IL DIRITTO COMUNITARIO DELLE PARI OPPORTUNITA’ • • • • • • • NEL 1957 IL TRATTATO ISTITUTIVO DELLA CEE ENUNCIA IL PRINCIPIO DI PARITA’ RETRIBUTIVA TRA UOMINI E DONNE art. 119 Ciascuno Stato membro assicura durante la prima tappa, e in seguito mantiene, l'applicazione del principio della parità delle retribuzioni fra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro. Per retribuzione deve essere inteso, ai sensi del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'ultimo. La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica: a) che la retribuzione accordata per uno stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata in base a una stessa unità di misura, b) che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per un posto di lavoro uguale ORIGINI • • • LA RAGIONE STORICA CHE HA PORTATO ALL’ENUNCIAZIONE NEL TRATTATO ISTITUTIVO DEL PRINCIPIO DI PARITA’ NON E’ DEL TUTTO NOBILE: NON SI FONDA SUL RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELLA PERSONA MA SULL”UGUAGLIAMENTO” DEGLI STATI MEMBRI L’ISTITUZIONE DELLA COMUNITA’ EUROPEA SI BASA SULL’IDEA LIBERALE CHE IL CORRETTO FUNZIONAMENTO DEL MERCATO AVREBBE AUTOMATICAMENTE E DI PER SE’ PORTATO AL MIGLIORAMENTO DELLE CONDIZIONI DI VITA E DI LAVORO LA FUNZIONE E’ QUELLA DI EVITARE IL DUMPING SALARIALE E LO SCOPO E’ LA CORRETTA CONCORRENZA TRA LE IMPRESE – – • • a dimostrazione di ciò si osserva che tale principio non e’ compreso tra le libertà fondamentali bensì tra le disposizioni sociali e costituisce la base giuridica per l’armonizzazione delle condizioni di lavoro IL PRESUPPOSTO è DUNQUE CHE LE DISCRIMINAZIONI SALARIALI POSSONO COMPROMETTERE IL FUNZIONAMENTO DEL MERCATO IL DIRITTO ALLA PARITA’ SI E’ CON IL TEMPO CONSIDEREVOLMENTE EVOLUTO LA SUA ATTUAZIONE COMUNQUE E’ STATA LENTA E DIFFICILE: PER LUNGO TEMPO LA DISPOSIZIONE DEL TRATTATO E’ RIMASTA INADEMPIUTA DA PARTE DELLA MAGGIORANZA DEGLI STATI MEMBRI Il programma d’azione del 1974 • • • • • • SOLO CON IL PROGRAMMA D’AZIONE SOCIALE DEL 1974 SI PREVEDE L’ADOZIONE DEI PRIMI ATTI NORMATIVI il Primo programma di azione sociale, in cui si sottolinea la necessità di assicurare una stretta cooperazione nel settore sociale. Tale programma ha segnato il punto di partenza di un'attiva politica sociale negli anni '70. Per conseguire gli obiettivi definiti dal programma d'azione, relativamente al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro di talune categorie particolarmente vulnerabili, il Consiglio ha approvato sia direttive nel settore della parità di trattamento e della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro, sia programmi d'azione specifici a favore dei disabili, dei poveri e degli anziani. NE SONO SEGUITE 3 DIRETTIVE: - N. 75/117 SULLA PARITA’ RETRIBUTIVA - N. 76/207 SULLA PARITA’ DI TRATTAMENTO NELL’ACCESSO AL LAVORO, NELLA FORMAZIONE E NELLE CONDIZIONI DI LAVORO - N. 79/7 SULL’APPLICAZIONE PROGRESSIVA DEL PRINCIPIO DI PARITA’ TRA UOMINI E DONNE AI REGIMI LEGISLATIVI DI SICUREZZA SOCIALE Direttive • • • • • • • • • Direttiva 86/613/CEE del Consiglio dell'11 dicembre 1986, relativa all'applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma, Direttiva 86/378/CEE del Consiglio del 24 luglio 1986, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale Direttiva 92/85/CEE del Consiglio del 19 ottobre 1992, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) Direttiva 96/34/CE del Consiglio del 3 giugno 1996, concernente l'accordo quadro sul congedo parentale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES Direttiva 97/80/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997, riguardante l'onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso Direttiva 2000/43/CE del Consiglio del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro Direttiva 2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 settembre 2002, che modifica la direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro Direttiva 2006/54/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione) SOFT LAW • • • • • • • • Raccomandazione 92/131/CEE della Commissione del 27 novembre 1991, sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini sul lavoro Raccomandazione 87/567/CEE della Commissione del 24 novembre 1987, sulla formazione professionale delle donne Risoluzione del Consiglio del 16 dicembre 1988, sul reinserimento professionale e l'inserimento professionale tardivo delle donne Risoluzione del Consiglio del 29 maggio 1990, sulla tutela della dignità degli uomini e delle donne nel mondo del lavoro Dichiarazione del Consiglio del 19 dicembre 1991, relativa all'applicazione della raccomandazione della Commissione sulla tutela della dignità delle donne e degli uomini nel mondo del lavoro, compreso il codice di condotta volto a combattere le molestie sessuali Risoluzione del Parlamento europeo del 13 febbraio 1996, in merito al memorandum sulla parità di retribuzione per lavori di pari valore Risoluzione del Parlamento europeo del 12 giugno 1997, sulla comunicazione della Commissione n. 336 del 17 luglio 1996 dal titolo "Codice di condotta per l'applicazione della parità retributiva tra uomini e donne per lavoro di pari valore" Risoluzione del Parlamento europeo del 20 settembre 2001, sulla parità di retribuzione per lavoro di pari valore LA COMITATOLOGIA • HA AVUTO UN RUOLO IMPORTANTE ANCHE IL FONDO SOCIALE EUROPEO CHE A PARTIRE DAL 1977 HA SOSTENUTO AZIONI DI FORMAZIONE SPECIFICA PER FACILITARE L’ACCESSO DELLE DONNE AL MDL • VI E’ POI IL BUREAU POUR LES PROBLEMES CONCERNANT L’EMPLOI ET L’EGALITE’ DES FEMMES, CHE OPERA PRESSO LA V DIREZIONE GENERALE DELLA COMMISSIONE • IL COMITATO CONSULTIVO PER LE PARI OPPORTUNITA’ TRA UOMINI E DONNE, ISTITUITO • NEL 1981 CHE ASSISTE LA COMMISSIONE NELLA FORMAZIONE DELLA POLITICA COMUNITARIA E HA FUNZIONI DI COOPERAZIONE TRA GLI STATI MEMBRI • NEL 2006 E’ STATO COSTITUITO L’ISTITUTO EUROPEO PER L’UGUAGLIANZA DI GENERE RUOLO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA • • • • • • Sull’attuazione del principio di parità ha influito notevolmente la Corte di giustizia, che ha portato a configurare il diritto alla parità come un diritto fondamentale La sentenza DEFRENNE II (C-43/75) AFFERMA : che il principio della parità di retribuzione di cui all’art. 119 TCE non ha una finalità meramente economica, ma anche sociale, in quanto il progresso sociale e la promozione del costante miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro rientrano tra gli obiettivi della Comunità. dunque il principio di parità FA PARTE DEI PRINCIPI FONDAMENTALI che tale principio può essere fatto valere di fronte ai giudici nazionali e che la direttiva del Consiglio 75/117 non può diminuire l’efficacia dell’art. 119 né modificarne l’effetto nel tempo (EFFICACIA ORIZZONTALE DIRETTA) LA SENTENZA JENKINS introduce il concetto di discriminazione indiretta LA SENTENZA MANGOLD afferma che il principio di parità è principio fondamentale dell’ordinamento comunitario (si applica a prescindere dalle direttive) ART. 141 - VERSIONE ATTUALE • • • • • • • 1. Ciascuno Stato membro assicura l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. 2. Per retribuzione si intende, a norma del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'ultimo. La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica: a) che la retribuzione corrisposta per uno stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata in base a una stessa unità di misura, b) che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per uno stesso posto di lavoro. 3. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 e previa consultazione del Comitato economico e sociale, adotta misure che assicurino l'applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, ivi compreso il principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. 4. Allo scopo di assicurare l'effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa, il principio della parità di trattamento non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi specifici diretti a facilitare l'esercizio di un'attività professionale da parte del sesso sottorappresentato ovvero a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali. IL PRINCIPIO DI PARITA’ RETRIBUTIVA • • • • • • • • • • • E’ CONTENUTO NELL’ART. 119/141 TCE E NELLA DIRETTIVA 75/117/CEE del Consiglio del 10 febbraio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri relative all’applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile (LA DIRETTIVA SPECIFICA IL CONTENUTO DELL’ART. 141, CHE HA EFFICACIA DIRETTA ORIZZONTALE) La genesi mercantile del principio di parità ha fatto sì che essa fosse concepita preliminarmente come parità retributiva il principio fondamentale era: parità di retribuzione a parità di lavoro conseguenza era il divieto delle sole DISCRIMINAZIONI DIRETTE E PALESI la dir. obbliga gli Stati membri a: introdurre nell’ordinamento le misure che consentano a chi si ritiene leso di far valere i propri diritti in sede giudiziaria sopprimere tutte le discriminazioni derivanti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative adottale le misure affinché siano nulle le disposizioni contrarie ai principi di parità retributiva contenute in contratti collettivi o individuali di lavoro adottare le misure che proteggono i lavoratori contro il licenziamento adottato per rappresaglia L’AMBITO DI APPLICAZIONE • • • • • • • • • C-184/89, NIMZ, 7.2. 91 Il divieto di discriminazioni tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile riguarda non solo le pubbliche autorità, ma vale del pari per tutte le convenzioni che disciplinano in modo collettivo il lavoro subordinato, come pure per i contratti fra singoli C-61/81 COMMISSIONE VS. REGNO UNITO 6.7.1982 L’applicabilità del principio di parità non è subordinata all’esistenza di un sistema di classificazione e può essere dimostrata con ogni mezzo C- 129/79 MACARTHYS 27.3.1980 Il principio di equivalenza non riguarda solo lavori svolti simultaneamente e si applica anche al caso della lavoratrice che occupa un posto precedentemente occupato da un lavoratore E’ invece esclusa la comparazione con un ipotetico lavoratore C-237/85 RUMMLER 1.7.1986 Il criterio della forza fisica è lecito quando il lavoro da compiere esiga effettivamente l’impiego della forza fisica, ma non è lecito assumere criteri corrispondenti alle prestazioni medie di un solo sesso, occorre utilizzare complessivamente criteri in relazione ai quali i lavoratori di entrambe i sessi posseggano particolari attitudini L’AMBITO DI APPLICAZIONE • • • • • • • • • • • • C- 109/88 DANFOSS Quando il datore di lavoro utilizza sistemi di classificazione non trasparenti, ove il lavoratore dimostri che la retribuzione media dei lavoratori di sesso femminile è inferiore, il datore di lavoro deve dimostrare che la sua prassi salariale non è discriminatoria - Il criterio dell’adattabilità a luoghi e orari di lavoro variabili deve rivestire importanza per l’esecuzione dei compiti specifici che sono affidati al lavoratore - il criterio del possesso di una determinata qualificazione professionale è lecito solo se effettivamente rilevante con riferimento alle specifiche mansioni da svolgere C- 127/92 ENDERBY a fronte di mansioni diverse, diversamente classificate dai contratti collettivi, ma di uguale valore, spetta al giudice nazionale verificare se sussistano sufficienti ragioni di mercato tali da giustificare la differenza retributiva C- 309/97 ANGESTELLTENBETRIEBSRAT La corte ha escluso l’equivalenza delle mansioni e retributiva quando una stessa attività sia svolta da lavoratori in possesso di una diversa formazione e abilitazione professionale C- 320/00 LAWRENCE E C- 256/01 ALLONBY (esternalizzazioni) Qualora le differenze rilevanti non possano essere ricondotte ad un’unica fonte, perché i datori di lavoro sono diversi, manca un soggetto che sia responsabile della disuguaglianza e possa ristabilire la parità di trattamento C- 96/80 JENKINS E’ discriminatoria la corresponsione di una retribuzione inferiore a lavoratori a tempo parziale qualora la percentuale di questi sia in netta prevalenza femminile LA NOZIONE DI RETRIBUZIONE: • WORRINGHAM 11.3. 1981 • Rientrano nella retribuzione i contributi pagati dal datore di lavoro a fondi pensionistici sostitutivi della previdenza pubblica obbligatoria, complementari e integrativi • Il presupposto è il carattere contrattuale della prestazione • C- 262/88 BARBER • ha affermato che sono discriminatori i regimi pensionistici non obbligatori differenziati in base all’età • LA CORTE DI GIUSTIZIA HA POI AFFERMATO CHE RIENTRANO NEL CONCETTO DI RETRIBUZIONE AD ESEMPIO: • le riduzioni ferroviarie a favore del coniuge e dei figli, fruite anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro • le indennità e i trattamenti connessi alla cessazione del rapporto di lavoro LA PARITA’ NELLE CONDIZIONI DI LAVORO • E’ STABILITA NELLA DIRETTIVA 76/209 CHE SARA’ POI MODIFICATA CON LA DIRETTIVA 2002/73 E POI RIFUSA NELLA 2006/54: NELLE PIU’ RECENTI FORMULAZIONI SI INTRODUCONO LE NOZIONI DI DISCRIMINAZIONE DIRETTA E INDIRETTA, LA NOZIONE DI MOLESTIA E DI MOLESTIA SESSUALE, SI PRECISA IL SIGNIFICATO DELLE ESCLUSIONI L’ACCESSO AL LAVORO: COMPRENDE : • LE OFFERTE DI LAVORO • LA FORMAZIONE • LA CARRIERA L’ACCESSO AL LAVORO: • • • • • - COMM. VS REGNO UNITO C-165/82 – ammette la legittimità della legge inglese che riservava alle donne l’accesso alla formazione e alla professione di levatrice in considerazione del peso che ha la suscettibilità personale nella relazione tra levatrice e paziente ACCESSO AI CORPI DI POLIZIA E MILITARI: - 15 maggio 1986 Johnston; sulla decisione di attribuire solo al personale maschile del corpo di polizia ausiliario dell’Irlanda del nord, le armi da fuoco e di addestrare al loro uso solo tale personale – a cui seguiva il rifiuto di rinnovare i contratti di lavoro alle donne: gli Stati membri sono liberi di decidere se, tenuto conto delle esigenze della sicurezza nazionale e della pubblica sicurezza o dell'ordine pubblico , le condizioni di esercizio di un'attivita lavorativa nella polizia ostino a che sia svolta da una donna munita di armi da fuoco . gli stati membri potrebbero prendere in considerazione , a questo proposito , criteri come la differenza tra i due sessi quanto alla forza fisica, la probabile reazione del pubblico dinanzi ad agenti di polizia di sesso femminile armati ed il rischio che questi diventino obiettivo di attentati - C-273/97, Sirdar: l'esclusione delle donne dal servizio nelle unità combattenti speciali come i Royal Marines può essere giustificata, dalla natura e dalle condizioni dell'esercizio delle attività di cui trattasi - C-285/98 KREIL è ingiustificata la tolte l’esclusione dalle donne dagli impieghi comportanti l’uso di armi perché misura non proporzionata PARITA’ E TUTELA • • • • • • HOFFMAN (1984) : le norme in materia di maternità non contrastano con il principio di uguaglianza nella misura in cui sono rivolte a tutelare la salute della madre e a garantire normali relazioni con la prole: e’legittima la concessione del congedo solo alla lavoratrice - DEKKER 1990: E’ CONSIDERATO DISCRIMINATORIO il licenziamento della lavoratrice assente e in gravidanza: - C- 394/96, Rentokil: è DISCRIMINATORIO il licenziamento in un momento qualsiasi nel della gravidanza a seguito di assenze dovute ad un'incapacità lavorativa provocata da una malattia che trova origine in tale gravidanza. - C-179/88 Handels-og: - non è discriminatorio il licenziamento della lavoratrice causato da ripetute assenze per malattia successive al congedo di maternità, causata dalla gravidanza: se la malattia sopraggiunge dopo il congedo rientra nel regime generale della malattia e il licenziamento è giustificato - C- 136/95, Thibault: è discriminatorio privare la lavoratrice assente per gravidanza delle note di qualifica e, di conseguenza, di ottenere una promozione per il fatto che si è assentata dal lavoro per maternità. C- 191/03 MCKENNA: NON è DISCRIMINATORIA una norma di un regime di congedo di malattia che preveda, nei confronti delle lavoratrici assenti dal lavoro anteriormente ad un congedo di maternità per una malattia connessa alla gravidanza, come pure nei confronti dei lavoratori maschi assenti dal lavoro per qualsiasi altra malattia, una riduzione della retribuzione, a condizione, da un lato, che la lavoratrice venga trattata in maniera identica rispetto al lavoratore assente per malattia e, che l’ammontare delle prestazioni corrisposte non sia talmente esiguo da pregiudicare la finalità di tutela delle lavoratrici incinte Il lavoro notturno • • • • • • c- 345/89 stoeckel Possono ritenersi fondate le finalità di protezione della donna solamente in quei casi in cui un diverso trattamento fra uomini e donne risulti giustificato. Quali che possano essere gli inconvenienti del lavoro notturno, non sembra che, salvo i casi di gravidanza e maternità, i rischi ai quali le donne si trovano esposte a causa del detto lavoro presentino, in linea generale, natura differente da quelli cui sono esposti anche gli uomini. : per i rischi di aggressione, ammesso che siano maggiori di notte che di giorno, possono essere predisposte misure adeguate per farvi fronte senza pregiudicare il principio fondamentale della parità di trattamento fra uomini e donne non rilevano nemmeno le responsabilità familiari, perchè la direttiva non ha lo scopo di disciplinare questioni attinenti all' organizzazione della famiglia o di modificare la ripartizione delle responsabilità all' interno della coppia l' esigenza di tutela che ha originariamente ispirato il divieto di lavoro notturno femminile non appare più fondata ed il mantenimento di tale divieto, in considerazione di rischi che non riguardano unicamente la donna e di preoccupazioni che esulano dall' oggetto della direttiva 76/207, non può trovare giustificazione nelle disposizioni dell' art. 2, n. 3, della direttiva. IL LAVORO PART-TIME E A TERMINE • - JENKINS • - C-322/98, Kachelmann : i lavoratori a tempo parziale e i lavoratori a tempo pieno non sono paragonabili tra loro ai fini della scelta sociale che il datore di lavoro deve effettuare in caso di soppressione di un posto a tempo parziale per motivi economici. • c- 438/01 Melgar il mancato rinnovo di un contratto di lavoro a tempo determinato, non può essere considerato un licenziamento. tuttavia qualora sia motivato dallo stato di gravidanza della lavoratrice, costituisce una discriminazione diretta basata sul sesso • C-109/00 Tele Danmark è discriminatorio il licenziamento di una lavoratrice a motivo del proprio stato interessante - quand'anche la lavoratrice sia stata assunta a tempo determinato, - abbia omesso di informare il datore di lavoro in merito al proprio stato interessante, pur essendone a conoscenza al momento della conclusione del contratto di lavoro, - e, a motivo di tale stato, non sia più in grado di svolgere l'attività lavorativa per una parte rilevante della durata del contratto stesso. LA NOZIONE ORTODOSSA DI DISCRIMINAZIONE • PRESUPPONE UN GIUDIZIO COMPARATIVO • PER LE DISCRIMINAZIONI DIRETTE SONO AMMESSE SOLO ESCLUSIONI – TASSATIVAMENTE STABILITE DALLA LEGGE E MAI GIUSTIFICAZIONI (requisiti essenziali e determinanti) • PER LE DISCRIMINAZIONI INDIRETTE SONO AMMESSE ANCHE “GIUSTIFICAZIONI” (si fa riferimento al fine legittimo e all’adeguatezza e necessarietà dei mezzi) • NON SONO PREGIUDICATE LE DISPOSIZIONI A TUTELA DELLA MATERNITA’ • NON SONO PREGIUDICATE LE AZIONI POSITIVE Articolo 13 (ex articolo 6 A) • 1. Fatte salve le altre disposizioni del presente trattato e nell'ambito delle competenze da esso conferite alla Comunità, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. • 2. In deroga al paragrafo 1, il Consiglio delibera secondo la procedura di cui all'articolo 251 quando adotta misure di incentivazione comunitarie, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri, destinate ad appoggiare le azioni degli Stati membri volte a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di cui al paragrafo 1 • Ne sono seguite le direttive 2000/43 e 2000/78 LA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI • Articolo II-81 • Non discriminazione • 1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale. • 2. Nell'ambito d'applicazione della Costituzione e fatte salve disposizioni specifiche in essa contenute, è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità Il nuovo diritto antidiscriminatorio • DISCRIMINAZIONE DIRETTA: SITUAZIONE NELLA QUALE UNA PERSONA È TRATTATA MENO FAVOREVOLMENTE IN BASE AL SESSO DI QUANTO SIA, SIA STATA O SAREBBE TRATTATA UN'ALTRA IN UNA SITUAZIONE ANALOGA Il nuovo diritto antidiscriminatorio • DISCRIMINAZIONE INDIRETTA: SITUAZIONE NELLA QUALE UNA DISPOSIZIONE, UN CRITERIO O UNA PRASSI APPARENTEMENTE NEUTRI POSSONO METTERE IN UNA SITUAZIONE DI PARTICOLARE SVANTAGGIO LE PERSONE DI UN DETERMINATO SESSO, RISPETTO A PERSONE DELL'ALTRO SESSO, A MENO CHE DETTA DISPOSIZIONE, CRITERIO O PRASSI SIANO OGGETTIVAMENTE GIUSTIFICATI DA UNA FINALITÀ LEGITTIMA E I MEZZI IMPIEGATI PER IL SUO CONSEGUIMENTO SIANO APPROPRIATI E NECESSARI Le nuove direttive del 2000 • DISCRIMINAZIONI PER MOTIVI DI RAZZA E ORIGINE ETNICA: DIRETTIVA 200/43/CE • DISCRIMINAZIONI PER: • RELIGIONE O CONVINZIONI PERSONALI • HANDICAP • ETA’ • TENDENZE SESSUALI • - base giuridica: art. 13 TCE • - manca l’espressa previsione dei motivi sindacali e politici • - separazione rispetto alle discriminazioni di genere AMBITO DI APPLICAZIONE: • Il principio di non discriminazione si applica a tutte le persone, sia nel settore pubblico, sia in quello privato • riguarda sia le norme emanate dallo Stato (leggi, regolamenti, provvedimenti della pubblica amministrazione, ecc.) • sia gli atti dei soggetti privati, inclusi dunque i contratti e gli accordi collettivi e tutti gli atti che sono manifestazione del potere direttivo del datore di lavoro. • Tutti i divieti di discriminazioni si applicano a tutti gli aspetti relativi all’occupazione e alle condizioni di lavoro e quindi, anzitutto, a tutte le forme di lavoro, subordinate e autonome, a tutti i settori e rami di attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale. • il principio di non discriminazione si applica anche alle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori DIFFERENZE: • - la direttiva 2000/78/CE non si applica ai pagamenti di qualunque natura effettuati da regimi statali o da regimi assimilabili. • La direttiva 2000/43/CE si applica anche: • - alla protezione sociale: include di ogni aspetto relativo all’assistenza sociale e sanitaria e a ogni altra prestazione erogata dallo Stato, sia essa di natura economica o di altro genere, come le sovvenzioni concesse ai cittadini a basso reddito o le agevolazioni sui trasporti o sull’accesso a eventi culturali. • - a tutti gli aspetti attinenti all’istruzione e all’accesso a beni e servizi, incluso l’alloggio, i prestiti e i finanziamenti. • - problema del raccordo con la normativa in materia di nazionalità LE DIRETTIVE VIETANO: • LA DISCRIMINAZIONE DIRETTA : si realizza quando la persona è trattata, a causa di uno dei suddetti motivi, meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona in una situazione analoga • LA DISCRIMINAZIONE INDIRETTA: si realizza quando un provvedimento viene adottato sulla base di un criterio apparentemente neutro il quale però si ripercuote negativamente su un determinato gruppo di persone a causa di uno dei motivi di discriminazione vietati • LE MOLESTIE consistono in un comportamento indesiderato adottato per uno dei motivi vietati e hanno “lo scopo o l’effetto di violare la dignità della persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo” LE “DEROGHE” • gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata a una qualunque dei motivi di cui all'articolo 1 non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un'attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell'attività lavorativa, purché la finalità sia legittima e il requisito proporzionato. • A CUI SI AGGIUNGONO DEROGHE SPECIFICHE PER: • RELIGIONE E ETA’ Deroghe per età • • • • • • .Gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell'età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell'ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari. Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare: a) la definizione di condizioni speciali di accesso all'occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, onde favorire l'inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi; b) la fissazione di condizioni minime di età, di esperienza professionale o di anzianità di lavoro per l'accesso all'occupazione o a taluni vantaggi connessi all'occupazione; c) la fissazione di un'età massima per l'assunzione basata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o la necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento. 2. Fatto salvo l'articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che la fissazione per i regimi professionali di sicurezza sociale di un'età per poter accedere o aver titolo alle prestazioni pensionistiche o all'invalidità, compresa la fissazione per tali regimi di età diverse per lavoratori o gruppi o categorie di lavoratori e l'utilizzazione, nell'ambito di detti regimi, di criteri di età nei calcoli attuariali non costituisca una discriminazione fondata sull'età purché ciò non dia luogo a discriminazioni fondate sul sesso I LIMITI • TROPPE DEROGHE • IL DIRITTO ANTIDISCRIMINATORIO E’ COSTRUITO SU DI UNA TUTELA INDIVIDUALE: LE AZIONI POSITIVE: SONO RIMESSE ALLA FACOLTA’ DEGLI STATI MEMBRI – legittimita’ delle quote • L’UNICA ECCEZIONE E’ L’OBBLIGO DI SOLUZIONI POSITIVE PER L’HANDICAP LE SOLUZIONI RAGIONEVOLI • Per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l'onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili. I MEZZI DI TUTELA • - le direttive sanciscono la regola DELL’INVERSIONE DELL’ONERE DELLA PROVA: quando la persona che si ritiene lesa dalla mancata applicazione del principio di parità di trattamento agisce in giudizio adducendo fatti dai quali si può desumere la sussistenza di un comportamento discriminatorio, spetta la convenuto provare che non vi è stata violazione del principio di parità di trattamento. • - le direttive impongono agli Stati membri di adottare le disposizioni necessarie per proteggere le persone che fanno valere il diritto alla parità di trattamento contro qualsiasi atto di ritorsione. • - è prevista la legittimazione ad agire in giudizio delle associazioni, delle organizzazioni o di altre persone giuridiche che • - LA DIR. 2000/78/CE impone agli Stati membri di istituire organismi aventi la finalità di promuovere la parità di trattamento, di assistere le vittime di discriminazioni nelle azioni giudiziarie o extragiudiziarie, di svolgere inchieste e di pubblicare relazioni e formulare raccomandazioni DISCRIMINAZIONE E LAVORATORI SVANTAGGIATI «lavoratore svantaggiato»: è qualsiasi persona appartenente ad una categoria che abbia difficoltà ad entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro, vale a dire qualsiasi persona che soddisfi almeno uno dei criteri seguenti: • • • • • • • • • • • • i) qualsiasi giovane con meno di 25 anni o che abbia completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e che non abbia ancora ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente; ii) qualsiasi lavoratore migrante; iii) qualsiasi persona appartenente ad una minoranza etnica di uno Stato membro che debba migliorare le sue conoscenze linguistiche, la sua formazione professionale o la sua esperienza lavorativa per incrementare le possibilità di ottenere un'occupazione stabile; iv) qualsiasi persona che desideri intraprendere o riprendere un'attività lavorativa e che non abbia lavorato, né seguito corsi di formazione, per almeno due anni, in particolare qualsiasi persona che abbia lasciato il lavoro per la difficoltà di conciliare vita lavorativa e vita familiare; v) qualsiasi persona adulta che viva sola con uno o più figli a carico; vi) qualsiasi persona priva di un titolo di studio di livello secondario superiore o equivalente, priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; vii) qualsiasi persona di più di 50 anni priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; viii) qualsiasi disoccupato di lungo periodo, ossia una persona senza lavoro per 12 dei 16 mesi precedenti, o per 6 degli 8 mesi precedenti nel caso di persone di meno di 25 anni; ix) qualsiasi persona riconosciuta come affetta, al momento o in passato, da una dipendenza ai sensi della legislazione nazionale; x) qualsiasi persona che non abbia ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente da quando è stata sottoposta a una pena detentiva o a un'altra sanzione penale; xi) qualsiasi donna di un'area geografica nella quale il tasso medio di disoccupazione superi il 100% della media comunitaria da almeno due anni e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150% del tasso di disoccupazione maschile per almeno due dei tre anni precedenti; g) «lavoratore disabile» LA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI • Articolo II-81 • Non discriminazione • 1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale. • 2. Nell'ambito d'applicazione della Costituzione e fatte salve disposizioni specifiche in essa contenute, è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità