Lite temeraria: per la condanna necessaria la colpa grave o la malafede‐Tribunale Verona, sez. IV civile, sentenza 07.02.2012‐commento e testo (Alessandro Ferretti) Altalex.it Con l'interessante decisione 7 febbraio 2012 il Tribunale di Verona ha ritenuto applicabile nella vicenda esaminata il terzo comma dell’art. 96 c.p.c. – come introdotto dalla L. 69/2009 – che prevede la possibilità per il Giudice, anche di sua iniziativa, di condannare la parte soccombente al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della parte vittoriosa. Ciò in ragione della natura sanzionatoria di questo tipo di condanna per lite temeraria. Come si ricava dalla lettura della sentenza in commento, secondo il Tribunale di Verona il presupposto per l’applicazione della disposizione appena richiamata è lo stesso previsto dal primo comma dell’art. 96 c.p.c., cioè che la parte soccombente abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. Nella valutazione del Giudice questa appare l’interpretazione maggiormente convincente della norma, in quanto se si prescindesse dai predetti requisisti, il solo agire o resistere in giudizio finirebbe per essere sufficiente a giustifica la condanna. Ciò che contrasterebbe anche con la norma costituzionale prevista dall’art. 24 della Carta fondamentale. Ulteriore sostegno alla tesi del giudice è rappresentato dall’abrogazione ad opera della L. 69/2009 dell’ultimo comma dell’art. 385 c.p.c. che prevedeva la possibilità per la Corte di Cassazione di una condanna d’ufficio della parte soccombente che avesse agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. Sarebbe del tutto incongruente, secondo la valutazione del Tribunale di Verona, a tale scelta la tesi che la condanna ex officio per lite temeraria possa prescindere del tutto dai requisiti soggettivi indicati. A parere del Giudice, inoltre, la malafede e la colpa grave devono necessariamente essere desunti da comportamenti specifici della parte in base ad un giudizio di inferenza proprio dell’accertamento della sussistenza dei fatti illeciti, civili e penali. Nel caso di specie il Tribunale ha considerato sufficientemente sintomatico di una colpa grave la condotta processuale del convenuto, in quanto alcuni assunti dello stesso sono stati smentiti dalla documentazione che ha prodotto in giudizio. Il caso affrontato riguardava una controversia in materia di permuta di multiproprietà. . Nota di Alessandro Ferretti) Lite temeraria, colpa grave, mala fede, presupposti, condanna d'ufficio Tribunale Verona, sez. IV civile, sentenza 07.02.2012 I presupposti per l’applicazione della condanna d’ufficio per lite temeraria prevista dall’art. 96, co. 3 c.p.c. devono essere ricercati nella mala fede o colpa grave della parte soccombente in giudizio. Tali presupposti non possono che essere desunti da comportamenti specifici della parte secondo un giudizio di inferenza dell’accertamento della sussistenza dei fatti illeciti, civili e penali. (Nel caso di specie è stata sufficientemente sintomatica di una colpa grave connotante la condotta processuale della convenuta la circostanza che alcuni dei suoi assunti fossero stati smentiti dalla documentazione che essa stessa aveva prodotto.) (*) Riferimenti normativi: art. 96, co. 3 c.p.c.; art. 1552 c.c. (Fonte: Massimario.it ‐ 2/2013. Cfr. nota di Alessandro Ferretti) Tribunale di Verona Sezione IV Civile Sentenza 7 febbraio 2012 Il Tribunale civile e penale di Verona Sezione 4^ civile Il G.U. Dott. MASSIMO VACCARI ha pronunciato la seguente SENTENZA OGGETTO: ALTRI CONTRATTI ATIPICI nella causa civile promossa con atto di citazione ritualmente notificato N. 27 Reg. Cron. Avv.to Renzo Segala DA O. G. – nato a Verona il OMISSIS, C.F. OMISSIS elettivamente domiciliato in Verona presso lo studio dell’Avv.to RENZO SEGALA, che lo rappresenta e difende unitamente all’Avv.to MATTEO GERVASINI, come da mandato a margine dell’atto di citazione. ATTORE CONTRO FTS FREE TIME SERVICE SOCIETA’ AGRICOLA E FORESTALE A R.L. – in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma, Via Savoia n. 78, P.IVA: 02564980544 elettivamente domiciliata in Verona presso lo studio dell’Avv.to GIANLUIGI SCAPINI, che la rappresenta e difende unitamente agli Avv.ti MASSIMILIANO MANNA e FRANCA FIORELLI di Roma, come da mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta. CONVENUTA CONCLUSIONI PARTE ATTRICE: Voglia l'illustrissimo Tribunale di Verona, contrariis reiectis, nel merito: accertare che, ai sensi dell'art. 11 del contratto di acquisto stipulato in data 22 aprile 2008, il signor G. O. è creditore nei confronti FTS Free Time Service Società Agricola e Forestale a r.l di € 15.500,00 oltre alla rivalutazione annuale del 5% dal 22 aprile 2008 al saldo effettivo e conseguentemente condannare FTS Free Time Service Società Agricola e Forestale a r.l a pagare al signor G. O. € 15.500,00, oltre € 775,00 a titolo di rivalutazione dal 22 aprile 2008 al 21 aprile 2009 ed oltre alla ulteriore rivalutazione al tasso contrattuale del 5% annuo dal 22 aprile 2009 al saldo effettivo, salvo diversa somma che dovesse risultare di giustizia a seguito dell'espletanda istruttoria. Spese diritti ed onorari di causa interamente rifusi. PARTE CONVENUTA: In via preliminare: accertata l'insussistenza dei presupposti sostanziali e processuali per la proposizione della causa avanti il Tribunale di Verona, dichiararne l'incompetenza e, per l'effetto, disporre la devoluzione della controversia al Tribunale di Roma, quale Foro esclusivamente competente per territorio, conformemente alla determinazione negoziale delle parti; in via principale: ‐ previo accertamento e statuizione in ordine agli obblighi negoziali assunti dall'attore, pronunziarsi, ex art. 2932 c.c., con sentenza produttiva degli effetti del contratto di permuta della quota di multiproprietà presso il Residence "Castillo Beach Club" con il diritto d'uso presso la Country House Caberto II; ‐ previo accertamento e statuizione in ordine all'effettivo valore della quota nella titolarità del signor O. presso il Residence "Castillo Beach Club", disporne la compensazione legale, ex art. 1242 c.c., con il maggior corrispettivo vantato dalla F.T.S. Free Time Service Società Agricola e Forestale a r.l., quantificando e riconoscendo l'entità del residuo suo credito, detratte le somme versate e l'ulteriore dedotta in permuta; in via riconvenzionale: accertata la grave inottemperanza e la strumentale inerzia negoziale del signor O., circa il mancato perfezionamento della permuta della quota di multiproprietà presso il "Castillo Beach Club", condannare il signor O. G. al risarcimento dei danni tutti subiti e subendi dalla F.T.S. Free Time Service a r.l., disponendo, in ogni caso, l'automatica loro compensazione, ex art. 1242 c.c., sino alla concorrenza di euro 25.000,00, anche in ipotesi di cumulo delle domande; in via istruttoria: si insiste per l'ammissione delle istanze dedotte nella memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6°, n. 2 del 29.10.2010, testi ivi indicati, da intendersi qui per integralmente richiamate. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di lite. MOTIVI DELLA DECISIONE G. O. ha convenuto in giudizio avanti a questo Tribunale la FTS Free Time Service Società Agricola e Forestale s.r.l per sentirla condannare al pagamento in proprio favore della somma di euro 15.500,00, oltre rivalutazione monetaria al tasso del 5 % annuo dal 22 aprile 2008 al saldo effettivo. A sostegno di tale domanda l’attore ha dedotto che: ‐ nel 2001 aveva acquistato, al prezzo di L.22.000.000, una c.d. multiproprietà alle isole Canarie presso il complesso turistico residenziale denominato “Castello Beach Club” di Fuerteventura; ‐ nel 2007 aveva deciso di vendere la predetta multiproprietà e, a tal fine, si era rivolto alla F.T.S. Free Time Service s.a.s (d’ora innanzi per brevità solo F.T.S.) che, tramite il suo sito internet, si era proposta come operatore specializzato nella fornitura di servizi finalizzati alla ricerca di acquirenti in multiproprietà in Italia e all’estero; ‐ nel 2008 la predetta società gli aveva comunicato di non essere ancora riuscita a rivendere la predetta multiproprietà e gli aveva pertanto proposto la permuta parziale di essa con altra, denominata vacanza a reddito sicuro, avente ad oggetto una unità immobiliare sita ad Assisi, all’interno del complesso residenziale Country House Caberto II; ‐ nel corso della trattativa la F.T.S. aveva rappresentato ad esso attore che si sarebbe impegnata a ricomprare il diritto che avesse ceduto all’O. al prezzo fissato al momento dell’accordo rivalutato annualmente in una percentuale variabile tra il 5 e il 10 % annuo; ‐ esso attore, avendo valutato favorevolmente tale garanzia di riacquisto, in data 22 aprile 2008 aveva ceduto alla F.T.S. le quote in multiproprietà relative al club Castello Beach di Fuerteventura, che erano state valutate in euro 10.000,00, permutandole con il diritto di utilizzare in modo esclusivo, per una settimana all’anno, nel corso di venti anni, un’unità immobiliare presso la struttura residenziale di Assisi sopra citata; ‐ nello stesso giorno le stesse parti avevano concluso un contratto con il quale esso attore aveva acquistato dalla F.T.S. il succitato diritto di utilizzo esclusivo; ‐ quale differenza a saldo della permuta esso attore aveva versato alla F.T.S ulteriori euro 5.500,00, oltre Iva, corrispondendo così complessivamente alla venditrice la somma di euro 15.500,00; ‐ in data 22 ottobre 2008 F.T.S aveva ceduto la propria azienda alla società convenuta che quindi era subentrata nel predetto contratto; ‐ nell’aprile del 2009 esso attore aveva comunicato alla società convenuta la propria intenzione di rivenderle la multiproprietà presso il complesso residenziale di Assisi secondo quanto previsto dall’art. 11 del contratto stipulato in data 22 aprile 2008; ‐ la società convenuta non aveva mai adempiuto alle obbligazioni che aveva assunto in tale accordo. La F.T.S. Free Time Service società agricola e forestale s.r.l., nel costituirsi ritualmente in giudizio, ha eccepito, in via preliminare, l’incompetenza per territorio del Tribunale di Verona a pronunciarsi sulla domanda di controparte in virtù della clausola di cui all’art. 11 del contratto del 22 aprile 2008 che attribuiva la competenza sulle controversie ad esso relative al Tribnale di Roma. Con riguardo al merito la convenuta ha resistito alla domanda avversaria assumendo che era stato l’O. a rendersi inadempiente al contratto che aveva concluso con essa ed, ancora prima, alla permuta della quota indivisa presso il residence Castello Beach Club giacchè, nonostante i solleciti che aveva ricevuto da parte della Free Time Service, non aveva consegnato la procura notarile prevista non aveva comunicato alla gerente l’intervenuta cessione ai fini del gradimento. Relativamente al quantum della pretesa avversaria la convenuta ha dedotto che il valore della quota di multiproprietà che doveva essere permutata si era ridotto notevolmente rispetto a quello di euro 10.000,00 che era stato convenuto all’epoca dell’accordo sopra citato. La convenuta pertanto ha rassegnato le conclusioni di merito meglio riportate in epigrafe. La causa è giunta a decisione in assenza di attività istruttoria a seguito del rigetto da parte di questo Giudice delle istanze istruttorie delle parti. Ciò detto occorre innanzitutto esaminare l’eccezione di incompetenza per territorio sollevata dalla convenuta. Essa è infondata per varie ragioni. Innanzitutto la clausola del contratto del 22 aprile 2008 richiamata dalla Free Time Service non deve trovare necessaria applicazione nel caso di specie, dal momento che non attribuisce in via esclusiva al Tribunale di Roma la competenza per territorio sulle controversie nascenti da tale rapporto. Sul punto viene in rilievo il consolidato insegnamento della Suprema Corte secondo il quale:”La designazione convenzionale di un foro territoriale, anche se coincidente con uno di quelli previsti dalla legge, non attribuisce a tale foro carattere di esclusività in difetto di pattuizione espressa in tal senso, pattuizione che, pur non dovendo rivestire formule sacramentali, non può essere desunta in via di argomentazione logica da elementi presuntivi, dovendo per converso scaturire da una non equivoca e concorde manifestazione di volontà delle parti volta ad escludere la competenza degli altri fori previsti dalla legge. Ne discende che una clausola (nella specie di condizioni generali di contratto), con la quale sia stabilita la competenza di un certo foro per qualsiasi controversia è inidonea ad individuare un foro esclusivo, poiché a siffatte espressioni, in mancanza di una specificazione della volontà delle parti di considerare quest’ultimo come l’unico applicabile (come avrebbe potuto rivelare l’uso dell’aggettivo esclusivo o dell’avverbio esclusivamente o di altre espressioni consimili), deve attribuirsi soltanto il significato di individuare l’ambito oggettivo di applicabilità di quel foro” (Cass. ord. n.17449 del 2007). A prescindere da tali considerazioni la previsione in esame è anche affetta da nullità e conseguente inefficacia, come rilevato dall’attore, atteso che, stante la pacifica qualità di consumatore dell’O., è in contrasto con l’art. 33 lett. u del d.lgs. 206/2005. La deduzione di parte convenuta secondo cui quest’ultima norma non è applicabile al caso di specie, in quanto il contratto intercorso tra le parti avrebbe avuto natura mista e come tale non sarebbe soggetto alla disciplina di cui agli artt. da 69 a 81 del d.lgs. 206/2005, è infondata, sotto il profilo fattuale, e fuorviante, sotto il profilo giuridico. Deve infatti innanzitutto osservarsi che la clausola di cui si discute è contenuta in un contratto, definito di “acquisto”, che venne concluso il 22 aprile 2008 tra l’O. e la F.T.S. avente ad oggetto, secondo quanto chiaramente esplicitato al suo articolo 2, “il godimento del diritto di utilizzare in modo esclusivo una settimana di una unità residenziale extra alberghiera in un periodo settimanale a ricorrenza annuale e per la durata di venti anni” (cfr. doc. 8 di parte attrice) e che, quindi, corrisponde appieno ad una delle tipologie elencate dall’art. 69 lett. a) del d.lgs.206/2005. La permuta che venne conclusa, contestualmente a quell’accordo, tra le stesse parti, sebbene fosse collegata ad esso, non ne alterò la causa. In ogni caso, anche a voler ritenere, in via meramente ipotetica, che al rapporto intercorso tra le parti non sia applicabile, per le ragioni esposte dalla convenuta, la disciplina di cui agli artt. da 69 a 81 del d.lgs. 206/2005, esso sarebbe comunque soggetto a tutte le norme del titolo primo della parte terza di tale testo di legge, tra le quali è compreso l’art. 33 lett.u), dal momento che l’unico presupposto richiesto a tale fine è che il contratto sia stato concluso tra un consumatore, quale pacificamente è l’O., ed un professionista, quale pacificamente era la F.T.S. Venendo al merito la domanda di parte attrice è senza dubbio fondata e come tale merita di essere accolta. Invero è pacifico in causa che la F.T.S. non diede corso alla richiesta dell’O. di riacquistare il diritto di utilizzare in via esclusiva una unità del residence denominato Country House Caberto II, che gli era stato ceduto, sebbene si fosse espressamente impegnata a ciò nella clausola n.11 del contratto di acquisto del 22 aprile 2008. Per giustificare tale inadempimento la convenuta ha sostenuto che fu l’O. a rendersi inadempiente alla permuta, o meglio, secondo la prospettiva della convenuta, al preliminare di permuta, che era stato concluso tra le parti contestualmente al succitato accordo e in base alla quale l’attore si era impegnato a cedere, ma in realtà, come subito si vedrà, aveva ceduto, analogo diritto su di una unità immobiliare sita nel residence Castillo Beach di Fuerteventura. Sul punto è opportuno chiarire che, sebbene l’O. abbia definito il diritto da lui ceduto alla F.T.S. come multiproprietà, ed esso sia stato qualificato come quota in multiproprietà, dalla lettura del certificato di proprietà che è stata prodotta sub 2, si evince che si trattava sempre di un diritto di godimento. Il documento in esame, che è redatto in lingua inglese, lo definisce infatti, letteralmente, come “diritto di occupare e di godere dell’unità in esso meglio identificata e di tutti i servizi e le strutture del residence per una settimana all’anno variabile. E’ appena il caso di sottolineare come, con un simile accordo, le parti avessero quindi convenuto il trasferimento reciproco di due diritti della stessa natura e tale fattispecie rientra appieno nello schema dell’art. 1552 c.c. che consente il reciproco trasferimento di qualsiasi diritto. Orbene deve osservarsi come il sopra esposto assunto della convenuta sia, innanzitutto, irrilevante ai fini della decisione giacchè, con la succitata previsione, la F.T.S. aveva assunto l’obbligo di riacquistare dall’O. il diritto all’utilizzo esclusivo di una determinata unità immobiliare, a prescindere dalla corretta e compiuta esecuzione della permuta, che, infatti, non viene minimamente menzionata nel c.d. contratto di acquisto. Si noti che, sebbene l’obbligo a carico della F.T.S. fosse stato espresso sotto forma di garanzia, esso può agevolmente qualificarsi come opzione, con la conseguenza che equivale a sua accettazione la dichiarazione che l’O. inviò alla convenuta con la raccomandata del 20 aprile 2009 (doc. 9 di parte attrice), osservando, in tale modo, sia le formalità che i termini che erano stati stabiliti nella stessa clausola n.11 dell’accordo del 22 aprile 2008. Peraltro, anche a voler considerare l’assunto di parte convenuta, secondo il quale l’esecuzione della permuta avrebbe costituito il presupposto per l’adempimento da parte sua degli obblighi derivanti a suo carico dal contratto di acquisto, giova evidenziare che l’O. diede corso a tutti gli obblighi che aveva assunto con essa. Invero già la circostanza che le parti stipularono l’accordo del 22 aprile e che l’O., in esecuzione di esso, corrispose la somma che vi era stata fissata quale corrispettivo della cessione del diritto di utilizzo dell’unità immobiliare è già indicativa del fatto che egli avesse già alienato il diritto di multiproprietà, inteso, come detto sopra come diritto di godimento, in capo alla F.T.S., apparendo inverosimile che egli avesse adempiuto solo in parte alle proprie obbligazioni nei confronti della alienante. Dalla documentazione prodotta dalla convenuta emerge poi, piuttosto chiaramente, che l’attore aveva anche consegnato alla F.T.S. l’originale del certificato attestante il proprio diritto di godimento sulla struttura alberghiera sopra citata e che questo rappresentava l’unico adempimento formale al quale era obbligato. La F.T.S. fece infatti espresso riferimento a tale circostanza nella lettera che inviò alla società che gestiva la struttura ove era ubicata l’unità immobiliare e nella quale chiese conferma della validità di tale documento (cfr. doc7 di parte convenuta) nonchè di ottenere una liberatoria circa il pagamento degli oneri per i servizi. In tale missiva la F.T.S ebbe anche a precisare che, una volta che avesse ricevuto riscontro positivo alla richiesta che aveva inoltrato, avrebbe provveduto a trasmettere alla società interpellata l’originale del certificato sottoscritto anche da essa, così dimostrando di ritenere che mancava solo quell’ulteriore adempimento formale al perfezionamento del trasferimento delle quote di multiproprietà dell’O. in capo a sé. Si noti anche che tale comportamento è pienamente in linea con quello che la stessa convenuta aveva palesato nelle lettere contenenti la proposta di permuta che aveva inviato all’O. prima della formalizzazione dell’accordo e nelle quali non aveva fatto il benché cenno alla necessità di adempimenti particolari per il perfezionamento della stessa. Il documento sopra citato comprova poi che non era necessario che fosse stato l’O. a comunicare alla gerente l’intervenuta cessione del diritto, cosicché l’addebito che la convenuta gli ha mosso in proposito nel corso del presente giudizio risulta del tutto pretestuoso. Quanto poi all’ulteriore omissione che la convenuta ha contestato all’attore, ossia di non averle consegnato la procura notarile, deve osservarsi come il rilievo sia innanzitutto generico, atteso che, anche alla luce delle modalità di trasferimento della titolarità delle quote di multiproprietà, che, secondo la convenuta, dovevano essere osservate, non si comprende quale funzione tale atto potesse assolvere. Qualora poi si tratti della procura ad negotia alla quale si fa cenno nell’atto di impegno sottoscritto dalle parti sempre il 22 aprile 2008 (doc. 7 di parte attrice) non risulta che tale prestazione sia stata mai richiesta all’O. prima del presente giudizio, tant’è che non viene menzionata nemmeno nella lettera di contestazione che la convenuta avrebbe inviato all’attore il 20 aprile 2009 (doc. 8 di parte convenuta). Si deve peraltro evidenziare come la circostanza della ricezione di quest’ultima da parte dell’attore sia rimasta indimostrata e che, in ogni caso, quell’adempimento sarebbe stato necessario qualora si fosse dovuto trasferire a terzi il diritto e quindi se la F.T.S lo avesse acquistato per persona da nominare. Alla luce delle superiori considerazioni nulla può addebitarsi in proposito all’attore. A prescindere da quanto fin qui detto la domanda di condanna ai sensi dell’art. 2932 c.c. svolta dalla convenuta andrebbe comunque disattesa, in mancanza dell’individuazione da parte di essa della prestazione che l’O. dovrebbe essere condannato a rendere. La FTS ha infatti chiesto che venga emessa una sentenza produttiva degli effetti del contratto di permuta e, inoltre, non ha precisato, né si è offerta di eseguire, la prestazione alla quale sarebbe a sua volta tenuta nei confronti dell’O. La convenuta va pertanto condannata a corrispondere all’attore la somma di euro 15.500,00, pari a quella da lui versata in esecuzione del contratto del 22 aprile 2008, oltre ad una rivalutazione monetaria del 5 % annuo su tale importo, dalla data del 22 aprile 2008 al saldo effettivo, in conformità a quanto previsto dall’art.11 del contratto stesso. L’accoglimento delle domande di parte attrice comporta anche la condanna della convenuta alla rifusione delle spese di lite che si liquidano come in dispositivo. A giustificare tale pronuncia concorre anche la considerazione che la convenuta ha rifiutato la proposta conciliativa che questo Giudice aveva formulato all’udienza del 21 luglio 2011 e che era indubbiamente vantaggiosa per essa. Ad avviso di questo Giudice sussistono i presupposti anche per la condanna per lite temeraria, ai sensi del terzo comma dell’art. 96 c.p.c, come introdotto dalla L. 69/2009. Tale norma, infatti, prevede che il Giudice possa, anche di sua iniziativa, condannare la parte soccombente al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della parte vittoriosa alla quale, proprio per il carattere officioso della pronuncia, ben può attribuirsi natura sanzionatoria. Il presupposto per l’applicazione di tale disposizione, ad avviso di questo Giudice, è il medesimo previsto dal primo comma dell’art. 96 c.p.c, ossia che la parte soccombente abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. Questa infatti è l’interpretazione più convincente, anche perché costituzionalmente orientata, della norma poiché è evidente che, se si prescindesse dai predetti requisiti, il solo agire o resistere in giudizio sarebbe sufficiente a giustificare la condanna, soluzione questa che pare in contrasto con il parametro dell’art. 24 Cost., senza contare che il Giudice non avrebbe elementi oggettivi al quale ancorare la propria valutazione. A ulteriore sostegno di tale esegesi milita l’argomento costituito dall’abrogazione, sempre da parte della L.69/2009, dell’ultimo comma dell’art. 385 cpc, che prevedeva la possibilità per la Corte di Cassazione di una condanna d’ufficio della parte soccombente che avesse agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. Infatti pare incongruente rispetto a tale scelta la tesi che la condanna ex officio per lite temeraria possa ora prescindere del tutto dai predetti requisiti soggettivi. Essi invece, in quanto previsti dal primo comma dell’art. 96 c.p.c, integrano “verticalmente”, come è stato osservato efficacemente da un autore, la nuova ipotesi. Ovviamente la mala fede e la colpa grave non possono che essere desunti da comportamenti specifici della parte secondo un giudizio di inferenza proprio dell’accertamento della sussistenza dei fatti illeciti, civili e penali. Nel caso di specie è sufficientemente sintomatica di una colpa grave connotante la condotta processuale della convenuta la circostanza che alcuni dei suoi assunti, come si è meglio evidenziato sopra, sono stati smentiti dalla documentazione che essa stessa ha prodotto. Al fine di sanzionare tale condotta si stima adeguata una somma di poco superiore alla metà di quella liquidata a titolo di spese di lite (con riguardo ai soli diritti e onorari). P.Q.M Il Giudice Unico del Tribunale di Verona definitivamente pronunciando ogni diversa ragione ed eccezione disattesa e respinta in accoglimento della domanda avanzata dall’O. nei confronti della convenuta condanna quest’ultima a corrispondere al primo la somma di euro 15.500,00, oltre ad una rivalutazione annua al tasso del 5 % annuo su tale importo a decorrere dalla data del 22 aprile 2008 fino al saldo effettivo, e alle spese di lite che liquida nella somma complessiva di euro 3.636,35 di cui euro 1.726,00 per diritti, 1.740,00 per onorari ed il resto per spese oltre Iva se dovuta e Cpa. Visto l’art. 96 terzo comma c.p.c. Condanna la convenuta a corrispondere all’attore l’ulteriore somma di euro 2.000,00. Verona 7 febbraio 2012. Il Giudice Unico 
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