PD-1F
Direttore Ezio Mauro
Fondatore Eugenio Scalfari
NZ
ANNO 39 - N. 76
IN ITALIA € 1,30
R7, IL MAGAZINE PER IPAD
IL MEGLIO
DELLA SETTIMANA
DI REPUBBLICA
Disegni e racconti inediti
il taccuino di John Lennon
ENRICO FRANCESCHINI E JOHN LENNON
EUGENIO SCALFARI
L GOVERNATORE della Banca d’Italia, ricordando Guido Carli
alla Luiss, ha citato una delle
frasi che ripeteva più spesso:
«Dobbiamo liberarci dai lacci e
lacciuoli che rallentano lo sviluppo dell’economia italiana».
Fui molto amico di Carli e la ricordo anch’io quella frase; i lacci
e lacciuoli designavano gli strumenti di cui si servivano le corporazioni, le confraternite del
potere, le lobby, gli interessi
particolari che spesso avevano
la meglio sull’interesse generale e che sussistevano in Italia anche dopo la nascita del mercato
comune europeo. L’economia
del nostro Paese era in gran parte configurata dall’esistenza di
un sistema oligopolistico che
creava una serie di ostacoli alla
libera concorrenza, al centro del
quale chi dava le carte erano la
Fiat e l’industria elettrica. Con
l’inizio del centrosinistra la vera
e anzi unica novità voluta dai socialisti e soprattutto dal leader
della sinistra Riccardo Lombardi fu la nazionalizzazione dell’industria elettrica spezzando
in questo modo il monopolio più
importante mentre l’Europa si
apriva anche al mercato internazionale.
Il sindacato operaio di quell’epoca non rientrava affatto nell’elenco delle lobby; rappresentava la classe operaia, i suoi interessi e i suoi valori, ma essi non
erano affatto contrari a quelli
dello Stato. Luciano Lama nei
momenti di difficoltà economica gestiva una politica di moderazione salariale e la stessa politica fu anche quella di Berlinguer e di Giorgio Amendola. La
moderazione salariale dei sindacati fu riconosciuta più volte
nelle relazioni dei governatori
della Banca d’Italia, a cominciare addirittura da Menichella e
poi da Carli, da Baffi e da Ciampi.
I
SEGUE A PAGINA 25
40330
DOMENICA 30 MARZO 2014
(PROV. VE CON LA NUOVA DI VENEZIA E MESTRE € 1,20)
LA DOMENICA
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ANCHE
IL BASTONE
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CULT
Cosa avrebbe twittato Platone?
La filosofia dei selfie
REBECCA NEWBERGER GOLDSTEIN E MARIO PERNIOLA
Grasso: non abolite il Senato
> Intervista al presidente di Palazzo Madama che contesta la riforma proposta da Renzi
> “Resti un’assemblea di eletti: non dia la fiducia, ma si occupi di leggi costituzionali e etiche”
L’ANALISI
IL RETROSCENA
E anche Visco dice Se la banca rifiuta
no al lavoro precario i debiti dello Stato
ROBERTO MANIA
BARI
RRIVATO al governo, Mat-
A
coppia (copyright Matteo Renzi) non
c’è più. Susanna Camusso e Giorgio Squinzi si sono “lasciati”. Sul decreto lavoro, il
leader della Cgil e il presidente della Confindustria stanno
su sponde opposte: gli industriali con il governo, i sindacati contro il governo.
teo Renzi ha promesso
che tutti gli arretrati dello Stato verso le imprese sarebbero stati pagati «in quindici giorni». Di fronte all’enormità del compito, per una cifra
(stimata) di 68 miliardi di euro, il governo ora lavora a concludere l’operazione a settembre. Il tempo dirà se è possibile.
SEGUE ALLE PAGINE 6 E 7
SEGUE A PAGINA 4
L
IL CASO
INDACI e governatori nel nuovo Senato? «Ci sarebbe una
sovrapposizione di poteri diversi». Chi dovrebbe scegliere i futuri senatori? «Anche la gente». Il
nome? «Sempre Senato». I rapporti tra Montecitorio e Palazzo
Madama? «No al bicameralismo
perfetto». La fiducia? «Solo alla
Camera». L’obiettivo istituzionale? «La stabilità e la rappresentatività indicata dalla Corte costituzionale». Nel suo studio le foto sono soprattutto quelle della vita da
magistrato, anche se spicca l’ultima con Papa Francesco. Lui, il presidente del Senato Pietro Grasso,
ragiona solo da politico.
Svolta Ucraina
Kerry e Lavrov
tornano a trattare
S
FEDERICO FUBINI
A STRANA
LIANA MILELLA
Pietro Grasso
FEDERICO RAMPINI
SORPRESA partono le prove
generali per un accordo
Usa-Russia sulla Crimea.
Dopo la chiamata fatta venerdì
sera da Vladimir Putin a Barack
Obama, sulla quale esistono versioni diverse, il segretario di Stato americano John Kerry cambia
di colpo i suoi piani di viaggio.
A
SEGUE ALLE PAGINE 2 E 3
SEGUE A PAGINA 14
L’EUROPA CHE VOGLIAMO
PENA DI 2O ANNI ALL’EX. LUCIA ANNIBALI: TORNO A RESPIRARE
Sfigurata con l’acido, condanna esemplare
Un messaggio
per Kiev
SLAVOJ ZIZEK
E ELEZIONI europee hanno come sfondo gli avvenimenti
in Ucraina. Infatti le proteste
che hanno rovesciato Yanukovich
e la sua gang sono state innescate
dalla decisione del governo di
Kiev di privilegiaLE re i buoni rapporti
IDEE con la Russia rispetto all’integrazione con l’Unione europea. Molti,
a sinistra, hanno
reagito alle proteste popolari con
il solito paternalismo razzista verso i poveri ucraini: che illusi, ancora idealizzano l’Europa; non si rendono conto che l’Europa è in declino, e che entrare nella Ue farà solo dell’Ucraina una colonia economica dell’Europa occidentale.
L
Lucia Annibali ieri dopo la sentenza
JENNER MELETTI ALLE PAGINE 12 E 13 CON UN COMMENTO DI MICHELA MARZANO
SEGUE A PAGINA 15
SPORT
LA STORIA
Ecco la nuova Cinecittà
una Disneyland dei film
STANOTTE
È SCATTATA
L’ORA LEGALE
ALDO FONTANAROSA
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12 1
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Anna Cappellini e Luca Lanotte
2
3
4
8
SEGUE A PAGINA 21
CON UN’INTERVISTA DI SALVAGNI
11
2
TEMPI per tirarlo su sono
stati un po’ italiani. Ma alla fine, dopo quasi 10 anni
di progettazione e scavi, vede la luce il parco giochi di Cinecittà. Se ne sono accorti i
tanti romani che deviano
dalla via Pontina, magari dopo una gita a Sabaudia, per
comprare vestiti o elettronica negli outlet di Castel Romano.
7
6
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RICORDATEVI DI METTERE
LE LANCETTE
DELL’OROLOGIO
AVANTI DI UN’ORA
L’Italia del ghiaccio
danza sull’oro
e la Kostner saluta
con un bronzo
ALESSANDRA RETICO
A PAGINA 60
00147 ROMA, VIA CRISTOFORO COLOMBO, 90 - TEL. 06/49821, FAX 06/49822923. SPED. ABB. POST., ART. 1, LEGGE 46/04 DEL 27 FEBBRAIO 2004 - ROMA. ■CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÀ: A. MANZONI & C. MILANO - VIA NERVESA, 21 - TEL. 02/574941. ■PREZZI DI VENDITA: AUSTRIA ■ BELGIO ■ FRANCIA
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SEDE:
2
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
IL GOVERNO ALLA PROVA
L’intervista
Pietro Grasso
I dubbi della seconda carica dello Stato
nei confronti della riforma: “La gente
si preoccupa giustamente dei costi
della politica, però non bisogna indebolire
la democrazia”
“Il Senato non va abolito
e resti eletto dai cittadini
no a sindaci e governatori”
Stop a Renzi: “Ma va superato il bicameralismo perfetto
Il nome deve essere mantenuto, è usato in tutto il mondo”
<SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
LIANA MILELLA
Q
“
UANDO gli si dice che un accreditato gossip lo descrive come il futuro capo dello
Stato, con aria visibilmente seccata, replica: «Non scherziamo. Io penso a fare bene il
mio lavoro, e da presidente parlo della riforma
del Senato, nel mio pieno ruolo istituzionale e
super partes».
E come si sente come probabile ultimo presidente di questo Senato?
«Da fuori mi vedono come l’ultimo imperatore, io mi sento l’ultimo dei mohicani...».
Renzi è stato netto, ha detto «se il Senato
non va a casa, vado a casa io». Domani esce
il suo testo. Se vestisse i suoi panni che farebbe?
«Quello che sta facendo lui, lavorando con
LA FIDUCIA
La fiducia deve spettare solo alla
Camera, ma Palazzo Madama deve
avere voce in capitolo su diritti
e temi etici, insomma sulle scelte
che toccano profondamente la vita
dei cittadini
”
tutte le mie forze per superare il bicameralismo
perfetto, diminuire il numero dei parlamentari, semplificare l’iter legislativo».
Ma da qui come la vede? Abolire il Senato
è davvero necessario e indispensabile?
«Aldilà delle semplificazioni mediatiche nessuno parla di abolire il Senato, ma di superare il
bicameralismo attuale. L’urgenza è prima istituzionale che economica: dobbiamo accelerare
il processo legislativo, senza indebolire la democrazia».
Che aria ha avvertito nei suoi incontri con
la gente, ritengono il Senato un’inutile
fonte di sprechi? Un duplicato della Camera? Una perdita di tempo? Un residuo del
passato?
«Certamente la gente pensa, a ragione, che
quasi mille parlamentari siano troppi, che la politica costi molto e produca poco, che sia venuto
il momento di dare una sterzata. Ma avverto anche la forte preoccupazione di mantenere, su alcuni temi, la garanzia di scelte condivise. Con
un sistema fortemente maggioritario, con un
ampio premio di maggioranza e una sola Camera politica, il rischio è che possano saltare gli
equilibri costituzionali e ridursi gli spazi di democrazia diretta».
E sarebbe?
«Affidare a una sola camera anche le scelte
sui diritti e sui temi etici potrebbe portare a leggi intermittenti, che cambiano ad ogni legislatura, su scelte che toccano profondamente la vita dei cittadini e che hanno bisogno di essere
esaminate anche in una camera di riflessione,
come ritengo debba essere il Senato».
Quindi il suo Senato ideale come si chiama
e com’è fatto?
«Non rinuncerei mai a una parola italiana
che viene usata in tutto il mondo. Lascerei il nome di Senato, e dovrebbe essere composto da
rappresentanti delle autonomie e componenti
eletti dai cittadini...».
Che fa, la stessa proposta del capogruppo
di Forza Italia Romani? Ancora un Senato
di eletti? Ma così crolla il progetto Renzi...
«Non è la stessa proposta, perché io immagino un Senato composto da senatori eletti dai cittadini contestualmente alle elezioni dei consigli regionali, e una quota di partecipazione dei
consiglieri regionali eletti all’interno degli stessi consigli. Per rendere più stretto il coordinamento tra il Senato così composto e le autonomie locali, prevederei la possibilità di partecipazione, senza diritto di voto, dei presidenti delle Regioni e dei sindaci delle aree metropolitane».
Renzi vuole come senatori sindaci e governatori regionali, lei perché è contrario?
«Perché ritengo che per una vera rappresen-
tatività sia indispensabile che almeno una parte sia eletta dai cittadini, come espressione diretta del territorio e con una vera parità di genere. Una nomina esclusivamente di secondo
grado comporterebbe una accentuazione del
peso dei partiti piuttosto che di quello degli elettori».
Quindi un fifty-fifty?
«Non si tratta di percentuali, su quelle vedremo. Credo sia utile la presenza di rappresentanti delle Assemblee regionali, proprio per
rafforzare la vocazione territoriale del Senato,
estendendo la funzione legislativa regionale a
livello nazionale. Ma sindaci e presidenti di
Giunte regionali, che esercitano una funzione
amministrativa sul territorio, a mio avviso non
possono esercitare contemporaneamente una
funzione legislativa nazionale, ma soltanto consultiva e di impulso».
Altro che Senato delle autonomie, il suo assomiglia a quello di adesso, solo con meno
poteri e competenze.
«Niente affatto. Il Senato che immagino io,
anche in parallelo con la riforma del Titolo V, è
un luogo di decisione e di coordinamento degli
interessi locali fra di loro e in una visione nazionale, e in questo senso dovrebbe sostituire la
Conferenza Stato-Regioni».
E come la mette con i soldi? Questo suo Senato, sicuramente, avrà un costo maggiore rispetto a uno di sindaci e governatori
perché gli eletti, proprio come quelli di
adesso, dovranno necessariamente essere
retribuiti. Quindi, con questo sistema, dove va a finire il risparmio previsto da Renzi?
«Possiamo ottenere risparmi maggiori diminuendo il numero complessivo dei parlamentari e riducendo le indennità, solo per iniziare. Poi
mi faccia dire che non si può incidere sulla forma dello Stato solo con la calcolatrice in mano».
Questo suo Senato rispetto alla fiducia al
governo che fa?
«Non dà la fiducia, non si occupa di leggi attuative del programma di governo, né di leggi
finanziarie e di bilancio. Il rapporto col governo
su questi punti deve restare solo e soltanto alla
Camera».
Di quali leggi dovrebbe occuparsi?
«Oltre a tutte le questioni di interesse territoriale, delle leggi costituzionali o di revisione
costituzionale, di legge elettorale, ratifica dei
trattati internazionali, di leggi che riguardano
i diritti fondamentali della persona».
Solo questo?
«Io immagino che una Camera prettamente
ed esclusivamente politica debba essere bilanciata da un Senato di garanzia, con funzioni
ispettive, di inchiesta e di controllo, anche sull’attuazione delle leggi. Chiaramente il Senato
dovrà partecipare, in materia determinante, ai
processi decisionali dell’Unione Europea, sia in
fase preventiva che attuativa».
Prevede anche i senatori a vita o cittadini
1
2
3
IL GOVERNO
FORZA ITALIA
NUOVO CENTRODESTRA
Una Camera delle autonomie
che non prevede elezioni
Senatori scelti solo dagli elettori
insieme al voto amministrativo
Un ruolo per il sì alle leggi
ultima parola a Montecitorio
LE PROPOSTE
DOMANI il governo approva la riforma del
Senato di Renzi. Palazzo Madama sarà
trasformato in una Camera delle autonomie
con la fine del bicameralismo perfetto. Non
darà più la fiducia al governo e i suoi membri
non saranno eletti in quanto sindaci di
capoluogo e presidenti delle regioni senza
indennità aggiuntive. Legifererà su materie
concorrenti Stato-Regione.
MARTEDÌ Forza Italia presenta la sua
proposta di riforma del Senato. La
differenza rispetto al testo di Renzi
riguarda la nomina dei senatori: per gli
azzurri dovranno essere eletti a suffragio
universale (dunque no a sindaci e
governatori che vanno a Palazzo
Madama senza stipendio aggiuntivo) in
concomitanza con le amministrative.
PER il Nuovo Centrodestra, il partito di
Angelino Alfano, si parte della
maggioranza di governo, il numero dei
senatori deve diminuire ma la loro scelta
deve avvenire mediante elezioni. Palazzo
Madama deve continuare ad avere voce
in capitolo nell’approvazione delle leggi,
anche se l’ultima parola dovrebbe
spettare alla Camera dei deputati.
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
3
PER SAPERNE DI PIÙ
www.senato.it
www.partitodemocratico.it
L’ULTIMATUM DI TOTI
Fi avvisa il premier
“Non accettiamo
metodi sovietici”
FOTO:IMAGOECONOMICA
ALBERTO D’ARGENIO
illustri che siano?
«L’apporto di grandi personalità del mondo
della cultura, della scienza, della ricerca, dell’impegno sociale non può che essere utile. In
che modo e in che forma sarà da vedere».
Due questioni calde, la tagliola sulle leggi
del governo che vanno a rilento e i poteri
“di vita e di morte” del premier sui ministri. Progetto ammissibile e condivisibile?
«Un termine chiaro entro cui discutere le proposte del governo, in un sistema più snello, non
può che accelerare e semplificare l’iter legislativo. La ritengo una buona proposta. La seconda ipotesi non mi sembra sia prioritaria in questo momento».
Praticabilità politica. Dopo il caos del voto
sulle province, finito con la fiducia, che prevede per il voto su questa riforma?
«Se si vuole un’accelerazione e una maggioranza di due terzi non si deve procedere mostrando i muscoli, ma cercando proposte più
possibili condivise e aperte alla riflessione parlamentare. I senatori non sono tacchini che temono il Natale, e sono pronti a contribuire al disegno di riforma del Senato».
Ne è davvero convinto o s’illude?
«Hanno compreso, credo, le aspettative dei
cittadini: partecipazione democratica, efficienza delle istituzioni, diminuzione del numero di
deputati e senatori, taglio radicale ai costi della
politica. Diminuendo di un terzo il numero dei
parlamentari tra Camera e Senato, e riducendo
4
LEGA
Funzioni diverse per le Camere
e rappresentanza territoriale
PER la Lega, all’opposizione, serve un
bicameralismo differenziato, con
diverse funzioni per Camera e Senato.
A Montecitorio viene data la fiducia al
governo, a Palazzo Madama spetta la
rappresentanza territoriale e il
rapporto con le istanze sovranazionali.
Per risparmiare si prevedono 400
deputati e 200 senatori.
le indennità, si otterrebbe un risparmio ben superiore a quello che risulterebbe, bilancio alla
mano, dalla sostituzione dei senatori con amministratori dei comuni, delle aree metropolitane e delle regioni».
Un prossimo voto di fiducia di questo Senato sul futuro Senato è ipotizzabile?
«Non penso che si possa riformare la Costituzione con un maxi-emendamento e senza alcun
contributo delle opposizioni».
Il timing di Renzi prevede prima la riforma
del Senato, poi quella elettorale, il famoso
Italicum. Forza Italia dice già di no e vuole
il contrario. Lei che tempistica prevede?
«Dal momento che la legge elettorale riguarda solo la Camera approviamo prima la
riforma del Senato, per poi passare immediatamente all’Italicum».
Lei sta già riorganizzando gli uffici di que-
L’ULTIMO IMPERATORE
“
Io futuro Capo dello Stato? Non
scherziamo, sto lavorando per
rendere più efficiente il Senato
Da fuori mi vedono come l’ultimo
imperatore, io mi sento piuttosto
l’ultimo dei mohicani
sto Senato. Perché? Per mantenere lo status quo o in vista della riforma?
«Sto lavorando per proporre al Consiglio di
presidenza una riorganizzazione che risponda
ad alcune esigenze attese da anni. Questo non
ostacola le riforme, anzi le anticipa: razionalizzando le strutture, eliminando quelle non necessarie, valorizzando la prospettiva regionale
ed europea del Senato, tagliando dal 30 al 50%
le posizioni apicali e andando a ricoprire i posti
restanti con nomine a costo zero, senza alcun
aumento in busta paga per nessuno. Inoltre è
già stato deliberato l’accorpamento di molti
servizi con quelli corrispettivi della Camera, e si
va verso l’unificazione dei ruoli del personale di
Camera e Senato. Voglio che il nuovo Senato
parta già nella sua piena efficienza».
Politica e mafia. La polemica sul 416-ter. La
sua proposta, appena eletto, è agli atti.
Adesso? È d’accordo sull’ipotesi del decreto legge cambiando il testo uscito dal Senato?
«Come ho detto, la mia proposta è agli atti.
L’ho presentata il primo giorno, ho ancora il
braccialetto bianco al polso e spero che si faccia
presto e bene».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
”
ROMA. È polemica nella maggioranza allargata, quella che
conta anche su Forza Italia per portare a casa le riforme, dopo
la decisione di Matteo Renzi di parcheggiare a Palazzo Madama la nuova legge elettorale per dare la precedenza alla riforma del Senato e a quella del Titolo V della Costituzione. L’obiettivo resta quello di incassare il via libera su entrambi i testi (seconda lettura per l’Italicum, prima per la riforma costituzionale) entro il 25 maggio, ma l’inversione delle priorità
manda su tutte le furie i forzisti. E così il consigliere politico di
Berlusconi, Giovanni Toti, attacca l’ex sindaco di Firenze. «Mi sembra che Renzi abbia preso un vizio da
LA democrazia sovietica, di decidere prima nella direGIOR zione del partito, poi dire cosa deve fare al Consiglio
ministri e quindi portare testi “prendere o lasciaNA dei
alle Camere, ma su questo non ci stiamo». Gli azTA re”
zurri, aggiunge, vogliono continuare a collaborare
sulle riforme su cui si è impegnato Berlusconi, «ma
non su testi preconfezionati dalla direzione del Pd».
All’attacco anche Maurizio Gasparri, che ingiunge: «Renzi
non cambi le carte in tavola, vogliamo che si faccia subito la
legge elettorale mentre sul tema delle riforme manteniamo
un atteggiamento propositivo». E rilancia sul presidenzialismo annunciando che Forza Italia insisterà perché ci sia l’elezione diretta del Capo dello Stato o del premier. «La sinistra dovrà assumersi la responsabilità di dire si o no, nel qual caso confermerà la sua natura retriva e ostile a una moderna democrazia diretta. Li staneremo». Ma c’è preoccupazione anche
nella maggioranza di governo, con il Nuovo Centrodestra che
richiama all’ordine il Pd, spaccato sul Jobs Act, la nuova legge
sul lavoro fortemente voluta da Renzi. Per Maurizio Sacconi,
capogruppo al Senato, il Jobs Act «è la misura del rinnovamento nella sinistra, la maggioranza sia leale con il governo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL GOVERNO ALLA PROVA
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
PER SAPERNE DI PIÙ
www.tesoro.it
www.bancasistema.it
La polemica
Debiti dello Stato, le banche frenano
La protesta degli istituti: “Pericoloso farsi carico degli oneri verso le imprese delle amministrazioni più dissestate”
E per le stesse aziende risulta difficile farsi riconoscere e, soprattutto, certificare i crediti dagli enti pubblici
<SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
FEDERICO FUBINI
FATTI, per adesso, suggeriscono però che
il premier potrebbe aver creato un’aspettativa fra le imprese per qualcosa
che non succederà.
La bozza del disegno di legge “per agevolare ulteriormente la normativa europea
sui tempi di pagamento da parte della pubblica amministrazione” è pronta. Lì dentro
si affrontano uno ad uno gli ostacoli che possono frenare la soluzione del problema. Il
principale, per quanto mai riconosciuto dal
Tesoro, è che gran parte dei debiti commerciali dello Stato sono tutt’altro che «certi, liquidi ed esigibili» come occorre per legge perché possano essere pagati. La bozza
del disegno di legge parla, senza quantificarli, di «debiti fuori bilancio»: di solito sono
crediti che le imprese sostengono di avere
nei confronti di un ente pubblico, il quale
però non li riconosce. In questa categoria si
trovano casi estremi: quando per esempio
il gruppo globale Ernst & Young vinse l’incarico di rivedere e certificare i conti della
Sanità pubblica in Calabria, rinunciò al
mandato subito dopo aver dato un’occhiata ai libri. Certo non tutta l’Italia è così, soprattutto non al Centro e al Nord. Eppure
quando l’estate scorsa la Ragioneria ha
chiesto a tutte le amministrazioni di registrare su un portale elettronico i loro debiti
esistenti verso le imprese, il totale è apparso risibile: solo tre miliardi, a fronte degli
(almeno) 68 che le imprese reclamano in
base a un sondaggio a campione della Banca d’Italia. È probabile che molti enti non riconoscano dei debiti, per non dovervi mettere una data, un impegno e così erodere gli
spazi di spesa di cui dispongono in base ai
vincoli del patto di stabilità interno. Una stima più cauta, diffusa fra gli addetti ai lavori, è che i debiti commerciali oggi “certi, li-
I
Sui 68 miliardi che la p.a. deve al
sistema produttivo, si stima che
quelli “certi, liquidi ed esigibili”
oggi valgano circa 15 miliardi
quidi ed esigibili” oggi valgano circa 15 miliardi. Ne restano dunque sempre più di 50
“fuori bilancio” o comunque gravati da
un’ombra di incertezza.
Nasce di qui il primo dilemma: se i debiti
sono incerti, cioè se le amministrazioni non
li riconoscono e non li certificano, come può
scattare il sistema di pagamento previsto
dal governo? Quest’ultimo prevede che
un’impresa possa vendere a una banca un
proprio credito scaduto nei confronti di un
LA SLIDE DI RENZI
Il testo della “slide” sui pagamenti
dei debiti della P.a. illustrato a
Palazzo Chigi da Renzi il 12 marzo
scorso. In basso, il ministro Padoan
ente solo quando è certificato. Il secondo
passo è che la banca trasformi quel credito
che ora possiede in un’“anticipazione finanziaria” a quattro anni all’ente debitore:
come tale, questa liquidità non conterebbe
come debito pubblico nelle stime europee.
Poiché moltissimi debiti sono “fuori bilancio”, cioè non riconosciuti dalle amministrazioni, il disegno di legge propone una
scorciatoia: le imprese potranno registrare
comunque il proprio credito presso il portale della Ragioneria e questo varrà ufficialmente se entro due settimane l’ente
coinvolto non contesta. Vista la complessità delle norme, e l’opacità di decine di migliaia di fatture, è probabilissimo che esplodano decine di migliaia di contenziosi fra
creditori e debitori. Più delle imprese, rischiano di beneficiarne gli studi legali.
Poi c’è il passaggio successivo, quello in
mano alle banche. Queste ultime vengono
invogliate a comprare i debiti scaduti in
molti modi: possono acquistarli al 98% del
loro valore, quindi guadagnare il 2% quando l’ente salda, o possono rivendere la posizione a Cassa depositi e prestiti. Se l’ente
poi non paga e neanche Cdp ricompra, una
banca potrà cedere un credito andato a male a un fondo di 150 milioni di euro che il Tesoro sta per costituire. Inoltre la banca che
ha il credito riceverebbe una “delegazione
di pagamento”, ossia il diritto di intervenire sui flussi di cassa del Tesoro per rivalersi
se non viene saldata.
Fin qui il piano del governo. Alcuni dei
banchieri che (in teoria) dovrebbero rile-
vare quei 68 miliardi di debiti pubblici non
sembrano convinti. A queste condizioni,
non hanno fretta di farlo. Gianluca Garbi di
Banca Sistema, un istituto specializzato nel
settore, osserva che spesso comprare un
credito al 98% non conviene: «Lo faccio volentieri se l’ente è solido e credibile e paga
in fretta – osserva - Ma il 2% è un margine
di guadagno insufficiente per accollarsi un
credito verso certe grandi amministrazio-
Norme complesse e migliaia di
fatture opache: si rischia un
contenzioso del quale solo gli
avvocati potrebbero beneficiarne
ni in dissesto, soprattutto del Sud». Anche
l’offerta di guadagnare sugli interessi di
mora non è considerata credibile, perché la
banca dovrebbe affrontare un lungo e costoso ricorso giudiziario. Inoltre, osserva
Garbi, la garanzia ultima del Tesoro è palesemente insufficiente: solo 150 milioni, a
fronte di un debito totale di 70 miliardi. «Basterebbe il default di una grossa giunta per
far saltare l’intero meccanismo», dice Garbi.
Dunque le amministrazioni non riconoscono i loro debiti e le banche frenano nel
volerseli addossare. Il governo cerca di fare
in fretta. Ma forse serve qualcosa di più di
una promessa in luna di miele, per risolvere decenni di sclerosi italiana.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
IL GOVERNO ALLA PROVA
Il piano occupazione
Precari, Visco dà ragione a Camusso:
Un’inedita coppia contro il decreto
La Cgil: “Così il Paese non riparte”
mentre Poletti è lodato da Squinzi
“È una misura rapida e coraggiosa”
<SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
ROBERTO MANIA
BARI
PINGONO in direzioni contrarie e trova-
S
no inedite, sorprendenti, alleanze.
Nuove coppie che si formano.
Sul palco del risorto Teatro Petruzzelli di
Bari, nella due giorni del convegno del Centro studi della Confindustria, va in scena la
rappresentazione che non ti aspetti: Ignazio Visco, il governatore della Banca d’Italia, luogo della ortodossa interpretazione
VISCO-CAMUSSO
Sulla precarietà e sul decreto Poletti che rende più
flessibili i contratti a termine, si forma un’inedita coppia
tra il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, e la
leader della Cgil, Susanna Camusso. Secondo Visco, è il
lavoro stabile ad aumentare competenze e produttività
dell’economia liberale (mercato del lavoro
compreso) e sostenitore dell’ineluttabilità
delle politiche di austerity si schiera con la
sindacalista rossa. E l’ex comunista Giuliano Poletti, già leader della potente Legacoop, trova l’abbraccio del capo dei capitalisti nostrani Giorgio Squinzi che guida una
delle tante multinazionali tascabili tricolori. Intorno una girandola di altre coppie,
non tutte “regolari” formatesi tra Roma e
Bari: la già sindacalista dell’Ugl, Renata Polverini, che dagli scranni parlamentari di
Forza Italia tende la mano ai suoi ex colleghi Raffaele Bonanni & co, strappando con
il suo stesso partito; il capogruppo di Forza
Italia, Renato Brunetta, un tempo socialista, corre a sostegno di Poletti e Renzi per
mettere zizzania nella discussione interna
al Partito democratico scommettendo sul
fuoco amico su Palazzo Chigi. Infine il governatore della Puglia e leader di Sel, Nichi
Vendola, che insieme alla minoranza del Pd
si ritrova con l’ad di Finmeccanica, la holding pubblica di aeronautica e difesa (42
mila dipendenti), Alessandro Pansa, il quale si distingue, con argomenti forbiti, dalla
linea ufficiale di Confindustria. Questa volta, così, il lavoro finisce per produrre divisioni trasversali. Ma si conferma anche un
terreno pieno di pericolose insidie, non solo
parlamentari.
Si discute di capitale umano a Bari. Del
ruolo decisivo che possono avere l’istruzione e la formazione dei lavoratori per far crescere la ricchezza del Paese. Ed è a metà della sua relazione che il governatore Visco
pronuncia una frase che viene accolta con
freddezza dalle prime file della platea, con
la sola eccezione della Camusso che invece
apprezza, eccome. Dice Visco: «Studi della
Banca d’Italia mostrano come rapporti di
Dossier Bankitalia: “La sicurezza
della continuità del lavoro rafforza
l’attività innovativa e l’acquisizione
di competenze specifiche”
lavoro più stabili possano stimolare l’accumulazione di capitale umano, incentivando i lavoratori ad acquisire competenze specifiche all’attività dell’impresa. Si rafforzerebbe — aggiunge il banchiere membro del
board dalla Banca centrale di Francoforte
— l’intensità dell’attività innovativa e, in
ultima istanza, la dinamica della produttività». Insomma un lavoratore che non teme
la scadenza del suo contratto ma che vede
davanti a sé la prospettiva della continuità
del lavoro è disposto ad apprendere di più,
POLETTI-SQUINZI
Su posizioni opposte si è formata ieri una seconda coppia:
tra il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e il presidente
di Confindustria, Giorgio Squinzi. Quest’ultimo plaude al
decreto del governo che ha ampliato la flessibilità dei
contratti a termine per ridurre la disoccupazione
Addio Cnel, vertice zittito
da sindacati e Confindustria
“Non parlate ai giornalisti”
VALENTINA CONTE
ROMA. Un’aria strana tira al Cnel.
E non solo perché domani il Consiglio dei ministri è pronto a varare il disegno di legge costituzionale che lo sopprime dalla Carta
del 1948. E dunque 91 dipendenti devono essere ricollocati nelle
amministrazioni dello Stato
(hanno vinto un concorso). Mentre presidente e 65 consiglieri tornano a casa oppure ai loro mestieri: sindacalisti, economisti, giuristi, imprenditori, magistrati. E
neanche perché ormai tutti, in
primis premier e politici, dicono
che il Cnel è inutile e polveroso,
non serve a niente, costa. L’aria
che tira sta tutta in una lettera interna datata 13 marzo 2014, indirizzata al presidente Antonio
Marzano e firmata da Cgil, Cisl,
Uil e Confindustria. Gli azionisti
del Cnel. Che scrivono: «Siamo
dell’avviso che nell’attuale situazione i rapporti con i mass media,
anche ove richiesti, non siano opportuni, in quanto spetta essenzialmente alle Parti sociali esprimersi sul futuro della nostra associazione». Zitti tutti, parliamo
noi.
Marzano non l’ha presa bene.
Tace, declina interviste. Ma fa sapere che per regolamento interno
la posizione del Cnel la esprime il
presidente. Insomma, aria da fine
impero. Da ultima fermata di giostra. Da resa dei conti. Le “parti sociali” rivendicano, in questa fase,
«il compito primario di rappresentare a governo e Parlamento
una giusta considerazione della
loro funzione in una democrazia
pluralista e partecipata». E citano
un «documento di riforma del
Cnel» elaborato «dal gruppo di la-
IL DOCUMENTO
SILENZIO STAMPA
All’indomani dell’annuncio
del premier Renzi della
soppressione del Cnel, i
rappresentanti delle parti
sociali scrivono al presidente
Antonio Marzano.
Gli comunicano che non
parteciperanno alla
Assemblea straordinaria
convocata e, soprattutto, lo
invitano a non tenere
rapporti con i mass media,
anche nel caso in cui gli
venga espressamente
chiesto, “in quanto spetta
essenzialmente alle parti
sociali esprimersi sul futuro
della nostra Istituzione”.
voro coordinato dal consigliere
esperto Tiziano Treu» che «esclude qualsiasi iniziativa di organi
del Cnel che avrebbe una connotazione conservatrice e meramente corporativa». Per questo è
scattata la museruola? I loro oppositori, zittiti, considerano invece assai più assurda la parte di
quel documento in cui si delinea
un “Nuovo Cnel” con un «organico radicalmente snellito» anche
«attraverso la mobilità del personale». E molto più corporativo l’altro passaggio in cui si dice che è
«indispensabile che il presidente
del Cnel sia nominato (con decreto del presidente della Repubblica), previo parere qualificato delle Parti sociali, secondo modelli
analoghi in Europa e nel mondo».
Insomma Squinzi, Camusso, Bonanni e Angeletti che suggeriscono il nome a Napolitano.
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
7
PER SAPERNE DI PIÙ
www.bancaditalia.it
www.cgil.it
“Solo un lavoro stabile è produttivo”
a lavorare meglio, e così contribuire ad aumentare la produttività. D’altra parte —
anche se Visco non lo dice — l’inizio del tracollo della produttività italiana, di cui invece parla il governatore, coincide con l’introduzione via via crescente di contratti flessibili. E come alcuni studi dimostrano tra loro
c’è un rapporto di causa ed effetto.
Certo Susanna Camusso usa argomenti e
toni diversi, ma la sostanza non è molto diversa. Per quanto — sia chiaro — Visco non
si riferisce direttamente al decreto Poletti,
mentre la sindacalista della Cgil sì. Perché
su quello è la nuova sfida tra il Pd renziano
e il sindacato. Afferma Camusso, che gioca
fuori casa ma prende gli applausi dal loggione dove siedono gruppi di giovani baresi: «Se ci sono molteplici forme di precarietà
il Paese non riparte. Ricordo che abbiamo
quattro milioni di giovani precari, invece
dobbiamo ricostruire percorsi professionali e dare certezze. Se un giovane va in azienda bisogna investire su di lui. Quello che accade in Italia sulla precarietà non ha eguali
al mondo. Ma se si va a vedere come sono gli
organici delle imprese che esportano ci si
accorge che non sono fondati sulla precarietà. La proposta di Renzi? Non c’è nulla di
nuovo. Ha proposto le stesse cose fatte in
questi anni. C’è un diverso presidente del
Consiglio ma c’è sempre la stessa maggioranza».
Non c’è più invece la coppia “concertativa” Camusso-Squinzi. Il leader degli industriali prova ad andare all’incasso e evita accuratamente qualunque polemica con Palazzo Chigi: «Sul decreto lavoro, in particolare, il governo e il ministro Poletti — dice
— hanno dato prova di rapidità e coraggio,
segni chiari di volontà di cambiare. Ora occorre che il Parlamento confermi questa
scelta in fase di conversione». La coppia si è
rotta, mentre a Bari colpisce l’analogia nelle analisi di Vendola e Pansa. Sostengono
entrambi la necessità di una politica industriale. Vendola dice che bisogna smetterla
con la precarizzazione del lavoro, Pansa che
«la permanenza al lavoro è una garanzia di
investimento». Coppie di fatto.
LA POLEMICA
Staffetta generazionale
la Giannini contro la Madia
“È ingiusta e non serve”
Beghe interne? Può darsi. Che
però accentuano la distanza tra
Palazzo e piazza, il primo popolo e
il secondo popolo, secondo la definizione del sociologo De Rita, gli
italiani e i decisori. Distanza che il
Cnel, Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, avrebbe dovuto colmare. I famosi “corpi intermedi”. «Così com’è non funziona, è vero», ammette Franco Massi, segretario generale Cnel. «Non
incide nelle scelte politiche, tradisce la sua natura. Non per questo
dobbiamo cancellarlo, però. Ma
strutturarlo in modo diverso,
questo sì». Il Cnel costa 20 milioni
l’anno (di cui 7 per il personale,
stipendi lordi). Nell’ultimo triennio ha restituito all’Erario circa 20
milioni di pregresso non speso. E
risparmiato il 30%, senza rinunciare a produrre 31 documenti.
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Assumere funzionari grazie ai
prepensionamenti dei
dirigenti? Non è così che si
rinnova la Pubblica
Amministrazione: il ministro
dell’Istruzione Stefania
Giannini critica con forza la
proposta della collega della
Funzione pubblica Marianna
Madia. In un’intervista, Madia
aveva suggerito che «va avviato
un processo di riduzione non
traumatica dei dirigenti e più in
generale dei dipendenti vicini
alla pensione, per favorire
l’ingresso dei giovani». Per cui,
«se in un posto mando in
pensione leggermente
anticipata tre dirigenti, non
devo per forza sostituirli,
magari basta prendere un
funzionario. Con questa
staffetta generazionale riduco,
svecchio e risparmio». Stefania
Giannini bolla la proposta come
«una ricetta in salsa fintogiovanilistica contro gli
anziani», aggiungendo che «un
sistema sano non ha bisogno di
mandare a casa gli anziani per
far entrare i giovani».
In effetti i nostri dipendenti
pubblici sono parecchio più
anziani di molti altri paesi Ue
(su 3,3 milioni circa 750mila
hanno più di 55 anni), ma i
sindacati sono divisi. Secondo il
segretario confederale della
Cgil, Rosanna Dettori, si parla
«con troppa facilità di esuberi e
prepensionamenti» e se non si
vuole cambiare la Fornero «si
rischiamo nuovi esodati». Per
Giovanni Faverin della Cisl
Madia «è un po’ confusa».
Mentre Mino Foccillo della Uil è
possibilista: se il
prepensionamento è su base
volontaria, potrebbe essere
«un’ipotesi accettabile».
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Le novità del decreto su contratti a termine e apprendistato
Riforma precedente (Fornero)
Durata massima
contratti a termine
senza indicare la causale
12 mesi
Numero massimo di proroghe
del contratto a termine
all’interno dei 36 mesi
Una proroga al massimo
con indicazione della causale
Pausa tra
un contratto
e l’altro
10 o 20 giorni
Limite all’utilizzo
dei contratti a termine
in ogni luogo di lavoro
Limite fissato dai contratti
collettivi
Apprendistato
a seconda della durata
del contratto
Assunzione condizionata alla conferma
in servizio di almeno il 30% degli apprendisti
dipendenti al termine della formazione
Contratto in forma scritta
Obbligo di formazione teorica
Contratti di solidarietà
Riforma attuale (Poletti)
36 mesi
Otto proroghe
al massimo senza causale
Nessuna pausa
Se non è indicato un limite
nel contratto collettivo: non oltre il 20%
dell’organico
Nessuna condizione
Cade l’obbligo della forma scritta
per il piano formativo
Cade l’obbligo di formazione
Rifinanziati con 15 milioni e rivisti
IL GOVERNO ALLA PROVA
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
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PER SAPERNE DI PIÙ
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www.palazzochigi.it
Il progetto
Manager, nuova stretta del governo
La soglia ai compensi non sarà limitata a presidenti e amministratori delegati riguarderà
anche le Spa locali e sarà ad personam per evitare doppi incarichi stile Mastrapasqua
Stipendi, tetto per tutti i dirigenti
taglio del 25% nelle società quotate
VALENTINA CONTE
ROMA. Estendere anche ai dirigenti il tetto allo stipendio che da
martedì prossimo riporterà tutte
le buste paga dei manager pubblici (quelli delle società partecipate
dal ministero dell’Economia) al livello del primo presidente della
Corte di Cassazione. E fare in modo che quel tetto, pari a 311 mila
euro, venga calcolato sulla persona e non sull’incarico. E ancora: assicurarsi che le società quotate in
Borsa e possedute dal Tesoro — come Eni, Enel, Finmeccanica, Terna — facciano la loro parte quando a breve rinnoveranno i vertici.
E dunque non sfuggano a quel taglio del 25% ai compensi di presidenti e amministratori delegati,
scritto nella legge. Ma tutt’altro
che scontato, visto che l’assemblea degli azionisti può bocciarlo.
Tre snodi fondamentali all’esame
del governo in queste ore. E che po-
potrà guadagnare in totale e al
massimo 311 mila euro. Qualunque sia la combinazione: enti, partecipate, quotate e non. In realtà,
la norma c’è. Ma come se non ci fosse. E il governo intende rafforzarla. Il panorama legislativo difatti è
assai frastagliato, per quanto riguarda stipendi, tetti, tagli. E le
vie per sfuggire ai sacrifici ci sono.
Intanto, la soglia pari a 311 mila
euro è in vigore da due anni (Salva-Italia di Monti). All’inizio valeva solo per le amministrazioni
centrali, poi è stata estesa nel
2012 a tutti i dirigenti e dipendenti di società (non quotate)
partecipate direttamente o indirettamente dallo Stato e dagli enti locali, dunque Comuni, Province e Regioni. A partire però dal rinnovo dei Consigli di amministra-
zione. Dunque la pletora di municipalizzate è ampiamente dentro
questo perimetro. Per dire, vi sono anche l’Atac e l’Atm, le due società di trasporto dei Comuni di
Roma e Milano.
La legge di Stabilità del governo Letta ha poi ricompreso nel tetto anche magistrati, professori
universitari, Consob, Authority.
In pratica, tutti. Mentre per le società quotate e per quelle che
emettono bond, cioè obbligazioni, si è fatta un’eccezione. Il tetto
non esiste, ma vale il taglio del
25% degli stipendi, a partire dal
rinnovo delle cariche. E qui il nodo.
Le quotate — come Eni, Enel, Finmeccanica, Terna — devono approvare il taglio in assemblea.
Mentre le altre — come Poste,
Cdp, Ferrovie — sono obbligate.
Estendere quest’obbligo anche
alle quotate — riflessione che il governo sta facendo — aggirando così l’eventuale veto degli azionisti,
Si vuole evitare il
paradosso-Gubitosi:
in quanto dg Rai
non era soggetto al limite
Pressing dell’esecutivo
per applicare ai vertici di
Eni, Enel e altre quotate
i sacrifici previsti
trebbero finire nella riforma della
Pubblica amministrazione, annunciata per aprile. La direzione è
opposta a quella auspicata da Ennio Doris (Medilanum), che ospite di Maria Latella, SkyTg24, si
augura sforbiciate solo temporanee ai compensi, per non perdere
le menti migliori.
Da una parte dunque, l’esecutivo Renzi è all’opera per evitare un
altro paradosso Rai, con il direttore generale Gubitosi che continuerà a percepire 650 mila euro in
quanto dirigente, mentre il presidente e anche amministratore delegato Tarantola scenderà tra un
paio di giorni a 311 mila. Dall’altra, scongiurare una volta per tutte il ripetersi del caso Mastrapasqua, l’ex presidente Inps assiduo
collezionista di poltrone. Chi accetta più di un incarico pubblico,
sembra però complicato. Visto
che si tratta di società che rispondono al mercato.
Sia come sia, per ora nessuno sa
chi il tetto l’ha rispettato e chi no.
La Consob avrebbe aperto già due
inchieste per danno erariale contro una ventina di manager pubblici disubbidienti. A complicare
la faccenda, le tre fasce introdotte
dal ministero dell’Economia. Che
valgono però solo per le partecipate del Tesoro e che scattano dal
primo aprile (ma i dirigenti nel
mirino sono quasi tutti in scadenza). Anche qui un paradosso: se
l’ad dell’Atac può guadagnare fino a 311 mila euro, quello dell’Istituto Luce 155 mila (terza fascia) e quello dell’Enav, l’ente nazionale che controlla il traffico aereo (seconda fascia), 250 mila.
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la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
LE SCELTE DEI PARTITI
Il centrodestra
L’ex premier lancia le liste dei club
e Storace confluisce in Forza Italia
ROMA. Berlusconi e Storace tornano insieme. La Destra confluisce di
fatto in Forza Italia, alleanza stretta in vista delle Europee ma
soprattutto delle amministrative. «Nel contesto attuale non c’è spazio
per una piccola destra, ma per una grande destra identificata dagli
elettori in questi anni con Silvio Berlusconi», dice Francesco Storace al
comitato centrale del suo partito. Tra i due una calorosa telefonata ieri,
incontro in agenda nei prossimi giorni e candidatura dell’ex
governatore del Lazio alle Europee assai probabile. Plaudono Gasparri,
Matteoli e Santanché per il ritorno dell’ex collega. Renato Schifani del
Ncd attacca: «È la conferma che Forza Italia è diventato un partito di
estrema destra, la paura fa novanta ed ecco cosa si fa anche per l’uno per
cento in piu».
LA
GIOR
NA
TA
Berlusconi continua con le sue telefonate ai club e preannuncia una
svolta per aprire a volti nuovi. Ripete che l’obiettivo è quello dei 12 mila
club “Forza Silvio” e aggiunge: «Noi pensiamo che questi club, a partire
dalle prossime amministrative, possano darci una mano. Dovranno
avere in queste campagne anche i loro candidati scelti dalla base, che
saranno inseriti nelle liste elettorali. Questo è il colpo che abbiamo in
canna» dice in collegamento un club di Roma. Quindi riprende il copione
di sempre: «In vent’anni abbiamo avuto quattro colpi di stato e oggi
siamo al terzo governo, il terzo governo consecutivo che non è stato
eletto dai cittadini». L’attacco consueto è alla magistratura
«politicizzata, che si comporta come un contropotere, per cui nessuno di
noi oggi può essere sicuro dei suoi diritti, dei suoi beni, della sua libertà».
Berlusconi non paga
gli onorevoli neanche
Fi è in profondo rosso
Bondi incalza i parlamentari, 5 milioni
evasi. Mancano i soldi per le europee
CARMELO LOPAPA
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ROMA. Se tollera ormai pochissimo dirigenti
e parlamentari forzisti, è anche perché li considera sanguisughe attaccate ai suoi conti
bancari personali. Ma adesso basta, tuona Silvio Berlusconi anche in questi giorni. «Io per
le Europee non firmo più un assegno — è sbottato — Hanno passato il tempo a litigare tra
loro anziché impegnarsi a trovare quattrini».
Uno sfogo che prende spunto dal nuovo regime che archivia il finanziamento pubblico. E
l’emergenza è dietro l’angolo, come gli ha fatto notare Denis Verdini, dato che per una buona campagna per le Europee occorrerebbe
20-30 milioni di euro. Chi metterà mano al
portafogli?
Forza Italia è rinata con la kermesse del 16
novembre 2013 e risulta già zavorrata da 72
milioni di disavanzo ereditato dai bilanci precedenti e dall’eredità Pdl. Per coprire quei rossi l’ex Cavaliere ha già firmato fideiussioni
per 87 milioni di euro. Una storia che si ripe-
Ammonta a 72 milioni il disavanzo
ereditato dal Pdl e per coprirlo l’ex
premier ha dovuto firmare
fideiussioni per 87 milioni di euro
BONDI
Ha avviato
il recupero
crediti nei
confronti dei
deputati
te. Ancora nel 2013, per saldare i debiti del
“fu” Pdl, staccava assegni per 14,8 milioni.
Ecco perché ha perso le staffe quando Sandro
Bondi, amministratore forzista, Gregorio
Fontana, responsabile tesseramento, e l’uomo dei conti Rocco Crimi gli hanno portato l’elenco dei parlamentari che da tempo non versano più la quota da 800 euro mensili. Praticamente tutti i deputati e senatori. Un buco
che solo nell’anno della legislatura appena
iniziata ammonterebbe già a 1 milioni di euro. E pochissimi hanno versato i 25 mila euro
che sulla carta erano necessari per potersi
candidare alle Politiche 2013. Sono partite
quindi in batteria decine di lettere di “recupero credito” in stile Equitalia per recuperare in alcuni casi fino a 50 mila euro. «Caro amico/a — è l’incipit della missiva a firma Bondi
— dalla verifica effettuata risulta che il credito nei Tuoi confronti ammonta ad Euro...» Si
ricorda il «dovere morale» verso il movimento, quindi si prega «di voler provvedere al più
presto al saldo residuo dei Tuoi versamenti».
Stavolta i 68 deputati e 60 senatori forzisti
non avranno scampo, archiviati i tempi in cui
la “Tv della libertà” gestita da Michela Vitto-
I conti di Forza Italia
Disavanzo stimato di Forza Italia
72,5 milioni di euro
Disavanzo patrimoniale certificato nel 2012
68 milioni
Garanzie bancarie di Berlusconi per Forza Italia
87 milioni
Fideiussioni personali Berlusconi per il Pdl nel 2013
14,8 milioni
Buco da mancati versamenti del contributo
dai parlamentari
1 milione
Quota mensile dovuta dai parlamentari
800 euro
Una tantum per la candidatura
25 mila euro
Spesa stimata per le Europee
20/30 milioni
(erogazione luglio 2014)
Tranche di finanziamento pubblico 2013 per il Pdl
6 milioni di euro
Perdite della Tv della libertà (Brambilla)
chiusa nel 2012
800 mila di euro
Immobili di proprietà Pdl-Forza Italia
Nessuno
Dipendenti Forza Italia (ex Pdl)
30 (da 100 originari)
ria Brambilla poteva accumulare un buco da
800 mila euro (coperti dalle casse di Forza Italia) che poi ne ha determinato la chiusura a fine 2012. «Conto di chiudere il bilancio Pdl in
pareggio, quando a luglio ci arriverà l’ultima
tranche di finanziamento pubblico, benché
dimezzata, da 5-6 milioni» spiega Maurizio
Bianconi, tesoriere del partito sciolto. «Resta
il problema dei dipendenti, ridotti da 80 a una
trentina, speriamo di risolvere in maniera indolore». È la crisi che bussa anche alle porte
del Palazzo, ammette il tesoriere, «perché noi
partiti produrremo pure merda, ma siamo a
L’EX PREMIER : ADOTTIAMO CANI E GATTI. MA IN VENETO SCOPPIA IL CASO BERLATO
Silvio animalista candida il cacciatore
PAOLO BERIZZI
MILANO. Effetto Dudù sulla campagna elettorale di Forza Italia.
«Dobbiamo impegnarci a trovare un «papà» o una «mamma» alle migliaia di animali abbandonati. Cani e gatti ci aiuteranno a
vincere le elezioni europee», ha
annunciato Silvio Berlusconi in
una telefonata a un club «Forza
Silvio» di Roma. Strizzando l’occhio agli animalisti, e citando la
lettura notturna di un brano di
Madre Teresa dedicato agli
«eterni amici dell’uomo», il padrone di Dudù fa i conti nelle cucce degli italiani: «Nel nostro Paese ci sono 10 milioni di persone
che tengono un animale in casa
per compagnia, non potranno
che guardarci con una rinnovata simpatia. E anche questo aiuterà il popolo dei moderati a diventare maggioranza politica».
Ma la mossa strategica dell’ex
Cavaliere rischia di trasformarsi in un boomerang. Gli animalisti sono in realtà in rotta di collisione con Forza Italia. E si preparano alla rivolta. Succede in
Veneto. A scatenare la protesta
è una candidatura «azzurra»
proprio per le europee del 25
maggio: lui è Sergio Berlato, presidente dell’Associazione Cacciatori Veneti. Un ultrà del mondo venatorio che a Strasburgo,
dove è stato eletto con Alleanza
nazionale, si batte per i diritti e
ANIMALISTA
Maria Vittoria
Brambilla, ex
ministro del
governo
Berlusconi
la lobby delle carabine. An adesso non c’è più e l’animalista Silvio Berlusconi ha deciso di accogliere Berlato in casa azzurra.
Candidatura assicurata. Nello
stesso partito nel quale milita la
pasionaria animalista Michela
Vittoria Brambilla. Ma tant’è, la
carta Berlato ha fatto infuriare
gli animalisti veneti. In primis
l’associazione «100% animalisti“, considerata di area non vicina al centrosinistra, e fino a poco tempo fa alleata proprio con
la Brambilla. Il leader Paolo Mocavero definisce «vergognosa»
la candidatura di Berlato e annuncia iniziative per i prossimi
giorni: obbiettivo, Forza Italia.
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la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
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PER SAPERNE DI PIÙ
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www.repubblica.it
SI FRANTUMA LA CORRENTE DI MINORANZA
Esplode la sinistra Pd
Cuperlo contro Epifani
“Chi si divide perde”
GOFFREDO DE MARCHIS
ROMA — È finita la minoranza del
Pd. Frantumata da una buona dose di inimicizia, dalla difficoltà di
emanciparsi dai vecchi leader
proprio mentre Renzi naviga sull’onda della novità, ma soprattutto dalla rovinosa caduta delle primarie. L’estinzione viene certificata da una nota di Gianni Cuperlo, insolitamente dura. Amara,
ma anche sferzante. Finisce così
la minoranza come corrente. Rimane un’asse di sinistra sui provvedimenti. Sul decreto lavoro per
esempio le varie anime dell’opposizione interna, dai bersaniani
a Pippo Civati, non sono spaccati.
NASTRO
Berlusconi
all’epoca della
inaugurazione
della nuova sede
romana di Fi
tutti gli effetti aziende».
Berlusconi non sente più ragioni, vuole
che i suoi si diano da fare, ora che la nuova
legge, oltre a cancellare il finanziamento
pubblico, fissa anche un tetto a quello privato da 100 mila euro. Due le strade studiate a Palazzo Grazioli in molteplici riunioni
avute in queste settimane. La prima porta
al tesseramento. Gregorio Fontana ne è il responsabile nazionale: «Quindici giorni fa il
presidente ha lanciato con una lettera sul sito l’operazione. Iscriversi al Pdl costava 10 euro, noi pensiamo che l’adesione a Fi non possa essere svilito da una somma così irrisoria,
vogliamo persone che ci credano e si impegnino. Avremo tre categorie di iscritti: il volontario azzurro che contribuirà con un minimo di 50 euro, il socio sostenitore, da 100 a
500 euro, e il benemerito, da 500 in su. Subito dopo — continua il deputato lombardo —
saranno convocati i congressi locali per eleggere i coordinatori». Partito leggero ma soldi
veri. E i club? «Anche i presidenti e i loro direttivi avranno l’obbligo di iscriversi al partito — conclude Fontana — ed è la conferma
che non vi è alcuna divaricazione tra noi e loro». E poi c’è la seconda via, che passa per il rastrellamento di finanziamenti privati. La responsabile Fundraising è Daniela Santanché. «Ho appena consegnato il progetto nelle
mani di Berlusconi — racconta — Abbiamo
fatto un gran lavoro con Antonio Palmieri, responsabile Internet: a giorni partirà il sito dedicato alla raccolta fondi, ci ispiriamo al modello Obama, con varie tipologie di contribuzione». Poi, ogni eletto nazionale o locale avrà
un budget ideale da raccogliere, spetterà a lui
darsi da fare. In cantiere, anche aste su Ebay
per inviti a cena con politici forzisti. La buona
riuscita, coi venti di antipolitica che imperversano, sarà tutta da dimostrare.
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LE TAPPE
TESSERAMENTO
È partito via web
sul sito di Forza
Italia: verserà 50
euro il volontario
azzurro, da 100 a
500 il socio
sostenitore, da 500
in su il socio
benemerito
FUNDRAISING
Un’apposita
pagina web
per i finanziamenti
di privati e aziende
a Forza Italia
Tetto massimo
consentito
100.000 euro
Qualcuno, spiega Cuperlo,
«vuole rinchiudersi dentro fortini a protezione dello status quo.
Quando la sinistra si chiude e si divide perde. È un peccato rassegnarsi a correnti piccole, medie o
grandi che non comunicano».
Bersaniani e un po’ di lettiani si
separano, vanno da un’altra parte, non riconoscono più la leadership dello sfidante di Renzi, si affidano semmai alla guida di Roberto Speranza e Guglielmo Epifani. Ma Cuperlo li attacca, accusandoli implicitamente di essere
rimasti indietro al clichè dell’antirenzismo: «Il congresso è alle
spalle. Siamo entrati in un ciclo
nuovo». Che non significa schie-
Martedì l’ex segretario e
il capogruppo Speranza
rilanciano la nuova area
di bersaniani e lettiani
rarsi con il premier. Semmai, dice
Cuperlo, evitare di fargli il regalo
più grande: un’opposizione frammentata e quindi invisibile.
Martedì, i parlamentari della
nuova corrente bersanian-lettiana si vedono alla Camera. Sabato
Cuperlo organizza un altro incontro per tenere viva l’esperienza
della sua mozione. I Giovani Turchi di Matteo Orfini e del Guardasigilli Andrea Orlando gli restano
legati per dialogare in autonomia
con Renzi. «Non aveva senso stare tutti nello stesso contenitore
vista la diversità di approcci. Si fa
chiarezza», dice con piglio polemico Orfini. La frattura del resto
si consuma proprio intorno al ruolo dei Giovani Turchi incolpati di
essere una quinta colonna renziana. Così non si poteva più stare
insieme.
In piccolo è quello che succede
anche nel Psi. Riccardo Nencini
ottiene il via libera dal partito per
un patto federativo con il Pd. Vale a dire presentarsi alle Europee
sotto le insegne di Renzi. Una linea contestata da Bobo Craxi che
teme la scomparsa delle idee e
della tradizione socialista.
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la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
CRONACA
La sentenza
Sfigurata con l’acido
condanna esemplare
all’ex fidanzato di Lucia
Pena massima (20 anni) a Varani, 14 agli esecutori
“Io un simbolo? Avrei preferito non diventarlo”
PESARO. Ci sono anche gli applausi, per Lucia. «Auguri, brava, forza». Il
primo ad uscire dall’aula dove si è svolto il processo con rito abbreviato e a
porte chiuse è il procuratore capo Manfredi Palumbo. «Vent’anni a Luca
Varani, quattordici ai due albanesi Altistin Precetaj e Eubin Talaban»: il
massimo della pena possibile con il rito abbreviato. L’avvocatessa Lucia
Annibali si avvia verso la Procura, dove incontrerà i cronisti. «Non volevo
certo diventare un simbolo», mormora. Ecco, il processo è finito e il
giudice Maurizio Di Palma accoglie in pieno le richieste
LA dell’accusa. Solo i 18 anni chiesti per i due albanesi
14 per l’unificazione di due aggravanti.
GIOR diventano
Nell’ultima udienza, dedicata alle repliche di accusa e
NA difesa, c’è stato un piccolo giallo. Il Pm Monica Garulli,
TA mostrando una foto dell’appartamento dove è
avvenuta l’aggressione, attraverso un ingrandimento
indica un orologio abbandonato su uno zainetto. «Non è il mio», dice Lucia.
E l’avvocato di Luca Varani, Francesco Maisano, fa mettere subito questa
frase a verbale. «Perché quell’orologio non è stato repertato? Se l’Annibali
dice che non è suo, allora potrebbe essere stato abbandonato dagli
aggressori. Ci potrebbero essere tracce di Dna…».
Il giallo viene presto chiarito. I carabinieri portano i genitori di Lucia nella
casa di Urbino, recuperano l’orologio e lo portano in aula. «Lucia — dice il
suo avvocato Francesco Coli — non vede bene. Si è sbagliata, quando ha
detto che quell’orologio non era suo. Si tratta di un Breil che Lucia aveva
riconosciuto come suo e che le era stato consegnato qualche mese dopo
l’aggressione».
La difesa di Luca Varani, in questo lungo processo «abbreviato», ha
puntato su una tesi: l’uomo voleva soltanto fare uno «scherzo odioso» a
Lucia Annibali. Aveva detto ai due albanesi di buttare l’acido sull’auto
nuova dell’avvocatessa, un’Audi, e non certo di rovinarle la faccia. «Sono
responsabile — aveva dichiarato l’imputato di lesioni gravissime e
tentato omicidio — perché poi non ho avuto il dominio della situazione».
La condanna conferma però le richieste dell’accusa e gli avvocati Roberto
Brunelli e Francesco Maisano annunciano che ricorreranno in appello.
«Qui a Pesaro c’è stata troppa tensione. Senza il rito abbreviato il nostro
assistito avrebbe preso trent’anni e ormai trent’anni non si danno
nemmeno a un omicida. Cosa ha detto Luca Varani dopo la sentenza? Se
l’aspettava, proprio perché il processo si è svolto a Pesaro. Sono convinto
che in appello ad Ancona ed eventualmente in Cassazione avremo altre
sentenze».
Per gli avvocati della difesa ci sono anche le grida delle donne dell’Udi.
«Vergognatevi», dicono. «Gli avvocati — risponde secco il difensore
Maisano — difendono il giusto processo».
(j.m.)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
“L’incubo è finito
L’INTERVISTA
JENNER MELETTI
JENNER MELETTI
PESARO. «Voglio una vita tutta
mia, una vita felice». Lucia Annibali la ripete più volte, la parola felicità. È appena uscita dall’aula
del tribunale dove, per tante sedute, è riuscita a non guardare
mai in faccia l’uomo che l’ha fatta
sfregiare. Non ha mai pronunciato il suo nome. Adesso, stretta fra
il comandante dei carabinieri
Giuseppe Annarumma, il Pubblico ministero Monica Garulli e il
suo avvocato Francesco Coli, riesce a guardare in faccia i tanti cronisti che le sono di fronte. A sorridere alle telecamere. «L’incubo è
finito», dice. Sembra davvero che
felicità non sia una parola proibita.
Avvocatessa Lucia Annibali,
dove ha trovato questa forza?
«Dentro di me. Anche nei primi
45 giorni di ospedale, quando
avevo il volto distrutto e non riuscivo a vedere, ho capito che solo
dentro me stessa avrei trovato la
forza di reagire. Volevo riprendere la mia vita per uscire dall’incubo e per non dare soddisfazione a
chi aveva tentato di distruggermi. L’ho fatto per me, per la mia
famiglia, per i miei amici. Lucia,
mi dicevo, devi tornare a vivere».
È stato difficile passare tante
ore a pochi metri dall’uomo
che lei non vuole nominare?
«Quando ha parlato, non l’ho
ascoltato. Certo, è stata una prova difficile, ma io mi sono concentrata su me stessa, su ciò che è po-
sitivo. Io so di essere forte. Questa
consapevolezza mi ha salvato».
Che progetti ha, per i prossimi
giorni?
«Intanto ho un altro intervento
all’ospedale di Parma. Voglio che
il mio viso sia sempre più bello e
voglio anche godermela, questa
faccia, così diversa da quella che
vidi nei primi giorni di ricovero».
Cavaliere della Repubblica,
l’omaggio del Presidente al
Quirinale… Lei si sente un simbolo?
«Certo, non avrei voluto diventarlo. Non avevo certo in testa
questo obiettivo. Ma se posso essere d’aiuto per le altre donne, mi
va bene. Adesso però, lo ripeto,
mi sento cambiata. Voglio soprattutto vivere una vita che mi
renda serena e felice. Io questa vita non l’ho ritrovata per caso: l’ho
riconquistata».
Vent’anni di carcere al suo ex,
14 ai due albanesi che hanno
buttato l’acido. Lei disse, dopo
la richiesta dell’accusa, che 20
anni le sembravano pochi.
«Non dissi così. Dissi che questa era la pena massima che la
Procura poteva chiedere. Voglio
essere chiara: per quello che mi è
stato fatto, non c’è condanna che
possa ripagarmi. Una condanna
c’è stata, una sentenza è stata
scritta. Ma io devo pensare al mio
futuro, concentrarmi sulla mia
nuova vita, non guardare al passato».
Qualcuno le ha già parlato di
perdono?
«Anche questo farebbe parte
di un passato che oggi si ferma.
Dentro di me ci sono sentimento
positivi. Non ho mai coltivato rabbia e rancore. Vede, se rischi di
perdere la vita, di perdere tutto,
poi riesci davvero ad apprezzare
le cose belle. La vita ha un sapore
diverso».
Il primo pensiero, dopo che il
giudice Maurizio Di Palma ha
letto la sentenza?
«Adesso, mi sono detta, posso
respirare. E possono respirare as-
“
“
LA MIA VITA
Voglio una vita tutta
mia, una vita felice.
Quando rischi
di perderla poi
riesci ad apprezzare
le cose belle
IL MIO EX
Quando ha parlato
al processo non l’ho
ascoltato. È stata
una prova difficile
ma sono forte. E per
questo sono salva
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
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PER SAPERNE DI PIÙ
www.senonoraquando.eu
www.repubblica.it
Quel messaggio
ai violenti:
da oggi nessuno
può sperare
nell’impunità
MICHELA MARZANO
A SENTENZA è giusta. Anche se nulla potrà ripagarmi». È con queste
parole che Lucia Annibali ha commentato la sentenza di condanna del suo
ex fidanzato, che aveva pagato due sicari
per aggredirla con l’acido. Vent’anni di reclusione per stalking e tentato omicidio,
come era stato richiesto dal pubblico ministero. Per punire in modo esemplare un
crimine esemplare. E mostrare così, speriamo una volta per tutte, che la violenza
contro le donne non può restare impunita,
che gli uomini violenti non possono più farla franca, che la giustizia, anche in Italia,
può fare il proprio lavoro. Certo, nulla potrà mai ripagare Lucia per la sofferenza e
l’umiliazione subite. Nulla potrà mai ridarle quello che ha perso per sempre. Nulla potrà cancellare quei mesi di lotte per
non lasciarsi travolgere dal dolore ed andare avanti. Ma, adesso, Lucia non sarà più
solo un simbolo delle violenze contro donne. Sarà anche il simbolo di una giustizia
che, senza cadere nella trappola della vendetta, riconosce alle vittime della brutalità
maschile il diritto di essere prese sul serio.
Certo, il dramma delle violenze che tante donne subiscono quotidianamente non
si risolve solo attraverso la punizione. Come accade ogni volta che si è di fronte ad
un problema strutturale, per affrontare
adeguatamente questa piaga contemporanea è necessario anche cominciare ad
agire sulle cause, organizzando un serio
piano di prevenzione. Si dovrà, prima o poi,
affrontare concretamente la questione
della riscrittura della grammatica delle relazioni affettive, insegnando a tutti, fin da
piccoli, la necessità del rispetto dell’alterità e della dignità di ogni essere umano,
indipendentemente dal sesso, dal genere
o dall’orientamento sessuale. Si dovranno
finanziare i centri anti-violenza e proteggere le vittime. Si dovrà trovare il modo per
aiutare quegli uomini che, rendendosi
conto della propria incapacità a controllare l’aggressività e la frustrazione, cercheranno il modo per evitare di passare un
giorno all’atto. Ma come fare a portare
avanti strategie di questo tipo se non c’è
prima l’azione effettiva e simbolica della
legge che interviene per punire i colpevoli?
Condannare i colpevoli e applicare la
legge è il primo passo per lottare contro le
violenze di genere. Non tanto e non solo
per riparare i torti, perché quelli, molto
spesso, non possono essere riparati. Quanto per dare a tutti un segnale chiaro e preciso: ci sono cose che non si fanno, crimini
che la nostra società non è disposta a tollerare, gesti che saranno duramente sanzionati. Nulla è peggio del sentimento di impunità, quel “tanto poi non succede niente” che ha fino ad ora permesso a tanti uomini violenti di continuare ad agire come
prima, di non rimettersi mai in discussione, di pensare che non ci fosse nulla di male a perseguitare o picchiare una donna, a
deturparla col l’acido o ad ucciderla. Troppe volte gli uomini maltrattanti ne sono
usciti indenni. Troppe volte le donne vittime non sono state ascoltate. Troppe volte
sono state lasciate sole, talvolta anche rese responsabili di quanto stavano subendo.
Lucia Annibali porterà per sempre con
sé i segni della violenza subita. Quell’acido
ricevuto in pieno viso per deturparne i contorni e le forme. Quella volontà di cancellarne la specificità, costringendola all’anonimato dell’informe. Ma sarà anche, e
per sempre, il simbolo della capacità che
tante donne hanno di battersi e di andare
avanti per riconquistare la propria soggettività. Sarà anche, grazie alla sentenza
di ieri, il simbolo di una giustizia che accoglie e riconosce veramente il dolore delle
vittime, punendo i carnefici in modo esemplare.
«L
IN TRIBUNALE
Nella foto grande, Lucia Annibali
in tribunale a Pesaro. Sopra, Luca Varani,
l’avvocato 37enne mandante
dell’agguato con l’acido. Sotto, Rubin
Talaban, esecutore dell’aggressione
con il “socio” Altistin Precetaj
ora torno a respirare”
sieme a me la mia famiglia ed i
miei amici. Il primo pensiero, comunque, è stato per la Procura e
per i carabinieri. Hanno fatto un
buon lavoro e oggi hanno avuto
soddisfazione. Una condanna, comunque, non riesce a cancellare
il tanto male che mi è stato fatto.
Quale male? Ma avete visto il mio
volto? È giusto che chi ha commesso questo scempio sia punito
nel modo che il giudice ha ritenuto più opportuno. Mi va bene così
ma la sentenza non mi libera da
una vicenda che resta molto triste e non ha nessuna giustificazione. Non c’era bisogno di arrivare a tanto».
Il 16 aprile sarà passato un anno dall’aggressione. Non sarà
stato facile, ma in questo anno
c’è stato qualche momento
bello?
«Sì, quando dopo un mese e
mezzo di ospedale i medici, che
anche oggi ringrazio ed abbraccio, mi hanno detto che potevo alzarmi dal letto e che per qualche
“
IL PERDONO
Anche perdonare
farebbe parte del
passato. Oggi provo
solo sentimenti
positivi: né rabbia
né rancore
giorno potevo tornare a casa. Rimettersi in piedi è stata una cosa grandiosa. Un’emozione, ritrovare le proprie gambe. Quel
mese e mezzo mi è sembrato
una vita intera. Il momento più
brutto? Non devo nemmeno
pensarci: è stato quando mi è arrivato l’acido in faccia ed ho capito che potevo morire».
Un uomo che aveva amato è diventato il suo carnefice. Dall’amore al tentato omicidio
con il gas, all’acido in faccia…
«Paradossalmente, quando sono stata aggredita, ho vissuto come una liberazione. Ho capito il
passato, sono riuscita a riprendere in mano le redini della mia vita.
E non mi rimprovero. Non puoi
prevedere simili
atrocità. Ho fatto
pace con me stessa
già nel letto di
ospedale. Io sono la
vittima senza colpe, lui è l’aggressore».
Le ustioni sul
volto e su una
mano. In ospedale ha incontrato tante persone ferite…
«Agli ustionati
io dico: credeteci
sempre. Ogni minuto e ogni giorno.
Il percorso è lungo e doloroso, ma
è un cammino che porta avanti. Si
torna alla vita, anche se non è perfetta. Per questo ringrazio ancora
i medici e gli infermieri di Parma,
che mi hanno sempre detto: Lucia, puoi farcela. E lo dicevano anche quando avevo una faccia che
era solo una grande ferita».
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LE TAPPE
L’AGGRESSIONE
La sera del 16 aprile
2013 Lucia Annibali
avvocato di 35 anni
(nella foto) rientra a
casa a Pesaro: sulla
porta un uomo le
getta l’acido in viso.
Lei, gravissima, fa
il nome dell’ex
Nel decennale dalla scomparsa del
Grand’Ufficiale
Comm.
Remo Trucchi
la moglie Anna, con immutato rimpianto, lo ricorda a quanti lo conobbero e stimarono.
Una S. Messa in memoria sarà celebrata domani, ore 17.20, Tempio Civico di
S. Sebastiano, via Torino 28.
Milano, 30 marzo 2014
Il giorno 28 marzo è mancato all’affetto
dei suoi cari l’Avvocato
Luigi Giacomo Scassellati
Sforzolini
profondamente addolorati lo annunciano a chi gli voleva bene la moglie Bice,
le figlie Fabrizia, Maria Teresa e la nipote Arabella.
Un grazie di cuore a Lydia, Emanuele e
Annie per l’affettuosa assistenza.
Le esequie avranno luogo lunedì 31
marzo alle ore 11, nella chiesa nuova di
S. Filippo Neri in via dei Priori.
Si preferisce non fiori ma donazioni all’A.U.C.C.
Perugia, 30 marzo 2014
Virginia Ripa di Meana, Maurizio Martinetti, Giuseppe Matteo Masoni, Domenico Luca Scordino e tutti i membri dello Studio Ripa di Meana si stringono con
antico affetto a Teresa, Fabrizia e Bice
nel ricordo del caro
12 21 57 68 86 88
82
Concorso n. 38 del 29-03-2014
Superenalotto
Nessun vincitore con punti 6
Nessun vincitore con punti 5+
Ai 12 vincitori con punti 5
23.957,96 €
Ai 972 vincitori con punti 4
304,14 €
Ai 33.338 vincitori con punti 3
17,49 €
Superstar
Ai 6 vincitori con punti 4
30.414,00 €
Ai 198 vincitori con punti 3
1.749,00 €
Ai 3.001 vincitori con punti 2
100,00 €
Ai 17.006 vincitori con punti 1
10,00 €
Ai 34.651 vincitori con punti 0
5,00 €
IL PROSSIMO JACKPOT CON PUNTI 6
10.700.000€
Luigiacomo Scassellati
Sforzolini
Roma, 30 marzo 2014
È mancato all’affetto dei suoi cari il
Dott.
Dario Mottura
IL PROCESSO
Alla sbarra vanno
il suo ex fidanzato
Luca Varani, collega
di 36 anni, e i due
sicari albanesi che
l’hanno aggredita.
Ieri la sentenza con
rito abbreviato
Medico Chirurgo
A funerali avvenuti ne danno il triste annuncio la moglie Mariuccia, la figlia Raffaella, le sorelle, i nipoti e parenti tutti.
Pinerolo, 30 marzo 2014
ACCETTAZIONE TELEFONICA NECROLOGIE
800.700.800
Il servizio è operativo
TUTTI I GIORNI
COMPRESI I FESTIVI
DALLE 10 ALLE 19:30
Operatori telefonici qualificati saranno
a disposizione per la dettatura dei testi
da pubblicare
Si pregano gli utenti del servizio telefonico
di tenere pronto un documento
PAGAMENTO TRAMITE
di identificazione per poterne dettare
CARTA DI CREDITO:
VISA, MASTERCARD, CARTA SÌ gli estremi all’operatore (ART. 119 T.U.L.P.S.)
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LA CRISI IN UCRAINA
La crisi
Obama “cede” sulla Crimea
ecco la bozza che riapre
la trattativa con Putin
L’ANNUNCIO
Yiulia Tymoshenko ieri a Kiev:
ha detto che si candiderà alle
presidenziali. Sotto, il Segretario
di Stato Usa John Kerry
Svolta per l’Ucraina, oggi incontro tra Kerry e Lavrov
Diplomazia segreta tra Usa e Russia. Il Papa informato
<SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
FEDERICO RAMPINI
I
PUNTI
STATUS UCRAINO
I russi vogliono
che l’Ucraina
diventi Paese “non
allineato”, quindi
non-Nato,
e “federato”,
dando autonomia
ai russofoni
TRANSNISTRIA
Altra richiesta: che
finisca l’“assedio”
alla regione
separatista
della Moldavia, con
negoziati fra Osce,
Transnistria, Russia,
Moldavia e Ucraina
RITIRO DEI SOLDATI
La prima richiesta
degli americani
è il rientro
alle loro basi
dei 30mila militari
russi ammassati
alla frontiera
con l’Ucraina
per le cosiddette
“esercitazioni
militari”
DIALOGO DIRETTO
La seconda
proposta Usa è
un dialogo diretto
Mosca-Kiev,
preliminare
al riconoscimento
del governo,
e l’accettazione
delle prossime
elezioni
presidenziali
IROTTA” il proprio aereo e si precipita a Parigi per incontrare il
suo omologo russo Serghei Lavrov. Da quest’ultimo arriva
una rassicurazione: «La Russia
non ha alcuna intenzione di attraversare la frontiera con l'Ucraina». Poi una valutazione sullo stato della trattativa: «I punti
di vista della Russia e degli Occidentali si avvicinano». Lavrov
aggiunge però che “l'illegalità
che alcuni paesi occidentali
stanno tentando di spazzare
sotto il tappeto dovrebbe essere
fermata». L’illegalità in questione, dal punto di vista russo, in-
“D
clude sia il governo ucraino di
transizione, sia le presunte intimidazioni verso le minoranze
russe in diversi paesi, Ucraina e
Moldova.
La situazione si è messa in movimento all’improvviso, proprio quando Obama era in Arabia saudita, ultima tappa del
tour che lo aveva portato a
L’Aja, Bruxelles e Roma. I dettagli della Casa Bianca sono precisi: al termine della cena col principe Abdullah, Obama era appena rientrato all’hotel Ritz Carlton di Ryad quando è giunta la
chiamata da Mosca. Quali sono i
contorni del possibile compromesso tra Obama e Putin? La Casa Bianca sottolinea un passaggio nel colloquio telefonico tra i
due leader, in cui Obama pone
due condizioni precise per una
“de-escalation” della crisi: «La
Russia ritiri le sue truppe e non
commetta ulteriori violazioni
dell’integrità e sovranità ucraina». I consiglieri di Obama spiegano nei dettagli che cosa questo significhi: «Ritorno nelle proprie basi militari delle truppe
russe impegnate in cosiddette
esercitazioni militari vicino alla
frontiera con l’Ucraina. Invio di
ispettori internazionali dell’Osce per vigilare sul rispetto dei
diritti delle minoranze. Dialogo
diretto Mosca-Kiev (preliminare a un pieno riconoscimento di
legittimità del governo ucraino), facilitato dalla comunità internazionale cioè Osce e Onu.
Un’accettazione delle prossime
elezioni presidenziali ucraine
da parte di Mosca».
Questi contenuti sono il frutto delle consultazioni che Obama ha avuto con tutti i suoi alleati, prima all’Aja (vertice G7
d’emergenza sulla crisi ucraina), poi a Bruxelles negli incontri con l’Ue e la Nato. Anche con
papa Francesco il presidente
americano ne ha parlato, visto
che il Vaticano aveva stabilito
un buon rapporto con Putin all’epoca del G20 di San Pietroburgo (sulla crisi in Siria), con la
lettera del pontefice che ammoniva sui rischi di un intervento
militare.
Una mossa decisiva secondo
la Casa Bianca è il ritiro di quei
30.000 soldati russi ammassati
a ridosso del confine ucraino.
Obama vede il rischio che Putin
attenda di fabbricarsi un pretesto per invadere aree dell’Ucraina orientale, o della Moldova. E
un giallo riguarda proprio quella telefonata di venerdì sera tra
i due leader. A Mosca la versione
ufficiale è che sia stato Obama a
chiamare Putin. Inoltre nella
versione russa Putin nel colloquio telefonico avrebbe soprattutto esternato nuove lamentele sulla sorte dei russi che abita-
Ma gli Stati Uniti
avvertono: “I russi non
violino ancora la
sovranità del Paese”
no in Ucraina e Moldova. Obama
ha ribadito che «non esistono
pericoli reali» per quelle minoranze. Ci tiene perciò che Putin
accetti un arbitrato internazionale: devono essere gli ispettori dell’Osce a verificare come vengono trattate le minoranze etniche. Guai se
l’arbitro sta a Mosca.
Obama consapevole
dei rischi di questo accordo diplomatico in gestazione. Perciò nella telefonata di venerdì sera ha insistito per avere una “risposta scritta” da Putin:
non vuole che Lavrov si
presenti a Parigi senza un
mandato chiaro, e che le
sue (eventuali) aperture vengano poi sconfessate dal suo capo a Mosca.
Intanto nella bozza
di accordo su cui la Casa Bianca sta puntando, è scomparsa
una richiesta: la cancellazione dell’annessione
della Crimea.
Obama continua a definirla una
«violazione della legalità internazionale». Ma non v’e` traccia
della Crimea nei punti
qualificanti dell’accordo
che Kerry vuole negoziare a Parigi. Per Putin è già
una vittoria considerevole.
Con un accordo a Parigi, anche accettando le condizioni
americane, la Russia si terrebbe
comunque la Crimea. La popolarità di Putin è alle stelle, in un
revival di nazionalismo revanscista russo. Le sanzioni occidentali in caso di accordo resterebbero ferme al primo stadio, cioè quelle modeste misure varate contro una trentina di
oligarchi vicini a Putin. E un accordo con Obama consentirebbe a Putin di uscire dall’isolamento diplomatico dopo la sospensione dal G8.
In Crimea però la situazione è tutt'altro che pacificata.
La grande comunità tatara circa 300mila persone di religione musulmana - ieri si è
riunita a congresso per stabilire come tutelarsi all'interno
della nuova forma statuale. In
mancanza di garanzie (finora
dalle nuove autorità russe sono
arrivate solo minacce di confisca delle terre) i tatari hanno deciso che terranno un proprio
referendum per dotarsi di un
status autonomo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
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PER SAPERNE DI PIÙ
rt.com
zizekstudies.org
L’EUROPA I manifestanti di Majdan
CHE sono degli eroi: ma la sfida
VOGLIAMO comincia ora, ed è quella
dell’identità del paese
BENVENUTI A KIEV
DOVE SOGNANO
AL NOSTRO POSTO
SLAVOJ ZIZEK
<SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
CHE presto o tardi si ritroveranno
nella posizione della Grecia…
E
Questi commenti, però, non considerano che gli ucraini non erano affatto inconsapevoli della situazione della
Ue; conoscevano benissimo i suoi problemi e le sue disparità, ma il loro messaggio era molto semplice: noi siamo
messi molto peggio. I problemi dell’Europa sono ancora problemi da ricchi (ricordiamoci che i profughi africani continuano a sbarcare in massa
sulle coste greche nonostante la terribile situazione del Paese, scatenando
l’ira dei patrioti di destra).
Ma c’è una domanda molto più importante: cosa rappresenta quell’“Europa” che i manifestanti ucraini vedono come un punto di riferimento? Non
è possibile ridurre il progetto europeo
a un’unica visione: abbraccia l’intero
arco delle idee politiche, da elementi
nazionalisti e perfino fascisti fino all’idea di quella che Étienne Balibar chiama égaliberté, la libertà nell’uguaglianza, il contributo specifico dell’Europa all’immaginario politico mondiale (anche se oggi le istituzioni europee
lo tradiscono sempre più); e in mezzo
a questi due poli c’è la fiducia ingenua
Il filosofo e
psicoanalista
sloveno
Slavoj Zizek
dirige
il Birkbeck
Institute
a Londra
Non è possibile ridurre il progetto
del Vecchio continente ad un’unica
visione. Se lo consideriamo un valore
non negoziabile, siamo perduti tutti
GABRIEL FELBERMAYER DELL’ISTITUTO STUDI ECONOMICI TEDESCO
“Se ci saranno sanzioni contro Mosca
l’Ue perderà l’1 per cento del Pil”
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
ANDREA TARQUINI
BERLINO. «Da sanzioni occidentali alla Russia, la
Germania potrebbe rischiare fino all’1,3 per cento del suo prodotto interno lordo (Pil), e l’Unione
europea intera, nel bel mezzo delle sue difficoltà,
circa l’1 per cento». Ecco il peso del dilemma per
Berlino. Ce lo spiega il professor Gabriel Felbermayer, massimo esperto di rapporti con Mosca all’autorevole Ifo, l’istituto di studi economici di Monaco.
Professore, quanto ci costerebbero sanzioni dure?
«Dipendere da come reagirebbe la Russia. Specie per la Germania numero due mondiale dell’export una guerra commerciale con la Russia un
grande danno. La Germania esporta in Russia il 3
per cento del suo export. Se cade questo export, nel
caso peggiore la Germania perderebbe l’1,3 per
cento del suo Pil. Nella Ue nel suo insieme la perdita di Pil sarebbe di circa l’1 per cento».
Quali comparti delle economie dei paesi
esportatori, come la Germania ma anche
l’Italia, sarebbero colpiti più duramente?
«Per l’export il comparto macchinari e l’industria dell’auto ha grandi piani in Russia. Gas e pe-
Gabriel
Felbermayer
La Germania
da sola rischia
un calo dell’1,3
per cento
Una guerra
commerciale
comporterebbe
danni gravi
trolio: in Germania est la Sassonia-Anhalt e il Brandeburgo possiedono enormi raffinerie e impianti
chimici che lavorano grazie alle forniture di petrolio russe. Per questi due Stati federali parliamo
dell’11 per cento del pil regionale. Ma sarebbe un
problema anche all’Ovest: Basf, per esempio, il gigante chimico di Ludwigshafen, è fortemente legata al gas russo».
Mosca potrebbe reagire chiudendo il rubinetto?
«Sarebbe drammatico. L’addio tedesco al carbone e all’atomo ci hanno resi ancor più dipendenti
dal gas russo. E poi se i russi dicono “non vi forniremo più energia” colpiscono se stessi: l’80-85 per
cento dell’export russo è energia, e nella Ue equivale a quasi il 15 per cento del loro pil. Se chiudono
il rubinetto affronteranno una violenta crisi economico-sociale, per questo non credo lo faranno».
Quanto è forte in Europa la linea severa di
Angela Merkel?
«La Russia minaccerebbe la ripresa annunciata
quest’anno. Il governo federale affronta un dilemma strategico: solidarietà con gli alleati da un lato,
dall’altro l’ostilità di industria, sindacati e società
civile a varare sanzioni che farebbero male anche
alla Germania».
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nel capitalismo liberaldemocratico.
Nelle proteste ucraine l’Europa vede
la propria parte migliore e la peggiore.
Il nazionalismo di destra ucraino si inserisce nel quadro di una rinnovata ondata populista anti-immigrati che innalza la bandiera della difesa dell’Europa. Il pericolo della nuova destra era
percepito chiaramente, un secolo fa,
da Gilbert Keith Chesterton, che nel
suo Ortodossia illustrava la contraddizione di fondo dei contestatori della religione: «Gli uomini, che cominciano a
combattere la Chiesa per amore della
libertà e dell’umanità, finiscono col
combattere anche la libertà e l’umanità pur di combattere la Chiesa». Non
vale lo stesso anche per i fautori della
religione? Quanti fanatici difensori
della religione hanno cominciato attaccando ferocemente la cultura laica
contemporanea, e hanno finito per rinunciare a qualsiasi esperienza religiosa significativa? E non vale lo stesso anche per la recente ascesa dei difensori dell’Europa contro la minaccia
degli immigrati? Nello zelo di difendere la tradizione cristiana, i nuovi zeloti
sono pronti a rinunciare all’essenza
stessa di quella tradizione.
Che cosa possiamo fare in una situazione del genere? I liberali ortodossi ci dicono che quando i valori democratici di fondo sono minacciati da
fondamentalisti etnici o religiosi dobbiamo tutti unirci sotto la bandiera liberaldemocratica della tolleranza cul-
turale, salvare quel che può essere salvato, e accantonare i sogni di una trasformazione sociale più radicale. E il
sogno europeo capitalista e liberaldemocratico? Non possiamo sapere con
esattezza che cosa attende l’Ucraina
all’interno della Ue, a partire dalle misure di austerity.
Possiamo immaginare uno scambio
di battute tra un ucraino critico e un
amministratore finanziario dell’Unione Europea. L’ucraino si lamenta: «Il
panico che c’è qui in Ucraina ha due ragioni. La prima è che abbiamo paura
che l’Unione Europea ci abbandoni alle pressioni russe e che lasci colare a
picco la nostra economia…». Il funzionario europeo lo interrompe: «Ma potete fidarvi di noi, non vi abbandoneremo, vi controlleremo rigorosamente e vi consiglieremo cosa fare!».
«Beh», risponde l’ucraino con calma,
«questa è la seconda ragione».
Perciò sì, i manifestanti di Majdan
sono stati eroi, ma la vera battaglia comincia ora, la battaglia per cosa diventerà la nuova Ucraina, e sarà una
battaglia molto più difficile di quella
contro l’intervento di Putin. La questione non è se nella Ue; la questione è
se l’Europa di oggi è degna delle aspirazioni profonde degli ucraini. Se l’Ucraina finirà per essere un miscuglio di
fondamentalismo etnico e capitalismo liberista, con gli oligarchi che
muovono i fili, sarà europea quanto lo
è oggi la Russia (o l’Ungheria). I commentatori politici hanno detto che la
Ue non ha sostenuto abbastanza l’Ucraina nel conflitto con la Russia, che
la risposta all’occupazione e all’annessione della Crimea è stata titubante.
Ma soprattutto l’Europa non ha offerto all’Ucraina una strategia praticabile per uscire dall’impasse socioeconomica in cui è finita. Per fare una cosa
del genere, l’Europa dovrebbe prima
trasformare se stessa e tornare a dichiarare il proprio impegno per l’essenza emancipatrice del suo retaggio.
Nei suoi Appunti per una definizione della cultura, il grande conservatore T.S. Eliot osservava che ci sono momenti in cui l’unica scelta è tra settarismo e assenza di fede, in cui l’unico modo per tenere viva una religione è operare uno scisma settario dal suo cadavere principale. È la sola possibilità che
abbiamo oggi: solo attraverso uno “scisma settario” dal cadavere in putrefazione della vecchia Europa potremo
mantenere viva la tradizione europea
dell’égaliberté. Uno scisma simile potrebbe mettere in crisi le premesse
che tendiamo ad accettare come il nostro destino, come dati non negoziabili della nostra condizione, il fenomeno
di solito designato col termine di Nuovo ordine mondiale, e la necessità di
adeguarci a esso attraverso la “modernizzazione”. Per dirla in maniera
cruda, se il Nuovo ordine mondiale
emergente è il destino non negoziabile per tutti noi, allora l’Europa è perduta: e dunque, l’unica soluzione per
l’Europa è assumersi il rischio e rompere l’incantesimo del nostro destino.
Solo in questa nuova Europa, l’Ucraina potrebbe trovare il suo posto. Non
sono gli ucraini che devono imparare
dall’Europa: è l’Europa che deve imparare a far proprio il sogno che ha animato i manifestanti di Maidan.
Quale messaggio riceveranno gli
ucraini dalle prossime elezioni europee?
(Traduzione di Fabio Galimberti)
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16
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
MONDO
PER SAPERNE DI PIÙ
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www.goodmorningturkey.com
Lo scontro
La protesta corre in rete
Parlano i ragazzi di Gezi Park: “Chiudono
Twitter? E noi attacchiamo i siti del
governo” Vigilia elettorale tra arresti e dimissioni di giornalisti
Turchia, la rivolta è social
La sfida dei “red hacker”
contro Erdogan il censore
IN PIAZZA
Una manifestazione
a Istanbul contro
il premier
Erdogan (in alto)
FOTO: REUTERS
DAL NOSTRO INVIATO
MARCO ANSALDO
ISTANBUL.Al Gezi Park solo gli alberi sono rimasti in piedi. Non ci sono più bandiere, abbattuti i
chioschi dove i giovani difendevano il verde e la
laicità, smantellate le barricate con i nomi degli
“eroi” caduti. A Istanbul, il simbolo della protesta contro il potere autoritario di Recep Tayyip
Erdogan adesso è vuoto. Nel giorno del voto in
Turchia, a 10 mesi esatti dalla rivolta che scosse
un Paese intero portando milioni di persone a
manifestare contro corruzione e integralismo,
la piazza si è dispersa, ma si è ritrovata sul web.
Il premier ha chiuso Twitter e YouTube, minaccia gli altri social network ancora attivi che
considera alla stregua di nemici in carne e ossa.
Ma dal prato dei 600 alberi di noce salvati da una
furia edilizia più che sospetta è nata una resistenza destinata a vendere cara la pelle. Radio,
tv on-line, spettacoli teatrali, artisti di strada,
manifesti corrosivi, giornali telematici, una serie di piattaforme antagoniste che faticano a restare a galla, eppure decise a sfidare l’ufficialità
costituita.
Su Istiklal Caddesi, la via attraversata dal
tramvai rosso, non lontana e divenuta a giugno
un campo di battaglia, alcuni giovani passano di
mano in mano un foglio clandestino che chiama
alla lotta. L’anonimato è una regola, quando i rischi diventano concreti. «Il despota va verso la
fine — dice un ragazzo riccioluto e determinato
— il suo futuro è incerto. Ma quello che preoccu-
Dalla piazza al microblogging
“La nostra battaglia non sempre
è legale: ma sui network noi siamo
più esperti e attrezzati di loro”
pa, adesso, sono i suoi colpi di coda. Pericolosissimi. E per contrastare un impero mediatico che
non dà respiro noi possiamo solo passare dalla
strada al web. La nostra battaglia corre dunque
sul filo della legalità. Alla guerra come alla guerra. Loro chiudono Twitter? Noi rispondiamo aggirando il sito di microblogging attivandolo via
Google. Loro chiudono YouTube? Noi replichiamo attaccandoli frontalmente sui siti governativi. Un piano dove, se si vuole, possiamo essere
più esperti e ben attrezzati».
E allora il nuovo campo di battaglia si fa digitale. Tv e giornali, in gran parte ormai controllati, passano in seconda fila. Così quando il governo finisce per oscurare i principali mezzi di
connessione sociale, ecco scattare le difese e gli
anticorpi informatici. Come quello del gruppo
hacker RedHack, protagonista l’altro giorno di
un attacco al sito dell’agenzia governativa delle
telecomunicazioni Tib, autrice dei bando di YouTube e Twitter. Tib si era occupata tecnicamente di bloccare i due social network. RedHack ha
risposto cercando di far saltare le comunicazioni web del governo. Tentativo riuscito solo in
parte, perché subito sono scattate le potenti protezioni adottate dallo Stato. Ma il confronto è solo all’inizio. E il Davide digitale ha ormai lanciato la sua fionda contro un Golia che nei disegni
abbozzati visti sulle strade che portano al parco
di Gezi ha le fattezze irrigidite del primo ministro turco. Contro il quale la piazza telematica,
adesso, irride compatta.
Il nuovo fronte, tuttavia, non ha spazzato le
vecchie forme di confronto. La caccia alle streghe non si è fermata. E a farne le spese sono soprattutto i giornalisti. In un solo giorno il direttore del quotidiano pro-Erdogan Haberturk, Fatih Altayli, si è dimesso dopo aver confessato alla CnnTurk che in Turchia «l’onore del giornalismo è stato calpestato» e che «ogni giorno ci ca-
de addosso una pioggia di direttive». Quindi è
stata la volta di un editorialista del quotidiano
indipendente Taraf, Onder Aytac, addirittura
arrestato, per aver dato, scrive l’agenzia semiufficiale Anadolu, «l’impressione durante una
trasmissione televisiva di possedere informazioni» su chi avesse messo in rete la registrazione di una riunione ministeriale segreta sulla Siria.
Per strada, negli ultimi cortei l’opposizione
avverte di possibili brogli. Piazza Taksim e Gezi
Park, spogliato di tutto tranne che dei suoi alberi, restano vuoti. Ma per aria le antenne del web
sono tutte in allerta.
I PUNTI
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AL VOTO
Oggi si vota per
le amministrative
L’Akp di Erdogan
rischia di perdere
sia Istanbul che
la capitale Ankara
ALLARME BROGLI
L'opposizione
ha denunciato
possibili brogli
e osservatori
volontari seguono
il voto ai seggi
GULEN
Annullato
il passaporto
del predicatore
anti-Erdogan
Fetullah Gulen,
in Usa da tempo
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
MONDO
17
PER SAPERNE DI PIÙ
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La Francia alle urne
I bistrot decidono il voto
la battaglia di Parigi
si vince a Montparnasse
IL BALLOTTAGGIO
Oggi in Francia si vota
in 6.455 Comuni
per il ballottaggio delle
amministrative. Le città
con più di 10mila abitanti
che potrebbero passare al
Front National sono sette.
La sfida più importante
è a Parigi, fra Anne Hidalgo
e Nathalie Kosciusko-Morizet
Oggi il ballottaggio tra la Hidalgo e la Kosciusko-Morizet
Il quartiere degli artisti cruciale per la corsa a sindaco
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
ANAIS GINORI
PARIGI. «Il café era il nostro rifugio, un binario, la stazione nella
quale aspettavano un treno che
non arrivava mai». Così scriveva il
critico letterario André Warnod
negli anni Venti quando i primi
café del quartiere Montparnasse
diventarono il fulcro della vita culturale parigina. Era l’epoca della
bohème, Matisse, Chagall, Picasso e tanti altri avevano i loro atelier nei boulevard che confinavano ancora con la campagna. Gli intellettuali discutevano animatamente nei due principali “rifugi”
della zona. Al Dôme, si sedevano
Ernest Hemingway, Man Ray,
Henry Miller, Blaise Cendrars,
André Breton, mentre alla Coupole s’incontravano Jean Cocteau, Jean-Paul Sartre e Simone
de Beauvoir, Alberto Giacometti.
In queste ultime ore, il quattordicesimo arrondissement è
tornato a essere il cuore della capitale. Le serate appassionate e
folli di un tempo non ci sono più,
nonostante l’alta concentrazione
di cinema, teatri, case editrici. Ma
è in questo quartiere che passa il
treno per l’elezione di Parigi.
«Non c’è nessuna fatalità, possiamo ancora vincere» dice Nathalie
Kosciusko-Morizet che venerdì,
prima del fatidico silenzio elettorale, ha battuto la zona strada per
strada. «Ho fiducia in voi» ha ripetuto la candidata sindaco dell’Ump alle signore ingioiellate
IL CASO
L’appello
degli intellettuali
“Mai con il Fn”
Anne Hidalgo, candidata del Ps
La Kosciusko-Morizet (Ump)
perdere in cento comuni, tra cui
anche Strasburgo e Tolosa, e
l’Ump sogna così di dare un altro
“schiaffo” a François Hollande.
Anche se l’attenzione si concen-
tra su Marine Le Pen, che ha trasformato questo voto nel banco di
prova per il suo nuovo Front National “forza di governo”, Parigi
rimane una sfida decisiva. La
scommessa di Nkm sembrava
suicida fino a qualche settimana
fa. Ma l’anti-hollandisimo che ha
contagiato il popolo dei bobo,
bourgeois-bohémien, la classe
media che abita anche nel quattordicesimo arrondissement, è
una mina vagante. Nkm non perde occasione per attaccare il Presidente, vero punto debole della
rivale, la socialista Anne Hidalgo.
«Hollande mi fa pensare a Luigi
XIV nel 1789» commenta. Il riferimento a una “insurrezione”,
sebbene “democratica”, torna
spesso nelle sue risposte. «I parigini hanno già smentito le previ-
È l’arrondissement
in cui avevano i loro
atelier Picasso
Chagall e Matisse
Si vota in oltre 6400
comuni: la sinistra rischia
di perdere Strasburgo
e Tolosa
della rue d’Alésia. I volontari accanto a lei hanno distribuito adesivi “13 ans ca suffit”, bastano tredici anni, allusione al lungo regno
della sinistra al governo della
città.
L’ex portavoce di Nicolas
Sarkozy è arrivata a sorpresa in
testa al primo turno ma è sfavorita al ballottaggio di oggi proprio
perché dovrebbe perdere nel
quattordicesimo arrondissement, il “swing state” di quest’elezione. Con i suoi oltre 130 mila
abitanti, è uno dei quartieri più
densamente popolati della capitale. Nkm ha scelto di presentarsi
qui come capolista per smentire
la “fatalità”. Secondo i sondaggi,
è al 46% contro il 54% della candidata socialista Carine Petit, la
capolista del quartiere. Alza le
spalle, sentendo i pronostici,
mentre fa volantinaggio, tailleur
nero e sciarpa azzurra, boccoli al
vento, nella place Denfert-Rochereau che ha promesso di pedonalizzare, o vicino alla Tour Montparnasse, definita “catastrofe urbanistica” e che vorrebbe abbattere per ridare alla capitale una
nuova skyline.
Oggi si vota in oltre 6mila città
francesi per i ballottaggi delle
municipali. La sinistra potrebbe
sioni al primo turno, lo faranno
anche stavolta» confida la quarantenne che si definisce una “killer”, non a caso ha fatto il servizio
militare nella Marina, studiando
al Politecnico.
E’ una veterana della politica, il
nonno era tra i fondatori del partito comunista. Accusata di usare
l’elezione nella capitale per rifarsi un’immagine dopo la débâcle
del suo mentore Sarkozy, ha fatto
una campagna impervia contro i
«cacicchi» dell’Ump, che hanno
spesso presentato liste dissidenti
per intralciarla. Ha avuto qualche
incidente di percorso, come quando ha detto che nel metrò si vivono momenti di grazia», ignorando la ressa che i pendolari sperimentano ogni giorno. Determinata fino alla fine, anche se con un
certo nervosismo velato dai troppi sorrisi. Al di là del risultato di
stasera, Nkm spera di poter tornare a pesare nei nuovi, complessi equilibri dell’Ump. Ieri ha passato la giornata a riposarsi passeggiando con i due figli nel Parc
Montsouris. La sera è andata a vedere il film polacco “Ida” insieme
al marito, il socialista Jean-Pierre
Philippe. Oggi sarà di nuovo pronta al binario di Montparnasse.
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PARIGI. — Partire o resistere? È la
domanda che tormenta artisti e
intellettuali francesi nelle ultime
ore in vista dell’arrivo al potere del
Front National in molte città
francesi. Il caso che fa più discutere è
Avignone dove il candidato del Fn,
Philippe Lottiaux, è arrivato in testa
al primo turno con il 29,63%.
All’indomani del voto il direttore del
prestigioso Festival di teatro che si
tiene ogni estate, l’attore e regista
Olivier Py, ha annunciato: «Se vince
il Front National, ce ne andremo
altrove». Una minaccia criticata da
una parte dei dirigenti culturali
della kermesse, come Greg
Germain, che guida il programma
“off”. «Non possiamo abbandonare il
campo — commenta Germain —
Dobbiamo confrontarci con il
mondo e le sue contraddizioni».
Anche se Marine Le Pen ha risposto
a Py in malo modo («E’ solo un
dipendente del Festival, può
dimettersi»), il disagio sta
crescendo nel mondo della cultura
francese. A Cluses, una città
dell’Alta Savoia, il direttore della
rassegna “Musique en stocks” ha
promesso anche lui di
“delocalizzare” la prossima edizione
in caso di vittoria del Fn. A
Perpignan, dove pure l’estrema
destra è al ballottaggio, JeanFrançois Leroy, direttore del festival
di fotografia “Visa pour l’image”,
promette invece di “resistere”. Con
Olivier Py si sono schierati JeanMichel Ribes, direttore del teatro del
Rond-Point a Parigi, e il coreografo
Angelin Preljocaj. Il direttore del
festival di Avignone sarà oggi nella
città dei Papi per votare al
ballottaggio, sperando che la sua
“minaccia” dia la sveglia al 42% di
elettori astenuti al primo turno.
(a. g.)
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LEADER
Marine Le Pen, del Front
National: il suo partito è al
ballottaggio in 229 comuni
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
CRONACA
19
PER SAPERNE DI PIÙ
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La polemica
La crociata delle sentinelle anti-gay
Occupano le piazze in silenzio e con un libro in mano protestano contro la legge che punisce l’omofobia
Nate sull’esempio francese, ieri hanno manifestato a Torino. Con la benedizione della diocesi
VERA SCHIAVAZZI
TORINO.C’è l’anziano avvocato col
loden verde che legge Fini naturali, il ponderoso saggio di Robert
Spaemann che ha rilanciato il pensiero teologico. E la ragazza con i
leggins e le ballerine colorate che
tiene lo sguardo fisso su Due di due
di Andrea De Carlo. A molti dei torinesi che nel loro sabato pomeriggio passavano in piazza Carignano, sotto il palazzo barocco dove c’è ancora la prima aula del Parlamento Subalpino, le “Sentinelle
in piedi” immobili e silenziose, che
riempivano gran parte dello spazio, devono essere sembrate i testimonial di qualche rassegna culturale. Solo chi si è fermato o ha
preso il volantino, ha scoperto che
si trattava di un nuovo movimento «apartitico e aconfessionale»
che si batte contro il disegno di
legge Scalfarotto per il contrasto
dell’omofobia. «Per finire in carcere a causa delle proprie opinioni,
basterebbe dire che la famiglia è
basata su una coppia uomo-donna», denunciano le Sentinelle. In
realtà, il decreto, già approvato alla Camera, arriverà (forse) in Senato con grande ritardo, modificato (anzi «stravolto», secondo
molte associazioni Lgbt) da emendamenti che vorrebbero cancellare qualsiasi sanzione. Ciò nono-
L’INIZIATIVA
Alcune delle 260 Sentinelle
in piedi che hanno
manifestato ieri a Torino
in Piazza Carignano
contro il ddl Scalfarotto
“L’Italia un Paese che
discrimina? Ma se ci sono
anche due governatori
gay dichiarati...”
stante, la legge appare ancora
troppo inquietante a una parte del
mondo cattolico che la combatte
insieme alle iniziative di contrasto
all’omofobia nelle scuole.
Ma le Sentinelle, create a immagine e somiglianza dei Veilleur
Debout francesi che a Parigi manifestarono contro il matrimonio
omosessuale, rappresentano un
fatto nuovo nel panorama classico
della politica conservatrice italiana. Silenziose e proprio per questo
iper-mediatici, non vogliono essere liquidate come la versione evoluta del Movimento per la Vita o di
Alleanza Cattolica, non indottrinano, non minacciano anatemi né
scomuniche, non sventolano argomenti di etica generale, men
che meno mostrano immagini
choccanti. Mentre le 260 sentinelle torinesi (altri facevano la stessa
cosa nello stesso momento a Genova, Como, Varese) restano in
LE TAPPE
LE ORIGINI
Le Sentinelle
nascono con
la sigla Manif Pour
Tous contro la
“legge Taubira”
sulle nozze gay
piedi con i loro libri, tra le quattro
e le cinque del pomeriggio, i loro
promoter, quattro o cinque giovani armati di un megafono e qualche pacco di volantini, chiacchierano con i più curiosi tra quelli che
vanno a vedere le vetrine o escono
dal Museo Egizio. Qualcuno ha alle spalle anni di esperienza, qualcun altro è un neofita entusiasta,
come Pietro Invernizzi, trent’anni, una laurea alla Cattolica e un lavoro nella finanza a Milano. Pietro
è alla sua terza veglia, è venuto a
dare una mano agli esordienti torinesi. In maglietta e jeans grana-
LE VEGLIE
Nel maggio 2013 a
Parigi cominciano
le prime veglie
in piedi. Molti
manifestanti
vengono arrestati
ta, occhiali da sole e collanina, crea
un piccolo capannello dopo l’altro
(«non ho mai fatto neanche lo
scout, al massimo da piccolo andavo all’oratorio, non troppo contento»). Racconta la storia di Adrian
Smith, un impiegato comunale inglese vittima di un taglio allo stipendio per le sue opinioni a favore
della famiglia vecchia maniera, cita statistiche americane secondo
le quali l’Italia sarebbe nella top
ten dei paesi gay-friendly e poi dice: «Ma se esistesse un grave problema di omofobia, come potrebbero la Puglia e la Sicilia avere due
GLI SLOGAN
«La bellezza
salverà il mondo»
(Dostoyevsky) e
«Piuttosto morire in
piedi che vivere in
ginocchio» (Camus)
«APARTITICI»
Uomini e donne,
apartitici e
aconfessionali,
si battono per
la «libertà
di espressione»
presidenti gay dichiarati?». Già,
come potrebbero?
L’Arcidiocesi di Torino ha intuito con qualche anticipo le potenzialità dell’iniziativa, e l’ha annunciata sul suo sito. Un aiuto che
le Sentinelle hanno accolto con
gratitudine, ma senza facili entusiasmi: «Ci ha fatto piacere — spiega Carmelo Leotta, giovane avvocato torinese, l’uomo che col megafono detta l’inizio e la fine della
manifestazione — Ma noi siamo
apartitici e aconfessionali, in questa piazza non ci sono solo cattolici. Vedo un paio di religiosi, ma an-
IN ITALIA
Veglie a Milano,
Torino, Genova,
contro il ddl
Scalfarotto
per il contrasto
dell’omofobia
che qualche persona musulmana…». E anche (ma Leotta sorvola) un piccolo drappello di consiglieri comunali e regionali di Ncd,
Forza Italia e altri (tra loro il presidente del Consiglio comunale Giovanni Maria Ferraris, eletto con i
Moderati, alleati al centrosinistra), ognuno col suo libro in mano. Del resto c’è chi legge Pascal,
chi (una provocazione?) ha rispolverato La rivoluzione sessuale di
Wilhelm Reich o ha scelto Bella
Ciao di Giampaolo Pansa, le opere
di e su Papa Ratzinger, o chi si è
portato semplicemente fotocopie
perché non aveva un volume a portata di mano. Leotta tenta un approccio sorridente: «Adesso finiamo e ci mangiamo un gelato».
La verità è che le Sentinelle, collocate a due metri una dall’altra,
sono e si sentono dei perseguitati.
Un gruppo che paradossalmente
si crede discriminato da un altro,
tra i veti incrociati, proprio come
in America, dove si scontrano
abortisti e antiabortisti, liberisti e
protettori delle minoranze, donne
e uomini, neri e ispanici, gli uni
contro gli altri, mentre la folla del
sabato pomeriggio passa senza
guardare. Su tutti vigila la bandiera arcobaleno che Angelo Pezzana, pioniere dei movimenti per i diritti gay, ha fatto appendere all’angolo, sulle insegne della libreria Luxemburg. E il 5 aprile le Sentinelle torneranno, questa volta
davanti al Pantheon, a Roma.
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LA TRAGEDIA
IL CASO
Incidente in autostrada
Palermo, famiglia distrutta
Sventata truffa allo Ior
con miliardi in titoli falsi
PALERMO. Stava andando a festeggiare con la famiglia il suo nuovo posto di lavoro. Guglielmo Di Maggio avrebbe dovuto prendere servizio domani, in un supermercato. Ma non è più uscito dalla galleria “Battaglia”, sull’autostrada Palermo-Messina, fra Castelbuono e Cefalù. Si è trovato di fronte un autocompattatore che
aveva sbandato e invaso tutta la carreggiata. L’auto della famigliola, una Renault Megane, è finita sotto il camion: con Di Maggio, 44 anni, è morta la moglie Nunziatina, 40 anni, che era incinta, e la loro figlioletta di sette. È in gravi condizioni un altro figlio della coppia, che ha 5 anni. Deceduto anche l’autista del mezzo pesante, Rosario Sucato, 26 anni. Dice il fratello di Guglielmo
Di Maggio: «Speriamo solo che il bambino si salvi. Voglio tenerlo
con me, saremo io e i miei fratelli a crescerlo. È una tragedia immane: dopo 8 mesi di calvario, per problemi di salute, Guglielmo
sembrava essere rinato. Adesso non so come fare a ricominciare».
ROMA. Hanno provato ad entrare in Vaticano, allo Ior, millantando conoscenze con due cardinali. Nelle valigette avevano titoli obbligazionari per tremila miliardi di euro di società di tutto
il mondo e volevano depositarli: un modo per ottenere, con la truffa, un credito. Peccato che quelle obbligazioni fossero false e che
i due, un olandese e un americano, fossero truffatori seriali con
precedenti in mezzo mondo. La gendarmeria vaticana li stava
aspettando: quando ieri mattina, vestiti di tutto punto, si sono
presentati all’ingresso di Sant’Anna, i due sono stati immediatamente fermati. Le guardie vaticane hanno chiesto e ottenuto
l’aiuto della Guardia di Finanza di Roma che ha denunciato i due
stranieri e sequestrato i titoli falsi (ora si aspetta la convalida della procura di Roma). Durante le perquisizioni nell’albergo in cui
alloggiavano, le Fiamme Gialle hanno trovato tre passaporti validi e i timbri per falsificare i titoli di credito al portatore.
L’incidente sull’autostrada Palermo-Messina
20
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
CRONACA
PER SAPERNE DI PIÙ
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La salute
Se il medico di famiglia
infrange un tabù
“Così la vita sessuale
farà parte del check-up”
16 mln
Svolta storica dei camici bianchi:
sarà monitorata anche l’intimità
“Aspetto decisivo per il benessere”
L’IMBARAZZO
Il 70% dei medici
prova imbarazzo
nel valutare la vita
sessuale dei pazienti
I DISTURBI
Sono 16 milioni
gli italiani
che soffrono
di disturbi sessuali
15%
I DOTTORI
Solo il 15%
dei medici si informa
sulla vita sessuale
dei propri pazienti
70%
FOTO: CORBIS
MICHELE BOCCI
PRIMA il controllo della pressione,
poi lo stetoscopio sulla schiena e
sul petto. Infine una domanda: «E
il sesso come va?». Il medico di famiglia entra in camera da letto e
cade un tabù. I problemi di erezione o di libido si affronteranno
con il dottore di tutti i giorni, non
solo con gli specialisti quando la
situazione diventa grave o la paura supera la vergogna. Sono gli
stessi camici bianchi ad annunciare la rivoluzione: stanno già facendo corsi di aggiornamento.
Già, perché non è facile mettersi
a parlare della vita sessuale con
pazienti che magari si conoscono
da vent’anni, ma con i quali non
si è mai andati oltre la tonsillite e
l’acidità di stomaco. E infatti una
ricerca della Fimmg, la federazione dei professionisti di medicina generale, dice che l’80 per
cento dei dottori non ha mai accennato a tali problemi in ambulatorio e che il 70 per cento si imbarazza ad affrontarli perché i pa-
Al via corsi per imparare
ad affrontare il tema con
i pazienti: 7 professionisti
su 10 provano imbarazzo
zienti a loro volta si vergognano.
«Le cose cambieranno», annuncia ora Milillo, segretario della Fimmg: «Intanto ci doteremo
di questionari per valutare la salute sessuale dei nostri assistiti»,
un modo per ridurre il disagio di
affrontare per la prima volta l’argomento. Alla novità si è arrivati
partendo da un sondaggio sull’acquisto dei farmaci senza prescrizione. Sono tante le persone
che hanno ammesso di farseli
spedire attraverso siti internet. E
molto spesso si tratta di prodotti
contro i disturbi di erezione. Così
si è pensato di aumentare il dialogo tra medici e assistiti, per discutere di farmacie online — che
spesso vendono medicine contraffatte o comunque pericolose
— ma anche dei motivi per cui ci
si rivolge alla Rete. Ed ecco che
entrano in gioco i problemi sessuali, che con livelli di gravità
molto diversi riguardano un numero enorme di italiane e italiani, sedici milioni. È necessario affrontare soprattutto i disturbi degli uomini come eiaculazione precoce e disfunzione erettile, spiegano i medici, perché le donne,
frequentando periodicamente il
ginecologo, hanno una maggiore
naturalezza a confrontarsi con il
medico sulle questioni sessuali,
ad esempio i disturbi del desiderio. Ed infatti spesso sono loro, come sottolinea lo stesso Milillo, a
riferire i problemi del marito o del
compagno al dottore.
Può succedere che i disturbi di
natura sessuale siano collegati
ad altri, come la pressione alta,
l’ansia, il diabete, e scoprirli può
aiutare a svelare patologie più
gravi. «La maggior parte dei problemi sessuali — dice ancora Milillo — non hanno bisogno di essere affrontati con i farmaci e
nemmeno prescrivendo al paziente la visita specialistica. L’importanza di prendere l’iniziativa
presto sta anche nel fatto che così il problema si può risolvere più
facilmente. E non ci dimentichiamo che parlare di sesso può voler
dire parlare di fertilità: anche in
questo campo è meglio scoprire
eventuali problemi in tempo. Io
ritengo addirittura che tutto questo debba far parte di un’educazione sanitaria da avviare nelle
scuole, dove bisogna anche affrontare il tema degli stili di vita
sani». Ma il ruolo di primo confidente deve restare al medico di
famiglia. «È essenziale che i medici siano sempre più preparati e
che i pazienti percepiscano l’ordinarietà del parlare dei propri
disturbi sessuali con noi — dice
Milillo — sentirsi rivolgere domande sull’argomento non do-
vrà mai sembrare un’indebita
violazione della privacy, ma la
consueta valutazione di uno dei
tanti aspetti della propria salute
nell’ambito di un normale checkup».
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L’INTERVISTA
“Era ora,
la prevenzione
aumenterà”
«FINALMENTE una buona notizia.
Abbiamo chiesto tante volte il
coinvolgimento dei medici di famiglia su questi temi». Vincenzo
Gentile è ordinario di Urologia alla Sapienza di Roma e andrologo.
Da molto tempo aspettava che
cambiasse qualcosa nel modo di
affrontare i problemi sessuali.
Professore, si sta rompendo
un tabù?
«Il passo avanti nel mondo specialistico si è compiuto con l’arrivo sul mercato del Viagra e dei farmaci simili. Vent’anni fa negli
ambulatori non si parlava assolutamente di sesso, poi sono arrivate queste molecole e il tema si è
imposto. Se ora si muovono anche
i colleghi della medicina generale, vuol dire che qualcosa cambia
definitivamente. Per fortuna».
Quali sono i vantaggi dell’impegno dei medici di famiglia?
«Intanto vedono moltissimi
pazienti e quindi sono in grado di
intercettare per primi quelli con
problemi seri. Inoltre potranno
scremare i casi che si risolvono anche senza farmaci da quelli che richiedono l’intervento di uno specialista come l’andrologo o l’urologo».
Come dovranno fare questo lavoro?
«Ci vuole capacità e sensibilità
medica per affrontare questi disturbi. Quindi devono formarsi
adeguatamente. Del resto la disfunzione erettile, ad esempio,
può essere il sintomo di malattie
come il diabete, o fattori di rischio
come l’ipertensione, di cui nei loro ambulatori si occupano quotidianamente».
Un consiglio per i suoi colleghi?
«Devono spingere sull’educazione alla salute dei pazienti. Devono invitarli a seguire uno stile
di vita corretto, perché, oltre a poter provocare malattie serie, la
sedentarietà, il sovrappeso, l’alcol e il fumo danneggiano la vita
sessuale».
(mi.bo.)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
CRONACA
21
PER SAPERNE DI PIÙ
www.cinecittaworld.it
www.cwfans.it
I nuovi studios
Cinecittà diventa
la Disneyland
del grande schermo
I SET
Nelle foto,
alcuni dei set
che saranno
aperti al
pubblico
a Cinecittà
a Roma
Aprirà a fine maggio il mega-parco divertimenti
Sono attesi quattro milioni di visitatori all’anno
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
ALDO FONTANAROSA
N QUESTA campagna a sud della
I
Capitale, un enorme elefante
di cemento armato e vetroresina, in stile Bombay, li accoglie appena nascosto dal recinto del cantiere. È la Torre di Caduta, l’attrazione mozzafiato alta 50 metri
che sorge sul lato Est del parco.
Siamo subito dopo la Main Street,
il corso principale ispirato al film
“Gangs of New York”. «Il 3 maggio — dice Aurelio De Laurentiis
— sfiderò Diego Della Valle nella
finale di Coppa Italia tra il mio
Napoli e la Fiorentina. Ma il
29 saremo uno accanto all’altro per tagliare il nastro di
inaugurazione del nostro
parco divertimenti», che si
chiamerà
Cinecittà
World. E
non è un
caso. I ricchi finanziatori del
progetto (le
assicurazioni
Generali, i Della
Valle, De Laurentiis,
tembre 2013 ha organizzato una
retrospettiva sulla sua carriera, il
museo MoMa di New York ha
esposto anche i bozzetti, gli
artwork meglio, di Cinecittà
World.
Lo sguardo verso il passato si
ferma qui. I finanziatori hanno
messo sul piatto 156 milioni solo
per la prima tranche di lavori (ha
spiegato il presidente e amministratore del parco Emmanuel
Gout, nella presentazione parigina, a novembre 2013). Ora vogliono rientrare dell’investimento. Per questo puntano su attrazioni assai collaudate. Come il “Simulatore panoramico di volo” già
visto nei parchi Disneyland; come le montagne russe al buio (il
“Multi motion dark ride” che ricorda quello degli studi Universal, ancora negli Stati Uniti, lì consacrato a Spiderman).
Non sappiamo se Cinecittà
World avrà successo; e se davvero
centrerà l’ambizioso obiettivo
dei 4 milioni di visitatori l’anno.
Certo il parco è piaciuto allo studente universitario Riccardo Righi, che ha filmato e fotografato
ogni momento della costruzione
dal 2011 ad oggi. La ricca documentazione, nel suo sito
www.cwfans.it.
La mappa di Cinecittà World
Immersive Tunnel
(Simulatore con i tre convogli
simili a un tram turistico )
Mini parco indoor per bambini
(negozi, piccole attrazioni)
Multi-Motion Dark Ride
(a tema inferno dantesco)
Torre
di caduta
Villaggio
Western
con un
fast food
“Saloon
Western”
Panoramic
Flight
Simulator
Area bambini
Tunnel
a tema Cabiria
Coaster
al chiuso
Uffici
Main
Street
Area
spettacoli
Super Splash
in stile antica Roma
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Roller Coaster a tema
spaziale/ fantascienza
Ristorante in stile antica Roma
FONTE: www.cwfans.it
L’INTERVISTA
“Rivivrete
le emozioni
dei kolossal”
CRISTIANA SALVAGNI
Un’enorme attrazione
con un elefante indiano,
alta cinquanta metri,
accoglierà i visitatori
Luigi Abete, ma anche gli
americani del fondo Orium
Sa) si muovono abilmente
tra nostalgia e innovazione.
Il parco ha molto della vecchia Cinecittà. L’ingresso riproduce pari pari quello degli storici studi cinematografici lungo
la via Tuscolana. Proprio al
centro del nuovo parco, ecco poi
la testa di Venusia che esce dall’acqua. Citazione eloquente
dal “Casanova” di Fellini. Gli archi dell’antica Roma, le locande
del quartiere Western sono in
larga parte opera della abili maestranze degli studios (raccolte in una
società separata, la
Cat, nel 2012 mentre imperversava la più grave crisi economica
del tempio del nostro cinema).
Hanno modellato e dipinto scocche in vetroresina, e il risultato
sembra davvero buono.
Ma è soprattutto Dante Ferretti a creare un link tra passato e presente. Il grande scenografo italiano, tre volte premio Oscar, ha firmato i bozzetti di tutte le principali attrazioni del parco e dei suoi
snodi più spettacolari. Hanno la
sua firma l’elefante indiano della
Torre di Caduta, l’astronave da
dove partirà il Roller Coaster
(montagne russe con 10 spaventose inversioni), il Kids Backlot
che porterà all’area per i più piccoli, lo stesso Tempio di Moloch,
quasi all’ingresso. Quando a set-
Ingresso
ispirato
a Cinecittà
I NUMERI
140
LA GRANDEZZA
Il parco attrazioni di Cinecittà
- una volta completato - si
svilupperà su 140 ettari
10
IL TEMPO
Ci sono voluti dieci anni di lavoro
per dare vita a questo enorme
parco tematico
2500
IL LAVORO
Il parco darà lavoro a 2500
persone. Le selezioni per le prime
500 iniziate a dicembre scorso
AZIENDA OSPEDALIERO
UNIVERSITARIA DI CAGLIARI
TRIBUNALE DI NAPOLI
ESITO DI GARA numero gara 5069856
Fall. n.ro 189/04 VII Sez. Civ. Trib. Napoli G.D. dr. Del Franco
Notaio Roberto Altiero c/o uff. vend. giud. Napoli C.so Vittorio
Emanuele 663B (tel.081/7617254 fax:5980089) vende con incanto il
20/5/14 ore 18: compl. immob. in Cassino (FR) S.S.Casilina Sud Km
142,50 insistente su area di mq 3100,00 comp. da palazzina uso uffici
mq comm. 444 + area di sedime del capannone, non ultimato, di mq
603 e del corpo aggiunto di mq 30, abusivi (da demolire ed adeguare
catast. a cura e spese dell'agg.) libero. PREZZO BASE: Euro
225.000,00 OFFERTE IN AUMENTO: Euro 10.000,00 determinato
tenuto conto degli importi necessari per la riduzione in pristino degli
edifici (capannone e corpo aggiunto assolutamente incondonabili) e
delle condizioni di cui alla CTU 18.11.11. Domande entro 19/5/14 ore
9,30/12,30 con 2 A/C NT ordine Not. 10% + 15% prezzo base per
cauzione e conto spese. Documentazione su www.astegiudiziarie.it e
www.astenotai.it. Per info: [email protected] e
Curatore Avv. Livio Persico (tel.081-8034533).
Fornitura in service di un “SISTEMA
AUTOMATICO DI IDENTIFICAZIONE
MOLECOLARE DEI VIRUS HPV”. Tipo di
Procedura: Aperta ai sensi dell'art. 55, D.Lgs.
2006, n. 163. Criterio Aggiudicazione:
offerta economicamente piu vantaggiosa.
Operatore economico aggiudicatario:
ABBOTT SRL. Importo aggiudicato: euro
179.968,60 (oltre I.V.A. di legge).
Provvedimento
di
aggiudicazione
esecutiva: Delibera del Direttore Generale n.
112 del 19/02/2014. Data di trasmissione
del presente avviso alla G.U.U.E:
21/02/2014. Organo competente Procedure
Ricorso: TAR SARDEGNA.
IL DIRETTORE GENERALE
Dott. Ennio Filigheddu
ROMA. «Può far vivere in prima
persona il sogno del cinema, delle
storie che si guardano sul grande
schermo». È emozionato lo scenografo Dante Ferretti per l’apertura di Cinecittà World: lui, tre volte
premio Oscar, ha firmato i bozzetti delle ricostruzioni che animano
il parco e rivestono le attrazioni.
È soddisfatto del lavoro svolto?
«Sì, sta venendo bene e corriamo per aprire
in tempo. Io ho
vestito tutto,
dall’ingresso,
dove è stato riprodotto il
Tempio di Moloch di Cabiria,
all’uscita. Ci sono tante scene
di film: Gangs
of New York,
Ben Hur, paesaggi da western, da
Roma antica».
Cosa offre di speciale questo
parco?
«Non è solo divertimento: il visitatore si renderà conto di come
si fa il cinema. Andare di set in set
diventa un viaggio attraverso la
memoria».
Potrà restituire a Cinecittà lo
splendore degli anni d’oro?
«Lo spero ma dipende di più da
quanti film si fanno. Un tempo venivano gli stranieri, ora il cinema
è neorealista, si gira in location e
si sceglie Roma solo se c’è davvero
bisogno di rappresentare la
città».
Come reagirà il pubblico a questo nuovo, grande spettacolo?
«Mi auguro con entusiasmo. Io
sono già emozionato: per le prime
c’è sempre tensione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
22
IL PUNTO
ANDREA GRECO
Banco Popolare
trova 1,5 miliardi
Passaggio indolore
sull’onda dei rialzi
in Borsa a Milano
L’assemblea dell’istituto
conferma subito i vertici
Domani parte l’aumento
LA CARICA dei 20mila soci a Verona,
per rinnovare i vertici del Banco
Popolare, s’è rivelata una
passeggiata sul velluto per Pier
Francesco Saviotti e Carlo Fratta
Pasini, confermati ad e presidente
dell’istituto con 21mila su circa
24mila tra presenti e deleghe. A chi
c’era non è sembrata quasi per
niente l’assemblea di una
cooperativa chiamata ad archiviare
un altro un bilancio con svalutazioni
e perdite (per 606 milioni, dopo i
944 del 2012) a ridosso di un
aumento di capitale da 1,5 miliardi.
Neanche due anni fa i soci avevano
pompato altri 2 miliardi.
Sadomasochismo? Più che altro il
potere del denaro, che da settimane
corre su un titolo dapprima
dimenticato. Ancora sei mesi fa il
L’AD
Pier Francesco
Saviotti, ad del
Banco Popolare,
primo a varare
l’aumento in
vista dei test
della Bce
Banco traccheggiava sui 10 euro,
venerdì ha chiuso a 18 euro, con un
+18% dal 24 gennaio quando
furono diffusi i conti e l’ampiezza
dell’aumento. La mutua tra Verona,
Lodi, Novara e Lucca è tra le banche
su cui s’è più riversato il big money
degli investitori anglosassoni: e chi
ha comprato di recente da domani
al 17 aprile si prepara a comprare di
nuovo, le 17 azioni offerte a 9 euro
ogni 18 vecchie. Tra i fondi stranieri
(padroni del 50%) e i soci locali
galvanizzati dai rialzi, l’aumento fa
così poca paura che lo sconto delle
nuove azioni è stato posto al 31%,
molto meno dei livelli medi degli
aumenti 2011, e il management sta
incassando i meriti della “prima
mossa” - fatta con più coraggio di
altri e con l’intento di restare “polo
aggregante” - sulla china dolorosa
che dalle pulizie dei crediti porta a
ricapitalizzare. Subito dopo il
Banco, e fino a luglio, andranno in
Borsa gli aumenti di Bpm,
Valtellinese, Mps, Carige, Popolare
Sondrio. Poi ci sono le banche non
quotate, che portano l’assegno
totale a una decina di miliardi. È
difficile, giudicando con le lenti di
oggi, capire chi si accomoderà
meglio tra i banchieri in emissione:
il clima sembra di tale
generalizzata euforia che non
risente di cattive notizie, numeri
rossi, diluizioni. I tanti fondi hedge
che avevano scommesso sui crolli (a
Verona, come a Siena e altrove)
corrono a comprare per ricoprirsi e
amplificano i rialzi. Ma nella finanza
nessun pasto è per tutti, né gratis.
Chi ha la memoria più lunga sa che
quando la buriana sarà passata, e si
dovranno realizzare i piani
strategici su cui si basano le odierne
richieste di denaro ai soci, il cielo
non sarà tutto blu.
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Economia
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FINANZA&MERCATI
Nuova cedolare, l’affitto torna di moda
All’occupante abusivo niente residenza
Va in Gazzetta Ufficiale il Piano casa. Confedilizia: “Vantaggi per inquilini e proprietari”
Chi vive in un alloggio, senza averne titolo, non potrà più allacciare le utenze
secca sono gli ultimi contratti di
locazione che si stipulano, gli altri
non hanno nessuna redditività».
Certo, per completare l’opera
per i proprietari di case sarebbe
auspicabile il tetto del 4 per mille
all’Imu per gli immobili affittati,
dice Sforza Fogliani: «Il ministro
Lupi si è battuto fino all’ultimo in
Consiglio dei ministri per la norma, noi ci auguriamo che in sede
di conversione del decreto possa
essere introdotta, perché questo
sì che darebbe impulso a scongiurare il mancato affitto». Altra richiesta è uno snellimento burocratico della normativa: «Ha il nome di cedolare secca, ma con tutti gli adempimenti previsti è
tutt’altro che secca», scherza
Sforza Fogliani.
Il decreto legge 28 marzo 2014
n. 46, “Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato
delle costruzioni e per Expo 2015”
introduce molte misure per sostenere chi è in difficoltà abitativa,
perché non riesce a trovare una
casa o a pagare l’affitto. Vengono
stanziati 100 milioni aggiuntivi al
Fondo di sostegno per l’affitto e
226 in più (che si aggiungono ai
precedenti 40) per il nuovo “Fondo destinato agli inquilini morosi
incolpevoli”. Stanziati anche 468
milioni per il recupero degli alloggi pubblici inagibili di proprietà di
Iacp e aziende casa, mentre per
gli alloggi sociali è prevista la possibilità di riscatto per gli inquilini
dopo 7 anni. Però arriva anche
una norma per combattere le occupazioni abusive, che sono una
vera e propria piaga per l’edilizia
popolare. L’articolo 5 prevede che
«chiunque occupa abusivamente
un immobile senza titolo non può
chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi».
Utenze e certificato di residenza
sono da sempre il lasciapassare
degli occupanti abusivi che li mostrano all’ufficiale giudiziario per
bloccare lo sfratto esecutivo. Così
la procedura diventa più lunga
perché a quel punto le autorità devono dimostrare che la persona
non è il legittimo occupante.
ROSARIA AMATO
ROMA. Solo a Milano gli alloggi privati sfitti non sul mercato sono
20.000, a fronte di almeno 22.000
richieste di alloggi popolari. Ma
con l’entrata in vigore del Piano
Casa, pubblicato il 28 marzo in
Gazzetta Ufficiale, si tornerà a
puntare sugli affitti, assicura Corrado Sforza Fogliani, presidente
di Confedilizia: «La riduzione della cedolare secca dal 15 al 10 per
cento ripristina la redditività per
i proprietari, mentre gli inquilini
possono giovarsi delle agevolazioni fiscali, e in più hanno il canone più basso del mercato, al quale
non si applica l’aggiornamento
automatico sulla base dei parametri Istat». I vantaggi sono notevoli: Confedilizia ha fatto i conti
su quanto i proprietari risparmiano rispetto al 2013 dall’abbassamento della cedolare secca (im-
posta sostitutiva dell’Irpef e delle
addizionali), e le cifre sono consistenti. Si va dai 168 euro risparmiati su un canone annuo di 3.360
euro ai 420 per un canone annuo
di 8.400 fino ad arrivare a 720
per un canone di 14.400 euro.
Anche con il regime precedente, del resto, ricorda Sforza Fogliani, «ormai quelli in cedolare
Tribunale di Roma
ESECUZIONI IMMOBILIARI
ESEC. IMM. n. 1352/10 R.G.E.
G.E. Dott.ssa Federica D'Ambrosio. Vendita
senza incanto: 03/06/2014 ore 10.30 presso il
Tribunale di Roma IV Sez. EE.II. apertura buste
ore 09.30. Lotto Unico: Comune di Roma Via
della Lupa, 25. Un mezzo della proprietà di appartamento al piano quarto, interno 12, composto da due camere, due bagni, soggiorno,
corridoio, piccola cucina, balcone con lavanderia esterna. Prezzo base Euro 461.000,00 in
caso di gara aumento minimo Euro 7.000,00.
Deposito offerte entro le ore 12.30 del
30/05/2014 in Cancelleria EE.II. Eventuale vendita con incanto 21/10/2014 ore 09.30 allo
stesso prezzo e medesimo aumento. Deposito
domande entro le ore 12.30 del 20/10/2014. Custode: Avv. Ferdinando Tota tel. 06 58 85 209 06 58 16 212. Maggiori info in cancelleria IV
Sez. EE.II. e su www.tribunale.roma.it,
www.giustizia.lazio.it e www.astegiudiziarie.it.
(Cod. A255276).
ESEC. IMM. n. 536/10 R.G.E.
G.E. Dott.ssa Simona Sansa. Vendita senza
incanto: 15/05/2014 ore 11.00 presso il Tribunale di Roma IV Sez. EE.II. apertura buste ore
09.30. Lotto 1: Comune di Roma Frazione Cesano di Roma, Via della Stazione, 330-336-338.
Complesso immobiliare composto da bar, cucina, negozio tabacchi, due sale giochi, quattro
bagni, due spogliatoi, sala d'aspetto/reception,
magazzino, oltre giardino e portico/patio, al
piano terra; sette camere, cinque bagni, disimpegni e balconi, al piano primo; sette camere,
cinque bagni, disimpegni e balconi al piano secondo. Attualmente locato ad uso commerciale
con contratto registrato e opponibile alla procedura. Prezzo base Euro 1.400.000,00 in caso
di gara aumento minimo Euro 10.000,00. Deposito offerte entro le ore 12.30 del 14/05/2014 in
Cancelleria EE.II. Eventuale vendita con incanto 17/07/2014 ore 10.30 allo stesso prezzo
e medesimo aumento. Deposito domande entro
le ore 12.30 del 16/07/2014. Custode: Dott.
I PUNTI
"la Repubblica - 30 marzo 2014"
Alessandro Annessa tel. 06 36 004 333. Maggiori info in cancelleria IV Sez. EE.II. e su
www.tribunale.roma.it, www.giustizia.lazio.it e
www.astegiudiziarie.it. (Cod. A200323).
FALLIMENTI
FALL. n. 414/02 R.F.
G.D. Dott. Umberto Gentili. Vendita con incanto: 21/05/2014 ore 12.00 presso il Tribunale di Roma. Immobili siti nel Comune di
Viterbo Via Cava di Gorga, 7. Lotto 1: Appartamento uso abitazione al piano terzo; locale
ad uso magazzino (cantina) al piano interrato;
locale ad uso garage (box auto) al piano seminterrato. Occupato. Prezzo base Euro
140.504,00 aumento minimo Euro 5.000,00.
Lotto 2: Appartamento ad uso ufficio al piano
terreno; locale ad uso magazzino (cantina) al
piano seminterrato; locale ad uso magazzino al
piano seminterrato. Prezzo base Euro
213.280,00 aumento minimo Euro 10.000,00.
Lotto 3: Appartamento ad uso ufficio al piano
terreno. Prezzo base Euro 222.780,00 aumento minimo Euro 3.000,00. Lotto 4: Lastrico solare; area urbana al piano terreno.
Prezzo base Euro 39.608,00 aumento minimo Euro 3.000,00. Deposito domande entro
le ore 12.00 del 20/05/2014 in Cancelleria Fallimentare. Maggiori info in Cancelleria Fallimentare e presso il curatore Avv. Cristina
Simoni
tel.
06/39745535
e
su
www.tribunale.roma.it, www.giustizia.lazio.it e
www.astegiudiziarie.it.
(Cod.
A256616,
A256617, A256618, A256619).
FALL N. 256/10
Trib. Roma Giudice De Palo vendita con incanto 4/6/2014 ore 10 quota metà indivisa
piena proprietà in Torvaianica (Pomezia) via
Mar del Giappone 28D mq 155 distribuita su tre
piani vani catastali 5 prezzo base Euro
70.000,00 aumento minimo Euro 2.000,00.
Deposito buste entro giorno precedente all'asta
ore 12 in Cancelleria Fallimentare. Info cancelleria e curatore 3472314154 altra metà in vendita Tribunale Velletri r.g.e. 41/2012.
ALLOGGI POPOLARI
Vengono stanziati
400 milioni di euro
per il recupero di
12.000 alloggi ex
Iacp e 68 milioni
per il recupero di
altri 2.300 abitati da
categorie disagiate
AGEVOLAZIONI
Per l’inquilino di
alloggi sociali sono
previste detrazioni
che vanno da 900 a
450 euro. Previsto
inoltre il riscatto a
termine della casa
dopo 7 anni
EXPO MILANO
Il decreto stanzia
un contributo di 25
milioni a favore del
Comune di Milano,
a titolo di concorso
al finanziamento
per l’Expo 2015
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Esempi di effetti della diminuzione della cedolare secca
dal 15% al 10% per i contratti ”concordati“
canone
annuo
cedolare secca
2013 (15%)
cedolare secca
2014 (10%)
differenza
cedolare
2013- 2014
1.200 euro
180 euro
120 euro
-60 euro
2.400 euro
360 euro
240 euro
-120 euro
3.360 euro
504 euro
336 euro
-168 euro
4.800 euro
720 euro
480 euro
-240 euro
6.600 euro
990 euro
660 euro
-330 euro
8.400 euro
1.260 euro
840 euro
-420 euro
10.200 euro
1.530 euro
1.020 euro
-510 euro
12.000 euro
1.800 euro
1.200 euro
-600 euro
14.400 euro
2.160 euro
1.440 euro
-720 euro
FONTE CONFEDILIZIA, UFFICIO STUDI
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
ALLA RAI L’OSCAR DELLO SPOT SOCIALE
WELFARE, DIPENDENTI-PARTITE IVA 5-0
Sul welfare, dice la Cgia di Mestre, «i dipendenti battono le partite
Iva 5 a 0». Nella maggioranza dei casi , i dipendenti possono
accedere alternativamente a tutte e 5 le misure di sostegno al
reddito (Cig in deroga; Cig ordinaria, Cigs, mobilità e Aspi). Agli
autonomi, invece, questa possibilità è preclusa.
LA giuria del “Promax Award” (Londra) assegna alla Rai due ori e tre
argenti per gli spot della tv di Stato che hanno promosso iniziative a
sfondo sociale e culturale (come la Giornata Mondiale della Infanzia
e la campagna Puliamo il Mondo, in foto). Gli spot sono stati
autoprodotti dalla Direzione Comunicazione di Costanza Esclapon.
23
Siti pirata oscurati
al via la tagliola AgCom
Ma due ricorsi la frenano
I TEMPI
12
LA DURATA
Il procedimento di
AgCom contro un sito
pirata dura 35 giorni,
12 per i casi più gravi
In vigore il regolamento del Garante sul diritto d’autore
Le liti decise in 12 giorni, nessuna penale agli utenti
IL CASO
ALESSANDRO LONGO
ROMA. Da domani l’Italia colpirà la pirateria su
Internet in un modo nuovo, mai tentato prima
in Europa. È l’effetto di una delibera AgCom
(Autorità garante delle Comunicazioni), che
entra in vigore dopo mesi di polemiche. Contro
la stessa adesso pendono due ricorsi al Tar del
Lazio.
Funzionerà così. Gli autori o i proprietari di
un’opera potranno segnalare direttamente ad
AgCom i contenuti illegali sul web (di qualunque tipo: musica, film, foto, libri, giornali, videogame). AgCom valuterà se avviare un procedimento. Nel caso, interpellerà due diversi tipi di provider: quelli che danno accesso a Internet e quelli che ospitano il sito in questione sui
propri server. Segnalerà la cosa anche al gestore della pagina dove c’è il contenuto contestato e all’utente che lo ha pubblicato. Se una di
queste figure interviene per rendere il contenuto non più accessibile, la questione si chiude
qui. Altrimenti comincia un dibattimento in
cui, via Internet, gli interessati possono difendere la liceità dell’uso di quel contenuto. AgCom deciderà in merito, entro 35 giorni dalla
segnalazione oppure - nei casi più gravi - entro
5
IL GARANTE
Marcello Cardani
presiede l’AgCom dal
luglio del 2012. Laurea
in Economia alla Bocconi
di Milano, dove è stato
docente di ruolo dal
1985 al 2012
LA DIFESA
Il sito sotto accusa
avrà 5 giorni di tempo
per difendersi, ridotti
a 3 nei casi gravi
3
I consumatori e i media
indipendenti si rivolgono al Tar
ed anche alla Commissione Ue:
“Le norme violano i diritti civili”
dodici giorni. Se stabilisce che il contenuto è illegale, chiederà ai gestori del server di eliminarlo dalla Rete. Questa via è fattibile però solo
se i server sono in Italia. Se sono all’estero - come avviene quasi sempre con i contenuti pirata - AgCom chiederà ai provider Internet di applicare un filtro per impedire ai propri utenti di
accedere a quel contenuto. Per i provider che
non eseguono l’ordine, c’è una sanzione fino a
258 mila euro. AgCom blocca l’intera procedura se una delle parti avvia un’azione giudiziaria.
La particolarità è che finora solo l’autorità
giudiziaria ha potuto emanare questi ordini. È
proprio su questo punto che i ricorsi fanno perno: sostengono che AgCom non è titolata ad
agire in materia.
Da una parte c’è il ricorso di Guido Scorza ed
Ernesto Belisario, a sostegno, fra gli altri, di Associazione nazionale stampa online (Anso) e
Federazione dei media digitali indipendenti
(Femi). Dall’altra, Fulvio Sarzana sostiene Assoprovider e varie associazioni dei consumatori. I ricorrenti la mettono sul piano dei diritti civili, sostenendo che solo un’autorità giudiziaria può limitare il diritto degli utenti di pubblicare contenuti su web o di accedere agli stessi.
C’è anche da considerare che quando un provi-
der Internet oscura un sito, per la presenza di
uno o più elementi pirata, impedisce l’accesso
a tutti i suoi contenuti, anche a quelli leciti.
La Commissione europea, esprimendosi sulla bozza di questa delibera, aveva chiesto ad
AgCom di chiarire in che modo si intendessero
tutelare i diritti civili fondamentali degli utenti. AgCom ritiene di aver recepito questo rilievo con la versione definitiva della delibera. Fatto sta che la Commissione ha decretato chiusa
la questione. Non è finita, però, perché la prossima mossa dei ricorrenti sarà chiedere proprio
alla Commissione di riesaminare il fascicolo.
L’ULTIMATUM
In tre giorni,
il provider dovrà
oscurare il sito su
ordine di AgCom
2
LA STRETTA
L’oscuramento va
eseguito in 2 giorni
nei casi gravi. Multa
massima 250.000 €
© RIPRODUZIONE RISERVATA
AZIENDA OSPEDALIERO
UNIVERSITARIA DI CAGLIARI
AVVISO DI GARA
Numero Gara 5497728 CIG 56469667C1
L'A.O.U. di Cagliari ha indetto una gara d'appalto
mediante procedura aperta, per la realizzazione
per la fornitura di apparecchiature, arredi e
gestione in “service” dell’unita operativa
complessa di cardiologia per un periodo di 6 anni
con opzione di rinnovo per anni 3. Importo
complessivo a base d'asta 21.600.000,00
I.V.A. esclusa. Criterio Aggiudicazione: offerta
economicamente piu vantaggiosa ai sensi dell’art.
83 del D.Lgs. 2006, n. 163. Presentazione
offerte: Termine per abilitarsi all’Albo Fornitori
ed alla gara sul sito www.albofornitori.it ore 12.00
del giorno 28/04/2014; termine ultimo perentorio
di firma e marcatura temporale dell’offerta
economica telematica ore 13.00 del giorno
09/05/2014. Pubblicato sulla G.U.U.E. in data
11/03/2014. Responsabile del Procedimento
Dott.ssa Maria Teresa Piras Tel. 070/6092130, email: [email protected]
f.to IL DIRETTORE GENERALE
Dott. Ennio Filigheddu
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
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Lettere
Commenti
&Idee
L’equità fiscale e i grandi evasori
UGIAS, si discute sul voto di scambio. Prima che con la mafia, esiste un voto
di scambio storico tra potere ed evasori, fotografato dai recenti dati sulle
dichiarazioni dei redditi. Dati assurdi: metà degli italiani con meno di
15.000 euro l’anno di reddito, incoerenti con l’utilizzo di beni di lusso diffusi nel
Paese. Distorsione frutto di un permissivismo fiscale, che — è stato calcolato —
vale 150-180 miliardi l’anno di evasione. Il problema — anche qui — è culturale.
Quando lo Stato viene vilipeso come un borseggiatore «che mette le mani nelle
tasche dei cittadini», non si può cogliere il ruolo benefico e costituzionale del fisco
equo, potente strumento di contrasto alla diseguaglianza sociale. Ma questo
nessuno lo dice. Anzi, il maggiore ente morale — la Chiesa — su questo punto ha
raramente esortato alla correttezza, mentre ha dato un pessimo esempio,
cercando in tutti i modi di non pagare l’Ici, e tutte le tasse dovute sui propri beni
fonte di reddito. Se il Vaticano avesse speso la metà delle energie che ha dedicato
al tema del sesso per educare all’etica sociale, avremmo un Paese più giusto. La
maleducazione fiscale è un problema serio e urgente al quale giriamo intorno da
troppo tempo.
l signor Marnetto fa bene a ri-sollevare un tema
ormai classico nella nostra discussione pubblica. Le
tasse in Italia non si pagano per tradizione storica,
per atavica diffidenza nei confronti dello Stato, perché
ci fa difetto il senso di cittadinanza, perché fino a
qualche decennio fa lo Stato sociale (costoso) non
esisteva e dunque evadere non era poi una gran colpa
— e via dicendo. Poi sono aumentate le competenze e
le provvidenze dello Stato ma intanto eravamo
diventati più o meno benestanti e quindi l’evasione si
vedeva (e pesava) relativamente poco. Poi abbiamo
avuto un ventennio in cui lo stesso capo del Governo
invitava praticamente a evadere e per conseguenza
molti si sono sentiti giustificati anche moralmente a
non versare il dovuto, infine è arrivata una crisi
micidiale e si è aperta di colpo la voragine con la quale
oggi ci troviamo a fare i conti. Siamo talmente abituati
Massimo Marnetto — [email protected]
a questa condizione che i dati scandalosi appena
pubblicati non hanno praticamente provocato
reazioni. Mi scrive il signor Roberto Albertini ([email protected]): «Ma perché c’è una tale rassegnazione? Lei sa spiegarselo?
Eppure la questione dell’evasione fiscale è, a mio parere, dirimente in ogni senso! È in gran parte dovuto a questo il gigantesco debito
pubblico che ci opprime. Ma il disastro è anche etico e incide, direi, sulla nostra antropologia. Individualismo, familismo, furbizia, il
profondo spirito antisociale e antistatuale che ci affligge da sempre trova nell’evasione il più chiaro dei paradigmi».
A
CORRADO AUGIAS
[email protected]
Quei test universitari
che stressano i miei alunni
Lettere:
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Beatrice Peruffo
Vicenza
INSEGNO Scienze Naturali presso un liceo scientifico e vorrei far notare l’assurdità dei test di ingresso all’università fissati per l’8 aprile: parecchi tra i miei alunni e alunne da due mesi studiano per prepararsi, frequentando corsi pomeridiani
a pagamento, trascurando in parte la loro preparazione per l’imminente esame
di Stato. In queste settimane sono stati
sottoposti alle prove di simulazione della
terza prova e alcuni di loro hanno peggiorato il profitto a causa di questo superlavoro. Io chiedo: a chi giova questa situa-
I
zione? Che senso può avere per i ragazzi
questo anticipo? Il sospetto è che dietro ci
sia solo un vantaggio organizzativo per le
università ma il risultato purtroppo è un
ingiusto svilimento del lavoro compiuto
da noi docenti delle scuole superiori.
ne segna 14,60. Il giorno dopo, stesso orario,
stesso tragitto, riprovo con un altro taxi:
prezzo identico. Mi sembra molto sciocco
adottare politiche che allontanano i turisti
con prezzi completamente fuori mercato.
Se un taxi a Sorrento
costa 10 euro a chilometro
Una valigia smarrita
e la solerzia intermittente
Aldo Franzioni
[email protected]
Matteo
[email protected]
In vacanza a Sorrento in un giorno feriale,
intorno alle 14: prendo un taxi autorizzato
dalla stazione di Sorrento al centro congressi,
(circa 1,500 metri). Corsa normale, senza
alcun problema di traffico: il tassametro, che
all’inizio della corsa segnava 4 euro alla fine
A Roma Termini, con mia sorella proveniente
dalla Puglia per un controllo a seguito di una
brutta malattia saliamo su un taxi per andare
in ospedale. Giunti a destinazione,
dimentichiamo di prendere la valigia con
dentro alcuni medicinali importanti. Con la
ricevuta del taxi e il numero di licenza mi
metto a caccia della valigia. Dopo tre giorni
di telefonate, dal Comune di Roma ai Radio
Taxi di Roma, decido di recarmi alla stazione.
Il conducente mi assicura di avere
consegnato la valigia all’ufficio oggetti
smarriti del Comune in via Ostiense. Lì tre
signore allo sportello, come già al telefono,
mi assicurano che la valigia non c’è e mi
spediscono a un altro ufficio dal quale mi
dicono di tornare indietro. Solo allora in via
Ostiense una delle impiegate, dopo aver
negato ancora, finalmente rintraccia il
trolley. Mi spiega che le medicine sono state
distrutte d’ufficio e che devo pagare 9 euro.
Nessuno si era preso la briga di registrare
l’ingresso della valigia, ma con solerzia erano
state gettate le uniche cose che servivano
davvero.
Un’ora di lavoro in biblioteca
al prezzo di una colazione
Claudio Gandolfi
Bologna
In un Paese nel quale nel marzo 2014 la
millenaria Università di Bologna può
assegnare l’appalto per i servizi di gestione
della biblioteca universitaria di Palazzo
Paleotti a 3,50 euro netti/ora-persona
(perché consentito dalla disciplina degli
appalti pubblici) come si può avere il
coraggio di dire che il mondo del lavoro è
ancora legato da «lacci e lacciuoli»? Siamo ad
un passo dal lavoro che diventa oggetto di
scambio con i diritti e la dignità. Forse non
siamo ancora alla “schiavitù” ma molto vicini
al punto di non ritorno e a forme di
“contratti” che puzzano di sfruttamento nei
quali la linea che divide forme di lavoro
legale da illegale è sempre meno percepibile
e riconoscibile.
IL SENATO DELLE COMPETENZE
ELENA CATTANEO
A SAGGEZZA popolare abbonda di detti che sconsigliano la fretta considerata, giustamensiamo cogliere l’occasione per creare una Cate, una “cattiva consigliera” e, con perspicacia, si dice che “la gatta frettolosa fa i gattini mera Alta che svolga funzioni di esame e conciechi”. Al di là delle battute, l’ansia che attanaglia il presidente del Consiglio, per chiu- trollo delle leggi, di raccordo con le realtà polidere rapidamente le riforme, mi sembra stia penalizzando la discussione per far capire tico-amministrative locali e con l’Europa. Sacosa si vorrebbe ottenere in termini di cambiamenti migliorativi per il funzionamento del Pae- rebbe altresì foriero di nuove disfunzioni non
se, attraverso gli interventi di ingegneria istituzionale che si vogliono apportare.
preoccuparsi di dotare questa nuova creatura
Sono stata chiamata ad esser partecipe delle scelte politiche del Paese, anche se con un ruolo istituzionale anche di una componente che apdistante dalle tensioni politiche quotidiane. Per cui tento di dire la mia, senza scordarmi, però, porti conoscenze e capacità utili per supportachi sono. Senza cioè dimenticarmi che sono una donna, una moglie, una madre, una scienziata: re “affidabilmente” i lavori di indagine e le mecioè una cittadina. E che il lavoro più amato per me è sempre stato quello di, oltre che progetta- diazioni tra le diverse istanze politico-econore esperimenti, dirigere un laboratorio di ricerca e coordinare la collaborazione di gruppi di miche.
scienziati a livello internazionale. Da sempre mi interrogo su quel che non va nel funzionamenSia ben chiaro, quando parlo di conoscenze
to delle istituzioni del Paese, soprattutto riguardo alle carenze con cui regolarmente si deve con- intendo a 360°: dal volontariato all’imprendifrontare uno scienziato e un italiano, a differenza dei colleghi stranieri. È guardando al rappor- toria.
to tra l’ingegneria delle nostre istituzioni e la vita quotidiana e il lavoro delle persone che proLe competenze in materia di diritto, scienducono e consumano il Pil, che ritengo non vada scartata populisticamente la proposta di ope- ze politiche ed economia sono già abbastanza
rare con riforme non semplicistiche per rafforzare le nostre istituzioni. In modo costitutivo, ri- rappresentate nelle nostre istituzioni. La sfida
costruendo le fondamenta della nostra nazione. Fondamenta solide, ben progettate, che
non sprechino quelle competenze necessarie
per decidere razionalmente in merito a proMICHELE SERRA
blemi da cui dipende la qualità della vita dei nostri figli e nipoti.
Condivido l’aspettativa comune che l’abEL suo editoriale sul futuro dell’Europa (Repubblica di ieri), il grande sociologo
battimento dei costi della politica sia necessapolacco Bauman cita due intellettuali francesi (Finkielkraut e Truong), un franrio. Ma questo non può essere l’unico obiettivo
cotedesco (Cohn Bendit), tre tedeschi (Beck, Arendt, Habermas), uno spagnodelle riforme. Soprattutto, non possiamo ri- lo (Castells), un austriaco (Husserl), quasi tutti viventi. Viene citato anche un italiano
sparmiare sul cemento che mettiamo nelle (Gramsci), ma è morto quasi ottant’anni fa in carcere.
fondamenta della nostra casa. Al primo terre- È lecito pensare che esista, in Europa, un’egemonia culturale franco-tedesca; ed è posmoto ne pagheremmo le conseguenze. Biso- sibile che la rarefatta presenza di voci italiane autorevoli (per fare un solo nome, Barbagna calcolare bene quanto ne serve di quel ce- ra Spinelli) nel contesto europeo sia dovuta all’autoreferenzialità di Parigi e Berlino.
mento. Niente di più, ma soprattutto niente di
Ma leggendo Bauman veniva da pensare a quanto piccolo sia, per un italiano che voglia
meno e sempre di buona qualità. Purtroppo,
sentirsi parte del mondo, il punto di vista nazionale; e quanto più vasto e vitale sia il coninvece, sembra di assistere ad una “gara” dove è questo impoverimento che viene, in pre- fronto sul futuro a poche centinaia di chilometri da noi. Essere “antieuropeo”, per un
italiano di oggi, è più pericoloso e mutilante che mai. Ci ricaccia nelle nostre angustie
valenza, demagogicamente comunicato.
Molti dicono, e qui concordo, che sia più im- politiche e culturali. La nostra stagione europeista coincise — all’ingrosso — con quella
portante discutere adeguatamente le moda- antifascista. Le due élite furono quasi coincidenti. Di entrambe è rimasto ben poco.
lità per il superamento del bicameralismo per© RIPRODUZIONE RISERVATA
fetto. Penso che, nel separare i compiti, pos-
L
“
La cultura
deve tornare
ad essere vista
come il
grande
progetto civile
e sociale del
Paese. Come
è accaduto
nel nostro
passato
più felice
> L’amaca
N
“
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culturale e politica per un Paese che arranca
nell’assumere la fisionomia necessaria per
competere sullo scacchiere internazionale, sarebbe, ora, quella di reclutare professionalità,
esperienze e capacità che al momento non si
riescono a utilizzare a livello degli apparati politico-amministrativi.
Se ripenso ai problemi che incontro nel mio
lavoro, rispetto ai colleghi stranieri, mi è chiaro quanto le nostre istituzioni siano, infatti, carenti. Lo siamo proprio nei settori che sono cruciali per capire quali sviluppi di conoscenze e
tecnologie sono strategici per agganciare l’economia del paese a quelle in crescita.
La proposta che una parte del nuovo Senato
sia “scelta” — i modi si possono discutere, si potrebbe pensare a qualcosa simile alle “primarie” — a partire da una pregiudiziale o preselezione che privilegi i curricula, non è il tentativo dei “professori” di guadagnare una ribalta. Altrettanto sbagliato sarebbe comunicarla
come una deriva tecnocratica. È piuttosto l’offerta di un aiuto per ricostruire il rapporto di fiducia tra politica e realtà sociale, che viene da
una parte del paese, cioè dagli intellettuali che
sono riconosciuti internazionalmente o da chi,
attraverso il suo lavoro, concorre ad alimentare quella parte dell’economia che ancora dà risultati senza bisogno di scorciatoie illegali. La
cultura deve finalmente tornare ad essere vista, ancora come nel passato più felice della nostra Italia, come il grande progetto civile e sociale del Paese. Spero che un fiorentino sappia
cogliere nel suo Dna mediceo questa importantissima occasione e responsabilità.
(l’autrice è senatrice a vita e professore ordinario di farmacologia presso l’Università degli studi di Milano. È intervenuta ieri a Next —
Repubblica delle Idee)
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YES WE CAN, MA GESÙ PRESE ANCHE IL BASTONE
EUGENIO SCALFARI
<SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
LACCI e lacciuoli di oggi esistono in un
mondo la cui struttura economica e sociale è profondamente cambiata: la popolazione è invecchiata, i giovani tra i
16 e i 29 anni rappresentano meno di un terzo della popolazione, le imprese di grandi
dimensioni sono quasi tutte scomparse, le
medie imprese devono affrontare mercati
dove il costo del lavoro è decisamente più
basso che da noi, la delocalizzazione è diventata una prassi, le imprese piccole soffrono di un credito in continua diminuzione
e con elevati tassi di interesse, gli imprenditori da trent’anni investono sempre di
meno impiegando capitale e dividendi soprattutto nella finanza e sempre meno nell’industria; per conseguenza la base occupazionale si è ristretta e la produttività è
fortemente diminuita, il sindacato rappresenta soprattutto i pensionati, la classe
operaia come aristocrazia del lavoro non
esiste più perché i contratti sono diventati
individuali o di piccole categorie diverse tra
loro.
Queste sono le condizioni con le quali i
lacci e lacciuoli dell’epoca di Carli non esistono più ed hanno cambiato natura. Forse
Ignazio Visco avrebbe dovuto spiegarlo alla platea che lo ascoltava.
I lacci e lacciuoli di oggi sono soprattutto
la mescolanza tra finanza privata e politica,
la carenza di innovazioni nelle manifatture, la scarsità del credito, la corruzione e l’evasione e infine, non ultimo, le mafie.
I contratti aziendali sono una forma idonea per risvegliare le manifatture e le imprese medio-piccole, ma al sindacato resta
comunque un compito essenziale: vigilare
sui diritti dei lavoratori che non debbono essere lesi ma semmai rafforzati e allargati
anche nelle imprese medio-piccole. E al sindacato resta anche il compito e il ruolo di
controparte per quanto riguarda il nuovo
“welfare” e i nuovi ammortizzatori sociali.
Il governo sembra indirizzato a realizzare questi obiettivi ma non riconosce al sindacato il ruolo decisivo che abbiamo ora indicato. È un grave errore e basterebbe guardare alla funzione dei sindacati in Germania per rendersene conto.
«Yes we can» ha detto Renzi nel suo recente incontro con Obama facendo proprio
lo slogan con il quale il senatore di Chicago
vinse la sua battaglia per diventare presidente degli Stati Uniti. «Yes we can», ma
che cosa esattamente? Adesso si applicherà il decreto di Enrico Letta sul tetto da
porre alle retribuzioni dei dirigenti di imprese pubbliche. Sull’occupazione giovanile la legge di Letta ha già prodotto nuovi posti di lavoro per 14 mila giovani e nel 2015
la proiezione statistica prevede un risultato che arriverà ai 60-90 mila. Renzi non lo dice, ma finora i risultati concreti provengono dalle iniziative del suo predecessore. Ora
aspettiamo le iniziative che Renzi promette che sono buone e concrete. Do you can?
Vi guarderemo con attenzione, ma dovremo aspettare un bel po’ perché la bacchetta magica neanche Renzi ce l’ha.
I
“
Papa
Francesco
aveva
convocato a
messa 500
membri del
Parlamento e
tutti i ministri
del governo e
li ha bistrattati
di santa
ragione
***
Tuttavia, anche se ho cominciato dal “We
can” renziano, non è questo il tema principale di questo articolo. Il tema è Gesù che
prende il bastone e bastona cacciando dal
tempio gli scribi e i farisei che interpretano
malissimo la legge di Dio e i corrotti che hanno gestito i loro sporchi commerci addirittura nei luoghi sacri del popolo di Israele.
Gesù che bastona è stato riportato d’attualità alle sette del mattino del giorno in
cui Obama è arrivato a Roma per la sua breve ma intensa visita in Vaticano, al Quirinale e a Villa Madama con Renzi. Alle sette
del mattino Papa Francesco aveva convocato a messa in San Pietro 500 membri del
Parlamento e tutti i ministri del governo e
li ha bistrattati di santa ragione. Non li ha
abbracciati, non li ha perdonati, non li ha salutati. Li ha soltanto bastonati.
Il circuito mediatico giornalistico e televisivo, con l’eccezione di pochissimi giornali e di Enrico Mentana, ha sottovalutato
quella messa molto particolare di Papa
Francesco. Il motivo credo sia quello che le
parole del Papa potevano esser ritenute simili agli slogan di Grillo, ma non è così. Grillo straparla contro la casta ma ne fa sostanzialmente parte specie quando si impegna
ad abolire la libertà di mandato dei parlamentari per meglio tenerli in pugno impe-
dendo proprio a loro la libertà d’opinione. Il
Papa invece parlava ai politici italiani di
una battaglia che Lui a sua volta sta combattendo in Vaticano contro tutte le forme
di temporalismo.
Il potere temporale, così pensa il Papa, ha
deturpato la Chiesa per secoli e secoli se non
addirittura per oltre un millennio.
Francesco ritiene che la Chiesa non debba essere sporcata e deformata da questo
peccato capitale. Ecco la rivoluzione che da
un anno sta conducendo e che dovrebbe avvenire anche nel Paese che è la sede del Papato. Di qui la sua invettiva di giovedì scorso. I media hanno privilegiato Obama ma
hanno sbagliato. Il presidente Usa è stato a
Roma poco più di 36 ore, ha visto a lungo Napolitano, a lungo Papa Francesco, un po’
meno lungamente il presidente del Consiglio, ha visto il Colosseo e sul predellino dell’aereo il sindaco Marino con tanto di fascia
tricolore.
Ma Francesco resta qui, per nostra fortuna. È dolce e mite come il suo Gesù Cristo,
ma come Lui quando è necessario impugna
il bastone e bastona. Lo fa in Vaticano, lo fa
in San Pietro, lo fa con la Curia e lo fa con il
Parlamento del paese nella città di cui è il
Vescovo; ma il bastone che impugna riguarda il peccato del mondo, il solo vero
peccato che mette il mondo fuori dalla grazia e dal bene.
Questo è il suo insegnamento e questa è
la sua rivoluzione.
***
Ho incontrato papa Francesco qualche
giorno fa, era il 18 marzo scorso, gli avevo
chiesto quell’incontro come già accaduto
altre volte, non per scriverne raccontando
quel che c’eravamo detti, ma per proseguire il dialogo tra Lui e un non credente come
io sono. Poi ho scritto raccontando quel dialogo, ma soltanto per me, per ricordare a
me i pensieri che ci siamo scambiati. Ma
uno di quei pensieri lo voglio qui riferire perché è strettamente pertinente con quello
che ha detto alla messa di giovedì scorso. Ha
detto: «In tutte le decisioni che ciascuna
persona prende esiste il rischio che le sue
convenienze personali e di gruppo prevalgano su considerazioni più alte. Ricordo
questi versi di Dante: “Ahi Costantin di
quanto mal fu matre...” Quei versi ricordano l’editto dell’imperatore Costantino che
nel 313 d. C. fece una donazione alla Chiesa
e ne autorizzò il culto, anzi lo fece proprio inserendo la croce sui suoi vessilli. Il peccato
del mondo è l’ingiustizia e la prevaricazione. Io la chiamo concupiscenza, cupidigia
del potere, desiderio di possesso. Questo è
il peccato del mondo che noi combattiamo
da due diverse sponde».
Questo pensiero è il medesimo che ha
ispirato il Papa nell’allocuzione fatta in San
Pietro ai membri del Parlamento italiano e
probabilmente ad Obama che ha incontrato poche ore dopo. Obama lo sa anche lui che
nel suo paese ha combattuto e combatte
questa battaglia.
Se tutti i detentori del potere lo usassero
per realizzare questa finalità, il mondo affronterebbe quella che Berlinguer chiamò
la questione morale. Due domeniche fa, rievocando Berlinguer, scrissi che tra lui e
Francesco esistono molti punti in comune
ed è vero.
Pensateci, pensateci a lungo e non scordatevene voi che avete il potere. È vero,
«You can», ma Gesù a volte prende il bastone. Anche chi non crede, questa verità la conosce, la condivide e non se la scorda.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
“
la domenica
DI REPUBBLICA
DOMENICA 30 MARZO 2014 NUMERO 473
Cult
La copertina. La filosofia del selfie dall’antica Grecia
Straparlando. Paolo Ricca: “Credere è dubitare di sé”
La poesia del mondo. Walter Siti rilegge De Angelis
John
Lennon
Imagine
OH DEAR SHEEPFROMBERNICE’S SHEEP1964. DISEGNO INEDITO DI JOHN LENNON/© ALL RIGHTS OF REPRODUCTION RESERVED TO THE ESTATE OF THE LATE JOHN LENNON
Disegni, poesie, scherzi
il tesoro ritrovato
di un giovane sognatore
ENRICO FRANCESCHINI
I
LONDRA
MMAGINATE. un cantante che è anche scrittore e pittore. Immaginate che i critici lo
paragonino a Joyce e a Picasso. Immaginate che sia un sognatore diverso da come
lo conoscete: più ironico, più avventuroso, più imprevedibile. Immaginate. Poi aprite gli occhi e
guardate questi disegni e manoscritti, e capirete chi era veramente John Lennon, il geniale paroliere (con McCartney) e musicista dei Beatles.
SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE
JOHN LENNON
L
O TROVAI annuotato nel mio tacchino
che era un giorgio pietoso e venoso
verno la fine di mario dell’amo di nostro Simone 1892 a Much Bladder,
una città fuori dal North Wold. Shamrock
Wolmbs aveva receduto una tepetonata mentre
eravamo seduti per pranzare. Non fece alcun
commento ma il contenuto gli girava per la testa,
dato che stava in pieni davanti al camino.
SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE
L’attualità. Chef e scienziato, la nuova vita di Ferran Adrià. Spettacoli. Spider-Man all’italiana: i nostri disegnatori alla conquista
dell’America. L’incontro. Robert Redford: “E adesso vi spiego perché detesto così tanto Hollywood”
la Repubblica
LA DOMENICA
DOMENICA 30 MARZO 2014
La copertina
MANOSCRITTI
UNA PAGINA DI THE FAT BUDGIE
E UN’ALTRA DA THE SINGULARGE
EXPERIENCE (DA CUI PUBBLICHIAMO
ALCUNI STRALCI). TRA LE DUE,
JOHN LENNON NEL1964: HA 24 ANNI
Cinquant’anni fa Sir Lennon scriveva
bellissime canzoni. Ma non solo:
con una matita poteva volare ovunque
Magico
misterioso
John
<SEGUE DALLA COPERTINA
EN R I C O F R A N C E S C H IN I
AUTORE DEL BRANO diventato un inno alla pace mondiale, Imagine, appare assai diverso da come ce lo immaginavamo negli scritti e negli schizzi che
Sotheby’s mette all’asta il 4 giugno prossimo a New York. I suoi biografi e i
suoi fans più fedeli lo conoscevano già anche in veste di narratore e disegnatore, perché questo materiale fa parte di un paio di libri commissionati
a Lennon quando i Beatles erano famosi in Inghilterra e stavano per conquistare il mondo: pubblicati nel 1964 e l’anno seguente, In His Own Write
e A Spaniard in the Works (in Italia usciti per Arcana nel ‘90 col titolo Vivendo Cantando) non ebbero tuttavia il successo e l’attenzione globale che
meritavano, nonostante il plauso unanime dei recensori, forse perché offuscati dall’immensa popolarità dei Fabulous Four di Liverpool e della loro rivoluzione musicale. «Un modo per rilassarsi» li definiva John, minimizzandone a sua volta il valore, tanto che regalò tutti gli originali all’editore, Tom
Maschler, il quale li ha dimenticati in un cassetto per mezzo secolo. Ma adesso, nel cinquantenario della
pubblicazione, li ha tirati fuori e li ha messi in vendita. L’asta potrebbe ricavare più di un milione di dollari.
È quasi un peccato che non vengano comprati in blocco da un museo dei Beatles o da qualche altra istituzione. È comunque una fortuna poterli rivedere, sia pure fugacemente, prima che finiscano sulle pareti o
nella biblioteca di un ricco collezionista. Rivelano un John Lennon «molto più profondo e molto più intellettuale di quanto chiunque avesse sospettato», come scrive il Financial Times. Non che la critica del
1964-’65 fosse stata tiepida: lo salutarono come un
esordio elettrizzante, sia per la parte scritta, sia per
le illustrazioni che la accompagnavano. Il supplemento letterario del Times affermò che il primo dei
due volumi «tranquillizzerà chi teme l’impoverimento della lingua inglese e dell’immaginazione
britannica», definendolo «il più vivace flusso di
scrittura sperimentale» apparso sulla scena della
narrativa di Londra dai tempi di James Joyce. Altri
citano Swift, Stevenson e Conan Doyle come illustri
paragoni: modelli nei cui confronti l’autore si prende ogni tipo di libertà, ironizzando, deformando, facendo deliberatamente errori di ortografia e grammatica, passando dalla parodia al gioco di parole,
dalla poesia al motto salace. Nel racconto The Singularge Experience (da cui qui pubblichiamo alcuni stralci), ispirato ai thriller alla Sherlock Holmes
L’
LIBRI
NEL 1964-65 LENNON PUBBLICÒ
IN DUE LIBRETTI (IN HIS OWN WRITE
E A SPANIARD IN THE WORKS)
ALCUNE POESIE, RACCONTI E DISEGNI.
IN ITALIA USCIRONO PER ARCANA NEL 1990
COL TITOLO VIVENDO CANTANDO
28
la Repubblica
DOMENICA 30 MARZO 2014
29
“Elefantico
mio caso
Whopper,
elefantico”
<SEGUE DALLA COPERTINA
JOHN LENNON
Q
DISEGNI
© ALL RIGHTS OF REPRODUCTION RESERVED TO THE ESTATE OF THE LATE JOHN LENNON
IL CHITARRISTA
CON QUATTRO
OCCHI È UNO
DEI DISEGNI
INEDITI
DI LENNON
ALL’ASTA
DA SOTHEBY’S
A NEW YORK
IL PROSSIMO
4 GIUGNO
e ai romanzi dell’orrore, centrato sull’omicidio di una prostituta, compare un certo “Jack
the Nipple”, allusione a Jack the
Ripper, Jack lo Squartatore, che
per Lennon diventa Jack il Capezzolo. Surrealismo, avanguardia, calembour, si sposano con disegni dal tratto
sicuro, ardito, iconoclasta, e anche per
questi i critici citarono maestri insigni,
da Picasso al fumetto alla pop art.
All’epoca direttore della prestigiosa casa
editrice Jonathan Cape, Maschler li vide per
la prima volta nel 1963 a casa di un amico, cui
Lennon li aveva lasciati: «Erano scritti su carta
intestata d’albergo, a mano, con una calligrafia
precisa, scolastica, che mi piacque subito anche
per la sua forma grafica», ricorda l’editore. Chiese
all’amico chi li aveva fatti. «John Lennon», fu la risposta. Chiese di incontrarlo. E due settimane dopo, al termine di un concerto dei Beatles a Wimbledon («stava esplodendo la Beatlemania, tanto che
c’erano otto ambulanze sul posto e dovetti aspettare un’ora e mezzo per superare il muro dei fans
adoranti»), lo incontrò. I due si piacquero, cominciarono a lavorare insieme sul materiale che Lennon aveva già pronto e a produrne dell’altro. L’editor vedeva l’autore nell’appartamento dei Beatles
a Londra, «c’erano ragazzi e ragazze che gridavano, sembrava uno zoo, ma John preferiva parlare lì
perché per strada l’assalto dei fans sarebbe stato
anche peggio», ricorda Maschler. Per la discussione del contratto, John gli disse di rivolgersi al manager della band, Brian Epstein: Lennon guadagnava di più in un giorno di quanto il libro avrebbe
potuto fargli guadagnare in tutta la vita, l’editore
offrì diecimila sterline e il manager accettò senza
discutere. (La cultura di massa non aveva ancora la sofisticazione odierna,
quando un brand culturale viene usato
con tecnica ben più aggressiva: immaginate se J.K. Rowling scrivesse canzonette, anche brutte, che impatto avrebbero). Dopodiché, John lasciò perdere scrittura e disegno, ritornandovi solo molti anni dopo, fugacemente, in progetti condivisi con Yoko Ono. Un’occasione mancata, perché un’editoria più sensibile
avrebbe potuto stimolarlo ad altre imprese fuori dalla musica leggera.
«Sono documenti straordinari», dice
degli scritti e dei disegni Gabriel Heaton, il
curatore dell’asta di Sotheby’s. «Forniscono una visione meravigliosa dell’immaginazione di John Lennon. Dimostrano cosa
poteva fare quella immaginazione una volta
liberata dalle costrizioni delle canzoni. Naturalmente anche nelle canzoni dei Beatles si
trovano le tracce del suo senso dell’umorismo
e della sua sofisticatezza, ma lui stesso ammise
che in questi scritti godeva di una libertà che non
si poteva permettere come cantautore». E a proposito di canzoni, l’eccezionale archivio del “Lennon letterario”, come lo etichetta il quotidiano della City, svela un piccolo ma rilevante segreto. Si è
sempre ritenuto che la frase “a hard day’s night”,
ritornello della canzone e del film omonimo, fosse
un’invenzione momentanea di Ringo Starr (così
sosteneva lo stesso Lennon) sul set del film ancora senza titolo. Ma in uno dei raccontini di questa
collezione, Sad Michael, appare già, scritta prima
che il film cominciasse. Anche questa è farina del
sacco di John Lennon.
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UASI all’improvviso senza curvarsi si volse al di sobra di me
con un malioso luccichio nei
pidocchi. «Ellafitgerrald mio
caro Whopper», disse con un largo soriso
poi con perspicacia «Indovina chi è evaso
dalla prigione Whopper?» la mia mente
puzzò immediatamente in rassegna tutti
i criminelli che erano recentemente fuggiti o fuggiti da Vermi Carogne.
«Eric Morley?» azzardai. Scosse la festa.
«Oxo Whitney?» demandai, annudì
imprecettibilmente. «Rygo Hargraves?»
ammiccai con convenzione.
«No, mio caro Whopper, è OXO
WHITNEY» sbraitò come se io fossi in
un’altra stanza, e non lo ero.
«Come fa a saperlo Wolmbs?» sospirai
con escrezione.
«Harrybellafonte, mio caro Whopper».
In quel preciso mormone un uomo alto
piuttosto ossunto alto esile bussò alla
porta. «Deve proprio essere egli,
Whopper». Mi stupii alla sua acuta
osserbart lancaster.
«Come tavolo lo sa Wolmbs» chiusi,
rivelando il mio cattivo cateratte.
«Elefantico mio caso Whopper»
institette svuotando la sua pipa nella sua
grande morsa di pelle. Entrò il perdiletto
Oxo Whitney scampato da vermi.
«Sono un primavero evaso Mr Wolmbs»
amise sfrecciando per la stanza.
«Si calmi Mr Whitney!» intersvenni «o
avrà un colosso nervoso». (...)
«Dammi ‘na cicca Oxo» disse Wolmbs
speditamente. Guardai il mio collegio,
sperando in qualche indizio quanto alla
ragione di questa inaspetata assortita,
non mi diede alcun segno tranne un
leggero movimento della sua gamba
buona mentre atterrava a calci Oxo
Whitney. «Dammi ‘na cicca Oxo» ritepé
qualsi istericamente.
«Cosa dialogo sta facendo mio caro
Wolmbs» implicai; «o meglio la
supplisco, la smetta prima di fare del
male a questo povero disgraziato!»
«Chiudi la faccia vocchio frignone» strillò
Wolmbs come un esagitato e diede a Mr
Whitney dei poderosi polpi. Questo non
era il Shamrock Wolmbs che conoscemo,
pensai scolpito per questo improriso
camiamento nel mio vecchio amico.
Mary Atkins si prepotò davanti allo
spocchio passandosi con liscivia la mano
nell’ampia capigliatura bionda. Il suo
abito attillato era molto scollato e
rilevava tre o quattro punti neri
strofinati con cura sul suo prospetto.
Raggiunse il tocco finale al suo trucco e si
fissò i denti saldamente in testa. «Vorrà
me stanotte» pensò. Guardò l’orologio
con impazienza e andò verso la finestra,
quindi balzò nella sua poltrota preferita,
raccogliendo il giornale diede
un’occhiale ai titoli. «PIU’ NEGHI NEL
CONGO» leggeva, e c’erano, ma fu
l’Ultima ora ad attraccare la sua
attenzione. «JACK LO SCRUTATORE
COLPISCI ANCORA». Sentì freddo
dappertutto, era Sydness che aveva
lasciato la porta aperta.
(Traduzione di Donatella Franzoni
e Antonio Taormina)
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la Repubblica
LA DOMENICA
DOMENICA 30 MARZO 2014
30
L’attualità. Masterchef
Nell’era in cui tutti vogliono diventare
grandi cuochi, il più stellato di tutti
racconta perché ha deciso di smettere:
“Non sfornerò più piatti ma conoscenza”
JESÚ S RO D R ÍG U E Z
LÀ DOVE SORGEVA
IL MITICO “EL BULLI”
ORA NASCERÀ
L’UNIVERSITÀ
DEL CIBO
DA QUI IL GURU
SPAGNOLO
DIVULGHERÀ IL VERBO
O
BARCELLONA
GNI MATTINA, dopo le otto, Adrià percorre con passo deciso il tragitto di cinquanta minuti che separa il suo appartamento di cinquanta metri, vicino a plaza de España, a Barcellona, dal suo laboratorio, nascosto in una palazzina del Settecento accanto al
mercato della Boqueria. Lo acquistò nel 2000, quando decise di
creare un centro di ricerca collegato a El Bulli: una massa critica dove muovere i primi passi sperimentali su prodotti e tecniche culinarie che si sarebbero poi trasformati in piatti innovativi nel suo ristorante, un locale in cui ogni anno tutto era nuovo, dal menu alle stoviglie e a gran parte del personale. Adrià
avanza distratto, con la testa china e le mani affondate nelle tasche del vecchio tabarro. Parla
a scatti. È un uomo di cinquantuno anni, solido, di bassa statura, capelli radi e ricci e barba grigia di due giorni, sempre vestito di nero: «Mi sono stancato di vestirmi di bianco dopo aver fatto il cuoco per tanti anni. Adesso mi vendico». Suo padre faceva lo stuccatore e sua madre la
parrucchiera. È nato nel quartiere operaio di Santa Eulalia, a L’Hospitalet, tra antiche fabbriche tessili, binari e banchi di meloni. Non è andato all’università (ma quattro atenei, dopo il
2008, gli hanno assegnato una laurea honoris causa). A diciassette anni cominciò a lavare i
piatti per pagarsi un viaggio a Ibiza. Fu il suo battesimo tra le pentole. A ventidue, nel 1984,
dopo il servizio militare, si presentò a El Bulli con una capigliatura afro, la catena d’oro e un’aria alternativa. Nel 1987 ne era già il capo e decise anche che non avrebbe mai più copiato un
piatto da un altro chef. Nel 1990, lui e Juli Soler (suo amico e socio da sempre), diventaro- tecniche e la sua ideologia per tutto il mondo.
no proprietari di El Bulli con una scommessa Il modello era un riflesso della personalità di
suicida. Nel 1997, ottenne la terza stella Mi- Ferran: un’anarchia strutturata. Disciplina
chelin e dal ‘99 cominciò a raccogliere tutte le militare e libertà accademica. E molte doinformazioni raccolte nel ristorante («Ap- mande. Sempre intento a polemizzare con la
punti, ricette, diari, lettere, disegni, fotogra- realtà. Un giorno, Brett Littman, direttore del
fie, modelli in plastilina... non si buttava via Drawing Center (esclusiva galleria di New
niente»), a ordinare e classificare tutta quel- York dedicata al disegno, dove Adrià espone
la sapienza. La sua idea era quella di compor- dallo scorso 25 gennaio i grafici che sintetizre qualcosa di simile al catalogo ragionato di zano e sostengono la sua saggezza culinaria),
un artista. L’obiettivo, spiegare le sue fasi lo vide tracciare freneticamente su un tovacreative, l’evoluzione del suo lavoro. Non ha gliolo tre parole: «Why. Why. Why?».
Al Bulli tutto era possibile, i rigidi codici
mai frequentato una scuola di cucina. «Forse
è per questo che mi sono interrogato su tutto dell’alta cucina, per secoli imposti dalla Franin un modo così sfacciato». Ma i grandi ricet- cia, Adrià li avrebbe saltati in un sol colpo con
tari classici ce li ha registrati nella sua testa. decostruzioni e associazioni; gelati salati, geL’altra sua passione è il Barça. La sua grande latine calde, spume e fumi; sferificazioni e liofilizzati. Come ricorda José Andrés, uno chef
delusione, non essere un bravo calciatore.
Brusco. Burbero. Cauto con il denaro. Sen- formatosi a Cala Montjoi tra il 1988 e il 1991
za un ufficio o altre sofisticatezze, nemmeno e che oggi ha quindici ristoranti negli Stati
quando è ora di mangiare (a parte il buon Uniti: «Ferran provava tutto e ci incoraggiachampagne). Si muove con la comodità che va a sperimentare, ad andare oltre, contro la
gli consente l’anonimato. Pochi passanti ri- logica, a trovare i limiti. Ci facevamo pagare
conoscono il personaggio che è stato per quando era possibile. Dicevano che era mattrent’anni lo chef e l’anima di El Bulli: quel ri- to. È vero, eravamo matti, ma non sono mai
storante sperduto in una baia di Capo Creus stato così felice». Adrià spiega che nel suo ri(Girona) che ha cambiato la storia della cuci- storante, nato come un chiosco da spiaggia
na, eletto come il migliore al mondo per cin- nel 1963, sono passati duemila professionique anni e sotto la cui filosofia (anche di vita) sti. Tra questi, i primi quattro cuochi del monsi sono formate diverse generazioni di cuochi do, che lo trattano con la venerazione dovuta
che hanno esteso la sua rivoluzione, le sue a un guru: Roca, Redzepi, Bottura e Aduriz.
Ferran Adrià
ho spento
i fornelli
non il cervello
Ha guadagnato tanti soldi (si fa pagare ottantamila euro a conferenza); ha ottenuto la
fama, gli onori, l’affetto dei potenti, la curiosità degli esperti e l’interesse da parte dei media. «Ho imparato più nelle interviste che in
tutte le scuole di business, perché le domande dei giornalisti (che non sono scemi) mi obbligano a riflettere». Dal 2003 è stato in prima pagina su New York Times, Time, Le Monde e Financial Times; ha pubblicato libri e documentari, ha collaborato con la scienza e l’industria alimentare; ha lavorato per una trentina di multinazionali, e ricevuto fino a due
milioni di richieste a stagione per cenare a El
Bulli. Poteva soddisfarne solo qualche migliaio nei sei mesi d’apertura. Diventò l’unico
ristorante al mondo senza telefono. «Eravamo una macchina che produceva delusioni».
Lo sfacciato successo di El Bulli si trasformò
nella sua frustrazione. Adrià più lontano. Il 20
novembre del 2009, nelle due ore di viaggio
tra Barcellona e Cala Montjoi, si rese conto
che non era felice: «Mio fratello Albert mi disse: “Ferran, abbiamo creato un mostro e ci divorerà”. Perfino mia madre, Josefa, era stufa
di me. Il mio personaggio annoiava anche me.
Avevamo vinto tutte le Champions. Non ho figli e non mi piace il lusso. Eravamo sistemati.
Ma che c’era dopo? Saremmo riusciti a creare al livello degli ultimi vent’anni? Tutto cominciava a essere prevedibile. A quel ritmo
potevamo reggere per cinque anni al massimo. Internet era una pressione continua: la
sua immediatezza, il fatto che tutto si sa e si
copia all’istante, i blogger. Pensai che quello
che eravamo riusciti a fare, la nostra eredità,
non poteva scomparire. Dovevamo trovare
un nuovo linguaggio; cambiare scenario e
reinventarci. Fare qualcosa di dirompente.
Solo così saremmo potuti durare. Un ristorante chiude, le stelle vanno e vengono, ma
una fondazione può durare centocinquant’anni. Non cerca il guadagno. È per tutti. Consente un ritmo diverso. Eravamo abbastanza piccoli e flessibili, ma godevamo di
una visibilità sufficiente per provarci. E aprire una strada. C’era vita dopo El Bulli. Non ce
ne andavamo; ci trasformavamo. Non sapevamo in che cosa. Sono sempre stato consapevole di dove iniziava, ma mai di dove andava a finire. In tante occasioni, il caso ha lanciato i dadi con me». Parlò con i suoi fedelissimi: non sarebbero più stati cuochi, né camerieri o sommelier, ma documentaristi, esperti in logistica e in nuove tecnologie. «Non ho
cercato nessuno all’esterno se a farlo poteva
essere qualcuno che era già dentro. Siamo
quindici. È una strategia a basso costo. Qui
non c’è burocrazia, né spese stupide, né presentazioni con cocktail. Giusto o no?».
Il 26 gennaio del 2010, la notizia che si diffuse come un lampo era che Adrià avrebbe
chiuso il ristorante nel luglio dell’anno successivo. L’impatto fu terribile. Alcuni conclusero che Adrià era rovinato, non aveva più
idee, che aveva litigato con Juli Soler e con suo
fratello Albert, che il fenomeno El Bulli era
stato un bluff e il fanfarone si toglieva di mezzo. «Ero a casa in pigiama e mi chiamavano
giornalisti da ogni parte. Pensavano che fosse la fine. Si sbagliavano, El Bulli non finiva.
Qualche volta ci avevo pensato, ma mia moglie mi diceva che se lo facevo davvero ero un
vigliacco. Se come ristorante raggiungevamo seimila commensali, una fondazione
avrebbe potuto raggiungere milioni di persone. La nostra idea era quella di essere generosi, di condividere ciò che sappiamo. Volevamo scoprire che cos’è la cucina (non era
LA FONDAZIONE
L’ARCHIVIO
IL MUSEO
LA PRIMA PIETRA
DI EL BULLI
FOUNDATION
VERRÀ POSTA
NEL PARCO
DI CAP DE CREUS
IN UNO SPAZIO
DI CINQUEMILA
METRI QUADRI
BULLIPEDIA
SI CHIAMERÀ
LA PRIMA
BANCA DATI
AL MONDO
IN GRADO
DI CATALOGARE
TUTTO IL SAPERE
CULINARIO
ACCANTO AL POLO
SCIENTIFICO
VOLUTO
DA FERRAN ADRIÀ
SORGERÀ ANCHE
UNO SPAZIO
ESPOSITIVO
DEDICATO
ALLA CREATIVITÀ
la Repubblica
DOMENICA 30 MARZO 2014
31
IL PERSONAGGIO
FERRAN ADRIÀ, 51 ANNI
NATO A BARCELLONA
CHEF DI “EL BULLI”
DALL’84 AL 2012,
QUI È RITRATTO IMMERSO
NELLE SUE FORMULE
NELL’ALTRA PAGINA,
COME LO VEDE
MATT GROENING,
IL PAPÀ DEI SIMPSON
mai stato fatto), ordinare ogni elemento che
partecipa al processo e raccontarlo a chi voglia ascoltare. I progetti di elBullifoundation
hanno senso solo se si indirizzano alla sfera
pubblica, se intendono informare ed educare
la gente, se si rivolgono alle università e alle
scuole di cucina. Prima creavo dei piatti e
adesso voglio creare dei creatori di piatti». E
prosegue: «Il tempo che ci era rimasto al ristorante lo usammo per goderci i nostri clienti. Quell’anno e mezzo ci servì anche per raccogliere i primi soldi. Feci una trentina di cene per aziende raccogliendo quattro milioni
di euro. Poi mettemmo all’asta la nostra cantina tramite Sotheby’s a New York e a Hong
Kong, altri due milioni». Solo tre mesi dopo
“l’ultimo valzer di El Bulli” (il 30 luglio del
2011) cominciò a coinvolgere le grandi scuole di business nella scommessa di dare forma
alla sua fondazione: Harvard, Berkeley, Columbia, London Business School ed Esade,
con Joseph Stiglitz in funzione di arbitro.
Adrià risale la Rambla concentrato nel suo
universo. Lui solo controlla il puzzle della sua
fondazione e i suoi tentacoli. «È uno stile dittatoriale, almeno finché io sono vivo. Giusto o
no?». Solo Adrià ha la mappa completa. E la
bussola per muoversi in quel labirinto. È in
ballo dalle 5,30, riflette, con l’eterna matita
sull’orecchio destro e l’abituale mancanza di
tatto con cui sveglia ogni mattina all’alba sua
moglie, Isabel Pérez, un’economista conosciuta nell’estate dell’89. Approfitta del primo tragitto della giornata per parlare al telefono, rispondere alle mail e rilasciare interviste. Non ha segretaria né addetto stampa.
Dicono che sia bravo a giocare in Borsa.
Il progetto elBullifoundation ha tre cardini
e come scenario il territorio del vecchio ristorante, dove l’architetto Enric Ruiz-Geli ha
progettato uno spazio espositivo, ecologico e
sostenibile, dedicato alla creatività. La cucina è solo il veicolo. Questo non-museo, il cui
progetto è già cambiato tre volte in tre anni,
potrà contare su più di cinquemila metri quadrati e parte da una legge fatta su misura per
Adrià dalla Generalitat della Catalogna, essendo incastonato in un parco naturale dove
è proibito costruire (in cambio del permesso,
Adrià donerà quel terreno e l’archivio di El
Bulli, valutati quindici milioni di euro, all’erario pubblico). Lo spazio si chiamerà El Bulli1846: il numero di elaborazioni create nel ristorante. La prima pietra verrà posta quest’anno e sarà completato in diciotto mesi. Poi
c’è elBulliDNA, ovvero il team creativo, la linfa che continuerà la ricerca culinaria con
esperti di altre discipline a Cala Montjoi, anche se potrà spostarsi in tutto il mondo. Infine, Bullipedia: una banca dati infinita che ordina (per la prima volta nella storia) tutto il
sapere culinario tramite una nuova classificazione del processo gastronomico e del processo creativo, realizzata negli ultimi due anni dalla sua squadra. Scende fino alle particelle elementari della cucina e si basa su due
intricate mappe interattive che sono la tabella di marcia per muoversi nell’universo Adrià.
Lui ha smesso di essere un cuoco per trasformarsi in agitatore, in calamita che attrae conoscenze. A volte, di fronte ai gesti di simulato scetticismo dei suoi interlocutori, replica
con aria imbronciata: «Questo non è uno
scherzo! È molto importante!».
(Traduzione di Louis E. Moriones)
©El País Semanal
© RIPRODUZIONE RISERVATA
FOTO © CATERINA BARJAU
IL TEAM
SI CHIAMA
“ELBULLIDNA”
LO STAFF CREATIVO
CHE SOTTO
LA GUIDA DI ADRIÀ
CONTINUERÀ
LA RICERCA
CULINARIA
IN TUTTO IL MONDO
la Repubblica
LA DOMENICA
DOMENICA 30 MARZO 2014
La storia. Orient Express
Una grande esposizione a Parigi celebra
la leggenda del viaggio più amato dagli scrittori
E anche dal Kaiser Guglielmo II che su quei binari
avrebbe voluto arrivare fino a Baghdad
IL FONDATORE
UN BUSTO DEL BELGA
GEORGES NAGELMACKERS.
© BIBLIOTHÈQUE ULYSSE
CAPITAINE DE LA VILLE
DE LIÈGE
Il treno
dei sogni
STEFANO MALATESTA
TRENI DI LUSSO sono stati creati alla fine dell’Ottocento dagli industriali del ferro e del carbone, proprieta-
IL BAULE
UN MODELLO DI VALIGIA
MOYNAT, MAISON NATA NEL 1849.
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IL SALOTTO
UNA CARROZZA DI LUSSO:
IL VAGONE TRAIN BLUE
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LA MITICA JOANNE DEL 1902
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I
ri della maggior parte delle ferrovie, per ripagarsi delle spese, arrivate a livelli esponenziali. Alcuni di questi convogli erano troppo ricchi, così addobbati al loro interno, da far sembrare gli scompartimenti e le camere da letto delle Versailles in miniatura e andavano di pari passo con la costruzione di nuovi e dominanti spazi urbani, le stazioni, viste come spazi che celebravano la maestà cittadina. Tutto aveva un aspetto molto professionale: le operazioni interne al treno venivano svolte con grande precisione e competenza, dai servizi di tavola alle prime colazioni sontuose. E tutto sembrava fatto per compiacere gli snob che
si illudevano di provare un’esperienza unica e raffinata.
Ma l’Orient Express aveva qualcosa in più e di diverso dagli altri, anche se la pubblicità che l’avvolgeva
era un concentrato di luoghi comuni: una proiezione dei desideri degli europei che vedevano in ogni donna orientale Sherazade e, in ogni uomo dall’aspetto fiero, Saladino, il generale curdo che aveva annientato i crociati nella battaglia di Hattin. Ma quei luoghi comuni risultavano irresistibili perché non esisteva una conoscenza diversa dell’Oriente, se non quella edulcorata che passava attraverso Le Mille e una notte.
Il paradosso dell’Orient Express era che i suoi migliori clienti orientali salivano quando gli europei occidentali scendevano a Istanbul, perché andavano nella direzione opposta. Sceicchi dell’Hadramawt, banchieri di Beirut, mercanti ebrei di Alessandria d’Egitto, trovavano quel treno comodissimo e sceglievano quasi sempre di viaggiare nei vagoni simili a quelli dei treni americani, affittati per l’intero del loro spazio, dove non c’erano scompartimenti e dove si accampavano parenti, amici, e guardia-spalle, formando una piccola corte. Erano tutti diretti a Venezia, al Casinò di Montecarlo, in Costa Azzurra e naturalmente a Parigi, la capitale dell’eleganza e delle più affascinanti “orizzontali” della
Belle Époque. Durante il periodo d’oro dei viaggi in treno, gli anni tra le due guerre mondiali, gli scrittori avevano avvertito che i treni erano luoghi eminentemente letterari — una intuizione non molto originale — che si prestavano a
essere utilizzati per ambientarvi storie erotiche o criminali. Sembrava che tutti si fossero messi a scrivere vicende di
amori contrastati e passionali, spionaggi e ammazzamenti, tali da trasformare l’Orient Express in una dépendance
della Morgue, con cadaveri nascosti ovunque.
Il nome Orient Express poteva trarre in inganno. In
Appena tre anni dopo la visita a Damasco, Guglielmo
realtà il suo itinerario si svolgeva esclusivamente in Eu- diede il suo “placet ufficiale alla teoria pan-babilonista” di
ropa e molti viaggiatori erano scesi dal treno prima del- Friedrich Delitzsch che riduceva la Bibbia a una vuota cal’ultima fermata, diretti a Bucarest o a Zagabria. Quelli nonizzazione sacerdotale delle grandi conquiste teologiche dovevano andare più a Oriente potevano attraver- che e culturali nate in antica Mesopotamia. Era un periosare il Bosforo, lasciare l’Europa e approdare in Asia, rag- do in cui queste rivisitazioni del passato remoto degli eugiungendo con un battello la località di Haydarpaþa, do- ropei si lasciavano andare a fantasie teologiche imbarazve avevano inizio le ferrovie ottomane. Queste costitui- zanti e anche l’imperatore di Germania era stato preso
vano solo una parte del più vasto e ardito progetto che, dallo zeitgeist, lo spirito del tempo. In Oriente lo chiamapartendo da Berlino, collegava la sponda del Mediterra- vano Haggi Wilhelm, “il pio Guglielmo” e gli attribuivano
neo a quella del Golfo Persico, della Siria e dell’Iraq. Il pro- un suo ruolo futuro nella liberazione dei mussulmani dal
getto aveva trovato l’appoggio entusiastico e quasi fa- potere degli infedeli.
natico di Guglielmo II, kaiser di Germania, un vanesio e
Il tratto di ferrovia che andava da Istanbul a Konya, e
militarista personaggio posseduto da manie di gran- poi al confine, spettava naturalmente ai turchi. La codezza e odio antisemita, che cercava di scalzare il pote- struirono invece con una certa rapidità i tedeschi, anche
re dell’Inghilterra imperialista ovunque avesse la mini- perché tutti i materiali venivano direttamente dalla Germa possibilità di farlo. La ben oliata macchina indu- mania. Si arrivò alla vigilia della Prima guerra mondiale
striale germanica, che esportava il cinquanta per cento con quasi metà della linea tra Konya e Baghdad già opedei suoi prodotti, aspettava con ansia, da anni, il crollo rativa. Ma alcuni settori cruciali erano ancora molto indell’impero ottomano e l’apertura di un immenso mer- dietro e senza la linea completamente aperta anche nelle
cato mediorientale, solo superficialmente sfruttato da- sue ramificazioni verso Aleppo sarebbe risultato imposgli inglesi. Per questa ragione Guglielmo II aveva fatto sibile contrastare con efficacia gli inglesi attestati a Suez.
un lungo tour nell’Anatolia, di genere napoleonico, che
A quel punto i tedeschi cercarono una scorciatoia: inciconsisteva in parate, sciabole sguainate, sbattere di tac- tare tutti i musulmani lanciando una fatwa, una guerra
chi e saluti inguantati. Tutto un repertorio che piaceva santa personale contro chi minacciava il sacro itinerario
molto al kaiser, sempre accompagnato da un’infinità di del treno. L’idea probabilmente era di Gugliemo II, che atgeneraloni che indossavano sopra l’uniforme coloniale traversava un periodo di accentuato misticismo. Ma i ril’elmetto a chiodo. L’accoglienza fu trionfale, scrissero i sultati furono deludenti e i tedeschi cercarono di rimangiornali, e il kaiser stesso, che non aveva un grande con- giarsi la mossa che poteva rivoltarsi contro di loro. Poi artrollo di quello che diceva, paragonò il sultano turco Ab- rivò la seconda guerra mondiale e a Berlino ebbero altro a
dul Haziz con il Saladino. A partire da questo momento cui pensare che a quella ferrovia per Baghdad, sogno di
si instaura a Berlino e a Costantinopoli un’atmosfera tra molti guglielmini. Hitler aveva altre ambizioni: non voleil militare e il mistico, che vede l’alleanza tra la Germa- va sfilare a Baghdad con le truppe scelte e i panzer di Gunia e la Turchia una sorta di patto sacro, fatto in nome derian, ma sugli Champs-Élysées.
dei più alti ideali politici e religiosi.
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la Repubblica
DOMENICA 30 MARZO 2014
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Va in mostra
l’elogio
della lentezza
FABIO GAMBARO
U
PARIGI
FOTO © CATERINA BARJAU
N TRENO leggendario su cui
hanno viaggiato
avventurieri e principesse,
archeologi e diplomatici,
turisti e trafficanti, tra Parigi e Istanbul, dal
1883 al 1977. Nei primi tempi, per
percorrere 3050 chilometri, la locomotiva a
vapore impiegava ottantuno ore, che i
fortunati viaggiatori trascorrevano nelle
lussuose carrozze decorate da artigiani
rinomati come il gioielliere francese René
Lalique o l’ebanista inglese Albert Dunn.
Quei viaggi affascinanti tra sfarzi, intrighi e
avventure sono al centro di una bellissima
mostra che verrà inaugurata venerdì 4
aprile a Parigi, nei locali dell’Institut du
Monde Arabe. «L’Orient Express è stato
davvero una grande avventura. All’epoca,
fu una straordinaria realizzazione
tecnologica, ma anche un treno di sogni e
desideri che per la prima volta collegava
direttamente l’Europa all’Asia e all’Africa»,
spiega Jack Lang, l’ex ministro della cultura
di François Mitterrand che da poco più di un
anno è il presidente dell’importante
istituzione parigina. «La mostra propone un
viaggio nel tempo e nello spazio, ma anche
nelle arti, visto che cinema e letteratura si
sono spesso appropriati del mito
dell’Orient Express».
Intitolata C’era una volta l’Orient Express e
realizzata in collaborazione con la Sncf,
l’azienda ferroviaria francese a cui oggi
appartiene il celebre marchio, la mostra,
aperta fino al 31 agosto, accoglie il visitatore
già nella grande spianata antistante
l’Institut du Monde Arabe. Lì,
perfettamente restaurati, stazionano una
locomotiva, tre vagoni e la carrozza
ristorante, al cui interno velluti e
tappezzerie di pregio rendono ancora
palpabile l’atmosfera di un tempo.
L’esposizione vera e propria si snoda poi
all’interno del palazzo disegnato da Jean
Nouvel oltre venticinque anni fa. Sfruttando
alcune vetrine in forma di bauli giganti,
Claude Mollard, il curatore della mostra
insieme a Caroline Bongard, propone una
vasta raccolta di oggetti, documenti
d’archivio, quadri, manifesti, fotografie,
taccuini di viaggio, libri e film, grazie ai
quali vengono ricostruiti i molti aspetti di
un’epopea itinerante che in passato ha
incrociato i destini di Lawrence d’Arabia e
Graham Greene, Agatha Christie e Lauren
Bacall. Tuttavia, la mostra parigina non
vuole essere solo una sapiente operazione
nostalgica. Attraverso la storia del treno
come simbolo delle relazioni non sempre
facili tra Oriente e Occidente, i curatori
invitano a riflettere su un secolo di storia
tumultuosa, durante il quale, tra drammi e
conflitti, dalle rovine dell’impero ottomano
è nato il mondo arabo contemporaneo.
«Il fascino dell’esotismo è una strada per
arrivare al reale», chiosa Lang che, a guisa di
invito al pubblico, aggiunge: «Il viaggio con
l’Orient Express era un viaggio lento che
durava diversi giorni. Offriva quindi
occasioni di conoscenza e di scambio con gli
altri i passeggeri. Oggi, in una società
dominata dalla velocità e dall’isolamento,
quell’arte di viaggiare lentamente andando
incontro agli altri può essere letta come la
metafora di un altro modo di vivere e un
antidoto a certi eccessi della nostra civiltà».
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LA DOMENICA
Spettacoli
Oggi i disegnatori dei più importanti personaggi
della Marvel, dall’Uomo Ragno agli Avengers,
vivono a Roma, Lucca o Reggio Emilia
Ecco chi sono e perché hanno superpoteri
FRANCESCO FASIOLO
C’
ANNIVERSARIO
UNO DEI CINQUE NUMERI ZERO
CHE APRIRONO LA STAGIONE
DI MARVEL ITALIA NEL 1994
SOTTO: I VENDICATORI,
BOZZETTO A MATITA
DI WERTHER DELL’EDERA
PER UNA DELLE VENTI
COPERTINE CHE DA MARZO
AD APRILE CELEBRANO
I VENT’ANNI DELLA CASA
EDITRICE
ROMA
È UN FILO ROSSO — o meglio, una lunga ragnatela — che
lega Stati Uniti e Italia. Perché i Supereroi saranno pure americani, ma a disegnarli oggi sono sempre più
giovani autori italiani. Gli artisti che danno forma e
movimento agli Spider-Man o X-Men letti in tutto il
mondo vivono e lavorano a Roma, Lucca, Reggio Emilia e altre città del nostro paese. Non a caso in questi
giorni festeggia i venti anni di vita una realtà editoriale che sancisce già dal nome la doppia nazionalità
di Hulk e compagni, la Marvel Italia. Per capire perché
gli eroi in calzamaglia oggi parlano anche la nostra lingua bisogna fare un paio di agili salti all’indietro. Nati nella scoppiettante New York degli anni Sessanta, i personaggi Marvel aprono una nuova era per il fumetto supereroico, fino ad allora dominato quasi esclusivamente
dai rivali della DC Comics (quelli, per intenderci, di Batman e Superman, entrambi degli
anni Trenta). I Fantastici Quattro (1961), Spider-Man, Hulk, Thor (1962) conquistano
però una considerevole fetta di appassionati. In Italia vengono per anni pubblicati da
vari editori tra alti e bassi, fallimenti e rilanci. Fino al 1994, quando la Marvel decide di aprire una seconda filiale europea oltre a quella inglese: bisogna scegliere in quale paese. I big men americani fanno due conti: da noi le vendite degli
albi con i loro personaggi erano buone, ma le pubblicazioni erano sparse tra
tante piccole case editrici. «In tre giorni non
ho mangiato né bevuto ma tirai fuori uno stu- Men di Bryan Singer al Capdio su come tutto poteva essere riunito sotto tain America uscito in queun unico editore» ricorda Marco M. Lupoi, già sti giorni, il filone continua
in precedenza coordinatore editoriale alla dando a quei personaggi un pubblico che
Star Comics, una delle case che pubblicava te- va oltre quello dei “fumettofili”), cresceva in
state Marvel. A New York si convincono: è l’I- Italia una nuova generazione di disegnatori.
talia il paese su cui puntare. Tutto avviene ve- Sono almeno sessanta infatti gli italiani che
locemente: «Partimmo da niente, nemmeno finora sono entrati nel mondo Marvel: l’Italia
un ufficio, solo dalla passione mia e di un ma- è oggi il paese che, dopo Stati Uniti e Inghilnipolo di altri quattro “Marveliani”». Nella terra, fornisce più disegnatori alla casa maprimavera del 1994 gli albi Marvel Italia fan- dre. Ma il fenomeno è ancora più ampio, perno il loro esordio in edicola: sono diciannove ché molti di loro lavorano o hanno lavorato antestate. È un periodo di fermento e novità per che per DC e altre case editrici di portata
i comics: pochi mesi dopo gli americani sbar- mondiale. Eroi americani insomcano a Modena e acquistano Panini. Per la pri- ma, ma matite italiane. Gabriele
ma volta il mondo delle figurine e quello del Dell’Otto, che ha disegnato persofumetto si incontrano. Oggi, vent’anni dopo, naggi di punta quali gli X-Men e la sala Panini Comics (che nel frattempo è torna- ga Guerra Segreta, è considerato
ta in mani italiane) pubblica l’incredibile ci- uno dei più grandi copertinisti a lifra di settemila titoli all’anno tra manga, su- vello mondiale come anche il lucpereroi, graphic novel e Topolino. Inoltre di- chese Simone Bianchi famoso per i
stribuisce l’Uomo Ragno e i suoi colleghi in suoi epici Thor e Wolverine. È poi in
mani italiane il divo assoluto, Spidertutta Europa e America Latina.
Questa però non è solo una storia di un suc- Man, disegnato nelle sue varie versioni da
cesso commerciale, ma anche di una vera e Giuseppe Camuncoli, Marco Checchetto, Stepropria invasione creativa che parte dall’Ita- fano Caselli e Sara Pichelli, una delle poche
lia per conquistare l’America. Perché, men- donne del mondo supereroico.
Come sono arrivati così in alto? Con un curtre la popolarità dei supereroi diventava planetaria grazie al cinema (dal 2000, anno di X- riculum. «Avevo poco più di vent’anni quan-
Spider
man
l’italiano
I supereroi della porta accanto
che con colori e curriculum
hanno conquistato l’America
la Repubblica
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Ma in principio
fu Tiramolla
non Mr. Fantastic
LUCA RAFFAELLI
do da Reggio Emilia sono andato al ComicCon, la grande convention di fumetti di San
Diego — ricorda Camuncoli — per fare il giro
delle case editrici mostrando i miei lavori. Sono piaciuti e dal 2000 non ho mai smesso».
Oggi non c’è nemmeno più bisogno di prendere un aereo. «Fino a qualche anno fa si poteva lavorare solo con gli editori della nazione
di appartenenza — spiega il romano Caselli,
ora impegnato sulla serie Avengers (quei
“Vendicatori” che al cinema sono a oggi il terzo incasso di tutti i tempi) — ma internet ha
cambiato anche così l’editoria: oggi nel fumetto c’è una vera accessibilità a tutti i mercati». Inoltre, se negli anni ‘80 e ‘90 le major
americane dei comics cercavano talenti
solo in casa o in Inghilterra, da almeno un
decennio, con il supereroe tornato fenomeno globale, i talent scout frequentano
anche le convention europee, da Angoulême a Lucca. Per Sara Pichelli, trentenne di Amatrice (Rieti), la gavetta è
cominciata dopo aver vinto il Chesterquest, un concorso internazionale voluto da Chester B. Cebulski, oggi vicepresidente Marvel: «Nel giro di qualche
anno avevo il mio posto su testate molto importanti». Cosa hanno in più gli italiani? «La grande varietà dei loro stili —
spiega Lupoi, oggi direttore publishing di
Panini Comics —. Molti hanno un’impostazione bonelliana (e per Bonelli lavorano o
hanno lavorato), cui aggiungono letture di
comics americani e underground. Inoltre sono affidabili e lavorano come muli».
Ecco spiegato il motivo per cui ad aprile
Marvel Italia festeggia i suoi vent’anni con
venti copertine speciali disegnate ognuna da
un autore italiano. «Forse il nostro paese è più
vicino alla cultura americana rispetto ad altri
— riflette Lupoi — e nel corso del XX secolo ne
abbiamo spesso preso dei pezzi per poi introiettarli. Non solo i supereroi. Pensiamo a
Topolino: abbiamo amato talmente i personaggi Disney da farli nostri, addirittura inventandone di nuovi. O ai Peanuts: la prima
lettura culturale delle strisce di Schulz l’hanno data, negli anni Sessanta, Umberto Eco e
riviste come Linus». Insomma, l’America ci
ha conquistato, certo. Ma anche noi, almeno
un po’, abbiamo conquistato l’America.
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EROINE
L’UOMO RAGNO ALL’OMBRA DEL COLOSSEO:
DISEGNO ORIGINALE DI SARA PICHELLI
PER REPUBBLICA. NATA AD AMATRICE (RIETI)
NEL 1983, È UNA DELLE POCHISSIME
DISEGNATRICI DI SUPEREROI
HO CERCATO DI DARE
UNA VERSIONE
DI CAPITAN AMERICA
PIÙ CUPA, INTROVERSA
E DECADENTE
DELL’ORIGINALE. SI TORNA
DALLA GUERRA PROVATI
ANCHE SE SI È SUPEREROI
RICCARDO BURCHIELLI (PISA, 1975)
HA REALIZZATO LA COPERTINA
DI CAPITAN AMERICA. IL SUO “DMZ” CON
BRIAN WOOD DIVENTERÀ UNA SERIE TV
GRANDE il fumetto italiano nel mondo. Con i personaggi creati in
casa propria e con quelli degli altri. E anche con la capacità di
anticipare i tempi, e di fare scuola. Esempio: Tiramolla, il celebre
personaggio umoristico creato da Roberto Renzi e Giorgio
Rebuffi, che può allungarsi e trasformarsi a suo piacimento,
è nato nel 1952, nove anni prima di Mr. Fantastic, il numero uno
dei Fantastici Quattro che ha gli stessi suoi superpoteri. Altro esempio:
le vignette piccole, quelle che possono raccontare in dettaglio
il movimento di una mano o l’espressione di un occhio, usate sia
nei fumetti dei superuomini sia nei graphic novel, sono invenzione
di Guido Crepax negli anni Sessanta, come Frank Miller (star
statunitense, autore di Sin City e 300) ha onestamente ammesso.
Il veneziano Hugo Pratt ha realizzato a Genova nel 1967 la sua Ballata
del mare salato, ma in precedenza era stata una stella di prima grandezza
in Argentina e dopo ha trovato la sua consacrazione in Francia: Corto
Maltese è stato concepito come personaggio autonomo per la rivista Pif
Gadget, settimanale d’oltralpe, e da allora è famoso in tutto il mondo.
Sempre in Francia, dove i libri a fumetti hanno vendite da noi neanche
immaginate, è alta la passione per il fumetto italiano di caratura
internazionale: tra gli autori più amati i classici Milo
Manara, Vittorio Giardino e Paolo Eleuteri Serpieri.
Poi Igort, Lorenzo Mattotti e Tanino Liberatore
(che a Parigi si sono trasferiti), Gipi e Manuele Fior
(che al festival francese di Angoulême hanno
ricevuto di recente premi prestigiosi). E il fumetto
dei grandi personaggi? Su questo terreno gli autori
italiani della Disney sono protagonisti assoluti.
Producono i tre quarti dei fumetti di Topolino
e Paperino stampati in tutto il mondo, e molti nuovi
personaggi della banda sono nati in Italia,
a cominciare da Paperinik. Ma anche le nostre star
vengono esportate: Tex è pubblicato in molti paesi
del mondo e ha avuto un particolare successo
in Brasile e nei paesi dell’ex Jugoslavia. In quegli
stessi paesi anche Alan Ford è un mito (Kusturica
PIONIERI ne mostra una copertina in Gatto nero gatto bianco),
mentre in Turchia è stata tale la passione per Zagor
TIRAMOLLA DI ROBERTO
RENZI E GIORGIO REBUFFI: e il Comandante Mark che sono stati protagonisti
HA ANTICIPATO di film non proprio spettacolari, ma rispettosi
MR. FANTASTIC dei personaggi. Invece i cartoni di Martin Mystère
DEI FANTASTICI 4. IN ALTO: e Diabolik sono stati trasmessi in mezzo mondo,
UN DISEGNO PREPARATORIO ma hanno stravolto i personaggi. Tanto che il re
INEDITO DI GIUSEPPE
CAMUNCOLI PER LA COVER del terrore, in quella serie, è diventato buono...
È
DEGLI AVENGERS
IL MIO WOLVERINE:
TENDINI, OSSA
E SANGUE CHE SI
RINCORRONO
PER RESISTERE A UNO
STRAPPO, UNA ROTTURA
VERSO QUALCOSA
DI NUOVO E SCONOSCIUTO
ALBERTO PONTICELLI (MILANO 1969)
COLLABORA SIA CON MARVEL
CHE CON DC COMICS. HA INTERPRETATO
LA COPERTINA DEDICATA A WOLVERINE
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I GUARDIANI DELLA
GALASSIA: OGGI
NESSUNO SA CHI
SONO, MA TRA POCO
NON SI PARLERÀ D’ALTRO
È STATO DIVERTENTE
INTERPRETARLI PRIMA
DELL’USCITA DEL FILM
MATTEO SCALERA (PARMA 1982)
HA LAVORATO SU HULK E DEADPOOL
PER I 20 ANNI DI MARVEL ITALIA FIRMA
LA COVER DEI GUARDIANI DELLA GALASSIA
LA DOMENICA
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Next.Mappe della mente
Sappiamo tutto di Galileo Galilei?
Non è proprio così. Oggi molte università,
come quella di Stanford, fanno incontrare
la storia e la rete. Grazie ai big data
IL
NETWORK
DI GALILEO
RICCARDO LUNA
Big data
UNA QUANTITÀ
DI DATI GRANDE
E COMPLESSA
CHE PUÒ ESSERE
ANALIZZATA
SOLO RICORRENDO
ALL’AIUTO
DI UN COMPUTER
Digital humanities
È LO STUDIO
DELLE DISCIPLINE
UMANISTICHE
UTILIZZANDO
STRUMENTI
CHE SONO TIPICI
DEL MONDO
DIGITALE E DEL WEB
Data mining
L’INSIEME DI TECNICHE
PER ESTRARRE SAPERE
O CONOSCENZA
DA GRANDI
QUANTITÀ DI DATI
UTILIZZANDO
METODI AUTOMATICI
O SEMI-AUTOMATICI
Data mapping
LA TRASFORMAZIONE
DEI DATI IN MAPPE
OPPURE
IN ALTRE FORME
DI VISUALIZZAZIONE
CHE NE RENDANO
EVIDENTE E CHIARO
IL SENSO
Text mining
È L’ANALISI
DI UN TESTO USANDO
LE TECNICHE
DEL DATA MINING
PER SCOPRIRE
RELAZIONI
E SIGNIFICATI NON
ALTRIMENTI EVIDENTI
N
EL GENNAIO del 2012, in quella che nel calendario accademico
americano va sotto il nome di “quadrimestre invernale”, all’università di Stanford la docente Giovanna Ceserani decise di far
partire un corso che avrebbe cambiato la sua vita, il modo di stuGUIDOBALDO
diare il nostro recente passato e quindi quello che abbiamo caDEL MONTE
pito e c’è ancora da scoprire di quel periodo storico che va dal
1545-1607
Rinascimento al Romanticismo. In realtà il suo focus fu un pematematico
riodo più circoscritto, il Grand Tour, i lunghi viaggi che nel
‘700 i britannici più colti e facoltosi facevano in Italia per
studiarne le meraviglie artistiche e architettoniche. Giovanna Ceserani è una cultrice di lettere classiche. Nata a
Pisa nel 1970, si era diplomata nello stesso liceo dell’ex
premier Enrico Letta, poi Cambridge, Parigi e Princeton prima di approdare a Stanford
nel 2003. Stanford non è solo una università eccellente: è nel cuore della Silicon Valley e ne è uno dei motori. È il posto dove hanno inventato Google e in definitiva il mondo digitale. Qui l’incrocio fra l’umanesimo e la rete ha aperto la strada ad un nuovo
giacimento di cose da scoprire che prende il nome di Digital Humanities. «L’alleanza
fra i geek e i poeti» l’ha definita il New York Times. In pratica di tratta di trasformare
i documenti di un periodo storico in dati, anzi in “big data”, e analizzarli con gli strumenti tipici del digitale: gli analytics, il text mining, le visualization maps. Perché?
GIOVANNI ANTONIO
Per scoprire un senso nelle cose che non sarebbe possibile cogliere diversamente.
MAGINI
Relazioni impreviste. Insomma, una sorta di social network dell’Illuminismo.
1555-1617
All’inizio di tutto c’è una gara. E ci sono dei
astronomo e cartografo
soldi. Il Fondo Nazionale per l’Umanesimo e verso poche decine di casi; ora inla Fondazione per la Scienza lanciano una vece c’era finalmente la possibicompetizione per progetti che sappiano “dig- lità di capirlo in tutta la sua ricging into data, scavare nei dati del passato”. chezza e complessità.
Era accaduto che l’università di Oxford aveva
Gli studenti del corso della Cecreato l’Electronic Enlightiment, l’Illumini- serani si sono tuffati nel lavoro e i
smo Digitale, che non è una confraternita di primi risultati sono stati incoragsapientoni ma il catalogo digitale di oltre ses- gianti. Uno ha incrociato i dati delle
santamila documenti di circa ottomila perso- lettere e degli spostamenti in Italia
naggi storici. Un catalogo è riduttivo: i docu- di Lady Montagu; il viaggio in Sicilia
menti sono tutti collegati fra loro in una rete del barone von Riedesel è stato tracdi collegamenti che assomiglia al web. Per ciato con i colori che cambiano in base
farla breve uno dei vincitori della gara era sta- ai giudizi espressi; e si è scoperto (e vito un giovane docente di italiano e francese sualizzato) che il sistema di rating con
GIOVANFRANCESCO
proprio a Stanford, Dan Edelstein, che si lan- le stellette che ormai è diventato uno
SAGREDO
ciò nel progetto di trovare un senso nelle let- standard, venne inventato da Ann
1571-1620
tere che si erano scritti i grandi pensatori fra Rutheford nelle sue 1800 lettere dall’Itanobile interessato
il ‘600 e ‘800. Un perfetto esempio di big da- lia, accanto ad ogni cosa visitata metteva un
alla fisica
ta: solo Voltaire, uno dei primi casi analizzati numero variabile di punti esclamativi in baassieme a Galileo, Locke e Newton, ne aveva se al gradimento.
inviate più di 18mila! I risultati furono subito
Interessante. Ma la Ceserani intuiva che si
incoraggianti: mettendo quelle lettere su poteva fare di più: non scoprire solo chi era anuna mappa è possibile vedere con chiarezza dato dove e quando, ma anche chi aveva inda dove partivano e dove erano dirette, trac- contrato e influenzato. Dagli oltre cinquemiciando così le reti sociali di ciascuno e le ri- la viaggiatori annotati da Ingamell nel suo Dispettive sfere di influenza.
zionario, lo studio è passato ai sessantanove
Nacque così il filone di ricerca “Mapping architetti che vennero in Italia. Con un obietthe Republic of Letters”, la cui rappresenta- tivo gigante: «Stiamo riscrivendo la storia
zione da Stanford venne affidata ad un team dell’architettura del ’700, è la storia di come
BENEDETTO
di visual designer italiani, il Density Design il networking ci cambia e cambia la cultura».
CASTELLI
del Politecnico di Milano e l’illustratore Mi- La vera geografia intellettuale del Grand
1578-1643
chele Graffieti. Nel mondo progetti simili si Tour. Come sta andando? Con fatica, perché
monaco
sono subito moltiplicati, arrivando a toccare la scienza è fatica che non si cancella con un
e matematico
anche il Medio Evo. Ma nulla, dal punto di vi- supercomputer. Ma i risultati si vedono. Presta della complessità, è paragonabile al ten- sto ci sarà un sito dove chiunque potrà creartativo di ricostruire il social network del si le mappe che vuole e trovare un senso che
Grand Tour. E questo per un motivo molto evi- prima non c’era. Per esempio, si potrà scopridente: la fonte principale, Il Grande Diziona- re «che per l’influenza del Palladio all’inizio
rio dei Britannici e degli Irlandesi che hanno del ‘700 tutti andavano a Vicenza, mentre alviaggiato in Italia dal 1701 al 1800, redatto la fine del secolo le destinazioni preferite erascrupolosamente da John Ingamell, contiene no Napoli e Paestum per il ritorno al classicipiù di cinquemila voci. E il guaio è che non tut- smo greco». Così si capirà che l’Italia non era
te sono ugualmente complete e accurate. La solo un luogo dove assorbire stimoli dal pasposta in gioco è stata subito evidente: il Grand sato, ma in cui costruire l’architettura futura
Tour viene sempre raccontato come un feno- attraverso i contatti con gli altri.
meno molto ampio ma lo si fa sempre attra© RIPRODUZIONE RISERVATA
Umanisti
digitali
Ovvero come la tecnologia
può aiutarci a capire meglio
il nostro passato
LODOVICO CARDI
DA CIGOLI
1559-1613
pittore, architetto
e scultore
IL PROGETTO “MAPPING THE REPUBLIC LETTERS” DELL’UNIVERSITÀ
DI STANFORD CERCA DI RICOSTRUIRE IL MONDO SOCIALE
E INTELLETTUALE DI ARTISTI, SCIENZIATI E LETTERATI
ATTRAVERSO LA LORO CORRISPONDENZA. NELLO SCHEMA SOTTO
LE LETTERE MANDATE DA GALILEO DAL 1588 AL 1616. I NUMERI
RAPPRESENTANO LA QUANTITÀ DI LETTERE SPEDITE OGNI ANNO
IL FLUSSO MAGGIORE SI EVIDENZIA DAL 1610 AL 1612 (A DESTRA
ANALIZZATO MESE PER MESE). I COLORI NEL CIRCOLO INDICANO
LA PERCENTUALE DI LETTERE SPEDITE DIVISE IN CATEGORIE
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Lista delle lettere inviate
1610
GALILEO A ROMA PRESENTA
LE SUE SCOPERTE AL PAPA
NEL 1611 IN UNA LETTERA A FEDERICO CESA
RIBADISCE LA SUA VISIONE COPERNICANA
1612 - ’15
DIFENDE IL MODELLO
ELIOCENTRICO
NELLE QUATTRO “LETTERE COPERNICANE”
COME IN QUELLA A PADRE CASTELLI
1616
ACCUSATO DI CONTRADDIRE
LE SACRE SCRITTURE, IL PAPA
LO CONVOCA A ROMA PER AMMONIRLO
AD ABBONDONARE LE SUE TEORIE
FEDERICO CESI
1585-1630
scienziato
MARK WELSER
1558-1614
politico
I DESTINATARI DELLE LETTERE. IN ROSSO: MEMBRI DELLA CORTE
DEI MEDICI. ORO: MEMBRI DELL’ACCADEMIA DEI LINCEI
BLU: AMICI E COLLEGHI. ROSA: PERSONE ALL’ESTERO. VERDE: ARTISTI
LILLA: STUDENTI E COLLEGHI
ELABORAZIONE DI ANNALISA VARLOTTA - FONTE: COURTESY THE ELECTRONIC ENLIGHTENMENT PROJECT (OXFORD UNIVERSITY)/”MAPPING THE REPUBLIC OF LETTERS” (STANFORD UNIVERSITY)
la Repubblica
DOMENICA 30 MARZO 2014
la Repubblica
LA DOMENICA
DOMENICA 30 MARZO 2014
Sapori
Tutto il mondo è panino.
A ciascuno il suo ripieno
la differenza sta nell’anima
LICIA GRANELLO
È SINONIMO
DI PASTO
SEMPLICE E VELOCE
MA L’ELENCO
DELLE VARIANTI
È INFINITO
NESSUN CIBO
SA ESSERE
ALTRETTANTO
PARADISIACO
O INFERNALE
CON DUE SOLI
INGREDIENTI
A DISPOSIZIONE
Parigi
Yves Camdeborde firma
il panino-simbolo del più
goloso bistrot di Parigi:
prosciutto artigianale
e burro dei pascoli
di Normandia (L’AvantComptoir, Carrefour
de l’Odéon 6,
Tel. +33-1-44270797)
ATTI UN PANINO, dicono, indicando il modo più semplice e sbrigativo per tacitare i morsi (appunto) della fame. Ma quello dei panini è un mondo troppo variegato per lasciare il suggerimento nell’indeterminatezza. Quale panino? L’infinito elenco delle declinazioni stordisce. Perché il panino racchiude in sé un ossimoro
gastronomico: massima espressione golosa del territorio o esempio standardizzato della peggior globalizzazione. Nessun cibo sa
essere altrettanto paradisiaco o infernale con due soli ingredienti a disposizione: pane e qualcosa. Migliaia di colazioni e merende, intere generazioni di bambini legate dal rito del cartoccio
dentro il quale scoprire il gusto del giorno, prosciutto o stracchino, marmellata o salame. Per molti anni, gli stretti vincoli dell’economia famigliare hanno tenuto basso il profilo gastronomico dei panini. Poca fantasia
nei pani — rosette, michette, fette di casareccio e poco altro — scelta ristretta tra salumi
e formaggi, carne e pesce confinati ai giorni di festa, quando nel sacro nome del pic-nic il
panino si trasformava in pranzo e il numero degli ingredienti cresceva: cotoletta e peperonata, salsiccia e friarielli, burro e acciughe, caponata e uova sode. Del resto, proprio per
risparmiare tempo, se non denaro, a metà
‘700 il conte inglese John Montagu di ne costruito a forza di correttori: aromi chiSandwich aveva cominciato a farsi portare mici, maionese, senape, ketchup.
Negli ultimi tempi, molti sono stati i conalla scrivania (o al tavolo da gioco) una robusta porzione di roastbeef tributi per restituire dignità all’invenzione
tra due fette di pane. La co- di Lord Sandwich, dalle ricette dei supersa gli era piaciuta a tal pun- cuochi alle creazioni degli artigiani del pato da richiedere lo stesso ne, passando per le invenzioni gourmand di
servizio quando si trovava Alessandro Frassica che hanno fatto di ‘Ino
fuori casa. Nel mondo, il panino è uno degli approdi più appetitosi di Firenze.
soprattutto questo: un’alternativa econo- Se non avete a portata di morso un luogo di
mica e rapida, dal chivito uruguaiano al tur- buoni panini, comprate una rosetta fraco doner kebab. Ed è proprio il concetto del grante e imbottitela con la mortadella Fasurrogato del pasto a indurre la tentazione vola Palmieri, Modena, a fettine sottilissidi aggiungere ingredienti, puntando sulla me per aumentare la superficie, moltipliquantità invece che sulla qualità. La politi- cando a dismisura il profumo. Annusare prica dei fast-food ha fatto il resto, trasfor- ma di addentare: i cinguettii primaverili armando il più rustico degli spezza-fame in as- riveranno in scia.
semblaggio iper-calorico, dove il gusto vie© RIPRODUZIONE RISERVATA
F
Maigret
va dal coroner
Come gli era già capitato
durante il suo viaggio,
Maigret era forse l’unico
a passeggiare a quell’ora
nelle vie del centro
Passò davanti
a un drive-in e gli venne
voglia di un hot dog
Attorno alla porta,
disposte a ventaglio,
c’erano sei
o sette macchine,
i cui passeggeri venivano
serviti da due ragazze
Dentro c’era una specie
di banco con gli sgabelli
fissati a terra
Extralarge
Per i palati
più audaci
il panino gigante
Dentro c
’è veramente
di tutto:
dalla carne
al salame,
ma anche la pizza
e una cascata
di patatine fritte
Milano
Dodici ricette col meglio
della produzione
gastronomica italiana,
dalla crema di bufala
al culatello di Zibello,
firmate dallo chef
Nino Di Costanzo
(Sfilatino, via P. Sarpi 53,
Tel. 02-9527343)
La ricetta
Yogurt, ciccioli e Babaganoush
facciamo incontrare le culture
INGREDIENTI:
4 PANINI ROTONDI AL SESAMO DI CROSTA MORBIDA
600 G. DI PANCIA FRESCA DI MAIALE NERO DI CALABRIA
4 MELANZANE , 150 G. DI TAHINA (CREMA DI SEMI DI SESAMO)
1 LIMONE, BASILICO, MENTA PIPERITA, CORIANDOLO EF
, 1 CAROTA, 3 CIPOLLOTTI DI TROPEA
1
1 MAZZO DI TARASSACO, 200 G. DI YOGURT DI CAPRA
1 PEPERONCINO PICCOLO E SENZA SEMI
INOCCHIETTO,
CETRIOLO
New York
Nel cuore del West Village,
uno dei migliori burgers
di Manhattan, ingentilito
da una manciata
di shoe-string fries,
le patatine sottili
come stringhe (Spotted
Pig, 314 West 11th Street,
Tel. +1-212-6200393)
ICOMINCIA dai ciccioli. Per prepararli, cuocete a fuoco lento per
tre ore la pancia di maiale senza cotenna tagliata a dadini in
due litri d’acqua. Quando acquista colore biondo dorato, scolate e salate. Per la salsa Babaganoush, si arrostiscono le melanzane su fiamma o piastra. Poi, si toglie la polpa e la
si frulla con la tahina, il basilico, il succo di limone,
sale e olio, ottenendo una purea liscia. Passate all’insalata, tagliate a fettine il cetriolo, cospargetelo
di sale grosso e lasciate marinare per un quarto d’ora
prima di lavarlo. Poi tocca a carote e cipollotti, affettati, e erbe aromatiche, tagliate a julienne. Si
mischia tutto col tarassaco e si condisce con olio,
limone e sale. Ultimo passaggio prima di assemblare: pestare un peperoncino e mescolate
allo yogurt. Ecco il panino. Sulle due metà del pane, Babaganoush, poi ciccioli, insalata, yogurt,
ancora ciccioli e infine il pane.
S
LO CHEF
BRASILIANO
DI NONNI ITALIANI,
MAURICIO ZILLO
SI È FORMATO
ALLA SCUOLA
DI BOCUSE, ATALA
E SANTAMARIA,
DOPO TRE ANNI
AL PONT DE FERR
DI MILANO, OGGI
CURA L’ANNESSO
TAPAS BAR,
IL REBELOT.
QUESTO IL PANINO
IDEATO
PER REPUBBLICA
38
la Repubblica
DOMENICA 30 MARZO 2014
10
sandwich
senza
frontiere
La via Emilia
e il Mac
sognando
rustichelle
Paratha
INDIA
Burro chiarificato
e niente lievito,
per il pane cotto
in padella che
cambia farcitura
durante il giorno:
da burro e yogurt
a patate, carne,
uova, formaggi,
verdure
VITTORIO ZUCCONI
Gatsby
PORTOGALLO
È di Porto
la versione super
imbottita
del croque
monsieur (il toast
francese):
prosciutto,
salsiccia, carne,
formaggio fuso
e salsa alla birra
SUDAFRICA
Da Città del Capo
il panino lungo
con un solo
ingrediente
obbligatorio:
le patatine fritte,
a cui aggiungere
carne, pesce,
verdure, spezie
e salsa piccante
STATI UNITI
Ideato
dai migranti sulle
navi amburghesi:
soffice pane
rotondo e caldo,
imbottito con
maionese, cipolla,
pomodoro, carne
tritata grigliata,
cetriolo, ketchup
Bocadillo
Completo
SPAGNA
Due le imbottiture
classiche: anelli
di calamares
infarinati e fritti
o jamòn y tomate
(pomodori maturi
schiacciati
sulla mini
baguette, olio,
prosciutto crudo)
CILE
Per completare
il pane, tante
ricette: l’italiano
con pomodoro,
avocado,
maionese, l’AS
(asado) carne
e formaggio fuso
o l’especial
(hot dog)
Smørrebrød
DANIMARCA
Tantissime
combinazioni per
lo smor og brod
(burro e pane
di segale)
dall’aringa
marinata, servita
con aneto, cipolla
rossa e schnapps
(acquavite)
Baguette
Pirozhki
FRANCIA
Per farcire
la tradizionale
bacchetta, burro
artigianale e fette
non troppo sottili
di prosciutto cotto
(jambon
de Baionne)
Oppure formaggio
Brie e insalata
RUSSIA
Versione dolce
(marmellata
di ciliegie, frutta
fresca) o salata
(carne, frattaglie,
funghi)
per i panini fritti
o al forno, tipici
della Pasqua
ortodossa
Baozi
CINA
Si farciscono
prima di cuocerli
al vapore, i panini
morbidissimi,
dal ripieno
vegetariano –
cavolo, germogli
di bambù, zenzero
– o di carne
(pollo o maiale)
ISPERSO nelle solitudini delle
highway americane sotto i
“Grandi Cieli del nulla”,
immagini di “Rustichelle”,
“Vesuvio”, cotolette,
bresaole, mozzarelle danzano
spietatamente nei miei ricordi di
automobilista italiano viziato e goloso.
Come sempre accade nel trucco della
memoria, che dimentica il dolore e tende
a privilegiare il piacevole, dopo ore sul
monotono nastro trasportatore di asfalto
bloccato dall’occhiuta sorveglianza dei
limiti di velocità, si dimentica il calvario
per rammentare soltanto la
resurrezione. Darei in questo momento
cambi di corsia, valzer con Tir guidati da
camionisti rumeni assonnati, cantieri in
saecula saeculorum, gallerie senza
illuminazione, coni di plastica sparsi
come coriandoli, in cambio di un panino
da autogrill italiano.
Quando l’ormai annunciatissima
apocalisse verrà e anche l’ultimo
muretto di Pompei sarà polverizzato, il
“panino” resterà come l’ultimo
monumento a una civiltà superiore che
nessun altro popolo è mai riuscito a
eguagliare. Neppure la moda del panini
(sempre declinato al plurale, negli Usa,
come salami) composto dentro l’ormai
immancabile giabàda o fogàscia — che
non sono specialità arabe, ma la
pronuncia di ciabatta e focaccia — ha
ridotto la distanza galattica con una
ciriola, una michetta, una francesina,
una tartaruga italiana opportunamente
farcite con finocchiona, zola, prosciutto
vero o milanese fredda. E neppure con il
semplice, banale tramezzino.
Ci sono, naturalmente, memorabili
sandwich americani per chi si avventuri
nei quartieri di città come Philadelphia,
dove regna il mostruoso Cheesesteak,
pagnoccone gonfio di carne, formaggio,
cipolle, peperoni (da non confondere
mai, consiglio al viaggiatore, con i
pepperoni che sono salami piccanti). O
come la costa del Mid Atlantic per il
Sottomarino o lo Hero, l’eroe all’italiana,
turgido di approssimativi affettati che
richiedono al consumatore appunto
coraggio eroico e spirito di sacrificio da
sommergibilista. Le famose pagnotte del
poveretto, i Po’ Boy di New Orleans,
contengono abbastanza calorie per
scaldare un condominio. E anche i
famigerati hamburger, se fatti a dovere,
non sono neppure parenti con i reperti di
bovino ustionati sotto le insegne dei
marchi famosi.
Ma è sulle rive dei grandi fiumi
autostradali che gli orrori del fast food
hanno stabilito le proprie teste di ponte,
ricattando il viaggiatore di lunga gittata
con zaffate di polpette cauterizzate, di
pollo rifritto, di atroci pizze, che
feriscono le narici con monotono
languore. Alla fine ci si arrende, perché
più del sapor poté il digiuno,
consolandosi con la certezza che quel
panino, quel pollo, quella sedicente pizza
ti farà compagnia, saltellando con i suoi
rigurgiti sul piloro, per il resto del viaggio
verso l’infinito americano.
D
Francesinha
Hamburger
39
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la Repubblica
LA DOMENICA
DOMENICA 30 MARZO 2014
40
L’incontro
TRASFORMA le rughe che gli solcano il viso di quasi ottantenne in una
VIVEVO
A MONTPARNASSE
CON ALTRI
STUDENTI
SENZA UN SOLDO:
CI DIVIDEVAMO
LA FRUTTA
RUBACCHIATA
QUA E LÀ
E DORMIVAMO
NEI SACCHI A PELO
IN UN EDIFICIO
DAL TETTO
PERICOLANTE
bandiera contro l’odiata Hollywood: “È il regno dell’apparenza. Un
posto per gente rifatta e resa per sempre inespressiva in un’ultima
illusione di giovinezza. Laggiù l’arte, quando c’è, è fortuita. E comunque assolutamente secondaria”. Qui racconta del perché per
sfuggirne è andato a finire a Sundance. E di come e dove tutto cominciò: “Era il ‘56, mia madre era Ero insomma un ingenuo. E Parigi mi ha dato la sveglia. Mi resi conto subito
mia totale mancanza di cultura. All’Ecole des beaux-arts gli studenti mi
prendevano in giro: «Vieni da un paese vessillo di libertà, super-potenza ecomorta da poco e io volevo fare della
nomica e militare e non sai nulla di nulla!». De Gaulle stava per tornare al potere: qui erano tutti vivi, in fibrillazione, e io mi sentivo un pesce fuor d’acqua.
cominciato allora a occuparmi di politica: per poter avere una mia opiniol’artista. Lasciai l’America e me Ho
ne e sostenere una conversazione. C’è voluta la Francia perché cominciassi a
avere una coscienza politica anche dell’America».
L’America. Nei nove film da regista, da Gente comune (Oscar nell’80) a La
ne andai a Parigi. E fu proprio qui regola
del silenzio del 2012, Redford ha continuato a essere un osservatore
appassionato del suo Paese: «Sì, effettivamente tutti i miei film parlano degli
Uniti. Il mio Paese mi affascina. Ma proprio perché lo amo, sento il bisoche forse per la prima volta ho Stati
gno di guardarlo con occhio critico, esigente. Mentre da noi c’è la tendenza a
accontentarsi della propaganda, senza andare al fondo dei problemi. Non è
tutto bianco o nero, esistono zone grigie. Ma ciò che appare complesso è schiaperto gli occhi”
vato come uno scomodo ostacolo: l’imperativo è andare avanti, affermarsi,
Robert
Redford
MARIO SERENELLINI
H
PARIGI
A LA FACCIA scolpita dal sale e dal sole del caldo oceano california-
no — adolescenza di nuotate e surf a Santa Monica, dov’è nato settantotto anni fa. Il tempo non s’è spento e il levigato fermo immagine di quasi mezzo secolo fa, alla fine di Butch Cassidy — lui e Paul Newman, la mano ai revolver, bloccati nell’eroico slancio suicida — s’è aggrovigliato in una ragnatela di rughe: solchi di vita vissuta, un po’ fieri, un po’ malinconici. L’antico appeal erotico è divenuto granitico, rupestre, come quello
di Clint Eastwood. Il golden boy del Grande Gatsby versione 1974 è oggi una
radiografia nuda, l’opposto orgoglioso delle maschere chirurgiche che carnevalizzano Hollywood: «Un posto per gente rifatta, patetici cloni, piallati e
resi per sempre inespressivi in un’ultima illusione di giovinezza».
Pur invecchiato, in inevitabile friday wear (jeans, polo, stivali) anche a Parigi, Robert Redford continua a essere il fiore del made in Usa, l’icona più invidiata e, insieme, la sua più tenace spina nel fianco: «Hollywood è il regno dell’apparenza, dell’enfasi promozionale, moneta di scambio tra successo e guadagno. L’arte, quando c’è, è fortuita: comunque, sempre più secondaria. A Los
Angeles, da cui pure ho cominciato, ci sono ricascato per caso, se non per sbaglio. Non è lì che avrei voluto fare l’attore: semmai a New York. In realtà, non
avrei dovuto nemmeno diventare attore. La mia strada, a vent’anni, me l’ero
già scelta: artista. E anche la mia città: era proprio questa, era Parigi».
Era il 1956, subito dopo la morte della madre: un anno e mezzo di futuro,
una manciata di progetti che, al rientro negli Usa, per strane traversie della
vita, sono diventati cinema, una quarantina di film da attore, produttore,
regista. Che ricordo le è rimasto del primo approccio europeo? «Fantasti-
IL LINCOLN DI SPIELBERG HA AVUTO IL SOSTEGNO
DELLA DISNEY. IL MIO FILM, CHE RAPPRESENTA
L’ALTRA FACCIA DELLA STESSA MEDAGLIA,
UNA DISTRIBUZIONE STENTATA. OGGI ANCHE
“I TRE GIORNI DEL CONDOR” AVREBBE DIFFICOLTÀ
co. È stato il debutto della mia età adulta: mi sono sempre
detto che lì è nato tutto quel che ho amato nella vita. Vivevo insieme ad altri studenti, a Montparnasse. Eravamo
una comunità senza un soldo, ci dividevamo la frutta rubacchiata qua e là, dormivamo nei sacchi a pelo, in un edificio dal tetto pericolante. Erano passati appena dieci anni dalla fine della guerra. Ero arrivato con l’idea che la
Francia fossero Ernest Hemingway e Gertrude Stein. Uscivo da un’educazione americana, culturalmente conservatrice, socialmente intorpidita, restìa al confronto con altri mondi.
senza rendersi conto che in una società come la nostra, soggetta a poteri immensi, la libertà individuale si va assottigliando, giorno dopo giorno. L’America è anche responsabile di molti errori: è tempo di ammetterlo e di raccontarlo». I suoi film più recenti sono infatti tutto un mea culpa: sette anni fa Leoni per agnelli, sulla guerra in Afghanistan, l’impegno individuale e lo strapotere politico e, nel 2010, The Conspirator, sulla prima donna condannata a
morte negli Usa, accusata, senza prove e senza regolare processo, di aver partecipato al complotto per assassinare Lincoln: «È l’altra faccia della medaglia
mostrata col Lincoln di due anni dopo, dove Steven Spielberg ricostruisce
eventi già conosciuti. Il mio film ha voluto invece riportare a galla un episodio
rimosso. Il risultato è che ha avuto una distribuzione stentata, mentre quello
di Steven ha goduto di un’audience planetaria, grazie al sostegno della Disney che ha investito milioni nella promozione. Oggi anche I tre giorni delCondor, grande successo del 1975, non avrebbe più l’appoggio degli Studios. Ecco
perché occorre battersi più che mai per il cinema indipendente». In questo è
un pioniere. Il Sundance Festival, da lei fondato nel 1978, potrebbe considerarsi il suo miglior “film”? «In realtà, all’origine del Sundance ci sono state anche altre esigenze: il mio desiderio d’isolamento, un’autodifesa contro i bombardamenti mediatici di cui diventano vittime le star, e una sana immersione
nella natura, ancora incontaminata, da preservare da altri assalti, quelli inquinanti del progresso. Quando la celebrità mi è piombata addosso, con tutte
le sue lusinghe ma anche le restrizioni sulla tua vita privata, mi sono rifugiato
il più lontano possibile dai riflettori: sulle Wasatch Mountains, nello Utah, un
angolo di mondo che ho battezzato Sundance (come Sundance Kid, il mio personaggio in Butch Cassidy): lì mi sono costruito una casa e un’altra vita tutta
mia. E anche un’altra piccola conquista di libertà. La mia intenzione era di dar
vita a una comunità al riparo dal supersviluppo, in sintonia con la natura. Non
mi è mai passato per la testa di comprarmi un jet privato o di dilapidare in qualche altro modo nel lusso ciò che ho guadagnato. Ho voluto invece creare qualcosa di utile, un’oasi per gli artisti in un magnifico spicchio di Terra. Il resto è
stato un gioco d’equilibrio: trovare i finanziamenti senza doversi sottomette-
SOLITARIO IO? MA SE HO UNA MOGLIE,
TRE FIGLI E SVARIATI NIPOTI. IN REALTÀ,
CON CHI MI SA PRENDERE, POSSO ESSERE
ESTREMAMENTE SOCIEVOLE
PERÒ È VERO CHE NON AMO LA MONDANITÀ
re allo sfruttamento alberghiero, ma preservando i luoghi da ogni attacco industriale. Oggi, Sundance è anche una realtà abitativa, ma resta un unicum
urbanistico in osmosi con la natura». Sull’Huffington Post, che ospita il suo
blog, Redford viene presentato come militante ecologista. Che significa in concreto? «È una lotta continua. Contro le multinazionali e l’indifferenza della
gente, che beve tutto quel che le distilla la tv, mentre il pianeta sprofonda nell’inquinamento. Di tanto in tanto riprendo fiato, con qualche film tutto natura e buonumore, come A Walk in the Woods, che sto girando con Nick Nolte lungo i sentieri dei monti Appalachi, nastro verde di duemila miglia dalla Georgia al Maine, o addirittura partecipando a qualche fumettone hollywoodiano,
come Captain America-Il soldato d’inverno, appena uscito, che spazza via la
mia fama di vecchio orso e mi fa circolare tra i giovanissimi». Oltre che
gran solitario, lei è stato etichettato uomo di sinistra e ribelle. Cliché,
scorciatoie? «Solitario, nel senso che preferisco isolarmi dalle situazioni
mondane di pura apparenza. Con chi mi sa prendere, posso essere estremamente socievole. E non dimentichiamo che ho una moglie, Sybille
Szaggars, tre figli, Shauna, Jamie, Amy, e vari nipoti. Quanto alla sinistra, mi hanno etichettato così solo perché lo spirito critico a quanto sembra non è mai prerogativa della destra. Ai tempi, era il ’76, ci ho messo tutto il mio impegno, quattro lunghi anni, per veder realizzato
Tutti gli uomini del presidente, sullo scandalo del Watergate:
un’idea che non poteva che essere di sinistra. Del resto il mio spirito di ribellione viene da lontano, dalla mia infanzia. Ho avuto
genitori splendidi, due veri combattenti contro la povertà e la
Grande Depressione degli anni Trenta. Mio padre consegnava il latte al mattino prestissimo, mia madre preparava il lunedì un arrosto per tutta la settimana e, ogni giorno, del gelato per dessert. Ma nonostante fossero poveri non sono mai
venuti meno al rispetto delle leggi, delle regole, della disciplina. Hanno sempre trovato il modo di darsi un ordine in una
vita difficile. Non è quello che cercano di fare i migliori tra noi?».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RCult
LA REPUBBLICA
DOMENICA 30 MARZO 2014
GATTI E STIVALI
Le favole di Perrault
secondo Gustave Doré
(nelle pagine dell’arte)
Socrate, Platone
e Aristotele furono i primi
a insegnare che essere
importanti per gli altri
ha valore solo se si
coltivano giustizia
e saggezza per se stessi
Sfidarono una cultura
che assomigliava a quella
degli smartphone di oggi
REBECCA NEWBERGER GOLDSTEIN
T
UTTO è cominciato quando
un amico mi ha chiesto
quale fosse il mio punteggio Klout. Io non sapevo cosa fosse un punteggio
Klout, ma ero abbastanza
sicura di non averne uno. E
infatti è venuto fuori che non usando né Facebook, né Twitter, né nessuno dei social
media che un sito chiamato Klout usa per
calcolare la tua influenza online, il mio
punteggio probabilmente andava da basso a inesistente. La gente ormai si mette in
mostra in ogni modo, producendo — in parole, immagini, video — la storia condivisa
della propria vita in tempo reale. Disseminano ovunque pensieri e azioni, grandi e
piccoli, in uno sforzo che può apparire come un perpetuo appello per avere attenzione. Non ero così fuori dal mondo da non
essere a conoscenza dei grandi cambiamenti culturali che avevano travolto la nostra società mentre la mia attenzione era
rivolta altrove, cioè all’antica Grecia. Da
qualche anno cerco ossessivamente di scoprire le ragioni di fondo degli spettacolari
progressi realizzati da quella civiltà. Nel
giro di appena un paio di secoli, le genti di
lingua greca passarono dall’anomia e dall’analfabetismo a Eschilo e Aristotele. Cosa c’era dietro questa ambizione esplosiva, dietro questi progressi sensazionali?
Forse proprio il fatto che i greci siano ancora saldamente impiantati nel nostro sistema può offrirci qualche punto di vista
interessante sul mondo contemporaneo.
Per cominciare, il Klout mi sembra molto
simile a quello che i greci chiamavano
kleos. La parola proviene dal vecchio termine omerico che sta per «io ascolto» e che
designava una sorta di rinomanza uditiva.
In parole povere, la fama, la celebrità, ma
anche il fatto glorioso a cui era dovuta la fa-
ma, o ancora il poema che cantava di quel
fatto glorioso e che era all’origine della fama. Il kleos era un elemento centrale nel sistema di valori dell’antica Grecia, motivato almeno in parte dal bisogno che abbiamo noi umani di sentire che la nostra vita
è importante. Basta avere un po’ di prospettiva, e i greci di sicuro l’avevano, per
capire quanto sia breve e insulsa la nostra
vita. Che cosa possiamo fare per dare alle
nostre vite quel di più che ci aiuti a sopportare i millenni che presto ci ricopriranno
completamente, facendo dimenticare che
siamo mai esistiti? Perché, viene da chiedersi, ci siamo presi il disturbo di venire al
mondo. Le genti di lingua greca erano ossessionate da questa domanda quanto noi.
come tanti di noi, affrontavano il problema in modo
laico. La loro cultura era intrisa di rituali religiosi, eppure non era ai loro immortali, notoriamente inaffidabili, che si rivolgevano se volevano avere la garanzia di essere importanti. Ciò che ricercavano era l’attenzione
degli altri mortali. Tutto ciò che possiamo
fare, era la loro conclusione, è ingrandire
la nostra vita, sforzarci di farne qualcosa
che valga la pena di raccontare, materia
per storie che lascino il segno nella mente
degli altri mortali, in modo che la nostra vita, replicata nella testa degli altri, acquisisca quel «di più».
[Non tutti, all’epoca, affrontavano questo problema dell’importanza in termini
mortali. Coeva dei greci, sull’altra sponda
del Mediterraneo, c’era una tribù ancora
sconosciuta, gli Ivrim, come si autodenominavano, gli ebrei. E là elaborarono il concetto di un rapporto un unico e solo Dio che
forniva le fondamenta del mondo fisico e
E
Filosofia
del selfie
Dall’Antica Grecia
a Internet, dal Kleos
a Klout, il grado di popolarità
ci ossessiona
Ecco come liberarsi
del mondo morale. ]
E poi c’era un terzo approccio, che emerse anch’esso nell’antica Grecia e anch’esso basato su presupposti laici, un approccio che affrontava la questione in termini
rigorosamente mortali. Sto parlando della
filosofia greca, che era abbastanza greca
da sposare l’assunto kleoseggiante che
nessuno di noi nasce importante, ma l’importanza se la deve conquistare, e per riuscirci servono ambizioni e sforzi smisurati, che ti obbligano a fare di te stesso qualcosa di straordinario. Ma la filosofia greca
rappresentava un discostamento anche
dalla propria stessa cultura: non si diventava importanti attirando l’attenzione di
altri. Diventare importanti era qualcosa
che bisognava fare per se stessi, coltivando qualità del carattere virtuose come la
giustizia e la saggezza. Bisognava mettere
ordine nella propria anima impegnandosi
a fondo, perché già solo comprendere la
natura della giustizia e della saggezza, che
è la prima cosa, metteva alla prova i nostri
limiti, figuriamoci agire coerentemente
con le nostre conclusioni. E non è detto che
tutto questo impegno potesse procurarci
alcun kleos. A Socrate fruttò una tazza di
cicuta: se la bevve con calma, senza turbarsi del suo basso punteggio.
N
el corso dei secoli, la filosofia, forse aiutata dalla
religione, ha abbandonato l’errato presupposto dei greci secondo cui
solo una vita straordinaria aveva importanza. È
stato un progresso di quelli tipici della filosofia: essa produce argomenti che estendono costantemente la sfera dell’importanza. Per i greci era naturale escludere le
loro donne e i loro schiavi, per non parlare
dei non greci, che etichettavano con l’appellativo di barbari. Esclusioni del genere
oggi per noi sono impensabili.
A volte, però, non sembra che abbiamo
fatto molta strada. Il nostro bisogno di sentire che la nostra vita è importante è forte
oggi come sempre. Ma le diverse varianti
dell’approccio teistico non sono più soddisfacenti come un tempo, mentre coltivare
giustizia e saggezza resta difficile come è
sempre stato. Le nuove tecnologie sono entrate in gioco proprio quando ne sentivamo maggiormente la necessità: il kleos (o
il Klout) ora è a portata di tweet.
È strabiliante che la nostra cultura, con
l’assottigliarsi del teismo, sia tornata a
quella stessa risposta al problema dell’importanza che Socrate e Platone giudicavano inadeguata. La loro contrarietà di allora oggi, forse, è perfino più appropriata.
Quanta soddisfazione può dare, in fin dei
conti, una cultura basata sull’ossessione
per i social media? Questa multireplicazione così accessibile è effimera e inconsistente come i tanti esempi delle nostre vite che replicano. Se a far emergere la filosofia furono inizialmente le inadeguatezze del kleos, forse è arrivato il momento
che la filosofia affronti il Klout. Le risorse
ce le ha: è molto più sviluppata che ai tempi in cui Socrate girava per l’agorà cercando di smontare quelle persone così gonfie
di kleos. Può cominciare dimostrando, con
forza e chiarezza come la filosofia sa fare,
che tutti siamo importanti.
Siamo importanti per diritto di nascita,
e dobbiamo essere trattati di conseguenza, dobbiamo avere tutti le risorse per «fiorire». Comprendere questa verità etica
può contribuire a placare la frenesia che
circonda la nostra importanza personale,
consentendoci di indirizzare maggiori
energie verso la coltivazione della giustizia e della saggezza. Dirò di più: comprendere fino in fondo questa verità etica costituirebbe già da solo un passo avanti significativo verso la coltivazione della giustizia e della saggezza.
Traduzione di Fabio Galimberti
© The New York Times 2014
© RIPRODUZIONE RISERVATA
> TABELLINE
L’ora legale
e il pendolo
dell’Equinozio
PIERGIORGIO ODIFREDDI
ERI notte abbiamo spostato le lancette
dell’orologio avanti di un’ora. Un
cambiamento convenzionale che non ha
nulla a che vedere con ciò che succede in
Natura, dove il Sole continua a sorgere allo
stesso modo. Ma, a proposito di
cambiamenti, quest’anno abbiamo
festeggiato l’arrivo della Primavera, cioè
l’Equinozio primaverile, il 20 marzo. Anche
se a scuola ci insegnavano che la Primavera
inizia il 21 marzo. Questa volta il
I
cambiamento è reale: si tratta cioè di vedere
quando il Sole è allo zenit all’Equatore. A far
cambiare la data dell’Equinozio è il fatto che
l’anno di 365 giorni è più corto di quello reale
di 5 ore, 48 minuti e 46 secondi. L’Equinozio
ritarda dunque di circa sei ore l’anno, e dopo
quattro anni ritarderebbe di quasi un intero
giorno: per questo ogni quattro anni si
aggiunge un giorno al calendario, facendo
oscillare l’Equinozio avanti e indietro. Ma la
correzione di sei ore è troppo drastica, e
ILLUSTRAZIONE DI EMILIANO PONZI
produce un anticipo di 11 minuti e 14
secondi all’anno: cioè, di circa 18 ore al
secolo, o tre giorni ogni quattro secoli.
Decidendo di non fare bisestili tre secoli
consecutivi e uno sì (come nel 2000), si
riporta di nuovo tutto al punto di partenza. Il
risultato è che l’Equinozio può oscillare tra il
19 e il 21 marzo: in questo secolo rimarrà al
20 marzo fino al 2044, poi oscillerà tra il 19 e
il 20, e tornerà al 21 nel 2102. Ma pochi di noi
saranno lì a testimoniarlo.
L’ANALISI
Quando il Logos
vuole entrare
nei social network
Su Facebook, Nietzsche
ha dieci volte più fan
di Marx e Camus, quindici
volte più di Sartre
Ma quanto piacciono
davvero a ciascun fan?
MARIO PERNIOLA
A CONFUSIONE tra “nobiltà” e “aristocrazia” è uno di quegli
equivoci linguistici
che almeno da tre secoli ha inquinato il discorso politico, promuovendo l’affermarsi della falsa e tendenziosa
opposizione che sta all’origine
del populismo: quella tra aristocrazia e democrazia. Tale
antitesi era impensabile nell’antica Grecia. Áristos vuol dire “il migliore” e proviene da
areté, vale a dire eccellenza,
virtù. Che la democrazia sia “il
governo dei peggiori” è qualcosa che non è mai venuto in mente ai Greci! Per loro i valori sono
stati sempre espressi in termini aristocratici. La discussione
politica era imperniata perciò
su questa domanda: quale forma di governo è la più adatta a
fare emergere “i migliori”, la
monarchia, l’oligarchia o la democrazia?
L’Occidente è una cosa molto
complicata in cui confluiscono
quattro culture completamente
diverse tra loro: oltre a quella
greca e a quella monoteistica
(Ebraismo, Cristianesimo e
Islam), la romana e la germanica. Limitandoci alla prima, che è
la più utilizzata in modo aberrante nell’arena politica contemporanea, occorre tenere
presente il carattere peculiare
del mondo greco: la sua impronta essenzialmente estetica. Come fu possibile che due poemi
epici, l’Iliade e l’Odissea, diventassero il simbolo dell’identità
di un popolo, la fonte per eccellenza della sua religione, nonché il punto di riferimento del
suo modello educativo? La risposta a questa domanda deve
essere ricercata nell’eccezionalità della realtà politico-sociale
della Grecia antica, dovuta all’assenza di una casta religiosa
custode di una ortodossia dottrinaria e nella debolezza di un potere politico forte e organizzato
su vasta scala paragonabile agli
imperi orientali. In tal modo l’eccellenza è indipendente dalla supremazia sociale e dipende dall’aedo, che è il giudice del kleos,
colui che decide la reputazione e
la trasmette ai posteri. La massima aspirazione di un capo dell’età omerica è quella di essere
celebrato nei canti dei poeti.
Rebecca Newberger Goldstein ha ragione nel rilevare che
in brevissimo tempo i greci si
L
trovarono dinanzi ad uno sconvolgente mutamento storico-sociale: gli ateniesi, in seguito al
confronto vittorioso con i persiani, dovettero affrontare una
quantità di problemi d’ogni genere, in una condizione che continuava a essere caratterizzata
dall’assenza di una casta sacerdotale e da un’estrema debolezza delle istituzioni pubbliche.
Ma la risposta fu ancora estetica.
Sorsero numerosi aspiranti ad
assumere l’eredità dell’epos: il
teatro greco (la tragedia e la
commedia), la storia, la retorica, e infine la filosofia nutrirono
tutti l’aspirazione di succedere
all’epos e di questo condivisero
una pretesa di tipo universalistico.
Tra questi pretendenti all’eredità dell’epos il primo e forse il
più importante (o certamente
quello che solleva ancora tanti
interrogativi senza una risposta
certa) fu il teatro (e specialmente la tragedia). Essa svolse un
ruolo di formulazione, problematizzazione e discussione delle enormi questioni politiche
che la città si trovò a dover per la
prima volta affrontare e risolvere con la massima urgenza senza essere minimamente preparata a ciò. Tuttavia essa si esaurì
in un secolo e la vera vincitrice fu
la filosofia, la quale per duemilacinquecento anni si è imposta
come la più durevole e flessibile
istituzione dell’Occidente, sollevando sempre tanta invidia e
ostilità.
Per quanto riguarda i rapporti tra filosofia e reti sociali, è interessante osservare che per gli
utenti di Facebook, Nietzsche
piace dieci volte più di Marx e Camus quindici volte più di Sartre.
Prescindendo dal carattere
aberrante di questi indici di gradimento, è tuttavia importante
che legami sociali, per quanto effimeri e superficiali, si stabiliscano anche attraverso la filosofia. Inoltre merita attenzione la
figura del fan, che costituisce
qualcosa di intermedio tra il consumatore e promotore (in termini tecnici tra il consumer e il
prosumer): egli infatti non è solo un consumatore passivo, ma
ha la possibilità di intervenire
introducendo immagini e testi.
Quanto questa partecipazione
sia efficace per la reputazione di
un filosofo resta problematico;
tuttavia essa garantisce un rapporto di presa diretta con il gioco, con la moda, con l’attualità,
che provoca negli spiriti non
troppo austeri e severi una lieve
e piacevole ebbrezza. Anche se,
in ultima analisi, vale sempre il
principio formulato dal filosofo
americano George Santayana,
secondo cui l’essenziale non è sapere a quanti una persona piaccia, ma quanto piace a colui che
l’apprezza di più!
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la Repubblica
RCULT
DOMENICA 30 MARZO 2014
44
LEGGERE LA CITTÀ
Da giovedì 3 a domenica 6 aprile a Pistoia
convegni e concerti sul tema delle differenze
> LE CRITICHE DEGLI ALTRI
LA STORIA
Quando i librai
si raccontano
Il libraio suona sempre due volte
di Davide Ferrari e Davide Ruffinengo
(Marcos y Marcos, pagg. 192, euro 13)
LAURA LILLI
PERCHÉ il libraio suona sempre
due volte? Non certo per le ragioni drammatiche del romanzo
(poi film) di James M. Cain. Il libraio non vuole attentare alla vita di nessuno (anzi, i librai, perché in questo caso sono due). Al
contrario, vuole arricchirla. La
ragione del titolo è del tutto casuale: questi due giovani, che giravano per il Piemonte con una
sorta di spettacolo sui libri che
avevano scelto per venderli (via
dalla pazza folla delle classifiche
e dei titoli strombazzati dalle
grandi case editrici, scavando
invece fra i tesori
delle piccole editrici indi pendenti) se lo trovarono un giorno bell’e fatto prima di
salire sul piccolo
palcoscenico. Gli
piacque e se lo
tennero. Insieme, s’intende, al
nome della libreria, anche questo tutt’altro che banale Helène
– profumi per la mente. Il libro
racconta la loro storia.
Si chiamano entrambi Davide, e
hanno fantasiosi metodi per avvicinare il pubblico alla pagina
stampata. Nell’insieme, è un
piccolo libro delizioso, fresco,
che profuma di giovinezza, di
successo “pulito”, di libri amati e
per questo venduti e di giovani
che, in quest’epoca priva di speranze per i giovani e per i libri,
essi hanno saputo, con passione,
contraddire. Ormai da dieci anni, e va sempre meglio.
I RACCONTI
Quei sorrisi amari
made in Usa
La parte divertente
di Sam Lipsyte (Minimum Fax, trad.
di Anna Mioni, pagg. 232, euro 15)
ANTONIO MONDA
SAM Lipsyte appartiene alla
grande tradizione americana
degli scrittori satirici, che ha
avuto il modello più alto in Mark
Twain e oggi un grande
protagonista in George
Saunders. La nuova raccolta di
racconti, intitolata La parte
divertente, conferma il grande
talento di osservatore rivelato
nel Bazooka delle verità, e
l’abilità con cui
Lipsyte è in
grado di ricreare
in maniera
umoristica tic,
gesti ed
espressioni
quotidiane. Lo
stile è diretto,
veloce, leggero, ed è evidente
che sia interessato all’elemento
etico delle vicende che racconta
senza diventare mai un
moralista: l’umorismo a volte
diventa cupo, e lo scrittore ha in
mente la lezione di Nathanael
West, specie nella riflessione sul
rapporto tra ricchezza e
depressione.
Molti i riferimenti colti, come nel
racconto più riuscito, Questo
appuntamento si svolge nel
passato, ma ciò che colpisce è la
capacità di individuare temi
universali in momenti banali, e
di sorridere di fronte alle
tragedie. Esemplare Il verme a
Philadelphia, in cui il pugile
Marvin Hagler offre
l’opportunità di rielaborare, con
un sorriso amaro, quello che
scrisse Faulkner: «Nella vita si
perde sempre».
IL ROMANZO
Se la parola unisce
ciò che è separato
La vita quando era nostra
di Marian Izaguirre (Sperling &
Kupfer, pagg. 384, euro 17,90)
SILVANA MAZZOCCHI
LA POTENZA dei libri può restituire
l’opportunità di volare, quando
la realtà costringe in angusti
confini. In La vita quando era
nostra, la scrittrice spagnola
Marian Izaguirre costruisce la
storia di due donne che, grazie
alla lettura comune di un
romanzo,
riescono a
superare la
misera
quotidianità e a
costruire una
profonda
amicizia. Madrid,
anni Cinquanta.
Lola prima della guerra civile
condivideva con Matìas la
proprietà di una piccola casa
editrice, ora solo una modesta
cartolibreria. Un giorno Alice,
un’anziana inglese, si avvicina al
negozio e scopre in vetrina un
romanzo che, a pagine aperte, è
offerto in lettura ai passanti. Per
gioco iniziano a leggerlo insieme
e tra le due donne nasce un forte
legame destinato a svelare
amori e segreti e a dare inizio a
una nuova esistenza.
“15 CPW”, la formula
della ricchezza
ANGELO AQUARO
O, 15CPW non è il nome di un robot da
guerre stellari ma stellari sono gli
appartamenti che ospita: perché
15CPW è il nomignolo dell’indirizzo più
prestigioso del mondo, 15 Central Park West,
New York. Sì, proprio lì accanto, a sovrastare la
statua di Cristoforo Colombo voluta su
Columbus Circle più di un secolo fa dagli
immigrati d’Italia, c’è la Trump Tower
immortalata da un film con Eddie Murphy e
Ben Stiller, Tower Heist. Ma 15 Central Park
West è altra casa e soprattutto altra cosa: è “La
Casa della Ricchezza Esagerata”, House of Outrageous Fortune,
come recita — parafrasando l’Amleto di Shakespeare — il titolo del
libro di Michael Gross. Non è un caso che 15CPW sia diventato
anche uno degli obiettivi di Occupy Wall Street: e come poteva
essere altrimenti per l’edificio che insieme a Sting, Madonna e
Denzel Washington ospita pure Lloyd Blankfein, il capoccione di
Goldman Sachs che Rolling Stone definì “La Piovra di Wall Street?”
«Se qualcuno ha ancora bisogno di convincersi del fatto che i soliti
ricchi hanno continuato ad arricchirsi, passando indenni per il
crash finanziario del 2008 e il crollo dell’economia, ecco la prova»,
scrive l’Economist, che pure non è l’organo di Occupy: i prezzi di
una penthouse sono passati dai 45 milioni di dollari del 2005 agli
88 milioni del 2011. No, 15CPW non è il nome di un robot da guerre
stellari: ma quando dichiareremo finalmente guerra alle stellari
ingiustizie di questa terra, quando riusciremo a sfidare — ah,
Amleto! — «la fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna»?
N
LA FILOSOFIA
Il non-potere
delle donne
Matriarcato e dee-madri
di James G. Frazer (Mimesis, a cura
di M. P. Candotti, pagg. 94, euro 5,90)
Giuseppe Dossetti
di Fernando Bruno
(Bollati Boringhieri, pagg. 352, euro 23)
IL RITORNO
GIULIO AZZOLINI
Nel 1952 il trentanovenne Giuseppe Dossetti, parlamentare
tra i più autorevoli del secondo
dopoguerra, abbandona la scena pubblica nazionale e fonda
l’Istituto per le scienze religiose
a Bologna. Perché? La storiografia ha risposto guardando per lo
più avanti, al Dossetti ordinato
sacerdote, protagonista del
Concilio Vaticano II e infine monaco; Fernando Bruno orienta
invece all’indietro il proprio racconto, che ha il merito di far
emergere, con articolata e documentata chiarezza, le profonde
radici politiche
di quel gesto. Nel
maggio del ‘47,
quando fonda
Cronache sociali,
Dossetti non ambisce soltanto ad
aprire il dibattito
culturale alle voci, tra gli altri, di Giorgio La Pira, Aldo Moro e Federico Caffè:
il giovane professore di diritto
canonico sta infatti animando
una corrente di sinistra interna
alla Dc, ma critica e antagonista
rispetto alla linea egemone di
De Gasperi.
L’abbandono del ‘52 non è, dunque, la sconfitta di un singolo,
ma la testimonianza di un’alternativa, incompatibile per vocazione religiosa e visione politica, al tatticismo conservatore
che ha plasmato l’Italia repubblicana.
Il sapore vintage
del western
Lo svelto e il morto
di Louis L’Amour (Meridiano Zero,
pagg. 191, euro 10)
GIANNI SANTORO
«C’È tanta gente che cambia
nome quando viene qui! Scappa
perché ha combinato qualcosa».
Ma i McKaskel fuggono solo dalla
miseria. Dopo la conquista dello
spazio terrestre e web la
frontiera torna
ad essere il Far
West. Ma oggi ha
un sapore
vintage, dove il
cowboy diventa
un violento
gentiluomo
«rude ma leale».
Dal recupero nostalgico di
quell’immaginario nasce
“Narrativa Western”, la nuova
collana di Meridiano Zero che
debutta con Lo svelto e il morto
del 1973 di Louis L’Amour
(autore da 225 milioni di copie).
Dove killer spietati si tolgono il
cappello davanti alle donzelle e i
novellini dell’est capiscono che
non sarà la legge a proteggerli né
l’istruzione ad aiutarli. Vita (e
morte) all’aria aperta: oggi
sembra una provocazione.
IL SAGGIO
L’ESORDIO
Tutti i passaggi
dell’ascesa di Renzi
Le mille identità
di Julek
La volta buona
di Lavia, Mauro, De Angelis, Colombo
(Editori Int. Riuniti, pagg. 160, euro 8)
FRANCESCO BEI
FRANCESCA BOLINO
SIR James Frazer è uno dei
grandi antropologi del secolo
scorso. In queste pagine sul
matriarcato, Frazer si propone
di dimostrare una prevalenza
di divinità femminili in un
gruppo sociale organizzato per
linea ereditaria femminile.
Tuttavia, tale forma di diritto
non è mai
associabile a
una situazione
di reale potere
delle donne
nella società. Le
donne sono e
rimangono solo
oggetto di
scambio tra i clan e la presenza
di un sistema matriarcale o
patriarcale è solo indice
dell’equilibrio raggiunto tra le
due famiglie rivali che talvolta
è a favore di chi cede la donna
(matriarcato), talvolta a favore
di la riceve (patriarcato). «La
filiazione matrilineare —
diceva Lévi-Strauss — è la
mano del padre o del fratello
della donna che si estende fino
al villaggio del cognato».
Un’operazione, come tutta
l’opera di Frazer, di
demistificazione della
dicotomia civiltà versus
barbarie, non più visti come
due principi esclusivi uno
dell’altro quanto piuttosto
come due poli in continuo,
instabile equilibrio dialettico.
Dossetti, le ragioni
di una svolta
identità diverse. Ma Julek è un
eroe, e fa sempre il tifo per i
comunisti e gli antifascisti.
Anche se poi, tornato in Polonia
dopo la guerra, da grande,
prenderà la via del Canada,
dove la figlia Joanna, la nostra
scrittrice, è sbarcata a due anni.
LO STUDIO
> INTERNET CLUB
Manzoni e Rodari
nell’arena twitter
LOREDANA LIPPERINI
EDO una gran quiete laggiù... Ma tutti
i vecchi amici sono già a dormire?
Vegliate voi sola, figliola?». Così
twitta “Nacqui Ludovico”, ovvero
@fracristoforoTW. E non è il solo a non voler
lasciare l’allegro e serissimo gruppo che si è
creato attorno all’esperimento di
twitteratura.it sui Promessi sposi, che è
durato quattro mesi ed è terminato il 18
marzo, ma che ha lasciato dietro di sé l’affetto
che si riserva alle compagnie affiatate. La
riscrittura (con variazioni di stile notevoli) di
Manzoni su Twitter, sotto l’hashtag #TwSposi, ha dunque fatto
centro: per i numeri (considerevoli: 38mila tweet, 100mila con i
retweet), per l’entusiasmo e anche per la partecipazione degli
studenti di venti scuole secondarie superiori, che è cosa non da
poco. Il “metodo” Twitteratura è stato messo a punto due anni fa
da Paolo Costa, Edoardo Montenegro e Pierluigi Vaccaneo: è un
gioco ma è anche sperimentazione letteraria, aggregazione di
appassionati e, in breve, vera, effettiva, necessaria promozione
dell’esercizio della lettura. Dopo I promessi sposi (che a loro volta
seguivano a Esercizi di stile di Raymond Queneau, La luna e i falò e
Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, Scritti corsari di Pier Paolo
Pasolini, Le città invisibili di Italo Calvino), fino al primo maggio ci
si cimenta con le Favole al telefono di Gianni Rodari, da raccontare
sotto l’hashtag #TwiFavola. Coinvolti in questa occasione gli
alunni delle scuole elementari di Sommariva del Bosco, in
provincia di Cuneo, che sperimentano il metodo su carta e web,
mentre gli studenti delle superiori potranno realizzare un ebook
con i migliori tweet sulla piattaforma trytweetbook.com. In una
parola: meravigliosi.
«V
Il bambino che parlava la lingua
dei cani
di Joanna Gruda (e/o, trad. Bracci
Testasecca, pagg. 224, euro 16,50)
SUSANNA NIRENSTEIN
LA STORIA, quella vera, supera
spesso la fantasia. È quel che
avviene con Julek, l’incredibile
protagonista dell’esordio di
Joanna Gruda, nata in Polonia
come suo padre, di cui
racconta, con grazia, ironia e
infinita leggerezza,
l’avventuroso attraversamento
del Novecento. Tutto è fuori
misura, ma non è stato così il
secolo delle ideologie? A
decidere la nascita di Julek,
figlio di una coppia di militanti
clandestini, è una riunione del
Partito comunista polacco in
esilio a Mosca: la gravidanza
può andare avanti, ma i
genitori non cresceranno il
bambino, il loro
primo impegno
sarà la lotta
politica. Spedito
in Francia,
rimbalza come
una palla tra zie
e sconosciuti. E
nell’Istituto per
l’infanzia del sindacato
comunista francese! Se la cava,
anche se all’inizio, lui che a
malapena sa il polacco, riesce a
parlare solo con i cani. Eppure
la vita va... anche quando con
l’occupazione nazista
scompare assumendo mille
PERCHÉ Napolitano, nume tutelare
di Enrico Letta, decide di
“scaricarlo” e accetta l’investitura
di Matteo Renzi? Perché la sinistra
del Pd, fino al giorno prima alleata
del presidente del Consiglio, lo
molla all’improvviso e vota in
direzione per il governo Renzi?
Perché Berlusconi cambia idea
sulle elezioni e si convince a fare
da sgabello alla maggioranza? E,
soprattutto, da quanto tempo
Renzi lavorava per arrivare dove è
arrivato? Se vi siete persi qualche
passaggio o
volete illuminare
qualche angolino
buio
dell’operazione
che ha portato
Renzi a palazzo
Chigi, il libro
giusto
finalmente c’è. L’hanno curato
quattro penne di non comune
bravura del giornalismo italiano
— Mario Lavia, Angela Mauro,
Ettore Colombo e Alessandro De
Angelis — mettendo insieme gli
appunti dei loro taccuini,
riannodando i fili dispersi di una
storia e provando a ridare un
senso alla cascata di avvenimenti
degli ultimi due mesi e mezzo. In
questo aiutati dall’utile cronologia
curata da Rudy Francesco Calvo.
Appassionante come un giallo
(anche se l’assassino è già noto), il
saggio La volta buona, l’ascesa di
Renzi a palazzo Chigi merita di
finire sul comodino degli
appassionati di politica.
la Repubblica
DOMENICA 30 MARZO 2014
45
ENCUENTRO
Luis Sepúlveda (foto), Paco Ignacio Taibo
II, Santiago Gamboa a Perugia dal 4 aprile
NOTE
A
MARGINE
20 DOPO KURT
Omaggio al leader
dei Nirvana a venti
anni dal suicidio,
guardando a quello
che c’è stato dopo:
venti album figli del
suo rock. Scelte
personali e arbitrarie
(Juliette Lewis?) e
rimane il dubbio:
chissà che musica
farebbe oggi Cobain.
DI PATRICK POINI
GIOVANE HOLDEN
PAGG. 101, EURO 13
THE
FRONTMAN
Che nasconde Bono
il buonista? Il
meticoloso
giornalista Harry
Browne fa le pulci a
trent’anni di
impegno politico e
filantropico della
potente star degli
U2, dai “troubles”
irlandesi di Sunday
Bloody Sunday alla
lotta all’Aids fino al
cambio di residenza
fiscale. Edizione
italiana a cura di
Wu Ming 1 e Alberto
Prunetti.
ILLUSTRAZIONE DI GABRIELLA GIANDELLI
Il romanzo. Nel centenario della nascita di Marguerite Duras
Sandra Petrignani la reinventa: una donna in rivolta fedele solo alla letteratura
Vita e menzogne
di una scrittrice
chiamata Nenè
ELENA STANCANELLI
CRIVERE tutta la vita ti insegna a scrivere, non ti salva da niente». È
«S
l’autunno del 1996 e Marguerite Duras sta morendo. Il fido Yann, l’ultimo amore, annota in un quaderno, “le livre a disparaître” lo chiamano tra loro, questa finale scia di pensieri, frasi magre. «È finita.
Non ho più niente. Non ho più bocca, più viso. È atroce», detta Duras,
con la voce spezzata da una tracheotomia e alcol a fiumi e sigarette.
Era nata il 4 aprile del 1914 (cento anni fa) in un altro posto — un piccolo paese vicino a Saigon, ex Indocina francese — con un altro nome: Marguerite Donnadieu, detta Nenè. Segno zodiacale ariete. Come la madre, che amò disperatamente e per tutta la vita, nonostante lei le preferisse il fratello Pierre, bello, tossico e disperato.
Sandra Petrignani inventa una scena straziante e perfetta per raccontare il rapporto che lega i due fratelli. Poche righe, come una boule à neige. La inventa? Chissà. Marguerite è un romanzo, la cui protagonista è un persona vera. Vera? Chissà. Con tutto quello che della sua vita lei stessa, Duras, ha inventato, è difficile fare i conti. Somiglia, Marguerite, alle biografie
che Jean Echenoz dedica ai suoi eroi, Ravel, Nikola Tesla, Emil Zátopek. E Jérôme Lindon, l’editore, che fu anche l’editore de L’amante e che Duras abbandonò, irrimediabilmente seccata per il successo mondiale del libro. Ruba, Petrignani, dai libri, dalle interviste, dalle fotografie. Ruba frasi, situazioni, personaggi. «Lassù», dice Pierre al nipote, seduto al ristorante di
fronte al numero 5 di rue Saint Benoît, «al terzo piano, vive una grande scrittrice». Duras dalla sua finestra lo vede, piange, ha la tentazione di invitarlo a salire, ma poi non lo fa. Trop- ca Una diga sul Pacifico, la madre si infuria.
po male, troppo, tra loro, come tra lei e ogni Non si riconosce in quella vedova pazza che
cosa del mondo. E troppe bugie. Duras teme combatte contro il mare, cercando con espeche il fratello possa smentirla, anche solo per dienti sempre più rocamboleschi di salvare la
sciatteria, distruggere il romanzo della sua sua risaia, un indomabile concessione sul delvita che la scrittrice ha messo in scena anno ta del Mekong. Lo dice sempre Philip Roth,
dopo anno, cancellando le tracce dietro di sé. quando in una famiglia nasce uno scrittore,
Marguerite, come ogni buon romanzo, è quella famiglia è finita. «E infatti non sei tu, e
una menzogna costruita su altre menzogne, sei tu. E’ la letteratura!», le grida Marguerite
assemblate per sembrare verità. Un gomito- secondo quanto racconta Petrignani. Ma Malo di rimasugli che si fa maglia preziosa, se è rie, non paga di non averla amata abbastanben lavorato. Quando nel 1950 Duras pubbli- za, non la perdonerà, mai più.
Nenè era bella, aveva quella bocca carnosa
e gli occhi orientali che conosciamo dalle foto.
Era piccola e sensuale, portava tacchi e gonne strette anche quando militava nella resistenza e nella sua casa si nascondeva il giovane Mitterand, alias Morland. Così di lei si innamorò, tra gli altri, Charles Delval, commissario di polizia al servizio dei tedeschi. Forse.
E forse anche lei un po’, di lui. Comunque lui
morì, fucilato a guerra finita. «Lei gode a farsi picchiare, gli chiede di ucciderla a volte,
mentre fanno l’amore. Deve farsi perdonare
di essere com’è. Che le importa solo di scrivere». All’inizio di Marguerite, la scrittrice attraversa la Francia in macchina insieme a
uno dei suoi amanti, Gerard. Deve raggiungere la madre che sta morendo, nella tenuta
comprata nel 1950, di ritorno dall’Indocina.
Il padre era già morto, quando Nenè era una
“Lei gode a farsi picchiare,
gli chiede di ucciderla
a volte, mentre fanno
l’amore. Per farsi perdonare
di essere com’è. Dell’unica
cosa che conta per lei”
MARGUERITE
di Sandra
Petrignani
NERI POZZA
PAGG. 272
EURO 16
bambina; lei quasi non fa in tempo a conoscerlo. Il suo amico Jacques Lacan dirà che da
una vita così, non poteva uscire che una donna affamata di tutto, soprattutto d’amore.
Ma va? Centinaia di amanti, capace di qualsiasi imbroglio, all’altezza di qualsiasi tradimento, Duras non si fermerà neanche davanti alla possibilità di ferire a morte l’amatissimo Robert, l’ex marito. Pubblicando il
diario che racconta nel dettaglio il calvario di
lui, tornato da Dachau, la miseria orribile di
un corpo distrutto, la fatica e il disgusto di
quel tornare alla vita. Dopo questo episodio,
Robert non le rivolse più la parola. Litigò con
tutti, col figlio, gli editori, gli amici. Litigò fin
quando ne ebbe forza. Perché era una scrittrice, e, lo racconta con emozione e intelligenza Petrignani, nessuno può essere perdonato per questo.
TERRITORI
DELLA
PSICHE
IL PAZIENTE E
L’ANALISTA
Ogni capitolo è
dedicato ad un
concetto base
della psicoanalisi
clinica, dal setting
al transfert, dal
controtransfert
all’interpretazione
, dalla resistenza
all’insight,
seguendone lo
sviluppo dai primi
lavori di Freud
fino alle
concettualizzazio
ni contemporanee
più significative.
DI J. SANDLER,
C. DARE, A. HOLDER
FRANCOANGELI
PAGG. 207, EURO 29
LA NUOVA
VOLONTÀ
DI HARRY BROWNE
ALEGRE
PAGG. 288, EURO 15
L’autore descrive
la volontà nella
prospettiva della
psicosintesi di
Roberto
Assagioli, che per
primo la riportò al
centro della
psicologia: una
funzione che può
affrancarsi da
condizionamenti e
abitudini,
diventando libera.
GENERAZIONE
LIGA
DI PIERO FERRUCCI
ASTROLABIO
PAGG. 249, EURO 20
Only for fans, la
raccolta di scritti
ispirati al rocker di
Correggio. Autori
dei 16 racconti sono
membri del fan club e
del “pubblico più
bello di tutti”, come
spiega lo stesso
Ligabue
nell’introduzione,
sorpreso delle
attenzioni
maniacali. E forse
qui i non-fans
possono spiegarsi la
venerazione che
ancora si riserva a
pochi eletti.
A CURA DI
EMANUELA PAPINI
EINAUDI
PAGG. 160, EURO 15
QUELLO
CHE DEVE
ACCADERE,
ACCADE
Un discusso
intellettuale del rock
indipendente e un
musicista senza
paraocchi stilistici.
L’incontro che portò
a pagine felici della
musica italiana, la
lite, le strade
separate. La vicenda
di Giovanni Lindo
Ferretti e Massimo
Zamboni, dai CCCP
in poi, documentata
attingendo a
numerosissime
interviste.
DI MICHELE ROSSI
GIUNTI
PAGG. 288
EURO 14,90
A CURA DI
GIANNI SANTORO
CHE COS’È LA
COSCIENZA?
La coscienza
presenta i
problemi “facili”,
che riguardano le
diverse modalità
dei processi
cerebrali e che
possono ricevere
una spiegazione
esaustiva dagli
studi
neurobiologici e il
problema
“difficile” che
riguarda invece il
significato di
avere
un’esperienza
cosciente.
DI DAVID CHALMERS
CASTELVECCHI
PAGG. 113, EURO 12
I DISTURBI
DISSOCIATIVI
DELLA
COSCIENZA
Si propone di
riassumere alcuni
sviluppi della
letteratura
scientifica
internazionale
relativi ai disturbi
dissociativi, con
richiami ai temi
della memoria e
dei ricordi, alle
linee guida
terapeutiche e alle
più recenti
riflessioni sulla
patogenesi.
DI GIUSEPPE MITI
CAROCCI
PAGG. 128, EURO 11
A CURA DI
DORIANO FASOLI
la Repubblica
RCULT
DOMENICA 30 MARZO 2014
46
DOMINIQUE PERRAULT AL MAXXI
Il 2 aprile incontro a Roma con l’architetto
francese. Modera Achille Bonito Oliva
LE
CLASSIFICHE
RILEVAZIONI DAL 17 AL 23 MARZO
> IL PUNTO
NARRATIVA ITALIANA
1▲
C’è Recalcati
all’ombra
di Camilleri
ON Inseguendo
un’ombra (Sellerio),
Andrea Camilleri si
conferma in vetta della
classifica dei libri più venduti in
Italia. Ma alle sue spalle sta
arrivando Non è più come
prima, il nuovo saggio di
Massimo Recalcati(Cortina
Raffaello). Un elogio del
perdono nella vita amorosa
che, all’esordio, balza subito al
secondo posto, scavalcando
anche Braccialetti rossi di
Albert Espinosa (Salani). In
una classifica dove tutte le
vecchie conoscenze perdono
posizioni, spiccano altre due
nuove entrate: Allegiant, terzo
capitolo della triologia
“Divergent” della giovanissima
scrittrice americana Veronica
Roth (De Agostini, in testa
anche nella “narrativa
straniera”) e il romanzo La
sirena della svedese Camilla
Läckberg (Marsilio).
C
TOP TEN I LIBRI PIÙ VENDUTI
[100]
CAMILLERI
INSEGUENDO UN’OMBRA
[39]
VITALI
PREMIATA DITTA
SORELLE FICCADENTI
RIZZOLI
E.18,50
SELLERIO
E.14
6▲
2▲
[16]
7▲
3▲
[36]
GUCCINI
NUOVO DIZIONARIO
DELLE COSE PERDUTE
MONDADORI
E.12
[12]
8▲
[11]
4▲
[21]
5▲
[21]
SERRA
GLI SDRAIATI
F. CAROFIGLIO-G. CAROFIGLIO
LA CASA NEL BOSCO
FELTRINELLI
E.12
RIZZOLI
E.14
9▲
[11]
10▲
FLORIS
IL CONFINE DI BONETTI
AA.VV.
GIOCHI CRIMINALI
GAMBERALE
PER DIECI MINUTI
TESSA
L’URAGANO DI UN BATTER D’ALI
VOLO
LA STRADA VERSO CASA
FELTRINELLI
E.18
EINAUDI
E.16,50
FELTRINELLI
E. 16
NEWTON COMPTON
E.9,90
MONDADORI
E. 18
1
100 PUNTI
2
2
42 PUNTI
1
ANDREA CAMILLERI
INSEGUENDO UN’OMBRA
MASSIMO RECALCATI
NON È PIÙ COME PRIMA
SELLERIO
E 14,00
CORTINA RAFFAELLO
E 13,00
PAGG. 159
PAGG. 243
[11]
NARRATIVA STRANIERA
1▲
[38]
2▲
[35]
3▲
[27]
4▲
[26]
5▲
ROTH
ALLEGIANT
LÄCKBERG
LA SIRENA
CONNELLY
IL QUINTO TESTIMONE
SÁNCHEZ
LE COSE CHE SAI DI ME
KING
DOCTOR SLEEP
DE AGOSTINI
E.14,90
MARSILIO
E.18,50
PIEMME
E.19,90
GARZANTI
E.18,60
SPERLING & KUPFER
E.19,90
6▲
[17]
7▲
[17]
8▲
[17]
9▲
[16]
10▲
MOYES
LA RAGAZZA CHE HAI LASCIATO
CUSSLER-SCOTT
SABOTAGGIO
STEEL
PECCATI DI UNA MADRE
CORNWELL
POLVERE
ZUSAK
STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI
MONDADORI
E.16
LONGANESI
E.17,60
SPERLING & KUPFER
E.19,90
MONDADORI
E.20
FRASSINELLI
E.16,90
[19]
3
40 PUNTI
6
ALBERT ESPINOSA
BRACCIALETTI ROSSI
[16]
SALANI
E 12,90
PAGG. 172
4
39 PUNTI
4
6
36 PUNTI
5
8
30 PUNTI
6
10
26 PUNTI
6
ANDREA VITALI
PREMIATA DITTA SORELLE
FICCADENTI
RIZZOLI
E 18,50
PAGG. 447
SAGGISTICA
1▲
[42]
2▲
[40]
3▲
[30]
4▲
[23]
5▲
RECALCATI
NON È PIÙ COME PRIMA
ESPINOSA
BRACCIALETTI ROSSI
FRIEDMAN
AMMAZZIAMO IL GATTOPARDO
GIORDANO
NON VALE UNA LIRA
NORTHUP
12 ANNI SCHIAVO
CORTINA RAFFAELLO
E.13
SALANI
E.12,90
RIZZOLI
E. 18
MONDADORI
E. 17
NEWTON COMPTON
E. 9,90
6▲
[17]
7▲
[15]
8▲
[7]
9▲
[7]
10▲
[18]
[7]
PANSA
BELLA CIAO
BROSIO
RAGGI DI LUCE
AA.VV.
PAPA FRANCESCO
LIVADIOTTI
LADRI
FRANCO
IL VATICANO SECONDO FRANCESCO
RIZZOLI
E. 19,90
PIEMME
E. 19,50
NEWTON COMPTON
E. 10
BOMPIANI
E. 16,50
MONDADORI
E. 18
5
38 PUNTI
1
VERONICA ROTH
ALLEGIANT
DE AGOSTINI
E 14,90
PAGG. 554
FRANCESCO GUCCINI
NUOVO DIZIONARIO DELLE
COSE PERDUTE
MONDADORI
E 12,00
PAGG. 148
VARIA
> MONDO EBOOK
Quanto durerà
il boom digitale
nel Regno Unito
ANTONELLO GUERRERA
E IN America la carta tiene
botta e in Italia il digitale
ha percentuali tuttora
risibili, nel Regno Unito le cose
cambiano. Secondo la Nielsen, i
britannici hanno acquistato nel
2013 circa 80 milioni di ebook,
spendendo 300 milioni di
sterline. Se il consumo di libri di
carta è calato del 4% rispetto al
2012 (complice il riflusso dello
tsunami 50 sfumature), quello
digitale è cresciuto del 20 e
rappresenta un quarto del
mercato totale. Ma il boom
digitale oltremanica è anche
dovuto anche alla tassazione
agevolata (spesso al 3%) di
aziende con sede all’estero. Il
Cancelliere dello Scacchiere
Osborne, però, qualche giorno
fa ha annunciato: conta il paese
da dove si fanno gli acquisti.
Quindi la Vat (l’Iva) per gli
ebook in Uk salirà al 20 per
cento. Con quali conseguenze?
S
1▲
[18]
2▲
[8]
3▲
[8]
4▲
[7]
5▲
SLOAN
ENGLISH DA ZERO
AA.VV.
KEEP CALM PER PAPÀ
AGASSI
OPEN. LA MIA STORIA
M. MOZZI-P. MOZZI-ZIGLIO
LA DIETA DEL DOTTOR MOZZI
BALIVO
DETTO FATTO
MONDADORI
E. 15,90
KOWALSKI
E. 7
EINAUDI
E. 20
COOP. MOGLIAZZE
E. 19
RIZZOLI
E. 14,90
6▲
[6]
DE DONNO-NAVONE
LORENZONI
INGLESE IN 21 GIORNI
SPERLING & KUPFER
E. 12,90
7▲
[6]
8▲
[6]
9▲
POMROY-ADAMSON
LA DIETA DEL SUPERMETABOLISMO
JUDKINS
50 SEGRETI PER ESSERE CREATIVI
PARODI
È PRONTO!
SPERLING & KUPFER
E. 16
DE AGOSTINI
E. 12,90
RIZZOLI
E. 17,90
[5]
10▲
[7]
[5]
ROBERTI
LE PAROLE PER CRESCERE
TUO FIGLIO
MACRO EDIZIONI
E.12,90
[14]
SÁNCHEZ
ENTRA NELLA MIA VITA
[11]
SÁNCHEZ
IL PROFUMO DELLE FOGLIE
DI LIMONE
GARZANTI
E. 9,90
GARZANTI
E. 9,90
6▲
2▲
[8]
COLLINS
LA RAGAZZA DI FUOCO
HUNGER GAMES
MONDADORI
E. 13
3▲
[11]
COLLINS
IL CANTO DELLA RIVOLTA
HUNGER GAMES
MONDADORI
E. 13
7▲
[8]
8▲
4▲
[9]
JAMES
CINQUANTA SFUMATURE
DI GRIGIO
MONDADORI
E. 5
[8]
9▲
JAMES
CINQUANTA SFUMATURE DI NERO
JAMES
CINQUANTA SFUMATURE DI ROSSO
ORWELL
1984
MONDADORI
E. 5
MONDADORI
E. 5
MONDADORI
E. 9,50
5▲
[9]
1▲
[20]
6▲
[9]
2▲
[18]
KINNEY
DIARIO DI UNA SCHIAPPA
GUAI IN ARRIVO!
ILCASTORO
E. 12
7▲
3▲
[15]
VACCARINO
IL MIO DIARIO, UN ANNO DOPO
VIOLETTA
WALT DISNEY COMPANY
E. 14,90
[8]
8▲
D’ACHILLE
COLORA CON PEPPA PIG
AA.VV.
FASHION BOOK. VIOLETTA
D’ACHILLE
PEPPA MAXICOLOR
GIUNTI
E. 3,90
WALT DISNEY COMPANY
E. 14,90
GIUNTI
E. 6,90
[8]
4▲
[7]
10▲
[7]
D’AVENIA
BIANCA COME IL LATTE
ROSSA COME IL SANGUE
MONDADORI
E. 13
[13]
5▲
AA.VV.
BEAUTY BOOK. VIOLETTA
EDICART
E. 0,99
WALT DISNEY COMPANY
E. 12,90
9▲
PAGG. 446
MONDADORI
E. 13
AA.VV.
LEGGIMI UNA FIABA
D’ACHILLE
I MIE AMICI
PEPPA PIG
GIUNTI
E. 5,90
MARSILIO
E 18,50
ALAN FRIEDMAN
AMMAZZIAMO IL
GATTOPARDO
RIZZOLI
E 18,00
PAGG. 300
COLLINS
HUNGER GAMES
9
RAGAZZI
SEPÚLVEDA
STORIA DI UNA LUMACA CHE SCOPRÌ
L’IMPORTANZA DELLA LENTEZZA
GUANDA
E. 10
35 PUNTI
1
CAMILLA LÄCKBERG
LA SIRENA
TASCABILI
1▲
7
[8]
10▲
D’ACHILLE
LA MACCHINA NUOVA
GIUNTI
E. 7,90
[9]
[7]
27 PUNTI
4
MICHAEL CONNELLY
IL QUINTO TESTIMONE
CLARA SÁNCHEZ
LE COSE CHE SAI DI ME
PIEMME
E 19,90
GARZANTI
E 18,60
PAGG. 485
PAGG. 319
la Repubblica
DOMENICA 30 MARZO 2014
47
LEGGERMENTE
Chiude oggi a Lecco il Festival Leggermente
Ultimo ospite Benedetta Tobagi
> LITTLE PEOPLE
> FUORI DI TESTO
Un clochard
e uno spinone
per amici
Sepinwall
e la rivoluzione
delle serie tv
STEFANO BARTEZZAGHI
BENEDETTA MARIETTI
A
sembrare una semplice
storia d’amore fra due
tredicenni, quella raccontata
con passione da Zita Dazzi,
giornalista di Repubblica, nel
suo ultimo romanzo Bella e
Gustavo. Una storia che nasce
in una Milano estiva soffocata
da «acqua, afa e umido». I due si
chiamano Nino e Petra, sono
belli e impacciati, iniziano a
frequentarsi per caso e
scoprono presto di non poter
fare a meno l’uno dell’altra,
senza trovare le parole per
dirlo. «Si inseguono e si
perdono. Si arrabbiano e
rifanno pace, senza che ci sia un
motivo vero né
in un caso né
nell’altro. E
finiscono col
ritrovarsi
sempre allo
stesso punto.
Gli occhi negli
occhi, e la voce
che si spezza in gola». Lei ha
l’aspetto di un angelo, i capelli
lunghi, biondi e sottili, le
gambe magre, ma è scontrosa,
focosa, impulsiva. Lui «piace
alle femmine anche perché non
le tratta bene», ha un carattere
freddo e permaloso, eppure
davanti a Petra si scioglie. Ma a
trasformare il racconto del loro
amore inesperto in una storia
attuale di coraggio e
determinazione, di amicizia e
solidarietà ci pensano altri due
personaggi: Gustavo e Bella. Il
primo è un senzatetto taciturno
e misterioso, appassionato di
Marguerite Yourcenar, che
vuole essere lasciato in pace ed
è incapace di difendersi dalle
brutali aggressioni dei teppisti.
La seconda è una specie di
cucciolo di spinone, un quattro
zampe color caffellatte che
Petra vorrebbe prendere con
sé. Dall’incontro di questi
quattro adorabili protagonisti
(e dall’incrocio continuo nella
narrazione dei quattro diversi
punti di vista), nascerà
un’avventura narrata
attraverso una scrittura
brillante e coinvolgente, densa
di dialoghi realistici.
Bella e Gustavo
di Zita Dazzi
Il Castoro, pagg. 208, euro 15,50
HIUDI quel libro, fa’
qualcosa di più
istruttivo, guarda una
serie tv. Troppo comodi, i libri!
Si possono aprire ovunque, si sa
quanto sono lunghi, si smette e
si ricomincia la lettura quando
si vuole. Le serie invece sì che
sono serie: bisogna ricordarsi
gli orari, non bisogna distrarsi e
non si sa mai quante altre
puntate ci saranno. Negli Stati
Uniti si dice che non c’è stata
vera tv di qualità prima dei
Soprano (1999). Anche in Italia
il fenomeno delle serie
americane ha preso
caratteristiche vistose. Il critico
Alan Sepinwall è convinto che
sia stata una rivoluzione e nella
prefazione all’edizione italiana
del suo libro (Telerivoluzione,
Bur), Carlo Freccero spiega nei
dettagli in cosa sia consistita
questa rivoluzione.
C
PRIMA vista può
ILLUSTRAZIONE DI ANNA GODEASSI
Il saggio. Vivere in un’epoca piena di oggetti e di merci
è una benedizione, secondo il filosofo Emanuele Coccia
Perché le “cose”
ci rendono felici
> MINIMA EDITORIA
Seguire L’Orma
da Hoffmann
a Annie Ernaux
RAFFAELLA DE SANTIS
MAURIZIO FERRARIS
ELLO stesso anno 1882 in cui, da Genova, Nietzsche annunciava la mor-
N
te di Dio e il trionfo del nichilismo, sul Gil Blas Zola pubblicava Al paradiso delle signore, storia al cui centro c’è uno dei primi grandi magazzini. Felicità delle donne, si dice in epoca ancora molto maschilista. Ma
in realtà paradiso anche degli uomini, che negli oggetti trovano almeno altrettanta felicità. Il nichilismo — questa l’ipotesi di Emanuele Coccia in Il bene nelle cose, il Mulino — è non tanto confermato, quanto
piuttosto scongiurato dalla felicità insita negli oggetti, e il fatto di vivere in un’epoca così piena di merci deve essere visto come una benedizione. In fondo, già nella nona Elegia
duinese Rilke suggeriva di mostrare all’angelo «come può essere felice una cosa». Ma a
favore dell’idea di vedere il bene solo nelle persone e non nelle cose militano molti pregiudizi tradizionali, dalla iper-valutazione del soggetto umano come fonte unica di valori, all’antropocentrismo di molte religioni, all’idea kantiana che l’unica cosa buona al
mondo sia la volontà buona, le intenzioni. Ovviamente non c’è convinzione più falsa.
Così come è difficile sottoscrivere sino in
fondo le filippiche che per decenni si sono scaIL BENE
gliate contro il consumismo e l’alienazione.
NELLE
Ma, a ben vedere, proprio l’argomento della fiCOSE
nitezza dei soggetti è tra quelli che depongono
di Emanuele Coccia
con più forza a vantaggio degli oggetti. Come
IL MULINO
sapevano benissimo i Faraoni, che si facevano
PAGG. 144
seppellire circondati da oggetti, e si facevano
EURO 12
imbalsamare, trasformandosi a loro volta in
cose, gli oggetti dureranno molto più del nostro oblio.
Ed è un buon segno che sempre più numerosi siano i filosofi che guardano alla ricchezza
degli oggetti: dalla cosiddetta “teoria orientata agli oggetti” proposta dal realismo speculativo americano, alla riflessione sugli oggetti
sociali così diffusa nella filosofia contemporanea, alla riscoperta della sensibilità, cioè della
via fondamentale attraverso cui incontriamo
gli oggetti, alla ridiscussione della natura iperconcettuale dell’arte nel Novecento.
Rappresentante di una nuova generazione
di filosofi, Coccia ha saputo dare una versione
estremamente originale della filosofia dell’oggetto, con una attenzione più pronunciata
nei confronti della morale e della politica rispetto all’ontologia, all’estetica e alla metafisica, che sono i campi tradizionali di applicazione. Con un percorso che si rivela come la maturazione dei suoi interessi fondamentali di
lungo periodo: la filosofia medievale. E forse
ancora di più la grande “Teoria dell’oggetto” di
Alexius Meinong, che Coccia tradusse una decina di anni fa, anche in considerazione del fatto che il tema dell’oggetto è in Meinong strettamente connesso con il tema del valore, cioè
con la portata morale dell’appello che ci viene
dalle cose. È la conferma che per capire davvero il presente, per dire cose originali sull’oggi,
è sempre meglio prendere le cose da lontano.
APPENA uscito in libreria
un romanzo che in
Francia ha venduto
500mila copie e che gli editori
italiani per trent’anni hanno
snobbato. L’Orma ha scelto di
tradurlo. Bella notizia, perché Il
posto di Annie Ernaux,
centoventi pagine in cui una
figlia (l’autrice) racconta la
vita anonima del padre, è un
libro che emoziona senza
essere ruffiano. L’Orma, casa
editrice romana nata nel 2012
da Lorenzo Flabbi e Marco
Federici Solari, ha coraggio (sta
pubblicando l’opera omnia di
Hoffmann) e punta sulla
qualità. Non solo: si pensi
all’originalità grafica dei
Pacchetti, librini regalo da
spedire per posta. Segno che
una politica editoriale è ancora
possibile. A proposito:
“fuoriformato”, collana
eterodossa diretta da Andrea
Cortellessa, annuncia un libro
su Manganelli e la musica.
È
la Repubblica
RCULT
DOMENICA 30 MARZO 2014
48
MIART, ULTIMO GIORNO
Termina oggi la rassegna di arte moderna
e contemporanea alla Fieramilanocity,
Milano (www.miart.it)
MILANO
Regina José Galindo
il corpo dell’artista
violato per la verità
CLOE PICCOLI
ON importa se cercano in tutti
i modi di zittirci. La verità è lì,
e nessuno può farla passare
sotto silenzio». Con Estoy
Viva Regina José Galindo, artista nata a
Città del Guatemala nel 1974, dichiara la
sua forma di resistenza a dittature e
sistemi politici violenti e repressivi, a
iniziare da quello del suo paese. Estoy Viva
è un urlo di battaglia, una sfida, e al tempo
stesso affermazione gioiosa. Dura, politica
e poetica, emozionante e perturbante, la
mostra al PAC di Milano, la prima grande
rassegna dedicata a Galindo, Leone d’Oro
classe under 35 alla Biennale di Venezia del
2005, realizzata dal Comune di Milano con
Civita, curata da Diego Sileo e Eugenio
Viola, scandisce attraverso il corpo minuto,
e all’apparenza fragile, di quest’artista
sofferenze e soprusi su donne, uomini, e
«N
intere popolazioni.
Per il PAC ha realizzato Exhalación (Estoy
Viva), una performance di intenso impatto
emotivo. Il pubblico è invitato a entrare, uno
alla volta, in una stanza asettica, tenuta a bassa
temperatura, e illuminata da una gelida luce al
neon. Al centro, sdraiata su una sorta di pietra
tombale, l’artista come morta, inerme,
indifesa, esposta, anestetizzata. L’unico
aspetto che tradisce la vita è il respiro che si può
cogliere avvicinando uno specchietto alle narici
di questa giovane donna. Una traccia labile ma
forte, che scompare in un istante ma che
dichiara l’afflato vitale in tutta la sua potenza.
In tutta la mostra della Galindo la fragilità
diventa forza e resistenza a iniziare dal primo
lavoro, La verdad, un video di un’ora in cui
l’artista legge testimonianze di sopravvissuti al
conflitto armato che ha coinvolto il Guatemala
per trentasei anni sfociato in un genocidio di
200mila morti. Nel video Galindo legge,
mentre un dentista le inietta un anestetico
nelle gengive, fino a impedirle di parlare, ma lei
continua fino all’impossibile. Dalla prima sala
si procede in ambienti scanditi da cinque temi:
politica, donna, violenza, organico, morte. Ogni
ambiente ha una connotazione differente, una
moquette rossa, per esempio, nella sala della
violenza in cui l’artista si sottopone a torture e
operazioni chirurgiche.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Body art
Una delle performance di Regina José Galindo
Parigi.Al Museo d’Orsay incisioni e dipinti del genio visionario
che illustrò i grandi classici della letteratura, da Dante a Cervantes
Gustave
Doré
L’uomo guidato
dal potere
dell’immaginazione
CESARE DE SETA
PARIGI
N
ELLA più modesta biblio-
teca di ogni casa borghese a Parigi o a Milano, e
anche in una casa sperduta della Mancha o della Scozia, c’era almeno
uno dei tanti volumi illustrati da Gustave Doré: perché opere celeberrime della letteratura di ogni tempo sono passate sotto il suo bulino. Artista dal talento vulcanico, con una prodigiosa capacità di lavoro, fu incisore, caricaturista di
vena salace fin dagli esordi, pittore, e sul finire della vita anche scultore di originale
tempra. In una vita relativamente breve,
morì a soli cinquantuno anni nel 1883, ebbe il talento del grande sperimentatore
che lanciò messaggi ben oltre il suo tempo:
il fumetto e il cinema hanno attinto alla sua
opera con voracità, da Pabst a Welles, fino
a Polanski, Tim Burton e Lucas.
Si sbaglia chi temesse di annoiarsi alla
mostra Gustave Doré. L’immaginazione al
potere, a cura di Edouard Papet, Philippe
Kaenel e Paul Lang al Musée d’Orsay (fino
all’11 maggio) oggetto di una saggia ristrutturazione: ne vien fuori un paesaggista di rango che ebbe l’estro di sperimentare il Picturesque e il Sublime, come teorizzati nel secolo dei Lumi da Edmund
Burke. Nato a Strasburgo, città sempre
contesa tra Francia e Germania, Doré, fu
un autodidatta e un enfant prodige: a undici anni risalgono le prime litografie e adolescente comincia a collaborare alla rivista
satirica Journal pour rire. Ma Parigi fu il suo
destino, anche se scarpinò con l’energia di
uno sportivo per tutta la Francia e la Svizzera, andò in Inghilterra e in Spagna alla ricerca degli eroi più amati e a conoscere i
paesaggi ove contestualizzarli. Aveva cominciato a illustrare opere di letterati contemporanei come Balzac, Gautier, Hugo
più tardi gli inglesi Coleridge e Tennyson,
proseguendo con classici come il Rabelais
del Gargantua e Pantagruel, il Cervantes
di Don Chisciotte, il Paradiso perduto di
CAPOLAVORI
Da sinistra
le illustrazioni
di Gustave Doré:
per il Don
Chisciotte
(1863),
per le Fiabe
di Perrault
(1862)
e un acquerello
per L’infanzia
di Pantagruel
(1854)
la Repubblica
DOMENICA 30 MARZO 2014
49
L’UMBRIA DI MCCURRY
Cento scatti di Steve McCurry per
documentare il suo viaggio in Umbria
Fatebenefratelli, Perugia, fino al 5 ottobre
LE MOSTRE
DA VEDERE
IN ITALIA
E IN EUROPA
ROVERETO
La mostra presenta le
fotografie, i dipinti, i video, le
installazioni e i lavori site
specific di 60 artisti da tutto il
mondo, la maggior parte dei
quali mai presentati in Italia,
riservando particolare
attenzione ai paesi emergenti,
alle trasformazioni naturali e
urbane e ai cambiamenti
geopolitici.
TRENTO
Controriforma
una strategia
per immagini
ARMANDO BESIO
PERDUTI NEL PAESAGGIO
MART
DAL 5 APRILE
VENEZIA
Nuovo appuntamento per il
ciclo di rassegne intitolato Le
stanze del vetro. La mostra
esplora attraverso 130
sculture e raffinati oggetti,
l’attività creativa dei fratelli
Laura e Alessandro, condotta
nel solco della tradizione
dell’opera del padre Ludovico
e del nonno Paolo Venini.
I SANTILLANA
FONDAZIONE CINI
DAL 6 APRILE
MILANO
Omaggio all’architetto che
tra ‘800 e ‘900 ha ridisegnato
il volto della città. Docente di
disegno e rilievo
architettonico a Brera,
Beltrami si è dedicato alla
ricostruzione e conservazione
di importanti edifici lombardi.
In mostra, anche opere di
Bramante, Bernardino Luini,
Bergognone, fogli e oggetti di
epoca medioevale e
rinascimentale.
LUCA BELTRAMI
CASTELLO SFORZESCO
FINO AL 27 GIUGNO
Milton, Shakespeare, le favole di La Fontaine e di Perrault. Nel 1861 l’Inferno di
Dante ha un successo enorme, e infatti presenta al Salon una tela monumentale dedicata a Dante e Virgilio, tema caro a Delacroix: i due poeti emergono sulle acque dello Stige invaso dai corpi nudi dei dannati
che hanno fattura michelangiolesca da
Giudizio Universale. Un tema questo dell’inferno che ritornerà altre volte nella sua
opera. Nel 1866 esce la Bibbia cui seguono
altre opere a carattere religioso. Infatti è
pittore di storia sacra con diverse versioni
a olio di Cristo lascia il Pretorio: tela monumentale che ebbe i lusinghieri apprezzamenti di Gautier e Zola per la forza dram-
Nato a Strasburgo
fu autodidatta
ed enfant prodige
Le prime litografie
risalgono a quando
aveva undici anni
matica e spettacolare della scena ritratta
con decine di personaggi. Tanto che divenne fonte per spettacoli teatrali, lanterne
magiche, tableaux vivant.
La vita e la morte, le passioni, il dolore
emergono con forza alla morte del poeta e
amico Gérard de Nerval quando scoppia
nel 1870 la guerra franco-prussiana, e lo
strazio alla morte della madre nove anni
dopo. Accanto alla ricerca dedicata ai capolavori della letteratura di ogni tempo,
Doré ebbe una fervida vena sociale: fu interessato ai reietti del suo tempo, agli zingari, allo spettacolo delle feste popolari dove si trovano saltimbanchi e giocolieri che
sopravvivono come possono. Un’umanità
derelitta che riconosce nei quartieri più
sordidi di Londra, proprio come fece Charles Dickens, e che divenne soggetto del volume London. A Pelegrinage (1872), con il
testo di Blanchard Jerrold, un modesto
giornalista che l’accompagnò: volume di
larga fortuna che fa il paio con Le nouveau
Paris (1861) dove illustra la città sconvolta dal Barone Haussmann. La svolta versus
il paesaggio si data a dopo il 1860 quando,
consapevole della lezione di Gustave Courbet e di Alexandre Calame, perlustra la
Svizzera prima, la Scozia poi. Questi paesi
divennero scenario di acquerelli e oli, dove
la suggestione delle montagne è assai forte, giungendo a esiti sorprendenti: solo
Eugéne Viollet-le-Duc architetto e pittore
di montagne può stargli alla pari. La catastrofe sul Cervino è intensa e drammatica,
nella veduta di Loch Lomond (Scozia) ben
si vede quanto fosse stato affascinato dai
grandi inglesi Gainsborough, Constable e
Turner. Man mano, nel procedere di questa ricerca, la figura umana scompare del
tutto: c’è un sentimento religioso e un rispetto panico per la grande scena della natura, con montagne, rocce a picco, orridi.
La sua religiosità è laica, ma lo stesso vien
di pensare al cristianesimo puritano del
grande Caspar D. Friedrich. Gli ultimi anni
sono segnati dalla malattia, ma Doré, maestro ormai celebre in tutto il mondo, si misura con la scultura con esiti davvero sorprendenti protoespressionisti e protosurrealisti, che certamente il migliore Rodin
seppe studiare. La sua ultima opera fu l’illustrazione del Corvo di Edgar Allan Poe
che non poté vedere stampato: immagini
visionarie di alacre suggestione nelle quali il maestro sembra distillare il meglio della sua immaginazione romantica: forse influenzato dal suo coetaneo Manet e suggestionato da quanto ne scrisse Baudelaire.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MADRID
El Greco aveva 130 libri nella
sua biblioteca. La mostra,
organizzata con la Biblioteca
Nacional de España in
occasione del quarto
centenario della morte,
ricostruisce le sue fonti
teoriche e letterarie attraverso
i volumi inventariati dal figlio
Jorge Manuel nel 1614. Tra
questi, edizioni di Vitruvio e
Vasari con annotazioni del
maestro.
LA BIBLIOTECA DI EL GRECO
MUSEO DEL PRADO
DAL 1 APRILE
PARIGI
La mostra documenta la
passione per l’Asia dello
statista francese. Focus sul
viaggio compiuto nel 1920 per
comprendere la filosofia
orientale. Da vedere circa 800
oggetti della sua raccolta,
stampe, dipinti, maschere,
ceramiche e fotografie.
CLEMENCEAU. LA TENTAZIONE
DELL’ORIENTE
MUSÉE GUIMET
FINO AL 16 GIUGNO
MONACO DI BAVIERA
Omaggio al pittore e fotografo
tedesco, recentemente
scomparso, che ha
soggiornato a lungo a Roma.
Interessato a condurre una
ricerca sui temi dello spazio,
della materia e della storia,
Forg ha realizzato i primi
dipinti monocromatici negli
anni 70, passando poi alla
esecuzione di cicli fotografici,
incentrati sull’architettura
razionalista.
GÜNTHER FÖRG
MUSEUM BRANDHORST
FINO AL 9 GIUGNO
A CURA DI LUISA SOMAINI
a nave della Chiesa cattolica solca il mare del
mondo, scosso dalla tempesta dell’eresia. Pietro
tiene saldo il timone. Gesù, dall’alto dell’albero
maestro, benedice la folla dei buoni. I cattivi sono dispersi in acqua. In mezzo alle onde, spunta
Lutero. L’Allegoria della Chiesa trionfante, opera
(1657) del trentino Elia Maurizio, onesto mediano della
pittura barocca qui fantasista nel campo dell’iconografia, apre la mostra Arte e persuasione. La strategia delle
immagini dopo il Concilio di Trento curata da Domizio
Cattoi e Domenica Primerano al Museo Diocesano Tridentino (fino al 29 settembre).
Preceduta, come accade ormai di rado, da un lungo e
prezioso lavoro di catalogazione, ricerca e restauro (rispecchiato nell’ottimo catalogo, Tipografia Editrice Temi), la mostra racconta, per mezzo di una settantina di
quadri, libri e oggetti liturgici, la diffusione dell’arte della Controriforma in questa diocesi di frontiera, al confine con le nuove terrae infidelium protestanti. Un’arte
semplice nelle forme, oggi diremmo nazionalpopolare,
capace di impressionare, commuovere, persuadere “il
popolo poco istruito”, e rigorosa nei contenuti, teorizzati
dai padri conciliari in una delle ultime sessioni (1563),
tradotti dall’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo in
precise Istructiones per l’uso destinate a pittori, scultori, architetti e artigiani. Il Concilio assolve e rilancia l’uso
delle “sacre immagini”, contestate dai luterani. Restituisce centralità all’eucarestia: ecco un antico tabernacolo,
cuore prospettico e simbolico delle chiese rinnovate, e
una Santa Chiara del Moroni che impugna l’ostensorio
(e tanto basta perché i Saraceni fuggano da Assisi). Ribadisce il valore del Purgatorio: in una tela che ha la forza drammatica di un fumetto horror le anime espianti
soffrono ma non disperano, mentre sotto di loro, tra le
fauci di un mostro, spuntano i dannati dell’Inferno avvolti dalle fiamme eterne. Ancora, il Concilio promuove
la devozione mariana (la Madonna del Rosario di G.B.
Rovedata, grazie a lei la flotta cristiana ha sconfitto i
Turchi a Lepanto), assegna un ruolo di primattore a Giuseppe, triplice esempio di virtù cristiane (povertà, castità, obbedienza), schiera in difesa della vera Fede un
esercito di angeli e arcangeli (Michele che trafigge il Demonio, icona della mostra), esalta i martiri (Bartolomeo
scorticato, Caterina d’Alessandria decapitata), non esita a ingaggiare nella lotta perfino i mistici (Teresa d’Avila, Filippo Neri) storicamente tenuti in sospetto dalla
gerarchia perché troppo liberi e spiritualmente indisciplinati. Una sezione documenta, attraverso stampe d’epoca, le conseguenze del nuovo senso del pudore su capolavori come la Cena del Veronese e la Sistina di Michelangelo, censurati per eccesso di mondanità e nudità.
Due battesimi di Gesù mostrano come viene trattato il
corpo di Cristo prima e dopo la cura moralizzatrice: prima è seminudo, coperto solo da un perizoma, dopo è avvolto in un’abbondante tunica.
Meno famoso del Mart e del neonato Muse, il Diocesano
di Trento è un museo ricco di sorprese. Usciti dalla mostra (bella e persuasiva, anche per come è spiegata), entrate nella sala degli arazzi, commissionati nel 1542 dal
vescovo principe Bernardo Cles a un atelier fiammingo
per l’aula della cattedrale di San Vigilio destinata alle
sessioni solenni dell’imminente Concilio. Sono sette, in
seta e oro. Una Passione.
L
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il dipinto
Pittore lombardo: Madonna e santi intercedono presso la Trinità per le
anime del purgatorio (XVII secolo, part.)
la Repubblica
RCULT
DOMENICA 30 MARZO 2014
50
Straparlando
Pastore, allievo di Karl Barth
e poi teologo. Ricordi dell’uomo
che “aiuta le vite degli altri”
Paolo
Ricca
“Chi non ha fede dubita di Dio
chi crede dubita di se stesso”
ANTONIO GNOLI
LA BIOGRAFIA
Paolo Ricca
(Torre Pellice, 1936)
è un celebre teologo italiano
Attualmente insegna
come professore ospite
presso il Pontificio Ateneo
Sant’Anselmo di Roma
I
VALDESI, in fuga dalla Francia, giunsero
nella Val Pellice intorno al 1200. E lì —
grosso modo tra Cuneo e Torino — per
secoli vissero rinchiusi come in un ghetto. Perseguitati e oppressi. Vado a trovare il teologo Paolo Ricca con qualche
vaga nozione di storia. Abita nel rione
Prati di Roma, a poche decine di metri
dalla Chiesa valdese, di cui è stato un
importante ministro. Da poco ho finito
di leggere il suo libro più recente dedicato all’Ultima Cena, quella che Gesù
tenne con gli Apostoli. Mi colpisce la dedica: «Ai medici
che mi hanno curato in questi ultimi anni». Anni non facili per Ricca: «La malattia è un vortice che ti risucchia. Tende ad annullarti. Credevo di non farcela e di non essere all’altezza di quella serenità che una professione di fede ti
trasmette. Ricordo di aver pensato: è tutto molto grave.
Come andrà a finire? Non riuscivo a capirlo. Poi il lento riemergere e il tornare alla vita normale». Anche Gesù, in
quell’Ultima Cena, penso, torna alla vita e mai come in
quell’evento il corpo e lo spirito si sono intimamente mescolati. Ma al tempo stesso divisi nelle interpretazioni che
il cristianesimo darà di quell’episodio.
Professore chi ha “pagato” il conto di quella Cena?
«Non è stata una cena al ristorante. Però il conto lo abbiamo pagato un po’ tutti. Nel senso che quell’evento ha
diviso i cristiani. Mentre il pane e il vino di Gesù avrebbero dovuto unire».
È il destino lacerato del cristianesimo di cui i valdesi
fanno parte.
«La loro è una storia frastagliata. Nel Cinquecento aderirono alla riforma protestante. Calvino diede loro la confessione di fede, ma continuarono le persecuzioni. Nel
1848 la comunità ottenne i diritti civili. Solo dopo il Concilio Vaticano II i valdesi furono considerati alla stregua
delle altre confessioni».
Lei è valdese da quando?
«Da sempre. Sono nato a Torre Pellice che è il centro del
movimento valdese. La mia famiglia vi arrivò nel 1600. Si
stabilì nelle valli: luoghi spesso inaccessibili, resi ospitali
dal duro lavoro».
Un famiglia dunque contadina.
«Mio nonno, a un certo punto, emigrò a Nizza e lavorò
come portiere d’albergo. Riuscì a far studiare mio padre
da pastore. Mia madre, in origine cattolica, si convertì e
condivise con il marito il ministero».
Cosa vuol dire essere un pastore?
«Cercare davanti alla tua comunità, che spesso è fatta
di poche o tante persone, di assolvere l’insegnamento e la
predicazione».
Concretamente?
«Aiutare con rettitudine a vivere le vite degli altri. Affrontarne, con lo stessa coerenza, le gioie e i terrori, i conflitti e le speranze. Vittorio Subilia, grande teologo e mio
professore, provava una certa
allergia sentendo pronunciare la parola ”pastore”. La considerava eccessiva. Carica di
un compito sovrumano».
È così?
«È un mestiere difficilissimo, che ho esercitato per anni prima di diventare professore di teologia».
Dove lo ha svolto?
«Dal 1962 al 1965 sono stato pastore in una piccola comunità, a Forano Sabino, non
lontano da Rieti. A quel tempo
venni incaricato di seguire i lavori del Concilio Vaticano II e
scrivere un commento teologico. Poi, per circa un decennio, sono stato pastore a Torino. Erano gli anni della contestazione. La gente disertava
la chiesa. Mi chiedevo spesso
se stessi facendo bene il mio lavoro. Trovavo difficile l’accordo tra le mie parole e quelle dell’Evangelo».
Stava mettendo in discussione la sua fede?
«Non dubitavo della fede ma
di me stesso. Del fatto di non essere così sicuro di farcela».
Da dove nasce la fede?
«Non nasce dalla paura della
morte né dall’incertezza del futuro. La fede è un viaggio che non
si conclude nell’arco di una vita.
Quando inizia la fede comincia anche l’inquietudine. La fede rende inquieti ma non dubbiosi».
Che differenza c’è?
«Il dubbio è un interrogativo rivolto a Dio. L’inquietudine è dubitare di se stessi, di ciò che si sta facendo, di quale società si intenda costruire, quale eredità lasciare ai
propri figli. Da questo punto di vista, Dio diventa certezza. E non si sa perché».
Dio chiama, misteriosamente, come sperimenta Abramo.
«E lui non può che rispondere. Perché la chiamata di Dio
è più forte di tutte le obiezioni possibili».
Ammetterà che il comportamento di Abramo può essere visto come un caso di psichiatria.
«Non lo nego. In fondo, non c’è nessuna evidenza di Dio
e quindi il suo agire può effettivamente essere scambiato
non solo per quello di un folle, ma addirittura come qual-
cosa di diabolico».
La non evidenza di Dio cosa comporta?
«Che la fede è un salto. Ma non nel buio. Bensì nella parola che vince perché convince».
Siate astuti come serpenti e puri come colombe, mi pare dica Gesù. Non trova che i due piani confliggano?
«Astuzia nel senso di un’esortazione al credente a essere intelligente. Mentre la purezza è non pensare male
dell’altro».
Può la fede essere inutile?
«Non è detto che se non ci fosse la fede il mondo sarebbe peggiore. Ma neanche migliore. Gesù ha invitato i suoi
discepoli a essere servitori inutili. Quindi anche la fede
può essere inutile. Ma Dio non è inutile, la fede in lui, sì,
può esserla».
Non capisco la differenza.
la Repubblica
DOMENICA 30 MARZO 2014
Il peccato
Il silenzio
Penso alla lezione
di Bonhoeffer
“Pecca fortemente
ma ancora
più fortemente
gioisci in Cristo”
Davanti alla malattia
mi chiedevo: come
mi comporterò?
Sono stato testimone
di che cosa? Ho udito
il silenzio di Giobbe
DISEGNO
DI RICCARDO
MANNELLI
«Con la mia fede, più o meno vacillante, posso non servire a nulla. È irrilevante ciò che potrei fare. Ma Dio è l’altra possibilità. È l’altro mondo per questo mondo. L’altra
umanità per questa umanità. È necessario che non identifichi il mondo, e l’altro, con me stesso. Che non faccia di
ciò che mi circonda la proiezione del mio Io, come fossi un
piccolo Dio. Dio è utile perché è l’altro da me».
Erano le posizioni del teologo Karl Barth.
«Nella prima fase del suo pensiero effettivamente
Barth sostenne che l’Altro è Dio e non è uomo. Poi, negli
anni in cui lo conobbi, attenuò questa tesi».
Lo ha conosciuto dove?
«Seguii le sue lezioni a Basilea negli anni Cinquanta.
Barth, nonostante la grandezza dei suoi studi, fu un uomo
profondamente umile. Dotato di un’autoironia e una co-
scienza del limite che mi sorpresero. Ma il suo commento
alla Lettera ai romani è pura dinamite».
Parlando di grandi teologi protestanti non si può non
fare anche il nome di Dietrich Bonhoeffer.
«Bonhoeffer fu un luterano, mentre Barth era vicino a
Calvino e Zwingli. Entrambi però antihitleriani convinti».
Ci fu una compromissione dei protestanti con il regime
nazista?
«La Chiesa evangelica, in buona parte, si nazificò. E fu
contro l’obbedienza alle direttive del regime che, nel
1934 durante il sinodo di Barmen, nacque una Chiesa confessante che in larga parte si oppose prima ai cristiani tedeschi e successivamente alla Germania hitleriana. Fu
Karl Barth a prendere posizione contro il nazismo, e questo provocò il suo allontanamento dall’università di Got-
51
LE TAPPE
GLI STUDI
Dopo la maturità classica
a Firenze nel 1954, studia
Teologia a Roma, negli
Stati Uniti e a Basilea
dove consegue il dottorato
in teologia con una tesi
diretta da Oscar Cullmann
(nella foto) sulla Escatologia
del IV Evangelo
tinga e il rientro in Svizzera».
E Bonhoeffer?
«Cospirò contro il regime partecipando all’attentato
del 20 luglio del 1944. La bomba scoppiò ma Hitler ne uscì
quasi incolume. Bonhoeffer fu arrestato e impiccato l’anno dopo».
Era giusto che un teologo, un pastore, condividesse un
gesto di così estrema violenza?
«Bonhoeffer non ha mai rivendicato un modello di comportamento. Ha solo applicato il detto luterano: pecca fortemente ma ancora più fortemente gioisci in Cristo. Fu un
grande profeta del cristianesimo di domani che interpretò come un impegno per gli altri. Il suo insegnamento
fu per me di grande aiuto. Ho compreso cosa significhi la
pienezza della fede in un mondo secolarizzato».
Sono parole molto belle: la parola che vince perché convince, ha detto più sopra. Ma oltre la parola cosa c’è?
Con quale gesto, decisione, contenuto la riempie?
«Fin dall’inizio del mio ministero è stato il lavoro per la
pace a coinvolgermi. Ossia la predicazione della non violenza come impegno sociale e culturale».
Mi scusi, ma siamo ancora sul piano della parole.
«Le racconto una piccola storia. Conobbi anni fa e in modo del tutto casuale un monaco buddista. Era partito in
pellegrinaggio da Auschwitz e per raggiungere Hiroshima. Viaggiava solo. Lo vidi nella piazza San Pietro. Seduto in terra. Batteva il tamburo e cantava le sue litanie. Le
guardie lo allontanarono. Il monaco si spostò oltre il colonnato. Ma anche lì gli venne ingiunto di andarsene. Infastidiva i fedeli, dissero le guardie».
E cosa accadde?
«Mi avvicinai e gli dissi che se avesse voluto avrebbe potuto recitare le sue preghiere davanti alla nostra chiesa
valdese, e che lì nessuno lo avrebbe disturbato. Poi gli chiesi dove avrebbe dormito. Mi rispose che la strada era il suo
giaciglio. Lo invitai a casa. Si alzava tutte le mattine alle
sei e scendeva in strada per le sue litanie. Quasi tutto il
tempo digiunò. Solo alla fine riprese a mangiare e a bere.
E un giorno mi annunciò la partenza. Ci inchinammo in silenzio. E officiammo insieme, nella chiesa, un culto per la
pace».
Era un uomo profondamente religioso.
«Era un uomo giusto. Chiesi dove era diretto. Mi rispose sul Monte Sinai. Disse che da Bari avrebbe preso un traghetto per Patrasso. Gli domandai se lì c’era qualcuno
che lo aspettava. Sì, concluse, c’è Dio che mi aspetta. Per
un breve momento ho avuto la benedizione di affiancare quel monaco di cui nessuno sapeva nulla e a nessuno interessava. Fu una lezione straordinaria».
È una storia bella che le invidio. Ma al tempo stesso penso che occorra una grandissima fede per
credere che Dio fosse lì ad attenderlo. Quante
volte è stato detto: Dio non c’era o dov’era quando accadeva qualcosa di terribile. Dov’era Dio
quando Auschwitz esplose in tutta la sua efferata tragedia?
«Dio non è responsabile dell’accaduto e nessuno può impedirgli di essere libero».
È vero. Ma se Dio c’è e tace, è il suo silenzio che
interroghiamo e che ci opprime.
«Quel silenzio a volte l’ho subito e ripenso all’esperienza di Giobbe, segnata prima dal silenzio di Dio, e dagli amici di Giobbe che, insopportabilmente, lo giustificano. Poi, quando Dio parla, non risponde alla domanda di Giobbe: perché
colpisci un innocente e ti comporti come un Dio
ingiusto? È la fede che viene scossa. E non c’è una
spiegazione esauriente dell’infinita sofferenza
del mondo».
E nonostante ciò Giobbe continua a credere.
«La sua preghiera diventa protesta ma non negazione di Dio. Mi viene in mente il racconto di un
ebreo che, dopo la distruzione del ghetto di Varsavia, rivolge a Dio un’ultima preghiera: “Dio, hai
fatto tutto quello che potevi affinché non ti amassi più. Sono morti i miei cari, gli amici, la moglie e i figli. Tra poco
morirò anch’io. Hai provato di tutto pur di farmi perdere
la fede. Ma io ti amo lo stesso”».
Si può chiamare eroismo della fede?
«È il sovrumano nell’umano. La speranza che non muore. Davanti alla malattia mi chiedevo: come mi comporterò? Sono stato testimone di che cosa? Ho pensato agli
ultimi giorni di Bonhoeffer. Prima di essere giustiziato
tenne un culto con le poche persone con cui condivise la
cella del carcere. Era solo un rito commiserevole? Non credo. Era il modo più profondo di ristabilire la pace tra gli uomini fin dentro il sacrificio estremo della morte».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’ATTIVITÀ PASTORALE
Nel 1962 viene
consacrato pastore
della Chiesa valdese.
Ha esercitato
il ministero pastorale
presso la Chiesa valdese
di Forano (Rieti, 1962-66)
e successivamente
di Torino (1966-76)
L’UNIVERSITÀ
È docente emerito
di Storia della Chiesa
della Facoltà Valdese
di Teologia di Roma, dove
ha insegnato per molti anni
Nel 1999 l’Università
di Heidelberg gli ha
conferito la laurea
honoris causa in Teologia
LIBRI ED EDITORIA
È direttore della Collana
“M. Lutero - Opere scelte”
della Claudiana, con la
quale ha pubblicato diverse
opere, tra cui il recente
L’Ultima Cena, anzi la
Prima. Con Eva Cantarella
ha scritto I comandamenti
(Il Mulino)
la Repubblica
RCULT SPETTACOLI
DOMENICA 30 MARZO 2014
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DA
NON PERDERE
TEATRO
MUSICA
Torino e dintorni, dal 1 al 9
www.terrecomuni.eu
conto teatrale. Ecco dunque,
Banquo, l’anti-Macbeth che
nel Macbeth muore presto e
dunque si vede poco, ma
quanto basta; Calibano, il
mostro dell’isola su cui approda Prospero della Tempesta, il maggiordomo Malvolio
della Dodicesima notte, Fiordipisello che nel Sogno di una
notte di mezza estate ha una
sola battuta e Cinna, il poeta
“congiurante” nel Giulio Cesare... Visto al festival teatrale della Biennale di Venezia
dello scorso anno e a Roma, il
progetto di Crouch viene proposto al Css di Udine, dove il
5 aprile verranno presentati i
primi tre monologhi del progetto uno di seguito all’altro
sullo stesso palcoscenico.
(a.b.)
PROSA
Udine, Css, il 5 aprile, www.cssudine.it
FESTIVAL
Per bimbi e ragazzi
fiabe in scena
Si va da un Hansel e Gretel
dei Fratelli Merendoni a L’anatra, la morte e il tulipano
con il gruppo Tardito/Rendina. Si intitola “Terre comuni/Terres Communes” uno
dei più grossi progetti di teatro rivolti ai giovani e ai ragazzi e di dialogo interculturale e di cooperazione tra
Francia e Italia in corso a Torino e Pinerolo. Da vedere spettacoli e convegni per famiglie.
OPERA
La Bohème giovane
per Genova
La regia è del giovane attore
e regista Augusto Fornari, le
scene sono opera del pittore
genovese Francesco Musante, sul podio la direzione di
Giampaolo Bisanti per il nuovo allestimento di Bohème di
Giacomo Puccini. In scena
con le voci di Maite Alberola,
Alessandra Marianelli, Teodor Ilincai, Roberto De Candia, Andrea Porta e Andrea
Concetti
Genova, Carlo Felice, dal 5
www.carlofelicegenova.it
L’inglese Collon
da Adès a Ravel
Un grande drammaturgo
norvegese messo in scena da
un acclamato regista lituano. Oskara Korsunovas dirige Winter di Jon Fosse, compulsiva, spudorata ma anche
amorevole danza di morte
odierna tra un uomo sposato
e una prostituta angelicata,
due amanti.
Debutta in Italia l’inglese Nicholas Collon con l’Orchestra
di Padova e del Veneto: Three Studies from Couperin di
Adès, Le Tombeau de Couperin di Ravel, Concertino op.
29 di Busoni e Danses Concertantes di Stravinskij.
.teatrodelgiglio.it
PROSA
Macbeth rivisto
dalla “strega” Curino
Milano, Piccolo T. dal 2 aprile
www.piccoloteatro.org
I figli minori
di Mr. Shakespeare
DANZA
L’idea di scomporre i capolavori di Shakespeare, raccontandone la trama ma con il
punto di vista dei personaggi
solitamente secondari, magari anche con qualche battuta in più di quella che il Bardo
mise loro in bocca, può sembrare banale. Ma in questo
caso l’autore è Tim Crouch
uno dei più bravi del teatro
inglese contemporaneo. La
compagnia del regista Fabrizio Arcuri ha lavorato su I
Shakespeare di Crouch prendendolo come l’occasione per
indagare sulle forme del rac-
Padova, Auditorium Pollini, il 3
www.opvorchestra.it
Sulle orme di Pina
“Jessica and me”
Si intitola Jessica and me il
nuovo spettacolo di Cristiana
Morganti, danzatrice italiana
del Tanztheater di Pina Bausch coprodotto dalla Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e
dal Funaro dove va in scena.
Dopo Moving with Pina, Morganti affronta il tema della memoria, delle radici e delle eredità.
Pistoia, Il Funaro, 4-5 aprile
www.ilfunaro.org
ELETTRONICA
Whomadewho, dance
che arriva dal freddo
L’electro dance arriva dal Nord
Europa: dalla Francia dei Daft
Punk e dei Phoenix, ma anche
dalla Danimarca del terzetto
danese dei WhoMadeWho. La
band di Copenaghen arriva per
presentare la sua caratteristica
miscela di dance, rock e funk. E
per suonare i brani del loro
nuovo e quarto album Dreams,
uscito all’inizio di marzo.
La storia di Macbeth raccontata dal punto di vista delle streghe che diventano tutti i personaggi.Shakespeare, streghe, ribelli e altre passioni è lo
spettacolo di Laura Curino e
Lucio Dianacon la stessa Laura Curino, Mariamaddalena
Gessi, Matthieu Pastore scritto montando testi shakespeariano con quelli di altri autori.
PROGETTO
Milano, il 5 aprile, Circolo Magnolia;
Foligno (Pg), il 6, Serendipity; Roma, il
7, Auditorium Parco della Musica;
Bologna, l’8, Estragon; Padova, il 9,
Circolo Mame; notwist.com
NOVECENTO
L’angelo di Jon Fosse
è una prostituta
Lucca,T.SanGirolamo,oggi
www
mi ossessivi. Le continue sperimentazioni sonore hanno
condotto i quattro musicisti
bavaresi (i fratelli Marcus e
Micha Acher, rispettivamente chitarra e basso, il tastierista Martin Gretschmann e il
batterista Martin Meserschmidt) lungo un percorso che,
in 25 anni, partendo dal post
hardcore degli esordi è passato attraverso il rock alternativo, per comprendere in
maniera sempre più convinta elementi sintetici. Tra romanticismo ed elettronica,
tra pop e ritmo.
(carlo moretti)
Ultimo giorno di scuola in un malandato
istituto tecnico della periferia romana,
riunione dei docenti, flashback sulle vicende strampalate, i rancori, i retroscena animati e incompresi di tutto l’anno
scolastico, con vaga resa dei conti tra visioni di una scuola di classe e orientamenti d’una educazione selettiva. Dopo
il debutto in scena nel 1992 di Sottobanco tratto dai romanzi di Domenico Starnone, dopo il film La scuola che lo stesso
regista dello spettacolo, Daniele Luchetti, diresse nel 1995, il protagonista di alRoma, A. Jovinelli, dal 3
lora sia a teatro che al cinema Silvio Orwww.ambrajovinelli,org
lando torna a giocare quella carta sociale ed è ancora una volta il professore di
Italiano della pièce La scuola edizione 2014, prossima a debuttare all’Ambra Jovinelli di Roma, con Marina Massironi, Roberto Citran e altri interpreti “dipendenti dal Ministero dell’Istruzione”. Regista anche in questo caso è Daniele Luchetti.
(r.d.g.)
RIPRESE
ORLANDO
RISALE
IN
CATTEDRA
ROCK
Milano, stasera, Tunnel Club;
www.whomadewho.dk
Elettro-romantici
arrivano i Notwist
ELETTRONICA
I tedeschi Notwist sono una
delle band più influenti del
panorama elettronico internazionale. Un universo sonoro dai tratti inconfondibili,
sintesi di diverse influenze,
dal pop sintetico degli anni
80 al rock alternativo, alla
musica contemporanea. Le
cinque date in cui vengono a
presentare il nuovo album
Close to the glass, pubblicato
quest’anno dall’etichetta
City Slang, sono appuntamenti da non perdere per gli
appassionati delle melodie
sorrette da elettronica e rit-
L’ambient dei Mùm
è realtà che stupisce
Brulicanti colonne sonore
per schegge di vita contemporanea le canzoni degli
islandesi Mùm catturano i
suoni che ci circondano rendendoceli con meraviglia.
Tra sintetizzatori, campionamenti d’ambiente, basso,
chitarre e fisarmonica.
Roncade (Tv), il 3, New age club;
Ravenna, il 4, Bronson; Roma, il 5,
Auditorium Parco della Musica;
Milano, il 6, Circolo Magnolia; mum.is
RECENSIONI TEATRO
TEATRO
RISCRITTURE
TEATRO
SCHINDLER
RIVIVE NEL
VOLTO DI
GIUFFRÉ
GREGOR
SAMSA
L’INSETTO
DISABILE
LAMPEDUSA
LINA PROSA
RACCONTA
I NAUFRAGI
È un manifestarsi che induce a
profondo rispetto, il volto decano impietrito, la coscienza antieroica e la voce alienata di cui è
capace Carlo Giuffrè a 85 anni,
dopo tanto teatro “autorevole”
e rincuorante. A rivelarci un’inquieta flemma è il suo impersonare un sogno in extremis di
Oskar Schindler (morto a 66
anni), l’imprenditore tedesco
“La lista...”, Roma, Piccolo che, come insegna il film di
Eliseo, fino a oggi (tournée)
Spielberg, salvò 1200 ebrei a
Cracovia convertendoli in capitale umano nella sua fabbrica.
Ottima la sintonia col figlio
Francesco Giuffrè che ha diretto e strutturato La lista di
Schindler dal libro di Thomas Keneally, infittendo
(anche troppo) un processo alla memoria, col contabile fedele, il nazista insidioso e la moglie-fantasma
di Schindler. Ambiente fatto di mucchi di scarpe,
abiti e valigie. Il viso stanco di Giuffrè padre è tutto.
(rodolfo di giammarco)
Gregor Samsa, l’uomo che
Kafka volle improvvisamente
trasformato in insetto, è riscritto dal regista (e interprete) Luca Micheletti come disabile, un essere che oscilla —
nelle parole della madre (in
scena Laura Curino) — tra il
“dis-utile” e il “trasformato”.
La Metamorfosi dello scrittore praghese, in questa produ“La Metamorfosi” Modena, zione dello Stabile di Brescia
fino a oggi
insieme a Fondazione ERT e
nella drammaturgia dello
stesso Micheletti, è la storia di
una disabilità non chiarita
nelle sue cause, rifiutata. E’ la
storia di un corpo ingombrante, è la storia dei rapporti di forza che legano le relazioni umane, familiari. Oltre a Gregor e alla madre, il padre prima debole poi tiranno (Dario Cantarelli), e la sorella, materna poi traditrice (Claudia Scaravonati). Tutti eccellenti.
(francesca parisini)
Il mare è innocente, parola di
naufraga. Così come è innocente quella frontiera d’acqua che è Lampedusa beach.
Mentre s’inabissa nell’isola
sognata, Shauba trova una lucida rabbia che le fa lanciare
appelli ai capi di Stato e a chiedere simbolico asilo. Dopo
due edizioni francesi, il monologo di Lina Prosa parla la sua
“Lampedusa beach”, PA
lingua in una versione diretta
Biondo, fino al 18 maggio
dalla stessa autrice. Protagonista è Elisa Lucarelli, brava a
non sconfinare nel patetico e
a restituire ingenuità e disillusioni di una ragazza che insegue un Capitalismo da cartolina. Sulla pedana inclinata di Paolo Calafiore, che
evoca il fondo lercio di una barca, Shauba racconta
i corpi accalcati, la ferocia degli scafisti, lo stupro,
il naufragio, le ultime riserve d’aria, il bacio di un
pesce come ultimo atto d’amore.
(mario di caro)
la Repubblica
DOMENICA 30 MARZO 2014
SI PUO’ PERDERE
DA EVITARE
SI PUO’ VEDERE
DA VEDERE
DA NON MANCARE
INDIMENTICABILE
CLASSICA
DISCHI
& DVD
GINO
CASTALDO
RUSSIAN FAUST
C’è qualcosa di sfavillante e
mondano, epigonico e
misurato nelle due Sonate
per pianoforte di
Rachmaninov. L’interprete
ne dà conto con virtuosistica
e adescante identificazione
di suono e di umori.
12 YEARS A SLAVE
Il pluripremiato film
vanta anche una superba
colonna sonora, tra
rimembranze rurali,
gospel, ritmi di lavoro e
struggenti invocazioni, un
viaggio nel viaggio che si
trasforma in un grande
omaggio alla musica
afroamericana.
AUTORI VARI
Al Parenti di Milano.Andrée Ruth Shammah mette in scena
“Gli innamorati” ricordando Strehler. E Timi studia “Skianto”
ANNA BANDETTINI
dello spettacolo c’è il
luogo: il teatro Franco Parenti di Milano, con soluzioni spaziali non convenzionali — a partire dal grande
foyer di legno su cui si affaccia una balconata — sempre
affollato; una multisala che ha svolto un ruolo di rivitalizzazione nella cultura della città,
aprendo ad altre tradizioni teatrali. Una cosa simile, Andrée Ruth Shammah, direttrice
e regista storica del Parenti, l’ha fatta ora con
un lavoro di radicamento e tradimento della memoria storica del suo teatro. Lo spettacolo è Gli Innamorati di Goldoni, interessante perché trova un punto di equilibrio tra
un testo e una regia classica, l’evidente debito al teatro di Strehler (i costumi bianchi o
P
RIMA
crema, i colori acquerello, il gusto settecentesco, le candele, le lucine in proscenio come nell’Arlecchino...) e gli stimoli di un teatro più contemporaneo nella voglia di rompere con quelle convenzioni, di giocare con
una recitazione “quotidiana” e col “teatro
nel teatro”, con un personaggio che è Goldoni e sta seduto in sala, gli attori che ogni
tanto escono dai ruoli e parlano al pubblico... Il quale pubblico c’entra, perché quello
che c’è in scena lo riguarda.
C’è una ragazza, Eugenia, di aristocrazia
spiantata, e c’è il giovane e ricco Fulgenzio: entrambi sono innamorati, ma lei sopraffatta dalle
sue ragioni tutte emotive, lui fragile. Dunque
non fanno che litigare, specie sul pretesto che lui
sia segretamente preso dalla cognata Clorinda.
Ci sono scenate, lei lo riempie di pugni sul petto,
lui minaccia di accoltellarsi, e intorno uno zio
senza soldi, la saggia sorella di Eugenia, un con-
ROCK
POP
& JAZZ
ANGELO
FOLETTO
A. ROMANOVSKY, PF. –
CD DECCA
C’è Goldoni
giù in platea
per godersi
il gioco amoroso
53
te pretenzioso e i pazienti servi. Tutto avviene sul
palcoscenico nudo, i muri del teatro a vista, solo
un grande tappeto liso per il “decaduto” salone,
con i costumi sugli appendiabiti che Gian Maurizio Fercioni, scenografo da sempre del Parenti
(ci sono altri collaboratori storici come Gigi Saccomandi per le luci, e altri più recenti come Vitaliano Trevisan che ha lavorato bene sulla drammaturgia del testo, Michele Tadini per le musiche) fa muovere come fossero pareti. Più che un
ambiente è un clima psicologico: ondivago, indeciso, dove l’incertezza della realtà è l’incostanza del sentimento perché le persone più che
dall’amore, sono agitate da timore, vanità, sospetto, tormento.
La pietanza di Goldoni è velenosa e Shammah
ce la offre con allegria, con gioco, come a dirci che
in fondo va ingoiata senza piangersi addosso. E
la asseconda un buon cast, che gioca a fare la
compagnia di guitti: Marina Rocco, spigliata
protagonista, e poi Matteo De Blasio — Fulgenzio, Silvia Giulia Mendola, Umberto Petranca,
Elena Lietti, Alberto Mancioppi, Roberto Laureri, Andrea Soffiantini, molti della compagnia di
Filippo Timi che c’entra, perché nelle stesse repliche e sullo stesso palco si può vedere a seguire Skianto, il suo nuovo lavoro. E’ un ritorno alle
origini del bellissimo La vita bestia che molti anni fa lo rivelò, di cui si parlerà al vero debutto in
autunno, ora è uno studio. Un monologo in italiano misto umbro con le canzoni di e con Andrea
Di Donna, che entra nella vita di un ragazzino
handicappato il quale sogna di uscire dal corpoprigione. E il ragazzino si chiama Filippo Timi.
GLI INNAMORATI
Di Carlo Goldoni
Regia A. Ruth Shammah. Con Marina
Rocco e Matteo De Blasio, Alberto
Mancioppi,Umberto Petranca, Andrea
Soffiantini Milano, T. Franco Parenti
fino al 16 aprile
EUGENE ONEGIN
Ben cantato, ben diretto,
elegantemente in scena,
fastosamente ripreso (a
scopi cine-televisivi) ma
non funziona né cattura.
La fattura segrega
l’interpretazione.
occasione mancata, alla
fine
A. NETREBKO/M.
KWIECIEN/P.
BIECZALA/V.
GERGIEV/D. WARNER —
2 DVD DG
SO FAR, SO CLOSE
Il nome del gruppo
(“Incoerente duo”) duplica
il titolo: antologia barocca,
con violino in stile e
“continuo” suonato dalla
fisarmonica. Strabismo
timbrico senza sfregi
musicali. Anzi.
– SONY
OPS
Avventurosa, come
sempre, mai scontata,
ancora una volta Nada
scava in ombre
imprevedibili della sua
ispirazione. «Occupo
poco spazio», dice, ma è
uno spazio prezioso,
appartato,
rigorosamente lontano
dalla falsità dello show
business.
NADA – LOCUSTA
CHECKPOINT
Il gruppo ruota intorno al
magico clarinetto di
David Krakauer,
americano in cerca delle
sue europee origini
ebraiche. Il viaggio è
affascinante, brillante,
gustosamente ironico,
ricco di musica arguta.
KRAKAUER’S ANCESTRAL
GROOVE — R ICO
A.TAMPIERI, VL./
D.DELLAROLE
FISARMONICA – CD
ANCHOR
RECENSIONI MUSICA
OPERA
NOVECENTO
OPERA
BELCANTO
ITALIANO
NELLE VOCI
DI BIZET
MESSAGGIO
DI BRITTEN
CONTRO
LA GUERRA
LE PENE
D’AMORE
SECONDO
HENZE
Les pêcheurs de perles di
Georges Bizet parlano italiano. Non nella pelle esteriore
della parola bensì nel canto: la
voce morbidissima di Léila nasconde le melodie «lunghe
lunghe» di Bellini, mentre nelle delicate espansioni liriche
di Nadir si rispecchia il melos
«patetico» di Donizetti. Sono
proprio le ascendenze belcan“Les pêcheurs des perles”, tistiche della scrittura vocale
Parma, T. Regio, fino al 6
di Bizet il perno della concertazione di Patrick Fournillier,
il vertice più acuto del nuovo
allestimento offerto dal Regio
di Parma. I solisti di canto,
purtroppo, lo ascoltano soltanto a metà: Nino Machadze (Léila) e Dmitry
Korchak (Nadir) hanno in testa il modello dell’opéra lyrique francese. E solo Vincenzo Taormina
(Zurga) risale alle fonti del canto «italiano». Lo
spettacolo realistico è firmato da Fabio Sparvoli.
(guido barbieri)
Nel 1962 il War Requiem di
Britten a qualcuno parve inattuale per il linguaggio musicale non ideologico né d’avanguardia. Pacifismo e antimilitarismo ispirarono una musica frugale ma effettistica,
acre ma “antica”. Al di là delle
spietate esplosioni nel “Dies
irae”, del War Requiem ferisce il tono sognante delle voci
“War Requiem”, Milano
conclusive: preghiera orfana
Auditorium, fino a oggi
di sollievo religioso, intossicata dallo strazio rabbioso dei
versi di Wilfred Owen. La coscienza di un obiettore come
Britten fu, sanguina evocando
la guerra; la sensualità dolce e
atroce della musica la conforta. All’interpretazione affidabile di Zhan Xian con la “Verdi” scarseggiano prestanza e mordente. Nella parte del tenore un eccellente Mirko Guadagnini, con altre due
voci di livello: Joseph Lattanzi e Othalie Graham.
(angelo foletto)
Il teatro di Hans Werner Henze è, insieme con quello di
Britten, il più grande teatro
musicale del secondo Novecento. Il libretto dell’Elegia
per giovani amanti è stato
scritto, poi, dal grande poeta
inglese W. H. Auden, insieme
al suo amico Chester Kallman.
E’ un dramma dell’incomprensione e della solitudine, e
Venezia, Teatro La Fenice
del tempo che scorre inutilfino al 6 aprile
mente senza sanare le ferite
dei distacchi e delle perdite,
ma è, anche, l’analisi del rancore che suscita negli altri un
amore corrisposto. Lo spettacolo veneziano ottenne nel
2005 il Premio Abbiati. Giustamente. Regia di Pier
Luigi Pizzi. Ma qui, ripresa da Massimo Gasparon,
rivive per la concertazione lucidissima, nitidissima e intensa di Jonathan Webb. Splendido il cast
sulla scena. Precisa ed espressiva l’orchestra.
(dino villatico)
la Repubblica
RCULT
DOMENICA 30 MARZO 2014
54
LA
POESIA
Il protagonista di questi versi vive una
DEL
doppia sconfitta. Una pubblica perché
MONDO
non si lascia coinvolgere dalla politica. E una privata perché cercando
soddisfazione nel sesso
non domina gli eventi. Il risultato
è un senso di smarrimento
De Angelis
il fragile
destino
di un amore
WALTER SITI
DISEGNO DI MANUELE FIORE
MILO DE ANGELIS
Un perdente
da Somiglianze
1973
Fuori c’è la storia,
le classi che lottano.
Cosa fare dunque una volta per tutte
rifiutando il mondo
accettandolo al mattino
(“Era vero, sai, era profondo
il litigio con lei. Ma c’era un solo letto
e prevalsero i corpi”).
C’erano i confini
biologici e le grandi leggi del profitto.
Perciò inventò gli dei e l’interiore.
Alla sera, durante l’erezione
pretese anche un destino
(“dove sei stata
per tutta la mia vita ?”).
UANDO nel 1976 uscì Somi-
Q
glianze (la raccolta a cui
questo testo del ‘73 appartiene) ricordo di aver provato un senso di liberazione: nei dieci anni precedenti la poesia in Italia
aveva rischiato il soffocamento. Prima la neoavanguardia l’aveva spolpata e razionalizzata, poi l’aveva colpevolizzata il Sessantotto; i due poeti forse più in vista, Montale e Pasolini, per motivi diversi avevano smontato
i loro versi con ironia o con rabbia. L’impegno politico sembrava così urgente che perder fiato e intelligenza con la poesia era roba
da vergognarsi come di un passatempo per
reazionari. (Solo un’antologia di Cordelli e
L’autore ha letto
gli ermetici italiani
e poi Bonnefoy e Char
Ma il lessico
dell’ideologia
comunista è lì che preme
L’AUTORE
Milo De Angelis
(Milano, 1951) è un
poeta e traduttore.
Ha fondato e diretto
la rivista Niebo.
Nel 2005 ha vinto
il Premio Viareggio
Berardinelli, l’anno prima, aveva lasciato intravedere un fermento). E invece ecco, un
poeta venticinquenne era lì, con una voce
sua e con testi che nonostante il titolo non
somigliavano a nessuno, che non si abbandonavano alla futile orgia del metalinguaggio e non si prendevano tartufescamente
sottogamba; che si spingevano al sublime
della lirica usando le parole di tutti i giorni.
Dunque si poteva ancora fare?
Quel venticinquenne poi, a guardar bene,
era meno alieno di quel che sembrasse; aveva letto gli ermetici italiani e i francesi, Char
e Bonnefoy; durante il liceo a Milano aveva
avuto come professore Francesco Leonetti,
poeta marxista e engagé quant’altri mai
(portando all’esame di maturità il libretto
rosso di Mao); Leonetti gli aveva presentato
Franco Fortini, eretico della sinistra, mae-
stro di dubbi e di forme chiuse. Il lessico dell’ideologia comunista è lì che preme: «le
classi che lottano», «le grandi leggi del profitto» — il protagonista si definisce un perdente perché lascia queste cose fuori dalla finestra. Preferisce il privato, la blanda soddisfazione del sesso: con la ragazza si litiga,
sinceramente, per cose che sembrano importanti, poi se c’è un solo letto si sa come va
a finire. Ma perde pure nel privato, perché
non domina la situazione: lui che vorrebbe
essere stratega e definitivo (“cosa fare” risente del “che fare” leninista, “una volta per
tutte” richiama l’amato Pavese che definiva
il mito «lo schema di un fatto avvenuto una
volta per tutte» — e forse anche un recente titolo fortiniano, Una volta per sempre), lui rifiuta il mondo per accettarlo la mattina dopo. Non sa diventare mitico, contrapporre
agli adulti ideologi una propria certezza.
Il presente assoluto si trasforma in un imperfetto narrativo, ed è nelle minuzie degli
episodi quotidiani che la fragilità esistenziale si manifesta. È troppo duro accettare, oltre alle leggi economiche, anche i limiti biologici e la morte. Così il doppio perdente si
inventa la religione e l’interiorità: non come
i grandi, come Freud o Kierkegaard, che ne
scoprono le leggi, ma come ripiego e sotterfugio psicologico. Durante l’erezione, sorpreso al vivo della debolezza animale, pretende di trasfigurare il sesso in amore e addirittura in destino (ancora Pavese e la sua
idea triste che i poeti “riducono a destino”,
cioè a simbolo, la potenza selvaggia della vita). Sceglie una frase che dovrebbe impressionare la ragazza: una frase che De Angelis
ripeterà seriamente, vent’anni dopo, in Cartina muta e in Scavalcamento ventrale, due
poesie di memoria e d’amore dedicate alla
saltatrice e poetessa Nadia Campana; ma
qui la frase non nasconde la propria origine
sentimentale e pop («dove siete stata per tutta la mia vita?», chiede William Holden alla
Hepburn in Sabrina, ballando cheek-tocheek).
Smarrimento di un giovane che sa a che
cosa opporsi ma non sa ancora come, eppure non si nasconde dietro l’alibi della tradizione retorica; la sua musica è elementare.
Versi liberi ma sicuri nell’andare a capo, ogni
verso uno snodo; qualche rima quasi casuale (mondo/profondo; mattino/destino),
grumi di consonanti a fine verso (lottano —
tutte — letto — profitto); perfino un endecasillabo e settenario regolari nel sottofinale;
come segno di una necessità che si impone
contro l’inerzia della prosa. I frammenti di
discorso diretto tra parentesi, che sono una
sua sigla in tutto il libro, si ispirano forse a Su
fondamenti invisibili, il libro di Luzi del
1971; ma in Luzi le frasi tra virgolette erano
oracolari, un dialogo coi morti: qui è piuttosto un dialogo con la stupidità, schegge rubate al vero a cui concedere pietosamente la
chance di diventare significative.
Tutto il libro è teso sul discrimine tra insignificanza e decisione, tra capire e accadere;
c’è l’ossessione del kairòs, dell’attimo che
Il presente assoluto
si trasforma
in un imperfetto narrativo.
Ed è nelle minuzie
quotidiane che trapela
la debolezza esistenziale
passato quello si ricade nell’impotenza
(«Forse è ora, è quasi ora./ La guarda, chiude
gli occhi, sbaglia»). Ma insieme si insiste sul
diaframma che impedisce all’azione di
compiersi, che «divide il pugnale/ dal gesto»). De Angelis interpreterà questo divario
come distanza tra il contingente e il metafisico, la sua poesia si farà più consapevolmente tragica (poesia dell’agonismo e del
vuoto) e sarà imitata da molti. Io preferisco
fotografarla qui, nella confusione di un perdente che in modo paradossale interpreta la
stagione politica: quegli anni Settanta che
sono gli ultimi in Italia in cui l’azione radicale sia parsa ancora possibile. Tra la tentazione di rifugiarsi nel privato per disertare dal
pubblico, e quella di rifugiarsi nel pubblico
per disertare dal privato.
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la Repubblica
DOMENICA 30 MARZO 2014
56
Le Mostre
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DI REPUBBLICA
Una rassegna a Vercelli documenta il lavoro
del pittore dagli esordi al 1922 e le suggestioni
che gli ispirarono le usanze di antiche etnie
Kandinsky
lo sciamano
La luce che viene
dall’alba del mondo
LEA MATTARELLA
N
el 1889 Wassily Kandinsky è un
giovane studioso di Economia politica che partecipa a una spedizione in Volodga, nel Nord della Russia per studiare il diritto e le usanze dei popoli sirieni, una piccola etnia delle nazioni komi. «È stato qui –
dirà tempo dopo – che imparai per la prima volta a guardare un quadro
non solamente dall’esterno, ma ad entrarvi, a muovermi in giro con esso e a mescolarmi con la sua vita. Mi accadde di entrare in una stanza; e
ancora ricordo come me ne stetti affascinato sulla soglia a guardare dentro. Davanti a me stava un tavolo, delle panche e una grande, magnifica
stufa. Le credenze e le dispense erano ravvivate con molti colori disposti disordinatamente. Ovunque sulle pareti erano appese stampe rustiche che raccontavano vividamente di battaglie, di un leggendario cavaliere, di una canzone, tutte rese attraverso i colori. In un angolo c’erano molte icone che mandavano scuri bagliori e davanti a esse al tempo stesso fiera e misteriosa, emanando un caldo scintillio di stelle, pendeva una lampada per immagini. Quando finalmente attraversai la soglia fu come se entrassi in un dipinto e ne diventassi parte».
L’ARTISTA
Un’immagine
di Wassily
Kandinsky
A destra,
Chiesa rossa
(1901-1903) e
Amazzoni con
leoni azzurri
(1918)
Tutta la sua pittura successiva, da quando nel 1896, trentenne, si trasferisce a Monaco
deciso ad abbandonare la precedente carriera per dipingere,
sarà un modo per rivivere e far
vivere allo spettatore quella
stessa emozione. Trascinando
chi guarda all’interno del quadro, risucchiandone lo spirito,
avvolgendolo di forme e colori
che, pur partendo dalla realtà,
se ne allontanano acquistando
un’affascinante libertà, irrazionale e misteriosa.
La mostra «Kandinsky, l’artista come sciamano», curata da
Eugenia Petrovna, aperta all’Arca di Vercelli dal 29 marzo al
6 luglio, accompagnata da un
catalogo GAmm Giunti con
scritti della curatrice, di Francesco Paolo Campione e dello
stesso Kandinsky, ha come
punto di partenza proprio quel
viaggio alla scoperta delle
usanze, ma anche della spiritualità primitiva dei popoli komi. È lo stesso artista ad affermare di aver creduto che il tempo che precedeva la sua decisione di diventare pittore fosse
stato perso e di essersi invece
successivamente reso conto
che in realtà in lui si «erano accumulate molte cose».
L’arco temporale in cui questa
rassegna ci conduce è quello che
vede Kandinsky dagli esordi al
1922, anno in cui lascia per sempre la sua terra, dove era tornato
allo scoppio della Prima guerra
mondiale, perché ben presto capisce che lì non c’è posto per i suoi
gialli capaci di generare energia
ma adatti solo per la superficie,
per l’azzurro che «più è profondo
e più richiama l’idea di infinito,
suscitando la nostalgia e la purezza del soprannaturale», per la
forza assertiva del rosso e la «tristezza struggente del nero».
Mentre il regime sovietico esalta
il realismo socialista, Kandinsky
torna in Germania dove insegna
al Bauhaus. Ma, inseguito da una
nuova dittatura che chiude la
scuola di Gropius e bolla la sua
pittura come degenerata, l’arti-
sta si trasferisce in Francia dove
morirà nel 1944. E tutta la vita
continuerà a sentire l’eco delle
cupole dorate, delle trojke, dell’arte popolare, del folklore, della
letteratura e della musica della
sua Russia, sempre rievocata nei
suoi dipinti.
Per far comprendere visivamente lo stretto rapporto che lega l’anima del pittore a quella,
precedente, dello studioso di usi
ed economie di popoli diversi, l’esposizione di Vercelli raccoglie
accanto a un nucleo di opere di
Kandinsky che provengono dai
più importanti musei russi, alcuni oggetti collegati alla tradizione dello sciamanesimo e del folklore russo: bastoni, tamburi, abiti da cerimonia, elementi rituali,
INFORMAZIONI UTILI
«Wassily Kandisky. L’artista come sciamano» dal 29 marzo al 6 luglio
all’Arca di Vercelli. La mostra è curata da Eugenia Petrova e promossa
dalla Città di Vercelli, organizzata da Giunti Arte col patrocinio della
Regione Piemonte, il contributo della Provincia di Vercelli, di
Biverbanca e della Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli. Orari: tutti
i giorni 10-20. Catalogo GAmm Giunti. Informazioni: Tel. 0161.040035
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I viaggi in Siberia
cercando colori
fatti di spirito
Da giovane l’artista fece esperienze
da etnologo e imparò che il disegno
non è una geometria senz’anima
MARINO NIOLA
S
CIAMANI si nasce o si diventa? Per un verso
si nasce, perché solo chi viene al mondo col
dono della visione può aspirare alla carriera sciamanica. Per l’altro verso si diventa,
perché se non c’è la chiamata dall’alto quel dono
rimane in incubazione senza mai attivarsi. E quando gli spiriti scelgono il predestinato non c’è verso
di sottrarsi all’appello. Che spesso si manifesta come una malattia allucinatoria, una febbre estatica che altera il corpo e la mente. Ma in cambio spalanca le porte di una percezione soprannaturale.
Da allora lo sciamano acquista il potere di conoscere le verità nascoste agli individui normali. Egli
è per antonomasia l’uomo che sa. Proprio questo
significa la parola saman, nelle lingue dell’Asia
centrale e Nord Orientale, dalla Siberia alla Cina
fino alla Corea, dove lo sciamanesimo è doc. Al punto che due sciamane sudcoreane sono state iscritte nel catalogo dei beni culturali del loro paese.
Dopo la sua crisi iniziatica questo illuminato delle steppe diventa capace di uscire da sé come e
quando vuole, di viaggiare in spirito, volare, discendere nelle profondità della terra. E di trasformarsi in uccello per ingaggiare battaglie aeree
con le potenze maligne che fanno ammalare gli uomini. Proprio perché ha sperimentato su di sé l’alterazione della coscienza, ogni saman sa come
guarire quelle che noi chiameremmo malattie
mentali. È lui che restituisce la ragione a chi l’ha
perduta, attraversando i cieli per andare a ripren-
“Saman” in molte lingue asiatiche
vuol dire “l’uomo che sa”
contenitori, stampe. Una di queste, attribuita alla bottega di Vasil’ev intitolata Canzone “Non mi
sgridare mia cara” e datata
1884, sembra proprio una di
quelle ricordate da Kandinsky
nella sua evocazione di storie di
leggendari cavalieri e di canzoni
cromaticamente accese.
Il cavaliere si colora di azzurro
a Monaco, mentre Kandinsky indica la via dello Spirituale nell’arte, come chiama il suo libro
uscito nel 1911. E per sottrarre la
pittura all’imitazione della
realtà investendola di una nuova
forza profetica, l’unica strada
possibile è quella dell’astrazione, di un mondo di forme e colori
che esistono parallelamente a
ciò che siamo abituati a vedere.
Così ci si libera dalla dittatura
della ragione di stampo positivista per «educare l’anima oltre lo
sguardo». «L’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che toccando questo o quel tasto fa vibrare l’anima», diceva. Nella secolare contrapposizione tra spirito e materia Kandinsky sta decisamente
dalla parte del primo. E Der Blaue
Reiter, il cavaliere azzurro, movimento che fonda in quel leggendario ’11 con Franz Marc,
chiarisce subito che per lui l’elemento irrazionale, quel soffio salvifico che irrora di nuova energia
l’arte moderna, arriva anche dalle culture primitive, da mondi
sconosciuti. Nell’almanacco
pubblicato nel 1912 accanto alle
opere di Picasso, Matisse, El Greco, Cézanne compaiono le sculture lignee della Nuova Caledonia, le pitture giapponesi, l’arte
popolare russa, i tessuti dell’Alaska, i disegni dei bambini e dei
folli. Lo sciamanesimo in questi
anni monacensi è accompagnato dalla scoperta della teosofia di
Helena Blavatsky e di Rudolf
Steiner che gli suggeriscono che
in natura si attraversa una via
che va dalla materia allo spirito,
un continuo processo dall’oscurità all’illuminazione. Kandinsky traduce tutto questo nel suo
meraviglioso linguaggio pittorico. San Giorgio, il cavaliere che
uccide il drago, è evocato con stesure di colore vibrante rosso e
blu, la sua lancia è un fulmine di
luce. La macchia nera (qui efficacemente messa in relazione con i
tamburi sciamanici) troverà la
sua armonia cosmica con l’alone
di giallo, di rosa, di blu che la circondano. I capolavori di Kandinsky di questi anni sono viaggi tra
forme e colori dove spesso si affacciano, stilizzati, cupole, barche con rematori, trombe, arcangeli, cagnolini, amanti abbracciati, carrozze, falci, serpenti, e
cavalieri. Nel 1918 realizza alcune opere in cui torna la figura sognante e semplificata delle fiabe
che lo avevano tanto influenzato
all’inizio. Ma questa volta in paesaggi reinventati: stesure cromatiche scaturite da un’emotività che affiora senza sosta. «La
creazione di un’opera è la creazione di un mondo», diceva Kandinsky. E ognuno di questi quadri ha la potenza infinita di un piccolo cosmo irripetibile.
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LE OPERE
Dall’alto, Secondo schizzo per
quadro con bordo bianco
(1913), Muro rosso (1909),
un Grembiule sciamanico
e due tamburi sciamanici
(prima metà del ’900)
dere il senno delle persone. Né più né meno di quello che fa il prode Astolfo nell’Orlando Furioso,
quando vola sulla luna a recuperare la materia grigia dell’eroe di Roncisvalle, impazzito per amore
di Angelica.
E la trance diventa la dimensione che mette
questo performer del soprannaturale in comunicazione con gli altri mondi, ne fa un’interfaccia con
gli dei e con le forze della natura. In quel momento il prediletto degli spiriti non è né di qua né di là.
Né vivo né morto. Il suo corpo è presente, mentre
il suo doppio immateriale è in missione. Una sorta
di stand by rituale che lo sciamano innesca assumendo funghi allucinogeni che gli fanno letteralmente fare un trip. Un sogno a occhi aperti nel corso del quale l’illuminato racconta ad alta voce quel
che sta vedendo. E recita in una metrica ispirata qualcosa di simile a un Cunto da cantastorie siciliano - la cronaca delle sue battaglie contro i demoni, ritenuti responsabili di carestie e malattie.
E la suggestione di quella narrazione è tale da produrre effetti che per noi sono ai confini della realtà.
E soprattutto ai confini tra magia, psicanalisi e arte. Di fatto gli sciamani sono degli artisti, specialisti della visione, di casa nel sogno. Tant’è che i loro strumenti - la musica, il disegno, la pittura, il
canto - vengono considerati potenti in quanto esteticamente forti. Muovono e commuovono perché
sono dettati da un’ispirazione superiore e fanno
apparire per incanto la trama nascosta della
realtà. Come dire la bellezza che cura. E se gli sciamani sono gli artisti di quelle società, gli artisti sono gli sciamani della nostra società. Gli uni e gli altri sperimentano il tormento e l’estasi. Entrambi
sono visitati dal genio. E il loro travaglio creativo
non è una scelta, ma una necessità. Quasi una malattia.
Come nel caso di personalità vibranti quali Joseph Beuys e Wassily Kandinsky. Il primo scampato alla morte durante la guerra grazie alle cure
dei guaritori Tartari. Il secondo profondamente
segnato in gioventù dalle sue esperienze di etnologo in Siberia. Dove andò a scuola dagli sciamani
e imparò che forme e colori hanno uno spirito. Che
non è quello che appare a prima vista. Perché punto, linea, superficie non sono geometrie senz’anima, ma la poesia segreta del mondo.
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la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
Sport
58
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Serie A/31ª giornata
Stasera il match, lo spagnolo
punge Conte, ironizza su Mazzarri
e attacca lo Special: «Parla tanto
ma a Madrid ha fallito». Uova sul
pullman dei bianconeri
Napoli-Juve ispira Benitez
uno show contro Mou & C.
MARCO AZZI
NAPOLI. Silenzio, parla Benitez. Tutti zitti alla Juventus, come sempre nelle recenti vigilie. Ha invece alzato i
toni il tecnico spagnolo, cogliendo il senso dell’attesa che lo circonda: 45 mila biglietti venduti e record d’incasso stagionale, anche se non è più una sfida scudetto. «Ho capito che per i napoletani questa è una partita
speciale, al di là dei 20 punti di ritardo che abbiamo in classifica. Ma con l’aiuto del San Paolo e una prova al
massimo delle nostre possibilità sono sicuro che possiamo batterli», ha lanciato la sfida lo spagnolo, impadronendosi della scena con la padronanza di uno showman. Rafa ha preso in giro Mazzarri: facendo finta di
mordere una bottiglietta, come il suo collega contro l’Udinese. Poi ha attaccato Mourinho: «Parla tanto e vince poco. Col Liverpool lo mandai a casa in Champions e al Real Madrid ha fallito. Ora vediamo se ce la fa con i milioni del Chelsea». Infine la frecciata per Antonio Conte, l’avversario
diretto di stasera. «Gli piace farsi intervistare sempre per ultimo: in Italia ho scoperto che
ad alcuni allenatori interessano più le conferenze delle partite…». No comment da Torino,
dove continua il silenzio stampa prima delle gare. La Juve proverà a rispondere sul campo,
nonostante l’emergenza in attacco per la squalifica di Tevez e l’improvviso stop (infortunio
muscolare) di Quagliarella: sembrava arruolabile fino al momento delle convocazioni. Llorente, Osvaldo e Giovinco in corsa per due maglie. Possibile sorpresa la difesa a 4. Pirlo si fermerà per il turn over, dietro l’angolo il Lione e l’Europa League. Al Napoli resta invece solo il campionato ed è
piaciuta poco la scelta di Orsato. «Lasciamo arbitrare senza pressioni, farà bene: ma ritornerò alla carica per
la moviola», ha messo le mani avanti De Laurentiis. Per Benitez è un esame anche per il futuro. «Il nostro obiettivo è lottare ogni anno per lo scudetto con i bianconeri». Accolti, però, in città da un lancio di uova sul pullman.
LA
SFI
DA
LA FOTO
L’IMITAZIONE DI MAZZARRI
Gag di Benitez prima della conferenza stampa. Lo spagnolo ha finto di
mordere una bottiglietta d’acqua (foto Napolimagazine.com), imitando
il gesto di rabbia di Mazzarri durante Inter-Udinese di giovedì (foto Sky)
ALL’ANDATA
Il gol dell’1-0 di
Llorente segnato
all’andata dopo 2
minuti. La partita si è
poi conclusa 3-0
Venti punti e 150 milioni di differenza
EMANUELE GAMBA
TORINO. Finiremo per dare un
prezzo anche ai punti? La Juve
ne ha venti di vantaggio sul Napoli (non capitava dal 2009,
quando gli azzurri arrivarono
dodicesimi), Benitez ammette
che non ne avrebbe mai pronosticati così tanti ma poi dà (si
dà) una spiegazione, che magari a Torino prenderanno come
un alibi: «È facile avere la mentalità vincente con trecento milioni l’anno». Venti punti, dunque, costerebbero più o meno
150 milioni, ovvero la differenza tra il fatturato della Juventus
(283,8 milioni, Benitez ha fatto
buon peso) e quello del Napoli,
che è poco più della metà (148):
se il prezzo è giusto, nel prossimo campionato la classifica dovrebbe accorciarsi, perché i ricavi bianconeri sono in sensibile contrazione, più che per l’eliminazione dalla Champions
per il fatto che la torta dei diritti televisivi europei quest’anno
verrà divisa in tre fette (e una
spetta proprio al Napoli) anziché in due. Nel 2012, l’eliminazione ai preliminari dell’Udinese arricchì Juve e Milan, portando nelle casse torinesi 63 milioni, una quota praticamente irripetibile. A meno che la Champions non la vincano.
Volendo, si può poi paragonare un altro dato economico
che era invece il cavallo di battaglia di Walter Mazzarri: «Per
paragonare il valore di due
squadre, bisogna farlo guar-
LE CIFRE
dando al monte ingaggi». Ai
suoi tempi napoletani le differenze erano più marcate, ora invece Agnelli spende 116 milioni
per stipendiare i suoi giocatori e
De Laurentiis 74. Sono cifre in
crescita da una parte e dall’altra, perché nel prossimo bilancio compariranno i lauti emolumenti di Tevez, Llorente, Callejon, Albiol, Reina e soprattutto Higuain, che è il secondo giocatore più pagato in Italia dopo
De Rossi (6 milioni l’uno, 6,5
l’altro). Nella graduatoria delle
buste paga, in ogni caso, il Napoli è soltanto quinto, precedu-
IL FATTURATO
Più sostanzioso il fatturato
della Juventus: 283,8 milioni
contro i 148 del Napoli. La
differenza dovrebbe calare il
prossimo anno: a Torino
incasseranno meno dalla
vendita dei diritti tv europei
1
to anche da Milan (dove la forza
lavoro costa più che alla Juve),
Inter e Roma: al San Paolo ci sono stipendi da Europa League
ma una classifica da Champions, ed è attraverso queste osservazioni che Benitez pretende una valutazione positiva del
suo lavoro: «La Juve, col fatturato che ha, può comprare i più forti ogni anno: è così che ha creato
una struttura societaria forte e
una rosa superiore. Il Napoli deve arrivare al punto in cui ogni
anno si può lottare per vincere
un titolo: ci stiamo lavorando».
A questo punto, infatti, si pos-
2
sono rispolverare i numeri che
invece spesso sbandierano a Torino: «Loro spendono molto più
di noi», ripeteva Conte fin da luglio, quando computava gli acquisti che il Napoli incasellava
dopo aver venduto Cavani mentre Marotta faceva di conto anche per ingaggiare un Primavera. La Juve, che non ha ceduto
giocatori di rilievo (ma Conte
non è d’accordo e cita Matri e
Giaccherini), tra il mercato estivo e quello invernale ha investito circa 15 milioni incassando
30 e spendendo 45, mentre il
passivo degli azzurri è quasi il
IL MONTE STIPENDI
Più alto il monte stipendi
bianconero, 116 milioni contro
i 74 dei partenopei (solo
quinto posto in A). Il più
pagato è Tevez, 4,5 milioni
netti. De Laurentiis spende 5,5
per Higuain e 3 per Hamsik
3
doppio. I 65 milioni guadagnati
attraverso Cavani sono finiti in
buona parte a Madrid per Higuain (uno che a Torino non poterono permettersi), Albiol e
Callejon (60 milioni in tre), prima che De Laurentiis ne scucisse un’altra quarantina, quindici dei quali investiti nello scorso
gennaio per Henrique, Ghoulam e Jorginho: gli azzurri hanno venduto per 70 e comprato
per 100, e sono quei cento milioni rovesciati sui mercati di
mezzo Europa, dal Belgio alla
Spagna, a fare pensare agli juventini che i venti punti di diffe-
LE SPESE DI MERCATO
Napoli batte Juve nelle spese
di mercato: 100 milioni (60
dalla cessione di Cavani)
contro 45. Acquisto più caro
Higuain, 37 milioni. A Marotta
sono bastati 9 milioni (più 6
eventuali di bonus) per Tevez
CAMPIONATI ESTERI
SERIE B
CHELSEA KO, GRAVE INFORTUNIO A THIAGO
PALERMO RESTA A +10, DISASTRO LANCIANO
Il Chelsea ko nel derby col Palace (1-0, autogol di Terry, foto), 1-1 fra
Arsenal e City. Oggi Liverpool-Tottenham (17 Fox Sports): i Reds
possono andare in testa. L’Hoffenheim (3-3) ferma a 19 i successi di fila
del Bayern che perde Thiago: lesione del tendine rotuleo, sarà operato.
In Liga Espanyol-Barcellona 0-1 (Messi), Bilbao-Atletico Madrid 1-2.
Risultati 32ª giornata: Avellino-Cittadella 1-0, Cesena-Novara 2-0,
Empoli-Juve Stabia 2-1, Latina-Carpi 1-0, Modena-Spezia 0-0, PadovaLanciano 5-1, Pescara-Reggina 2-2, Siena-Brescia 2-1, Trapani-Bari 3-4,
Varese-Palermo 1-2. Oggi Crotone-Ternana (oggi ore 12.30). Classifica:
Palermo 63, Empoli 53, Cesena 50, Crotone Siena e Trapani 49.
LA CLASSIFICA
JUVENTUS
ROMA*
NAPOLI
FIORENTINA
INTER
PARMA*
ATALANTA**
LAZIO
MILAN**
VERONA
81
67
61
51
48
47
46
42
42
40
LE
PA
GEL
LE
* una partita in meno
** una partita in più
SAMPDORIA
TORINO
GENOA
UDINESE
CAGLIARI
CHIEVO**
BOLOGNA**
LIVORNO
SASSUOLO
CATANIA
40
39
39
35
32
27
26
24
21
20
STEFANO SCACCHI
Honda, assist e sprechi
Taarabt dà vivacità
Non convince Agazzi
Kakà, una doppietta, 300 gare col Milan, abbracciato da Taarabt
Kakà come ai bei tempi
Balotelli segna ancora
il Milan adesso si diverte
MILAN
3
CHIEVO
0
4’ PT BALOTELLI, 27’ PT E 9’ ST KAKÀ
“
KAKÀ
ENRICO CURRÒ
renza in realtà costino molto
meno di quel dice Benitez, come
se le spese di mercato compensassero il divario tra i fatturati.
Parliamo in ogni caso di schermagli di retrovia: in Europa ci
sono otto club i cui ricavi sono
superiori a quelli della Juve, che
in prospettiva rischia il probabilissimo sorpasso del Liverpool, mentre il Napoli non è entrato tra i primi venti dopo essere stato sedicesimo nel 2012, al
livello di società come Galatasaray e Amburgo. Non proprio il
massimo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4
NAPOLI
JUVENTUS
REINA
HENRIQUE
FERNANDEZ
ALBIOL
GHOULAM
INLER
JORGINHO
CALLEJON
HAMSIK
INSIGNE
HIGUAIN
25
4
21
33
31
88
8
7
17
24
9
1
4
19
3
33
23
8
6
22
14
18
BUFFON
CACERES
BONUCCI
CHIELLINI
ISLA
VIDAL
MARCHISIO
POGBA
ASAMOAH
LLORENTE
OSVALDO
ARBITRO:ORSATO
TV ORE 20.45 SKY SPORT 1,
SUPERCALCIO, SKY CALCIO 1, DT MEDIASET
SALDO ACQUISTI-CESSIONI
In passivo entrambe le società,
meglio la Juventus, che tra
mercato estivo e invernale ha
realizzato un rosso di 15
milioni. Esattamente doppio il
disavanzo partenopeo: meno
30 milioni
MILANO. Vincendo la seconda
partita consecutiva ancora senza ansia e ancora con la firma di
Balotelli (poi Kakà alla trecentesima da milanista ci ha messo un
duplice autografo e Honda un
pregiato ideogramma-assist), il
Milan ha fatto a Seedorf il migliore regalo possibile: nessun
pesce d’aprile potrà guastargli
dopodomani il trentottesimo
compleanno. Fino a ieri il festeggiato, che condivide la data di
nascita con tre illustri colleghi
(Sacchi, Zaccheroni e Scariolo)
e con due illustri ex colleghi (Antognoni e Pruzzo), oscillava
presso il popolo tifoso e dubbioso tra le due condizioni antitetiche: nuovo allenatore che stenta
a calarsi nel ruolo o vecchio calciatore che fatica ad affrancarsi
da uno status ventennale? La risposta l’ha data appunto il bis
della vittoria con la Fiorentina:
dovrebbe trattarsi del superamento della fase di apprendistato. La piena accettazione del
passaggio dal campo alla panchina avviene infatti, nel subconscio del campione, attraverso la presa d’atto che conviene
deporre l’orgoglio e i dogmi tattici, in nome del pragmatismo.
Si attendono ulteriori, necessarie conferme. Intanto, però,
anche il 3-0 di San Siro contro il
Chievo è arrivato grazie alla
stessa concretezza esibita mercoledì scorso. Il neofita non si è
vergognato della conversione
all’italianismo — priorità a una
difesa attenta, massima compattezza e ricorso costante al
contropiede — e dell’abbandono di ogni svolazzo. Non può dirsi casuale il mantenimento del
4-4-1-1 e di 9 degli 11 di Firenze:
le sostituzioni degli squalificati
Mexès e Constant con Zaccardo
ed Emanuelson erano obbligate. La tattica guardinga ha del
resto molti pregi: maschera i limiti tecnici e dinamici, evita agli
esterni sfiancanti rincorse (spe-
59
Le cose cominciano
a girare a nostro
favore, ci servirà per
il futuro. Il mio? Qui
sono contento e
spero di rimanere
”
cie a Honda, finalmente chiamato a muoversi in spazi congrui) e soprattutto, risparmiando a Kakà gli eccessi di fatica, valorizza i guizzi improvvisi della
coppia d’attacco con Balotelli.
L’ALTRO ANTICIPO
Atalanta da record
Bologna a picco: 0-2
SESTA vittoria di fila per l’Atalanta: record della sua storia in
A. A Bologna gol di De Luca (foto) ed Estigarribia, rossoblù
contestati e Ballardini rischia.
BOLOGNA (4-4-2)
Curci 6 — Garics 5, Natali 5.5, Antonsson
5.5, Cherubin 5.5 — Crespo 5.5 (1’ st Cristaldo 5.5), Perez 5 (1’ st Ibson 5.5), Krhin
5.5, Lazaros 5.5 — Moscardelli 5, Acquafresca 5.5 (19’ st Bianchi 5).
ATALANTA (4-4-2)
Consigli 7.5 — Nica 6, Stendardo 6.5, Lucchini 6.5, Del Grosso 6 — Estigarribia 7, Baselli 6 (27’ st Cigarini sv), Carmona 6.5, Bonaventura 6 (37’ st Raimondi sv) — Denis
6 (22’ st Livaja 5.5), De Luca 7.
Arbitro: Valeri 6.
Reti: 22’ pt De Luca, 26’ pt Estigarribia.
Note: ammoniti Stendardo, Acquafresca,
Livaja, Moscardelli. Spettatori 20.413.
Non sarà il massimo dell’estetica, ma è il modo più efficace di
proteggere il quartetto difensivo dalle sorprese, sempre in agguato col precedente gioco ruminato, che portava spesso alla
rischiosa perdita del pallone.
L’Europa League rimane lontanuccia, però non si sa mai. Quello che si sa è che, ribadisce Galliani, la panchina di Seedorf non
gode dell’immunità presidenziale: è soggetta alla legge del risultato. «Tutti gli allenatori dipendono da questo». Altre 7 partite aspettano ora l’esaminando, che sta raddrizzando la situazione. Stavolta lo ha parecchio aiutato l’arrendevolezza
del Chievo, che per essere una
squadra in lotta per la salvezza
ha dimenticato a casa il coltello
e pure i denti: evidentemente
pensava già al derby col Verona,
al punto che nel finale Thereau
ha scaraventato sulla traversa
un rigore. A volere essere precisi, il Chievo ha più che altro dimenticato nell’area piccola prima Balotelli su cross di Rami
(azione viziata da lieve fuorigioco) e poi Kakà su scucchiaiata di
Honda. Il futuro milanista Agazzi si è arreso nella ripresa anche
al destro ad effetto dal vertice sinistro di Kakà: preziosismo notevole, che tuttavia non scioglie
i dubbi sull’eventuale addio dell’ex Pallone d’Oro per gli Usa.
«C’è una clausola che, senza
Champions, gli consente di andarsene. Speriamo di no». L’augurio di Galliani è stato condiviso ieri sera dalla folla, nostalgica
e sempre sparuta: 23.600 gli
spettatori passati dai tornelli
(contro i 35 mila dichiarati), inclusi i 4 mila bambini delle scuole calcio: gli unici a tifare fino all’ultimo, con l’innocenza dell’età.
MILAN (4-4-1-1)
Abbiati — Bonera, Zaccardo, Rami, Emanuelson — Honda, De Jong (15’ st Poli),
Muntari (45’ pt Essien), Taarabt — Kakà
(29’ st Robinho) — Balotelli.
CHIEVO (3-5-2)
Agazzi — Bernardini, Dainelli, Frey — Sardo, Radovanovic, Bentivoglio, Hetemaj,
(32’ st Guarente) Dramè (23’ st Bostjan) —
Obinna (18’ st Thereau), Paloschi.
Arbitro: Giacomelli
Note: nessun ammonito. Spettatori
34.989.
MILAN
☛ 6
ABBIATI
Reattivo quando ferma sulla linea un
calcio d’angolo dalla traiettoria
imprevedibile.
☛ 6.5
BONERA
Fortifica la fascia destra.
☛ 6
ZACCARDO
Mai in affanno fino alla distrazione
punita con il rigore nel recupero.
☛ 6.5
RAMI
Confeziona il cross per il vantaggio di
Balotelli.
☛ 6
EMANUELSON
Il pubblico lo punzecchia al minimo
errore, ma lui non si demoralizza.
☛ 6
HONDA
L’assist per il 2-0 di Kakà viene
oscurato da un errore sotto porta.
Spesso fischiato, ma sta migliorando.
☛ 6
DE JONG
Viaggia col pilota automatico. Dal 15’
st Poli sv.
☛ 6
MUNTARI
Dinamico fino all’infortunio al
polpaccio destro. Dal 45’ pt Essien 6:
cerca il gol con un inserimento in
dribbling.
☛ 6
TAARABT
Ogni tanto esagera con i tocchi di
esterno, ma è una costante fonte di
vivacità.
☛ 7.5
KAKÀ
Serata perfetta: seconda doppietta
del 2014 alla 300ª presenza col Milan.
La traiettoria del 3-0 è degna del
Kakà I. Dal 29’ st Robinho sv.
☛ 6.5
BALOTELLI
Indirizza subito la partita col 13° gol
in questo campionato, eguagliando
già il bottino della scorsa annata (1
col City, 12 col Milan).
CHIEVO
☛ 5.5
AGAZZI
Il prossimo portiere del Milan si
esibisce bene su Taarabt e Honda,
sonnecchia sull’inserimento di
Kakà.
☛ 5
BERNARDINI
Distratto sul 2-0 di Kakà.
☛ 5
DAINELLI
Osserva la girata in rete di Balotelli.
☛ 5.5
FREY
Spettatore delle offensive
rossonere.
☛ 5
SARDO
Nel primo tempo troppi errori.
☛ 5
RADOVANOVIC
Non si assume mai la responsabilità
di una giocata costruttiva.
☛ 6
BENTIVOGLIO
Unico gialloblù a ribellarsi al
destino della partita.
☛ 5
HETEMAJ
Qualche scatto senza grandi effetti.
Dal 32’ st Guarente sv.
☛ 5
DRAMÉ
Disattento. Dal 23’ st Bostjan 6:
entra con determinazione, come
dimostra una scivolata perfetta su
Balotelli.
☛ 5
OBINNA
Solo uno sprint con Emanuelson.
Dal 18’ st Thereau 5.5: si procura un
rigore che potrebbe rendere meno
amara la serata del Chievo. Ma poi
lo calcia sulla traversa.
☛ 5.5
PALOSCHI
Si danna in pressing contro la sua ex
squadra, ma non è mai pericoloso.
☛ 5.5
GIACOMELLI
L’arbitro. Qualche dubbio per una
posizione di fuorigioco influente
sul primo gol.
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
60
IL TORMENTO DI THOHIR
“I rigori che non ci danno? Non
so se ridere o piangere”
Sport
SERIE A/31A GIORNATA
Sassuolo sfida la Roma
Floro Flores vuole l’affido
del bimbo abbandonato
Alle 12.30 c’è Sassuolo-Roma.
Garcia sibillino: “Col presidente
parleremo di dove vogliamo
andare”. Floro Flores vuole
l’affido del neonato
abbandonato nella stazione
della Circumvesuviana di
Baiano. Domani UdineseCatania e Livorno-Inter
SASSUOLO
ROMA
PEGOLO
79
GAZZOLA
24
MENDES
33
ANTEI
5
LONGHI
3
BIONDINI
16
MAGNANELLI 4
MISSIROLI
7
BERARDI
25
ZAZA
10
SANSONE
17
DE SANCTIS
26
TOROSIDIS
35
17
BENATIA
5
CASTAN
DODÒ
3
PJANIC
15
16
DE ROSSI
44 NAINGGOLAN
DESTRO
9
TOTTI
10
GERVINHO
27
ARBITRO:RIZZOLI
TV ORE 12.30SKY SUPERCALCIO,
SKY CALCIO, DT MEDIASET
LAZIO
PARMA
MARCHETTI 22 83
MIRANTE
KONKO
29 2
CASSANI
BIAVA
20 29
PALETTA
NOVARETTI 85 6
LUCARELLI
26 3
RADU
MOLINARO
GONZALEZ 15 30
ACQUAH
23 32 MARCHIONNI
ONAZI
PAROLO
CANDREVA 87 16
6 7
BIABIANY
MAURI
19 99
CASSANO
LULIC
11 23 SCHELOTTO
KLOSE
ARBITRO:DAMATO
TV ORE 15SKY CALCIO1, DT MEDIASET
SAMPDORIA
FIORENTINA
DA COSTA
1 1
NETO
DE SILVESTRI 29 11
CUADRADO
GASTALDELLO 28 3
DIAKITÈ
MUSTAFI
8 15
SAVIC
13 40
BERARDI
TOMOVIC
17 14 M. FERNANDEZ
PALOMBO
10 10
AQUILANI
KRSTICIC
GABBIADINI 11 20 BORJA VALERO
21 72
SORIANO
ILICIC
23 27
EDER
WOLSKI
MAXI LOPEZ 7 32
MATRI
ARBITRO:RUSSO
TV ORE 15SKY SPORT 1, SKY CALCIO 2
DT MEDIAET
Pattini d’Italia
Carolina saluta
nel giorno d’oro
della danza
SETTE GIORNI DI CATTIVI PENSIERI
EN Loach (8) a 79 anni è
tra i fondatori di un nuovo partito: Left Unity
(Unità di sinistra). Si
propone, leggo su Repubblica di
ieri, di unire lavoratori, sindacati, ambientalisti per creare una
società egualitaria, democratica e socialista. Prima riunione
oggi a Manchester. Il gap ricchipoveri secondo Loach è cresciuto a livelli insostenibili, Londra è
una città per ricchi, le case hanno prezzi impossibili, scuole e
ospedali pubblici funzionano
sempre peggio. Se al posto di
Londra mettiamo Milano, Roma, Napoli, la situazione è la
stessa, solo che non abbiamo un
Ken Loach. Peccato. Abbiamo
però il capogruppo del Pd, Speranza, che definisce “non inutili”
gli F35. E il ministro della Difesa
Pinotti, sempre Pd, che sugli F35
tranquillizza i militari: state sereni. A parte che l’invito a star sereni da qualche tempo suona vagamente inquietante, la mia
precisa sensazione sugli F35 è
che ci stiano prendendo per il cielo. Una più vaga è che la linea più
breve per unire due punti non sia
la retta ma l’arabesco. Giovedì,
sempre su Repubblica, mi aveva
attirato un titolo a pagine 31:
“No a più frutta nelle bevande, è
lite nel Pd”. Perbacco, notizia calda, ma nel Pd litigherebbero anche su una rimessa laterale a favore del Castel Rigone o sulla
quantità di uvetta da mettere
nel panettone. Stavolta la commissione Affari europei ha bocciato un emendamento (del tutto condivisibile) presentato dai
deputati Oliverio e Anzaldi alla
commissione Agricoltura della
Camera: chiedeva di alzare dal
12 al 20 la percentuale di vera
frutta nelle bevande analcoliche. Anche Martina, il ministro
competente (è una formula, non
una valutazione), si era detto
contrario.
ra viene il bello. Anzaldi, cui si uniscono i deputati Gelli e Burtone,
si chiede: “E’ il ministro
delle Politiche agricole o delle
multinazionali? E’ singolare che
invece di difendere gli interessi
dei nostri agricoltori e consumatori Martina preferisca tutelare
le grandi aziende”. Con cautela,
dopo aver informato i tre deputati che l’esistenza di Babbo Natale è messa in dubbio da taluni
e non sono sempre le cicogne a
portare i neonati, dirò che non è
singolare, è normale. Martina si
comporta come molti suoi predecessori, per non dire quasi tutti. Gli interessi dei nostri produttori e consumatori, ammesso e
non concesso che il ministro li conosca, sono ignorati e scavalcati
da decenni. Anche ipotizzando
una kenloachizzazione invero
improbabile di Martina, in sede
europea quel 20% invocato sarebbe stato fatto a pezzi da una
K
LA STAR
CADUTA E PODIO
Carolina Kostner 3ª
nonostante una
caduta; a destra,
Cappellini-Lanotte
cade, ci si rialza. Serve pazienza.
Questo bronzo per me è una grandissima gioia, e per noi italiani
una giornata storica». Una giornata particolare.
Una giornata molto azzurra.
Col Barbiere di Siviglia del libero
di Anna e Luca, lei 27 anni da Como, lui 28 da Milano, insieme sul
ghiaccio dal 2005, d’oro agli ultimi Europei, allenati da Paola
RAFAEL
1 1
PERIN
CACCIATORE 29 21
MOTTA
MORAS
18 4
DEMAIO
MAIETTA
22 15
MARCHESE
AGOSTINI
ANTONELLI
33 13
SALA
STURARO
26 69
DONADEL
30 91 BERTOLACCI
HALLFREDSSON 10 29
DE CEGLIE
ITURBE
CENTURION
15 26
TONI
GILARDINO
9 11
JANKOVIC
SCULLI
11 10
ARBITRO:CELI
TV ORE 15SKY CALCIO4, DT MEDIASET
GIANNI MURA
IL GIUDICE SPORTIVO
E IL NOME DELLA RESA
UNA coppia d’oro, e poi sempre Ca-
rolina. L’Italia balla tra i grandi,
ed è una felicità quasi scabrosa.
Con Anna Cappellini e Luca Lanotte, campioni finalmente. E ancora con sua maestà Kostner, soprattutto con lei, che ogni volta
che sale sui pattini potrebbe essere l’ultima. Per questo saluta
con onore il ghiaccio che in 27 anni l’ha amata e ingannata. Un
bronzo pieno di cose il suo, ai
mondiali di pattinaggio a Saitama, in Giappone, dove la gente
riempie i palazzetti come in Europa il calcio gli stadi. Volano bouquet di fiori in pista, mai petardi,
Carolina ne raccoglie molti per la
sua sesta medaglia nel mondo, la
quarta di fila. Forse non ce ne saranno più, lei non ballerà più. È
ancora terza nell’universo, come
alle Olimpiadi di Sochi, sul podio
a cinque cerchi che è l’unica bellezza che davvero le mancava. In
Russia disse: «Penso che sarà la
mia ultima stagione, non voglio
più dedicare tanto tempo agli allenamenti. Sono esaurita». Sì, ma
mica tanto. Seconda dopo il corto,
nel libero carica il suo Bolero di
meraviglie: triplo lutz all’inizio,
poi la combinazione doppio axeldoppio toeloop, prova il triplo fliptriplo toeloop ma è troppo, si sbilancia sul secondo salto e cade.
Perde sicurezza, asciuga le prodezze, tiene: 126.59 punti (ai Giochi 142.61 sullo stesso programma), per un totale di 203.83. Non
abbastanza per impensierire la
regina di casa Mao Asada, vicecampionessa olimpica alla sua ultima apparizione, che tra i lanci di
rose guadagna l’oro per la terza
volta. D’argento l’enfant prodige
russa Julia Lipnitskaya, 15 anni,
un pieno ginnico di evoluzioni
che incanta, anche se esegue
eroismi senz’anima. È giovane,
conoscerà l’imperfezione che
parla. Chiedetelo a Carolina, che
ne sa molto di dirupi e vette, dal
nono posto a Torino 2006 dove fu
portabandiera ai capitomboli di
Vancouver 2010, 16esima nello
scorno generale. È emigrata, è
tornata, ha cambiato ogni volta
tutto. È stata innamorata, e nella
fiducia tradita: da Alex Schwazer, marciatore, oro olimpico a
Pechino, l’angelo dopato tre anni
e mezzo dopo, qualche ora prima
che arrivasse a Londra 2012. In
mezzo Carolina si è presa 5 titoli
europei, un mondiale. «Smetto?
Certo non lo deciderò oggi. Spero
di esser d’esempio ai giovani: si
PADELLI
30 25
AVRAMOV
BOVO
5 14
PISANO
GLIK
25 15
ROSSETTINI
RODRIGUEZ 2 13
ASTORI
AVELAR
MAKSIMOVIC 19 8
DESSENA
KURTIC
27 24
CONTI
VIVES
20 5
EKDAL
EL KADDOURI 7 20
DARMIAN
VECINO
36 27
CERCI
IBARBO
11 23
MEGGIORINI 69 18
NENÈ
ARBITRO:TOMMASI
TV ORE 15SKY CALCIO 3, DT MEDIASET
>
Cappellini-Lanotte campioni del mondo
la Kostner di bronzo vicina all’addio
ALESSANDRA RETICO
VERONA
GENOA
TORINO
CAGLIARI
Mezzadri. Sesti a Sochi, ma qui è
un’altra storia: mancano i campioni uscenti e olimpici in carica,
gli statunitensi Meryl Davis e
Charlie White, e i canadesi Tessa
Virtue e Scott Moir, che hanno
smesso. Ma non è solo quello, Anna e Luca ballano tutto quello che
hanno e fanno oro, il secondo per
l’Italia, 13 anni dopo quello conquistato da Fusar Poli-Margaglio.
Di un soffio davanti ai canadesi
Kaitlyn Weaver-Andrew Poje e ai
francesi Nathalie Pechalat e Fabian Bourzat, ma è un soffio che
spazza via il mondo. Anna piange
a lungo: «Non ho parole, sono sorpresa per questo risultato che ci
onora. È stata una stagione lunga, siamo allo stremo delle forze». La felicità che sfinisce.
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O
consorteria che, dal cioccolato ai
formaggi, tutela solo gli interessi delle multinazionali.
li interessi del nostro
calcio, meno male che
c’è la Lega a difenderli.
Viva preoccupazione
dilaga fra gli ultrà dell’Italia intera, dopo aver letto sui giornali
di ieri la durissima presa di posizione in difesa dei dirigenti contestati. Leggere striscioni tipo
“Lazio libera” e “Cagliari libera”
fa ridere, come “Padania libera”.
Se la contestazione a Lotito è endemica, quelle a Guaraldi, Galliani, Cellino sembrano occasionali. In sostanza, la Lega è pronta a costituirsi parte civile nei
confronti delle tifoserie che ledano con disordini, cori, striscioni, l’immagine dei club, e a citarle per danni. Iniziativa interessante, chissà perché non si sono
svegliati una decina d’anni fa, in
Lega. Poteva essere un deterrente, forse. Adesso è tardi, e
scommetto che, di fronte a una
richiesta di danni, tutti i tifosi si
dichiareranno nullatenenti, come Cellino anni fa, da presidente del Cagliari. Anche le squalifiche per settori di campo che se le
vanno a cercare potevano essere
un deterrente. Chissà come ci sono rimasti male quelli della Lazio: se non basta qualche quintalata di buuu e insulti a Seedorf e
la sua maglia appesa a una croce
a far scattare una squalifica, dovranno inventarsi di meglio,
cioè di peggio. Eco di Eco nel mio
suggerire un titolo adeguato al
Giudice sportivo: Il nome della
resa.
on sarebbe male se la
Lega invitasse i club a
dare pubblica risposta
a tutte le piccole e grandi disfunzioni che allontanano la
brava gente dagli stadi. Alla rubrica di posta dei lettori che tiene Franco Arturi sulla Gazzetta
arrivano ogni settimana segnalazioni di abbonati che trovano i
loro posti occupati e gli steward
non fanno nulla, di padri costretti a tornare a casa col figlio
di sei anni colpevole di non avere
la tessera del tifoso, ma nessun
club si sente in dovere (sì, dovere) di rispondere a questa gente.
Mentre alle delegazioni di ultrà
si spalancano gli spogliatoi per
un sereno confronto con giocatori e allenatore. A proposito di
allenatori, era un po’ che non si
parlava di Mourinho, stranamente quieto. Poi, non richiesto,
per tenersi in forma ha detto
che, quand’anche la Juve vincesse in Uefa, non sarebbe una
grande vittoria, perché la squadra era programmata per la
Champions. Mettere il nasino altrove non gli ha portato bene: ha
perso il derby con il Crystal Palace, che è una squadra di Londra
anche se sembra il nome di un albergo.
G
N
© RIPRODUZIONE RISERVATA
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
Gli altri sport
61
6 VITTORIE DELLA ROSSA
Nessuna scuderia ha vinto
quanto la Rossa a Sepang
Vettel finito, anzi no
nella nuova Formula 1
si può recuperare
DAL NOSTRO INVIATO
MARCO MENSURATI
KUALA LUMPUR. Il capo della Red
Bull l’aveva promesso. «In Formula 1
esistono solamente problemi di natura tecnica. Per i quali esistono solamente soluzioni tecniche. E noi della Red Bull abbiamo i migliori tecnici sul mercato. Quindi il risultato è
scontato, recupereremo in breve
tempo».
Detto fatto. Nel giro di un paio di
settimane, quello che sembrava il
team più in crisi è tornato alla ribalta, avvicinandosi in maniera impressionante alla Mercedes. No, il secondo posto (poi cancellato) di Ricciardo a Melbourne, non è stato un
DIRETTA SKY SPORT F1 ORE 10 DIFFERITA RAIUNO ORE 14.25
ewis Hamilton
1a
fila
(Mercedes)
3a
D
(Red Bull)
N
(Ferrari)
2’00’’175
(Force India)
imi Raikkonen
5a
Jean-Eric Vergne
(Toro Rosso) 2’03’’078
ila
f
Daniil Kvyat
(Toro Rosso)
ila
2’02’’855
Adr
P
(Marussia)
11a
M
Valtteri Bottas (*)
2’02’’131
(Williams)
2’02’’756
amui Kobayashi
K
2’02’’702
(Caterham)
ax Chilton
fila (Marussia)
8a
2’02’’074 fila
2’04’’388
2’03’’595
10a
fila
Marcus Ericsson
(Caterham)
2’04’’407
(Ger)
2) Magnussen
3) Button
(Dan)
(Gbr)
) Alonso (Spa)
5
(Fin)
4
) Bottas
6) Hulkenberg
7) Raikkonen
8) Vergne
9) Kvyat
25
18
15
12
10
(Ger)
8
(Fin)
6
(Fra)
4
(Rus)
10) Perez
2
(Mex)
1
C
lassifica costruttori
2’02’’511
astor Maldonado
(Lotus)
ian Sutil
Jules Bianchi
6a
fila
1) Rosberg
Sergio Perez
R
9a
2’04’’053
(Sauber) 2’02’’369
2’02’’460 (Force India)
omain Grosjean
4a
fila
Jenson Button
Esteban Gutierrez
2’02’’351
(Williams)
(Lotus)
2’02’’213
(McLaren)
Felipe Massa
7a
f
2’01’218
Kevin Magnussen
(McLaren)
2’01’’712
2a
fila
K
2’00’’541 (Ferrari)
ico Hulkenberg
la (Sauber)
caso. Nelle qualifiche di ieri la differenza tra Vettel e Hamilton è stata
minima, roba di centesimi di secondo. E, a quanto pare, Vettel è stato
pure rallentato nella sua caccia finale, altrimenti avrebbe potuto conquistare la pole, e lanciare un bel
messaggio a tutto il reame. Il re è vivo, la vacanza è finita. O qualcosa del
genere.
Questo non vuol dire, per carità,
che la Mercedes non sia più la prima
forza del campionato. Ad avvantaggiare, e di molto, il quattro volte campione del ieri, c’era infatti una pioggia equatoriale infinita e pesantissi-
ernando Alonso
aniel Ricciardo
fila
1’59’’486
F
2’00’’050
Classifica piloti
ebastian Vettel
1’59’’431 (Red Bull)
Nico Rosberg
fi
Gp Malesia, Alonso quarto,
in pole l’attesa Mercedes
di Hamilton. Ma la sorpresa
è il tedesco, secondo
S
L
(Mercedes)
1)
MC LAREN
2)
MERCEDES
25
FERRARI
4) WILLIAMS
5) FORCE INDIA
6)
18
10
9
3)
TORO ROSSO
33
6
* penalizzato di tre posizioni
ma. Sotto l’acqua, in generale, il motore conta di meno che in condizioni
normali. Sotto l’acqua “calda” di queste latitudini, in più, una macchina
con parecchio carico aerodinamico
come la Mercedes soffre di un elevato consumo delle gomme. Due elementi - pioggia e consumo di pneumatici - che, sommati, hanno colmato la distanza tra primi e secondi. Ma
è solo un effetto ottico, giurano a
Stoccarda. Con la pista asciutta, i tedeschi di rito anglosassone sono ancora mezzo secondo abbondante davanti alla concorrenza redbullista.
Seguita a ruota dalla Ferrari.
I ragazzi di Maranello “settando”
il motore in maniera più aggressiva
(e meno prudente) sono riusciti a recuperare parte di quelle prestazioni
mostrate durante i test invernali e
improvvisamente smarrite in Australia. E non è un caso che, a differenza di quanto raccontato dalla pista di Melbourne, sia la Williams sia
la McLaren siano rimaste indietro.
Insomma, sia pure trovandosi più in
difficoltà di quanto credeva alla vigilia, la Ferrari può tirare un mezzo sospiro di sollievo e guardare con un
po’ più di fiducia al futuro. Un conto
è essere la quinta forza del campio-
IL CASO/MIRACOLO AL BOX FERRARI
SOSPENSIONE IN 3’
I meccanici della
Ferrari hanno
impiegato solo
tre minuti per
rimandare in
pista Alonso
durante il Q2,
sostituendo la
sospensione
danneggiata in
un contatto con
Kvyat
nato, un conto è essere la terza, molto vicina alla seconda. Anche perché
il tempo di Alonso in qualifica, che
stamattina (ore 10) gli varrà la partenza dalla quarta posizione e il lato
pulito della pista, è stato strappato
con una macchina danneggiata allo
sterzo dall’incidente con Kvyat, «per
girare a sinistra il volante era leggero che bastava un dito, per andare a
destra non ce la facevo con due mani».
Insomma, i conti cominciano a
tornare anche a lui: «Non c’è più la
Mc Laren davanti a noi o la Williams,
o robe che in Australia avevamo vi-
sto» dice lo spagnolo. «Quindi cerchiamo di lottare per il podio, partendo anche quarti e sesti, penso che
possiamo fare questo tentativo e
avere una gara senza problemi». Più
sinistra invece la situazione di Kimi
Raikkonen. Il finlandese alterna fasi
in cui sembra trovarsi a suo agio a fasi in cui si danna l’anima per mandare dritta la F14T. Ieri si lamentava
moltissimo via radio della guidabilità della sua macchina. Problemi
con il retrotreno, con lo sterzo, con le
gomme. È ancora presto per parlare
di crisi, ma l’allarme c’è.
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Nba e ritorno, la scelta di Vujacic
WALTER FUOCHI
IL RAGAZZO che sotto i cieli di
California e di Florida divideva i titoli Nba con Kobe
Bryant e il divano di casa con
Maria Sharapova ricomincia
a giocare. Da oggi ad Avellino
farà sei partite con Venezia,
più i play-off, se saprà condurvi la gloriosa Reyer, ora nona,
cioè sulla porta d’ingresso.
Sasha Vujacic, a trent’anni
appena fatti, ha visto tutto
ed è tornato dove tutto gli
apparve. Ne aveva 17
quando la Snaidero
Udine lo scovò a Maribor e lo lanciò in serie
A. Tre anni dopo, nel
L’INTERVISTA
2004, era ai Lakers: sei
stagioni, 420 partite, oltre
duemila punti, due anelli
vinti, 2009 e 2010. Non solo ricapita sotto i nostri cesti uno che vinceva “di là” e
che ora, di qua, è il giocatore
più titolato del torneo. Arriva pure quello che straripava fra i paparazzi, per l’anno d’amore, fra autunno
2010 ed estate 2012,
con Maria Sharapova, la tenni-
sta più ammirata del pianeta. Nozze annunciate, a Istanbul. Poi, un
pacifico, consensuale addio.
E adesso,
Vujacic,
dov’era e
cosa stava
facendo?
«Ero a Los Angeles, casa mia, a lavorare duro ogni giorno col
mio preparatore. Avevo
avuto un contrattino a febbraio coi Clippers, non è
andata bene, ma la voglia
è tanta e ho detto di sì a Venezia. Da Udine ero partito, c’ero cresciuto come
atleta e come persona. Conosco l’Italia, Venezia è
unica al mondo, e ha pure
una società ambiziosa. Ci
proviamo insieme, finiamo questa stagione, vediamo come va e ragioneremo
sulla prossima».
Di Udine cosa ricordava?
«Che era casa, come poteva esserlo un posto così
vicino all’ex Jugoslavia. Io la chiamo ancora così, come tanti di noi,
perché ho nascita slovena, ma anche sangue montenegrino, e parenti a Belgrado e Sarajevo. Era
questo, un tempo, il nostro paese».
La Nba è una porta chiusa?
«Tutt’altro. Se ricapita, vado.
Ma ora penso solo a Venezia. E alla prima, ad Avellino. Mi sento
pronto, il tempo è stato poco, ma
se un allenatore che stimo come
Zare Markovski mi butta dentro,
la voglia di far bene è sempre tanta».
Dieci anni fa, nella sua prima
vita italiana, questo basket
vinceva coppe coi club e medaglie olimpiche con la nazionale. Lo ritrova più piccolo e povero.
«Già, allora incontravo Ginobili e altri finiti in Nba, ora vedrò giocatori diversi, ma non do giudizi,
voglio solo sfidarli e aiutare la mia
squadra. Anche le nazionali hanno cicli e cambi di generazione.
Con pazienza, l’Italia tornerà forte. I giocatori non le mancano».
Lei li incrociava nella Nba.
DUE TITOLI A LOS ANGELES
Sasha Vujacic, guardia slovena della Reyer
Venezia, classe ’84, una lunga esperienza
in Nba con Lakers (due titoli, ‘09 e ‘10), Nets,
Clippers e un biennio in Turchia con l’Efes.
È stato compagno di Maria Sharapova
“
HO SPOSATO VENEZIA
Sono arrivato a
Udine da ragazzino
e ci sono cresciuto
Ora ho sposato
Venezia, città unica
e società ambiziosa
IL SOGNO LAKERS
Da bambino dicevo:
andrò ai Lakers e
vincerò. Ce l’ho
fatta. La Sharapova?
Come dite voi, è
acqua passata...
”
SPORT
IN BREVE
BRASILE 2014
MORTO OPERAIO
A SAN PAOLO
Nuovo incidente nell’
"Arena Corinthians"
di San Paolo: morto un
operaio, il 3° dall’inizio
dei lavori nell’impianto.
TENNIS
SERENA A MIAMI
OGGI RAFA-NOLE
«Belinelli anche qua, entrambi
poco più che bambini. E poi là. Lui,
Bargnani, Gallinari».
Dei Lakers che cosa le è rimasto?
«Due o tre momenti di assoluta felicità. Il primo quando venni
scelto. Da bambino dicevo: andrò
ai Lakers e vincerò. Ridevano,
non capivano. Ma credevo in me
stesso, ce l’ho fatta e lo dico a
chiunque fa sport: non c’è sogno
che non possa realizzarsi. Gli altri
momenti belli quando ho vinto e,
ancor di più, rivinto. Il secondo titolo fu straordinario. Sono rimasto in contatto con alcuni, ma Kobe non lo sento da un po’. So che
non è contento. I Lakers che non
vincono sono una storia strana,
ma quando si cambiano allenatori serve tempo. Torneranno a farlo. Glielo auguro. E auguro al mio
coach, Phil Jackson, di far bene a
New York».
Vujacic, esser più noto come signor Sharapova, ossia fidanzato d’una famosa tennista, la
disturbava, ai tempi?
«No, perché io avevo fatto carriera prima. E già vinto due anelli quando tutto iniziò. Ero un campione Nba. Ma è una storia di ieri.
Acqua passata, dite in Italia,
no?».
E oggi, è single o ben accompagnato?
«Ahi, vita privata… Ma rispondo. Sposato. Con la Reyer».
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Serena Williams (foto)
vince a Miami: 7-5, 6-1 a Li
Na. Oggi (20.30 Sky Sport
2) finale Nadal-Djokovic.
BASKET
SIENA A ROMA
BENE CANTÙ
Anticipo della 10ª di
ritorno Cantù-Varese 8468. Oggi (18.15)
Cremona-R. Emilia,
Avellino-Venezia,
Bologna-Caserta, PistoiaBrindisi, SassariMontegranaro e (20.30)
Roma-Siena. Domani
Milano-Pesaro.
CICLISMO
COLPO VIVIANI
OGGI LA GAND
Sprint di Elia Viviani nella
3ª tappa della Coppi e
Bartali. Oggi GandWevelgem.
la Repubblica DOMENICA 30 MARZO 2014
R2 PROGRAMMI
62
IN ONDA
L’ultimo duello per gli scrittori di “Masterpiece”
DA NON
PERDERE
RRIVA stasera (alle 23) alla puntata
conclusiva Masterpiece, il talent
show di RaiTre dedicato alla letteratura, non troppo fortunato in fatto di
ascolti: spettatori fra i 3-400mila, share
che ha toccato a fatica il 3%. I cinque finalisti - Lorenzo Vargas, Stefano Trucco, Raffaella Silvestri, Nicola Savic e Stefano Bussa - hanno superato nel corso della trasmissione le prove più difficili e si sono
qualificati per questa ultima sfida che li
vedrà contendersi il premio finale: la pubblicazione in 100.000 copie del romanzo
A
L’ISPETTORE
WALLANDER
In prima assoluta la terza
stagione della serie
poliziesca nata dalla penna
di Henning Mankell e
prodotta dalla Bbc con
Kenneth Branagh nei panni
dell’investigatore svedese
Laeffe - ore 21.10
6.00
6.30
7.00
7.25
8.15
9.05
10.30
11.30
13.00
13.30
13.40
13.45
15.40
17.05
17.10
18.10
19.35
20.30
21.00
21.45
22.40
1.00
1.20
1.50
1.55
2.00
3.35
4.10
CANALE 5
Videocomic
Il Divertinglese
Incinta per caso - Tf
Lassie - Tf
Inside The World
Il nostro amico Charly - Tf
Cronache animali
Mezzogiorno in famiglia
Tg2 Giorno
Tg2 Motori
Meteo2
Quelli che aspettano
Quelli che il calcio
Tg2 L.I.S.
Meteo
Stadio Sprint
90° Minuto
Countdown - Tf
Tg2 20.30
N.C.I.S. - Tf
Hawaii Five-0 - Tf
La Domenica Sportiva
Tg2
Protestantesimo
Meteo2
Appuntamento al cinema
Film: Adrenalina Blu La leggenda di Michel
Vaillant - di Louis Pascal
Couvelaire, con Sagamore
Stévenin, Diane Kruger
Videcomic
Università Telematica
Internazionale
UniNettuno
7.05 La grande vallata
7.55 Televisione pirata
8.00 Film: Gli imbroglioni di Lucio Fulci, con
Raimondo Vianello,
Antonella Lualdi
9.30 Il conte Ugolino
9.50 Correva l’anno
10.45 TeleCamere
11.10 Tgr Estovest
11.30 Tgr RegionEuropa
12.00 Tg3
Tg3 Fuori Linea
Tg3 Persone
Meteo3
12.25 Tgr Mediterraneo
12.55 12 idee per la crescita
13.25 Fuori Quadro
14.00 Tg Regione /Tg Reg.
Meteo
14.15 Tg3
14.30 In 1/2 ora
15.00 Tg3 L.I.S.
15.05 Kilimangiaro - con L. Colò
18.55 Meteo3
19.00 Tg3
19.30 Tg Regione / Tg Reg.
Meteo
20.00 Blob
20.10 Che tempo che fa
22.45 Tg3
Tg Regione
23.00 Masterpiece
0.25 Tg3
Meteo
0.35 TeleCamere
1.25 Fuori orario. Cose (mai)
viste
GIUDICE
La scrittrice
Taiye Selasi
in cattedra
a “Masterpiece”
ITALIA 1
6.00 Prima pagina
7.55 Traffico
Meteo.it
8.00 Tg5 Mattina
8.50 Dietro le quinte
8.55 Le frontiere dello Spirito
9.35 Dietro le quinte
10.05 Belli dentro - Sitcom
10.40 Supercinema
11.30 Le storie di Melaverde
12.00 Melaverde
13.00 Tg5
Meteo.it
13.40 L’arca di Noè
14.00 Domenica Live. Conduce
Barbara D’Urso
18.50 Avanti un altro! - con P.
Bonolis
20.00 Tg5
Meteo.it
20.40 Paperissima Sprint
21.10 Film: La vita è una cosa
meravigliosa - di Carlo
Vanzina, con Gigi Proietti,
Nancy Brilli, Vincenzo
Salemme, Enrico
Brignano
23.25 Grande Fratello Riassunto
0.15 X - Style
1.15 Tg5 Notte
Rassegna stampa
Meteo.it
1.45 Paperissima Sprint (r)
2.25 Ho sposato un calciatore Miniserie
3.45 Off the Map - Tf
5.15 Tg5 Notte
Rassegna stampa
RETE 4
7.00 Super Partes
7.35 Til Death - Tf
8.50 Film (animazione):
Scooby Doo e il
terrore del Messico - di
S. Jeralds
10.25 Film: Flipper - di A.
Shapiro, con P. Hogan, E.
Wood
12.25 Studio Aperto
Meteo.it
13.00 Sport Mediaset XXL
14.00 Grande Fratello
14.25 Film: Duma - di C.
Ballard, con A.
Michaeletos, C. Scott
16.25 Film: Il mistero della
pietra magica - di R.
Rodriguez, con J. Bennett,
K. Dennings
18.15 Cartoni
18.30 Studio Aperto
Meteo.it
19.00 Così fan tutte 2
19.40 Film: Honey - di B.
Woodruff, con J. Alba, L.
Romeo
21.30 Lucignolo
0.30 Film: Torno a vivere da
solo - di e con J. Calà, con
E. Iacchetti
2.30 Grande Fratello
2.55 Sport Mediaset
3.15 Studio Aperto la Giornata
3.30 Media Shopping
3.45 Film: In ascolto - The
Listening - di G.
Martelli, con M. Parks
6.30
6.50
7.20
8.00
8.30
9.25
10.00
10.50
11.30
12.00
13.00
13.55
14.45
17.05
18.55
19.35
20.30
21.15
23.15
23.20
1.40
2.05
3.55
Tg4 Nitht News
Media Shopping
Super Partes
Zorro - Tf
Magnifica Italia
Santi - Lo splendore del
Divino nel Quotidiano
Santa Messa
Pianeta mare
Tg4 / Meteo.it
Pianeta mare
Ricette di famiglia
Donnavventura
Film. Cornetti alla
crema - di S. Martino,
con L. Banfi. E. Fenech
Film: Nuclear Target di M. Adams, con W.
Snipes, E. Samms
Tg4
Meteo.1
Il segreto
Tempesta d’amore
La Bibbia - Tf
Cinefestival R4
Film: La giuria - di G.
Fleder, di J. Cusack, G.
Hackman
Tg4 Night News
Film: Blow Up - di M.
Antonioni, con V.
Redgrave, D. Hemmings
Film: Abuna Messias di G. Allessandrini, con C.
Pilotto
LA SETTE
7.00 Omnibus - Rassegna stampa
7.30 Tg La7
7.55 Omnibus
9.45 L’aria che tira - Il diario
11.00 Bersaglio mobile
13.30 Tg La7
14.00 Tg La7 Cronache
14.40 Film: L’uomo di Alcatraz - di John Frankenheimer. Con Thelma Ritter,
Telly Savalas, Burt Lancaster, Karl Malde
15.40 The District - tf
18.10 L’ispettore Barnaby - Tf
20.00 Tg La7
20.30 Domenica nel paese delle
meraviglie.
21.10 La gabbia - Conduce Gianluigi Paragone
0.00 Film: Toro Scatenato di Martin Scorsese. Con Robert De Niro, Joe Pesci,
Cathy Moriarty, Coley Wallace
3.05 Film: Va’ e uccidi- di John
Frankenheimer. Con Frank
Sinatra, Janet Leigh, Laurence Harvey
4.45 Omnibs (r)
DEEJAY TV
15.00
16.00
16.55
17.00
18.00
18.55
19.00
20.00
20.30
20.45
21.00
22.30
23.30
0.30
Revenge 1 - Tf
Switched at Birth 3
Deejay Tg
Deejay Hits
Fino alla fine del mondo
Deejay Tg
Dirty Sexy Money - Tf
Pascalistan
Milano Underground
Mind the gap
Microonde
Deejay chiama Italia
Remix
American Horror Story 2
Fino alla fine del mondo
Lorem Ipsum Best of
LA EFFE
12.30
13.20
13.25
14.00
15.00
17.00
17.05
17.30
18.30
19.20
19.30
19.35
21.10
22.50
0.40
0.45
2.55
Chi ti credi di essere?
Al cinema con laEffe
RED - Il guru delle piante
RED - Racconti sulla
bellezza
José e Pilar
Al cinema con laEffe
Un medico On The Road
Il rumore della vita
Per dieci minuti
Dalla A a laeffe
Al cinema con laEffe
Ispettore Wallander
Ispettore Wallander
Gigantic
Al cinema con laEffe
La duchessa
Chi ti credi di essere?
RAI
■ PREMIUM
■ RAI 4
6.30
6.50
6.55
7.25
8.55
10.25
11.20
12.55
14.30
16.00
16.25
17.10
17.15
18.10
18.55
19.40
21.10
22.45
0.35
0.40
2.20
2.25
3.55
Musiclife
Fumettology
Watch Over Me - Tf
Farscape - Serie Tv
Babylon - Serie Tv
Planetes - Serie Tv
Doctor Who - Serie Tv
Film: L’urlo di Chen terrorizza anche
l’Occidente- di e con B. Lee, con V. Norris
Film: Carjacked - di J. Bonito, con M. Bello
Mainstream - Magazine
Eureka - Serie Tv
Rai News Giorno
Ashes to Ashes - Serie Tv
Haven - Serie Tv
Flashpoint - Serie Tv
Ghost Whisperer - Serie Tv
Dexter - Serie TV
Film: I tre dell’Operazione Drago - di
R. Clouse, con B. Lee
Appuntamento al cinema
Film doc : Bruce Lee - Il Viaggio del
guerriero - di J. Little
Rai News Notte
Film doc : Dead Show - di T. Wirkola, con J,
Laursen
Misfits - Serie Tv
6.30
10.05
11.00
14.40
14.45
16.35
17.35
17.40
19.20
21.10
23.40
1.30
1.35
Betty la Fea - Telenovela
Fiction Magazine
Le Mille e una notte - Miniserie
Appuntamento al cinema
Terapia d'urgenza - Serie Tv
Tutti pazzi per amore - Miniserie
Rai News Giorno
Film: Eloise al Plaza - di K. Lima, con S.
Vassilieva, J. Andrews
Le cose che restano - Miniserie
La Pista - Show
Film: Ovunque tu sia - di A. Lo Giudice,
con L. Lante della Rovere
Rai News Notte
Piloti
■ MOVIE
7.10 Film: Tre destini un solo amore- di
N. Garcia, con J. Dujardin, T. Servillo
8.55 Appuntamento al cinema
9.00 Film: Gli amanti latini - di M. Costa,
con Totò, F. Franchi
10.40 Moviextra 60
11.15 Film: Il cielo cade - di A. Frazzi e A.
Frazzi, c on I. Rossellini
12.55 Film: Martin il marziano - di D.
Petrie, con C. lloyd, J. Daniels
14.35 Film: La grande fuga - di J. Sturges,
con S. McQueen
17.30 Rai News Giorno
17.50 Film: Per favore non toccate le
vecchiette!- di M. Brooks, con Z. Mostel
19.10 Film: G. I. Joe - La nascita dei Cobra di S. Sommers, con D. Quaid
21.15 Film: Cloverfield - di M. Reeves, cvon M.
Vogel
22.45 Film: La ragazza della porta accanto di L. Greenfield, con E. Hirsch
0.30 Rai News Notte
0.35 Film doc: Gli anni delle immagini
perdute - di A. Conti
2.05 Film: Malcom X- di S. Lee
■ RAI 5
13.00
14.00
15.50
17.35
17.40
18.30
19.30
20.25
21.15
22.10
23.00
Icone
Food Trail la sfida del cibo
My Life With Men & Other Animals - Teatro
Rai News Giorno
David Letterman Show
Petruska - Una voce poco fa
Icone
Claudio Strinati: Velasquez e Guido Reni
I diari della scultura - Doc
Cool Tour Arte
Film: Nowhere Boy - di S. Taylor Wood, c
on K. Scott Thomas
0.45 Rai News Notte
0.50 Intro Amnesty The Human Rights Concert
Hope - Mag. Musica
GIALLO
MEDIASET PREMIUM
■ CINEMA
19.00 Alex & Emma - di R. Reiner
Studio Universal
19.20 Due agenti molto speciali
di D. Charhon
Premium Cinema
21.15 Che cosa aspettarsi quando si aspetta
di K. Jones
Premium Cinema
21.15 Step Up 3 D- di J. Chu
Premium Cinema Emotion
21.15 Doomsday - di N. Marshall
Premium Cinema Energy
21.15 Philadelphia - di J. Demme
Studio Universal
23.00 Ballare per un sogno
di D. Grant
Premium Cinema Emotion
23.00 La cosa - di M. Van Heijningen
Premium Cinema Energy
23.10 Baby Mama - di M. McCullers
Premium Cinema
23.30 Studio 54 - di M. Cristhoper
Studio Universal
10.00 Ma papà ti manda sola?
di P. Bogdanovich
Studio Universal
10.45 Austin Powers la Spia che ci provava
di M. Jay Roach
Premium Cinema
12.25 Scrivimi una canzone - di M. Lawrence
Premium Cinema Emotion
13.05 Transporter 3 - di O. Megaton
Premium Cinema Energy
13.45 Underworld - di L. Wiseman
Studio Universal
14.10 Notting Hill - di R. Michell
Premium Cinema Emotion
16.20 L’amore, per caso
di D. Farrugia, A. Lemort
Premium Cinema Emotion
16.30 Centurion - di N. Marshall
Premium Cinema Energy
16.35 In Good Company - di P. Weitz
Studio Universal
17.10 Ocean’s Thirteen - di S. Soderbergh
Premium Cinema
FOCUS
15.10 Le Avventure di Jeff Corwin
16.00 Austin Stevens. animali
pericolosi
16.50 Nuove scoperte nella Valle
del Re
17.45 Mission Critical. Hubble
18.40 La storia dell'Universo
19.30 Orche assassine
20.25 America sepolta
21.15 A caccia di miti
22.05 Curiosity. l'apocalisse è
vicina?
23.00 Città ai raggi X
23.50 Megacostruzioni
0.40 Come è fatto il cibo
CIELO
8.00
9.00
11.00
11.45
12.45
13.00
15.00
17.00
18.30
19.15
20.15
21.10
22.45
0.15
2.15
World's Scariest Video
Most Dangerous
Wrestling - WWE Smackdown
Most Dangerous
Sky TG Giorno
Programma da definire
Jack e Jill
Stop & Gol
Fratelli in affari
Affari al buio
Affari di famiglia
Il mostro degli abissi
Stop & Gol Night
Film: Miranda
Film: La chiave
07.15
08.05
08.55
09.50
10.40
11.35
12.20
13.10
13.55
14.45
15.30
16.20
17.10
17.55
18.45
19.25
20.20
21.05
22.00
22.50
23.35
00.25
01.05
Matlock
Matlock
E.R. - Medici in prima linea
E.R. - Medici in prima linea
New Tricks
New Tricks
Wolff, un poliziotto a Berlino
Wolff, un poliziotto a Berlino
JAG - Avvocati in divisa
JAG - Avvocati in divisa
JAG - Avvocati in divisa
E.R. - Medici in prima linea
E.R. - Medici in prima linea
King
King
The Whole Truth
The Whole Truth
Touch
Touch
Il risolutore
Il risolutore
Silent Witness
Silent Witness
TV2000
7.55 Il Credo nei mosaici di
Monreale
8.30 S.Messa
10.45 Una giornata con il VescovoMons. Roberto Busti
12.00 Angelus Santo Padre
13.45 Terre Sante di Don Roberto Di
Diodato
15.20 La canzone di noi - la gara
18.00 Rosario da Lourdes
18.30 I passi del silenzio
20.30 I Santi nell' arte - I dottori della
Chiesa
21.00 Film: Karol un Papa
rimasto uomo - 2p
REAL TIME
12.20
12.50
13.50
14.45
16.15
17.15
19.10
20.10
22.10
23.05
Molto bene
Il re del cioccolato
Bakery Boss: SOS Buddy
Amici di Maria De Filippi
Come tu mi vuoi
Abito da sposa cercasi
Due abiti per una sposa
Abito da sposa cercasi
L'abito dei sogni
The Undateables: l'amore non
ha barriere
0.05 Malattie imbarazzanti
Teenagers
1.05 Dimmi cosa mangi...
1.35 Dimmi cosa mangi..
SATELLITE
DIGITALE TERRESTRE
6.30 UnoMattina in famiglia.
All'interno: 7.00-8.009.00 Tg1; 9.30 Tg1 L.I.S.
10.00 Buongiorno benessere
10.30 A sua immagine
10.55 Santa Messa
12.00 Recita dell'Angelus
12.20 Linea Verde
13.30 Telegiornale
14.00 L'Arena - con Massimo
Giletti
14.25 Automoblismo: Gran
Premio della Malesia di
Formula 1
16.25 Che tempo che fa
16.30 Tg1
16.35 L’Arena - 2a parte
17.25 Domenica In - conduce
Mara Venier
18.50 L'Eredità
20.00 Telegiornale
20.35 Rai Tg Sport
20.40 Affari tuoi - con F. Insinna
21.30 Un medico in famiglia 9con Lino Banfi, Margot
Sikabonyi, Giorgio
Marchesi
Tg1 60 secondi
23.30 Speciale Tg1
0.35 Tg1 Notte
Che tempo fa
1.00 Testimoni e protagonisti
Ventunesimosecolo
2.15 Sette note
2.45 Così è la mia vita...
Sottovoce
3.15 Mille e una notte - Fiction
“Il bene e il male”
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RAI 3
RAI 2
RAI 1
di esordio. E sui loro romanzi si gioca l’ultima puntata di Masterpiece¸ che costringerà i finalisti a superare ulteriori
prove fino al duello conclusivo fra due aspiranti scrittori. I due finalisti, nel teatro della Scuola Holden di Torino, leggono ai tre
giurati Giancarlo De Cataldo, Andrea De
Carlo e Taiye Selasi uno stralcio del proprio romanzo, accompagnati da Donato
Carrisi e Susanna Tamaro. Il voto del pubblico e quello della giuria, affiancata da Elisabetta Sgarbi, decreterà il vincitore.
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■ CINEMA MATTINA
9.15 Il fiume rosso - di H. Hawks
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10.20 Il principe abusivo - di A. Siani
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10.20 Steel Magnolias - di K. Leon
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11.00 Cinque colpi di pistola - di R. Corman
Sky Cinema Classics
11.45 The Last Stand - di K. Jee-Woon
Sky Cinema 1 HD
12.25 4 per Cordoba - di P. Wendkos
Sky Cinema Classics
13.10 Perversione mortale - di C. Crowe
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13.20 The Mexican - Amore senza la sicura
di G. Verbinski
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■ CINEMA POMERIGGIO
■ CINEMA SERA
■ CINEMA NOTTE
14.10 Il cacciatore di indiani - di A. De Toth
Sky Cinema Classics
15.00 Nemico pubblico - di T. Scott
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15.30 Il club di Jane Austen - di R. Swicord
Sky Cinema Passion
15.40 Natale a Rio - di N. Parenti
Sky Cinema 1 HD
16.50 Coach Carter - di T. Carter
Sky Cinema Family HD
17.15 Una bugia di troppo - di B. Robbins
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17.30 Anni 90 - Parte II - di E. Oldoini
Sky Cinema Comedy
18.55 Romanzo di una strage
di M.T. Giordana
Sky Cinema Hits HD
21.00 Bandido - di R. Fleischer
Sky Cinema Classics
21.00 Bob - Un maggiordomo tuttofare
di G. Sinyor
Sky Cinema Family HD
21.00 Cop Land - di J. Mangold
Sky Cinema Max HD
21.00 Dance with Me - di R. Haines
Sky Cinema Passion
21.00 Una pallottola spuntata - di D. Zucker
ky Cinema Comedy
21.10 Treno di notte per Lisbona
di B. August
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21.10 Attack the Block - Invasione aliena
di J. Cornish
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di W. Hill
Sky Cinema Classics
22.40 Honey - di B. Woodruff
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di J. Collet-Serra
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23.15 Spanglish - Quando in famiglia sono in
troppi a parlare - di J.L. Brooks
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0.00 Jackass - Il film - di J. Tremaine
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19.00 Motociclismo: GP del Brasile MXGP
Mondiale Motocross Eurosport 2
19.00 Calcio: Terzo Tempo, in onda con noi
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19.15 Boxe: Azerbaijan - Italia World Series of
Boxing Sintesi Sky Sport 3 HD
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19.30 Tennis: ATP World Tour Masters 1000
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20.45 Calcio: Napoli - Juventus Serie A
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20.45 Calcio: Napoli - Juventus Serie A
Sky Supercalcio HD
21.30 Tennis tavolo: Super SeriesDifferita
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22.00 Motociclismo: GP del Brasile MXGP
Mondiale Motocross Eurosport 2
22.30 Rally: Rally di Grecia European Rally
Championship Differita EuroSport HD
22.30 Boxe: Azerbaijan - Italia World Series of
Boxing Sintesi Sky Sport 2 HD
22.45 Sky Calcio postpartita Sky Sport 1 HD
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23.15 Calcio: Napoli - Juventus Serie A
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23.30 Calcio: Terzo Tempo, in onda con noi
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14.50
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