Teoria del raggio
GAETANO FESTA
1. Onde, fronti, raggi
La teoria del raggio è non solo lo strumento più importante per l’investigazione della struttura
interna della Terra, ma anche un affascinante mondo che mescola la fisica ondulatoria e la
meccanica hamiltoniana dei sistemi materiali. Essa si applica a tutti i fenomeni che si propagano
come onde e consiste nel sostituire alla descrizione attuale del campo, l’insieme dei percorsi che
l’onda seguirà per raggiungere un osservatore a partire da una sorgente. Poiché la teoria del
raggio si basa sulle onde, è bene partire dalla definizione di onda, che può essere ben formalizzata
da un punto di vista matematico. Un determinato campo u (scalare, vettoriale o tensoriale) si
comporta come un’onda, se, almeno sotto certe condizioni e approssimazioni, verifica l’equazione
seguente:
∂ 2u
= c 2∇2u
∂t 2
dove t e x sono le coordinate tempo e posizione e c è la velocità di propagazione delle onde. Tale
equazione contiene soltanto derivate seconde sia rispetto allo spazio che rispetto al tempo e
presenta dunque delle simmetrie, essendo le soluzioni (generali) invarianti rispetto al cambio di
variabili t e –t (inversione temporale), x e –x (reciprocità). Nel caso della reciprocità, se ho una
sorgente S(t) in xs che produce un campo d’onda u(t) al ricevitore in xr, posso scambiare il ruolo di
sorgente e ricevitore e ottenere lo stesso campo d’onda. Una sorgente S(t) in xr produrrà lo stesso
campo d’onda u(t) al ricevitore in xs.
Le funzioni di Green associate a questa soluzione in un mezzo omogeneo infinito sono
proporzionali a:
1
u (x, t ) ∝ δ (t − x / c)
x
Esse si attenuano con la distanza come 1/r (dove r=|x|): poiché l’energia del sistema si conserva,
ma si distribuisce su sfere di raggio sempre maggiore, l’ampiezza che è proporzionale alla radice
della densità superficiale di energia, decresce come la radice della superficie della sfera (spreading
geometrico). Le funzioni di Green ripropongono inoltre la stessa funzione sorgente, ad un tempo
ritardato della propagazione del segnale tra la sorgente ed il ricevitore. Se si fotografa il campo u
nello spazio, ad un istante di tempo fissato t, il luogo dei punti per i quali il valore del campo è
diverso da zero e costituito da una superficie sferica di raggio R=ct. Questa interscambiabilità
spazio-tempo e’ importante per lo studio dei fenomeni ondulatori. Quando guardiamo il
fenomeno ondulatorio in un punto dello spazio, l’arrivo della perturbazione, che corrisponde ad
una transizione del campo da zero a valori diversi da zero e’ associata al passaggio di una
singolarità. Tale singolarità può essere una delta di Dirac come nel caso delle funzioni di Green
(discontinuità d’ordine 0), un salto nel campo (discontinuità d’ordine 1), una variazione nella
pendenza (discontinuità d’ordine 2), o una discontinuità nelle derivate successive.
Consideriamo la funzione travel-time (tempi di arrivo) la funzione T(x) che rappresenta il tempo di
arrivo della discontinuità in tutti i punti dello spazio. Il luogo dei punti rappresentato dalla
discontinuità ad un istante di tempo fissato t individua il fronte d’onda, che rappresenta una
superficie nello spazio soddisfacente l’equazione T(x)=t. Per ricostruire la superficie ad un istante
di tempo successivo possiamo utilizzare il principio di Huygens: consideriamo il fronte d’onda
come un insieme di sorgenti elementari che propagano il campo verso l’istante successivo alla
velocità c(x). Il nuovo fronte e’ l’inviluppo dei fronti d’onda associati alle sorgenti elementari. Ci
aspettiamo che il fronte risulterà più allungato nella direzione in cui la velocità delle onde è
maggiore. In una rappresentazione complementare possiamo pensare di individuare localmente la
direzione normale al fronte d’onda e seguire questa direzione nello spazio. Possiamo dunque
costruire la curva la cui tangente è localmente normale al fronte d’onda, che chiameremo raggio.
Nel caso delle funzioni di Green in un mezzo omogeneo infinito, i fronti d’onda sono delle superfici
sferiche, mentre i raggi sono delle rette uscenti dall’origine.
I fronti d’onda sono associati alla presenza di discontinuità e concernono quella parte di segnale in
cui vi è la singolarità come espressione del passaggio da uno stato di segnale nullo ad uno stato di
perturbazione diverso da zero. Tali singolarità sono effettivamente individuabili quanto più si filtra
il segnale ad alta frequenza. Per questo la teoria del raggio è un’approssimazione dell’equazione
delle onde ad alta frequenza.
Ricordiamo che il campo di spostamento prodotto in un mezzo elastico non soddisfa l’equazione
delle onde ma contiene sia termini propagativi (onde P e S) che termini non propagativi (nearfield). Comunque non solo il campo vicino si attenua molto rapidamente e scompare a poche
lunghezze d’onda dalla sorgente, ma esso contiene anche singolarità d’ordine superiore rispetto
alle onde di volume. Viene dunque ulteriormente attenuato se il segnale è filtrato ad alte
frequenze.
2. Elementi di geometria differenziale
Una curva nello spazio è una funzione x = [a, b] ∈ R → R3 , che indicheremo con x(ξ ) , dove ξ è il
parametro della curva e l’insieme dei punti che costituiscono il codominio della funzione è il
supporto o la traiettoria della curva. Generalmente l’equazione oraria in cinematica, ovvero la
posizione di un punto materiale in funzione del tempo x(t ) è una curva, dove il parametro che
varia è il tempo. Una curva con derivata prima continua e non nulla nell’intervallo aperto (a, b) si
dice regolare, perché dotata di tangente in tutti i punti interni. Data una traiettoria nello spazio,
come può essere un raggio che connette la sorgente di un evento sismico con il ricevitore,
esistono infinite parametrizzazioni, tali che il supporto di questa curva sia la traiettoria data. Data
una traiettoria, l’ascissa curvilinea s è la parametrizzazione naturale per la definizione della
lunghezza della curva, con la proprietà che il vettore tangente alla curva
t=
dx
ds
ha modulo unitario. Data una parametrizzazione generica della curva τ, il vettore tangente è tale
che
dx / dτ
t=
dx / dτ
Nella rappresentazione con ascissa curvilinea, il vettore
dt
è ortogonale a t
ds
dt 1 d
1 d
2
=
(t ⋅ t ) =
( t )=0
ds 2 ds
2 ds
ma non ha modulo unitario. Definiamo la quantità
t⋅
κ=
dt
ds
la curvatura ed il suo reciproco il raggio di curvatura R. Il vettore normale alla curva
n=R
dt
ds
Se il vettore tangente e normale giacciono nello stesso piano lungo tutto il raggio si ha che
b = t×n
È costante lungo il raggio ed ortogonale al piano del raggio, altrimenti b prende il nome di vettore
binormale e forma una terna levogira con il vettore tangente e quello normale. La quantità
dn
⋅b
ds
Prende il nome di torsione e misura la deviazione della curva dal piano orizzontale.
τ=
3. Equazione iconale e del raggio
Poiché siamo interessati a cercare soluzioni dell’equazione delle onde ad alta frequenza, è
opportuno procedere alla trasformata di Fourier dell’equazione d’onda. Nel dominio (x, ω)
l’equazione delle onde e’ la seguente:
ω 2 u + c 2∇ 2 u = 0
La soluzione in un mezzo omogeneo nel dominio delle frequenze è
1
1
u ( x, ω ) ∝ eiω x / c = eiωT ( x )
x
x
Per similarità cerchiamo una soluzione nel dominio delle frequenze della forma (ansatz della teoria
del raggio):
u ( x, ω ) = S (ω ) A( x, ω )eiωT ( x )
dove S rappresenta il contributo della sorgente, che non dipende dalle variabili spaziali, A
rappresenta lo spettro di ampiezza del campo e T ne rappresenta la fase, che supporremo lineare
in ω. In tal caso T è il tempo d’arrivo del fronte d’onda alla posizione x. Sostituiamo la soluzione di
prova nell’equazione delle onde:
ω2
2
SAeiωT ( x ) + S ∇ ⋅∇AeiωT ( x ) = 0
c
Il contributo della sorgente può essere semplificato, indicando il fatto che la teoria del raggio
fornisce soltanto indicazioni su come il mezzo attraversato deforma il fronte d’onda ma non sulle
condizioni (iniziali o di forze esterne) che hanno prodotto la deformazione.
Inoltre
(
∇ ⋅∇AeiωT ( x ) = ∇ ⋅ ( ∇A + iω A∇T ) eiωT ( x ) = ∇ 2 A + 2iω∇A ⋅∇T + iω A∇ 2T − ω 2 A ∇T
2
)e
iωT ( x )
Sostituendo nell’equazione originale, dopo aver semplificato per e iωT ( x ) , otteniamo
2
∇ 2 A + 2iω∇A ⋅∇T + iω A∇ 2T − ω 2 A ∇T +
ω2
A=0
c2
Sviluppiamo la funzione di modulazione A in serie di potenze, intorno al punto ω = ∞ :
∞
A ( x)
A
A
A = ∑ n n = A0 + 1 + 2 2 + ...
iω ( iω )
n = 0 (iω )
Dove, nella rappresentazione finale è stata omessa l’esplicita dipendenza dalla variabile spaziale.
A appare come la sovrapposizione di discontinuità d’ordine crescente: il primo termine
rappresenta la trasformate di Fourier di una distribuzione delta, l’ordine 1 un gradino, l’ordine 2
una rampa e così via. Supponiamo che A0 sia diverso da zero. Sostituendo la serie nell’equazione
precedente, otteniamo una rappresentazione polinomiale in ω:
∞
∞
 2 ∞ An
An
∇An  ∞ ∇ 2 An
2
1
−
∇
T
+
i
ω
∇
T
+
2
∇
T
⋅
+∑
=0
∑
∑

∑
2
n
n
n 
n
(
i
)
(
i
)
(
i
)
ω
ω
ω
c
 n= 0 (iω )
n
=
0
n
=
0
n
=
0


ω2 
Che possiamo rappresentare come
∞
∞
An
∇ 2TAn + 2∇T ⋅ ∇An ∞ ∇ 2 An
2
 1
−
+
∇
T
+
+∑
=0
∑
∑
 2

n−2
n
(iω ) n −1
 c
 n =0 (iω )
n =0
n = 0 (iω )
e con un po’ di algebra
∞
An + 2 
2 
 1
2
T
A
i
A
−
+
∇
−
ω
+
ω
+
+ iω ∇ 2TA0 + 2∇T ⋅∇A0  +
∑
0
1
 2

n 
c
i
(
)
ω


n =0

2
2
∞
∞
∇ TAn +1 + 2∇T ⋅∇An +1
∇ An
+∑
=0
∑
n
n
(iω )
n =0
n = 0 (iω )
Tale equazione contiene potenze decrescenti di omega a partire da 2: ω = 2, 1, 0,−1, ...,−k,... Tale
equazione e’ nulla se i singoli coefficienti in ωα sono nulli. Se estraiamo la potenza d’ordine
massimo (in ω =2) otteniamo:
2
1
A0  2 − ∇T  = 0
c

e poiché A0 è diverso da zero, otteniamo l’equazione iconale:
1
∇T =
c
E’ facile vedere che se A0 = A1 = .. = An-1 = 0 e An ≠ 0, il primo termine diverso da zero è quello di
ordine ω−n+2 e l’equazione iconale continua ad essere verificata. Annullando i coefficienti d’ordine
successivo si ottengono le equazioni per le ampiezze:
∇ 2TA0 + 2∇T ⋅ ∇A0 = 0
∇ 2TAn +1 + 2∇T ⋅∇An +1 + ∇ 2 An = 0
La prima delle equazione è detta equazione del trasporto e permette di calcolare l’ampiezza A0 in
funzione di T; essa è comunemente utilizzata per la caratterizzazione del contributo ad alte
frequenze del segnale. Le equazioni successive, che appaiono sotto una forma ricorsiva
aggiungono i contributi di ordine superiore nello sviluppo delle ampiezze descritto in precedenza.
Se T(x) e’ il traveltime, tempo di percorso dell’onda, ∇ T è localmente normale al fronte d’onda.
L’equazione iconale non e’ altro che la formalizzazione del principio di Huyguens e fornisce la
mappa generalizzata della funzione travel-time una volta che è definita la funzione velocità di
propagazione dell’onda nel volume in analisi. Poiché ∇T è normale al fronte d’onda, tale quantità
è anche la derivata della funzione T lungo la direzione normale, il cui modulo è uguale a 1/c.
Utilizzando un’approssimazione alle differenze finite abbiamo che
∆T 1
=
∆n c
Dove ∆t e ∆n sono variazioni di tempo e di lunghezza piccole. Da questa espressione otteniamo
che la posizione del fronte d’onda all’istante successivo si ottiene tracciando un segmento di
lunghezza ∆n = c ∆T, che rappresenta la posizione del punto appartenente all’inviluppo che
definirà il fronte d’onda all’istante di tempo successivo. L’equazione iconale è un’equazione
differenziale non lineare alle differenze finite:
2
2
2
1
 ∂T   ∂T   ∂T 

 +
 +
 = 2
 ∂x   ∂y   ∂z  c
Che può essere risolta numericamente in maniera efficace attraverso un algoritmo alle differenze
finite (ad es. quello di Podvin e Lecomte, 1991).
Se rappresentiamo il raggio attraverso l’ascissa curvilinea s, otteniamo che la tangente al raggio t
dx
t=
ds
è, per definizione, normale al fronte d’onda e ha modulo unitario. Si ha dunque che
dx ∇T
=
= c∇T
ds ∇T
ovvero
d  1 dx  d
dx
c
c 1
2
1
⋅∇ ( ∇T ) = c∇T ⋅∇ ( ∇T ) = ∇ ∇T = ∇  2  = ∇  

 = ∇T =
ds  c ds  ds
ds
2
2 c 
c
(
)
( ) = 2f ⋅∇f . L’equazione ottenuta e’ nota come equazione del
avendo utilizzato il fatto che ∇ f
2
raggio e permette di ricavare il raggio x = x ( s ) in funzione della velocità delle onde sismiche. Ogni
valore di s0 individua quel punto lungo il raggio che connette la sorgente con il ricevitore che ha
distanza s0 dalla sorgente. Il valore di s per cui la posizione è quella del ricevitore xr è la lunghezza
del raggio. Il tempo di percorso tra sorgente e ricevitore è :
s = s ( xr )
ds '
T ( x) = ∫
c(x( s '))
0
4. Formulazione hamiltoniana
Mentre la traiettoria (il supporto della curva) e’ fissata, la sua parametrizzazione è arbitraria e può
cambiare. Se scegliessimo come parametro il tempo t, legata all’ascissa curvilinea dalla relazione
s = ∫ cdt ; ds = cdt
La soluzione della curva x = x (t )
2
d  1 dx 
1 c  1 
=
c
∇
=
∇ 2 


 
dt  c 2 dt 
c 2 c 
dipende soltanto dal quadrato della velocità delle onde. Per tale parametrizzazione, il tempo di
percorso è
t =t ( x )
T ( x) =
∫
dt '
0
mentre la lunghezza della curva è
t =t ( x )
L( x) =
∫
c(x(t '))dt '
0
Possiamo infine scegliere come parametro la variabile τ , tale che
d 1 d
τ = ∫ cds; dτ = cds;
=
dτ c ds
Tale variabile non ha un interpretazione fisica diretta, ma consente di semplificare l’equazione del
raggio a:
d 2x
 1 
= ∇ 2 
2
dτ
 2c 
In questo riferimento dunque l’equazione del raggio è null’altro che la legge oraria di una
particella di massa unitaria che si muove nel “tempo virtuale” τ, soggetta al campo di forze
conservativo che deriva dal potenziale
1
V =− 2
2c
Possiamo introdurre la quantità di moto del sistema
dx
p=
dτ
le equazioni corrispondenti per l’evoluzione della quantità di moto sono
dp
 1 
= ∇ 2 
dt
 2c 
E’ possibile definire una funzione
H ( x, p) =
p
2
−
2
1
2c 2
tale che le equazioni del sistema sono
dx ∂H
=
dτ ∂p
dp
∂H
=−
dτ
∂x
La funzione H è dunque l’Hamiltoniana del sistema e le equazioni associate sono le equazioni di
Hamilton nelle variabili canoniche (x, p). Abbiamo dunque ricondotto un fenomeno ondulatorio,
attaverso il raggio ad un problema equivalente di una particella che si muove in un potenziale.
Possiamo dunque utilizzare i risultati della meccanica classica, primo tra tutti quello per cui
l’Hamiltoniana si conserva.
Inoltre, poiché
dx
= c∇T
ds
Si ha che
p=
dx
= ∇T
dτ
E poiché è valida l’equazione iconale | p |2 = 1 / c 2 e H = 0. L’equazione p = ∇T è stata verificata lungo
il raggio e p interpretata come la tangente. Tuttavia la grandezza vettoriale p così come definita
nell’Hamiltoniana, è una funzione generale della posizione così come lo è la funzione T.
L’equazione può essere dunque generalizzata e resa indipendente dal tracciamento dei raggi: il
vettore p prende il nome di vettore lentezza ed ha modulo pari all’inverso della velocità di
propagazione dell’onda.
La lunghezza della curva è
τ =τ ( x )
dτ '
L( x) = ∫
c(x(τ '))
0
ed il travel-time
τ =τ ( x )
T ( x) =
∫
0
dτ '
c (x(τ '))
2
Se consideriamo un mezzo omogeneo, per cui c è costante, si ha che
dp
 1 
= ∇  2  = 0 ⇒ p = p0
dτ
 2c 
e dunque anche p è costante. Poiché
dx
= p 0 ⇒ x = x 0 + p 0τ
dτ
x è una funzione lineare ed i raggi sono delle rette.
Nel caso in cui la velocità delle onde varia con la profondità c = c(z), si può dimostrare che i raggi
sono traiettorie in piani verticali contenenti la sorgente ed il ricevitore. Definiamo il piano (x, z)
quello che contiene sorgente e ricevitore e poniamo l’origine nella sorgente. Per la seconda
equazione di Hamilton si ha che
dp y
dpx
= 0;
= 0; da cui
px = p0 x ; p y = p0 y
dτ
dτ
Consideriamo il momento della quantità di moto o momento angolare
Q = x×p
Si ha che
dQ dx
dp
dp
dp
=
×p + x×
= p×p + x×
= x×
dτ dτ
dτ
dτ
dτ
Poiché dp/dτ ha solo la componente z diversa da zero si ha che
dQz
=0
dτ
Dunque Qz è costante lungo il raggio. Nell’origine, poiché x=0 , si ha che Qz=0, nel ricevitore, di
coordinate (xr,0,zr) tale quantità vale Qz= xr p0y=0, da cui p0y=0 (possiamo assumere che xr sia
diverso da zero, altrimenti sarebbe sopra la sorgente e non sarebbe possibile definire
univocamente il piano verticale). In conclusione si ha che lungo il raggio
dy
= p0 y = 0; y = 0
dτ
poiché inizialmente y=0.
Introduciamo l’angolo di incidenza i, come l’angolo che la tangente al raggio forma con la direzione
verticale. In tal caso p x = p sin i e pz = p cos i . Siccome px è costante e p è il reciproco della
velocità la quantità
sin i
= p0 x
c
si conserva lungo il raggio (legge di Snell). Tale quantità è solitamente chiamata parametro del
raggio.
5. Raggi in un mezzo a gradiente
Calcoliamo i raggi in un mezzo in cui la velocità di propagazione varia linearmente con la
profondità:
c( z ) = c0 + K 0 z
Ricordiamo che in geometria differenziale, la derivata della tangente rispetto all’ascissa curvilinea
è legata alla curvatura:
dt 1
= n
ds R
dove n e’ la normale alla curva e R e’ il raggio di curvatura locale alla curva. Si ha
dt
dt
di dt
di
=c
=c
=c n
ds
dτ
dτ di
dτ
Ora derivando la relazione cp x = sin i rispetto a τ si ha:
di
dz
cos i
= px K 0
= p x K 0 pz
dτ
dτ
cos i
E utilizzando l’espressione pz =
, si ha
c
di
c
= K 0 px
dτ
Da cui il raggio di curvatura è
1
K 0 px
è costante lungo la traiettoria. Ciò significa che le traiettorie sono archi di circonferenze di raggio
fissato. In
n un mezzo a gradiente i raggi curvano verso l’alto. Quanto più è rapido il gradiente
(grandi valori di K0) , tanto più piccolo è il raggio di curvatura, tanto più rapidamente il raggio curva
verso l’alto. Nel caso limite contrario, per
p K 0 = 0 (mezzo omogeneo), il raggio di curvatura è
infinito e i raggi degenerano in rette.
R=
6. Caratteristiche dei raggi in mezzi con c=c(z)
Figura 1 : Raggio che connette una sorgente posta in superficie, con un ricevitore, altrettanto posizionato sulla superficie,
superfici in un
mezzo in cui la velocità cresce con la profondità. In tale circostanza, man mano che i raggi si approfondiscono, la loro tangente
tang
tende a divenire sempre più orizzontale per la legge di Snell.
Quando
ndo la velocità delle onde varia con la sola profondità, la legge di Snell è verificata ed il
sin i
parametro del raggio px =
è costante lungo il raggio stesso: tale quantità, dunque,
c
caratterizza univocamente il raggio. Se la velocità delle onde cresce con la profondità, allora i raggi
emessi dalla sorgente e diretti verso il basso tendono ad avere una tangente sempre più
orizzontale man mano che si approfondiscono:
approfondiscono se px è costante, l’angolo di incidenza deve difatti
crescere al crescere della velocità di propagazione delle onde (Figura 1). Vi sarà una profondità
pro
in
1
corrispondenza della quale la velocità è pari a
: a tale profondità il raggio diviene orizzontale
px
(sin i =1) e oltre
ltre tale punto, il raggio risale simmetricamente verso la superficie della Terra fino a
raggiungerla. Il punto
unto di massimo approfondimento del raggio prende il nome di turning point o
punto di inversione ed il valore della velocità in tale punto è direttamente legato al parametro del
raggio.
Abbiamo dunque osservato che in
i un mezzo in cui la velocità cresce con
n la profondità,
profondità i raggi che
raggiungono la superficie sono generalmente diretti verso il basso e non verso l’alto come accade
nel caso di un mezzo omogeneo. Poiché nella Terra la velocità cresce mediamente
mediament con la
profondità, sia a scala locale
ale che globale,
globale, queste sono le caratteristiche medie dei percorsi
effettuati dalle onde che connettono sorgente e ricevitore. Osserviamo inoltre che i raggi tendono
a raggiungere i ricevitori con incidenza piuttosto verticale. Poiché le onde P sono polarizzate
(inducono moti) parallelamente al raggio, esse hanno un contributo dominante sulla componente
verticale. Le onde S, al contrario, hanno una polarizzazione ortogonale al raggio e dunque sono
registrate in maniera predominante sulle componenti orizzontali dei sismografi
sismogr
posti sulla
superficie della Terra.
Osserviamo infine che nel caso in cui la velocità delle onde decresce con la profondità, i raggi sono
concavi e non risalgono verso la superficie. Per questa ragione, le regioni in cui la velocità delle
onde decresce
ce con la profondità sono difficilmente risolte dall’analisi dei tempi di arrivo delle onde
sismiche.
7. Tomografia e problema di Wichert-Herglotz
Wichert
Figura 2 : Esperimento di tomografia
omografia sismica a scala locale con sorgente in profondità e ricevitore in superficie. Le osservazioni sono
rappresentate dai tempi di arrivo dell’onda ai ricevitori, posizionati ad una certa distanza (offset) dall’epicentro. I raggi che
connettono la sorgente
rgente con i ricevitori sono stati tracciati nell’ipotesi di un mezzo omogeneo.
Il nostro obiettivo è quello di ricavare informazioni sulla velocità delle onde sismiche all’interno
della Terra,
rra, in funzione dei tempi di arrivo delle fasi sismiche.
sismiche. Tale problema inverso è noto in
sismologia come tomografia sismica, per la somiglianza, in termini di metodologia e processing,
con la tomografia medica. Cominciamo,
Cominciamo per semplicità, ad analizzare ill problema di una Terra
piatta (modello valido a scala locale),
locale vedremo poi come, con opportune trasformazioni,
trasformazioni relazioni
analoghe possano essere ottenute per un modello sferico di Terra. Inoltre supponiamo che la
l
velocità delle onde vari soltanto lungo
l
la direzione verticale (c = c(z)), approssimazione che è valida
al prim’ordine per la Terra.. I nostri osservabili sono i tempi di arrivo delle onde sismiche ad una
serie di ricevitori posti sulla superficie della Terra. Un classico esperimento di tomografia è quello
rappresentato in Figura 2,, in cui la sorgente è posta ad una profondità h ed i ricevitori sono sulla
superficie ad una certa distanza dalla proiezione in superficie dell’evento. Tale proiezione, nel caso
in cui l’evento sia un terremoto,, viene chiamata epicentro, e la distanza nel piano orizzontale dei
ricevitori viene indicata come offset. Le nostre osservazioni corrispondono alle misure dei tempi di
arrivo delle onde in funzione dell’offset T(x) ed il nostro
tro obiettivo è quello di ricavare il profilo di
velocità con la profondità. Nel caso di un mezzo omogeneo, la velocità è costante ed i raggi sono
delle linee rette, come rappresentato in Figura 2. I tempi di arrivo
o possono essere semplicemente
ricavati dividendo lo spazio percorso per il valore costante della velocità:
T ( x) =
x2 + h2
c
Tale curva che rappresenta il problema diretto è un ramo di iperbole, con intercetta pari a h/c e
asintoto la retta passante per l’origine con pendenza 1/c. Il tempo di intercetta è il tempo minimo
impiegato dall’onda per raggiungere la superficie, e corrisponde al raggio verticale che connette la
sorgente con l’epicentro. L’asintoto invece ha pendenza inversamente legata alla velocità delle
onde. Un esempio di tale curva è mostrato in Figura 3. A distanze pari a 2-3 volte la profondità,
l’iperbole si avvicina molto all’asintoto ed è approssimabile con questo. Misure dei tempi di arrivo
in funzione dell’offset in tale intervallo di distanze (wide angle approximation), forniscono dunque
direttamente la misura della velocità dell’onda nello strato. Quando la profondità della sorgente è
zero, il tempo di intercetta è a sua volta nullo e l’iperbole si riduce alla retta tratteggiata.
Figura 3 : Grafico del tempo di arrivo in funzione della distanza in un mezzo omogeneo. Il valore del tempo è stato normalizzato per
il tempo di arrivo dell’onda dalla sorgente all’epicentro e qui è stato scelto pari a 2s. La curva è un iperbole che asintoticamente
tende ad una retta con pendenza pari a 1/c.
Nel caso di un mezzo omogeneo dunque è possibile trovare delle soluzioni semplici al problema
inverso. Vediamo, ora, come tali osservazioni si estendono al caso più generale di un mezzo di
propagazione cui la velocità dipende dalla profondità. Analizzeremo per semplicità il caso in cui
sorgente e ricevitore sono entrambi posti sulla superficie della Terra: in tal caso l’offset è
direttamente la distanza tra sorgente e ricevitore. Se la velocità delle onde è funzione della sola
profondità il raggio è simmetrico rispetto al punto medio x/2, laddove raggiungerà il massimo
approfondimento zmax, per poi risalire al ricevitore.
Cominciamo con l’osservare che il tempo di arrivo dell’onda ad un ricevitore posto ad un offset xr è
dato dalla relazione
dτ
T ( xr ) = ∫ 2
ψ c
dove ψ è il raggio che connette la sorgente con il ricevitore e c dipende dal parametro τ attraverso
z. Tale integrale possiamo decomporlo in due parti, quella associata alla parte decrescente del
raggio (ψ1) e quella associata alla parte crescente(ψ2):
dτ
dτ
T ( x) = ∫ 2 + ∫ 2
c ψ2 c
ψ1
Per simmetria i due contributi sono uguali fra di loro e si ha che
dτ
T ( x) = 2 ∫ 2
c
ψ1
Per cui possiamo limitarci a calcolare il tempo solo lungo la parte decrescente del raggio e poi
moltiplicare per due il risultato ottenuto. Poiché la velocità dipende soltanto dalla profondità,
trasformiamo l’integrale utilizzando come variabile z:
τ ( zmax )
T ( xr ) = 2
∫
0
z
−1
z
z
max
max
max
dτ
1 dτ
1  dz 
1
=
dz
=
dz
=
dz
2
2
2

2
2
2 
2
∫
∫
∫
c ( z (τ ))
c dz
c  dτ 
c pz
0
0
0
Tenendo conto che
pz2 = p 2 − px2 =
1
− px2
2
c
Si ha infine che
zmax
1
dz tale che x( px ) = xr
1
2
2
0
c
− px
c2
L’integrale dipende esplicitamente dal parametro del raggio px che caratterizza univocamente quel
raggio che emesso dalla sorgente, raggiungerà la superficie nell’offset xr. La distanza orizzontale
percorsa da un raggio con parametro px è descritta dall’equazione:
T ( px ) = 2
τ ( zmax )
x ( px ) = 2
∫
∫
−1
z
z
max
max
p
dx
 dz 
dτ = 2 ∫ px   dz = 2 ∫ x dz =2 px
dτ
pz
 dτ 
0
0
zmax
∫
1
dz
1
2
− px
c2
dove a sua volta è stata utilizzata l’ipotesi di simmetria del raggio. Le due equazioni x(px) e T(px)
rappresentano in forma parametrica il tempo di arrivo dell’onda in funzione dell’offset. Per
ottenere una rappresentazione esplicita è necessario invertire la prima delle due relazioni,
ottenendo px = px (x) e sostituire l’espressione ricavata nella seconda. Come si può osservare, non
è semplice invertire la relazione integrale x(px). L’espressione del problema diretto in forma
esplicita è dunque possibile soltanto in pochi casi semplici, come quella del mezzo omogeneo
descritto sopra.
E’ possibile fornire una rappresentazione integrale come soluzione del problema inverso in alcuni
casi, che andiamo a descrivere nel seguito. Osserviamo che il parametro del raggio può essere
direttamente ricavato dalle osservazioni dei tempi di arrivo in funzione dell’offset. Dall’equazione
iconale e dalla definizione della lentezza osserviamo che
dT
= px
dx
ossia il parametro del raggio è la derivata del travel-time in funzione della distanza.
L’integrale dell’offset in funzione del parametro del raggio possiamo riscriverlo effettuando un
cambiamento della variabile di integrazione dalla profondità al modulo quadro della lentezza,
dietro l’ipotesi che questa relazione sia invertibile, ottenendo:
0
x
=
2 px
zmax
∫
0
1
1
− px2
2
c
p x2
dz =
In tal caso gli estremi di integrazione diventano
∫
1/ c02
0
1
dz
d ( p2 )
2
2 d ( p2 )
p − px
1
, il reciproco quadro della velocità in superficie e
c02
px2 , poiché nel punto di massimo approfondimento del raggio la tangente è orizzontale e la
lentezza è ivi esattamente il parametro del raggio. Tale integrale, noto come formula diretta del
problema di Wiechert-Herglotz, è stato comunemente utilizzato per ottenere la funzione c(z) a
partire da misure di travel-time a differenti offset.
La relazione di Wiechert-Herglotz è una forma della trasformata di Abel, introdotta la prima volta
per l’analisi del problema inverso della definizione del profilo di una collina a partire da misure di
tempi di andata e ritorno di una pallina che viene lanciata alla sua base con velocità iniziale nota.
Analizzeremo in dettaglio questo problema per comprendere le condizioni sotto le quali esiste
l’inversa della trasformata di Abel. Nel problema di Abel, la pallina è soggetta soltanto al campo di
gravità. Consideriamo un sistema con origine alla base della collina, asse z orientato verso l’alto,
nella direzione della gravità, e asse x orizzontale. Possiamo definire il profilo della collina
attraverso la funzione x(z), che rappresenta la distanza orizzontale in funzione della quota z. Il
problema è schematizzato nella parte sinistra di Figura 4. Se la pallina è lanciata con velocità
iniziale v0, questa raggiungerà la quota zmax, tale che
1 2
v0 = gzmax
2
Per la conservazione dell’energia meccanica, dunque scegliere arbitrariamente la velocità iniziale
equivale a definire la quota massima che può essere raggiunta dalla pallina. Preferiremo, per
similitudine con il nostro problema sismologico, rappresentare il tempo di andata e ritorno in
funzione della quota massima piuttosto che della velocità iniziale. Tale quantità è l’integrale lungo
il profilo
zmax
ds
1 ds
Tar = 2∫ = 2 ∫
dz
c dz
ϕ c
0
Poiché il profilo come curva è stata parametrizzata attraverso la distanza z, si ha che il valore della
2
ds
 dx 
derivata è
= 1 +   . La velocità c alla quota z può essere ricavata dalla conservazione
dz
 dz 
1
dell’energia meccanica del sistema ed è tale che gzmax − gz = c 2 . Si ha dunque che
2
c = 2 g ( z − ζ ) . Il tempo di andata e ritorno è dunque
2
 dx 
1+  
 dz 
dz
2 g ( zmax − z )
zmax
∫
t ( zmax ) = 2
0
La forma generale della trasformata di Abel è
x
f (ξ )
dξ
x
−
ξ
0
e l’obiettivo dell’inversione è quello di determinare la funzione f avendo effettuato misure di t. Nel
caso del profilo della collina, la funzione f è
t ( x) = ∫
 dx 
1
f (ξ ) =
1+ 

2g
 dξ 
2
nel caso della relazione di Wiechert-Herglotz, ponendo la variabile x = px2 , la variabile ξ = p 2 =
la funzione f è:
f (ξ ) =
dz
dξ
1
c2
Per ricavare la formula inversa
versa della trasformata di Abel, moltiplichiamo
moltiplichiamo ambo i membri per
1
ed integriamo rispetto alla variabile x tra 0 e ζ
ζ −x
Figura 4 : A sinistra: profilo della collina, rappresentato attraverso la funzione x(z).. Nel problema di Abel la pallina viene lanciata con
diversi valori di velocità iniziale e viene ricostruito il profilo della collina attraverso
attraverso misure dei tempi di andata e ritorno della pallina
lungo il profilo. A destra: Intervallo di variazione delle variabili per l’intregrale doppio nel problema di Abel.
ζ
ζ
x
t ( x)
1
f (ξ )
∫0 ζ − x dx =∫0 ζ − x dx ∫0 x − ξ dξ
Nel secondo integrale, la variabile x assume valori compresi tra 0 e ζ e per ogni valore di x fissato,
la variabile ξ assume valori tra 0 e x. Il dominio di integrazione dell’integrale
integrale a secondo membro,
visto come integrale doppio nelle variabili (ξ,x) è il triangolo con base l’asse y e limitato dalla
bisettrice ξ=x (Figura 4, destra).. Se invertiamo le variabili di integrazione otteniamo
ζ
ζ
ζ
t ( x)
dx
∫0 ζ − x dx =∫0 f (ξ )dξ ∫ξ ζ − x x − ξ
L’integrale interno può essere calcolato attraverso il semplice cambiamento di variabile
x = ξ cos 2 ϕ + ζ sin 2 ϕ ; dx = 2(ζ − ξ ) sin ϕ cos ϕ
e gli estremi di integrazione
ntegrazione si trasformano in 0, π / 2 . Infatti per x=ξ si ha che (ζ − ξ ) sin 2 ϕ = 0 da
cui ϕ = 0 . Analogamente si ottiene per l’estremo superiore l’equazione cos ϕ = 0 . Sostituendo
l’integrale interno è
ζ
π /2
2 (ζ − ξ ) sin ϕ cos ϕ
dx
=
∫ξ ζ − x x − ξ ∫0 ζ − ξ cos ϕ ζ − ξ sin ϕ dϕ = π
Dunque l’integrale iniziale è
ζ
ζ
t ( x)
∫0 ζ − x dx = π ∫0 f (ξ )dξ
Per ottenere la funzione f basta derivare rispetto alla variabile z ambo i membri per ottenere
ζ
1 d
t ( x)
f (ζ ) =
dx
∫
π dζ 0 ζ − x
che corrisponde all’inverso della trasformata di Abel. Per il teorema di Bocher, condizioni
necessarie e sufficienti affinché il problema di Abel abbia una soluzione continua sono che la
funzione t deve essere continua, nulla nell’origine e deve avere derivata prima finita continua
quasi ovunque. La prima condizione richiede una dipendenza continua dai dati. Il profilo della
collina può essere interpretato in termini di un potenziale all’interno del quale si muove la pallina.
Se ta e’ il tempo di andata e ritorno in funzione della velocità va e ta + ∆ta è il tempo di andata e
ritorno in funzione della velocità va +∆va, allora a variazioni piccole della velocità (∆ va <ε) devono
corrispondere variazioni piccole del tempo di andata e ritorno (deve esistere δ(ε) tale che ∆ ta <δ).
Questa condizione è verificata se il profilo della collina e’ monotono. Se questo presenta dei
massimi e minimi allora tale condizione decade. In corrispondenza del massimo, infatti, avremo
una certa velocità per cui la pallina lo raggiunge e si ferma senza tornare indietro. Per velocità
leggermente inferiori a questa la pallina si muove verso il massimo ma si arresta e torna indietro.
Per velocità leggermente superiori, la pallina rallenta enormemente in prossimità del massimo, ma
ha abbastanza energia per scavalcarlo, scendere dall’altra parte e risalire più lontano. Poi si ferma
e, eventualmente, torna indietro. In corrispondenza del massimo si ha dunque una singolarità.
Oltre il massimo si ha un salto, perché il tempo diviene largamente maggiore di quello che
avremmo immediatamente prima del massimo. Ci aspettiamo che il salto di tempo può essere
descritto da un numero infinito di profili della collina caratterizzati dal fatto che debba esserci un
minimo dopo un massimo. Osserviamo inoltre che in presenza di un massimo, il profilo stesso
della collina non è più rappresentabile attraverso una funzione x(z).
L’integrale di Wiechert-Herglotz non è esattamente lo stesso della trasformata di Abel perché a
denominatore i termini sotto radice sono invertiti, così come gli estremi di integrazione. Se
sostituiamo nell’integrale di Abel al posto di ξ la quantità a-ξ e al posto di x la quantità a-x e infine
al posto di ζ la quantità a-ζ si ha che
a
t ( x) = ∫
x
f (ξ )
dξ
ξ −x
1 d
f (ζ ) = −
π dζ
a
∫
ζ
t ( x)
dx
x −ζ
Nel caso dell’integrale di Wiechert-Herglotz si ha che
p2
p
x / 2 px
dz
1 d
1 d
=−
d ( px2 ) = −
2
2 ∫
d( p )
π d ( p ) c0−2 px2 − p 2
π d ( p 2 ) c∫0−1
x
px2 − p 2
dp x
Da cui eliminando la derivata ad ambo i membri si ha:
z=−
1
π
p
∫
c0−1
x ( px )
px2 − p 2
dpx
Da cui si ha
z=−
1
p
1/ c
π 1/∫c
x ( px )
0
p
d
1
d
(arc cosh x )dpx = − ∫ x( px )
(arc cosh cpx )dpx
dpx
p
π 1/ c0
dpx
Integrando per parti si ha
1
1
z = − [ x( px ) arc cosh cpx ]1/1/ cc0 +
X (1/ c )
π
π ∫0
Ovvero sfruttando il fatto che x (1 / c0 ) = 0 e arccosh1=0 si ha che
z=
1
π
X (1/ c )
∫
0
arc cosh cpx dx
arc cosh cpx dx
Le relazioni di continuità della funzione t(x) corrispondono a delle relazioni di continuità della
funzione x(p). Quando i raggi che attraversano una zona in cui la velocità delle onde sismiche
decresce, allora diventano localmente concavi ed emergono molto più in là, rispetto ai raggi che
avevano attraversato il mezzo prima di incontrare l’inversione di velocità, producendo delle zone
d’ombra. In corrispondenza di tali inversioni di velocità la funzione x(p) ha una discontinuità e
l’inversione di Wiechert-Herglotz non è più applicabile. In corrispondenza di queste zone d’ombra
c’è un salto anche nella funzione T(p).
All’interno della Terra esistono due zone di inversione di velocità delle onde sismiche,
l’astenosfera, a delle profondità di 100 km e la discontinuità CMB mantello-nucleo. Il metodo di
Wiechert-Herglotz non può essere applicato per invertire modelli di velocità della Terra che
tengono conto dell’astenosfera (dunque lunghezze d’onda che investigano scale tra 100 − 300 km)
e il nucleo della Terra, perché il problema di inversione è mal posto.
8. Esempi
8.1. Mezzo omogeneo
Nel caso di un mezzo cartesiano a velocità costante c0 la curva di travel-time è una retta. Dunque
la sua derivata è una costante e ha intercetta nel valore 1 / c0 . La rappresentazione di WiechertHerglotz dà per ogni profondità z tale valore.
8.2. Risoluzione dell’integrale di Wiechert-Herglotz
Figura 5 : Sinistra : Curva misurata di travel-time in funzione della distanza. Centro: Parametro del raggio in funzione della distanza
ottenuta derivando la curva a sinistra. Destra: Modello di velocità ottenuto attraverso l’inversione di Wiechert-Herglotz.
Supponiamo di aver misurato i tempi di arrivo in funzione dell’offset, come riportati in Figura 5, a
sinistra. Tali tempi corrispondono ad un onda S diretta osservata ad una serie di ricevitori posti
sulla superficie. Derivando questa curva è possibile ottenere l’evoluzione del parametro del raggio
in funzione della distanza (Figura 5, centro). L’intercetta della curva rappresenta il reciproco del
valore della velocità in superficie, perché in tal caso il parametro del raggio è orizzontale. Tale
valore è pari a 1.34 km/s. Fissato un valore della velocità di propagazione delle onde c* è possibile
risolvere numericamente l’integrale di Wiechert-Herglotz. L’estremo di integrazione corrisponde al
valore di x, in corrispondenza del quale il parametro del raggio è pari a 1/c*. Questo è possibile
farlo per tutti i valori di velocità fino a 3 km/s, il reciproco del minimo valore di px nel grafico di
Figura 5. La soluzione numerica dell’integrale è mostrata nella stessa Figura 5, nel pannello a
destra, dove si osserva una forte variazione della curva a basse profondità seguita da un gradiente
piuttosto uniforme.
8.3. Variazioni rapide di velocità : triplicazioni
Figura 6: Nella parte alta, a sinistra, modello di velocità in funzione della profondità con una rapida variazione di velocità di
propagazione delle onde; a destra, tracciamento dei raggi, con colore rosso sono rappresentati i raggi che attraversano il gradiente
di velocità iniziale, in blu i raggi che entrano nella zona in cui la velocità cresce rapidamente, in verde quelli per cui l’offset di
emergenza aumenta di nuovo al diminuire dell’angolo di incidenza. Nella parte bassa, a sinistra i tempi di arrivo in funzione della
distanza, limitati alla regione in cui l’emersione dei raggi avviene ad offset minore, mostrano la presenza di una triplicazione, in cui
il raggio emerge ad offset minori con tempi minori; a destra i parametro del raggio in funzione dell’offset ottenuto per derivazione
della curva a sinistra. La triplicazione corrisponde al fatto che per un certo intervallo di offset esistono tre diversi valori di p, o tre
raggi, che raggiungono quel ricevitore.
Nel caso in cui ci sono delle zone dove la velocità cresce molto rapidamente si creano dei punti di
triplicazione del raggio. Fintanto che il raggio non attraversa la zona dove il gradiente cresce con la
velocità molto rapidamente, il parametro del raggio diminuisce all’aumentare della distanza (
dx / dp x < 0 , Figura 6, raggi rossi). Successivamente, non appena il raggio penetra nella zona a più
alta velocità il raggio si avvicina alla sorgente anziché allontanarsi, producendo un tempo di arrivo
più piccolo che nel casi immediatamente precedenti. Tali raggi, blu in Figura 6, producono il ramo
retrocedente nella curva dei traveltime. Successivamente, la curva T(x) torna a crescere. In
corrispondenza, la curva px(x) presenta una forma a serpentina, con possibili singolarità di prima
specie in corrispondenza dei punti angolosi della curva di traveltime. px(x) decresce nella fase
iniziale, poi inverte la direzione, ovvero al decrescere di px anche x decresce; infine torna a
decrescere all’aumentare di x. La curva px (x) non è invertibile e non è possibile esprimere x=x(px),
perché esistono dei valori della posizione, in corrispondenza dei quali px può assumere tre valori
diversi. Il teorema di Wiechert-Herglotz dunque può essere applicato nella versione in cui
l’integrando appare come funzione di px ma non nella formula finale, dove l’integrando è espresso
in funzione di x.
8.4. Modelli con inversione di velocità
Figura 7 : Nella parte alta, a sinistra, modello di velocità in funzione della profondità con un’inversione di velocità; a destra,
tracciamento dei raggi: con colore rosso sono disegnati i raggi che corrispondono al gradiente di velocità iniziale, in verde i raggi che
entrano nella zona in cui la velocità diminuisce. Nella parte bassa, a sinistra i tempi di arrivo in funzione della distanza: in
corrispondenza della zona a bassa velocità si osserva una zona d’ombra, dove la curva T(x) non è continua. A destra, in basso, la
curva px(x) presenta lo stesso salto.
I raggi che entrano all’interno di una regione in cui la velocità delle onde diminuisce anziché
aumentare invertono la curvatura, diventando concavi. Emergono dunque molto più in là in
superficie (Raggi verdi di Figura 7). Nel passaggio tra la zona in cui la velocità cresce alla zona in cui
la velocità diminuisce, si osserva una regione nell’offset in cui non arrivano raggi. Tale zona è nota
come zona d’ombra, e la sua presenza rende inapplicabile l’integrale di Wiechert-Herglotz.
Secondo il teorema inverso della trasformata di Abel, esistono un numero infinito di combinazioni
di modelli di velocità e spessori che consentono di rappresentare questa regione. La curva px(x)
presenta a sua volta un salto, con una piccola “virgola” nella parte iniziale, legata ad una
duplicazione dei primi raggi che entrano nel canale a bassa velocità.
9. Interfacce e onde sismiche
Finora ci siamo interessati alla propagazione delle onde sismiche in mezzi in cui la velocità varia
con continuità in funzione della profondità. In tale circostanza i raggi si trovano nel piano verticale
contenente sorgente e ricevitore. L’onda S che è ortogonale al raggio può essere utilmente
decomposta nella sua componente nel piano verticale (onda SV) e nella sua componente
orizzontale trasversa, ortogonale al piano verticale (onda SH). Anche l’equazione
dell’elastodinamica si separa in due contributi: uno legato ai moti che avvengono nel piano
verticale e che concernono la propagazione delle onde P ed SV, ed uno legato ai moti nella
direzione trasversa, dove l’equazione risultante si riduce all’equazione delle onde con velocità di
propagazione pari alla velocità delle onde S. I moti nel piano verticale (P-SV) sono disaccoppiati da
quelli nel piano orizzontale (SH).
Se all’interno del mezzo materiale in cui le velocità delle onde sismiche dipendono dalla velocità vi
è un’interfaccia, ovvero una superficie di discontinuità tra due mezzi, la velocità di propagazione
delle onde non è più
iù una funzione continua e il raggio non può più essere tracciato come soluzione
locale dell’equazione del raggio.
raggio In particolare il raggio non è più una funzione regolare
all’interfaccia, dove,, comunque, la trazione (lo sforzo normale) e lo spostamento devono essere
continui,
tinui, per evitare la generazione di momenti sull’interfaccia o di scollamenti tra mezzi materiali.
Queste condizioni possono essere separatamente applicate per le onde P-SV
SV ed SH.
Per ogni onda incidente polarizzata nel piano verticale (P o SV) si devono conservare due
componenti dello spostamento (u
( x e uz) e due componenti dello sforzo (σxz e σzz), ovvero devono
esistere quattro tipi di onda emessi all’interfaccia. Per ogni onda P incidente, esisteranno dunque
un’onda P riflessa ed una trasmessa, ma anche un’onda SV riflessa ed una trasmessa (Figura 8). Il
cambiamento di polarizzazione all’interfaccia prende il nome di conversione e tali onde prendono
il nome di onde convertite. Per conoscere l’angolo di emissione delle onde, possiamo applicare la
legge di Snell, che continua a valere anche nel caso delle interfacce.
Figura 8 : Incidenza di onde P (sinistra) ed S (destra) ad un interfaccia orizzontale nel caso in cui le velocità P ed S del mezzo 2 siano
sia
maggiori delle corrispettive velocità nel mezzo 1. All’interfaccia si generano quattro tipi di onde, due onde P e due onde S,
rispettivamente riflesse e trasmesse.
Consideriamo, per semplicità, un mezzo a due strati omogenei, all’interno dei quali le velocità
delle onde P ed S sono rispettivamente αi e βi. All’interno dii ciascun mezzo i raggi sono delle linee
rette. Consideriamo un’onda P incidente, con angolo i. Per la legge di Snell, l’onda P riflessa avrà lo
stesso angolo di emissione i.. Se la velocità delle onde P aumenta nello strato sottostante (α2 > α1),
allora l’angolo
angolo di emissione dell’onda P trasmessa sarà maggiore di quello dell’onda incidente e
l’onda si allontana dalla normale (come nel caso di Figura 8 – riquadro a sinistra), altrimenti sarà
minore. Nel primo caso, esisterà
sisterà dunque un’incidenza critica per la quale l’angolo di emissione è
pari a 90°. Tale condizione è data dalla relazione:
sin ic =
α1
α2
Oltre tale angolo, l’onda P trasmessa non può esistere e si ha riflessione totale per quel che
concerne l’onda P,, esattamente come accade per l’ottica.
l’ottica. Poiché la velocità delle onde S è sempre
minore della velocità delle onde P nello stesso mezzo di propagazione, l’angolo associato alle onde
S riflessa e trasmessa è sempre minore del corrispettivo P. Se la velocità delle onde S nel secondo
mezzo è maggiore della velocità delle onde P nel primo mezzo (β2 > α1), allora esisterà anche un
angolo critico per le onde S, tale che sin icS =
β2
, oltre il quale l’onda S trasmessa cesserà di
α1
esistere. Se quest’angolo esiste, esso è maggiore dell’angolo critico per le onde P. Nel caso in cui la
velocità delle onde diminuisce passando dal primo mezzo al secondo, i raggi si avvicinano alla
normale e la condizione critica non è mai raggiunta. In tale circostanza esisteranno sempre le onde
P ed S trasmesse. Nel caso in cui l’onda SV incide all’interfaccia (Figura 8 – riquadro a destra), la
situazione è capovolta: l’onda S riflessa ha angolo di emissione uguale a quello di incidenza,
mentre l’onda P si allontana dall’interfaccia. Nel secondo mezzo, l’onda S trasmessa ha un angolo
di emissione maggiore rispetto a quello di incidenza se la velocità S aumenta, altrimenti sarà
minore. Le onde P corrispondenti hanno angoli di emergenza maggiori rispetto ai corrispettivi S. In
questo caso sono possibili tre condizioni critiche. Sicuramente, l’onda P riflessa cesserà di esistere
per incidenze superiori all’angolo critico, tale che sin jcr =
β1
. Se il secondo mezzo è più veloce
α1
rispetto al primo mezzo, allora anche le onde trasmesse possono raggiungere la condizione critica,
per angoli tali che sin jctP =
β1
β
per l’onda P e sin jctS = 1 per l’onda S. In tal caso, per angoli
α2
β2
superiori al maggiore tra jcr e jctS sarà presente la sola onda S riflessa.
Nel caso in cui vi sia un’onda SH incidente, invece, soltanto due condizioni devono essere
verificate: le componenti trasverse dello spostamento (uy) e della trazione (σyz) devono essere
continue. Questo implica che all’interfaccia si genereranno soltanto due tipi di onde : un’onda SH
trasmessa ed un’onda SH riflessa, quest’ultima emessa con lo stesso angolo di incidenza.
Consideriamo la riflessione di un’interfaccia orizzontale posta a profondità h rispetto alla
superficie e parallela ad essa prodotta da una sorgente posta in superficie. Poiché l’angolo di
emissione è lo stesso dell’angolo di incidenza, il raggio è simmetrico . La curva di travel-time è
x 2 + 4h 2
T ( x) =
c0
dove c0 è la velocità dello strato. Tale curva è un’iperbole che asintoticamente tende all’onda
diretta (Figura 9). La sua derivata è
px ( x ) =
x
2
c0 x + 4h 2
Figura 9. Curva di travel-time
time in funzione della distanza a sinistra, parametro del raggio in funzione della distanza. Il valore della
velocità è posto a 1.
Tale funzione invece parte da zero e cresce fino alla velocità (1/c), che viene raggiunta
raggiu
soltanto
asintoticamente (Figura 9).
Per ogni valore di c* > c0 possiamo per questa curva calcolare l’integrale di Wiechert-Herglotz.
Wiechert
In
particolar modo è più semplice invertire la relazione in modo tale da ottenere
x=
2hc0 px
1 − c02 px2
Possiamo dunque calcolare l’integrale
z=−
1
1/ c*
∫
x
dpx = −
h
1/ c*
∫
2 px
dpx
1
p − 2
c*
1
1
Basta porre come nel caso precedente px2 = u e u = 2 cos2 φ + 2 sin 2 φ . In tal caso l’integrale fa
c0
c*
π 1/ c
0
1
p − 2
c*
2
x
π 1/ c
0
1
− px2
2
c0
2
x
−π e la profondità ritrovata è esattamente quella dell’interfaccia.
9. Teoria del raggio in geometria sferica
Figura 10 : Raggio in geometria sferica e relazione tra la tangente al raggio, nella coordinata relativa all’ascissa
all’asci
curvilinea, l’angolo
ed il raggio stesso.
Nel caso della Terra si può assumere, al prim’ordine che la velocità delle onde sismiche varia con la
profondità. L’approssimazione cartesiana, tuttavia vale soltanto quando si investigano scale
spaziali comparabili con lo spessore della crosta o più piccole. Nel caso in cui siamo interessati alla
struttura del mantello, o addirittura dell’intera Terra, la curvatura della Terra non può essere
trascurata. In tal caso è possibile considerare un sistema di coordinate sferiche, centrato nel
centro della Terra e assumere che la velocità delle onde c sia funzione soltanto di r, c=c(r).
Consideriamo la quantità Q
Q = r ×p
dove abbiamo rimpiazzato x con r, per coordinate sferiche . Essa ha le dimensioni di un momento
della quantità di moto, nel formalismo meccanico che stiamo considerando. L’equazione associata
per l’evoluzione temporale è dunque la seconda equazione della dinamica
dQ
 1 
= M = r×F = r ×∇ 2  = 0
dτ
 2c 
Poiché la velocità dipende soltanto da r. Poiché Q è costante lungo il raggio, il piano definito dal
vettore tangente e dalla posizione r, che è un piano verticale, è costante. In tal caso, i raggi tra
sorgente e ricevitore sono in piani verticali contenenti sorgente, ricevitore ed il centro della Terra.
Inoltre l’angolo compreso tra r e p è l’angolo di incidenza nella legge di Snell, dove le interfacce,
virtuali o reali, sono dei gusci sferici. La conservazione del modulo di Q comporta infine che la
quantità
r sin i
P = r | p | sin i =
c
Si conserva lungo il raggio. Tale quantità prende il nome di parametro del raggio, per analogia con
la legge di Snell per interfacce cartesiane, sebbene le sue unità di misura siano diverse.
Nel caso di un modello sferico, possiamo definire travel-time e distanza angolare come (vedi
Figura 10)
r
r
⊕
⊕
ds
dr
T ( P) = ∫ = 2 ∫
=2 ∫
c cos i rmin
γ c
rmin
r
∆( P ) = ∫ sin i
dr
c2 P2
c 1− 2
r
r
⊕
⊕
ds
dr
=2 ∫ tan i =2 ∫
r
r
rmin
rmin
cPdr
r⊕
=2 ∫
rmin
(r / c)2 dr
r
r2
− P2
2
c
r⊕
=2 ∫
P
dr
r
c2 P2
r2
rmin
− P2
r2
c2
Si può notare che, in coordinate sferiche, la componente latitudinale del vettore p è:
γ
pθ =
r2 1−
1 ∂T
r ∂∆
Da cui
∂T
r sin i
= rpθ = rp sin i =
=P
∂∆
c
Possiamo ottenere le stesse formule che nel caso piano per una geometria sferica sostituendo
r
dr
P
da cui, integrando, z → r⊕ log ⊕ , il parametro del raggio px → e la
x → r⊕ ∆ , dz → −r⊕
r
r
r⊕
velocità delle onde c( z ) → c(r )
r⊕
. La formula risultante di Wiechert-Herglotz è dunque
r
r
1
log ⊕ =
r (c ) π
∆(r /c )
∫
arc cosh
0
Pc
d∆
r
Per risolvere il problema di Weichert-Herglotz
Weichert Herglotz in geometria sferica basta costruire la curva P ( ∆ ) ,
ottenuta per derivazione della curva di travel-time
travel
T ( ∆ ) . Lungo questa curva, per un valore fissato
del rapporto r / c , si può calcolare l’integrale di Wiechert-Herglotz
Wiechert Herglotz e risalire alla profondità alla
quale
uale si riscontra quel valore di velocità. Nel caso in cui sono presenti triplicazioni (Figura
(
6), il
problema è ancora risolvibile. La curva P ( ∆ ) non è invertibile, ma esiste ancora un unico valore di
∆ in corrispondenza di un rapporto r / c . In tal caso si può procedere utilizzando come variabile di
integrazione P anziché ∆ .
10. Onde Coniche
Investighiamo le onde coniche come
me ultima tipologia di onde di interfaccia. Consideriamo
un’interfaccia orizzontale tra due mezzi con velocità di propagazione delle onde c1 e c2
rispettivamente (c1<c2). Ci limiteremo per semplicità al caso acustico, sebbene i risultati ottenuti
possano applicarsi
pplicarsi anche al caso elastico. Consideriamo una sorgente puntiforme nel mezzo 1, a
velocità più bassa, distante d dall’interfaccia. Questa sorgente emette delle onde sferiche che
investono l’interfaccia a diversi angoli di incidenza. Per questa
questa geometria, esiste l’angolo di
incidenza critico tale che
c1
c2
oltre il quale si ha riflessione totale. L’onda generata in corrispondenza dell’incidenza critica
viaggia al di sotto dell’interfaccia a velocità c2. Vorremmo dunque capire che succede a
quest’onda. Osserviamo che il fronte sferico generato dalla sorgente (onde blu tratteggiate)
investe l’interfaccia a partiree dal punto O. Ogni interazione con l’interfaccia
interfaccia avviene a distanze
sempre maggiori da O e con angoli di incidenza via via crescenti. Ad
d ogni interazione,
interazione inoltre, si
crea un fronte d’onda
onda riflesso che si propaga verso l’alto (onde verdi) e, finché possibile,
possibile un fronte
trasmesso, che viaggia nel secondo mezzo
mezz a velocità superiore (onde gialle).
sin ic =
Figura 11 : Generazione di onde coniche a partire da una sorgente puntiforme.
Il tempo iniziale di incidenza del fronte sull’interfaccia in O è t0 =
d
. Il ritardo con cui il punto di
c1
incidenza distante x da O sull’interfaccia viene investito dall’onda è dato da
)
(
1
d 2 + x2 − d
c1
Da cui, invertendo, l’equazione oraria di un punto che segue l’incidenza del fronte diretto è
T ( x) =
x(T ) = (c1T + d ) 2 − d 2
e derivando, la velocità del punto è
(c1T + d )
v(T ) = c1
(c1T + d ) 2 − d 2
Per convenienza rappresentiamo la velocità in funzione della posizione
x2 + d 2
x
Tale funzione diverge per x che tende a zero, poi decresce fino a raggiungere il valore c1
all’infinito. Fintanto che questa velocità è maggiore di c2 anche il punto che si trova sotto
l’interfaccia segue il fronte diretto, in tal caso esiste sia l’onda riflessa che trasmessa. La distanza
alla quale v( x) = c2 è tale che
v( x) = c1
xc
=
c1
c2
xc2 + d 2
Poiché tale rapporto è il seno dell’angolo di incidenza questa condizione è quella di incidenza
critica descritta in precedenza. A distanze maggiori, il mezzo inferiore non può sostenere velocità
più basse di c2 e dunque l’onda sotto l’interfaccia si sgancia dal fronte diretto e viaggia più
velocemente. Poiché si muove al di sotto dell’interfaccia e non è equilibrata dal fronte diretto (e
riflesso), quest’onda induce una trazione dal basso sull’interfaccia che viene equilibrata dalla
generazione di un onda piana, che si riconnette al fronte diretto (onda nera in Figura 11). Tale
onda viaggia alla velocità del mezzo superiore con angolo di emissione pari a quello dell’incidenza
critica.
Assumendo la sorgente in superficie e h lo spessore dello strato dove si genera l’onda conica, la
dromocrona associata a quest’onda è
x
1 1
+ 2h 2 − 2
c2
c1 c2
La cui pendenza è pari al reciproco della velocità del secondo strato. Nell’esempio di Figura 12 è
considerato un mezzo in cui c2=1.5 c1. In blu è rappresentata l’onda diretta, il rosso l’onda riflessa
ed in verde l’onda conica. Quest’ultima non è presente a offset nullo, ma appare alla distanza in
corrispondenza della riflessa proveniente dall’incidenza critica
Tc =
X con = 2 xc =
2h
c22 − c12
Figura 12 : Tempi di arrivo in funzione dell’offset per l’onda diretta, riflessa e rifratta.
Poiché la pendenza è il reciproco della velocità del mezzo inferiore, quest’onda viaggia più
rapidamente e da un certo offset in poi diventa il primo arrivo. Dalla misura della pendenza è
quindi possibile ottenere informazioni sulla velocità dello strato sottostante.
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Teoria del raggio