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Arte e Cultura
Un Ardito del segno
di Antonio Todde
«Dico: “Yo nací en Buenos Aires”… e scantono.
Sono le uniche parole di spagnolo che conosco: poche ma,
nelle grandi occasioni, danno importanza», così celiava
il caricaturista Pietro Ardito, “argentino di Rapallo”,
acrobatico sintetizzatore di fisionomie e di caratteri.
Pietro Ardito nasce a Buenos Aires il 21 marzo 1919 da
genitori italiani. Il padre Angelo è nato a San Quirico d’Assereto, una frazione di Rapallo, la madre Rosa Carrera a
Moncalieri, in provincia di Torino: si incontrano a Montevideo e si sposano a Buenos Aires. Nella capitale argentina
conducono una panetteria: La Torinesa. Hanno cinque figli: l’ultimo è Pietro. Nel 1920 tornano in Italia e si stabiliscono a Rapallo, dove la madre apre la Lavanderia e Stiratoria Rosa Ardito: «Io, bambino, recapitavo la biancheria lavata e stirata agli alberghi e a qualche singolo cliente. Ero in concorrenza con mio fratello: per la mancia. Consegnavo anche gli abiti a Totò, il principe de Curtis, che all’epoca, a metà degli anni Venti, aveva casa a Rapallo: in
via Mameli 290, ricordo, presso il ponte ferroviario, nei pressi della lavanderia di mia madre. Faceva l’avanspettacolo
al Reale. Non era ancora “il grande Totò”».
Rivela presto la sua attitudine al disegno: a scuola, fa le caricature ai compagni e agli insegnanti. Ma il carattere irrequieto lo distrae dagli studi. Fa vari mestieri.
Nel 1935 le sue caricature vengono pubblicate sul settimanale Il Mare (Corriere del Tigullio) che esce a Rapallo e
che vanta una pagina letteraria con le firme di Ezra Pound
ed Ernest Hemingway.
Chiamato al servizio militare nel 1941, dopo un breve periodo di addestramento a Padova, nel giugno viene mandato in Africa, in Libia: «Ero addetto all’Ufficio del comandante dell’allora Aeroporto di Castel Benito, una città a una
trentina di chilometri a sud di Tripoli, l’attuale Bin Gashir:
nel 1938 vi fu istituita la Scuola dei Paracadutisti della LiA fronte
Pietro Ardito, “Stanlio e Ollio”.
bia, voluta dal governatore Italo Balbo, aviatore e ministro
dell’Aeronautica. Rimasi in Libia fino all’ottobre del ’42».
Rientrato in Italia, lavora per un lungo periodo in Lombardia, a Como e Milano: dipinge stoffe per ditte del Comasco e della Toscana. Al termine del conflitto ritorna a Rapallo: «Nel 1945, al Roma, negli spettacoli di ‘arte varia’,
mi esibivo come caricaturista. Facevo molte caricature ai
soldati americani». L’esibizione dei caricaturisti nel teatro
delle Varietà risale già al tempo del Caffè Concerto: tra le
attrazioni, accanto ai virtuosi musicali, alle romanziste, ai
fini dicitori, ai macchiettisti, ai fantasisti, ai giocolieri, nella successione dei vari numeri, salgono sul palcoscenico,
attrazioni anch’essi, i pittori istantanei, i silhouettisti, i pittori senza colori (la loro tavolozza è composta di stracci variopinti) e… i caricaturisti. Come artista del varietà lo ha preceduto l’amico e collega Umberto Calamida (1896-1964),
“il caricaturista-lampo”, negli anni Venti e Trenta “conosciuto più che l’erba betonica in tutta Genova”: «Calamida aveva un segno elegante, continuo, senza pentimenti. Lo conobbi, nel dopoguerra, a Rapallo: alloggiava all’Hotel Rapallo con la madre. Il Comune gli aveva messo a disposizione una stanzetta per lavorare: in quella stanzetta fece
anche a me la caricatura. Purtroppo l’ho perduta. Ma, un
giorno, mi sono rifatto. … Sul banchetto di una fiera antiquaria del libro noto una sua caricatura, anzi un’autocaricatura o, più esattamente, come amava dire e siglare, “un’autocalamida”. Mi piace. … Ho sottobraccio una cartella con
dei miei disegni: ne estraggo uno e lo mostro al bancarellaro. Lo guarda con interesse e, dopo averlo fissato per qualche minuto, con aria da esperto sentenzia: “Bello … un
inglese del Settecento …”. Non lo contraddico. Indico, sul
banchetto, “il Calamida” e, con noncuranza, propongo: “Fac-
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ciamo un cambio?”. Dice: “Va bene”. Gli do “l’inglese del
Settecento” e mi porto via “il Calamida”!». Nel 1927, a Genova, all’Augustus, è salito sul palcoscenico dell’avanspettacolo, con il nome d’arte di Nino Za, il caricaturista milanese di origine emiliana Giuseppe Zanini (1906-1996). Nino Za sarà uno dei miti di Ardito.
Nel 1952 è premiato alla Biennale dell’Umorismo di Trieste e, nel 1953, nella città giuliana, espone al Salone dell’Umorismo. Ama anche dipingere: paesaggi, fiori, osterie,
clown, volti di pescatori, autoritratti e … preti («i miei “pretini”»: vescovi, cardinali, parroci, suore, argutamente colti in improbabili scampagnate fuori porta). Modella ceramiche, crea immagini pubblicitarie. Si dedica al teatro leggero: scrive testi, realizza scenografie, recita. Le sue caricature adornano l’atrio del Reale.
A Rapallo incontra artisti, letterati, intellettuali e … colleghi, italiani e stranieri: «Tra gli stranieri ricordo, in particolare, lo scrittore e caricaturista inglese Max Beerbohm, amico di George Bernard Shaw e Oscar Wilde. A causa di una
tavola umoristica accusata di “lesa maestà” nei confronti
della regina Vittoria, era in esilio volontario a Rapallo. Viveva a Villa Chiara».
Il legame, sentimentale e artistico, con la sua terra è intenso: nei volumi Rapallesi & Rapallini illustri e illustrati da Pietro Ardito (1996) e Tigullio Top (1997) ritrae oltre duecento personaggi. Le sue caricature appaiono su quotidiani e
riviste: Nazione Sera (Firenze), Il Girondino (Roma), diretto da Livio Apolloni, La Settimana Incom (Roma), Le Ore
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(Roma), settimanale di attualità cinematografica (disegni
di Pino Zac, Copi, Siné), Il Quaderno del Sale (Milano), mitico mensile di umorismo e di costume diretto inizialmente da Carlo Silva e successivamente da Francesco Frigieri
(testi di Achille Campanile, Marcello Marchesi, Franca Valeri, Walter Valdi, Cesare Zavattini; disegni di Coco, Giorgio
Cavallo, Enzo Lunari, Riccardo Manzi, Lucio Trojano), Il Lavoro e Il Secolo XIX (Genova), Il Giornale, sotto la direzione di Indro Montanelli (Milano), Mercurio, il raffinato inserto culturale de La Repubblica (Roma), Relax enigmistico
(Milano). E sul quotidiano tedesco die tageszeitung (taz) di
Berlino (sic: titolo in lettere minuscole).
Nel 1975 è il vincitore, ex aequo con Danilo Interlenghi, della prima edizione del Premio Luigi Mari per la Caricatura
nell’Arte di Tolentino (Macerata). Nel 1982, in Germania,
presso la Luzifer Edition, esce la raccolta Ardito, Psychographie: «La caricatura è l’arte dell’omissione. Nessun altro artista di questo genere la pratica meglio di Pietro Ardito. Partendo da un ritratto esatto, riduce poi le linee, studia il lavoro, riduce ancora e studia ancora, ricava dalle persone una forma grafica fino a che rimane un disegno stenografico dell’essenziale, uno stenogramma abbreviato. Dal
risultato finale, che si presenta a noi così chiaro ed evidente, non si immaginerebbe che tale lavoro ha comportato settimane di attenta riflessione e numerose ripartenze. Questa brillante forma d’arte caricaturale rende conseguentemente impegnativo per l’osservatore il riconoscere il soggetto. Ma se anche un personaggio storico creato dalla sua
penna non ci appare immediatamente riconoscibile, rimane sempre il piacere di ammirare il tratto e l’utilizzazione
dello spazio. Ardito è riuscito a creare una simbiosi di arte caricaturale ed espressionistica. I suoi rimandi “occulti” ci procurano ulteriore divertimento: in Maurice Chevalier una tazzina del Café de la Paix diventa un labbro inferiore assai pronunciato, in Onassis il piede è infilato in una
scarpa a forma di petroliera» (dalla presentazione). Il libro
viene premiato con la Palma d’Oro al Salone Internazionale dell’Umorismo di Bordighera del 1982 per la letteratura
illustrata. A Bordighera Ardito viene ancora premiato nel 1985
con il Dattero d’Oro e nel 1989 nuovamente con la Palma
d’Oro. Nel 1984 collabora al programma televisivo della Rai
Prisma. E il 2 giugno 1986 viene insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana per meriti artistici dal presidente Francesco Cossiga.
Stilisticamente, le fonti dell’arte caricaturale di Ardito vanno rinvenute nella tradizione tedesca iniziata alla metà dell’Ottocento con Wilhelm Busch (1832-1908) e radicatasi sul
Simplicissimus, il settimanale comparso a Monaco di Baviera il 1° aprile 1896 su iniziativa del giovane renano Albert Langen e che nella sua storia allinea illustratori quali
Thomas Theodor Heine (1867-1948), Bruno Paul (18741968), Karl Arnold (1883-1953), George Grosz (1893-1959)
e, con un inconfondibile segno innovativo, il norvegese Olaf
Gulbransson (1873-1958): «Un annullamento assoluto di
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ogni enfasi, di ogni retorica, un grafismo superlativo, una
semplicità sublime, animata da uno spirito e da un occhio
sicuro e ironico. Ogni suo disegno è un esempio di perfezione, di studio di perfezione. Ma la sua più grande celebrità gli venne dai famosi ritratti caricaturali, capolavori di
estrema semplicità e di profondità di ricerche psicologiche,
caricature di visi e di anime: modelli eccezionali di una tecnica sublime per sobrietà di linee, tantoché si direbbe che
egli lavorasse più di gomma che di matita, che il suo affanno consistesse cioè nel voler eliminare ogni cosa superflua
per dare col minimo di tratti la figura e, soprattutto, il carattere del caricaturato. Tecnica sublime, inoltre, per potenza acutissima di introspezione, per purezza, per semplicità hokusaiana d’arte» (Gec, Enrico Gianeri). “Semplicità hokusaiana”. Nel suo testamento spirituale Hokusai prevede
di raggiungere la perfezione stilistica a centodieci anni: «A
centodieci anni riuscirò a dar vita sia ad una linea che ad
un punto. Ogni linea avrà una vita a sé». E la mirabile sintesi espressiva dei maestri giapponesi, con l’approdo delle
loro xilografie in Europa alla metà dell’Ottocento, influenza
profondamente non solo la pittura, ma anche la caricatura
del tempo. Collabora al Simplicissimus anche il triestino Marcello Dudovich (1878-1962), chiamato nel 1911 a sostituire il viennese Ferdinand von Reznicek (1870-1911) per
la pagina di cronaca mondana.
Con una grafia personalissima Ardito persegue un disegno
caricaturale incisivamente trasfigurante: sintesi e stilizzazione si uniscono a eleganza e rassomiglianza. Risolve il
ritratto con poche linee, con pochi segni, asciutti, essenziali; e con qualche intervento, qualche “sbuffo” di colore
abilmente dosato, o qualche macchia di china nera. A volte inserisce citazioni pop: banane che sono nasi, castagne
che sono occhi, spazzolini che sono sopracciglia. Caricaturista scrupolosamente introspettivo, dà vita ad accurate
effigi di personaggi storici, uomini politici, letterati, scrittori, poeti, filosofi, musicisti, scienziati, attori di teatro e di cinema, campioni dello sport, gente comune. Con una peculiarità: le sue caricature mettono allegria, suscitano il riso, irrefrenabile. Hanno una vis comica propria, per sé stesse, per lo spirito di osservazione che le sorregge, per la loro verità. Indipendentemente dai personaggi raffigurati.
Nel 1997, a Napoli, a Palazzo Serra di Cassano, l’Istituto
Italiano per gli Studi Filosofici promuove la mostra di trenta ritratti I Filosofi e il Caos. Nel 2000, a Rapallo, all’Antico Castello sul Mare, il Comune di Rapallo, il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Genova, il Goethe-Institut Genua e la Fondazione Carige propongono altri trenta ritratti sul tema Nietzsche, precursori ed epigoni.
Le due mostre costituiscono una stupefacente galleria di
pensatori e letterati: da Cartesio a Pascal, Spinoza, Kant,
Hegel, Schopenhauer, Nietzsche, Bergson, Croce, Gentile, Dostojevskij, Tolstoj, Kafka, Sartre.
Muore a Rapallo il 28 febbraio 2005, mentre all’Antico Castello sul Mare è aperta una sua antologica. Un anno dopo, il 28 febbraio 2006, il Comune gli intitola la piazzetta
antistante la sua casa. Nel settembre 2006 il Museo Internazionale della Caricatura di Tolentino, con la collaborazione del figlio Pierangelo, lo celebra con la rassegna dall’icastico titolo Un Ardito del segno.
Pagina a fronte
Pietro Ardito, “Marilyn Monroe”.
In alto “Giuseppe Verdi”. A fianco “Napoleone”.
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argentino di Rapallo - Gruppo Banca Carige