Università degli Studi di Milano Facoltà di Medicina e Chirurgia “IL FARE RESPONSABILE DEL TECNICO RADIOLOGO” Relatore: Chiar.mo Prof. Umberto Genovese Correlatore: Chiar.ma Dott.ssa Francesca Mobilia Candidato: dott. Riccardo Biffi Anno Accademico 2013-2014 A mia moglie Valentina A mio figlio Gabriele A tutto lo Staff di Mastermars.it Ai colleghi Masterizzandi Grazie! 2 Introduzione Cap. 1 Breve excursus storico 1.1 La storia in breve della Radiologia 1.2 La storia in breve della Radiologia Militare 1.3 La storia in breve della Radioterapia 1.4 La storia in breve della Medicina Nucleare Cap. 2 La professione del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (TSRM) 2.1 Camice Nero 2.2 Camice Bianco 2.3 Evoluzione Legislativa 2.4 ambiti operativi del TSRM 2.5 Gestione delle Immagini RIS-PACS 2.6 Il Codice Deontologico del TSRM 2.6.1 Disposizioni generali 2.6.2 Principi etici del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica 2.6.3 Rapporti con i TSRM e le altre professioni sanitarie e non Cap. 3 La Responsabilità Civile, Penale e Amministrativa 3.1 responsabilità contrattuale ed extracontrattuale 3.2 Rilievo dell’equipe multidisciplinare sotto l’aspetto della responsabilità Cap. 4 Il Consenso Informato 4.1 Disciplina Legale de Consenso Informato 4.2 Eccezioni Cap. 5 Dottrina, articoli apparsi su Quotidiano Sanità , Sentenze 5.1 Dottrina 5.2 Il caso Marlia-Barga 5.3 Somministrazione di mezzi di contrasto Cap.6 Casi di mancata applicazione delle norme e responsabilità professionale: 6.1 Caso Marsala 6.2 Caso Los Angeles 6.6 Criticità presenti e future Conclusioni Glossario Bibliografia e sitografia 3 Introduzione Il presente elaborato vuole essere un The present study is intended as a di- approfondimento dei temi legati alla scussion of the issues related to the professione di Tecnico Sanitario di profession of Radiologic technologist, Radiologia le analyzing the origins, evolution rules, origini, l’evoluzione normativa, il codice code of ethics, and team responsibili- deontologico, ties. Will be presented the judgments of Medica, le analizzando responsabilità di equipe. specific cases of professional liability Saranno poi presentate delle sentenze occurred in recent years, representative e dei casi concreti di responsabilità of the critical issues to be monitored in professionale occorse in questi anni, daily rappresentativi delle criticità work. da monitorare nell’attività quotidiana. 4 Cap. 1 Breve excursus storico Cit “noi non conosciamo tutti i fenomeni del mondo; noi non conosciamo tutte le leggi che governano la materia. Nell'infinità delle cose possibili a pena pochi fatti abbiamo potuto determinare.” Biblioteca Popolare E. Pietrocola N.43 anno 1896 Malattie e disturbi possono nascondersi in profondità all'interno del nostro corpo; è solo quando ci sentiamo male che pensiamo alla funzione di organi vitali che diamo per scontati. 1.1 La storia in breve della Radiologia Dal 1895 la medicina ha iniziato ad utilizzare le energie prodotte dall'invenzione del fisico tedesco Wilhelm Conrad Röntgen, A Würzburg collaborando con i colleghi Helmholtz e Lorenz, lo portano a individuare i cosiddetti "Raggi X". Il fisico parte dall'osservazione dei fenomeni che accompagnano il passaggio di una corrente elettrica attraverso un gas di pressione estremamente bassa, traendo spunto dai precedenti lavori effettuati da studiosi come Julius Plucker, Sir William Crookes, Heinrich Hertz e il fisico Philipp von Lenard, le cui attività si erano concentrate essenzialmente sui così denominati raggi catodici e sulle loro proprietà. Partendo da questi ultimi tipi di raggi, Röntgen ne individua un genere nuovo e totalmente differente, che studia e approfondisce per anni, fino alla consacrazione ricevuta nel 1901, con il Premio Nobel per la fisica. Tre settimane dopo la notte dell'8 novembre del 1895, giorno della grande scoperta, fatti i dovuti accertamenti del caso, il fisico diffonde la notizia della sua individuazione scientifica la quale, da quel momento in poi, permetterà alla scienza di poter vedere attraverso gli oggetti e, soprattutto, dentro il corpo umano. Con questa rivelazione, arriva anche la fama in tutto il mondo, che lega il suo nome a questa importantissima scoperta scientifica. 5 Fig.1 Tubo Focus 4210 e rocchetto di Rumhkorff da Misure e Ricerche Elettriche 1898 - Angelo Battelli, 8 impulsi al secondo di 35 kV Ponendo una lastra fotografica tra l'emettitore di raggi e una lastra fotografica era possibile ottenere immagini statiche e conservabili nel tempo. La moglie Bertha tenne la sua mano ferma per 15 minuti sulla pellicola, ed il risultato fu il famoso prototipo di radiografia delle ossa della mano sinistra e degli anelli indossati. Fig.2 Rx mano della sig.ra Bertha e foto del dott. Röntgen 6 Per la prima volta i medici potevano guardare dentro il corpo senza doverlo tagliare. Rifiutò di brevettare la sua scoperta per motivi morali, e presero il suo nome indipendentemente dalla sua volontà. Fig.3 Francobolli del 1995 Francobolli emessi nel 1995 dalle poste di Finlandia, Italia e Germania in occasione del centenario della scoperta dei raggi X, in quegli anni venne inventato e si diffuse anche il Fluoroscopio, ora vietato dalla legge 7 Fig.4 Stampe di inizio 1900 con rappresentati i primi apparecchi radiologici 8 Fig.5 Tempi di esposizione Questa tabella è presente nel libro Misure e Ricerche Elettriche scritto da Angelo Battelli nel 1898 Fig.6 Il Criptoscopio Il Criptoscopio inventato dal professor Salvioni nel 1896 Il dispositivo è costituito da una scatola di legno leggero, rivestita con un foglio di carta nera, di forma piramidale e dotata di un’impugnatura fissata in una delle facce laterali. L’apertura superiore della scatola è sagomata in modo da permettere all’osservatore di appoggiarvi la fronte e di vedere esclusivamente il fondo del dispositivo sul quale è presente uno schermo fluorescente, fissato allo strumento mediante quattro ganci. Quando si pone la parte posteriore dello schermo a contatto con un corpo investito da raggi Röntgen, sotto la loro azione, si illuminano le sole parti dello schermo colpite dai raggi stessi e si delineano in nero i contorni degli oggetti che intercettano. 9 1.2 La storia in breve della Radiologia Militare Il primo impiego dei raggi X in ambito militare avviene a soli cinque mesi dalla loro scoperta, ad opera del Tenente Colonnello Giuseppe Alvaro presso l’Ospedale Militare di Napoli, su due soltati feriti nella battaglia di Adua del 1 marzo 1896 durante la guerra dell’Abissinia, per la ricerca di proiettili e di frammenti di granate nel corpo dei feriti. (Alvaro G., “I vantaggi pratici della scoperta di Röntgen in chirurgia”, Giornale medico del Regio Esercito, 44, 385-394, 1896). Fig 7 Notizia tratta dal libro Radiology in World War, medical Department U.S.Army ed elogio ai Tecnici Italiani durante la II Guerra Mondiale Nel 1897 i Greci, nel corso della guerra contro i Turchi impiegarono un impianto radiologico mobile da campo, da avvicinare alle prime linee per poter prestare soccorso a feriti poco trasportabili. L’impianto era stato fornito dagli inglesi, loro alleati, che si occupavano anche di ricaricare una delle due batterie di accumulatori che alimentavano l’apparato, mentre l’altra era in uso. La ricarica avveniva a bordo della nave “H.M.S. Rodney”, alla fonda nel porto di Pireo. In seguito ad insurrezioni ai confini tra India e Afghanistan, nell’ottobre del 1897, gli inglesi, per la prima volta direttamente, fecero uso di un apparecchio a raggi X portatile, esaminando più di 200 feriti sull’altopiano di Tirah. 10 Fig. 8 Metodo ideato da Battersby per la ricarica delle batterie in zona bellica Le onorificenze e le medaglie non appartengono soltanto al settore medico ma riguardano anche e soprattutto il restante personale addetto al funzionamento del reparto radiologico del Regio Esercito Italiano, che, mescolato fra la truppa in trincea, si vedeva ogni giorno ridotto di numero. Queste persone hanno lasciato un segno indelebile nella storia della multidisciplinarietà radiologica italiana. Fig.9 Truppe Someggiate 11 Fig.10 Ospedale da campo in preparazione e casse radiologiche Fig.11 Tecnici Italiani in servizio durante la II Guerra Mondiale 12 Fig.12 La radiologia campale Moderna (Camp Mittica, Iraq 2003-2006) Fig.13 Diagnostiche pesanti su Shelters 13 1.3 La storia in breve della Radioterapia Nel 1896, ad un anno dalla scoperta dei raggi X, si iniziano a cercare nuove possibilità di impiego di questa tecnologia, e si pensa al trattamento di tumori cutanei e della mammella (E.H.Grubbè) La radioterapia trova fondamento nell’assorbimento delle radiazioni da parte dei tessuti irradiati e negli effetti biologici da esse determinati. Il fenomeno di maggiore importanza post-irradiazione è la modificazione della replicazione cellulare, dal semplice ritardo fino alla completa inibizione. Tale effetto viene sfruttato a scopo terapeutico per bloccare la crescita di cellule neoplastiche. La proprietà delle cellule e dei tessuti di risentire dell’azione delle radiazioni ionizzanti (radiosensibilità) è variabile in rapporto a fattori diversi. In particolare la radiosensibilità di una cellula è tanto maggiore quanto maggiore è il numero di mitosi a cui questa va incontro nell’unità di tempo. Al contrario la radiosensibilità è ridotta quanto più la cellula è ben differenziata, matura, in quiescenza riproduttiva (legge della radiosensibilità). A seconda delle modalità con cui le radiazioni ionizzanti vengono impiegate in medicina, si è soliti distinguere in: a) röntgenterapia che si avvale degli usuali impianti radiologici, ma in grado di generare anche radiazioni di più alta energia; b) curie-terapia con radiazioni beta e gamma emesse da sostanze radioattive poste in seno al tessuto da trattare; c) teleterapia esterna con radiazioni emesse da sorgenti costituite da elementi radioattivi artificiali come il cobalto, adeguatamente alloggiate dentro apposite testate schermate (cobaltoterapia) oppure radiazioni generate dall’accelerazione di elettroni in appositi macchinari (acceleratori lineari);d) radioisotopoterapia interna (intratissutale e/o intracavitaria) con isotopi a emissione gamma o a emissione beta (radiofosforo, radioiodio), capaci di erogare ingenti quantitativi di energia a breve distanza in modo da concentrare sull’organo bersaglio la dose massima possibile con risparmio dei tessuti circostanti. 14 Fig.14 Gabinetto Radioterapico all’Ospedale di Vigevano Fig.15 Georges Chicotot illustrazione autoritratta del 1907 15 La svolta per la radioterapia profonda si raggiunge nel 1949, quando il dottor Harold E. Johns dell'Università di Saskatchewan (Canada) inviò una richiesta alla National Research Council (NRC) chiedendo di produrre isotopi di Cobalto-60 per l'uso di trattamenti radioterapici. Furono costruite due apparecchiature, chiamate bombe al cobalto. La prima all'Università di Saskatchewan dove il dottor Johns raccolse i dati delle dosi percentuali profonde che furono poi usate come dosi standard in tutto il mondo. Il 27 ottobre del 1951, venne sottoposto il primo paziente alle radiazioni di Cobalto-60 al Victoria Hospital di London (Ontario). Contemporaneamente la ricerca da parte di Stati Uniti e Canada di isotopi radioattivi, per scopi industriali e medici, portò una società canadese, la Eldorado Mining & Refining Ltd., alla creazione del secondo apparecchio di radioterapia, prodotto nel reattore NRX dell'Atomic Energy of Canada Ltd. Tra le prima 12 unità di telecobaltoterapia costruite dalla società canadese ci fu anche l'apparecchio che venne portato, grazie all'operato di Claudio Valdagni, dalla Società Lombarda di Televisone in Italia. L'uso del Cobalto-60 in terapia con fasci collimati ha segnato una svolta storica per la radioterapia, soppiantando la roentgenterapia e la telecesioterapia. La tecnologia attuale dispone di trattamenti e macchinari (in particolare le cobaltoterapie e gli acceleratori lineari) che hanno reso obsoleti la röntgenterapia e l’impiego dei betatroni come acceleratori di elettroni e dove l’emissione di dose è più articolata, precisa e soprattutto più sicura. Altresì, la relativa maneggevolezza delle radiazioni che si può avere con un uso corretto di queste apparecchiature consente di modulare il trattamento in funzione della sede, dell’estensione e del tipo di tumore, realizzando pertanto una personalizzazione della terapia caso per caso. L’impostazione terapeutica dell’uso della radioterapia inizia generalmente con l’identificazione di un campo di irradiazione che deve contenere l’intera estensione del tumore da trattare (intento radicale) o la massima area possibile di tumore (intento palliativo). Generalmente si usa incrementare l’area bersaglio per avere la certezza di trattare anche focolai microscopici eventualmente sfuggiti alle comuni tecniche di rilievo. Stabilito il campo si passa alla definizione della dose da erogare che deve essere sufficiente all’eradicazione del tumore e, dove possibile, in grado di rispettare i tessuti sani circostanti. Pertanto i centri maggiormente qualificati operano una simulazione di trattamento con computer in modo da definire le dosi erogate sui tessuti malati e sani, con eventuali effetti collaterali da considerare. Il frazionamento della dose e la suddivisione temporale dei trattamenti hanno il significato di permettere ai tessuti sani 16 l’eventuale recupero, mentre le tecniche di collimazione computerizzata del fascio radiante perseguono l’obiettivo di concentrare sul tumore il massimo possibile della dose erogata. La modalità più diffusa è la radioterapia conformazionale che prevede la somministrazione con l’acceleratore lineare, collocando alcuni blocchetti metallici nella traiettoria del fascio di radiazioni per riuscire a conformarlo il più possibile alla forma dell’area da irradiare. Tale metodica consente una migliore focalizzazione sul tumore, esponendo a dosi più basse le cellule sane circostanti e le strutture adiacenti. L’utilizzo di blocchetti metallici con collimatori multi-lamellari consente di modulare ogni lamella nell’ottica di un ulteriore miglioramento della focalizzazione sull’area interessata. Per le loro caratteristiche anatomiche sono i tumori dell’apparato genitale femminile (vagina, utero) quelli che maggiormente si prestano alla radioterapia intracavitaria, caratterizzata dal posizionamento di materiale radioattivo all’interno di cavità naturali per brevi periodi di tempo. La radioterapia intracavitaria classica viene realizzata utilizzando sonde metalliche che penetrano tramite il canale cervicale direttamente nell’utero, portando direttamente a contatto con il tumore la sorgente radiante e permettendo erogazioni di alte dosi in tempi relativamente brevi. La diffusione di tali metodiche è condizionata da problemi connessi con la radioprotezione, per cui il loro uso è limitato a centri specializzati. Analoga è la situazione di altre applicazioni più recenti delle metodiche radioterapiche come la radiochirurgia stereotassica con acceleratore lineare, la Gamma-Knife, tecniche nate per la cura dei tumori cerebrali e attualmente in studio anche per ulteriori impieghi 17 1.4 La storia in breve Medicina Nucleare Due eventi fondamentali: Nel1896 Antoine Henri Becquerel scopre la radioattività naturale dell'uranio, e nel 1898 Marie e Pierre Curie scoprono la radioattività del polonio e del radio. Il dott. Joseph Gilbert Hamilton, nato l’11 novembre del 1907, fu il medico pioniere degli studi sugli effetti biologici delle radiazioni, e che nel 1936 praticò per primo un' iniezione di materiale radioattivo su un paziente malato di leucemia. La sua storia non è però priva di lati oscuri. Nell 1936, il ciclotrone dell'Università di Berkeley iniziò a produrre le prime piccole quantità di materiali radioattivi per scopi di ricerca. Hamilton fu affascinato dagli effetti delle radiazioni sui tessuti biologici, e dalle loro possibili applicazioni terapeutiche. Iniziò quindi una serie di esperimenti, iniettando isotopi radioattivi su diversi pazienti terminali. I risultati di questi studi, pubblicati l'anno successivo, fornirono le prime osservazioni della velocità con cui le radiazioni si accumulano e si distribuiscono all'interno dell' organismo umano, e aiutarono a comprendere i possibili impieghi terapeutici di queste sostanze. Considerato ormai un'autorità nel suo campo di studi, con l'inizio della Seconda Guerra Mondiale, fu chiamato a partecipare al progetto Manhattan. Il ruolo di Hamilton era quello di studiare l'effetto del plutonio sugli organismi viventi. Inizialmente gli esperimenti vennero svolti su ratti, ma nel 1944, con l'avvicinarsi della fase finale del progetto, si fece forte la necessità di scoprire gli effetti della sostanza sull'organismo umano, per sapere come proteggere gli operai che avrebbero costruito le bombe. L'impiego clinico dei traccianti radioattivi, che è alla base della medicina nucleare, ha registrato consistenti progressi sia nella diagnostica strumentale, sia nella terapia delle affezioni neoplastiche mediante l'uso di radiazioni ionizzanti. Questa evoluzione è stata resa possibile dal perfezionamento della strumentazione per la rivelazione e misura delle radiazioni, dalla produzione di nuovi e più specifici radiocomposti utilizzabili in diagnostica e in terapia, e infine da una migliore e più approfondita conoscenza dei processi metabolici di vari organi e delle alterazioni funzionali che in essi si producono in condizioni patologiche. L'aggiornamento in materia riguarda i seguenti argomenti: a) moderne tecniche di tomografia per emissione (SPET e PET); b) nuovi radiofarmaci per indagini in vivo (mo18 lecole per studi di perfusione, anticorpi monoclonali e traccianti cellulari marcati); c) terapia dei tumori di origine dalla cresta neurale mediante metaiodiobenzilguanidina-131I (MIBG-131I). Tomografia per emissione SPET, PET). È una particolare forma di scintigrafia nella quale l'immagine è formata dall'elaborazione e riproduzione dei dati di radioattività relativi a un solo strato, di spessore ridotto (intorno al cm), con cancellazione di quelli adiacenti. L'immagine che ne risulta è quindi di tipo tridimensionale e consente lo studio della distribuzione spaziale del tracciante all'interno dell'organo, strato per strato secondo varie proiezioni, con possibilità di un'accurata evidenza di eventuali alterazioni distrettuali della funzione in base alla quale il tracciante stesso viene concentrato. A seconda del tipo di radionuclide impiegato per la marcatura del tracciante si distingue una tomografia per emissione di fotone singolo o SPET (Single Photon Emission Tomography) e una tomografia per emissioni di positroni o PET (Positron Emission Tomography). La SPET impiega traccianti marcati con radionuclidi emittenti radiazioni gamma, che peraltro sono quelli stessi utilizzati per la scintigrafia tradizionale non tomografica (scintigrafia planare), ed è realizzata mediante una gamma camera ruotante collegata a un computer dedicato. La PET impiega traccianti marcati con radionuclidi emittenti positroni, cioè elettroni carichi positivamente, ciascuno dei quali, interagendo con un elettrone, dà luogo all'emissione di due radiazioni elettromagnetiche che si propagano nello spazio in senso diametralmente opposto e presentano un'energia (511 KeV) esattamente corrispondente alla massa di una delle particelle che ha partecipato alla collisione (radiazione da annichilazione). La rivelazione e la misura di queste radiazioni richiede l'impiego di particolari apparecchi molto simili alla gamma camera, provvisti di due teste di rivelazione, tra loro angolate di 180°, che rivelano e misurano contemporaneamente ciascuna coppia di radiazioni con elevata selettività e praticamente senza perdita per attenuazione (conteggio per coincidenza). Tali caratteristiche permettono la rappresentazione della distribuzione del tracciante nell'organo in esame con elevato potere risolutivo e la misura della sua concentrazione in termini quantitativi. La tomografia per emissione, sia a fotone singolo sia per emissione di positroni, presuppone l'elaborazione mediante calcolatore dei dati di radioattività acquisiti dal rivelatore durante la sua rotazione intorno al corpo del paziente, come nella SPET, oppure da un insieme di rivelatori fissi disposti circolarmente, come per la PET. La costruzio19 ne dell'immagine dello strato in esame viene eseguita attraverso proiezioni multiple sulla base del principio su cui è fondata la tomografia assiale computerizzata o TAC, di competenza radiologica, che prevede l'impiego delle cosiddette ''retroproiezioni'' (back-projections) che successivamente sono sottoposte all'azione di particolari filtri al fine di ridurre gli artefatti cui le prime danno luogo. L'impiego della SPET sul piano clinico riguarda l'encefalo, il cuore e, in minor misura, altri organi (fegato, scheletro), al fine di un'accurata definizione della distribuzione del tracciante nel parenchima e dell'eventuale presenza di lesioni occupanti-spazio; la metodologia inoltre è utile per valutare le dimensioni degli organi e per misurare la captazione distrettuale dei radiofarmaci. Nel caso del cervello la SPET consente lo studio della perfusione sanguigna nelle molteplici strutture e quindi il riscontro di difetti dovuti a trombosi o a emorragie prima che questi si rendano evidenti alle indagini radiologiche. Analogamente zone d'ipoperfusione miocardica evidenti soltanto sotto sforzo (ischemia) o anche a riposo (infarto), possono essere più accuratamente localizzate mediante l'impiego di traccianti di perfusione, utilizzando la SPET, oltre alla scintigrafia planare. Nell'esplorazione scintigrafica dello scheletro per la ricerca di lesioni che possono essere evidenziate in fase più precoce rispetto alle metodiche radiologiche, la SPET consente una maggiore definizione delle caratteristiche di queste, particolarmente in casi nei quali la vicinanza di strutture non ossee ma concentranti radiotracciante (vescica, reni) tende a mascherarne la presenza. Nello studio di lesioni spondilolitiche mediante SPET è stato osservato (Collier e altri, 1987) un significativo aumento della sensibilità diagnostica (85%) rispetto alla scintigrafia planare (62%). Mentre la SPET può essere considerata una particolare forma di scintigrafia computerizzata e per le sue caratteristiche è disponibile in moltissimi servizi di m. n., la PET è un sistema molto più complesso e costoso poiché utilizza solo traccianti marcati con radioelementi positronici che devono essere per lo più prodotti in un ciclotrone posto nelle immediate vicinanze. Infatti i radionuclidi che vengono utilizzati per la sintesi dei traccianti PET sono in gran parte isotopi radioattivi degli elementi più diffusi in natura (11C, 13N, 15O): questi, presentando un'emivita fisica dell'ordine di alcuni minuti, devono essere utilizzati rapidamente sia nei procedimenti di sintesi molecolare, realizzati in appositi laboratori di radiochimica, sia successivamente sul paziente. Impiegata inizialmente per ricerche sperimentali sull'animale e successivamente in ricerche cliniche, la PET è entrata recentemente nel corredo della strumentazione diagnostica avanzata, in alcune applicazioni cliniche che riguardano l'ischemia miocardi20 ca, i tumori cerebrali e l'epilessia. Inoltre per le sue notevoli possibilità di valutazione quantitativa del comportamento biologico di molti traccianti, la PET rappresenta uno strumento di eccezionale capacità per studi di fisiopatologia clinica (consumo ed estrazione cerebrale di O2, metabolismo glicidico, distribuzione e attività dei neurotrasmettitori e neurorecettori cerebrali e così via). Nella malattia coronarica l'impiego di traccianti di perfusione positrone-emittenti quali il 82Rb (T1/2=75) e l'13NH3 fornisce valori di attendibilità diagnostica molto elevati, superiori a quelli ottenuti mediante SPET, sulla base di dati riguardanti casi controllati con l'arteriografia coronarica quantitativa, nei quali erano inclusi pazienti non sintomatici e con compromissione di tutte e tre le arterie (malattie dei 3 vasi). I casi falsi negativi sono usualmente associati a stenosi distali delle coronarie o a compromissione di piccole arterie miocardiche non ateromatose quali trombosi o spasmi (Gould 1991). Nell'ischemia miocardica la PET permette di stabilire mediante l'impiego di traccianti del metabolismo glicidico (fluorodesossiglucosio marcato con 18F o18FDG) se il tessuto ipoperfuso è ancora vitale (il cosiddetto ''miocardio ibernato'') oppure non più tale: è facilmente intuibile l'importanza sul piano clinico di tale differenziazione, poiché soltanto nel primo caso le tecniche di rivascolarizzazione coronarica possono avere successo. Nei tumori cerebrali, l'impiego del 18FDG consente sia di valutare il grado di malignità sulla base della captazione del tracciante, sia di differenziare le recidive neoplastiche dagli esiti della terapia chirurgica o radiante, in quanto in quest'ultimo caso il tracciante metabolico non viene fissato. Nell'epilessia la TAC fornisce utili informazioni in modo non invasivo sulla presenza e localizzazione dei foci, in previsione di trattamenti chirurgici. 21 Nuovi farmaci per indagine in vivo. L'introduzione di nuovi traccianti, che presentano un peculiare comportamento una volta che sono stati introdotti nel corpo umano, ha costituito un importante fattore di progresso della m. nucleare. Tali nuovi traccianti, infatti, hanno aperto ulteriori possibilità sia per lo studio funzionale di organi (traccianti di organo) sia per la localizzazione di processi patologici (traccianti di lesioni). Tra i traccianti di organo sono da menzionare alcuni radiocomposti marcati con radiotecnezio, che è il radioelemento più diffusamente impiegato per le indagini mediconucleari in vivo, quali il metossi-isobutil-isonitrile (MIBI) per lo studio della perfusione ematica del miocardio e l'ossima di esametilenpropilenammina (HM-PAO) per la valutazione del flusso ematico cerebrale. Il primo trova ampia indicazione nello studio della malattia coronarica sia in condizioni di riposo che sotto sforzo mediante scintigrafia planare e SPET. Di particolare utilità sul piano pratico poiché disponibile sempre all'occorrenza, il tracciante, una volta captato dal miocardio, permane abbastanza stabilmente concentrato in tale tessuto, per cui l'indagine può essere espletata anche dopo qualche ora dalla somministrazione. L'attendibilità diagnostica della scintigrafia miocardica con 99mTc-MIBI per la malattia coronarica è abbastanza elevata: l'indagine eseguita in un congruo numero di pazienti ha mostrato valori medi di sensibilità del 73% e di specificità dell'89,5%. Ugualmente utile si presenta la SPET cerebrale mediante 99mTc-HM-PAO, tracciante che oltrepassa la barriera ematoencefalica e viene captato dai tessuti encefalici in proporzione al flusso sanguigno. Indicazioni per l'indagine sono le affezioni che determinano variazioni significative del flusso cerebrale distrettuale, quali l'infarto, l'attacco ischemico transitorio (TIA), nei quali si osserva riduzione della fissazione del tracciante, e l'epilessia che, nella fase acuta, è caratterizzata da focolai di aumentato flusso ematico. I traccianti di lesione sono di notevole utilità diagnostica e prognostica in campo oncologico. Tra questi sono da menzionare gli anticorpi marcati, i quali, presentando la particolare caratteristica di legarsi in modo selettivo a specifici antigeni prodotti da tumori, consentono di accertare la presenza, la sede e il numero dei focolai neoplastici. Gli anticorpi monoclonali [Mo(Ab)], che sono prodotti in quantità illimitate con assoluta specificità mediante il metodo dell'ibridoma (Köhler e Milstein 1975), vengono marcati con vari radionuclidi (131I, 123I, 99mTc, 111In) e impiegati in pazienti affetti o sospettati di essere affetti da forme neoplastiche che producono antigeni associati al tumore, quali il carcinoma di vari organi (colo-rettale, polmonare, renale, ovarico) e il melanoma ma22 ligno. I risultati sono in genere molto incoraggianti e appaiono utili non tanto per la diagnosi del tumore primitivo quanto per l'accertamento di eventuali recidive e/o di localizzazioni a distanza. In uno studio multicentrico condotto su 509 casi di adenocarcinoma, di cui oltre la metà gastrointestinali, la scintigrafia con Mo(Ab) antiCEA (immunoscintigrafia designata da due acronimi, il primo dei quali sta per Monoclonal Antibody, il secondo per anti-Carcinoma Embrionic Antigen) ha dimostrato una sensibilità diagnostica del n,64% per neoformazioni di diametro uguale o inferiore a 2 cm e dell'84% se di diametro superiore (Siccardi e altri 1989). L'immunoscintigrafia per la stadiazione e il follow up dei tumori non è tuttavia ancora pienamente inserita tra le metodiche di abituale impiego clinico a causa sia della non bassa incidenza di risultati falsi-negativi (circa il 30%), che inducono non infrequentemente al ricorso ad altre tecniche d'imaging (TC, RMN), sia della difficoltà di accertare la presenza di localizzazioni neoplastiche in organi che già fisiologicamente concentrano il tracciante, quale per es. il fegato. L'utilità diagnostica e di studio fisiopatologico dei traccianti di lesioni si manifesta anche nell'impiego delle cellule del sangue marcate, quali per es. i globuli bianchi. Questi, e in particolare i granulociti neutrofili marcati con 111In o con radiotecnezio, risultano particolarmente idonei per evidenziare processi infiammatori e infezioni, che si accompagnano a infiltrazione locale di questo tipo di cellule. L'esplorazione scintigrafica con tali traccianti consente, per es., di evidenziare e di localizzare il processo patologico nella quasi totalità dei casi d'infezione di protesi vascolari inserite per sostituire ostruzioni o gravi stenosi di importanti arterie del corpo: l'utilità della metodologia può essere ben valutata se si considera che non esistono altri mezzi diagnostici di pari attendibilità e che tale complicazione dell'intervento chirurgico, se non riconosciuta e localizzata rapidamente, è gravata di prognosi infausta in circa la metà dei casi. Terapia dei tumori di origine dalla cresta neurale con 131I-MIBG Come accennato precedentemente, i progressi della m. n. interessano anche la terapia con radionuclidi o con composti radioattivi che vengono somministrati al paziente per via generale. La 131I-metaiodiobenzilguanidina (131I-MIBG), introdotta nella pratica clinica da Beierwaltes e altri (1981), viene captata dai tessuti che filogeneticamente originano dalla cresta neurale e quindi anche dai tumori di tali tessuti, purché questi dimostrino un certo grado di attività metabolica specifica; questa condizione permette d'impiegare il radiocomposto anche come tracciante, ai fini di valutare la presenza, la localizzazione e il grado di attività del tessuto patologico. La captazione tumorale della 131I-MIBG av23 viene con modalità molto simili a quelle che consentono al radioiodio di essere fissato dal carcinoma funzionante della tiroide. I tumori che incorporano il radio-composto sono il feocromocitoma, il neuroblastoma e il carcinoma midollare della tiroide. Le indicazioni alla terapia con 131I-MIBG riguardano pazienti nei quali la neoplasia non è più trattabile chirurgicamente e risente scarsamente della chemioterapia, ma nello stesso tempo non è costituita da masse di elevate dimensioni nelle quali il radiocomposto non sarebbe in grado di manifestare l'effetto radiobiologico: sono pertanto trattabili forme recidivanti o incompletamente asportate oppure con localizzazioni a distanza. I risultati sono degni di considerazione, maggiormente se si tiene conto che gli altri mezzi terapeutici risultano inefficaci: è stata osservata un'evidente remissione dell'affezione in oltre il 50% dei pazienti affetti da feocromocitoma; mentre meno efficace è detto trattamento nel neuroblastoma. 24 cap. 2 La professione del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica Cit. “La speranza non è cieco ottimismo ma coraggio di combattere”. Barack Obama In questo capitolo si ripercorreranno le tappe che hanno portato allo sviluppo ed all’indipendenza del gruppo professionale. 2.1 Camice Nero Per anni la radiografia orbitò attorno al campo della fotografia. Ad un certo punto perse ogni legame con essa, conquistando una posizione all’interno della disciplina medica. Dal 1920 i medici iniziarono a delegare parte delle attività routinarie e meno gradevoli, quali la preparazione del paziente e degli apparecchi che costituivano un pericolo per le continue esposizioni alle radiazioni a nuove figure professionali, continuando a mantenere il controllo sui processi operativi e sui compiti assegnati, e concentrandosi maggiormente sugli aspetti cruciali del processo di diagnosi e cura. Cit. “Il segreto del successo è quello di non possedere nulla, ma controllare tutto” Nelson Rockefeller Negli anni ’30 si avvertì la necessità di avere personale maggiormente addestrato allo scopo, pertanto nacquero i primi corsi di formazione specifici per tecnici radiologi, necessari per passare da una conoscenza basata sull’esperienza ad una scientifica. 25 Fig.16 Tenente medico Floriano Ferrazzi, ospedale n. 035 di Visco (Udine), settembre 1915 Verso gli anni ’50, in un periodo storico caratterizzato da salari bassi, turni pesanti e senza diritti sindacali, spinse la categoria ad associarsi, dando vita all’Unione dei Tecnici di Radiologia (UNTR). Le parole chiave che portarono all’evoluzione legislativa furono Unione e Professionalità e col nascere professionale era iniziata la ricerca di una identità ed uno spazio occupazionale Il primo corso fu istituito nel 1954 con il D.P.R. n. 1550 del 29 settembre presso l’Istituto E.De Amicis di Roma una scuola con finalità ed ordinamento speciale denominato Istituto Professionale di Stato per l’Industria e L’artigianato. I primi anni ’60 videro coronamento di tanti sforzi e la realizzazione del sogno di vedere la quasi totalità della categoria dei Tecnici di Radiologia rappresentata da una organizzazione forte e coesa, l’Associazione Nazionale dei Tecnici Italiani di Radiologia (ANTIR). Nel 1965 arriva la prima Regolamentazione Giuridica dell’ esercizio dell’Arte ausiliaria Sanitaria di Tecnico di Radiologia Medica: la LEGGE n. 1103 del 4 agosto 1965, 26 in seguito al recepimento delle direttive EURATOM per la regolamentazione della complessa materia delle radiazioni ionizzanti derivanti dall’impiego pacifico dell’energia nucleare. La scuola “E. De Amicis” restò chiusa per un anno per riprendere nell’ anno 1966 dopo aver modificato il titolo in “Tecnico di Radiologia Medica” (TRM) e attraverso la Legge 1103/65 definito le prime regole e modalità di accesso alle scuole per tecnico di Radiologia. Nel 1970 si costituì la Federazione Nazionale Collegi Tecnici di Radiologia Medica, il cui compito era emanare norme specifiche da applicare per la costituzione dei Collegi periferici. L’associazionismo della categoria permise il passaggio ad arte ausiliaria. Il Camice Bianco Il colore del camice divenne un simbolo di emancipazione, passando dal camice nero, adatto alle ore di lavoro in camera oscura, tra acidi e pellicole, a quello bianco, che assicurava dignità professionale distintiva agli occhi dei pazienti. Con lo sviluppo di nuove tecnologie di imaging, grazie all’evoluzione tecnologica e delle scienze informatiche, come la Tomografia Computerizzata e la Risonanza Nucleare Magnetica, negli anni ’80 fu necessario innalzare il livello di professionalità, di ruolo e di competenze del Tecnico Sanitario dell’arte ausiliaria di Radiologia Medica. 2.3 Evoluzione Legislativa Con la legge n.25 del 31 gennaio 1983 il TRM passa da ausiliario a interprete della Professione Sanitaria di Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (TSRM), vennero modificati i programmi di insegnamento e venne introdotto il formatore tecnico docente/tutor. Per una maggiore definizione di processo di professionalizzazione, la Federazione Nazionale dei Collegi Professionali TSRM, nel 1993, elaborò e pubblicò il Codice Deontologico, un codice di comportamento, di efficacia normativa, cui il professionista doveva e deve attenersi per l'espletamento della sua Professione. Nel 1994 con il D.M. Della Sanità n. 746 si regolamentò il Profilo Professionale del TSRM: - Il TSRM è l’ operatore sanitario che in possesso di Diploma Universitario abilitante e dell’ iscrizione all’ Albo professionale è responsabile degli atti di sua 27 competenza ed è autorizzato ad espletare indagini e prestazioni radiologiche in autonomia o in collaborazione con altre figure sanitarie; - Partecipa all’organizzazione e alla programmazione del lavoro; - E’ responsabile degli atti attributi; - Svolge attività in strutture pubbliche, private, in rapporto di dipendenza o libero professionale; - Verifica e controlla la qualità; - Collabora con il Servizio di fisica Sanitaria; - Contribuisce alla sua formazione e al suo aggiornamento; - Forma il personale di supporto. Durante l‘Anno Accademico 1996-97 avviene il passaggio della formazione delle Professioni Sanitarie dalle Scuole Regionali all’Università: nascono i Diplomi Universitari, con un miglioramento ulteriore dei programmi di insegnamento. La Legge n. 42 del 26 febbraio del 1999 ha sostanzialmente riformato l’esercizio professionale abolendo i mansionari e la denominazione “professione sanitaria ausiliaria”, e individua ambiti e confini di ciascuna specifica professione sanitaria. I campi di attività e di responsabilità delle Professioni Sanitarie sono determinate da: - Profili professionali - Codici deontologici - Ordinamenti didattici dei corsi di Laurea Il D. Lgs. 187/2000 esprime il tre principi cardine per l’area radiologica: - appropriatezza delle prestazioni; - ottimizzazione; - limitazione delle dosi di radiazione; Legge n. 251 del 10 agosto del 2000 Completa il percorso e rafforza gli obiettivi di autonomia e dirette responsabilità, suddividendo le professioni sanitarie in quattro aree . - Professione sanitaria di Infermiere, Infermiere Pediatrico e Ostetrica/o; - Professioni Sanitarie Riabilitative (Podologo, Fisioterapista, Logopedista, Ortottista- Assistente di oftalmologia, Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, Tecnico della riabilitazione psichiatrica, Terapista occupazionale, Educatore professionale); 28 - Professioni Tecnico-Sanitarie (Tecnico audiometrista, Tecnico sanitario di laboratorio biomedico, Tecnico sanitario di radiologia medica, tecnico di neurofisiopatologia, Tecnico ortopedico, Tecnico audioprotesista, Tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, Igienista dentale); - Professioni Tecniche della Prevenzione (Tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, Assistente sanitario); Prevede la possibilità dell’istituzione della Laurea Specialistica per le Professioni Sanitarie, con la promulgazione di successivi atti regolamentari, comportando l’avvio delle procedure per l’attivazione di area contrattuale per la Dirigenza delle Professioni Sanitarie. Con il decreto 136 del 2 Aprile 2001 si assiste alla trasformazione dei Diplomi Universitari in corsi di Laurea di primo Livello. Dopo una serie di congressi svolti in tutta Italia, nel 2004 si arriva alla stesura di un nuovo Codice Deontologico. Con l’anno accademico 2004-2005 vengono attivati primi corsi di Laurea Specialistica e la Legge n. 43 del 1 febbraio 2006 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali” sancisce il definitivo riconoscimento delle professioni sanitarie quali professioni intellettuali, prevedendo: - Istituzione degli Ordini professionali suddivisi per classi ( L.251/2000) - Aree di esclusiva competenza - Istituzione delle funzioni di Coordinamento Prevede che i professionisti siano suddivisi in (art.6 comma1): a) Professionisti in possesso del diploma di laurea, o del titolo universitario conseguito anteriormente all’attivazione dei corsi di laurea o di diploma ad esso equipollente b) Professionisti coordinatori in possesso del master di primo livello in management per le funzioni di coordinamento c) Professionisti specialisti in possesso del master di primo livello per le funzioni specialistiche d) Professionisti dirigenti in possesso della laurea specialistica, e che abbiano esercitato l’attività professionale con rapporto di lavoro dipendente per almeno 29 cinque anni, oppure ai quali siano stati affidati incarichi dirigenziali ex art. 7 della Legge n. 251 del 2000 e successive modificazioni. La Legge 43/2006 è stata recepita solo parzialmente dall’ultimo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) che richiede il master per accedere alle funzioni di coordinamento, crea la dirigenza unica, ma non prevede alcun tipo di funzione differente per chi abbia conseguito un master specialistico Dallo sviluppo sociale e legislativo nasce il TSRM: - Un professionista laureato, al servizio della salute dei cittadini, con coscienza etica. - Figura professionale della sanità in possesso di Diploma di Laurea in "Tecniche di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia", iscritto all'Albo Professionale. - Opera autonomamente o in collaborazione con altri operatori sanitari, per ottemperare alle prescrizioni mediche che richiedono l'uso di radiazioni ionizzanti, di energie termiche, ultrasoniche, di risonanza magnetica nucleare ed interviene nella protezionistica fisica e dosimetrica. Responsabile degli atti di sua competenza ne risponde secondo la legge. Partecipa alla programmazione del lavoro. - Organizza e gestisce l'erogazione delle prestazioni in collaborazione diretta con il medico Radiologo. - Svolge attività didattica finalizzata alla propria formazione ed al proprio aggiornamento professionale. - Partecipa alla ricerca Scientifica di settore. - Espleta la propria attività nelle strutture sanitarie pubbliche e private, in rapporto di dipendenza o libero professionale. Il Tecnico Sanitario di Radiologia Medica si occupa di: - Gestione delle immagini; - Radiodiagnostica Tradizionale; - Tomografia Computerizzata; - Risonanza Magnetica; - Medicina Nucleare; - Radioterapia; 30 - Radiologia Interventistica; - Fisica Sanitaria; 2.4 Ambiti operativi del TSRM Il TSRM è chiamato ad operare nei seguenti ambiti: • Radiodiagnostica • Medicina Nucleare • Emodinamica • Ecografia • Medicina Veterinaria • Fisica Sanitaria • Industria • Arte Il Ministero della Sanità con D.M. 26 settembre 1994, n. 746 “Regolamento concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale del tecnico sanitario di radiologia medica” ha previsto che : “il tecnico sanitario di radiologia è responsabile degli atti di sua competenza ed è autorizzato ad espletare indagini e prestazioni radiologiche ed è abilitato a svolgere, in conformità a quanto disposto dalla legge 31 gennaio 1983, n. 25 , in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, su prescrizione medica tutti gli interventi che richiedono l'uso di sorgenti di radiazioni ionizzanti, sia artificiali che naturali, di energie termiche, ultrasoniche, di risonanza magnetica nucleare nonché gli interventi per la protezionistica fisica o dosimetrica. Il tecnico sanitario di radiologia medica: b) programma e gestisce l'erogazione di prestazioni polivalenti di sua competenza in collaborazione diretta con il medico radiodiagnosta, con il medico nucleare, con il medico radioterapista e con il fisico sanitario, secondo protocolli diagnostici e terapeutici preventivamente definiti dal responsabile della struttura. Dagli anni 2000 in poi si sono visti proliferare corsi post-base universitari di specializzazione nei vari ambiti di lavoro, segno di una continua crescita culturale e professionale del tecnico di radiologia medica, non più solo spettatore ma sempre di più attore della crescita della sua professione. 31 2.5 Gestione delle Immagini RIS-PACS Di recente, con l’introduzione di sistemi informatici sempre più complessi, ha visto coinvolti i tecnici di radiologia nella gestione delle immagini mediante l’introduzione di sistemi PACS (Picture Archiving and Communication System). Oltre alla valutazione tecnica dell’ iconografia, che egli stesso produce, al TSRM spettano anche tutte le operazioni che riguardano la gestione delle immagini e cioè: - Elaborazione; - Archiviazione; - Stampa; - Trasmissione; Il sistema informativo radiologico (RIS: Radiological Information System) ha il compito di gestire le informazioni prodotte in un reparto di radiologia e in particolare: - Prenotazione e accettazione dei pazienti; - Gestione della logistica (occupazione, sale, personale, materiale); - Refertazione; - Archiviazione dei referti e link alle immagini PACS; Il PACS è un sistema informativo/informatico integrato con il RIS, per la gestione e l’archiviazione delle immagini diagnostiche digitali nato al fine di dematerializzare le pellicole radiografiche. Sono immediatamente messe a disposizione del Radiologo i precedenti esami eseguiti dal paziente, anche in altra struttura, con la possibilità di confronto diretto. E’ possibile eseguire anche operazioni di post processing sia dei precedenti che sull’esame oggetto di studio (misure di distanza, di densità, di ricostruzioni multiplanari, e altro se disponibile sul sistema di visualizzazione-ricostruzione) I referti e le immagini sono disponibili per la consultazione ai reparti invianti, previa acquisizione o conferma definitiva del referto. Il costo del sistema di archiviazione è compensato dall’eliminazione degli archivi cartacei e dal risparmio sui materiali di consumo. 32 Fig.17 Le componenti di un sistema PACS Vista l’indubbia utilità che ci arriva dalla tecnologia, è importante ricordare che uno degli elementi fondamentali per il completo avvio di un sistema RIS-PACS è la perfetta integrazione del sistema stesso con tutti gli operatori e in particolare con i TSRM tra i cui compiti, vi è la gestione delle immagini prodotte all’ interno del reparto di Radiologia. Data la complessità del sistema è opportuno l’amministratore di sistema, ovvero il tecnico addetto all’allineamento del database, allo spostamento delle immagini od alla loro ri-associazione sia in possesso di idoneo titolo accademico (master di primo livello di Amministratore di Sistema Informatico in Diagnostica per Immagini, con frequenza annuale, e relativo tirocinio formativo). L’introduzione dei sistemi digitali ha richiesto al TSRM lo sviluppo e l’ applicazione di nuove competenze relativamente alla natura, alla comprensione, alla manipolazione e al trasferimento delle informazioni, sia per quanto riguarda il suo settore che per l’intero sistema informativo sanitario. Tale corretta gestione porterà in futuro all’ottimizzazione delle risorse umane e materiali, mediante la tele radiologia sarà possibile erogare servizi sempre più vicini al cittadino, oppure permetteranno consulti rapidi tra vari specialisti coinvolti nel processo di diagnosi e cura, specialmente per le sedi disagiate. Dovranno necessariamente es33 sere adeguate le procedure operative (linee guida e protocolli) e la normativa di riferimento, così da permettere e garantire una sempre maggior efficacia e appropriatezza degli esami diagnostici. 2.6 Il Codice Deontologico del TSRM 2.6.1 Disposizioni generali: Il Tecnico Sanitario di Radiologia Medica è il professionista sanitario responsabile nei confronti della persona degli atti tecnici e sanitari degli interventi radiologici aventi finalità di prevenzione, diagnosi e terapia. Le disposizioni del presente Codice si applicano ad ogni TSRM. Le norme deontologiche, in quanto attengono a doveri generali di comportamento, devono essere osservate dal TSRM in qualsiasi ambito eserciti la propria professione. L'inosservanza di quanto previsto dal presente Codice deontologico e ogni azione od omissione, comunque disdicevoli al decoro o al corretto esercizio della professione, sono punibili con le sanzioni disciplinari previste dalle norme vigenti. Per poter esercitare la sua attività, il TSRM, ovunque operante, deve essere iscritto all'Albo del Collegio professionale competente per territorio. 2.6.2 Principi etici del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica Il TSRM è il professionista che: pone la persona al centro di tutte le attività sanitarie; eroga un servizio alla persona e, nella sua autonomia professionale, valuta, decide ed agisce al solo fine di tutelarne e favorirne la salute attraverso la realizzazione di specifici interventi a finalità preventiva, diagnostica o terapeutica; contribuisce a prevenire e curare la malattia; riconosce che la persona non è destinataria passiva degli interventi sanitari bensì soggetto titolare dei "diritti inviolabili dell’ uomo", a cui spetta un ruolo da protagonista attivo e responsabile nella tutela e promozione della propria salute; in qualità di soggetto attivo nella determinazione della politica professionale e sanitaria, assume un comportamento responsabile nella tutela e salvaguardia del 34 diritto alla salute. E' consapevole che la persona ha diritto ad un accesso agevole a strutture e servizi sanitari e a tal fine, laddove ha facoltà d'intervento, fornisce il suo contributo; nello svolgimento delle attività professionali, è responsabile degli atti compiuti e dei comportamenti assunti, secondo i principi di autonomia e collaborazione; nello svolgimento della sua attività valuta la specificità della persona con particolare riguardo nei confronti di età, sesso, etnia, cultura e valori di riferimento; tenendo atteggiamenti gentili e accoglienti, si pone in ascolto della persona cogliendone sentimenti, opinioni, difficoltà, ansie e dolori, oltre che il significato che essa attribuisce all'intervento radiologico; consapevole che ogni prestazione sanitaria ha come presupposto il rapporto di fiducia tra operatore e persona, garantisce la riservatezza di tutte le informazioni assunte sulla persona ed in particolare di quelle raccolte durante l'anamnesi. Si adopera per il rispetto del diritto all'intimità della persona limitando le situazioni che ne possono procurare il pregiudizio; pone il principio di lealtà alla base dei rapporti interpersonali; nell'esercizio della professione valuta ed agisce sulla base di evidenze scientifiche; verifica costantemente le proprie modalità operative e contribuisce alla definizione e all'aggiornamento di linee guida, protocolli o procedure oltre che dei manuali della qualità. partecipa alla determinazione della politica professionale e sanitaria e si adopera per il miglioramento della sua specifica realtà lavorativa. caratterizza il suo esercizio professionale in modo da garantire l'erogazione di prestazioni sanitarie secondo la migliore scienza ed esperienza. A tal fine, individua come strumenti appropriati la formazione continua, la ricerca e il miglioramento continuo della qualità delle prestazioni sanitarie. Oltre che come discente e docente, partecipa attivamente alla formazione continua attraverso la promozione, la progettazione e la realizzazione di specifici percorsi formativi; di fronte alle molteplici e crescenti questioni etiche poste dalla società, dalla scienza e dalla tecnologia, tra le risposte proposte dai possibili orientamenti di riferimento (etico, scientifico religioso, normativo, professionale, culturale ed economico), opera le scelte comportamentali che meglio tutelano e soddisfano la dignità, la libertà e i bisogni di salute della persona, salvaguardando comunque, per quanto gli è possibile, la promozione di un'offerta sanitaria ispirata a principi di giustizia ed equità; rifiuta l'accanimento diagnostico e terapeutico in quanto lesivo della dignità e della 35 salute della persona nonché contrario all'uso appropriato delle risorse. Allorquando, a suo giudizio, si verifichino ne dà segnalazione; ispira tutte le relazioni che instaura con persone fisiche o giuridiche alla tutela della salute, riconosciuta come bene primario; contrasta i comportamenti e le relazioni incompatibili con il bene primario rappresentato dalla salute. 2.6.3 Rapporti con i TSRM e le altre professioni sanitarie e non Allorquando ravveda che le prestazioni da effettuare siano palesemente dannose per la salute della persona è tenuto a manifestare il proprio convincimento ai medici prescrittori; nei casi di palese richiesta incongrua egli ha diritto di astenersi assumendo la responsabilità della decisione. Cap. 3 La Responsabilità Civile, Penale e Amministrativa 3.1 responsabilità contrattuale ed extracontrattuale In tema di responsabilità civile si è soliti individuare due distinte figure di responsabilità: - Quella contrattuale (che consegue all’inadempimento di un’obbligazione preesistente); - Quella extracontrattuale (la quale scaturisce, quando un soggetto cagiona ad altri un danno ingiusto senza esserne legato da alcun rapporto di tipo contrattualistico). La responsabilità contrattuale, può nascere anche in assenza di un “regolare” rapporto contrattuale; ciò che conta, infatti, è l’esistenza di un rapporto obbligatorio tra danneggiante e danneggiato, il quale, può nascere, anche dalla presenza di una delle altre fonti del diritto, indicate dall’articolo 1173 cod. civ. Nonostante questa suddivisione (contrattuale/extracontrattuale), non mancano casi in cui sorgono problemi interpretativi. Basti pensare alla responsabilità precontrattuale, sulla cui collocazione, la dottrina è divisa in due filoni interpretativi: - Alcuni autori la riconducono nell’area della responsabilità extracontrattuale; - Altri in quella della responsabilità contrattuale. 36 Tale distinzione, non ha un valore meramente teorico, (per cui, tale disciplina è assoggettata a forme che presentano esclusivamente semplici connotati differenti), ma presuppone (benché sussistano norme comuni quali l’articolo 2056 cod. civ.), che, in ordine alla determinazione del risarcimento, si rinvii ai criteri dettati in tema di responsabilità contrattuale. Una fondamentale diversità, fra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, attiene all’ “onere della prova”. Lo stesso si forma: - Nel caso della responsabilità extracontrattuale, per opera del danneggiato (attore), il quale ha l’onere di dimostrare la sussistenza del fatto illecito in tutti i suoi elementi, incluso l’atteggiamento soggettivo dell’autore (colpa o dolo); - Nel caso della responsabilità contrattuale diversamente, l’onere della prova perviene a carico dell’operatore sanitario/ente (convenuto). In ogni caso, l’inadempimento contrattuale, viene giudizialmente ritenuto fino a prova contraria, presumendolo in via generale, esonerando così il paziente/congiunti (attore), dal relativo onere probatorio. Si tratta certamente di una presunzione “azzardata”, in quanto si presuppone che il debitore (sanitario) possa liberarsi da ogni responsabilità solo provando l’assenza della propria colpa. Lo stesso dovrà dimostrare che l’impossibilità di adempiere correttamente è derivata da causa a lui non imputabile. Una ulteriore forma di diversità (rispetto ai comuni canoni attuativo giurisprudenziali), è originata dalla valutazione/quantificazione del danno: - Nella responsabilità extracontrattuale, vanno risarciti tutti i danni (siano essi quelli prevedibili che non prevedibili); - Nella responsabilità contrattuale (quando non si ravvisi il dolo), sono da risarcire solo i danni prevedibili al momento in cui è sorta l’obbligazione. Ulteriore elemento di differenziazione, è poi quello che attiene all’istituto della mora la quale: Nella responsabilità contrattuale non opera mai automaticamente, potendosi configurare una tolleranza del creditore nel ritardo, (oltre i comuni 10 anni); Nella responsabilità extracontrattuale invece essa opera “ex re”, in quanto non è possibile al contrario ammettere alcuna tolleranza (cioè oltre i 5 anni). 37 A completamento di tale distinzione, si evidenzia che, la responsabilità contrattuale trova la propria “ratio” nell’esistenza di un rapporto qualificato, di natura obbligatoria, tra debitore e creditore, non sotteso al rapporto di tipo extracontrattualistico. Vi sono infine conseguenze che ineriscono la disciplina della esclusione di responsabilità. In passato, al riguardo, la dottrina maggioritaria (indirizzata alla accumulazione degli elementi nocumentali) ha subito l’influenza della “regle de non-cumul” (di origine dottrinale francese), in considerazione alla netta separazione tra le diverse categorie contrattuali esistenti. Col tempo, la suddetta separazione dei campi di responsabilità, ha messo in evidenza un forte ridimensionamento/riavvicinamento dei poli di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, i quali risultavano astrattamente distanti tra loro. Quando, nell’agire professionale del sanitario, siano stati omessi i parametri fondamentali del suo “modus operandi”, quali la perizia, la prudenza, la diligenza, in tal caso è possibile parlare di colpa. Altra parte della dottrina al contrario, sostiene la non necessaria presenza di responsabilità extracontrattuale in costanza di quella contrattuale, considerando il fatto che gli interessi delle parti dovrebbero essere soddisfatti dall’art. 1218 cod. civ. e ss. E’ da notare come sia la responsabilità contrattuale che quella aquiliana (extracontrattuale), permangano differenziabili e differenziate concretamente nella nostra giurisprudenza. Il “nesso di causalità”, nell’ambito della responsabilità medica, risulta di notevole interesse al fine di delinearne la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale. “Si va delineando sempre più un sistema sanzionatorio che non mira alla sanzione penale interdittiva, in senso stretto, ma e maggiormente indirizzato alla quantiqualificazione di un corrispettivo economico-aquiliano rispondente al danno subito”. La Cassazione, risulta, al riguardo, sempre maggiormente propensa a “contrattualizzare” il danno fra le parti. L’atteggiamento giurisprudenziale di tipo risarcitorio, ha inevitabilmente influenzato la categoria sanitaria ad instaurare (nell’agire quotidiano), un atteggiamento professionale di tipo “difensivo” 38 3.2 Rilievo dell’equipe multidisciplinare sotto l’aspetto della responsabilità La dottrina giurisprudenziale degli ultimi anni, sulla base dell’evoluzione professionale e multidisciplinare in ambito sanitario, ha posto particolare rilievo (sotto al profilo della responsabilità) al fenomeno dell’équipe multidisciplinare nello svolgimento delle prestazioni sanitarie. È infatti possibile ritenere che, la responsabilità “del medico” sia divenuta responsabilità “medica” in senso ampio, identificando con questo termine l’insieme dell’équipe multidisciplinare e non più il singolo professionista medico. Le prestazioni sanitarie, sono assoggettate a continui fenomeni evolutivi, sia sotto al profilo scientifico che sotto al profilo tecnologico, ciò al fine di rendere migliore la performance assistenziale. Le prestazioni mediche, nella stragrande maggioranza dei casi, non vengono attualizzate da un singolo professionista sanitario, in maniera autonoma, ma bensì da una pluralità di specialisti, i quali interagiscono fra loro all’interno dell’intera organizzazione sanitaria. Alla luce di tali fenomeni è rilevante notare un sostanziale affievolimento della responsabilità del medico. Spesso, il giudice, fatica nell’attribuzione della responsabilità fra gli operatori sanitari (sia civili che penali), in quanto gli stessi vengono coinvolti (a seguito di eventi lesivi a carico del paziente) nel processo assistenziale in maniera “vorticosa”. Il dato certo, è che risulta essere (nel nostro attuale ordinamento), previsto il principio della personalità della responsabilità penale. Inoltre all’interno delle organizzazioni complesse, quali sono gli enti sanitari odierni, la responsabilità è più che mai distribuita fra operatore sanitario e struttura ospitante (soprattutto quella contrattuale e quella extracontrattuale). Varie sentenze hanno suffragato tali concetti, dimostrando come vi sia una forte suddivisione della responsabilità nell’equipe sanitaria e nel coinvolgimento dell’ente nella fase risarcitoria del danno. La stessa Cassazione penale, pronunciatasi, con la sentenza del 12 luglio 2006, n. 33619, ha affermato che: <<..ogni sanitario è responsabile non solo del rispetto delle 39 regole di diligenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte, ma deve anche conoscere e valutare le attività degli altri componenti dell’equipe..>> Questa affermazione (delineata dalla Cassazione), mette in evidenza il dovere di “vicendevole” controllo cui sono tenuti i sanitari, che si trovano a svolgere attività sanitaria in equipe. La responsabilità penale che coinvolge il gruppo professionale sanitario spesso si converte anche in responsabilità civile. Al fine, di mettere in evidenza, eventuali responsabilità dello staff professionale, la giurisprudenza ha deciso di ritenere come parametro di riferimento valido, quello del “professionista” medio. Occorre porre, particolare attenzione, a non confondere la “preparazione media” richiesta ad un “qualsiasi” professionista, rispetto alla “preparazione” media” richiesta al sanitario. Per lo stesso infatti (medico), il margine “minimo” ove si delinea una responsabilità, risulta essere anticipato rispetto ai canoni normalmente utilizzati per altri professionisti. In tema di colpa professionale, nelle “equipes” mediche, ci si trova spesso di fronte a svariate ipotesi di attribuzione della responsabilità fra i vari professionisti sanitari. In conclusione, si vuole mettere in evidenza come il rapporto d’equipe sanitaria risulti espressione, non di una semplice somma di attività professionali, ma un sinergismo fra le stesse. Inevitabilmente tale situazione andrà a creare una inevitabile moltitudine di situazioni di responsabilità fra gli operatori che andranno di volta in volta disciplinate singolarmente. 40 Cap. 4 Il consenso Informato Il consenso informato è divenuta asserzione ricorrente, fino ad essere accolta dal codice di deontologia medica, sia nella versione del 1995 (art. 31), sia in quella del 1998, ove è sancito che “il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l'acquisizione del consenso informato del paziente (…)” (art. 32) che la legittimità del trattamento medico dipende dal “consenso informato” del paziente. La genesi dell’espressione è da rinvenire nella cultura americana e, in particolare, in una sentenza di un tribunale USA, in California, per l’esattezza, che, nel 1957, per la prima volta coniò detto concetto, segnato a rivoluzionare il rapporto tradizionale della cultura etica-medica e, quindi, a divenire uno degli aspetti più controversi della cultura bioetica. Nell’ultimo secolo il potere di intervento del medico si è assistito al formarsi di un potere incondizionato in favore del medico al quale è fatto obbligo non solo di sconfiggere la malattia, ma anche quello di assistere la persona malata. L’evoluzione dell’uomo negli ultimi decenni ha contribuito a ribaltare costumi, concetti, usanze e comportamenti, e in questo nuovo contesto sociale si incardina il concetto di consenso informato, concetto che prende piede non in misura univoca in tutte le Popolazioni del globo, ma in misura diversa ottenendo un maggior e più incisivo riconoscimento in quelle Società occidentali che hanno uniformato il patto sociale a criteri di democrazia e solidarietà. L’obbligo del consenso informato mira ad accrescere il potere dei pazienti nei confronti dei medici e, quindi, in primis, mira a ridurre considerevolmente quello spazio di potere e conoscenza che, prima, per convenzione, era stato rimesso nelle mani di pochi. Il consenso informato si presente quindi quale strumento fondamentale del movimento di autonomia del paziente, tanto che oggi, sulla scorta della conseguita garanzia di tutela legale, si presente quale valido strumento per addirittura rifiutare il trattamento medico. Acquisita così la necessità di prestare, in via preventiva, la propria conoscenza ed il proprio sapere per spiegare al paziente la malattia che lo affligge e, quindi, la portata ed utilità del trattamento terapeutico ritenuto efficiente, v’è da rilevare che l’accostamento dell'aggettivo “informato” al concetto di consenso sottende una nuova concezione del rapporto tra medico e paziente, che ambisce a superare la visione del 41 medico quale soggetto gravato dal dovere di curare, ma fornito, per contro, di un potere incondizionato circa la scelta terapeutica e le sue modalità di attuazione, sindacabili, da tale angolazione, solo sotto il profilo della conformità ai dettami della scienza. Il “consenso informato” mira cioè a porre al centro dell'attenzione del medico non tanto, o non soltanto, la malattia, ma la persona bisognosa di cure; cosicché, ai doveri di informazione del medico corrisponde oggi la figura del malato partecipe, che può considerare l'informazione come un suo diritto irriducibile e non più come una gentile concessione. 4.1 Disciplina Legale del Consenso Informato Da quando si parla di consenso informato, è stato sancito l’obbligo, per il medico, di ottenere uno specifico assenso all’atto medico in tutti quei casi, in cui, in altre fattispecie diversa da quella del trattamento terapeutico, si sarebbero perfezionati specifici reati. Detto obbligo trova riscontro nella stessa Carta Costituzionale, all’art. 32, II capoverso, dove si afferma: “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” e che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. L’art. 13 Costituzione sancisce che “la libertà personale è inviolabile” e che “non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione, o di perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”. Un altro chiaro e più espresso riferimento alla necessità di munirsi preventivamente del consenso dell’ assistito è contenuto nell’art. 50 del codice penale che, in tema di ”consenso dell’avente diritto” così recita: “non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, con il consenso della persona che può validamente disporne”. Pertanto, sulla base di quanto la dottrina medico-legale ha ampiamente discusso sulla materia, è da ritenere ormai pacifico che per essere giuridicamente valido il consenso della persona assistita deve qualificarsi come informato, esplicito, libero, autentico e immune da vizi. Il paziente, in generale non è un esperto di medicina per cui l’informazione che deve riceve dal medico, deve essere semplice e comprensibile oltre che personalizzata al livello di cultura, esauriente nel senso che deve chiarire o rispondere a tutti i dubbi o le richieste dell’ assistito. L’informazione deve essere veritiera, serena ed emotivamente 42 equilibrata, sorretta da speranza e controllato ottimismo; comunque in rapporto con la reattività del paziente, potrà essere valutata l’opportunità di non rivelare al malato o di attenuare una prognosi grave o infausta, nel qual caso questa dovrà essere comunicata ai congiunti. In ogni caso la richiesta dei familiari di fornire al paziente informazioni non veritiere non è vincolante per il medico. Nella disciplina italiana, compare in talune fonti che pongono l’obbligo del consenso informato per specifiche attività sanitarie, tra le quali possono qui ricordarsi il D.M. 15.7.1997, recante “Recepimento delle linee guida dell'Unione Europea di buona pratica clinica per la esecuzione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali”; il D.M. 6.11.1998, recante “Composizione e determinazione delle funzioni del Comitato Etico Nazionale per le sperimentazioni cliniche dei medicinali”; il D.P.R. 23.7.1998, recante “Approvazione del Piano Sanitario Nazionale per il triennio 1998-2000”, ove si afferma che “la possibilità di una scelta consapevole tra diverse opzioni diagnostiche e terapeutiche da parte dell'utente implica che l'informazione divenga uno degli aspetti decisivi nel rapporto tra Sistema Sanitario Nazionale e cittadini”. La transizione da una concezione paternalistica ad una concezione democratica dell'assistenza sanitaria incontra ancora molti ostacoli, sia sul versante delle professioni sanitarie sia su quello degli utenti. Comunque sia di ciò, preme sottolineare che il “consenso informato, correttamente formatosi ha il fine di legittimare l'intervento clinico, che, altrimenti, sarebbe illecito, perché lesivo del diritto soggettivo del paziente alla sua integrità psicofisica. Acquisito dunque che l’attività medica può ritenersi legittimamente esercitata solo in presenza di un consenso adeguatamente informato del paziente, occorre ora stabilire quali sono i requisiti di validità del consenso del paziente, aspetto su cui il dibattito, per la già evidenziata mancanza di una disciplina di riferimento, manifesta valutazioni divergenti e soluzioni spesso contrastanti. Volendo elencare dei requisiti su cui vi è maggiore condivisione, può dirsi che un consenso informato legittimamente valido: A) deve assicurarsi l’istruzione del paziente in ordine ai seguenti aspetti: - al problema o, ancor meglio, alla diagnosi della malattia; - all’intervento consigliato, con in evidenza benefici e rischi connessi alla scelta del trattamento ed al suo rifiuto. B) deve essere: 43 - espresso: non può essere desunto per facta concludentia e non è sufficiente se tacito, pur non occorrendo formule sacramentali; è comunque preferibile che avvenga per iscritto, non solo perché in tal modo, in caso di contestazione, il medico è in grado di dimostrare agevolmente la sussistenza del consenso (tanto più che sono stati espressi dei dubbi circa l’ammissibilità della prova testimoniale di colleghi del medico cui venga contestato l’inadempimento dell’obbligo informativo, specialmente se lavorano nello stesso servizio), ma anche perché, verosimilmente, risulterà di maggior semplicità l'apprendimento, da parte del paziente, delle numerose informazioni che il medico è tenuto a fornire; può essere qui segnalato come sia invalsa la regola, anche nella prassi ospedaliera, di impiegare la modulistica prestampata per acquisire il consenso: è evidente che il ricorso al modulo o all'atto scritto assolve alla regolare acquisizione del consenso solo quando essi riproducano, sia pure per sintesi, i termini del colloquio informativo che effettivamente il sanitario abbia avuto con il paziente, non potendo pensarsi di assimilarlo ad una sorta di “lasciapassare” o di “nulla-osta”, frettolosamente fatto siglare al paziente; è riduttivo identificare il dovere di informazione con la mera sottoscrizione di un questionario standard da parte del paziente; è certamente più congruo raffigurare la condotta informativa del medico nei termini di un dialogo cooperativo; - personale: essendo espressione di autodeterminazione terapeutica, non appare ammissibile alcuna forma di rappresentanza, cosicché non può che provenire dalla persona che ha la disponibilità giuridica del bene protetto, vale dire il paziente, nessuna efficacia giuridica potendo essere riconosciuta alla volontà di terzi o degli stessi familiari (tranne che nell'ipotesi di esercizio della tutela o della potestà dei genitori, rispettivamente per il paziente incapace e per il paziente minore degli anni diciotto), i quali familiari, tuttavia, con la loro testimonianza, potrebbero semmai contribuire a chiarire la volontà del paziente; in questa situazione, la dichiarazione dei parenti non assumerebbe un valore vicario del consenso personale, ma potrebbe acquisire al più una funzione probatoria, se non puramente confermativa, della volontà del paziente precedentemente espressa; - consapevole nel momento in cui viene espresso, il paziente deve essere capace di intendere e di volere; sul punto rileva ricordare che in dottrina taluno 44 esprime forti dubbi sulla validità del consenso anche allorquando lo stesso risulti formatosi in presenza di sofferenza acute; - libero: deve essere immune da coartazione, inganno o errore, e non deve essere contrario all'ordine pubblico ed al buon costume; in ogni caso, il consenso non è insindacabile né è traducibile in arbitraria volontà di fare del proprio corpo ciò che si desidera; è, invece, un consenso finalizzato alla preservazione od al recupero della vita, oltre ché del benessere fisico e psichico; - preventivo: deve precedere l'avvio del trattamento ed è suscettivo di revoca, con la precisazione che, se non vi è dubbio che la revoca sia sempre vincolante quando interviene prima che abbia inizio il trattamento, più problematica appare la validità della revoca che sopraggiunge durante lo svolgimento dello stesso: in quest'ultimo caso, infatti, può accadere che la revoca del consenso, magari dettata dalle sensazioni di dolore procurate dalla terapia, non corrisponda all'intima volontà del paziente e soprattutto determini una situazione di rischio per la sua salute, addirittura maggiore di quella in cui questi versava prima che avesse inizio l'attività medica; - specifico: deve riferirsi ad uno specifico scopo, vale a dire unicamente alla prestazione che viene prospettata al paziente; il che vuol dire, innanzitutto, che un intervento diverso da quello consentito non è legittimato, salvo che nei limiti in cui venga a configurarsi una situazione riconducibile allo stato di necessità; né pare potersi però escludere la validità di una manifestazione di volontà adesiva a più largo raggio, o anche a raggio indeterminato, come può verificarsi allorché, informato dal medico della eventualità della possibile individuazione, nel corso della operazione, di ulteriori patologie allo stato non diagnosticabili, il paziente acconsenta preventivamente all'intervento anche relativamente ad esse; ciò che rimane importante, nello spirito della regola del consenso, è che il paziente esprima cognita causa la sua volontà, che potrebbe allora ben essere anche quella di rimettersi totalmente alle valutazioni ed alle decisioni del medico, attesa la assoluta personalizzazione del rapporto fiduciario; peraltro, nel caso di trattamenti terapeutici ciclici, cioè quelle attività mediche che richiedono la ripetizione in un dato arco temporale di attività mediche analoghe, aventi i medesimi fattori di rischio, una volta espresso sulla base di un'informazione com45 pleta e relativa allo svolgimento dell'intera terapia, il consenso iniziale non deve essere di volta in volta rinnovato, anche ove il medico, che esegue una fase della terapia, sia diverso da quello che all'inizio del trattamento ha ricevuto il consenso espresso. C) deve essere esente da vizi e, quindi: - deve essere prestato da soggetto maggiore di età, capace di intendere e di volere; - deve essere prestato dai genitori (capaci di intendere e di volere) del minore, se indirizzato a persona minorenne; - deve essere prestato dal Giudice tutelare, ovvero dall’amministratore di sostegno, nel disaccordo dei due genitori: - il contratto terapeutico deve riguardare un bene disponibile; - il rapporto tra i due contraenti (medico e paziente) deve essere improntato alla buona fede; - il consenso si intende revocabile per definizione in qualsiasi momento del rapporto; - il consenso deve essere esente da vizi e/o non deve essere avvilito da scorretta informazione; - per la corretta formazione del consenso informato occorre il pedissequo rispetto del protocollo diagnostico e terapeutico concordato (pena, l’impossibilità di valutazione) e, quindi, l’accertamento della assenza di vizi sul modo in cui il consenso è stato prestato e sulla sua interpretazione. Qualora l'attività sanitaria si articoli in varie fasi, ciascuna delle quali presenti rischi specifici e distinti (si pensi alla sequela: accertamenti diagnostici, pratica di anestesia, intervento chirurgico), il consenso dovrà essere acquisito dal sanitario preposto ad ogni singola fase. 46 4.2 Eccezioni Il medico può legittimamente rifiutarsi di ottenere un valido consenso informato in presenza di alcune scriminanti, ovvero in presenza di taluni comportamenti che, in se e per sé, conferiscono alla pratica medica il requisito della legittimità anche in assenza di consenso informato. I comportamenti e lo stato di cose possono essere raggruppati in tre grandi eccezioni: L’eccezione emergenza legittima il medico alla valida pratica medica nel caso in cui il sanitario non abbia rivenuto un consenso informato per le condizioni di salute del paziente che, per esempio, potrebbe mostrare uno stato di shock incompatibile ad uno stato di salute che possa rendere il paziente astrattamente idoneo a riversi quelle informazioni volte al formarsi del consenso informato. L’eccezione rinuncia legittima il medico alla valida pratica medica nel caso in cui il sanitario abbia ricevuto da parte del paziente competente specifiche istruzioni in tale senso. L’eccezione privilegio terapeutico legittima il medico alla valida pratica medica nel caso in cui il sanitario ritenga che la comunicazione potrebbe portare grave nocumento al paziente. Trattasi di una eccezione puramente dottrinale che, dal punto di vista pratico, non ha trovato applicazione atteso che, detta eccezione ben può essere ricompresa nella prima, eccezione emergenza, limitandosi l’applicazione di detta ultima eccezione, sempre allo stato teorico, al caso del paziente, malato di psicosi instabile che, sebbene al momento possa apparire vigile ed orientato, potrebbe ricevere grave nocumento e danno per le informazioni ricevute dal sanitario. 47 cap. 5 Dottrina, articoli apparsi su Quotidiano Sanità , Sentenze 5.1 Dottrina RESPONSABILITÀ CIVILE - Professionisti - medici e paramedici Autore: Landuzzi Fabrizio, Taroni Francesco, Cicognani Alberto, Cimino Luca Gli Autori analizzano, alla luce della normativa vigente, gli ambiti di competenza propri del medico specialista dell'area radiologica e del tecnico sanitario di radiologia medica (TSRM) in relazione ai vari processi costitutivi l'atto radiologico. In particolare viene sottolineata la necessità di porre la massima attenzione affinché quest'ultima figura sanitaria non tenga condotte operative non conformi alle norme vigenti, soprattutto attuando valutazioni individuali o circostanziali proprie di una attività diagnostica che, in quanto tale, rimane di esclusiva competenza medica. Una rivisitazione delle aree di competenza si impone in conseguenza della non ulteriormente procrastinabile piena applicazione delle vigenti normative in materia di radioprotezione (d.lgs. 187/2000) che di fatto precludono al Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (TSRM) la possibilità di "effettuare direttamente, su prescrizione medica anche in assenza del medico radiologo i radiogrammi relativi agli esami radiologici dell'apparato scheletrico, del torace e dell'addome, senza mezzi di contrasto, secondo le indicazioni di carattere generale preventivamente definite dal medico radiologo, sia nel servizio radiologico centralizzato che nelle strutture decentrate", attività queste considerate invece proprie di tale figura secondo i disposti del 1968, riconfermati nel 1983 e indirettamente richiamati nel 1994, pur se tramite un riferimento mansionariale poi abrogato nel 1999. Riv. it. medicina legale (dal 2012 Riv. it. medicina legale e dir. sanitario) 2008, pag. 1301, fasc. 6 Data: 01 dicembre 2008 Questo articolo riferisce a sostegno della tesi, anche la traduzione (secondo molti capziosa) della direttiva europea 97/43/Euratom, inserita all’interno della Legge 187/2000. 48 5.2 Il caso Marlia-Barga IL GIURISTA PROF. LUCA BENCI DEL 6 OTTOBRE 2014, APPENA USCITA LA SENTENZA DI ASSOLUZIONE LA COMMENTAVA COSÌ: Caso Marlia: la giusta assoluzione di tecnici e medici A Marlia, dunque, è finita come doveva finire. Ricordiamo la vicenda. In una “casa della salute” dell’azienda sanitaria di Lucca l’organizzazione prevedeva la sola presenza dei tecnici sanitari di radiologia medica per l’effettuazione di esami radiologici “di base”. Il medico refertava a distanza: nel caso di specie con la teleradiologia attraverso il sistema Ris-Pacs. I campi di imputazione erano per i medici “Rifiuto di atti d’ufficio, ex art. 328 cp, perché nella loro qualità di direttore sanitario e di direttore della radiologia “indebitamente rifiutavano di garantire la presenza stabile del medico radiologo per lo svolgimento di esami radiologici che imponevano la presenza del medico specialista”. Per medici e tecnici “esercizio abusivo della professione di medico specialista ex art. 348 cp perché in concorso consentivano l’esercizio della professione di medico specialista effettuando abitualmente esami radiologici in assenza del medico specialista e svolgendo compiti esclusivi dello specialista quale l’inquadramento clinico anamnestico, la giustificazione dell’esame proposto e l’informativa per il consenso”. Inoltre “violazione degli artt. 3, 10 e 14 perché tramite le condotte riportate violavano gli obblighi di cui all’art. 3 in tema di giustificazione delle esposizione alle radiazioni” e omettevano di effettuare una accurata anamnesi allo scopo di accertare se le donne fossero in stato di gravidanza. Mi rendo conto dell’ineleganza dell’autocitazione operazione che trovo generalmente insopportabile e autoreferenziale. Questa volta è dovuta. Ero già intervenuto, proprio in queste pagine, sull’argomento specificando nel dettaglio i concetti di abusivismo, esclusività delle prestazioni, liceità dell’esercizio professionale. La mia conclusione era stata: “non si può parlare di esercizio abusivo di professione medica per un tecnico sanitario di radiologia medica che in ossequio alla normativa di esercizio professionale utilizzi apparecchiature dietro prescrizione e in assenza del medico specialista”. Non posso non notare che è del tutto in linea con quanto poi hanno correttamente deciso i giudici lucchesi: “non vi è stato alcun esercizio dei compiti propri del medico specialista in radiologia, alcuna indebita invasione di campo, men che meno sotto il profilo del dolo, bensì il corretto e ordinario svolgimento dei compiti loro propri”. Il fatto sembrava del tutto pacifico. Non era così: all’epoca ho dovuto rispondere a difese aprioristiche di interpretazioni regressive delle normative di esercizio professionale che prendevano spunto da documenti di un associazionismo sindacale che non si rende conto del cambiamento dei tempi e delle normative di esercizio professionale. L’abilitazione professionale del tecnico di radiologia a svolgere esami radiologici dietro prescrizione medica – senza mezzo di contrasto – è chiarissima da sempre. 49 Brandire strumentalmente la normativa sulla radioprotezione è atteggiamento non corretto, giuridicamente infondato come le motivazioni del tribunale di Lucca hanno, del tutto prevedibilmente, correttamente dimostrato. Caduto questo assunto si sono sciolti come neve al sole gli altri – gravi nel caso del rifiuto di atti d’ufficio per i medici – atti di imputazione conseguenti. La vicenda giudiziaria quindi si chiude. Rimane la ferita aperta e alimentata da una parte del mondo professionale – specificamente una parte dei medici radiologi – che hanno cercato di strumentalizzare un’assurda controversia giudiziaria al fine di trovare una soluzione ai problemi di rapporti interprofessionali che dovrebbero, in un sistema a soggetti maturi, trovare soluzione proprio nel confronto tra le professioni. 14 ottobre 2014 Caso Marlia. Lucà: "Creazione di nuovi modelli non è garanzia di sicurezza" Secondo il segretario del Sindacato nazionale radiologi la vicenda della provincia di Lucca rischia di diventare " un pretesto per demolire le competenze di ruolo, delegittimando compiti e specificità dei medici radiologi". Così replica alle recenti posizioni espresse da Beux e dai sindacati. 15 ottobre Caso Marlia. Anche i medici radiologi hanno le loro responsabilità Gentile Direttore, il 14 ottobre è iniziato il dibattimento per il caso Marlia, contestualmente si è svolto l’incontro tra i rappresentanti della Federazione Nazionale i Collegi regionali e rappresentanti politici toscani e nazionali, con la presenza di un foltissimo gruppo di colleghi da varie regioni. Tutti si auspicano la migliore soluzione di questo caso, dando alla magistratura il massimo della fiducia, ma nel caso che i colleghi vengano Di condannati conseguenza è chiaro potrebbe che tutti esserci quanti la noi paralisi siamo colpevoli. del sistema. Rispetto l’ennesima puntualizzazione del sindacato dei medici radiologi penso che occorre essere un pochino più onesti. Solo pochi giorni fa si leggeva dell’ennesimo grido d’allarme della Sirm che denunciava, se non sbaglio, che un esame su tre fosse da ritenersi inutile. Quindi chi meglio del medico radiologo può migliorare questo rapporto? Ogni richiesta, anche interna non solo ambulatoriale, dovrebbe essere giustificata e quindi il medico radiologo potrebbe negarne anche l’esecuzione. Quante volte accade? 50 17 ottobre Tsrm/1. Guardiamo oltre i casi “Marlia e Barga” Gentile Direttore, l’articolo del dottor Lucà recentemente pubblicato su QS richiede degli approfondimenti che ci permettiamo di sottoporre all’attenzione dei lettori premettendo che non desideriamo entrare nel merito specifico dei casi Marlia e Barga dei quali conosciamo il quadro generale, ma non i dettagli. Citiamo il virgolettato del dottor Lucà: “Non vorremmo che il caso della provincia di Lucca dove si faceva un uso improprio della teleradiologia, lasciando ai tecnici il compito di svolgere da soli esami diagnostici che venivano poi inviati telematicamente a un radiologo, diventasse un pretesto per demolire le competenze di ruolo, delegittimando compiti e specificità dei medici radiologi”. Sul rapporto ISTISAN 10/44 “Linee guida per l’assicurazione di qualità in teleradiologia” si legge che “Per telegestione si intende la gestione di un esame radiologico da parte di un medico radiologo, distante dal luogo di esecuzione dell’esame, che si avvale della collaborazione del medico richiedente (rapporto formale tra due medici) e del TSRM, presenti sul luogo dell’esecuzione dell’esame con i quali comunica, in tempo reale, per via telefonica e/o telematica. La telegestione si completa con la telediagnosi formalizzata dal referto con firma digitale validata dal radiologo responsabile della telegestione. La telediagnosi rappresenta la fase ultima dell’atto clinico radiologico e della diagnosi radiologica effettuata su immagini provenienti da sedi remote intra od extra-ospedaliere.” Il capitolo successivo “Ambiti e criteri di applicabilità della telegestione” definisce quanto segue. “La telegestione può essere applicata a livello: - Intraospedaliero - Intra-aziendale …Per chiarire meglio i contesti organizzativi si precisa che la telegestione può trovare giustificazione: a) In procedure intra-presidio ospedaliero. Quando una UO di radiologia opera in più sedi è possibile che l’organizzazione preveda che parte dell’attività sia svolta in parte della giornata in una di tali sedi da uno o più TSRM. Il TSRM riceve formale delega (no, comment! Scusate lo sfogo!) dallo specialista ad operare per alcune tipologie di esame e ricorre al parere dello specialista stesso per le procedure previste dalla telegestione (o tele management) al fine della 51 informativa e della giustificazione. Ai fini della refertazione a distanza è assolutamente auspicabile che l’organizzazione disponga di un sistema RIS-PACS, in modo che il medico che deve redigere i referti possa disporre liberamente anche di tutta la documentazione iconografica, recente o pregressa, dei vari pazienti.” Chi è interessato può tranquillamente leggere la restante parte del documento redatto, tra l’altro, da esimi cattedratici di area radiologica. Ci sembra di capire, però, che le linee guida prevedano già oggi una possibilità organizzativa in merito alla radiologia ove non vi sia la presenza contestuale di medico radiologo e tecnico radiologo specificando anche il campo di applicabilità che non si evince essere legato unicamente all’emergenza (stato di necessità). A questo punto ci si domanda quali fondamenti abbia l’affermazione del dottor Lucà quando attribuisce al Presidente Beux e ai sindacati “attacchi contro le regole e il sistema vigente”. Non siamo, infatti, a conoscenza di normativa (sottolineiamo normativa professionale o sanitaria e non documenti di categoria spesso autoreferenziali) dove si sancisca l’obbligatorietà della contestuale presenza di radiologo e tecnico di radiologia nello svolgimento di qualsiasi esame radiologico. Ci si domanda, poi, a quale linea guida dell’ISS si riferisca il dottor Lucà perché quella che citata (del 2010) non dice assolutamente che la teleradiologia debba essere utilizzata unicamente per le “urgenze indifferibili”. Non è che il dottore faccia confusione con qualche precedente documento SIRM? Ad esempio il documento SIRM 2009 “La radiologia e l’urgenza/emergenza” (19 giugno 2009, pagina 21)? Su una cosa il dottor Lucà ha, però, ragione. La nuova direttiva europea sulla radio protezionistica conferma nella sostanza quella precedente. Peccato che tra lo spirito della direttiva europea vecchia (e nuova) ed il recepimento italiano (D.Lgs. 187) ci siano delle piccolissime incongruenze (piccole, eh! Ma il diavolo si sa si nasconde proprio lì!). Tutto ruota attorno ad una definizione contenuta nell’articolo 2 (quella di “practitioner”) e agli articoli 3 (giustificazione) e 5 (responsabilità). Non resta, quindi, che andare a leggere cosa dice la direttiva europea nella sua versione originale (scritta in inglese) alla voce “practitioner”: a medical doctor, dentist or other healt professional, who is entitled to take clinical responsibility for an individual medical exposure in accordance with national requirements. 52 Traduzione: medico, dentista o altro professionista sanitario che è titolato a prendere la responsabilità clinica per le esposizioni mediche individuali in conformità con i requisiti nazionali. Ovviamente gli anglosassoni non hanno avuto problemi circa la traduzione della definizione (e della direttiva in generale) tant’è che nella linea guida sulla giustificazione dell’esame il “The Royal College of Radiologist” (quello al quale dobbiamo le linee guida sull’appropriatezza delle prestazioni) non si fa problemi a scrivere: A practitioner is defined as a registered medical or dental practitioner or other health professional who is entitled to take responsibility for an individual medical exposure. Practitioners might include radiologist,radiographers, cardiologists, surgeons or other. http://www.rcr.ac.uk/publications.aspx?PageID=310&PublicationID=2#anchor143398 Per gli anglosassoni , quindi, il practitioner può essere anche il tecnico radiologo (formato ovviamente, ma per gli inglesi tutti i “giustificatori” devono essere formati). Colpisce come nell’elencazione il radiographers venga dopo il radiologo, ma prima dei cardiologi, chirurghi e altri. In Italia la definizione sopra citata è stata recepita nel modo seguente: Specialista: il medico chirurgo o l’odontoiatra che ha titolo per assumere la responsabilità clinica per le esposizioni mediche individuali ai sensi dell’articolo 7, commi 3 e 4. “Practitioner” è diventato specialista e gli “altri professionisti sanitari” sono scomparsi. L’articolo 7 comma 3 definisce, poi, che lo specialista a cui si fa riferimento è il radiologo e il 4, riferendosi alla radiologia complementare, l’odontoiatra e il medico chirurgo. Si domanda, quindi: quando il dottor Lucà parla di direttiva europea intende effettivamente lo spirito, la formulazione e il contenuto di quella europea o il recepimento italiano? Si sottolinea, comunque, il fatto che, nonostante il recepimento italiano, la citata direttiva ISTISAN trova nella attuale normativa le possibilità di attuare la teleradiologia, seppur ancora con qualche paletto di troppo, con uno spirito un po’ più europeo. TSRM Massimiliano Paganini TSRM Roberto Di Bella 53 5.3 Somministrazione di mezzi di contrasto Come è noto, nell’ambiente sanitario, i cd mezzi di contrasto (mdc) o agenti di contrasto sono sostanze capaci di migliorare il modo in cui una parte anatomica sottoposta ad osservazione (analisi) appare o risulta evidenziata all’occhio del sanitario. Le predette sostanze aumentano il contrasto di un organo, di una lesione o di qualsiasi struttura rispetto a ciò che la circonda, tanto da rendere visibili o migliorare l’individuazione di dettagli che diversamente non potrebbero essere osservati. I mdc sono utilizzati nell’ambito di diverse tecniche; nel campo della radiologia tradizionale e della tomografia computerizzata la formazione dell’immagine radiografica è ottenuta con l’utilizzo di mdc a base di iodio e bario; sfruttando la diversa attenuazione che il fascio di raggi x presenta nell’attraversare i distretti anatomici; diversamente, nell’imaging a risonanza magnetica i parametri che influenzano il segnale sono legati non solo alla densità protonica, ma soprattutto al rilassamento protonico, tanto che i prodotti utilizzati (gadolinio, ossido di ferro) sono in grado di incrementare sensibilmente il contrasto fra tessuto normale e tessuto patologico. In radiologia i mdc sono sostanze (rientrando nella definizione di medicinale secondo il contenuto del D. Lgs. 24 aprile 2006, n. 219), utilizzate non solo ai fini delle peculiari proprietà farmacologiche, ma soprattutto in funzione delle loro caratteristiche radiodiagnostiche, in quanto sostanze che consentono di studiare meglio tessuti, organi, distretti e patologie, in relazione alla loro radiopacità allorquando scorrono all’interno di vasi o in funzione dell’impregnazione delle strutture poco sopra citate; come è noto, ferma restando la variazione del dosaggio del mdc in funzione delle condizioni cliniche del paziente, i volumi, ovvero i flussi, ovvero le fasi di impiego dei mdc, dipendono dal distretto, dall’organo e dalla patologia oggetto di studio. In modo più circostanziato possiamo indicare come i mdc sono utilizzati in diverse metodologie di studio e secondo differenti tecniche: in radiologia tradizionale si usano sostanzialmente mdc baritati dei quali si sfruttano le capacità di attenuazione del fascio radiante e mdc iodati, che all’assorbimento delle radiazioni x, associano informazioni legate all’impregnazione e al wash-out di organi e tessuti (esempio nell’esame urografico); La competenza sulla somministrazione dei farmaci con finalità diagnostiche in ambito radiologico viene distinta a seconda della sostanza da somministrare. 54 Concentreremo la nostra attenzione sui radiofarmaci. Partiamo dalla definizione di medicinale data dalla normativa vigente. L’articolo 1, comma 1, lettera a) del D.Lgs 24 aprile 2009, n. 219 “Attuazione della direttiva 2001//83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE) definisce come “medicinale”: ogni sostanza o associazione di sostanze che può essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica. Sempre lo stesso articolo definisce i radiofarmaci e i radionuclidi e, non anche, i mezzi di contrasto in generale. Radiofarmaco: qualsiasi medicinale che, quando è pronto per l’uso, include uno o più radionuclidi (isotopi radioattivi) incorporati a scopo sanitario; Generatore di radionuclidi: qualsiasi sistema che include un radionuclide progenitore determinato da cui viene prodotto un radionuclide discendente che viene quindi rimosso per diluizione o con qualsiasi altro metodo ed usato in un radiofarmaco; kit: qualsiasi preparazione da ricostituire o combinare con radionuclidi nel radiofarmaco finale, di solito prima della somministrazione; Precursore di radionuclidi: qualsiasi altro radionuclide prodotto per essere utilizzato quale tracciante di un’altra sostanza prima della somministrazione. Ricordiamo che l’ambito radiologico è uno dei pochissimi campi che possiamo definire “medico-specialistici” e che trovano, nel campo dell’esercizio professionale, limitazioni all’interno dello stesso campo medico (non specialista). Oltre alle norme sull’esercizio professionale, troviamo la normativa sulla radioprotezione che attribuisce la responsabilità clinica complessiva allo specialista in radiologia (da non confondersi con il medico prescrivente che può essere qualunque medicochirurgo o odontoiatra). L’articolo 2 del D.Lgs 26 maggio 2000, n. 187 “Attuazione della direttiva 97/43/Euratom in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericolo delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche” definisce il concetto di “responsabilità clinica” che riportiamo testualmente: 55 responsabilità clinica: la responsabilità riguardo a esposizioni mediche individuali attribuita ad uno specialista. In particolare: giustificazione; ottimizzazione; valutazione clinica del risultato; cooperazione con altri specialisti e con il personale eventualmente delegato per aspetti pratici; reperimento di informazioni, se del caso, su esami precedenti; trasmissione, su richiesta, di informazioni radiologiche esistenti o di documenti ad altri medici specialisti o prescriventi; informazione dei pazienti e delle altre persone interessate, se del caso, circa i rischi delle radiazioni ionizzanti. Per “personale eventualmente delegato per aspetti pratici” si intendono le figure professionali del tecnico sanitario di radiologia medica, dell’infermiere e dell’infermiere pediatrico a norma dell’articolo 5 dello stesso decreto legislativo. Vi è inoltre da tracciare il concetto e la definizione di “aspetti pratici” che sono da intendersi come: “le azioni connesse ad una qualsiasi delle esposizioni di cui all’articolo 1, comma 2, quale la manovra e l’impiego di attrezzature radiologiche, e la valutazione di parametri tecnici e fisici, comprese le dosi di radiazione, la calibrazione e la manutenzione dell’attrezzatura, la preparazione e la somministrazione di radiofarmaci e lo sviluppo di pellicole”. Per quanto attiene, rispetto agli aspetti pratici, alla responsabilità leggiamo al comma 3 dell’articolo 5 decreto radioprotezione che: Gli aspetti pratici per l’esecuzione della procedura o di parte di essa possono essere delegati dallo specialista al tecnico sanitario di radiologia medica o all’infermiere o all’infermiere pediatrico, ciascuno nell’ambito delle rispettive competenze professionali. A titolo esemplificativo e non esaustivo la suddivisione delle competenze tra le varie figure possono essere ricondotte, nell’ambito delle competenze professionali riconosciute dall’ordinamento, ai tecnici sanitari di radiologia medica le azioni connesse alle manovre e all’impiego di attrezzature radiologiche, la valutazione di parametri tecnici e fisici, calibrazione mentre possono essere ricondotte all’infermiere e all’infermiere pediatrico, il primo per tutte le età il secondo limitatamente all’ambito pediatrico, la somministrazione di radiofarmaci. Quest’ultima quindi come attività medico-specialistica da attribuirsi agli infermieri come attività delegata. Non tutte le somministrazioni di mezzi di contrasto, dunque, ma solo per i radiofarmaci. Per gli usuali mezzi di contrasto l’attività dell’infermiere è legittimata direttamente dalle norme di esercizio professionale. 56 Per i radiofarmaci, invece, attività medico-specialistica che può essere delegata. Siamo in una sorta di un unicuum normativo: la delega di funzioni in genere non accettata nel nostro ordinamento di esercizio professionale trova qui la sua eccezione. Un’ultima precisazione: la somministrazione di mezzi di contrasto, siano essi o meno radiofarmaci, non rientra, neanche come attività delegata, nelle competenze della figura del tecnico sanitario di radiologia medica, stante il diverso ambito di attività e responsabilità. I RADIOFARMACI IN MEDICINA NUCLEARE: VALUTAZIONE DEL RISCHIO RADIOBIOLOGICO DA STRAVASO SOTTOCUTANEO IN CORSO DI SOMMINISTRAZIONE ENDOVENOSA Preso lo spunto dalla prima causa civile promossa recentemente in Italia, per valutare un presunto danno radiobiologico loco-regionale (a seguito di stravaso sottocutaneo di una frazione di dose di un radiofarmaco iniettato endovena per una scintigrafia scheletrica), gli AA hanno redatto un'ampia rassegna critica atta ad inquadrare i presupposti dottrinari di un'eventuale valutazione medico-legale del rischio radiobiologico da deposizione accidentale intradermica di piccole quantità di un radiofarmaco. Sono stati trattati i paragrafi più pertinenti all'argomento generale: dall'illustrazione dei settori d'applicazione dei radionuclidi e radiofarmaci in Medicina Nucleare, all'esposizione generale delle reazioni avverse derivate dall'introduzione nell'organismo di sostanze radioattive a scopo diagnostico o terapeutico. Particolare attenzione è stata dedicata agli effetti radiobiologici da radiofarmaci depositati accidentalmente nel tessuto sottocutaneo. Sono stati considerati i due aspetti principali del problema: la radiotossicità del radionuclide e la biocinetica del radiofarmaco; questi due fattori infatti (oltre all'entità dello stravaso accidentale) configurano la possibilità del danno radiobiologico in funzione rispettivamente dell'energia radiante rilasciata al tessuto e del tempo di permanenza del radionuclide nel volume di tessuto considerato. I dati epidemiologici e sperimentali da un lato e le conoscenze di radiobiologia dall'altro consentono generalmente di ritenere irrilevante il rischio di danno radiobiologico loco-regionale per stravaso accidentale di frazioni di radiofarmaci marcati con99mTc, che sono quelli più comunemente utilizzati nella pratica medico nucleare. Alcuni radionuclidi ad elevata radiotossicità (131I, 67Ga, 201Tl), specialmente 57 se usati a scopo terapeutico (131I), meritano invece una maggiore attenzione in fase di introduzione in vena per evitare ogni stravaso, dato il possibile rischio radiobiologico dovuto al loro spettro energetico. 58 Cap. 6 Casi di mancata applicazione delle norme e responsabilità professionale: 6.1 Caso Marsala: Da “Marsala.it” 28 luglio 2009 “La Guardia di Finanza di Marsala ha sequestrato due sale del reparto di Radiologia dell'ospedale San Biagio di Marsala. Una dove è presente un mammografo, e l'altra un ortoclinoscopio. A seguito di una perizia disposta dalla magistratura, infatti, si è scoperto che le apparecchiature non solo non sarebbero in grado di accertare la presenza di eventuali patologie, ma l'esposizione alle radiazioni avrebbero anche procurato danni ai pazienti. Il sequestro preventivo è stato disposto dal gip presso il Tribunale di Marsala, che ha accolto la richiesta della Procura. L'indagine era stata avviata nell'estate dello scorso anno a seguito di una denuncia presentata da alcuni operatori sanitari dello stesso reparto di Radiologia. Già allora, dopo un primo controllo da parte della Guardia di Finanza, erano emerse alcune irregolarità, tra cui l'omesso giudizio di idoneità all'uso clinico delle apparecchiature e la mancata esibizione della documentazione relativa a pratiche speciali quali l'esposizione riguardante bambini e la Tac. E' stato anche accertato che il professionista esterno nominato dall'Asl 9 di Trapani quale fisico addetto ai controlli delle apparecchiature radiologiche non possedeva i requisiti necessari. Tra le inadempienze rilevate, alcune risultarono gravi, e addebitabili al responsabile degli impianti radiologici. Tra cui l’omesso giudizio di idoneità all’ uso clinico delle apparecchiature e la mancata esibizione della documentazione afferente le cosiddette pratiche speciali. La Procura della Repubblica di Marsal è emerso che un ortoclinoscopio non funzionava secondo i requisiti di legge e l’apparecchio mammografico non era idoneo a fornire diagnosi esatte. Infatti, gli esami radiografici delle due apparecchiature non garantivano né un ottimale risoluzione ai fini diagnostici (falsi positivi e/o falsi negativi) né un’erogazione ottimale di dosi, rendendo gli esami non solo inutili ma anche dannosi, incidendo concretamente sull’accertamento di patologie nonché sulla salute dei pazienti sottoposti ad esami diagnostici. 59 6.2 Caso Los Angeles Dal Los Angeles Times 14 ottobre 2009 Dosaggio TC otto volte la quantità programmata. In un periodo di 18 mesi, 206 pazienti hanno ricevuto 3-4 Gray (Gy) alla testa invece della dose prevista di 0,5 Gy durante l’imaging di perfusione TC. La sovraesposizione è stata imputata a un malfunzionamento del dispositivo atto al controllo automatico della dose, procurando perdita di capelli ed aumentato rischio di sviluppare tumori nei prossimi anni da parte dei pazienti a cui è stata effettuata l’indagine diagnostica. Fig.18 paziente con danno da radioesposizione “Il dosaggio, otto volte la quantità programmata, è apparso sugli schermi dei tecnici durante le scansioni CT. Gli esperti sostengono che la fiducia cieca di macchinari medici è una preoccupazione crescente”. A seguito della prima denuncia, vengono svolti dei controlli in altre strutture e alla data dell’8 dicembre 2009, risulta che altri 34 pazienti hanno ricevuto dosi di radiazione al cervello di gran lunga superiori ai valori di riferimento in seguito all’esecuzione di uno studio di perfusione TC. Al fatto sono seguite le relative azioni legali, che hanno portato a legittime e richieste di risarcimento. 60 6.6 Criticità presenti e future Esiste all’oggi un vuoto legislativo in merito alla definizione delle figure professionali adibite ai siti di Risonanza Nucleare Magnetica (RMN), metodica che non impiega radiazioni ionizzanti ma campi magnetici statici e dinamici di media-alta intensità. Il consenso informato compilato dai pazienti è volto a escludere la presenza di dispositivi metallici all’interno del corpo del paziente, mediante una valutazione degli interventi pregressi tenuto conto della data dell’intervento stesso. Le leggi in vigore tuttora penalizzano i siti di RMN con campi magnetici statici (CMS) uguali o superiori a 3 Tesla, vincolando il sito ad attività di ricerca. Questi macchinari permettono una risoluzione spaziale molto superiore, a fronte di una gestione del paziente pressoché simile. Questa situazione limita molto l’attività lavorativa quotidiana, non permettendo il giusto ammortamento delle tecnologie messe in campo. Le tecniche di analisi del rischio e di prevenzione degli eventi avversi, e un efficace sistema di gestione della qualità devono essere implementate e applicate correttamente per ottenere dei risultati conformi a standard nazionali e internazionali, garantendo al contempo la sicurezza per il paziente e per gli operatori che a vario titolo sono coinvolti, nel processo di diagnosi e cura. Le attività radiologiche complementari (scopia in sala operatoria, radiologia in ambito veterinario, artistico, forense) vanno tenute anch’esse in seria considerazione, analizzando l’ambiente operativo, i gruppi di lavoro, i fattori organizzativi e gestionali, i fattori individuali dell’operatore e le caratteristiche del paziente, seguendo la tassonomia di Vincent (1995). L’analisi dei fattori riguarda il tipo di evento, la gravità (esito effettivo o potenziale per il paziente) e la numerosità delle segnalazioni. 61 Conclusioni La nuova direttiva Euratom del 17.1.2014 inserisce criteri di giustificazione e ottimizzazione all’esposizione a radiazioni ionizzanti mediante l’analisi dell’efficacia, dei vantaggi e dei rischi di tecniche alternative. Sarebbe opportuno, in fase di recepimento della normativa, apportare miglioramenti al nostro ordinamento legislativo, considerando la possibilità di protocolli operativi (da cui ricavare linee guida per i Medici prescrittori) redatti da associazioni scientifiche di rilievo nazionale/internazionale. Il principio di giustificazione e ottimizzazione della procedura diagnostica in ambito di radiologia tradizionale non contrastografica trova nelle linee guida condivise e nei protocolli operativi codificati la sua attuale collocazione, con riferimento allo specifico utilizzo delle differenti figure professionali che compongono il team radiologico. Facendo riferimento all’articolo 5.3 del codice deontologico del TSRM, in base alla normativa vigente, si sottolinea come la responsabilità della prestazione radiologica è del Medico Specialista in Radiologia, che nella sua posizione di Dirigente Medico risponde direttamente all’esercente (Direttore Generale e/o Direttore Sanitario). Si ribadisce che il controllo del quesito clinico e gli adempimenti legislativi in tema di consenso informato sono di pertinenza dello Specialista. La venipuntura e la somministrazione di mezzi di contrasto su indicazione e supervisione (anche in telegestione) del medico specialista da parte del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica, deve essere preceduta da un’evoluzione normativa che risolva le problematiche relative alle sovrapposizione di competenze dei profili professionali, definendo chiaramente percorsi formativi e autorizzativi, così da non intralciare inutilmente l’attività quotidiana, in un ottica di risparmio complessivo delle risorse, pur garantendo al paziente le migliori condizioni di sicurezza. L’attività di Telegestione nel suo complesso deve non solo essere condivisa e organizzata, ma deve sottostare a precisi canoni di attuazione che rispondano in modo corretto, sia clinicamente che legalmente, a quanto prescritto. 62 La possibilità di refertazione a distanza mediante Telegestione è ipotizzabile con precise e condivise motivazioni di tipo organizzativo, da identificare nell’ambito della propria struttura operativa, specie se composta da sedi disagiate o da attività di primo livello, a condizione che la presenza medica, ancorché non fisica ma gestionale, sia organizzata e ribadita in protocolli condivisi dalla Direzione Sanitaria e Aziendale. La decisione di organizzare un servizio diagnostico in Teleradiologia è quindi ipotizzabile solo a condizione che venga preservata la centralità del responsabile del procedimento nel suo complesso e cioè del Medico Radiologo. Numerosi documenti redatti sia in ambito societario che in sede ISTISAN e confermati da quello che ad oggi può essere definito il documento più attuale in tema di “gestione” delle immagini in ambito informatico, cioè quello sancito dall’Intesa della Conferenza Stato-Regioni sulle “linee guida per la dematerializzazione della documentazione clinica in diagnostica per immagini” del 4 Aprile 2012 ribadiscono i termini di una corretta gestione della produzione diagnostica in Radiologia e soprattutto della inscindibilità fra immagini e referto a ribadire ancora una volta la centralità dell’atto radiologico nel percorso diagnostico. L’attività di Telegestione nel suo complesso deve non solo essere condivisa e organizzata, ma sicuramente deve sottostare, a precisi canoni di attuazione che rispondano in modo corretto sia clinicamente che legalmente a quanto prescritto. Per un Professionista Sanitario è importante approfondire gli aspetti giuridici della propria professione, per non incorrere in errori interpretativi della normativa vigente. E’ aperta la discussione su quali potranno essere in futuro nuovi ambiti di impiego e di sviluppo professionale per le nuove lauree quinquennali, sia in ambito operativo che nella ricerca applicata. 63 Glossario TSRM: Tecnico Sanitario di Radiologia Medica SPET: Single Photon Emission Tomography PET: Positron Emission Tomography. TAC: Tomografia assiale computerizzata KeV: Kiloelettronvolt TRM: Tecnico di Radiologia Medica CCNL: Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro SPTA: area Sanitaria Professionale Tecnica e Amministrativa PACS: Picture Archiving and Communication System CMS: Campo Magnetico Statico RNM: Risonanza Nucleare Magnetica Bibliografia e Sitografia CONFRONTO NORMATIVO E DEONTOLOGICO TRA LE FIGURE PROFESSIONALI DELL'AREA RADIOLOGICA: MEDICO RADIOLOGO E TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA, Elaborato di Tirocinio di Ursula Matta e Riccardo Biffi pubblicato sul sito: http://www.mastermars.it/elaboratiTirocini.php, consultato il 22/09/2014 Dal core competence al Core Curriculum, Società Editrice Universo ITISAN 10/44 2010 Linee guida per l’assicurazione di qualità in teleradiologia, a cura del Gruppo di Studio per l’Assicurazione di Qualità in Radiologia Diagnostica ed Interventistica linee guida per la dematerializzazione della documentazione clinica in diagnostica per immagini del 4 Aprile 2012 Management in radiologia, autori di A. Carriero, M. Centonze, T. Scarabino 64 “Responsabilità medica e danno risarcibile” Tesi di laurea in Diritto Civile Relatore Prof. Carlo Berti presentata dal Dott. Maurizio Ferrari, anno accademico 2008-2009 Aspetti Medico - Legali sul consenso Informato, Merano, 23 marzo 2007 Avv. 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