Istanza reiterata di accesso: legittimo il provvedimento meramente confermativo TAR, Lombardia-Milano, sez. III, sentenza 13/04/2015 n. 918 Di Francesco Guida Pubblicato il 20/05/2015 Posizioni giurisprudenziali in materia di accesso agli atti e, in generale, nei rapporti tra utente e PA. La mera reiterazione di richiesta di accesso agli atti amministrativi – o, più in generale di un'istanza alla PA - già rigettata dall’Amministrazione destinataria e che non sia fondata su elementi nuovi, diversi e sopravvenuti rispetto alla richiesta originaria, non vincola la PA ad un riesame della stessa e rende legittimo e non autonomamente impugnabile il provvedimento meramente confermativo del precedente rigetto, già frapposto al medesimo soggetto istante e non fatto oggetto da questi di impugnativa nel termine. Il principio, nel campo dell'accesso agli atti amministrativi, trova ampia conferma anche in una recentissima sentenza del Tar Lombardia resa il 13.04.15. Nel caso all'esame del GA di primo grado, una società, classificatasi seconda all’esito di una gara per l'affidamento di servizi di trasporto pubblico, con istanza del 14.10.14 ha chiesto l'accesso agli atti relativi al contratto stipulato dalla stazione appaltante con l'aggiudicatario. La PA, il 25.11.14, ha emesso un provvedimento di rigetto, fatto poi oggetto dell’impugnativa all’esame del Tar lombardo. Tale rigetto è stato fondato sulla base del carattere reiterativo dell’istanza di accesso rispetto ad altra richiesta del medesimo soggetto (del 14.10.11), già definita con precedente rigetto (del 11.11.11), a sua volta motivato dalla supposta carenza dell’interesse diretto, concreto ed attuale, richiesto dall’'art. 22 della L. n. 241/1990 e non tempestivamente impugnato dall’interessato. Il Tar evidenzia che l‘impugnazione avverso il provvedimento espresso di diniego dell’accesso (nel caso di specie: l’atto del 11.11.11) - come pure avverso il cd. silenzio rigetto (protrattosi per 30 gg. dalla presentazione della richiesta) sulle istanze di accesso - è sottoposta al termine di trenta giorni, previsto dall’art. 116 c.p.a. e, prima dell’entrata in vigore del codice, dall’art. 25, L. 241/1990, come modificato dalla L. 15/2005. Tale termine di impugnativa ha natura decadenziale, come risulta da pacifica giurisprudenza (T.A.R. Firenze sez. III 28 ottobre 2013, n. 1475; T.A.R. Lazio - Roma sez. III 23 ottobre 2013, n. 9127; Cons. Stato sez. VI 4 ottobre 2013, n. 4912; Cons. Stato sez. IV 26 settembre 2013, n. 4789; Ad. Plen. nn. 6 e 7 del 2006). Siffatta natura determina che la mancata tempestiva impugnazione del primo diniego non consente la reiterazione dell'istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego, laddove a questo debba riconoscersi carattere meramente confermativo del primo. A ragionare diversamente, infatti, si darebbe la possibilità di vanificare l'intervenuta decorrenza del termine di impugnativa, frustrando le esigenze di certezza dell'attività amministrativa sottostanti alle previsioni normative in materia di termini per le impugnazioni. La semplice reiterazione dell’istanza, non supportata da elementi ulteriori rispetto a quelli già valutati dalla PA, legittima l'Amministrazione a limitarsi a ribadire la propria precedente determinazione negativa e fa assumere al provvedimento di rigetto carattere meramente confermativo del precedente diniego, tale, per effetto del carattere decadenziale del termine di cui all’art. 116 c.p.a., da renderlo non autonomamente impugnabile. La sentenza del Tar Lombardia è resa in applicazione di una giurisprudenza consolidata. Per tutte, sempre in materia di accesso agli atti amministrativi, valga il richiamo alla pronuncia del Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 25.02.2009 n. 1115, che pone la distinzione tra atto meramente confermativo e atto confermativo a carattere rinnovatorio di un precedente provvedimento negativo. Rispetto alla reiterazione di un’istanza già definita dalla PA, si è in presenza di un atto meramente confermativo, inidoneo a riaprire i termini d’impugnazione, nei casi in cui la nuova determinazione della PA si limiti a ripetere il contenuto di un precedente provvedimento, senza aggiungere alcun ulteriore supporto in termini di motivazione e senza dare luogo ad una rinnovata istruttoria. Si riscontra, invece, un atto confermativo a carattere rinnovatorio, qualora, l’Amministrazione, pur adottando un atto di identico contenuto dispositivo di un altro precedente, lo fondi su una motivazione ulteriore, prima inesistente, o lo basi su elementi istruttori precedentemente non considerati. Quest’ultima circostanza - e quindi un atto confermativo a carattere rinnovatorio autonomamente impugnabile - ricorrerà comunque nei casi in cui la seconda richiesta non ha carattere meramente reiterativo della prima, già definita con rigetto, ma sia fondata su motivi diversi e sopravvenuti, che devono indurre la PA ad un diverso percorso motivazionale. Lo stesso principio, estrapolato dalla materia dell’accesso agli atti, è rinvenibile in giurisprudenza amministrativa anche in termini generali. Può essere richiamata, infatti, la sentenza del Consiglio di Stato, Quinta Sezione, n. 797/08, la quale dà conferma che, ove un provvedimento sia stato adottato a seguito di un riesame e, quindi, in esito ad una reiterata ponderazione degli elementi fattuali che dà luogo ad una nuova valutazione e ad un rinnovato apprezzamento delle risultanze istruttorie, pur rimanendo ferme sia la motivazione, sia le conclusioni alle quali l’Amministrazione è in precedenza pervenuta, si è in presenza di un atto confermativo a carattere rinnovatorio, autonomamente impugnabile. Diversamente, il provvedimento è un atto meramente confermativo e, dunque, per la natura decadenziale dei termini in materia, non impugnabile ex se, ove, senza acquisizione di nuovi elementi di fatto e senza alcuna nuova valutazione, tiene ferme le statuizioni in precedenza adottate. Per approfondimenti: Procedimento amministrativo, a cura di Clarich Marcello, Fonderico Giuliano, Ipsoa, 2015. (Altalex, 20 maggio 2015. Nota di Francesco Guida) T.A.R. Lombardia - Milano Sezione III Sentenza 12 marzo - 13 aprile 2015, n. 918 N. 00918/2015 REG.PROV.COLL. N. 00099/2015 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 99 del 2015, proposto da: xxxxxxxxxxxx in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. xxxxxxxxxxxxxxxxx, con domicilio eletto presso xxxxxxxxxxx contro Comune di xxxxxxxx, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. xxxxxxxxxx, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar in xxxxxxxxxxxxxx; nei confronti di xxxxxxxxxx, in persona del legale rappresentante, non costituita; per l'annullamento - della nota del 25 novembre 2014, notificata in data 4 dicembre 2014, con la quale il Comune di xxxxxxxxxxxha disposto il "non luogo a provvedere" sulla istanza di accesso formulata dalla ricorrente in relazione al contratto dei servizi di trasporto pubblico e di trasporto scolastico, stipulato con l'Azienda xxxxxxxxxx, aggiudicataria dell'affidamento dei predetti servizi a seguito di procedura concorsuale ad evidenza pubblica; - di ogni atto preordinato e connesso ed, occorrendo, del provvedimento implicito di silenzio-rigetto sulla domanda di accesso del 14 ottobre 2014, previa, se necessaria, concessione dell'errore scusabile correlato al contenuto dell'impugnata nota comunale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di xxxxxxxxxxxx; Viste le memorie difensive; Visti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 marzo 2015 la dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO I) La società ricorrente è stata concessionaria del servizio di trasporto pubblico e di trasporto scolastico del Comune di xxxxxxxxxxdal 1989 al 2009. Alla scadenza della concessione ha partecipato, ma senza successo, alla procedura di gara bandita dal Comune nel corso del 2008 per la scelta del nuovo concessionario. Gli esiti di detto procedimento hanno formato oggetto di contenzioso concluso con la definitiva sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 819/2010 che ha consolidato la legittimità degli impugnati atti procedimentali e la conclusiva aggiudicazione del servizio alla società xxxxxxxxxxxxx. In data 14 ottobre 2011, la ricorrente ha formulato al Comune domanda di accesso in relazione al contratto stipulato tra l’Amministrazione e la nuova concessionaria. Tale richiesta è stata respinta dal Comune con nota dell'11 novembre 2011 "non sussistendo interesse diretto, concreto ed attuale" ai sensi dell'art. 22 della L. n. 241/1990. Il diniego di accesso non è stato impugnato dall’interessata. Successivamente la società in data 24 ottobre 2014, a mezzo del proprio legale, ha formulato una diffida al Comune, richiamando le disposizioni della concessione sottoscritta a suo tempo per il servizio gestito dalla ricorrente, e chiedendo all’Amministrazione il risarcimento dei danni derivanti da asseriti inadempimenti della stessa relativi al contratto di servizio concluso. Tale diffida è stata riscontrata dal Comune con nota del 30 ottobre 2014, respingendo le pretese avanzate. Intanto in data 14 ottobre 2014 la società ha rinnovato la richiesta di accesso al contratto stipulato con la nuova concessionaria, a distanza di tre anni dalla precedente istanza, confermando l’interesse all’accesso “in quanto gestore uscente ed unico ulteriore partecipante alla gara in oggetto". In data 19 novembre 2014 la società ha sollecitato il riscontro alla predetta richiesta di ostensione. Con nota del 25 novembre 2014, notificata in data 4 dicembre 2014 il Comune, in riscontro all’istanza, ha comunicato il “non luogo a provvedere su mere reiterazioni di precedenti richieste già denegate dall'amministrazione comunale”. Avverso la predetta nota la società interessata ha proposto, ai sensi dell’art. 116 c.p.a., il ricorso indicato in epigrafe. Si è costituito in giudizio il Comune di xxxxxxxxxxxx che, oltre a contestare nel merito la fondatezza del ricorso, ne ha eccepito l’inammissibilità. Alla camera di consiglio del 12 marzo 2015 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione. II) In accoglimento dell’espressa eccezione formulata dal Comune di xxxxxxxxxxxxxx il ricorso va dichiarato inammissibile. In punto di fatto va evidenziato quanto segue. L’istanza di ostensione (del 14 ottobre 2014) in relazione alla quale il Comune ha risposto in senso negativo con la nota impugnata costituisce reiterazione della precedente richiesta formulata tre anni prima, e precisamente in data 14 ottobre 2011. Il riscontro negativo del Comune, di cui alla nota dell'11 novembre 2011, non è stato fatto oggetto di impugnazione da parte dell’interessata. Risulta agli atti del giudizio che, in concomitanza con la seconda istanza di accesso, la società ricorrente ha avanzato al Comune le proprie pretese risarcitorie in ordine al rapporto contrattuale instaurato tra l’istante e l’Amministrazione, ormai concluso. Tale interlocuzione tuttavia non fa emergere esigenze di acquisizione di ulteriore documentazione, ed in particolare del contratto sottoscritto dal Comune con la nuova concessionaria. A conferma di ciò deve rilevarsi che nella nota di sollecito del 19 novembre 2014 la ricorrente, nel richiamare le precedenti domande di accesso (sia quella del 14 ottobre 2011 sia quella del 14 ottobre 2014) non ha fatto alcun riferimento alla diffida del 24 ottobre 2014. Dalle circostanze sopra richiamate si devono trarre le seguenti conseguenze sotto il profilo giuridico. Deve premettersi che risulta pacifica in giurisprudenza (cfr. T.A.R. Firenze sez. III 28 ottobre 2013 n. 1475; T.A.R. Lazio - Roma sez. III 23 ottobre 2013 n. 9127; Cons. Stato sez. VI 4 ottobre 2013 n. 4912; Cons. Stato sez. IV 26 settembre 2013 n. 4789; Ad. Plen. nn. 6 e 7 del 2006) la natura decadenziale del termine di trenta giorni per proporre impugnazione avverso il diniego di accesso e il silenzio sulle istanze di accesso, previsto oggi dall’art. 116 c.p.a. e, prima dell’entrata in vigore del codice, dall’art. 25 L. 241/1990, come modificato dalla L. 15/2005. L’azione ad exhibendum si connota infatti quale giudizio a struttura impugnatoria che consente alla tutela giurisdizionale dell'accesso di assicurare la protezione dell'interesse giuridicamente rilevante e, al contempo, quell'esigenza di stabilità delle situazioni giuridiche e di certezza delle posizioni dei controinteressati che sono pertinenti ai rapporti amministrativi scaturenti dai principi di pubblicità e trasparenza dell'azione amministrativa. D’altro canto la natura decadenziale del termine è coerente con il carattere accelerato del giudizio, che mal si concilierebbe con la proponibilità dell'azione nell'ordinario termine di prescrizione. Dalla natura decadenziale del termine consegue che la mancata impugnazione del diniego nel predetto termine non consente la reiterabilità dell'istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego laddove a questo debba riconoscersi carattere meramente confermativo del primo. In altre parole, il privato potrà reiterare l'istanza di accesso e pretendere riscontro alla stessa in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell'originaria istanza. Ma qualora non ricorrano tali elementi di novità e il privato si limiti a reiterare l'originaria istanza precedentemente respinta o, al più, a illustrare ulteriormente le sue ragioni, l'amministrazione ben potrà limitarsi a ribadire la propria precedente determinazione negativa, non potendosi immaginare, anche per ragioni di buon funzionamento dell'azione amministrativa in una cornice di reciproca correttezza dei rapporti tra privato e amministrazione, che l'amministrazione sia tenuta indefinitamente a prendere in esame la medesima istanza che il privato intenda ripetutamente sottoporle senza addurre alcun elemento di novità. Ne consegue che la determinazione successivamente assunta dall'amministrazione, a meno che questa non proceda autonomamente a una nuova valutazione della situazione, assume carattere meramente confermativo del precedente diniego e non è perciò autonomamente impugnabile. Facendo applicazione al caso di specie delle esposte coordinate ermeneutiche, il Collegio rileva che con l’istanza del 14 ottobre 2014 la parte ricorrente non ha evidenziato elementi nuovi che giustifichino la riproposizione della stessa. Il “collegamento” tra tale richiesta ostensiva e le pretese risarcitorie (poi formalmente avanzate nella diffida del 24 ottobre 2014) non emerge nell’istanza di accesso, ma viene prospettato soltanto in sede difensiva, nell’atto introduttivo del giudizio e nella successiva memoria depositata in data 27 febbraio 2015. Si badi che neppure nella nota di sollecito del 19 novembre 2014 (dunque successiva alla diffida) si fa alcun riferimento ad un interesse all’accesso collegato alle pretese risarcitorie della società, che invece con tale nota si è limitata a richiamare esclusivamente le precedenti richieste ostensive. In altri termini la diffida si atteggia quale “vicenda” autonoma rispetto alla domanda di ostensione e pertanto non può costituire “fatto nuovo” tale da giustificare la reiterazione della precedente domanda di accesso, già espressamente denegata e non impugnata. Va aggiunto che nella predetta diffida del 24 ottobre 2014 il legale della società ha fatto puntuale riferimento a disposizioni del capitolato, del bando di gara e dello schema di contratto di servizi, senza evidenziare alcuna esigenza di acquisire ulteriore documentazione a sostegno delle pretese avanzate. Pertanto neppure da un esame complessivo delle istanze rivolte all’Amministrazione è possibile evincersi la sussistenza di elementi nuovi che connotino l’istanza di accesso del 14 ottobre 2014 in termini diversi dalla mera reiterazione della precedente. Ne consegue che il diniego di accesso opposto dall’Amministrazione si atteggia quale atto meramente confermativo del precedente diniego, che avrebbe dovuto essere gravato entro il previsto termine decadenziale. Il ricorso proposto, alla luce di quanto sopra, deve quindi essere dichiarato inammissibile. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile. Condanna la parte ricorrente al pagamento, a favore del Comune xxxxxxxxxxxxx, delle spese del presente giudizio che liquida in € 1.500,00 (millecinquecento) oltre oneri fiscali, previdenziali e spese generali di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 12 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati: Alberto Di Mario, Presidente Antonio De Vita, Primo Referendario Valentina Santina Mameli, Referendario, Estensore L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 13/04/2015 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.) ( da www.altalex.it )