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INQUADRAMENTO NORMATIVO
I TERMINI DI DECADENZA
A cura di Giuseppe Nastasia
I termini di decadenza
I termini di decadenza “ordinari”
Ai fini delle Imposte sui redditi e dell’Imposta sul valore aggiunto, i termini di decadenza per
la notifica degli accertamenti sono disciplinati, rispettivamente, dall’art. 431 del D.P.R. 600/73 e
dall’art. 57 del D.P.R. 633/72.
In particolare le predette norme, con riferimento ad entrambi i settori impositivi2, individuano
quale termine “ordinario” per la notifica degli avvisi di accertamento, il 31 dicembre del quarto anno
successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.3
Le stesse norme, poi, prevedono che, in caso di omessa presentazione della dichiarazione ( o
qualora la dichiarazione presentata sia nulla) il termine sopra individuato sia prolungato di un anno
e, pertanto, il termine entro cui deve essere notificato l’avviso di accertamento è il 31 dicembre del
quinto anno successivo a quello in cui è scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione
(omessa).
I termini di decadenza in presenza di “obbligo di denuncia per un reato tributario”
Tali norme, tuttavia, hanno subito, nell’ultimo decennio, alcune “rivisitazioni”: in primo luogo l'articolo 10 della legge 27 dicembre 2002, n.2894 ha, infatti, stabilito, per i contribuenti che non
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Ai fini IRAP, per effetto dell’art. 25, comma 1, del D.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 che dispone che “Fi‐
no a quando non hanno effetto le leggi regionali di cui all'articolo 24, per le attività di controllo e rettifica della dichiarazione, per l'accertamento e per la riscossione dell'imposta regionale, nonché per il relativo contenzioso si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi ad eccezione degli articoli 38, commi dal quarto al settimo, 44 e 45 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.”, si applicano le stesse norme applicabili ai fini delle imposte sui redditi.
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A partire, infatti, dal 1999, per effetto di quanto disposto dall’articolo 15 del D. lgs. 241/97, ( che ha ac‐
corciato di un anno i termini per l’accertamento sulle imposte sui redditi) gli atti di accertamento concernenti le dichiarazioni annuali dei redditi e dell’Iva hanno lo stesso termine decadenziale. 3
L’Agenzia delle Entrate, con Circolare del 17.05.2000, n. 98, ha precisato che, pur in presenza di una di‐
chiarazione integrativa, non si assiste ad alcun allungamento dell’ordinario termine di decadenza relativo all’accertamento atteso che, nel caso sottopostogli, si trattava di una dichiarazione a favore dell’Erario. 4
Legge Finanziaria 2003. 5
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si sono avvalsi delle disposizioni recate dagli articoli 7, 8 e 95 della predetta legge, una proroga di
due anni dei termini per l'accertamento di cui all'articolo 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.600, e
all'articolo 57 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.6336.
L’ulteriore disposizione che è intervenuta sui termini di decadenza e che ha suscitato, in dottrina, alcune perplessità, è costituita dall'articolo 37 del D. l. 223, commi da 24 a 267, norma che è
intervenuta, sia ai fini delle imposte sul reddito che ai fini Iva, sulla disciplina dei termini per l'attività di accertamento, incidendo, rispettivamente, sull'articolo 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
e sull'articolo 57 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 introducendo, in particolare un terzo comma
nelle norme de quibus. 8
In particolare, i predetti termini “ordinari” di accertamento sono raddoppiati "quando il contribuente abbia commesso una violazione che comporta obbligo di denuncia, ai sensi dell'art. 331 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dal D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.” Tale disposizione produce i suoi effetti con riferimento alla singola imposta ed alla singola annualità che è risultata penalmente rilevante e con rilevanza dal periodo d’imposta per il quale, alla data di entrata in vigore del decreto (4 luglio 2006), sono ancora pendenti i termini di accertamento. 9 10
In primo luogo occorre precisare che il “prolungamento” dei termini decadenziali non dovrebbe
produrre effetto ai fini IRAP in considerazione della circostanza che i “delitti” previsti dal D. Lgs. 10
marzo 2000, n. 74 hanno, come dolo specifico, quello di evadere le imposte sui redditi o sul valore
aggiunto e, pertanto, trovano applicazione con esclusivo riferimento alle predette imposte.11
Fatta questa premessa, occorre innanzitutto precisare che il “primo” presupposto per il prolungamento dei termini decadenziali, come emerge dalla lettura della norma è “l’obbligo di denuncia ai
sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale”. Quest’ultima disposizione, in particolare, attiene
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E in particolare della “Definizione automatica di redditi di impresa e di lavoro autonomo per gli anni pregressi mediante autoliquidazione” (articolo 7), della “Integrazione degli imponibili per gli anni pregressi” (articolo 8), “Definizione automatica per gli anni pregressi” (articolo 9).
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La proroga è applicabile anche nel caso in cui la dichiarazione presenta per il concordato, per l'integra‐
tiva o per il tombale, non sia valida.
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Convertito, con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
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Come precisato dalla relazione di accompagnamento al decreto e dalla circolare dell’Agenzia delle En‐
trate del 4 agosto 2006, n. 28, la norma è volta a garantire all’Amministrazione Finanziaria, a fronte di fattispe‐
cie che assumono rilevanza penale, l’utilizzabilità degli elementi istruttori che emergono nel corso delle inda‐
gini condotte dall’Autorità Giudiziaria per un periodo più ampio rispetto a quello previsto a pena di decadenza per l’accertamento. Il predetto intervento di prassi, inoltre, precisa che “L’ampliamento dei termini … è, tutta‐
via, limitato al solo periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione che assume rilevanza penale, men‐
tre non si estende ad altri periodi d’imposta, per i quali valgono gli ordinari termini dell’accertamento.” e
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In tal senso dispone il comma 26 dell’articolo 37 del D. L. 223/06;
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Cfr. Marco Gallea, D.L. n. 223/2006: il raddoppio dei termini di accertamento in presenza di reati fisca‐
li. L’interpretazione sistematica della norma evita possibili abusi ed inutili contenziosi, laddove si afferma che “ … La norma costituisce palese violazione del comma 3 dell’art. 3 della L. 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei di‐
ritti del contribuente) che statuisce: “I termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati”. Lo statuto dei diritti del contribuente, pur essendo provvedimento avente na‐
tura di legge ordinaria e non provvedimento di rango costituzionale, non risulta abrogato benché sino ad oggi sia stato più volte violato nel silenzio della giurisprudenza (seppure in fattispecie con minore rilevanza).
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Motivo per il quale, si potranno avere degli accertamenti ai fini delle Imposte sui redditi che, pur ricor‐
rendone i presupposti, non produrranno effetti ai fini Irap in considerazione dello spirare dei termini di accer‐
tamento.
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all’obbligo di denuncia, da effettuare per iscritto e senza ritardo, dei pubblici Ufficiali e degli incaricati dei pubblici servizi (quali, in particolare, gli appartenenti all’Agenzia delle Entrate) ma, si ritiene,
che la norma in argomento trovi, a maggior ragione, applicazione in presenza di obbligo di presentazione della notizia di reato ex art. 347 del codice di procedura penale per ciò che attiene agli Ufficiali ed Agenti di Polizia Giudiziaria (quali, appunto, gli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza). 12
Con specifico riferimento a quanto testé precisato la prassi13 intervenuta in materia afferma
che “ .. si esprime l’avviso che, in base al dato testuale della disposizione - che collega l’ampliamento dei termini per
l’accertamento alla mera sussistenza dell’obbligo di denuncia della violazione ai sensi dell'articolo 331 del codice di
procedura penale – l’ampliamento stesso operi a prescindere dalle successive vicende del giudizio penale che consegua
alla denuncia.”.14
Tale chiarimento, del resto, ci sembra coerente con il principio del “doppio binario” in tema di
procedimento amministrativo e procedimento penale in materia di violazioni tributarie.15
Affermare, del resto, il contrario vorrebbe dire reintrodurre, nell’ambito dell’ordinamento, una
“sorta” di pregiudiziale tributaria al contrario, per la quale, in sostanza, bisognerebbe attendere l’esito
di tutti i gradi di giudizio in ambito penale per poi procedere in ambito tributario.16
Con riferimento a tale interpretazione, tuttavia, non pochi dubbi sono sorti con riferimento alla dottrina17 ed alla giurisprudenza 18 pronunciatesi in merito.
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In tale quadro, il Codice penale, all’articolo 361, prevede, in caso omessa o ritardata denuncia all'Auto‐
rità Giudiziaria, o ad un'altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, di un reato di cui abbia avuto noti‐
zia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni, una sanzione, in capo al Pubblico Ufficiale, della multa da euro 30 a euro 516. Tale pena e` della reclusione fino ad un anno, se il colpevole e` un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto.
13
In particolare la circolare n. 54/E del 23 dicembre 2009 avente, per oggetto, “Problematiche di natura interpretativa in materia di termini per l’accertamento. Articolo 37, commi da 24 a 26 del decreto‐legge 4 lu‐
glio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4agosto 2006, n. 248. Applicabilità.
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La citata novella legislativa, come precisato dal comma 26 dell’articolo 37 del D. L. 223/06, produce i suoi effetti a decorrere dal periodo d’imposta per il quale, alla data di entrata in vigore del decreto (4 luglio 2006), sono ancora pendenti i termini di accertamento.
15
In tema di “Rapporti tra procedimento penale e processo tributario”, infatti, l’articolo 20 del D. Lgs. 74/2000 prevede che “ Il procedimento amministrativo di accertamento ed il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui ac‐
certamento comunque dipende la relativa definizione.”
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Non si vede la motivazione per la quale, infatti, un’archiviazione proposta dal P.M. possa produrre ef‐
fetti diversi rispetto all’assoluzione pronunciata in dibattimento (fino alla Cassazione).
17
Cfr. Roberto Fanelli, L’allungamento dei termini di decadenza per la notifica degli atti di accertamento, Pratica fiscale e professionale n. 3 del 18 gennaio 2010, pag. 50 e ss. laddove, affermando che “le denunce che non danno luogo ad alcuna annotazione nel registro delle notizie di reato di cui all’art. 335 c.p.p. non possono consentire il raddoppio dei termini di accertamento” sostiene che “ … sotto il profilo letterale, si osserva, co‐
munque, come le norme in argomento specifichino che il raddoppio dei termini si applica “relativamente al pe‐
riodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione” (penale); ora, in caso di assoluzione o di qualunque altra formula che escluda la responsabilità penale del contribuente, non può parlarsi di violazione (penale) “com‐
messa”.” e ancora “Tale norma, con il riferimento alla “eventualità” dell’iscrizione nell’apposito registro degli atti che “possono” contenere notizia di reato, presuppone un giudizio insindacabile della Procura della repub‐
blica in ordine alla configurabilità di un dato fatto come “notizia di reato”. Da ciò discende quindi che, qualora una denuncia presentata da un pubblico ufficiale non sia qualificabile come notizia di reato (ad esempio, per‐
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Ma l’elemento più rilevante che ha suscitato parecchi dubbi in dottrina e giurisprudenza attiene alla possibilità che l’allungamento dei termini di accertamento riguardi periodi d’imposta che, secondo il termine ordinario di decadenza previsto dalla norma innanzi citata, sarebbero già decaduti.
E’ il caso, ad esempio, della rilevazione19 di un reato previsto dal D. Lgs. 74/2000 quando i termini
ordinari di decadenza sono già spirati.20
ché priva di rilevanza penale, concernente un fatto non previsto dalla legge come reato), non può dirsi concre‐
tizzata una delle condizioni richieste dagli artt. 57, comma 3, e 43, comma 3, per il raddoppio dei termini di ac‐
certamento”; Filippo FONTANA, L’incidenza dell’esito del procedimento penale sui termini di accertamento tri‐
butario, Rivista di Giurisprudenza tributaria n. 9/2010, pag. 818.
18
Cfr. Sentenza della Commissione provinciale di Torino, Sez. XXIV, Sent. 15 febbraio 2010, In Rivista di Giurisprudenza tributaria n. 9/2010, pag. 815, laddove afferma che “ … (l)’ipotesi sostenuta dall’Ufficio … non risulta applicabile al caso di cui si controverte, non essendo parte ricorrente incorsa in alcuna violazione penale come risulta dal decreto di archiviazione prodotto agli atti di causa; 19
E relativa comunicazione all’Autorità Giudiziaria.
20
Cfr. Paolo PARISI e Massimiliano PARPIGLIA, Reati tributari e proroga dei termini per l’accertamento, Corriere tributario 5/2010, laddove afferma che “Un ulteriore aspetto che merita di essere chiarito al più pre‐
sto, preferibilmente in via normativa, riguarda la corretta identificazione del periodo d’imposta interessato dal‐
la proroga. In fatti se la denuncia è presentata con riferimento ad un periodo per il quale non sono scaduti gli ordinari termini per l’accertamento, non si ravvisano problemi, operando pacificamente il raddoppio degli stes‐
si. Ma una volta che siano decorsi i termini ordinari per l’accertamento ci si chiede se la semplice presentazione della denuncia possa provocare una sorta di “riapertura” dei periodi in questione …”Marco GALLEA, D.L. n. 223/2006: il raddoppio dei termini di accertamento in presenza di reati fiscali. L’interpretazione sistematica della norma evita possibili abusi ed inutili contenziosi, il Fisco n. 36 de 2 ottobre 2006, pag. 5594 e ss., laddove si afferma che “ … In tale ottica il raddoppio dei termini di prescrizione e decadenza dell’azione accertatrice o‐
pererebbe solo se una prima denuncia ex art. 331 del codice di procedura penale è stata effettuata nei confron‐
ti del contribuente accertato nel termine ordinario di accertamento (quattro anni) …”, Roberto FANELLI, L’allungamento dei termini di decadenza per la notifica degli atti di accertamento, Pratica fiscale e professiona‐
le n. 3 del 18 gennaio 2010, pag. 50 e ss. laddove, in tema di “applicabilità del raddoppio ai termini scaduti”, rappresenta che “Ci si chiede se la presentazione della denuncia per tale reato può consentire di “riaprire” i termini di accertamento che, per effetto della denuncia, sarebbero allungati..”; Gabriele SEPIO, RL, Ancora sull’ampliamento dei termini per l’accertamento, a seguito di violazioni penali, Atti amministrativi e contenzio‐
so, pag. 1283, laddove afferma che “La norma tuttavia così come formulata suscita talune perplessità, giacché nella sua eccessiva sinteticità non indica se la riapertura dei termini interessa solamente le annualità per le quali ancora non è decorso il termine di accertamento oppure se, in via estensiva, possa interessare anche quel‐
le circostanze in cui la notizia criminis emerga una volta decorso il termine di decadenza a carico degli uffici, provocando così una vera e propria reviviscenza dell’azione amministrativa.”; ABI Associazione Bancaria Italia‐
na, Tavolo interassociativo Abi‐Ania_Assonime‐Confindustria, Il raddoppio dei termini per l’accertamento tri‐
butario (artt. 43, comma 3, D.P.R. 600/1973 e 57, comma 3, D.P.R. 633/1972), Luglio 2010 laddove afferma che “ Tale questione (ndr. L’azione di accertamento in relazione ad annualità già definite) – che è certamente quel‐
la di maggior rilievo – è sorta proprio a causa della prassi degli organi verificatori di avvalersi delle disposizioni introdotte con il decreto‐legge n. 223 del 2006 per riaprire i termini di accertamento già scaduti al momento in cui essi procedono alla verifica dalla quale scaturisce la notitia criminis” e ancora “Questa impostazione, che condurrebbe … alla riapertura di termini di accertamento già spirati non appare, a nostro avviso, condivisibile: ciò alla luce di motivazioni sia di ordine logico‐sistematico sia di ordine equitativo; Tommaso LAMEDICA, Cor‐
riere Tributario n. 4/2010, pag. 318; Piermaria CORSO, Rapporti tra dimensione penale dell’illecito tributario e termini per l’accertamento; Stefano LOCONTE e Vittorio DE BONIS, Ampliamento dei termini per l’esercizio dell’attività impositiva in presenza di fattispecie di reato previste dal D. Lgs. 74/2000, Il Fisco n. 3 del 21 gen‐
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In tale quadro, la Commissione provinciale napoletana, con ordinanza del 29 aprile 2010, n.
266, ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 43 del DPR 600/1973
e dell’art. 57 del DPR 633/1972 nella parte in cui consente in maniera indiscriminata il raddoppio
dei termini per l’accertamento in caso di constatazione di violazioni penalmente rilevanti.
La Corte Costituzionale, pronunciatasi con la sentenza n. 247 del 20 luglio 2011, ha respinto
tutte le censure prospettate dalla predetta Commissione Tributaria, sancendo i seguenti principi:
1) in merito alla asserita violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, la Corte ha chiarito che la
normativa sul raddoppio dei termini non proroga né riapre “termini di decadenza ormai
scaduti” ma, semplicemente, introduce termini ex novo che “non si innestano su quelli ‘brevi’ di
cui ai primi due commi dell’art. 57 del DPR n. 633 del 1972 in base ad una scelta degli uffici
tributari, ma operano autonomamente allorchè sussistano elementi obiettivi tali da rendere
obbligatoria la denuncia penale per i reati previsti dal D. Lgs. n. 74 del 2000”.
Per la Corte, quindi, non si può parlare “«di riapertura o proroga di termini scaduti», né di «reviviscenza di poteri di accertamento ormai esauriti», perché i termini “brevi” e quelli “raddoppiati” si riferiscono a fattispecie ab origine diverse, che non interferiscono tra loro e alle quali si
connettono diversi termini di accertamento. Più precisamente, i termini “brevi” operano in presenza di violazioni tributarie per le quali non sorge l’obbligo di denuncia penale di reati previsti
dal D. Lgs. n. 74 del 2000, mentre i termini “raddoppiati” operano in presenza di violazioni tributarie per le quali vi è l’obbligo di denuncia. E’ perciò “del tutto irrilevante che detto obbligo,……, possa insorgere anche dopo il decorso del termine ‘breve’ o possa non essere adempiuto entro tale termine. Ciò che rileva è solo la sussistenza dell’obbligo, perché essa soltanto connota, sin dall’origine, la fattispecie di illecito tributario alla quale è connessa l’applicabilità dei
termini raddoppiati di accertamento”.
2) in merito all’eventuale contrasto con l’art. 24 della Costituzione, per violazione del diritto di
difesa del contribuente, non prevedendo la normativa sul “raddoppio” un termine
“ragionevole” e “oggettivamente determinato per la notificazione dell’atto impositivo e
potendo, inoltre, verificarsi il caso in cui il medesimo non sia più in possesso delle scritture e
documenti contabili obbligatori nel momento in cui intervenga la denuncia penale, i giudici
delle leggi hanno chiarito che:
.. il contribuente è tenuto, ai sensi dell’art. 22 del DPR 600/73, a “conservare le scritture ed i
documenti fino alla definizione degli accertamenti relativi al corrispondente periodo
d’imposta”. Pertanto, “se il termine previsto dalla legge, in presenza dell’obbligo di denuncia
delle suddette violazioni tributarie penalmente rilevanti, è quello raddoppiato di cui alla normativa censurata, ne segue che il contribuente ha l’obbligo di conservare le scritture ed i documenti fino alla definizione degli accertamenti relativi e, quindi, non può ritenersi esonerato
naio 2008, pag. 449 e ss.; Ivo CARACCIOLI, Denuncia alla’autorità giudiziaria di reato tributario e raddoppio dei termini di accertamento, Rubrica di diritto penale tributario; Alfonso CAROTENUTO, reati tributari e termini per l’accertamento, il Fisco n. 37 del 9 ottobre 2006, pag. 5819; Francesco COLAIANNI, Decreto Bersani: le mo‐
difiche alla disciplina dei termini di accertamento, il Fisco n. 18 del 7 maggio 2007, pag. 2636; Michele PISANI, La nuova disciplina della prescrizione dell’accertamento in presenza di reati tributari, il Fisco n. 44 del 27 no‐
vembre 2006, pag. 6798; Sergio LA ROCCA, I termini di accertamento in presenza di fattispecie a rilevanza pe‐
nale, Bollettino tributario n. 8 del 2010; Cristiana DI FELICE, Ipotesi di reato tributario e proroga dei termini per l’accertamento, Corriere Tributario 10/2010
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da tale obbligo fino alla scadenza del termine raddoppiato”; il che, per la Corte, “evidentemente, non comporta alcuna lesione del diritto di difesa, proprio perché l’obbligo di conservazione documentale fino al decorso di tali termini è contenuto, dal predetto articolo, in limiti certi”;
.. il termine “non è né indeterminato né irragionevolmente ampio”.
Non è indeterminato in quanto, in presenza del suddetto obbligo di denuncia penale, è individuato dalla normativa in modo certo, e cioè: a) entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione; b) entro il 31 dicembre del decimo
anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Per la Corte, l’obiettiva certezza non è esclusa neanche dall’eventuale soggettiva incertezza del contribuente in relazione alla “astratta ravvisabilità delle indicate ipotesi di reato”. Infatti, oltre a
non poter rientrare questo aspetto nel giudizio di legittimità, trattandosi di un eventuale “inconveniente di mero fatto”, “per contrastare possibili abusi degli uffici tributari sono invece
sufficienti,……, da un lato, la previsione dell’obbligo dei pubblici ufficiali – e, quindi, anche
dei verificatori fiscali – di inoltrare senza ritardo la denuncia penale (obbligo sanzionato
dall’art. 361 del codice penale) e, dall’altro, la controllabilità giudiziale circa la sussistenza dei
precisi ed obiettivi presupposti richiesti dalla legge e dalla giurisprudenza perché sorga detto
obbligo”.
I giudici aggiungono, sullo specifico tema, che il raddoppio non scaturisce “da una valutazione discrezionale e meramente soggettiva degli uffici tributari, ma opera soltanto nel caso in
cui siano obiettivamente riscontrabili, da parte di un pubblico ufficiale, gli elementi richiesti
dall’art. 331 cod. proc. pen. per l’insorgenza dell’obbligo di denuncia penale. Per costante
giurisprudenza della Corte di cassazione, tale obbligo sussiste quando il pubblico ufficiale sia
in grado di individuare con sicurezza gli elementi del reato da denunciare (escluse le cause di
estinzione o di non punibilità, che possono essere valutate solo dall’autorità giudiziaria), non
essendo sufficiente il generico sospetto di una eventuale attività illecita (ex plurimis, sentenze
della Cassazione penale n. 27508 del 2009; n. 26081 e n. 15400 del 2008; n. 1244 del 1985; n.
6876 del 1980; n. 14195 del 1978). Va, inoltre, sottolineato al riguardo che il pubblico ufficiale – allorchè abbia acquisito la notitia criminis nell’esercizio od a causa delle sue funzioni –
non può liberamente valutare se e quando presentare la denuncia, ma deve inoltrarla prontamente, pena la commissione del reato previsto e punito dall’art. 361 cod. pen. per il caso di
omissione o ritardo nella denuncia”.
Il termine, inoltre, non è irragionevolmente ampio, perché è “di poco superiore al termine di
prescrizione dei reati suddetti (sei anni) e la sua entità è adeguata a soddisfare la ratio legis di
dotare l’amministrazione finanziaria di un maggior lasso di tempo per acquisire e valutare dati utili a contrastare illeciti tributari, i quali, avendo rilevanza penale, sono stati non ingiustificatamente ritenuti dal legislatore particolarmente gravi e, di norma, di complesso accertamento”.
3) in relazione, inoltre, alla presunta violazione dell’art. 25 della Costituzione, perché la normativa,
in presenza di ipotesi di reato previste dal D. Lgs. 74 del 2000, renderebbe retroattivamente
applicabile la sanzione del raddoppio dei termini, la Corte puntualizza che la disciplina del
raddoppio non ha natura sanzionatoria e “non è perciò invocabile, nella specie, il principio di
irretroattività della norma penale sfavorevole previsto dall’evocato secondo comma dell’art. 25
Cost. E ciò a prescindere dalla considerazione che …… la disciplina fiscale censurata si applica
solo per l’avvenire, con riferimento sia agli illeciti commessi a decorrere dalla data di entrata in
vigore del decreto-legge n. 223 del 2006 sia a quelli commessi anteriormente e per i quali, a tale
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data, non siano ancora decorsi i termini di cui ai primi due commi dell’art. 57 del DPR n. 633
del 1972”. Continuano i giudici: “Il mero assoggettamento ad un termine più lungo di
accertamento fiscale non svolge, dunque, alcuna funzione afflittivo-punitiva o sanzionatoria di
un fatto di reato, ma, operando su un piano meramente procedimentale, persegue solo il sopra
evidenziato obiettivo di attribuire agli uffici tributari maggior tempo per accertare l’effettiva
capacità contributiva del soggetto passivo d’imposta, quando ciò sia giustificato dalla non
arbitraria ipotizzabilità, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. pen, di violazioni gravi e di più difficile
controllo”;
4) infine, circa il contrasto con l’art. 3, comma 3, della Legge 212 del 2000 (cosiddetto “statuto dei
diritti del contribuente”), laddove lo stesso afferma che “I termini di prescrizione e di
decadenza per gli accertamenti d’imposta non possono essere prorogati”, la Corte ha ritenuto
non ammissibile la questione, argomentando che le disposizioni della legge in questione “non
hanno rango costituzionale e non costituiscono, neppure come norme interposte, parametro
idoneo a fondare il giudizio di legittimità costituzionale di leggi statali”, come peraltro già più
volte osservato dai giudici delle leggi.
In conclusione si segnala come una parte della giurisprudenza (ad es. 174/17/12 del pronunciata il
3 aprile 2012 e depositata il 26 giugno 2012 dalla Commissione Provinciale di Milano, ma anche Vicenza, Reggio Emilia e Pesaro) ha sottolineato come “il raddoppio dei termini di accertamento se
l’Ufficio non ha prodotto la notizia di reato in giudizio per consentire una idonea valutazione al giudice tributario, in merito alla sussistenza dell’obbligo di denuncia.”.
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