Avis Regionale Lombardia “ Il contributo essenziale del donatore di sangue e di emocomponenti al perseguimento degli obbiettivi strategici della medicina trsfusionale: Qualità , Sicurezza e Autosufficienza” Le principali complicanze della trasfusione Dott. Luca Aldegheri Direttore Sanitario Regionale AVIS Lazio Milano 17-18 Dicembre 2010 RISCHI DELLA TERAPIA TRASFUSIONALE Possono essere fondamentalmente di tre tipi: • Rischio infettivo; • Rischio immunologico e nonimmunologico; • Rischio da errore trasfusionale. RISCHIO INFETTIVO La possibilità di contrarre un’infezione dopo trasfusione, nonostante gli sforzi ed i progressi compiuti negli ultimi anni è sempre presente. Le condizioni che si devono creare affinchè un virus contamini una trasfusione di sangue sono: il virus deve essere ampiamente diffuso; il virus deve essere capace di indurre una viremia persistente; deve essere stabile alle basse temperature di stoccaggio dei diversi emocomponenti per periodi prolungati; il donatore deve essere nel “periodo finestra”. RISCHIO INFETTIVO STIME DI RISCHIO HIV1 un caso per 600.000/unità (in Europa un caso per 2.300.000 / unità) periodo finestra 22-56 giorni : grazie alle tecniche di amplificazione genica (HIV PCR) si può ridurre a 11 giorni. HBV un caso per 398.000 / unità in Europa periodo finestra 37-87 giorni. La vaccinazione anti-epatite B può ridurre ulteriormente questo rischio, specie se effettuata ad i politrasfusi. RISCHIO TRASFUSIONALE • HCV • • un caso per 620.000 / unità in Europa periodo finestra 54-192 giorni : con i tests di amplificazione genica (HCV PCR) si può ridurlo a 1 o 2 settimane dall’infezione. CMV EBV RISCHIO IMMUNOLOGICO E NON IMMUNOLOGICO REAZIONI EMOLITICHE ACUTE • • Sono causate dalla distruzione immune degli eritrociti trasfusi. A secondo del momento della comparsa possono esser suddivise in: Acute si manifestano in corso di trasfusione o poco dopo (entro 24 ore) e possono mettere in pericolo la vita del paziente. Ritardate si manifestano a distanza di giorni o settimane dall’evento trasfusionale; raramente sono gravi. REAZIONI TRASFUSIONALI EMOLITICHE ACUTE (RTEA) • • • Si verificano quando si trasfondono degli eritrociti incompatibili ad un ricevente che ha Ab preformati: Incompatibilità ABO : la reazione emolitica è immediata. Gli Ab anti-A e anti-B che fissano il complemento sono in grado di attivare la componente C5-9 (complesso di attacco alla membrana), che, legato alla membrana eritrocitaria, la lisa dando luogo ad una grave emolisi intra-vascolare. Incompatibilità Rh Incompatibilità Kell, Lewis, Duffy, Lutheran, MNSs. RTEA MANIFESTAZIONI CLINICHE • Cefalea, vampate di calore al volto, senso di agitazione • Violento dolore in sede lombare o retrosternale od ancora epigastrico • Brivido frequentemente seguito da collasso o shock • Ipotensione e broncospasmo, ischemia renale con necrosi tubulare e conseguente insufficienza renale acuta, che se non trattata precocemente e correttamente può evolvere in insufficienza renale cronica. La gravità della RTEA è strettamente correlata alla quantità di sangue incompatibile trasfuso ed alla velocità di infusione (nei primi 10-15’ il paziente và seguito a vista con bassa velocità di perfusione). RTEA TERAPIA E’ una terapia di emergenza e deve seguire una precisa procedura operativa standard. Se si presenta una RTEA: 1interrompere immediatamente la trasfusione; 2mantenere pervia la via endovenosa, somministrando soluzione fisiologica o colloidi; 3se necessario sostenere la PA, il polso, la respirazione; 4somministrare diuretici e/o liquidi; 5raccogliere campioni di sangue ed urina per le indagini opportune; RTEA TERAPIA 6- Inviare al Servizio Trasfusionale l’unità parzialmente trasfusa con il set da infusione ancora in situ e campioni di sangue del paziente prelevati dopo la trasfusione ( una provetta in EDTA ed una a siero). Se si conferma una reazione emolitica intravascolare: 7monitorare la funzionalità renale; 8monitorare l’assetto coagulativo (PT, PTT, Fibrinogeno); 9monitorare i tests specifici di emolisi (LDH, bilirubina, aptoglobina). RTEA PROTOCOLLO DI INDAGINI PER IL SERVIZIO TRASFUSIONALE • Verificare l’emocomponente sia stato trasfuso al • • • • • • • Pz cui era stato assegnato; ispezionare attentamente la sacca per evidenziare eventuali danni; valutare la presenza di Hb nel plasma; allestire il Test di Coombs Diretto e l’Indiretto; ripetere le prove di compatibilità; ripetere: gruppo ABO, Rh, Kell sul Pz e sull’unità trasfusa; valutare la presenza di Hb nelle urine; allestire esami colturali. REAZIONI TRASFUSIONALI FEBBRILI NON EMOLITICHE (FNHTR) Rappresentano la complicanza immediata di tipo immunologico più frequente. Sono di solito dovute ad Ab diretti contro AG leucocitari o piastrinici. Un ruolo fondamentale nella loro insorgenza è stato recentemente attribuito alle citochine, in particolare interleuchine IL-1ß, IL-6, IL-8 e del TNF che vengono sintetizzate e liberate dai leucociti (linfociti, NK, monociti, granulociti) durante la conservazione degli emocomponenti. Esse hanno principalmente azione infiammatoria e pirogena. FNHTR MANIFESTAZIONI CLINICHE • • Possono comparire nel corso della trasfusione, al termine o dopo qualche tempo (minuti o ore) dalla stessa. Si possono manifestare con: Incremento di 1°C almeno della temperatura corporea accompagnato a brividi; Nausea, malessere generale, tachicardia, ipotensione, rash cutanei, artralgie o dolori lombari. FNHTR TERAPIA • Terapia antipiretica con ASA o FANS; • identico protocollo di indagini che si adotta nella RTEA, per escluderla. Le reazioni febbrili mettono raramente in pericolo la vita dei Pz, ma possono spaventarli notevolmete. FNHTR MISURE DI PREVENZIONE L’utilizzo di emazie private di buffy-coat tramite l’uso di filtri per deleucocitare può rendere meno frequente la comparsa di queste reazioni, soprattutto nei Pz politrasfusi. Le quantità maggiori di citochine sono usualmente presenti nei concentrati piastrinici conservati a 22°C per 5 giorni, mentre per i concentrati eritrocitari la conservazione a 4°C tende a ridurre il metabolismo cellulare e, quindi, la conseguente produzione di citochine. REAZIONI ALLERGICHE • • Sono causate da Ab diretti contro proteine plasmatiche. I segni clinici possono variare da: manifestazioni cutanee localizzate (orticaria, pomfi e prurito); a reazioni anafilattiche sistemiche con broncospasmo. La maggior parte delle reazioni è di lieve entità e risponde alla somministrazione di antistaminici per os o i.m. REAZIONI ALLERGICHE Con reazioni lievi e localizzate la trasfusione può essere portata a termine previo trattamento terapeutico idoneo (tali reazioni non sono dosedipendenti). Per prevenire è utile trasfondere emazie lavate, il cui procedimento prevede l’allontanamento del plasma residuo ancora presente nel concentrato eritrocitario. SOVRACCARICO CIRCOLATORIO • • • • • L’Ipervolemia si presenta quando si somministra un’eccessiva quantità di sangue oppure nel caso la trasfusione si effettui troppo velocemente. I segni ed i sintomi sono: mal di testa, difficoltà respiratoria, insufficienza cardiaca di tipo congestizio, incremento della PA cianosi. SOVRACCARICO CIRCOLATORIO . I sintomi migliorano se si sospende la trasfusione e se al Pz, posto in posizione seduta, vengono somministrati ossigeno e diuretici per rimuovere l’eccesso di liquidi. Per evitare l’ipervolemia, gli emocomponenti non devono essere trasfusi ad una velocità superiore a 2- 4 ml/Kg/ora (specie se Pz con I.Cardiaca o Respiratoria). INSUFFICIENZA POLMONARE ACUTA TRASFUSIONALE (TRALI) Rara ma grave sindrome respiratoria che interviene entro poco tempo dal termine di una trasfusione (2-4 ore dopo, mai oltre le 6 ore). Caratterizzata da dispnea, ipossia, ipotensione arteriosa, edema polmonare bilaterale non cardiogeno e febbre. E’ dovuta alla somministrazione passiva di Ab antiHLA ad alto titolo o di Ab-antileucocitari diretti contro i leucociti del ricevente che, una volta attivati, migrano nel microcircolo polmonare con conseguente ostruzione dei capillari. L’aumento della permeabilità vasale porta ad edema polmonare. INSUFFICIENZA POLMONARE ACUTA TRASFUSIONALE (TRALI) Nel caso si sospetti una TRALI si deve immediatamente interrompere la trasfusione e mettere in atto un adeguato trattamento terapeutico: somministrazione di corticosteroidi ed epinefrina può essere utile, mentre l’impiego dei diuretici viene giudicato pericoloso in quanto possono aggravare lo stato di disidratazione. L’assistenza ventilatoria (ossigenoterapia) e l’infusione di liquidi sembrano rappresentare la terapia di elezione. CONTAMINAZIONE BATTERICA • • Mette seriamente a rischio la vita del ricevente. I batteri possono entrare nella sacca di sangue: per una non corretta disinfezione della cute del donatore, nella sede della venopuntura, al momento del prelievo. Durante la preparazione e la manipolazione degli emocomponenti. Alcuni batteri crescono meglio a temperatura ambiente (20°C), mentre altri crescono a temperature inferiori (1-6°C). CONTAMINAZIONE BATTERICA Sono state riportate reazioni fatali dovute alla crescita di Yersinia Enterocolica in unità di concentrati eritrocitari ed altre causate da ceppi di Stafilococco in concentrati piastrinici conservati a temperatura ambiente. Il Pz, una volta terminata la trasfusione, può presentare febbre elevata, stato ipotensivo e shock. Il Pz deve essere sottoposto a terapia farmacologica per sostenere la PA, respirazione ed il circolo. Devono essere somministrati antibiotici a largo spettro. EMOSIDEROSI 1 ml di GR contiene 1 mg di ferro: una unità standard di GRC di 250 ml contiene approssimativamente 250 mg di ferro. I Pz politrasfusi, che necessitano di periodiche trasfusioni di sangue, possono andare incontro ad accumulo di ferro in vari organi con possibili danni a livello soprattutto del fegato (insufficienza epatica) e del cuore (miocardiopatia dilatativa e conseguente insufficienza cardiocircolatoria). Vengono usati chelanti del ferro, come la desferoxamina in grado di mantenere un bilancio negativo del ferro. RISCHIO DA ERRORE TRASFUSIONALE Gli errori trasfusionali, specie da incompatibilità ABO, se non vengono tempestivamente intercettati, possono causare grave danno biologico fino alla morte del Pz. La loro incidenza è ancora sorprendentemente elevata, variando, secondo le statistiche, da 1 ogni 2.000 - 40.000 unità trasfuse. Negli ultimi 40 anni l’incidenza degli errori trasfusionali non si è ridotta minimamente, mentre quella delle infezioni da trasfusione si è quasi azzerata, avvicinandosi molto a “rischio zero”. RISCHIO DA ERRORE TRASFUSIONALE ERRORI NEI VARI STADI DEL PROCESSO TRASFUSIONALE • • • • • Nel Reparto (richiesta) Errore di identificazione del Pz o scambio di persona; Errore di trascrizione dell’anagrafica o di etichettatura dei campioni; Errore di trascrizione dell’anagrafica sulla richiesta. Nel Servizio Trasfusionale Scambio di campioni o delle registrazioni o errore di assegnazione; Errore nella determinazione del gruppo o nell’esecuzione della prova di compatibilità; RISCHIO DA ERRORE TRASFUSIONALE ERRORI NEI VARI STADI DEL PROCESSO TRASFUSIONALE • • Nel Reparto (trasfusione) Sangue trasfuso alla persona sbagliata per errore di identificazione del Pz o delle unità; Trasfusione di sangue omologo a Pz con unità autologhe a disposizione. ERRORE TRASFUSIONALE STRATEGIE PER PREVENIRE • La sicurezza trasfusionale andrebbe fondata su due parametri inscindibili: prevenzione dell’errore Educazione e responsabilizzazione del personale trasfusionale e dei reparti. Stesura di protocolli e procedure operative per la pratica trasfusionale da diffondere nei reparti per la corretta identificazione dei campioni, delle unità di emocomponenti e del Pz candidato alla terapia trasfusionale. Grazie per l’attenzione !!!