Raymond Queneau Raymond Queneau (1903-1976) Italo Calvino, La filosofia di Raymond Queneau (1981): Si chiede «chi è Raymond Queneau?»: «Di primo acchito la domanda può sembrare strana, perché l’immagine dello scrittore appare ben netta a chiunque abbia qualche familiarità con la letteratura del nostro secolo e con quella francese in particolare. Ma se ognuno di noi prova a mettere insieme le cose che sa su Queneau, quest’immagine assume subito contorni segmentati e complessi, ingloba elementi difficili da tenere insieme, e più sono i tratti caratterizzanti che riusciamo a mettere in luce, più sentiamo che altri ce ne sfuggono, necessari per saldare in una figura unitaria tutti i piani dello sfaccettato poliedro». Raymond Queneau (1903-1976) • Nasce a Le Havre nel 1903. Studia alla Sorbona, dove si laurea in filosofia; • 1924-29: Partecipa attivamente al movimento surrealista, dal quale si allontana polemicamente dopo un litigio con Breton; • Lavora nel campo dell’editoria. Dal 1938 diventa redattore della casa editrice Gallimard, per la quale continuerà a lavorare anche negli anni successivi; • Dal 1954 diventa direttore dell’Encyclopédie de la Pléiade di Gallimard, dove resterà nei 25 anni successivi; • Dagli anni Cinquanta in poi, lavora anche nel mondo del cinema, collabora con registi, scrive sceneggiature e qualche volta fa l’attore; • In complesso, porta avanti i suoi interessi e i suoi studi nei campi più svariati: filosofia, matematica, enigmistica, linguistica, psicoanalisi, e naturalmente letteratura. Raymond Queneau (1903-1976) La sua produzione letteraria è varia e sfaccettata come il campo dei suoi interessi. Scrive: Una quindicina di romanzi, tra cui Le Chiendent (1933), Odile (1937), Pierrot mon ami (1942), Zazie dans le métro (1959), Les Fleurs bleues (1965, tradotto da Calvino), Le Vol d’Icare (1968, scritto in forma teatrale); Opere in versi, come Chêne et chien (1937) o Petite cosmogonie portative (1950); Testi sperimentali, quali Exercises de style (1947), o Cent mille millards de poèmes (1961). Queneau e l’Oulipo Calvino, Due interviste su scienza e letteratura (1968): «Queneau è uno scrittore che ha l’hobby della matematica e i suoi amici sono più tra i matematici che tra gli uomini di lettere [...]. Queneau insieme a un suo amico matematico ha fondato l’Ouvroir de Littérature Potentielle, - abbreviato Ou-lipo – un gruppo di dieci persone che fanno ricerche matematico-letterarie [...] qui domina il divertimento, l’acrobazia dell’intelligenza e dell’immaginazione». Il gruppo viene fondato nel 1960 da Queneau e dal matematico e campione di scacchi François le Lionnais; E’ composto inizialmente da 10 membri e raccoglie scrittori, matematici, scienziati, enigmisti ecc. Il gruppo si allarga nel corso degli anni, e nel 1973 viene ammesso lo stesso Calvino come “membro straniero”. Queneau e l’Oulipo Calvino, Intervista con Ferdinando Camon (1973), che lo interpella sui suoi rapporti con la cultura e gli intellettuali francesi, soprattutto gli strutturalisti: «In fondo quelli con cui mi sento più a mio agio sono un gruppo che nessuno sa che esista, l’Ou-li-po, amici di Raymond Queneau, poeti e matematici che hanno fondato questo Ouvroir de Littérature Potentielle. [...] Quello che me li rende vicini è il loro rifiuto della gravità, questa gravità che la cultura letteraria francese impone dappertutto, anche dove sarebbe necessaria un po’ di autoironia. Questi qui no: considerano la scienza non in modo grave, ma come gioco, secondo quello che è sempre stato lo spirito degli scienziati veri, del resto. Certo anche in loro, in questo scherzare per partito preso, [...] c’è una dimensione eroica, un nichilismo disperato». Queneau e l’Oulipo Cfr. Queneau, Centomila miliardi di poesie (Cent mille milliards de poèmes, 1961), una macchina “infernale” per comporre sonetti: Queneau ha scritto dieci sonetti con le stesse rime, e li ha stampati su pagine tagliate a strisce, un verso per ogni striscia; Ha elaborato una struttura grammaticale estremamente elastica, per cui ogni verso di ogni sonetto è intercambiabile con ogni altro verso collocato nella stessa posizione; Dunque, per ogni verso del sonetto che si vuole comporre si hanno a disposizione 10 possibilità; E visto che i versi del sonetto sono 14, le combinazioni complessive (i sonetti virtuali) sono 1014, cioè centomila miliardi. Queneau e l’Oulipo Centomila miliardi di poesie, dalla prefazione di Queneau: «Questa piccola opera permette a chiunque di comporre a volontà centomila miliardi di sonetti, ovviamente tutti regolari. E’ insomma una macchina per fabbricare poesie, ma in numero limitato; è vero che questo numero, benché limitato, offre da leggere per circa duecento milioni di anni (leggendo ventiquattr’ore su ventiquattro)». Queneau e l’Oulipo Calvino, La filosofia di Raymond Queneau (1981): «La struttura è libertà, produce il testo e nello stesso tempo la possibilità di tutti i testi virtuali che possono sostituirlo. Questa è la novità che sta nella idea della molteplicità “potenziale” implicita nella proposta di una letteratura che nasca dalle costrizioni [contraintes] che essa stessa sceglie e s’impone. [...]. L’automatismo per cui le regole del gioco generano l’opera si contrappone all’automatismo surrealista che fa appello al caso o all’inconscio cioè affida l’opera a determinazioni non padroneggiabili, cui non resta che obbedire. Si tratta insomma di opporre una costrizione scelta volontariamente alle costrizioni subite, imposte dall’ambiente [...]. Ogni esempio di testo costruito secondo regole precise apre la molteplicità “potenziale” di tutti i testi virtualmente scrivibili secondo quelle regole, e di tutte le letture virtuali di quei testi» Queneau e l’Oulipo La letteratura potenziale è strettamente legata alla nozione di regola, vincolo (contrainte). Lo scrittore si impone volontariamente – e arbitrariamente – una regola (o un gruppo di regole) e la rispetta rigorosamente, ed è dall’applicazione di questa regola che viene generato il suo testo • È il caso della “macchina” per produrre sonetti di Queneau; • È il caso del lipogramma, un testo in cui non vengono usate certe lettere dell’alfabeto (es. Georges Perec, La Disparition [1969] in cui non c’è la e). Raymond Queneau, Littérature potentielle (1964): “Qual è lo scopo dei nostri lavori? Proporre agli scrittori nuove “strutture” di natura matematica, o meglio ancora inventare nuovi procedimenti artificiali o meccanici che possano contribuire all’attività letteraria: Dei supporti per l’ispirazione, per così dire, o [...] un ausilio alla creatività”. Queneau, Le vol d’Icare, cap. 1 […] Morcol Pour moi, il a fait une fugue. Hubert Vous ne pensez pas que soit plutôt un vol? [vol=“volo” e “furto”] Morcol Je vais d’abord travailler avec l’hypothèse de la fugue et une provision de dix louis. Hubert Fichtre. Morcol C’est que vous ne me facilitez pas la besogne. Vos renseignements sont d’un vague… Hubert Je fais de mon mieux. Tenez voici dix louis et retrouvez-moi mon Icare vite. Morcol Je vous accuse réception des dix louis et note son nom. Il écrit Nick Harwitt sur son carnet […] (In italiano, il gioco è “l’attendo con Icaro presto. […] Scrive Nick Harowprest sul taccuino […]”. Ed. Einaudi, p. 12). Queneau, Le vol d’Icare, capp. 2-3 Scena: in una taverna. Incontro con una donna, LN […] LN Et tu t’appelles comment? Icare Je ne sais plus très bien… Je ne vole plus, je nage… Et vous-même, mademoiselle: Hélène? LN Non, LN en deux lettres. Je suis d’origine cruciverbiste. Icare Cruciverbiste? LN C’est vrai, tu ne peux pas comprendre […] (ed. Einaudi, p. 21). Realtà e finzione Nel libro si intrecciano e si confondono due livelli diegetici: 1. Quello del libro di Queneau, in cui agiscono vari personaggi, soprattutto romanzieri; 2. Quello dei libri dei romanzieri fittizi, in cui agiscono altri personaggi (Icaro, Chamissac-Piéplu ecc.), che però passano da un livello all’altro, creando sovrapposizioni e interferenze Esempio, il motivo del duello: Gli scrittori si sfidano “realmente” a duello (cap. 24), e questa esperienza serve a uno di loro (Jacques) per perfezionare la scena di un duello nel suo romanzo, con protagonista Chamissac-Piéplu Poco prima (cap. 23), Jacques dice che Chamissac-Piéplu “ha rischiato di battersi a duello” Però questo episodio non si è verificato nel libro di Jacques (secondo livello), ma nel libro di Queneau (primo livello), dove Chamissac-Piéplu rischia di battersi con Icaro ma viene portato via da un certo “marchese de Locrom”. La metalessi Genette, Figure III: «Cortázar racconta a un certo punto la storia di un uomo assassinato da uno dei personaggi del romanzo che sta leggendo: si tratta di una forma inversa (ed estrema) della figura narrativa chiamata dai classici metalessi dell’autore, consistente nel fingere che il poeta “operi egli stesso gli effetti che canta” [Fontanier], come quando si dice che Virgilio “fa morire” Didone nel canto IV dell’Eneide [...]. Sterne spingeva la cosa fino a sollecitare l’intervento del lettore, pregato di chiudere la porta o di aiutare il signor Shandy a tornare a letto, ma il principio è lo stesso: ogni intrusione del narratore [...] nell’universo diegetico [...] o il contrario, come in Cortázar, produce un effetto di bizzarria, sia buffonesca [...] sia fantastica. La metalessi Genette, Figure III: Estenderemo a tutte queste trasgressioni il termine metalessi narrativa. [...] In un certo senso, il pirandellismo di Sei personaggi in cerca d’autore o di Questa sera si recita a soggetto, dove gli stessi attori sono di volta in volta protagonisti e commedianti, è solo una vasta estensione della metalessi, come tutto ciò che ne deriva: personaggi fuggiti da un quadro, da un libro, da un ritaglio di stampa, da una fotografia, da un sogno, da un ricordo, da un’illusione ecc., tutti questi giochi manifestano con l’intensità dei loro effetti l’importanza del limite che essi s’ingegnano a superare a scapito della verosimiglianza, coincidente proprio con la narrazione (o la rappresentazione) stessa: frontiera mobile ma sacra fra due mondi: quello dove si racconta, quello che si racconta. La metalessi Genette, Figure III: Ne deriva l’inquietudine segnalata così giustamente da Borges: “Simili invenzioni suggeriscono che se i personaggi di una finzione possono essere lettori o spettatori, noi, loro lettori o spettatori, possiamo essere dei personaggi fittizi”. La metalessi più sconvolgente si trova proprio in questa ipotesi inaccettabile e inesistente, [...] che il narratore e i suoi narratari, cioè voi ed io, apparteniamo forse anche a qualche racconto». Woody Allen, La rosa purpurea del Cairo (1985) La metalessi La metalessi narrativa può assumere due forme principali: 1. L’autore o il lettore entrano nella storia (metalessi dell’autore o del lettore); 2. Il personaggio esce dalla cornice fittizia e si trova nella “realtà” (metalessi del personaggio) Si tratta sempre di un attraversamento di livello, di una trasgressione di questa “frontiera sacra” che dovrebbe separare la realtà dalla finzione Cfr, anche Genette, Nuovo discorso del racconto: “Quando un autore (o il lettore) s’insinua nell’azione fittizia del suo racconto, o quando un personaggio di tale finzione viene a confondersi con l’esistenza extradiegetica dell’autore o del lettore, simili intrusioni provocano, per lo meno, un turbamento nella distinzione dei livelli”. La metalessi J.L. Borges, Magie parziali del “Don Chisciotte” (in Altre inquisizioni, 1960): «Codesto giuoco di strane ambiguità culmina nella seconda parte; i protagonisti hanno letto la prima, i protagonisti del Don Chisciotte sono, allo stesso tempo, lettori del Don Chisciotte. Qui è inevitabile il ricordo di Shakespeare, il quale include nello scenario di Amleto un altro scenario, dove si rappresenta una tragedia, che è pressappoco la stessa di Amleto; la corrispondenza imperfetta dell'opera principale e della secondaria diminuisce l'efficacia dell'inclusione. […] Qualcosa di simile ha operato il caso nelle Mille e una notte. […] E’ nota la storia che dà origine alla serie: il desolato giuramento del re, che ogni sera si sposa con una vergine che fa decapitare all’alba, e l’ingegnosa trovata di Shahrazad, che lo distrae con racconti, finché sui due hanno girato mille e una notti ed ella gli mostra il figlio nato da lui. La metalessi J.L. Borges, Magie parziali del “Don Chisciotte”: La necessità di finire le mille e una parti obbligò i copisti a interpolazioni d’ogni tipo. Nessuna ci turba quanto quella della notte DCII, magica fra tutte. In quella notte il re ode dalla bocca della regina la propria storia. Ode il principio della storia, che comprende tutte le altre, e anche – in modo mostruoso – se stessa. […] Le invenzioni della filosofia non sono meno fantastiche di quelle dell’arte: Josiah Royce, nel primo volume dell’opera The World and the Individual (1899), ha formulato la seguente: ‘Immaginiamo che una porzione del suolo d'Inghilterra sia stata livellata perfettamente e che in essa un cartografo tracci una mappa d'Inghilterra. L'opera è perfetta; non c'è un particolare del suolo d'Inghilterra, per minimo che sia, che non sia registrato nella mappa; tutto ha lì la sua corrispondenza. La mappa, in tal caso, deve contenere una mappa della mappa, che deve contenere una mappa della mappa della mappa, e così all'infinito’. La metalessi J.L. Borges, Magie parziali del “Don Chisciotte”: Perché ci inquieta che Don Chisciotte sia lettore del Don Chisciotte e Amleto spettatore dell'Amleto? Credo di aver trovato la causa: tali inversioni suggeriscono che se i caratteri di una finzione possono essere lettori e spettatori, noi, loro lettori o spettatori, possiamo essere fittizi. Nel 1833, Carlyle osservò che la storia universale è un infinito libro sacro che tutti gli uomini scrivono e leggono e cercano di capire, e nel quale sono scritti anch'essi». Lo scacco matto dell’autore Raymond Queneau, Technique du roman: [Sta descrivendo la struttura del suo primo romanzo, e la paragona a] «una partita di scacchi, un gioco che confesso di avere praticato in quell’epoca. Perché, secondo me, non è ammissibile lasciare che i personaggi di un romanzo si dimenino come degli omuncoli sfuggiti dai loro vasi rotti, invece di considerarli come pezzi su una scacchiera, con la sequenza delle mosse che costituisce la concatenazione tra i capitoli, e lo scacco matto finale la vittoria dell’autore».