipropilene.
Nel settore automobilistico, i nanocompositi a base di
nylon e montmorillonite hanno trovato spazio nella
sostituzione di quelli tradizionali a base nylon/fibra di
vetro o polipropilene/fibra di vetro per la produzione
dei coperchi della cinghia di trasmissione nei motori
delle automobili.
Le principali proprietà migliorate sono: elevato
modulo elastico e a flessione, buona resistenza all’urto,
temperatura di deformazione aumentata da 65 °C per
la matrice a più di 150 °C per il nanocomposito. I nano
compositi a base di polipropilene e argilla sono
utilizzati per la costruzione di alcuni componenti della
carrozzeria (per esempio predellino, tappi carburante),
sostituendo il composito tradizionale che utilizza talco
come filler. Il nano composito permette un risparmio
di peso maggiore del 10%, è più rigido, più duttile a
basse temperature e di miglior aspetto.
Queste prime applicazioni dei nanocompositi
nell’industria automobilistica costituiscono un primo e
incoraggiante passo verso un loro utilizzo sempre più
esteso, favorito anche dalla loro maggiore riciclabilità.
Un secondo settore di potenziale futuro sviluppo è
quello dal packaging alimentare (per esempio
contenitori di liquidi e buste in cui completare la
cottura di cibi precotti), sfruttando le proprietà di
barriera dei nanocompositi verso l’ossigeno e l’acqua. I
primi nanocompositi esfoliati a base di nylon-6 sono
commercializzati da Bayer sotto forma di film per
imballaggio alimentare e offrono barriera all’ossigeno,
trasparenza, lucentezza e modulo elastico migliorati
rispetto ai film tradizionali.
Si prevede che, per il 2005, la domanda di nano
compositi termoplastici sarà pari a circa 30.000
tonnellate, contro le 1.000 tonnellate registrate nel
2000. La maggior crescita è prevista in America del
Nord, Giappone ed Europa Occidentale.
IL MERCATO E LA SITUAZIONE ATTUALE
Il settore dei nanocompositi è attualmente in una fase
embrionale di sviluppo. Sebbene questi materiali siano
oggetto di ricerca da circa due decenni e siano stati
sviluppati commercialmente per primi dalla Toyota
alla fine degli anni ottanta, solo adesso i produttori di
polimeri stanno muovendo i primi seri passi verso lo
sviluppo di questa tecnologia per fini commerciali.
Il nylon-6 è stato il primo polimero ad essere
impiegato nella preparazione di nanocompositi più di
dieci anni fa in Giappone, oggi le attività di sviluppo
sono sparse in tutte le regioni del mondo e i
programmi attivi si sono concentrati sulla
realizzazione di nano compositi basati su PP, PET,
PVC, acrilici, ETP e su una gamma di elastomeri così
come sui termoindurenti tradizionali.
Già nel 2000 più di 70 tra aziende, enti governativi e
istituzioni accademiche hanno condotto attività di
ricerca e sviluppo sui nanocompositi. Tuttavia, sono
molto pochi i soggetti che hanno avviato un’attività
commerciale: il mercato è ser vito da diversi fornitori
di nanofiller ma sono soltanto una manciata le
compagnie
che
attualmente
offrono
volumi
commerciali di nanocompositi.
Attualmente la produzione di nano compositi - circa
1400 tonnellate - è rappresentata per il 70% da nano
compositi del nylon (per applicazioni nel settore
automobilistico e quello degli imballaggi) e per il
restante 30% da una lega di nylon/PPO rinforzata con
nano tubi (per alcune parti della carrozzeria
dell’automobile).
Le proiezioni di mercato mostrano che la domanda
aumenterà tra il 2004 e il 2009. Il mercato raggiungerà
quasi le 600 mila tonnellate nel 2009, di queste l’80%
saranno compositi rinforzati da nanoargille e il 20% da
nanotubi di carbonio.
I due settori che al momento rappresentano il mercato
dei nanocompositi, ovvero quello automobilistico e
l’imballaggio per alimenti, nei prossimi dieci anni
continueranno ad essere gli sbocchi sbocchi primari
ma saranno affiancati da altri mercati, compreso
l’imballaggio di merce non commestibile e una gamma
di atri mercati di beni durevoli.
L’interesse profondo - ma incerto – sui nanocompositi
è presente tra i fornitori di polimeri e compositi, tra i
produttori di nanotubi e argille modificate, tra le
università e tra i programmi di ricerca finanziati
pubblicamente e privatamente. I concetti di base
presentati oltre dieci anni fa con il nylon sono
potenzialmente applicabili ad altri sistemi polimerici.
Questo fatto ha spinto i produttori di ogni segmento
dell’industria dei polimeri, dalla gomma ai
termoplastici e alle resine, a considerare in che modo
la tecnologia dei nano compositi può essere applicata
al proprio sistema polimerico già presente. I risultati
della ricerca sembrano mostrare che non tutti i
polimeri sono ugualmente adatti per la realizzazione
di nanocompositi.
La corsa fra i produttori di polimeri nel caratterizzare,
raffinare e commercializzare i nanocompositi è spinta
dal vantaggio di arrivare per primi sul mercato, ma il
“know-how” è il fattore chiave per il successo dei
nanocompositi e i produttori si stanno muovendo in
questa direzione, utilizzando sforzi propri ma
contando anche sull’esperienza di alcuni fornitori di
nanofiller.
CONCLUSIONI
La nanotecnologia penetra all'interno degli oggetti,
delle macchine, persino dei corpi. La nuova frontiera,
quella del “nanocosmo”, si è spinta oltre la barriera del
visibile, sfidando i limiti atomici della materia. I
“nanoprodotti” sono già tra noi: li incontriamo, ad
esempio, quando compriamo una nuova crema solare
trasparente e non più opaca, oppure quando ritiriamo
una nuova automobile dalla verniciatura perfetta,
appassionano ormai i più importanti studiosi di
biologia, fisica e chimica, attualmente impegnati nell'
esplorazione e nella manipolazione del nanocosmo.
Sappiamo che l’uomo si pone sempre obiettivi più
avanzati e che, quindi, cerca di aumentare la
profondità della ricerca ed allargare i campi di
intervento. In questo periodo in cui i tempi degli
esperimenti e delle simulazioni si sono accorciati in
modo preponderante, ci aspettiamo che queste
ricerche, riescano a dare, in tempi brevi, delle risposte
a quei temi che stanno oberando l’uomo ed il pianeta
in cui vive come quelli dell’inquinamento.
Auspichiamo che questo avvenga con il rispetto e la
sinergia di tutte le entità in campo.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Michael Alexandre, Philippe Dubois, Materials Science
and Engineering 28, (2000).
S. S.Ray, M.Okamoto, Progress in Polymer Science, 28,
Elsevier (2003).
P.C. Le Baron, Z.Wang, T.J.Pinnavaia, Applied Clay
Science, 15, Elsevier (1999).
J. W. Gilman, C. L. Jackson, A. B. Morgan, R. Harris Jr,
E. Manias, E. P. Giannelis, M. Wuthenow, D. Hilton, S.
H. Phillips, Chem Mater 12 (2002).
H. S. Nalwa, Academic Press A Harcourt Science and
Technology Company, San Diego, (2002).
R.A. Vaia, R.K. Teukolsky, E.P. Giannelis, Chem.
Mater. 6 (1994).
P. Pontrandolfo, Progettare 272(2003).
S.D. Burnside, E.P. Giannelis, Chem. Mater. 7 (1995).
J.W. Gilman, Appl. Clay Sci. 15 (1999).
C.Edser, Plastics Additives & Compounding, Bins &
Associates (2002).
S. W. Brindly, G.Brown, Mineralogical Society,
London (1980).
B. K. G. Theng, Wiley, New York (1974).
J. Murphy, Plastics Additives & Compounding. (2000).
Sam Brauer, Ph.D. Business Comunication Company
(BCC), RP-234. Additives for Polymers, May 2004.
Jennifer
Markarian,
Plastics
Additives
&
Compounding, November/December 2005.
PERP
Report
00/01S11,
ÒTermoplastic
NanocompositesÓ, Chem. Systems, September 2001
http://www.nanocor.com
http://www.nanoclay.com
Plastics Additives & Compounding, January 2002, 30
Dagani, Science/Technology, vol. 77, n. 23 (1999), 25
G. Lagaly, Applied Clay Science, 15 (1999), 1
http://www.psrc.usm.edu
http://www.azom.com
http://www.materialstoday.com
http://www.nanotoday.com
Scarica

Dossier - Umbria Innovazione