Fluorescenza a Raggi X in
Dispersione di Energia
(EDXRF)
Introduzione
La tecnica della fluorescenza a raggi X in dispersione
di energia (EDXRF) rappresenta una delle più importanti
metodiche di analisi non distruttiva per lo studio degli
elementi presenti in un campione. In casi
particolari,
l’analisi
XRF
può
fornire
la
concentrazione degli elementi all’interno del
campione (analisi quantitativa).
La commercializzazione di nuovi sistemi di rivelazione e
produzione di raggi X di dimensioni contenute, ha
permesso, negli ultimi anni, di consolidare la EDXRF come
una delle poche tecniche analitiche che permettono
analisi non distruttive in situ.
Interazione Fotoni - Materia
Fotoni di adeguata energia possono determinare eccitazione o
dare luogo alla rimozione di elettroni ove abbiano energie
sufficienti a vincere l’energia di legame che tiene l’elettrone
legato al suo nucleo. In corrispondenza dell’energia per la quale
avviene l’asportazione dell’elettrone dalla sua orbita atomica, si
hanno delle brusche variazioni nell’assorbimento, da parte
dell’atomo, del fascio dei fotoni incidenti.
La scelta di appropriati valori di tensione del tubo a raggi X
determina le energie del fascio di fotoni prodotti, incidenti sul
campione, e quindi le probabilità che si verifichino tali processi
di assorbimento.
EDXRF:
Raggi X  Campione  Assorbimento  Emissione X
Un atomo di un elemento è in grado di emettere raggi X quando è colpito da una quantità
di energia superiore a quella di legame di un elettrone di un orbitale interno. Esiste quindi
un valore minimo di energia, al di sotto del quale la riga caratteristica di un elemento, che
funge da bersaglio, non viene eccitata. Ogni elemento, colpito da radiazione X
sufficientemente energetica emette uno spettro di raggi X caratteristici dell’elemento
stesso.
Il fenomeno della Fluorescenza
Esempio di processo di Fluorescenza indotta da raggi X:
Atomo di Titanio (Z=22)
Un elettrone della shell K
viene espulso dall’atomo da
un raggio X incidente sul
campione, dando luogo a
una
vacanza
(effetto
fotoelettrico).
Il fenomeno della Fluorescenza
Esempio di processo di Fluorescenza indotta da raggi X:
Atomo di Titanio (Z=22)
Le linee K:
Un elettrone proveniente
dalla shell L o M riempie
la vacanza.
Nel processo, viene
emesso un raggio X
caratteristico di
quell’elemento e viene
prodotta una vacanza
nella shell L o M.
L’energia del raggio X caratteristico è pari alla differenza tra le
energie di legame delle due shell corrispondenti.
Il fenomeno della Fluorescenza
Esempio di processo di Fluorescenza indotta da raggi X:
Atomo di Titanio (Z=22)
Le linee L
Quando una vacanza
viene creata nella shell L
o dalla radiazione di
eccitazione primaria o
dall’evento
precedente,
un elettrone proveniente
dalla shell M o N va ad
occupare la vacanza. In
questo processo viene
emesso un “raggio X
caratteristico”, tipico di
quell’elemento e viene
prodotta una vacanza
nella shell M o N.
Ma da n = 4 a 3
La da n = 3 a 2
n=4
n=3
n=2
Ka da n = 2 a 1
a da n+1 a n
b da n+2 a n
g da n+3 a n
Rappresentazione delle transizioni elettroniche XRF
Esempio di spettro di fluorescenza
Poiché ogni elemento ha un insieme unico di livelli energetici, ciascun
elemento produce raggi X con valori di energia caratteristici di
quell’elemento.
Un tipico spettro
dei raggi X
prodotti da un
campione
irraggiato
mostrerà vari
picchi con
intensità
differenti.
Con apparecchiature adeguate è possibile identificare gli elementi
presenti in campioni di ignota composizione attraverso l’analisi dello
spettro di emissione elettromagnetico prodotto dai raggi X incidenti
sul campione in studio.
Fluorescenza X
L’analisi XRF è non distruttiva nell’accezione più
rigorosa del termine. Questa caratteristica deriva dal
fatto che gli elettroni atomici, coinvolti nelle
transizioni che danno luogo all’emissione di radiazione
X, sono quelli più interni e perciò per effetto di queste
transizioni, non si producono modifiche dei legami
chimici nei composti degli oggetti analizzati. Inoltre
non è richiesta nessuna preparazione del campione
poiché l’energia della radiazione X caratteristica ha, in
genere, un valore sufficientemente grande perché sia
elevata la probabilità che essa fuoriesca dall’oggetto
investigato. Lo strato superficiale in analisi il cui
spessore è infatti determinato dall’energia della
radiazione emessa ha, nel caso di campioni metallici,
una profondità di circa 20 mm.
Schema a blocchi dell’apparato sperimentale
Campione
Tubo a raggi X
Rivelatore
Analizzatore
Spettrale
PC
Schematicamente, una apparecchiatura per l’analisi degli elementi è
composta da un tubo a raggi X, da un rivelatore di radiazione X e da un
sistema per la registrazione e la catalogazione dei fotoni prodotti dal
campione (analizzatore di spettro).
Sistema di fluorescenza X miniaturizzato.
L'Energy Dispersive X Ray Fluorescence (EDXRF) è un metodo molto conosciuto in
archeometria in particolare per la sua capacità di effettuare una misura in modo non
distruttivo, cioè senza necessità di prelevare campioni. Questo metodo consiste
nell'irradiare un campione con raggi X di bassa energia (max 40 keV) ed analizzare la
radiazione emergente dal campione stesso.
Le linee di fluorescenza rivelate sono un segno non ambiguo della presenza di un
elemento nel campione e la sua concentrazione è legata alla intensità della riga
misurata. La penetrazione dei raggi X nei campioni varia da poche decine di
micrometri come nell'oro, a diverse centinaia di micrometri come in elementi a
matrice leggera, esempio i composti organici nei dipinti.
Eccellenti risultati si ottengono nell'analisi di leghe metalliche, ceramiche, carta,
vetri e pigmenti.
Il metodo dell'EDXRF può dare risposte a problemi di conservazione, meccanismi di
invecchiamento, tecnologia di produzione, trattamenti superficiali e corrosione. Per
ogni materiale e problema cambia chiaramente l'approccio da adottare.
Ci sono problemi per i quali è sufficiente una analisi qualitativa, per esempio nella
identificazione di un pigmento, altri per i quali è necessaria una analisi
semiquantitativa, per esempio la maggiore o minore concentrazione di un elemento
determina il colore di un pigmento ed infine alcuni problemi possono essere risolti solo
tramite una analisi quantitativa, come nei metalli antichi in cui è necessario conoscere
la concentrazione in peso dei diversi elementi per affrontare problemi di tecnologia
di fusione.
La fluorescenza X può essere utilizzata, inoltre, non solo per i dipinti su tela, ma anche
nella determinazione dei pigmenti utilizzati per i dipinti su tavole, ad affresco, su
ceramiche e colorazioni di vetri. La conoscenza dei materiali usati può gettare luce sulle
origini del dipinto, aiutare nel lavoro di datazione oppure nell'attribuzione dell'autore
tramite la sua tavolozza dei colori, oppure dare risultati essenziali per la scelta di
materiali moderni compatibili nell'azione di restauro.
La fluorescenza X permette una identificazione veloce e precisa degli elementi che
caratterizzano i pigmenti di origine inorganica e permette un'analisi qualitativa delle
zone analizzate. La tecnica, infatti, consente l'individuazione degli elementi chimici
presenti, ma non dei composti chimici a cui questi elementi appartengono.
La capacità di penetrazione dei raggi X è generalmente molto bassa, ma nel caso dei
dipinti questa penetrazione è certamente maggiore di una pellicola pittorica e, quindi, le
informazioni ottenute non riguardano solamente lo strato più superficiale della porzione
esaminata, ma si estendono anche agli strati inferiori.
Anche l'analisi dei metalli è un campo particolarmente favorevole per l'EDXRF.
L'elevato numero atomico e la densità di un manufatto metallico facilita la produzione
dei raggi X di fluorescenza, anche utilizzando sorgenti a bassa intensità ed inoltre, le
linee di fluorescenza emesse sono di tutti gli elementi costituenti il metallo. Gli elementi
a basso numero atomico, non rilevabili dal sistema, non sono presenti nel campione.
Il forte autoassorbimento della radiazione emessa nel campione è un limite intrinseco
del metodo, poiché produce una non linearità nella risposta del sistema di misura. Per
ovviare a ciò occorre utilizzare un modello fisico del processo di emissione dei raggi X
caratteristici.
Applicazioni in situ della tecnica della fluorescenza a raggi X in dispersione
di energia (EDXRF)
Rivelatore
Tubo RX
MCA
La tecnica della fluorescenza a raggi X, già da tempo ben consolidata per la
determinazione di elementi relativamente pesanti (con numero atomico
maggiore di 20), ha trovato recentemente notevoli applicazioni anche per la
determinazione di elementi leggeri, quali zolfo e cloro, la cui presenza è spesso
correlata all’inquinamento atmosferico.
La Cappella degli Scrovegni, Giotto
La figura precedente mostra la foto dello strumento portatile EDXRF
sviluppato presso l’Università di Lecce.
In particolare si tratta di un tubo della OXFORD INSTRUMENTS con
anodo di palladio, raffreddato ad aria. E’ impiegata una tensione
all’anodo di 4.5 kV sufficiente ad eccitare le righe L del palladio (PdLa=2.84 keV, Pd-Lb1=2.99 keV e Lb2=3.17 keV con un valore medio di
2.96 keV). In questa configurazione è possibile determinare elementi
leggeri come zolfo e cloro. Per elementi pesanti è possibile utilizzare
potenziali anodici più elevati con i quali possono essere evidenziati
attraverso le righe K o L tutti gli elementi della tavola periodica.
Il rivelatore usato è un Si-PIN della AMPTEK (risoluzione 190 eV a
5.9 keV) raffreddato termoelettricamente. Completa il sistema di
misura una scheda multicanale (AMPTEK) interfacciata con un
computer portatile.
Affreschi di Piero della Francesca - Arezzo
Per la determinazione quantitativa
del cloro e dello zolfo contenuti in
materiali
lapidei,
vengono
realizzate preventivamente delle
curve di taratura utilizzando dei
campioni contenenti NaCl e CaSO4
in CaCO3 in diverse percentuali in
peso.
1200
Cl-Ka=2.6 keV
1000
Ca-Ka=3.7 keV
S-Ka=2.3 keV
Counts
800
600
400
200
0
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
4,5
5,0
La minima quantità rivelabile è
pari a 1.1 % in peso per NaCl e
0.4 % in peso per CaSO4.
Energy (keV)
In figura è riportato un tipico spettro di fluorescenza
ottenuto nel corso di alcune analisi (Affreschi di Piero della
Francesca - Arezzo) laddove sono evidenti i picchi relativi alle
radiazioni S-Ka, Cl-Ka e Ca-Ka.
Basilica Inferiore di San Clemente a Roma
1500
Tal quale
Dopo abrasione
1250
S-Ka
Counts
1000
Ca-Ka
750
Ar-Ka
500
Si-Ka
250
0
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
4,5
5,0
Energy (keV)
Gli spettri sono relativi ad uno stesso punto di misura, prima (curva in rosso) e
dopo aver asportato la polvere che ricopriva l’affresco (curva in nero).
Le risultanze sperimentali, in generale, hanno dimostrato che la presenza dei
composti dello zolfo è confinata alla sola superficie con spessori dell’ordine di
1020 mm o meno.
La Cappella degli Scrovegni, Giotto
La stessa tecnica è stata impiegata per analizzare gli affreschi di
Giotto della Cappella degli Scrovegni. In particolare sono state
eseguite circa 500 misure su 250 aree diverse.
Fra gli scopi delle misure c’erano:
 accertare e determinare la presenza di zolfo sulla
superficie degli affreschi;
 in caso di presenza di zolfo, stabilire se con opportuni
trattamenti chimici esso diminuiva, o addirittura
scompariva completamente;
 studiare la composizione
impiegati da Giotto.
chimica
dei
pigmenti
La Cappella degli Scrovegni, Giotto
Le misure eseguite hanno permesso evidenziare quanto segue:
• lo zolfo è stato individuato in tutte le aree analizzate, ad un livello
di concentrazione variabile da meno del 1% ad oltre il 10%, a
seconda dell’area analizzata e del colore sottostante allo strato di
zolfo. Ad esempio sul colore azzurro (azzurrite) la quantità di zolfo
si è rivelata assai inferiore che non nel caso di altri pigmenti in
generale, e di pigmenti chiari in particolare.
Questo può essere dovuto o ad una minore “capacità” del colore
azzurro di assorbire zolfo, oppure anche al fatto che lo zolfo si possa
mescolare al lapislazzulo (che contiene rame) provocando
un’attenuazione maggiore della radiazione X emessa dallo zolfo.
La Cappella degli Scrovegni, Giotto
2600
2400
2200
Before
treatment
2000
1800
Counts
1600
1400
1200
1000
Ion
exchange
resin
Ammonium
carbonate
800
600
400
200
0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
4,5
Energy (keV)
Si è potuto verificare che un opportuno trattamento della superficie con
impacchi a base di carta giapponese e carbonato di ammonio o di resina a
scambio ionico era in grado di fare diminuire fortemente il contenuto di zolfo
superficiale, e che la diminuzione era legata al tempo di trattamento.
La Cappella degli Scrovegni, Giotto
Sono state inoltre eseguite delle indagini sulle composizioni elementari
di alcune leghe contenenti oro (le aureole dei Santi, le stelle del cielo
ecc). Nella figura è riportato uno spettro esemplificativo di analisi di una
aureola (aureola di Cristo nella controfacciata).
12000
Fe-Ka
Aureola di Cristo-Controfacciata
10000
Ca-Ka
8000
Conteggi
Pb-La
Au-La
W-La
6000
Pb-Lb
Cu-Ka
4000
2000
Au-Lb
S-Ka
Pb-Lg
0
2
4
6
8
10
Energia (keV)
12
14
16
18
La Cappella degli Scrovegni, Giotto
Dagli esempi riportati si evince come la tecnica EDXRF
eseguita con sistemi portatili, sia, nel campo del
monitoraggio ambientale e della diagnostica dei beni
culturali, una delle tecniche analitiche più interessanti.
I vantaggi offerti dal sistema EDXRF portatile si possono
riassumere nei seguenti punti:
• non distruttività del campione analizzato e nessun
pretrattamento del campione prima della misura;
• buona sensibilità;
• limitati tempi di misura (generalmente si lavora con
tempi di 200 secondi per acquisizione);
• capacità
di
analizzare
più
elementi
contemporaneamente;
• costo per singola analisi molto contenuto;
• possibilità di analisi in situ.
Joaqin Sorolla, “Portrait of Two Children”
Uno studio comparato condotto sugli spettri di emissione ottenuti da EDXRF di
alcune opere del pittore Joaqin Sorolla paragonati ad un database contenente gli
spettri e la composizione di più di 50 opere unanimemente considerate dagli storici
dell’arte come originali. Tale studio comparativo ha portato a definire come non
originale il dipinto “Portrait of Two Children”, a causa dell’alta presenza di zinco
nello spettro, essendo lo zinco un elemento mai trovato prima come dominante
nelle opere catalogate di Sorolla.
Restauro della statua bronzea del Perseo di Benvenuto Cellini
realizzata presso gli Uffizi in Firenze durante il 1998.
Spettro di fluorescenza corrispondente al gomito destro della statua
utilizzando un generatore X equipaggiato con un anodo di tungsteno ed operato
alla tensione di 35 kV. Lo spettro di fluorescenza permette di ottenere
direttamente la composizione della lega bronzea che risulta in questo punto
essere composta da rame (Cu), stagno Sn (~3.6%), piombo Pb (~6%), antimonio
Sb (~1%), ferro Fe (<1%) ed argento Ag (<1%). La composizione della lega
cambia leggermente in altri punti della statua. La variazione della lega bronzea
indica i punti in cui sono stati fatti interventi successivi rispetto alla fusione
originaria.
La fluorescenza X può essere utilizzata anche per studiare quantitativamente lo
stato della patina verde che ricopre la statua. La patina crea un ulteriore strato
superficiale di materiale. In Fig. sono comparati gli spettri X ottenuti in punti
diversi della statua dove lo spessore della patina superficiale è diversa. Notiamo
che la resa degli X da 25 keV dovuti alle transizioni Ka dello stagno (Sn) è
praticamente uguale nei due spettri. Al contrario, gli X dovuti al rame (Cu) sono
molto meno energetici (8-9 keV) e quindi sono molto più fortemente assorbiti a
causa della presenza della patina. Guardando al rapporto delle rese X di due
elementi diversi (come Sn e Cu in questo caso) è possibile ottenere una misura
dello spessore della patina nei diversi punti in cui vengono eseguite la misure.
Composizione incompatibile con l’età dichiarata
– Busti di Papa Paolo III Farnese - XRF
•
Serie di sette piccoli busti in bronzo riproducenti il Papa Paolo III
Farnese, appartenenti alla National Gallery di Washington. I busti
sono attribuiti all’artista Guglielmo della Porta, contemporaneo di
Benvenuto Cellini (XVI secolo) e sono stati forgiati con la tecnica
della fusione a cera persa, in linea con la tradizione storica del
Rinascimento.
Tuttavia non esiste alcuna documentazione sui busti precedente agli
anni ’30
•
La loro autenticità è
stata quindi verificata
mediante
spettroscopia
XRF per determinare se la
composizione del bronzo
fosse
compatibile
con
l’attribuzione temporale.

Composizione incompatibile con l’età dichiarata
– Busti di Papa Paolo III Farnese - XRF
L’analisi
è stata effettuata senza prelevare campioni, irraggiando
direttamente i busti e raccogliendo il segnale in fluorescenza X.
Sorprendentemente, l’analisi elementare ha mostrato che i busti
non sono in bronzo bensì in ottone!
I risultati sui sette oggetti sono infatti i seguenti:
rame 60-73%,
zinco 23-36%,
piombo 2-3% e
stagno soltanto 1%.
Inoltre
il contenuto di zinco è insolitamente elevato per ottoni
prodotti in Europa in epoca rinascimentale: esso infatti dovrebbe
essere nell’intervallo 22-28%.
Infine le impurezze di altri elementi sono molto basse, a riprova
del’impiego di materie prime molto raffinate.
I busti potrebbero risalire al XIX o XX secolo.
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