IL RECESSO DAL CONTRATTO DI
LAVORO E DISCIPLINA DEL
LICENZIAMENTO
CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI
LAVORO





SCADENZA DEL TERMINE
MORTE DEL LAVORATORE
ACCORDO DELLE PARTI
RECESSO DEL
PRESTATORE
RECESSO DEL DATORE DI
LAVORO (LICENZIAMENTO)


IMPOSSIBILITà
SOPRAVVENUTA DELLA
PRESTAZIONE (EX
TERREMOTO,
CARCERAZIONE
DIPENDENTE, INIDONEITà
ASSOLUTA AL LAVORO……)
SUPERAMENTO PERIODO
DI COMPORTO E ALTRE
CAUSE PREVISTE PER
LEGGE
ART. 2119 c.c.


Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto
prima della scadenza del termine, se il contratto è a
tempo determinato, o senza preavviso, se il
contratto è a tempo indeterminato, qualora si
verifichi una causa che non consenta la
prosecuzione anche provvisoria, del rapporto. Se il
contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di
lavoro che recede, per giusta causa compete
l'indennità indicata nel secondo comma dell'articolo
precedente.
Non costituisce giusta causa di risoluzione del
contratto il fallimento dell'imprenditore o la
liquidazione coatta amministrativa dell'azienda.
Il recesso del datore di lavoro (LICENZIAMENTO)
può
avvenire solo per giusta causa
o per giustificato motivo L.15.07.66 n. 604 pena illegittimità dello
stesso
Art. 2119 c.c
art. 18 S.L.
Prevede la reintegrazione nel posto quando
il giudice ritenga non sussistere la
giusta causa o il giustificato motivo
Si ha un regime vincolistico del licenziamento che deve essere sempre motivato
GIUSTA CAUSA
La causa di licenziamento si ritiene giusta quando
non consente, neppure in via provvisoria, la
prosecuzione
del
rapporto
di
lavoro.
In presenza di tale ragione, il datore potrà procedere
al licenziamento in tronco, ossia con effetto
immediato, senza obbligo di preavviso, sia nel
contratto a tempo determinato in cui il termine non
sia ancora scaduto, sia in quello a tempo
indeterminato.
ESEMPI DI GIUSTA CAUSA






simulazione fraudolenta dello stato di malattia, allo scopo di
esplicare attività lavorativa presso terzi;
rissa tra dipendenti;
minacce al datore di lavoro;
sottrazione di beni o documenti aziendali riservati;
atti di violenze commesse dai lavoratori, anche fuori
dall’ambiente di lavoro, qualora compromettano la serenità dei
rapporti all’interno dell’azienda;
condanna a pena detentiva passata in giudicato
GIUSTIFICATO MOTIVO
Soggettivo: ai sensi dell’art. 3 della L. n. 604/1966, consiste in
un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del
prestatore di lavoro.
Oggettivo: il licenziamento può essere intimato per fatti
inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e
al regolare funzionamento della stessa. Il giudice non può
sindacare il merito delle scelte imprenditoriali del datore,
che hanno determinato il licenziamento, ma valutare la
sussistenza del nesso di causalità tra la scelta e il
licenziamento.
ART.



18 S. L.
L'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori prevede che il giudice, qualora annulli
un licenziamento (per esempio, perché intimato senza giusta causa o
giustificato motivo, oppure perché discriminatorio o intimato a voce), ordina
la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e condanna il datore di
lavoro al risarcimento del danno, nella misura della retribuzione globale di
fatto dal giorno del licenziamento a quello della effettiva reintegrazione, oltre
al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali; in ogni caso,
l'indennità dovuta a titolo di risarcimento del danno non potrà essere
inferiore a cinque mensilità.
L'art. 18 S.L. è applicabile solo ai datori di lavoro, imprenditori o non
imprenditori, che abbiano alle proprie dipendenze più di quindici dipendenti
nell'unità produttiva in cui è avvenuto il licenziamento, ovvero nell'ambito
dello stesso comune (il numero dei dipendenti è ridotto a più di cinque se il
datore di lavoro è un imprenditore agricolo); inoltre, la norma in questione è
applicabile ai datori di lavoro che occupino, complessivamente, più di
sessanta lavoratori.
L’art. 18 c. 5 prevede che il lavoratore, reintegrato a seguito di un illegittimo
licenziamento opti per la risoluzione del rapporto in cambio di una indennità
pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto che andrà ad
aggiungersi a quella già liquidata dal giudice a titolo di risarcimento del
danno.
PROCEDURA DI INTIMAZIONE DEL
LICENZIAMENTO
ART.2 l. 604/66 COME NOVELLATA DALLA l. 108/90
INTIMATO IN FORMA SCRITTA
15 GG PER LA MOTIVAZIONE
60 GG PER IMPUGNAZIONE
7 GG PER COMUNICARE
IL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
il licenziamento può avvenire anche a seguito
di un procedimento disciplinare; si applicano
in questo caso le garanzie procedimentali
ART. 7 L. 300/70 S.L.
Obbligo di preventiva contestazione
dell’addebito
Concessione di un termine a difesa
Licenziamento «ad nutum »: bastava un cenno
In principio, la disciplina del rapporto di lavoro
si basava esclusivamente sul codice civile, il
quale garantiva al datore di lavoro la più
ampia discrezionalità nella risoluzione del
rapporto.
Si parla, a questo proposito, di licenziamento
ad nutum, dove – appunto – valeva un
«cenno» per disfarsi dei lavoratori non
graditi.
-
-
Oggi, la disciplina del recesso ad nutum, che una volta costituiva
la normalità, rappresenta, di fatto, un’eccezione, a seguito
dell’introduzione della legge 15 luglio 1966, n. 604 e delle
successive modifiche, le quali, lasciando al lavoratore la facoltà
di dimettersi senza obbligo di motivazione e con il solo rispetto
del preavviso, hanno introdotto in capo al datore l’obbligo:
di motivare il licenziamento con riferimento ad una giusta causa
o ad un giustificato motivo (motivazione anche non contestuale,
a richiesta lavoratore entro 15 gg; risposta datore entro 7 gg);
Il licenziamento deve essere intimato per iscritto, regole a pena
inefficacia
CASI RESIDUI DI LIBERA
RECEDIBILITA’
DIRIGENTI
LAVORATORI IN PROVA
LAVORATORI ULTRASESSANTENNI IN POSSESSO REQUISITI PENSIONIASTICI
Licenziamento dei dirigenti
Il rapporto di lavoro con i dirigenti può essere risolto dal datore di lavoro
senza addurre alcuna motivazione, dovendo rispettare il solo obbligo di
preavviso, che, tra l'altro, viene meno nel caso in cui sia ravvisabile una
giusta casa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del
rapporto.
È importante precisare, tuttavia, che la Cassazione distingue tra:
classe dirigenziale in posizione verticistica e con ampi poteri di
gestione, tali da costituirla quale sostituta dell'imprenditore e
classe direttiva non apicale, anche detta convenzionale.
A quest'ultima si applica la disciplina ordinaria sul licenziamento per
giusta
causa
o
giustificato
motivo.
I contratti collettivi, comunque, possono prevedere (e, di fatto, molto
spesso prevedono), in forza della libera volontà delle parti, l'obbligo di
procedere al licenziamento dei dirigenti solo previa motivazione ed in
presenza di giustificate ragioni, a pena del pagamento di particolari
indennità.
Casi di licenziamento ad nutum
DIRIGENTI
LAVORATORI IN PROVA
LAVORATORI CON
REQUISITI CON PENSIONE
DI VECCHIAIA
LAVORATORI A DOMICILIO
LAVORATORI DOMESTICI
LAVORATORI A TEMPO
DETERMINATO (solo alla
scadenza)
Non è necessaria
la motivazione,
ma occorre
rispettare il
preavviso, salva
giusta causa
PROCEDURA DI INTIMAZIONE DEL
LICENZIAMENTO ART. 2 L. N. 604
1) INTIMAZIONE SCRITTA
2)MOTIVAZIONE NELL’ATTO DI
INTIMAZIONE O SU ISTANZA DEL
LAVORATORE (entro 15 giorni)
3) MOTIVI SCRITTI DEL DATORE
ENTRO SETTE GIORNI DALLA
RICHIESTA
4) IL LAVORATORE HA 60 GIORNI
PER IMPUGNARE
LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO
VIZI DEL LICENZIAMENTO
MANCANZA DI GIUSTA CAUSA O GIUSTIFICATO MOTIVO
MANCATO RISPETTO DELLA PROCEDURA
DISCRIMINAZIONI PER CREDO POLITICO, RELIGIOSO O SINDACALE,
PER CAUSA DI MATRIMONIO O MATERNITA’
ANNULLAMENTO
INEFFICACIA
NULLITA’
Licenziamento discriminatorio
Lavoratori che ricoprono cariche di rappresentanza nelle associazioni sindacali
Disposizioni particolarmente restrittive sono dettate dall’art. 22
dello Statuto dei Lavoratori e dall’accordo interconfederale del 18
aprile 1966, per quanto concerne il licenziamento dei lavoratori
che ricoprono cariche di rappresentanza all’interno delle
associazioni sindacali.
In generale, in tali casi, il datore, prima di procedere
all’irrogazione del provvedimento, dovrà ottenere il nulla osta
dalle organizzazioni sindacali.
LICENZIAMENTO COLLETTIVO
La disciplina del licenziamento di una pluralità di lavoratori ritenuti
eccedenti (il cosiddetto «licenziamento collettivo» o «per
riduzione del personale») è contenuta nella legge 23 luglio
1991, n. 223, che ha riordinato l’intera materia, armonizzandola
con quella europea. La legge si applica esclusivamente alle
imprese che, presentando un esubero di manodopera per
motivi tecnici, organizzativi e produttivi, occupino più di 15
dipendenti ed intendano procedere alla riduzione,
trasformazione o cessazione dell’attività o del lavoro, a cui far
seguire almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni, in
ciascuna unità produttiva o in più unità produttive nell’ambito
della stessa provincia.
LICENZIAMENTO COLLETTIVO fasi
1.
comunicazione per iscritto alle Rappresentanze Sindacali Aziendali,
nonché alle rispettive associazioni di categoria, con l’indicazione
specifica dei motivi della situazione di eccedenza di personale, dei
motivi tecnici, organizzativi e produttivi per i quali non si è inteso
adottare misure alternative, del numero e della collocazione aziendale
del personale eccedente, dei criteri di scelta delle unità da licenziare,
dei tempi di attuazione del programma (copia della comunicazione
dovrà essere inviata anche alla Direzione Provinciale del Lavoro);
2.
versamento, per le imprese diverse da quelle edili, rientranti nel campo
di applicazione della disciplina dell’intervento straordinario di
integrazione salariale, di una somma pari al trattamento massimo
mensile di integrazione salariale, moltiplicato per il numero dei
lavoratori eccedenti (il versamento deve essere allegato alla
comunicazione);
LICENZIAMENTO COLLETTIVO fasi
3. esame congiunto, su richiesta delle R.S.A. e delle associazioni di categoria,
entro sette giorni, al fine di analizzare le cause che hanno contribuito a
determinare l’eccedenza del personale e le possibilità di utilizzazione diversa
delle unità o di una loro parte nell’ambito della stessa azienda, anche mediante
contratti di solidarietà o forme flessibili di gestione del tempo di lavoro, nonché
la possibilità di attuazione di misure di riqualificazione e riconversione dei
lavoratori da licenziare;
4. convocazione delle parti, ad opera del direttore della Direzione Provinciale del
Lavoro, qualora, entro 45 giorni, l’esame congiunto non abbia dato esiti positivi,
al fine di un ulteriore esame per formulare proposte utili alla realizzazione
dell’accordo;
5. irrogazione dei licenziamenti, qualora, entro 30 giorni, anche tale secondo
esame non abbia dato esito positivo, con comunicazione dei recessi per iscritto
ai lavoratori nel rispetto del termine di preavviso (l’elenco dei licenziati dovrà
essere comunicato per iscritto alla Direzione Provinciale del Lavoro).
LICENZIAMENTO COLLETTIVO fasi
LICENZIAMENTO COLLETTIVO
DIMENSIONI DEL DATORE DI LAVORO
Imprese con più di 15 lavoratori
NUMERO DI SOGGETTI DA LICENZIARE
Non meno di cinque nell’arco di 120 giorni
MOTIVI
Riduzione, trasformazione, o cessazione attività
PROCEDURA
1)
2)
3)
4)
Comunicazione allaRSA
Esame congiunto con RSA
Tentativo di conciliazione di fronte alla DPL
Irrogazione licenziamento
LICENZIAMENTO
DISCRIMINATORIO
Qualora il datore di lavoro proceda al licenziamento del lavoratore per
ragioni che, anche se mascherate da un recesso apparentemente
formalmente legittimo, hanno, in realtà, l’intento di sanzionare un
particolare credo politico o una fede religiosa, ovvero di punire
l’appartenenza ad un sindacato o lo svolgimento di attività sindacali,
ovvero la partecipazione ad uno sciopero, il licenziamento presenta
natura discriminatoria ed è nullo indipendentemente dalla motivazione
addotta (art. 3 legge n. 108/1990): il lavoratore potrà pretendere
sempre la reintegrazione nel posto.
La condotta del datore, in tale ipotesi, ove concreti un comportamento
antisindacale, a norma dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori, potrà
essere contestata dinanzi all’autorità giudiziaria non solamente dal
prestatore di lavoro, ma anche dagli organismi locali dell’associazione
sindacale interessata.
Lavoratori invalidi
Licenziamento discriminatorio
Per quanto concerne i lavoratori invalidi avviati
obbligatoriamente ai sensi della legge 2 aprile 1968 n. 482, gli
eventuali licenziamenti sono da reputarsi legittimi solamente
qualora sia stata accertata da parte di una speciale
commissione medica la definitiva impossibilità di reinserimento
del disabile all’interno dell’azienda, in seguito al riscontro
dell’aggravamento della sua salute, incompatibile con la
continuazione dell’attività lavorativa, ovvero quando tale
incompatibilità derivi dalla variazione dell’organizzazione.
In detta ipotesi, il datore dovrà comunicare entro dieci giorni
l’irrogato recesso alla Direzione Provinciale del Lavoro.
ART. 18 ST. LAV.
Ferma restando l'esperibilità delle procedure previste dall'art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice, con la sentenza
con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'art. 2 della legge predetta o annulla il licenziamento intimato senza
giusta causa o giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro di
reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro.
Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno subito per il licenziamento di cui sia stata accertata la inefficacia o l'invalidità
a norma del comma precedente.
In ogni caso, la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione, determinata secondo i
criteri di cui all'art. 2121 del codice civile.
Il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al comma precedente è tenuto inoltre a corrispondere al lavoratore
le retribuzioni dovutegli in virtù del rapporto di lavoro dalla data della sentenza stessa fino a quella della reintegrazione.
Se il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, il rapporto si
intende risolto.
La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'art. 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi
aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando
ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di
lavoro.
L'ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha
pronunciata.
Si applicano le disposizioni dell'art. 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile.
L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa.
Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'art. 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo
camma ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto
anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo
della retribuzione dovuta al lavoratore.
ART. 18 St. Lav.
Modifica la L. n. 604/66 statuendo l’obbligo per
il datore di lavoro di reintegrare il lavoratore
nel suo posto quando il licenziamento sia
inefficace oltre al risarcimento del danno.
Art. 7 L. n. 604/1966





Quando il prestatore di lavoro non possa avvalersi delle procedure previste dai
contratti collettivi o dagli accordi sindacali, può promuovere, entro venti giorni
dalla comunicazione del licenziamento ovvero dalla comunicazione dei motivi
ove questa non sia contestuale a quella del licenziamento, il tentativo di
conciliazione presso l'Ufficio provinciale del lavoro e della massima
occupazione.
Le parti possono farsi assistere dalle associazioni sindacali a cui sono iscritte o
alle quali conferiscono mandato.
Il relativo verbale di conciliazione, in copia autenticata dal direttore dell'Ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione, acquista forza di titolo
esecutivo con decreto del pretore.
Il termine di cui al primo comma dell'articolo precedente è sospeso dal giorno
della richiesta all'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione fino
alla data della comunicazione del deposito in cancelleria del decreto del pretore,
di cui al comma precedente o, nel caso di fallimento, del tentativo di
conciliazione, fino alla data del relativo verbale.
In caso di esito negativo nel tentativo di conciliazione di cui al primo comma le
parti possono definire consensualmente la controversia mediante arbitrato
irrituale.
PROCEDURE CONCILIATIVE
Ai sensi dell’art. 6 della L. n. 604/1966. “Il
licenziamento deve essere impugnato a pena
di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione
della sua comunicazione, con qualsiasi atto
scritto, anche extragiudiziale, idoneo a
rendere nota la volontà del lavoratore anche
attraverso l'intervento dell'organizzazione
sindacale diretto ad impugnare il
licenziamento stesso.”
Il tentativo è esperibile:

in sede sindacale (secondo le procedure
previste dai contratti collettivi) – art. 69 d.lgs
n. 29/1993

in sede amministrativa – art. 69 bis d.lgs n.
29/1993.
TENTATIVO DI CONCILIAZIONE
Il tentativo in sede amministrativa si svolge
davanti ad un Collegio di conciliazione
presso la Direzione provinciale del lavoro
competente con specifico riferimento a
ciascuna singola controversia.
TENTATIVO DI CONCILIAZIONE
PROCEDURA
Per promuovere il tentativo il lavoratore deve
consegnare o spedire mediante
raccomandata con avviso di ricevimento la
relativa richiesta di espletamento alla
Direzione provinciale del lavoro competente.
Copia della richiesta deve essere consegnata
o spedita, a cura dello stesso lavoratore,
all’Amministrazione di appartenenza.
LA RICHIESTA DEVE CONTENERE:
1.
2.
3.
4.
l’amministrazione di appartenenza e la sede alla
quale il lavoratore è addetto;
il luogo dove gli devono essere fatte le
comunicazioni inerenti alla procedura;
l’esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni
poste a fondamento della pretesa;
la nomina del proprio rappresentante nel collegio
di conciliazione o la delega per la nomina
medesima ad un’organizzazione sindacale.
TENTATIVO DI CONCILIAZIONE
PROCEDURA
L’amministrazione è tenuta a depositare
(entro il termine non perentorio di trenta
giorni dal ricevimento della copia della
richiesta) le proprie osservazioni e,
contestualmente, a nominare il proprio
rappresentante in seno al collegio. Nei dieci
giorni successivi al deposito il Presidente
fissa la comparizione delle parti.
Se la conciliazione non riesce:
il Collegio formula a maggioranza una proposta per
la bonaria definizione della controversia. In caso di
mancata accettazione ad opera delle parti, i termini
della proposta sono riassunti nel verbale insieme
con le valutazioni rispettivamente espresse dalle
parti. Nell’eventuale successivo giudizio, il
comportamento tenuto dalle parti durante
l’infruttuoso svolgimento del tentativo di
conciliazione è valutato dal giudice ai fini del
regolamento delle spese processuali.
Se la conciliazione riesce
Viene redatto separato processo verbale
sottoscritto dalle parti e dai componenti del
collegio di conciliazione. Il verbale di
conciliazione costituisce titolo esecutivo. Le
rinunce eventualmente effettuate dal
lavoratore mediante la conclusione della
conciliazione sono inoppugnabili (art. 69 bis,
comma 5, d.lgs n. 29/1993).
CONCILIAZIONE
Controversie di lavoro privato
• in sede sindacale (nelle
forme previste dalla
contrattazione collettiva)
– art. 411 cpc;
• in sede amministrativa
– art. 410 cpc.
Controversie relative ai rapporti di lavoro alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni
• in sede sindacale
(secondo le procedure
previste dai contratti
collettivi) – art. 69 d. leg.vo
n. 29/1993;
• in sede amministrativa –
art. 69 bis d.lgs n. 29/1993.
Termine per l’espletamento del tentativo:
60/90 giorni dalla promozione;
decorso tale termine la domanda giudiziaria
diviene, comunque, procedibile.
ART. 65 D.lgs n. 165/2001



1. Per le controversie individuali di cui all'articolo 63, il tentativo obbligatorio
di conciliazione di cui all'articolo 410 del codice di procedura civile si svolge
con le procedure previste dai contratti collettivi, ovvero davanti al collegio di
conciliazione di cui all'articolo 66, secondo le disposizioni dettate dal
presente decreto.
2. La domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi novanta giorni dalla
promozione del tentativo di conciliazione.
3. Il giudice che rileva che non è stato promosso il tentativo di conciliazione
secondo le disposizioni di cui all'articolo 66, commi 2 e 3, o che la domanda
giudiziale è stata proposta prima della scadenza del termine di novanta
giorni dalla promozione del tentativo, sospende il giudizio e fissa alle parti il
termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo di
conciliazione. Si applica l'articolo 412-bis, commi secondo e quinto, del
codice di procedura civile. Espletato il tentativo di conciliazione o decorso il
termine di novanta giorni, il processo può essere riassunto entro il termine
perentorio di centottanta giorni. La parte contro la quale è stata proposta la
domanda in violazione dell'articolo 410 del codice di procedura civile, con
l'atto di riassunzione o con memoria depositata in cancelleria almeno dieci
giorni prima dell'udienza fissata, può modificare o integrare le proprie difese
e proporre nuove eccezioni processuali e di merito, che non siano rilevabili
d'ufficio. Ove il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il giudice
dichiara d'ufficio l'estinzione del processo con decreto cui si applica la
DESIGNAZIONE DELL’ ARBITRO
L’ARBITRO E’ DESIGNATO DI COMUNE ACCORDO TRA LE PARTI,
tra i soggetti in possesso dei requisiti di cui all’art. 5
IN MANCANZA DI ACCORDO, L’ARBITRO E’ SORTEGGIATO TRA
GLI ISCRITTI NELLA LISTA REGIONALE DEI DESIGNABILI (art.
3, c.2)
Prima del sorteggio, le parti possono rinunciare alla procedura in caso
di mancato accordo
Dopo il sorteggio le parti possono rifiutare il sorteggiato (per
parentela, affinità, motivi non sindacabili di incompatibilità
personale)
Un secondo rifiuto comporta la rinuncia all’arbitrato (art. 3, c.3)
CONTROVERSIE DI LAVORO
LE OPZIONI CONSENTITE
1)
Tentativo di conciliazione ex art. 66 d. lgs.
165/00
2)
Procedura di conciliazione e di arbitrato, ex
CCNQ
3)
Ricorso all’autorità giudiziaria, con preventivo
ed obbligatorio tentativo di conciliazione
PROCEDIMENTO DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO
Tentativo obbligatorio di conciliazione
L’ARBITRO E’ OBBLIGATO AD ESPLETARE UN TENTATIVO DI
CONCILIAZIONE entro 10 giorni dalla comparizione delle parti
Se non è stato già espletato ex art. 66 del d. lgs. 165 (art. 4, c.1)
SE LA CONCILIAZIONE RIESCE, il verbale viene depositato presso la
camera arbitrale regionale (art. 4, c.5)
SE LA CONCILIAZIONE NON RIESCE, L’ARBITRO PROPONE UNA
SUA SOLUZIONE CONCILIATIVA (art. 4, c.6)
SE LA PROPOSTA CONCILIATIVA NON E’ ACCETTATA, L’ARBITRO
FISSA LA PRIMA UDIENZA PER ARBITRATO
SEGUE PROCEDIMENTO ARBITRALE
Se la controversia richiede la risoluzione pregiudiziale di questioni sulla
efficacia, validità o interpretazione di CCNL, l’arbitro informa le parti e
sospende il procedimento (art. 5, c.9)
Le parti comunicano il proprio assenso entro 10 giorni, diversamente il
procedimento si estingue
L’arbitro può sentire testi e richiedere l’esibizione di documenti .art. (5,
c.10)
L’arbitro giudica nel rispetto delle norme inderogabili di legge e di
contratto collettivo (art. 5, c.12)
Il lodo arbitrale deve essere sottoscritto entro 60 giorni dalla prima
udienza, è consentita dalle parti la proroga di ulteriori 30 giorni
L’arbitro comunica il lodo alle parti e alla camera arbitrale (c.11)
IMPUGNATIVE DELLE SANZIONI DISCIPLINARI
DUE TIPOLOGIE DI IMPUGNATIVA: (art. 6)
A) CON RICHIESTA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO,
SECONDO
IL CCNQ
B) CON RICORSO AL COLLEGIO EX ART. 55 D. LGS. 165, ma sempre
con le medesime regole e procedure del ccnq
Il datore di lavoro deve accettare l’arbitro unico, con esclusione delle sanzioni
risolutive del rapporto
Solo il ricorrente ha facoltà di rinunciare alla procedura, in caso di disaccordo
sull’arbitro prima del sorteggio
Le sanzioni disciplinari sono sospese sino alla definizione della procedura di
arbitrato
Le sanzioni non sono sospese in caso di ricorso all’autorità giudiziaria, con
preventivo tentativo obbligatorio di conciliazione
ART. 412-ter c.p.c.
Arbitrato irrituale previsto dai contratti collettivi
Se il tentativo di conciliazione non riesce o comunque è decorso il termine previsto per
l'espletamento, le parti possono concordare di deferire ad arbitri la risoluzione della
controversia, anche tramite l'organizzazione sindacale alla quale aderiscono o abbiano
conferito mandato, se i contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro prevedono tale
facoltà e stabiliscono:
a) le modalità della richiesta di devoluzione della controversia al collegio arbitrale e il
termine entro il quale l'altra parte può aderirvi;
b) la composizione del collegio arbitrale e la procedura per la nomina del presidente e dei
componenti;
c) le forme e i modi di espletamento dell'eventuale istruttoria;
d) il termine entro il quale il collegio deve emettere il lodo, dandone comunicazione alle
parti interessate;
e) i criteri per la liquidazione dei compensi agli arbitri.
I contratti e accordi collettivi possono, altresì, prevedere l'istituzione di collegi o camere
arbitrali stabili, composti e distribuiti sul territorio secondo criteri stabiliti in sede di
contrattazione nazionale.
Nella pronuncia del lodo arbitrale si applica l'articolo 429, terzo comma, del codice di
procedura civil.
Salva diversa previsione della contrattazione collettiva, per la liquidazione delle spese della
procedura arbitrale si applicano altresì gli articoli 91, primo comma, e 92 del codice di
procedura civile.
FASI PROCEDIMENTO ARBITRALE
a) fase di formazione del compromesso e
designazione dell’arbitrato;
b) fase eventuale di conciliazione davanti all’arbitro;
c) fase contenziosa vera e propria, caratterizzata da
una sottofase rilevante che rappresenta in un certo
senso il momento di crisi della decisione arbitrale e
cioè l’interpretazione del contratto;
d) fase della decisione.
Scarica

il recesso dal contratto di lavoro e disciplina del licenziamento