Strumenti a percussione Famiglia di strumenti musicali suonati tramite percussione o scuotimento (con mani, bacchette, martelli ecc.). Molteplici sono le tipologie di percussioni all'interno delle diverse civiltà musicali europee ed extraeuropee, essendo questi gli strumenti musicali di più antica concezione. L'orchestra sinfonica occidentale della fine del XX secolo ne accoglie un vasto repertorio. Impiegate nella musica colta, le percussioni rivestono grande importanza nelle orchestre jazz e nel rock. Strumenti a percussione a suono determinato Appartengono a questa categoria i timpani, gli strumenti a percussione più importanti dell'orchestra. Parti obbligate per i timpani fecero la loro apparizione nelle partitura orchestrale alla metà del XVII secolo. Nell'orchestra classica erano utilizzati generalmente due timpani, intonati rispettivamente in relazione alla tonica e alla dominante (il primo e il quinto grado della scala); un terzo timpano fu aggiunto nel corso del XIX secolo. Le orchestre odierne ne impiegano generalmente quattro, anche se numerose composizioni ne esigono cinque; spesso è richiesto ai percussionisti di suonare più di un timpano alla volta, come nel caso della Sagra della Primavera di Stravinskij. Un altro tipo di tamburo a suono determinato presente in orchestra è il roto-tom, sviluppato a partire dal tom-tom, uno strumento che produce un suono determinato ruotando il cerchio del tamburo. Altri strumenti a percussione a suono determinato sono la celesta (che è suonata grazie a una tastiera del tutto simile a quella del pianoforte), le campane tubolari (suonate con bacchette o martelletti di plastica), il glockenspiel e il vibrafono (entrambi costruiti con lamelle di metallo), i crotali (costituiti essenzialmente da dischetti metallici), lo xilofono e la marimba (entrambi con lamelle di legno). A partire dalla fine del XIX secolo questi strumenti vennero utilizzati per creare effetti particolari. Il glockenspiel, ad esempio, può essere usato per rinforzare una melodia o per evocare il suono delle campane. Questo strumento comparve molto presto nella cultura musicale occidentale, e andò via via assumendo diverse forme; fra queste si ricorda quella che ne permise l'introduzione all'interno della banda. Un'altra versione prevede la presenza di una tastiera: in questa forma fu utilizzato da Mozart nel Flauto magico e da Messiaen nella sinfonia Turangalla. La versione orchestrale normale prevede che le lamelle siano distribuite orizzontalmente in una cassa e vengano percosse da martelletti direttamente dall'esecutore: questa forma apparve verso la fine del XIX secolo. La celesta (una variante del glockenspiel con tastiera, ma con minore potenza di emissione) fu inventata alla fine del XIX secolo e apparve per la prima volta nella partitura dello Schiaccianoci di Cajkovskij. L'uso dello xilofono risale ai primi dell'Ottocento, ma solo nella seconda metà del secolo lo strumento ebbe un ruolo di rilievo nell'orchestra grazie alla Danse macabre di Saint-Saëns, il quale utilizzò anche le campane tubolari, così come fece Cajkovskij nella sua Ouverture 1812. Esiste inoltre lo steel drum (letteralmente "tamburo di ferro") che consiste in una piastra metallica ricavata generalmente da una base di bidone. La piastra, dopo essere stata scaldata a fuoco, è martellata in modo da renderla concava e, in seguito, è divisa in settori di diversa forma; tali settori, se percossi con una mazza o un martelletto, emettono suoni di altezza differente. Questi strumenti vengono generalmente suonati da gruppi denominati steel band, ancora oggi diffusi nell'isola di Trinidad. Infine vanno ricordati i gong, piatti di metallo di dimensioni variabili, suonati con robuste mazze ricoperte di feltro. Strumenti a percussione a suono indeterminato Strumenti di questo tipo utilizzati in orchestra includono un'ampia varietà di tamburi, fra i quali spiccano quelli di origine militare (particolarmente il tamburo tenore e il tamburo basso). Nel corso del XX secolo a questo gruppo si sono aggiunti: i bongos e i congas, entrambi provenienti dalla musica latinoamericana e suonati direttamente con le mani; il tom-tom, originario delle popolazioni native dell'America del Nord e suonato in orchestra con le bacchette; il tamburo a frizione, un tamburo che monta una bacchetta o una corda legata al centro della pelle e messa in vibrazione dalla mano inumidita fatta scorrere con forza su e giù lungo la bacchetta o la corda stesse. Affine a questa famiglia è il tamburello, un tamburo suonato direttamente con le mani e al quale sono aggiunti, nel telaio esterno, alcuni campanellini. La base della moderna batteria, usata diffusamente nel jazz e nel rock, è formata da un tamburo, un tamburo basso con superficie inumidita in modo da creare un suono non riverberante e chiuso su se stesso, una serie di tom-tom e una notevole varietà di piatti, come il ride, lo splash, lo sizzle e lo hi-hat. Altri strumenti di metallo a percussione ad altezza indeterminata sono il triangolo (suonato con una bacchetta di metallo); i piatti e il tam-tam (simile a un gong di grandi dimensioni ma senza cupola nella parte centrale, e quindi impossibilitato a produrre un suono di altezza definita); i campanacci (usati sia singolarmente che in gruppi); i campanellini (generalmente montati su bacchette di legno); e infine l'incudine, reale o costruita in dimensioni più ridotte. Strumenti a percussione ad altezza indeterminata, di legno, includono: le nacchere (in orchestra sono generalmente fissate a strutture in legno, e non vengono tenute direttamente nelle mani come avviene nella musica tradizionale spagnola); le maracas e la cabasa (entrambi gli strumenti sono di origine latinoamericana). La cabasa è costituita da una zucca vuota essiccata, munita di un manico e avvolta da una rete di perline; per ottenere un risultato sonoro una mano muove ritmicamente lo strumento facendolo sfregare sul palmo dell'altra mano. Va ricordato inoltre il wood-block, un blocco di legno rettangolare segnato da tacche, in modo da aggiungere risonanza, e suonato con una bacchetta. Storia La comparsa degli strumenti a percussione nell'orchestra occidentale è probabilmente frutto dell'influenza della musica africana e asiatica, come testimonia l'origine di gran parte di questi strumenti. È probabile che i timpani derivino dai tamburi portati in Europa dall'Asia Minore durante il periodo delle crociate, fra il XII e il XIII secolo. Dal XVII secolo, come abbiamo visto, i timpani furono utilizzati nell'ambito dell'orchestra occidentale e contribuirono alla realizzazione di opere, concerti e sinfonie. Altri tamburi apparvero in Europa nel corso del XVIII secolo, quando si diffuse la moda della musica militare turca (la musica dei giannizzeri). Gluck, nella sua opera Iphigénie en Tauride (1779), Mozart, nel Singspiel Il ratto dal serraglio del 1782, Haydn, nella sinfonia Militare (n. 100, 1794), e Beethoven, nella Nona (1824), inserirono momenti ispirati alla musica turca, utilizzando il tamburo basso (conosciuto a quell'epoca come "tamburo turco"), il triangolo e i piatti. Fu questa combinazione di strumenti a percussione che dette vita al gruppo di strumenti oggi presenti in orchestra. Va sottolineato tuttavia che questi non trovarono una collocazione stabile in quest'ambito fino alla fine del XIX secolo. Inizialmente, le percussioni erano utilizzate per colorare esoticamente le partiture, soprattutto in ambito operistico dove le trame dei libretti sovente ispiravano in questo senso le orchestrazioni dei compositori: infatti la presenza più rilevante degli strumenti a percussione nel corso del XIX secolo va proprio cercata nelle opere. Successivamente, l'affermarsi del poema sinfonico svolse appieno questo ruolo. Inoltre, la moda della musica spagnola, che emerge chiaramente in lavori come España di Chabrier, condusse all'introduzione di tamburini e nacchere. Il XX secolo ha visto un incremento costante e continuo della presenza degli strumenti a percussione nell'orchestra moderna. Tutto ciò è dovuto a diversi fattori, ma particolarmente a una maggiore apertura culturale da parte dei compositori e alla consapevolezza di poter utilizzare l'orchestra come una vera e propria tavolozza di colori. Negli ultimi anni, si è assistito a un notevole miglioramento nella qualità della costruzione di strumenti a percussione da parte di ditte come Zildjian, Premier e Ludwig. TIMPANO Strumento a percussione dotato di una sola membrana in pelle o materiale sintetico tesa su un bacino metallico (la caldaia) semisferico. Il suono viene prodotto percuotendo la pelle con due bacchette di legno le cui estremità sono ricoperte di feltro o pelle. Un sistema meccanico, introdotto in Germania alla fine dell'Ottocento, permette di variare l'intonazione: agendo su un pedale è infatti possibile intonare tutti i semitoni per l'estensione di una quinta. Propriamente, il termine al singolare definisce non un singolo bacino ma la serie, da due a cinque, che permette in orchestra di coprire tutta l'estensione richiesta dalla partitura. Le possibilità di intonazione della voce del timpano ne fanno uno strumento non di solo accompagnamento ritmico: le sue doti melodiche sono state utilizzate da musicisti come Franco Donatoni (Concertino per archi, ottoni e timpano principale) e Luigi Torrebruno (Musica per timpano solo). CAMPANA Strumento a percussione, costituito da un vaso rovesciato, generalmente di metallo, ma anche di legno, di porcellana o altro materiale, che produce suono se percosso da un battaglio o da un martello. Il battaglio può essere fissato all'interno della campana; oppure lo strumento può essere percosso da un martello manovrato direttamente dalle mani o da un meccanismo esterno. Le campane sono classificate tra gli idiofoni, cioè strumenti nei quali il materiale solido, con il quale sono costruiti, vibra per produrre suono. Storia Le campane erano conosciute in Cina già prima del 2000 a.C., come anche in Egitto, nella Grecia antica e a Roma. Sin dai primordi, vennero utilizzate come strumenti per inviare segnali, ma anche come oggetti rituali o magici, o come amuleti (appese alle porte delle case) o come segni di riconoscimento, appesi ad esempio al collo degli animali. L'uso delle campane nelle chiese d'Europa è testimoniato nel corso di tutto l'Alto Medioevo, e il loro apporto allo sviluppo della cultura medievale (ad esempio nella scansione e relativa formazione del concetto di tempo) è stato fondamentale. Le prime campane furono probabilmente costruite utilizzando una lastra di metallo; in seguito venivano fuse in bronzo. La fusione delle campane cominciò a non essere più praticata quando presero il sopravvento campane di fogge assai più semplici, costruite con sottili lamine di metallo inserite in strutture rettangolari e chiuse con rivette. Nell'Ottocento il processo di fusione fu nuovamente riscoperto, permettendo così la costruzione di campane di dimensioni sempre maggiori. La piccola campana emisferica conosciuta nell'antichità, prodotta con processo di fusione, si sviluppò seguendo percorsi differenti. In Oriente assunse una forma allungata, ad alveare, con pareti di spessore uniforme. In Occidente, le campane vennero anche utilizzate all'interno degli orologi delle torri; queste venivano inizialmente percosse da martelli, ma ciò provocava non di rado la rottura del bordo. I costruttori cominciarono così a utilizzare con maggiore frequenza battagli interni e rinforzarono i bordi con anelli metallici di maggior spessore. A partire dal XV secolo la forma caratteristica della campana occidentale si evolse fino a raggiungere un notevole grado di perfezione. Nel corso del Cinquecento gli artigiani fiamminghi costruttori di campane erano in grado di costruirne di talmente intonate da poter essere suonate insieme ed eseguire vere e proprie composizioni musicali (vedi Carillon). In Italia, i più celebri fonditori di campane furono i maestri toscani, lucchesi, pisani e fiorentini. Campane di grandi dimensioni e molto antiche si trovano a Roma (città che vanta il maggior numero di campane al mondo) ai Musei Lateranensi, in San Pietro e nella basilica dei Santi Apostoli ; a Lucca in San Martino, a Spoleto, a Recanati, nel Duomo di Milano e in quello di Parma. Fusione delle campane Le campane costruite in bronzo sono composte da tre parti di rame e da una di stagno, e producono un suono migliore rispetto alle altre. Nel processo di fusione vengono utilizzate una forma d'argilla che riproduce le fattezze di quella che sarà la parte interna della campana, e un'altra forma, di materiale più denso, costruita sopra alla prima, che riprende la sagoma della parte esterna della campana. Il metallo fuso viene poi fatto colare tra le due forme; una volta raffreddato, la forma viene aperta e la parte esterna pulita e levigata. L'interno viene levigato con cura ancora maggiore, in modo da ottenere la perfetta intonazione desiderata. La campana più grande mai costruita, la Tsar Kolokol di Mosca, fusa nel 1733, è alta 5,8 metri, ha uno spessore di 61 centimetri e pesa circa 181 tonnellate. Il timbro di una campana deriva in parte dalle proporzioni di altezza, larghezza, spessore e dalla morfologia generale, ma il vero timbro è dato in realtà dalla sovrapposizione di numerosi timbri parziali, prodotti dalle vibrazioni delle diverse sezioni della campana stessa. Se l'intonazione di queste è imperfetta, le campane non possono essere suonate in carillon, poiché produrrebbero aspre dissonanze. Altri strumenti denominati campane Una piccola campana di ferro da tenere in mano fu sviluppata nell'Africa subsahariana ed è ancor oggi parte integrante di molta musica africana. Poiché le campane da mano non hanno il battaglio, vengono percosse con martelletti; il tipico suono secco e penetrante di questi strumenti può essere ritrovato anche in alcune musiche della tradizione latino-americana. Le campane tubolari, presenti nell'organico dell'orchestra moderna, sono composte da raggruppamenti di tubi in metallo intonati ad altezze differenti e percossi con un martelletto. Le campanelline sono piccole campane di metallo, vuote, al cui interno è sistemata una pallina che, ruotando, colpisce le pareti e provoca la vibrazione che genera il suono. Morfologicamente, queste ultime hanno poco in comune con le vere campane, ma possiedono una storia simile come strumenti a funzione rituale e magica (crotali). GLOCKENSPIEL Strumento idiofono a percussione, consistente in una serie di lamelle metalliche intonate cromaticamente e disposte su due file. Lo strumento è suonato con l'ausilio di due bacchette e produce un suono argentino, simile a quello di una campanella. Possiede un'estensione che può variare dalle due ottave e mezza alle tre ottave, partendo dal quarto do sopra il do centrale, e la sua notazione viene effettuata due ottave più in basso rispetto ai suoni reali emessi. Il glockenspiel può essere utilizzato anche dalle bande e viene, in questo caso, montato su un supporto verticale. Le lamelle vengono così disposte in una cornice a forma di lira. Il glockenspiel utilizzato in orchestra è suonato orizzontalmente; a volte è munito di tastiera, in modo da permettere all'esecutore di suonare un maggior numero di note simultaneamente. Parti orchestrali per glockenspiel sono presenti nel Flauto magico (1791) di Wolfgang Amadeus Mozart e nella Valchiria di Richard Wagner. Una variante del glockenspiel è la celesta, nella quale le lamelle di metallo sono sospese sopra risonatori di legno e sono suonate tramite un sistema di martelletti comandato da una tastiera (come avviene nel pianoforte) e da una pedaliera. Brevettata nel 1886 dal costruttore francese Auguste Mustel, la celesta venne utilizzata per la prima volta nel balletto Lo Schiaccianoci (1892) di Pëtr Ilic Cajkovskij. Sia il glockenspiel sia la celesta sono classificabili fra i metallofoni (simili a uno xilofono, ma con lamelle di metallo e non di legno). VIBRAFONO Strumento musicale a percussione, simile allo xilofono, ma con lamine di metallo anziché di legno. Le vibrazioni prodotte dalle lamelle percosse dalle bacchette vengono amplificate da risuonatori tubolari posti sotto le lamelle stesse e muniti di piccole eliche azionate elettricamente e a velocità regolabile; la vibrazione del suono varia a seconda della velocità delle eliche. Il caratteristico suono vibrato rende lo strumento assai apprezzato nel jazz. Lo strumento divenne popolare negli anni Trenta grazie al percussionista statunitense Lionel Hampton. XILOFONO (dal greco xylon, "legno" e phoné, "suono"), strumento musicale a percussione costituito da una serie di lamelle di legno, disposte in ordine di intonazione, che percosse da martelletti producono suono. Gli xilofoni erano diffusi nell'Asia sudorientale già dal XIV secolo. Lo strumento giunse anche in Africa, probabilmente attraverso il Madagascar, e si diffuse per tutto il continente con grande rapidità diventando uno strumento assai popolare. Gli schiavi africani portati nelle Americhe lo introdussero in America Latina, dove gli venne dato il nome di marimba. Lo xilofono fu diffuso anche in Europa a partire dal 1500 e divenne ben presto uno strumento popolare, particolarmente in Europa centrale. La prima parte orchestrale scritta per lo xilofono è compresa nella Danse macabre (1874) del compositore francese Camille Saint-Saëns. Igor Stravinskij inserì lo strumento nella partitura di Petruška (1911). Generalmente gli xilofoni sono costituiti da due tavolette montate su una struttura, in corrispondenza di un punto non vibrante (nodo) posto in prossimità del termine della barretta stessa. Xilofoni di questo tipo possono inoltre possedere casse o risuonatori tubolari, sospesi al di sotto di ciascuna barretta (come nel congolese kalanba); oppure può essere la struttura stessa a svolgere il ruolo di risuonatore (come nell'indonesiano gambang). Lo xilofono dell'orchestra moderna possiede due file di barrette disposte secondo la medesima logica di una tastiera di pianoforte. Solitamente a ogni barretta corrisponde un risuonatore e lo strumento viene suonato con due martelletti di legno duro, in modo da ottenere un suono penetrante e diretto, oppure con quattro e fino ad otto martelletti più morbidi, per poter ottenere suoni più dolci e sommessi. L'estensione dello strumento copre generalmente quattro ottave, a partire dal do centrale. La marimba è intonata un'ottava più in basso rispetto allo xilofono e possiede risuonatori tubolari. Gli strumenti simili allo xilofono, ma dotati di barrette di metallo, appartengono alla famiglia dei metallofoni. Fra questi vi sono il glockenspiel, il vibrafono (molto usato nel jazz) e alcuni strumenti utilizzati nel gamelan, l'orchestra di strumenti a percussione tipica dell'Indonesia. PIATTI Strumento a percussione costituito da due sottili dischi, di solito in bronzo, di forma concava. Possono essere suonati in coppia, percossi uno contro l'altro, oppure singolarmente colpiti da bacchette di vario spessore, e producono un suono di altezza indeterminata e di durata variabile. I piatti possiedono generalmente un manico di cuoio che permette di impugnarli; nell'ambito della musica leggera sono solitamente retti da un sostegno e suonati con l'ausilio di un pedale che consente di percuoterli meccanicamente, oppure utilizzando bacchette o spazzole di diversa durezza e dimensione. La presenza dei piatti, usati nelle cerimonie religiose sin dall'antichità, è documentata in Europa almeno dal periodo medievale. Nel corso del XVIII secolo la loro notorietà crebbe sulla scia della moda della musica militare turca, e in seguito entrarono a far parte stabilmente dell'orchestra. La costruzione dei piatti è divenuta tradizionale appannaggio della Turchia e della Cina. Questi strumenti si differenziarono soprattutto per le dimensioni della cupola centrale, che può essere molto pronunciata o appena accennata. Nell'antichità erano diffusi anche dei piccoli piatti digitali (cimbali) che producevano un suono assai simile a quello di una campanella. LA BATTERIA - IL BATTERISTA La batteria è uno strumento musicale composto da tamburi, piatti e altri strumenti a percussione disposti in modo tale che possano essere suonati da un solo musicista. I tamburi che compongono una batteria completa sono: la grancassa, il rullante, uno o più tom tom (detti più semplicemente "tom"), infine uno o più timpani. I piatti che possono essere annessi ad una batteria sono: ride, hi-hat detto anche charleston, crash, splash, china. Esiste una vasta gamma di modelli di piatti ognuno disponibile in vari diametri, spessori, profili e forme per poter personalizzare il suono del musicista e della musica che si vuole comporre. Per personalizzare la propria batteria, il musicista può aggiungere uno o più piatti splash, crash, o un numero maggiore di tom o di più casse. Fabbricazione dei tamburi per batteria I fusti sono cilindri cavi che vengono usati per realizzare il tamburo. Il materiale utilizzato maggiormente per la costruzione dei fusti è il legno (acero, betulla, quercia, mogano, tiglio, bubinga,afrormosia, noce, piopp o, amazoukè, faggio, bamboo, eucalipto (in inglese "jarrah"); molti nomi dell'artigianato offrono comunque un largo ventaglio di legni locali od esotici da utilizzare al posto di quelli più blasonati. Il componente principe della batteria, il rullante, può anche essere costruito in metallo bronzo, acciaio, alluminio, ottone, rame, ma esistono anche rari rullanti intitanio ). Più rare le batterie costruite in plexiglas (acrilico trasparente e/o colorato, come le Ludwig Vistalite drums, oggi le Fibes) e quelle in metallo (la Paiste, nota azienda produttrice di piatti, ne ha costruita una per Danny Carey dei Tool). Esistono vari tipi di realizzazione e di lavorazione dei fusti; la differenza di realizzazione ha anche delle conseguenze sul suono del tamburo stesso. Le tipologie di realizzazione principali sono le seguenti: Fusti multistrato piegati a caldo: è il tipo di lavorazione più largamente utilizzato per la realizzazione delle batterie, in quanto la lavorazione del legno multistrato è la più semplice. Con questi fusti si realizzano batterie dalle più economiche alle più costose, quello che fa la differenza è il legno usato per i vari strati. Generalmente nelle batterie economiche gli strati più esterni sono costituiti da legni truciolati o compensati e il più interno è un foglio unico di legno. Nei modelli di tamburi leggermente migliori lo strato più interno è costituito da un foglio diacero, in quelle professionali tutti gli strati sono dello stesso tipo di legno (in generale si usa l'acero) fra quelli sovracitati. Tale foglio viene piegato a caldo e disposto su una forma cilindrica per realizzare il fusto. In alcuni modelli i legni sono stagionati. Fusti a doghe in legno massello: sono fusti ottenuti accostando e incollando fra loro delle doghe rettangolari (o meglio, trapezoidali) di legno massello in modo da formare un cilindro. È il modo più usato per costruire batterie in legno massello ed ha dei pro e dei contro: a favore c'è il fatto che il tamburo sarà realizzato appunto in legno massello, quindi il legno suonerà in modo più armonico e caldo, di contro c'è il fatto che la costruzione a doghe è molto sensibile alle variazioni di temperatura, quindi dopo qualche anno il tamburo a doghe, tipicamente timpano o grancassa, può scollarsi se sottoposto a grosse variazioni termiche e di umidità. Esistono modelli di batterie a doghe in legno multistrato, che hanno pregi e difetti della costruzione a doghe e a legno multistrato. Fusti in legno massello piegati a vapore (steam bent shell): è la modalità principale con cui si realizzano tamburi, tipicamente rullanti, in legno massello. Si usa un foglio unico di legno stagionato, di spessore circa pari a quello di un legno multistrato, lo si piega a caldo/vapore attorno ad una forma cilindrica e lo si lascia per un certo tempo, così da realizzare un fusto cilindrico: i tamburi così realizzati hanno uno spiccato sustain, una focalizzazione elevata della nota principale e un suono in generale più alto in frequenza del suo equivalente multistrato. Fusti in legno massello scavati (solid shell): sono ottenuti da una sezione di tronco d'albero scavata e lucidata internamente ed esternamente per ottenere un tamburo dal suono caldo, potente e profondo, corposo e risonante. Solo alcune marche di nicchia usano questo tipo di realizzazione, e ne producono pochi pezzi su ordinazione per facoltosi ed esigenti musicisti. Unico neo di queste batterie è il loro peso. Fusti in metallo: i fusti in metallo sono molto usati per la fabbricazione dei rullanti, per il loro suono squillante, profondo e risonante. Di solito si usano i metalli sopracitati, ma a volte anche leghe metalliche ottenute dalla collaborazione delle ditte costruttrici di tamburi con ditte costruttrici di piatti. Esistono anche modelli di batterie completamente in metallo, ma non sono più in commercio dagli anni ottanta; la francese Asba era una delle aziende che, a cavallo tra gli anni '70 e '80, produceva uno strumento fatto, appunto, con fusti fabbricati interamente in metallo (acciaio inox e rame). Il suono del tamburo dipende dallo spessore e dalla lunghezza del fusto, nonché dal materiale con cui è realizzato. Qui si analizza il suono della batteria con fusti in legno. Un fusto sottile (oggi si arriva al minimo a 5 mm, ma esistono da 6, o da 7) conferisce un suono molto risonante, aperto, ricco di armonici, ma di basso volume. Questo poiché un fusto sottile tende a vibrare di più se percosso; infatti l'energia data dal colpo viene utilizzata in gran parte nellavibrazione del fusto del tamburo, dunque quella rimanente che dovrebbe dare volume al colpo è bassa: il suono che deriverà sarà più risonante e caldo ma con minor volume. un fusto spesso (dagli 8 ai 10–12 mm) conserverà meglio l'energia data al momento della percussione, la sua rigidità provoca una scarsa dispersione di energia sul fusto. Il suono sarà molto più potente, incentrato sulla nota di base e con pochi armonici che vengono dati dalla vibrazione del fusto. Tuttavia un fusto spesso avrà un suono più freddo di uno sottile, per il fatto di non avere quella gamma di frequenze (i batteristi lo chiamano "corpo") data dalla vibrazione del legno, cioè dall'aumento di suoni in uscita. La lunghezza del fusto influisce prevalentemente sulla velocità di risposta del tamburo, cioè sulla durata della nota prodotta, ma a parità di diametro influenza pesantemente anche l'intonazione del tamburo stesso. un fusto lungo (fusto power) assicura un lungo sustain della nota emessa (usato tipicamente nelrock), poiché l'energia del colpo viene trattenuta all'interno per un tempo maggiore che in un fusto corto. Per lo stesso motivo il fusto lungo è meno sensibile ai suoni piano, poiché per innescare una buona vibrazione in un tamburo a fusto lungo è necessario un colpo più forte che su un fusto corto. un fusto corto (fusto standard) assicura un breve sustain della nota (usato tipicamente nel jazz ma non solo). Il fusto corto assicura una rapida risposta del tamburo e a parità di figura ritmica il fusto corto permette un'esecuzione comprensibile anche a volume pianissimo. Questa distinzione non è netta ed ogni parametro è influenzato in parte dagli altri. Quindi: Fusto sottile e corto: suono risonante, caldo, armonico, ma poco volume (usato tipicamente nel jazz). Fusto sottile e lungo: suono risonante, medio volume, versatile. Fusto spesso e corto: suono imponente, suono incentrato prevalentemente sulla risonanza, usati per la costruzione dei rullanti. Fusto spesso e lungo: suono imponente, molto focalizzato sulla nota fondamentale, poco risonante, suono un po' freddo. Inoltre il fusto spesso è molto più sensibile di quello sottile al cambio di pelli diverse, poiché il contributo al suono globale di un fusto spesso è minore e contribuisce solo a fare daamplificatore alle pelli. Al contrario un fusto sottile genera meno differenze di suono tra una pelle e l'altra poiché reagisce subito alla vibrazione del colpo, facendo dominare il proprio suono su quello della pelle. Durante l'emissione del suono l'energia data dal colpo si disperde e viene consumata dal tamburo in vibrazioni. Le vibrazioni iniziali dopo il colpo sono più intense, l'energia si disperde sulla pelle e sul fusto dopo la prima oscillazione e l'energia residua viene utilizzata nella successiva. Questo fenomeno è reiterato dal tamburo fino al completo esaurimento dell'energia data dal colpo. La pelle del tamburo e il fusto sono i mezzi che generano la vibrazione ed impiegano completamente l'energia data dal colpo e trasferita al tamburo. Durante l'emissione sonora si percepisce spesso, oltre alla discesa del volume fino ad esaurimento, anche una discesa di altezza del suono del tamburo. Il motivo è il seguente: l'energia data al momento della percussione è alta durante la prima oscillazione la pelle si tende molto, dunque la prima oscillazione produrrà un suono elevato. Dopo la prima oscillazione la pelle ne eseguirà un'altra con minore energia, dunque la pelle si tenderà un po' meno. Via via che l'energia si disperde anche la pelle si tenderà via via di meno in maniera proporzionale, dunque tendendosi meno produrrà note via via più basse fino ad arrivare alla tensione zero che è quella di accordatura. In sostanza sul tamburo c'è una combinazione di un suono di tipo impulsivo (il colpo), ed un suono di tipo armonico (la coda, cioè la nota che si ascolta). L'ampiezza dell'impulso iniziale sarà anche l'ampiezza della prima oscillazione, dunque il suono è elevato sia in ampiezza sia in frequenza. L'assorbimento di energia da parte del tamburo (pelle e fusto) determina un abbassamento di frequenza e di ampiezza del suono prodotto. La legge di decadimento dell'ampiezza ha un andamento di tipo esponenziale negativo. La teoria è la stessa della vibrazione della corda di chitarra, ma le pelli per tamburo essendo nella maggior parte di diametro inferiore alla lunghezza di una corda di chitarra, fanno sì che il fenomeno dell'abbassamento di altezza sia percepibile all'orecchio umano. Infatti nelle pelli di grandi dimensioni o appunto nelle corde di chitarra (grancassa da 24", grancasse orchestrali) questo fenomeno non si avverte ma è comunque presente. Le corde di chitarra inoltre sono molto meno elastiche delle pelli, per cui nella chitarra il fenomeno di abbassamento di tono di fatto non è percepibile all'orecchio. Infatti il motivo per cui tutte le case produttrici di tamburi hanno adottato lo stratagemma di ancorare il tom alla batteria senza forare il tamburo è proprio per fare in modo che l'energia del colpo non si disperda sull'asta reggitom, ma venga impiegata quanto più possibile in emissione sonora, quindi si disperda solo sul tamburo. Le caratteristiche sonore vengono influenzate anche da come lo strato di legno è stato realizzato, se con le venature orizzontali o verticali. Nel caso di venatura verticale, è ben percepibile una discesa tonale della nota fondamentale, cioè il suono emesso senza produzione di armoniche, durante l'emissione stessa, poiché il suono si propaga più regolarmente attraverso esse, generando poco disturbo. Nel caso di venatura orizzontale (tipico dei rullanti), l'onda sonora si rifrange, cioè viene in qualche modo "disturbata" dalle venature, quindi si ottiene una produzione più elevata di armoniche che nel caso di venature verticali. Anche nel caso di venatura orizzontale c'è una discesa tonale naturalmente, ma è meno percepibile all'orecchio a causa della alta rifrazione del suono interna al fusto, che genera un disturbo più importante. Solo alcune case costruttrici di tamburi ad oggi specificano la disposizione dei legni nei tamburi, ma in generale non è possibile conoscere con anticipo questa caratteristica. Le case costruttrici più celebri sono Drum Workshop, Gretsch, Ludwig, Sonor, Yamaha, Pearl, Premier, Slingerland, Tama, Mapex. In America nasce, prima del 1900, la Rogers, denominata "La Cadillac delle batterie"[senza fonte]. Nota per l'innovazione della meccanica (Swiv-o-matic), ancora oggi, benché assorbita dalla Yamaha oramai dagli anni ottanta, è la marca i cui pezzi mantengono le più alte quotazioni tra i collezionisti. La sordina La sordina è un accessorio che serve per attenuare e/o ridurre le vibrazioni del tamburo, si applica sulla pelle battente. Nella batteria moderna si usa di solito sulla grancassa, talvolta anche sul timpano e sui tom di diametro grande (16" 18"), talvolta sul rullante. L'uso della sordina è indispensabile quando si vuole ottenere dal tamburo un suono risonante ma di breve durata, infatti la risonanza del tamburo fa sì che il suono sia lungo e profondo. Esistono vari tipi di sordine, molto usate sono quelle "clip", che si agganciano sul bordo del tamburo e se ne regola la pressione sulla pelle tramite una vite, ma le più usate in assoluto sono artigianali, nel senso che ogni batterista ne assembla di proprie, più che acquistarle. Nastro isolante, strisce di feltro od addirittura fazzoletti sono le scelte "artigianali" più gettonate; da qualche anno sono state lanciate sul mercato le cosiddette moon-gel, gelatine sintetiche che fungono alla stessa guisa del nastro isolante ma con una certa facilità d'utilizzo e rimozione. Più è alta la pressione della sordina sulla pelle più il suono del tamburo sarà smorzato, quindi di breve durata. Infine è necessario dire che l'uso della sordina è "l'ultima spiaggia" per ottenere un buon suono sia dal vivo ma soprattutto in studio: nulla sostituisce una buona accordatura della batteria, e un buon fonico. Negli anni 1970-80 si usava a volte la sordinatura dei piatti, soprattutto del ride: strascichi di questa pratica sono portati avanti da un nugolo di batteristi jazz, anche se in realtà molti altri ne fanno ancora uso per adattare i propri piatti a certe infauste condizioni ambientali - piccoli locali con acustiche particolari. L'idea che sta alla base della sordinatura è la seguente: più la sordina è vicina al punto in cui si esegue il colpo più il suono sarà smorzato; più la sordina fa pressione sulla pelle, più il suono è smorzato. Segue una tecnica molto usata per la sordinatura della batteria, per comunicarne meglio la posizione la batteria è vista dal punto di vista di un batterista che vi è seduto dietro. Sordinatura di tom, timpano, rullante La sordina in genere è applicata nel punto più distante dall'area del tamburo in cui si eseguono i colpi. Le due zone più usate sono il bordo superiore della pelle battente del tamburo (ore 12) oppure il bordo destro (ore 3) o sinistro (ore 9). La seconda si usa in genere a ore 3 se il rullante è suonato con la mano sinistra, a ore 9 se il rullante è suonato con la mano destra. Sordinatura della grancassa La sordinatura della grancassa è piuttosto importante per gestire in maniera ottimale il suono della grancassa. Poiché per la grancassa non si usa ottenere delle risonanze ma solo un leggero corpo della risposta all'impulso dato dal colpo, la grancassa dovrebbe essere sordinata all'esterno come gli altri tamburi, ma date le sue grandi dimensioni, spesso si usa la sordinatura interna. Esistono sordine regolabili esterne a clip, ma in genere si usano sordine fisse interne. La sordina interna per grancassa è di buona qualità se riesce ad attenuare le vibrazioni della pelle battente e risonante della grancassa occupando il minor volume possibile all'interno tamburo. Una buona sordina interna per grancassa deve essere a doppia "T" , cioè con i due bordi della doppia "T" a contatto con le pelli battente e risonante e il corpo centrale che li tiene fermi e bene aderenti alle suddette pelli. La sordina interna è piazzata nella parte inferiore della grancassa (ore 6). Spesso, per ovviare in modo semplice ed economico ad una sordina professionale si può inserire nella grancassa una coperta, un cuscino o strati di gommapiuma, che toccherà entrambe le pelli come una sordina vera. In genere questa è la "sordinatura" più utilizzata dai batteristi. Per quanto riguarda la sordina esterna, essa è usata di solito per la musica jazz. Nella grancassa per il jazz spesso si usa ottenere delle risonanze più elevate che nella grancassa per il pop/rock, dunque per rendere risonante il suono senza che sia troppo prolungato si usa la sordina esterna sulla pelle battente: la pelle risonante è lasciata libera. La sordina esterna sulla pelle battente è messa di solito a ore 2 Per fare in modo che non si smorzino troppo le vibrazioni della pelle battente. Oppure nel caso della sordinatura per grancassa per il jazz si usa inserire la sordina tra il pedale per la grancassa e la pelle battente. Configurazione dello strumento La batteria è uno strumento musicale altamente configurabile e personalizzabile perché è composto appunto da una batteria di tamburi tutti innestabili e intercambiabili, con la possibilità di inserire nel proprio set altre percussioni a seconda dei suoni che si vogliono ottenere. Seguono alcuni esempi di configurazioni. Doppia grancassa e doppio pedale: alcuni batteristi aggiungono una seconda grancassa (il primo fu Louie Bellson, un batterista che ha fatto la storia dietro le pelli con le big bands), suonate con entrambi i piedi per avere un suono più corposo nei bassi. Utilizzata in principio per rinforzare i contrabbassi nei gruppi swing statunitensi, o per sostituirli interamente, ladoppia cassa (cosiddetta in gergo) è oggi molto usata nella musica rock/metal. Anche alcuni batteristi fusion ne fanno uso, per esempio Billy Cobham, Steve Smith, Dave Weckl o Terry Lyne Carrington. Questi ultimi usano però una grancassa supplementare di diametro inferiore a quella principale, per avere su quest'ultima un suono differente. Una variante comoda (e più economica) della doppia cassa è il cosiddetto doppio pedale: è un pedale per grancassa supplementare collegato al pedale principale (che ha due battenti) con una prolunga che unisce gli assi di rotazione dei battenti; permette di suonare sulla stessa grancassa come se si suonasse con due grancasse. Esistono batteristi che nel proprio set includono tre o quattro grancasse. Pedali "remote": esistono particolari pedali che consentono di pilotare dispositivi (hi-hat, campanacci) ad essi collegati tramite un cavo coassiale snodabile e pieghevole; in questo modo si elimina la dipendenza di una percussione dalla sua classica asta permettendo così al batterista di sperimentare nuove soluzioni ritmiche e sonore. Percussioni aggiuntive: un numero sempre crescente di batteristi aggiunge al proprio strumento ulteriori strumenti a percussione, dei tom supplementari, altri piatti, octoban, rototom,tamburelli, woodblock, campanacci, pad elettronici che riproducono suoni campionati o altri strumenti della vasta collezione di accessori. Alcuni batteristi, come Neil Peart, Terry Bozzio,Mike Portnoy, Jonathan Moffett, Carl Palmer, Airto Moreira, Danny Carey e tanti altri, hanno composto batterie molto ricche di tamburi e altre percussioni, anche ricavate da oggetti comuni, che includevano anche una serie di tomtom accordati con intervalli di semitoni, ottenendo la possibilità di contribuire melodicamente alla musica, non solo ritmicamente. Mode e tendenze sulla batteria: Alcuni batteristi inventano dei nuovi modi di suonare, altri traggono il loro personale modo di suonare da una particolare configurazione del set di strumenti. Un esempio è quello di Carl Palmer, uno dei primi batteristi ad aggiungere alla batteria percussioni etniche e sinfoniche:(gong, conga, pad elettronici, timpani sinfonici). Uno dei maggiori innovatori nella disposizione e aggiunta di percussioni e suoni vari alla batteria è stato Terry Bozzio, da cui diversi batteristi contemporanei hanno tratto ispirazione per quanto riguarda sia la disposizione dello strumento sia le sonorità[senza fonte]. Oggi sono molti i batteristi che hanno intrapreso e stanno intraprendendo un cammino che esula dal "batterismo" tradizionale. Infatti si tende progressivamente a non considerare più il batterista solo colui che "deve tenere bene il tempo" o che deve essere in grado di prodursi in esibizioni funamboliche, ma si sta sviluppando una forma di arte percussiva, sinora di nicchia, in cui batteria e percussioni divengono mezzi grazie ai quali l'artista si esprime pienamente, anche senza altri strumenti musicali, producendo sonorità personali e particolari: uno dei maestri di questa tendenza è il percussionista Pierre Favre. Le bacchette I batteristi solitamente suonano con le bacchette, ma possono usare anche strumenti diversi come le spazzole, le mani, i rod (bacchette composte da fasci di legno) e i mallet (battenti). Le tipologie di bacchette in commercio sono varie, spesso alcuni modelli esistono solo per alcune case costruttrici. Sono realizzate principalmente in legno di hickory, ma ne esistono modelli incarbonio ed in plastica. La punta delle bacchette può essere di varia forma: ovoidale (la più comune), sferica, cilindrica, conica; il materiale con cui è realizzata la punta può essere legno, plastica o metallo. Importante anche il bilanciamento delle bacchette che può essere in testa, al centro o in coda. Il modello delle bacchette è descritto da una sigla, composta da un numero e da una lettera. La lunghezza è standard, circa 40 centimetri, dipende anche dalla casa costruttrice la quale può realizzarne dei modelli leggermente (1 cm circa) più lunghe o più corte. Le pelli La "pelle" è la membrana del tamburo che viene fatta vibrare percuotendola e che in tal modo produce il suono. Il materiale più usato per la costruzione delle pelli è un materiale sintetico progettato ad hoc (mylar), e prodotto in uno o più strati. In alcuni casi il materiale è un singolo strato di pelle naturale, teso da un anello di metallo per consentirne il montaggio sul fusto del tamburo e permetterne l'accordatura. La scelta dei materiali delle pelli dipende dal tipo di tamburo da suonare e dal tipo di suono che si vuole ottenere. Per quanto riguarda le pelli per batteria si usano per lo più le suddette pelli sintetiche, eccezion fatta per alcuni modelli di tamburo che hanno avuto minore diffusione (es. Remo "mondo"). Le pelli per batteria si distinguono in: Pelli battenti: pelle su cui si esegue fisicamente il colpo, in genere più resistente e composta da più di uno strato di materiale. Viene sistemata nella parte anteriore (o nella parte su cui si intende eseguire il colpo) del tamburo ed in seguito accordata a seconda delle esigenze dello strumento e del batterista. Pelli risonanti: pelle che viene alloggiata nella parte posteriore del tamburo e viene usata con l'unico scopo di far risuonare il tamburo stesso mediante il colpo dato sulla pelle battente. La pelle risonante non è fatta per essere suonata ed è fisicamente diversa dalla pelle battente. È costituita da un singolo strato di materiale. Di solito molti batteristi usano pelli battenti di sottile spessore al posto delle pelli risonanti. Spesso nella grancassa si usa praticare un piccolo foro (circa 5-6 pollici di diametro) nella pelle risonante per facilitare la ripresa microfonica e smorzare un po' gli armonici. Tale foro di solito non è al centro della pelle perché comunque non è bene togliere tutti gli armonici al suono della grancassa. Negli anni '70 alcuni batteristi usavano batterie senza pelli risonanti ed esistevano dei modelli di batterie che non ne prevedevano affatto l'alloggiamento. Ciò è dovuto al fatto che la risposta impulsiva del tamburo è più limpida senza pelle risonante, ma si perde tutta la risonanza del fusto e la bellezza del suono del legno, minando anche l'espressività dell'artista. Tali batterie venivano usate prevalentemente in concerti dal vivo a causa della scarsa qualità media dei microfoni per la ripresa live. Oggi con l'avanzare della tecnologia e quindi della qualità dei microfoni non si usano più queste batterie o tecniche di ripresa microfonica, in quanto le procedure di amplificazione degli strumenti si sono standardizzate, e non ci sono più grossi problemi di amplificazione dello strumento acustico. A seconda del tipo di pelle usata viene messo in aspetto timbrico del suono del tamburo piuttosto che un altro: evidenza un Pelli lisce (a uno o due strati): usate come pelli battenti o risonanti non enfatizzano nessun aspetto timbrico in particolare; più lo spessore diminuisce più si mettono in evidenza gli armonici del tamburo e la cosiddetta "punta", ovvero l'attacco della nota stessa. Al contrario, più lo spessore aumenta più si mette in evidenza il suono impulsivo, la nota fondamentale del tamburo. Pelli sabbiate: usate come pelli battenti, le pelli sabbiate sono le pelli più usate in assoluto per il rullante, ma possono essere usate anche per i tom e per la cassa. Hanno un suono più cupo delle pelli lisce poiché la sabbiatura della pelle attenua le vibrazioni, sono molto usate poiché consentono un rimbalzo ottimale della bacchetta e sono le uniche pelli che favoriscono l'utilizzo delle spazzole (brushes). Pelli idrauliche: sono pelli battenti che hanno come caratteristica principale quella di essere composte di due strati di materiale separato da un sottile strato di olio particolare. La risposta sonora è completamente incentrata sulla nota principale smorzando gli armonici del tamburo. Sono molto usate nella musica rock sui tom e in generale le più usate per la grancassa. Alcune di queste pelli presentano un anello antivibrazione integrato al bordo che smorza ulteriormente gli armonici. Ne esistono dei modelli a tre e quattro strati. Pelli naturali: erano la scelta primaria per i batteristi jazz della prima metà del secolo scorso; ora le pelli naturali sono state comprensibilmente surclassate da quelle sintetiche. Le pelli Earthtone seguono ancora le dottrine d'una volta; esiste comunque un modello della Remo, la Fyberskin, che emula una pelle naturale con materiali sintetici. Pelli a rinforzo centrale: questo tipo di pelli sono progettate appositamente per i batteristi che suonano a volume molto elevato; il rinforzo centrale permette una più lenta usura della pelle ma le conseguenze sul suono sono drastiche. Pelli "mesh": sono pelli la cui superficie è realizzata da una struttura traforata "a griglia". Queste pelli non fanno emettere suoni al tamburo e sono usate per studiare la batteria in appartamento, se non si dispone di un box insonorizzato. Accordatura della batteria Una batteria osservata dall'alto. Anche la batteria è uno strumento che necessita di essere accordato. L'accordatura è un procedimento che serve per portare il tamburo, attraverso la tensione delle due pelli battente e risonante, ad avere un suono il più risonante possibile o di più elevato volume possibile. All'interno di questa definizione generale ogni batterista può trovare il proprio suono tendendo più o meno le pelli fino a raggiungere un suono che incontri il proprio gusto personale (soprattutto il rullante), per i vari pezzi di una batteria esiste un'accordatura a seconda del genere musicale che si suona. Gli aspetti fondamentali per l'accordatura sono molteplici e il suono dipenderà poi dalla combinazione di molti fattori: grandezza del tamburo, tipo di pelle battente (quella che si percuote) e risonante (quella inferiore) e la tensione delle chiavette d'accordatura. Fatta eccezione del rullante e della grancassa che vengono accordati in modo indipendente in virtù del suono specifico che si vuole ottenere, gli altri tamburi, di norma si accordano con intervalli di terze, di terze minori o di quarte. Le pelli risonanti vengono accordate, solitamente, all'unisono con la pelle battente. Variare questi parametri darà un suono di minore o di maggiore durata (sustain). Ogni tamburo ha una sua specifica tonalità e accordatura dove offre la massima resa sonora e armonica. La batteria in Italia La batteria fa le sue prime apparizioni in Italia dagli anni trenta. Ma è specialmente nel dopoguerra con le grandi band americane e batteristi come Gene Krupa e Buddy Rich, che la batteria viene riconosciuta anche in Italia come strumento singolo, indispensabile nella musica commerciale e degno di studi accademici. Da alcuni anni in Italia si sono aperti, nei Conservatori, corsi di jazz di I e II livello (con vero e proprio diploma di laurea) nei quali è previsto lo studio della batteria. IL Batterista è chi suona un insieme di singoli strumenti a percussione, quali piatti, tamburo da marcia, grancassa, campanacci, campane tubolari, tom tom, bonghi, ecc. (vedi batteria) disposti a determinate distanze tra loro in maniera da poter essere suonati da un unico musicista e talvolta in posizioni diverse da quelle che sarebbero ideali. Ad alcuni strumenti a percussione quali ad esempio la grancassa e i piatti sovrapposti (Hi-Hat o Charleston) sono state apportate delle modifiche sostanziali che li differenziano degli strumenti originali e che richiedono una preparazione specifica (l'uso dei piedi tramite pedale). Il batterista deve adattare le normali tecniche di percussione di ogni singolo strumento ad un contesto ambientale assai diverso, dove è della massima importanza la disposizione dei vari strumenti, cercando al contempo di usare le tecniche particolari che permettono di suonare nel migliore dei modi ognuno di tali singoli strumenti percussivi, con lo scopo finale di rimpiazzare (nei limiti delle possibilità di un solo individuo) i vari percussionisti. Per questi motivi la batteria viene considerata non soltanto come un insieme di strumenti a percussione ma piuttosto come uno strumento a se stante e gli studi del batterista, che inizialmente devono prendere in esame la tecnica di ognuno dei singoli strumenti percussivi che compongono la batteria, in seguito vengono sempre dedicati alla batteria intesa come unico strumento di un insieme ed il più delle volte cercando di concentrare lo studio in uno degli stili che compongono il variegato mondo musicale moderno. Questo significa che gli studi vengono spesso indirizzati verso uno specifico genere musicale o almeno verso dei generi musicali che richiedono una selezione ed una disposizione degli strumenti abbastanza omogenea e che di conseguenza portino il batterista ad approfondire certe tecniche mirate. (Nei conservatori, di solito i corsi di batteria sono indirizzati allo Swing Jazz, genere che offre un ventaglio molto vasto di possibilità tecnico-strumentali). A livelli molto avanzati il batterista dovrebbe essere in grado di eseguire correttamente ogni genere musicale e per fare ciò dovrebbe poter disporre di una gamma assai diversificata di strumenti sulla batteria e dovrebbe conoscere gli aspetti della tecnica esecutiva adatti ad ogni genere musicale. Tuttavia questo compito diviene sempre più arduo perché i tipi di sonorità richieste al giorno d'oggi si differenziano ormai moltissimo tra genere e genere e si prevede che in un futuro il batterista dovrà per forza specializzarsi in un modo totalmente dedicato, sia per tecnica esecutiva che per la disposizione degli strumenti percussivi, ad un solo e determinato contesto musicale. A questo proposito, già ai nostri giorni, le sonorità (e di conseguenza le tecniche, la natura e la disposizione degli strumenti) variano enormemente a seconda del genere musicale (ad esempio: Jazz tradizionale, Metal, Latin). Al batterista viene richiesto di scandire il tempo perfettamente e, per quel che riguarda molti generi musicali, in modo continuo. Molto spesso egli deve arricchire la melodia con fraseggi eseguiti con i vari strumenti a percussione di cui dispone. In molti generi musicali il batterista assume un ruolo predominante e deve essere in grado di eseguire degli assoli misurati o liberi. LA BODY PERCUSSION Con il termine body percussion si indica la produzione sonora attraverso la percussione del proprio corpo: così come gli strumenti a percussione producono dei suoni quando vengono percossi, sfregati o agitati, anche il corpo umano può essere utilizzato per questo fine. Perché utilizzare questa tecnica La body percussion può essere utilizzata in ambito didattico musicale: i bambini possono sperimentare direttamente sul loro corpo gli elementi musicali come la pulsazione, il ritmo, la metrica delle parole. Si va inoltre ad implementare la coordinazione motoria, l’attenzione nel riprodurre i gesti proposti, la conoscenza del proprio corpo. Gesti Per la body percussion Con il nostro corpo abbiamo tantissime possibilità per creare dei suoni, non solo attraverso l’uso della voce. Per produrre dei suoni possiamo, ad esempio: battere le mani - battere i piedi - schioccare le dita - sfregare le mani tra di loro o sulle cosce - battere le mani sul petto, sulle gambe o sulle diverse parti del corpo fischiare - schioccare la lingua sul palato - colpire le guance tenendo la bocca aperta L’IMPORTANZA DELLE PERCUSSIONI: LO STRUMENTARIO ORFF Orff-Schulwerk L'Orff-Schulwerk è un metodo di insegnamento della musica che nasce da una serie di esperienze didattiche avviate e spinte alla maturazione da Carl Orff. Prima della nascita dello Schulwerk era già diffuso un nuovo metodo basato sulla relazione e l'importanza tra musica e movimento, il metodo Dalcroze (didatta e compositore svizzero). Orff, invece, teneva in particolare considerazione il fattore ritmico nella sua totalità, quindi la sua importanza nel movimento, nella voce e nella musica strumentale. Attraverso le sperimentazioni effettuate da Orff possiamo conoscere le caratteristiche fondamentali dello Schulwerk: la ricerca dell'elementarità e la metodologia pratica. Musica elementare è musica a misura di bambino, comprensibile e accessibile attraverso l'utilizzo della scala pentatonica (ad esempio Do Re Mi Sol La). Per quanto riguarda la metodologia, Orff propose indicazioni e dati per poi classificare e interpretare, invece di imporle come teorie; d'altronde, come diceva Orff, « la musica per bambini nasce lavorando con i bambini e lo Schulwerk vuole essere stimolo per un proseguimento creativo autonomo; infatti esso non è definitivo, ma in continua evoluzione. » Successivamente fu creato uno strumentario pensato per il raggiungimento dei nuovi scopi: strumenti a percussione ritmici (tamburi, tamburelli baschi, campanacci, triangoli, piatti, legni, reco reco…) e strumenti a percussione melodici (metallofoni e xilofoni) e fu prodotto del materiale popolare (detti, conte, filastrocche). Lo Schulwerk oggi è diventato il mezzo attraverso il quale il bambino si avvicina alla musica "facendola", usando mezzi da lui conosciuti e venendo incoraggiato a trovare un nuovo accesso a nuove esperienze musicali, sollecitando anche la sua fantasia. Nello stesso tempo viene sviluppata la sua formazione, generale, individuale e sociale: coordinazione motoria, fantasia, senso critico, inserimento nel gruppo, confronto non competitivo. Da Wikipedia, l'enciclopedia libera